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L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI TRASPORTI E DEL TRAFFICO ACQUEO Franco Fiorin e Fabio Carrera

Figura 1. Trasporto persone

Figura 2. Trasporto merci

Diporto 18%

«Per Veniesia si puol andar, et vassi, a due modi: a piedi per terra, et in barcha», descriveva Marin Sanudo alla fine del XV secolo. 1 Il sistema dei trasporti urbani veneziano è sempre stato contraddistinto da una radicale duplicità delle reti e da una altrettanto radicale separazione delle funzioni: la rete della viabilità acquea e quella della viabilità terrestre pedonale. La prima è destinata al trasporto delle persone, ormai quasi esclusivamente collettivo, ma soprattutto, anche storicamente, al trasporto delle merci, per l’inadeguatezza della rete viaria (strettoie, ponti, etc.); la seconda è destinata principalmente al movimento terrestre delle persone e alla piccola distribuzione finale delle merci. Le componenti prevalenti del traffico acqueo riguardano quindi attività commerciali di trasporto di persone e di merci. Questa duplice dotazione di infrastrutture di trasporto è stata universalmente riconosciuta come ottimale dal punto di vista della separazione dei flussi di traffico e quindi, in definitiva, della qualità della vita urbana, in particolar modo se paragonata alla situazione delle città moderne di terraferma. Ancora nel 1934, Le Corbusier poteva affermare: «Ce qui est fondamental dans Venise, c’est le classement des circulations naturelle et artificielle: le pièton e la gondole … Venise, tèmoin de rigueur fonctionelle». 2 Eppure, il sistema dei trasporti acquei urbani a Venezia è giunto negli ultimi anni ad un punto di crisi che, con le dovute differenze, comporta problematiche analoghe a quelle affrontate, talvolta con successo, in altre situazioni terrestri, attraverso interventi rigorosi di pianificazione del traffico e delle sue componenti, la circolazione e la sosta.

Persone 46% Merci 36%

Figura 3. Composizione media del traffico

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MARIN SANUDO IL GIOVANE, De origine, situ et magistratibus urbis venetae ovvero La città di Venezia (1493-1530), edizione critica di Angela Caracciolo Aricò, Milano 1980, p. 21. 2 LE CORBUSIER, Je prends Venise a tèmoin (Preambule au plain d’Anvers) – La ville radieuse – Parigi 1964, p. 269.

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La struttura della rete dei trasporti

Figura 4. Anelli concentrici.

Figura 5. Collegamenti primari (viola).

Figura 6. Collegamenti secondari (blu).

Figura 7. Collegamenti tra due punti dello stesso anello (giallo).

Osservata da un punto di vista strettamente trasportistico, la viabilità acquea di Venezia si presenta come una rete tipica di un centro storico di epoca medievale, caratterizzata da strade ad andamento irregolare e con sezioni variabili, spesso assai ridotte. La sua peculiarità consiste nel fatto che, invece di convergere in numerose piazze, la rete dei canali affluisce alla via d’acqua principale con andamento assiale, il Canal Grande, che costituisce una sorta di collettore del traffico acqueo, e in definitiva all’unica grande piazza acquea, costituita dal Bacino di San Marco. La presenza della laguna, che circonda la città con ampi e profondi canali navigabili realizzando un sistema naturale di circonvallazioni, e l’ampia sezione del Canal Grande e di alcuni dei principali canali urbani che connettono i due sistemi di attraversamento e di aggiramento della città, hanno certamente comportato minori difficoltà di adattamento al moderno traffico motorizzato, rispetto alle città antiche di terraferma: ad eccezione di qualche limitato tratto, tutta la rete è infatti accessibile ai mezzi acquei a motore. Essa può essere schematizzata in due sistemi anulari primari (rossi in Figura 4), pressoché concentrici 3. Il primo è esterno, ed è costituito dai canali marittimi (bacino di San Marco, canali della Giudecca, della Scomenzera e delle Navi) e lagunari (canali delle Sacche e delle Fondamente Nove) che circondano la città. Il secondo è interno, ed è costituito dall’ansa superiore del Canal Grande e dal Rio Novo. A connessione di questi due anelli principali sono alcuni rami di viabilità primaria (viola in Figura 5): il tratto iniziale del Canal Grande, il canale di Cannaregio, il rio di Noale, il tratto terminale del Canal Grande. Entro questa maglia principale esistono inoltre numerosi collegamenti secondari (blu in Figura 6), che integrano anche i collegamenti principali tra i due anelli. Sono particolarmente importanti quelli che ne connettono le parti a nord, quali il rio dei Santi Apostoli e il percorso rio dei Tedeschi – rio del Malibran – rio de Santa Marina, fino al Rio de Santa Giustina, e a sud, quali il percorso rio dei Carmini – rio di San Sebastiano - ultimo tratto di rio Nuovo, rii del Rossini e di San Moisè, i rii di San Trovaso/San Vio. Altri rii (gialli in Figura 7) tagliano l’anello interno abbreviando alcuni percorsi (“forcella” rio Marin/rio di San Zan Degolà e rio di San Polo), altri ancora tagliano l’anello esterno (canale Colombuola che sottopassa il ponte ferroviario ad ovest, "forcella" rio dei Greci/della Pietà, rio di Santa Giustina

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Vedi anche NICO VENTURA, Viabilità e degrado nel centro storico di Venezia, in Strade e traffico n. 269, gennaio/febbraio 1979, p. 21 e ss. che riporta uno schema molto simile a quello qui descritto, ad eccezione della parte orientale della rete.

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e rio delle Galeazze ad est). Esiste infine una fitta rete locale costituita da rii di piccola dimensione e difficilmente percorribili, con funzione di

Figura 8. Punti Critici.

Figura 9 (usare foto Insula)

Figura 10. Costruzione Ponte Littorio

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penetrazione capillare e pertanto utilizzati soprattutto per la distribuzione delle merci. La rete ha due punti gravemente critici: a ovest, la bassa luce del ponte ferroviario translagunare interrompe la continuità dell’anello esterno, impedendo il transito ai natanti di una certa dimensione, costringendoli a utilizzare parte dell’anello interno e creando di fronte alla Stazione Ferroviaria un punto di elevatissima concentrazione del traffico; a est, la presenza di attività militari all’Arsenale limita fortemente l’utilizzo del rio delle Galeazze (simboli cerchiocrociati in Figura 8). Ne deriva una limitazione funzionale dell’anello esterno come raccordo tangenziale tra i canali primari e secondari che sboccano nell’anello interno e i canali lagunari che affluiscono dalla laguna nord e dalle importanti polarità generatrici e attrattrici di traffico, di persone (aeroporto di Tessera) e di persone e merci (isole di Murano e Burano). Vanno poi considerati i problemi creati dall’indiscriminato aumento del traffico motorizzato (Figura 9), primo tra tutti il moto ondoso, che crea danni alle strutture edilizie tali da richiedere periodicamente l’interruzione della navigazione per il tempo necessario al ripristino della sicurezza (Rio Novo, rio delle Galeazze, etc.). Lo schema di circolazione cambia inoltre continuamente, come conseguenza del vasto programma di escavo e ricostruzione dei canali attivato negli ultimi anni dal Comune, che si protrarrà per molto tempo e limiterà la

contemporanea disponibilità di tutta la rete acquea. Per risolvere questi problemi il Comune sta predisponendo un piano della navigazione urbana, assimilabile ai piani urbani del traffico previsti dal codice della strada, con l'obiettivo di una definitiva riorganizzazione della circolazione acquea che tenga conto anche della periodica indisponibilità di tratti di rete. I problemi del trasporto acqueo: il fattore urbanistico Si è già detto del faticoso adattamento della rete storica della viabilità acquea alle attuali necessità di mobilità urbana, e dei problemi di degrado edilizio che ciò comporta come conseguenza del moto ondoso. Questa difficoltà, che in termini del tutto generali – incompatibilità del traffico motorizzato con la qualità dell’ambiente - è caratteristica dei sistemi urbani contemporanei, nel caso specifico veneziano è dovuta sostanzialmente a due fattori, uno primario, di carattere urbanistico, uno secondario, di carattere tecnico. Il primo fattore risale all’epoca dell’avvio dei collegamenti terrestri con l’entroterra, quindi alla realizzazione della ferrovia tra Mestre e Santa Lucia e del primo ponte translagunare (1846), e si rende più evidente con la costruzione del ponte stradale translagunare (in costruzione in Figura 10) e della testata automobilistica di Piazzale Roma negli anni ’30. La tendenza infine si definisce all’inizio degli anni ’60 con la realizzazione dell’Isola Nuova del Tronchetto, con il consolidamento della testata occidentale della città,

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Figura 11 Costruzione P. Scalzi

Figura 12 Costruzione P. Accademia

Figura 13. Costruzione Rio Novo

Figura 14. Canal Piccolo (viola) Rio Novo (verde).

in precedenza marginale, come unico punto di accesso per le persone e per le merci, e con l’interruzione della circumnavigabilità della città ai natanti di maggiore dimensione. Questi interventi riducono l’originaria articolazione radiale degli accessi dall’esterno alla città, cui corrispondeva una altrettanto articolata rete di collegamenti interni tra i poli principali di Rialto, San Marco e l’Arsenale, e comportano un irrigidimento monoassiale, incentrato sul Canal Grande e sulle vie pedonali parallele, lungo i quali il traffico si concentra: in definitiva, si ribalta l'antico funzionamento radiale degli accessi alla città attraverso la rete acquea di connessione con la gronda lagunare, sulla cui articolazione la città si era strutturata nei secoli. Molto è stato fatto per l’adeguamento della rete pedonale al nuovo sistema organizzativo urbano polarizzato verso la testa di ponte translagunare, con interventi spesso biasimati ma a loro modo funzionali, realizzati a base di sventramenti, interramenti, nuovi ponti, anche sul Canal Grande, alla Stazione e all’Accademia (Figura 12). Poco o nulla è invece cambiato nella struttura della rete acquea, resa più delicata dalla presenza di prospetti di grande valore architettonico, che era inevitabile salvaguardare, ma certamente sottovalutata nella sua funzione di trasporto, in un’epoca in cui si progettavano piuttosto ulteriori interventi tesi all’omologazione di Venezia alle città di terraferma. Si ipotizzava piuttosto la penetrazione nel cuore della città dei sistemi di trasporto terrestre. Ne sono riprova lo stato di abbandono in cui nell’Ottocento è stata relegata la rete dei canali urbani, e il lento riavvio delle pratiche di escavazione e ripulitura periodica. L’ultimo tentativo di riorganizzazione della rete acquea, in relazione al nuovo sistema di accesso Venezia, è la creazione del Rio Nuovo (in costruzione in Figura 13), contemporanea alla realizzazione del collegamento automobilistico translagunare e di Piazzale Roma, inaugurato nel 1933, che si segnala anche come ultimo esempio di progettazione integrata di un sistema di trasporto – infrastrutture e mezzi – seppure limitatamente al trasporto collettivo di persone. All’epoca vennero infatti progettati e realizzati specifici motoscafi di linea per il collegamento diretto tra Piazzale Roma e San Marco, svolto dall’azienda comunale di navigazione, con dimensioni adeguate alle misure del canale, soprattutto alla profondità e alla luce libera sotto i ponti, nuovi o appositamente ricostruiti. Va ricordato che questo intervento fu preceduto da un ampio dibattito progettuale, che vide contrapporsi la proposta di scavo di un altro nuovo canale sulla stessa direttrice di traffico, denominato Canal Piccolo 4, dal rio dei Tolentini alla confluenza col rio di Cà Foscari, che avrebbe tuttavia richiesto notevoli interventi di demolizione in zona Malcanton (Figura 14). 4

VITTORIO UMBERTO FANTUCCI, Altre pagine sulla risoluzione del problema delle nuove Comunicazioni di Venezia, 1930.

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Figura 15. Modifiche proposte dal Miozzi (1939).

Figura 16. Modifiche proposte tra il 1939 ed il 1992.

Successivamente, il Piano di Risanamento del 1939 5 redatto dall’ing. Eugenio Miozzi presentò interessanti proposte di riordino della rete dei trasporti, intese all’alleggerimento del traffico in Canal Grande e al collegamento veloce con i canali esterni: la rettificazione e l’allargamento del rio di Noale in collegamento con le Fondamente Nove, la riapertura del rio terrà di S. Agnese in collegamento con il Canale della Giudecca, la riapertura del rio di S. Anna sotto Via Garibaldi in collegamento tra il bacino di San Marco e il canale delle Navi, l’apertura di canali nella zona di Piazzale Roma, oltre ad altri interventi minori, tra i quali alcuni interramenti, unici realizzati. E’ questa l’ultima occasione in cui si affronta unitariamente a livello urbanistico il tema delle nuove infrastrutture per la viabilità acquea. Dopo il 1939 le proposte si sono limitate a singoli interventi (Figura 16). Ad esempio, in occasione del “Concorso nazionale d’idee per l’impostazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Venezia”, bandito nel 1956, fu ripresentato il tema dell’adeguamento del Rio di Noale 6, come pure apparvero due nuovi temi, relativi al miglioramento delle connessioni acque ai due estremi, occidentale e orientale, per abbreviare i percorsi tangenziali esterni. Il primo intervento riguarda l’inserimento nella rete del trasporto acqueo del rio delle Galeazze, reso passante attraverso l’Arsenale grazie all’apertura di un varco nella cortina muraria a nord 7, con l’alternativa della creazione di un nuovo canale, parallelo a quello delle Fondamente Nove ma interno all’Arsenale stessa, a sud dei bacini di carenaggio, e venne infine realizzato, seppure limitatamente al passaggio dei mezzi pubblici, con l’inaugurazione nell’estate del 1967 della nuova linea “circolare” n. 5. Il secondo prevede la realizzazione di un nuovo canale tra il Rio Novo e il canale della Giudecca, accompagnata da un’ipotesi di discriminazione tra canali percorsi da mezzi a motore e da mezzi a remi 8. Nel corso delle discussioni seguite alla presentazione del Piano Regolatore Generale adottato nel 1959, che risulta invece aver trascurato tutti i suggerimenti in materia di viabilità acquea scaturiti dal concorso di idee, si ritrova anche una proposta per una città che « se non vuole snaturarsi irrimediabilmente, può meccanizzare, modernizzare, dinamicizzare, ad un alto livello tecnico, la circolazione del 5

Comune di Venezia, Progetto di Massima per il Piano di Risanamento di Venezia insulare. Relazione; Venezia 9 marzo 1939, ingegnere Capo Eugenio Miozzi, Officine Grafiche Garzia, 1939. 6 Progetto primo classificato: ing. Giorgio Amati, dr. Mario Bernardo, arch. Valeriano Pastor, arch. Antonio Pastorini, arch. Eugenio Salvarani, Vittorio Clauser, Francesco Tentori, cit. in Venezia nella storia, allegato al n. 52 di “Urbanistica”, Torino s.d., p. 98. 7 Progetto primo classificato (vedi nota precedente) e progetto terzo classificato (arch. Daniele Calabi, arch. Pier Maria Gaffarini, prof. Luigi Caiani, prof.. Bruno Paccagnella) ibidem, p. 99-100. 8 Progetto terzo classificato, ibidem, p. 100-101.

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natante a motore . . . creare un nuovo canale avente le caratteristiche funzionali del Canal Grande,

Figura 17. Proposta di percorso acqueo in preparazione al PRG (1959).

Figura 18. Proposte per il taglio dell’Arsenale (1972 in verde e 1992 in blu)

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senza presumere di imitarlo, il quale corra dalla Punta della Stazione fino all’attuale punto franco, scaricando rapidamente nel canale della Giudecca quella parte del traffico che ha per meta le Zattere, Sacca Fisola, Giudecca, San Marco e oltre, sino al Lido (Figura 17). . . Questo Canale Nuovo rappresenta una fisica continuazione del Canal Grande e permette perciò la circolazione rotatoria S. Marco, Canal Grande, Canale Nuovo, Canale della Giudecca; la qual cosa, nel quadro dell’intera struttura dei traffici lagunari appare giustificata » 9. La proposta non trovò pratica applicazione, e tale funzione venne invece definitivamente assunta dal Canale della Scomenzera, progressivamente liberato dal traffico portuale. Più di recente, tra il 1972 ed il 1992, si è ricominciato a parlare di un taglio attraverso la propaggine settentrionale dell’Arsenale per accorciare il percorso perimetrale attorno alla parte Est della città. Il primo progetto in questo senso, che resta probabilmente il più interessante, fu introdotto nella proposta di piano particolareggiato (colore verde in Figura 18) 10 che prevedeva un taglio lungo le originali mura dell’Arsenale, sfruttando uno dei bacini di carenaggio ora esistenti. Per ultimo, il “Progetto Preliminare al

nuovo Piano Regolatore Generale di Venezia” 11 del 1992 prevede una variante al PRG per collegare internamente la Darsena Nuovissima dell’Arsenale con il Canale de le Galeazze (colore blu in Figura 18). La recente costituzione da parte dell’ACTV delle linee Giracittà, che compiono il periplo dell’Arsenale e prevedono fermate a San Pietro di Castello ed ai Bacini dell’Arsenale, rende queste proposte particolarmente attuali e sicuramente desiderabili per abbreviare di parecchi minuti i tempi di percorrenza. I problemi del trasporto acqueo: il fattore tecnico Il secondo fattore, di carattere tecnico, si delinea negli anni ’60, periodo in cui si rompe definitivamente il naturale equilibrio tra infrastruttura e mezzi di trasporto, per effetto della crescente motorizzazione e dell’aumento del numero e delle dimensioni dei natanti. Le prime avvisaglie dell’incompatibilità tra traffico motorizzato e strutture edilizie si ritrovano già all’atto dell’introduzione dei primi natanti motorizzati a fine ottocento, i vaporetti in servizio pubblico di linea in Canal Grande. Dopo le prime apparizioni nei collegamenti lagunari e fluviali intercomunali (Venezia – Lido, che allora apparteneva al comune di Malamocco, attivato nel 1868 con i primi vapori in servizio pubblico di linea lagunare, quindi

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Osservazioni al P.R.G prodotte da un gruppo di architetti e studiosi veneziani (Bellavitis, Chirivi, Gentili, Mazzariol, Pastor, N.Valle), ibidem, p. 104. 10 “Piano Particolareggiato di Castello est Arsenale”, in “Urbanistica” n. 59-60, Torino 1972, pp. 26-27.

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“Progetto Preliminare al nuovo Piano Regolatore Generale di Venezia” in Venezia il Nuovo Piano Urbanistico, a cura di Leonardo Benevolo, Editori Laterza 1996.

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Figura 19. Uno dei primi vaporetti in Canal Grande

Venezia – Chioggia, Venezia – Cavarzere, Venezia – Fusina, Venezia – Cavazuccherina, Venezia – San Donà di Piave), il 1° giugno 1881 entra in laguna il primo vaporetto urbano, destinato al servizio in Canal Grande, affidato in concessione governativa (Figura 19). Se al 12 giugno risale la prima corsa di prova, già il 20 giugno la “Gazzetta di Venezia” pubblica una lettera in cui i detrattori dell’iniziativa sollevano per la prima volta temi tuttora aperti: la pericolosità della navigazione in Canal Grande, il danno creato dal moto ondoso provocato dalle eliche. Restano famose le proteste dei gondolieri, che sfociarono in manifestazioni e nello sciopero del 31 ottobre, peraltro a sfondo prevalentemente economico, per il timore della nuova concorrenza nel settore del trasporto pubblico in cui sino allora dominavano quasi incontrastati 12. Per lungo tempo, i vaporetti restano tra i pochi mezzi motorizzati circolanti in città, ma i problemi del traffico iniziano ad aggravarsi negli anni tra le due guerre mondiali. Risale al 1925 un regolamento comunale che prevede ferrei limiti per i motoscafi destinati a percorrere i canali interni della città, che non potevano «avere un motore di potenza superiore ai sedici cavalli se a benzina e sei se elettrici, né trasportare più di otto persone» 13. L’esplosione della motorizzazione privata si ebbe invece all’inizio degli anni ’60, periodo in cui, secondo preoccupate statistiche dell’epoca, le barche a remi si erano dimezzate rispetto all’anteguerra, le barche da trasporto merci a motore si erano quasi decuplicate, i natanti da diporto con motore fuoribordo si erano addirittura moltiplicati per venti 14. In quel periodo, inoltre, si andava rivelando sempre più insufficiente la normativa statale che disciplina la navigazione in genere, marittima e interna, inadeguata ad affrontare e

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Cfr. FRANCESCO OGLIARI, ACHILLE RASTELLI, Navi in città – Storia del trasporto urbano della laguna veneta e nel circostante territorio, Milano 1988, p. 122 e ss. 13 Cit. in AUGUSTO PULLIERO, Canal Grande Mare forza tre, Venezia 1987, p. 59. 14 In ARMANDO SCARPA, La soluzione del problema di Venezia e dei porti di Venezia e Ravenna, Venezia 1965, p. 39, è riportata la seguente interessante statistica: «Le imbarcazioni registrate negli uffici del Comune, dell’Ispettorato alla Motorizzazione Civile e della Capitaneria di Porto di Venezia erano al 1-1-1962: barche a remi (sandoli e topi) circa 3.000, mentre prima della guerra erano circa 6000; gondole e sandoli di servizio pubblico circa 650; burchi a motore e mototopi circa 1500 mentre prima della guerra erano circa 200; motoscafi privati, di servizio pubblico, dei pompieri ed altri enti circa 400; fuoribordo circa 1000 contro i 50 circa esistenti prima della guerra. . . . A tale ingente flotta devono essere aggiunti i mezzi dell’Acnil, dell’Arsenale, Marina, Esercito, Aviazione, Guardia di Finanza, Provveditorato al Porto, del Ministero LL.PP., rimorchiatori, yachts ecc. per circa 500 unità. . . . Il traffico motorizzato lagunare è completato da oltre 1000 motobarche (bragozzi, trabaccoli, motopescherecci, burchi, battelli da pesca ecc.) iscritti alla Capitaneria di Porto di Chioggia, “Delegazione di Approdo” della Navigazione Interna e nelle Delegazioni e da altre 1000 circa motonavi iscritte nei vari “Ispettorati di Porto” e di Caorle, Marano, Grado».

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risolvere le tipiche problematiche di un traffico urbano del tutto assimilabile al traffico di

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una qualsiasi città di terraferma, con l’aggravante dell’impatto ambientale sulle strutture edificate. E’ del 1963 il nuovo regolamento comunale per la circolazione dei natanti a remi e a propulsione meccanica nel Canal Grande e canali interni della città, approvato dal Consiglio Comunale 15 in attuazione di una disposizione specifica 16 del codice della navigazione emanata undici anni prima, nel quale si iniziano ad affrontare le problematiche della navigazione a motore, seppure limitatamente ad alcune caratteristiche tecniche dei natanti non direttamente influenti sul moto ondoso in sé, quanto piuttosto intese alla salvaguardia della quiete pubblica dal rumore: divieti di navigazione a motore nelle ore notturne, obblighi di dotazione di silenziatori per il contenimento del rumore entro 85 decibel a sette metri, divieto di impiego di segnalatori acustici di intensità elevata. E’ singolare che, nell’adesione generale alle norme della circolazione stradale, si fosse invece previsto un doppio regime di marcia nei canali interni: le barche a remi dovevano tenere ovviamente la mano sinistra, vincolate dalla tecnica della voga alla veneta, mentre per le barche a motore

era previsto l’obbligo di tenere la mano destra, con le conseguenti e immaginabili difficoltà di manovra in caso di incrocio in canali stretti, nel qual caso la barca a motore doveva spostarsi sulla sinistra. La norma che comunque contrasta con le regole generali della navigazione, che impongono ovunque di tenere il centro del canale e non uno dei lati. Questo particolare doppio regime è stato formalmente eliminato definitivamente solo nel 1996, con la redazione del nuovo regolamento comunale che ha sostituito quello vigente da oltre trent’anni 17, ma è di fatto tuttora praticato correntemente. Nulla si diceva invece relativamente alla problematica del moto ondoso, affrontata direttamente in termini vincolistici generali con l’introduzione di limiti di velocità differenziati per tipologia di natante e di servizio, da cui emerge l’ordine delle preferenze sociali espresso in relazione al traffico acqueo: il trasporto collettivo di persone (pubblico di linea), il trasporto individuale di persone (pubblico non di linea - taxi acqueo – e servizi degli enti pubblici e amministrazioni diverse), il trasporto di merci e il traffico per usi privati o per diporto.

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Comune di Venezia, "Regolamento comunale per la circolazione dei natanti a remi e a propulsione meccanica nel Canal Grande e canali interni della città", adottato con deliberazione N. 28299 del 15 febbraio 1963, approvato dalla G.P.A. con N. 9170-Div. 2., GPA 2840 nella seduta del 3 giugno 1963. 16 art. 517 del Regolamento per la esecuzione della Codice della Navigazione, approvato con D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328.

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Comune di Venezia, “Regolamento per la circolazione acquea nel Comune di Venezia”, approvato con deliberazioni del Consiglio Comunale n. 216 del 7 ottobre 1996 e n. 205 del 28 luglio 1997, entrato in vigore nel 1998.

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Il problema della salvaguardia di Venezia, posto drammaticamente all’attenzione del mondo nel 1966 dall’alluvione che sommerse la città e ne mise in pericolo la stessa sopravvivenza fisica, successivamente si pose anche in termini di traffico acqueo motorizzato. Lo Stato con la legge speciale del 1973 affrontò il tema specifico dell’inquinamento atmosferico, causa del degrado delle pietre, e in proposito prescrisse che a tutti i natanti lagunari a motore si applicassero le norme antinquinamento valide per i veicoli a motore, entro due anni. Il Governo venne delegato all’emanazione di norme concernenti la determinazione delle caratteristiche degli organi di propulsione meccanica e dei requisiti necessari per limitare le emanazioni inquinanti e prevedendo che, qualora si fossero rese necessarie trasformazioni di natanti per la limitazione delle emanazioni nocive, fossero previsti speciali contributi. Era stata prevista un’apposita Commissione parlamentare, che tuttavia non fu mai costituita, e la delega rimase sostanzialmente inadempiuta 18. La ricerca delle soluzioni: pianificazione del traffico acqueo e interventi tecnologici Negli anni ‘70 l’incontrollato progresso della motorizzazione acquea portò il Comune di Venezia a dover affrontare direttamente il tema del traffico. Il Consiglio Comunale, il 21 luglio 1972, approvò un documento di “Orientamenti dell’amministrazione comunale in materia di assetto del territorio” 19. Al titolo “Le comunicazioni nel centro storico” esso riportava le seguenti indicazioni: «Va riorganizzato e razionalizzato il traffico acqueo attraverso la rete dei canali interni non tanto con l’apertura di nuove vie d’acqua quanto attraverso l’adozione di un sistema di sensi unici, divieti di stazio e percorsi preferenziali per particolari classi di veicoli acquei che eviti gli intasamenti e permetta l’accessibilità di ogni parte del territorio cittadino al traffico delle merci». Dopo una prima esperienza di introduzione del sistema dei “sensi unici” 20, ripreso dalla tecnica della circolazione automobilistica, fu rimessa ad un gruppo di lavoro di estrazione universitaria l’analisi della rete della viabilità acquea e la proposizione di alcune soluzioni 21. Il gruppo di lavoro affrontò il tema nella convinzione di una sostanziale assimilazione del sistema di trasporto acqueo a quello stradale e quindi della possibilità di utilizzare Figura 20. Sensi Unici 18

L. 16 aprile 1973, n. 171 “Interventi per la salvaguardia di Venezia”, art. 10; le delega è stata poi rinnovata per altri due anni con L. 10 marzo 1980, n. 56. 19 Riportato in “Urbanistica” n. 59-60, Torino 1972, p. 64. 20 AA.VV., Relazione sulla nuova viabilità acquea istituita in via sperimentale dal 10-8 al 30-9-1977, Comune di Venezia, Venezia 1977. 21 LUIGI CONTRI, PIER PAOLO SANDONNINI, NICO VENTURA, Studio sulla viabilità acquea nel Centro Storico di Venezia, Comune di Venezia, Venezia 1978.

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metodologie tecnico-scientifiche direttamente derivate dal secondo, fatte salve le

Figura 21. Percorso blu.

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specifiche caratteristiche e tenuto conto della natura dei natanti utilizzati, radicalmente mutata rispetto a quelli del periodo in cui la rete ebbe origine. Anzi, nel raffronto con analoghe situazioni terrestri, l’assenza della motorizzazione privata venne riconosciuta essere un elemento positivo caratterizzante il traffico acqueo, per un minor numero di natanti complessivo rispetto agli autoveicoli altrimenti circolanti in città di analoga dimensione. Si riconobbe tuttavia nel degrado delle strutture edilizie, sotto l’azione del moto ondoso, l’elemento negativo di distinzione del traffico acqueo da quello automobilistico, a parità di problemi di insufficienza della rete rispetto alla domanda di mobilità. Le soluzioni proposte sono tipiche di un piano urbano del traffico ante litteram, quindi di breve periodo, e mirano all’ottimizzazione della circolazione considerando il moto ondoso come un vincolo che diminuisce o annulla la funzionalità del canale interessato. Il caso specifico viene così ricondotto così a un normale problema di circolazione, pur con la consapevolezza della necessità di interventi radicali di medio-lungo periodo, dalla manutenzione urbana alla riorganizzazione dell’assetto urbanistico. Lo studio individua la preminenza del problema del trasporto delle merci (75% del traffico totale) e propone i tipici interventi adatti alla circolazione stradale: la fluidificazione del traffico con un sistema di sensi unici, adottando uno schema circolatorio che alleggerisce il Canal

Grande almeno nel percorso di ritorno dalla penetrazione verso la testa di ponte occidentale 22. Il transito nei canali più degradati viene vietato ai soli taxi acquei, classificati di minor importanza sociale giacché rivolti ad una facoltosa clientela turistica. Ma è solo negli anni ‘80 che si consolida il giudizio di insufficienza di meri limiti generalizzati di velocità, per affrontare e risolvere il problema del moto ondoso nei canali urbani. Nel 1980 fu riattivata la delega al Governo per l’imposizione di prescrizioni in materia di propulsione meccanica già prevista dalla legge speciale del 1973 23, e questa volta la Commissione parlamentare si costituì e segnalò la necessità di affrontare tutti i tipi di inquinamento prodotti dai natanti a motore, idrodinamico, gassoso, da liquame e acustico, individuando per i primi la soluzione dei limiti di velocità differenziati e specifici secondo le caratteristiche della singola tipologia tecnica di natante, superando quelli legati piuttosto alla tipologia di trasporto o servizio effettuato 24.

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Il sistema dei sensi unici, benché aggiornato, è tuttora in vigore (vedi mappa), come pure il cosiddetto “percorso blu”, costituito da una sequenza di rii minori ad uso esclusivo dei natanti a remi (vedi mappa), equivalente alle piste ciclabili di terraferma. Entrambi risultano peraltro scarsamente rispettati. Vedi a tale proposito FABIO CARRERA, Il traffico acqueo nei canali interni di Venezia, Rapporto UNESCO, Venezia 1996. 23 Cfr. nota 15. 24 PULLIERO, cit., p. 148.

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I tentativi di introdurre rigidi controlli tecnici sulle carene e sulle potenze dei natanti lagunari hanno avuto tuttavia pochi risultati pratici: nata sulla scia delle diffuse preoccupazioni per la protezione ambientale, la legge regionale n. 63 del 1993 in materia di trasporto pubblico non di linea 25 tentò di affrontare il tema specifico, demandando al Comune il potere di regolamentare gli aspetti tecnici legati alla struttura dei natanti, limitatamente però a quelli utilizzati per servizi pubblici di trasporto di persone (taxi e noleggio) e di merci per conto di terzi, quindi a una quota numericamente non maggioritaria, seppure certamente significativa, della flotta locale 26. L’imposizione di questi limiti proprio per le imbarcazioni destinate al traffico commerciale, nel cui impiego gli operatori del trasporto cercano di massimizzarne la resa economica aumentando la portata e la velocità, stenta tuttavia a trovare pratica applicazione, per la mancanza sia di retroattività dovuta all’elevata vita media delle imbarcazioni lagunari, sia di incentivi economici all’adattamento delle stesse, sia per la sua contestata applicabilità al di fuori delle acque lagunari comunali: inoltre ne è derivato un notevole contenzioso motivato dalla presunta ingerenza in materia connessa alla sicurezza della navigazione, di competenza statale e non locale. La pianificazione del traffico acqueo sta trovando una sua definitiva sistemazione all’interno degli studi per il piano regolatore comunale, e in particolare nel piano del traffico acqueo 27, ove si propone una gerarchizzazione della rete aggiornata con la tendenza all’allontanamento generalizzato del traffico motorizzato dal centro storico: ecco che i già riconosciuti sistemi “anulari”, interno ed esterno, sono ora individuati come sistemi “circolari”, con maggiore connotazione dinamica. Altro approccio innovativo al tema del traffico acqueo sta nella preferenza data alla selezione temporale dei traffici piuttosto che all’organizzazione dei percorsi, e alla selezione delle funzioni assegnate ai diversi archi della rete acquea, transito o rimessaggio, perché non sempre l’organizzazione a sensi unici si rivela ottimale per le specifiche problematiche della navigazione: i sensi unici, infatti, tendono all’aumento sia della fluidità del traffico sia della

25

L.R. 30 dicembre 1993, n. 63 “Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle acque di navigazione interna e per il servizio pubblico di gondola nella città di Venezia”. 26 Ibidem, art. 9. «Idoneità natanti. - … L'autorità competente al rilascio delle licenze e delle autorizzazioni [per i servizi di taxi e noleggio e trasporto merci, N.d.R.] prevede per i natanti a motore prescrizioni particolari relative alla potenza dei mezzi di propulsione installati, alla conformazione degli scafi e ad ogni altro accorgimento tecnico finalizzato alla riduzione dei livelli d'inquinamento prodotto dal moto ondoso». 27 Comune di Venezia, Assessorato ai Trasporti e Servizi Pubblici e Co.S.E.S., Piano per il riordino del traffico acqueo del Centro Storico di Venezia, progetto preliminare, Venezia 1996.

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percorrenza complessiva, con doppio effetto indotto sull’aumento della velocità e della quantità di moto ondoso prodotto. 28 Un ultimo elemento innovativo di recente acquisizione è la consapevolezza della necessità di un controllo della circolazione con strumenti tecnologicamente avanzati, ancora più penetrante di quello realizzabile nei centri storici di terraferma con il controllo telematico degli accessi automobilistici alle zone a traffico limitato. La localizzazione e il monitoraggio continui, per mezzo di sistemi satellitari, delle singole imbarcazioni addette a servizi di interesse pubblico (numericamente prevalenti in relazione alla quantità di traffico prodotta in ambito urbano) e la realizzazione di controlli puntuali a mezzo telecamere o sistemi di identificazione a distanza ravvicinata, attualmente in corso di studio avanzato, si auspica indurranno un maggiore autocontrollo nei naviganti in relazione alle velocità e ai comportamenti irregolari, migliorando il rapporto tra traffico e città. Il trasporto delle persone Data la conformazione della città, dall’Ottocento in poi la mobilità pedonale è prevalente rispetto a quella acquea, in quanto consente tempi di percorrenza talvolta inferiori, certamente vantaggiosi sulle brevi distanze. La struttura dei canali ha impedito la formazione di una capillare rete di trasporti pubblici collettivi urbani, nata ed evolutasi lungo l’asse del Canal Grande, per oltre cinquant’anni affiancato dalla scorciatoia rappresentata dal Rio Novo – ora chiuso al traffico dei motoscafi di linea – e successivamente estesa sull’asse canale della Scomenzera – canale di Cannaregio con la realizzazione delle linee circolari che si richiudono nel Rio delle Galeazze all’altro capo della città. È significativo che, sino all’introduzione della motorizzazione del trasporti pubblici, i servizi acquei fossero integrati con la rete pedonale, tramite un sistema di traghetti che attraversava il Canal Grande in funzione di raccordo dei percorsi terrestri: sino alla seconda metà dell’Ottocento il ponte di Rialto era il solo collegamento stabile tra le due parti della città. Esistevano bensì dei servizi di trasporto a remi lungo il Canal Grande, intensificati in modo sostanziale dopo la rivoluzione avvenuta nell’organizzazione degli accessi alla città, a seguito della costruzione del collegamento ferroviario e della stazione nella parte occidentale di Venezia. All’epoca vennero infatti introdotti servizi di barche “omnibus” a remi che facevano la spola con la stazione, in coincidenza con le partenze e gli arrivi dei treni 29. 28

La critica è già presente in AA.VV., Indagine sul traffico acqueo – 1987, Comune di Venezia, Assessorato ai Trasporti e Servizi Pubblici, Venezia 1988.. 29 MARIO BRUNETTI, Traghettti, burchielli e vaporini in “Rivista di Venezia”, nuova serie, anno II n. 1, Venezia 1956, p. 12.

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Figura 22. Traghetto

Figura 23. Vaporetto accelerato

Figura 24. Uno dei primi motoscafi pubblici progettati specificamente per il Rio Nuovo

Con l’introduzione del servizio di linea, caratterizzato da frequenti fermate sulle rive opposte, si ridusse sostanzialmente il numero dei traghetti di gondole, che peraltro resistono ancora svolgendo in molti casi un ruolo insostituibile alternativo al trasporto meccanizzato. Gli otto traghetti attualmente esistenti (Figura 22), dalla Ferrovia alla Punta della Dogana, alcuni situati in punti strategici (Santa Sofia al mercato di Rialto, San Tomà sul tragitto Piazzale Roma – San Marco) movimentano ancora una quota superiore al 10% del traffico che utilizza i vaporetti di linea lungo il Canal Grande. Il servizio di gondola da nolo invece, già all’epoca inaccessibile alla maggior parte della popolazione, subì una notevole riduzione, che proseguì con l’avvento della motorizzazione del servizio taxi anche con trasferimenti professionali tra categorie di gondolieri e motoscafisti, sino a stabilizzarsi attorno alle attuali quattrocento unità impiegate, più alcune unità minori a remi assimilabili (sandoli da nolo), con recente tendenza ad un limitato aumento. Lo sviluppo del trasporto pubblico meccanizzato nei canali urbani avvenne gradualmente, una volta introdotto il vaporetto in Canal Grande, in quanto questo per lungo tempo ha costituito l’unico percorso utilizzabile da mezzi di una certa dimensione. Per oltre cinquant’anni la linea accelerata sul percorso assiale dall’attuale Piazzale Roma al Lido (Figura 23) è rimasta l’unica a servizio interno alla città: la seconda linea diretta Rialto – Piazzale Roma – San Marco – Lido fu inaugurata agli inizi degli anni ‘30 a seguito dell’apertura del Rio Novo (Figura 24 e Figura 25), in seguito venne a sovrapporsi un ulteriore servizio diretto – essenzialmente a carattere turistico – sempre lungo il Canal Grande, come rinforzo sul percorso originario. Il collegamento esterno circolare, che lambisce tutta la città collegandone i poli di Piazzale Roma – Ferrovia e San Marco con le isole di Murano e Giudecca, fu infine introdotto solo agli inizi degli anni ‘50. Da quell’epoca il servizio interno di linea rimase sostanzialmente invariato, provvedendosi unicamente a rinforzi e intensificazioni di frequenze seguendo la crescente domanda di trasporto. Per molti decenni, pertanto, la rete interna ha intensivamente utilizzato le sole vie d’acqua costituite dal Canal Grande e dal Rio Novo, il secondo come scorciatoia per il taglio dell’ansa del primo a Rialto, in un’ottica di minimizzazione dei tempi di percorrenza, quindi consentendo complessivamente velocità assai più elevate per i mezzi di linea rispetto a quelle previste per le altre tipologie di imbarcazioni. L’avvertita insufficienza di tale struttura ha portato negli anni ‘70 a sviluppare ipotesi di sostituzione del funzionamento prevalentemente assiale della rete urbana con uno prevalentemente circolare, secondo diversi schemi. È stato ipotizzato un servizio circolare lungo il percorso Piazzale Roma – Canal Grande – Rialto – Rio Novo – Piazzale Roma, per eliminare il

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capolinea della linea diretta a Rialto contro i danni causati dalla cui presenza (per le Figura 25. Motoscafo diretto

Figura 26. Taxi acqueo

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continue manovre di evoluzione dei motoscafi) furono intentate cause civili all’azienda comunale. 30 Sono state proposte due linee semicircolari intrecciate in Rio Novo che permettessero il collegamento, inesistente, tra le zone esterne della città e il centro, sostituendo la linea circolare esterna. 31 In realtà, il degrado delle rive e degli edifici prospettanti sul tratto Rio Nuovo – Rio di Ca’ Foscari ha successivamente imposto, dagli anni ‘80, una serie di variazioni nella struttura della rete in tutt’altra direzione. La linea diretta di collegamento tra Piazzale Roma e San Marco ha definitivamente abbandonato l’originario percorso attraverso il Rio Novo ed è stata avviata lungo i canali portuali della Scomenzera e della Giudecca, allungandone percorso e tempi di percorrenza, e il Canal Grande è tornato ad essere, dopo oltre cinquant’anni, l’unica via d’acqua interna utilizzabile dai mezzi di linea. La velocità massima consentita per i vaporetti è stata ridotta da tredici a undici km/h. La tendenza a trasferire collegamenti assiali veloci lungo i percorsi rotatori esterni sta ulteriormente rafforzandosi a seguito delle ristrutturazioni della rete avvenute nell’ultimo decennio, che hanno razionalizzato la riduzione della percorribilità dei canali interni con

l’espulsione di gran parte dei collegamenti diretti e la radicale riorganizzazione dei servizi circolari. In tale occasione, sono stati anche introdotti nuovi percorsi, in grado di realizzare un miglior collegamento tra zone interne ed esterne della città, in particolare tra le rive del canale della Giudecca e il Canal Grande, attraverso l’Isola Nuova del Tronchetto. Il potenziamento del trasporto interno, raggiunta la saturazione della capacità degli approdi, è ormai orientato verso l’introduzione di mezzi di maggiore capacità con carene e apparati propulsori ottimizzati per la riduzione dell’impatto ambientale, attualmente allo studio. Alla progressiva riduzione dell’utilizzo dei canali urbani da parte del servizio di linea ha fatto fronte invece una crescente diffusione dei servizi non di linea, svolti con il tipico motoscafo taxi veneziano, di tipologia ormai standardizzata, con portata massima di venti persone e quindi assimilabile a un mezzo semicollettivo, dotato di potenti motori in grado di fargli raggiungere velocità assai elevate in ambito lagunare, benché non consentite dal vigente limite massimo di venti km/h, e sufficientemente stretto da penetrare capillarmente nella rete dei canali minori, altrimenti inaccessibili. Un tempo rivolto prevalentemente alla clientela turistica d’élite, date le tariffe assai elevate, e numericamente stabilizzato su di un’offerta di circa duecento mezzi, negli ultimi tempi, per una serie di fattori concomitanti (il vertiginoso incremento delle tariffe del servizio di linea per i non residenti, la saturazione della capacità del sistema di trasporto urbano di linea, l’allungamento dei tempi di

30

AA.VV., Piano dei trasporti del bacino di Venezia, Relazione di Piano, Provincia di Venezia, Venezia 1987. 31 AA.VV., Piano dei trasporti del bacino di Venezia, Integrazioni, Provincia di Venezia, Venezia 1990.

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percorrenza delle linee, il continuo aumento del movimento turistico di massa, lo sviluppo del polo aeroportuale, etc.) il servizio taxi ha conquistato ulteriori quote di traffico: l’offerta di trasporto è quindi aumentata, sia con l’aumentato impiego orario dei singoli motoscafi, sia con lo sviluppo di un consistente servizio parallelo, irregolarmente esercitato da soggetti privi della prevista licenza comunale. Nell’ottica di incentivare l’uso del taxi acqueo anche da parte dei residenti, data l’insufficiente capillarità del trasporto di linea, in tempi recenti sono stati addirittura alleggeriti i limiti per la loro circolazione nei canali interni, quali l’assoluto divieto di servizio notturno, e lo stesso Comune ha ripreso l’idea di realizzare un prototipo di minitaxi che coniugasse funzionalità del servizio e rispetto per l’ambiente, grazie a dimensioni ridotte per navigare anche nei canali in cui i taxi normali non possono transitare, e a una speciale carena a bassa produzione di moto ondoso. In realtà, eliminati i motoscafi della linea diretta dal Rio Novo e dal Canal Grande e diminuita la velocità, se non il numero, dei vaporetti, ormai l’elemento di più elevata incompatibilità con l’ambiente urbano è generalmente identificato proprio nel taxi acqueo, a causa della sua cattiva idrodinamica alle basse velocità imposte nei canali urbani, cinque o sette km/h. Lo sviluppo del trasporto urbano meccanizzato di persone sembra pertanto giunto ad un punto di relativa stabilità, di alta problematicità e privo di prospettive realistiche di soluzioni a ridotto impatto ambientale. Il trasporto delle merci

Figura 27. Barche da Trasporto Merci

Analogamente al trasporto delle persone, l’organizzazione del trasporto merci, essenzialmente di distribuzione urbana, è prevalentemente orientata nella direzione da ovest ad est 32. La localizzazione dell’unica struttura intermodale allo scalo fluviale nel canale Colombuola, prosecuzione del Canal Grande oltre la stazione ferroviaria, comporta che la grande direttrice della distribuzione urbana delle merci si sviluppi lungo il Canal Grande, pur con la presenza di direttrici minori che fanno riferimento all’esistenza di limitati punti di interscambio terra-acqua situati in terraferma (San Giuliano – Canal Salso, Treporti), che interessano essenzialmente canali urbani affluenti del Canal Grande sul lato nord (canale di Cannaregio, rio di Noale), utilizzati anche per i collegamenti con le isole dell’Estuario Nord, Murano in particolare. Nel caso specifico del trasporto merci, inoltre, la presenza delle arcate ribassate del ponte ferroviario non costituisce una barriera del tutto invalicabile, almeno in condizioni di marea non sfavorevoli. Il problema 32

Cfr. GABRIELE ZANETTO, FABIO LANDO, Il traffico acqueo in Venezia Centro Storico, Venezia 1992.

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della distribuzione urbana delle merci, la cui entitĂ complessiva in relazione al traffico

Figura 28. Danni alle sponde

Figura 29. Danni alle sponde

Figura 30. Approdo congestionato

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acqueo era già emersa con chiarezza negli anni ’70 a seguito delle prime rilevazioni, 33 è stato ben evidenziato in una serie di studi iniziata dal Comune di Venezia dagli anni ’80, nel corso dei quali sono state messe a fuoco alcuni aspetti principali 34. Il primo è relativo all’eccessiva concentrazione del traffico sul Canal Grande, con conseguenti effetti di congestione e di danni ambientali, dovuta alla posizione dell’attuale punto di rottura di carico strada-acqua, ancorché in una struttura meno rigida rispetto a quella del trasporto di persone. Ad esso si affianca, aggravandolo, il continuo aumento della domanda di trasporto di merci, dovuta al corrispondente aumento della domanda di beni di consumo, che viene fronteggiato sia con l’aumento del numero dei natanti impiegati, sia soprattutto con l’aumento delle loro dimensione e della potenza dei motori impiegati. Si rileva inoltre l’introduzione di tipologie costruttive semplificate, dotate di carene particolarmente svantaggiose per l’idrodinamica, con scafi frequentemente costruiti in ferro e quindi di elevata rigidità, causa di un aumento dei danni alle strutture edilizie in caso di urto agli accosti o per errate manovre (Figura 28 e Figura 29). Ultimo elemento negativo, di carattere infrastrutturale, è l’insufficienza di rive urbane utilizzabili per la movimentazione delle merci in

consegna, con la conseguente congestione degli approdi, dovuta alla scarsa articolazione oraria delle attività distributive (Figura 30). Per risolvere il primo problema, di carattere infrastrutturale e quindi tipicamente affrontabile dal Comune, è prevista realizzazione di un nuovo centro di interscambio alla Stazione Marittima che, unitamente alla realizzazione di magazzini di stoccaggio oggi assenti, dovrebbe consentire una più efficiente gestione dell’attività di distribuzione delle merci, rendendo competitive anche le vie acquee che circondano la città in alternativa al Canal Grande. Per il secondo, invece, che attiene all’organizzazione tecnicoeconomica del trasporto, attività essenzialmente imprenditoriale, si è sinora preferito intervenire sugli effetti piuttosto che sulle cause, con approcci normativi e vincolistici relativi ai natanti, sia per le dimensioni massime (in particolare larghezze e stazze) che per i materiali di costruzione (divieto di utilizzo di natanti di ferro di nuova costruzione, obbligo di efficaci dotazioni antiurto), che per le potenze (con limiti in corso di definizione). Per il terzo, è in corso il riordino del sistema delle rive di approdo con recupero di siti già inutilizzati o sottoutilizzati, e la separazione oraria degli usi conflittuali.

33

Cfr. VENTURA, cit., p. 27. AA.VV., Indagine sul traffico acqueo – 1987 cit.. 34

22


Le regole della navigazione e i conflitti di competenza

Figura 31. Le competenze attorno a Venezia

Figura 32. Le competenza portuale sul Canale de la Scomenzera

Figura 33. Le competenze all’interno ed attorno all’Arsenale

I problemi esposti e i rimedi ipotizzati trovano notevoli difficoltà nell’essere affrontati e attuati a causa della particolare situazione giuridica della navigazione lagunare, soggetta a competenze diverse e non riconducibile a una gestione amministrativa unitaria da parte del Comune, come invece avviene per la circolazione stradale nei centri abitati. L’origine delle difficoltà risiede nella natura demaniale della laguna veneta 35, al pari delle altre lagune italiane, sancita dal codice della navigazione, che ne prevede in via generale l’amministrazione da parte del Magistrato alle Acque (colore azzurro in Figura 31), organo periferico del Ministero dei Lavori Pubblici, e la consegna, da parte di questo, di ampi ambiti lagunari a soggetti diversi: alla Capitaneria di Porto e Autorità Portuale per i canali e zone portuali (colore arancio in Figura 31), ed ai Comuni di Venezia e di Chioggia per le acque interne ai centri abitati (colore verde in Figura 31). Questa situazione comporta che neppure tutti i canali interni al perimetro della città di Venezia e delle isole lagunari, anche se effettivamente interessati da solo traffico urbano, siano soggetti all’autorità del Comune. Il canale della Scomenzera, ad esempio, essenziale via di collegamento tra il Canal Grande e il canale della Giudecca, è tuttora classificato canale portuale e la navigazione vi è regolata dalla Capitaneria di Porto (Figura 32). Il rio delle Galeazze, in quanto attraversa l’Arsenale, è sottoposto alla disciplina del Comando della Marina Militare, pur essendo un’altrettanto insostituibile via di collegamento tra laguna nord, Fondamente Nove e bacino di San Marco (Figura 33). Altrettanto si può dire del bacino di San Marco e del canale della Giudecca, lungo i quali si sviluppa una notevolissima quota del traffico urbano di accesso alla città dall’Isola Nuova del Tronchetto. Tutta la zona a nord della città, compreso il canale che la costeggia dal ponte ferroviario all’Arsenale, parte fondamentale del sistema tangenziale urbano, è sottoposto invece alla diretta competenza del Magistrato alle Acque. L’accordo tra enti diversi per definire regole unitarie di navigazione non sempre si raggiunge facilmente e in tempi compatibili con l’urgenza dei problemi da risolvere. A tale difficoltà si aggiunge il diverso regime di navigazione che caratterizza le acque portuali, soggette alle regole della navigazione marittima, e le acque urbane e lagunari, soggette invece a quelle della navigazione interna 36. Questo comporta la compresenza di abilitazioni diverse sia per i natanti sia per gli equipaggi, che rende pressoché impossibile 35

Cfr. FERNANDO FURLAN., La navigazione urbana e marittima nella Laguna di Venezia, Venezia 1957. 36 L.5 marzo 1963, n. 366 “Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di MaranoGrado”, art. 4.

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la stessa conoscenza aggiornata del numero dei natanti impiegati nella navigazione lagunare. Lo stesso potere regolamentare del comune di Venezia sulle proprie acque urbane, riconosciuto dal codice della navigazione, è pur sempre subordinato all’approvazione degli organi deputati alla disciplina della navigazione marittima e interna, oltre che a quella del Magistrato alle Acque, e non può basarsi su norme precise quali il Codice della Strada, ma può operare unicamente per analogia e con pochissima autonomia nell’imporre sanzioni. Questa situazione di confusione è causata anche dal continuo sovrapporsi di norme non coordinate, e comunque risalenti ad epoche in cui la funzione portuale e marittima della parte di laguna che circonda la città di Venezia era sicuramente prevalente rispetto all’attuale, quale si è costituita dopo lo scavo del canale marittimo Malamocco – Marghera e il definitivo trasferimento a Marghera delle funzioni portuali commerciali. Il traffico portuale marittimo che interessa le aree urbane, e in particolare il Bacino di San Marco e il canale della Giudecca, è ormai estremamente limitato in termini quantitativi, mentre si è piuttosto sviluppato un intensissimo traffico locale connesso al trasporto turistico di massa. Dopo anni di segnalazioni circa questo ulteriore stato di difficoltà legato alla navigazione lagunare e alcuni tentativi di risolvere il problema con interventi legislativi diretti, in occasione delle varie riedizioni della legge speciale per Venezia, mai portati a termine, il Governo ha recentemente disposto 37 che sia la Provincia di Venezia a coordinare la navigazione lagunare con uno specifico regolamento, d’intesa con tutti i soggetti locali competenti e con i ministeri dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e dell’ambiente, oltre che con il dipartimento delle aree urbane. Le difficoltà incontrate nel corso della conferenza di servizi per raggiungere l’intesa su alcune norme pur genericamente condivise sono state fedele specchio della complessità del problema e della necessità di ulteriori interventi legislativi specifici, anche se 37

D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), art. 11, comma 3: «Al fine di coordinare il trasporto locale con le attività relative al traffico acqueo negli ambiti della laguna veneta, la provincia di Venezia, d'intesa con i soggetti competenti in materia, emana apposito regolamento che, fra l'altro, prevede un sistema di rilevamento dei natanti circolanti nell'ambito lagunare al fine di garantire la sicurezza della navigazione. L'intesa è conseguita in apposita conferenza di servizi, da realizzare ai sensi dell'articolo 17, comma 4 e seguenti, della legge 15 maggio 1997, n. 127, cui partecipano, oltre la provincia e gli enti locali, rappresentanti del Ministero dei trasporti e della navigazione, del Ministero dell'ambiente, del Ministero dei lavori pubblici e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento delle aree urbane. Se il regolamento non è emanato entro il 30 giugno 1998, vi provvede il Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con gli altri Ministri interessati.»

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il regolamento provinciale è stato comunque approvato nel 1998 38 e si attende ora che le diverse autorità, aderendone allo spirito e alla lettera, adeguino conseguentemente le proprie normative, adottando una disciplina uniforme, nel rispetto delle proprie competenze, operando anche attraverso interventi pianificatori e tecnologici. La stima dell’evoluzione quantitativa del traffico acqueo nel tempo Da ultimo, per una migliore valutazione dell’entità della problematica del traffico acqueo nei canali veneziani, si presentano in breve sintesi alcuni dati relativi all’evoluzione temporale del numero di natanti che transitano in nodi specifici della rete urbana, frutto di una serie anche discontinua di rilievi, condotti tuttavia con la medesima metodologia, con cadenza all’incirca decennale. Quanto al traffico acqueo del passato, ben poche tracce ed informazioni sono rimaste, per lo più reperibili in rapporti e note informali. A titolo di curiosità, anche per la modernità dell’impostazione, può segnalarsi un rilievo effettuato da tale Alessandro Petrillo 39, propugnatore nel 1845 di una tramvia a cavalli nel centro storico veneziano, a complemento urbano del nuovo collegamento ferroviario translagunare in vista della sua prossima inaugurazione: questi, per protestarne lo scarso impatto nel tessuto cittadino conseguente ai necessari interramenti di rii e canali, rese noti i quantitativi di traffico medio giornaliero circolante nel rio di San Polo (principale arteria da interrarsi, secondo il progetto!), consistente in 89 burchi da trasporto merci, 294 battelli e 309 gondole da trasporto persone, per un totale di 692 imbarcazioni, entità decisamente rispettabile, e stabilì inoltre che tale traffico fosse circa un quinto di tutto il traffico che interessava il complesso dei canali da interrare. A titolo di raffronto, il traffico rilevato nello stesso punto oltre cent’anni dopo (1986) risultava pari a circa 500 imbarcazioni: se ne può derivare che il traffico nel passato era addirittura forse più intenso che attualmente, almeno nei canali minori, sebbene fosse totalmente compatibile con l’ambiente, grazie alla propulsione a remi. Rilievi sistematici di traffico nei canali e rii urbani sono invece iniziati solo alla fine degli anno ’70 di questo secolo, come conseguenza dell’allarme per l’aumento del traffico motorizzato: la prima campagna svolta con criteri scientifici risale al 1977-78, seguono altri rilievi effettuati nel 1986-87, quindi una ripresa nel 1996-98 in occasione della predisposizione del piano di riordino del traffico acqueo, tuttora allo studio. Degne di nota sono inoltre le campagne di rilevamento effettuate dal Worcester Polytechnic Institute 38

Con deliberazione del Consiglio Provinciale prot. n. 24772/I di verb. del 25 giugno 1998, entrata in vigore il 25 settembre 1998. 39 Cit. in La tranvia di Venezia, in TULLIO BAGIOTTI, Venezia da modello a problema, Venezia 1972, p. 262 e sgg.

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Passaggi

1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 1978

1986

1987

1996

Anno

Figura 34. L’aumento del traffico tra il 1978 ed il 1996 (Canal Grande)

Passaggi

2000 1500 1000 500 0 1978

1986-87

1996

Anno

Figura 35. L’aumento del traffico tra il 1978 ed il 1996 (Rialto)

nell’ambito del progetto UNESCO I Canali Interni di Venezia tra il 1992 ed il 1994, che cominciarono ad organizzare i dati in maniera informatica seguendo una metodologia scientifica ripetibile nel tempo. Queste campagne furono peraltro le uniche effettuate in stagioni diverse e nell’arco di un’intera settimana presso ciascuna stazione 40. Purtroppo, la mancata definizione di metodologie standard non sempre consente il raffronto dei volumi di traffico rilevati in epoche diverse, volumi soggetti per di più a variazioni anche significative, nei pochi punti in cui il confronto è possibile anche se difficile, in relazione al continuo mutare dell’assetto circolatorio nella rete: istituzione di sensi unici, chiusura temporanea alla navigazione di arterie anche importanti, possono portare squilibri locali nella distribuzione del traffico che non sempre rendono fedelmente la variazione complessiva dei movimenti nel tempo. Si esamina il traffico motorizzato che mediamente transita in Canal Grande nei due sensi di marcia, nelle undici ore diurne, dalle sette alle diciotto, in periodi ritenuti mediamente equivalenti rispetto alla stagionalità, negli anni 1978 – 1986 – 1987 – 1996 per i quali si dispone di dati confrontabili 41, escludendo il transito dei mezzi di linea ACTV. Nelle tre sezioni alla Stazione, al Ponte di Rialto e all’Accademia, si passa da un valore medio di circa 700 imbarcazioni/giorno del 1978 a circa 1200 imbarcazioni/giorno del 1986, con un incremento del 71% in otto anni cui corrisponde un tasso annuo del 7%; l’anno successivo, nel 1987, si riscontrano circa 1300 passaggi (tasso dell’8%): nove anni dopo, nel 1996, se ne riscontrano circa 1450, che portano in definitiva al raddoppio del traffico in diciotto anni, seppure con un deciso rallentamento nella crescita decennio, che presenta un tasso annuo pari al 2% (Figura 34). Concentrando l’esame alla sezione del Ponte di Rialto, la più carica di tutta la rete, emergono più evidenti le variazioni del traffico nel tempo: da circa 560 passaggi nel 1978 si sale ai circa 1250 del 1986-87, e quindi ai circa 1700 del 1996. Si assiste quindi alla triplicazione del traffico motorizzato in diciotto anni, con un aumento nel tempo più accelerato sia nel primo decennio (tasso annuo del’11%), sia nel secondo (3%). Se al traffico motorizzato individuale si vuole risalire a quello comprensivo dei passaggi ACTV, per ottenere il traffico motorizzato totale in Canal 40

FABIO CARRERA, Il traffico acqueo nei canali interni di Venezia, Rapporto UNESCO, Venezia, 1996, op. cit. 41 In realtà, non trovano precisa corrispondenza né le classificazioni delle imbarcazioni, né tanto meno le durate dei rilievi, variabili tra le dieci e le undici ore, né i periodi di rilevazione, talvolta non riportati con precisione: i dati che vengono nel seguito riportati derivano quindi da stime intese a rendere tra loro in qualche modo omogenei e raffrontabili i risultati complessivi delle diverse rilevazioni, e vanno più correttamente interpretati come valori di massima.

26


Grande al Ponte di Rialto, si possono stimare mediamente nella condizione media

27


attuale altri 300 transiti nelle undici ore: il traffico totale sale cosÏ a circa 2000 imbarcazioni/giorno, quasi completamente motorizzato, con un livello tale quindi da giustificare ampiamente le radicate preoccupazioni relative alla tenuta stessa delle strutture edilizie che si affacciano sulla principale via d’acqua veneziana o, per converso, agli elevati oneri di manutenzione per contenerne il progressivo degrado.

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