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INNOVAZIONE
from FASHION N 8 2020
METTERSI IN GIOCO AI TEMPI DEL COVID
Dal fashiontech al tessile smart
Le novità e il parere dei consulenti
Vendite, customer experience, marketing: la moda ha fame di tecnologia
Il settore stava già vivendo una trasformazione ma è arrivata la crisi post Covid, che obbliga a rivedere continuamente i piani. Allo stesso tempo l’innovazione tecnologica galoppa e proprio la pandemia sta facendo comprendere come possa fare la differenza. La vera sfida, sono gli investimenti in R&D: inutili però se “one shot”
DI ELISABETTA FABBRI
Secondo alcuni studi, quasi un terzo delle lesioni da incidente in moto riguarda le gambe. Questo deve avere acceso una lampadina alla Airbag Inside Sweden, airbag & clothing company di Göteborg, che l’ha portata all’invenzione degli Airbag Jeans. Brevettati nel 2019, in collaborazione con partner anche italiani, questi jeans protettivi hanno appena ottenuto 150mila euro di sostegni grazie a SmartX, acceleratore sostenuto da fondi Ue per supportare il tessile smart, che conta tra i partner Po.in. tex, il polo dell’innovazione tessile gestito da Città Studi Biella. Il piano ambizioso è di finanziare in un triennio oltre 40 progetti, potendo disporre di una dotazione di 2,4 milioni di euro. Alla prima call, con gli Airbag Jeans sono state finanziate altre otto innovazioni, tra cui Bodee, dell’italiana Comftech: un “amico invisibile” che si applica alle tutine per il monitoraggio dei neonati a casa, ma anche negli ospedali, nei primi giorni di vita. Sweat Monitoring è invece una T-shirt proposta da un pool italo-belga per l’ambito sportivo, che rileva in tempo reale la perdita di sali, grazie a un biosensore nelle fibre tessili. Dynaback Tshirt è un’idea bulgaro-tedesca per un indumento che, identificando e limitando i movimenti scorretti della colonna vertebrale, aiuta a prevenire mal di schiena e malattie muscolo-scheletriche. Che ci sia un fermento attorno all’innovazione tecnologica per l’industria della moda lo attestano anche i numeri del Demo Day virtuale focalizzato sul fashiontech, realizzato in maggio dall’acceleratore multi-corporate di startup Startupbootcamp. Vi hanno partecipato oltre 150 mentor e 200 esperti di innovazione, al fianco delle aziende supporter, tra cui Prada. Sotto la lente le invenzioni di 10 team, selezionati tra più di 1.200, come per esempio Bigthinx, che con un proprio software riesce a realizzare una scansione del corpo in 3D, partendo da un paio di foto scattate con lo smartphone. Così prende 44 misure precise, con un’accuratezza superiore al 95%: il tool perfetto per la moda “su misura” a distanza. Gfaive,
con base in Georgia, formula invece previsioni per il retail con le tecnologie Machine Learning. L’irlandese Skmmp ha realizzato una showroom virtuale che utilizzare l’Intelligenza Artificiale vocale per processare le transazioni. Ma c’è pure il motore di ricerca olandese stylesearch.com, che sfrutta le tecnologie per il riconoscimento di un’immagine e che facilita gli utenti, con un algoritmo che combina lo stile personale
ai più recenti fashion trend. L’app Viume fa trovare l’outfit più adatto, a seconda delle occasioni, grazie a un’intelligenza artificiale “assistente”, che combina human expertise e machine learning. L’americana Obsess fornisce soluzioni per l’e-commerce esperienziale basate sulla realtà aumentata e virtuale. La startup olandese Renoon aggrega le proposte fashion sostenibili, suddividendole in categorie (usato, etico, vegan, organico): non è un e-commerce,
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ma reindirizza l’utente dove può finalizzare l’acquisto. I marchi sostenibili si possono invece acquistare su Staiy.com, che fa la selezione basandosi su parametri come acqua, aria, materiali, condizioni di lavoro e commitment. Ma questi progetti, che chance hanno di attrarre capitali? Più in generale, le recenti invenzioni nel fashion rispondono alle esigenze delle aziende? «Attualmente ci sono tante startup e si assiste a molta innovazione nella moda, specie negli ambiti vendite digitali, customer experience e marketing - risponde Stefano Vittucci, partner EY, responsabile Retail & Consumer products sector leader in Italia -. Si nota anche una maggiore apertura fra gli imprenditori: hanno più voglia di capire gli abilitatori e gli acceleratori». Il problema (o forse l’opportunità) è che mentre la fashion industry stava vivendo un importante momento di disruption è arrivata la crisi finanziaria provocata dalla pandemia. «Questo - spiega Vittucci - rischia di far venir meno le risorse interne destinate agli investimenti nella trasformazione e di creare difficoltà al management, in termini di focus. L’orientamento alla trasformazione, già partito in alcune realtà, potrebbe essere rallentato dal
1. Gli Airbag Jeans: ideati da un pool capitanato dall’azienda airbag Inside Sweden, hanno raccolto 150 mila euro, grazie all’acceleratore europeo SmartX 2. Bodee è un progetto per monitorare i bébé fino a 9 mesi 3. La Dynaback T-shirt identifica i movimenti scorretti della colonna vertebrale 4. Staiy.com vende online marchi sostenibili
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fatto che i manager devono dedicarsi alla gestione dell’emergenza. È fondamentale occuparsi della reimpostazione della struttura esistente, pensando a come interfacciarsi con questo nuovo mondo, per tanti non più un “new normal” bensì il “never normal”. L’interazione tra fisico e digitale sta diventando una priorità come quella di accelerare al massimo l’e-commerce, anche attraverso la penetrazione dei vari market place oggi disponibili». Inoltre, se tipicamente la moda faceva leva su marchio, prodotto e metri quadrati di presenza in location strategiche, ora i nuovi metri quadrati sono i database del Crm-Customer relationship management. «Per attivare flussi - precisa Vittucci - servono milioni di clienti nel database e bisogna arrivare a essere proprietari delle informazioni, cosa che non succede se si vende su piattaforme terze». «Si parla molto - aggiunge - di automazione, big data, algoritmi che permettono di ottimizzare la vita del prodotto nella verticale della produzione: dal magazzino allo scaffale, fino all’ultimo miglio, ma ci si può allargare comprendendo tutta la filiera del fashion». Si profilano inoltre più innovazione e investimenti in tema di predizione, specie se permette di essere efficienti a monte. «Disponendo di informazioni che arrivano dal cliente - dice l’esperto di EY - si può aiutare tutta la verticale. Ormai basta una campagna ben congegnata sui social, per testare il successo di una proposta sul mercato. Così un brand può decidere se realizzarla e a chi indirizzarla, prima ancora di metterla in produzione». C’è poi una forte attenzione a come cambiare le strategie di marketing e digital marketing, per conservare o creare fiducia nel brand, fidelizzare i consumatori e raggiungerne di nuovi come la generazione Z, ora che si è capita l’importanza di usare canali di comunicazione diversi. Tuttavia, nella messa a terra di una qualsiasi innovazione per la moda, una startup deve considerare «come navigare nell’organizzazione dell’azienda cliente, te-
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nendo presente che si va a inserire in una storia molto strutturata». Infatti, il rischio di execution è uno degli aspetti più critici di una possibile partnership, anche se le soluzioni proposte dagli innovatori sono valide ed economiche. Vittucci auspica inoltre una strategia integrata fra università, industria, finanza e settore pubblico: «Non possono essere mondi isolati». «Fino a una decina di anni fa moda e lusso quasi snobbavano l’innovazione tecnologica nel digitale: non ci credevano, prendevano le distanze dalle dinamiche Internet, pensando che non le rappresentassero, specie in termini di posizionamento», afferma Layla Pavone, consigliere delegato e chief innovation marketing & communication officer di Digital Magics, incubatore di
«Le tecnologie ci sono già, si tratta solo di riempirle di senso, rispondendo a esigenze precise»
progetti digitali, che fornisce servizi di consulenza e accelerazione a startup e imprese, quotato in Borsa. «Non avevano nemmeno la percezione chiara - prosegue - che il web fosse un riferimento, specie per le nuove generazioni. Quando hanno deciso di muoversi, lo hanno fatto al top, con grossi investimenti, nel tentativo di recuperare». Dall’osservatorio di Digital Magics, ora cavalcano il retail 4.0 nell’accezione più ampia del termine, comprese la produzione
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e le modalità di vendita. «L’impatto della pandemia sui consumi - osserva Pavone - ha fatto comprendere ancora di più il potenziale delle vendite online e di invenzioni come, per citarne una, il camerino virtuale, che permette di provare una proposta stando a casa propria». Il marketing si riconferma un altro filone dell’innovazione. «Il digitale ha rivoluzionato i target di riferimento: 15 anni fa solo Adidas, forse, avrebbe scelto come testimonial un trapper, mentre oggi le liaison di questo tipo con marchi del lusso si sprecano». «Il salto successivo - prosegue Pavone - è la sostenibilità, a cui si arriva con un uso serio dell’innovazione tecnologica, specie applicata ai materiali: così tanta sperimentazione come quella degli ultimi tempi non si era mai vista». Ora si parla anche di smart city, community, engagement e IoT. «Una frontiera non lontana - anticipa la manager di Digital Magics - è la contestualizzazione del capo di moda all’interno della città: si può concretizzare se l’abbigliamento integra dei sensori, che permettono di inviare o ricevere informazioni del luogo in cui ci si sta muovendo. La tecnologia c’è già, si tratta solo di riempirla di senso, rispondendo a esigenze precise, come quelle delle nuove generazioni, che si stanno dimostrano sensibili ai temi della moda responsabile». Secondo l’esperta, in questi sei mesi le imprese sono riuscite a capire come l’innovazione possa fare la differenza: «Il digitale è stato vissuto in modo più profondo rispetto al passato e la maggiore consapevolezza è stata supportata da investimenti, che tuttavia devono avere una continuità, non essere “one shot”. La vera partita si gioca lì: l’innovazione autentica accade quando l’azienda comincia a riallocare quote importanti alla voce Ricerca e Sviluppo del conto economico». Una società dovrebbe destinare almeno il 5% dei ricavi in ricerca e sviluppo, di anno in anno, in modo costante: «Può darsi che un anno sia da buttare ma si crea un circolo virtuoso e alla lunga il gioco è a somma positiva».
CON LA SCARPA PERSONALIZZATA IN 3D Ferragamo è sempre più tech friendly
Nella moda si fa sempre più sottile il confine tra reale e virtuale. A dimostralo arriva il nuovo progetto high tech di Salvatore Ferragamo, che ha deciso di arricchire l'esperienza d'acquisto con un nuovo servizio pensato per i clienti digitali, che permette di personalizzare le scarpe da uomo della linea Tramezza, riproducendole sullo schermo in formato 3D. Il servizio Tramezza made-to-order è utilizzabile in negozio oppure online e consente di scegliere il modello, il materiale, il colore, la fibbia e di personalizzare la suola: i passaggi di lavorazione e il risultato finale saranno visibili ad alta risoluzione in realtà aumentata. Per la realizzazione di questa esperienza, che fa convivere artigianalità e innovazione, la maison fiorentina si è affidata a Microsoft e al partner tecnologico Hevolus. La piattaforma digitale consente anche di avviare sessioni condivise di interazione: un client advisor, indossando gli occhiali olografici, può aiutare il cliente (sia che si trovi in negozio sia da remoto) a scegliere le scarpe e assisterlo nelle fasi di custumizzazione. « Il progetto TramezzaFuture Of Craft si inserisce all’interno del nostro percorso di digital transformation che sta già offrendo significativi benefici in diversi ambiti - ha dichiarato la ceo Micaela Le Divelec -:
IL DIVERTIMENTO MIGLIORA LE VENDITE Arriva Gucci Sneaker Garage, la piattaforma con le prime sneaker virtuali 3D
Si chiama Gucci Sneaker Garage la nuova piattaforma del brand riservata alla sneaker e interamente digitale. Una nuova sezione che si ispira all’immagine concepite», realizzate dal direttore creativo Alessandro Michele: le Gucci Virtual 25. Si tratta di «sneaker iper-realistiche che possono essere acquistate esclusivamente online, permettendo agli user di provarle e dialogare con il proprio avatar digitale, in un contesto di realtà aumentata e in ambienti virtuali. La casa di moda precisa che, per consolidare il link che Gucci ha sviluppato con le comunità di gaming, le Gucci Virtual 25 saranno disponibili anche su Aglet, dove verranno lanciate insieme a tutte le altre sneaker del brand e potranno essere indossate sulle piattaforme immersive Roblox e VRChat attraverso le modalità di gioco incluse nell'acquisto, oltre a contenuti aggiuntivi personalizzati.
Il client advisor può entrare nella stanza virtuale dell'acquirente indossando il computer olografico per aiutarlo a scegliere le scarpe dall’ottimizzazione del customer journey in ottica omnicanale a una migliore gestione degli spazi negli store fisici, dalla semplificazione delle modalità di acquisto a un miglior servizio di assistenza, fino a un aumento dei tassi di conversione». Per presentare il nuovo servizio la maison ha organizzato nei prossimi mesi eventi nei negozi di 24 città, da Milano a Londra e Parigi
del garage con un mix di storie, giochi e contenuti generati dagli utenti e le prime sneaker virtuali «mai fino a Hong Kong.
HUGO BOSS Pronta la prima collezione 100% digital. E nel 2022 l'80% dei capi sarà creato su base elettronica
Sarà parte della Pre-Fall 2021 e conterà in tutto 105 pezzi tra abbigliamento, calzature e accessori a marchio Boss Men: è con questa offerta che il gruppo Hugo Boss ha deciso di aprire al wholesale la vendita della sua prima collezione creata al 100% in digitale, destinata ad arrivare anche negli store della griffe, ma non prima di aprile del prossimo anno. Un processo nato e sviluppato digitalmente dagli schizzi alla selezione dei tessuti, dalla prototipazione alla collezione finita, che prosegue nella nuova showroom digitale e attraverso un lookbook virtuale, con avatar come modelli e rendering ad alta risoluzione, in grado di mostrare con precisione tutti gli articoli. «Con questa collezione siamo tra i primi nel settore moda a creare un universo digitale completo, che si estende dallo sviluppo della collezione agli ordini», ha dichiarato Ingo Wilts, chief brand officer di Hugo Boss. Per il gruppo tedesco L’obiettivo è quello di sviluppare l’80% delle proprie collezioni su base esclusivamente elettronica entro il 2022.
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1. Uno dei 105 pezzi della collezione PreFall 2021 100%digital 2.Ingo Wilts