INNOVAZIONE STARTUP E IMPRESE METTERSI IN GIOCO AI TEMPI DEL COVID Dal fashiontech al tessile smart Le novità e il parere dei consulenti
Vendite, customer experience, marketing: la moda ha fame di tecnologia Il settore stava già vivendo una trasformazione ma è arrivata la crisi post Covid, che obbliga a rivedere continuamente i piani. Allo stesso tempo l’innovazione tecnologica galoppa e proprio la pandemia sta facendo comprendere come possa fare la differenza. La vera sfida, sono gli investimenti in R&D: inutili però se “one shot” DI ELISABETTA FABBRI
Secondo alcuni studi, quasi un terzo delle lesioni da incidente in moto riguarda le gambe. Questo deve avere acceso una lampadina alla Airbag Inside Sweden, airbag & clothing company di Göteborg, che l’ha portata all’invenzione degli Airbag Jeans. Brevettati nel 2019, in collaborazione con partner anche italiani, questi jeans protettivi hanno appena ottenuto 150mila euro di sostegni grazie a SmartX, acceleratore sostenuto da fondi Ue per supportare il tessile smart, che conta tra i partner Po.in. tex, il polo dell’innovazione tessile gestito da Città Studi Biella. Il piano ambizioso è di finanziare in un triennio oltre 40 progetti, potendo disporre di una dotazione di 2,4 milioni di euro. Alla prima call, con gli Airbag Jeans sono state finanziate altre otto innovazioni, tra cui Bodee, dell’italiana Comftech: un “amico invisibile” che si applica alle tutine per il monitoraggio dei neonati a casa, ma anche negli ospedali, nei primi giorni di vita. Sweat Monitoring è invece una T-shirt proposta da un pool italo-belga per l’ambito sportivo, che rileva in tempo reale la perdita di sali, grazie a un biosensore nelle fibre tessili. Dynaback Tshirt è un’idea bulgaro-tedesca per un indumento che, identificando e limitando i movimenti scorretti della colonna vertebrale, aiuta a prevenire mal di schiena e malattie muscolo-scheletriche. Che ci sia un fermento attorno all’innovazione tecnologica per l’industria della moda lo attestano anche i numeri del Demo Day virtuale focalizzato sul fashiontech, realizzato in maggio dall’acceleratore multi-corporate di startup Startupbootcamp. Vi hanno partecipato oltre 150 mentor e 200 esperti di innovazione, al fianco delle aziende supporter, tra cui Prada. Sotto la lente le invenzioni di 10 team, selezionati tra più di 1.200, come per esempio Bigthinx, che con un proprio software riesce a realizzare una scansione del corpo in 3D, partendo da un paio di foto scattate con lo smartphone. Così prende 44 misure precise, con un’accuratezza superiore al 95%: il tool perfetto per la moda “su misura” a distanza. Gfaive, 36
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con base in Georgia, formula invece previsioni per il retail con le tecnologie Machine Learning. L’irlandese Skmmp ha realizzato una showroom virtuale che utilizzare l’Intelligenza Artificiale vocale per processare le transazioni. Ma c’è pure il motore di ricerca olandese stylesearch.com, che sfrutta le tecnologie per il riconoscimento di un’immagine e che facilita gli utenti, con un algoritmo che combina lo stile personale
«Gli imprenditori della moda hanno più voglia di capire gli abilitatori e gli acceleratori» ai più recenti fashion trend. L’app Viume fa trovare l’outfit più adatto, a seconda delle occasioni, grazie a un’intelligenza artificiale “assistente”, che combina human expertise e machine learning. L’americana Obsess fornisce soluzioni per l’e-commerce esperienziale basate sulla realtà aumentata e virtuale. La startup olandese Renoon aggrega le proposte fashion sostenibili, suddividendole in categorie (usato, etico, vegan, organico): non è un e-commerce,
ma reindirizza l’utente dove può finalizzare l’acquisto. I marchi sostenibili si possono invece acquistare su Staiy.com, che fa la selezione basandosi su parametri come acqua, aria, materiali, condizioni di lavoro e commitment. Ma questi progetti, che chance hanno di attrarre capitali? Più in generale, le recenti invenzioni nel fashion rispondono alle esigenze delle aziende? «Attualmente ci sono tante startup e si assiste a molta innovazione nella moda, specie negli ambiti vendite digitali, customer experience e marketing - risponde Stefano Vittucci, partner EY, responsabile Retail & Consumer products sector leader in Italia -. Si nota anche una maggiore apertura fra gli imprenditori: hanno più voglia di capire gli abilitatori e gli acceleratori». Il problema (o forse l’opportunità) è che mentre la fashion industry stava vivendo un importante momento di disruption è arrivata la crisi finanziaria provocata dalla pandemia. «Questo - spiega Vittucci - rischia di far venir meno le risorse interne destinate agli investimenti nella trasformazione e di creare difficoltà al management, in termini di focus. L’orientamento alla trasformazione, già partito in alcune realtà, potrebbe essere rallentato dal