God so loved the world
Dossier
Musica a scuola
Repertorio
Analisi Sergej Rachmaninov
n. 1 / 2023
FARCORO
Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori Gennaio-Aprile 2023
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FarCoro n. 1 / 2023
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AERCO ACADEMY L’Accademia di AERCO: benvenuto futuro! Editoriale 01 DI SANDRO BERGAMO La lettera del Presidente 02 DI ANDREA ANGELINI Dossier 04 Musica a scuola DI ELENA BACARELLA L’Accademia di AERCO: benvenuto futuro! DI DANIELE SCONOSCIUTO Musica appresa, vissuta e accolta da tutti A CURA DI ELENA BACARELLA Nessuna musica finisce se... DI LUISA BONFIGLIOLI Banda Rulli Frulli DI MIRCO BESUTTI Canta il soprano, canta il tenore con la mano sopra il cuore DI SILVIA PERUCCHETTI Popolare 28 Giorgio Vacchi, Composizioni per coro DI DANIELE VENTURI Musica dell’anima 36 Il Canto Bizantino, l’altro verso del Canto Sacro DI IRENE ROTONDALE Analisi 40 Rinverdire la forza di una grande tradizione DI ROBERTO BRISOTTO Storia 54 La musica corale di Sergej Rachmaninov DI DANIELA IOTTI E con gran cura cercava chi fosse esperto nell’organo DI CLAUDIA CAFFAGNI Didattica 64 Giro in tondo 1 DI TULLIO VISIOLI Un Coro per tutti 69 Il Canto delle Nuvole DI FRANCESCA CANOVA AERCO 74 Il Concorso Pasolini DI DANIELE SCONOSCIUTO Notizie 76 ‘In memoriam’ di Urmas Sisask DI GARY GRADEN Repertorio 78 God so loved the world DI PIETRO MAGNANI Lavori in corso 84 Coro Regionale dell’Emilia-Romagna DI ILARIA POLDI
SANDRO BERGAMO Direttore Responsabile
Mi colpì la lettura di un articolo in cui si raccontavano esperimenti sulla socialità delle formiche: un singolo individuo, messo in un contenitore di vetro pieno di sabbia, muore; tre, abbozzano un minimo di organizzazione e resistono più a lungo; dieci strutturano un minimo formicaio per sopravvivere. Non è solo unione che fa la forza: è ragione di vita, che manca nel singolo e si rafforza invece col crescere della comunità.
Così anche l’uomo, animale sociale come nessun altro, può svilupparsi solo se inserito in un solido rapporto con i suoi simili: dove l’unione delle forze determina un risultato che è superiore alla somma delle forze stesse, perché moltiplica le relazioni, le motivazioni, i desideri.
Pensieri che vengono in mente inaugurando, con questo numero, una nuova rubrica, Un Coro per tutti, che andrà di volta in volta a scandagliare esempi di applicazione del coro a situazioni complesse, dove il mondo di relazioni e di emozioni nate intorno alla pratica del canto comune è terapia per l’individuo e per il gruppo.
Affascinante che tutto questo abbia per centro il suono: a volte, nella civiltà dell’immagine, dimentichiamo che le nostre comunicazioni
C oro
avvengono soprattutto attraverso il suono. Nel racconto Flatlandia, di Edwin Abbot, il protagonista giunge in Linealandia, regno di una sola dimensione, quella di una retta. Gli individui dei due sessi (linee, con due bocche, una per estremità, e punti, con una sola bocca), posti uno dopo l’altro sulla stessa retta, sono in contatto solo con chi immediatamente li precede e li segue. Come vi sposate? Come vi unite? chiede. Attraverso il suono, risponde il monarca di quel regno, ogni linea trova i suoi punti. Matrimonio a tre, una linea con due punti, perché altrimenti ‘come fa un’unione ad essere completamente armoniosa senza la combinazione dei Quattro in Uno, cioè del Basso e del Tenore dell’Uomo senza il Soprano e il Contralto delle due Donne?’. ***
È questo l’ultimo numero che firmo come direttore di FarCoro. L’aver contratto, sia pure in forma per ora leggera, quella malattia irreversibile e degenerativa che è la vecchiaia, fa venir meno le forze, quelle morali prima ancora delle fisiche, e impone di ridurre gli impegni, se li si vuole portare a compimento dignitosamente. Ringrazio Andrea Angelini per aver avuto fiducia in me e avermi fatto conoscere una realtà così bella, così stimolante come AERCO: che proprio per questo ha necessità di una rivista capace di rappresentarla al meglio e di una direzione efficiente e trainante. Ringrazio Silvia Perucchetti per aver accettato di subentrare: a lei l’augurio di un buon lavoro, sui cui risultati non ho alcun dubbio, essendo stata, in questi due anni, una redattrice affidabilissima. E ringrazio tutta la Redazione, formata da persone di grande preparazione e di calorosa umanità, che in questi due anni mi ha supportato in tutti i modi.
Se il canto unisce i singoli in un organismo corale che li trascende, i cori sono l’individuo che si unisce agli altri per dar vita a un organismo più ampio, capace di dare ulteriore valore alla voce del suo canto. In una fase storica in cui la complessità dei problemi richiede l’unione degli sforzi, ma il pensiero corrente privilegia la chiusura individuale, la separazione, la secessione, l’uscita, il mondo della coralità mantiene questa tensione a unirsi in associazioni più vaste: che AERCO continui a essere il formicaio dei cori dell’Emilia-Romagna e, insieme agli altri formicai, continui a diffondere il suo canto.
Editoriale
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La lettera del Presidente
Cari lettori, se il 2022 è stato l’anno della ripartenza dopo un lungo letargo corale, i cui motivi non debbo certamente spiegarli con ulteriori parole, l’anno iniziato da pochi mesi sarà sicuramente quello della vittoria definitiva della musica sullo scoramento e sulle difficoltà. Forse mi direte che le cose non stanno esattamente così o, perlomeno, non per tutti… Ovviamente ne sono conscio anch’io perché vivo la coralità regionale e nazionale con occhio attento e consapevole. Se da un lato ricevo diversi messaggi da coloro che non ce l’hanno fatta a riprendere l’attività dopo il dramma della pandemia, dall’altro sono tanti di più quelli che, con coraggio e determinazione, hanno in cantiere iniziative già confezionate a puntino, solo da attuare. Ci sono indicatori che testimoniano quello che ho appena detto. Il primo riguarda l’adesione dei cori della regione al bando sui patrocini onerosi, budget che ogni anno AERCO mette a disposizione dei cori associati per cofinanziare quei progetti che la nostra Commissione Artistica troverà degni di esserlo. Siamo passati dalle 20 richieste del 2022 alle 31 del 2023, circa un terzo in più. Un altro indicatore della ripresa corale è rappresentato dai tanti di voi, giovani e meno giovani, che hanno aderito al Coro Giovanile Regionale (CGER) e al Coro Regionale (CRER) di più recente istituzione. A proposito di quest’ultimo, nel momento in cui andiamo in stampa, è stato inaugurato un apposito sito dedicato, www.cororegionaledellemiliaromagna.it, in cui troverete tutte le informazioni su quanto già realizzato e sulle modalità di iscrizione. Il CRER si rivolge a tutti i coristi, indipendentemente dall’età, che hanno desiderio
di far parte di una formazione che li coinvolga con l’esecuzione di opere importanti, spesso con orchestra e guidati dalla bacchetta di esperti direttori. L’anno accademico della nostra AERCO Academy sta volgendo al termine ma ci sono ancora in programma un paio di masterclass domenicali molto particolari che non troverete così frequentemente in altre organizzazioni: sabato 16 aprile sarà la volta di Anna-Maria Hefele, una delle più importanti interpreti del canto armonico (overtone singing). Per coloro che non sanno di cosa si tratti, l’invito è di guardare questo breve filmato su YouTube, dove Anna-Maria lo dimostra con esempi molto chiari ed affascinanti: https://youtu.be/vC9Qh709gas. L’ultima masterclass di AERCO, programmata per il 2022/2023 riguarda gli appassionati della coralità
vocal-pop. Sarà con noi, domenica 30 aprile, sempre a Parma, il grande Paul Phoenix , ex cantante dei King’s Singers. Attingendo alla sua vasta esperienza sia come interprete che come insegnante, Paul condividerà con noi i segreti del canto a cappella in stile “vocal pop”, insegnerà a cantare come solista all’interno di un ensemble, cantare testi e non testi, interpretare partiture pop, presentare e coinvolgere il pubblico. Il workshop è l’occasione ideale per i direttori di coro e cantori per immergersi in un genere musicale impegnativo e per imparare in un ambiente rilassato, solidale e stimolante. Da non perdere! L’Accademia AERCO è un continuo laboratorio di esperienze e condivisioni. Invito tutti i direttori di coro, non sono quelli più giovani, ma anche coloro che si ritengono esperti in virtù di una lunga carriera alle spalle, a frequentare le lezioni che vengono offerte: mai sento più vero il motto ‘nella vita c’è sempre da imparare’. Vi accorgerete di quanto ne uscirete arricchiti umanamente e professionalmente! Tutte le info su quanto l’Accademia organizza le potete trovare su www.aerco.academy . Intanto vi anticipo
2 | LA LETTERA DEL PRESIDENTE
Silvia Perucchetti
Anna-Maria Hefele
che stiamo preparando un calendario esplosivo per il prossimo anno, compreso la possibilità di spendere il buono docenti per la maggior parte dei corsi. Per quanto riguarda la consolidata Rassegna Voci nei Chiostri è già disponibile il bando per la partecipazione ai concerti estivi 2023. Per le modalità di adesione e di iscrizione potete consultare il sito dedicato www.vocineichiostri.it. Dovrei parlare di tante altre iniziative in programma a breve ma, ahimè, lo spazio è tiranno e non me ne rimane altro a disposizione. L’invito è consultare il nostro sito principale www.aerco.it o a scrivermi personalmente o all’ufficio (aercobologna@gmail.com) per ogni ulteriore richiesta o suggerimento. Concludo con un grande ringraziamento e un fervido augurio. Il ringraziamento a Sandro Bergamo che firma, ora e come direttore, l’ultimo numero di FarCoro. Io e Sandro abbiamo avuto un amichevole colloquio davanti ad una pizza e ad una birra durante il quale mi ha spiegato le ragioni private di queste sue dimissioni. Naturalmente le ho accettate per il profondo senso di rispetto e gratitudine che provo per lui. Sono onorato di averlo
conosciuto in maniera più approfondita in questi anni di collaborazione: in Bergamo ho trovato una persona di grande cultura corale e di profondità di pensiero. Ho apprezzato tantissimo anche la sua professionalità nel rispetto dei tempi e dei ruoli. Buona continuazione delle tue attività, caro Sandro! L’augurio invece va a Silvia Perucchetti, giovane musicista reggiana di assoluto valore e cultura corale. Sono sicuro che tutta la redazione, che già la conosce, continuerà a lavorare proficuamente con lei. Come sono certo che Silvia saprà regalarci tanti spunti editoriali per fare di questa passione, che anima noi tutti, una maestra di vita!
ANDREA ANGELINI Presidente AERCO presidente@aerco.emr.it
| 3 LA LETTERA DEL PRESIDENTE
Buon canto a tutti noi!
Casa della Musica Parma sede di AERCO Academy
Musica a scuola
tradizioni da coltivare e custodire insieme a nuove frontiere in Emilia-Romagna
Responsabile Scuola di Associazione EmilianoRomagnoli Cori e Docente dell’Istituto Comprensivo Granarolo
La musica rappresenta una delle espressioni artistiche più significative della cultura umana, capace di connettere le persone attraverso le emozioni. Tale insegnamento assume un ruolo importante nella formazione degli individui fin dai primi anni di scuola. Sin dalla tenera età, è importante garantire alle bambine e ai bambini la possibilità di avvicinarsi al mondo musicale in modo coinvolgente e stimolante. Dai primi anni del duemila, molti istituti della nostra regione (Legge 3 marzo 1999, n. 124) hanno introdotto percorsi ad indirizzo musicale che prevedono la presenza di insegnanti specializzati nella materia che puntano alla verticalizzazione delle esperienze maturate con un approccio pratico (DM 6 agosto 1999 n. 201). Questi percorsi integrati dall’attenzione per la nascita in quegli anni, degli istituti comprensivi, permettono al legislatore di implementare moduli didattici per i docenti della scuola primaria (DM 31 gennaio 2011 n. 8) al fine di diffondere la cultura e la pratica musicale, rivolte alle bambine e ai bambini. In Emilia-Romagna, nella prassi, sono nati progetti didattici con l’obiettivo di sperimentare la vocalizzazione, lo strumentario Orff, e altri aspetti musicali legati alla crescita. Imparare a suonare uno strumento, conoscere la teoria musicale e apprezzare le diverse forme di musica entro il termine della scuola secondaria di I grado, è un aspetto importante nello sviluppo del futuro cittadino, come diritto di espressione e di realizzazione personale. Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della Scuola dell’Infanzia e del I Ciclo di Istruzione (DM 16 novembre 2012 n. 254) hanno tracciato la via da seguire
alle scuole del territorio nazionale, caratterizzando anche le diverse tradizioni locali. Grazie alla presenza di insegnanti qualificati, le studentesse e gli studenti nella scuola secondaria di I grado, possono essere seguiti in modo “personalizzato” ed esprimersi liberamente attraverso la musica secondo gli obiettivi espressi nei curricoli di istituto. Gli istituti di primo grado per la loro caratteristica orientativa promuovono la musica anche attraverso l’organizzazione di eventi e spettacoli che consentono agli studenti di rafforzare le soft skills in termini personali, sociali e ne certificano le competenze al termine degli esami di Stato (D.lgs. 13 aprile 2017 n. 62). Il canto si inserisce all’interno di queste esperienze con una forte connotazione artistica e culturale. L’esperienza emiliano-romagnola, in questi ultimi anni ha visto anche nelle nostre scuole subire una battuta d’arresto a causa delle limitazioni poste nel periodo pandemico che hanno fermato alcune esperienze importanti. Nel corso di questo anno scolastico, sono ripartite molteplici iniziative corali e musicali al fine di riprendere riflessioni e attività precedentemente sospese e dare luogo ad una “rinascita” tanto attesa, nonché sperata. Queste attività rappresentano un’opportunità per le allieve e gli allievi al fine di rafforzare le abilità musicali e di crescere sviluppando l’autostima. La musica e il canto svolgono un ruolo importante nell’esercizio di tutte le abilità sociali e nel contrasto alla dispersione scolastica. La possibilità di seguire un percorso ad indirizzo musicale rappresenta un’opportunità pomeridiana per gli studenti che vogliono arricchirsi di una passione che li motiva ad andare a scuola, ad impegnarsi nello studio e a leggere la realtà che li circonda con lenti più profonde. La musica e il canto infatti sono ottimi alleati per insegnare ai più piccoli l’importanza della disciplina, della costanza, della collaborazione, del fare insieme e della creatività. Imparare a suonare uno strumento richiede sicuramente un impegno costante
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DI ELENA BACARELLA
dell’Emilia
e una pratica regolare ma tale impatto può migliorare altri aspetti della vita dei nostri “ragazzi”. In un’ottica di comunità aperta e civica, l’insegnamento della musica e del canto rappresenta un elemento fondamentale della formazione degli individui e contribuisce al loro sviluppo culturale e civico. Grazie ai percorsi ad indirizzo musicale e alla promozione della musica negli istituti del I Ciclo di istruzione, regolamentati recentemente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito (DM 1° luglio 2022 n. 176), è possibile offrire alle studentesse e agli studenti un’esperienza coinvolgente e formativa che li porti concretamente a crescere e a realizzare i propri sogni, la propria personalità e il loro potenziale. Tali peculiarità sono legate allo studio dei diversi strumenti musicali, suddivisi in cinque famiglie (strumenti: ad arco, a fiato, a percussione, a tastiera, a corde pizzicate). Negli ultimi anni tra le pratiche più diffuse ve ne sono alcune che si sono rivelate una scelta vincente come “Voci del Mondo”, progetto finanziato nel corso dell’A.S. 2021/2022 dall’Associazione AERCO in Emilia-Romagna, che ha permesso la sperimentazione di alcune forme musicali che hanno radici nella cultura mediterranea, caratterizzate da una forte improvvisazione, ritmi complessi e l’utilizzo di una grande varietà di strumenti creati con materiali di recupero. In continuità con questa esperienza, l’Istituto scolastico di Granarolo dell’Emilia, l’Istituto comprensivo N. 1 di Modena, la
Direzione Didattica di Mirandola, l’Istituto Comprensivo Alberto Manzi in provincia di Ferrara, l’Associazione Cori Emiliano Romagnoli, la Fondazione Scuola di Musica Carlo e Guglielmo Andreoli, costituendo un partenariato strategico, stanno implementando “Voci del Mondo” in una cornice regionale più ampia, attraverso interventi per la promozione dei «temi della creatività» sui territori per la messa a disposizione di risorse laboratoriali, strumentali e professionali, non presenti nelle scuole anche al fine di realizzare le azioni di cui alle misure c), e), f), g) e i) dell’avviso pubblico Piano delle Arti – DPCM 12 maggio 2021 e All. A paragrafo 6, punto 6.1 (Misura D). Le proposte corali, strumentali e di realizzazione degli strumenti, favoriranno nelle alunne e negli alunni più piccoli, la diffusione di esperienze volte ad educare a nuovi linguaggi, al piacere del bello e al sentire estetico, alla connessione insolita dei dati sensoriali, ai processi cognitivo-emotivi sinestetici e metaforici, all’esplorazione dei materiali musicali sonori convenzionali e non convenzionali, all’espressione di pensieri ed emozioni con immaginazione e creatività attraverso la voce, il gesto, il segno e il simbolo, la drammatizzazione, i suoni, la musica, la manipolazione, l’attività grafico-pittorica e plastica, l’osservazione di luoghi e di opere per sviluppare le potenzialità emotive, cognitive, linguistiche, motorie, relazionali e sociali del bambino. Le proposte laboratoriali avranno come
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destinatari finali le persone di minore età individuate per fasce di età (0-6 anni; 5-14 anni; 11-14 anni), salvo il caso di interventi finalizzati a favorire azioni specifiche di scambio e di dialogo. L’esperienza in ambito europeo condotta dall’I.C. Granarolo dell’Emilia (BO), nella nostra regione vuole essere un’opportunità di apertura a tutte le scuole in occasione del nuovo programma europeo di mobilità e di formazione, nonché per le nuove frontiere che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ci concederà di sviluppare. Il progetto Erasmus plus LINK - Imparare in una nuova chiave, coinvolgere i giovani vulnerabili nell’istruzione scolastica (Learning in a New Key. Engaging Vulnerable Young People in School Education), è stata un’esperienza condotta durante il progetto Erasmus Plus LINK che ha fornito un’opportunità educativa e formativa, rispetto alla valorizzazione dei giovani “vulnerabili” che rischiano l’abbandono scolastico o che si trovano in situazioni di disagio sociale. Il progetto è stato sviluppato da un consorzio di organizzazioni europee provenienti da Italia, Portogallo, Regno Unito e Polonia. Per l’Italia L’Istituto Comprensivo Granarolo dell’Emilia (BO), insieme con l’Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”, l’Associazione MusicSpace Italy a fianco di altri paesi, tra cui l’Inghilterra, paese con il ruolo di coordinamento (Prof. Nick Clough), la Polonia e il Portogallo. Il partenariato ha lavorato insieme per identificare le migliori pratiche educative e sviluppare nuove metodologie che aiutano i giovani vulnerabili ad accedere all’istruzione, a sviluppare competenze e abilità per il futuro (Zanchi, B., Bacarella, E., Bonfiglioli, L., Addessi, A. R., Colace, E., & Quadrelli, F. (2017). Inclusive practice in Italian schools: Body and music for listening and sharing without words. Educação, Sociedade & Culturas, (50), 33–52. https://doi.org/10.34626/esc.vi50.134). Il progetto LINK ha mirato a coinvolgere gli studenti in attività di apprendimento pratico, attraverso i linguaggi musicali, verbali e non verbali, per sviluppare competenze sociali e relazionali, migliorare l’autostima e aumentare il coinvolgimento nella scuola e nella comunità. Il progetto ha previsto anche la formazione di insegnanti e operatori scolastici al fine di identificare e sostenere i nuovi bisogni dei giovani “vulnerabili”, nonché di creare reti di scuole e organizzazioni che si scambiano le migliori pratiche e si sostengono reciprocamente. Uno degli aspetti più interessanti del progetto LINK è
stato il valore attribuito alla collaborazione tra studenti, insegnanti e comunità locali. Gli studenti sono stati coinvolti in attività che hanno registrato un impatto positivo nella comunità, attraverso l’esibizione in luoghi d’arte non sempre accessibili a tutti, come la Cappella Farnese – Collezioni Comunali d’Arte, Palazzo Comunale, il Museo Davia Bargellini, la Sala Borsa di Bologna, anche tramite iniziative di sensibilizzazione su temi sociali e di aiuto verso i compagni in difficoltà. Il progetto LINK è stato ben accolto a livello europeo e ha raggiunto molti giovani “vulnerabili” in tutta Europa. AERCO è stato partner nell’organizzazione di alcuni “Multiplier Event” che hanno rafforzato un sodalizio professionale e umano con i docenti coinvolti e i professionisti dell’associazione. Grazie alle attività e alle metodologie sviluppate nel corso del progetto, molti studenti sono stati motivati ad attivare aspetti di resilienza e a realizzare il loro percorso educativo. Inoltre, il progetto LINK ha dimostrato che il canale comunicativo corale e musicale può essere un potente strumento di inclusione sociale e di lotta alla povertà, e che le scuole possono svolgere un ruolo cruciale nel supporto dei giovani con minori possibilità, attraverso l’empatia, la danza-movimento, l’arte e la musica abbinata alla costruzione dei testi. Tale modello appare oggi necessario e rispondente ad un periodo complesso che la nostra società sta vivendo e potrà essere riproposto in occasione dell’attuazione del PNRR. L’alfabetizzazione musicale è un aspetto fondamentale dello sviluppo cognitivo e creativo delle bambine e dei bambini. L’esposizione alla musica fin dalla più tenera età ha un impatto significativo sulle loro capacità di apprendimento e sulle loro abilità sociali ed emotive. In Emilia-Romagna, ci sono numerose iniziative che promuovono l’alfabetizzazione musicale tra i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni. Questi programmi offrono un’esperienza di apprendimento divertente e coinvolgente che aiutano i bambini a sviluppare abilità come l’ascolto attivo, la coordinazione motoria, la memoria e la comprensione del ritmo. Uno dei vantaggi dell’alfabetizzazione musicale, è il suo effetto positivo sull’apprendimento delle lingue (Content and Language Integrated Learning – CLIL. Si tratta di una metodologia che prevede l’insegnamento di contenuti in lingua straniera. Ciò favorisce sia l’acquisizione di contenuti disciplinari sia l’apprendimento della lingua straniera).
I bambini esposti alla musica fin dalla più tenera
PRIMO PIANO
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età sviluppano una maggiore sensibilità alle diverse “tonalità” e ai ritmi della lingua, aiutandoli a imparare a parlare in modo più fluido e preciso (FONEMI IN MUSICA di Gemma e Alessandro Loi, Ed. Didattica Attiva). Inoltre, l’alfabetizzazione musicale può anche essere utilizzata come uno strumento per l’integrazione sociale. La musica unisce le persone attraverso la condivisione di emozioni e sentimenti. Quando i bambini imparano a suonare uno strumento musicale o cantano in un coro, acquisiscono abilità sociali e sviluppano competenze civiche come la collaborazione, la condivisione e la risoluzione dei conflitti. Nella regione dell’EmiliaRomagna, molte scuole e asili nido offrono programmi di alfabetizzazione musicale per bambini di età compresa tra 0 e 6 anni. Questi programmi sono pensati per essere divertenti e coinvolgenti, e utilizzano una varietà di strumenti, giochi e attività per insegnare ai bambini le basi della musica. Alcune iniziative nella nostra regione sono rivolte specificamente ai bambini con disabilità. La musica è un mezzo inclusivo che aiuta a rompere le barriere di comunicazione e a creare un ambiente di apprendimento positivo per tutti. Attraverso lo strumentario Orff, con i più piccoli si sperimenta la
propedeutica dell’alfabetizzazione musicale, come elemento chiave nello sviluppo dei bambini. La musica non solo li aiuta a sviluppare abilità cognitive e sociali che da 0 a 6 anni risulta trasferire interdisciplinarità, ma può anche essere utilizzata come strumento sociale per valorizzare la diversità.
Tra le attività molto diffuse nelle nostre scuole, vi è il ricorso a piattaforme come “Spreaker” , piattaforma di podcasting che ha rivoluzionato il modo in cui le persone ascoltano e creano contenuti audio online. Da alcuni anni, si realizzano interessanti contenuti multidisciplinari nella normale attività didattica e Spreaker, è diventato un punto di riferimento per gli appassionati di musica in tutto il mondo. Grazie alla sua vasta libreria di musica, gli utenti possono ascoltare una varietà di generi musicali, dalle ultime novità alle canzoni più classiche. Rispetto a questo strumento con potenzialità altissime occorre ricordare alle scuole il necessario presidio in materia di privacy e di trasferimento dei dati all’esterno. Tra le pratiche più comuni in ambito scolastico, troviamo anche svariati modi e approcci efficaci per insegnare la musica alle bambine e ai bambini, tra questi si reputa
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molto significativo il gioco. I più piccoli amano giocare e divertirsi, e se riescono a farlo mentre imparano qualcosa di nuovo, il processo di apprendimento risulta ancora più efficace. Pertanto, è importante creare attività ludiche che coinvolgano la musica per insegnare loro, i fondamenti della teoria musicale, la lettura delle note e l’ascolto critico. Tra le buone prassi didattiche, si porta in evidenza il “Memory delle note”. Questo gioco richiede, la capacità di trovare le coppie di note corrispondenti come nell’omonimo gioco di carte tematiche. Un altro gioco che risulta significativo e coinvolgente, è “Primo concerto”, in cui gli alunni videoregistrati creano le loro performance musicali, scegliendo gli strumenti e le note da suonare, cimentandosi con una prima vera e propria audizione fai da te. Tra le prassi più originali in contesto scolastico, trova un suo spazio la conoscenza e l’approfondimento degli strumenti musicali e della loro organologia. L’organologia degli strumenti musicali si riferisce allo studio degli strumenti musicali e della loro classificazione
(MUSICA E GIOCO
Manuale di educazione musicale di Mineo D. e Mirra P. - 2017). Gli strumenti musicali possono essere classificati in base al loro timbro, alla loro famiglia o alla loro funzione. Ad esempio, gli strumenti a fiato si dividono in legni e ottoni, mentre gli strumenti a corda possono essere suddivisi in archi e corde pizzicate. Un manuale di educazione musicale dovrebbe includere anche informazioni dettagliate sulle parti degli strumenti musicali, come la tastiera del pianoforte, la campana della tromba o la paletta del violino. Queste informazioni sono fondamentali per capire come gli strumenti producono i suoni e per apprezzare meglio la musica. Questi aspetti tecnici in una istituzione scolastica che accoglie l’utenza dai 3 ai 14 anni d’età non deve essere sottovalutata, poiché risulta molto significativa l’attività di continuità se si punta alla conoscenza degli strumenti, alla sperimentazione dei suoni e dei diversi linguaggi, partendo dalla primissima infanzia con la creazione
di strumenti con materiali di recupero, sino alla conoscenza e alla presentazione della vasta gamma di possibilità man mano gli studenti sono chiamati a scegliere quale strumento suonare. Gli strumenti musicali e la loro organologia sono importanti per comprendere il processo di creazione della musica e per apprezzarne appieno il suono. Anche i più semplici manuali di educazione musicale dovrebbero includere informazioni dettagliate su questi argomenti, oltre ad una serie di attività ludiche per coinvolgere i bambini nella scoperta della musica. È importante incuriosire i bambini verso le caratteristiche degli strumenti e dei loro suoni. Resta prioritario, valorizzare le ore curricolari obbligatorie di musica nella scuola primaria e di attività musicale nella scuola secondaria di I grado per consentire a tutte e tutti di conoscere e sperimentare il vasto oceano sonoro. Per questo il curricolo del primo ciclo deve essere tarato sulla musica e sul gioco, affinché si possano combinare efficacemente queste componenti per insegnare l’educazione musicale. I docenti devono essere in grado di insegnare le tecniche e le abilità necessarie per suonare uno strumento o fare musica d’insieme. Motivare gli studenti, creare un ambiente positivo e collaborativo dove ognuno si senta a proprio agio rappresenta la nuova sfida educativa, dove è necessario un ripensamento delle pratiche educative e strumentali. Molte sono le iniziative locali, regionali e nazionali che mettono i temi musicali nelle scuole al centro delle agende didattiche e formative. Si pone rilievo alla Settimana nazionale della musica (https:// lamusicaunisce.indire.it/webinar-2022-2/) organizzata annualmente dall’INDIRE, dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Comitato Nazionale per l’Apprendimento della Musica che può essere un modo efficace per promuovere la musica e la cultura musicale nell’agenda delle nostre scuole, grazie alla partecipazione delle famiglie, dei docenti e dei dirigenti scolastici che investono risorse umane ed economiche nei progetti di qualificazione dei Piani dell’Offerta Formativa e dei Programmi
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Annuali. Questa vetrina nazionale include concerti, conferenze, seminari e altre attività che promuovono la musica come sistema. La settimana nazionale della musica dovrebbe essere utilizzata nelle scuole a forte vocazione musicale per sensibilizzare la comunità scolastica e locale, sull’importanza dell’istruzione musicale in un’ottica di realizzazione dei patti territoriali. Gli stessi percorsi ad indirizzo musicale, negli istituti di primo grado, dovrebbero essere una vetrina e aprirsi al territorio organizzando microlezioni aperte, video in pillole da destinare a tutte le tipologie di pubblico. Questi percorsi potrebbero includere gli alunni che frequentano gli indirizzi musicali e i loro coetanei che fanno musica in orario curricolare, al fine di suonare insieme uno strumento e partecipare ad un ensemble musicale. Questo aspetto orizzontale crea connessioni nuove e inietta nuova linfa nei percorsi scolastici che potrebbero essere utilizzati per aiutare gli studenti a sviluppare le abilità musicali e a scoprirne il loro potenziale. Tale approccio non dovrebbe essere limitato alle scuole private o ai conservatori ma “patrimonio” a servizio di tutte le comunità scolastiche e dei territori, dove la collaborazione tra servizio pubblico e terzo settore riuniti in forme consorziali, dovrebbe favorire l’opportunità a far imparare la musica e a sviluppare le abilità musicali di tutte le bambine e i bambini. Importanti sono le esperienze maturate negli ultimi vent’anni in regione dove la diffusione della pratica musicale ha favorito la ricerca e ha aiutato a creare una cultura musicale ricca e vivace nei diversi territori. Tra queste peculiarità ha un carattere quasi singolare, l’impegno e il riconoscimento delle scuole di musica, un altro pilastro della tradizione della nostra regione. Le scuole di musica dovrebbero essere riconosciute e supportate maggiormente dal sistema nazionale e dalle comunità locali per connotare maggiormente il sistema di istruzione e l’offerta formativa territoriale in un’ottica integrata. Questa progettualità dovrà essere rendicontata a favore degli stakeholders in un’ottica di circolarità che deve essere presente nei documenti che caratterizzano le nostre istituzioni scolastiche, quali il Rapporto di Auto Valutazione (RAV), il Piano di Miglioramento (PdM), il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) e la Rendicontazione Sociale (RS). In un’ottica di estensione del tempo scuola nelle fasce pomeridiane sempre più richieste dalle famiglie, si sperimentano servizi ad hoc a domanda individuale che potrebbero far convergere le opportunità locali al rispetto dei vincoli normativi in materia di organico delle scuole. Fornire agli studenti una solida formazione
musicale unitamente alla possibilità di tenere le scuole aperte nel pomeriggio, come contenitori e luoghi cari agli studenti, porterebbe a soddisfare le esigenze di tutti gli studenti, dalla scuola dell’infanzia all’istruzione secondaria di secondo grado, creare luoghi di aggregazione protetti e multidisciplinari, favorire l’implementazione di orchestre e bande musicali tra ex studenti in un’ottica di crescita e di accompagnamento tra studenti più grandi e alunni più piccoli. Offrire corsi opzionali o facoltativi di strumento o di canto, e organizzare spettacoli e concerti per permettere agli studenti di esibirsi davanti al pubblico, rappresenta un arricchimento per le scuole ad indirizzo musicale. I vincoli dettati dall’obbligatorietà dello studio dello strumento per tre anni di corso con l’attività di approfondimento durante gli esami di stato, non sempre consentono ai diversi profili di trovare il giusto spazio. Questa prospettiva deve far riflettere le scuole e prevedere nei propri documenti, specifici progetti extrascolastici di accompagnamento per approfondire la formazione musicale degli alunni o per far svolgere attività artistiche e ricreative tra pari. Questi progetti devono trovare agili canali di finanziamento e di opportunità, come la piattaforma di crowdfunding del MIM, accessibile attraverso internet selezionando il sito https://idearium.istruzione.it/ spazio dedicato alla gestione dei progetti che le scuole possono concretizzare attraverso contributi di privati sostenitori. Tali contributi possono essere versati da parte dei privati sostenitori attraverso il sistema elettronico di pagamenti PagoPA. Altra iniziativa regionale interessante, è rappresentata dai progetti di educazione musicale promossi dalle istituzioni locali, come ad esempio il Festival della Musica e dell’Arte Contemporanea di Ferrara, il “Buskers Festival”, che offre agli studenti l’opportunità di partecipare a workshop e concerti gratuiti con musicisti di fama internazionale. La pratica musicale rappresenta un’opportunità formativa e di crescita personale per gli studenti, che possono sviluppare le proprie capacità artistiche e sociali attraverso l’apprendimento della musica e dell’arte grazie a pittori, ritrattisti, acrobati e giocolieri. La musica può essere utilizzata come strumento d’unione, tra culture diverse e “dove le parole non arrivano, la musica parla” (si veda https://www.ferrarabuskers.com/ ).
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L’Accademia di AERCO: benvenuto futuro!
DI DANIELE SCONOSCIUTO
Direttore Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna e Docente di Lettura della partitura e Lettura cantata all’AERCO-Academy di Parma
L’AERCO, dalla sua costituzione, rivolge una particolare attenzione nella promozione e realizzazione, in varie forme, di corsi tesi a favorire e qualificare la presenza dei cori della Regione: nell’ultimo decennio poi ha voluto dare il suo contributo anche in alcuni corsi tesi alla formazione dei docenti della Scuola dell’Infanzia, della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di Primo Grado per la costituzione o il consolidamento dei cori
nelle scuole del I Ciclo di istruzione. Recentemente la Commissione istituita presso l’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna, con dispositivo USR-ER, n. 579 del 11/01/2023, ha approvato il ciclo di percorsi di formazione di cui all’art. 5 della Direttiva Ministeriale, 21 marzo 2016, n. 170. Si tratta di un percorso, quest’ultimo, che, a partire dalle prime collaborazioni con Scuole e Enti, si va progressivamente strutturando, anche attraverso Accordi di Rete, con i quali AERCO va precisando e definendo la specificità del suo contributo nella predisposizione di corsi e progetti: essa tra l’altro è favorita dalla istituzione al suo interno dell’AERCO ACADEMY, la quale, utilizzando l’esperienza passata e quella avviata come Accademia Corale, può mettere
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Team AERCO Academy e studenti
a disposizione competenze e sensibilità maturate sul piano professionale e sociale. AERCO ACADEMY grazie al valore riconosciuto al proprio cartellone di proposte formative, si rivolgerà al target del personale della scuola e dei servizi extrascolastici per attività di aggiornamento e di sperimentazione dei nuovi linguaggi educativi spendibili in ambito artistico e musicale. Del resto le Indicazioni Nazionali del Ministero relativi agli Ordini e Gradi di scuola a cui si è fatto cenno hanno aperto prospettive nuove, socio-educative, disciplinari e didattiche, in ordine a finalità da realizzare e metodologie da sperimentare nella cura del canto corale. A queste occorre aggiungere risultati e suggerimenti offerti dalla ricerca delle “Scienze umane e sociali” intorno alle nuove sfide della deprivazione emotiva e relazionale, alle difficoltà nella maturazione del riconoscimento dell’altro e nella conoscenza del mondo reale in cui si è situati. In una prima fase, dal marzo del 2016 all’aprile del 2019, AERCO ha promosso e gestito tre Corsi Base che hanno avuto come destinatari in modo particolare i docenti della Scuola primaria e/o della Scuola
secondaria di primo grado, aperti progressivamente anche a direttori di coro, compositori e musicisti interessati: la finalità era quella di offrire nozioni fondamentali ed elementi basilari per costituire un coro scolastico oppure migliorare le attività dei cori già presenti. Si sono tenuti ognuno in tre luoghi diversi (Bologna, Parma e Rimini) per favorire in particolare la partecipazione dei docenti interessati: il primo si è svolto nel marzo-maggio del 2016, il secondo nell’ottobre 2017-gennaio 2018, il terzo nel marzoaprile del 2019. Pur conservando un’impostazione di fondo comune con riferimento alla gestione (AERCO) e ai contenuti (vocalità, tecnica direttoriale, coralità pratica, repertorio e improvvisazione) i corsi hanno conosciuto significative varianti legate alla verifica dei risultati, a partire dal coinvolgimento dei partecipanti: è in tal modo maturata la possibilità della collaborazione con “Il Saggiatore Musicale”, Ente qualificato per la Formazione e l’Aggiornamento del personale della scuola; sul piano di un più ampio coinvolgimento socio-educativo e didattico è stato
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Lezione con Manolo Da Rold
possibile sperimentare con i cori stessi la portata delle lezioni teoriche; i corsi si sono arricchiti di Masterclass finali su indicazione degli stessi partecipanti. Negli ultimi mesi del 2021 è stata avviata una seconda fase nella quale la presenza e il contributo di AERCO si presenta più strutturato: il punto di partenza è stato l’Accordo di Rete sottoscritto il 29 ottobre del 2021 con il Comune di Granarolo dell’Emilia, l’Istituto comprensivo Granarolo dell’Emilia e la Cooperativa dello Spettacolo TAG-Granarolo con il quale i soggetti approvavano il Progetto “Voci nel Mondo”, si impegnavano ad attuarlo e definivano le rispettive responsabilità. Il progetto è stato realizzato nel corso dell’intero anno solare 2022, ha riguardato il territorio della Provincia di Bologna e ha rivolto l’attenzione ad alunni dai 5 agli 11 anni. Per la realizzazione delle finalità del progetto AERCO ha messo a disposizione l’esperienza maturata nel corso degli anni, in particolare collaborando nelle attività tese a favorire il processo di alfabetizzazione corale. Il canto corale infatti costituisce un linguaggio privilegiato per veicolare la cultura del dialogo e della fratellanza
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Lezione con Daniele Sconosciuto
Lezione con Petra Grassi
tra i popoli, per riconoscere il valore del pluralismo delle tradizioni dei territori e nei territori, per leggere il fenomeno dell’emigrazione; e coinvolgendo i soggetti interessati (famiglie, fanciulli, docenti, agenzie educative) in tal modo promuovere forme di cittadinanza attiva, a partire dalla centralità dell’esperienza laboratoriale e dalle verifiche a cui gli stessi sono invitati a partecipare. Nuovi progetti intanto sono stati già avviati o stanno
per essere avviati in alcune scuole delle province di Bologna, Parma, Modena, Ferrara: la povertà educativa, le disuguaglianze e i divari socio-economici, acuiti anche dal post pandemia da COVID19, costituiscono un pesante fardello per bambini e ragazzi. Rappresenta una sfida: investire nei linguaggi dell’arte, della musica, del canto corale con un patto comune tra Istituzioni, Associazioni e famiglie è una modalità di risposta.
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Masterclass con Vytautas Miškinis
Lezione con Catharina Scharp
Musica appresa, vissuta e accolta da tutti
intervista ad Annalisa Spadolini
A CURA DI ELENA BACARELLA
Responsabile Scuola di Associazione EmilianoRomagnoli Cori e Docente dell’Istituto Comprensivo Granarolo dell’Emilia
Annalisa Spadolini è coordinatrice del Gruppo Nazionale per l’apprendimento della musica per tutti gli studenti –Ministero dell’Istruzione.
Può darci delle indicazioni sugli sviluppi che intrecciano l’attività musicale laboratoriale nelle orchestre e nelle classi di musica d’insieme rispetto alle capacità strettamente legate all’apprendimento musicale e soprattutto le abilità cognitive di base come l’attenzione e la memoria e la regolazione degli stati emotivi?
La pratica orchestrale o d’insieme rappresenta un’esperienza che genera il coinvolgimento degli studenti in molteplici direzioni: dall’ascolto (dell’insieme, del proprio suono, dei singoli altri suoni) all’osservazione (del direttore, dei suoi compagni, della parte che è chiamato a suonare), dall’imitazione all’immaginazione, dal movimento corporeo (partecipazione alla musica attraverso il corpo) al coinvolgimento relazionale e ultimo ma non per importanza il rispetto di regole condivise. È inoltre un mezzo di significativa importanza per il conseguimento di obiettivi extramusicali. Parliamo di concetti quali lo scambio – il confronto tra i compagni, prevenendo l’isolamento che talvolta lo studio dello strumento ingenera, il senso di appartenenza al gruppo e l’accettazione del proprio ruolo al suo interno. La pratica orchestrale genera la consapevolezza (che il docente deve creare e motivare) di appartenere a un gruppo che diviene espressione di un percorso di crescita condivisa,
in cui il ruolo del singolo concorre al risultato di tutti. Il rispetto delle regole condivise e accettate, ovvero lo stare in orchestra, significa accettare e condividere regole di comportamento e modalità di lavoro, più o meno esplicitate; non si può stare in orchestra rimanendo avulso dal contesto e non venendone in alcun modo coinvolto. La musica d’insieme è un modello del tipo impegnorisultato; la pratica d’orchestra consente il raggiungimento di un risultato musicale in tempi più rapidi di quanto, generalmente, non accada con lo studio individuale (“Costruiamo insieme un suono”). La condivisione di un percorso di costruzione del suono genera un aumento della motivazione nella misura in cui l’alunno ha la percezione che egli è coinvolto direttamente e collabora alla realizzazione del risultato finale. Sono tutti principi di convivenza civile, di educazione ad una cittadinanza evoluta, un esempio di civiltà per i nostri ragazzi.
Può indicarci quali sono le azioni di sviluppo che il Comitato nazionale per l’apprendimento della musica per tutti gli studenti, si prefigge per il triennio 2023/2025 sui temi dell’educazione e della formazione permanente in ambito musicale?
Il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti opera da circa 17 anni all’interno del Ministero dell’Istruzione e del merito e ha compiti di supporto, consulenza, progettazione, coordinamento, monitoraggio e proposta nei confronti dell’Amministrazione centrale. Il lavoro del Comitato è finalizzato a definire contenuti culturali e didattici, i requisiti professionali e delle organizzazioni, per la realizzazione di percorsi formativi incentrati sullo sviluppo della pratica musicale a scuola e per valorizzarne la dimensione estetica e storica. L’obiettivo principale
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del Comitato è che la musica sia appresa, vissuta e accolta da tutti gli studenti, fin dalla scuola dell’infanzia, con modalità di apprendimento che considerino lo sviluppo globale della persona e la formazione del cittadino. Esprime pareri sulla validità delle iniziative proposte dall’Amministrazione e all’Amministrazione da soggetti esterni e offre supporto e consulenza didattica e organizzativa alle attività delle Scuole. È inoltre impegnato nell’agevolare ogni forma di collegamento e di circolazione delle idee, nella consapevolezza che l’obiettivo principale sia il cambiamento dell’impianto educativo, che superi la prevalenza della dimensione cognitiva su quella creativa e la frammentazione delle discipline. Il Comitato assume ogni iniziativa di sensibilizzazione che restituisca alla musica il suo primato di sapere universale e trasversale.
I nostri obiettivi sono molto ampi anche perché si rivolgono ad una platea nazionale di docenti di musica e strumento delle scuole del primo e del secondo ciclo, di Dirigenti scolastici e anche degli studenti della scuola italiana, dai piccolissimi fino ai ragazzi delle scuole secondarie superiori. Per i prossimi anni saremo impegnati nell’attuazione del Decreto Legislativo 13 Aprile 2017 n. 60 - Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, ovvero nella diffusione e l’accompagnamento sia amministrativo che di contenuti didattici, dei vari decreti attuativi che ne sono derivati e che riguarderanno la nuova organizzazione delle Scuole
secondarie di primo grado a indirizzo musicale di cui al nuovo D.M. 176/22 , la nascita e lo sviluppo dei poli performativi artistici di cui al D.M. 16/22, la definizione degli Avvisi pubblici di finanziamento di cui al Piano triennale delle arti (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del maggio 2021). Stiamo progettando il potenziamento del Progetto “Musicascuola” in collaborazione con INDIRE che vuole offrire materiali di esperienze e buone pratiche narrate e documentate direttamente dai docenti italiani (www.musicascuola.indire.it), anche con l’uso molto diffuso fra i giovani del podcast. E poi gli appuntamenti annuali ovvero i Concorsi scolastici quali ad esempio il “Premio Abbado e Abbiati per la scuola”; il concorso in collaborazione con l’Accademia mondiale della Poesia, la comunità radiotelevisiva italofona e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, nel cui Bando abbiamo inserito una sezione di spoken music; la settimana della musica a scuola che questo anno si svolgerà dal 15 al 20 maggio 2023 e finalmente sarà inaugurato con un convegno, finalmente in presenza, organizzato a Palermo dall’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia. Stiamo inoltre progettando un piano nazionale di formazione per docenti di musica e strumento, itinerante e in modalità blended, ovvero parte in presenza e parte on line, perché crediamo che la formazione sia uno dei cardini che possano cambiare e innovare la scuola, raggiungere i 14.000 docenti italiani di musica e strumento delle scuole italiane e aiutarli nel loro sviluppo professionale è un dovere che Il Ministero deve
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assolvere con corsi di qualità, fortemente esperienziali e con formatori esperti e carismatici, che possano avere ricadute efficaci nel lavoro quotidiano dei docenti nelle classi.
Parliamo ora di come il Comitato Nazionale per l’apprendimento della musica per tutti gli studenti ha proceduto nei confronti delle scuole, per dare attuazione dall’A.S. 2023/24 al Decreto Interministeriale N. 176 del 1° luglio 2022.
Per ora abbiamo organizzato in collaborazione con INDIRE una serie di incontri on line di presentazione e di analisi del Decreto ad uso dei Dirigenti scolastici e dei docenti impegnati nella definizione dei nuovi percorsi. Sono stati incontri molto partecipati e ci siamo stupiti della partecipazione, più di 10.000 visualizzazioni alle dirette. Altri incontri sono stati organizzati in collaborazione con diversi Uffici Scolastici regionali, altri organizzati con organizzazioni sindacali. Abbiamo elaborato anche degli esempi di modelli orari e organizzativi che, ci arrivano notizie, sono stati adottati e presi da esempio dalle scuole autonome. Continueremo a dare ascolto e aiuto a chiunque voglia chiedere informazioni su questo Decreto che alcuni membri del Comitato, fra cui me stessa, hanno scritto, in quanto membri del gruppo del lavoro incaricato dal Ministro di scriverlo.
Quale saranno le sfide che le scuole dovranno affrontare per rispondere alle novità normative contenute nel D.I. 176/2022?
La sfida intanto sarà eliminare il pregiudizio che vede spesso il mondo della scuola diffidente di fronte al cambiamento. Si pensa sempre che il cambiamento porti a peggioramenti, a disattenzione o a qualcosa di negativo che vuole lo smantellamento delle scuole, in questo caso ad indirizzo musicale. La seconda sfida è quella che passi il concetto di autonomia scolastica non solo di
organizzazione attraverso il concetto di flessibilità, ma anche di ricerca. Con questo Decreto, dove abbiamo inserito anche le nuove indicazioni nazionali per lo specifico tecnico dell’insegnamento strumentale, abbiamo voluto far passare l’idea che le scuole possano diventare centri di ricerca educativa primaria, che le organizzazioni possono influire sulla didattica e viceversa, che non può esistere un unico modello educativo ma scuole capaci di riflettere sul proprio percorso in considerazione anche delle territorialità e scuole capaci di riflessione critica e di monitoraggio per migliorare.
Quanto resta applicato il DM 8/2011 nelle scuole oggi, rispetto al testo normativo che sanciva il principio che, a partire dalla scuola primaria, la musica dev’essere praticata da tutti, e con personale docente specializzato?
Il D.M. 8 non è stato abrogato tanto è vero che viene richiamato in tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi dal 2011 ad oggi. Il punto critico nell’attuazione del D.M. 8/11 è che non c’è stata la volontà politica di dare un accompagnamento adeguato ad una norma che purtroppo doveva puntare al potenziamento degli organici scolastici e a un incremento di spesa in questo senso. Attualmente però grazie al D.M. 8/11 sono centinaia le scuole primarie che hanno potuto attivare progetti verticali di musica e molti docenti della scuola secondaria di primo grado dell’organico dell’autonomia lavorano nella scuola primaria in continuità educativa.
Quali opportunità e nuove frontiere si prefigurano per le scuole e per il terzo settore nella realizzazione del Piano delle Arti?
Questo argomento è il più giovane nelle politiche educative del Governo. Parlo del governo perché il Piano delle arti è un provvedimento – Decreto a Firma del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ormai da sei anni abbiamo avviato un iter che vede il Ministero dell’Istruzione e del Merito fortemente impegnato nel
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garantire a tutti gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado l’accesso alla cultura e al patrimonio artistico italiano attraverso la promozione di attività teoriche e pratiche, anche con modalità laboratoriali, legate ai “temi della creatività” (decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60). Uno degli strumenti per promuovere i temi della creatività è Il Piano delle arti, adottato ogni tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Per sostenere la cultura umanistica nelle scuole è stato creato il Sistema coordinato per la promozione dei temi della creatività. Il Sistema vede coinvolti il Ministero dell’istruzione, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, le istituzioni scolastiche anche in rete, le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), le università, gli istituti tecnici superiori (ITS), gli istituti italiani di cultura. Soggetti pubblici e privati e organismi del terzo settore operanti in ambito artistico e musicale possono entrare a far parte del Sistema coordinato. L’accreditamento consente loro di diventare gli interlocutori principali delle scuole per progettare e attuare iniziative sui temi della creatività. Per entrare in questo circolo virtuoso di collaborazioni è necessario presentare domanda di accreditamento nelle modalità previste dal Decreto interministeriale 764 del 14 agosto 2019 (uno dei decreti attuativi del D. L.vo n. 60/17). Stiamo assistendo ad un vero e proprio movimento di idee, di collaborazioni e di condivisioni fra scuola e Enti dei territori che finalmente vede la scuola all’interno di un ciclo produttivo di ricerca a fianco di coloro che da sempre lavorano con competenza e obiettivi di miglioramento per la crescita di questo paese e cioè il mondo dell’Associazionismo. Gli Enti accreditati sono finora più di 500 e contiamo di raddoppiare il numero nel
prossimo triennio. Sono però ancora necessari interventi di sostegno e di finanziamenti maggiori per dare aiuto alle scuole. Soprattutto quelle con maggiori difficoltà. C’è tanto da fare ed è con l’aiuto e la collaborazione di una società volenterosa di miglioramento che ce la possiamo fare.
Per ulteriori informazioni sulle azioni del Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito:
https://www.miur.gov.it/web/guest/comitato-musica
Sui progetti MIM- CNAPM-INDIRE :
Settimana della musica a scuola:
https://lamusicaunisce.indire.it/
Musica a scuola:
https://www.indire.it/progetto/musica-a-scuola/
Piano delle arti:
https://pianodellearti.indire.it/monitoraggio/ https://www.miur.gov.it/web/guest/arti-e-creativita
Podcast su musica e arti a scuola: https://musica.indire.it/switch/index. php?action=progetto&id=8
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Nessuna musica finisce se...
DI LUISA BONFIGLIOLI
Psicologa e musicoterapeuta, Docente al Conservatorio Statale di Musica Giovan Battista Martini di Bologna
Musica ed emozioni in dialogo in un progetto di musicoterapia con finalità inclusive nella scuola primaria
A. Frank dell’Istituto Comprensivo Granarolo dell’Emilia (BO)
Quante sono le emozioni che i bambini possono esprimere e comunicare con il movimento, la voce e gli strumenti musicali? Quali competenze occorrono loro perché ciò possa accadere in un contesto di musica d’insieme promuovendo al contempo efficaci strategie di regolazione delle emozioni? Il presente articolo presenta alcune riflessioni generali sul rapporto tra musica e regolazione emozionale che hanno guidato la conduzione di un progetto musicale con finalità inclusive svolto nell’a.s. 2021/22 in cinque classi terze della scuola primaria “A. Frank” dell’Istituto Comprensivo di Granarolo dell’Emilia. Tale progetto ha preso avvio da una fase iniziale di condivisione con le insegnanti delle classi dei contenuti e della sua articolazione finalizzati alla promozione e alla scoperta, nei bambini, di strategie di auto-regolazione e di regolazione delle emozioni attraverso esperienze di musica d’insieme. In considerazione della forte vocazione musicale dell’Istituto Comprensivo e delle azioni inclusive presenti nel piano triennale dell’offerta formativa, questa fase di condivisione iniziale del progetto si è rivelata di fondamentale importanza per pervenire ad una effettiva integrazione del progetto stesso nell’esperienza scolastica dei bambini, in particolar modo dei bambini con Bisogni Educativi Speciali presenti nei diversi gruppi classe. I cinque percorsi proposti si sono articolati in dieci incontri a cadenza settimanale per ciascun gruppo classe dal mese di marzo al mese
di maggio 2022. In considerazione dell’elevato numero di alunni coinvolti e della differenziazione dei diversi percorsi in relazione ai bisogni specifici di ciascun gruppo classe, nel presente articolo si desidera presentare alcune considerazioni teoriche e metodologiche di carattere generale relative al rapporto tra esperienza musicale d’insieme e regolazione delle emozioni. Il percorso musicale è stato condotto con tecniche proprie della musicoterapia di improvvisazione e di ascolto musicale integrate con la narrazione ad alta voce di albi illustrati a tema musicale. Esso ha contemplato una prima fase di osservazione delle strategie comunicative di tipo prevalentemente non verbale e vocale-sonoro dei singoli alunni nel contesto del loro gruppo classe e della loro competenza musicale in relazione al costrutto di “musicalità comunicativa”. A questo proposito è importante ricordare come diversi Autori abbiano evidenziato la complessità e la multidimensionalità insite nelle possibili definizioni del termine “musica” (Cross, 2008); tali definizioni mettono in evidenza l’articolazione delle diverse componenti (sensoriale, emotiva, cognitiva, sociale) dell’esperienza musicale e la possibilità di entrare in contatto con tali componenti in base ai bisogni individuali e agli specifici livelli di sviluppo. La musicalità umana può dunque essere definita come la capacità di entrare in comunicazione con i nostri congeneri in modo interattivo, secondo la definizione proposta da Trevarthen (2002), come uno stato di sintonia dinamica dell’essere umano che
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Andrea Basevi
permette l’emergere di una con-presenza coordinata. La musicalità comprende elementi “universali” dell’esperienza musicale che non riguardano soltanto gli aspetti strutturali della musica, ma includono anche elementi cognitivi (percezione, memoria, elaborazione cognitiva), corporei (respiro, vocalità, gestualità) e sociali (funzioni, condizioni di comunicazione) dell’esperienza stessa (Baroni, 2009; Cross, 2008). In ambito evolutivo, le evidenze mostrano come la musicalità umana origini in fasi precoci dello sviluppo ontogenetico e si manifesti, nei suoi aspetti fondamentali, attraverso il modo in cui il neonato interagisce con l’espressione di forze motivazionali di un altro essere umano. Alcuni Autori la considerano una manifestazione delle motivazioni essenziali alla base della comprensione umana e dunque una risorsa essenziale nello sviluppo della capacità di socializzazione (Trevarthen, 1999, 2002; Malloch & Trevarthen, 2008). D’altro “canto”, la distinzione tra aspetti espressivi e comunicativi nell’esteriorizzazione delle emozioni ha grande rilievo sul piano dell’analisi dell’interazione fra musica ed emozioni: mentre l’espressione delle emozioni è una forma di esteriorizzazione non-verbale, spontanea, involontaria e concomitante alla risposta emozionale stessa, la comunicazione delle o sulle emozioni è verbale, intenzionale, simbolica, successiva all’esperienza emozionale e regola gli effetti della risposta emotiva stessa. Come la psicoanalisi infantile aveva evidenziato (Klein, 1928), l’espressione creativa (e in certa misura anche la fruizione del prodotto creativo) costituisce un mezzo molto efficace di regolazione dell’esperienza emozionale. In analogia con il concetto di “oggetto transizionale” (Winnicott, 1971), è possibile osservare che l’attività espressivo-creativa musicale condivisa si muove in un’area intermedia fra esterno ed interno, un’area nella quale è possibile per l’individuo confrontarsi con i bisogni del proprio mondo interno ed allo stesso tempo con le richieste che gli vengono poste dall’ambiente. L’espressione creativo-artistica, come l’espressione musicale, può dunque essere considerata una preziosa opportunità comunicativa di tipo non verbale che può favorire lo sviluppo e l’utilizzo di adeguate strategie di regolazione delle emozioni, facilitarne l’elaborazione mentale e la riproduzione (Bonfiglioli, 2020; Bonfiglioli & Ricci Bitti, 2017; Ricci Bitti, 1998) creando nei bambini le condizioni per la realizzazione di un’efficace interdipendenza fra attività cognitiva ed emotiva e favorendo processi comunicativi, inclusivi e di socializzazione.
Riferimeni bibliografici
Baroni, M. (2009). Esiste un’eredità biologica in campo musicale? In R. Caterina, G. Magherini & S. Nirensztein Katz (a cura di), Crescere con la musica. Dal corpo al pensiero musicale. Firenze: Nicomp Saggi, pp. 17-30.
Bonfiglioli, L. (2020). Casi clinici, Interventi sul caso Linda, Psicoterapia e Scienze Umane, Milano: Franco Angeli, 1/2020, pp. 110-111.
Bonfiglioli, L., Ricci Bitti, P.E. (2017). Interazioni tra musica e benessere. In E. Malaguti (a cura di), Musicalità e pratiche inclusive. Il mediatore musica fra educazione e benessere. Collana: University & Research. Trento: Erickson, pp. 175187.
Cross, I. (2008). Musicality and the human capacity for culture. in Musicae Scientiae. Special Issue. Narrative in Music and Interaction, pp. 147-165.
Klein, M., (1928). Early Stages of Oedipus Conflict, International Journal of Psycho-Analysis, 9; trad. it. I primi stadi del conflitto edipico, in Scritti 1921-1958, Torino, Boringhieri, 1978.
Malloch, S., & Trevarthen, C. (Eds.) (2008). Communicative musicality: Exploring the basis of human companionship. Oxford: Oxford University Press.
Ricci Bitti, P.E. (1998). A cura di. Regolazione delle emozioni e artiterapie. Roma: Carocci.
Ricci Bitti, P.E., & Bonfiglioli, L. (2008). Il ruolo delle terapie espressive nella regolazione emozionale. In O. Albanese e M. Peserico (a cura di), Educare alle emozioni con le artiterapie o le tecniche espressive. Bergamo: Edizioni Junior, pp. 59-66.
Trevarthen, C. (1999). Musicaliy and the intrinsic motive pulse: evidence from human psychobiology and infant communication. in Musicae Scientiae. Special Issue. Rhythm, Musical Narrative, and Origins of Human Communication, pp. 157-213.
Trevarthen, C. (2002). Origins of musical identity: evidence from infancy for musical social awareness. In R. MacDonald, D. Hardgreaves, D. Miell (Eds.), Musical identities. Oxford: Oxford University Press, pp. 21-38.
Winnicott, D.W. (1971). Playing and reality. Trad it. Gioco e realtà. Roma: Armando, 1974.
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Banda Rulli Frulli
DI MIRCO BESUTTI
Direttore della Scuola di Musica Carlo e Guglielmo Andreoli
Progetto di musica, integrazione e riutilizzo creativo dei materiali di recupero della Fondazione Scuola di Musica C. & G. Andreoli
La Banda Rulli Frulli è un progetto di musica, riutilizzo creativo dei materiali di recupero e integrazione fra ragazzi di diverse età e diverse abilità. Il suo principale obiettivo è creare un collettivo dove non esistono distinzioni fra i suoi partecipanti perché ognuno è chiamato a dare il proprio contributo col massimo del proprio impegno: un importante messaggio di integrazione sociale legato soprattutto all’inclusione della disabilità. L’importanza di creare un legame forte fra tutti i componenti attraverso attività musicali e creative, quali la costruzione di strumenti con materiali di recupero, mostra come sia possibile superare insieme i confini delle diverse abilità incoraggiando e rinforzando - senza distinzione - l’espressione delle capacità personali di ognuno. La Neuropsichiatria Infantile di Mirandola, convenzionata alla Fondazione Andreoli, segue individualmente il percorso sanitario dei ragazzi diversamente abili e ne accerta i progressi. Banda Rulli Frulli nasce nel 2010 da un’idea di Federico Alberghini all’interno della Scuola di Musica Carlo & Guglielmo Andreoli presso la sede di Finale Emilia. Il progetto inizia come marching band e i primi ragazzi che partecipano sono all’incirca una decina di suoi allievi del corso individuale di batteria. L’intento di Federico era quello di creare una banda composta da persone diverse tra loro, sia per età che per abilità: “Volevo creare una banda d’integrazione e le percussioni sono un mezzo molto veloce per far gruppo”. Oggi il numero dei partecipanti conta ben settanta membri tra bambine, bambini, adolescenti e giovani, abili e disabili, un gruppo composito per età, genere e capacità che ha permesso l’inserimento nel progetto di quindici ragazzi
diversamente abili (seguiti individualmente dal servizio di NPI, ma non accompagnati da tutor all’interno del progetto).
Il progetto e le attività
L’attività della Banda Rulli Frulli si basa su aspetti ben precisi; prima di tutto la RICERCA SONORA: è infatti fondamentale entrare dentro la materia intesa come materiale che suona, capire un oggetto che suona, come suona e perché suona. Questo è un passaggio che il musicista svolge lungo tutta la carriera; per la Banda Rulli Frulli invece è un modo istintivo (quasi primitivo) di entrare in contatto con uno strumento di espressione che - seppur modificato e personalizzato - permette ai ragazzi di parlare un linguaggio universale, cioè il RITMO. All’attività di laboratorio musicale, durante la quale prende forma il concerto-spettacolo che il gruppo porta in tour durante il periodo estivo, si affianca quella di laboratorio costruzione strumenti a partire da materiali di recupero. Utilizzare materiali di recupero, e basare quasi tutto il sound della Banda su strumenti che in realtà strumenti non sono, è stata una grande scommessa. Scoprire che un bambino o un ragazzo riesce a vedere in una casseruola arrugginita un piccolo tamburo non è certo una novità e non stupisce più nessuno. Ben diverso è rendersi conto che, con il dovuto coordinamento tutti questi materiali trovano un senso comune e generano un effetto che nulla ha da invidiare allo strumento classico, o meglio allo “strumento prodotto industrialmente”. È durante le attività di costruzione strumenti che i ragazzi sono spronati a ricercare sempre di più, a trovare il marchingegno che più li soddisfa, a toccarlo, annusarlo, romperlo, capirlo, colorarlo, mutarlo finché non li rappresenta appieno, tutto con un fine ultimo ben preciso: renderlo parte del “tutto” sonoro della Banda. Nello stesso modo in cui ogni strano oggetto viene studiato, capito e messo in condizione di dare il suo contributo al suono della banda, anche ad ogni ragazzo, con le sue
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abilità, con i suoi gusti, con il suo modo di esprimersi viene data l’opportunità di diventare parte integrante del gruppo. È proprio così che bidoni di plastica ricolorati, griglie di pentole, tubofoni intonati o vecchi cestelli di asciugatrici rinascono come strumenti musicali trovando il loro spazio come strumentazione fissa all’interno dello spettacolo che in inverno prende forma durante le prove settimanali.
La Mission
La Banda Rulli Frulli non vuole uniformare o appiattire i suoi membri, bensì vuole esaltare le loro straordinarie diversità, senza celare nulla, dimostrando che l’aggregazione può portare risultati difficilmente immaginabili e possibili solo grazie al collante della musica intesa come attività collettiva. Gli spettacoli che vengono organizzati, per la Banda Rulli Frulli sono degli importanti banchi di prova per i giovani musicisti, a partire dalla loro realizzazione. Durante le prove d’insieme e i laboratori collaterali, in collaborazione con artisti del panorama musicale italiano, ragazze e ragazzi lavorano sulla sceneggiatura dello spettacolo, su
scenografie e la composizione di brani in modo che il risultato finale sia un tutto tondo nato dalla creatività del gruppo. Partecipare attivamente alla costruzione dello spettacolo rende ogni partecipante responsabile della sua personale esecuzione ed anche della riuscita dello spettacolo collettivo. Imparare il brivido, sostenere la tensione, godere la soddisfazione di uno spettacolo ben riuscito, ammirare il frutto del lavoro svolto, sono per i ragazzi della Rulli Frulli sensazioni che hanno senso solo se vissute assieme. Sono questi i momenti che svelano come i legami tra i membri (ed anche tra membri e coordinatori) siano ormai diventati solidi e maturi, andando ben oltre le differenze di capacità, di età, di sesso, di provenienza.
Il Metodo Pedagogico
La capacità della banda di generarsi e generare, nel suo gruppo e nella sua replica, il coinvolgimento che è riuscita a raggiungere e la sua inarrestabile corsa su un binario fatto dei bisogni sociali di più territori e del loro benessere ha attirato l’attenzione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nelle persone di Patrizia Cappelletti e
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Davide Lampugnani, sociologi, ricercatori e membri del centro ARC, Centre for the Anthropology of Religion and Cultural Change, che per oltre un anno hanno seguito la Banda nel proprio percorso studiandone gli aspetti e rendendo il Metodo Rulli Frulli, un metodo educativo certificato e reso fruibile tramite pubblicazione Erikson nel 2022 con il libro Al Ritmo Della Vita. Storia, metodo e generatività della Banda Rulli Frulli.
Nello studio realizzato dall’Università Cattolica di Milano sono risultati 4 criteri su cui di basa la vita e quella che possiamo chiamare non-metodica della banda e sono:
- improvvisazione in relazione
- costruire insieme
- performance non performativa
- inclusione autorizzante
Improvvisazione in relazione
Questo primo aspetto potrebbe essere riassunto con la parola empatia. Riprendendo il concetto del nonmetodo infatti per i maestri della Banda è praticamente impossibile pianificare una serie dettagliata di incontri piuttosto che una linea da seguire in un percorso perché è troppo vasta la gamma di situazioni che si possono creare e ancora più grande la diversità delle persone con cui si interseca. Non si parla quindi mai di pianificazioni precise ma di un perseguire come obiettivo il benessere di gruppi mutevoli ed eterogenei tramite la musica. Gli insegnanti sono così formati, a partire dalla loro predisposizione ad adattare la proposta laboratoriale in base alle diverse situazioni; per fare questo occorre appunto la capacità di ascoltare e comprendere chi si ha di fronte e di farlo spesso in poco tempo. Vi è quindi una grande apertura all’altro, alle proprie capacità ma ancora prima ai bisogni espressi a partire da quanto trasmettono i corpi. È quindi la Banda ad adattarsi e a rimodellarsi in base a dove si trova, facendosi strumento di benessere per chi ne entra a far parte, per chi ci vive. Cappelletti e Lampugnani sintetizzano così, brillantemente, il concetto: Improvvisazione in relazione: saper vedere e ascoltare la specificità del contesto e soprattutto delle persone che lo abitano e saper improvvisare adattando le attività a questa unicità.
Costruire insieme
Nella Rulli Frulli e in ogni progetto proposto il
“costruire insieme” è una pratica solida, consolidata e fondamentale. Costruire insieme non solo strumenti musicali con materiali apparentemente “non sonori” ma anche relazioni, amicizie... gruppo. In uno stesso spazio, infatti, fra materiali di scarto, bulloni, cacciaviti e trapani ci sono storie che inevitabilmente si intrecciano vite che si incontrano. Costruire insieme è poi modo di sperimentare e sperimentarsi, conoscersi meglio, capacitarsi delle proprie risorse ma anche dei propri limiti. Questo in un ambiente libero dove ognuno può decidere quale aspetto di costruzione seguire. Nel corso degli anni anche qui, si è consolidata una certa ritualità nella costruzione degli strumenti, una ritualità fatta dei membri più grandi sempre disponibili a supportare ed aiutare tutti gli altri, una modalità condivisa per cui ognuno ha la possibilità di lavorare nel modo che ritiene più consono in autonomia ma anche di fare gruppo, progettando e costruendo insieme. Durante gli studi del laboratorio di costruzione vengono individuati quattro tratti che lo caratterizzano. Il primo è legato meramente al materiale di lavorazione. I ragazzi, lavorando materiali di scarto, infatti vengono sensibilizzati sulle tematiche del recupero, del riciclo e dell’ecologia. Un constante studio delle risorse che, se valorizzate nei modi opportuni, sono in grado di rinascere ed acquisire una nuova immagine anche agli occhi degli altri. Il secondo aspetto è quello del lavoro manuale; in una società dove ormai tutto è mosso dalle tecnologie e dal virtuale, soprattutto per i più giovani, interfacciarsi con la dimensione più manuale e concreta del lavoro porta, ad interfacciarsi con le proprie capacità e anche con i propri limiti; fare questo in un ambiente libero e allo stesso tempo protetto dalla supervisione dei maestri, pronti a confrontarsi con i ragazzi e offrirgli il giusto supporto fa si che le consapevolezze che si acquisiscono abbiano sempre una dimensione di fiducia in sé stessi, nel gruppo e nel prossimo non demandando già da subito al singolo un carico emotivo che potrebbe risultare di difficile gestione. In terzo luogo, troviamo la stimolazione della creatività, di pari passo con il punto precedente, si può affermare che questo tipo di laboratorio vada a stimolare nel profondo ogni singolo partecipante. Nell’unicità di ogni membro risiede anche la creatività e questa è essenziale per riuscire a vedere in un oggetto di scarto... un vecchio tubo destinato al passaggio di cavi elettrici piuttosto che in vecchie pentole, grate, grossi bidoni e piastrelle in esubero di qualche cantiere una metamorfosi che lo porta a diventare uno strumento musicale, quasi soffiandogli dentro della vita, dandogli un colore, un suono, la possibilità di unirsi ad altri “pezzi unici” per
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formare una musica nuova. Infine, con questa modalità di lavoro insieme, fra ragazzi e ragazze di diverse età e con diverse abilità, vi è l’insorgere di un forte senso di rispetto reciproco. Un rispetto che tiene conto delle differenze dell’altro sino ad arrivare a vedere proprio in quelle differenze, e nelle proprie, possibili nuovi scenari.
Performance non performativa
Un ossimoro, una contraddizione ed una grande possibilità. La scelta delle percussioni come elemento chiave della Rulli Frulli non è certamente casuale. Se in fatti la maggior parte degli strumenti musicali necessitano di tecnica e metodica, le percussioni permettono a tutti di intraprendere un percorso musicale. La scelta delle percussioni, infatti, fa sì che sia una banda accessibile a tutti e in questi tutti ci sono anche i ragazzi con disabilità ma non solo, parliamo anche di educatori e volontari che vogliono intraprendere questo cammino di fianco alla Banda ma che non hanno competenze musicali. Le percussioni poi hanno anche un effetto particolare e coinvolgente su tutti coloro che hanno il piacere di assistere ad un’esibizione delle Rulli, il suono che viene prodotto infatti, la profondità con cui viene emesso... le vibrazioni fanno si che si crei una forte interconnessione con il pubblico che vive in prima persona non solamente l’esibizione ma anche una specie di interconnessione primitiva. Riprendendo il concetto di “performance non performativa”. Nel corso degli anni si è definito un assetto in cui, sul palco c’è una divisione per sezioni di strumentazioni, in ogni sezione sono presenti uno o più membri grandi e gli stessi maestri in modo che ci sia sempre un riferimento da seguire e anche chi è in un momento di
difficoltà può ritrovare il ritmo, inoltre non vengono accettati errori in quanto tali, tutto fa parte della performance e nessuno viene escluso per queste defezioni, i maestri lavorano infatti costantemente per valorizzare al meglio le potenzialità di ogni membro della banda. Quello che coinvolge e porta i ragazzi ad un costante miglioramento ed impegno in questo percorso è la passione con cui viene trasmessa la musica e lo stare bene insieme. In questo percorso, chiunque vi entri parte da uno strumento base, quello che ha caratterizzato la Rulli Frulli: il bidone, lì inizia la banda per tutti. Seguiti dai maestri, senza una programmazione definita ma seguendo il flusso di coinvolgimento e musica c’è poi lo spostamento di ogni membro verso la sezione più consona, la formazione poi non è rigida, vi è la possibilità di spostamento. Le sezioni non sono infatti un modo per incasellare le diverse abilità bensì un modo per dare ordine e permettere a chiunque di trovarsi a proprio agio nel proprio contesto.
Inclusione autorizzante
Di immediata chiarezza nella Rulli Frulli c’è l’importanza dell’inclusione, questa si può sintetizzare come l’importanza per il gruppo di accogliere, rendere parte attiva e integrante del gruppo, tutti quelli che vogliono entravi indipendentemente da qualsiasi preconcetto e caratteristica. Non è però tutto qui, se intatti l’inclusione implica la possibilità di ogni soggetto di essere inserita, inclusa appunto, dentro a questo gruppo; con inclusione autorizzante si vuole intendere la volontà, la necessità di questo gruppo, di accogliere chiunque facendo si che ci si senta sia gruppo che individuo con una propria unicità.
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Canta il soprano, canta il tenore con la mano sopra il cuore1
Intervista a Ilaria Cavalca, direttrice di coro e pianista
A CURA DI SILVIA PERUCCHETTI
Direttrice di Coro e musicologa
Far musica con un coro scolastico
Parliamo di cori scolastici: tu che sei esperta di questo tipo di esperienza corale, quali differenze noti rispetto a quella di un coro associativo, tipicamente composto da persone adulte?
Cantare in un coro fornisce l’opportunità di collaborare in un gruppo di persone che come te amano cantare: permette di interagire, di socializzare e di diventare parte di un prodotto finale dove tutti hanno un ruolo fondamentale, qualunque sia l’età dei cantori. Per quanto i presupposti di partecipazione siano gli stessi, in un coro scolastico l’approccio alla prova sarà profondamente diverso: i bambini hanno un approccio più semplice al canto e al gruppo e tendono ad appassionarsi moltissimo, e può quindi venirsi a creare quell’entusiasmo che poi genererà il ‘pubblico’ di coristi e fruitori della musica corale del futuro. Rimane però fondamentale strutturare un percorso didattico preciso che tenga conto di tutta una serie di variabili in divenire con la crescita dei bambini.
Come affronti questo percorso?
Per un coro che inizia da zero la propria attività sarà importante scegliere brani con un’estensione ridotta,
costruiti su testi brevi o ripetitivi i cui contenuti stimolino la creatività, la fantasia e l’emotività; durante il percorso il grado di difficoltà dei brani proposti aumenterà fino ad arrivare a sperimentare la polifonia (canoni o brevi esecuzioni a due voci…) e pian piano il repertorio cambierà, seguendo il delinearsi delle caratteristiche del gruppo nonché dell’età dei ragazzi. In tutto questo il direttore dovrà sempre monitorare l’emissione vocale di ogni piccolo cantore per permettere ad ognuno di esprimersi nel modo più corretto e per garantire una corretta igiene vocale, soprattutto in un momento in cui la vocalità del giovane corista si sta formando. La responsabilità è grande e il lavoro è molto delicato, perché pone le basi di un’impostazione vocale (e talvolta musicale tout court) di cui il bambino beneficerà per tutta la vita… ma poter respirare l’entusiasmo di un gruppo di bambini che canta insieme agli amici e vedere il loro stupore nel sentirsi capaci di cantare in coro è un’emozione che ripaga qualunque tipo di fatica!
Quanti sono i cori scolastici in Italia?
In Italia ce ne sono tanti, ma ciononostante rimane un’esperienza che ha ancora poco risalto. È ormai unanimemente riconosciuta l’importanza di un progetto sulla coralità infantile e la necessità di affidarsi a figure professionali che abbiano una preparazione mirata, cosa che viene dimostrata dai numerosi corsi di formazione per i direttori di questo tipo di cori che vengono organizzati su tutto il territorio nazionale (ne sono un esempio i corsi per direttori di cori scolastici organizzati da AERCO). Manca però, a mio avviso, una concreta visione a lungo termine sulla continuità negli anni che seguono la scuola dell’obbligo: difficilmente si guarda a questi cori in prospettiva e si viene così a
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1. Il verso iniziale è tratto da Filastrocca canterina di Gianni Rodari
creare un gap di età… è infatti difficile avere coristi fra i 18 ed i 30 anni nei cori amatoriali di adulti. Di fatto i cori scolastici sono strettamente legati alle realtà in cui risiedono e alla fine del percorso scolastico il gruppo creatosi ‘si scioglie’. Questa mancanza di continuità potrebbe essere dovuta ad una ridotta partecipazione alla vita musicale cittadina o territoriale a causa di una reale mancanza di rete: la scuola naturalmente deve occuparsi ‘di se stessa’, e non può / non riesce a ricoprire necessariamente il ruolo di organizzatrice di eventi al di fuori della propria realtà; rischia quindi di rimanere un sistema ‘sommerso’, poco visibile al di fuori del mondo scolastico.
Quale potrebbe essere quindi una soluzione, per non perdere le tracce dei giovani coristi giunti alla fine del percorso scolastico?
Ogni contesto può proporre soluzioni differenti che però bisogna essere in grado di leggere. Nel contesto territoriale di un coro scolastico può esser presente anche un coro di adulti che potrebbe accogliere i giovani cantori, ma sarà necessario accompagnare
questo ingresso, magari creando occasioni in cui i due cori possano periodicamente condividere un concerto oppure organizzare manifestazioni insieme… potrebbe essere utile instaurare un rapporto sinergico tra i due direttori e tra i due gruppi, senza che questo interferisca con l’attività individuale dei due cori. In altri casi possono esserci le condizioni per far nascere una nuova realtà corale giovanile che possa accogliere i ragazzi che per età sono costretti ad abbandonare il coro scolastico. Il coro CavriCanto, fondato da me nel 2018 con la preziosa collaborazione dell’Amministrazione del Comune di Cavriago (RE), dove dirigo il coro scolastico dell’Istituto Comprensivo Don Dossetti dal 2011, nasce proprio per questo motivo: un gruppo di ragazzi non voleva più smettere di cantare. Ho quindi inventato un gruppo, indipendente dall’istituto e che si ritrova per cantare al di fuori della scuola, che potesse accogliere ragazzi costretti ad uscire dal coro scolastico per motivi di età. Dopo tanti anni, mi ritrovo, nel 2023, ad avere fra gli altri coristi ora universitari che avevano iniziato a cantare con me in terza elementare.
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Coro CavriCanto diretto da Ilaria Cavalca, Reggio Emilia, 2019 (foto di Luigi Montanari)
Ci racconti qualche esperienza vissuta insieme al coro CavriCanto?
Negli corso degli anni abbiamo incentivato la nostra attività: il coro ha tenuto concerti nelle province di Reggio Emilia, Parma e Modena; nel dicembre del 2018 è stato inviato ad aprire il concerto Natale non s’arresta di Vinicio Capossela presso il FuoriOrario di Gattatico (RE) e nel 2019 ad animare la S. Messa dell’Epifania celebrata nel Duomo di Reggio Emilia; nel 2019 è stato invitato a partecipare alla Festa Europea della Musica nel concerto Alif Aleph Alpha presso i chiostri di S. Pietro di Reggio e si è esibito presso il Labirinto della Masone di Fontanellato (PR). Nel 2019 abbiamo partecipato al Concorso corale “Città di Riccione” in cui siamo risultati vincitori della fascia oro, del premio come “miglior presenza scenica” e del premio AERCO al “miglior coro dell’Emilia Romagna”. È davvero appagante vedere crescere questi bambini e ragazzi nella musica, vederli appassionarsi, scoprire le proprie capacità e conquistare i loro piccoli traguardi! Certo, il direttore dev’essere sempre pronto a rimodulare il proprio lavoro con il mutare del gruppo: ad esempio, due dei miei ragazzi hanno cambiato voce e ora mi ritrovo due bassi… per cui ho dovuto riarrangiare le partiture aggiungendo la parte del basso! Proprio per questo il direttore di un coro scolastico deve possedere una formazione di base solida e molto mirata, sia sulla vocalità che sulla gestione delle parti musicali e, cosa fondamentale, delle dinamiche del gruppo.
Parlando con te di coralità mi ha sempre colpita l’importanza che attribuisci all’esperienza di partecipare con un coro di bimbi o ragazzi ad un concorso...
Così come lo è un concerto, partecipare ad un concorso è sempre un’esperienza elettrizzante ed aggregante, soprattutto nella fase di preparazione; a questa andrà ad aggiungersi la componente competitiva, tanto affascinante quanto delicata, e che dovrà esser gestita con cautela per evitare che prenda il sopravvento. La gara, a mio avviso, può risultare uno stimolo e un incentivo per prepararsi con minuzia e perfezionarsi nella performance, che verrà ascoltata da una commissione e probabilmente da un pubblico di altri giovani coristi, diventando di per sé un momento di crescita: questo spinge il gruppo ad avere un motivo importante per superare i propri limiti e andare a cercare il meglio che si possa dare. L’idea di competizione, che spesso spaventa i direttori, può essere condivisa con i bambini
e inquadrata come un “mettersi alla prova” che non necessariamente dovrà portare ad una vittoria, ma che deve spingere il gruppo a proporre il proprio meglio e, per far questo, durante le prove l’impegno di ognuno diventa fondamentale. Nella nostra regione ci sono diversi concorsi pensati per cori di bambini, come il Concorso Corale Nazionale “Giuseppe Savani” di Carpi e il concorso Città di Riccione, iniziativa del Coro Le Allegre Note sostenuto e patrocinato da AERCO; inoltre c’è un festival tutto dedicato alla coralità giovanile, Corinfesta, organizzato in maniera congiunta da AERCO e dalla Fondazione Andreoli di Mirandola: il festival è parte di un progetto che comprende anche un Concorso di Composizione per Cori a voci bianche e giovanili che viene organizzato ogni due anni.
Sarebbe bello che ogni scuola, quindi, si facesse promotrice di un proprio coro scolastico…
Ormai è ampiamente riconosciuto che l’esperienza musicale di gruppo sia una delle più grandi attività a cui possiamo dedicarci e, se ciò riguarda tutte le età, è particolarmente vero per i bambini. Per questo la scuola deve farsi carico dell’importante compito di rendere accessibile al maggior numero di bambini l’esperienza della pratica corale. Diversi sono gli studi che hanno dimostrato come lo studio della musica acceleri lo sviluppo del linguaggio, migliori le competenze cognitive dei bambini e insegni loro, attraverso una corretta pratica vocale, a migliorare la percezione di sé nella respirazione e nella postura; cantare, e specialmente cantare in coro, è importante per lo sviluppo del bambino.
Puoi citarne qualcuno?
Ad esempio, posso far riferimento al progetto Nati per la musica promosso dall’Associazione Culturale Pediatri – ACP che è orientato soprattutto sulla fascia 0-6, ma parla di musica e canto in età infantile in senso lato: «La musica è una buona pratica che, se attuata precocemente e con continuità, sostiene la crescita dei bambini. [...] Negli ultimi anni è stata ampiamente sostenuta e condivisa l’idea che l’esperienza musicale, sin dall’epoca pre-natale e nel corso di tutta l’infanzia, stimoli lo sviluppo cognitivo e porti ad un aumento delle competenze del bambino anche in attività extramusicali. Questo avverrebbe per una sorta di trasferimento delle abilità specifiche apprese musicalmente alle
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competenze comunicative ed alle funzioni cognitive di base necessarie per svolgere altri compiti di tipo non musicale. Molti lavori hanno dimostrato che l’attività musicale porta ad una plasticità adattiva della rete neurale coinvolta nell’elaborazione ritmicotemporale delle informazioni linguistiche, ad un miglioramento delle funzioni attentive e mnestiche e delle abilità di lettura 2 ». Inoltre, far parte di un gruppo che lavora per uno sforzo condiviso soddisfa il bisogno umano di appartenenza e unione. Cantando
e giocando insieme i bambini fanno amicizia, si integrano in un contesto sociale nuovo e si sentono parte di qualcosa di importante, dove la loro voce –in tutti sensi – ha risonanza e nessuno viene lasciato indietro.
Di conseguenza il coro scolastico crea un’identità talmente forte da diventare rappresentativo dell’istituto comprensivo stesso; pensiamo ad esempio a quanto siano importanti negli Stati Uniti le competizioni fra squadre scolastiche, in vari sport e discipline… Un’associazione regionale come AERCO, in continuo movimento e che abbraccia tanti cori, potrebbe sicuramente sostenere e rilanciare in modo speciale proprio questo tipo di importantissima esperienza corale.
nazionale-nati-per-la-musica/
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Coro scolastico dell’Istituto Comprensivo “Don Dossetti” di Cavriago (RE) diretto da Ilaria Cavalca, 2019
Ilaria Cavalca
2. Dal programma del convegno La musica come strumento per lo sviluppo del bambino (Modena, 15 marzo 2014), consultabile al link: http://www.musicaperbambini.eu/mpb/per-i-genitori/il-programma-
Giorgio Vacchi, Composizioni per coro
(1958-2016) - parte 2
DI DANIELE VENTURI
Direttore di Coro e Docente di Teoria dell’armonia e analisi al Conservatorio Statale di Musica Luigi Cherubini di Firenze
Il percorso creativo di Giorgio Vacchi con il Coro Stelutis di Bologna. Dall’armonizzazione all’elaborazione corale di canti popolari. Analisi delle principali fasi compositive del Maestro bolognese.
Questa seconda parte riprende, in forma ampliata, alcuni aspetti da me trattati durante la bella giornata di studio tenutasi a Bologna il 10 ottobre 2021, presso la sede del Coro Stelutis di Bologna, in occasione dell’uscita dei due volumi Giorgio Vacchi, Composizioni per coro, Pendragon editore, Bologna 2021, a cura di Silvia Vacchi. L’idea centrale dell’indagine è quella di focalizzare l’attenzione, tramite una sorta di “macchina del tempo”, sulle principali fasi creative di Giorgio Vacchi e sulla sua continua e sempre cangiante ricerca musicale e artistica. Per fare ciò, come già scritto in precedenza, ho dovuto operare una dolorosa selezione all’interno della corposa produzione del maestro bolognese, alla ricerca di quelle armonizzazioni o elaborazioni corali che meglio di altre potessero rappresentare sinteticamente le varie fasi creative di Vacchi. Naturalmente questa selezione ha comportato il dover tralasciare lavori altrettanto interessanti, rispetto a quelli trattati.
La vocalità maschile,
modello SAT alle prime armonizzazioni
Nella prima fase creativa di Giorgio Vacchi, che
comprende il decennio che va dal 1958 al 1968, trovo di particolare interesse due lavori: Dormi mia bella dormi (1965) e Addio, addio! (1968). Nel primo caso si tratta di una forma di ninna nanna popolare in modo maggiore e in tempo binario, di cui sono note numerose varianti soprattutto nell’Italia settentrionale. Nell’elaborazione corale Vacchi utilizza alcuni elementi caratteristici della musica popolare di area emiliana, plasmandoli, però, alle proprie esigenze espressive e alle qualità del suo coro. Il primo elemento è rappresentato dall’uso di parallelismi di terze, che caratterizzano l’elaborazione delle prime due strofe del brano, il secondo è l’utilizzo, nella terza strofa, di una voce solista, affidata al tenore primo, mentre le altre voci procedono con un andamento prevalentemente omoritmico. Forte è anche l’impiego all’interno del brano di pedali di tonica e dominante. L’alternanza del primo e del quinto grado della scala, oltre ad avere funzioni armoniche, rappresenta una modalità assai diffusa nella tecnica di accompagnamento della musica popolare emiliana, in particolare di quella da ballo. Vacchi attingendo ad alcune modalità di canto tipiche dell’area emiliana e padana in generale, ma non discostandosi troppo dal modello di armonizzazione corale dei primi elaboratori del coro SAT , primo fra tutti il già citato Pigarelli, dimostra, già in questa sua prima fase creativa, di porsi come una sorta di “spartiacque” tra il modello SAT e quello “filologico”. Quest’ultimo si svilupperà in seguito in Italia grazie alla nascita del DAMS, corso di laurea interno alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna che vedrà la luce solamente alcuni anni più tardi, nel 1971. Il secondo canto che vorrei porre alla vostra attenzione è lo struggente Addio, addio! Si tratta di un brano che può essere incluso nella categoria dei canti di lavoro, o meglio come scrive Vacchi: «Si tratta di un canto facente parte di una categoria, certamente arbitraria,
Popolare
dal
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ma utile, che raggruppa i canti di lavoro non ritmici cioè quelli non direttamente legati alla funzione di scandire movimenti collettivi: che si riferisca però proprio alla fatica delle raccoglitrici di olive (in particolare della Piana dell’Ortonese e della zona della Majella) non ve dubbio anche se dal canto emerge principalmente un atteggiamento psicologico nei riguardi dell’ambiente piuttosto che nei riguardi del lavoro stesso».
L’elaborazione corale attinge alla linea melodica ascoltata da Vacchi nei Dischi del sole (DS 101-3). Vi sono elementi caratterizzanti, già intrinsechi nel canto, quali ad esempio il modo minore che raffigura la tristezza e la desolazione e il metro musicale in 6/8 tipico delle forme pastorali, che vengono amplificati da Vacchi con una scrittura estremamente stagliata ed efficace. L’idea dell’elaboratore di affidare il tema ad una voce solista rappresenta una sorta di amplificazione del “clima” generale del brano, intriso di tristezza e solitudine. Così come la scrittura di accompagnamento di carattere strumentale, amplificata dall’utilizzo nel coro del suono a bocca chiusa, rappresenta un’enfatizzazione del carattere patetico già presente nella melodia. La forte presenza di madrigalismi quali l’imitazione del suono del vento, oppure del suono delle zampogne, ecc., uniti all’utilizzo di un pedale di tonica (bordone) come elemento di sostegno ed introduttivo ad una particolare sonorità, ci conducono in un mondo sonoro estremamente affascinante e suggestivo, nel quale sembra realmente di “vedere” la scena narrata. Mi posso spingere a dire che vi sia una sorta di “Neorealismo pasoliniano” nel procedere compositivo adottato da Vacchi in questa elaborazione corale. Rafforzano quest’idea l’utilizzo di un ostinato a quinte parallele e la presenza di alcune figure di carattere onomatopeico, come, ad esempio, il glissando, rimando chiaro alla forma popolare del lamento. Dal punto di vista più prettamente tecnico si può dire che l’idea semitonale presente nell’incipit del doppio ostinato di
quinte parallele, sia mutuato dalle nove seconde minori presenti nel tema: sette discendenti e due ascendenti. Il primo forte madrigalismo compare sulla parola “addio”, (Tutti) misura 14, con la presenza di un accordo maggiore (significante) in antitesi rispetto al significato. Rifrescando alcuni aspetti connessi al segno linguistico il significante rappresenta un’immagine acustica o visiva, mentre il significato rappresenta il contenuto concettuale del significante. Il secondo forte madrigalismo è caratterizzato dall’alleggerimento armonico sull’ottava (si, tonica) presente nella seconda conclusione della prima strofa. Abbiamo in questa zona un’idea di grande vuoto (misura 22), che rappresenta un’ulteriore amplificazione del “clima” di desolazione già presente nel canto stesso. La terza e ultima figura madrigalistica è rappresentata dall’ultimo glissando corale di ottava giusta ascendente, con tutte le voci a bocca chiusa, che potrei definire una sorta di grande “colpo di teatro” (misure 2324). Essa rappresenta lo sviluppo e l’amplificazione, sia dal punto di vista della scrittura che poetico e retorico, dell’idea dei glissando iniziale.
La spazialità del suono e lo sviluppo della scrittura corale
Di questa seconda fase compositiva di Vacchi vorrei concentrare la mia attenzione su un brano assai interessante: Barôn Litrôn ( 1971). Si tratta di una tipica forma di ballata popolare del XVIII secolo, il cui testo in lingua piemontese, tratta le gesta del barone Karl Sigmund Friedrich Wilhelm von Leutrum (1692-1755). Essa, in particolare, narra l’episodio della visita di Carlo Emanuele III presso il letto di morte del barone a Cuneo. La centralità della narrazione diviene il rifiuto di Leutrum, in cui il barone non accetta di convertirsi alla fede cattolica; per rimanere fedele al Protestantesimo. Già nella forma monodica del brano è assai palese come il modo maggiore, che generalmente, dal punto
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di vista musicale e retorico, rappresenta un’idea di forza e di gioia, sia in forte antitesi con il contenuto testuale. Abbiamo, anche in questo canto, la presenza nell’ incipit melodico iniziale dell’intervallo di quarta giusta ascendente caratteristico di molte ballate popolari. Così come il metro musicale ternario in 3/4 è tipico delle danze e in particolare di quelle composizioni su testi poetici che hanno avuto forte diffusione in Italia e in Francia del tardo Medioevo definite, appunto, ballate Esse sono diffuse in Italia principalmente nell’Italia settentrionale e probabilmente le lezioni più arcaiche si trovano proprio in Piemonte. Vacchi nella realizzazione della sua interessante elaborazione corale amplifica l’aspetto dualistico presente nella maggior parte di queste forme musicali, che il noto etnomusicologo Roberto Leydi (1928-2003) nel suo interessantissimo libro I canti popolari italiani, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1973, classifica come canzoni narrative. Come scrive Leydi a pagina 228 del libro: «Si raccolgono convenzionalmente sotto la definizione di canzone narrativa documenti fra loro assai diversi della tradizione orale, caratterizzati da un impianto polistrofico e da uno svolgimento narrativo». L’idea di dualismo è amplificata anche dalla scrittura musicale, in cui la prima figura di proposta (dux) e la seconda figura di risposta (comes) sono perfettamente complementari. Dal punto di vista armonico Vacchi alterna frequentemente il I grado (do+) e il VI grado (la-) sfruttando la possibilità data della sovrapposizione dei due gradi (accordi) e anche dall’interscambiabilità del I e del III grado della scala. L’utilizzo di una scrittura spaziale che prevede la presenza di un “coro acuto” e un “coro grave” riecheggia sia dal punto di vista armonico che strutturale la forma del doppio coro di epoca rinascimentale (Palestrina, Gabrieli, ecc.). Nella scrittura compositiva è presente l’idea di “suoni d’ombra”, che amplifica i forti contenuti musicali e testuali già presenti nella forma monodica del brano. Essa si fonde con un’idea spaziale alla Charles Ives (1874 -1954). In questo brano Vacchi utilizza una sorta di polimodalità al posto di una politonalità, che caratterizza, invece, il linguaggio di molte composizioni di Ives. L’utilizzo da parte di Vacchi un‘armonia che prevede dei collegamenti armonici non classici, ma più “antichi” quali, ad esempio, la successione dei gradi II-I oppure VI-III, contribuisce ad amplificare un’idea compositiva dai tratti arcaici. L’amplificazione dello stato d’animo è molto palese nel cambio di modo (da do+ a do-) (misure 61-83), con la presenza di una scrittura che prevede, alle voci inferiori, una ritmica basata sul seguente modulo: semiminima-croma puntata-semicroma-semiminima. Ciò rappresenta lo sviluppo della seconda idea (soli
misure 20-36). In entrambe le zone si notano delle derivazioni da forme musicali di carattere ostinato, quali ad esempio: i bassi di passacaglia o le romanesche. La scrittura finale è rappresentata da una sorta di “mosaico sonoro”, con l’inserimento di nuovi “tasselli figurali”, in cui il materiale preesistente si somma con la variazione di sé stesso. L’idea “sinfonica” finale prevede una scrittura che copre la massima estensione vocale di un coro maschile: do1-do4. In quest’ultima zona è presente lo sviluppo della figura sincopata che caratterizzava la seconda idea, con l’aggiunta di una figura onomatopeico-madrigalistica, raffigurata da una sorta di “rullo di tamburi” finali (coro II tenori) misura 124.
La prima ricerca sul campo e il consolidamento della tecnica dell’elaborazione corale
Tra i brani elaborati da Vacchi negli anni Settanta di particolare interesse è sicuramente La Pimpinèla (1976). Si tratta di un brano riconducibile alla forma dei canti numerativi, i quali, non di rado, venivano utilizzati anche come “canzoni a ballo”. Tali brani, infatti, assumevano anche la funzione di accompagnare le danze e come nel caso di questa variante, presentano un forte contenuto ritmico, in cui gli intercalari “ohilì ohilà” e le ripetizioni “d’amor, d’amor, d’amor” rafforzano ulteriormente l’aspetto ritmico già presente nel brano. Questa variante è stata ritrovata da Vacchi nel 1970 a Medicina, nella bassa bolognese, ma diverse varianti sono presenti anche in Romagna. Una di queste è contenuta in Francesco Balilla Pratella: Saggio di gridi, canzoni, cori, danze del popolo italiano, Bologna 1919, pp. 67-144, ad opera dello stesso Pratella (1880-1955). Il compositore e musicologo romagnolo nel 1919 scrive di questo canto in cui «vengono successivamente nominate ed esaltate tutte le parti del corpo visibili ed invisibili ai profani della bella Pimpinella d’amor=Peppinella, Giuseppina» che doveva essere «molto conosciuto in tutte le regioni del settentrione d’Italia». Vacchi nella sua presentazione al brano invece afferma: «Per quanto mi è noto, la sua diffusione è limitata alla nostra regione, giacché nessuna raccolta a stampa ne riporta altre versioni, anche simili. Inoltre per quel “Pimpinella=Peppinella, Giuseppina” credo proprio che il Pratella sia incorso in errore: nella zona di ritrovamento del canto, a Medicina, numerosi agricoltori interpellati non hanno avuto dubbi nell’identificare la “Pimpinèla” con un’erba commestibile (Poterium Sanguisorba) usata nelle insalate. Anche l’Ungarelli, nel suo Vocabolario del dialetto bolognese riporta un proverbio che dice: “L’insalè la n é bôna e la n é bela s’an i äntra la pimpinèla”. Inoltre il giovane informatore
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che mi scrisse di suo pugno il testo, mise accanto al titolo la precisazione: erba profumata di risaia». Si tratta di un brano in modo maggiore, con metro in 6/8, il cui l’incipit tematico è caratterizzato dell’intervallo di quarta giusta ascendente, assai frequente nelle composizioni di questo genere. Nell’elaborazione corale Vacchi fa uso di diverse figure madrigalistiche. La prima di queste è rappresentata dal glissando di quarta giusta discendente, derivato dalla forma del lamento, che viene affidato alle voci superiori, tra il levare di misura 1 e il tactus di misura 2. La scrittura iniziale prevede un andamento prevalentemente a terze parallele, in perfetta aderenza con le modalità di accompagnamento utilizzate dai cantori popolari di area emiliana. A misura 6 Vacchi utilizza una scrittura assai interessante, che prevede parallelismi di quarta e sesta tra le voci superiori. Alle misure 6 e 7, sono presenti imitazioni interne di ottava giusta inferiore (tra tenori I e baritoni) e di decima inferiore (tra tenori I e bassi), mentre a misura 11 è interessante l’impiego di una nota di volta alterata (la#) presente alla voce dei baritoni. L’utilizzo di un’ulteriore alterazione cromatica ascendente (mi-mi#) è presente alla sezione dei bassi tra misura 12 e misura 13. In questo caso il cromatismo ascendente ha la doppia funzione: espressiva e di rafforzamento della tensione. A misura 13 Vacchi utilizza anche la tecnica dello scambio delle parti tra
tenori II e bassi. A misura 18 troviamo un’idea armonica molto interessante, che prevede l’utilizzo simultaneo di accordi di tonica (I grado- la-do-mi) e di dominante (V grado mi-sol-si-re-fa). Tra le misure 16 e 32 Vacchi fa uso di una scrittura di carattere strumentale ad imitazione degli strumenti a plettro. È interessante notare come l’elaboratore nella parte finale impieghi una scrittura basata sulla tecnica di accumulazione del materiale sonoro. Abbiamo inoltre un secondo forte madrigalismo sulla parola “amor”. Infine, la forte conclusione data dalla presenza di una cadenza perfetta è contrastata dalla proiezione delle voci superiori nel registro acuto, che contribuisce a far diminuire il carattere conclusivo del brano.
Gli anni ottanta, lo sviluppo della ricerca musicologica e della tecnica compositiva
Tra le elaborazioni di Giorgio Vacchi che maritano particolare attenzione c’è sicuramente Ieri mi maritai (1982). Ritrovato a Monghidoro, in provincia di Bologna, da Arrigo Montanari nel 1980, ha come informatrice Maria Grillini. Si tratta di un interessante lavoro in cui l’elaboratore utilizza nuovamente la tecnica
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d’accumulazione delle voci, un espediente compositivo, che dal punto di vista musicale e acustico, ha la funzione di creare un forte aumento della tensione musicale.
Nella zona iniziale (misure 1-20) Vacchi impiega alcune figure caratteristiche del proprio stile quali: un ostinato affidato alla voce dei baritoni ed un pedale di tonica (sol) alla sezione dei bassi. L’utilizzo di tali figure tende ad amplificare il carattere cullante di questa ninna nanna. La scrittura iniziale prevede andamenti prevalentemente paralleli, ad imitazione della modalità spontanea d’esecuzione del canto popolare dell’Appennino bolognese. L’idea del “cullare” è in netto contrasto con le argomentazioni testuali: di forte tensione sociale ed interiore. Tra le voci dei bassi e dei baritoni è presente l’alternanza di intervalli di quinta giusta (sol-re) e di sesta minore (sol-mi), mentre alla voce del tenore I, misure 4-7 e misure 9-12, è affidato un pedale di dominante (re). Anche alle misure 13-14 e 16-18 Vacchi utilizza una scrittura che prevede parallelismi di quinte giuste (tra bassi e baritoni), probabilmente per mantenere una continuità di linguaggio con la zona precedente. A misura 21 è presente un forte cambio di scrittura: con l’affidamento del tema alla voce del basso e una velocizzazione dei valori ritmici. In questa zona l’elaboratore utilizza una scrittura maggiormente omoritmica, con la presenza di parallelismi di quarte, quinte e quarte e seste. Sembra chiara la derivazione di questo modus operandi da alcune tecniche contrappuntistiche antiche, quali, ad esempio, il discanto o falsobordone. Sul terzo ottavo di misura 26 Vacchi impiega un accordo molto particolare: la quintiade di dominante con la nona maggiore al basso. A proposito di questo accordo Arnold Schönberg (1874-1951) nel suo celebre Trattato di Armonia scrive: «Non capisco perché i trattatisti si ostinino a negare la possibilità di utilizzare l’accordo di dominante con la nona al basso che è di grande effetto in entrambi i modi». Nel finale del brano abbiamo un’idea molto forte, quasi “organistica”; o meglio l’utilizzo di un triplo pedale di tonica e dominante (solre-sol), misure 32-35 affidato a bassi, baritoni e tenori II, che tende ad aumentare l’aspetto conclusivo del brano.
Verso la “nuova via del suono”
Tra i brani di argomento religioso elaborati da Vacchi negli anni Novanta di particolare interesse è Magnificat (1991). Si tratta di un canto assai antico in lingua latina ritrovato a Castiglione dei Pepoli, in provincia di Bologna, da Mario Cassarini. Nell’elaborazione per coro maschile Vacchi utilizza una scrittura prevalentemente omoritmica, come nella forma del Corale luterano. In tutto il brano è forte la presenza di dissonanze e note estranee all’armonia, quali note di passaggio, appoggiature e anticipazioni, in “un atteggiamento compositivo” tendenzialmente polifonico. Tra la fine di misura 3 e l’inizio di misura 4 Vacchi utilizza una cadenza plagale (IV-I) dal “colore antico” che proietta l’ascoltatore in una sonorità ancestrale. Alle misure 7-10, l’elaboratore impiega una modulazione transitoria al VI grado, tramite una sostituzione di grado, che porta ad un momentaneo spostamento dalla tonalità d’impianto (fa+) al suo relativo minore (re-). Nella zona centrale, misura 17, Vacchi utilizza una scrittura molto particolare. Il tema gregoriano viene affidato a cantori solisti (idea di chierici o sacerdoti), mentre al coro è affidata una scrittura musicale di carattere strumentale, ad imitazione della sonorità dell’organo a canne (idea del popolo orante). Nella zona finale, misure 18-24, sono presenti alcune interessanti idee. Una è rappresentata dalla scrittura omoritmica e omofonica in cui due/quattro linee si allargano in direzione contraria, coprendo un’ampia tessitura vocale (fa1-do3). L’altra è rappresentata dall’impiego, in relazione all’idea precedente, di una scrittura musicale che prevede l’utilizzo di due figure retoriche contrastanti. La prima figura retorica l’ anabasi (ascesa) è presente alle voci superiori, mentre la seconda figura retorica la catabasi (discesa) è affidata alla voce dei bassi. L’impiego da parte dell’elaboratore di una scrittura musicale di carattere descrittivo è fortemente connesso ad alcuni aspetti retorici, già presenti nella forma monodica del brano. In particolare, nella scrittura paiono emergere due idee in forte antitesi tra di loro. La prima è rappresentata dalla direzione ascendente delle voci superiori (tenori e baritoni) in cui emerge l’idea dell’aspirazione dei fedeli al raggiungimento di Dio (anabasi) . La seconda idea, invece, è raffigurata dalla direzione discendete della sezione dei bassi, in cui viene simboleggiata la volontà di Dio di proceda verso i fedeli (catabasi)
La conclusione del brano avviene in assenza della cadenza perfetta e in terza posizione melodica (quinta, do ai tenori primi) ed è perciò abbastanza sospesa.
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Tra le ballate popolari elaborate da Vacchi agli inizi degli anni Novanta di grande interesse è sicuramente: La rondine (1992). Si tratta di una canzone popolare, probabilmente un canto lirico-narrativo , assai diffuso in Piemonte; ma diverse varianti di questo brano sono presenti anche nel piacentino. Proprio da Vernasca, in provincia di Piacenza, arriva questa variante, ritrovata nel 1974 e presente in Nicola Iannone, Ballate della raccolta Nigra note nella provincia di Piacenza, Arnaldo Forni Editore, Bologna 1989, pagina 123. In Italia il tema della “La Rondine importuna” si è diffuso principalmente nelle regioni settentrionali e centrali, anche se qualche variante è rintracciabile anche in Calabria e in Sicilia. Roberto Leydi, ad esempio, rintraccia il tema nel Codice magliabechiano strozziano in una poesia del XVI secolo, mentre Costantino Nigra (18281907) nella sua antologia Canti popolari del Piemonte (1888) riconduce il canto ad un’origine letteraria urbana e ad una provenienza dall’Italia centrale; in relazione delle desinenze parossitone dei versi. Per procede ad un’analisi sistematica di questa elaborazione corale ho diviso il brano in tre parti. Nella prima zona formale A1 (misure 1-4) ai bassi è affidato un pedale di tonica (fa), mentre nella seconda zona A2 (misure 5-13) una scrittura tendenzialmente omoritmica. La prima idea madrigalistica compare sul motivo parola “stanza”, dove è presente l’utilizzo della dissonanza di seconda minore, che armonicamente diviene una settima maggiore. La seconda idea madrigalistica è presente sul motivo parola “signora”, con l’utilizzo di un bicordo di quinta giusta vuota, a sancire la prima conclusione. Alle misure 1-3 (tra soprani e contralti) sono presenti bicordi di terze parallele, ed anche parallelismi di quarta giusta (misura 3 tra soprani e contralti). Da misura 5 a misura 13 Vacchi utilizza una scrittura tendenzialmente omoritmico-omofonica. Segue quindi la seconda zona formale che chiamerò B. In questa zona (misure 14-23) assistiamo al primo sviluppo e variazione del materiale esposto nella zona A (misure 1-13), con l’impiego nelle tre voci superiori di una scrittura di accompagnamento basata su parallelismi di 4 e 6 (secondi rivolti). Il tema è affidato alla sezione dei baritoni, mentre i bassi procedono con il seguente schema: tonica I grado (fa), dominante V grado (do), IV grado sottodominante (sib), tonica I grado (fa), dominante V (do), tonica I
grado (fa). Particolare è l’utilizzo da parte di Vacchi del collegamento armonico V-IV, bandito nell’armonia classica e invece assai frequente nei bassi delle Villotte alla Padoana o nella forma della Gagliarda. Nella terza ed ultima zona formale C abbiamo il secondo sviluppo e variazione della zona A (misure 24-33), in cui alle voci femminili, l’elaboratore affida, prevalentemente, procedimenti paralleli di terze. Alle misure 24-33 Vacchi riutilizza la tecnica compositiva dello scambio delle parti (s/c/t con t I/t II/br), già impiegata in alcuni brani già precedentemente analizzati. Infine, tra misura 28 e 29 il compositore impiega una cadenza plagale (IV-I), dal “sapore arcaico”, che precede la cadenza perfetta (V-I) che conclude il brano.
Tra le elaborazioni per coro femminile scritte da Giorgio Vacchi negli anni Novanta, di grande interesse è sicuramente: Il gargiolaio (1995). Si tratta di un canto popolare, in modo maggiore e in tempo binario, il cui informatore è lo stesso Vacchi, (Bologna 1994). Scorrendo il testo della prima strofa si può già intuire la durezza del contesto: “La mî mâma la dîs acsé che bèla fiôla ch’a i ò mé an la vói brîsa dèr a un malnàtt d un garzulèr”. “La mia mamma dice così: che bella figlia che ho io non la voglio dare a un malnetto garzolaio”. Nel brano sono presenti quattro idee principali. Nell’idea n.1 (misure 1-8), è presente una scrittura che prevede l’utilizzo di cantori solisti, in perfetta aderenza alla tipologia di canto popolare emiliano. L’impiego da parte di Vacchi di una scrittura che prevede l’utilizzo di due voci soliste, inoltre, pare simboleggiare il doppio dualismo tra la mamma e la figlia e quello tra la mamma e il gargiolaio. Tale idea si fonde con una sonorità moderna, in cui l’elaboratore impiega diverse dissonanze, quali ad esempio il bicordo di seconda maggiore (la-sol) presente sul secondo quarto di misura 3. Questi parametri vengono amplificati dalla richiesta da parte del compositore di una vocalità aderente a quella del canto spontaneo di area emiliana, che ha alcuni tratti comuni con quella utilizzata delle cantrici popolari bulgare. Nell’idea n.2 (misure 9-16), l’elaboratore aggiunge una terza voce (soprani I) che si basa principalmente sul rapporto dominante/tonica (la-re), mentre nell’idea n.3 (misure 17-32) è presente un notevole sviluppo della scrittura musicale; con l’impiego da parte di Vacchi di chiare figure madrigalistiche, di dissonanze o di procedimenti accordali di quarta e sesta.
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Gli anni novanta e l’indispensabile passaggio alla vocalità a voci misteGiorgio Vacchi “verso il sinfonismo corale”
La vocalità feminile e la sperimentazione di un nuovo suono corale
Formalmente, alle misure 31-32, si ha una forte cesura, data, allo stesso tempo, dalla presenza di una cadenza perfetta e dalla forte conclusione sull’unisono (idea di vuoto). Con questo procedimento il compositore vuole enfatizzare la conclusione stessa che avviene proprio sul motivo parola “garzulèr”. Segue quindi l’idea n.4 (misure 33-44), in cui il compositore crea, tramite un forte cambio di scrittura, una chiara velocizzazione ritmica. La cadenza autentica (V-I), presente alle misure 39-40, è preceduta da una cadenza plagale (IV-I), alle misure 37-38. Segue poi alle misure 41-42 un’ulteriore cadenza perfetta V-I. Nell’ultima conclusione, invece, Vacchi utilizza un procedimento armonico che non prevede la cadenza autentica V-I, con il suo caratteristico salto di quarta giusta ascendente o quinta giusta discendente, ma bensì un collegamento per grado congiunto, con i bassi che procedono secondo il concetto schönberghiano della “via più breve”. Ne risulta una conclusione debole, ancor più “indebolita” dall’improvviso slancio delle voci superiori verso l’alto e dalla presenza ai soprani I della seconda posizione melodica, terza dell’accordo (fa#).
La nuova ricerca sul campo e il consolidamento della scrittura corale a sei voci miste
Tra le elaborazioni più interessanti e sofferte di Giorgio Vacchi troviamo sicuramente La Canapa (2001).
Si tratta di un canto di lavoro ritrovato da Paolo Bernardini nel 1979 a Gàggio Montano, anche se l’informatore Gaetano Finelli era nativo di Anzola dell’Emilia in provincia di Bologna. Il brano è in modo maggiore e in tempo binario (4/4) ed è caratterizzato da una forte aspetto ritmico, tipico dei canti popolari di lavoro. La composizione, dal punto di vista strutturale e dell’elaborazione, è organizzata in maniera che ciascuna strofa sia presentata in una diversa tonalità. Lo schema prevede due passaggi modulanti: strofa n.1 (misure 1-30) tonalità d’impianto (do maggiore), strofa n.2 (misure 31-58) tonalità di re maggiore, strofa n.3 (misure 61-92) tonalità di mi maggiore. Si tratta di una tecnica compositiva che prevede lo spostamento verso l’alto dello stesso materiale musicale, tramite una serie di modulazioni improvvise alla seconda maggiore ascendente. Questa composizione prevede la presenza simultanea di tre temi: il tema 1 è affidato ai bassi (misure 4-30); il tema 2 ai tenori I (misure 13-30) e il tema 3 ai soprani (misure 22-30). L ’incipit di questo tema (sol-do, quarta giusta ascendente) rappresenta l’inversione della testa tematica del tema 1 (do-sol, quarta giusta discendente). L’idea del cambio di tonalità improvviso verso l’alto alla seconda maggiore, assai utilizzato anche nella musica leggera degli anni Settanta e Ottanta, amplifica il clima teso, già insito nel brano. Il secondo cambio di tonalità verso l’alto contribuisce ad un’ulteriore accumulazione della tensione. La coda finale (misure 87-92) ha come
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funzione principale quella di far dipanare la tensione accumulata in precedenza. In questa zona Vacchi utilizza un doppio pedale di tonica (mib, soprano I/tenore I) mentre alla sezione dei bassi sono presenti numerose dissonanze, quali, ad esempio, le settime di passaggio. La conclusione del brano non è caratterizzata da una vera cadenza autentica (perfetta), per cui la conclusione stessa risulta essere abbastanza debole.
Tra le elaborazioni che Giorgio Vacchi scrive nell’ultima parte della sua vita è assai rilevante Preghiera del mattino (2016); che rappresenta anche l’ultimo lavoro del musicista bolognese. Si tratta di un canto popolare di argomento religioso, in modo minore e in tempo ternario (3/4), ritrovato a Rocca Corneta di Lizzano in Belvedere, nell’Appennino bolognese, da Paolo Bernardini nel 1995 la cui informatrice Franchi Gioconda fu cantrice assai prolifica. L’ incipit tematico è caratterizzato dalla presenza dell’intervallo di quarta giusta ascendente, che, come già abbiamo notato in altri brani, è assai frequente nelle forme musicali popolari dell’area appenninica bolognese. La scrittura è tendenzialmente omoritmica, con la presenza anche di emiolie (passaggi da una suddivisione binaria ad una ternaria). Il compositore attinge questa modalità di scrittura sia alla forma del Corale, che anche dalle parti omofoniche presenti in numerose composizioni polifoniche di autori rinascimentali. Nella zona introduttiva (misure 1-7) l’elaboratore utilizza un ostinato di quarta giusta ascendente, che deriva direttamente dalla testa del tema stesso (la-re). L’ostinato viene poi ripetuto tre volte. È molto probabile che il compositore abbia attinto l’idea della triplice ripetizione dal concetto simbolico della Santissima Trinità, caratterizzata proprio da tre figure: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Alle misure 8-10 il tema è affidato prima ai bassi per poi passare ai baritoni, sul secondo quarto di misura 12 fino a misura 16. Quindi il tema viene affidato ai soprani (misura 17 con levare, fino a misura 65). Il linguaggio di questo brano, che definirei intimista, prevede diversi procedimenti cromatici, di carattere “patetico”. La prima modulazione, tramite alterazione cromatica ascendente, è presente ai tenori alla misura 35 (do-do#). Segue poi una seconda modulazione, assai interessante, tramite alterazione cromatica discendente indiretta tra i tenori e i baritoni alle misure 38-39 (si-sib). Ne segue quindi una terza dello stesso tipo tra soprani e baritoni, misura 46 (la-lab). Abbiamo poi un’ulteriore modulazione,
tramite alterazione cromatica ascendente, affidata ai tenori alla misura 47 (mib-mibeq.). L’ultima modulazione sempre tramite alterazione cromatica ascendente è presente ai tenori alla misura 50 (fa-fa#). È interessante notare come l’elaboratore non impieghi i procedimenti cromatici, sia ascendenti che discendenti, con una chiara idea di direzionalità, come ad esempio avviene in Bach, ma bensì con funzioni maggiormente ornamentali ed espressive. Alla misura 56 Vacchi utilizza, come già visto in altre partiture analizzate in precedenza, la tecnica dello scambio delle parti, tra soprani e baritoni, tecnica già ampliamente praticata dai polifonisti di epoca rinascimentale e anche dallo stesso Bach. Nell’ultima zona sono presenti due elementi caratteristici: un pedale di tonica (re) affidato ai soprani e la ripresa del tema che viene riesposto, però, diviso tra le voci estreme. La prima parte del tema è affidata alla sezione dei bassi (misure 66-69) e la seconda parte a quella dei soprani (misure 7074). Ai bassi alle misure 69-74 è affidato, invece, un pedale di tonica, con la sillabazione del testo. Un esempio di chiaro madrigalismo è presente nella conclusione della composizione, sul motivo parola “Paradis”, con l’utilizzo, nella voce del tenore, della terza piccarda (fa#) di bachiana memoria.
In estrema sintesi si può affermare che Giorgio Vacchi, nelle sue interessanti elaborazioni corali, tramite il sapiente utilizzo, nella scrittura musicale, di un’armonia e di un contrappunto perfettamente aderenti ai temi dati, sia riuscito nell’intento di amplificare lo stato d’animo e il carattere già presenti in ciascun canto nella forma monodica. Si tratta di un modus operandi che porta la scrittura aggiunta al tema o ai temi dati, a divenire una sorta di amplificazione di ciascuno dei parametri già presenti nel canto popolare dato, quali il carattere, il ritmo, la dinamica, l’agogica, ecc... Si può così affermare che Giorgio Vacchi, sia stato molto più di un elaboratore corale, ma bensì un geloso custode di un “mondo perduto”, un autentico “creatore di magie sonore”, oltre che un generoso ed instancabile amante e divulgatore dell’arte corale.
Le ultime elaborazioni e “l’intimismo corale”
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Il Canto Bizantino, l’altro verso del Canto Sacro
DI IRENE ROTONDALE
Cantore liturgico e insegnante di canto bizantino abilitato
Per trattare la musica bizantina intraprenderemo un breve viaggio allo scopo di incontrare questa musica, ancora sconosciuta in Italia ma a lei sempre appartenuta. Allo stato attuale abbiamo a che fare con due tipi di musica: la musica tonale che nasce con il Rinascimento, si sviluppa con il Barocco e si distacca dalla musica tradizionale, e la musica modale che compare allo stato naturale in ogni civiltà umana. Essa comprende le civiltà indoeuropee e quelle nate e sviluppatesi attorno alla Mesopotamia (la più antica è quella dei Sumeri), il Mediterraneo ed il Medio Oriente fino alla Persia e all’India. Tutte le tradizioni musicali di quest’area sono imparentate; il canto tradizionale è caratteristico di un determinato popolo e può definirsi canto monodico, di tradizione sacra e profana e di trasmissione orale. Il canto tradizionale del repertorio sacro in Occidente va dal canto romano antico, ambrosiano, mozarabico, beneventano, gallicano fino al gregoriano, che si sviluppa in tutta l’Europa1. Il canto sacro è il canto liturgico, cioè l’innografia di canti sacri utilizzati durante le funzioni religiose nei luoghi di culto2. Le tradizioni musicali che si sono conservate più intatte nel tempo sono quelle di tipo sacro.
Il Canto di tradizione sacra in altri riti e culture: un’esperienza personale di viaggi e di studio
A conferma della ricchezza musicale ed espressiva che offre il contesto della musica sacra ai giorni nostri, riporto brevemente la mia esperienza di studio e di contatto diretto con il canto sacro nel Medio ed Estremo Oriente. I luoghi da me visitati e le scuole di canto tradizionale finora frequentate sono in India, nel territorio Rajastano
(presso l’Accademia di musica classica indiana di Benares), in Anatolia (l’attuale Turchia), nella città di Costantinopoli, oggi chiamata Istanbul, presso il Patriarcato ecumenico, e in Israele, dove sono stata ospitata presso monasteri di tradizione ortodossa, per poi approdare in Grecia, lo stato europeo che ha mantenuto intatta la sua tradizione di musica sacra. L’esperienza sonoro-musicale del canto sacro che accomuna tutti questi territori geograficamente per noi lontani ‘salta all’orecchio’ di coloro che conoscono il canto tradizionale musulmano, bizantino e indiano: queste tre grandi famiglie appartengono a specifiche religioni ben consolidate (islamismo, cristianesimo orientale e induismo), che hanno ispirato un vasto repertorio di canto e musica sacra pressoché rimasto allo stato originario di composizione, dal quale attingono da sempre musicisti e cantanti affermati. Nella musica tradizionale sacra la struttura musicale e il canto sono inseparabili dai componimenti poetici ispirati dalla lettura dei testi sacri. Ciò che accomuna il canto musulmano, il canto cristiano orientale e il canto indiano è l’utilizzo di scale modali con intervalli microtonali: è la musica microtonale che conferisce il sapore “esotico”, così come viene definito dagli occidentali, possibile solo nel sistema modale e impossibile nel sistema temperato3
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Musica dell’anima
sull’uso della voce
1. Giulio Cattin, La monodia nel Medioevo, EDT, 1991.
2. Reale Accademia dei Lincei, Memorie della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, Accademia Nazionale dei Lincei, 1891, pp. 58-59.
3. L’intero capitolo è tratto da: Irene Rotondale, Il canto sacro romano bizantino: recupero della tradizione orale come modalità espressiva, Tesi di Musicoterapia, A.P.I.M. Associazione Professionale Italiana Musicoterapeuti (CONFIAM), 2016.
Il canto romagno-bizantino
Il canto bizantino - o più propriamente canto romanobizantino, o canto pre-gregoriano - indica la tradizione sacra e profana del canto modale dei popoli dove regnava l’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente dopo la venuta di Cristo, basata sui modi musicali rispettivamente bizantini ed ecclesiastici. Nel canto bizantino che è di tradizione cristiana, utilizzata in Italia in lingua greca e latina fino al 1050, confluiscono quindi tradizioni musicali provenienti dal canto sinagogale (quella del Profeta Davide a Saul)4 , da Siria, Etiopia, Armenia, Egitto, Asia Minore, Italia del Sud, Grecia e dai paesi balcanici. Il canto bizantino sacro non è altro che la continuazione del canto sinagogale o giudaico, poiché Cristo - che ne è l’ispiratore - è ebreo, ed è imparentato con le tradizioni musicali succitate.
Breve storia del canto bizantino
Presso le comunità greche all’interno delle loro numerosissime colonie sparse in tutto il Mediterraneo - come in Calabria, Puglia, Sardegna, Campania, nonché nei centri di vita e cultura greca come Atene, Corinto e Tessalonica - i fedeli cristiani ricevevano in lingua greca il Verbo evangelico, e sempre in greco intonavano le letture dei profeti e dei salmi ed esprimevano gli inni di ringraziamento eucaristico con forme melodiche greche5 Sappiamo che l’imperatore romano Costantino nel 313 d.C. diede la libertà di culto ai cristiani: e il culto si esprimeva con il canto in tutto l’Impero romano occidentale e bizantino orientale6. La chiesa, che vive nel tempo e nella storia, grazie ai Padri ha assorbito elementi dell’ambiente circostante per esprimere la verità della Rivelazione anche attraverso la musica; ha assunto elementi dal pensiero
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4. La Bibbia. Antico Testamento: Terzo Libro dei Re, versione ufficiale a cura della Conferenza episcopale italiana, San Paolo Edizioni.
5. Amédée Gaustoué, Les origines du chant romain, A. Picard & Fils, 1907, p. 426. 6. Ibidem.
Irini Pasi Ensemble, ensemble di canto bizantino in Italia )
ebraico, greco e dalla civiltà romana, li ha trasformati ed è nata così una civiltà particolare che è la veste della Verità: la civiltà ‘romea’7. Nel corso della storia cristiana gli inni della tradizione liturgica romano bizantina sono diventati numerosissimi e poggiano ancora, per ciò che riguarda gli aspetti sonoro-musicali del canto, sui tre pilastri della musica antica ecclesiastica: genere diatonico, cromatico ed enarmonico. I ritmi e le melodie cantate erano modellati su forme e tipi pagani, e l’organico è costituito solo dalla voce umana solista e corale. Attualmente la melodia e il ritmo sono caratterizzati dal ritmo poetico, dalla divisione in sillabe e dall’accento della parola in tempo veloce, medio e largo, articolandosi in otto modi musicali e in otto scale modali diverse.
La perdita e la conservazione della tradizione romano-bizantina
Nel 1453, con l’invasione musulmana dei turchi in Anatolia a Costantinopoli e in tutti i territori dell’Impero romano d’Oriente, la musica romano-bizantina sopravvisse fra le arti solo perché trovò riparo all’interno delle chiese. Il Monte Athos, fortezza e faro luminoso per la scienza e l’arte sacra, continuò ad essere conservatore: ne sono testimonianza i numerosi e preziosi manoscritti delle loro biblioteche e delle varie scuole di canto, innografia, paleografia e trascrizione dei codici. Dal 1054, con la divisione delle chiese fra Oriente e Occidente, in quest’ultimo - e in Italia - avvenne un radicale cambiamento e la perdita progressiva di tutta la tradizione del canto liturgico delle origini.
L’utilizzo della voce nel cristianesimo delle origini
Ogni scala modale si esprime in 72 intervalli. L’allargamento dell’orizzonte vocale del canto bizantino in 72 intervalli come possibilità vocali, contro i 12 intervalli della musica temperata, può essere considerato come un ampliamento delle possibilità espressive ed esplorative del cantore, attraverso il quale la voce può ritornare alla naturalezza espressiva originale. La voce, riportata al suo stato naturale, così come avviene nel canto tradizionale bizantino, rispetta l’uomo a livello antropologico e fisiologico. L’utilizzo della voce ha pertanto un effetto immediato sul corpo, dalle sensazioni e vibrazioni corporee a quelle evocative e spirituali. La mente ha come modello le corde vocali con le sue sfumature e possibilità
di scoperta, in modo naturale, nel cantare la melodia8 Come affermano gli esperti di canto in musicoterapia, in una dimensione terapeutica gestire in maniera adeguata le opportunità offerte dalla voce significa promuovere nel soggetto la sua disposizione sociale9 .
L’unità culturale e spirituale in cui si fondono oriente e occidente
UNESCO: «Dal 12 dicembre 2019 come arte vivente che esiste da più di 2000 anni il canto bizantino è “patrimonio immateriale dell’umanità”». Il canto dell’Oriente cristiano quindi è convenzionalmente chiamato canto bizantino, mentre quello corrispondente della chiesa di Roma, ricordato come il canto romano antico, è definito oggi canto pregregoriano, per distinguerlo dal canto gregoriano che si costituì durante l’impero carolingio, ispirato alla struttura del canto romano ma spogliato dei suoi
38 | MUSICA DELL’ANIMA
7. Giovanni Romanidis, Conoscere nel non conoscere. Appunti di dogmatica patristica, Asterios, 2015, p. 181.
8. Giovanni Piana, Saggi di filosofia della musica, Lulu.com ed., 2013, p. 42.
9. Gerardo Manarolo, Manuale di musicoterapia. Teoria, metodi e strumenti per la formazione, Cosmopolis, 2006, p. 381.
Giorgio Klontzas, rappresentazione dell’inno “In te gioisce”, fine XVI sec. (Venezia – Museo dell’Istituto Ellenico)
abbellimenti e della caratteristica vocale microtonale. Il canto romano antico si conservò fino all’XI e XII secolo, come ci trasmettono i manoscritti che non tramandano ancora nulla del repertorio gregoriano. Grazie ad attenti studi condotti per la ricerca e l’interpretazione della musica medievale si evincono molte somiglianze estetiche tra il canto antico romano e il bizantino: modalità, cadenze e abbellimenti, alcuni dei quali ancora usati oggi nella canzone greca.
Ciò è dovuto non solo al fatto che l’Italia dipendesse dall’Impero bizantino, ma anche perché divenne terra d’asilo per i quasi 50.000 monaci che fra il 726 e il 775 si rifugiarono nel Sud Italia durante la persecuzione iconoclasta: dopo l’invasione persiana della Palestina i monasteri siriani e greci si moltiplicarono nel Sud Italia, e fino al centro di Roma.Molti papi di origine siriana o greca presiedettero quindi ai destini della Chiesa di Roma (14 su 23 papi furono di lingua greca tra il 644 e il 772); il Liber Pontificalis menziona, oltre all’origine orientale, la competenza musicale di tre di loro: Leone II, Sergio II e Gregorio III. Ed è sotto l’influenza di questi papi che la liturgia romana era profondamente orientale, per cui abbiamo ragione di credere che anche il canto lo fosse. La musica carolingia divenne in seguito “gregoriana” al punto da soppiantare, nella stessa Roma, il canto antico romano, poi scomparso definitivamente nel XIII secolo 10 .
Lo studio del canto bizantino nel mondo
In tutto il territorio greco e nel mondo ortodosso, oltre al canto liturgico ascoltabile presso tutte le chiese e i numerosi monasteri, lo studio del canto è impartito nei conservatori di stato, e lo ψάλτης (psàltis: ‘maestro di canto bizantino’) permette ai provetti cantori di imparare per trasmissione orale sullo psàltìri, ossia il coro dove sono posizionati i cantori esperti che prestano servizio nella liturgia. In Arizona, il monastero ortodosso di Saint Anthony - impegnato nella divulgazione del canto bizantino in Occidente - si occupa di tradurre e mettere in musica l’innografica liturgica dal greco-bizantino alla lingua inglese, in modo da renderne accessibile agli americani il significato. Molte nazioni europee ed extraeuropee hanno adottato lo stesso metodo di traduzione e divulgazione del canto liturgico.
E in Italia?
Presso la chiesa greco-ortodossa di Torino un gruppo di cantori e ricercatori è impegnato nel recupero e nello studio del canto romano-bizantino, traducendo in latino e nella lingua italiana ufficiale l’innografia liturgica di lingua greca, nell’intento di rendere accessibili agli italiani il significato della poesia bizantina e del suo valore culturale, spirituale e antropologico. Inoltre, ci si propone i seguenti obiettivi, in collaborazione col territorio: ripristinare la figura del cantore liturgico bizantino in Italia; aprire scuole di musica bizantina statali in Italia; ripristinare l’uso della voce microtonale della tradizione cristiana antica11; fare concerti sul territorio italiano e all’estero. Concludo questo breve viaggio nel canto romano-bizantino approdando ad una sentenza della monaca e compositrice musicale medioevale, Kassianì di Costantinopoli: “Perfetto ordine di tutto ciò che comincia e finisce e per ogni parola e azione è fare di Dio il principio e la fine”.
11. Ibidem
| 39 IL CANTO BIZANTINO, L’ALTRO VERSO DEL CANTO SACRO
10. Michel Huglo, Relations musicales entre Byzance et l’Occident, in Proceedings of the 13th international congress of byzantine studies: Oxford, 5-10 september 1966, a cura di J. M. Hussey, D. Obolensky, S. Runciman, Oxford University Press, 1967, pp. 267-280
Partitura dell’apolitikio del 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce in tono I (Mousiki Kipseli, Tomo A)
Rinverdire la forza di una grande tradizione
I Vespri op. 37 di Sergej Rachmaninov
L’altro Rachmaninov
Allo stesso modo in cui esistono opere musicali che sembrano riassumere in sé le caratteristiche distintive del loro compositore, tanto da risultare paradigmatiche del suo stile e del suo universo estetico, ne esistono altre che difficilmente sarebbero attribuibili al loro effettivo creatore da parte di un generico ascoltatore dall’orecchio poco affinato e dalla cultura musicale poco approfondita. L’immagine “stereotipata” e semplificatoria del Rachmaninov compositore è stata, fino ad un non così remoto passato, quella del fenomenale pianista e concertista che, a somiglianza dei grandi virtuosi dell’Ottocento, scrive principalmente (anche se non solo) per il proprio strumento, in uno stile neoromantico appassionato ed acceso, tanto da rasentare talvolta, per i suoi detrattori, il sentimentalismo. Per troppo tempo la critica più dura ed intransigente è stata concorde nel considerarlo un compositore sicuramente dotato ma fondamentalmente reazionario e conservatore, impegnato a riproporre in pieno Novecento l’universo estetico di Chopin, Liszt, Ciaikovsky, e sostanzialmente sordo alle nuove, più moderne vie indicate dalla coeva musica colta europea. Anche il pubblico, presso il quale la sua musica ha invece riscosso quasi da subito un caloroso e pieno successo, tende tuttora ad identificarlo prevalentemente con alcuni determinati lavori, assai noti ed eseguiti, come quelli per pianoforte e orchestra, alcuni della ricca produzione pianistica, forse la Seconda Sinfonia. Uno sguardo più completo ed approfondito alla sua opera compositiva rivela però, come ormai definitivamente riconosciuto anche dalla moderna critica musicale, una
personalità artistica complessa e stratificata che va ben oltre lo stereotipo sopracitato, soggetta ad una ampia e variegata gamma di influenze, oltre a quella indubbia della stile romantico, tra le quali decisiva è quella dalla grande tradizione musicale russa in generale e del canto sacroliturgico ortodosso in particolare. Sorprendentemente per molti, una forte attrazione legava Rachmaninov alla
Analisi
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DI ROBERTO BRISOTTO Direttore di Coro, Compositore e Maestro della Capella Civica di Trieste
scrittura corale, testimoniata dai vari lavori ad essa dedicati, sacri e profani, a cappella oppure sinfonici e cameristici. In riferimento però alla particolare tradizione del canto sacro, due sono i titoli che si stagliano all’interno della sua produzione: la Liturgia di San Giovanni Crisostomo op. 31 del 1910 e, soprattutto, la Veglia per tutta la notte op. 37 , nota anche col nome di Vespri, del 1915, considerata uno dei suoi capolavori, probabilmente la più alta vetta musicale della Chiesa ortodossa russa ed uno delle più complesse ed importanti opere corali del secolo scorso.
Brevi cenni storici sulla tradizione del Canto Sacro Liturgico Ortodosso
L’inizio della tradizione musicale religiosa russa si fa risalire al X secolo, quando testi sacri ed elementi liturgicorituali di origine bizantina, giunti attraverso la Bulgaria, vennero quasi subito “personalizzati” dando luogo ad uno stile caratteristico dominato dal canto znamennyj o znamennyj rospev. Con tale termine si indica un insieme di segni notazionali posti sopra il testo letterario, così come avviene nella notazione adiastematica gregoriana, ad indicare una linea melodica precisa e relativamente parca di ornamentazione. Un momento decisivo nella storia della musica religiosa russa coincide con le riforme della Chiesa Ortodossa della seconda metà del XVII secolo, attraverso le quali furono assorbite alcune influenze occidentali: vennero introdotte la notazione musicale europea e la musica polifonica a parti separate e fecero il loro ingresso nella pratica liturgia canti di tradizione serba, bulgara ed orientale tradotti in lingua slava. Le influenze musicali occidentali, specialmente italiane, si fecero sempre più invadenti fino al momento in cui Dimitri Bortniansky (1751-1825), considerato il primo compositore russo di musica sacra, si adoperò per riportare in vita lo stile dell’antico canto russo, anche attraverso la sua attività di direttore della Cappella della Corte Imperiale. Con il proprio esempio diede vigore ad un movimento di riscoperta che nell’Ottocento, complice anche l’imporsi del movimento nazionalistico, interessò vari compositori, tra i quali figurano nomi importanti come quelli di
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Balakirev, Rimskij-Korsakov e Ljadov, i quali importarono stilemi tipici di questo genere nelle loro composizioni. Tale tendenza continuò lungo il XIX e il XX secolo, sia dal punto di vista compositivo che da quello esecutivo, grazie anche a nomi come quelli di Kastalskij (1856-1926) e Arkhangelskij (1840-1925), primo quest’ultimo ad impiegare un coro con l’organico misto, introducendo le voci femminili al posto di quelle dei ragazzi. Culmine di questo lungo percorso di riscoperta e sviluppo della musica liturgica è proprio il contributo dato da alcuni compositori russi di quel periodo tra i più importanti e celebri di sempre, come Ciajkovskij (1840-1893), Gretchaninov (1864-1956) e, per l’appunto, lo stesso Rachmaninov.
Genesi e struttura dell’opera
La composizione dei Vespri, o Veglia per tutta la notte, avvenne in meno di due settimane, tra il gennaio e il febbraio 1915, frutto evidentemente di un momento di accesa ispirazione creativa di Rachmaninov, il quale tanto considerò quest’opera tra le sue migliori da volere che il suo quinto movimento fosse cantato al proprio funerale. L’opera è dedicata al direttore di coro e studioso Stepan Smolenskij (1848-1909), con il quale egli aveva approfondito la conoscenza del canto antico; la prima esecuzione, coronata subito da calorosi consensi di pubblico e critica, ebbe luogo a Mosca il 10 marzo 1915 ad opera del Coro Sinodale di Mosca diretto da Nikolaj Danilin. I testi sono tutti tratti dalla Veglia notturna della Chiesa ortodossa, celebrata la sera prima delle festività, da cui il nome di Vespri. I brani che compongono il lavoro sono in totale 15, di varia derivazione: i numeri dall’1 al 6 sono tratti dai Vespri, quelli dal 7 al 14 dal Mattutino mentre l’ultimo dalla Prima ora. Il materiale melodico utilizzato affianca melodie originali ad altre attinte direttamente dal repertorio antico e riferite a tre differenti stili di canto: lo stile znamennyj (numeri 8, 9, 12, 13 e 14), uno stile greco dal carattere più recitativo (numeri 2 e 15) e il canto kievano (numeri 4 e 5), sviluppatosi a Kiev tra il XVI e XVII secolo. La scrittura corale è di base a 4 parti con l’utilizzo del basso profondo ma abbondano le suddivisioni di sezione che determinano ricche armonie fino alle 8 e, in un massiccio passaggio del settimo movimento, alle 11 parti (fig. 3). In alcuni brani (2, 4, 5, 9) sono inoltre previsti interventi destinati alla voce solista di tenore e contralto.
Ecco la struttura generale del lavoro.
Dai Vespri
1. Venite, adoriamo
2. Benedici il Signore, anima mia (canto greco)
3. Beato l’uomo
4. Felice luce (canto kieviano)
5. Nunc dimittis (canto kieviano)
6. Ave Maria
Dal Mattutino
7. Gloria a Dio
8. Lodate il nome del Signore (canto znammenyj)
9. Beato sei tu, Signore (canto znammenyj)
10. Avendo visto la Resurrezione di Cristo
11. Magnificat
12. Gloria a Dio nel più alto dei cieli (canto znammenyj)
13. Troparion. Il giorno della salvezza (canto znammenyj)
14. Troparion. Tu sei risorto dal sepolcro (canto znammenyj)
Dalla Prima ora
15. A Te, Madre vittoriosa (canto greco)
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Caratteri musicali generali
La scrittura corale di questo capolavoro, straordinaria sintesi di sensibilità tardoromantica e antico canto sacro-liturgico, presenta dei caratteri di complessità tecnica, sontuosità timbrica e profondità ed intensità espressiva tali da renderla un unicum all’interno della produzione musicale del Novecento nonché una delle pagine corali più impressionanti ed impegnative dell’intero repertorio. Nonostante il riferimento ad una precisa tradizione storica, dalla quale viene tratta buona parte del materiale melodico utilizzato, la scrittura corale presenta una varietà di trattamento e di soluzioni davvero notevole, grazie anche alla particolare qualità della vocalità di tradizione russa. Proprio determinati caratteri tipici di quest’ultima (il colore brunito e pieno, l’impressionante ricchezza di armonici, la potenza sonora, la particolarissima profondità delle voci gravi, specialmente di quelle maschili) concorrono a determinarne la peculiare sonorità e la notevole difficoltà esecutiva. Tutta le possibilità della scrittura corale sembrano venir esplorate, tanto da dar luogo ad una ricchezza coloristica e timbrica quasi sinfonico-orchestrale. Si passa, con inesausta fantasia, dall’utilizzo maestoso e turgido del plenum corale, assai spesso arricchito da numerose divisioni di parti ed esplorato in tutta la praticabile gamma dinamica fino ai suoi estremi, all’utilizzo delle sole sezioni femminili o maschili e a tutte le loro potenziali combinazioni.
Le figurazioni melodiche principali vengono affidate, a turno lungo il corso dell’opera, ad ognuna delle quattro sezioni, con particolare preferenza per quelle centrali (contralti e tenori), nonché ad interventi di voci soliste. Tali interventi possono dipanarsi in contesti di scrittura trasparente e rarefatta (fig. 4) quanto essere sostenuti da una texture corale assai densa e piena, presupponendo il possesso di una vocalità assai potente e risonante, tale da poter emergere anche in questa situazione (fig. 5).
Omoritmia e libero contrappunto si alternano con efficacia e disinvoltura e a pagine in cui prevale lo stile del corale polifonico, in cui tutte le parti si muovono secondo una conduzione armonico-contrappuntistica, se ne affiancano altre in cui vengono adottati stilemi che richiamano esplicitamente modelli arcaici: ecco allora l’uso di melodie all’unisono o in raddoppio di ottava, di pedali, singoli o multipli, sopra i quali si stagliano melopee o episodi corali dal forte sapore modale. (fig. 6)
Particolarmente identificativo della tradizione orientale e russo-ortodossa è l’utilizzo esteso del parallelismo melodico, specialmente di quello per terze, usato assai frequentemente. (fig. 7)
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Fig.3
Sempre dalla tradizione del canto sacro antico derivano due aspetti assai evidenti che concorrono in modo determinante a caratterizzare la scrittura di questo lavoro: quello litanico e quello antifonico. Entrambi, spesso presenti già nella forma e nella prescritta realizzazione pratico-liturgica del testo, forniscono una soluzione anche al problema dell’organizzazione formale del materiale musicale che su di essi sembra strutturarsi in maniera primigenia, ora in modo esplicita, ora implicito ma comunque assai avvertibile. L’elemento litanico, inoltre, gioca un ruolo determinante sotto l’aspetto della costruzione della linea melodica, caratterizzantesi in formule dal profilo semplice, circolari e come avvolte su se stesse, quasi incantatorie nel loro movimento ricco di ripetizioni, note ribattute, gradi congiunti. Sulla variazione e permutazione incessante di questo semplice materiale melodico di base, sia esso desunto dal repertorio antico che di nuova invenzione, si sviluppa tutto il percorso melodico non solo dell’eventuale vox principalis ma anche di tutte le altre parti, generando così, nelle pagine più contrappuntistiche, un movimento polifonico del tutto peculiare, caratterizzato da un florilegio di volute melodiche che muovono ed ornano, come un frastagliato fregio, la rocciosa struttura armonica di base. Quest’ultima si richiama tanto all’elemento arcaico degli antichi modelli quanto al loro ripensamento operato dalla più recente tradizione compositiva sacra russa; il risultato è quel caratteristico ed assai riconoscibile linguaggio in cui cadenze armoniche tipicamente tonali convivano con soluzioni più sofisticate dal forte sapore modale, ottenute attraverso collegamenti tra gradi deboli, uso intensivo dei rivolti e riferimento agli antichi modi. Questo sapore armonico lo ritroviamo, in realtà, anche nel resto della produzione compositiva di Rachmaninov, tanto
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strumentale quanto sinfonico-vocale; è proprio esso, unito alla particolare pienezza e sontuosità degli agglomerati accordali tipici di questo compositore, in cui abbondano settime, none, undicesime e tredicesime, a dar luogo a quel particolare clima espressivo in cui convivono accensione sentimentale e nobiltà, tenerezza ed austerità, malinconia e slancio, ampiezza di respiro e raccolto intimismo. L’ampia paletta compositiva determinata da tutti gli elementi sopra descritti viene messa infine a totale servizio della resa espressiva del testo sacro, con una chiarezza ed immediatezza di intenti pari solo alla sofisticatezza e raffinatezza con cui vengono realizzati. Oltre alla profonda intensità psicologica, emotiva e concettuale con cui la gestualità musicale esalta con penetrante efficacia i contenuti e le immagini testuali, è presente anche una potente componente simbolica affidata, a seconda dei casi, ad aspetti melodici, armonici, ritmici e timbrico-coloristici, quest’ultimi determinati anche da un particolare utilizzo della compagine corale. Per citare uno dei più evidenti, si può fare riferimento alla contrapposizione dialettica ed all’uso antifonico di sezioni femminili e maschili (o, in alternativa, di voci scure e chiare) chiamate a rappresentare rispettivamente il coro celeste delle schiere angeliche e quello terreno della Chiesa, spettatori da prospettiva diversa degli eventi della storia della salvezza. Ad essi si aggiunge talora una voce solista, portavoce a sua volta del punto di vista del singolo credente; tre attori diversi ma accomunati nel canto di ringraziamento, glorificazione e lode a Dio Padre Onnipotente, a Gesù Cristo suo figlio, allo Spirito Santo e alla Vergine Maria, Madre di Dio. (fig. 8)
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Coro terrestre
Coro celeste
Individuo singolo
Fig.8
Guida ai singoli Movimenti
1. Venite, adoriamo
Amen. Venite, adoriamo Dio, nostro Re. Venite, adoriamo e cadiamo in ginocchio di fronte a Cristo, nostro re e nostro Dio. Venite, adoriamo e cadiamo in ginocchio di fronte a Cristo, al vero Cristo, nostro re e nostro Dio. Venite, adoriamo e cadiamo in ginocchio davanti a Lui.
Si tratta di un testo di lode ed adorazione, dall’evidente struttura litanica. Ogni frase inizia con la stessa formula (“Venite, adoriamo”), con la seconda e terza che amplificano il concetto della prima e la quarta che conclude in umiltà, isolando il concetto della genuflessione. La musica assume subito, sin dall’Amen iniziale, un carattere di maestosa e solenne cerimoniosità, come testimonia la pienezza della scrittura corale che arriva alle 8 voci. L’andamento sostanzialmente omoritmico è arricchito da passaggi melismatici con largo uso del tipico movimento parallelo delle parti; le figure melodiche più flessuose ed avvolgenti sono spesso associate a parole chiave. A somiglianza del testo, ogni frase musicale inizia allo stesso modo e segue uno sviluppo affine ma adattato di volta in volta alla lunghezza e al significato del testo.
2. Benedici il Signore, anima mia Benedici il Signore, anima mia, benedetto sei Tu, o Signore. O Signore mio Dio, sei molto grande. Sei senza desideri Tu, o Signore. Tu sei rivestito di onore e maestà. Benedetto sei Tu, o Signore. Le acque si ergono sulle montagne. Meravigliose sono le Tue opere, o Signore. Le acque fluiscono tra le colline. Meravigliose sono le Tue opere, o Signore. Nella sapienza hai fatto tutte le cose. Gloria a te, o Signore, che hai creato tutto!
Altro inno dalla chiara struttura litanica, il cui testo è tratto dal Salmo 104. L’intervento del contralto solista rappresenta la lode individuale, posta tra il canto celeste (voci femminili spesso associate ai tenori) e di quello terrestre (voci virili). La proposta musicale iniziale, caratterizzata dalla delicatezza e dall’ampia solennità della melodia del contralto solista cui fanno eco la profondità del coro terrestre e la dolcezza di quello angelico, viene ripresa ogni volta e sviluppata, come nel numero precedente, a seconda dei contenuti e dell’andamento del testo. Anche qui i melismi più ricchi vengono utilizzati per dar rilievo a termini particolarmente importanti. Alla fine del “Gloria” conclusivo, cantato con enfasi dalle voci femminili, tutto il coro si unisce nella lode, simboleggiando potentemente l’unione del canto del cielo e della terra, così come suggerito dal testo quando fa riferimento al Dio creatore di tutte le cose (cieli e terra, per l’appunto).
Beato l’uomo che non si arrende ai consigli degli empi. Alleluja.
Poiché il Signore conosce la voce dei giusti e la via dei peccatori conduce alla rovina. Alleluja. Servite il Signore con timore e lodatelo con tremore. Alleluja.
Felici coloro che sperano in Lui. Alleluja. Risorgi, Signore, salvami, mio Dio. Alleluja. Al Signore appartiene la salvezza, e la Tua benedizione è sul Tuo popolo. Alleluja. Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Alleluja. Gloria a Te, o Dio!
Altro inno dalla chiara struttura litanica, caratterizzato dall’acclamazione alleluiatica posta alla fine di ciascuna frase. Il testo, che riprende versi dei salmi 1, 2 e 3, sviluppa il tema della giustizia all’interno del mondo ingiusto (“il consiglio degli empi”). Il testo è declamato in modo prevalentemente omoritmico e con movimento melodico
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3. Beato l’uomo
parallelo dalle voci mediane (contralti e tenori), mentre l’Alleluia è affidato al coro completo. Esso riprende l’incipit melodico della parte affidata ai contralti e ai tenori e mantiene una certa predominante tendenza alla omoritmia e all’andamento sillabico ma l’armonia si caratterizza per la sua ricchezza, sostenuta dalla scrittura a 4 parti delle voci virili. L’attenzione alla resa del testo è sempre massima; un melisma discendente sottolinea la rovina cui conduce il peccato e il movimento melodico delle parti si anima man mano che più pressante diventa l’invito a lodare il Signore con timore e tremore. Anche l’Alleluia diventa sempre più ricco di passaggi figurati fino a sviluppare una decisa apertura della tessitura vocale e raddoppi di parti generosi anche nelle sezioni femminili. La Dossologia minore esplode in un fortissimo a pieno coro seguito da un progressivo rallentamento e diminuendo in corrispondenza del triplice alleluia, intervallato alla acclamazione “Gloria a te, o Dio”.
Felice luce della santa gloria dell’Immortale, il Padre celeste, santo e benedetto, o Gesù Cristo. Ora che siamo venuti al tramonto e guardiamo la luce della sera, lodiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, Dio.
Tu sei degno in ogni momento di essere lodato dagli inni di voci riverenti.
O Figlio di Dio, Tu sei il datore della vita; perciò tutto il mondo Ti glorifica.
Dal salmo 140 trae il proprio testo l’“Inno alla Luce”, inno Ortodosso del III secolo, anticamente destinato ad accompagnare l’ingresso del clero e l’accensione progressiva delle luci nella chiesa. La composizione è basata su un semplice motivo costituito da quattro note discendenti tratto dal repertorio del canto kievano ed affidato alla sezione dei tenori; utilizzato anche per moto contrario, esso dà origine a varie permutazioni ritmico-melodiche che generano anche i movimenti melodici delle altre voci, determinando il movimento ondulatorio che caratterizza il brano. Nonostante le profondità raggiunte dalle voci di basso, il clima è luminoso e radiante, incantatorio e sospeso; una nuova atmosfera armonica corrispondente all’utilizzo di un tenore solo ed un successivo inspessimento della trama corale, fino alle 8 parti, caratterizza la parte del testo che introduce il tema della lode a Dio attraverso “inni di voci riverenti”. Di particolare solennità la chiusura sull’espressione “perciò il mondo Ti glorifica”, dalla scrittura molto verticale e sostanzialmente omoritmica.
5. Nunc dimittis Signore, ora fa’ che il Tuo servo si allontani in pace, secondo la Tua Parola. Perché i miei occhi hanno visto la Tua salvezza che hai preparato davanti al volto di tutte le persone. Una luce per illuminare le genti e la gloria del Tuo popolo, Israele.
Alla celebrazione dell’incontro con Cristo, simbolicamente rappresentato dalla luce, segue il ringraziamento espresso attraverso il notissimo testo del Canticum Simeonis , dal Vangelo di Luca. Si tratta di uno dei brani più suggestivi e celebri della raccolta, tanto che Rachmaninov espresse il desiderio fosse eseguito per le sue esequie. La melodia, proveniente ancora dal repertorio di Kiev, viene affidata inizialmente alla voce di un tenore solista, su di uno sfondo delicatamente oscillante, quasi ipnotico, che bene traduce la reverente insistenza della richiesta di pace. Le frasi iniziano tendenzialmente con un’atmosfera celeste e paradisiaca, mentre i bassi intervengono successivamente a conferire gravitas e pienezza armonica man mano che il discorso musicale si fa più coinvolgente. All’espressione “(la salvezza) che tu hai preparato” una linea cantata dai bassi innesca una serie di imitazioni ravvicinate sviluppando un crescendo che porta ad una grande apertura corale sulle regioni acute in corrispondenza dell’espressione “davanti a tutte le genti”. Dopo questa esplosione vi è ripresa della scrittura e delle figurazioni melodiche dell’inizio; nella parte finale, in contrasto con la anabasi precedente, vi è una catabasi che dai soprani introduce ad entrate progressive le voce più gravi fino ai bassi, prima dell’ultimo breve intervento del tenore solista. Assai suggestive e celebri le ultime tre battute che conducono questo movimento discendente e questa ricerca di un colore scuro fino alle estreme conseguenze, portando i bassi secondi fino al si bemolle grave e chiudendo con tutte le voci disposte in modo da
4. Felice luce
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formare due ottave sovrapposte sotto il do centrale.
6. Ave Maria
Salve, o Madre di Dio, Maria piena di grazia, il Signore è con Te. Sei la beata fra tutte le donne, e benedetto è il frutto del Tuo seno, perché Tu hai generato il Salvatore delle nostre anime.
Dopo la lode a Dio e quella a Cristo, ecco giungere l’omaggio alla Vergine Maria; nella ilturgia ortodossa, al canto di questo inno le luci vengono spente e le porte del Sancta Sanctorum chiuse. Si tratta senza dubbio della pagina più conosciuta ed eseguita dell’opera, caratterizzata da morbidi movimenti avvolgenti e circolari, passaggi omoritmici, andamento cantilenante, linee melodiche parallele e note pedale. Il melisma della quarta battuta diventa l’elemento motivico motorio per il resto della composizione; sulla sua proposta, per terze parallele, da parte dei contralti, incorniciata da un controcanto in ottava di tenori e soprani, è costruito tutto l’affascinante episodio centrale che conduce rapidamente al climax espressivo scandito dall’entrata dei bassi, dopo il quale lo slancio si esaurisce abbastanza rapidamente e viene presto ripristinato il tenero clima iniziale, fino alla dolce e pacata conclusione.
Gloria a Dio nell’alto dei Cieli, pace sulla terra, benevolenza tra gli uomini. Signore, Tu aprirai le mie labbra e la mia bocca divulgherà la Tua lode.
Conclusasi la parte della Veglia Notturna, ha inizio quella del Mattutino, con un inno dal testo misto, tratto dal Vangelo di Luca (“Gloria a Dio…”) e dal Libro dei Salmi (“Signore, Tu aprirai le mie labbra…”). La melodia è affidata inizialmente alle voci femminili in unisono accompagnate da bicordi dei tenori; poco dopo la scrittura corale si apre con l’entrata dei bassi e la melodia principale passa ai contralti. Questa volta l’accompagnamento è costituito da un pedale affidato ai bassi puntellato da accordi eseguiti ora dai tenori e ora dai soprani, al modo di rintocchi di campane. Successivamente la melodia viene riproposta, in pianissimo, da soprani, contralti e tenori all’unisono, sopra bicordi dei bassi. In corrispondenza della parola “Lode”, l’effetto delle campane viene ribadito ed amplificato attraverso una scrittura corale molto densa a otto parti edificata sulla sonorità ricca e fastosa di una accordo maggiore con nona, undicesima e tredicesima, ulteriormente reso risonante dal gioco di incroci delle parti tra i soprani e dalle due quinte sovrapposte dei bassi. A questo grandioso passo segue, con forte contrasto, un episodio conclusivo, sul testo salmodico, dalla scrittura semplice ed omoritmica, dalla sonorità soffusa, eccetto una momentanea apertura, e dall’andamento assai lento e dolce.
8. Lodate il nome del Signore
Lodate il nome del Signore. Alleluia. Lodate il Signore, o voi Suoi servi. Alleluia.
Sia benedetto il Signore da Sion, colui che abita a Gerusalemme. Alleluia.
Rendete grazie al Signore, poiché Egli è buono. Alleluia.
Perché la Sua misericordia dura per sempre. Alleluia. Rendete grazie al Dio dei cieli. Alleluia.
Poiché la Sua misericordia dura per sempre. Alleluia.
Inno detto “delle molte misericordie”, con testo tratto dal Salmo 135, esso ripropone una chiara struttura litanica: una serie di lodi, benedizioni, rendimenti di grazie che si concludono sempre con l’acclamazione alleluiatica. Il suo ruolo nella liturgia ortodossa è di particolare importanza: accompagna infatti la processione del clero verso il centro della chiesa, in mezzo alla comunità dei fedeli, a luci accese e porte aperte. La melodia znamennyj viene cantata dapprima
7. Gloria a Dio
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all’unisono da contralti e bassi, accompagnati da una scrittura accordale a 5 voci di soprani e tenori, (anche qui i cori angelici celesti, secondo una simbologia già più volte citata). Dopo una breve parentesi (“Sia benedetto il Signore da Sion”) in cui cantano le sezioni maschili mentre i contralti intervengono col canto dell’Alleluia, che fornisce il testo anche ad un brevissimo episodio di due battute in stile di corale in tempo calmo e sonorità delicata, viene nuovamente ripresa la scrittura iniziale, con toni man mano sempre più esplosivi. In conclusione, infine, riappare ancora il breve Alleluia dolce e sognante, in vesti di lento corale, che aveva già fatto la sua comparsa precedentemente.
9. Beato sei tu, Signore Beato sei Tu, o Signore; insegnami le Tue leggi. L’ostia angelica fu piena di timore quando Ti vide tra i morti. Distruggendo il potere della morte, o Salvatore, hai sollevato Adamo e salvato tutti gli uomini dall’inferno. Beato sei Tu ...
“Perché, o donne discepole, mescolate la mirra con le vostre lacrime di compassione?”
Gridò l’angelo radioso davanti alla tomba.
“Guardate il sepolcro e comprendete: il Salvatore è risuscitato dai morti”. Beato sei Tu…
La mattina presto le portatrici di mirra corsero con tristezza alla Tua tomba, ma un angelo venne da loro e disse: “Il tempo della tristezza è giunto al termine. Non piangete, ma annunciate la risurrezione agli apostoli “. Beato sei Tu...
Le portatrici di mirra erano addolorate quando si avvicinavano alla tomba, ma l’angelo disse loro: “Perché cercate chi è vivo tra i morti? Poiché Egli è Dio, è risorto dalla tomba”. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Adoriamo il Padre, Suo Figlio e lo Spirito Santo: la Santissima Trinità, una sola in sostanza. Piangiamo con i Serafini: “Santo, santo, santo sei Tu, o Signore”.
Sia ora che mai e attraverso i secoli. Amen.
Da quando hai dato alla luce il Donatore della Vita, o Vergine, hai liberato Adamo dal suo peccato.
Tu hai dato gioia a Eva invece che tristezza.
Il Dio fatto uomo che è nato da Te ha riportato in vita coloro che l’hanno perduta.
Alleluia. Gloria a Te, o Dio!
Testo molto lungo, dal forte impianto narrativo, incentrato sulla serie di eventi del racconto della Resurrezione di Cristo e articolato in vari episodi, ciascuno introdotto dalla stessa formula (“Beato sei tu”), che funge da sorta di ritornello. Anche musicalmente siamo di fronte ad un grande, vario e maestoso polittico, di potente plasticità. Gli episodi, che dipingono con vivezza le vicende della Resurrezione, sono visti da un duplice osservatore, terreno e celeste, e sono tutti fortemente caratterizzati, anche in modo contrastante, attraverso l’adozione di diverse soluzioni compositive, finalizzate alla creazione di molteplici atmosfere espressive. Vengono rese allora con grande efficacia e finezza tanto lo stupore delle schiere celesti di fronte a Cristo che scende nella morte ma che trionfa su di essa salvando l’umanità dagli inferi, quanto lo stato d’animo afflitto e dolente delle donne che si recano al sepolcro per ungere il corpo del Redentore ma assistono stupefatte all’apparizione dell’angelo e al suo straordinario annuncio (affidato al registro tenorile).
Ciascun quadro è introdotto dal benedicente ritornello, caratterizzato da un clima reverente, ancorché ritmico, e da una sonorità contenuta, affidato via via ad impasti corali differenti, secondo una progressione dal grave all’acuto. In corrispondenza della seconda parte del testo, quando comincia l’inno di lode e di glorificazione di Dio per il Suo progetto salvifico, che nel prodigio della resurrezione ha trovato il proprio compimento, inizia un episodio ritmico e danzante attraverso il quale la gioia del glorioso annuncio della Resurrezione aumenta progressivamente sempre più, fino al punto in cui tutto il popolo di credenti sembra unirsi nell’universale lode dell’“Alleluia. Gloria a te, o Dio” conclusivo. Come abbiamo visto accadere spesso in questi brani, subito dopo l’apoteosi sonora raggiunta appena prima della fine l’energia musicale e l’intensità dinamica si placano, facendo sì che il congedo avvenga in un clima pacato e raccolto.
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10. Avendo visto la Resurrezione di Cristo Avendo visto la Resurrezione di Cristo, adoriamo il Santo Signore Gesù, l’unico senza peccato. Veneriamo la Tua croce, o Cristo, e noi inneggiamo e glorifichiamo la Tua santa resurrezione, poiché Tu sei il nostro Dio, e noi non conosciamo altro che Te; invochiamo il Tuo nome. Venite, voi tutti fedeli, veneriamo la santa resurrezione di Cristo. Perché, ecco, attraverso la croce la gioia è giunta in tutto il mondo. Benediciamo sempre il Signore, lodiamo la Sua resurrezione, perché sopportando la croce per noi, ha distrutto la morte con la morte.
Alla narrazione delle vicende della Resurrezione segue un inno dedicato principalmente alla celebrazione del mistero della Croce di Cristo, al Suo sacrificio lancinante e terribile ma necessario in quanto, attraverso di esso, la morte viene sconfitta. La musica assume un tono severamente austero e potente, in modo coerente con la gravità dell’argomento. L’inizio, semplice e solenne, prevalentemente omoritmico, procede in maniera antifonica tra le voci virili, che intonano in ottava e in forte una melodia dal tono severo, e le voci femminili, che rispondono a 4 voci in pianissimo; l’arcaico sapore modale risveglia memorie del canto liturgico più antico. Nel momento in cui il testo proclama “poiché tu sei il nostro Dio, non conosciamo altri che te”, il coro si unisce in fortissimo in un solido, omoritmico corale a 6 voci che sfuma presto in pianissimo. Inizia allora un botta e risposta tra voci virili e femminili (“Venite, voi tutti fedeli, veneriamo la Santa Resurrezione di Cristo”) che intonano a turno una frase corale a 4 voci supportata da note lunghe, salvo poi riunirsi raggiungendo un nuovo apice espressivo (“Benediciamo sempre il Signore, lodiamo la Sua resurrezione, perchè… ha distrutto la morte”). Nelle ultime battute voci femminili e maschili si alternano nuovamente secondo lo schema precedente e il brano si conclude in pianissimo, quasi evocando un reverente stupore dinanzi alla vittoria del Messia sulla morte.
11. Magnificat
La mia anima magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore.
Più onorevole dei Cherubini e più gloriosa senza paragoni dei Serafini, senza corruzione Tu hai generato la Parola di Dio, vera Madre di Dio, Ti magnifichiamo. Perché ha considerato l’umiltà della Sua ancella.
Poiché ecco, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Perché Colui che è potente ha fatto grandi cose in me, e santo è il Suo nome, e la Sua misericordia è su quelli che Lo temono di generazione in generazione. Ha rovesciato i potenti dai loro troni, ed ha esaltato gli umili; ha saziato gli affamati con le cose buone e i ricchi ha ricacciato svuotati. Ha aiutato il Suo servitore Israele, ricordando la sua misericordia, come ha parlato ai nostri padri, ad Abramo e ai suoi posteri per sempre.
Altro momento dedicato alla figura di Maria; il noto e ricco testo del Magnificat viene qui mescolato con l’antifona “Più onorevole dei Cherubini”, che esalta l’alto rango ricoperto dalla Madonna nelle gerarchie celesti; la musica sembra quasi suggerire un’interpretazione del Cantico Mariano in chiave epica e profetica. Si inizia con una melodia originale affidata ai bassi e accompagnata da contralti e tenori, in un contesto dal tomo epico ed austero; il clima cambia con l’apparizione dell’antifona, intonata da tutte le sezioni senza i bassi (intervengono solo alla fine), divenendo leggero, luminoso, quasi paradisiaco (ancora il riferimento alle schiere angeliche). Ogni volta che riappare il testo del Magnificat sono sempre i bassi a far da guida ma la trama corale raggiunge momenti, in corrispondenza di alcuni passi testuali particolarmente potenti, di autentica pienezza. Nella conclusiva riproposizione dell’antifona, grande rilievo viene dato all’ultima ripetizione dell’acclamazione “vera Madre di Dio, Ti magnifichiamo”, attraverso una scrittura corale a 8 voci.
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12. Gloria a Dio nel più alto dei cieli
Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace sulla terra. Benevolenza sugli uomini. Ti lodiamo, Ti benediciamo, Ti adoriamo, Ti glorifichiamo, rendiamo grazie a Te per la Tua grande gloria.
O Signore, Re Celeste, Dio Padre onnipotente.
O Signore, il Figlio Unigenito, Gesù Cristo, e lo Spirito Santo.
O Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, che togli i peccati del mondo: abbi pietà di noi.
Tu che togli i peccati del mondo, ascolta la nostra preghiera.
Tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Poiché Tu solo sei santo, Tu solo sei il Signore, Gesù Cristo, per la gloria di Dio Padre. Amen.
Ogni giorno Ti benedirò e loderò il Tuo nome per sempre.
Dègnati, o Signore, di mantenerci in questo giorno senza peccato.
Tu sei benedetto, o Signore, Dio dei nostri padri, e lodato e glorificato è il Tuo nome per sempre. Amen.
La Tua misericordia, o Signore, sia sopra di noi, come noi abbiamo riposto la nostra speranza su di Te.
Benedetto sei Tu, Signore, insegnami le Tue leggi.
Signore, Tu sei stato il nostro rifugio di generazione in generazione.
Ho detto: Signore, abbi pietà di me, guarisci la mia anima, perché ho peccato contro di Te. Signore, fuggo da Te, insegnami a fare la Tua volontà, perché sei il mio Dio; perché con Te è la fonte della vita, e nella Tua luce vedremo la luce. Raggiunga la Tua misericordia tutti coloro che Ti conoscono.
Santo Dio, Santo Dio onnipotente, Santo Immortale, abbi pietà di noi. Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, sia ora che sempre e per secoli. Amen.
La grande Dossologia Maggiore è probabilmente l’inno più importante dell’intera raccolta per la complessità testuale e musicale che la caratterizza. Il testo, molto antico (probabilmente IV sec.), rappresenta una sorta di summa della fede cristiana, in cui sono presenti tutti i principali contenuti teologici e i diversi atteggiamenti emotivi del credente (lode, glorificazione, rendimento di grazie, penitenza, supplica, richiesta di perdono). La prima parte corrisponde al Gloria della tradizione cattolica, la seconda alterna lode e invocazione e si conclude con il Trisaghion (tre volte Santo) e la Dossologia minore. La musica di Rachmaninov restituisce con grande forza tutta la complessità di contenuti spirituali ed emotivi presenti nel testo. La melodia principale, derivata dal repertorio Znamennyj , viene magistralmente distribuita tra le varie sezioni. L’inizio è una volta ancora affidato alle voci acute; il clima è luminoso, chiaro e gli interventi dei bassi sono assai rari nella prima parte. Tutto il primo grande episodio è incentrato sulla melodia principale, dal carattere circolare, litanico, riservata prima ai contralti e poi ai tenori, in seguito divisa tra soprani e tenori con un ispessimento della trama corale fino alla cadenza in mi bemolle maggiore, alla quale segue un breve solo dei bassi ed una solenne conclusione con effetto di campane (“Nella Gloria di Dio Padre, Amen”). La seconda sezione elabora una melodia, derivata dalla prima, in un contesto ritmico via via più pacato e alternante una scrittura maggiormente accordale a episodi in cui la parte principale è affidata ad una sezione in particolare. Il discorso musicale torna poi ad animarsi progressivamente dal punto di vista ritmico-motorio e, in corrispondenza della frase “Ho detto: Signore, abbi pietà di me”, anche contrappuntistico-imitativo; in questo passaggio la melodia dei contralti viene circondata da incisi melodici in imitazione tra le altre voci, efficace espressione delle pressanti invocazioni del credente (“abbi pietà di me, guarisci la mia anima”). Questa progressione emotivo-musicale sfocia infine nella solenne pienezza e nell’incisività ritmica del più volte ripetuto testo del “Trisaghion”.
13. Troparion. Il giorno della salvezza
Oggi la salvezza è arrivata nel mondo. Cantiamo a Colui che è risorto dai morti, l’autore della nostra vita. Dopo aver distrutto la morte con la morte, ci ha donato la vittoria e la grande misericordia.
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Alla ricchezza teologica e musicale della Dossologia Maggiore fanno seguito due inni più brevi, quasi a riprender fiato dopo la complessità e l’intensità dei due brani precedenti. Il tema del testo è ancora quello della Resurrezione e il materiale melodico di riferimento è costituito da due temi dell’antico canto piano della tradizione Znamennyj , piuttosto simili tra loro e proposti nella loro interezza. Il primo inno, il tredicesimo della Veglia, si presenta come un corale dall’incantato misticismo ma con una potente apertura dinamica nel punto in cui il testo celebra la vittoria di Cristo sulla morte.
14. Troparion. Il giorno della salvezza
Signore, Tu sei risorto dalla tomba, Tu hai spezzato i legami dell’Ade, Tu hai stracciato la sentenza di morte. Tu ci hai liberati dai lacci del nemico. MostrandoTi agli Apostoli, li hai inviati in predicazione, e, attraverso essi, hai donato la pace al mondo, o Unico ricco di misericordia.
Questo secondo brano, costruito anch’esso su una melodia del repertorio Znamennyj , presenta un linguaggio dai tratti più romantici e stilisticamente un poco discosto da quello del resto dell’opera. A somiglianza del numero precedente, si presenta anch’esso come un corale dalle lunghe volute melodiche, una meditazione spirituale di sereno e pacificato misticismo.
15. A te, madre vittoriosa
A Te, Madre vittoriosa dei conduttori trionfanti, noi Tuoi servi, liberati dal male, offriamo inni di ringraziamento. O Madre di Dio!
Dal momento che possiedi una forza invincibile, liberaci da tutte le calamità, così che possiamo esultare dicendoTi: “Rallegrati, sposa spensierata! ”
Come consuetudine, alla fine del servizio mattutino viene cantato un inno per la festa dell’Annunciazione, che celebra la Madre di Dio come vittoriosa e dalla forza invincibile. Il carattere trionfale del testo dell’inno si rivela ideale per permettere a Rachmaninov di chiudere l’opera con una pagina gioiosa, ancorchè breve, ricca di melismi e vivacità ritmica. La lieta levità dell’inizio si alterna ad entusiastiche esplosioni sonore, la maggiore delle quali sottolinea l’esclamazione “Rallegrati, sposa spensierata!” a 7 misure dalla conclusione, per poi evaporare in un rapido diminuendo nelle ultime due. Come per molti dei brani che lo compongono, è dunque con una dinamica tenue, nel sussurro devoto e nella preghiera intima, che questo maestoso ed imponente capolavoro corale, davvero unico nel suo genere per complessità di scrittura e di contenuti, si conclude.
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La musica corale di Sergej Rachmaninov
(1873-1943)
DI DANIELA IOTTI
Musicologa e Docente di Storia della Musica al Conservatorio Statale di Musica Arrigo Boito di Parma
La produzione corale di Sergej Rachmaninov è circoscritta agli anni giovanili e comunque risale, tranne in un caso, a prima dell’esilio che, a causa della Rivoluzione d’Ottobre, vide il musicista migrare prima in Europa e poi negli Stati Uniti. Consta di un numero non cospicuo di composizioni, per lo più per coro a cappella a cui vanno aggiunte tre composizioni per coro e orchestra: Primavera (Vesna), 1901, su testo di Nikolaj Nekrasov per baritono, coro e orchestra, op. 20; Le campane (Kolokola), 1913, sinfonia corale per soli, coro e orchestra, su testo di Constantine Balmont (da Poe), op 35; Tre canti russi per coro e orchestra su testi popolari russi, op. 41, composti nel 1926, durante l’esilio americano. Tra le composizioni a cappella, accanto a opere minori, senza numero d’opera, scritte intorno ai vent’anni, significative, tuttavia, di un interesse per la scrittura corale senza accompagnamento1, si registrano due assoluti capolavori, sebbene poco conosciuti soprattutto in Occidente: la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, op. 31 del 1910 e il Vespro in memoria di S. Smolenskij (nota anche col nome di Veglia per tutta la notte) op. 37 del 1915, entrambi per coro misto a cappella. Tracciando un rapido profilo di questo breve itinerario si possono fare alcune scoperte interessanti, tra cui l’identificazione di quella che possiamo chiamare
1. Deus meus (1890), mottetto a 6 voci per coro misto su testo latino, costruito sul modello del mottetto classico rinascimentale; O Madre di Dio prega vigilante (1894), a tre voci, su testo liturgico; Coro di Spiriti (1894), dal poema Don Juan del poeta Alexej Konstantinovič Tolstoj; Sei cori per voci femminile o bianche con o senza pianoforte, (1895-96), op. 15, su testi di vari poeti russi, la prima con numero d’opera; Pantelei, il guaritore (1900), ancora su testo di Alexej Konstantinovič Tolstoj.
“anima russa” proprio nel canto e precisamente nel canto corale. Rachmaninov che nelle sue prime composizioni sinfoniche e per pianoforte si era orientato verso le forme classiche della tradizione mitteleuropea sulla scia dell’adorato Ciaikovskij, ponendosi a distanza dalle ricerche dei compositori aderenti al “Gruppo dei cinque”, interessati a ritrovare, in opposizione alla musica occidentale, le radici russe, nel riconsiderare in queste opere corali il canto popolare e liturgico pare non solo ritrovare le proprie autoctone radici, ma anche maturare uno stile molto personale che lo assolve in pieno dai giudizi negativi che la critica fin da subito gli tributò come autore di sinfonie e di musica per pianoforte. Rachmaninov nell’esilio ottenne fama e successo
Storia
STORIA
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popolari, soprattutto negli Stati Uniti, dove fu acclamato come pianista dotato di eccezionali qualità virtuosistiche e come direttore d’orchestra. I suoi quattro concerti per pianoforte e le sue tre sinfonie, scritte in parte prima del 1917, la sua copiosa produzione pianistica trovarono fuori dalla Russia quella considerazione che in patria gli fu negata anche in ragione del suo allontanamento da un Paese che dopo la rivoluzione bolscevica cominciò a esercitare un forte controllo su ogni manifestazione artistica, considerata in una prospettiva strettamente comunista. Se il consenso popolare e commerciale fu considerevole, non altrettanto quello della critica che fu molto severa tacciandolo di epigonismo tardoromantico, scarsa originalità ed eccessivo conservatorismo, in un epoca in cui la sperimentazione in campo linguistico vedeva punte avanzate anche tra i suoi conterranei e coetanei, vedi Prokofiev o Skrjabin. È indubbio, pertanto, che la carriera pianistica e i successi raggiunti abbiano influenzato la sua attività compositiva, ben avviata sulla riproposizione conservatrice dello stile tardoromantico, e abbia messo in ombra settori rilevanti della sua produzione, tra cui proprio le pagine corali, meno coinvolte in quegli aspetti osteggiati dalla critica. In queste composizioni, principalmente nei due capolavori a cappella e nei Tre Canti russi, Rachmaninov è per così dire costretto a fare i conti con due tradizioni assolutamente autoctone quali il canto liturgico della chiesa russo-ortodossa e il canto popolare. L’accostarsi
al canto monodico bizantino lo obbliga a mettere da parte quella magniloquente ridondanza propria della sua produzione sinfonica, così come l’estroversione virtuosistica della scrittura per pianoforte. Anche la scelta dei testi, con l’eccezione del mottetto in latino, privilegia la lingua russa con testi sia letterari, ma soprattutto popolari e in tre casi, appartenenti alla liturgia russa ortodossa. Ciò definisce un contesto espressivo orientato al sacro e al rito o alla sensibilità popolare che richiede scelte stilistiche in grado di creare situazioni di oggettività, di distanza e al tempo stesso di coinvolgente fascinazione come i riti solenni della mistica liturgia ortodossa. In entrambi i casi il compositore, confrontandosi con la tradizione del canto monodico bizantino, spoglio ed essenziale, con la semplicità melodica e armonica del canto popolare e comunque con scale e modi estranei alla tonalità, mette a punto uno stile personalissimo con il quale va a riallacciarsi, per altre strade, a quella tradizione russa che altri compositori avevano posto al centro dei propri interessi e che egli, sulla scia di Ciaikovskij, aveva eluso. Si può osservare, tuttavia, che al di là delle sbrigative schematizzazioni della storia, lo stesso Ciaikovskij, animato da irrisoti turbamenti religiosi, aveva pure musicato nel 1878 la Liturgia di San Giovanni Crisostomo proprio con l’intento di far rivivere gli antichi canti della tradizione ortodossa. È indubbio che l’esilio americano, nonostante ricchezza e fama, abbia creato una frattura nell’uomo e nell’artista, lasciandogli quel senso di
LA MUSICA CORALE DI SERGEJ RACHMANINOV | 55
nostalgia più volte testimoniato, ma soprattutto tacitando quell’”anima russa” così felicemente feconda nelle pagine corali e coltivata per l’ultima volta nei Tre canti russi. Alcune osservazioni su uno dei due capolavori a cappella, la Liturgia di San Giovanni Crisostomo, già affrontata dall’amato Ciaikovskij, circostanza che non può essere solo casuale, può chiarire le caratteristiche di questo Rachmaninov poco noto. Il San Giovanni Crisostomo del titolo è Giovanni d’Antiochia, vescovo, teologo e grande predicatore, da cui l’epiteto chrysóstomos, “bocca d’oro”, in greco antico. Nato nel 345 fu il primo a dare un’organizzazione formale alla liturgia delle chiese ortodosse d’Oriente, all’interno della quale la liturgia di San Giovanni Crisostomo (tradotta dal greco in lingua paleoslava probabilmente dai santi Cirillo e Metodio), riveste un ruolo centrale, corrispondente nel rito romano cattolico alla Liturgia della Parola e alla Liturgia Eucaristica, ovvero alla Messa. Rachmaninov si accostò al canto monodico bizantino per il tramite di Aleksandr Kastalskij, allora il massimo esperto in Russia di musica liturgica antica e responsabile di una importante opera riformatrice che proclamava il ritorno alla purezza e alle fonti primigenie del canto ortodosso. La sua consulenza durante la composizione della Divina Liturgia fu fondamentale nella definizione della struttura testuale che, pur nel rispetto della tradizione, presenta aggiunte tagli e interpolazioni che si discostano in alcuni passi dal testo canonico. Composta nell’estate del 1910 nella residenza di Ivanovka, dopo una lunga ed estenuante tournée negli Stati Uniti, quasi a voler ritrovare, a contatto nuovamente con la sua terra e nella pace della campagna russa, una propria identità, riservò al compositore grande soddisfazione anche contro ogni sua aspettativa; una vera e propria epifania che gli si andava rivelando attraverso la conoscenza dell’antico canto corale. La scritta di sapore bachiano, Slava Bogu (Grazie a Dio), alla fine del manoscritto autografo, conferma il trasporto e la passione inaspettati da parte di un ortodosso poco convinto e non praticante quale Rachmaninov era. La composizione è suddivisa in venti brani che si discostano in parte dalla struttura liturgica canonica, articolata, invece, in una quindicina di sezioni ed è scritta per un coro a quattro voci miste, aumentate in tre casi a otto, in doppio coro. A differenza dei Vespri op. 37, basati su antiche melodie della chiesa ortodossa, il materiale melodico, pur ispirandosi al canto bizantino e in particolare alle intonazioni della chiesa russa ortodossa è reinventato da Rachmaninov. La prima esecuzione avvenne il 25 novembre 1910 con il Coro Sinodale di Mosca diretto da Nikolaj Danilin, ma in seguito le autorità ecclesiastiche ne proibirono l’utilizzo per la liturgia ritenendola troppo
soggettiva e non consona alle esigenze del rito sacro. Tale contraddizione, peraltro insita in ogni composizione pensata per la liturgia, ma riscritta nel segno della propria individuale creatività, si pensi alle Messe di Mozart o al Requiem di Verdi, tacciati di teatralità e ritenuti inadeguati alla funzione religiosa, nel caso di Rachmaninov va corretta nel senso che nella Divina Liturgia, così come nelle opere corali menzionate, avviene il contrario, ovvero lo studio e l’assimilazione dell’antico canto influisce sul suo stile depurandolo di quella ridondanza, oggetto degli strali della critica e agendo nel segno di un significativo rinnovamento linguistico. I punti salienti della composizione si riconoscono in pagine caratterizzate da una estrema semplicità nell’impiego dei mezzi musicali, come ad esempio nella sezione Lodato sia il Signore dai cieli in cui il canto dell’alleluia si esprime nei termini di una gioia sommessa, intima, un dire quasi sottovoce che gradualmente si espande e pervade il mondo circostante; un unico accordo che rimbalza tra le sezioni del coro come il rintocco di una campana; quelle campane tanto amate da Rachmaninov per il loro richiamo suggestivo, tanto da divenire un tratto distintivo della sua poetica, spesso ricorrente anche nelle pagine pianistiche e sinfoniche, vedi l’emblematica sinfonia corale, Kolokola (Le Campane). Le brevi sezioni soliste del celebrante, divise tra tenore e basso profondo, fanno da suggestivo trait d’union tra una sezione e l’altra, spezzando il tessuto corale con grande impatto suggestivo. Rachmaninov metabolizzando la staticità del rito, la sua forza suggestiva, la sua mistica solennità reinventa il proprio linguaggio e da conservatore si fa innovatore attraverso l’antico.
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STORIA
Giugno, Luglio, Agosto, Settembre 2023
Direzione Artistica: Gianluigi Giacomoni
Organizzazione: Mirco Tugnolo e Delegazioni Provinciali
Informazioni e Calendario completo alla pagina
E con gran cura cercava chi fosse esperto nell’organo
la vita musicale nella Ferrara degli Estensi nel Quattrocento
DI CLAUDIA CAFFAGNI
Docente di Musica medievale alla Civica Scuola di musica Claudio Abbado di Milano e membro cofondatrice dell’ensemble di musica medievale laReverdie
Il progetto musicale dell’ensemble laReverdie, Lux Laetitiae, che ha portato alla pubblicazione di un Cd nel maggio del 2022 per l’etichetta Arcana-Outhere Music1, è nato attorno a un manoscritto. L’intento di questo contributo è quello di ricostruire cosa questo manoscritto abbia rappresentato storicamente, quali sono i suoi possibili legami con Ferrara2 al tempo di Lionello d’Este e come su questa fonte abbiamo lavorato per arrivare alla realizzazione del nostro progetto. Si tratta di un manoscritto (ModB) appartenuto alla biblioteca del Marchese Lionello d’Este a Ferrara, con fogli misti di carta e pergamena di 15 fascicoli di 10 fogli ciascuno. La maggior parte delle 131 composizioni, tutte polifoniche, riguarda prevalentemente la liturgia dei vespri e dell’officio, che il primo copista aveva ordinato sistematicamente (ordine alquanto offuscato da successivi interventi) secondo questo schema:
- 29 Inni (ff. 1-21) di cui 24 per i vespri e 6 per alcune feste del Comune dei Santi. Le rubrìche indicano le destinazioni liturgiche
- 4 Pezzi liturgici vari: 1 Te Deum, 1 Salmo, 2 Benedicamus Domino (ff. 21v-22);
1. laReverdie, Lux Laetitiae: Splendors of the Marian Cult in Early Renaissance Ferrara, Arcana – Outhere Music A526.
2. Oggi è conservato nella Biblioteca Estense Universitaria di Modena, con la segnatura a.X.1.11 (ModB).
- 9 Magnificat in tutti i toni salmodici tranne IV e VII, 2 per il II, 2 per il III e 2 per l’VIII (ff. 31v-46v)
- 91 Antifone e Mottetti polifonici così suddivisi: Sezione di compositori francesi o fiamminghi (ff. 51-78) Sezione di compositori inglesi (ff. 83-139v)
Nei fogli lasciati liberi si inseriscono altre 5 stesure. Il corpo principale, che costituiva il manoscritto primitivo,
Storia
STORIA 58 |
fu vergato con una grafia molto sicura ed elegante, estremamente chiara e con grande attenzione al rapporto spaziale tra testo e notazione musicale. Tra gli autori inclusi spiccano i tre compositori più rappresentativi delle principali scuole maggiormente ‘in voga’ nel Quattrocento, quella franco-fiamminga e quella inglese: Guillaume Dufay (Beersel, 1397Cambrai, 1474), John Dunstaple (Dunstable [?] 1390 ca. – [Londra[?] 24 dicembre 1453)3 e Gilles Binchois (Mons[?], 1400 ca. – Soignies, 20 settembre 1460).
Appare evidente che chiunque abbia commissionato il codice sia riuscito a procurarsi un consistente numero di opere di Dufay e dei più eminenti compositori inglesi dell’epoca, molti dei quali non ebbero mai alcun contatto con l’Italia e le sue corti. Riguardo alla provenienza del manoscritto e agli eventuali legami con Ferrara sono state fatte sostanzialmente due ipotesi. La prima, avanzata da Hamm e Scott4 e sostenuta successivamente, seppur con qualche riserva, da Lokwood5, ritiene che ModB sia stato copiato tra il 1440 e il 1450 a Ferrara, per la cappella di Lionello d’Este, Marchese dal 1441 al 1450, sulla base di alcune considerazioni. In primo luogo la provenienza ferrarese si baserebbe sulla appartenenza del manoscritto alla Biblioteca Estense, che custodisce diversi altri manoscritti di polifonia del XV secolo appartenuti alla famiglia regnante. Se questo è un dato oggettivo, non è purtroppo sufficiente, a nostro avviso, per dimostrare che la redazione del codice sia avvenuta proprio nella città estense. In secondo luogo, una filigrana trovata in documenti che risalgono all’epoca del governo di Leonello assomiglia a una delle filigrane di ModB. In terzo luogo, l’ultima aggiunta al manoscritto è un mottetto di Johannes Brebis scritto in onore di Ercole I diventato duca nel 1471. Questo altro dato di per sé può solo dimostrare che il codice sia appartenuto alla famiglia Estense nella terzultima decade del secolo, ma non obbligatoriamente prima. In quarto luogo, la prima raccolta di composizioni include tre opere del compositore Benoit, cantore della cappella di Lionello, come “Benedetto di Zohane dito Benoit cantore”, da febbraio 1448 fino al 1450. Infine, le iniziali calligrafiche di ModB assomigliano a quelle presenti in alcuni altri manoscritti ferraresi della metà del XV secolo.
La seconda ipotesi, avanzata più recentemente da alcuni studi6 ha spostato il luogo di produzione del codice a Firenze. Michael Phelps, nella sua tesi di dottorato del 2008 suggerisce che uno scriba, che lavorava a Firenze quando il Papa Eugenio IV7 vi risiedeva in esilio (1434-36), abbia copiato la maggior parte dei pezzi inclusi nel codice; egli continuò ad arricchire questa collezione, anche se più lentamente, dopo che Eugenio lasciò Firenze per Bologna, dove risiedette
3. Quasi tutti i manoscritti musicali del fertile contesto inglese medioevale furono distrutti durante la Riforma Anglicana, in particolare a causa della dissoluzione dei monasteri del 1536-1540. Conseguentemente, la maggior parte del lavoro di Dunstaple e dei suoi connazionali è stato recuperato da fonti provenienti prevalentemente dall’Italia settentrionale e dalle Alpi meridionali. La presenza delle opere di questi autori in fonti continentali ne indica la probabile notorietà anche al di fuori del contesto di origine.
4. Charles Hamm, Ann Besser Scott, A Study and Inventory of the Manuscript Modena Biblioteca Estense a. X. 1.11 (Mod B), in Musica Disciplina 26 (1972): 101-43.
5. Lewis Lokwood, La musica a Ferrara nel Rinascimento, Società editrice il Mulino, 1987, pp. 67-80.
6. Michael Phelps, A Repertory in Exile: Pope Eugene IV and the MS Modena, Biblioteca Estense Universitaria, a. X.1.11, A thesis submitted in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Philosophy Department of Music New York University September, 2008. James Haar and John Nadas, The Medici, the Signoria, the Pope: Sacred Polyphony in Florence, 1432–1448, in Recercare, 20, pp. 25-93.
7. Gabriele Condulmer viene eletto papa Eugenio IV San Pietro il 3 marzo del 1431. Entrato in conflitto con la potente famiglia Colonna, nel 1434 esilia a Firenze.
Autori continentali Dufay Binchois Benoit Fédé Grossin Autori inglesi Dunstaple Power Forest Plummer Stone Benet Pyamour Sandley n. composizioni 48 12 3 2 1 n. composizioni 31 8 4 4 2 2 1 1
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con la sua corte dall’aprile 1436 al gennaio 1438, quando si traferì a Ferrara, città eletta sede conciliare. Il codice, secondo Michael Phelps, fu copiato per soddisfare le esigenze dei cantores papalae in servizio nella cappella di papa Eugenio IV, ristabilita secondo le pratiche introdotto dal papato avignonese, a partire dall’insediamento a Roma di Martino V, la cui elezione decretò la fine del Grande Scisma di Occidente (1378-1418). È bene ricordare che, già a partire dalla fine del Trecento, la cappella papale ad Avignone era formata da cantori avvezzi a cantare in polifonia scritta per il rito liturgico solenne, fatta la sola eccezione per la Settimana Santa8. Michael Phelps riconosce lo scriba del ModB in quel cantore francese Benoit di cui abbiamo già accennato, che prima di giungere alla corte ferrarese è documentato a Firenze come «Benotto di Giovanni» a partire da dicembre 1438.
Benoit, come abbiamo visto, è il compositore di tre brani inclusi nel ModB9. L’ipotesi che si tratti di un manuale liturgico, pensato appositamente per la cappella papale, parte dal raffronto del repertorio e delle rubrìche, che rimandano all’uso liturgico dei brani, con i contenuti dei cerimoniali papali. Anche l’inclusione di due mottetti in lode di Firenze10 e il famosissimo Nuper Rosarum Flores (ff. 70v-71) per la consacrazione della cupola di S. Maria del Fiore, avvenuta il 25 marzo 1436, depongono per un’origine fiorentina del codice. Infine la presenza del mottetto celebrativo Supremum est mortalibus bonum / O Sancta pax (ff. 69-70) composto da Dufay per il trattato firmato l’8 aprile 1433 tra l’imperatore Sigismondo e papa Eugenio IV rafforza il rapporto
tra quest’ultimo e la redazione del
8. Andrew Tomasello, Music and Ritual at Papal Avignon 1309-1403, Umi Research Press, 1983.
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9. L’Inno Lucis creator optime ff. 19v–20, l’antifona Puer qui natus est nobis plus quam propheta, f. 55r, l’antifona Virgo maria non est tibi similis, f. 54r. 10. Mirandas parit haec urbs florentina puellas (ff. 65v-66) e Salve flos tuschae gentis (ff. 67v-68) per il secondo soggiorno di Dufay a Firenze, tra 1435 e 1436.
manoscritto. Non è questa la sede per stabilire quale delle due ipotesi sia quella più corretta, ciò però su cui tutti concordano è che il codice sia presente a Ferrara a un certo momento degli anni ‘40 del Quattrocento e che il materiale musicale in esso contenuto sia entrato a fra parte del repertorio della cappella di Lionello. A Ferrara sono sicuramente associati due mottetti aggiunti dal cantore francese Jean Fédé11, presente nella città estense dal luglio 1445 all’aprile 1446 e, più tardivamente, il mottetto celebrativo Hercules omni memorandus (ff. 78v-80) di Johannes Brebis composto per l’ascesa di Ercole I d’Este nel 1471 al titolo di duca. Risale infine al 17 dicembre 1448 l’attestazione di un pagamento “per ligatura de un libro de chanto in charta de capreto per uxo del prefato nostro signore” che molto probabilmente si riferisce proprio al ‘nostro’ manoscritto, parte integrante di un ambizioso programma che prevedeva la costituzione di una cappella in grado di celebrare i Vespri e probabilmente l’Officio, secondo il modello delle pratiche della cappella papale12 Veniamo ora a parlare di Lionello d’Este, attorno cui ruota buona parte di questa storia, cercando di tratteggiarne gli aspetti che più ci riguardano da vicino. Lionello, figlio illegittimo di Nicolò III, nato a Ferrara il 21 settembre 1407, è sicuramente una delle figure di spicco tra i governanti della prima metà del Quattrocento. Grande umanista, completò la sua formazione sotto la guida di Guarino da Verona13, chiamato a Ferrara nel 1430 da Nicolò III per affidargli l’educazione di Lionello, destinato a essere suo erede, come verrà confermato anche dal suo testamento. Nel 1435 Lionello sposa Margherita Gonzaga, inaugurando la lunga parentela tra le due casate. Quando nel dicembre 1441, alla morte del padre a Milano, Lionello diventa marchese, continua la politica del padre di neutralità nella lunga contesa tra Milano e Venezia, forgiando nuove
11. O lumen ecclesiaer doctor veritatis (ff. 51v-52), e Magne Pater (f. 51), entrambi dedicati a Sant’Antonio.
12. Nel caso in cui si propendesse per l’ipotesi più recente di una origine fiorentina del codice, la prova di come Leonello lo abbia probabilmente acquisito è fornita dai documenti che registrano lo scambio di una serie cantori (tra cui lo stesso Benoit e Fédé) tra la cappella papale e la sua cappella privata (Pamela Starr, The Ferrara Connection: A Case Study of Musical Recruitment in the Renaissance, in Studi musicali, 18 (1989): 3-17). Non va dimenticato che Ferrara fu nel 1438 sede del concilio indetto da Eugenio IV nel tentativo di riunificazione delle chiese d’Occidente e d’Oriente. La presenza del concilio voluto in Italia da Eugenio IV tra Bologna, Ferrara e Firenze porta in queste aree la corte pontificia al completo con cappella al seguito, e con lui varie delegazioni dalla Borgogna, dalla Francia e dall’Inghilterra, possibile motivo di interscambio anche di materiali musicali. È proprio questa connessione che avrebbe fornito un canale plausibile per la trasmissione del ModB dalla cappella papale a Ferrara.
alleanze. Vedovo della prima moglie, nel 1444 si risposa infatti con Maria d’Aragona, figlia illegittima di Alfonso d’Aragona nuovo re del Regno di Napoli con il quale istaura un solido legame. Al di là dei cenni biografici, di Lionello ci interessa sottolineare la sua religiosità e il suo amore per le arti, la musica e la cultura per le quali investì moltissimo patrimonio di corte: nel 1442 dà nuovo impulso all’Università, incrementa la biblioteca di corte, istituisce un vero e proprio laboratorio stabile di copisti e miniatori. Come apprendiamo da Johannes Ferrariensis14, Lionello fa costruire, appena dopo le esequie del padre, una cappella di corte all’interno del suo palazzo, vicino alla piazza della Cattedrale: «[…] in modo regale decorò [la cappella] onorevolmente e sontuosamente con paramenti, libri, con intarsi d’oro. Ordinò che fossero chiamati cantori francesi, con la soavissima armonia dei quali continuamente venissero celebrate le lodi divine. Il Principe era presente e partecipava incessantemente ai sacri misteri […] Si preoccupò con grande impegno di avere chi fosse esperto nel lodare con l’organo»15. Tra le suppellettili sacre una rosa d’oro dono del papa Eugenio IV e una pala d’altare con la “Vergine incoronata”16. Lionello si dota quindi di una cappella con cantori prevalentemente francesi, e di un organo che forse lui stesso era in grado di sonare. Abbiamo prova che Lionello fosse interessato alla musica già dal 1433 quando vennero fatti copiare due libri de canto dagli amanuensi di corte di cui uno espressamente per Lionello. Nel 1435 un cartolaro locale fornisce tre quinterni di pergamena «per “messer Lionello” […] per scrivere un paio “de regole de canto” [trattati di musica]». Nel 1437 si ha prova che Lionello suonasse il liuto. I Registri de’ Mandati di questi anni mostrano pagamenti dai quali desumiamo che fossero presenti due o tre trombettieri, due o tre piffari,
13. Guarino da Verona (Verona, 1374 – Ferrara 4 dicembre 1460) fu un profondo conoscitore del latino e del greco che apprese durante la sua permanenza a Costantinopoli dove visse dal 1388 fino al 1393, anno in cui fu costretto a ritornare in seguito all’assedio della città da parte dei Turchi. Qui fu presentato ad Emanuele Crisolora, stimato studioso e letterato, che decise di fargli da maestro.
14. Johannes Ferrariensis, Excerpta ex annalium libris illustris familiae marchionum Estensium, 1409-1454, a cura di L. Simeoni, Zanichelli, 1936.
15. «[…] more regio honorifice ac suptuosissime paramentis, libris, iocalibus auro caelatis eam decoravit. Cantores ex Gallis accersiri iussit quorum suavissumo concentu divinae laudes mirifice iugiter celebrabantur. Aderat Princeps et sacris misteriis indesinenter astabat; […] in organis laudere scientem summopere habere curavit» [T.d.A].
16. Lewis Lokwood, La musica a Ferrara nel Rinascimento, Società editrice il Mulino, 1987, p. 61.
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e un cantor di corte impiegato regolarmente, Niccolò Tedesco, molto apprezzato come cantore e liutista. È presente anche un suonatore di arpa. Nel 1443 abbiamo pagamenti a Dufay, che potrebbe essere stato il tramite per il reclutamento di cantori dalle Fiandre. Dal 1443 sono documentati 4 cantori che diventano 9 nel 1445, poi 10 verso la fine del marchesato di Lionello, a dimostrazione dell’intento di rendere la cappella sempre più ricca e al servizio della polifonia. I cantori sono franco fiamminghi ma anche inglesi come «Johannes presbiter Londini» menzionato come «cantore del marchese».
Quando un paio di anni fa abbiamo pensato di dedicare un nostro progetto al codice ModB (su sollecitazione del Festival modenese Grandezze & Meraviglie), in prima battuta è stato difficile capire che taglio dare e come selezionare i brani da includere nello spazio ristretto di un Cd, considerata la vastità e varietà del repertorio musicale a disposizione.
Le ipotesi potevano essere le più diverse: - una monografia per autore (nel caso di Dufay, avremmo
comunque dovuto fare una ulteriore selezione)
- un florilegio di autori inglese, qui straordinariamente rappresentati
- una monografia per genere: per esempio eseguire tutti gli Inni di Dufay, di cui questa silloge rappresenta una delle più complete se confrontata con altri manoscritti coevi.
- una antologia di mottetti dedicati ai santi
- la ricostruzione di un Vespro o un Officio
La nostra scelta si è orientata verso il repertorio legato alle festività mariane, rivelatosi assolutamente predominante. Questo dato tra l’altro si intersecava perfettamente con la particolare devozione mariana di Lionello attestata dalla scelta della già citata pala d’altare per la sua cappella e confermata dalla tavola della “Madonna dell’Umiltà adorata da Lionello d’Este” (1440-1445 circa) ad opera di Jacopo Bellini.
Una volta operata questa scelta tematica, abbiamo selezionato 12 composizioni nell’intento di offrire un’idea complessiva di come il culto della Vergine sia rappresentato dal repertorio incluso nel codice. Per far
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ciò, da un lato abbiamo attinto a generi diversi (1 inno, 1 Magnificat , antifone e mottetti) dall’altro, al fine di restituire una immagine stilisticamente varia, abbiamo optato per autori di diversa provenienza: Dufay, Binchois, e due autori inglesi, Dunstaple e Power. Si tratta dei quattro autori più presenti nel codice, per numero di opere. Selezionati i brani, abbiamo provveduto a farne una trascrizione moderna (a cura della scrivente); questa operazione è assai proficuo che venga fatta da uno dei musicisti, in quanto tutta la ricchezza di dettagli che la conoscenza dell’originale comporta, può essere restituita e condivisa attraverso i criteri redazionali adottati nella trascrizione. A questo punto, ottenuto il materiale musicale, la scelta più complessa, e avvincente al tempo stesso, riguarda l’organico. Come abbiamo visto la cappella estense era ricca di voci; riguardo agli strumenti si parla solo dell’organo, ma sappiamo che a corte erano attivi suonatori di strumenti sia di alta cappella (piffari, trombetti) che di bassa cappella, (liuto, arpa). Ci siamo dunque immaginati che in qualche solennità fossero coinvolti anche gli strumenti di corte. Se infatti l’uso degli strumenti è controverso nella prassi esecutiva della musica liturgica, ci sono alcune evidenze coeve che possono venire in aiuto a sostegno di questa prassi. Ne cito solo due. La prima è la descrizione di Giannozzo Manetti delle celebrazioni per la consacrazione di Santa Maria del Fiore a Firenze il 25 marzo 1436:
«Si udirono cantare voci così numerose e così varie, e tali sinfonie s’elevarono verso il cielo, che si sarebbe creduto di sentire un concerto d’angeli [...] Quando il canto cessava [...] si sentivano suonare gli strumenti in maniera [...] allegra e soave [...] Al momento dell’elevazione la basilica tutta intera risuonò di sinfonie così armoniose, accompagnate dal suono di diversi strumenti, che si sarebbe detto che il suono e il canto del paradiso fossero
scesi dal cielo sulla terra»17
La seconda è la cronaca redatta da Cherubino Ghirardacci in cui si narra che il 16 giugno 1426 Louis Alleman (al seguito del quale era cantore Guillaume Dufay) fu nominato cardinale con una grande cerimonia a San Petronio in cui: «si canta una solenne Messa […] con suono di organi e vari strumenti»18
L’idea che la musica per la liturgia fosse affidata alle sole voci è probabilmente da rivedere anche alla luce dell’analisi del modo con cui le stesse composizioni sono restituite nel manoscritto. A queste testimonianze e al quadro di rifermento estense ci siamo rifatti nella scelta di intrecciare voci e strumenti soprattutto quando la scrittura musicale sembra richiederlo, al fine di restituire i fasti di un cappella di corte che, come ha evidenziato Nino Pirrotta, «precedette di almeno un quarto di secolo quella, meglio nota, creata da Ercole I nel 147119».
17. Giannozzo Manetti (1396 – 1459): Oratio de Secularibus et Pontificalibus Pompis in Consecratione Basilicae Florentinae, 1436.
18. Cherubino Ghirardacci, Della historia di Bologna, Parte 3, a cura di Albano Sorbelli, S. Lapi, Città di Castello, 1915, p. 4, [27-32]: «1426 Alli 16 di giugno, la domenica, si canta una solenne messa in San Petronio, dove il Governatore [Louis Aleman] piglia il cappello del cardinalato per mano del vescovo della città, con suono di organi et vari strumenti, et con esso in capo fece ritorno al palazzo ove era apparecchiato un sontuoso convito».
19. Nino Pirrotta, Due composizioni anglo-italiane del Quattrocento, in Nino Pirrotta, Musica tra Medioevo e Rinascimento, Einaudi, 1984, p. 189
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Didattica
Giro in tondo 1
«E per me un mondo senza Mozart sarebbe ancora più povero di un mondo senza Socrate» (Hermann Hesse)
Compositore e Docente di Musicologia e Didattica della Musica presso l’Università Lumsa di Roma
Tutti i bambini del pianeta sono da sempre affascinati e conquistati dal girotondo: ci si prende per mano e si gira in tondo, cantando dei ritornelli musicali adatti ad accompagnare il ritmo dei passi o, forse meglio, generati dallo stesso movimento dei passi. Il girotondo non ha limiti per il numero dei partecipanti e può essere circoscritto soltanto dallo spazio a disposizione: non dipende dal numero pari o dispari e, in genere, piace indistintamente a tutti, potendo variare in velocità, in direzione (oraria e antioraria) e sottoponendosi facilmente a effetti di accelerando e di rallentando. Costituendo la figura fondamentale per molte danze di origine o di carattere popolare è sicuramente - con altri diffusi giochi infantili - all’origine delle principali forme di ballo collettivo e di infinite varianti coreografiche. Tutti ne conosciamo la forma cantata più diffusa, quella che - tra le altre cose - ci ha insegnato a lasciarci cadere per terra senza conseguenze dannose, anzi in maniera giocosa e divertente:
Giro giro tondo
Casca il mondo
Casca la Terra
Tutti giù per terra!
tempo, a - cosa non da po
Al fascino del girotondo non hanno resistito i compositori classici e neppure i cantautori, fra gli esempi più conosciuti e proponibili come ascolto ai bambini (facilmente reperibili su YouTube) troviamo Girotondo di Fabrizio De André e Girotondo intorno al mondo di Sergio Endrigo, autore quest’ultimo di ottime canzoni per bambini, da solo o in collaborazione con autori come Gianni Rodari e il brasiliano Vinicious de Moraes. La pratica del girotondo, cantato e collegato al movimento, ci permette di lavorare in maniera pratica e efficace su un punto essenziale della pratica musicale e che ne rivela una delle sue peculiari proprietà. Quando ci si accinge a far musica, prima di ogni comportamento, di ogni condotta, c’è un ritmo (una sequenza, un algoritmo) che ci indica i necessari tempi di applicazione (come, dove, quando). Che si legga o si esegua a memoria della musica o che si improvvisi, c’è sempre un progetto nel pensiero (più o meno conscio) che predispone e traccia il percorso del nostro agire musicale e, all’occorrenza, è pronto a cambiare strada in tempi rapidissimi. In altri termini, l’esperienza musicale ci insegna a entrare nel flusso delle azioni e a disporci in relazione con lo spazio e il tempo, a - cosa non da poco - fare “la cosa giusta al momento giusto”, affinando la coordinazione psico-motoria e creando esperienze di sincronia piacevolmente condivise. E cosa meglio di un girotondo riassume in sé tutte queste proprietà? Tra l’altro, cantare in movimento contrasta possibili rigidità
DI TULLIO VISIOLI
DIDATTICA
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d’emissione e favorisce un’emissione vocale svincolata da tensioni e preoccupazioni performative. A tutto ciò si unisce la figura del cerchio che elimina qualsiasi lettura gerarchica della disposizione spaziale, perché non c’è un davanti e un dietro e neppure un sopra e un sotto, ma tutti sono ‘ugualmente’ in relazione.
Tempo fa anch’io sono stato attratto dalla magia del girotondo e ho deciso di mettere in musica alcune diffuse filastrocche a partire da quella qui citata sopra e anche da una filastrocca popolare che, come molte altre, ha origini molto antiche. Ecco qui il testo che ho scelto tra le tante varianti possibili a nostra disposizione:
personale www.tulliovisioli.it, scorrendo la pagina verso il basso, tra i canti destinati alla scuola primaria e alla scuola dell’infanzia, trovate Giro giro in tondo: si tratta della base musicale della filastrocca riportata più sopra (per scaricare il file mp3 basterà cliccare con il tasto destro del mouse su base musicale e selezionare salva link con nome). A questo punto, seguendo le indicazioni del testo e affidandosi anche alle capacità del nostro orecchio musicale, non sarà difficile cantare il testo della filastrocca sulla base, aiutati dall’emulazione di un suono di chitarra che ci farà da guida melodica nota per nota. Inoltre, per chi conosce la musica e suona uno strumento a tastiera o la chitarra, non sarà difficile suonare la partitura servendosi semplicemente delle sigle degli accordi indicati secondo la notazione anglo-sassone (A-La; B-Si; C-Do; D-Re; E-Mi; F-Fa; G-Sol).
Alcuni utili suggerimenti pratici:
Giro giro in tondo, cavallo imperatondo, cavallo d’argento, che costa cinquecento.
Centocinquanta, la gallina canta, lasciatela cantare, si vuole maritare. Le voglio dar cipolla: Cipolla è troppo dura, le voglio dar la luna; la luna è troppo bella, c’è dentro mia sorella, che fa i biscottini che fa i biscottini per darli ai bambini. I bimbi sono cento e i biscotti cinquecento e se non stai attento li mangio in un momento!
Questo testo ha origini antiche e versi molto simili a quelli iniziali (anche nella scansione metrica) si possono ritrovare nella filastrocca Iesce sole riportata nella prima metà del ‘600 da Giambattista Basile nel suo celebre Cunto de li Cunti: «Iesce, iesce, sole / scaglienta ‘Mparatore! / scanniello d’argiento / che vale quattociento, / ciento cinquanta / tutta la notte canta [...]».
Ora, se andate alla pagina delle partiture del mio sito
- Per insegnare ai bambini il canto, all’inizio sarà bene apprenderlo come un semplice canto corale e, in una fase successiva si potrà eseguire in movimento, cioè mettendo ‘in scena’ un vero e proprio girotondo.
- La parte cantata richiede respiri brevi e riprese rapide. Se all’inizio ci sono delle difficoltà, si può dividere il coro in due semicori (A e B) e affidare ad ogni semicoro una coppia di versi secondo uno schema di alternanza simile a domanda-risposta, ad es.: A > Giro giro in tondo, cavallo imperatondo / B > cavallo d’argento, che costa cinquecento… ecc. In seguito, e con la pratica (l’ho ampiamente sperimentato), ciascun bambino sarà in grado di cantare tutto il testo dall’inizio alla fine.
- La parte introduttiva del canto serve per preparare sia la voce che l’azione del girotondo; perciò, sarebbe consigliabile di iniziare sia il canto che il movimento quando entra la parte melodica.
- Sulla parte strumentale [misure 21- 24] l’azione del girotondo si può fermare e si possono compiere delle azioni: battere le mani individualmente, battere le mani a coppie uno di fronte all’altro oppure girare su sé stessi... ecc. Alla ripresa del canto le mani si ricongiungono e si riparte con il girotondo. Buona musica e arrivederci al prossimo articolo.
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Il Canto delle Nuvole
esperienza di canto corale e musicoterapia del coro
“Le Nuvole” dell’Associazione Parkinson di Carpi (Modena)
DI FRANCESCA CANOVA
Direttrice di Coro e membro della Redazione di FarCoro
Nell’anno 2008 sono stata contattata dall’Associazione Parkinson di Carpi (Modena) per seguire il laboratorio di canto dedicato agli associati, con la richiesta di “armonizzare” le competenze didattiche e accademiche con quelle musicoterapeutiche in un approccio corale a tutto tondo, ad hoc per persone affette dalla malattia di Parkinson. L’associazione, dopo aver organizzato incontri di musicoterapia prettamente strumentale (djembe), di logopedia e ginnastica dolce aiutati dalla musica, spinti dall’intenzione di presentare un’attività legata al miglioramento dell’eloquio, ha optato per una nuova proposta corale, aperta a tutti gli interessati anche estranei alla malattia, per avere positive ricadute oltre che sugli aspetti medici anche sugli aspetti sociali d’inserimento, compartecipazione e visibilità.
La MPI (Malattia di Parkinson Idiopatica) è una patologia neurodegenerativa progressiva e cronica dei nuclei della base; nella sua prima definizione (J. Parkinson, “An Essay on the Shaking Palsy”, 1817), viene sottolineato l’aspetto di malattia del movimento, “paralisi agitante”. Oggi ne sono contemplati anche i sintomi non motori: la MPI ha conseguenze complesse anche in ambito psicologico e fonologico. La richiesta dei committenti era quindi in linea con le motivazioni già esposte: in sintesi, musica come stimolatrice dei gangli della base e compensatrice del deficit di ritmo interno, potenziatrice dell’eloquio, stimolo emotivo, attivazione del sistema limbico, e il coro come
attività aperta e gioiosa, non “ghettizzante”, culturale. Il “progetto coro” è subito sembrato una proposta vincente che potesse portare benessere alleggerendo l’approccio terapeutico. Nasce così un percorso di qualità in quanto pensato in costante confronto tra me, associati e il team medico di riferimento, quindi sotto consiglio di neurologo, logopedista, fisiatra: auspico a tutti gli operatori la mia esperienza di scambi di parere, aggiornamenti e possibilità di partecipazione a convegni. Con la scusa di esibire le nostre abilità in una giornata di studio sul Parkinson siamo a tutti gli effetti passati da essere tecnicamente “Musicoterapia di gruppo a indirizzo vocale” a coro “Le Nuvole”. Il desiderio di trovare un nome è nato spontaneamente ai partecipanti, dimostrazione di bisogno di appartenenza a un gruppo; lo spunto per un nome leggiadro è stato suggerito da un titolo di un nostro primo saggio, “Sulle ali del canto”, testimoniando tra le righe il bisogno di alleggerire e sublimare il carico della malattia di Parkinson. Il coro “Le Nuvole” si trova tutt’oggi una volta a settimana, per un’ora e trenta minuti, presso la Casa del Volontariato di Carpi (MO), una struttura comunale dedicata alle associazioni. L’incontro è programmato dalle ore 15.00 alle 16.30 indicativamente dal mese di settembre a giugno, per circa 45 incontri annuali; molto importante è stata la scelta di una cadenza regolare settimanale e l’ampio periodo abbracciato, poiché può capitare nel corso della malattia di avere periodi off o subire cadute; quindi, il frequentante risulta tranquillizzato nel poter riprendere l’attività anche a distanza di due o tre mesi. Negli incontri si è optato per la postura seduta per focalizzarci su alcune problematiche senza stancare troppo il corsista e rendere accessibile e incoraggiante il coro anche per chi è in carrozzina. Abbiamo deciso di avere un leggio a testa: favorisce una postura più corretta del tronco e responsabilizza e valorizza il corista che si prenderà cura dell’attrezzatura, degli spartiti e del libro
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Un Coro per tutti
“Ogni malattia è un problema musicale; ogni cura è una soluzione musicale” Novalis
dei canti. L’incontro è strutturato nella sua macroforma ispirandomi alla simile gestione di alcune attività motorie dell’associazione e alle attività corali tradizionali: benvenuto (novità e aggiornamenti, motivazione), ascolto e rilassamento iniziale, riscaldamento (respirazione ed esercizi tecnici vocali), fase di “pulizia” della tecnica (vocalizzi con finalità precise), repertorio (canzoni), fase di defaticamento (parte più ludica, richieste dei coristi, ma anche di rilassamento, momenti di canto libero ed eventuale improvvisazione, contrapposta alla precisione e puntiglio del materiale precedente di studio), eventuali dediche musicali, ascolto, raccolta di opinioni e proposte per la volta successiva, saluto.
La “modalità coro” ha subito dimostrato alcuni aspetti evidenti positivi e facilitanti:
- possibilità di inserirsi nel canto di gruppo senza stress e impegnarsi maggiormente di volta in volta, con il rispetto dei propri tempi
- essere stimolati dalla mimica facciale del direttore (neuroni a specchio) e dall’accompagnamento ritmico melodico ed armonico del pianoforte (attivazione grazie alla particolarità “predittiva” del ritmo) e dal canto degli altri coristi (una stereofonia sinestesica di input/bagno di
- aumento del tono dell’umore: attività piacevole e di socialità, benessere di gruppo, condivisione partecipata sia delle difficoltà che dei goals raggiunti
Questi primi incoraggiamenti seppur felici non devono frenare riflessioni più tecniche, alle quali segue un lavoro appropriato. La voce nella MPI, non aiutata dalla riduzione della mimica facciale, può presentare basso volume (piano, riduzione di loudness), intonazione monotona e qualità rauca. A livello articolatorio si evidenzia: riduzione della pressione intra-orale e dei movimenti mandibolari, rigidità dei muscoli fonatori, accelerazione e riduzione dell’intellegibilità dell’eloquio, compromissione dei tratti prosodici (ritmo, intonazione, accento). Si è lavorato quindi per contrastare le difficoltà rilevate e descritte da F. L. Darley e il suo team nel 1969:
- Monopitch (mono-tono): necessità di accentuare l’espressività del canto, delle parole attraverso il loro significato e l’accento, proporre giochi vocalici su glissandi, gramelot, proposte di brani in cui si devono interpretare diversi personaggi
- Monoloudness (mono-volume): differenziare l’intensità del cantato con esercizi di messa in voce e con brani
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suoni)
Coro Le Nuvole
esplicativi che facilitino il compito attraverso il senso del testo
- Imprecise consonants (consonanti non precise): cori ritmici basati su suoni onomatopeici
- Inappropriate silences (silenzi inappropriati): fare parte di un coro permette al paziente di cantare anche a intermittenza secondo le possibilità. Stimolato dal ritmo, dal canto e dai vicini coristi, aumenterà progressivamente la gestione del fiato per una maggiore costanza
- Short rushes (brevi “scoppi”): attraverso il canto è possibile armonizzare la respirazione e la fonazione, propriocezione del mantice, dell’appoggio e di una fonazione bilanciata
- Breathy voice (voce soffiata): impostare la voce in maschera, sfruttando al meglio le cavità di risonanza; miglioramento dell’appoggio e maggiore articolazione del canto
- Low pitch (tono basso): sfruttare le cavità di risonanza, esasperare l’espressività e quindi i diversi toni e volumi della voce attraverso interpretazioni più recitative dei canti (teatralità nel canto)
- Variable rate (ritmo variabile): utilizzare musica dal vivo (nel mio caso abbiamo l’accompagnamento al pianoforte) per percepire il flusso ritmico e non disdegnare l’ausilio del metronomo
aria e muscolatura; approfondire il significato di fraseggio, talvolta sottolineandolo con gesti liberi e fluidi delle mani. Porre come focus la propriocezione della muscolatura, ricordando la necessità di ottenere morbidezza dei muscoli del collo (favorendo così il corretto adattamento laringeo) e considerando il tronco come un mantice elastico (suggerendo per esempio l’idea di gonfiare un salvagente d’aria all’altezza della vita tramite il respiro o visualizzando un naso immaginario sulla pancia o ai lati delle costole inferiori).
…difficoltà di esecuzione dei movimenti (bradicinesia, acinesia, difficoltà muscolare nella deglutizione, ipomimia) dal punto di vista grosso-motorio, attivare i gangli della base con musiche funzionali (ad esempio ritmi incalzanti e vivaci, danze quali tango, habanera…); accompagnare il canto con le percussioni; per l’articolazione di precisione proporre vocalizzi sillabici sulle vocali con consonanti occlusive, fricative, nasali (ottimo il suono “gn”), polivibranti e laterali; giochi vocalici con espressioni sonore e facciali accentuate; favorire suoni in maschera attivando e potenziando gli zigomi
…disturbo dell’equilibrio
UNA CANZONE DOLCISSIMA MORBIDA COME UN BIGNE’ PIU’ DEL GELATO, DEL CIOCCOLATO, UNA CANZONE PER TE!
Negli anni ho elaborato e cambiato molte volte la tipologia degli esercizi e il repertorio: canti popolari dalle regioni o nazionalità di appartenenza dei coristi, canti goliardici, repertorio di opera e operetta, musical ma anche canto gregoriano, polifonia sacra. Abbiamo esplorato diverse tipologie di componimenti: canoni, ostinati, filastrocche, polifonia, improvvisazione, omoritmia, talvolta accompagnati da body percussion; ancora oggi siamo sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Considerando alcuni possibili sintomi della MPI e le testimonianze di alcuni dei coristi, la domanda e la sfida da porsi è: posso fare qualcosa per...?
…il tremore a riposo (presente nella maggior parte dei soggetti, in maniera visibile o percepito come una spiacevole sensazione interna)
proporre attività non stressanti che non peggiorino la situazione emotiva; portare l’attenzione al respiro e aumentare la consapevolezza muscolare; riproporre con la musica il ritmo del tremore e, in maniera graduale, rallentarne il ciclo.
…la rigidità (aumento involontario del tono muscolare abbinato a lentezza di movimenti che coinvolge arti, collo e tronco)
partire da melodie leggiadre e aiutare il corista a percepire il respiro come un fluttuare non faticoso tra
esercizi generici per una corretta postura personalizzati per ciascun corista, anche, come nel nostro caso, seduta; consigliare una corretta respirazione; evitare posture “indifferenti” incentivando atteggiamenti tonici; consigliare di cantare con lo sterno aperto per contrastare una tendenza alla chiusura e contrattura muscolare; scoraggiare posture innaturali delle spalle che tradiscono blocchi e modalità erronee di respiro; tenendo conto con grande zelo della condizione fisica della persona, incoraggiare un raddrizzamento della schiena senza però sforzare o stressare il corpo; proporre generici esercizi di ascolto e ripetizione di pattern ritmici grazie all’ausilio di un gruppo di controllo per aumentare attenzione, equilibrio interno e controllo (ascolto e riproduzione).
…postura curva
esercizi di apertura del torace tramite la respirazione; osservare fotografie dei migliori cantanti valutando insieme le loro posture e talora imitando l’esempio; stimolare l’apertura costale e l’appoggio durante il canto; controllo costante da parte del conduttore del mantenimento del corretto assetto posturale dei coristi, richiamandoli all’attenzione con garbo e discrezione e facendone capire la motivazione e gli errori.
…sindrome delle gambe senza riposo (restless legs sindrome, RLS)
IL CANTO DELLE NUVOLE | 71
si consiglia di riservare il giusto spazio vitale tra una sedia e l’altra; è utile lasciare dei posti vacanti, vicino al coro ma non propriamente dentro al gruppo, per potersi spostare temporaneamente e senza stress nei momenti di crisi, permettendo comunque di assistere all’attività, anche se in maniera più passiva, senza sentirsi inadeguati.
…disturbi del sonno seguire attività stimolanti durante il giorno e che aumentano le capacità attentive aiuta a ricomporre una routine un po’ spezzata dai disturbi della malattia e una canalizzazione dell’energia negli orari adeguati, favorendo in parte un migliore riposo; la costanza degli appuntamenti e della loro frequenza costituisce uno stimolo, è rassicurante e anche una verifica in più da parte della persona stessa sul proprio stato di salute.
…disturbi dell’umore la depressione può essere presente in tutte le fasi di malattia, sia iniziale che avanzata; non è di diagnosi facile, poiché alcuni sintomi marcatori si sovrappongono a quelli della malattia di Parkinson (affaticamento, ipomimia, apatia): il direttore di coro e il musicoterapeuta devono
contribuire a costruire un gruppo positivo, per sentirsi accettati e valorizzati, in un’esperienza esaltante che migliori la qualità del tempo insieme.
…disturbi d’ansia e di respirazione (senso di apprensione, paura, preoccupazione e di non soddisfacente riserva d’aria; la situazione peggiora nella fase di blocco motorio “off”)
attraverso esercizi di percezione, propriocezione e di miglioramento respiratorio, il corista aumenterà progressivamente la capacità respiratoria riuscendo talvolta a calmare il battito cardiaco se in stato ansioso (tachicardia). Il coro è una grande opportunità di condividere con il gruppo le difficoltà verso una resilienza artistica.
…apatia e fatica
valorizzare il corista partendo dalla sua storia di gusti musicali; da parte del direttore, essere propositivi e sorridenti, interessarsi delle opinioni della persona e se possibile coltivare anche un rispettoso e sano senso dell’umorismo davanti alle difficoltà musicali che si potranno incontrare; dare stimolanti e possibili traguardi
72 | UN CORO PER TUTTI
Coro Le Nuvole
e sapere gratificare il corista al loro raggiungimento; stimolare la curiosità, l’autostima e aumentare l’energia resiliente della persona.
…disturbi comportamentali ossessivi/compulsivi (atteggiamenti ripetitivi volti al piacere e alla gratificazione personale che possono manifestarsi in una minoranza di pazienti, spesso provocati o accentuati dai farmaci) l’attività corale è gratificante e appagante, riduce o contiene l’impatto dei disturbi sulla persona, sposta l’attenzione su attività sane, crea una rete di condivisione e aiuto
…disturbi cognitivi favorire lo studio a memoria; mantenimento di ricordi musicali (ripasso); cenni di lettura della musica, se e quanto possibile; proposte musicali varie e sempre stimolanti; esercizi sul seguire correttamente la direzione estemporanea e la conseguente corretta esecuzione vocale richiesta (per esempio sfruttando stimoli dalla musica classica contemporanea).
…aumento della qualità di vita il malato si riferisce con nostalgia e rabbia a un “prima” quasi fosse un’isola felice. È nostro compito valorizzarlo nella sua unicità presente, ricca di sfumature e possibilità ricordando che il benessere è possibile anche con la malattia di Parkinson. Coltivare la bellezza culturale e spirituale, fuse in maniera indissolubile nell’essenza della musica e incarnata nel coro, aiuta in un percorso consapevole e di autostima: “Questa esperienza ci ha fatto capire quante infinite e inaspettate potenzialità ognuno di noi possegga, se esercitate adeguatamente” Paola Neri (corista ed ex presidente dell’Associazione)
Non sempre si parla di concerti in musicoterapia, essendo un percorso riabilitativo di relazione tra paziente e musicoterapeuta; l’attività corale invece sembra votata nel condividere il proprio canto con un pubblico. “Le Nuvole” hanno a cuore il loro lato musicoterapeutico e non escludono la possibilità di esibirsi, ovviamente non come obbligo, ma valutando la disponibilità dei coristi e l’effettivo beneficio salutare dell’impresa. Ci siamo ritrovati a fare splendide esperienze, come cantare a convegni scientifici o a rassegne corali, realizzare concerti di Natale in Chiese e piazze, fare beneficenza per Case di Riposo con cori della memoria e ultimamente anche una preziosa collaborazione con il soprano Serena Daolio confrontando gli aspetti stilistici del canto lirico rispetto a quello popolare. Abbiamo quindi capito che la ricchezza di un progetto di benessere insieme in musica è anche
quello che può si può dare agli altri: esempio di armonia, speranza, resilienza e coltivare cultura e bellezza in ogni situazione. Per tutti i direttori di coro, un approccio musicoterapeutico e un coro come “Le Nuvole” può arricchire nell’arte di ascoltare, empatizzare, apprendere dai coristi ed essere creativi per trovare nuove soluzioni musicali armonizzanti. E stupirci continuamente della potenza della musica!
“LE NUVOLE”
(E. Pietri, corista e associato Associazione Parkinson di Carpi)
Il do di petto non lo sappiam cantare nemmeno leggere il rigo musicale le corde vocali faticano a vibrare ma noi del coro Parkinson vogliamo continuare Francesca un po’ ci stuzzica, ci stimola e tortura ma riesce sempre a farci cantar la partitura baritoni o contralti, soprani oppur tenori cantiam brani di lirica o musiche minori Quando ci son le prove o dobbiam cantare noi chiediamo aiuto per farci accompagnare amici, vicini o famigliari e qualche volta pure ai volontari. Siamo un po’ impacciati, la sedia ci va stretta ci tremano le gambe, la voce cala in fretta ognuno cova in sé zitto il suo malore ma per il tempo insieme scordiamo il malumore Se Verdi ci sentisse cantare le sue note sarebbe un po’ deluso dalla nostra esecuzione non siamo molto intonati, qualcuno è fuori tempo non siamo sempre uguali, dipende dal momento Quando finito il canto ci battono le mani ci carichiam di gioia per andar verso il domani!
IL CANTO DELLE NUVOLE | 73
Il Concorso Pasolini
ventisette nuove composizioni per il centenario del poeta
DI DANIELE SCONOSCIUTO
Direttore Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna e Docente di Lettura della partitura e Lettura cantata all’AERCO-Academy di Parma
Il 20 dicembre scorso, presso il Multiplo Centro Cultura di Cavriago (RE), si è tenuto il concerto dei finalisti del Concorso di composizione indetto della Fondazione
‘Giorgio e Aurora Giovannini’ e dedicato a Pier Paolo Pasolini nel centenario dalla sua nascita. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con l’Amministrazione Comunale rappresentata dal funzionario Nicolò Fantini e dall’Assessore Martina Zecchetti. Per la Fondazione Giovannini, data l’indisposizione del Presidente Andrea Talmelli, ha coordinato la serata Nicola Buratti, membro del Consiglio di Amministrazione. Il Concorso Pasolini prevedeva inoltre il patrocinio
della SIMC (Società Italiana Musica Contemporanea), dell’AERCO (Associazione Emiliano Romagnola Cori), dell’Associazione Nuova Consonanza di Roma e di Agenda Produzioni di Bologna. Delle ventisette partiture arrivate alla scadenza del bando la Giuria, composta da Mauro Cardi (Presidente), Barbara Rettagliati, Lamberto Lugli, Gian Paolo Salbego e Daniele Venturi, era pervenuta a una prima selezione e quindi ad ammettere alla fase finale i compositori e le composizioni di Valeriano Borsotti di Monza con ‘Lacerti’, Giuseppe Gammino di Palermo con ‘Odio gli indifferenti’, Andrei Popescu di Bucarest con ‘La Torre di Chia’, Furio Rutigliano di Foggia con ‘Ebbra di dissonanze’, Marco Visconti Prasca di Bologna con ‘Rosae ad rosam’, Andrea Biagioli di Roma con ‘Stabat Mater’, Girolamo Deraco di Lucca con ‘Parole corsare’, Leonardo Monopoli di Frascati con ‘Il principe-schiavo alla regina Margiana’. Le composizioni della sezione A (cameristica) sono state
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eseguite da eccellenti interpreti che hanno suonato e cantato brani tutt’altro che facili; si sono pertanto esibiti come solisti o in differenti formazioni Kyoko Hattori, soprano, Anna Mancini, flauto traverso, Eugenio Palumbo, mandolini, Roberto Guarnieri, chitarra, Mirko Ferrarini, fisarmonica e Ilaria Cavalca, pianoforte. Le composizioni della sezione B (coro amatoriale) sono state eseguite dal Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna diretto dal Maestro Daniele Sconosciuto. Sono state molto apprezzate le esecuzioni da parte della giuria e dei compositori che hanno potuto ascoltare le proprie opere cantate per la prima volta pubblicamente. Il Coro Giovanile dell’EmiliaRomagna ha poi proseguito nella sua performance eseguendo per il pubblico presente in sala e visibilmente emozionato, brani del proprio repertorio di compositori viventi (non in concorso) fra cui Ivo Antognini, Stefan Claas, Sigurdur Saervasson e Romuald Twardowski.
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IL CONCORSO PASOLINI
‘In memoriam’ di Urmas Sisask
“L’universo è stato creato, con amore, 13,7 miliardi di anni fa. Stelle, galassie, pianeti, comete e altri elementi cosmici, compreso noi, esistono felicemente in una grande armonia. Gli esseri umani sono stati concepiti per percepire l’amore. Il pianeta Terra è un magnete per la vita. Gli esseri umani nascono dalle stelle e diventano anch’essi stelle. Per questo non mi considero un compositore, ma piuttosto un trascrittore di musica.” (Urmas Sisask)
Il Centro Estone di Informazione Musicale (EMIC) scrive il seguente testo per ricordare Urmas: “Urmas Sisask ha iniziato i suoi studi di composizione alla Scuola Superiore di Musica di Tallinn con Anatoli Garshnek, René Eespere e Mati Kuulberg. Ha continuato nella classe di composizione di René Eespere al Conservatorio di Stato di Tallinn, dove si è diplomato nel 1985. L’opera di Urmas Sisask è ricca di stili e generi, e varia dalla musica sacra alle canzoni popolari e persino al rap. Sisask ha composto numerose opere per pianoforte, per coro di piccole e grandi dimensioni, musica da camera e opere orchestrali. Ha ottenuto un riconoscimento internazionale soprattutto per la sua musica corale. Sisask ha scritto inni, mottetti, oratori, cantate, messe e altre opere sacre. Una delle sue composizioni corali più amate è Gloria Patri per coro misto (1988) - ciclo di 24 inni a cappella. L’interesse di Sisask per l’astronomia è datato quanto la sua attività
di compositore: le sue prime opere di astro-musica sono state create già nell’infanzia (ciclo pianistico Cassiopea per bambini), quando gli capitò di improvvisare al pianoforte all’aperto, esplorando e ammirando il cielo stellato. Da allora, l’astronomia è stata la sua principale fonte di ispirazione. Oltre all’astronomia, i lavori di Sisask sono stati influenzati dall’interesse del compositore per le culture sciamaniche e per i canti runo-estoni. Urmas Sisask è stato insignito del Premio Culturale della Repubblica di Estonia (1990), dell’Ordine della Stella Bianca (Quarta Classe) (2001), dell’Ordine Armoriale della Contea di Järvamaa (2001), della Croce di Servizio Speciale delle Forze di Difesa Estoni (2004), ha ottenuto un Borsa di studio per la musica corale estone di Veljo Tormis (2007) e un Premio annuale della cultura nazionale estone dell’Unione Pro Patria e Res Publica (IRL) (2009), il titolo di musicista dell’anno della Radio estone (2010), il Premio annuale del Fondo per la cultura dell’Estonia (2010) e il Premio musicale del Consiglio musicale estone (2020).”
Su una nota più personale, sono stato profondamente onorato quando Urmas mi ha contattato nel novembre 2019 chiedendomi se il St. Jacobs Chamber Choir fosse interessato a commissionare il Gloria Patri II. Questo nuovo
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Notizie
DI GARY GRADEN
Direttore di Coro, Cantante e Didatta
lavoro sarebbe stato dedicato non ai pianeti, come nel caso del Gloria Patri, ma a 24 stelle della galassia. Urmas e io siamo amici fin dalla sua prima visita a Stoccolma nel 1989, quando il coro da camera Eesti-Projekt e la sua direttrice Anna-Lies Treimann visitarono la chiesa di St. Jacobs ed eseguirono il Gloria Patri appena composto. Siamo rimasti in contatto nel corso degli anni grazie alle mie numerose esecuzioni del Gloria Patri e di altre sue opere. Ho risposto alla richiesta di Urmas con un sonoro e immediato SÌ. Ci sono molti direttori e cori nel mondo che eseguono e apprezzano molto la musica di Urmas. Dal nostro primo incontro, non c’è stata quasi stagione in cui non abbia eseguito una o più delle sue composizioni, dal Gloria Patri alla sua bellissima ambientazione dei 12 canti di Maria op. 41, o ad altre sue opere corali, tra cui la Benedictio e la Vulgata op. 118, sia a Stoccolma che in tutto il mondo. La musica di Urmas Sisask è speciale e unica. Dà voce ai pianeti e alle stelle, agli eventi del nostro sistema solare e oltre. La sua musica ci invita ad alzare gli occhi sulla nostra galassia e su tutto l’universo. Urmas era un astronomo la cui musica si basa sulle relazioni numeriche dei corpi celesti e sulle altezze. In Gloria Patri I scopre una correlazione matematica tra la frequenza di una determinata tonalità e la rotazione di ciascun pianeta intorno al sole. L’intera opera è composta utilizzando esattamente le stesse cinque tonalità. Questo, di per sé, è qualcosa di straordinario: una suite di 24 pezzi, novanta minuti di musica, che utilizza una stessa scala di cinque toni. Il testo latino è tratto dal Libro Cattolico delle Preghiere Comuni. In Gloria Patri II, finalmente completato nell’ottobre 2021, Urmas continua a guardare al cielo per la sua ispirazione, ma in questo caso sono le stelle che ritrae; ventiquattro stelle diverse, ognuna con il proprio mondo di espressione, colore, modus e centro tonale. Il testo di ogni stella è scritto dal pastore luterano estone Jaan Tammsalu, tradotto in latino dall’originale estone.
In merito al Gloria Patri II, Urmas scrive: Questi 24 canti non sono musica spirituale basata su Gesù, ma sulla scienza. L’intera opera si basa su 24 stelle celesti selezionate attorno alle quali ruotano i pianeti extrasolari (esopianeti). Oltre ai pianeti come Giove o Mercurio, ci sono anche pianeti simili alla Terra, abitabili e verdi, che orbitano intorno alle loro stelle madri. I periodi orbitali di tutti questi pianeti sono stati convertiti in altezze fisse. Questo è lo schema sonoro dell’intera opera. E quanto può essere ricco il paesaggio musicale dell’universo! Vorrei ringraziare Jaan Tammsalu, che ha scritto questi testi spirituali e anche Marju Riisikamp, che ha tradotto questi grandi testi in latino. E infine - sono orgoglioso di aver dimostrato - anche a me stesso - attraverso la musica
che noi, abitanti della Terra, non siamo gli unici esseri che osservano l’Universo e lodano Dio. Urmas Sisask
Dei suoi testi Jaan Tammsalu scrive: Il compositore Urmas Sisask mi ha chiesto di scrivere i testi per il suo lavoro e mi ha descritto quali stelle e tutto il resto avrebbe voluto inserire nella sua musica. Lo ho fatto in modo molto chiaro e io ho cercato di memorizzare la sua descrizione. Poi, durante le mie vacanze estive a Saaremaa, ho iniziato a scrivere i testi. Quando, di notte, si guarda il cielo a Saaremaa, questo è più limpido che nelle grandi città. Quindi il tempo e il posto erano favorevoli per questa creazione. Tale luogo è anche molto vicino alla Svezia. Ringrazio il compositore per il grande onore di essere il suo co-creatore. Una benedizione agli esecutori, anche loro co-creatori di quest’opera!
Urmas Sisask è morto il 17 dicembre 2022, esattamente cinque settimane dopo la prima esecuzione del suo ultimo lavoro corale. Aveva 62 anni. Ora è un tutt’uno con le stelle, l’universo e Dio. I toccanti testi di Jaan Tammsalu e del Gloria Patri II catturano la meraviglia, l’umiltà, la devozione e la gratitudine con cui Urmas Sisask vedeva e interpretava il mondo.
Il testo della prima stella recita: Incredibili suoni luminosi!
Il creatore dell’universo ha creato più di quanto si possa comprendere.
Rimango affascinato, senza dire una parola, solo un enorme silenzio grato dentro di me.
Le parole confonderebbero.
Taccio affascinato, chiedendomi di condividere questo miracolo.
E desidero che altri si rendano conto, sentano, si stupiscano. Mi trovo nell’incanto della creazione del Creatore.
Come in un preannuncio della sua vita e della sua troppo precoce scomparsa, Urmas trova pace, gratitudine e grazia nella stella numero 24:
Grazie, Creatore dell’Universo!
Hai detto che il mio tempo in questa Terra è finito. Questo è ciò che hai detto di Te e di noi.
È strano che non provi tristezza quando sento questo.
Ho visto molte stelle, ho potuto meravigliarmi e ammirarle. So che Tu non hai confini nella tua grande e calda mano. Chiudo gli occhi e mi emoziono perché so che presto potrò vedere, ascoltare e percepire qualcosa di meraviglioso!
Nella tua Terra, Padre.
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God so loved the world
DI PIETRO MAGNANI
Compositore e Cantore
Ho iniziato a studiare composizione grazie al M° Giacomo Monica, all’epoca mio insegnante di violino al Conservatorio di Parma: accorgendosi che passavo più tempo sulla scrittura che sullo strumento, mi ha indirizzato verso il M° Luca Tessadrelli, ancora oggi docente nello stesso Conservatorio, che è diventato mio maestro e con cui mi sono diplomato. Ho iniziato poi ad appassionarmi al canto corale grazie al M° Ugo Rolli che, da insegnante al Liceo musicale di Parma, mi ha accolto nel suo Coro Paer, dove canto tuttora; nello stesso coro, per merito di Oreste Schiaffino, è avvenuto l’incontro con il Canto gregoriano, prima nella pratica e poi anche nella teoria grazie ai corsi A.I.S.C.Gre. (Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano). Queste persone hanno creato le basi della mia formazione e le radici da cui partono i miei principali interessi musicali, che continuo ad approfondire. Canto gregoriano e polifonia vocale, soprattutto ante-1750, hanno un ruolo importante nella mia attuale scrittura. Frequentando l’ antico in diverse sue forme, ho rubato da lui – o meglio: da loro – stili e stilemi, forme e formule, simboli nascosti o evidenti. A volte è più una maniera, un modo naif per rispondere a uno stimolo; a volte invece è parte più integrata nel linguaggio. Senza essere né un purista né un osservante esclusivo, seguo con interesse la scuola che vede nel riproporre elementi storici, sia in modo rigoroso che rinnovato, un compiuto mezzo espressivo e non solo un esercizio. Ogni stile, come ogni lingua, può avere un proprio suono e può far passare un messaggio distinto e distintivo: quasi come figure retoriche, a stili diversi, affetti diversi. Rispondendo con piacere all’invito della redazione di FarCoro, che ringrazio, ho scelto di pubblicare un semplice brano ispirato alla polifonia vocale sacra d’oltremanica, in concomitanza con
l’anniversario del quattrocentesimo anno dalla morte di William Byrd. God so Loved the World (2020) nasce come omaggio agli anthem inglesi. Il passo del Vangelo di Giovanni (Gv 3,16) – di cui si è scelta, per coerenza con l’omaggio, la versione inglese della King’s James Bible – è stato musicato con una scrittura semplice e piana. Le due sezioni contrapposte, la prima più omoritmica, la seconda in imitazione non severa, seguono la naturale struttura del testo; a una breve coda, che è in realtà la parte più importante del brano, sono affidate le parole conclusive. Alcune armonie sono ricavate dallo stile corale oggi più in voga e inserite in un’impostazione generale più tradizionale. Il brano non chiede slanci, ma solo qualche apertura ben calibrata, una consapevole sobrietà e un buon legato. In partitura sono indicate solo agogiche e dinamiche essenziali: il non-scritto è sottinteso o deve essere trovato. Il resto vien da sé.
SCHEDA TECNICA
Anno di composizione: 2020
Organico: SATB / ATTB (se l’estensione è troppo grave, si può trasportare il brano da uno a due toni più in alto; mantenendo il tono originale, si può cantare anche con organico ATTB, o a voci maschili con falsetti per la parte acuta)
Durata: 2’30’’ ca.
Prima esecuzione: Parma, Chiesa di San Vitale, 12 giugno 2022, Coro Paer, dir. Ugo Rolli. Prima pubblicazione.
64 | AERCO Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna
Repertorio
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Si è diplomato in Composizione (progr. sperimentale) al Conservatorio di musica “A. Boito” di Parma con Luca Tessadrelli e ha frequentato corsi di perfezionamento con Azio Corghi e Mauro Bonifacio (Accademia Filarmonica di Bologna) e Luis Bacalov (musica per il cinema, Accademia Chigiana di Musica di Siena). Sue composizioni sono state premiate al 1° Concorso Internazionale di composizione di musica sacra “David Maria Turoldo” (Rovato, 2012, 2° premio), al 3° Concorso Internazionale di composizione di musica sacra “Papa Benedetto XVI” (Roma, 2015, 1° premio), al Concorso Internazionale di composizione “Ettore Pozzoli” (Seregno, 2015, 3° premio e.a.). Ha studiato Canto gregoriano presso i corsi dell’Associazione Internazionale Studi di Canto
Coristi
Gregoriano (Venezia, Arco, Cremona) e presso la Scuola universitaria della Svizzera italiana (Lugano), seguendo inoltre seminari e corsi di approfondimento. È tra i curatori, con Giovanni Conti e Riccardo Zoia, di Ite ad Joseph. Liber cantualis de patriarcha patrono ecclesiae universalis (2021, Isotta Conti éditions). Una parte fondamentale della formazione giunge dalla pratica in cori e scholae, sotto la guida di Giovanni Conti (Ensemble More Antiquo, Lugano), Giacomo Monica (Coro Montecastello), Ugo Rolli (Coro Paer), Oreste Schiaffino (Schola gregoriana del Coro Paer) così come con il Coro Giovanile dell’Emilia-Romagna e con altri maestri. Ha inoltre studiato Lettere presso l’Università di Bologna.
Pietro Magnani (*1994)
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Pietro Magnani - Foto di Marcello Romani
Il Festival Corale CORINFESTA nasce nel 2015 per iniziativa della Fondazione C. G. Andreoli di Mirandola (MO). Fin da subito si è articolato in due giornate che si tengono nel modernissimo Auditorium Levi Montalcini a Mirandola: una primaverile dedicata ai cori scolastici, l’altra autunnale dedicata ai cori artistici.
A partire dal 2017 la Fondazione Andreoli ha sottoscritto una partnership con AERCO ampliando il Festival con il Concorso Internazionale di Composizione i cui brani vincitori vengono inclusi nei repertori delle serate del Festival Corale, durante le quali avvengono le premiére dei brani stessi.
Direzione Artistica: Andrea Angelini
Luca Buzzavi
Iscriviti all’edizione 2023
Entro il 30/06/2023
Scopri di più:
Festival e Concorso www.corinfesta.it
Concorso
Coro Regionale dell’Emilia-Romagna
DI ILARIA POLDI
Direttrice di
Coro, Docente di Formazione Corale
al Conservatorio Statale di Musica Arrigo Boito di Parma, preparatrice del Coro Regionale dell’EmiliaRomagna
Quella che sto per raccontare è la visione privilegiata di un’esperienza musicale importante che ho avuto il piacere di condividere con tanti appassionati musicisti lo scorso autunno: la nascita del Coro Regionale AERCO che ho avuto l’onore di preparare per il “Concerto del
Ringraziamento” il 7 dicembre 2022 presso la Chiesa di Santa Cristina della Fondazza a Bologna.
Ripensandoci...
Non posso fare a meno di pensare che il Coro Regionale sia stato, e potrà essere per molti cantori il superamento della linea d’ombra, il passaggio a un’esperienza musicale adulta, vissuta in pienezza e consapevolezza, la possibilità
in corso
Lavori
84 | LAVORI IN CORSO
di cimentarsi in repertori diversi da quelli praticati con il proprio coro di provenienza. Tutto questo in un ambiente in cui si conoscono altre persone che condividono una passione, ma anche in cui tutti, a cominciare dal direttore, hanno il coraggio di mettersi in gioco per raggiungere un obiettivo. Credo che cantare per anni un repertorio consolidato nello stesso gruppo, con gli stessi cantori, con lo stesso direttore crei certamente un senso di appartenenza e di sicurezza. Credo anche, però, che sia fondamentale cercare di ampliare i propri orizzonti, senza la paura di inciampare, perché da ogni caduta si impara a rialzarsi e a proseguire il cammino.
Il progetto
Il coro Regionale, fortemente voluto da AERCO, nasce sul finire di settembre 2022. Un’idea semplice nei contenuti, ma di complessa realizzazione: la creazione dal nulla di una nuova compagine corale che si concentrasse sullo studio e l’esecuzione di un repertorio in poche prove, composta da volenterosi cantori proveniente da tutta la regione.
Dopo qualche settimana dalla pubblicazione del bando, circa cinquanta persone di età, cultura e sensibilità diverse hanno risposto alla chiamata. I componenti del nuovo gruppo avevano esperienze corali molteplici, conoscenze musicali differenti, la formazione vocale non omogenea.
La scatola di montaggio
La prima grande, difficile decisione è stata la scelta a priori delle partiture da eseguire. Il corale finale della Cantata BWV 147 di J. S. Bach era un bis perfetto, ma mancava il brano principale. Ho pensato non dovesse essere una composizione troppo conosciuta, che presentasse difficoltà accettabili, ma che al contempo mettesse in luce diverse peculiarità nella scrittura musicale e, da ultimo, mi conquistasse con la sua bellezza. Fissati gli obiettivi, è cominciato un paziente lavoro di ricerca e selezione di numerose partiture. Lo “Utrecht Jubilate” HWV 279 di G. F. Haendel alla fine è risultato il candidato perfetto. La dedica del brano era potenzialmente beneaugurante nell’ottica degli accadimenti dell’ultimo anno. Era stato
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eseguito insieme al “Te Deum” per la prima volta nella Cattedrale di St. Paul a Londra per sancire il trattato di Utrecht del 1713 che poneva la fine a un lungo conflitto durato oltre una decina d’anni in Europa. La composizione ha una durata pertinente a un gruppo che si sarebbe incontrato per la prima volta, quindi plasmabile nel dettaglio di una concertazione attenta. Il testo del Salmo 100, gioioso e festante, ricolmo del rendimento di grazie verso un Dio benigno e generoso, è messo in musica da Haendel nella versione del “Common book of prayer”, ed è articolato in sezioni stilisticamente ben differenziate. I fugati intricati si alternano a pagine commoventi divise tra soli e coro, e i corali sereni a momenti di agilità quasi strumentale, come nella fuga finale. In questo brano il coro non è marginale, ma anzi ha modo di esprime a pieno tutte le caratteristiche della scrittura del compositore. Altro elemento non trascurabile è che la lingua inglese è patrimonio condiviso da molti cantori, che la leggono con tranquillità.
Istruzioni d’uso
Due incontri on-line sono stati preliminari alle prove in presenza. Partitura alla mano, ogni cantore ha avuto le istruzioni per approcciarsi allo studio in autonomia, con qualche consiglio sulle parti più rischiose e il suggerimento di alcuni esercizi di vocalità atti a risvegliare l’agilità e la nitidezza nell’emissione che questo repertorio necessità.
Le due sessioni di studio, a distanza di circa un mese l’una dall’altra, sono cominciate con un lungo riscaldamento delle voci. I vocalizzi e i “gesti vocali” che normalmente utilizzo, erano mirati al raggiungimento di una emissione e di un suono quanto più possibile omogenei. La ricerca continua di un “colore vocale” distintivo credo sia alla base della qualità di una buona compagine corale. Da subito l’atmosfera è stata distesa, amichevole e molto serena. La maggioranza dei cantori è arrivato con un’ottima preparazione che ha permesso di includere anche i meno sicuri. Insieme abbiamo costruito il contrappunto con tenace chiarezza, differenziando il più possibile i piani sonori all’interno della partitura, che via via diventava sempre più nitida a chi la cantava. È stato un lavoro di cesello, sempre inframezzato da momenti di relax e continuo dialogo tra la direzione e le sezioni. Il clima di naturale cordialità e fattiva collaborazione ha permesso un lavoro instancabile molto appagante per tutti. Ho sempre incoraggiato a superare le incertezze e gli inciampi, sicura che la profonda motivazione e l’attenzione ai consigli dati avrebbe portato i frutti desiderati.
Il traguardo
Con grande soddisfazione del coro, entusiasta nonostante la stanchezza della giornata, il concerto del 7 dicembre 2022 ha segnato l’arrivo di un percorso durato due mesi. Sotto la direzione sapiente e attenta del M° Giulio Prandi
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alla guida per l’occasione dell’Orchestra Sinfonica d’Este e dei solisti Elena Biscuola (contralto), Ilaria Ribezzi (mezzosoprano) e Federico Sacchi (basso), si è tenuto il “Concerto del Ringraziamento” in favore della LILT. Il pubblico che ha assiepato la chiesa della Fondazza ha risposto con sincera partecipazione ed entusiasmo. Ho visto concretizzarsi finalmente tutto il lavoro profuso nei mesi precedenti.
Ringraziamenti
In questo breve e intenso viaggio ho avuto al mio fianco il M° Luciano D’Orazio, paziente e bravissimo strumentista a tasto. Non posso citare i nomi di tutti i colleghi direttori che hanno cantato nel coro e nemmeno ogni singolo corista, dei quali ricordo i visi e gli occhi e gli abbracci alla fine del concerto e ogni volta che ci si incontra in regione per qualche bella iniziativa musicale.
Ringrazio Mirco Tugnolo, Direttore generale di AERCO, grazie al quale ogni aspetto organizzativo è stato perfetto. Ringrazio infine la Commissione artistica di AERCO, con il suo Presidente M° Gianluigi Giacomoni, e il suo Presidente dell’Associazione M° Andrea Angelini, che hanno rinnovato la fiducia nel mio lavoro, riconfermandomi per quest’anno alla guida del CRER: mentre scrivo queste poche righe è in corso un nuovo progetto.
Ilaria Poldi
www.cororegionaledellemiliaromagna.it | 87 CORO REGIONALE DELL’EMILIA-ROMAGNA
AERCO supporta i giovani nello sviluppo della loro formazione corale-musicale e sociale al fine di preservare le tradizioni e, allo stesso tempo, di affrontare nuovi repertori. Il Coro Giovanile dell’Emilia Romagna, nato nel febbraio 2017 per volontà di AERCO, è composto da coristi provenienti dal territorio regionale di età compresa tra i 18 e i 35 anni.
www.corogiovaniledellemiliaromagna.it
23-27 marzo 2024 | Lucca, Italia Concorso Corale Internazionale
interkultur.com/lucca2024
VOX LUCENSIS
Con il patrocinio di:
PARMA, 24-26 NOVEMBRE 2023