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LUXURY E-COMMERCE Pedine schierate per il risiko digitale: è sfida tra titani

SCENARI IN EVOLUZIONE

Luxury e-player in gara

Amazon scende in campo

Pedine schierate per il risiko del lusso digitale: è sfida fra titani

Lo sbarco di Amazon nel segmento luxury e la triplice alleanza fra Alibaba, Richemont e Artemis per sostenere Farfetch cambiano gli equilibri sullo scacchiere mondiale. Chi vincerà la partita? Quali e-tailer hanno il physique du rôle per competere?

DI ANGELA TOVAZZI

Quando, nel 2016, Jeff Bezos annunciò che sarebbe entrato nel food con il mega-deal di Whole Foods l’effetto fu quello di un terremoto, con onde sismiche in procinto di propagarsi su tutto l’ecosistema del retail grocery. A distanza di qualche anno, in occasione del lancio dei suoi primi Luxury Store, la notizia bomba dell’irruzione del colosso high-tech nel club elitario dei fashion e-tailer del lusso invece che esplodere è implosa. Depotenziata, quasi snobbata dagli attori del comparto. Strategia dello struzzo? È vero: la mossa del magnate ha ancora i contorni di un tentativo. Il servizio è disponibile per il momento solo negli Usa, aperto su invito a selezionati utenti Prime, e ad aderire sono stati poco più di una dozzina di brand di fascia alta come Oscar de la Renta (il primo a crederci), Altuzarra, Roland Mouret, La Perla e Car Shoe del Gruppo Prada. All’appello mancano gli high-end brand, quelli imprescindibili per poter parlare di un circuito del lusso. Monsieur Bernard Arnault aveva gelato Bezos già a inizio 2020: di sbarcare su Amazon non se parla, aveva sentenziato il numero uno di Lvmh, adducendo come freno la preoccupazione sui falsi, anche se appare evidente che le motivazioni principali erano altre, in primis il dover abdicare al controllo sui propri brand, che entre-

La campagna di Oscar de la Renta per il debutto su Amazon con Cara Delevingne. Nei suoi Luxury Store Jeff Bezos punta su un’experience top level: una “View in 360” permette di osservare i capi da diverse angolazioni, indossati da modelle con taglie, morfologie e colore della pelle diversi

rebbero a far parte di ingranaggi mossi da un motore altrui. Eppure Bezos ha pensato anche a questo, puntando a convincere gli Amazon-scettici con il modello delle e-concession, che permette ai marchi di essere autonomi su assortimento, pricing e customer care, con il valore aggiunto dell’accesso ai servizi di stoccaggio e al network distributivo del gruppo. Insomma, sulla mappa la tattica di “guerra” è ben articolata, ma l’esercito non è ancora pronto. Difficile diventare una luxury destination se i detentori del lusso mondiale - a partire da Lvmh e Kering - non sposano il progetto. Il gigante online dovrà dunque ridimensionare le proprie velleità o avere solo pazienza? E soprattutto: i digital player della moda, realtà affermate come Farfetch, Yoox Net-A-Porter e MyTheresa devono preoccuparsi? L’arena dei luxury marketplace è già affollata e la competizione agguerritissima, nonostante l’accelerata dell’e-commerce durante il lockdown. I ricavi sfondano nuovi record e si allargano le user base, ma la redditività lascia a desiderare, erosa da poderosi investimenti (vedi il mega merger di Ngg da parte di José Neves) e costi onerosi, per essere sempre più competitivi sul fronte di consegne e logistica. L’arrivo di uno schiacciasassi come Amazon,

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tra l’altro in un momento cruciale come quello della pandemia, potrebbe incidere sulla partita? «Attenzione - avverte Carlo Torrani, esperto del digital con un passato da Missoni e ora in forze da Fornasetti -. Amazon non è un mero retailer, ma un gigante dei servizi. Ha così tante energie, risorse e know how in fatto di dati, traffico e customer service che può permettersi anche di uscire dal suo orto». Del resto, un percorso analogo è quello già tracciato in Cina da Alibaba e i suoi T-Mall, che sono ormai diventati la testa di ponte per entrare nel mercato asiatico e tutti gli ecosistemi sono sotto il suo cappello, oppure quello del rivale JD.Com. Anche per Gionata Galdenzi, senior manager e-commerce del gruppo Aeffe, non è il caso di prenderla sotto gamba: «Oltre a essere un colosso tecnologico - spiega - Amazon è un maestro nel servizio, plus che gli ha permesso di crescere negli anni, acquisendo tantissime informazioni sui consumatori. Basti pensare che in Italia conta 27 milioni di account». «Finché i brand del lusso resisteranno - osserva - Bezos sarà fuori dai giochi, ma non appena le prime griffe sdoganeranno questa alleanza, cambieranno le carte in tavola». Certo, il colosso di Seattle, nonostante sia una superpotenza, non troverà la strada spianata: «L’impostazione di Amazon sem-

bra quella giusta - interviene Luca Solca - ma per ora manca la massa critica dei marchi aderenti. In futuro potrà avere un ruolo solo se riuscirà a tranquillizzare i brand sulla sua volontà di lasciare loro le leve del prezzo e della promozione». Anche per l’analista di Bernstein l’esempio del Dragone rappresenta una sorta di paradigma: «In Cina i giganti di Internet - dichiara - hanno un ruolo fondamentale e si erigono a partner di ultima istanza per gli stessi Ynap e Farfetch». Allora, assumendo l’ipotesi che Amazon riesca a

Il futuro si gioca sulla relazione con i clienti e sulla capacità di differenziarsi, per non competere solo sul prezzo

espugnare la torre eburnea del lusso, chi potrà mettere i bastoni tra le ruote alla sua avanzata tentacolare? La creatura di José Neves, che aggrega più di 700 boutique indipendenti e oltre 3mila brand, è a detta degli esperti da noi interpellati l’avversario più dinamico. Dopo aver stupito (e all’inizio anche disorientato) il mercato, sborsando 675 milioni di dollari per portarsi in casa i marchi streetwear di Ngg, nell’ultimo trimestre - an-

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che se le perdite continuano a lievitare, passando da 95 a 436 milioni di dollari - i ricavi hanno fatto scintille, con un +74% a 365 milioni di dollari e la previsione di tornare alla redditività nel 2021. «Dopo l’acquisizione dell’agosto 2019 Neves fu ricoperto di critiche, ma guardate dove è adesso - commenta Torrani -. Farfetch non è criticabile e dalla sua ha un modello cross-channel vincente, che ha rivoluzionato il mercato». Con altri, importanti punti di forza: è agile e scattante (si è preparato all’avanzata in Cina prima di altri, in tandem con JD.Com e assorbendo la piattaforma di luxury shopping Toplife, come ricorda Torrani) e ha il vantaggio di non avere la «zavorra degli stock, essendo un aggregatore virtuale di una community», evidenzia Galdenzi. Conta inoltre migliaia di inventory point in più di 50 nazioni, con prodotti che vengono spediti ai clienti finali da 190 Paesi, tanto da vantare «un’offerta locale e multiculturale, non standardizzata, altrimenti introvabile per i consumatori», aggiunge Erica Corbellini, docente Sda Bocconi di Management of Fashion Companies. A rinforzare la piattaforma inglese potrebbe essere anche l’annuncio - arrivato mentre stiamo andando in stampa - dell’alleanza fra tre corazzate come Alibaba, Richemont (parent company di Ynap, principale

1. Un outfit di Louis Vuitton, uno dei marchi di punta della corazzata Lvmh. Il numero uno del gruppo, Bernard Arnault, finora non ha ceduto alle lusinghe di Jeff Bezos 2. Un’immagine di Farfetch: Alibaba, Richemont e Artemis (della famiglia Pinault) hanno annunciato l’investimento di 1,15 miliardi di dollari nella capogruppo e nella sua filiale cinese 3. Il digital show di Moschino per la primavera-estate 2021: la griffe di Aeffe è presente anche su Zalando 4. Tre proposte Car Shoe, uno dei marchi aderenti al progetto Luxury Store di Amazon 5. Lo stile Marcelo Burlon County of Milan, uno dei brand di Ngg, gruppo acquisito da Farfetch nel 2019

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concorrente di Neves) e Artemis (holding della famiglia Pinault, proprietaria di Kering), che hanno investito 1,15 miliardi di dollari nella capogruppo e nella filiale cinese di Farfetch, con la creazione di una jointventure in Cina. Una mossa strategica che potrebbe cambiare gli equilibri e le alleanze (come si muoverà Lvmh? E JD.Com?), proprio in un momento in cui Jeff Bezos sta muovendo le sue pedine nel lusso. E che dire di Ynap? Secondo Corbellini, Yoox resta un leader consolidato con l’arma di una gran-

Per gli e-tailer fondamentale sarà assorbire l’innovazione dei nuovi business model

dissima mole di dati, «che ha cominciato a fare da base - evidenzia - alla costruzione di collezioni ad hoc, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale», mentre Net-A-Porter è «il “Vogue” dei marketplace e la forza dei suoi contenuti editoriali ha i numeri per fare la differenza». Un altro da tenere d’occhio è Matchesfashion.com, che potrebbe cavalcare la carta vincente dello scouting e dell’apertura ai giovani talenti, e

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interessante sarà vedere il ruolo giocato da LuisaViaRoma, e-tailer di casa nostra dalle dimensioni più contenute (180 milioni di euro i ricavi stimati nel 2020, rispetto ai 166 del 2019, quando le perdite a livello di ebitda erano di 16 milioni), ma seguitissimo a livello internazionale, che secondo rumour sarebbe prossimo alla vendita. Una grande osservata speciale è invece la tedesca MyTheresa, che durante il lockdown ha dato prova di grande resilienza e dinamismo, arrivando ad archiviare l’esercizio fiscale 2020 (terminato a giugno) con un giro d’affari record, 450 milioni di dollari, in crescita del 20%. «Hanno investito tantissimo sul rapporto one-toone con i clienti, sul Crm, sull’experience - sottolinea Carlo Torrani -. Ecco l’unica arma per difendersi da Amazon, che del servizio ha fatto il proprio cavallo di battaglia. La sfida in futuro si giocherà tutta sulla relazione». Ma anche investendo sulla propria specificità e ritagliandosi un’identità ben precisa, come suggerisce Luca Solca: «Le piattaforme dovranno differenziarsi, per non competere solo sul prezzo. Credo che il tentativo di Farfetch di diventare un punto di riferimento per lo streetwear, ad esempio, sia intelligente e vada nella giusta direzione. Anche se è costato mol-

BERLINO LANCIA LA SFIDA Anche Zalando preme ai confini del lusso e mette il turbo al Connected Retail

Dagli headquarters di Berlino l’annuncio era arrivato già all’inizio di quest’anno: «Ci stiamo concentrando sulla categoria premium e sull’espansione verso le categorie advanced contemporary e lusso: un impegno che durerà per tutto il 2020». E così è stato: anche Zalando sta premendo per accaparrarsi una fetta di quella torta destinata a resistere ai morsi del coronavirus (Bain & Company prevede che un un terzo delle vendite luxury nei prossimi due anni verrà proprio dall’e-commerce) e fa una promessa: triplicare le vendite di questo segmento entro il 2023. Non solo. Entro il 2021 la piattaforma tedesca intende portare anche in Italia il suo programma Connected Retail, attraverso cui i negozi fisici possono collegare il proprio magazzino all’e-tailer, riecheggiando proprio la fortunata formula di Farfetch. A oggi gli store connessi sono 2mila, ma da Zalando sono ambiziosi: l’obiettivo è triplicare il numero entro il prossimo anno (Sotto, il management board di Zalando).

to». Non solo. La pandemia, considerata a tutti gli effetti un acceleratore di dinamiche già preesistenti, ha dato ulteriore corpo a forze disruptive che veicolano modelli alternativi: pensiamo all’economia circolare, al second hand, al riciclo, al noleggio. Il futuro per i markeplace - Amazon compreso - premierà l’elasticità e la lungimiranza nel voler assorbire queste onde rivoluzionarie, secondo Erica Corbellini: «Credo il successo dipenderà tutto dalla capacità di inglobare l’innovazione dei nuovi business model, lasciandosi guidare dalle richieste del consumatore. Si tratta di sperimentare: e queste piattaforme hanno il peso specifico per farlo, più dei singoli brand». ■

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