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S H O P M A X A N D C O.C O M
Via San Pietro all’Orto, 17 Milano
vicmatie.it
EDITORIAL
FASHIONTREND 33 BY FRANCESCA SOFIA CHIAPPONI illustration martina gras
STRANGE WEATHER
©
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INDEX 33 EDITORIAL>>6//INDEX>>8// PRELUDE*EVENT>>10//ART>>12//JEWELS>>14// BEAUTY>>16//BOOKS>>18//MUSIC>>20 MAGHREB*>>22// FROM DUSK ‘TIL DAWN>>24// RE-FOLK: MEDITERRANEAN DESIGN>>30// THE FASHION SOUK>>36//TINARIWEN>>44// HOLY WAR>>50// SPELLBOUND>>60// BLOSSOM IN THE DESERT>>70// IUTER LIKE THE PARTY!>>80// THE TALENTED MR. BAILEY>>84// MONOLOGUES BY YAZ BUKEY>>94// RCK N RLL ESCAPE>>100//IRREVERENT>>110// NEW TECH IN MOTION>>114// ARTIFICIAL BEAUTIES>>120// HAPPY DRAWING>>128//MISE EN ABYME>>134// COLOPHON>>142//SUBSCRIPTION>>143// SHOPPING LIST>>144//
by Francesca Cogoni
Engaged Art Fino a poco tempo fa, di norma, spettava a un curatore con un solido curriculum alle spalle elaborare il progetto espositivo di una Biennale d’Arte. Ma da qualche anno a questa parte, si è fatta strada una nuova figura: quella dell’artista che si cimenta nei panni del curatore, talvolta con esiti inaspettatamente interessanti. A sviluppare il concept curatoriale della 7. Berlin Biennale for Contemporary Art ‒ dal 27 aprile al 1 luglio in diverse sedi della capitale tedesca ‒ è stato invitato per l’appunto un artista. Artur Żmijewski (Varsavia, 1966) tuttavia non può essere definito semplicemente un ‟artista”. Egli è anche un fiero attivista e membro del movimento politico polacco Krytyka Polityczna. Per lui ricerca artistica e impegno sociale sono indissolubilmente legati, come dichiara nel suo manifesto The Applied Social Arts. Żmijewski ha le idee chiare: l’arte deve agire come un servizio per la collettività, sottrarsi alle regole del mercato e influire sull’opinione pubblica. La sua opera, infatti, nulla ha a che spartire con principi estetici fini a se stessi o processi creativi avulsi dalla realtà. Per ideare il programma della mostra, Żmijewski ha chiamato al suo fianco, oltre alla giovane curatrice conterranea Joanna Warsza, nientemeno che il collettivo artistico russo Voina (‟guerra”), che dal 2005 si esprime per mezzo di azioni pubbliche contro il governo del proprio Paese. I suoi membri (Oleg Vorotnikov, Natalya Sokol, Leonid Nikolajew e Kasper Nienagliadny Sokol), più volte arrestati a causa delle loro provocatorie incursioni, credono fermamente nel gesto artistico inteso come statement politico. Non c’è dubbio, la settima Berlin Biennale punterà a scuotere le coscienze piuttosto che a compiacere, privilegiando la presa di posizione anziché la neutralità e calandosi senza compromessi nei meandri oscuri dell’attualità e della storia recente. Up until recently if you needed someone to cover the curatorial concept of an Art Biennial you’d call on a curator with a solid curriculum to their credit. But over the last few years a new figure is coming to the fore: the artist in the curator’s shoes, often with interesting results. Developing the curatorial concept of the 7th Berlin Biennial for Contemporary Art ‒ 27th April to 1st July in a variety of venues in the German capital ‒ is indeed an artist. Artur Żmijewski (Warsaw, 1966), not exactly one you’d define simply an “artist”. He’s also a proud activist and member of the Polish political movement Krytyka Polityczna. For him there’s an indivisible bond between art and social commitment, as he declares in his manifesto The Applied Social Arts. Żmijewski’s ideas are clear: art has to be at the service of the collective, abandon the rules of the market and have an effect on public opinion. Indeed his work has nothing in common with aesthetic principles for their own sake, or creative processes outside of reality. To create the exhibition program, in addition to young compatriot curator Joanna Warza, Żmijewski called on none other than the Russian artists collective Voina (‟war”) that’s been expressing itself through public actions against its country’s government since 2005. Its members (Oleg Vorotnikov, Natalya Sokol, Leonid Nikolajew and Kasper Nienagliadny Sokol), have been arrested several times for their provocative incursions, and fiercely believe in the artistic gesture intended as political statement. There’s little doubt the Berlin Biennial week will be aiming to shake up consciences rather than please the eye, taking a stance rather than remaining neutral, and descending without comprise into the obscure meanders of actuality and recent history.
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BERLINBIENNALE.DE
Artur Zmijewski, 80064, 2004. Video, 11 min. Courtesy Galerie Peter Kilchmann, Zurigo; Oksal Gallery Foundation, Varsavia.
by Roberta Molin Corvo
Paul Chiappe Le opere di Paul Chiappe si astengono dal colore, potrebbero sembrare fotografie ma non lo sono. Questo giovane artista scozzese ha sviluppato, infatti, un suo stile di disegno iperrealista a prescindere da tutti i suoi contemporanei, stabilendo con la matita un rapporto che va ben oltre l’idea classica dello strumento - schizzi e tratti legati all’improvvisazione sono un linguaggio in libertà che non gli appartiene. Le sue opere sono realizzate con precisione clinica, ossessiva, risultando al contempo seducenti e trascendentali. I suoi soggetti non s’ispirano alla vita né alla memoria, pur trovando spunto in foto del passato, trovate in vecchie scatole o negli scantinati dei negozi dell’usato. Sono immagini che ritraggono bambini nelle scuole - foto di fine anno, una festa, momenti di ricreazione. Alcuni dei suoi disegni a volte non sono più grandi di un francobollo e la lente d’ingrandimento diventa, quindi, indispensabile per poterli analizzare nei minimi particolari - una laboriosità fanatica, quasi chirurgica, che per ogni opera implica tre mesi di lavoro. Tra queste, spiccano miniature di grande abilità, realizzate a mano libera, che evocano nostalgia, tristezza, inquietudine, e che si offrono allo spettatore come un’illusione, distorcendo la realtà dei personaggi illustrati fino a renderli fantasmi, offuscati, sbiaditi, intrappolati in spettacolari ombre di bianco e nero. Nota biografica: Paul Chiappe nasce a Kirkcaldy nel 1984. Vive e lavora a Edinburgo in Scozia. Nel 2005, alla fine del suo primo ciclo di studi al BA Drawing & Painting College of Art, vince l’Andrew Grant Bequest Award Prize. Prosegue poi il suo percorso all’ MFA Edinburgh College of Art. The works of Paul Chiappe abstain from colour, they could seem like photographs but they are not. This young Scottish artist has indeed developed a hyper-realistic drawing style regardless of all his contemporaries, developing with his pencil a relationship that goes well beyond the classic idea of that tool– improvised sketches and lines are part of a language that doesn’t belong to him. His works are created with clinical, obsessive precision, and the results are as seductive as they are transcendental. His subjects are not inspired by either life or memory, some draw on photos from the past found in old boxes or in the cellars of junk shops, images portraying children’s school yearbooks, new year parties, moments of play. Some of his drawings are no bigger that a postage stamp and you need a magnifying glass to be able to analyse the tiny details – a fanatical almost surgical laboriousness: every drawing means at least three months work. They include incredible miniatures realised free-hand, invoking evoke nostalgia, sadness, disquiet and that offer themselves to the observer as an illusion, distorting the reality of the characters portrayed to the point of rendering them as ghosts, obscured, faded, trapped in spectacular shadows of black and white. Biographical note: Paul Chiappe was born in Kirkcaldy in 1984. He lives and works in Edinburgh Scotland. In 2005, at the end of his first round of studies at the BA Drawing & Painting College of Art, he won the Andrew Grant Bequest Award Prize. He continued his study course at the MFS Edinburgh College of Art.
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PAULCHIAPPE.CO.UK
Untitled 48 - 2010 Drawing Size: 3.6 x 3.4 cm
by Ali Filippini
Wear your Tag Quando il jewelry design si ispira all’arte concettuale ci si può ritrovare al collo semplici parole al posto di pietre o decorazioni. L’idea, a ben vedere, è anche un po’ pop: tag-garci con una targhetta preziosa, in oro o argento, per definire il nostro ego o pensiero. Il prodotto è lavorato rigorosamente a mano per fare in modo che ogni gioiello sia diverso dall’altro e conservi quelle piccole differenze che rendono unica ogni piccola serie; la personalizzazione continua con la possibilità di scegliere il proprio “statement”, e per i più audaci viene in aiuto un divertente questionario on line che risponde con la tag appropriata. La designer, Valentine Franc, dopo aver lavorato come stilista e costumista, soprattutto in Francia (sono suoi i costumi di Nikita di Luc Besson), e amando, oltre la moda, anche l’arte (di Louise Bourgeois e Douglas Gordon, ad esempio) e il design, ha scelto di dedicarsi completamente al nuovo progetto che porta il suo nome. Un’etichetta per lei? Changing. When jewellery design looks to concept art for inspiration you may find yourself simply with words around your neck in place of precious stones or decorations. But if you take a closer look, the idea is even a bit pop: labelling ourselves with a precious tag in gold or silver, to define our egos or attitudes. The tags are strictly hand-made so each piece keeps those little differences that make any limited series unique, and the differences don’t end there: you can customise yours with your own “statement”, and for the more audacious there’s a fun on-line questionnaire to do that comes back with the tag that suits you best. The designer, Valentine Franc, after working as stylist and costume designer (the clothes in Luc Besson’s Nikita are hers) and loving art and design (Louise Bourgeois and Douglas Gordon for example), chose to dedicate herself completely to this new project that bears her name. The tag for her? Changing.
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VALENTINETAGS.COM
VALENTINE SLIM AND FAT TAGS, IN SILVER, LIMITED EDITION
by Betty Demonte
Natural Rhythms La storia di Dr. Hauschka nasce dall’incontro di due sensibilità, e la giusta dose di alchimia. Tra gli anni ‘50 e ’60 il chimico viennese Rudolf Hauschka e la beauty expert Elisabeth Sigmund creano un marchio speciale di prodotti green: trattamenti per viso e corpo ottenuti con metodi di coltivazione biodinamica, in linea con i principi antroposofici e uno sguardo all’aromaterapia. Nel giardino botanico di Eckwaelden, in Germania, sono oltre 150 le specie di piante officinali coltivate. Un’oasi di oltre quattro ettari abbracciata da montagne e ruscelli, stagni e alveari, boschi e campi di fiori, dove l’uomo lavora seguendo il ritmo della natura. Con semplicità e gentilezza. Nascono così rimedi e cosmetici deluxe dal packaging essenziale, distribuiti in tutto il mondo. Rosa e lavanda, calendula e amamelide, salvia e assenzio. Ma anche radici e cortecce. Un’ecosistema popolato da animali e insetti in cui boccioli e gambi, frutti e petali sono raccolti a mano per diventare, infine, l’anima di olii da bagno, creme viso specifiche, maschere e make-up. I nuovi trattamenti per il corpo targati Dr. Hauschka sono gli alleati perfetti per celebrare l’inizio di una nuova primavera. Tre balsami corpo – Lavanda & Sandalo, Mandorla, Rosa – che insieme al Latte alla Cotogna e al Latte al Limone Lemongrass hanno proprietà specifiche: riequilibranti, armonizzanti, rivitalizzanti e nutrienti. Ognuno con una fragranza inconfondibile. Dalla semina al raccolto, fino alla nostra pelle, in un equilibrio olistico tra i più magici e puri. The story of Dr. Hauschka stems from the meeting of two sensitivities, and the right dose of alchemy. Between the ‘fifties and ‘sixties , Viennese chemist and beauty expert Elisabeth Sigmund create a special brand of green cosmetics: treatments for face and body obtained through biodynamic cultivation methods based on anthroposophic principles and an eye on aromatherapy. The botanical garden in Eckwaelden, Germany grows more than 150 species of medicinal plants. An oasis of over four hectares embraced by mountains and streams, pools, woods and flowering meadows, where man works following the rhythm of nature. With simplicity and gentleness. These are the origins of luxury cosmetics and remedies in simple packaging, distributed throughout the world. Rose and lavender, calendula and witch hazel, sage and absinth, along with a variety of roots and barks. An ecosystem populated by animals and insects where buds and stems, fruits and petals are gathered by hand to be transformed into the essence of bath oils, special face creams, masks and make-up. The new body treatments with the Dr. Hauschka brand are the perfect allies to celebrate the start of a new spring with. Tree balsams for the body – Lavender & Sandal, Almond and Rose – that along with the Quince Milk and Lemon Milk have very specific properties: rebalancing, harmonizing, revitalizing and nourishing. Each one with an unmistakable fragrance. From sowing to harvest, and on to our skin, in a holistic balance between magic and purity.
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DRHAUSCHKA.COM
The last samurai by Elena Valdini
Flying pages «A Drohobycz, una piccola città della Galizia Orientale, c’è una vecchia casa dai muri scrostati». Nadia Terranova racconta che qui nel 2001 il regista Benjamin Geissler e la sua troupe hanno scoperto «cinque splendidi affreschi» con ritratte «immagini ispirate alle fiabe dei fratelli Grimm». Molti anni prima era la stanza dei figli di un ufficiale delle SS, Felix Landau. In quegli affreschi, la strega ha il volto dell’amante dell’ufficiale e i boschi assomigliano a quelli vicini alla casa. Ancora un ritratto colpisce: «Il cocchiere ha i tratti inconfondibili di Bruno Schulz, scrittore e disegnatore ebreo polacco, lì rinchiuso proprio da Landau con l’ordine di dipingere la camera dei suoi figli». A settant’anni da quando Bruno Schulz venne ammazzato da un ufficiale nazista nell’autunno del 1942 nel ghetto di Drohobycz, il suo ricordo rivive ora nell’albo illustrato “Bruno. Il bambino che imparò a volare”, scritto da Nadia Terranova e illustrato da Ofra Amit, che Orecchio Acerbo ha da poco pubblicato in occasione della Giornata della Memoria. Quaranta pagine che ci raccontano di un bimbo al quale il padre aveva insegnato che «la materia pullulava di vita, bisognava solo stanarla e forgiarla», un padre capace di straordinarie metamorfosi, diventava ora un uccello colorato, ora uno scapolo di stoffa, e Bruno si domandava come avrebbe fatto a imitarlo, anche a causa di quella sua grossa testa «che gli avrebbe reso impossibile il volo di un uccello, il rapido passo di un ragno e la destrezza di un pompiere». Un libro scritto e illustrato con grande sensibilità, da far leggere e leggere insieme ai nostri ragazzi, da conservare nelle biblioteche delle nostre città e delle nostre case. Si tratta del terzo titolo, dopo “L’albero di Anne” e “La portinaia Apollonia”, che l’editore pubblica per la Giornata della Memoria, volume stampato su carta Fedrigoni Arcoprint Extra White, un cartonato (formato 21 x 30,5) dalla legatura bodoniana, consigliato dai dieci anni in su. Alla domanda «La suprema ispirazione?» Bruno Schulz rispondeva «tornare a essere bambino». In vita ha pubblicato solo due raccolte di racconti “Le botteghe color cannella” (1932) – definita da Bohumil Hrabal «un libro che entra nella sfera della genialità – e “Il Sanatorio all’insegna della clessidra” (1937). Ha tradotto in polacco “Il processo” di Kafka, scritto qualche altro racconto e un epistolario. Il suo romanzo “Il Messia” è andato perduto durante la guerra. Pochi volumi in tutto, eppure, come racconta anche David Grossman nel prezioso saggio “Tutto il possibile infinito” – che accompagna la raccolta “L’epoca geniale e altri racconti” (Einaudi), dieci scritti di Schulz scelti dallo stesso Grossman –, «autori del calibro di Philip Roth, Danilo Kis, Cynthia Ozick, Nicole Krauss, e altri ancora hanno parlato di lui, trasformandolo in un personaggio dei loro libri o rievocando la storia della sua vita». Che l’intelligenza di Nadia Terranova, Ofra Amit e Orecchio Acerbo fanno rivivere contro la banalità del male. «In Drohobycz, a small city of Eastern Galicia, there’s a little house with crumbling walls». Nadia Terranova tells that here in 2001 director Benjamin Geissler and his troupe discovered «five splendid frescoes » portraying «images inspired by Grimm’s fairy tales». Many years earlier it had been the children’s room in the home of an SS officer, Felix Landau. In those frescoes, the witch has the face of the officer’s lover and the woods look like the ones around the house. In another striking portrait: «the coachman has the unmistakable traits of Bruno Schulz, the Jewish Polish writer and artist, imprisoned there by Landau with the order of painting his children’s room ». Seventy years on from when Bruno Schulz was murdered by a Nazi officer in the autumn of 1942 in the ghetto of Drohobycz, his memory lives on in the illustrated book “Bruno. The Boy Who Learned To Fly”, written by Nadia Terranova and illustrated by Ofra Amit, that Orecchio Acerbo published for Shoah Memorial Day. Forty pages that tell the story of a boy whose father taught that «matter is teeming with life, all it takes is to draw it out and forge it», a father capable of extraordinary metamorphoses, now a colourful bird, now a piece of cloth, and Bruno asked himself how would he ever manage to mimic him, also because of his huge head «that would have made impossible the flight of a bird, the quick steps of a spider or the dexterity of a fireman ». A book written and illustrated with great sensitivity, to read along with our children, and keep in the libraries of our cities and homes. It’s the third title, after “L’albero di Anne” and “La portinaia Apollonia”, that the house has published for the Shoah Memorial day. Printed on Fedrigoni Arcoprint Extra White paper, a hardback (21 x 30.5) with Bodonian binding, it is highly recommended for children ten years and older. To the question «The supreme inspiration?» Bruno Schulz replies «returning to childhood ». While living he only published two story collections “Le botteghe color cannella” (1932) – defined by Bohumil Hrabal «a book that enters the sphere of genius – and “Il Sanatorio all’insegna della clessidra” (1937). He translated Kafka’s “The Trial” into Polish, wrote a few other stories and a collection of letters. His novel “Il Messia” was lost during the war. Few volumes altogether, but, as David Grossman tells in the precious essay “Tutto il possibile infinito” – that accompanies the collection “L’epoca geniale e altri racconti” (Einaudi), ten of Schulz’s writings chosen by Grossman himself –, «authors of the calibre of Philip Roth, Danilo Kis, Cynthia Ozick, Nicole Krauss, and many others have spoken of him, writing him into a character of their books, or re-evoking the story of his life ». That the intelligence of Nadia Terranova, Ofra Amit and Orecchio Acerbo evokes against the banality of evil.
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ORECCHIOACERBO.COM
An illustration by Ofra Amit from "Bruno. The boy who learned to fly" (Orecchio Acerbo).
by Tommaso Toma
Beth Jeans Houghton Una ragazza che ha la stoffa per diventare una figura di spicco del nuovo pop folk. Beth ha 22 anni ed è cresciuta a Newcastle, certo un luogo poco attraente per una giovane piena di idee e talento. Si fa notare a soli 18 anni per un EP Hot Toast Volume 1 e viene messa sotto le ali protettive di due altrettanto giovani cantautrici che però hanno già assaporato il successo: Laura Marling e Florence Welsh. Con loro si presenta sui palchi di mezza Gran Bretagna e da subito colpisce la maturità della voce della ragazza che possiede un tono tiepido, che ricorda un’artista di culto del folk come Vasti Bunyan, e un’eleganza simile a quella di Kate Bush. Ma non aspettatevi la solita giovane con stivaloni, gonna floreale a balze e capelli al vento. No, Beth di recente si è presentata davanti ai giornalisti del The Guardian – che stravedono per lei – con addosso una tuta da tigre! Il suo look è in costante trasformazione passando da accostamenti cromatici vicini a una giovane punk rock a una versione naif di Lady Gaga. Tutti parlano di lei e per lei ha appena preso una cotta Anthony Kiedis che ha 25 anni in più di Beth. Tutto perfetto per parlare di una nuova stella. Ma intanto è uscito il suo disco di debutto per la storica label Mute: Yours Truly, Cellophane Nose registrato assieme alla sua ottima band, i The Hooves Of Destiny. Un sound pastorale ma anche bizzarro e raffinato avvolge l’ascoltatore. Beth non esita a svelare che molto coraggio lo ha trovato ascoltando i dischi di Frank Zappa, ammirandone il coraggio e il flirt continuo che il geniale musicista baffuto aveva con la musica colta. Alcune canzoni sono già al primo ascolto degli istant classic: Dodecahedron, Sweet Tooth Bird e la leggiadra NightSwimmer. Curiosi adesso di vederla dal vivo. A girl who has what it takes to become a leading light of new pop folk. Beth is 22 and grew up in Newcastle, certainly not one of the most attractive places for a young girl full of ideas and talent. She first got herself noticed when she was just 18 for the EP Hot Toast Volume 1 and came under the protective wing of two equally young singer-songwriters who had already had a taste of success: Laura Marling and Florence Welsh. With them she toured the stages of half of England and right from the start the maturity of this girl’s voice struck a chord with its warm tone, reminiscent of cult folk artists like Vasti Bunyan, and an elegance akin to Kate Bush. But don’t expect the usual young woman in boots and floral flouncy skirt and unkempt hair. No, Beth recently did a press conference for journalists from The Guardian– who absolutely love her – wearing a tiger print jumpsuit! Her look is constantly changing, from young punk rocker to a naif version of Lady Gaga. Everyone’s talking about her, and Anthony Kiedis (25 years her senior) has just got a crush on her. Everything points toward the birth of a new star. But in the meantime her debut album was released on the historic Mute label: Yours Truly, Cellophane Nose recorded with her amazing band The Hooves Of Destiny, embracing listeners in sound that’s pastoral, but bizarre and refined as well. Beth doesn’t hesitate to tell us about the encouragement she gets listening to stuff by Frank Zappa, and admires him the courage of that mustachioed musical genius and his continual flirting with sophisticated music. Some tracks are instant classics at first hearing: Dodecahedron, Sweet Tooth Bird and the graceful NightSwimmer. We couldn’t wait to see her in the flesh.
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INTERVIEW ?!
The album you have listened to more frequently in the last period All Things Must Pass by George Harrison, Over-Nite Sensation by Frank Zappa and Ice Cream For Crow of Captain Beefheart The first album you got Baby One More Time Britney Spears The soundtrack of the first kisses Motorway traffic and birds Who did you like when you were 15? A lot of Motown, Red Hot Chili Peppers, Zappa, Mamas & Papas And now? All of the above and more, Harry Nilsson, Mott The Hoople, Paul Williams A soundtrack to make love? Greatest Hits Buddy Holly To get ready to go out Leader of the Pack Shangri Las On sunday morning? Vetiver by Vetiver (especially track 7) and Arboretum Your favourite cover version These Days Nico (originally Jackson Browne) And your favourite cover artwork Melanie’s Garden In The City... it’s scratch and sniff and has a sticker that says “scratch Melanie’s garden to sniff it” The most exciting concert you ever seen? Too many to choose but one would be Flaming Lips at Bestival last year. An unavoidable passion Love A personal definition of your kind of music Constantly mutating psychedelic operatic sonic theatre that will never be played the same twice.
myspace.com/bethjeanshoughton
Carpets: La Califfa Peter Skirt: Nicolas Julitta Scarfs: Mauro Grifoni & Corneliani Blouse: Replay Matthew Blouse: Hermès Trousers: Gazzarrini Hat: Lucio Vanotti Scarf: HTC
maghreb
‘til dawn tear us apart Pictures by: Ivan Muselli Style by: Ellen Mirck @ Close Up Milano
From Dusk ‘Til Dawn text by SANTA NASTRO
Places in unrest, revolution. Lands of change, tension, of unashamed wealth and poverty unopposed poverty. Where the seeds of protest were sown and germinated into war. And where artists are struggling to gain a voice. In the face of the West and its diktats.
ALGERIA, LIBIA, TUNISIA, MAROCCO, MAURITANIA, TANTO PER CHIARIRCI DOVE SIAMO. IL MAGHREB, CHE IN ARABO SIGNIFICA TRAMONTO, NELL’ULTIMO QUINQUENNIO HA ASSUNTO PIÙ CHE ALTRO I CONNOTATI DI UNA FRIZZANTE ALBA. IL SOLE BATTE ALTO NEL CIELO, CALDO ED INSISTENTE, PROSCIUGANDO LA TERRA, MA NON LE ENERGIE. IN QUESTI MONDI, CHE LE CRONACHE RECENTI HANNO RESO TEATRO DI GRANDI MOVIMENTI POLITICI E SOCIALI CHE HANNO CAMBIATO LA STORIA, STA EMERGENDO UNA FORTE ECCITAZIONE CREATIVA E NARRATIVA. UNA GRANDE VOGLIA DI RACCONTARE SE STESSI E GLI ALTRI. MALGRADO TUTTO, MALGRADO LE ETICHETTE APPICCICATE DALL’OCCIDENTE. COSÌ, CAPITA CHE MARRAKESH, CON LE SUE GRANDI PIAZZE RIGURGITANTI DI VITA E LE SUE MERAVIGLIOSE DECORAZIONI ARABESCANTI, DIVENTI TEATRO DI UNA BIENNALE DI ARTE CONTEMPORANEA - (FONDATA NEL 2005) - CHE INAUGURA IL 29 FEBBRAIO E CHE STA GIÀ FACENDO PARLARE MOLTO DI SÉ. SI CHIAMA SURRENDER, CHE PUÒ VOLER DIRE SIA RISCATTO CHE RINUNCIA, ED È CURATA DA NADIM SAMMAN E CARSON CHAN. TRA GLI OBIETTIVI PRINCIPALI C’È LA PROMOZIONE DELL’ARTE NORDAFRICANA E LA COSTITUZIONE DI UN SISTEMA CULTURALE COMPETITIVO; TRA GLI ARTISTI (CON L’AGGIUNTA DI QUALCHE TESTA DI SERIE PROVENIENTE DA OVEST), ALCUNI TRA I MIGLIORI ESPONENTI DI QUESTA NUOVA SCENA CON ARTI VISIVE, MUSICA, PERFORMANCE E LETTERATURA. ASPETTANDO CHE LA MOSTRA APRA I BATTENTI, VOGLIAMO RACCONTARVELA NOI L’ARTE DEL MAGHREB. IN TRE PAROLE. PASSAGGIO PUÒ CAPITARE DI PERCORRERE LA STRADA AL CONTRARIO, O ALMENO COSÌ SI DIREBBE. NASCERE A PARIGI ED ESSERE EDUCATA A TANGERI. È CIÒ CHE ACCADE A YTO BARRADA, CLASSE 1971, LA QUALE STUDIA SCIENZE POLITICHE E FOTOGRAFIA ED UNISCE ENTRAMBE LE DISCIPLINE NEL SUO MONDO ARTISTICO. IL SUO LAVORO, È IL CROCEVIA DI PASSAGGI NON SEMPRE FACILI, IN GRADO DI GENERARE INCONTRI, MA ANCHE DIVISIONI. IL CONTESTO TERRITORIALE È FONDAMENTALE ANCHE NELL’OPERA DELL’ARTISTA-FOTOGRAFO ALGERINO MOHAMED BOUROUISSA, IL QUALE, TUTTAVIA, DEDICA LA SUA ATTENZIONE ALLA QUESTIONE DELLE PERIFERIE URBANE, PASSAGGI, ANCORA UNA VOLTA STRETTISSIMI E DIMENTICATI DA DIO, DOVE CRESCONO E A VOLTE SI CONTORCONO LE VITE SFORTUNATE DI BAMBINI CHE DIVENTANO ADULTI. BIOGRAFIA QUELLA DI QAIS AL-HALALI È EROICA, MA STRAZIANTE. COME, A GUARDARLI BENE, SONO LE SUE VIGNETTE E I SUOI MURALES; TRANCHE DI UNA STORIA CHE HA SCONVOLTO, EMOZIONATO ED ATTERRITO LA LIBIA, DA CUI PROVIENE, MA ANCHE L’OCCIDENTE. IL PIÙ FAMOSO È QUELLO PER IL QUALE È MORTO, TRAFITTO DA UN PROIETTILE: IL RITRATTO DI MUHAMMAR GHEDDAFI SU UN MURO DI BENGHAZI. L’ALTRA FACCIA DEL YES
(english)
WE CAN, ICONA DELLA SPERANZA RITRATTA DA SHEPHARD FAREY. SIMILMENTE, IL GIOVANE TUNISINO MEHDI BOUANAN USA LA SUA PITTURA PER RACCONTARE LE CONTROVERSIE POLITICHE CHE RAPPRESENTANO NON SOLO IL SUO MONDO, MA ANCHE QUELLO CIRCOSTANTE, DALLA SITUAZIONE ISTITUZIONALE TUNISINA ALL’IRAQ DI SADDAM HUSSEIN. MENO DRAMMATICA, MA COMUNQUE RACCOLTA SUI TEMI DELL’IDENTITÀ E DELLA DIASPORA, NEI QUALI L’ARTISTA ALGERINA INCASELLA LA PROPRIA STORIA PERSONALE, È L’ESITO DELLA RICERCA CONDOTTA DA ZINEB SEDIRA. CHE QUESTO AVVENGA ATTRAVERSO UNA DISAMINA SULL’ARCHITETTURA O ATTRAVERSO LA DESCRIZIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE (E CULTURALE) ATTRAVERSO LA “MADRE LINGUA” CHE L’ARTISTA ADOTTA CON LA PIÙ ANZIANA MADRE O LA GIOVANE FIGLIA, NON CONTA. PUNTI DI VISTA E NON È SOLO IMPORTANTE GUARDARE LE COSE DIRETTAMENTE DALL’INTERNO, MA ANCHE PORTARLE FUORI, FARLE CONOSCERE, APPROFONDIRE DIVERSI, ETEROGENEI PUNTI DI VISTA. È QUELLO CHE HA FATTO L’ASSOCIAZIONE CULTURALE AMAZELAB CON IL PROGETTO TANGER TANGER, DIRETTO NEL 2008 DA CLAUDIA ZANFI, PROPONENDO ALLA TRIENNALE DI MILANO UNA RIFLESSIONE SULLA CULTURA MAROCCHINA E SUL CONCETTO DI MIGRAZIONE, CREANDO UNA MAPPA “AD ARTE” DELLA CITTÀ IN FORMA DI WALLPAPER, CHIAMANDO CINEMATHÈQUE DE TANGER (FONDATA DALLA BARRADA) A PRESENTARE UNA SELEZIONE DI FILM E INVITANDO AD “ASCOLTARE” MUSICA, LETTERATURA E ODORI PROVENIENTI DA UN SAPERE CHE LE CONTESE E LA POLITICA HANNO VOLUTO ALLONTANARE DA NOI, MA CHE, TUTTAVIA, SONO MOLTO PIÙ VICINI DI QUANTO IMMAGINIAMO. COSICCHÉ UGUALMENTE ARDITO DIVENTA L’ESPERIMENTO CONDOTTO DALLA VOICE GALLERY DI MARRAKESH, RECENTEMENTE NATA IN CITTÀ CON UNA SELEZIONE DI ARTISTI PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO, QUALI BIANCO E VALENTE, MARIA JOSÈ ARJONA E MIHAEL MILUNOVIC. QUEST’ULTIMO, SERBO DI ORIGINE E ALLA SUA PRIMA PERSONALE AFRICANA, REINTERPRETA CON LE SUE OPERE PITTORICHE E SCULTOREE, LE ATMOSFERE CHE RICEVE DAL CONTINENTE. LE SUE MACCHINE IMPOSSIBILI RAPPRESENTANO NON TANTO SCENARI IMMAGINIFICI, QUANTO TERRIFICANTI TANGIBILI REALTÀ. LE QUALI, COME CONFERMA IL CURATORE LORAND HEGYI, HANNO UN UNICO OBIETTIVO: DISTURBARE E INFASTIDIRE LE NOSTRE CONVENZIONI MORALI, POLITICHE, IDEOLOGICHE. ALGERIA, LIBYA, TUNISIA, MOROCCO, MAURITANIA, JUST SO YOU KNOW WHERE WE’RE TALKING ABOUT. THE MAGHREB, THE ARABIC NAME FOR THE REGION THAT MEANS ‘LAND OF THE SETTING SUN’, SEEMS TO HAVE TAKEN ON MORE OF THE CONNOTATIONS OF THE LAND OF A BRILLIANT DAWN OVER THE LAST FIVE YEARS. THE SUN IS HIGH IN THE SKY, HOT AND MERCILESS, DRYING OUT THE LAND BUT NOT THE ENERGIES. IN THE-
SE WORLDS, THEATRES OF A POLITICAL AND SOCIAL TURMOIL THAT IS CHANGING HISTORY, INCREDIBLE CREATIVE AND NARRATIVE ENERGY IS BEGINNING TO EMERGE. AN ENORMOUS DESIRE TO TELL ITS STORY DESPITE EVERYTHING, DESPITE THE LABELS PINNED TO IT BY THE WEST. THE CAPITAL OF THIS ARTISTIC FERMENT IS MARRAKESH, WITH ITS GRAND SQUARE TEEMING WITH LIFE AND SPLENDID ARABESQUE DECORATION, AND NOW THE VENUE OF A CONTEMPORARY ART BIENNIAL - (BEGUN IN 2005) – WHICH STARTS ON THE 29TH OF FEBRUARY AND IS ALREADY BEING WIDELY TALKED ABOUT. IT’S ENTITLED SURRENDER, THAT YOU CAN TAKE AS EITHER REDEMPTION OR RELINQUISHMENT, AND IS CURATED BY NADIM SAMMAN AND CARSON CHAN. IT’S MAIN AIMS ARE TO PROMOTE NORTH AFRICAN ART AND THE ESTABLISHMENT OF A COMPETITIVE CULTURAL SYSTEM. AMONG THE ARTISTS (WITH THE ADDITION OF SOME HEADS FROM THE WEST), SOME OF THE MOST PROMISING EXPONENTS OF THIS NEW SCENE, WITH VISUAL ARTS, MUSIC, PERFORMANCES AND LITERATURE. WHILE AWAITING THE INAUGURATION, WE TAKE THE OCCASION TO FILL YOU IN ABOUT ART IN THE MAGHREB. IN THREE WORDS. PASSAGES TAKING A ROAD THE OPPOSITE WAY IS A THING THAT CAN HAPPEN, SOME SAY. BEING BORN IN PARIS AND EDUCATED IN TANGIERS IS MAYBE AN EXAMPLE. THAT’S WHAT HAPPENED TO YTO BARRADA, CLASSO ‘71, WHO STUDIED POLITICAL SCIENCE AND PHOTOGRAPHY AND COMBINED THEM IN HIS ARTISTIC WORK. HIS WORK IS THE CROSSROADS OF PASSAGES THAT AREN’T ALWAYS EASY, THAT LEAD TO MEETINGS BUT ALSO TO DIVISIONS. THE TERRITORY IS ALSO FUNDAMENTAL TO THE WORKS OF ALGERIAN ARTIST-PHOTOGRAPHER MOHAMED BOUROUISSA, WHO FOCUSES ATTENTION ON THE CITY SUBURBS, PASSAGES, NARROW AND GODFORSAKEN, WHERE THE UNFORTUNATE LIVES OF CHILDREN BECOMING ADULTS GROW AND SOMETIMES BECOME TWISTED. BIOGRAPHY THE ONE FOR QAIS AL-HALALI IS HEROIC, BUT AGONIZING. IF YOU THINK ABOUT IT, VERY MUCH LIKE HIS CARTOONS AND MURALS, EXCERPTS OF A STORY THAT INCITED, DEVASTATED AND TERRIFIED LIBYA, HIS HOMELAND, AS WELL AS THE WEST. THE MOST FAMOUS ONE HE DIED FOR: ACCORDING TO WITNESSES, HE HAD JUST DRAWN A CARICATURE OF MUHAMMAR GHEDDAFI ON A WALL IN BENGHAZI WHEN THE BULLET HIT. THE OTHER FACE OF YES WE CAN, ICON OF HOPE PORTRAYED BY SHEPHARD FAREY. LIKEWISE, YOUNG TUNISIAN MEHDI BOUANAN USES HIS ART TO SPEAK ABOUT THE POLITICAL UNREST NOT JUST OF HIS WORLD, BUT OF THE SURROUNDING REALITIES, FROM THE SITUATION IN TUNISIA TO SADDAM HUSSAIN’S IRAQ. LESS DRAMATIC, BUT NEVERTHELESS STILL ON THE SUBJECT OF IDENTITY AND DIASPORA, IS THE WORK OF ZINEB SEDIRA, WHO CATEGORISED HIS OWN PERSONAL STORY UNDER DIASPORA. WHE-
THER THIS COMES ABOUT THROUGH ANALYSES ON ARCHITECTURE OR THROUGH THE GENERATIONAL (AND CULTURAL) PASSAGE THROUGH THE “MOTHER TONGUE” THAT THE ARTIST USES WITH THE OLDEST MOTHER OR THE YOUNGEST DAUGHTER, DOESN’T MATTER. POINTS OF VIEW IT ISN’T JUST IMPORTANT TO SEE THINGS FROM THE INSIDE, BUT TO BRING THEM OUT AS WELL, LET THEM BE KNOWN AND DEBATE DIFFERENT, MIXED POINTS OF VIEW. THAT’S WHAT THE CULTURAL ASSOCIATION AMAZELAB IS DOING THROUGH THE TANGER TANGER PROJECT, DIRECTED IN 2008 BY CLAUDIA ZANFI, BY PROPOSING A REFLECTION ON MOROCCAN CULTURE AND THE CONCEPT OF MIGRATION AT THE MILAN TRIENNIAL, CREATING AN “ART MAP” OF THE CITY IN WALLPAPER FORM AND CALLING ON CINEMATHÈQUE DE TANGER (ESTABLISHED BY BARRADA) TO PRESENT A SELECTION OF FILMS INVITING US TO “LISTEN” TO MUSIC, LITERATURE AND THE AROMAS OF A CULTURE THAT POLITICS AND UNREST HAS TRIED TO REMOVE US FROM, BUT THAT NEVERTHELESS ARE FAR CLOSER TO US THAN WE IMAGINE. EQUALLY BOLD IS THE EXPERIMENT CONDUCTED BY THE MARRAKESH VOICE GALLERY, RECENTLY ESTABLISHED IN THE CITY , WITH A SELECTION OF ARTISTS FROM ALL OVER THE WORLD, BIANCO AND VALENTE, MARIA JOSÈ ARJONA AND MIHAEL MILUNOVIC TO NAME BUT A FEW. THE LATTER, OF SERBIAN EXTRACTION AND AT HIS FIRST PERSONAL IN AFRICA, REINTERPRETS THE ATMOSPHERES AND FEELINGS HE GETS FROM THE CONTINENT THROUGH HIS PICTORIAL AND SCULPTURAL WORKS. HIS IMPOSSIBLE MACHINES REPRESENT NOT SO MUCH UNIMAGINABLE SCENARIOS AS TERRIFYING TANGIBLE REALITIES, WITH AS SOLE PURPOSE, AS CONFIRMS CURATOR LORAND HEGYI: TO DISTURB AND PLAGUE OUR MORAL, POLITICAL AND IDEOLOGICAL CONVENTIONS.
Art
GALLERIES voicegallery.org leviolonbleu.com EXHIBITIONS museepalmeraie.com museedemarrakech.ma institutfrancais-tunisie.com EVENTS marrakechartfair.com marrakechbiennale.org thefutureofapromise.com BLOGS heymorocco.com readingmorocco.blogspot.com artsocialpages.com
Carpets: La Califfa Peter Jacket: HTC Blouse flower: Kenzo Shorts: Mauro Grifoni Hat: Stetson Scarf: Replay
Re-folk: mediterranean design text by ALI FILIPPINI
Maybe it’s because of its closeness to Europe, but compared with the rest of the Maghreb the most promising scene for design is incarnated in Morocco. If the other countries have to “veil” chairs, tables and lamps among the folds of interior architecture and settings (because the mentality of object design doesn’t exist yet), here design is a reality.
LA NUOVA GENERAZIONE DEL DESIGN MADE IN MAGHREB PASSA PER IL MAROCCO E HA IL VOLTO GIOVANE DI YOUNES DURET: AUDACE, IMPRENDITORIALE, APERTO. CI SERVIAMO DELLA SUA INDIRETTA TESTIMONIANZA PERCHÉ CONSENTE DI FARE ALCUNE RIFLESSIONI SUL SISTEMA DEL DESIGN “NELLA TERRA DEL TRAMONTO”. NATO A CASABLANCA, YOUNES HA STUDIATO INDUSTRIAL DESIGN A PARIGI SALVO POI TORNARE NEL SUO PAESE PER APRIRE UN’AGENZIA, LA YOUNESDESIGN, CHE RAPPRESENTA OGGI QUANTO DI PIÙ CONTEMPORANEO POSSA OFFRIRE MARRAKECH IN FATTO DI CREATIVITÀ. UN DESIGN CHE SI DICHIARA DA SUBITO “SENZA FRONTIERE” E RECUPERA LA TRADIZIONE MAROCAIN IN FATTO DI ARREDI E OGGETTI D’USO; MA NON SI SA MAI FINO A CHE PUNTO, PERCHÉ POTREBBE TRATTARSI DI RIVISITAZIONI TUNISINE, FRANCESI, EUROPEE O AFRICANE. IN UN REMIX DI CULTURE TRA LORO AFFINI PER CORSI E RICORSI STORICI, VICINANZA GEOGRAFICA. IL SUO BESTSELLER È LA LIBRERIA ZELLI CHE NASCE COME OMAGGIO AI PATTERN GEOMETRICI DEI MOSAICI TRADIZIONALI MAROCCHINI; QUI IL BIDIMENSIONALE ACQUISTA SPESSORE E SI TRASFORMA IN UN MOBILE COMPOSTO DA OTTO MODULI, DA ASSEMBLARE SENZA VITI E SENZA CHIODI, UN ESEMPIO DI INDUSTRIAL DESIGN CON UN VALORE AGGIUNTO DI DECORAZIONE GARANTITA. ALTRI PRODOTTI NECESSITANO DELL’INTERVENTO ARTIGIANALE PER ESSERE REALIZZATI, COME NEL CASO DELLE POLTRONE ABU DHABI. QUEST’ULTIMO È UN ASPETTO INTERESSANTE E RECENTEMENTE SI È TRADOTTO IN UN PROGETTO DI COLLABORAZIONE CON IL MINISTERO DELL’ARTIGIANATO DEL MAROCCO (CHE HA A CUORE IL RAPPORTO TRA ARTIGIANI E DESIGNER, TANTO DA AFFIDARLO A UN PRECISO PROGRAMMA) CHE HA COMMISSIONATO ALLO STUDIO UN LAVORO DA SVOLGERE CON LA CITTÀ DI MEKNÈS E I SUOI ARTIGIANI SPECIALIZZATI IN INCISIONI SU METALLO (DAMASQUINEIRES). SEMPRE MARRAKECH BASED È LA DESIGNER SANDRINE DOLE, FRANCESE TRASFERITA DA TEMPO IN MAROCCO, CHE È STATA UNA DELLE PARTECIPANTI DELL’ULTIMA BIENNALE DI DAKAR – APPUNTAMENTO IMPORTANTE IN AFRICA PER CHI SI DEDICA A MESTIERI CREATIVI – DOVE NEL CORSO DI UN CONVEGNO (CHE L’ANNO SCORSO HA SOSTITUITO LA MOSTRA DEI DESIGNER SPOSTATA ALL’EDIZIONE DI QUEST’ANNO, DA MAGGIO A GIUGNO) SI È PROPRIO DISCUSSO DEL RUOLO DEL DESIGN IN QUESTI PAESI, E DOVE SANDRINE HA PORTATO LA SUA TESTIMONIANZA IMPRENDITORIALE E UMANA. LEI È L’ARTEFICE DI UNA SERIE DI PRODOTTI NATI DA UN PROGETTO EQUOSOLIDALE CHE RIUTILIZZA MATERIALI DI SCARTO, COME LA GOMMA DEI PNEUMATICI USATI, PER FARNE OGGETTI PRODOTTI DALLA COMUNITÀ
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LOCALE CHE POI POSSONO ESSERE VENDUTI IN ALTRI PAESI CON LA COMPLICITÀ DI IMPRESE COMMERCIALI. UN MODO INTERESSANTE DI APPROCCIARE IL DESIGN A PARTIRE DA UNA RIFLESSIONE SULLE PRATICHE DELLO STESSO PROGETTO, CHE NASCE ANCORA UNA VOLTA DALL’OSSERVAZIONE DELLE CREAZIONI ARTIGIANALI, PROFESSIONALI O SPONTANEE, FUORI DAI TERRENI BATTUTI E POTREBBE INDICARE LA STRADA PER TUTTA UNA FILIERA PRODUTTIVA RADICATA NEL TERRITORIO MA VIRTUOSA NEL RIPENSARE LA SUA TRADIZIONE FORMALE. ITINERARI ARTISTICO - PROGETTUALI A MEKNÈS, L’ANNO SCORSO, È STATO INAUGURATO IL VOLUBILIS VISITOR CENTER, UNA NUOVA ARCHITETTURA DISEGNATA DALLO STUDIO KILO STUDIO INTERNAZIONALE CON SEDE A CASABLANCA, PARIGI E NEW YORK - CHE SI SNODA SUL SITO ARCHEOLOGICO PIÙ VISITATO DEL PAESE, PATRIMONIO DELL’UNESCO. UN MURO DI CEMENTO ADDOSSATO ALLA COLLINA, QUASI NASCOSTO IN ESSA, SEGNA UN PERCORSO COMPOSTO DI CORPI DIVERSI IN PARTE RIALZATI DAL TERRENO E COSTRUITI IN LEGNO. SI TRATTA DI UN INTERVENTO DI LANDSCAPE DESIGN MOLTO EFFICACE CHE QUASI SCOMPARE NEL PAESAGGIO SENZA TURBARNE L’ARMONIA. NEI DINTORNI DI MARRAKECH, A TAHANNAOUT, SI TROVA LA NUOVA SCUOLA DEL CENTRO DI STUDI E RICERCHE INTERNAZIONALI MAAAM - MOROCCO ALL ANONYMOUS ART MARRAKECH, DEDICATO A TUTTA L’ARTE ANONIMA, INAUGURATO NEL SETTEMBRE 2007. SI TRATTA DI UNA REALTÀ NON PROFIT IN VIA DI SVILUPPO (VOLUTA ANCHE DAL DESIGNER ITALIANO SERGIO CALATRONI CHE NE HA ANCHE DISEGNATO LA SEDE) CHE SI CONFIGURA COME UNO SPAZIO APERTO ALLA CREATIVITÀ E ALLA PROGETTAZIONE: PER STUDENTI, RICERCATORI, DOCENTI, PROFESSIONISTI, AZIENDE DI OGNI NAZIONE E CULTURA PER LA CONDIVISIONE DI PENSIERI, MATERIALI, IDEE. NELLA STESSA CITTÀ PER CHI CERCA L’ARTE CONTEMPORANEA C’È IL “VILLAGGIO PER ARTISTI” DI AL MAGAM, UN CAFFÈ LETTERARIO, GALLERIA D’ARTE, RISTORANTE E SOPRATTUTTO RESIDENZA PER ARTISTI VOLUTA DAL PITTORE MOURABITI. THE NEW GENERATION OF MADE IN MAGHREB DESIGN LIVES IN MOROCCO AND HAS THE YOUNG FACE OF YOUNES DURET: BOLD, ENTERPRISING, OPEN. WE TAKE HIS INDIRECT TESTIMONY BECAUSE IT OFFERS SOME THOUGHTS ON THE DESIGN SYSTEM “IN THE LAND OF THE SETTING SUN”. BORN IN CASABLANCA, YOUNES STUDIED INDUSTRIAL DESIGN IN PARIS AND RETURNED TO HIS COUNTRY TO OPEN AN AGENCY, YOUNESDESIGN, THAT COULD BE CONSIDERED THE CUTTING EDGE OF CONTEMPORARY CREATIVITY IN MARRAKESH. DESIGN THAT DECLARES ITSELF “WITHOUT FRONTIERS” RIGHT FROM THE
START, THAT REVIVES THE MAROCAIN TRADITION OF FURNISHINGS AND HOUSEHOLD OBJECTS, BUT YOU CAN NEVER TELL TO WHAT POINT: THEY COULD EQUALLY BE TUNISIAN, FRENCH, EUROPEAN OR AFRICAN, IN THE MIXTURE OF CULTURES SIMILAR NOT ONLY FOR GEOGRAPHICAL PROXIMITY, BUT FOR HAVING SHARED COURSES AND RECOURSES OF HISTORY. HIS BESTSELLER IS THE ZELLI BOOKCASE SYSTEM WHOSE FORM IS INSPIRED BY THE GEOMETRIC PATTERNS OF TRADITIONAL MOROCCAN MOSAICS. THE SYSTEM GIVES THE PATTERNS A THIRD DIMENSION, VOLUME, AND TRANSFORMS THEM INTO A BOOKCASE MADE UP OF EIGHT MODULES, ASSEMBLED WITHOUT SCREWS OR NAILS: A FINE EXAMPLE OF INDUSTRIAL DESIGN WITH THE PLUS OF BEING BEAUTIFULLY DECORATIVE. ON THE OTHER HAND, CERTAIN NEED CRAFTSMEN TO MAKE THEM, LIKE FOR THE ABU DHABI CHAIR. THE CHAIR HAS ANOTHER INTERESTING ASPECT IN THAT IT HAS RECENTLY BECOME THE SUBJECT OF A COLLABORATION PROJECT BETWEEN THE MOROCCAN MINISTRY OF CRAFTS (WHICH HOLDS DEAR TO THE CAUSE OF DEVELOPING RELATIONS BETWEEN ARTISANS AND DESIGNERS, TO THE POINT OF ENTRUSTING THEM A PRECISE PROGRAM), WHICH HAS COMMISSIONED THE STUDIO TO WORK WITH THE CITY OF MEKNÈS AND ITS ARTISANS SPECIALIZED IN METAL ENGRAVING (DAMASQUINER). ALSO BASED IN MARRAKESH IS DESIGNER SANDRINE DOLE, FRENCH BORN BUT LONG-TERM RESIDENT IN MOROCCO, WHO RECENTLY TOOK PART IN THE LAST DAKAR BIENNIAL – AN IMPORTANT CREATIVE CRAFTS EVENT IN AFRICA – AT WHICH A CONVENTION (WHICH LAST YEAR SUBSTITUTED THE DESIGNER EXHIBITION, MOVED TO THIS YEAR’S EDITION, FROM MAY TO JUNE) DISCUSSED THE ROLE OF DESIGN IN THESE COUNTRIES, WITH SANDRINE CONTRIBUTING HER OWN HUMAN AND ENTREPRENEURIAL EXPERIENCE. SHE IS ARTIFICE OF A SERIES OF PRODUCTS BORN FROM A FAIR-TRADE PROJECT FOR LOCAL COMMUNITIES TO RECYCLE WASTE MATERIALS, LIKE THE RUBBER FROM WORN TYRES, INTO OBJECTS TO SELL IN OTHER COUNTRIES WITH THE HELP OF MARKETING COMPANIES. AN INTERESTING APPROACH TO DESIGN BASED ON REFLECTIONS ON THE PRACTISES OF THE PROJECT ITSELF, WHICH IN TURN COMES FROM THE STUDY OF ARTISAN, PROFESSIONAL OR SPONTANEOUS CREATIONS, OFF THE BEATEN TRACK BUT THAT COULD BE A SIGN SHOWING THE WAY FOR AN ENTIRE PRODUCTION SYSTEM ROOTED IN THE TERRITORY, VIRTUOUS IN ITS APPROACH TO ITS FORMAL TRADITION. ART – DESIGN ITINERARIES LAST YEAR THE CITY OF MEKNÈS SAW THE INAUGURATION OF THE VOLUBILIS VISITOR CENTER, A NEW STRUCTURE DESIGNED BY THE KILO STUDIO – AN INTERNATIONAL STUDIO WITH OFFICES IN CASABLANCA, PARIS AND
NEW YORK – WHICH WINDS THROUGH THE COUNTRY’S MOST HIGHLY VISITED ARCHAEOLOGICAL SITE, DECLARED A UNESCO WORLD HERITAGE. A WALL OF CONCRETE BUILT INTO THE HILL, ALMOST HIDDEN IN IT, MARKS A PATH CONSISTING OF DIFFERENT STRUCTURES, PART ABOVE GROUND AND MADE OF WOOD. THE PRODUCT OF HIGHLY EFFECTIVE LANDSCAPE DESIGN, IT ALMOST DISAPPEARS INTO THE LANDSCAPE WITHOUT DISTURBING THE HARMONY. IN THE OUTSKIRTS OF MARRAKESH, IN TAHANNAOUT, THERE’S THE NEW SCHOOL OF THE INTERNATIONAL STUDY AND RESEARCH CENTRE MAAAM - MOROCCO ALL ANONYMOUS ART MARRAKECH DEDICATED TO ALL FORMS OF ANONYMOUS ART, INAUGURATED IN SEPTEMBER 2007. THIS IS A NON-PROFIT ENTERPRISE AT THE DEVELOPMENT STAGE (ALSO WANTED BY ITALIAN DESIGNER SERGIO CALATRONI WHO DESIGNED ITS HEADQUARTERS) THAT AIMS TO PROVIDE A SPACE OPEN TO CREATIVITY AND DESIGN: FOR STUDENTS, RESEARCHERS, TEACHERS, PROFESSIONALS, COMPANIES OF EVERY NATION AND CULTURE TO SHARE MATERIALS, THOUGHTS AND IDEAS. IF YOU’RE LOOKING FOR CONTEMPORARY ART, IN THE SAME CITY THERE’S THE “ARTISTS VILLAGE” OF AL MAGAM, A LITERARY CAFÈ, ART GALLERY, RESTAURANT AND ABOVE ALL THE RESIDENCE FOR ARTISTS DESIRED BY THE PAINTER MOURABITI.
Design
DESIGNERS younesdesign.com designmaroc.com dzeta.com artisanat.younesdesign.com SCHOOLS ecole-design.com ecole-art-decoration-tunis.com INSTITUTIONS artisanat.gov.ma
Carpets: La Califfa Blouse: G-Star Scarf: HTC
The Fashion Souk text by FABIANA GILARDI
North of the Sahara, craftsmanship and new visions fuse into clothing and accessories woven with the thread of history and manufactured with the stylistic cipher of a modern, developing society.
GENTE CHE VA, GENTE CHE VIENE. GENTE CHE CREA. BENCHÉ NEGLI OCCHI SI ABBIANO LE IMMAGINI DI UN CONTINUO SCIAMARE DI IMBARCAZIONI DI FORTUNA, NELL’INTERMINABILE ANDIRIVIENI CHE ASSILLA IL BACINO DEL MEDITERRANO NEI PERIODI ESTIVI, BENCHÉ LE ORECCHIE ASCOLTINO VOCI CHE PARLANO DI RIVOLUZIONI E SQUILIBRI, FRUTTO DI UNA CULTURA E UNA SOCIETÀ DIVISA TRA CIÒ CHE ERA IERI E CIÒ CHE SARÀ DOMANI, SPERANZE E NUOVE VISIONI SI DIFFONDONO NELL’AREA DEL MAGHREB A PARTIRE DALLA SUA NATURA SENSUALE CHE, COME UN PROFUMO INEBRIANTE, SI DIFFONDE NEI PRODOTTI DELLA SUA ARTIGIANALITÀ. LO VEDIAMO NEL FERVENTE E COLORATO MONDO DEI SOUK E DELLE CONCERIE DI FEZ O DI MARRAKECH: METE TURISTICHE PRIVILEGIATE PER IL LORO SAPORE ESOTICO, ESSE SONO TEATRO DI SCAMBIO DI PRODOTTI, IDEE E UMANITÀ PER LE POPOLAZIONI LOCALI. QUI LA MERCE ESPOSTA (PELLI, TESSUTI, ORI E ARREDI) È IL PRODOTTO FISICO DELLA MANIFATTURA MAGHREBINA, SINONIMO DI CURA, QUALITÀ (NON A CASO IL TERMINE FRANCESE “MAROQUINERIE”, PELLETTERIA, È NATO QUI) E DI CONTINUITÀ CULTURALE: ATTRAVERSO L’OGGETTO, LA STORIA CI RIPORTA FINO AI FENICI, I CARTAGINESI, I ROMANI; AI BERBERI, I TURCHI E AGLI ARABI, POPOLI CHE HANNO COLONIZZATO LE COSTE NORDAFRICANE, DEFINENDONE GUSTI E TRATTEGGIANDO CODICI COMPORTAMENTALI COSÌ COME VESTIMENTARI. SARÀ PER QUESTO FORTE LEGAME CON LA STORIA CHE, A DISPETTO DI QUELLA GLOBALIZZAZIONE MONDIALE CHE HA CARATTERIZZATO GLI ULTIMI DECENNI, L’AREA DEL MAGHREB HA MANTENUTO LA PROPRIA IDENTITÀ PRODUTTIVA, SCELTA IN CUI OGGI È RIPOSTA LA SPERANZA PER IL PROPRIO DOMANI. PER QUANTO CONCERNE LA MODA: TRA UN CAFTANO DI STAMPO LOCALE E UNA RIPRODUZIONE DI GUSTO INTERNAZIONALE, I FASHION DESIGNER CHE QUI SONO NATI E CRESCIUTI SCELGONO DI PROMUOVERE LE PROPRIE RISORSE UTILIZZANDO MATERIALI E FORZA LAVORO LOCALI. DEL RESTO L’AREA È ANCORA OGGI CONSIDERATA TRA I PIÙ IMPORTANTI BACINI DI PRODUZIONE DI CUOIO, COTONE E SETA. E NONOSTANTE IL MAGHREB DEBBA RESISTERE ALLA CONCORRENZA ASIATICA, «OGGI C’È UNA NUOVA COSCIENZA TRA I PROGETTISTI E LA VOLONTÀ DI AIUTARE IL PROPRIO PAESE», HA DICHIARATO SALAH BARKA, STILISTA TUNISINO CON UFFICI A NEW YORK. EX MODELLO E COSTUMISTA, BARKA SPECIFICA CHE TUTTO IL MATERIALE (SETA, PELLE E LANA) E LA MANODOPERA CHE EGLI UTILIZZA PER CONFEZIONARE ABITI FEMMINILI DALL’EVIDENTE IMPRONTA MAGHREBINA, È IL FRUTTO DI UNA PRODUZIONE LOCALE. LA SCELTA DI OPERARE NEL MONDO OCCIDENTALE È TUTTAVIA NECESSARIA. HISHAM OUMLIL, FASHION DESIGNER NATO A CASABLANCA, HA INDICATO COME LA SCELTA SIA PRESSOCHÉ SCONTATA: «FINORA IN MAGHREB È MANCATO L’ENTUSIASMO, IL SOSTEGNO, ADDIRITTURA LO STESSO MERCATO PER UNA MODA CONTEMPORANEA». ANCHE HISHAM OUMLIL HA TROVA-
TO NELLA GRANDE MELA LA STRADA PER IL DOMANI: FORMATOSI PRESSO LA SARTORIA DI LORO PIANA A NEW YORK E VINTO NEL 2008 L’FGI (PREMIO DESTINATO AI PIÙ PROMETTENTI GIOVANI FASHION-DESIGNER DEL FUTURO), OUMLIL È AUTORE DI COLLEZIONI MENSWEAR STUDIATE SECONDO IL CONCETTO DI “CONSAPEVOLEZZA SOCIALE E PROGRESSO DELLO STATUS QUO”: UNO SGUARDO PROTESO AL FUTURO CHE TIENE SOTTO CONTROLLO LA NOSTALGIA. PER L’A/I 2012 IL DESIGNER, SELEZIONATO DAL FIT, IL FASHION INSTITUTE OF TECHNOLOGY DI NEW YORK, CHE PRESENTA DUE SUE OPERE NELLA COLLEZIONE PERMANENTE, HA REALIZZATO UNA COLLEZIONE SOPRANNOMINATA IL PRINCIPE RIFLESSIVO, LA QUALE SI ESPRIME IN FORME VOLUMINOSE DI TESSUTI CALDI E AVVOLGENTI, PRINCIPALMENTE LANE PETTINATE E CASHMERE. «OGGI IL PANORAMA MAGHREBINO - RIFERENDOSI ALLA MODA - SI PRESENTA COME UN INTERESSANTE MIX DI ISPIRAZIONI LOCALI, COLONIALI E OCCIDENTALI. SONO SEMPRE DI PIÙ GLI STILISTI DI OGGI CHE PROMUOVONO IL CAFTANO, MA CREDO CHE IL MODELLO NON COLLIMI CON L’ATTUALE DAYLIFE. LA SPERANZA È CHE I GOVERNI DEL MAGHREB FACCIANO CIÒ CHE IL GIAPPONE HA FATTO NEGLI ANNI 80: AIUTARE I DESIGNER IN LOCO E PROMUOVERLI ALL’ESTERO, MAGARI PARTENDO DA PARIGI. INOLTRE, OCCORRE UNA MAGGIORE APERTURA DELLA POPOLAZIONE STESSA VERSO LA COSIDDETTA “CIVILTÀ OCCIDENTALE”: IL MONDO DI DOMANI NON DOVREBBE AVERE ETICHETTE. SOLO COSÌ IN FUTURO LA MODA DEL MAGHREB POTRÀ ESSERE ECCITANTE E RIVOLUZIONARIA». DELLO STESSO AVVISO SAID MAHROUF, NATALI AD ASILAH, STUDI TRA AMSTERDAM E NEW YORK, E UNA COLLEZIONE DONNA CHE SI IDENTIFICA COL PRÊT À PORTER DI LUSSO E L’ALTA MODA: «LA MODA È ARTE. IL MAROCCO È OGGI UN LUOGO IMPORTANTE PER LA MODA. LA CREATIVITÀ STA CRESCENDO COSÌ COME SONO IN AUMENTO LE POSSIBILITÀ PER IL SUO SVILUPPO. SIAMO AL PUNTO DI FUSIONE DI QUALCOSA DI GRANDE. E’ IMPORTANTE PERÒ - SOTTOLINEA MAHROUF - CHE I NUOVI DESIGNER DALLO “STILE MODERNO” SIANO D’ESEMPIO PER GLI ASPIRANTI TALENTI». TRA GLI ESEMPI PIÙ ECLATANTI NON SI POSSONO NON CITARE AZZEDINE ALAÏA (NATO A TUNISI) E ALBER ELBAZ (CASABLANCA) DIRETTORE ARTISTICO DI LANVIN. E’ PROBABILE CHE SIANO LORO I MODELLI CUI I GIOVANI CREATIVI DI OGGI, CHE SFILANO DURANTE LE FASHION WEEK DI CASABLANCA (RIBATTEZZATA FESTIMODE, DI CUI PROPRIO SAID MAHROUF È STATO PER TRE VOLTE IL DIRETTORE CREATIVO), DEL CAIRO, DI TUNISI O, ANCORA, CHE MOSTRANO IL LORO LAVORO SULLE PASSERELLE DI DAKAR, PARIGI, AMSTERDAM E ROTTERDAM, ASPIRANO. AMEL BUOAZIZI È UNA DI LORO: NATA IN MAROCCO, LA GIOVANE STILISTA, AUTRICE DI ABITI CHE PORTANO LA CIFRA STILISTICA DI UN FRESCO MODELLISMO ESIBITO, HA MOSTRATO LE SUE COLLEZIONI IN OLANDA (DOVE HA STUDIATO) E AUSTRIA PRIMA DI APPRODARE A CASABLANCA. MERIAM BENNANI, DETTA MIMA,
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HA INVECE UN DEBOLE PER LA COUTURE E LE ARTI DECORATIVE, AMA MISCHIARE I TESSUTI (IN PARTICOLAR MODO SETA, MUSSOLA, RASO E PIZZO), RICREANDO PIEGHE, DRAPPEGGI E FORME COMPLESSE: «LA DONNA È UN LABIRINTO DI SENTIMENTI, SPESSO SOMMERSA, RARAMENTE LIBERA». VINCITRICE DELLA MOROCCO FASHION WEEK DEL 2010, MERIAM HA UN SOGNO: VEDER REALIZZATO UN MONDO MUTICULTURALE E GLOBALIZZATO IN CUI LE DONNE OCCUPINO UN RUOLO IMPORTANTE IN TUTTI GLI ASPETTI DELLA VITA. LA STILISTA TUNISINA GHITTA LASKROUIF PENSA INVECE ALL’AMBIENTE: IL SUO STILE, INFORMALE E RICERCATO, UN MIX DI CULTURA PUNK E FASHION-COUTURE, PARTE DALLA DECOSTRUZIONE E ARRIVA AL RIASSEMBLAGGIO DI ABITI E OGGETTI DISMESSI CHE DONANO AL CAPO UN EFFETTO VINTAGE. COSÌ LA MODA SI FONDE CON L’ETICA, LA CULTURA, LA CIVILTÀ. E INFINE DIVENTA ARTE A 360°, TERRITORIO IN CUI SI MUOVE NOUREDDINE AMIR, STILISTA E COSTUMISTA PER IL CINEMA E IL TEATRO, CREATORE DI ABITI FEMMINILI DAL TRATTO ARCHITETTONICO. NOUREDDINE, PUR LAVORANDO TRA LONDRA, ANVERSA E VENEZIA, NON ABBANDONA MARRAKECH, LUOGO D’ISPIRAZIONE PREDILETTO, DOVE HA FONDATO IL SUO ATELIER, VILLA AMIR. LO STESSO VALE PER FAISSAL EL MALAK: LO STILISTA, SPECIALIZZATO NELLA REALIZZAZIONE DI LEGGINGS E COLLANTS ORIGINALI, PROPONE COLLEZIONI UOMO E DONNA DI ORIENTAMENTO FUTURISTA DALL’INTENSO SAPORE CINEMATOGRAFICO, PERFETTE PER IL GRANDE SCHERMO COSÌ COME PER IL BALLETTO. IL FASCINO DELLA MODA SI MANIFESTA E SI SPIEGA QUI SOTTO DIVERSI PUNTI DI VISTA. IL GIOVANE STILISTA TUNISINO AHMED TALFIT (DALLO STILE STRAVAGANTE PER UNA DONNA EMANCIPATA E FUTURISTA) HA UN DEBOLE PER LE MODELLE: «FINORA HANAA BEN ABDESSLEM, KENZA FOURATI, FARIDA KHELFA E AFEF HANNO PORTATO LA MODA TUNISINA ALL’ESTERO - SPIEGA -. IL MIO DESIDERIO PER IL FUTURO È QUELLO DI LASCIARE IL SEGNO TRA I GRANDI NOMI DEL FASHION SYSTEM E DI PROMUOVE LA MODA IN TUNISIA, PERCHÉ QUESTO È DAVVERO UN PARADISO DOVE AVERE UNA PROPRIA IDENTITÀ (CREATIVA) È POSSIBILE». PEOPLE THAT COME, PEOPLE THAT GO. PEOPLE THAT CREATE. THOUGH OUR EYES SEE A CONSTANT SWARM OF MAKESHIFT CRAFT IN THE INTERMINABLE COMING AND GOING THAT ASSAILS THE MEDITERRANEAN THROUGHOUT ITS SUMMERS, THOUGH OUR EARS HEAR VOICES THAT TALK OF REVOLUTIONS AND UNREST IN A CULTURE AND A SOCIETY TORN BETWEEN WHAT IT WAS AND WHAT IT WILL BE TOMORROW, NEW HOPES AND NEW VISIONS ARE EMERGING IN THE REGION OF THE MAGHREB, SPREADING OUT FROM ITS SENSUAL NATURE THAT, LIKE AN INEBRIATING PERFUME, DIFFUSES IN THE PRODUCTS OF ITS CRAFTSMANSHIP. WE CAN SEE IT IN THE FERVENT, COLOURFUL WORLD OF THE SOUKS AND IN THE TANNERIES OF FEZ OR MARRAKECH: TOURIST
DESTINATIONS PRIVILEGED FOR THEIR EXOTIC FLAVOUR, THESE ARE THE THEATRE FOR THE EXCHANGE OF PRODUCTS, IDEAS AND HUMANITY FOR THE LOCAL POPULATIONS. HERE, THE GOODS ON SHOW (LEATHER, FABRICS, JEWELLERY AND FURNISHINGS) ARE THE PHYSICAL PRODUCT OF MAGHREBI MANUFACTURING, SYNONYM OF CARE, QUALITY (NO COINCIDENCE THE FRENCH WORD FOR LEATHER GOODS IS “MAROQUINERIE”), AND OF CULTURAL CONTINUITY: THROUGH THESE PRODUCTS, HISTORY TAKES US BACK TO THE PHOENICIANS, THE CARTHAGINIANS, THE ROMANS AND THE BERBERS, THE TURKS AND THE ARABS, THE PEOPLES WHO COLONISED THE COASTS OF NORTH AFRICA, DEFINING TASTES AND DEVELOPING CODES OF BEHAVIOUR AS WELL AS OF DRESS. IT’S PROBABLY FOR THIS STRONG BOND WITH HISTORY THAT, DESPITE THE MASSIVE GLOBALISATION OF RECENT YEARS, THE MAGHREB REGION HAS HELD ON TO ITS OWN PRODUCTIVE IDENTITY, A CHOICE IN WHICH IT HAS PLACED ITS HOPES FOR THE FUTURE. AS REGARDS FASHION: BETWEEN A LOCALLY MADE CAFTAN AND A REPRODUCTION ADAPTED FOR INTERNATIONAL TASTES, THE FASHION DESIGNERS BORN AND BRED HERE CHOOSE TO PROMOTE THEIR OWN RESOURCES, USING LOCAL MATERIALS AND LABOUR. THEN AGAIN, THE REGION IS STILL CONSIDERED AS ONE OF THE MOST IMPORTANT PRODUCERS OF LEATHER, COTTON AND SILK. AND DESPITE THE FACT THAT THE MAGHREB HAS TO RESIST COMPETITION FROM ASIA, «TODAY THERE’S A NEW AWARENESS AMONG DESIGNERS, AND THE DESIRE TO CONTRIBUTE TO THEIR COUNTRY», DECLARES SALAH BARKA, A TUNISIAN STYLIST WITH OFFICES IN NEW YORK. FORMER MODEL AND COSTUME DESIGNER, BARKA SPECIFIES THAT ALL THE MATERIAL (SILK, LEATHER AND WOOL) AND THE LABOUR HE USES FOR MANUFACTURING HIS LINE IN WOMENSWEAR WITH A CLEARLY MAGHREBI FEEL, IS THE FRUIT OF LOCAL PRODUCTION, WHILE HIS DECISION TO WORK IN THE WESTERN WORLD WAS NEVERTHELESS ESSENTIAL. HISHAM OUMLIL, A FASHION DESIGNER BORN IN CASABLANCA, TOLD US HOW THIS DECISION IS PRACTICALLY A FOREGONE CONCLUSION: «UP TO NOW THE MAGHREB HAS LACKED THE ENTHUSIASM, SUPPORT AND EVEN A MARKET FOR CONTEMPORARY FASHION». HISHAM OUMLIL, TOO, HAS FOUND THE ROAD TO THE FUTURE IN THE BIG APPLE: TRAINED AT THE LORO PIANA TAILOR’S SHOP IN NEW YORK AND WINNER OF THE 2008 FGI (THE PRIZE FOR THE MOST PROMISING YOUNG FASHION DESIGNERS), OUMLIL IS THE CREATOR OF MENSWEAR COLLECTIONS BASED ON THE CONCEPT OF “SOCIAL AWARENESS AND PROGRESS OF THE STATUS QUO”: AN EYE TO THE FUTURE THAT KEEPS HIS NOSTALGIA UNDER CONTROL. FOR THE F/W 2012 THE DESIGNER, SELECTED BY THE FIT (THE FASHION INSTITUTE OF TECHNOLOGY IN NEW YORK THAT EXHIBITS TWO OF HIS WORKS IN ITS PERMANENT COLLECTION) HAS CREATED A COLLECTION HE NICKNAMES THE THOUGHTFUL PRINCE, WHICH EXPRES-
Carpet: La Califfa Peter
SES ITSELF IN VOLUMINOUS FORMS OF WARM AND EMBRACING FABRICS, MAINLY WORSTED WOOL AND CASHMERE. «THESE DAYS THE MAGHREBI SCENE – IN TERMS OF FASHION – PRESENTS AN INTERESTING MIX OF LOCAL, COLONIAL AND WESTERN INSPIRATIONS. THERE ARE MORE AND MORE DESIGNERS PRESENTING CAFTANS, BUT I THINK THAT MODEL ISN’T QUITE IN LINE WITH CONTEMPORARY DAYLIFE. MY HOPE IS THAT THE GOVERNORS OF THE MAGHREB DO WHAT THE JAPANESE DID IN THE ‘EIGHTIES: HELP THEIR DESIGNERS AT HOME AND PROMOTE THEM ABROAD, PERHAPS STARTING WITH PARIS. WHAT’S MORE, WE NEED MORE OPENNESS OF THE POPULATION ITSELF TOWARD THE SO-CALLED “WESTERN SOCIETY”: TOMORROW’S WORLD SHOULDN’T HAVE LABELS. THAT’S THE ONLY WAY THE FUTURE OF MAGHREBI FASHION CAN BE BOTH EXCITING AND REVOLUTIONARY ». SAID MAHROUF, BORN IN ASILAH, TRAINED BETWEEN AMSTERDAM AND NEW YORK AND CREATOR OF WOMEN’S LUXURY OTP AND HIGH FASHION COLLECTIONS, THINKS THE SAME WAY: «FASHION IS ART. MOROCCO TODAY IS BECOMING AN IMPORTANT CENTRE FOR FASHION. CREATIVITY IS ON THE INCREASE, JUST AS THE POSSIBILITIES FOR ITS DEVELOPMENT. WE’RE AT THE CRITICAL POINT FOR SOMETHING GREAT, BUT IT’S IMPORTANT THAT THE NEW DESIGNERS OF THE “MODERN STYLE” BECOME THE EXAMPLE FOR NEW ASPIRING TALENT». AMONG THE MOST EVIDENT EXAMPLES WE SIMPLY HAVE TO INCLUDE AZZEDINE ALAÏA (BORN IN TUNIS) AND ALBER ELBAZ (CASABLANCA) ARTISTIC DIRECTOR FOR LANVIN. IT’S MORE THAN LIKELY THAT THEIR WILL BE THE INSPIRATION FOR THE YOUNG CREATIVES OF TODAY WHO SHOW AT THE FASHION WEEKS OF CASABLANCA (RENAMED FESTIMODE AND THREE TIMES DIRECTED BY SAID MAHROUF HIMSELF), CAIRO AND TUNIS, OR ON THE CATWALKS OF DAKAR, PARIS, AMSTERDAM AND ROTTERDAM. AMEL BUOAZIZI IS ONE OF THEM: BORN IN MOROCCO, THIS YOUNG DESIGNER AND CREATOR OF CLOTHING WITH A FRESH, OUTGOING STYLE, SHOWED HER COLLECTIONS IN HOLLAND (WHERE SHE STUDIED) AND AUSTRIA BEFORE RETURNING TO CASABLANCA. ON THE OTHER HAND MERIMEM BENANNI, AKA MIMA, HAS A BENT FOR COUTURE AND THE DECORATIVE ARTS, AND LOVES MIXING FABRICS (ESPECIALLY SILK, MUSLIN, SATIN AND LACE) TO CREATE PLEATS, DRAPES AND COMPLEX FORMS: «THE WOMAN IS A LABYRINTH OF FEELINGS, OFTEN SUBMERGED AND RARELY FREE ». WINNER OF THE MOROCCO FASHION WEEK IN 2010, MERIMEM DREAMS OF SEEING THE REALISATION OF A MULTICULTURAL, GLOBALISED WORLD IN WHICH WOMEN TAKE IMPORTANT ROLES IN ALL ASPECTS OF LIFE. TUNISIAN STYLIST GHITTA LASKROUIF THINKS MORE ABOUT THE ENVIRONMENT: HER STYLE, INFORMAL BUT RESEARCHED, A MIX OF PUNK CULTURE AND FASHION-COUTURE, STARTS OUT FROM DECONSTRUCTION TO ARRIVE AT THE REASSEMBLY OF DISUSED CLOTHES AND OBJECTS THAT GIVE THE COLLECTIONS A VINTAGE
EFFECT, BONDING FASHION WITH ETHICS, CULTURE AND CIVILISATION. ALL-ROUND ART IS THE TERRITORY OF NOUREDDINE AMIR, STYLIST AND COSTUME DESIGNER FOR CINEMA AND THEATRE AND CREATOR OF WOMEN’S CLOTHING WITH DISTINCTLY ARCHITECTONIC TRAITS. THOUGH HE WORKS BETWEEN LONDON, ANTWERP AND VENICE, HE HAS NEVER ABANDONED MARRAKESH, HIS FAVOURITE PLACE OF INSPIRATION, WHERE HE FOUNDED HIS ATELIER, VILLA AMIR. THE SAME GOES FOR FAISSAL EL MALAK: THIS STYLIST, SPECIALISED IN CREATING ORIGINAL LEGGINGS AND HOSIERY, CREATES MEN’S AND WOMEN’S COLLECTIONS WITH A FUTURISTIC SLANT AND INTENSELY CINEMATOGRAPHIC FLAVOUR, PERFECT FOR BOTH THE BIG SCREEN AND THE BALLET. HERE THE FASCINATION OF FASHION SHOWS AND EXPLAINS ITSELF FROM DIFFERENT POINTS OF VIEW. THE YOUNG TUNISIAN STYLIST AHMED TALFIT (WITH AN EXTRAVAGANT STYLE FOR AN EMANCIPATED, FUTURISTIC WOMAN) HAS A WEAKNESS FOR THE MODELS: «UP TO NOW HANAA BEN ABDESSLEM, KENZA FOURATI, FARIDA KHELFA AND AFEF HAVE BROUGHT TUNISIAN FASHION TO THE OUTSIDE WORLD – HE EXPLAINS. MY DREAM FOR THE FUTURE IS TO LEAVE A MARK AMONG THE BIG NAMES OF THE FASHION SYSTEM AND TO PROMOTE FASHION IN TUNISIA, BECAUSE IT’S A REAL PARADISE WHERE IT IS STILL POSSIBLE TO DEVELOP YOUR OWN (CREATIVE) IDENTITY ».
Mode
DESIGNERS salahbarka.com oumlil.com amelbouazizi.nl saidmahrouf.nl facebook.com/ghittal facebook.com/pages/noureddine-amir facebook.com/pages/Atelier-Meriam-Bennani faissalelmalak.com facebook.com/talfit.ahmed
Tinariwen text by TOMMASO TOMA
Under the sand: passion and rebellion.
NEL MONDO OCCIDENTALE È ESPLOSO DA ALCUNI ANNI UN PROFONDO INTERESSE PER LA DESERT MUSIC DELL’AFRICA OCCIDENTALE. IL SOUND È MOLTO SIMILE AL ROCK BLUES A TINTE PSICHEDELICHE CHE CARATTERIZZA UN’ALTRA MUSICA DESERTICA, QUELLA STATUNITENSE – PRESTO LEGGERETE IL PERCHÉ – E COSÌ, DI RECENTE, IN MOLTE RIVISTE SPECIALIZZATE DI MUSICA HA TROVATO SPAZIO IN COPERTINA UNA BAND AFRICANA, I TINARIWEN. OGGI MOLTI AMANTI DELLA SCENA INDIE-ALTERNATIVE NON HANNO TIMORE AD ACCOSTARE NELLA LORO DISCOTECA O PLAYLIST IL LORO DISCO PREFERITO DEI RADIOHEAD CON UNA DELLE OPERE DI QUESTO COLLETTIVO CHE HA LE SUE RADICI NEL POPOLO TUAREG. LO SPIRITO NOMADE DEL TUAREG SI FORGIA SUI CONCETTI DI LIBERTÀ E INDIPENDENZA, LA LORO CULTURA È ANTICA QUANTO GLI INSEGNAMENTI DELL’ANTICA GRECIA E HANNO CONDIVISO QUELLO SPAZIO DELL’AFRICA OCCIDENTALE CON I FENICI E I POTENTI FARAONI EGIZIANI. I TINARIWEN NON SONO SOLO UN GRUPPO DI FANTASTICI MUSICISTI, MA QUASI UN MOVIMENTO DALLE RADICI SOCIO-POLITICHE NATO PER FAR CONOSCERE TUTTE LE SOFFERENZE E LE UMILIAZIONI CHE QUESTO POPOLO HA SUBITO. I TINARIWEN HANNO SAPUTO MESCOLARE LA TRADIZIONE DEL SAHARA CON TESTI CHE PARLANO DEL CONTEMPORANEO, SCATENANDO UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE CULTURALE; HANNO COSÌ ANTICIPATO IL VENTO DEL CAMBIAMENTO CHE OGGI SOFFIA SULL’AFRICA OCCIDENTALE. COME GIÀ ACCENNATO, IL LORO SOUND È FAMILIARE PER CHI APPREZZA IL ROCK E IL BLUES: «ENTRAMBI GLI STILI SI BASANO SULLA SCALA PENTATONICA E QUANDO SUONIAMO FACCIAMO RICORDARE AL MONDO INTERO CHE IL BLUES AFFONDA LE SUE RADICI, QUI IN AFRICA, IN NIGERIA», COSÌ DICHIARA CON ORGOGLIO MA ANCHE CON QUELLA NONCHALANCE TIPICA DEI TUAREG, IBRAHIM AG ALHABIB, CANTANTE E FONDATORE DEI TINARIWEN. IBRAHIM HA PERÒ – PER DAVVERO – CREATO UNO STILE UNICO, LA SUA CHITARRA TRASMETTE TRISTEZZA PER L’INFANZIA TRAGICA (IL PADRE FU UCCISO DURANTE I MASSACRI FINE ANNI SETTANTA CHE IL MALI ESEGUÌ NEI CONFRONTI DEI POPOLI SAHARIANI) MA È ANCHE IN GRADO DI PORTARE L’ASCOLTATORE IN UNO STATO DI TRANCE AVVOLGENTE E SEDUCENTE. PER LA PRIMA VOLTA – DURANTE LA SECONDA METÀ DEGLI ANNI ZERO – LA MUSICA DEI TUAREG IBRAHIM, ABDALLAH, HASSAN, ‘JAPONAIS’ E KHEDDOU, OVVERO IL CUORE DEL COLLETTIVO TINARIWEN, SI INSERÌ NEI CALENDARI ESTIVI DEI PIÙ IMPORTANTI FESTIVAL ROCK. NEL 2007 È USCITO AMAN IMAN: WATER IS LIFE (FONDAMENTALE PROVERBIO TUAREG) IL PRIMO DISCO DEI TINARIWEN CHE VEDEVA LA FORTE PRESENZA NELLA PRODUZIONE DI INGHILTERRA E FRANCIA. IL DISCO E LE SEMPRE PIÙ FREQUENTI APPARIZIONI LIVE IN EUROPA HANNO TROVATO UNA SCHIERA DI FAN CHE CRESCE DI ANNO IN ANNO. NOMI ECCELLENTI? RED HOT CHILI PEPPERS, CARLOS SANTANA, BRIAN ENO, THOM YORKE E BONO. MA SOPRATTUTTO
(english)
ROBERT PLANT CHE CON LA SUA EX BAND, I LED ZEPPELIN, GIÀ NEGLI ANNI SETTANTA AVEVA MOSTRATO PROFONDO INTERESSE PER LE MELODIE DEL NORD AFRICA; E QUANDO HA SCOPERTO I TINARIWEN NE È DIVENTATO IL PRIMO SOSTENITORE. TASSILI, IL LORO RECENTE QUINTO E BELLISSIMO ALBUM, È STATO REGISTRATO IN LUOGHI IMPOSSIBILI COME DJANET, CITTÀ NEL NORD DELL’ALGERIA, NELLA REGIONE ARIDISSIMA DI TASSILI N’AJJER. IN UN CONTESTO COSÌ DIFFICILE, IL COLLETTIVO HA SPESSO SUONATO STRUMENTI ACUSTICI E, PRIMA DI REGISTRARE IL DISCO, LA BAND HA INVITATO A SUONARE ALCUNI ELEMENTI DE TV ON THE RADIO E DELLA DIRTY DOZEN BRASS BAND DAVANTI A UN FALÒ NOTTURNO NEL MEZZO DI UN DESERTO DELLA MAURITANIA. UN DISCO ECCELSO DI CUI, SU YOUTUBE, È POSSIBILE VEDERE LE FANTASTICHE JAM SESSION. BASTA DIGITARE “TINARIWEN DESERT SESSIONS” E LO SPETTACOLO È ASSICURATO. RECENTLY IN THE WESTERN WORLD THERE’S BEEN SOMETHING OF AN EXPLOSION OF INTEREST IN THE DESERT MUSIC OF WESTERN AFRICA. THE SOUND IS VERY LIKE ROCK BLUES WITH PSYCHEDELIC GLINTS CHARACTERISTIC OF ANOTHER KIND OF DESERT MUSIC, THE AMERICAN KIND – AND SOON YOU’LL LEARN WHY – AND SO RECENTLY A LOT OF MUSIC MAGAZINES HAVE BEEN FINDING AN AFRICAN BAND, TINARIWEN, ON THEIR COVERS. THESE DAYS LOVERS OF THE INDIE-ALTERNATIVE SCENE AREN’T AFRAID OF FINDING THEIR FAVOURITE RADIOHEAD ALBUM ALONGSIDE SOME OF THE TRACKS BY THIS COLLECTIVE, WITH ROOTS AMONG THE TUAREGS, IN THEIR PLAYLISTS AND CLUBS. THE NOMADIC SPIRIT OF THE TUAREG IS FORGED ON THE CONCEPTS OF FREEDOM AND INDEPENDENCE, THEIR CULTURE IS AS ANCIENT AS GREECE AND THEY’VE SHARED WESTERN AFRICA WITH THE PHOENICIANS AND THE POWERFUL EGYPTIAN PHARAOHS. TINARIWEN ISN’T JUST A GROUP OF GREAT MUSICIANS, BUT ALMOST A MOVEMENT WITH SOCIO-POLITICAL ROOTS BORN TO BRING ATTENTION TO ALL THE SUFFERING AND HUMILIATION THIS PEOPLE HAS SUFFERED. TINARIWEN MIXES THE TRADITIONS OF THE SAHARA WITH LYRICS THAT SPEAK OF THE NOW, UNLEASHING A REAL CULTURAL REVOLUTION. THEY ANTICIPATED THE WIND OF CHANGE THAT’S NOW BLOWING OVER WESTERN AFRICA. AS WE SAID, THEIR SOUND IS FAMILIAR TO PEOPLE WHO APPRECIATE ROCK AND THE BLUES: «BOTH STYLES ARE BASED ON THE SAME PENTATONIC SCALE AND WHEN WE PLAY WE REMIND THE WHOLE WORLD THAT THE BLUES HAS ITS ROOTS HERE IN AFRICA, IN NIGERIA», THIS IS WHAT IBRAHIM AG ALHABI, SINGER AND FOUNDER OF TINARIWEN, DECLARES WITH PRIDE AND THAT NONCHALANCE TYPICAL OF THE TUAREG. BUT IBRAHIM HAS – REALLY – CREATED A UNIQUE STYLE, WITH HIS GUITAR HE COMMUNICATES SADNESS FOR HIS TRAGIC INFANCY (HIS FATHER WAS KILLED IN A MASSACRE OF THE SAHARAN PEOPLES BY THE MALIS IN THE LATE ‘SIXTIES)
Carpets: La Califfa Hat: Corneliani Scarfs: Gazzarrini & Corneliani
BUT CAN ALSO BRING LISTENERS TO AN EMBRACING AND SEDUCTIVE STATE OF TRANCE. FOR THE FIRST TIME – IN THE SECOND HALF OF THE ZERO YEARS– THE MUSIC OF TUAREGS IBRAHIM, ABDALLAH, HASSAN, ‘JAPONAIS’ AND KHEDDOU, THE HEART OF THE TINARIWEN COLLECTIVE, HAS BEEN INCLUDED IN THE SUMMER PROGRAMS OF SOME OF THE MOST IMPORTANT ROCK FESTIVALS. IN 2007 THEY RELEASED AMAN IMAN: WATER IS LIFE (A FUNDAMENTAL TUAREG PROVERB), THE FIRST ALBUM BY TINARIWEN THAT SAW A STRONG PRESENCE OF ENGLAND AND FRANCE IN THE PRODUCTION. THE ALBUM, AND THEIR INCREASINGLY FREQUENT LIVE APPEARANCES IN EUROPE HAVE BEEN WELCOMED BY A HOARD OF FANS THAT GROWS BIGGER BY THE YEAR. BIG NAMES? RED HOT CHILI PEPPERS, CARLOS SANTANA, BRIAN ENO, THOM YORKE AND BONO. BUT ABOVE ALL ROBERT PLANT WHO WITH HIS FORMER BAND LED ZEPPELIN, ALREADY IN THE ‘SEVENTIES SHOWED PROFOUND INTEREST IN THE MELODIES OF NORTH AFRICA. WHEN HE DISCOVERED TINARIWEN HE BECAME THEIR NUMBER ONE FAN. TASSILI, THEIR MOST RECENT AND SO ABSOLUTELY FANTASTIC ALBUM, WAS RECORDED IN IMPOSSIBLE PLACES LIKE DJANET, A CITY IN THE NORTH OF ALGERIA IN THE EXTREMELY HARSH REGION OF TASSILI N’AJJER. IN SUCH A DIFFICULT CONTEXT, THE COLLECTIVE OFTEN USED ACOUSTIC INSTRUMENTS AND, BEFORE RECORDING THE ALBUM, INVITED SOME MEMBERS OF TV ON THE RADIO AND THE DIRTY DOZEN BRASS BAND TO PLAY WITH THEM IN FRONT OF A BONFIRE IN THE MIDDLE OF A MAURITANIAN DESERT. AN EXCEPTIONAL RECORD, AND YOU CAN SEE THE FANTASTIC JAM SESSIONS ON YOUTUBE. CHECK OUT “TINARIWEN DESERT SESSIONS” AND YOU’RE SURE FOR A GREAT SHOW.
Music tinariwen.com
Pictures by: Ivan Muselli Style by: Ellen Mirck @ Close Up Milano Make-up & hair by: Ania Melnikova Models: Peter Lissidini & Matthew Bell @ Elite Milano Special thanks to: La Califfa for the carpets Via Carlo Pisacane, 53-55 Milano
Carpet: La Califfa Matthew Jacket: Corneliani Sweater: Salvatore Ferragamo Trousers: Yves Saint Laurent Scarfs: Gazzarrini & Corneliani Sunglasses: Super
HOLY WAR Photographer: Antonello Trio Styling: Cori Amenta Makeup: Rosario Belmonte @Close-up Milano Model: Bara Holotova @WhyNotModels Milano, Samuele Traoré Tresoldi Digital Retouching: Cristian Buonomo Photographer’s Assistants: Ivan Lattuada and Giuseppe La Rosa Stylist’s Assistant: Lina Madé Location: Riccardo Grassi ShowRoom
 overcoat and underpants Louis Vuitton headgear Bijoux Flavia Cavalcanti Costumes kefia Vintage
dress Erkan Coruh, sandals D&G
total look Prada, t-shirt D&G Kids
shirt, pants and headgear N°21 by Alessandro Dell’Acqua
bermudas and bodice Dolce&Gabbana, sandals D&G, headgear Stylist own
headgear Bijoux Flavia Cavalcanti Costumes, suit Erkan Coruh, boots Vintage
skirt and shirt Gaetano Navarra
hat, foulard, suit, bags and sandals D&G
bomber, shirt and pants Leit-Motiv
Blossom In The Desert Photographer Luca Mercuri Fashion Editor Paola Tamburelli Hair Carolyn O’Neill @ face to face using bubble&bubble Make up Nicoletta Causa Fashion assistant Debora Moro Model Erika @ nextmodels Photo assistant Alice Baronio
Dress Tibi Shirt Vivienne Westwood
Dress Issey Miyake Jacket Vivienne Westwood Coulotte Vanet Gloves Bibijoux Opposite page: Dress Gabriele Colangelo Shirt open sleeves Cristiano Burani Necklaces Sharra Pagano
Above: Dress Byblos Coat Issey Miyake Belt Nude Necklace Gaetano Navarra Shoes Giuseppe Zanotti Design Opposite page: Dress Bottega Veneta Jump suit Krizia Bracelets Krizia
Above: Dress Albino Under blue top Adidas By Stella McCartney Necklace RadĂ Shoes Giuseppe Zanotti Design Opposite page: Dress Issey Miyake Jacket Vivienne Westwood Coulotte Vanet
Above: Shirt Vanet Suit jacket Agatha Ruiz de la Prada Pants Silvio Betterelli Belt on the top Missoni Vintage Belt under Mauro Grifoni Broach Gaetano Navarra Opposite page: Dress Amen Necklace Alienina Bag Krizia
Above: Dress Gabriele Colangelo Shirt open sleeves Critiano Burani Necklaces Sharra Pagano Opposite page: Dress Ck Calvin Klein Bolero Dark Level Earring Krizia
IUTER LIKE When the CREW INVENTS FASHION, streetwear turns cheeky.
TEXT BY FABIANA GILARDI Iuter Clothing is made in Italy with genuine ingredients. We like to party. We don’t give a fuck. Chiaro, semplice, pulito: così il messaggio di IUTER, brand streetwear uomo e donna, diffuso dall’ultima campagna adv. Un grido di accattivante verità: stupire, divertire e divertirsi fa parte della filosofia di IUTER, del suo DNA. Stupire, divertire e divertirsi, è il sintomo dell’approccio genuino e cosciente di chi IUTER l’ha creato e lo fa crescere, di anno in anno, dal 2002 ad oggi. “Tra il 1999 e il 2000 esisteva una crew di snowboarder, null’altro che un gruppo di amici che si riunivano nel tempo libero sulle piste da snow e che poi si trovava in città (a Milano, n.d.r.)”, dice Alberto Leoni, direttore creativo del brand. La passione esigeva un nome (IUTER), un simbolo (un logo triangolare che ricorda certi supereroi degli Anni 50) e una divisa (la classica e dirompente T-shirt): “Ho disegnato io stesso il logo con Paint… beh, non era proprio perfetto. Andrea Vecchi, fondatore di Bastard, brand specializzato in abbigliamento e tavole da snowboard, ha apportato qualche ritocco”. Risultato perfetto: quel logo, che allora aveva le corna (e oggi le ha perse), è piaciuto così tanto che le prime 1000 magliette distribuite al Modena Skipass nel 2002 sono andate a ruba. Il fenomeno è esploso, ha prodotto un total look uomo e donna e si è diffuso a macchia d’olio prima a Milano, poi in Italia, e in seguito oltreconfine: Svizzera, Austria, Germania, Olanda. Nel 2011 Iuter è approdato persino in Giappone, con una sede creata ad-hoc, Iuter Japan KK. Pur presente nel mondo, Iuter Clothing is made in Italy with genuine ingredients. Per IUTER esiste solo il made in Italy. Nelle idee come nei materiali. Con un’unica eccezione: le collaborazioni. Attive da diversi anni, esse comprendono rider, writer, graphic designer e DJ. Tra loro Alvaro Dal Farra, Andrea Nacci, Dima Sartor, Ludovic Lossky, Marco Concin, Matteo Zappaterra e Simon Gruber: “Supportiamo buona parte della scena snowboard italiana, vestendo oltre venti rider - dice Alberto -. Abbiamo un team di sei skater e molte sono le collaborazioni con DJ e rappresentanti dell’Hip-Hop italiano come i Club Dogo”. Tra loro figurano anche i Reset! con cui IUTER ha realizzato, nel 2009, in tandem con il team creativo Racoon Studio e i fotografi di Photocirasa, la prima linea di occhiali da sole. IUTER Clothing is made in Italy with genuine ingredients. We like to party. We don’t give a fuck. Clear, simple, clean: that’s the message that IUTER, the men’s and women’s streetwear brand is spreading with the latest ad campaign. Blowing our minds and having fun is an integral part of the IUTER philosophy, of its DNA, and symptom of the genuine, wide-awake approach of the people that created and made IUTER year by year, from 2002 into what it is today. “In 1999 and 2000 we were just a snowboarding crew, nothing but a group of friends that spent their free time on the snowboard slopes and then met up in town (in Milan, n.d.r.)”, says Alberto Leoni, the brand’s creative director. Our passion needed a name (IUTER), a symbol (a triangular logo that reminds us a bit of a certain ‘fifties superhero) and a uniform (the classic and explosive T-shirt): “I designed the logo myself with Paint … well, it wasn’t exactly perfect. Andrea Vecchi, founder of Bastard, a brand specialising in snowboards and snowboard apparel, touched it up a bit “. The result? perfect: that logo, which had horns (but that’s lost them since), was so well-liked that the first 100 T-shirts distributed by Modena Skipass in 2002 sold like hot cakes. The phenomenon exploded and produced a men’s women’s total look that spread like wildfire from Milan to the rest of Italy and beyond: Switzerland, Austria, Germany, Holland. In 2011 the brand even landed in Japan, with its own specially created headquarters, Iuter Japan KK. Although present throughout the world, Iuter Clothing is made in Italy with genuine ingredients. For IUTER there is only one Made in Italy. And that goes for the ideas as well as the materials. With one sole exception: collaborators. For some time now these include riders, writers, graphic designers and DJ’s. Among them Alvaro Dal Farra, Andrea Nacci, Dima Sartor, Ludovic Lossky, Marco Concin, Matteo Zappaterra and Simon Gruber: “We support a good portion of the Italian snowboard scene, clothing more than twenty riders – says Alberto -. We’ve got a team of six skaters and a lot of other things going on with DJ’s and people from the Italian Hip-Hop scene like Club Dogo”. One of them is Reset! with which IUTER (working with the Racoon Studio creative team and photographers from Photocirasa) produced its first line in sunglasses in 2009. There’s no shortage of big labels
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THE PARTY!
A name, a symbol, a belonging. A work of research on materials (as the image shows) that accompanies the style: all this is IUTER.
IUTER LIKE
Nel portfolio di IUTER non mancano le grandi label, come Invicta per cui il brand ha rielaborato nel 2010 il mitico zainetto Anni 80 Jolly Original III. Poteva poi mancare un legame con l’altra parte del globo? Certo che no: così per l’A/I 2011 una linea di T-shirt e tavole sono state disegnate da tre writer nipponici, Mhak, Tenga e Shoehi. Edizioni limitate che “si moltiplicheranno in futuro”, ammicca Alberto senza voler snocciolare nulla perché “è ancora presto”. Intanto We like to party! And Let’s go to the Iuter Games, giochi organizzati da Iuter sulle piste da snow. Nel 2011 Iuter ha aperto una nuova sede, battezzata col nome White Block (via Ranzoni 15/A, Milano), uno spazio poliedrico dove convergono gli uffici stile e quelli commerciali e dove, soprattutto, transitano realtà creative fatte di artisti, fotografi e cantanti che donano energia propulsiva allo sviluppo del prodotto e alla sua comunicazione. Una comunicazione che dal 2011 titola: We don’t give a fuck! Non ce ne frega niente: meglio divertirsi! Magari a uno dei party di IUTER. in the IUTER portfolio, like Invicta for which the brand remodelled the legendary ‘80’s micro backpack, the Jolly Original III, in 2010. And no shortage of international collaborations either: for the A/W 2011 a line in T-shirts and boards was designed by three Japanese writers, Mhak, Tenga and Shoehi. Limited editions that “we’ll be doing more of in the future “, winks Alberto without living much detail away because “it’s early days yet”. So, We like to party! And Let’s go to the Iuter Games, the games organized by IUTER on the slopes. In 2011 IUTER opened a new HQ they’ve called White Block (via Ranzoni 15/A, Milan), a multifaceted space that brings together the style offices, sales offices and above all an incredible creative atmosphere with artists, photographers and singers putting all their propulsive energy into developing and communicating the products. Communication that since 2011 has been saying: We don’t give a fuck!: We like to Party! With IUTER.
THE PARTY! IUTER.COM
Acrobatics on skiis: taken at the last IUTER-GAMES, March 2011.
THE TALENTED MR. BAILEY
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No prima donnas, no exaggeration: just genius, without wantonness. If in its history the fashion system has often bowed to the tyranny of obtrusively eccentric, planetarily famous designers, some thanks to having invented some “ad hoc” over-the-top personality, others authors of shocking declarations and sensational media appearances, fortunately there are still some exceptions that give us that long-awaited sigh of relief. And not because this forty year-old British designer, for over ten years solidly at the creative helm of the historic Burberry brand, doesn’t have what it takes to get people talking about him, but because he, by choice, inclination or perhaps strategy, has long preferred to remain among that tight circle of creators have made discretion their weapon of choice. In other words, of those who took the harder path, leaving it solely to the fruits of their work to make the news, and the interest their collections arouse every season, the international acclaim. Originally from Yorkshire, graduate from the prestigious London Royal College of Art, of which he has been honorary member since 2003, Bailey has added some extremely important collaborations to his curriculum since his debut: first in New York with the style team of Donna Karan, then from 1996 with Gucci in Milan, where for five years he took the role of senior designer during the golden years of Texan Tom Ford. In 2001, at not even thirty, came the appointment as creative director for Burberry, the brand for over a century synonymous of rigorous British tailoring tradition and elegance, that the influence of this young designer drove to become one of the most influential brands in the entire fashion system for both innovation and modernity. Thanks above all to that fertile terrain of experimentation that for Bailey turned into the new Prorsum line (that in Latin naturally means “ahead”), for which the stylist manages to produce solutions never before attempted, reconciling with surprising originality the technology of the materials, the functionality of the cut and the explosive energy of the colours, with the historic memory of the brand. Winner since 2005 of five editions of the British Fashion Awards as Designer of the Year, (in 2007 and 2008 for menswear, and again in 2009) Bailey,
Niente divisimi, né esagerazioni: soltanto genio, senza sregolatezza. Se nella sua storia il fashion system si è spesso inchinato alla tirannia di designer di ingombrante eccentricità e di fama planetaria, in parte debitori del proprio successo anche all’invenzione “ad hoc” di personaggi sopra le righe, autori di dichiarazioni scioccanti e apparizioni dal sensazionale clamore mediatico, fortunatamente esistono anche le eccezioni che ci fanno tirare il tanto atteso sospiro di sollievo. Christopher Bailey è una di queste. E non perché al quarantenne stilista britannico, da ben dieci anni saldamente alla direzione creativa dello storico brand Burberry, manchino le carte in regola per far parlare di sé, quanto perché egli stesso, per scelta personale, inclinazione o forse strategia, preferisce da tempo rientrare nella ristretta schiera di quei creatori che hanno fatto della discrezione la principale arma vincente. Di chi ha intrapreso, in altre parole, la strada più difficile, lasciando che siano unicamente i frutti del proprio lavoro a fare notizia, a cominciare dall’interesse che suscitano ogni volta le sue collezioni, osannate stagione dopo stagione dalla stampa internazionale. Originario dello Yorkshire, diplomato al prestigioso Royal College of Art di Londra, di cui è membro onorario dal 2003, Bailey vanta nel suo curriculum importantissime collaborazioni sin dagli esordi: dapprima è a New York nel team stilistico di Donna Karan, poi dal 1996 è da Gucci a Milano, dove riveste per cinque anni il ruolo di senior designer durante la fortunata permanenza del texano Tom Ford. Nel 2001, non ancora trentenne, la nomina a direttore creativo di Burberry, il marchio sinonimo da oltre un secolo di tradizione sartoriale e di rigorosa eleganza made in Britain, che viene così traghettato, in breve tempo e sotto la spinta del giovane designer, tra i brand più influenti dell’intero sistema moda per innovazione e modernità. Grazie soprattutto a quel fertile terreno di sperimentazione che diviene per Bailey la nuova linea Prorsum, (“avanti” appunto, in latino), in cui lo stilista riesce a dar vita a soluzioni mai tentate in precedenza, conciliando con sorprendente originalità la tecnologia dei materiali, la funzionalità dei tagli e la dirompenza dei colori alla memoria storica del brand.
Creative director of Burberry for more than 10 years,
evolution in STYLE AND COMMUNICATION. Spread abo-
Christopher Bailey is the major author of a silent
ve all online.
TEXT BY ALESSANDRO GUASTI
illustrations by martina gras
with that ephebic, eternally boyish face, has been covering the not-exactly-easy post of Chief Creative Officer for Burberry for more than three years. A role that seems made for him, and that envisages not only almost total responsibility for the creation and supervision of all collections and fashion products, but also the architectural design (like in the recent case of the Burberry offices in London, in Horseferry House, in New York at 444 Madison Avenue and Tokyo in the Ginza quarter) of the brand’s global image, including advertising and multimedia communications. The stylist has a true passion for multimediality, which he’s placed at the centre of his entire strategy, making Burberry into one of the cutting-edge brands in terms of digital innovation. In his own words: “I want that everyone can feel part of what we create and that technology, music, the collections, attitudes and emotions can bring people together. I like the idea that people from all over the world can share their stories and pictures with each other”. Apart from the massive, capillary level presence in the social media, Facebook and Twitter first and foremost, or the customary live streaming of the shows, an example of his extraordinary commitment in this sense is the concept of interactive advertising, instead of the far more traditional catalogues, with moving images of the collections, and the possibility of accessing the online boutiques in four languages and 30 different countries. Naturally, no offence to those who, on hearing the name Burberry, think solely and exclusively of a classic overcoat.
Trionfatore dal 2005 di ben quattro edizioni del British Fashion Award come Designer of the Year, (nel 2007 e 2008 nella sezione menswear, poi ancora nel 2009) Bailey inoltre, quasi a dispetto del suo volto efebico, da eterno ragazzino, da oltre tre anni ricopre da Burberry l’impegnativo incarico di Chief Creative Officer. Un ruolo creato appositamente per lui e che prevede non solo la pressoché totale responsabilità dell’ideazione e della supervisione di tutte le collezioni e dei prodotti moda, ma anche della progettazione architettonica (come nel recente caso della sedi Burberry di Londra nella Horseferry House, di New York al 444 di Madison Avenue e di Tokyo nel quartiere Ginza) dell’immagine globale del marchio, compresa la pubblicità e la comunicazione multimediale. Attività quest’ultima particolarmente a cuore allo stilista, che l’ha posta al centro dei suoi piani aziendali, rendendo di fatto Burberry uno dei brand più all’avanguardia sul fronte dell’innovazione digitale. “Vorrei che chiunque si sentisse parte di ciò che abbiamo creato e che la tecnologia, la musica, le collezioni, l’attitude e le emozioni riuscissero ad avvicinare le persone. Mi piace l’idea che la gente di tutto il mondo possa condividere con gli altri le proprie storie e le proprie immagini” dichiara Bailey stesso. Esempio dello straordinario impegno riversato in tal senso non solo una massiccia e capillare presenza sui maggiori social network, Facebook e Twitter in testa, o la consuetudine della sfilate in diretta live stream sul proprio sito, ma anche l’ideazione di campagne pubblicitarie interattive, al posto dei ben più tradizionali catologhi, contenenti immagini delle collezioni in movimento, e infine la possibilità di accesso alle boutique online disponibili in quattro lingue e in 30 paesi differenti. Con buona pace di chi, sentendo parlare di Burberry, pensa solo ed esclusivamente ad un classico trench.
BURBERRY.COM
MONOLOGUES After studying in Paris at the Studio Berçot, she did her apprenticeship with some important fashion houses - MAISON MARTIN MARGIELA, GIVENCHY AND JEREMY SCOTT. In 2000 she created
her brand, Yazbukey. A line in unconventional accessories made of Plexiglas using a totally original 3D effect technique. A shiny, creative collection, figurative and colourful, that certainly doesn’t go unnoticed. Just like Yaz.
TEXT BY ROBERTA MOLIN CORVO IO E LORO. Esistevano, ma li ho ricreati; alcuni sono passati, andati, mentre altri sono rimasti. Il mio primo ritratto l’ho dedicato a Marilyn Monroe, anche se in qualsiasi modo la guardassi e la mettessi non funzionava, sorriso e occhi cascanti, un brutto naso il tutto in un viso rotondo, molto rotondo, TROPPO ROTONDO. Cara Marilyn avevi una faccia talmente imperfetta che mi chiedo se non fosse quello il tuo segreto di bellezza. Poi ti ho spezzato in due e declinata. Ti ho fatto bionda, mora e anche con la pelle scura, pensando che in ogni donna c’è una Marilyn che dorme e per il piacere di tutte le signore dormienti ti ho accoppiata scegliendoti tre diverse tipologie di uomo: il seduttore Tom Selleck (bellezza perfetta), il bad boy Billy Idol (il mio debole) e l’intellettuale Woody Allen (brutto ma intelligente). Tu Freddie (Mercury) sei quello che più mi ha influenzato, per te ho avuto un’adorazione unica. Quando te ne sei “andato” ero distrutta. In quanto alla tua musica, caro Sebastien Tellier, sappi che è sempre stata un vettore che muove in me un’alchimia sensuale. Sulle tue note ho passato bellissimi momenti d’intimità con degli sconosciuti. Quando ci siamo incontrati per la prima volta, tra noi non è successo nulla, forse perché non c’era la musica. La Cicciolina… Cara Cicciolina, se avessi il tuo corpo non esiterei ad esercitare il lavoro di porno star. Ti adoro e penso che tu sia una vera icona di moda, adoro i tuoi clip musicali, sei stupenda! Il tuo stile mi ha sempre condizionata, da anni trucco le mie labbra come le tue e cerco di copiarti il sopracciglio, per non parlare poi delle coroncine che indosso in certe occasioni. Sei sempre il mio fantasma. Nella serie iconica poi, su consiglio di un’amica, sei arrivato tu: il Sig. Karl Lagerfeld. Ti ho rubato la faccia, ti è anche piaciuto e commercialmente sei il mio best seller. Mentre tu, Michael (Jackson) hai avuto solo il tempo di approdare in collezione, e sei scomparso… non è stata certo colpa mia! ME AND THEM. They existed, but I created them. Some passed on, went, while others stayed. I dedicated my first portrait to Marilyn Monroe, even though whatever way I looked at her and posed her she didn’t work, drooping smile and eyes, an ugly nose set in a round face, very round, TOO ROUND. Dear Marilyn had a face that was so imperfect that I asked myself what was the secret of her beauty. Then I split you in two and declined you. I made you blond, brunette even dark skinned, thinking that in every woman there’s a dormant Marilyn and for the pleasure of all the dormant ladies I paired you up choosing three different type of men for you: the seducer Tom Selleck (perfect beauty), the bad boy Billy Idol (my weakness) and the intellectual Woody Allen (ugly but smart). You Freddie (Mercury) are the one that influenced me most, for you I had a singular adoration. When you “went” I was blown apart. As for your music, dear Sebastien Tellier, know that it was always the vehicle that moved a sensual alchemy within me. To your notes I lived beautiful moments of intimacy with strangers. When we met for the first time, nothing happened between us, perhaps because the music wasn’t there. Cicciolina… Dear Cicciolina, if I had your body I wouldn’t think twice about being a porn star. I adore you and I think you’re a true icon of fashion, I adore your musical clips, you’re stupendous! Your style always influenced me, for years I’ve made my lips up just like yours and tried to copy your eyebrows, not to mention the little tiaras you wear on certain occasions. Your always my ghost. Then, in the icons series, on the advice of a friend, you arrived: Mr. Karl Lagerfeld. I stole your face, you liked it and commercially your my best seller. Whereas you, Michael (Jackson) only had time to appear in collection and then you disappeared … certainly through no fault of mine!
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BY YAZ BUKEY
MONOLOGUES
Con Lei, Presidente Obama, avevo visto giusto, abbiamo vinto entrambi. Ma a volte non ci prendo e nella categoria dei “non funziona” c’è Prince, appena realizzato, sembravi il figlio di Bell Haden e tu, Elvis Presley, una patata. Invece, per la serie ”a venire” ci sarai tu Naomi - solo nella versione da appendere al muro -, mentre alla Grande Signora Diane Von Furstenberg, che ammiro e rispetto, vorrei dedicare un’intera collezione. Se potessi scegliere di vivere la vita di uno di voi, anche solo per un giorno, vorrei essere Marilyn Monroe. La sua vita resta per me un mistero, e credo fosse pure intelligente! IO E IO. Da circa un anno tutto è cambiato, sono in mutazione! L’inizio del cambiamento scatta con la separazione da mia sorella, prima fonte d’ispirazione per la mia creatività e in seguito l’incontro con una medium. Prima ero ribelle, oggi una salutista maniacale, intuitiva, e in entrambi i casi una donna estrema. Yaz e io, una donna a contrasto, tra Gregg Araki, David Lynch e anche John Water. Per anni ho studiato nuoto sincronizzato ma ora vorrei ballare il tip-tap. Soffro d’insonnia, faccio colazione, salto il pranzo e la sera ceno sempre fuori. Non so cucinare e non m’interessa perdere tempo per imparare a farlo ma la cosa che ho fatto è di aprire la mia casa a un maître feng shui per disporre i mobili della camera da letto in direzione di una buona energia sessuale. With you, President Obama, I saw right, and we both came out winners. But sometimes it just doesn’t take and in the category of the “doesn’t work” there’s Prince, as soon as I did you, you looked like the son of Bell Haden and you, Elvis Presley, a potato. Instead, for the “to come” series you’ll be there, Naomi – only in the version to hang on the wall – while to the Grand Lady Diane Von Furstenburg,
whom I admire and respect, I’d like to dedicate an entire collection. If I could choose to live the life of one of you, even just for one day, I’d be Marilyn Monroe. Her life remains a mystery to me, and I believe she was intelligent too! ME AND ME. Since about a year everything has changed, I’m mutating! The change started with the separation from my sister, the first source of inspiration for my creativity and after that the meeting with a medium. Before I was a rebel, now I’m a health freak, intuitive, and in both cases an extreme woman. Yaz and me, a woman in contrast, between Gregg Araki, David Lynch and even John Water. For years I practised synchronised swimming but now I’d like to tap dance. I suffer from insomnia, I have breakfast, skip lunch and always eat out at night. I can’t cook and I haven’t got the time to waste to learn but one thing I did do was open my house to a feng shui maître to arrange the furniture in the bedroom in the direction of good sexual energy.
BY YAZ BUKEY
MONOLOGUES
Per fortuna conservo la mia schizofrenia, il mio humor e l’autoironia. Sono sempre io, ovunque, in primo piano nella vita e nelle mie collezioni. Interpreto un nuovo personaggio ogni volta che ne ho l’occasione, posso partecipare a due cene la stessa sera cosi posso vivere due vite in parallelo. Il personaggio migliore è quello che interpreto quando vado a trovare i miei genitori: divento una ragazzina saggia, posata un po’ collegiale. Ma il must è Mama Yaz. C’è anche un cocktail che porta questo nome ed è composto da Vodka, champagne e una ciliegia marinata, già al secondo drink tutti possono diventare Mama Yaz. Funzione sempre, anche se oggi Mama Yaz da isterica incorreggibile è divenuta il confessore degli amici, quella che ascolta e consiglia. Creativamente parlano non stà cambiato nulla, cerco solo di aggiungere in collezione pezzi che mi assomigliano di più, più geometrie meno pop, quei pezzi che indosserei tutti i giorni. Inizialmente l’idea della mia linea era che l’abito doveva essere il supporto al bijoux, oggi amo l’idea che si possano completare. Muovo i primi passi nella decorazione d’interni, mi piace! E sul mio sito sarà possibile ordinare il proprio profilo in monocromo della grandezza che si desidera. Ho sempre detto che amo solo i gioielli grandi, non voglio ridurmi a creare piccoli e insignificanti pezzi per vederli indossati da tutti. Voglio diventare “un personaggio”, come quelle ricche donne che negli anni 60’ vivevano su delle isole nel Mediterraneo, senza zanzare, e creavano gioielli pregiati, costosissimi. Tutti andavano da loro certo per acquistarne un pezzo, certo, ma soprattutto per conoscerle. Loro si realizzavano creando gioielli veri, io lo farò con gioielli finti. Thank goodness I’ve kept my schizophrenia, my humour and self-irony. I’m always me, wherever, in the forefront in life and in my collections. I play a new character every time I get the chance, I can go to two dinners on the same evening and live two parallel lives. The best character is the one I play when I go to visit my parents: I turn into a wise young girl, composed and a bit collegial. But the essential is Mama Yaz. There’s even a cocktail that’s called that, made with Vodka, champagne and a cocktail cherry, and after a couple anyone can turn into Mama Yaz. Works every time, even if these days Mama Yaz has mutated from incorrigible hysteric to confessor or friends, the one who listens and advises. Creatively speaking nothing has changed, I just try to add items that resemble me more to the collection, more geometry less pop, those items I’d wear every day. In the beginning the idea of my line was that the clothing had to act as support for the bijoux, now I love the idea that they can complete it. I’m taking my first steps in interior decorating, I love it! And on my website you’ll be able to order your own black and white profile any size you like. I’ve always said I only love big jewellery, I don’t want to reduce myself to producing little insignificant pieces to see them worn by everyone. I want to become “a personality”, like those rich women in the ‘sixties who lived on some Mediterranean Island, without mosquitoes, creating precious, exorbitantly expensive jewels. Everyone went to them to buy a piece, sure, but above all to meet them. They realised themselves creating real jewellery, I will do it with fake.
BY YAZ BUKEY YAZBUKEY.COM
RCK N RLL escape Photographer Stefano Viti Stylist Riccardo L.
make up Giulia Cigarini hair Gianluca Guaitoli @ WM managament photographer assistant Riccardo Oggionni stylist assistant Alessando Canti
jacket Calvin Klein, foulard Maison Martin Margiela
bomber Cheap Monday, sweater + foulard Maison Martin Margiela, pants Giuliano Fujiwara, shoes Costume National
jacket Calvin Klein, foulard Maison Martin Margiela
vest Maison Martin Margiela, neckerchief Giuliano Fujiwara
sweater Lucio Vanotti, cardigan + foulard Giuliano Fujiwara, pants Issey Miyake, shoes Costume National
trench Maison Martin Margiela, pants Issey Miyake, shoes Costume National
jacket Calvin Klein, foulard Maison Martin Margiela
jacket Y-3, pants and sweater Calvin Klein Collection, shoes Costume National
Irreverent Exercises in style with conceptual essence, jewels that transform from accessories into art, CREATIVE CHALLENGES WITH GREAT COMMUNICATIVE POWER. Ted Noten reinvents
fetish-objects and icons of the contemporary, GIVING THEM NEW IDENTITY BORN FROM THE MEETING OF JEWELLERY DESIGN AND EXPERIMENT.
TEXT BY BETTY DEMONTE
Oggi il gioiello viene decostruito, sezionato, reinventato in chiave avant-garde. Da accessorio diventa opera d’arte, strumento di comunicazione, elemento narrativo. Ted Noten, nominato Dutch Designer of the Year 2012, sperimenta tra arte e design. L’artigianato incontra il desiderio di andare oltre, per stupire con intelligenza e parlare alla società. E dallo spazio privato dell’ornamento, si allarga fino a comprendere interior e architettura. Il concetto di gioiello come specchio dello stasus sociale viene ribaltato: il virtuosismo tecnico e il gusto estetico lasciano spazio alla semantica, l’irriverenza subentra allo splendore delle gemme. Nuove texture parlano a un pubblico più ampio, e il monile si trasforma per stupire. Ted Noten ha vissuto a stretto contatto con la realtà, lavorando prima come muratore e poi come infermiere, viaggiando molto e acquisendo una sensibilità che le sue creazioni sanno trasmettere immediatamente. Dopo gli studi alla Amsterdam Gerrit Rietveld Academy, musei e gallerie d’arte di tutto il mondo hanno iniziato a interessarsi alla sua ricerca, esponendo oggetti ironici e contemporanei, concettuali e narrativi – a metà tra jewellery design e product design. La sfida, a volte portata avanti insieme al collettivo Droog Design, è stata proprio la contaminazione creativa tra discipline diverse, orientata a smantellare abitudini e convenzioni. Nel progetto Chew your own brooch, durante un open-day al museo di Boijmans Van Beuningen, a Rotterdam, ha distribuito al pubblico delle gomme da masticare e poi le ha trasformate in gioielli in oro, argento e bronzo. Nella borsa Survival Bag, un esempio della serie Meat Bag, l’eleganza della forma viene rivoluzionata da una controversa bistecca contenuta nella struttura-base con finiture in oro. Un’icona del quotidiano diventa la culla di un pensiero fermato nel tempo, congelato nella superficie materica, destinato a durare per sempre. Anche nella collana in acrilico 21, gli oggetti del desiderio esaltano il loro valore emotivo e nostalgico. La trasparenza della materia è un disarmante statement di onestà.
Now the jewel is deconstructed, dissected, reinvented in an avant-garde key. From accessories they become works of art, means of communication, narrative elements. Ted Noten, nominated Dutch Designer of the Year 2012, experiments between art and design. The artisan finds the desire to go beyond, to amaze with intelligence and speak to society. And from the space devoid of ornament, expand to embrace interiors and architecture. The concept of the jewel as the mirror of social status is being overturned: technical virtuosity and aesthetic taste make way for semantics, irreverence takes over from the splendour of the gems. New textures communicate with a wider public, and the jewel transforms to astound. Ted Noten has always been in close contact with reality, working first as a builder, then as a nurse, travelling a lot and acquiring a sensitivity that his creations manage to transmit immediately. After studying at the Amsterdam Gerrit Rietveld Academy, museums and galleries from all over the world began taking an interest in his work, exhibiting ironic and contemporary, conceptual and narrative objects – somewhere between jewellery design and product design. This challenge, sometimes taken on alongside the Droog Design collective, is creative contamination between the disciplines, aimed at dismantling custom and convention. For the project Chew your own brooch, at an open-day at the Boijmans Van Beuningen museum in Rotterdam, he handed out pieces of chewing gum for people to chew and then turned them into gold, silver and bronze jewels. In the Survival Bag, a piece from the Meat Bag series, the elegance of the form is revolutionised by a controversial piece of steak contained in the base structure with gold trimmings. An everyday icon becomes the cradle of a concept halted in time, frozen into the material surface and destined to last forever. Even in the acrylic necklace 21, the objects of desire exalt their emotive and nostalgic value. The transparency of the material is a disarming statement of honesty.
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Atelier Ted Noten / Haunted by 36 women/ Amsterdam/ The Netherlands
Atelier Ted Noten / Survival Bag 2 (meat bag) / Amsterdam/ The Netherlands
Nella serie Necessities for a Woman (to Feel Like a Woman Through the Eyes of a Man), la provocazione tocca le sfere del beauty scegliendo una pistola come packaging per rossetti e profumi deluxe. Al posto di proiettili, il make-up come arma di seduzione? Ma anche uno stuzzicadenti, medicine e una chiavetta Usb, a metà tra l’utile e l’esclusivo. La pistola è stata creata seguendo le regole dell’artigianato più classico applicate alla tecnologia, in un link tra tradizione e innovazione che mette le basi per una sorta di craft futuristico. Sempre in un’ottica di omaggio alla donna, qualche anno fa ha installato un distributore di gioielli nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Il claim “Be nice to a girl: buy her a ring” offriva ai frequentatori della zona lo spunto per un pensiero gentile: una selezione di anelli, rossi e diversi tra loro, in cambio di qualche moneta. A completamento dell’esplorazione del mondo femminile, nel progetto Haunted by 36 Women collega anelli e bracciali a un’archetipo di donna, interpretato soprattutto attraverso l’immagine della scarpa: la femme fatale e la ragazza della porta accanto, la fashionista e la suffragetta vengono qui ironicamente ritratte con materiali diversi, tra colori fluo e tinte dark. Il manifesto di Ted Noten dichiara: “Jewelry must be shamelessly curious” e i suoi gioielli alternativi seguono questa filosofia progettuale. Indossare una sua creazione significa portare con sé un messaggio. Tra decorazione e funzionalità, sociologia e arti visive, vince il valore simbolico e sincero di oggetti-feticcio presentati come performance, in nuovi contesti. In the series Necessities for a Woman (to Feel Like a Woman Through the Eyes of a Man), the provocation touches on the sphere of beauty, and chooses a pistol as the packaging for luxury lipsticks and perfumes. Instead of bullets, make-up as the weapon of seduction? But why not a toothpick, medicines and a USB stick, too, halfway between the practical and the exclusive. The pistol was created following the rules of the most classic of crafts applied to technology, in a link between tradition and innovation that lays the foundations for a sort of futuristic craft. Again as a tribute to women, a few years ago he installed a jewellery vending machine in Amsterdam’s red light district. The claim: “Be nice to a girl: buy her a ring” offered the district’s visitors a moment for a kind thought: a selection of rings, red and all different, in exchange for a bit of change. Concluding this exploration of the feminine world, in the project Haunted by 36 Women he associates rings and bracelets with a female archetype, interpreted above all through the image of the shoe: the femme fatal and the girl next door, the fashionist and the suffragette are here ironically portrayed in different materials, in fluro colours and dark hues. Ted Noten’s manifesto declares: “Jewellery must be shamelessly curious” and his alternative jewels certainly follow this design philosophy. Wearing one of his creations means wearing a message. Somewhere between decoration and functionality, sociology and visual arts, the symbolic and sincere value of fetish-objects presented as performance, in new contexts.
Atelier Ted Noten / N.T. 2011/ Ornamentum Gallery TEDNOTEN.COM
NEW TECH ESCAPING CONVENTION, to rethink the concept of mobility with alternative technologies and above all a grand desire to experiment: “HUNGRY” young designers testing the future.
TEXT BY ALI FILIPPINI Le idee non nascono per caso, sono il frutto di un processo più articolato e anche lento; insomma non c’è sempre un eureka ma prove, combinazioni (spesso fortuite, “serendipitose”), riadattamenti di idee preesistenti. La creatività si offre in queste zone di esplorazione continua, dove ci si muove alla ricerca dell’“adiacente possibile”; una bella definizione, scientifica, per dire una sorta di futuro ombra, che sta ai margini dello stato attuale delle cose. Chissà se ci hanno mai pensato i designer di questi prototipi speciali che esplorano una zona poco battuta ma interessante del progetto, lavorando più da bricoleur, quindi assemblando e osando accoppiamenti inediti, che da “stilisti”. Allora immaginate un’officina ipermoderna da dove escono ibridi tecnologici che ripensano le qualità e i modi dei mezzi di trasporto individuali, destinati a transiti urbani; che abbiano magari come sfondo ideale delle belle e vivibili città, disinfestate dall’uniformità di auto tutte quasi uguali e brutte bici per la collettività (vale per molte municipalità italiane e non). Il primo di questi è il progetto di bicicletta del designer Hansen Jan Hoepner, autore del concept design di Vlieger, un modello elettrico che sceglie un camouflage dall’estetica meccanicistica per il suo telaio appositamente brevettato, che con questa mise hi-tech retrò seduce maggiormente l’utente più giovane o sportivo. Il tutto, infatti, parte da una riflessione intorno al pregiudizio “estetico” che la maggior parte di noi nutre per le bici a motore elettrico: così, invece, la tecnologia elettrica si traveste di meccanica e risolve con grande cura e appropriatezza tutti i dettagli del caso. Con il prototipo di automobile Phoenix è la carrozzeria tradizionale a cedere il posto ad un involucro ligneo davvero impattante. A ripensare in chiave green il mezzo sono due progettisti: un designer emergente, il tedesco Albrecht Birkner che ha collaborato con il designer Kenneth Cobonpue (“erede” di un marchio di arredi realizzati in materiali naturali in costante fase di sperimentazione), portando avanti il progetto dalle Filippine, dove artigiani locali hanno in dieci giorni assemblato il prototipo dell’auto più tecno-organica del momento. Ideas don’t just pop up by chance, they’re the fruit of a more articulate, slower process: in short, there’s not always a eureka moment, but trials, tests, combinations (often fortuitous, “serendipitous”) and re-adaptations of existing ideas. In these zones of ongoing exploration where the movement is in search of the “adjacent possible”; creativity offers a beautiful, scientific definition of a sort of shadow future, which lies at the margins of the actual state of things. As they chart the untrodden regions of design, daring unheard of combinations of materials and tinkering around in their workshops assembling their prototypes more like do-it-yourself mechanics than stylists of the future, who knows if these young designers ever see it that way. We have these images of hyper-modern laboratories pumping out technological hybrids designed to rethink ways of life and modes of personal transport destined for beautiful, liveable cities, freed from the tyranny of automobiles and ugly municipal bicycles. And they do exist! The first one we find is the bicycle project by Hansen Jan Hoepner, designer of the Vllieger concept, an electric bicycle that chooses mechanistics as camouflage for its specially patented frame, seducing younger, sporty users with its hi-tech retro looks. The design came after some reflections on the “aesthetic” prejudices that most of us nurture for electric bicycles: in this prototype the electric parts are disguised as part of the mechanics, solving all aspects of the problem with great flair and elegance. Another is the Phoenix automobile, that instead of traditional body work has a incredibly striking sort of bamboo shell. Two emerging designers are responsible for this ‘green’ reworking of the car: German Albrecht Birkner and Kenneth Cobonpue (“heir” of a continually evolving brand of furniture made from natural materials) developed the project in the Philippines, where local craftsmen assembled the prototype of this most techno-organic car of the moment, in just ten days.
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Detail of the Vlieger electric bicycle by Hansen Jan Hoepner.
NEW TECH
KENNETHCOBONPUE.COM ALBRECHTBIRKNER.COM VASANDREZ.DE AKKUSCHRAUBERRENNEN.DE
La forma sagomata come una foglia prende ispirazione dalla natura anche per la costruzione del suo telaio, in acciaio e nylon, ricoperto con una struttura intrecciata a mano di rattan e bamboo. Materiali naturali riciclabili, quindi, al posto della lamiera, il tutto secondo un processo costruttivo/ produttivo (materiali compositi, fibre organiche, tecnologia green) che richiede strumenti molto semplici e bassa intensità di energia. E in quanto a originalità il progetto condiviso da dieci università di design con il brand Bosch rappresenta davvero la risposta più alternativa che si possa immaginare al transportation design. Si tratta di dieci auto, tra il go-kart e il bolide da corsa, che riservano la sorpresa di essere equipaggiate con un trapano elettrico da 18 volts al posto del motore, perché in un certo senso – confessano loro stessi – il trapano è un motore elettrico. Con questi veicoli gli stessi studenti-designer divisi in team come nella realtà competono in un’autentica corsa, la Electric Screw Driver Race. La risposta al tema dell’auto elettrica potrebbe partire anche da queste bizzarre (ma disegnate per assecondare al massimo nella forma e nel peso l’esigenza di velocità) mini concept-car, che non ci dispiacerebbe vedere almeno in uno dei prossimi affollati Saloni dell’auto internazionali. The aerodynamic leaf-like form draws on nature for inspiration, as well as for the material covering its nylon and steel frame: hand-woven rattan and bamboo. Natural recyclable materials in place of sheet metal, assembled in a construction/production process (composite materials, organic fibres, green technology) that requires only simple tools and low energy. On the subject of alternative power, Bosch recently came up with an original idea for a transportation design competition between ten different design schools: to build ten vehicles, from go-karts for racing cars to be powered by an 18 volt electric screwdriver, because – as Bosch confesses – screwdrivers are just electric motors in the end. Split into teams like in real Formula 1, the student-designers competed in the first Electric Screw Driver Race. And who knows, in future maybe we’ll be riding round in personal urban transits based on one of these bizarre (but extremely efficient) mini conceptcars. At least it’d be good to see a few more at some of the crowded International car shows.
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Detail of the Die Herausforderer project (HAWK Fakult채t Gestaltung 2 ) for the Electric Screw Driver Race (photo: Johannes Roloff).
NEW TECH
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Car concept in bamboo Phoenix, by Kenneth Cobonpue.
artificial beauties Photographer: Antonello Trio Styling: Cori Amenta Text by Lucia Campisi All by Jean Paul Gaultier for La Perla Shoes: Christian Louboutin
Pezzi di ricambio, sostituzione parti danneggiate, ripristino prestazioni. Per ritornare ad essere macchine perfette. E mettersi in viaggio verso sé, verso la ricerca di oasi interiori di idratanti sensazioni, deserti privi di fastidiose urbanizzazioni, cromie calde e rassicuranti. Un viaggio da sentire sulla pelle, un brivido che corre tagliente come la lama del bisturi, precisa, netta, profonda. Passando da Sud e puntando al Maghreb. È qui che il sogno diventa realtà. Qui la pelle trasforma le cicatrici in rivelazioni di perfezione: incisioni che affondano in materiali biodegradabili e li riciclano per realizzare una nuova bellissima forma. Il seno, il naso, il sedere… tutto è modificabile e sostituibile. Tutto si può rinnovare, tagliare, aggiungere, modellare. La chirurgia estetica sfonda i confini e si sposta rapida come contro-immigrazione da Nord a Sud, trovando in Marocco uno spazio votato alla bellezza assoluta: volontà e desiderio di perfezione estetica da declinare in chiave moderna dove il chirurgo è artista e vate in grado di rappresentare attraverso la materia-plastica-pelle la forma ideale del bello. Come moderni Platone sul bacino mediterraneo, con assiomi racchiusi in un pacchetto vacanze con formula all inclusive, viaggio, soggiorno e bisturi. Naturalmente low cost. Affinché l’antica radice comune di estasi ed estetica torni a coincidere. Senza scalo. La bellezza fa i conti con le attuali frontiere del desiderio e non si limita a migrazioni transgender ma apre le porte a nuove identità, offrendo al prezzo di una vacanza una vera e propria resurrezione del corpo. s Spare parts, replacements, restored performance. To get back to being perfect machines. Setting out on a journey toward the self, in search of interior oases of hydrating sensations, deserts void of urbanisation, warm and reassuring colours. A journey to feel on the skin, a thrill that runs through sharp as a surgeon’s blade, precise, clean, deep. Moving south and aiming for the Maghreb. It’s here that dreams become realities. Here the skin transforms scars into revelations of perfection: incisions that cut into biodegradable materials and recycle them to make a new, beautiful form. The bosom, the nose, the bottom … everything can be changed and replaced. Everything can be cut, augmented, modelled and renewed. Plastic surgery breaks its confines and moves as fast as a counter-immigration from North to South, finding in Morocco a space dedicated to absolute beauty: desire for aesthetic perfection declined in a modern key in which the surgeon is artist capable of representing the ideal form of beauty through the plastic-material-skin. Like latter-day Platos in the Mediterranean basin, with axioms encapsulated in all-inclusive holiday packages: travel, accommodation and surgery. Low-cost, naturally. Until the common root of ecstasy and aesthetic coincide once again. Without stopovers. Beauty does its sums with the actual frontiers of desire, not limiting itself to transgender migrations but opening doors to new identities, offering a true resurrection of the body at the price of a mere holiday.
Letizia Maestri for M.C.A. Cosmetics
Body: thalasso – Thermo-active scrub rich in soothing, remodelling minerals with plant -extracts of essential oils, thermal effect COLLISTAR ANTI-CELLULITE: Intensive Anti-cellulite serum with ultrasound effect vegetable stem cells. COLLISTAR STRETCH MARKS: Intensive Anti-stretch marks cream with elastin- plus and hyaluronic acid, Karité butter and vitamins A - B5 – C- E -F –PP. COLLISTAR
Breast: Push-Up® Seno specific dietary supplement for the breast, • tones • remodels • enhances the breast thanks to a mixture of natural essences. COLLISTAR Neck: firming and toning StriVectin-TL Tightening & Sculpting Face & Neck Cream STRIVECTIN (exclusively from Sephora) Hair: strengthens long and treated hair to give shine, Primaria Cachemire Bath and “Glossy” effect Primaria Diamond mask all ELGON (exclusively from Sephora)
Letizia Maestri for M.C.A. Cosmetics
Face: SĂŠrum Tenseur Liftant Visage ultra-light serum rich in active firming principles that immediately tighten the skin, improving texture and smoothness. Contains the NIA-114 molecule that improves tissue firmness to fight sag. StriVectin (exclusively from Sephora) Around the eyes: Dark Circles Away Collagen Eye Serum by Dr. Brandt (exclusively from Sephora)
Make Up: eyes: Eyes Pencil Color Coffee Shadow: Swiss Chocolate, Arena; Bronze, Gealm. Mascara: Zoom Lash Lofty brown Blush Creme Blend Tea Petal Lips: Pro Longwear Pencil Bitters Weet and Pro long Wear Gloss Coat ( all M.A.C. Cosmetics)
Letizia Maestri for M.C.A. Cosmetics
Buttocks: Bodyslim anti-cellulite concentrate – redefines the figure thanks to the WTB system (Indian Lotus, White willow, Biotechnological peptides) and Liporeverse (active caffeine 10% + Glaucine Complex 2.5%). It enhances the anti-retention effect of the Sambuca extract with active caffeine 10% + Glaucine complex 2.5% and wheat germ extract (1%) LIERAC
Tummy: Morpho-Slim Ventre et Taille specific for localised fatty tissue around the tummy and waist. Lipo-Reverse with Phyllacanta Fibrosa and oat extract polysaccharides, with active caffeine 5% + Glaucine complex 2.5%. Targeted action on abdominal fat with Alga Bruna extract (1%). Oat extract polysaccharides have a tensioning effect (4%) LIERAC Tanning: satin effect body tan Iridescent Powder/Loose – Golden Bronze M.A.C. Cosmetics
Photographer: Antonello Trio Styling: Cori Amenta Makeup: Letizia Maestri Hair Stylist: maestrimkupstudio Model: Francesca Di Giorgi Digital Retouching: Cristian Buonomo Photographer’s Assistant: Giuseppe La Rosa Stylist’s Assistant: Lina Madé Letizia Maestri for M.C.A. Cosmetics
HAPPY SEDUCTIVE, LIVELY AND COLOURFUL, Martha Rich’s universe teems with life and ideas. And, in an ironic celebration of our little everyday vices, UNLEASHES THE APPETITE AND RELEASES ENDORPHINS. TEXT BY FRANCESCA COGONI
Avete presente il gioco del “Se fossi”? Ecco, se Martha Rich fosse un cibo, sarebbe sicuramente una torta, una di quelle multistrato, ricoperta con tanta glassa colorata. «Raffigurare torte mi conforta. Rappresentano la speranza, vengono preparate per celebrare occasioni speciali. Piacciono a tutti [...] ma quelle vere sono temporanee e se ne mangi troppo rischi di sentirti male. Le mie torte invece durano per sempre e non fanno male». Pittrice e illustratrice con base a Philadelphia, Martha ha uno stile spontaneo ed esuberante, con guizzi naif e rétro: un effervescente concentrato di stimoli e riferimenti che mixano in totale libertà miti e icone, vizi e virtù del nostro tempo così come dei decenni passati, con una predilezione per gli anni ‘50-‘60. Ironia, parodia, ottimismo sono gli strumenti – assieme a matita e colori – con cui l’artista esprime il suo estro. Per averne un’idea, date un’occhiata al libro Freedom Wigs: Sketchbook Expressionism and Other Personal Things, che raccoglie buona parte dei suoi disegni e lavori pittorici. Originaria del Maine, fin dalla tenera età Martha Rich riempie quaderni interi con pensieri e scarabocchi. Ma la sua vocazione artistica spicca il volo soltanto quando, dopo essersi trasferita a Los Angeles con il marito, lascia alle spalle vita coniugale e tedioso lavoro d’ufficio per assaporare nuovamente il brivido della creatività. Una ruolo decisivo in questa svolta viene giocato dai fratelli Rob e Christian Clayton, la cui arte è un condensato di energia e colore. Frequentare le loro lezioni di illustrazione fornisce a Martha la consapevolezza e il coraggio per rispolverare la vecchia passione e farne un lavoro a tempo pieno. Ora, dopo una laurea conseguita presso l’Art Center College of Design di Pasadena e una specializzazione in pittura presso la University of Pennsylvania, i suoi lavori illustrano numerosi magazine internazionali, vengono esposti in diverse gallerie e finiscono persino nei videoclip (è suo il murale che compare nel video Girl del noto musicista Beck). Qui in Italia, abbiamo avuto modo di conoscerla in occasione della sua partecipazione alla mostra Natural Beauty, presso la Mondo Bizzarro Gallery di Roma, una collettiva che riuniva il meglio della scena Pop Surrealism d’oltreoceano. Are you familiar with the game “what if?”? Well, if Martha Rich were a kind of food, she’d almost certainly be a cake, one of those cakes with lots of layers, covered with colourful icing. «Painting cakes comforts me. They represent a sort of hope, and they’re made for special occasions. Everyone likes cake [...] but real ones are temporary and if you eat too much you can feel sick. My cakes last forever and don’t have those side effects ». Painter and illustrator based in Philadelphia, Martha has a spontaneous, exuberant style, with naïf and rétro splashes: an effervescent concentrate of stimuli and references that freely mix the myths and icons, vices and virtues of our times and those of recent decades, with a predilection for the ‘fifties and ‘sixties. Irony, parody, optimism are the tools – along with pencil and crayons – with which the artist expresses her creative flair. To get an idea, take a look at the book Freedom Wigs: Sketchbook Expressionism and Other Personal Things, that brings together a good part of her drawings and paintings. Originally from Maine, since an early age Martha Rich loved filling entire notebooks with thoughts and scribbles. But her artistic vocation took wing only when, after moving to Los Angeles with her husband, she turned her back on married life and tedious office work to once again savour the thrill of creativity. A decisive role in this change was played by brother Rob and Christian Clayton, whose art is a condensate of Energy and colour. Their illustration lessons often gave Martha the awareness and the courage to dust off her old passion and make it into a full-time job. Now, after getting a degree at the Art Center College of Design in Pasadena and specialising in painting at the University of Pennsylvania, her works illustrate numerous International magazines, are exhibited in various galleries and even end up in rock videos (the mural in the video Girl by Beck is hers). [Here in Italy we had the chance to meet her as she was taking part in the exhibition Natural Beauty at the Mondo Bizzarro Gallery in Rome, a collective exhibition bringing together the best from the American Pop Surrealism scene].
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DRAWING
Martha Rich, Hardcore, 2011. Acrylic on page of a vintage cookbook. Courtesy Martha Rich.
HAPPY Opposite page: Martha Rich, Senza Titolo, 2011. Acrylic on page of the New York Times. Courtesy Martha Rich. Martha Rich, Valentine Day Queen, 2011. Acrylic on page of the New York Times. Courtesy Martha Rich. Martha Rich, Hot Donut, 2011. Acrylic on page of the New York Times. Courtesy Martha Rich. Martha Rich, Chainsaw, 2011. Acrylic on page of a vintage cookbook. Courtesy Martha Rich. Martha Rich, Sloopy Calm, 2011. Acrylic on page of a vintage cookbook. Courtesy Martha Rich. Martha Rich, Frickin Frackin Fruit Fly, 2011. Acrylic on page of the New York Times. Courtesy Martha Rich.
Martha Rich ama i piccoli piaceri della vita, lo si intuisce subito osservando i suoi pezzi, in cui abbondano cibi squisiti e un po’ junk, dolci di ogni foggia che fanno venire l’acquolina soltanto a guardarli. D’altronde, lei stessa afferma: «Quando dipingo del cibo, spesso devo concedermi una pausa per mangiare ciò che sto dipingendo!». Oltre al mondo culinario, protagonista dei suoi lavori è anche l’universo femminile, con i suoi rituali e cliché. Una femminilità rappresentata con schiettezza e con gesto quasi caricaturale, dove l’imperfezione non è bandita, ma anzi è parte integrante della bellezza. Quest’ultima è una virtù che Martha esplora nel vero senso della parola. Nel 2008, infatti, in compagnia dell’amica artista Esther Pearl Watson, si avventura in un viaggio on the road lungo l’America per compiere un’indagine focalizzata sulla bellezza, documentata attraverso interviste, fotografie e filmati (www.beautyroadtrip.blogspot.com). È un’idea di fascino e seduzione che ha il sapore d’altri tempi quella proposta dall’artista, che non a caso va pazza per i vecchi cataloghi di lingerie, come quelli del brand Frederick’s of Hollywood degli anni ‘50-‘60. Tra le sue ossessioni non va tralasciata quella per le parole, che occupano uno spazio rilevante nelle sue opere, tanto da originare inestricabili intrecci grafico-figurativi, un profluvio in cui le immagini sono accompagnate da una grafia fieramente grezza. La frequente presenza di testo, similmente ai lavori di altri artisti-illustratori come Daniel Johnston – ma con maggiore frivolezza – o di Michael Dumontier e Neil Farber, è in parte dovuta al fatto che Martha ama «collezionare conversazioni». Per le strade di Philadelphia, sul bus o sulla metropolitana, l’artista capta i discorsi delle persone, per poi frammentarli e incorporarli nei suoi lavori. Spesso, mossa da un horror vacui davanti alla pagina bianca, Martha utilizza a mo’ di sketchbook vecchi libri o giornali (solitamente il New York Times), che ricopre di colori saturi, personaggi e slogan, fino a rendere irriconoscibile il supporto originario. L’esito è una sorta di diario personale in cui la realtà appare più o meno “caramellata”, “pepata” o “inacidita” a seconda dei casi. Un’opera in particolare potrebbe sintetizzare l’indole creativa di Martha Rich: due donne in doppia pagina, una confessa all’altra: «Tutto fa schifo», la seconda risponde: «Eccetto per i donut, gli amici, il sole, i sandwich, i libri, la musica, i regali, dormire, l’arcobaleno, il vino, il sesso [...]». Martha Rich love the little pleasures of life, you can see that from her artworks, in which exquisite foods, tending naturally toward junk, and sweets of every kind abound, making your mouth water just looking at them. That’s what she says herself: «When I’m painting food, I often take a break to snack on what I’m painting!». As well as food, another subject she paints is the universe of women, with its clichés and rituals. Femininity depicted in a straightforward manner and with almost caricature-like gestures, where imperfection is not forbidden but rather an integral part of beauty. The latter is a virtue that Martha explores in the true sense of the word, and indeed, in 2008 in the company of artist friend Esther Pearl Watson, she set out on the road across America to research beauty, documenting it through interviews, photographs and films (www.beautyroadtrip.blogspot.com). Through this she proposes a concept of fascination and seduction with an other-timely flavour, and no surprise she’s crazy about old lingerie catalogues, like the ones Frederick’s of Hollywood published in the ‘fifties and ‘sixties. Another of her obsessions if for words, that occupy a great deal of space in her works, so much as to give rise to inextricable graphic-figurative weaves, an outpouring in which the images are sided by proudly rough handwriting. The frequent use of text, like in the works of other artist-illustrators like Daniel Johnston – but far more frivolous– or Michael Dumontier and Neil Farber, is in part due to the fact that Martha loves «collecting conversations ». On the streets of Philadelphia, on the bus or metro, the artist picks up people’s conversations, then breaks them up and incorporates into her works. Often, moved by the horror vacui in front of a blank page, Martha uses old books or newspapers (usually the New York Times) a bit like a sketchbook, that she covers with dense colours, characters and slogans, until rendering the paper totally unrecognisable. The result is a sort of personal log in which reality appears either more or less “sweetened”, “peppered” or “sourced” as if the case. One work in particular epitomizes the creative temperament of Martha Rich: two women in double page, one says to the other: «Everything stinks », the other replies: «Except for doughnuts, friends, the sun, sandwiches, books, music, presents, sleeping, a rainbow, wine, sex [...]».
DRAWING
HAPPY
DRAWING MARTHARICH.COM
Martha Rich, Thinking About Wine and Donuts!, 2011. Acrylic on page of the New York Times. Courtesy Martha Rich.
Mise En Abyme
TEXT BY Milovan Farronato
featuring: Ugo Rondinone, Mike Nelson, Yto Barrada, Anna Franceschini
Mentre lei, seminuda, si agita nel letto, si gira e rigira senza sosta, senza pace; lui rotea nevroticamente una sigaretta tra le dita. Il vuoto nella testa. Un’altra figura maschile sale e scende su un ascensore. E accanto una donna ondeggia confusamente la testa, come volesse accarezzare il vento. Ritmi inceppati: tutti tornano sui propri passi per iniziare da capo. Percorsi che si paralizzano in un tic comportamentale. C’è anche chi incede e retrocede nervosamente tra due finestre aperte su un paesaggio urbano qualunque, e chi aspira a varcare una porta: verità nascoste, travaglio e oppressione. Gesti che non divengono mai atti, acefali di intenzioni e convincenti motivazioni. I sei personaggi in cerca d’autore (nella tragicomica proiezione di Ugo Rondinone) appaiono e scompaiono ritmicamente, mentre immaginano traiettorie deserte in località arse e inospitali, itinerari immaginifici che non hanno mai capo né coda, né inizio né fine. Viaggi nel nulla, nelle ipertrofie della mente. Nella tortuosità senza via d’uscita dei labirinti interiori... Meglio seguire la regola della mano destra o quella dell’algoritmo di Tremaux? Tutto, nel frattempo, si è tinto di rosso.
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Ugo Rondinone A spider. A spider is running across my heart and then another. Spiders run cross my heart and if I close my eyes, I can hear the rush and the rustle of their tiny dry bodies scurrying through me. 2003. 6 dvd, 6 proiezioni, alluminio, perspex, neon, suon. Courtesy Galleria Civica di Modena
While she, half naked, writhes in her bed, turning and turning without respite, without peace; he neurotically rotates a cigarette between his fingers. Void in the head. Another male figure goes up and down in an elevator. And alongside a woman confusedly undulates her head, as if caressing the air. Broken rhythms: everyone goes back on their steps and it starts again. Pathways paralyzed in a behavioural tick. There’s even one swaggering nervously between two windows opening onto an anonymous urban landscape, and another attempting to cross a threshold: hidden truths, toil and oppression. Gestures that never become acts, headless of intent or convincing motivation. Six characters in search of a writer (in the tragi-comic film by Ugo Rondinone) rhythmically appear and disappear, while imagining deserted trajectories in parched inhospitable locations, imaginary itineraries that have neither head nor tail, beginning nor end. Journeys into the void, into the hypertrophy of the mind. In the dead-end tortuosity of interior labyrinths... Better to follow the right-hand rule or the Tremaux algorithm? In the meantime, everything tinges red.
ABOVE & OPPOSITE PAGE: Mike Nelson I, Impostor. 2011. Site specific architectural installation. Dimensions variable. Courtesy 303 Gallery, New York.
Fez, Marrakesh, Tétouan, Meknes, Essauira, Tunisi, Sousse, Algeri, Il Cairo sono città dalle viscere profonde, prolassate in una miriade di cunicoli protetti (dall’Unesco) che fanno perdere la testa, e congiuntamente il senso d’orientamento. La Medina è un mondo accatastato, fatto di tante scorciatoie e altrettanti vicoli ciechi, di scale che si arrampicano dentro e fuori e immediati affollamenti. Pochi sono i secondi in cui uno squarcio di cielo inaspettato riesce a rinfrancarci. Potrebbero anche essere, volendo fantasticare, suggestivi atti surrealistici di automatismo o un gioco di scatole cinesi. Di certo sono ambienti unici che ci invitano a cedere e sperimentare l’efficacia di una parola troppo spesso abusata (almeno in critica): straniamento e smarrimento sensoriale. O effetto Mesmer. Meglio lasciarsi perdere con disinvoltura e complicità o opporsi strenuamente, pietrificati dall’angoscia di aver perso l’orizzonte? Claustrofobia o claustrofilia? O, più verosimilmente, entrambe in mutuo soccorso? Lasciarsi andare per poi ritrovarsi o opporsi tentando di razionalizzare? Quale delle due strade credibilmente ci può condurre fuori? Prendere la sinistra o seguire la destra? Resta anche l’alternativa di confessare a noi stessi l’irrinunciabile fascino dell’oblio?
Fez, Marrakesh, TĂŠtouan, Meknes, Essauira, Tunis, Sousse, Algiers, Cairo are cities whose bowels are deep, prolapsed in a myriad of (Unesco) protected burrows that blow the mind, along with any sense of direction. The Medina is stacked world, made many short-cuts and equally as many dead-ends, of stairways that climb inside and out and instant crowds. Few are the seconds in which an unexpected glimpse of sky come to our relief. Wishing to fantasize, they could even be evocative surrealistic acts or a game of Chinese boxes. But certainly unique environments that invite us to yield and try the effectiveness of a word too often abused (at least in critique): alienation and sensorial confusion. Or Mesmer effect. Better to leave nonchalantly as accomplice or strenuously oppose, petrified by the anguish of having lost the horizon? Claustrophobia or claustrophilia? Or, more realistically, both in reciprocal aid of each other? Letting go to then find again or trying to rationalize? Which of two paths could credibly lead to the outside? Take the left or follow the right? Is there even the alternative of confessing to ourselves the indefeasible fascination of oblivion?
Photographs by Sarah Keller from the book "Album Cinematheque de Tanger" 2012. Courtesy Yto Barrada.
Personalmente mi sono abbandonato a Tangeri. Ho ceduto all’idea di non avere più una direzione, di essere un mezzo senza fine e mi sono ritrovato, al di fuori del dedalo o penetrato nel suo vero ombelico, richiamato da un’insegna giallo itterico, di fronte a un Palazzo di polso, con carattere e contrasto. Alla sua sommità campeggia la scritta Cinema Rif e sovraimposto sulla vetrina d’ingresso (stesso font, stessa grafica che ricalca un passato recente): “Cinémathèque de Tanger”. Un cinema, un luogo di proiezione e rappresentazione ad accogliermi dopo il consenziente obnubilamento ipnotico. Sono naufragato verso un’iconografia architettonica in evidente declino. A Tangeri, mi spiega la fondatrice di questo progetto culturale, Yto Barrata, le cinémathèque erano numerose. Poi scomparse. Ora, rediviva, resta la sua dove offrire una programmazione alternativa. Dove proporre incontri, e archiviare e collezionare ciò che non deve andare perso: Tangeri e il cinema, una lunga storia. Addirittura Casablanca con Ingrid e Humphrey era in vero Tangeri. E io mi abbandono di nuovo al sapore del tè alla menta e alle mille lampade bizzarre che affollano le sale, i corridoi, l’atrio... Mentre attendo, trepidante, l’avvio di una proiezione che mi illumini l’esperienza.
The Cinema Rif Foyer Photographs by Sarah Keller from the book "Album Cinematheque de Tanger" 2012. Courtesy Yto Barrada.
Personally, I abandoned myself in Tangiers. I yielded to the idea of no longer having a direction, of being a means without and end and I found myself, outside the maze or penetrated into its very heart, called back by a jaundiced yellow sign, in front of a Palace, proud with character and contrast. At its summit, the sign Cinema Rif, and stuck to the glass entry doors (same font, same graphics traced from a recent past): “Cinémathèque de Tanger”. A cinema, a place of projection and representation here to welcome me after consenting to the hypnotic clouding. I, castaway toward an iconographic architecture in evident decline. In Tangiers, explains the foundress of this cultural project, Yto Barrata, there used to be lots of cinemas. Then they died out. Now, back in the land of the living, hers remains to offer an alternative program. Where to propose meetings, and to file and collect everything that shouldn’t be lost: Tangiers and the cinema, a long story. Even Casablanca with Ingrid and Humphrey was really in Tangiers. And I abandon myself again to the flavour of mint tea and to the thousand bizarre lamps crowding the rooms, the corridors, the atriums... While I await, with bated breath, the start of a projection that illuminates the experience.
Una collana tatuata su un cielo nero finalmente irrompe nello schermo. E poi gioielli ricomposti in forme animalier strane scintillano in tanti dettagli. Fino a quando la visione si allarga e così appare chiaro lo scenario. Un Luna Park (altro luogo in disuso) che danza solo per l’obiettivo della telecamera. Non c’è uomo a popolare questi mastodonti illuminati: Il Vascello Fantasma, la Calcinculo, la Piovra, l’Autopista. Forse anche un Tagadà. Di certo si entra nel labirinto della Casa dei Fantasmi. Ribadisco e insisto: non si avverte la presenza di uomini o donne. Silenzio e solitudine. L’apparente accondiscendenza iniziale alla gratitudine e gradevolezza di una visione parcellizzata della realtà ora mi genera un senso di sconforto. Sono piombato dentro l’immagine. Come in un film di David Lynch. Dentro il labirinto in un labirinto proiettato. E solo ora capisco di aver capito. L’eterno ritorno dell’uguale.
Anna Franceschini, The Player may not change his position, 2009, still from video.
A necklace tattooed onto a black sky finally breaks onto the screen. Then jewels recomposed in strange animal-like forms sparkling in lots of details. Until the vision expands and the scenario begins to focus. A Fun Fair (another abandoned place) dancing only for the camera lens. Not a single man populating these illuminated mastodons: the Haunted Galleon, the Swing Chairs, the Octopus, the Bumper Cars. Perhaps even a Tagada. Sure there’s maze in the Haunted House too. I repeat and insist: not even a minimal presence of men or women. Silence and solitude. The apparent initial appeasement at the gratitude and agreeableness of a fragmented vision of reality now start to give me a sense of discomfort. I fall into the images. Like in a David Lynch film. Inside the labyrinth of a labyrinth projected. And only now I understand that I’ve understood. The eternal return of the like.
COLOPHON
MANAGING DIRECTOR Andrea Guido Oreni EDITOR IN CHIEF Francesca Sofia Chiapponi FASHION DIRECTOR Paola Tamburelli ART DIRECTOR Antonello Trio SENIOR FASHION EDITOR Manos Samartzis GRAPHIC DESIGNER Martina Gras EXECUTIVE ASSISTANT Silvia Masciale CONTRIBUTORS Cori Amenta Cristian Buonomo Lucia Campisi Francesca Cogoni Betty Demonte Milovan Farronato Ali Filippini Fabiana Gilardi Alessandro Guasti Riccardo Linarello Greta La Medica Ellen Mirck Roberta Molin Corvo Santa Nastro Tommaso Toma Elena Valdini PHOTOGRAPHERS Oskar Cecere Luca Mercuri Ivan Muselli Antonello Trio Stefano Viti TRANSLATIONS Edito Srl ADV Simone Mantello adv@fashiontrend.it Anna Morelli ometto@amsadv.it (Veneto) Monika Kuczkowski adv1@fashiontrend1.it (foreign countries) PRINTER ALFA PRINT Via Bellini 24 21052 Busto arsizio (VA) DISTRIBUTION - ITALY Messaggerie Internazionali S.p.a. via Alessandro Manzoni 8 20089 Rozzano (Milano) DISTRIBUTION – FOREIGN COUNTRIES SO.DI.P. SpA, Via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo(MI) PUBLISHER Trendmedia S.r.l. REGISTERED OFFICE Via Boccaccio 45 - 20123 Milano EDITORIAL UNIT Via Malnati 5 20148 Milano T +39 02.87388.937 F +39 02.48709.520 E info@fashiontrend.it Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 150 dell’11 Marzo 2003 DISTRIBUTED IN AUSTRIA, BELGIUM, BRAZIL, CANADA, CYPRUS, DENMARK, EGYPT, FINLAND, FRANCE, GERMANY, GREECE, NETHERLANDS, HONG KONG, HUNGARY, INDIA, LEBANON, LUXEMBOURG, MALTA, ONACO, POLAND, PORTUGAL, QATAR, SINGAPORE, SOUTH KOREA, SPAIN, SWEDEN, SWITZERLAND, TAIWAN, TURKEY, UAE, UK, USA
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