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NR. 23 - FEBBRAIO - MARZO 2010
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Direttore responsabile ---> Emilia Giuliana Papa --> giulianapapa@alice.it
Caporedattore ---> Claudio Sciacca --> ksciacca@libero.it
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Progetto Grafico e Impaginazione ---> Fausto Grasso --> faustidio@yahoo.it
Vignette --->
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Redazione --->
Sebastiano Di Bella Fausto Grasso Emilia Giuliana Papa Alessandro Puglisi Angela Puglisi Claudio Sciacca Patrizia Seminara
Hanno collaborato a questo numero ---> Antonio Borzì Irene Giuffrida Alessandro Lattanzio
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In Questo Numero: copertina
24 ore senza loro di Claudio Sciacca
Pag. 4 Pag. 6
4
Il sole per far risbocciare l’Etna Valley di Antonio Borzì Le mani sul lungomare di Claudio Sciacca L’intervista a Orazio Licandro a cura di Claudio Sciacca
Pag. 8 Pag. 10
Il palazzo degli sprechi di Claudio Sciacca
Pag. 12
AAA Nuove droghe vendesi di Fausto Grasso
Intervista ad Alberto Bucchieri, in arte...EGO a cura di Irene Giuffrida
Pag. 13 Pag. 14
Gennaio 1959: trionfa la rivoluzione a Cuba di Alessandro Lattanzio
Pag. 16
10 14
di Fausto Grasso
Sicilia archeologica alla riscossa di Patrizia Seminara Pag. 18
La grande poesia a Catania di Alessandro Puglisi
Pag. 20
Il libro del mese a cura di Patrizia Seminara Per non dimenticare: la Shoah di Patrizia Seminara
Pag. 22
a cura di Angela Puglisi
Pag. 23 quarta di copertina
16
Gli eventi di questo mese di Fausto Grasso
24 ORE SENZA LORO
Un giorno intero senza stranieri. Cosa succederebbe se, per 24 ore, tutti gli immigrati incrociassero le braccia?
di Claudio Sciacca
Mai come adesso, quanto meno nella nostra storia recente, il tema dell’immigrazione è stato oggetto di strumentalizzazioni politiche e accesi dibattiti spesso conditi di populismo e retorica. E non solo dibattiti, dal momento che non sono mancati interventi legislativi da parte dell’attuale governo di centro destra – si pensi all’introduzione nel c.d. “pacchetto sicurezza” del reato di clandestinità - oggetto di aspre e trasversali critiche. In un clima di insofferenza crescente nei confronti dello straniero, fomentato dai veri e propri deliri di alcuni amministratori della Lega, non poteva che montare sul fronte opposto un movimento popolare che si oppone con fermezza al razzismo dilagante, rifiutando ogni forma di discriminazione verso i più deboli. Terreno fertile di questa protesta il web, attraverso il quale un guppo di donne italiane e straniere organizzano dallo scorso novembre il primo sciopero degli stranieri nel nostro paese. Ispirato ad un’iniziativa nata in Francia, “La journéé sans immigrés: 24h sans nous”, lo sciopero, previsto per il primo marzo, e che si concretizzerà per lo più in una simbolica astensione
dai consumi, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana su quanto sia importante per la vita stessa del nostro paese l’apporto dei migranti. Difficile a credersi? Proviamo a fare quattro conti. Li ha fatti Stefania Ragusa, presidente del Coordinamento Primo Marzo, evidenziando come dal lavoro degli stranieri dipenda il 9,5 % del nostro prodotto interno lordo, quindi la crescita economica del paese, e quanto essi siano determinanti per il bilancio dello Stato e per il sistema previdenziale, cui danno il loro apporto tra tasse e contributi versando qualcosa come seimila miliardi di euro. Senza dimenticare il sostegno alle famiglie da parte di badanti
straniere, sottopagate rispetto alle italiane, cui oltre un connazionale su dieci affida il proprio congiunto anziano o malato. Tutto qui? Sforziamoci di essere ancora più concreti, prendendo spunto da “Blacks out”, interessante saggio del giornalista Vladimiro Polchi, che immagina in forma romanzata una giornata senza immigrati. E improvvisamente ci accorgiamo di alcune verità, volutamente occultate da certa stampa e dalla propaganda politica. E cioè che metà delle fabbriche venete e lombarde sarebbero costrette alla chiusura, che si fermerebbe il settore delle costruzioni, soprattutto nelle grandi città, dove
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la manodopera straniera è al 50%, e che soffrirebbero l’industria manifatturiera, tessile, alimentare, metalmeccanica, dove spesso gli immigrati ricoprono i ruoli più importanti e al tempo stesso i più pericolosi del ciclo produttivo. Naturalmente anche l’agricoltura ne patirebbe le conseguenze, dato che nessuno raccoglierebbe arance e pomodori in stato di semi-schiavitù, rischiando di essere colpito dalle fucilate della ‘ndrangheta come a Rosarno. Per non parlare, infine, di ristoranti, fast food, pizzerie e alberghi, dove il lavoro degli immigrati è preferito, in quanto più “economico”, rispetto a quello degli italiani. Insomma, al di là degli slogan, una riflessione seria e trasversale agli schieramenti politici su come favorire l’integrazione nella legalità degli stranieri in Italia appare urgente. Anche a destra Gianfranco Fini sembra averlo capito, offrendo interessanti spunti di discussione sul voto agli immigrati e facendo una parziale marcia indietro sulla legge BossiFini di cui fu promotore. Non l’ha ancora capito Berlusconi che, ormai proiettato alle vicine elezioni Regionali, accusa gli immigrati: “i reati aumentano per colpa loro”. E allora ben venga lo sciopero. Quando è troppo è troppo. Z
IMMIGRATI COME LORO “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
tratto da:
OTTOBRE 1912: relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso Americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti.
Il sole per far risbocciare l’Etna Valley
Arriva dal Sol levante una proposta per lo sviluppo dell’economia a Catania. Ora tocca alla politica di Antonio Borzi Un accordo fatto di professionalità, investimenti importanti e speranza. Tanta speranza per una zona, quella dell’Etna valley, che doveva spiccare il volo e che sembrava negli ultimi anni vicina al baratro. Risucchiata da una crisi mondiale del settore che non permetteva all’St di investire, soprattutto in una terra con evidenti carenze infrastrutturali come quella di Catania. Un anno di negoziazioni è stato fondamentale per portare a termine quest’impegno da parte di Sharp, Enel ed St per produrre a partire dal 2011 pannelli fotovoltaici. La più grande industria sotto il più grande vulcano d’Europa. Ecco i numeri: capacità di 160 MW/anno, 320 milioni di euro di investimenti, un impatto
occupazionale diretto per 250 addetti; indiretto, durante la costruzione, per 400-500 lavoratori; 250 dall’indotto. E questo solo per la prima fase del progetto. Durante la quale si dovrebbe sfruttare la tecnologia della Sharp, che ad Osaka produrrà in esclusiva il film sottile a tripla giunzione consentendo alla neonata fabbrica di avere un vantaggio tecnologico per circa 4-5 anni. Il tutto consentirà il recupero del settore produttivo M-6, che inizialmente doveva sfruttare la produzione dell’St e che invece adesso verrà riconvertito consentendo di non perdere nemmeno un addetto. Ma tutto potrebbe ancora evolversi in una seconda fase con investimenti ulteriori che, tra il 2012 ed il 2014, dovrebbero far aumentare la capacità produttiva di pannelli per 320 MW l’anno, per portare il totale a 480 MW/anno. Verrebbero investiti altri 450 milioni portando il totale a circa 770 milioni di euro, con un impatto occupazione addizionale diretto per 450 risorse (in tutto circa 700) e indiretto per 500 persone in media durante la costruzione. I sindacati sono prudenti e le istituzioni esaltano questo progetto, che permetterebbe a Catania di raggiungere ottimi livelli occupazionali. Riteniamo però che quest’accordo debba portare ad una profonda analisi. In una città allo sbando o quasi, che pian piano cerca di darsi un senso, che impiega anni per trovare accordi per la costruzione di 50 metri di galleria metropolitana (vedi l’appena risolta situazione di viale Africa), che dibatte per mesi e mesi sull’opportunità di abbattere un ponte o
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meno (ci riferiamo al Tondo Gioeni), e che soprattutto non ha un benedetto Prg da anni, cosa si spera di ottenere? Non vorremmo che quest’accordo sia la solita goccia nel deserto, pronta ad asciugarsi al sole di una politica e di
Nella pagina a sinistra: pannelli fotovoltaici; una veduta aerea del modulo M-6 dell’ST di Catania. Sopra: la Metropolitana di Catania, in due momenti del tragitto di percorrenza
un’imprenditoria assopite e incapaci di cogliere l’aria di cambiamento che si respira in questi anni. Sono venuti i giapponesi ad indicarci la strada e noi la dobbiamo seguire. Infrastrutture sono necessarie e ancor più è
imprescindibile dare una direzione a questa città. L’edilizia, riteniamo anche a causa della mancanza del Prg, è in crisi, e il commercio non sa bene come difendersi dall’incredibile proliferare di megacentri commerciali alle porte di Catania. Il sole l’abbiamo, e soprattutto l’intelligenza e la professionalità non mancano ai nostri giovani. Dovevano arrivare i giapponesi a spiegarlo… E noi, nel frattempo, siamo troppo impegnati in futuristici waterfront sul lungomare, mentre la città sta realmente affondando sotto i colpi della crisi. Ma non intendiamo concludere solo sull’onda del pessimismo, bensì con una nota di speranza. A fronte di un quadro complessivamente desolante, si intravede anche qualche segnale positivo: PUA (piano urbanistico attuativo), cioè la variante urbanistica “Catania Sud” al vecchio Prg, finalmente approvato e che dovrebbe portare sviluppo nella zona della Playa; metropolitana in lenta crescita; progetti sull’anfiteatro romano e sulle attività commerciali; contenimento dei costi della Pubblica Amministrazione. Tanti piccoli passi doverosi in una città normale, ma che a Catania sorprendono. Non resta che sperare e incitare tutti a correre più veloci. Perché il treno dello sviluppo non è disposto ad aspettare. Z
LE MANI SUL LUNGOMARE Un affare per pochi. Fatto di parcheggi sotterranei e centri commerciali a due passi dal mare. E soprattutto tenuto nascosto alla città
di Claudio Sciacca
vocabolario già nel 2003 - allorché gli architetti spagnoli Oriol Bohigas e Joseph Martorelli presentavano un progetto che, ridisegnando sul “modello Barcellona” i sette chilometri di costa catanese dalla Plaja a Ognina, ne modificavano l’aspetto - oggi le parole chiave sono tre: “via-di-fuga”. Non era difficile ipotizzare che un progetto concepito per restituire il mare alla città, con parchi, viali alberati, aree pedonali, la riqualificazione ecologica degli edifici del viale Africa, la valorizzazione dei borghi di San Giovanni Li Cuti e Ognina, si sarebbe trasformato in una gallina dalle uova d’oro. È il maggio del 2005, alla vigilia delle elezioni che porteranno al secondo mandato per il sindaco Scapagnini, quando si comincia a intravedere l’affare. Lo strumento,
apparentemente innocuo, perché questo possa concretizzarsi, è una variante al Piano regolatore generale inserita dall’Ufficio speciale per l’emergenza traffico e per la sicurezza sismica, in virtù dei “poteri
speciali” concessi al sindaco, per la costruzione di una via di fuga antisismica a monte del lungomare tra piazza Europa e via del Rotolo, per far fronte al rischio tsunami. Tecnicamente si parla di “viabilità di scorrimento”, ma nei fatti si tratta di una scelta urbanistica adottata scavalcando il Consiglio comunale e senza valutazione di impatto ambientale. Poco male, se non fosse per la scelta, di lì a poco, di affidare in project financing la costruzione dell’opera ai privati. Con tanto di gara e impresa vincitrice, cui spetterà la costruzione della strada,
foto di Claudio Sciacca
Chi conosce Catania sa quanto siano stati forti, nel recente passato, i rapporti tra politica, imprenditoria edilizia e criminalità organizzata. Una verità storica consegnataci all’inizio degli anni ’80 da Pippo Fava, giornalista che pagò con la vita i suoi articoli sui costruttori catanesi. È dunque facile comprendere quanto sia importante tenere gli occhi aperti su un giro d’affari, quello legato al mattone, che da sempre genera appetiti insaziabili. Per questa ragione la lettura, nella scorsa estate, di un’inchiesta del bravo Antonio Condorelli sui progetti edilizi per il lungomare di Catania, passata pressoché inosservata presso i più importanti organi di stampa, è stata per noi, come per buona parte della società civile catanese, un brutto risveglio. Abbiamo fatto un nodo al fazzoletto, chiedendoci cosa sarebbe accaduto da lì a sei mesi. Praticamente nulla. Ad oggi due catanesi su tre non sanno ancora di cosa si tratti. Rinfreschiamoci le idee. Se il termine “waterfront” è entrato prepotentemente nel nostro
ma anche di parcheggi sotterranei e centri commerciali, improvvisamente sbucati nel bando e avuti in concessione per ben 38 anni. Un bell’affare, che ricorda quello del parcheggio sotterraneo di piazza Europa, con annesso centro commerciale inserito “a sorpresa”, sul quale la Magistratura sta cercando di far chiarezza. Un affare da oltre 120 milioni di euro di costo, a fronte dei 10 originariamente previsti, dei quali solo il 10% sarà destinato alla realizzazione della via di fuga. Fa sorridere l’idea di poter fuggire da uno tsunami sul lungomare catanese, che peraltro già morfologicamente si trova oltre dieci metri sul livello del
UN’OCCASIONE PERSA
Abbiamo voluto contattare due politici di schieramenti e ideologia opposti per chiedere maggiori ragguagli sulla vexata quaestio affrontata. Uno dei due, Orazio Licandro, ha risposto. L’altro, Puccio La Rosa, no. Non saranno state le 10 domande di “Repubblica” a Berlusconi, ma certo rappresentavano una buona opportunità per La Rosa, uno dei politici dell’attuale maggioranza, Consigliere Comunale PDL-AN e Vice Presidente Vicario del Consiglio Comunale. Un’occasione ghiotta per dare delle risposte ai lettori sugli argomenti trattati nell’articolo a fianco. Da noi interpellato, La Rosa, pur cortese e disponibile, ha fatto trascorrere oltre 3 settimane per (non) rispondere alle 5 domande della nostra mini-intervista. Un peccato, vista la giovane età del protagonista, che a 33 anni dovrebbe incarnare un nuovo modo di far politica, meno autoreferenziale e più vicina ai cittadini. Davvero un’occasione persa. Proponiamo, dunque, la sola intervista a Orazio Licandro.
Intervista al Prof. ORAZIO LICANDRO Responsabile Nazionale Organizzazione PdCI-FdS a cura di Claudio Sciacca Quali sono ad oggi le certezze relative al progetto di intervento urbanistico sul lungomare di Catania? «Ad oggi non possediamo nessuna certezza. Dopo la nostra denuncia si sono accesi i riflettori. Personalmente mi sono recato in Procura, ma poi tutto si è sopito. Spero che tutte le istituzioni, nessuna esclusa, decidano di fermare un colossale scandalo speculativo e di devastazione ambientale».
mare, entrando in un confortevole centro commerciale... Non sorrideranno però i catanesi, che vedranno consistenti modifiche al “waterfront” e dovranno convivere con scavi infiniti. È ormai un malcostume tutto italiano decidere gli interventi edilizi nelle città non tenendo conto dell’opinione dei cittadini, peraltro spesso tenuti all’oscuro delle grandi opere. In una Catania che attende da oltre quindici anni il nuovo Piano regolatore generale, il secondo della sua storia dopo quello redatto da Piccinato nel 1963, i rischi sono maggiori, soprattutto tenendo conto delle tante aree che fanno gola ai costruttori catanesi. Si pensi alla zona intorno all’aeroporto, al corso Martiri della Libertà nei pressi della stazione, alla Plaja o a Cibali, dove al posto del vecchio stadio potrebbe essere previsto un giorno un centro commerciale o un paio di grattacieli. Non si sa mai. Z
Perché per oltre tre anni e fino allo scorso luglio i catanesi sono rimasti all’oscuro di un progetto così importante per la città? «Durante il governo Prodi, diversi parlamentari catanesi, e tra questi -come è noto- il sottoscritto, avevano chiesto al Presidente del Consiglio e a Bertolaso che si facesse luce sulla gestione dei c.d. poteri speciali conferiti da Berlusconi a Scapagnini, che si accertasse quanto fosse costata quella gestione e che comunque si ponesse fine a quella sciagurata stagione. In effetti, Prodi intervenne non rinnovando i poteri speciali e intimando il blocco delle operazioni in atto, compresa quella relativa al Lungomare. Pensavamo dunque di aver raggiunto l’obiettivo e dormivano sonni tranquilli. In realtà sbagliavamo enormemente. Cambiato il governo, tornati in sella gli affaristi, tutto si è rimesso in pista. Sino a quando, essendo venuto a conoscenza delle manovre, con il mio partito sono tornato a denunciare quella sporchissima operazione. E del resto, se si sta attenti, è cambiato soltanto formalmente il sindaco, ma quelle forze politiche e quegli uomini chiave della stagione Scapagnini sono tutti ai ‘posti di combattimento’. Hanno cambiato poltrone, ma stanno sempre a gestire settori molto importanti della cosa pubblica, e purtroppo non passa giorno in cui non affiorano elementi di forte continuità con il passato». continua a pag.11
IL PALAZZO DEGLI SPRECHI Destinato ad ospitare gli uffici del settore civile del Tribunale. Ma da anni simbolo di degrado nel centrale viale Africa. È l’ex Palazzo delle Poste, in attesa di ristrutturazione dal 2001. Debiti permettendo di Claudio Sciacca
foto di Claudio Sciacca
Lasciamo il lungomare catanese, presagendo gru e scavatori all’opera per fare il lifting a una costa già “urbanizzata” e deturpata da alti palazzi, oltrepassiamo la voragine diventata monumento surrealista della nuova piazza Europa, e spostiamoci di qualche metro in direzione sud, sul viale Africa. Arteria fondamentale per la viabilità cittadina, in posizione strategica nel progetto “waterfront”, è ancora oggi esempio di degrado per la città. Un biglietto da visita non certo positivo per quanti, si pensi ai turisti, uscendo dalla stazione ferroviaria in piazza Giovanni XXIII scelgano, per andare in centro, di non imboccare corso Martiri della Libertà, spaventati da macerie, baraccopoli, luna park e zoo improvvisati. Se è vero che la tangentopoli catanese degli anni ’80, sviluppatasi in vista della riqualificazione delle fabbriche di zolfo a ridosso della stazione, ci ha lasciato un centro fieristico di grande rilievo e dalle ottime potenzialità, ciò che caratterizza gli edifici circostanti è l’incuria e
il decadimento. Scheletri di cemento e mattoni entrati a far parte stabilmente del paesaggio cittadino, un po’ come l’elefante di piazza Duomo o gli Archi della Marina. È il caso del palazzo dell’ex Consorzio Agrario, splendido esempio di archeologia post-industriale, ma da anni in stato di abbandono, buio, incustodito. Un ottimo rifugio per tossicodipendenti o per coppiette alla ricerca di emozioni forti, tra siringhe, lattine di alluminio, bottiglie e rifiuti. Non molto diverso è lo stato del vicino ex Palazzo delle Poste, di costruzione più recente rispetto agli edifici della ottocentesca “cittadella dello zolfo”, ma ugualmente malridotto e meta preferita per ogni tipo di scorribanda notturna. Una zona di difficile controllo anche per le forze dell’ordine e su cui pesa come un macigno l’inerzia del Comune. Prevista nel “Programma triennale delle opere pubbliche 2009-2011” del Comune di Catania
la “Ristrutturazione dell’ex Palazzo delle Poste da destinare ad Uffici giudiziari” rimane ad oggi una grande incognita. È dello scorso settembre la richiesta di acquisizione degli atti all’Amministrazione cittadina da parte del vicepresidente del consiglio comunale La Rosa, Pdl. Dello stesso periodo è il richiamo del Ministero della Giustizia, che ha acquistato nel 2001 l’edificio con lo scopo di destinarlo ad ospitare gli uffici giudiziari del settore civile, ad oggi dislocati in 13 sedi. E mentre “si continuano a spendere soldi pubblici per il pagamento dei
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continua da pag.9
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canoni d’affitto”, secondo quanto denuncia il presidente della Provincia Castiglione – quasi che non facesse parte della stessa coalizione che ha governato e tuttora governa la città - ci si chiede con quali soldi il Comune dovrebbe provvedere alla ristrutturazione dell’immobile, dal momento che i 140 milioni di euro richiesti al Cipe da Stancanelli a fine 2008 per la realizzazione di “opere cantierabili” (un terzo dei quali al momento realmente ricevuti) serviranno esclusivamente, come ha candidamente ammesso lo stesso sindaco, per coprire parte dell’immenso buco di bilancio lasciato dall’amministrazione Scapagnini. Nel frattempo si attivano, per lo più a beneficio della stampa, i primi incontri tra rappresentanti degli enti locali, del ministero e degli ordini professionali di architetti e ingegneri. Vere e proprie sedute spiritiche per evocare fondi e segnali dall’alto. Qualcosa si muove anche al Tribunale di Catania, dove l’Associazione Nazionale Magistrati ha organizzato a fine gennaio una settimana di visite guidate negli uffici di piazza Verga, per denunciare e rendere partecipi i cittadini delle immense difficoltà di lavoro in una struttura inadeguata e con le insufficienti risorse stanziate dal governo. Gran finale il sabato sera d’animazione, battezzato “Se una notte d’inverno in Tribunale…”. Roba da brividi. Segue giro notturno in viale Africa tra le macerie del palazzo degli sprechi?!? Z
Lei è stato l’unico politico dell’opposizione a lanciare un grido d’allarme, dopo la denuncia del possibile scempio del lungomare catanese. Perché la politica nella nostra città, in particolare i partiti del centrosinistra, non hanno fatto fronte comune per fare luce su quanto accaduto? «Non è un fatto che mi conforta o gratifica più di tanto. Anzi! Se ormai sono annoverato tra i pochissimi che continuano a denunciare illegalità e assenza di trasparenza non c’è ragione di ottimismo. Temo che tutto ciò significa che il corpo vivo della città, cioè quello onesto, che tira quotidianamente la carretta combattendo contro l’illegalità, che ama la città e agisce nell’interesse generale e non particolare, si è fortemente ridotto e rassegnato. Non vede la luce in fondo al tunnel e si ritrae ancora di più nel privato, rinunciando a contendere il campo alla peggiore classe dirigente della storia della città: una classe dirigente in senso largo fatta non solo dalla politica, ma anche dal potere economico, e dall’informazione. Tutti stanno con i predatori, anzi fanno parte di un sistema opaco che ha spolpato le risorse della città e pensano di continuare in futuro contando sull’assoluta impunità! Contando per giunta sul consenso degli pseudo-intellettuali catanesi». Cosa può fare oggi il cittadino “di buona volontà” per controllare l’operato di chi lo rappresenta nel governo della città? E nella fattispecie come è possibile evitare danni irreversibili per il lungomare catanese? «Ciascuno deve tornare ad essere cittadino. Ad esercitare questo difficilissimo ‘mestiere’. Non bisogna delegare niente a nessuno, sapendo che si può essere di destra o di sinistra senza però rinunciare a un presupposto: l’onestà. Bisognerebbe tornare a discutere, riflettere insieme, con le modalità più varie: dai dibattiti pubblici, ai banchetti per strade e piazze, ai blog e al web. Speriamo! Non intendo abbandonare la presa, ma mi piacerebbe che la mia gente scendesse direttamente in campo, ed io starei in mezzo, come uno di loro!» Sono previste iniziative concrete nel prossimo futuro per accendere i riflettori su questa vicenda? «Francamente mi auguro che la vicenda sia chiusa, sebbene non ne sia affatto certo. Tuttavia, dinanzi a eventuali nuove e inquietanti notizie, sarei tra i primi a tentare di riaccendere i riflettori».
AAA NUOVE DROGHE VENDESI C’è un mercato che non conosce crisi e non ha colori politici o target generazionale. Un mercato fiorente. Quello delle droghe, con le sue leggi e le sue strategie di marketing di Fausto Grasso
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In questi giorni si è fatto un gran parlare di droghe, soprattutto per il caso Morgan. Il cantautore ha affermato: «Io non uso la cocaina per lo sballo, a me lo sballo non interessa. La uso come antidepressivo. Gli psichiatri mi hanno sempre prescritto medicine potenti, che mi facevano star male. Avercene, invece, di antidepressivi come la cocaina! Fa bene. E Freud la prescriveva. Io la fumo in basi (nota come “crack”, ndr) perché non ho voglia di tirare su l’intonaco dalle narici. Me ne faccio di meno, ma almeno è pura». Sul fatto che la cocaina faccia bene, avremmo da ridire, ma sul fatto che
gli antidepressivi, i barbiturici e gli psicofarmaci in genere siano da considerarsi delle droghe legalizzate, penso che siamo tutti d’accordo. In realtà, ci si scandalizza solo a sentir parlare di droghe ma non se ne conoscono gli effetti, non si è al corrente della loro diffusione, non viene fatta una corretta informazione. Cento anni fa non si sarebbe nemmeno immaginato che gli antibiotici potessero curare le malattie infettive e, oggi come allora, ci allarmiamo appena sentiamo parlare di “erba”. La marijuana era usata per combattere i dolori reumatici e addirittura le convulsioni infantili come, pubblicato nel 1838 nelle Transactions of the Medical and Physical Society of Bengal di W.
O’Shaughnessy, medico irlandese trapiantato in India. Ma il profumo della marijuana o il sapore resinoso dell’hashish è tramontato o semplicemente passato fuori moda, secondo il Rapporto annuale dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze (OEDT), presentato ai primi di novembre dello scorso anno. Anche l’ecstasy, seppur largamente usata, è da considerarsi vecchia roba. Adesso, dopo aver lasciato alle spalle filtrini e cartine, scopriamo lo smagliante mondo delle droghe dai nomi curiosi, dalle sigle e acronimi di non facile memorizzazione. L’OEDT definisce droga qualunque sostanza chimica, naturale o artificiale che modifichi l’attività mentale o psicologica dell’individuo. Tra le sostanze che si stanno affacciando sul panorama italiano possiamo trovare il GHB (acido gammaidrossibutirrico), che provoca variazioni dei livelli di dopamina, serotonina e acetilcolina, molecole responsabili del trasporto degli impulsi nervosi che sono alla base del funzionamento del cervello. L’assunzione di GHB produce un piacevole stato di rilassamento, moderata euforia e predisposizione al dialogo. Il cosiddetto “brown”, sintetizzato prevalentemente nei laboratori della Repubblica Ceca, si presenta invece come un liquido, di colore giallo o marrone scuro;
utilizzato per via endovenosa, produce un effetto a breve termine di piacere e rilassatezza. Per il momento è tenuto sotto osservazione e le fonti ufficiali negano la sua presenza in Italia. Da un campione di popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni, secondo lo studio dell’OEDT, si evince che la fascia giovanile in età scolastica fa maggior uso di cocaina che di cannabis, quest’ultima assunta giornalmente più dagli adulti. Le amfetamine, d’altra parte, con i loro 12 milioni di consumatori (circa il 3,5% degli adulti) stanno prendendo sempre più piede in Europa, e l’uso degli oppiacei si mantiene stabile, con circa 650.000 consumatori. L’Italia, rispetto all’Europa, si trova in una posizione intermedia per quanto riguarda l’uso e la commercializzazione di cannabinoidi e amfetamine, agli ultimi posti per quanto riguarda gli oppiacei ma ai primi posti per l’uso di cocaina (circa il 3,1% della popolazione), preceduta da Danimarca (3,5% della popolazione), Regno Unito (4,4%) e Spagna (quasi 6%). Ci scandalizziamo per un artista che dichiara di fare uso di cocaina e lo cacciamo da Sanremo, peccato che, nella prima serata, lo stesso festival ospita una spogliarellista e una escort, quest’ultima salita alla ribalta per relazioni con politici di prima importanza. Torniamo così all’argomento iniziale. E il cerchio si chiude. Z
Libero Rock Catanese Intervista ad Alberto Bucchieri, in arte... EGO!
a cura di Irene Giuffrida
Ha scelto di chiamarsi Ego, ma sul palco diventa un altro. Ha 20 anni di esperienza musicale sulle spalle ma conserva la freschezza e l’entusiasmo di un esordiente: queste e molte altre le piacevoli contraddizioni di Alberto Bucchieri, cantante rock catanese che si racconta ai lettori di “Lapilli”.
Vuoi spiegare a chi ancora non ti conosce l’origine del nome d’arte “Ego”? Niente a che vedere con egocentrismi o cose del genere! Il nome “Ego” sottolinea il passaggio da una fase in cui cantavo con altri a una fase da cantautore solista. Con l’ultima band con cui ho lavorato, i Trade mark, ho portato avanti vari progetti: rappresentavamo un po’ il rock anni ’90 qui a Catania. Ho cercato poi un nome facile, che identificasse questo percorso. In questa mia fase individualista sono accompagnato da una band (n.d.r. Davide Nocita alla batteria, Maurizio Urzì al basso e Carmelo Marino alla chitarra) che suona con me sin dagli esordi del progetto Ego, nato 9 anni fa, e che adesso si è data un’identità definendosi The bang (un mix tra band e gang). Di recente anche tu hai intrapreso la strada della canzone italiana, dopo aver scritto per anni solo testi in inglese. Cosa ha determinato questo cambiamento? Qualcuno diceva che “definire significa limitare”, quindi evito di farlo. Le mie influenze, comunque, sono angloamericane. Ho iniziato quando ero ragazzino ad ascoltare i Beatles, i Rolling Stones, più in là i Police, i Dire Straits, fino ad arrivare a gruppi odierni come i Green Theatre e gli Stratovarius. Pur legandomi a questo filone, ultimamente ho scelto di spaziare; sto infatti affrontando generi diversi che vanno dal blues al country alla melodia italiana, anche per andare incontro a gusti differenti e rendere più orecchiabili le mie canzoni. Intorno a quali tematiche gravita il tuo universo musicale? Le mie canzoni sono caratterizzate da molte parti esclusivamente strumentali, che rimandano a una sonorità rock stile anni ‘70. Riguardo i testi, cerco di affrontare tematiche “cosmiche”, lontane dalle classiche melodie sentimentali della canzone italiana. In Sand in the wind racconto, ad esempio, di un ricercatore che investe tutta la vita sul suo lavoro e alla fine si rende conto che il segreto dell’esistenza non sarà mai svelato; poi ci sono le canzoni italiane: Libero, un inno alla libertà in senso ampio, If God, un’intervista a Dio. A volte racconto
anche del rapporto di coppia, ma cerco di stare attento a non scadere nella banalità.
Che spazio riserva oggi Catania alla musica? Sono poche le gratificazioni per un musicista, al momento. Nei locali storici di Catania i gruppi si esibiscono in spazi angusti. Per questo la mia strategia è più legata al “live” estivo nelle piazze e alla promozione radiotelevisiva. Che cos’è per te la musica? Una grande passione da sempre. Mi consente di diventare il mio…alter Ego, di sentirmi in una dimensione diversa, soprattutto quando salgo sul palco. Il motore di tutto, infatti, è il riscontro della gente. Si è da poco conclusa la tua tournée in Sicilia e Calabria, che ha avuto la sua ultima tappa, lo scorso settembre, ad Acicatena. Quando e dove potremo sentirti ancora? La mia prossima tournée sarà in estate. Stiamo anche programmando qualche partecipazione alle trasmissioni televisive locali e qualche promozione radiofonica. Entro l’anno uscirà, su Itunes e altri siti internet, il mio ultimo Cd Libero, un lavoro di Ego and the bang, una compilation che raccoglie qualche brano storico e alcuni inediti. Grazie Ego, e in bocca al lupo! Z
Gennaio 1959: trionfa la Rivoluzione a Cuba Dalle origini del movimento rivoluzionario di Castro e Guevara all’ingresso a L’Avana. Fatti, personaggi, battaglie di Alessandro Lattanzio
1º gennaio 1959: il dittatore cubano Fulgencio Batista y Zaldívar, dopo aver festeggiato l’anno nuovo, fugge nella Repubblica Dominicana, mentre di lì a poco, l’8 gennaio, le forze rivoluzionarie del Movimiento 26 de Julio e del Partito Socialista Popolare entrano a L’Avana. LE ORIGINI. L’avventura dei fratelli Fidel e Raùl Castro Ruz, dei loro compagni Ernesto Guevara de la Serna, Camilo Cienfuegos Gorriarán, Celìa Sanchez, e di altri 77 profughi politici, iniziò il 1° dicembre 1956, quando i rivoluzionari, navigando dal Messico a bordo del Granma, un piccolo yacht, sbarcarono clandestinamente a Cuba. La prima azione che il gruppo (chiamato Movimiento 26 de Julio in onore alla tentata presa del potere del 26 luglio 1953, cui aveva partecipato lo stesso Fidel Castro) compì nella provincia di Oriente, il 2 dicembre 1956, costò loro caro: solo dodici ribelli sopravvissero all’azione e alla susseguente ritirata sulla Sierra Maestra. Tra loro vi erano Ernesto Guevara, Raúl Castro, Camilo Cienfuegos, che dall’altopiano cubano intrapresero la guerriglia contro la dittatura di Batista.
IL MOVIMENTO GUERRIGLIERO CRESCE. Ben presto il movimento guerrigliero, superando le prime prove, crebbe fino a raccogliere 800 combattenti. Il 24 maggio 1958 Batista, con l’intento di distruggere la guerriglia, scatenò la cosiddetta Operazione Verano, che coinvolse diciassette battaglioni dell’esercito regolare, ma le forze governative furono battute: parecchie unità si arresero, mentre altre vennero coinvolte da una massiccia ondata di diserzioni. LE PRIME GRANDI VITTORIE. Uno scontro armato importante, noto
come la Battaglia di La Plata, avvenne l’11 luglio 1958. Fu il primo scontro di grandi proporzioni vinto dalle forze rivoluzionarie. Nell’ambito dell’Operazione Verano, il generale governativo Eulogio Cantillo avrebbe voluto distruggere la base rivoluzionaria sulla Sierra Maestra, ma la popolazione rurale si schierò col Movimiento 26 de Julio, che informò Fidel Castro dei piani governativi. I rivoluzionari riuscirono a circondare le truppe aviotrasportate del Battaglione 18, comandato dal maggiore Jose Fernando Quevedo. Castro non solo lo convinse ad arrendersi assieme ai suoi uomini, ma riuscì anche a convertirlo alla causa rivoluzionaria. Il superstite Battaglione 17 si riposizionò a sud del vicino lago Las Mercedes, dove, tra il 29 luglio e l’8 agosto 1958, si svolse un altro scontro armato: sempre il generale Eulogio Cantillo aveva deciso di accerchiare e annientare la guerriglia. La battaglia di Las Mercedes fu l’ultima fase dell’Operazione Verano. Questa volta i governativi tesero un’imboscata alle forze rivoluzionarie; Cantillo chiese l’appoggio di un’altra unità governativa di 1500 soldati, ma questa unità fu fermata dalla colonna di Guevara, che le impedì, così, di raggiungere il Battaglione 17. Il 1º agosto Castro propose a Cantillo un cessate il fuoco, e il generale accettò. L’8 agosto i guerriglieri riuscirono a sottrarsi alla manovra delle truppe regolari: la battaglia aveva termine. IL CAPOLAVORO DEL “CHE”. La Battaglia di Santa Clara fu il maggiore scontro armato tra le forze di Batista e i rivoluzionari del M26deJulio. Il 28 dicembre 1958 Guevara, assieme a 320 uomini, sbarcò nel porto di Caibarién e raggiunse la città di Camajuani, posta
tra Caibarién e Santa Clara. Qui l’unità di Guevara fu raggiunta da altri 1000 volontari rivoluzionari. Nel frattempo le truppe governative, supportate da aerei e carri armati, raggiunsero Santa Clara e si posizionarono nei pressi dell’università, alla periferia della città. Un treno, carico di armi e munizioni, giunse da L’Avana per rinforzare le forze governative, ma un
plotone rivoluzionario costrinse il treno a cambiare strada, dirigendosi poi al centro della città. Qui, le unità rivoluzionarie guidate da Rolando Cubela, aiutato anche dalla popolazione locale, sconfisse e respinse l’esercito governativo. UN TRENO CARICO D’ARMI. Guevara, intanto, decise di catturare il treno carico di armi: requisì dei trattori e, divellendo le rotaie, costrinse il convoglio ferroviario a fermarsi. Il carico venne sequestrato, 350 ufficiali che si trovavano a bordo furono catturati, mentre i soldati semplici passarono dalla parte dei rivoluzionari. In breve tempo i guerriglieri occuparono la centrale elettrica, una caserma, il carcere, il tribunale,
il palazzo del governo provinciale, il Grand Hotel e la stazione di polizia, insomma la zona settentrionale della città di Santa Clara. Resistette solo la fortezza, dove si erano riuniti i controrivoluzionari che avevano riposto fiducia nel generale Eulogio Cantillo, il quale intanto, il 1º gennaio 1959, aveva tentato un colpo di stato contro Batista. Il golpe, però, fallì e le ultime resistenze cessarono a mezzogiorno con una resa senza condizioni. INGRESSO A L’AVANA. Quella di Santa Clara fu l’ultima grande battaglia della rivoluzione cubana: i guerriglieri rivoluzionari giunsero l’8 gennaio 1959 a L’Avana. E fu proprio la battaglia di Santa Clara che trasformò l’ignoto medico argentino Ernesto Guevara de la Serna nel Comandante Che Guevara. Z Nella pagina a sinistra: il manifesto del Movimiento 26 de Julio; Che Guavara, Raul e Fidel Castro a braccetto; il generale Eulogio Cantillo con Carlos M. Piedra. Sopra: Che Guavara in due momenti durante la rivoluzione
Sicilia archeologica alla riscossa. Alla ricerca delle opere perdute È partito con successo “Morgantina 2009-2011. Il ritorno delle dee”, ambizioso progetto della Soprintendenza di Enna che, in pochi anni, dovrebbe restituire alla Sicilia preziosi reperti archeologici e garantire la completa riapertura al pubblico della Villa Romana del Casale. Un esempio per il resto dell’isola
di Patrizia Seminara
Dato che la primavera non è poi così lontana, i siciliani possono già cominciare a progettare qualche uscita domenicale, alla scoperta – e riscoperta – delle bellezze artistiche e paesaggistiche della loro terra. L’offerta - non c’è che dire - è ampia e, considerate le difficoltà che i turisti sovente incontrano nel fruire dei nostri gioielli culturali, da qualche tempo si comincia a registrare un’inversione di tendenza. Insomma, qualcosa sembra muoversi. E, quel che più importa, con una risposta di pubblico notevole, e in parte inaspettata. Lo dimostra il successo riscosso, negli ultimi mesi, dalla mostra permanente che espone, dal 13
dicembre, nel Museo Archeologico di Aidone, accanto alla città grecosicula di Morgantina, due preziosi reperti archeologici del VI sec.a.C., trafugati poco dopo il loro ritrovamento e finalmente rientrati dagli Stati Uniti nel luogo d’origine. Si tratta dei volti degli acròliti di Dèmetra e Kore, due pezzi greci d’età arcaica dall’altissimo valore artistico, perché le due dee – come sottolineato all’inaugurazione dalla Soprintendente di Enna, dott.ssa Beatrice Basile – sono gli esemplari più antichi finora conosciuti di statue eseguite nella cosiddetta “tecnica acrolitica” (cioè con le estremità – teste, mani e
INFO Il museo di Aidone è visitabile, in questo periodo, dal martedì al sabato dalle 9:00 alle 18:00, e la domenica dalle 9:00 alle 14:00. Il biglietto (costo: 3 euro) comprende anche l’ingresso al Parco Archeologico di Morgantina. Per INFO sulla mostra Elmi per gli uomini, per gli dei: Soprintendenza BBCCAA di Ragusa(0932-240457)
piedi – in marmo, e con il corpo in terracotta o legno, poi rivestito di abiti in stoffa). La novità della mostra sta anche nell’insolito accostamento – o meglio nella “contaminazione”, come è stato detto – tra antico e moderno: i manichini delle due statue, ricostruiti in ferro battuto sui disegni realizzati dal pittore e disegnatore archeologico Salvo Russo, sono stati, infatti, “vestiti” dalla stilista siciliana Marella Ferrera, che ha ideato in moderno materiale povero, dei pepli che, con i loro drappeggi, hanno loro dato volume e corpo. Il successo della mostra è attestato dal flusso dei visitatori che, nelle tre settimane del periodo natalizio, sono accorsi ad Aidone, di certo allettati anche da un’apertura non stop della struttura: oltre 2200 persone, cioè ben il 200 per cento in più rispetto allo
stesso periodo degli anni passati. E le tante prenotazioni per la prossima primavera – come dichiarato dalla stessa dott.ssa Basile – lasciano ben sperare. Tanti i possibili vantaggi. Il ritorno economico, infatti, interesserebbe l’intera provincia
di Enna. Se ne avvantaggerebbero il turismo, l’economia della zona, l’occupazione lavorativa locale, infine le infrastrutture, stando, almeno, alle parole del Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, il quale, nell’inaugurare la mostra a dicembre, si impegnava anche a migliorare la viabilità della provincia ennese.
L’evento non rimarrà un fatto isolato. Esso si inquadra, infatti, all’interno di un più ampio progetto, denominato Morgantina 2009-2011. Il ritorno delle dee, coordinato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Enna, che prevede, entro il 2011, la restituzione al Museo di Aidone di alcuni preziosi reperti archeologici trafugati in passato dalla città di Morgantina, e finiti negli Stati Uniti attraverso complicate vicende che ruotano attorno a tombaroli senza scrupoli, potenti mercanti d’arte, ricchi collezionisti. Il rientro delle dee è dunque frutto di un accordo tra Ministero, regione Siciliana e Musei americani, ed è stato possibile anche grazie al prezioso lavoro degli agenti del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Nell’ambito della stessa iniziativa sono previsti altri due importanti rientri: per l’inizio del 2011 il ritorno ad Aidone della statua nota come la “Venere di Morgantina”, tutt’oggi esposta al Paul Getty Museum di Los Angeles, dove apparve improvvisamente nel 1988 e, entro i primi sei mesi del 2010, la mostra di 15 argenti (risalenti al III sec. a.C. e noti come “Tesoro di Eupòlemo”), provenienti dal Metropolitan Museum di New York e trafugati intorno al 1981. Non c’è che da augurarsi che questa attenzione alla fruizione dei Beni
La fruizione dei Beni Culturali a Catania Dopo la ventata di novità portata avanti dall’allora assessore alla Cultura Silvana Grasso negli scorsi anni - quando aveva avviato una vera e propria crociata per la riqualificazione del Castello Ursino e per far rientrare nel Museo Civico in esso ospitato più di 170 opere d’arte sparite o prestate a musei stranieri - un anno fa (cfr. “La Sicilia” del 5 gennaio 2009) l’attuale assessore alla Cultura Fabio Fatuzzo dichiarava che il Comune non aveva destinato neanche un euro alla cultura. In attesa che la Regione pubblichi i dati relativi alla fruizione dei Beni Culturali in Sicilia nel 2009, intanto registriamo, su quotidiani e riviste locali, parecchie lamentele relative alla chiusura domenicale di musei e monumenti in città, e alla quasi totale non fruibilità dei principali siti archeologici della Catania romana (le cause? Mancanza di personale, lavori in corso o situazioni di momentanea inagibilità). Più agevole sembrerebbe l’ingresso alle Ciminiere e agli spazi espositivi privati: il museo della stessa Marella Ferrera, a Palazzo Biscari, e il settecentesco Palazzo Valle, da poco ristrutturato e divenuto sede della Fondazione Puglisi Cosentino, di cui è presidente l’omonimo imprenditore catanese.
Culturali registratasi a Enna si diffonda nelle altre province siciliane. Qualche segnale positivo in questo senso c’è: vi segnaliamo, infatti, sin d’ora, l’imminente arrivo, a Ragusa, di dieci antichissimi elmi provenienti dal Pergamon Museum di Berlino e mai esposti, sinora, fuori dalla Germania. Essi, assieme ad altri cinque cimieri in bronzo d’età arcaica rinvenuti nelle acque del Mediterraneo antistanti la Sicilia, e già inseriti nelle collezioni dei Musei Archeologici Regionali di Ragusa e Camarina, s a r a n n o esposti, dal 1° aprile al 28 giugno prossimi, nel corso di una mostra promossa dalla Soprintendenza di Ragusa e dal Pergamon Museum, che sarà ospitata nel Palazzo Garofalo da poco restaurato. La mostra, dal titolo Elmi per gli uomini, per gli dei, sarà incentrata sul tema della guerra e verrà affiancata da una parallela mostra fotografica presentata da Emergency, volta a documentare gli orrori di tutte le guerre, passate e presenti. L’esposizione degli elmi sarà l’ennesimo frutto di una
proficua collaborazione tra il Museo Regionale di Ragusa e il Pergamon Museum di Berlino, gemellaggio che risale al 2002 e che ha prodotto, negli anni, un’interessante serie di scambi culturali e di prestiti di opere d’arte tra le due istituzioni. Già favorevolmente accolta alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, e presentata al salone internazionale del turismo di Milano (BIT), a marzo sarà reclamizzata anche all’ITB di Berlino. Si offrirà allora un’altra importante occasione per promuovere, a livello nazionale e internazionale, l’immagine della Sicilia e assegnarle, nel panorama artistico e culturale, quel ruolo di primo piano che le spetta di diritto, ma che, purtroppo, non sempre ha saputo – e potuto – mantenere. Z
Nella pagina a sinistra: Acrolito, testa di Kore; Marella Ferrera mentre prepara gli abiti e tra i due acroliti. Sopra: Le teste di Demetra e Kore; Elmo Apulo Corinzio risalente al IV sec. a.C.
La grande poesia a Catania
Dal 16 marzo al 10 maggio, presso l’ex Monastero dei Benedettini, Il verso presente, rassegna letteraria che prevederà una serie di incontri con alcuni tra i più grandi poeti italiani contemporanei di Alessandro Puglisi Una grande rassegna, occasione imperdibile non solo per l’ambiente accademico, per gli appassionati, ma per l’intera città di Catania. Ma facciamo un passo indietro: perché la poesia? Qualcuno potrebbe porsi una domanda come questa, oggi. Vale a dire: a cosa serve, la poesia? L’unica risposta che sembra valida è: non ha senso chiedersi quale sia l’“utilità” della creazione poetica. D’altro canto, non bisogna certo essere addetti ai lavori per capire quanta e quale importanza abbia rivestito la letteratura italiana, nell’ambito della storia dell’Occidente e non solo; allo stesso modo è piuttosto facile osservare come oggi, nel tanto vituperato “mercato editoriale”, si riscontrino tendenze di estrema mercificazione, per cui formule letterarie vincenti vengono moltiplicate e rigenerate all’infinito. In un contesto del genere, è sicuramente la poesia, più del genere “romanzo” (nelle sue ormai infinite e talvolta deprecabili declinazioni) e della prosa in senso ampio, a farne le spese, con una
circolazione ridotta al lumicino. A dispetto di ciò, le creazioni in versi nel nostro Paese stanno riscoprendo, in maniera lenta ma costante, la loro vocazione orale, la capacità di animare le assemblee nell’ambito di meeting, reading e festival dei più svariati. Ed è proprio questa nuova consapevolezza, unita alla coscienza della ridotta considerazione accademica nei confronti della poesia contemporanea, che anima Il verso presente, rassegna di ideazione e iniziativa studentesca, coordinata dal prof. Antonio Di Grado e dal prof. Rosario Castelli. Sei incontri, ciascuno introdotto e coordinato da un docente della Facoltà di Lettere e Filosofia; dal 16 marzo al 10 maggio, sei appuntamenti che costituiscono un percorso, un viaggio, animato da personalità come Umberto Piersanti, Davide Rondoni, Vivian Lamarque, Franco Loi ed Edoardo Sanguineti, solo per citare alcuni tra i numerosi ospiti, oltre agli interventi di artisti del calibro di Franco Battiato. Un passo - primo di molti, speriamo - per rilanciare con decisione l’offerta culturale, proprio a partire da quel luogo, l’Università, che più e prima di altri dovrebbe essere deputato a vivificare le menti. Z In alto: Umberto Piersanti, Davide Rondoni, Vivian Lamarque. In basso: Edoardo Sanguineti, Franco Loi, Franco Battiato
Il profumo tra arte e ingegno Dietro ogni fragranza, prima di ogni profumo, c’è il paziente e certosino lavoro di maestri profumieri. Oltre alla produzione di profumi naturali, che avevano il loro centro in Francia e che sono ancora oggi i più pregiati, nella seconda metà del secolo XIX andò affermandosi sempre di più, specialmente in Germania, l’industria dei profumi sintetici. I migliori profumi attualmente prodotti non sono, però, né completamente sintetici né completamente naturali: il prodotto migliore dell’arte profumiera è una miscela appropriata dei due tipi allo scopo di migliorare il profumo naturale. Un prodotto puramente sintetico sarebbe grossolano e poco soddisfacente per la mancanza di quelle piccole quantità di impurità che affinano e completano la fragranza dei prodotti naturali. L’industria dei profumi è solo in parte fondata su basi scientifiche, divenendo essa un’arte non appena procede alla miscela delle materie prime. I profumi traggono il loro nome dal fatto che, nella forma originaria, essi erano usati come polveri per fumigazioni nei templi egiziani. Le prime polveri erano miscele di aromi finemente macinati, tenuti insieme da mirra e storace. In seguito alla scoperta che, se certe sostanze aromatiche o fiori vengono immersi in grasso o olio, questi trattengono parte del principio odoroso, furono prodotti gli unguenti di fama biblica. Ad Avicenna, medico arabo, spetta la scoperta della distillazione in corrente di vapore degli oli volatili: durante le sue scoperte di pozioni medicamentose, egli trovò che, se si fanno bollire con acqua in un alambicco dei fiori, parte della loro essenza passa nel distillato. I costituenti di un profumo sono tre: il diluente o solvente, il fissatore e l’elemento odorifico o essenza. Il diluente costituisce la maggior parte di ogni profumo finito: le sostanze usate in profumeria hanno infatti odori così potenti da dovere essere considerevolmente diluite nella composizione del profumo. Le sostanze odorose sono in generale poco solubili in
acqua, ma facilmente solubili in liquidi grassi e in qualche altro solvente organico. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa che, per poter stimolare il processo olfattivo, la sostanza odorosa deve potere sciogliersi nei tessuti grassi che si trovano nel setto olfattivo nella parte superiore del naso, a cui arriva grazie alla sua volatilità. La sostanza usata come diluente nei tempi più antichi era l’olio d’oliva, adatto a questo scopo in quanto è un buon solvente di parecchi potenti odoranti, specialmente degli oli essenziali dei fiori, e ha di per sé solo un blando odore. Esso è stato però sostituito, come diluente per profumeria, dall’alcool etilico, che possiede, rispetto all’olio d’oliva, i seguenti vantaggi: è incolore, è completamente volatile e non lascia alcun residuo, per cui è adatto per applicazioni su stoffe; ha odore piacevole e stimolante ma non tanto forte da interferire con quello del profumo. In una normale soluzione alcoolica del principio odoroso le sostanze più volatili evaporerebbero per prime, e l’odore del profumo consisterebbe in una serie successiva di impressioni anziché in quella globale desiderata: per ovviare a questo inconveniente si aggiunge un fissatore del profumo. Un tempo, fin dalle origini della profumeria, si ritrova un notevole impiego, come fissatori, di certi prodotti animali con funzioni sessuali, specialmente muschio e zibetto. Il daino muschiato maschio, abitante innocuo notturno dell’Himalaia, porta un sacco, nella parte anteriore dell’addome, che si riempie di una sostanza potentemente odorosa che ha la funzione di guidare la femmina verso il maschio. Il daino veniva ucciso, il sacco prelevato e seccato, e il contenuto venduto come muschio in poltiglia. Il muschio è un forte fissativo per i profumi vegetali, cioè li rende più persistenti. Lo zibetto è ottenuto dall’animale omonimo, che vive in Abissinia e in India, come secrezione glandolare sia del maschio che della femmina. Poiché la sostanza poteva essere asportata dall’animale senza danno per lo stesso, questo era tenuto in cattività e stimolato alla produzione di questa sostanza. Lo studio della struttura chimica dei costituenti odoriferi essenziali del muschio e dello zibetto aprì ben presto la via a sviluppi notevolissimi nella chimica dei materiali da profumeria. Le sostanze odorose usate in profumeria sono gli oli essenziali o essenze, ottenuti generalmente dal regno vegetale, oppure le essenze artificiali, preparate per via sintetica. L’industria dei profumi sintetici, che per la bontà dei prodotti può competere con quella dei profumi naturali, si fonda sull’imitazione dell’odore delle essenze naturali per mezzo di miscele di sostanze odorose ottenute sinteticamente, impiegando materie prime facilmente accessibili.
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Il Libro del Mese
NOVITÀ ALL’OMBRA DELL’ETNA
di Patrizia Seminara
Cronaca pubblica e privata nella Sicilia dagli anni Quaranta ai Sessanta GAETANO MARZULLO
Dai 4 ai 24 anni... quando niente era tutto Piacevolissima la lettura del libro che Gaetano Marzullo, e tutto era niente ex insegnante di chimica siciliano, ha recentemente ANNINOVANTÆditore 2009 pp.96 € 16,50 pubblicato per la locale ANNINOVANTAEditrice, come anche singolare è l’idea di raccontare, attraverso i propri ricordi personali – prima di bambino, poi di da Sommatine, paese d’origine adolescente, infine di studente universitario – un dell’autore, a Piazza Armerina fino ventennio di storia siciliana e italiana (dagli anni alla Catania degli studi universitari, Quaranta ai Sessanta) del secolo scorso. Una cronaca la “Milano del Sud” di allora. Infine, – come recita il sottotitolo – ma anche una biografia senza mai prendere completamente e una ricca raccolta di documentazione storica e di il sopravvento, le vicende biografiche dell’autore; o sarebbe materiale fotografico. Un appassionato ed arguto meglio dire quelle storie pubbliche dell’Italia dell’epoca filtrate revival di memorie, pubbliche e private appunto, attraverso le sue vicende personali. Ricordi che Marzullo ha che ci fanno ripercorrere un periodo cruciale, sia messo insieme – come lui stesso racconta – anche raccogliendo per gli eventi storici e politici che per le profonde tra mercatini, rigattieri, collezionisti di Catania, oggetti e cimeli trasformazioni sociali e di costume, ricostruito d’epoca d’ogni genere. Memorie che ha recuperato e voluto con rigore, ma narrato con toni freschi, leggeri, a consegnare ai giovani nella convinzione che la sua fanciullezza volte ironici, in pagine non prive talora di liricità e la sua giovinezza “appartengono ad una generazione che ha e intrise (a partire dalla lingua, che non disdegna vissuto sulla propria pelle la guerra, la fame, la lotta di classe, l’uso del dialetto) di “sicilianità”. Lo sbarco degli l’antimeridionalismo…una generazione particolare…”, Alleati in Sicilia, la mafia, le vicende del bandito ma anche perché, semplicemente, l’autore aveva “voglia di Giuliano, i nuovi partiti dell’Italia del dopoguerra, raccontare…”. Il tutto senza alcun moto di malinconia; anzi ma anche il cinema, le canzoni dell’epoca, il la narrazione è condotta con giovanile freschezza e con un Grande Torino, la rivalità tra Bartali e Coppi, la distaccato sorriso che fuga ogni possibile ombra di nostalgica prima Cinquecento, il “Corriere dei Piccoli” e i tristezza. Sicché le pagine (ben 400!) scorrono via velocemente primi fumetti; e, ancora, le festività paesane, le e si lasciano gustare in poco tempo. Un libro in cui, certamente, ricette e le filastrocche siciliane; quindi i luoghi: molti coetanei dell’autore si ritroveranno.
Lapilli Scaffale
a cura di Emilia Giuliana Papa
ATTUALITÀ
NARRATIVA ITALIANA
GIORGIO BOCCA Annus horribilis Feltrinelli, 2010 pp.160 € 15,00
CLAUDIO BISIO, SANDRA BONZI CRISTINA COMENCINI Doppio misto. Autobiografia non Quando la notte autorizzata (con DVD) Feltrinelli, 2009 pp.208 € 16,00 Feltrinelli, 2010 pp.208 € 14,00
NARRATIVA ITALIANA
ATTUALITÀ
NARRATIVA STRANIERA
POESIA
VLADIMIRO POLCHI Black out. Un giorno senza immigrati Laterza, 2010 pp.161 € 15,00
BANANA YOSHIMOTO Delfini Feltrinelli, 2010 pp.176 € 12,00
GUIDO DA VICO BONINO Le cento più belle poesie d’amore italiane. Da Dante a De André Interlinea, 2010 pp.208 € 14,00
27 Gennaio: Giornata Internazionale della memoria dedicata alle vittime dell’Olocausto
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” (Primo Levi) di Patrizia Seminara Si è spenta in una casa di riposo olandese, proprio alcuni giorni prima del 27 gennaio, all’età di 100 anni, Miep Gies, l’ultima superstite del gruppo di persone che, dal luglio del 1942 all’agosto del 1944, aiutò la famiglia Frank e quella di Hermann van Pels, ebrei tedeschi, a vivere in clandestinità per sfuggire alle persecuzioni naziste. È proprio dalle sue mani che Otto Frank, padre di Anna e unico sopravvissuto ai campi di sterminio, ha ricevuto il celebre diario. Quella di Anna e della sua famiglia è solo una delle innumerevoli storie vissute dai 6 milioni di ebrei rimasti vittime, durante la seconda guerra mondiale, della Shoah. A oltre 60 anni da quei tragici avvenimenti – specialmente in questi giorni in cui un certo filone storiografico vorrebbe negare il genocidio degli ebrei da parte della Germania nazista – ci sembra doveroso non dimenticare e fare opera di prevenzione educativa tra i giovani. Lo ha ribadito anche l’Assemblea generale dell’O.N.U. nel giugno del 2006 quando, con la risoluzione 60/7 intitolata “Memorie dell’Olocausto”, raccomandava agli Stati membri “di elaborare dei programmi educativi volti ad imprimere nell’animo delle future generazioni gli insegnamenti dell’Olocausto, per aiutare a prevenire gli atti di genocidi”. Il nostro Parlamento ha istituito in Italia la ricorrenza del 27 gennaio (giorno dell’abbattimento, nel 1945, dei cancelli di Auschwitz), nel luglio del 2000, sottolineando l’opportunità di ricordare anche tutti coloro che,
a rischio della propria vita, si adoperarono per salvare gli ebrei dalle persecuzioni razziali. Tra loro l’italiano Giorgio Perlasca, del quale ricorre il centenario della nascita (31 gennaio 1910), anniversario che sarà ricordato il 24 febbraio alle Ciminiere di Catania, dove si terrà un incontro sul tema La storia maestra di vita – L’esempio di Giorgio Perlasca, con la presenza del figlio Franco, Presidente della Fondazione Giorgio Perlasca. E ben vengano iniziative come questa. Nella nostra città lo scorso 8 febbraio, al Monastero dei Benedettini, la presentazione di un nuovo DVD, Il dovere di ricordare. Riflessioni sulla Shoah, prodotto dalla Palumbo Editore, si è avvalsa anche della presenza dell’attore e scrittore ebreo Moni Ovadia, mentre il decennale della legge del 2000 è stato celebrato nel nostro Paese dalla CDEC (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) attraverso la realizzazione di una raccolta di 364 fotografie degli ebrei italiani deportati. Sul sito della Fondazione (www.cdec.it) è possibile visualizzare l’intero elenco dei nomi. Certo, a nessuno di loro verrà restituito ciò che gli è stato tolto, ma anche questo è un modo per non dimenticare. Z
Per non dimenticare la Shoah
Storia, Saggi, Testimonianze, Memorie pubbliche e private. LILIANA PICCIOTTO L’alba ci colse come un tradimento Mondadori, 2010 pp.294 € 20,00
M. BELPOLITI, A.CORTELLESSA, D.FERRARIO La strada di Levi (con DVD) Chiarelettere, 2010 pp.496 € 28,00
DALBERT HALLENSTEIN, CARLOTTA ZAVATTIERO Giorgio Perlasca. Un Italiano scomodo Chiarelettere, 2010 pp.224 € 14,00 THEODORE S. HAMEROW Perchè l’olocausto non fu fermato Feltrinelli, 2010 pp.496 € 28,00
MAURIZIO VALENZI Ebrei italiani di fronte al razzismo Cento autori, 2010 pp.128 € 10,00
L’ARTE…“MEDICA” a cura di Angela Puglisi
PROCESSO CATARTICO Che l’amico – consorte o chiunque si voglia - si veda “nel momento del bisogno” lo deve aver pensato l’ideatore del TwoDaLoo, il primo WC utilizzabile da due persone contemporaneamente. Consigliato a quanti hanno voglia di condividere tutto, ma proprio tutto. Per quelli che dubitano della sua utilità, ecco le positive finalità sponsorizzate: la prima è quella di riavvicinare le coppie e addirittura di salvare i matrimoni in crisi. Sedendosi l’uno di fronte all’altra, tra uno sforzo e l’altro, ci si confida, ci si libera dai pensieri e dai problemi, scacciandoli via definitivamente – almeno così ritengono i suoi ideatori - con lo sciacquone. Una sorta di moderna catarsi. La seconda finalità, non meno importante, sarebbe quella di ridurre, nei limiti del possibile, il consumo d’acqua. Il WC, infatti, permette di eliminare il “doppio prodotto” tirando una sola volta lo sciacquone. Si potrebbe persino pensare che sia una cosa romanticamente innovativa… Eppure - vada bene per la socializzazione e per lo stare insieme, soprattutto in quei periodi che ci costringono più tempo fuori casa (in questo caso il doppio WC sarebbe uno di quei pochi momenti da poter condividere sul serio!), vada bene per la riduzione del consumo d’acqua quanti sarebbero disposti ad affrontare l’idea di rinchiudersi in bagno sapendo di dover moltiplicare per due rumori ed odori?!? La questione, dunque, rimane controversa. Breve storia del prodotto. Compare per la prima volta il prototipo nei primi anni ’90, in uno spot-parodia del famoso programma comico Saturday Night Live. A sponsorizzarlo, una coppia affiatata che vede nel “love toilet” la possibilità di rimanere insieme in tutti i momenti della giornata. In Cina, anni dopo, diviene realtà quando finalmente viene realizzato. Immesso sul mercato dalla compagnia californiana WiseRep, ad oggi è acquistabile sul sito della stessa www.wiserep.com Il costo è di 1.400 dollari (900 euro circa). È dotato di un separet mobile e, per chi gradisse, anche di un LCD di 7 pollici e una stazione per I-Pod. Unico inconveniente, semmai aveste in mente di acquistarne uno, è quello di dover rintracciare altri 11 acquirenti, dato che vengono venduti in blocchi da minimo 12 pezzi. Buona ricerca a tutti! Z
Continuano a fare il giro del mondo le curiose affermazioni di un medico trapanese riguardanti alcune delle opere più famose di artisti quali Leonardo Da Vinci, il Parmigianino, Caravaggio e Michelangelo. La professione di Vito Franco – questo il suo nome – è legata allo studio e all’insegnamento dell’anatomopatologia, ma è grazie alla sua passione per l’arte che, nei primi mesi dell’anno, balza agli onori della cronaca. Grazie ad una attenta iconodiagnosi scopre, infatti, che La Gioconda di Leonardo aveva probabilmente il colesterolo alto. Lo denoterebbe l’accumulo di grasso sotto gli occhi e sulla mano in primo piano. Nella Scuola di Atene di Michelangelo scorgiamo un uomo, identificato con lo stesso artista, seduto sulle scale, curvo, con le ginocchia gonfie e tumefatte. Franco afferma: “Sembrano indicare un eccesso di acido urico, tipico di chi soffre di calcolosi renale. E d’altronde Michelangelo per mesi e mesi si nutrì solo di pane e vino, lavorando giorno e notte al suo capolavoro, la Cappella Sistina”. E andando avanti così, L’amorino di Caravaggio sarebbe rachitico e la Madonna dal collo lungo sembrerebbe soffrire di aracnodattilia (per le dita lunghe e sottili come quelle di un ragno) e della sindrome di Marfan. Infine, la Madonna del Parto di Piero della Francesca manifesta un gozzo sul collo, segno tipico del Medioevo, epoca in cui la maggior parte dell’acqua bevuta proveniva da cisterne. Diagnosi davvero curiose… Peccato che i nostri amati personaggi non potranno mai usufruire delle “cure”! Z
Cartellone Febbraio 2010
MUSICA
TEATRO
CINEMA
MOSTRE
INCONTRI
DANZA
fino al 28 Febbaio
Sabato 27 Febbraio
Giovedì 11 Marzo
Teatro Stabile LA LOCANDIERA di Carlo Goldoni regia di Pietro Carriglio Teatro Verga ingresso € 20,00
HEIKE HAS GIGGLES Lomax h.21.00
MANGO Teatro Metropolitan h.21.00 da € 29,00 a 49,00
Domenica 28 Febbraio
Venerdì 12 Marzo
MARCO TRAVAGLIO Teatro Metropolitan h.21.00 da € 17,00 a 27,00
ZEN CIRCUS Mercati Generali h.22.30 € 8,00
fino al 14 Marzo MATERIA E SPAZIO Burri & Fontana Palazzo Valle - V.le vitt. Emanuele ingresso € 8,00
fino al 15 Marzo PULCHERRIMA RES Preziosi ornamenti Chiesa S.Francesco Borgia Via Crociferi da mar. a dom. h.9-13 e 15-18 ingresso € 4,00
Mercoledì 24 Febbraio ALEX BRITTI Teatro Metropolitan h.21.00 da € 20,00 a 51,00
Mercoledì 24 Febbraio MY AWESOME MIXTAPE La Chiave h.21.00
Venerdì 26 Febbraio TECNOSOSPIRI Barbara Discolab h.22.30
Giovedì 4 Marzo
Domenica 14 Marzo
CRISTIANO DE ANDRÉ Teatro Metropolitan h.21.00 da € 28,80 a 51,80
MORGAN Teatro ABC h.21.00 € 27,00
Venerdì 5 Marzo
Lunedì 22 Marzo
IL TEATRO DEGLI ORRORI Mercati Generali h.22.30 € 12,00
PAT METHENY Teatro Metropolitan h.21.00 da € 25,00 a 55,00
Venerdì 5 Marzo
Lunedì 29 Marzo
FELDMANN Arci Annexia h.21.00
50 CENT Palasport Acireale h.21.30 € 45,00
Sabato 6 Marzo
Giovedì 1 Aprile
RONIN Lomax h.20.30
CARMEN CONSOLI Teatro Metropolitan h.21.00 da € 28,80 a 46,00
Lunedì 8 Marzo
Venerdì 9 Aprile
ELIO E LE STORIE TESE Teatro Metropolitan h.21.00 da € 23,00 a 36,80
NICOLA PIOVANI Teatro Metropolitan h.21.00 da € 28,80 a 46,00
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