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La carica delle griffe in Sud Corea
Mercati
Trend
Gli stranieri vogliono respirare aria made in Italy. Pag. 14
Non solo creatività, ma anche concretezza. Pag. 34
L’EXPORT TRAINA LA MODA SPAZIO AI NEW TALENTS
Retail
LA SHOWROOM E’ IN RETE
Nuovi progetti per agevolare il lavoro dei buyer. Pag. 38
Comunicazione
SOCIAL BRANDS
Profili su Facebook e Instagram come veri reality. Pag. 40
ATTRAZIONE FATALE
Quasi tutti i brand blasonati hanno una vetrina nel mercato sudcoreano che nel 2012 ha visto crescere le vendite dei beni di lusso anticipando un trend che si prevede altrettanto positivo per il 2013. A farla da padrone i grandi shopping mall che generano il 70% degli acquisti del comparto moda, ma nella distribuzione si stanno affacciando anche i multibrand. Un tempo mercato interessante per la delocalizzazione dei produttori stranieri di accessori (soprattutto scarpe) e abbigliamento, oggi la Corea del Sud – a causa dell’elevato costo del lavoro - è un mercato da colonizzare a livello distributivo. Ma il Paese offre anche un nutrito gruppo di giovani creativi che si sono fatti conoscere all’estero, alle fashion week e ai contest. Pag. 29
Il 2014 fra i '60 e i '90
La p/e 2014, preannunciata dalle precollezioni già viste nelle showroom, si divide fra linee guida che vengono dal passato e interpretazioni up-to-date che prendono la distanza da ogni patina vintage. I pattern in bianco e nero - quasi ipnotici - si rifanno al tema dell'optical che ha attraversato più decenni, dai '60 con i grandi couturier come Courreges e Cardin, all'estetica pop degli '80. Un tema che privilegia il corto, ancora al top per la prossima stagione, perchè tanto amato dalle nuove it-girl. A fare da contraltare, invece, uno stile più quotidiano che ruba forme e modelli al workwear, innanzitutto la salopette, e ai capi sportivi di ispirazione californiana per sottolineare una tendenza boyish che riporta agli anni '90. Pag. 18
Abiti, borse, scarpe: una ossessione per le protagoniste di Bling Ring, che racconta un fatto di cronaca con un ritmo incalzante da “cinema verità”. Che la moda possa diventare una ossessione per le adolescenti non è certo una novità, ma che addirittura le spinga a saccheggiare i guardaroba griffati, è un caso da manuale di psicologia. Sofia Coppola, nel film Bling Ring in uscita il 26 settembre in Italia, distribuito da Lucky Red, documenta – ma non condanna del tutto – il gioco perverso di una banda di fashion addict che “fa shopping” di griffe negli armadi delle cele-
brities americane. Il film è tratto da una storia vera di un gruppo di ragazzi, che fra l’ottobre 2008 e l’agosto 2009, ha sottratto ai VIP oggetti del valore di oltre 3 milioni di dollari. Nicki (impersonata dall’ex maghetta Emma Watson), Rebecca (la vera leader che ha il volto della emergente Katie Chang), Sam, Chloe, e Mark si introducono nelle super ville di Paris Hilton, Lindsay Lohan e Orlando Bloom frugando ogni
angolo alla ricerca di accessori, ma anche soldi e gioielli. Intere stanze colme dal pavimento al soffitto di scarpe e borse, che fanno impallidire le pareti-scarpiere di Sex and the City, diventano il set perverso per provarsi abiti, occhiali e lip-gloss e soddisfare le proprie passioni compulsive. Che devono, ovviamente, essere condivise su Facebook, facendo scattare la loro identificazione e conseguente condanna. La moda o meglio la
sua deformazione perversa come oggetto di un irrefrenabile desiderio di assimilazione al lifestyle delle celebrities, diventa co–protagonista di una rappresentazione amara di un disagio giovanile. Sofia Coppola ricostruisce un fatto di cronaca, con l’occhio di chi osserva un mondo adolescenziale privo di modelli e di valori, se non quelli guidati dalla smania di possedere le griffe più in voga. A ogni costo e in ogni modo.