Soccer
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LOVE THE W RL RLD D www.fashionillustrated.eu
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LOVE THE W RL RLD D Direttore responsabile Flavia Colli Franzone
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I nuovi padroni vengono da lontano
Futbolandia
SCOMMESSE, PASSIONE ITALIANA
L’Italia è un mercato che vale 4 miliardi di euro. Pag. 9
Collections&Players
SUBBUTEO ICONICO
Il calcio da tavola è tornato di gran moda. Pag. 13
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Fashion&Soccer
IL CALCIO CON STILE Divise e designer, una collaborazione proficua. Pag. 10
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Soccer chi legge
IL CALCIO È SOCIAL
Alena Seredova Buffon racconta il suo impegno nel sociale Pag. 14
CALCIO&CINEMA
L'ARBITRO VA IN SCENA
“Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO-MI”
Erik Thohir
Erick Thohir, figlio secondogenito di un self-made man indonesiano ha scalato la società nerazzurra. Moratti voleva un socio di minoranza, l’indonesiano si è preso tutto, garantendo un progetto solido e fondi freschi. Ma il re indiscusso del 2013 è stato Dmitry Rybolovlev, miliardario russo. Ha preso il Monaco in seconda divisione, l’ha portato nella A francese ma non ha rispettato esattamente il solito ruolino della “neopromossa”. Pag. 8
Anche il calcio gioca sostenibile
Maglia della Juve in poliestere riciclato
Le performance dei giocatori sono sempre andate di pari passo con l’evoluzione dell’ abbigliamento sportivo, che ha sempre cercato di agevolare il più possibile i movimenti dei calciatori. Protagoniste indiscusse sui campi da gioco contemporanei le scarpe altamente performanti e le t-shirt in tessuti high tech. Come l’ultima maglia di Adidas indossata dal Milan o quella di Nike per Juventus di questo campionato. Quest’ultima è stata realizzata con un tessuto in poliestere riciclato ottenuto dal riutilizzo di bottiglie di plastica, in linea con il nuovo impegno globale nella sostenibilità. Nulla di più lontano dalle prime maglie di fine ‘800 che erano in lana cotta e si inzuppavano di pioggia d’inverno e sudore d’estate. Maglie sempre attuali rispetto alla moda del momento, che però hanno registrato anche degli scivoloni di stile in campo, come la improbabile divisa tigrata della Hull United di inizio anni ’90 o quella macchiata di rosso dell’Athletic Bilbao del 2004. Dalla numerazione alla grafica, tutto si è sempre adeguato ai tempi. Così, mentre prima il portiere era sempre il numero 1, oggi la fantasia non ha limiti con la numerazione. I dettagli che hanno fatto la differenza sono nel colletto, nelle maniche lunghe o corte, negli stemmi e poi soprattutto la rivoluzione con l’entrata in campo degli sponsor. Pag. 6
Stefano Accorsi nel film L'arbitro distribuito da Lucky Red.
Non solo calciatori nell’obbiettivo dei registi. Per raccontare luci e ombre del mondo del calcio anche gli arbitri vanno sotto i riflettori. A far parlare non sono solo i calciatori per le loro performance dentro e fuori il campo – spesso la vita privata e mediatica prende il sopravvento – ma anche i mister per il colorito linguaggio (uno su tutti il chiacchieratissimo José Mourinho, nuovo allenatore del Chelsea) e gli arbitri per il comportamento non sempre politically correct. Se il famigerato arbitro Moreno dei mondiali del 2002 resta nella memoria collettiva come il mo-
dello della incompetenza e della partigianeria (almeno così la pensano quasi universalmente i tifosi italiani) chi può invece dimenticare l'aplomb ed anche lo stile di un Collina? Modelli negativi e positivi ma che confermano che i personaggi del calcio non sono solo quelli che si affannano per mettere il pallone in porta. A tutti questi protagonisti "alternativi" il cinema ha dedicato molta attenzione, mettendo a nudo punti di forza e di debolezza di
personalità spesso borderline, come il caparbio allenatore del Leeds United, Brian Clough, nel film The Damned United. Alla recente Mostra del Cinema di Venezia è stato invece L’arbitro di Paolo Zucca a portare sotto i riflettori il gioco più amato dagli italiani, intrecciando le storie di due squadre rivali con quella dell’arbitro Cruciani, interpretato da Stefano Accorsi, coinvolto in una vicenda di corruzione che lo fa precipitare dai massimi livelli
agli inferi della terza categoria. Definito dallo stesso regista “una farsa crudele ricca di trovate spiazzanti”, il film in bianco e nero offre uno spaccato della terra sarda, di cui è originario Paolo Zucca, attraverso il mondo del calcio dove spicca appunto la figura di Cruciani/ Accorsi che al di fuori del campo veste Harmont & Blaine. Arbitri, mister e calciatori non vi è a quanto pare personaggio del calcio che non meriti attenzione e una sua platea.
SOCCER ILLUSTRATED
SOCCER ILLUSTRATED
Masthead & Sommario 4
LEGENDARY ACCESSORIES
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Pro Evolution Shirt
Dal 1900 ad oggi le maglie da gioco sono cambiate radicalmente. Viaggio attraverso un'evoluzione di stile.
FUTBOLANDIA
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I nuovi padroni vengono da lontano
Imprenditori indonesiani, russi, americani, investono cifre da capogiro nel mondo del calcio
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In un anno ci siamo giocati l'Imu La febbre della scommessa è sempre più incalzante. Ora si punta proprio su tutto.
FASHION&SOCCER
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Il calcio con stile
I brand e gli imprenditori della moda fanno a gara per vestire e presiedere le squadre di calcio.
COLLECTIONS&PLAYERS
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Subbuteo Iconico
Il calcio da tavolo è tornato di moda. Tra i fan celebri ci sono politici e calciatori.
SOCCER CHI LEGGE
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Sono una "social victim" di Alena Seredova
San Siro nel 1963, tratta dalla mostra Quelli che... Milan Inter '63
Fashion Illustrated è edito da BIBLIOTECA DELLA MODA. Stampa: MCAZIENDAGRAFICA SRL
SOCCER ILLUSTRATED
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26-07-2013
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d’angiò comunicazione &
Foolbite
LO S T I L E È D I R I G O R E
Dal 1914, passione per l’eleganza.
NAPOLI
MILANO
TO K YO
LUGANO
LO N D R A
BAKU
Legendary Accessories 6
Pro Evolution Shirt
L’evoluzione delle maglie da gioco dai primi del ‘900 ad oggi. Dalla lana cotta al poliestere riciclato, lo stile è sempre stato specchio della società dell’epoca. Testo di VIRGINIA SIMONI
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aglie in lana cotta, che fosse inverno o estate, i calciatori dovevano subire le pene dell’inferno sotto quelle vere e proprie armature. Durante la stagione fredda le divise si bagnavano di pioggia e neve, diventando pesantissime e in estate si inzuppavano di sudore, un vero impedimento al gioco se pensiamo invece alle forme anatomiche e ai tessuti tecnici di oggi. Una delle prime maglie da gioco di cui si ha memoria è quella dell’AC Milan. Una camicia con colletto abbottonato, a righe verticali nero e rosso arancio, che fu adottata dal 1899 al 1910. Oppure la maglia storica sempre della squadra milanese che rimase nell’immaginario collettivo per molto. Si tratta della maglia del 1912 (nella foto in grande) con maniche lunghe, aderente al corpo, con le caratteristiche strisce rossonere, colletto con scollo a tre bottoni e stemma ricamato sul petto. L’evoluzione delle maglie è sempre stata il riflesso della moda del momento. Pensiamo ai primi colletti a punta, poi arrotondati e in seguito spariti e solo di recente riesumati seguendo la tendenza della moda heritage. In generale negli anni ’20 si passa dalla camicia abbottonata a una maglia con colletto e laccetti sul collo per poi optare negli anni ’30 per un modello più essenziale che verrà adottato per molti anni, la maglia a maniche lunghe con scollo a V. Negli anni ’40 si vedono le prime T-shirt girocollo per poi avere un revival del colletto a metà del secolo scorso. La più grande rivoluzione però avviene negli anni ’60-’70 con l’arrivo di nuove grafiche. Mentre all’inizio i capi erano semplicemente monocromatici o bicolor, arrivano le prime maglie con sfondo bianco e linee con colori della squadra in obliquo dalla spalla sinistra all’anca destra e sul polsino e colletto come quelle di Parma, Sampdoria e Bologna di quegli anni. I colori diventano più accesi, indimenticabile l’arancione della squadra Nazionale Olandese. I colori delle squadre spesso sono frutto del caso, ad esempio le righe bianche e nere della Juve nate per un errore. Secondo la leggenda, un inglese di nome John Savage, uno dei soci della Juventus, viste le magliette color rosa pallido con cravatta nera e pantaloni neri dei giocatori, propose loro di rinnovare quell'uniforme, comprando in Inghilterra un nuovo modello di maglie rosse con bordi bianchi simile a quello utilizzato dal Nottingham Forest. Ricevuto l'incarico, Savage si mise in contatto con una fabbrica tessile di Nottingham e inviò l'ordine d'acquisto accompagnato da una vecchia uniforme rosa e nera. L'impiegato di Nottingham, vista la scolorita maglietta rosa, credette che fosse piuttosto bianca e macchiata. La coincidenza tra i colori della Vecchia Signora e quelli bianconeri del Notts County lo indusse a spedire in Italia una dotazione di uniformi appunto dei magpies. A Torino, quando fu aperto il grosso pacco postale, le quindici maglie a strisce verticali bianche e nere e colletto bianco non piacquero ma, data la prossimità del campionato, dovettero comunque adottarle insieme ai pantaloncini e calzettoni di colore nero. Da allora diventò la divisa ufficiale della squadra torinese, sembrava che portasse fortuna alla società.Determinanti per i colori delle squadre gli sponsor, che da quando hanno fatto la loro comparsa 40 anni fa, hanno sempre influenzato lo stile delle divise. La prima apparizione fu grazie a una intuizione di Jagermeister sulla maglia dell’Eintracht Braunschweig, squa-
EREDI CHIARINI
QUANDO DA UN ERRORE NASCE UNA MAGLIA A Firenze, in principio c’erano due squadre, la Libertas e il Club Sportivo, la prima con maglia rossa, la seconda con maglia bianca. Prima grandi avversarie e poi fuse per formare una squadra più forte e competere a livello nazionale. Furono mantenuti i colori della maglia originali delle due squadre, sfondo bianco con dettagli rossi. Ma la leggenda narra che, per errore di lavaggio, la maglia diventò viola ma si sanno da fonti certe che in realtà fu il Marchese Ridolfi in persona che volle la maglia viola come espressione cromatica del giglio fiorentino. Approfonditi studi iconografici e ricerche portate avanti dal Museo Fiorentina, hanno oggi condotto all'elaborazione dell'unica riproduzione a carattere storico-scientifico
esistente. Il tessuto analogo a quello dell'epoca, la tonalità dei colori, la maniacale ricerca del particolare da esaltare nella replica, fanno della maglia Fiorentina 1926 un pezzo unico. La Foundation for Sports History Museums e il negozio fiorentino Eredi Chiarini hanno reso possibile questo progetto che ha già riscosso un grande successo. La maglia, racchiusa in un'esclusiva ed elegante scatola per gli amanti del collezionismo, è associata ad una immagine in regalo che ritrae una delle primissime formazioni della nostra Fiorentina risalente all'ottobre del 1926. L'edizione limitata della maglia Fiorentina 1926 si trova in vendita presso il negozio Eredi Chiarini a Firenze e online su www. eredichiarini.it
1912 MILAN Una delle prime maglie da gioco del Milan del 1912. © Studio fotografico Buzzi
LO STILE IN PILLOLE
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1910 Scompaiono i bottoni. Maniche lunghe e colletto
1890
Camicie abbottonate con colletto e polsini
2000
1950 Colletto e laccetti
1930 Scollo a V
UNA STORIA DI MAGLIE
Tessuti sintetici ad alte performance
1970 Nuove grafiche e colori
1928 AMBROSIANA
1963 INTER
1970
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GENOA
JUVENTUS L'ultima maglia presentata da Nike per Juventus in poliestere riciclato
2013/14 MILAN
dra della Bassa Sassonia. La strategia di comunicazione ebbe così successo che lo stemma della squadra fu sostituito con quello del brand di liquori e al posto del leone (rappresentativo della Bassa Sassonia) venne messo il cervo, l’animale che appare anche sull’etichetta della bottiglia. Da quella partita del ’73 si creò un precedente per cui tutte le squadre da quel momento iniziarono a farsi sponsorizzare. Pensiamo agli sponsor storici Italiani, come Roma e Ina, Inter e Pirelli, Fiorentina e Crodino e tanti altri. Anche il numero di maglie è aumentato con gli anni. Da una si è passati a due per poi arrivare a tre. La principale è la maglia casalinga solitamente con i colori storici della squadra, la seconda è utilizzata per le partite in trasferta e la terza è solitamente molto cromatica e particolare per distinguersi nelle partite internazionali. Come ad esempio la maglia di colore rosa della Juventus. Non ci sono state però solo
maglie gloriose, bensì clamorosi scivoloni non solo in campo, ma anche in stile. Indimenticabile la maglia “tigrata” dell’Hull City nel 1992, oppure quelle più folkloristiche americane come nel caso del Colorado Caribous, 1978/1979 con tanto di frange applicate o l’improbabile maglia del Norwich City 1993/1994 con una stampa non ben definita gialla e verde lime, oppure quella “macchiata” dell’Athletic Bilbao di 8 anni fa. Massimiliano Caniato, classe 1967, ex giocatore del Torino, ricorda: “Anche i numeri fanno parte dell’evoluzione delle maglie delle squadre. In origine la numerazione era solo da 1 a 11, dove l’uno era sempre dato al portiere, i primi numeri ai difensori e poi a salire il 7 all’ala destra, il 9 all’attaccante, il 10 al giocatore di punta. Da 15 anni circa, invece, i giocatori scelgono il proprio numero fortunato, in base alla propria data di nascita o quella dei figli, oppure per ricordare un’altra star dello sport come il
numero 23 per Micheal Jordan. Io ero il portiere del Torino e giocavo con il numero 30, poi a Verona con il numero 31”. Tra le ultime maglie non si possono non citare l’ultima di Milan sponsorizzata da Adidas, e la divisa di Nike per Juventus, ovvero la maglia Away per la stagione in corso che riprende un elemento heritage come il colletto, utilizzando però materiali super innovativi. Casacca gialla con taglio a polo e pantaloncini blu, un omaggio ai colori della città di Torino e un richiamo alla divisa della Juventus dei primi anni Ottanta quando vinse nella stagione 1983/1984 la Coppa delle Coppe. Inoltre si guarda anche all’ambiente, infatti il tessuto è in polyestere riciclato, ricavato dal riuso di bottiglie di plastica, 13 per l’esattezza per t-shirt e pants. Nike ha calcolato di aver utilizzato nell’ultimo anno circa un miliardo di bottiglie di plastica. Quando anche il @virginia_simoni calcio si fa sostenibile.
LE MAGLIE PIÙ STRAVAGANTI
BRIGHTON 1990/1991
HULL UNITED 1992/1993
NORWICH CITY 1993/1994
BOCHUM 1997/1998
ATHLETIC BILBAO 2004/2005
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THOHIR E RYBOLOVLEV, I COLONIZZATORI
I nuovi padroni vengono da lontano Mani indonesiane sull’Inter, mentre rubli russi portano il Monaco fra le big d’Europa e hanno sconvolto il mercato europeo. Falcao segna nel Principato, ma non sempre investimenti folli durano e portano risultati, come dimostra l’Anzhi. Inglesi sempre più made in Usa, mentre resiste il modello tedesco. Testo di VALERIO CLARI
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e non altro, stanno migliorando le nostre conoscenze di geografia. Seguire il calcio, ultimamente, aiuta a conoscere il mondo. Alzi la mano chi sapeva dell’esistenza di Makhachkala, prima che il magnate russo Kerimov la portasse sulle cartine del calcio che conta con il suo Anzhi. L’Indonesia non ha più segreti, da quando Thohir ha deciso di comprarsi l’Inter. Per capire che Guangzhou corrisponde a Canton, nel sud della Cina, si sono dovuti trasferire lì Lippi ed Eriksson. E ora sappiamo anche che il Principato di Monaco è una “provincia” russa, visto che Rybolovlev ha reso la squadra locale una big europea. Conoscere tutto di Manchester o Barcellona oggi non basta più, il calcio del 2013 ha dimensioni sempre più globali, imprenditori venuti da lontano lo stanno trasformando e rivoltando come un calzino. Partiamo da casa nostra: Milano, la madonnina, l’Inter a gestione familiare, passata dall’era di Moratti padre a quella di Moratti figlio. Oggi, Internazionale lo è diventata davvero. In estate inviati italiani hanno cominciato a prendere voli per Giacarta, dove il pallone sembrava rimbalzare in modo trascurabile. Non più, perché Erick Thohir, figlio secondogenito di un self-made man ha scalato la società nerazzurra. Erick, erede di un impero multiforme, ha deciso di investire su media e sport: possiede già quote del Dc United, squadra della Major League americana e ha appena venduto quelle dei Philadelphia 76ers, franchigia di basket Nba. Ora è arrivato lo sbarco in Italia: Moratti voleva un socio di minoranza, l’indonesiano si è preso tutto (tenendo i vecchi proprietari al 30 per cento). Controllo completo, garantendo un progetto solido (sperano gli interisti) e fondi freschi, quelli che ormai mancano alla Saras. Altro che tournée in Indonesia, sono loro che vengono qui a comprare. Parlando di acquisti, il re indiscusso del 2013 è stato Dmitry Rybolovlev, miliardario russo. Ha preso il Monaco in seconda divisione, l’ha portato nella A francese ma non ha rispettato esattamente il solito ruolino della “neopromossa”. Il mercato era appena aperto che già aveva speso 70 milioni per Moutinho e James Rodriguez dal Porto, poi si è preso uno dei cinque migliori attaccanti al mondo, Radamel Falcao, convincendolo a rinunciare alla Champions con 14 milioni di buoni motivi l’anno (stipendio da record). Il Monaco è già il vero rivale del Psg di Ibrahimovic e i procuratori delle star attendono con impazienza il mercato di
gennaio. Rybolovlev se ne “frega” del fair play finanziario di Platini e resiste all’attacco degli altri club francesi, che protestano perché a Montecarlo le tasse non sono esattamente quelle con cui si devono confrontare loro. Il russo ha affidato tutto questo ben di dio a Claudio Ranieri, tecnico che già tenne a battesimo il primo Chelsea di Abramovich. L’unica consolazione, per gli altri club europei alle presi con il pareggio di bilancio, è che non sempre investimenti folli portano risultati: prendete l’Anzhi di Kerimov, protagonista qualche anno fa di un incidente stradale in Ferrari con contorni da spy story. Il magnate che si racconta volesse rilevare la Roma per fare un piacere ad Abramovich (che di nome fa Roman, sic) aveva portato Eto’o sul Mar Caspio, ha speso vagonate di rubli ma non ha vinto nulla. Ora ha smobilitato e venduto quasi tutti i gioielli, complice un mandato d’arresto internazionale. L’Anzhi è ultimo, e non ha ancora vinto una partita. Meglio è andata ai cinesi del Guangzhou Evergrande: l’investimento su Marcello Lippi ha portato due “tituli” di fila e ora anche la Champions asiatica, e i cugini del Guangzhou R&F hanno dovuto rispondere chiamando Sven Goran Eriksson, uno bravo a farsi pagare bene. Se la Cina è la nuova frontiera, l’Europa terra di conquista delle multinazionali ha dato però verdetti all’insegna del conservatorismo. L’ultima finale di Champions è stata tutta tedesca, premiando programmazione e investimenti importanti (ma oculati) tipici di Bayern Monaco e Borussia Dortmund, club risollevatosi dal rosso del bilancio puntando sui giovani. I campioni d’Europa, bavaresi fino al midollo, compresi slogan in “dialetto”, sono il nuovo faro del calcio europeo. Basti dire che Pep Guardiola, uno che avrebbe potuto strappare ingaggi mai visti praticamente ovunque, li ha scelti, per la storia e la solidità del club. Snobbati gli inglesi, depressi da semifinali europee senza loro rappresentanti. Uno smacco per l’onore british, già provato dalla colonizzazione dei suoi board da parte di proprietari venuti da fuori. Con il passaggio del Fulham a Shad Khan, pakistano di nascita ma statunitense dal 1991, sono sei i club di Premier diventati yankee: oltre all’ex squadra di Al Fayed sono in mano Usa Manchester United, Arsenal, Liverpool, Aston Villa e Sunderland. Da noi siamo fermi alla Roma, ma presto forse dovremo dare una ripassata alla geografia del Nord-America, oltre che del sud-est asiatico
(1) Erik Thohir, aspirante azionista di maggioranza dell’Inter: possiede già quote del Dc United, della Major League di Soccer statunitense, e dei Philadelphia 76ers, franchigia Nba di basket. (2) Marcello Lippi campione in Cina col Ghangzhou Evergrande. Nella provincia cinese, la “nostra” Canton, sarà sfida cittadina con Sven Goran Eriksson. (3) Dmitry Rybolovlev, proprietario russo del Monaco posa con il Principe Alberto, il tecnico Claudio Ranieri e lo staff dirigenziale. La neopromossa francese ha già “sconvolto” il mercato calcistico europeo.
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SCOMMESSE, PASSIONE ITALIANA
In un anno ci siamo giocati l’Imu
I tempi della schedina sono lontani, ora si punta su tutto, calciomercato compreso, anche a eventi in corso. Quello italiano è il terzo mercato mondiale, nel 2012 sono stati raccolti 4 miliardi di euro. La competizione fra bookmaker ha ampliato l’offerta, dai tablet ai “rimborsi per giustizia”. E la ricerca di informazioni, anche su campionati lontanissimi, è febbrile. Testo di VALERIO CLARI
I PRIMI 50 BOOKMAKERS DEL SOCCER
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(1) I primi 50 Bookmakers nel calcio tratti dal sito Top100bookmakers.com che stila la classifica dei bookmakers che generano più visite sul web. (2) Le scommesse sportive non sono più strettamente legate all’evento partita: si quotano anche i trasferimenti di calciomercato, come quello di Caros Tevez alla Juventus. (3) Gli “uffici” di una società di bookmaker: le quote sono studiate scientificamente: non solo in base alle statistiche, ma anche con notizie dagli insider
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n principio fu la schedina: tredici partite, principalmente di Serie A. Chi vince, chi perde, chi pareggia: tutto sommato, era semplice. Quando si arrivava alle gare di B o, peggio, dell’allora Serie C, gli 1, le X, i 2 venivano segnati, diciamocelo, un po’ a casaccio, a simpatia. Se proprio si voleva passare per esperti, ecco che si componeva il sistemone. La domenica sera si stracciava la ricevuta e si aspettava il weekend successivo. Oggi, le cose sono decisamente cambiate: le scommesse sportive, e quelle calcistiche in particolare, sono aperte sette giorni su sette e 24 ore su 24, come certi negozi cinesi vicino alla stazione. Si scommette su qualsiasi pallone si muova, dalle gare di casa nostra a quelle della seconda divisione brasiliana. L’1X2 è cosa da dilettanti, e si vincono per lo più pochi centesimi: si punta su risultati esatti, numero di gol, marcatori, su chi batte il primo angolo e su chi vince il torneo alla fine. Si può scommettere un euro a settembre sulla vincitrice di Champions e aspettare fino a maggio o puntare un “centone” al 90’ di una gara in corso scommettendo che si segnerà nel recupero. L’offerta è enorme, la domanda anche, almeno a giudicare dai dati. Nel 2012 le scommesse sportive avevano mosso l’astronomica cifra di 43,4 miliardi di euro, destinata a salire oltre quota 50 entro il 2016: l’Europa è il primo mercato (41%), l’Asia segue a ruota (39%). Da noi si scommette che è un piacere, nonostante la crisi: l’Italia è il terzo mercato mondiale: solo in Giappone e Inghilterra piazzano più puntate. Campania, Veneto e Lombardia sono sul podio delle regioni, in un mercato che però nel 2013 ha vissuto una inevitabile lieve flessione, vista la congiuntura economica. Resta il fatto che l’anno scorso si è scommesso per 4 miliardi, cifra pari a quella raccolta con l’Imu per la prima casa. Detto che l’80 per cento circa delle cifre puntate viene restituito in vincite, non stiamo parlando semplicemente di miliardi di euro investiti nel “gioco”. Perché nelle scommesse di oggi l’azzardo non è tutto. Qui stiamo parlando di analisi statistiche e scientifiche, di strumenti come il Betting Exchange, presto introdotto in Italia, che si avvicinano alle attività del broker. Ogni cliente potrà fare da banco scegliendo la partita e fornendo la propria quota,
mentre uno o più utenti potranno “accettare la sfida”. Insomma, c’è da studiare. Oggi i bookmaker definiscono le proprie quote non solo su studi approfonditi di statistiche e tendenze, ma anche su informazioni di prima mano da addetti ai lavori, esperti, insider. Per tenersi al passo, gli scommettitori sono spesso “onnivori”, e su internet proliferano siti che analizzano in profondità ogni gara, anche del campionato danese. Se avete visto amici disperarsi per il pareggio 0-0 dell’Iraq Under 20 non è per solidarietà con un popolo martoriato dalla guerra, ma perché avevano giocato l’Over, e volevano tanti gol. Il calcio resta, nonostante un calo a favore di altri sport meno “battuti”, il soggetto preferito delle scommesse, che si possono piazzare in agenzia, dal computer di casa, dai tablet e anche dai telefonini, anche a gara in corso (l’online rappresenta oggi il 31% del totale) . Ultimamente, non è più nemmeno necessario che ci sia una partita. Si può scommettere sul calciomercato, sull’arrivo o meno di Nainggolan all'Inter, sul primo allenatore esonerato in A (Zamparini è in B, quest'anno c'erano meno certezze). Sempre più scommesse per attirare sempre più clienti: l’ingresso sul mercato di colossi internazionali come Bwin o William Hill ha cambiato il mercato italiano, dove fino a un anno fa Snai aveva un terzo della “torta”. Oggi guida Lottomatica, ma in molti si ingegnano per “rubargli” clienti. E’ il caso di Paddy Powder, società irlandese “aggressiva” sui social e sui blog: le sue pubblicità sono politically incorrect, una scomodava anche Gesù, è stata bloccata, ma è diventata virale online. Per distinguersi limare le quote non basta più: c’è chi paga le vincite prima (ad esempio l'ultimo scudetto della Juve), in modo da rimettere in circolo subito i soldi, e chi propone delle “assicurazioni-giustizia”. Il risultato è condizionato da un errore dell’arbitro e tu hai perso la scommessa? Non importa, ti pagano lo stesso. Troppo buoni, direte voi. Molto ricchi, in realtà. E pronti a elargire sponsorizzazioni e pubblicità anche alle società sportive. Così si chiude il circolo e vivono tutti felici e contenti (o quasi). Con buona pace della schedina. *dati GBCA (report 2012)
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ELEGANZA IN CAMPO
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Il calcio con STILE
E' "guerra" per accaparrarsi le icone di stile in campo. Non ci saranno tempi supplementari. Testo di MARCO MAGALINI
aptain Tsubasa, il manga sul calcio conosciuto in Italia col nome di “Holly e Benji”, arrivato a Milano grazie al Milano Manga Festival, ha ispirato molte generazioni di giovani calciatori. Ora tocca a loro passare il testimone dello stile alle new generation e ai fan più nostalgici. Il lavoro di influenza dei player sul grande pubblico è ben noto alle maison di moda, che scendono in campo ogni anno nellla partita più difficile e al tempo stesso redditizia: vestire i calciatori ‘giusti’. Dolce & Gabbana e lo sport sono da sempre strettamente legati. Dalla prima collaborazione si è dato il via ad un percorso che ad oggi conta diversi progetti, dal Milan alla stessa Nazionale. E’ dal 2004 che i due stilisti milanesi disegnano le divise della squadra e dell’intero club rossonero e, nel corso di questi anni, il rapporto tra Dolce&Gabbana e A.C.Milan è cresciuto molto, fino a proiettare il prestigioso brand del lusso tra i massimi sponsor del Club. Due anni più tardi, nel 2006 inizia la collaborazione con la Nazionale Italiana di Calcio. Proprio quell’anno Dolce & Gabbana ha vestito i calciatori in occasione dei trionfali Mondiali di Germania e continuerà sino ai prossimi Campionati del Mondo, Brasile 2014. Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno creato un guardaroba completo che comprende la divisa formale, capi casual e un set da viaggio. Coerentemente con lo spirito sartoriale del marchio, è stato scelto il classico abito “Sicilia” in tela di lana, blu caratterizzato dallo stemma della Nazionale ricamato sul taschino della giacca. Nuove divise anche per la Juve, che veste Trussardi. Nella stagione 2013/2014 la prestigiosa maison si è infatti legata alla società bianconera, divenendone Official Formal Suit: giacca blu scuro, camicia e cravatta per l'abito formale, maglione, maglie e magliette invece per il tempo libero. “E’ un privilegio per noi associarci ad uno dei club calcistici più importanti e prestigiosi al mondo e sicuramente il più elegante e spettacolare d’Italia – aveva dichiarato Tomaso Trussardi-. Da sempre Trussardi abbina la propria passione per l’eccellenza alle realtà internazionali più prestigiose e affini alla propria visione di lusso italiano: la partnership con Juventus esprime perfettamente questo nostro impegno”. Lo storico brand newyorkese Brooks Brothers ha stretto un contratto di partnership biennale con l’Inter. Le divise istituzionali per i giocatori della prima squadra e i dirigenti del club neroazzurro rispecchieranno i canoni stilistici del brand: blazer blu monopetto con bottoni in metallo persona-
(1) 1. LA JUVENTUS VESTITA TRUSSARDI 2. BOZZETTO DI REPLAY PER IL BARCELLONA 3. BOZZETTO DI MESSORI PER IL SASSUOLO CALCIO 4. FRANCESCO TOTTI E DANIELE DE ROSSI VESTONO PHILIPP PLEIN 5. LIONEL MESSI CON STEFANO GABBANA E DOMENICO DOLCE 6. DIEGO MILITO IN BROOKS BROTHERS 7. HUGO BOSS VESTE LA NAZIONALE TEDESCA
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Gli imprenditori della moda investono sul campo Si scende in campo per vincere, tanto nella moda quanto nel calcio. I signori (o meglio, imperatori) del fashion si mettono a disposizione di un progetto diverso, mossi dalla passione per uno sport con il quale sono cresciuti o che dà loro una carica imprenditoriale. E non sono casi isolati. Diego della Valle, il presidente, amministratore delegato e azionista di maggioranza di Hogan, Tod's e Fay è ad esempio il patron della Fiorentina, come il Re del cashmere Brunello Cucinelli, fondatore e proprietario dell’omonima azienda, è il patrocinatore del Castel Rigone. Il presidente dell’Hellas Verona - che dalla prossima stagione fa il suo ingresso in serie A - è Maurizio Setti, fondatore di Antress Industry spa, il gruppo fashion nato dalla fusione di Manila Grace Srl e Antress Industry (produttrice del marchio E-gò). Oltre a loro, anche Stefano Rosso, il figlio del patron OTB (Only The Brave, quelli di Diesel) Renzo Rosso è il presidente del Bassano Virtus e lo rimarrà fino a giugno 2014; mentre Stefano Bonacini, il titolare di Gaudì, è il patron di Carpi Calcio. Tre di loro rispondono alle nostre domande.
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1) Quando è nata la sua passione per il calcio? 2) Essere imprenditori della moda e del calcio: quali sono le differenze? 3) Quale calciatore oggi rappresenta una ispirazione per i giovani?
Stefano Bonacini TITOLARE DI GAUDÌ PRESIDENTE DEL CARPI CALCIO
1. La passione per il calcio c’è sempre stata sin da quando ero bambino. 2. Nessuna differenza, gestisco Gaudì con gli stessi criteri con cui gestisco il Carpi calcio. 3) Edi Cavani è il calciatore che secondo me oggi rappresenta un'icona per i giovani.
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Stefano Rosso
CEO OTB (ONLY THE BRAVE) PRESIDENTE DEL BASSANO VIRTUS 1. Risposta un po' banale, ma fin da piccolo! Ho iniziato a 9 anni a giocare con la squadra del quartiere e poi ho fatto tutto il settore giovanile nel Bassano. Diventarne il presidente a distanza di anni è stato molto emozionante. 2. Un abisso. L'azienda è fatta di intuito ma forte programmazione e generalmente parlando se uno ha l'idea giusta e riesce a costruire un organizzazione di livello riesce poi ad ottenere dei risultati. Nel calcio non funziona cosi, le certezze sono assai poche, riprendendo cosa diceva un caro amico tu puoi lavorare al massimo per preparare la domencia ed avrai coperto il 40% di possibilità di arrivare al successo, il restante 60% è inponderabile. 3. Oggi i giovani si fanno ispirare dai Balotelli ed El Sharawi (se non si capisce sono milanista), molto estrosi e a volte ribelli. Io personalmente mi ritrovo di piu nei grandi campioni del recente passato alla Roberto Baggio e Paolo Maldini, campioni prima di vita e poi in campo.
Maurizio Setti
PRESIDENTE DI ANTRESS INDUSTRY PRESIDENTE DELL'HELLAS VERONA 1.La mia passione per il calcio nasce quando ero ancora giovanissimo, all’età di appena 5 anni. 2.Essere a capo di una società calcistica vuol dire avere in mano una grande azienda che va gestita esattamente come una casa di moda. Il concetto è il medesimo per entrambe. Solo in questo modo gli si può garantire un futuro. 3.I giovani si ispirano a grandi nomi che hanno segnato in qualche modo la storia del calcio, come Alessandro Del Piero
Fashion&Soccer 12
L'irresistibile voglia di indossare il calcio
‘soccorrere’ tutti coloro che non A riescono a rinunciare alla passione del calcio ci pensano i marchi di
(2) 1. GIOCATORI DELLA LAZIO IN ABITI BOGGI MILANO 2. CLAUDIO MICELI E MARIANO ANDUJAR IN LUBIAM
lizzati dal logo Brooks Brothers, pantalone chino color khaki, la classica camicia button down non-iron nelle due varianti bianca e azzurro e la cravatta regimental.Scendendo nella Capitale, la Lazio veste ancora un volta Boggi Milano, partner del team dal 2011. E’ il fornitore della divisa formale anche per la stagione 2013/2014 presentando in questa occasione la nuova cravatta ufficiale della squadra (vedi box a dx). Philipp Plein veste invece La Roma. L’accordo prevede la creazione delle divise ufficiali dei giocatori a partire dal 2012/13 per le prossime quattro stagioni sportive. “Amo l’Italia e sono un appassionato di calcio - dichiara il designer Philipp Plein -. Non vedo l’ora di coinvolgere nel mondo della Philipp Plein tutta la Roma. Con il mio stile vorrei rendere ogni componente del team e della squadra il gladiatore di oggi. Con un’immagine nuova, che lo renda bello, invincibile e per questo ammirato da tutti anche fuori dal campo da gioco”. Per la stessa stagione il brand svizzero realizza anche le divise ufficiali per il Cagliari Calcio. La società rossoblu ha infatti siglato un accordo con Philipp Plein per le prossime due stagioni. Il Catania Calcio veste invece Lubiam, l’azienda mantovana che ha appena celebrato i cent’anni di attività. La squadra allenata da Rolando Maran vestirà con completi in 100% pura lana vergine composti da una giacca blu a due bottoni, personalizzata dallo stemma della squadra ricamato sul taschino, e da un pantalone classico in grigio scuro. Il brand Messori continua a vestire gli atleti del Sassuolo, che entra quest’anno in serie A. Gianmarco Messori ha ideato le divise dee atleti e i dirigenti neroverdi. L’immagine è più casual e aggiornata, un abito con motivo principe di Galles tor sur ton composto da giacca con revers a lancia e pantaloni a sigaretta, da indossare con camicia bianca. Per l’inverno un cappotto mano cashmere e cardigan scollo V. Last but not least, Bottega del Sarto che veste l’Udinese, il Parma e il Genoa; Replay che per i prossimi quattro anni vestirà il FC Barcellona e Daniele Alessandrini che fornirà le divise al Bologna.
MARINELLA
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moda, che realizzano capi ad hoc per i soccer-addicted. Alcuni di questi prodotti palesano la tematica calcistica, altri la celano, un po’ come quei tatuaggi da portare nascosti: ci sono ma non si vedono. Parliamo di cravatte, o calze, che rimandano alla soccer passion di chi le indossa, senza però gridarla. Un esempio in questo senso è la nuova calza di Bresciani, che disegna sul polpaccio un campo da calcio immerso nel verde prato. Oppure le famose cravatte Marinella, da sempre scelte da squadre importanti come Milan, Inter, Juve o Napoli e dai signori del calcio come Galliani, Berlusconi o Agnelli. Marinella è stata il partner ufficiale della formazione italiana Masters, durante il Nelson Mandela Sport and Culture Day, che si è tenuto lo scorso 17 agosto presso lo stadio FNB di Johannesburg. I giocatori durante gli eventi ufficiali organizzati dal Governo sudafricano in onore del Presidente, hanno indossato una cravatta azzurra con micro disegni. Anche Castello d'Oro rende manifesta la passione per il soccer, presentando una tuta raffigurante l’effige di un calciatore sul retro della felpa. M.M.
@magalinimarco
QUOTE ROSA
CASTELLO D'ORO
La Federazione Italiana Calcio Femminile nasce nel 1968. Ma sarà nel 1970 che inizia la vera e propria serie A femminile. Nel corso del tempo la struttura si è consolidata, fino ad arrivare al primo torneo globale femminile, che si è svolto in Cina nel 1988 ed è stato vinto dalla Norvegia. Al pari del team maschile, anche la Nazionale Italiana di Calcio Femminile è corteggiata dai brand di moda, che puntano ad ottenere ampia visibilità dentro e fuori il campo. La formazione ha scelto il marchio Motivi per le proprie divise da indossare nelle occasioni formali. La squadra è allenata da Antonio Cabrini, ex calciatore diventato campione del mondo con la nazionale italiana nel 1982, e soprannominato Bell'Antonio e Fidanzato d'Italia a causa della grande popolarità di cui godeva presso il pubblico femminile. La nazionale femminile ha esordito con le nuove divise il 10 luglio nel Campionato Europeo di Calcio (Halmstad, Svezia) con una partita contro la nazionale finlandese. M.M.
BRESCIANI
MOTIVI VESTE IL CALCIO FEMMINILE DI SERIE A
Collections&Players 13
CULT GAMES
SUBBUTEO Iconico Da Enrico Letta a Gigi Buffon, sembra proprio che il calcio da tavolo sia tornato di gran moda. Testo di VIRGINIA SIMONI
Enrico Letta e Gigi Buffon giocano a Subbuteo
N
ell’era digitale, ormai non sono più solo le console a farla da padrone. Oggi, come nella moda e nel lifestyle, la tendenza è il vintage ovvero tornare alle origini, in questo caso ai giochi da tavolo. Non c’è videogame che tenga, il fascino del tappetino verde sta tornando di moda tra grandi e piccoli. La conferma è il nuovo Subbuteo che dopo anni nel dimenticatoio è tornato nel 2012 con una nuovissima edizione, che ha riscosso un notevole successo tra gli amanti del calcio in miniatura. Il gioco, inventato nel 1947 dall’ornitologo inglese Peter Adolph, venne chiamato come una specie di falco: il falco Subbuteo; oggi vanta fans di ogni categoria. L’ultimo avvistato è niente di meno che il Presidente del Consiglio Enrico Letta. Anche calciatori “reali” del campionato si sono appassionati al calcio in miniatura, come il portiere della nazionale Gigi Buffon o Javier Zanetti, o anche storici allenatori come Alex Ferguson. Il prodotto rispetta al massimo i segni d’identità e le
Storia di una nostalgia
"Quando ero bambino, non c’era da vergognarsi ad avere mal di schiena e ginocchia doloranti. Il campo da Subbuteo veniva posato sul pavimento oppure direttamente sul tappeto." Da questo ricordo inizia il libro scritto da Daniel Tatarsky, che non ha mai abbandonato la passione per il tappeto verde. Andando a rovistare nel passato di questo gioco da tavolo, il libro “Subbuteo – Storia illustrata della nostalgia”, edito da ISBN Edizioni, esprime tutto il sentimento di malinconia per uno sport leggendario. Dalla sua invenzione alle fragilissime prime figure in celluloide, al lussuoso kit “Monaco”, alle curiose figurine dei Beatles, tutte le varianti sono presentate con dedizione e trasmettono ancora quello stupore dell’autore e tutti coloro che hanno vissuto nell’epoca in cui i videogames erano ancora fantascienza.
caratteristiche classiche del Subbuteo, al quale si sono aggiunti dei miglioramenti che potenziano notevolmente il gioco rendendolo attuale. Infatti se da un lato il logotipo rispecchia ancora i colori e le tipografie classiche della marca, dall’altro le nuove caratteristiche lo adattano al ventunesimo secolo. Il tappetino è di alta qualità e le basi sono state ulteriormente migliorate, adesso sono ancora più stabili e facili allo spostamento, le figure più dettagliate, sono presenti anche giocatori di diverse nazionalità, con i capelli lunghi o corti, biondi, bruni, rossi; sono rispettati perfino i colori delle scarpette, le pettinature più caratteristiche, e sono molto più difficili da rompere che in passato, perchè fabbricate con materiali più flessibili e resistenti. Il nuovo Subbuteo segna una nuovo pezzo di storia del “calcio in miniatura” ed il movimento ha contagiato anche i più giovani che magari non avevano mai sentito parlare di questo gioco, o che l’avevano @virginia_simoni sentito solo nei ricordi dei loro genitori.
LA STORIA
1947
L'INIZIO Il primo gioco, distribuito nel 1947, consisteva in una piccola scatola di cartone contenente un kit, la cui descrizione veniva riportata sul coperchio della scatola stessa. Vi erano: due fogli di cartoncino con i giocatori stampati sopra, venti piccole basi di plastica semi-sferiche per i giocatori di campo, due basi rettangolari per i portieri con sbarre di metallo per controllarli, due porte realizzate con fil di ferro e metallo e un pezzo di gesso con il quale delimitare il terreno di gioco per il quale veniva consigliato di utilizzare una vecchia coperta, di colore verde possibilmente, facilmente reperibile all’ epoca dato che erano le coperte utilizzate dai militari. Durante gli anni 49- 50 vennero apportate varie modifiche al gioco in modo da renderlo più realistico e appetibile al pubblico. I giocatori non sono più stampati su cartoncino, e, data la difficoltà nel ritagliarli, le nuove figure sono realizzate in plastica di celluloide . Si cominciano a creare i primi accessori, come ad esempio un dispositivo di metallo per il sostegno della porta, le bandierine per segnalare i calci d’angolo, il campo ufficiale e la rete per le porte. Nel 1954 nasce la “Table Soccer Players Association”, l’Associazione dei giocatori di calcio da tavolo, tutt’ ora in attività.
1960 IL "PESO MASSIMO"
Nei primi anni ‘60, cominciano ad essere prodotte le figure in scala tridimensionali dei calciatori, destinante a diventare leggendarie caratteristiche del Subbuteo. Il calciatore rappresentato inizialmente era piuttosto scarno, senza troppi particolari, indossava una maglietta a maniche corte con lo scollo a V, era ritratto in una posizione che lo rendeva ancora molto bidimensionale. Questa figura, conosciuta come “The Early” o “il peso con le maniche corte”, venne prodotta fino al 1967, anno in cui fu sostituita con la figura conosciuta come “Peso Massimo”. Questa era più dettagliata, il calciatore indossava una maglietta a maniche lunghe con collo circolare ed era ritratto in pose più consone. E’ questo il periodo in cui il Subbuteo cominciò seriamente a prendere piede, le nuove figure tridimensionali infatti erano molto più attraenti per i bambini dell’ epoca e le nuove confezioni, più moderne e dotate di squadre complete erano molto più facili da vendere nei negozi incrementando quindi il giro d’affari e contemporaneamente la popolarità del gioco.
1970 GLI "ZOMBIE"
Nell’Agosto del 1970 si gioca il “Primo Torneo Internazionale di Calcio da Tavolo” nell’Hotel Savoy di Londra. Nel 1976 nasce la figura conosciuta come “Zombie”, per la necessità della Subbuteo Sports Games di creare una figura che potesse essere dipinta ed assemblata da una macchina, in modo da aumentare la velocità di produzione e conseguentemente di distribuzione. La figura era molto semplice, carente di sfumature e di particolari ed appariva “senza vita”, da cui il nome “Zombie” attribuitogli dagli appassionati. Se da un lato queste figure contribuirono ad una più veloce espansione del gioco, dall’ altro non piacquero mai troppo al pubblico, che le considerava brutte e tristi non ebbero il successo sperato.
1980 IL "PESO LEGGERO" E L’ERA WADDINGTON Nel 1981 nasce la figura chiamata “Peso Leggero”, una figura più dettagliata delle precedenti, che si potrebbe collocare a metà tra il “Peso massimo” e lo “Zombie”, del primo ha le ginocchia piegate e alcuni dettagli e del secondo ha la base, si distingue da entrambi però per il peso, è infatti più leggero, e per un disegno più fine e morbido in cui la maggior precisione per i dettagli permise l’ introduzione di logotipi, scudi e righe sulle maglie. Questa figura verrà utilizzata fino al 1996. Come per gli altri periodi anche in questo la produzione di nuovi accessori sempre più realistici, non conosce tregua, spiccano in particolare le transenne e la polizia a cavallo. L’Era Waddington comprende il periodo che va dal 1983 al 1995, in cui la fama del Subbuteo diminuisce sensibilmente. Wadington, viste anche le difficoltà di vendita del prodotto, diminuisce progressivamente i prodotti disponibili di Subbuteo. Nel 1987, forse l’ anno più negativo, c’erano solo due tipi di scatole in vendita nei mercati, l’Edizione Club e l’Edizione Coppa del Mondo del 1986.
1990-2012 LA FINE E LA RINASCITA
Hasbro acquista Waddington verso la metà dei ’90 ed apporta, oltre ad un sensibile taglio degli accessori, alcuni dei quali superflui, anche dei cambiamenti nel prodotto. Le nuove basi della Hasbro consistevano in un pezzo unico, di un unico colore, solido e privo di rondella metallica, con un fondo maggiore ed un bordo fine e più curvo per facilitare i movimenti di avanzamento.Nel 2000, Hasbro lancia dei nuovi set, sempre avvalendosi della licenza ottenuta dalla Premiership, vengono immesse sul mercato le squadre più popolari della Premier. Verso l’inizio del 2005, Hasbro, nel tentativo di risollevare le sorti del gioco, lancia nuovamente il Subbuteo sotto il nome di “photo-real” (foto reale), in questa ennesima nuova versione le figure sono di cartone, hanno la faccia e le sembianze dei calciatori reali appartenenti ad 8 dei più grandi Club europei. Ma anche quest’ultimo tentativo fallisce e dopo quest’edizione, Subbuteo sparisce dai negozi. Nel 2012 però riappare con forza un nuovo Subbuteo, che convoglia tradizione ed innovazione e mette a frutto le esperienze maturate nel corso del tempo non solo dai produttori ma anche dai giocatori ed amanti del gioco. Foto di figurini storici tratti dal libro "Subbuteo - Storia illustrata della nostalgia" di Daniel Tatarsky, edito da ISBN
SOCCER CHI LEGGE
Sono una "social" victim
Detesto gli stereotipi e l’aspetto glamour. Il calcio migliore si gioca nel sociale e l’unica moda che concepisco è l’attenzione delle squadre e dei giocatori alle problematiche reali. di ALENA SEREDOVA BUFFON illustrazione di NICOLA GOBBETTO
Q
uando mi hanno chiesto di esprimere un mio pensiero sul connubio calcio-moda, nella mia mente non si sono palesate immagini legate all’abbigliamento, alle pettinature bizzarre o ai preziosi accessori esibiti dai campioni o da chi, come me, viene spesso immortalata negli eventi legati al calcio. Sarebbe stato più semplice, sicuramente più leggero oltre che emblematico di uno stereotipo appiccicato a questo mondo da troppo tempo. Ma io detesto gli stereotipi e le cose semplici.Per questo motivo ogni volta che sfoglio le pagine dei settimanali o guardo servizi televisivi in cui si raccontano le “gesta” notturne, le vacanze esotiche, le ultime fuoriserie acquistate, le borse, gli occhiali, le scarpe o gli amori dei campioni, il mio pensiero si rivolge alle “battaglie sociali” di altrettanti campioni e di altrettante squadre di calcio. Battaglie contro la fame, la miseria, le ingiustizie umane e sociali, i drammi umanitari e i disastri ambientali. Il calcio è anche questo e questa è l’unica moda che vorrei veder dilagare in un momento storico come questo. Lo spettacolo e il gioco possono assurgere al ruolo di veri e propri ambasciatori delle emergenze reali. Ecco che penso a Stefano Borgonuovo, campione di vita dentro e fuori dal campo, che ha lottato per anni contro una malattia terribile, con coraggio, creando una Fondazione che porta il suo nome e che negli anni ha potuto contare sull'appoggio di tanti altri campioni. Ora non è più accanto a noi, ma la sua lotta continuerà a vivere grazie a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Penso a Roberto Baggio, più volte premiato per il suo impegno grande e costante al fianco dei più vulnerabili. Penso a tutte le Fondazioni nate in questi anni per portare speranza e futuro nei Paesi più
poveri. Penso alle magliette su cui vivono i loghi di importanti organizzazioni internazionali, un modo semplice per sensibilizzare e stimolare una raccolta fondi a sostegno dei loro progetti. Penso a tutti quei campioni che “usano” la propria visibilità e notorietà per farsi portavoce di campagne sociali che non troverebbero alcun spazio. Non è un caso che in questi ultimi anni le “Partite del Cuore” siano diventate un fenomeno crescente capace di coinvolgere non solo professionisti affermati, ma anche personalità del mondo della cultura, del giornalismo, dello spettacolo. Anche la UEFA ha percepito quanto i progetti sociali possano promuovere il calcio come strumento per stimolare il cambiamento sociale e migliorare la vita delle persone bisognose. Ecco perché, ogni anno, a Montecarlo, viene conferito il premio Charity Award UEFA di 1 milione di euro. Per finire vi racconto la mia piccola esperienza che forse spiegherà questa mia attenzione al sociale. Io e Gigi siamo vicini ad un’ organizzazione internazionale da molto tempo. Si Chiama SOS Villaggi dei Bambini e accoglie bambini privi di cure, in Italia e in 132 Paesi del mondo, da 60 anni. Perché loro? Perché ogni volta che guardiamo i nostri figli pensiamo a quanto siano fortunati nell’avere due genitori che li amano e li proteggono. Ci sono 146milioni di bambini nel mondo che non hanno questa fortuna e nel nostro Paese ce ne sono 30mila. Come avrei potuto non lottare anche per loro? Io farei qualsiasi cosa. Ecco che indossare una maglietta, presenziare ad un evento di raccolta fondi, adottare a distanza dei bambini, sostenere dei loro progetti diventa solo una magnifica esperienza di solidarietà. Sono una “social victim”. Se ognuno di noi lo fosse, potremmo cambiarlo questo mondo. Se non tutto, almeno in piccola parte.
Alena Seredova
errearepublic.com
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