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manuale oggi e information service domani: cosa cambia con la digitalizzazione
di Vilma Zamboli, titolare e direttore tecnico Writec, in collaborazione con Crit e Icim Group
Oggi i manuali sono a corredo di tutti i prodotti fisici e degli applicativi software. Direttive comunitarie e norme internazionali ne hanno sancito l’importanza per l’utente finale, il cliente. E proprio perché sono le persone quelle che interagiscono con questi “oggetti”, la loro modalità di interazione muta nel tempo, in base all’evoluzione della tecnologia cambiano aspettative e comportamenti. Da questi presupposti parte la visione moderna dell’informazione tecnica, che convogliata su canali diversi e distribuita ai clienti ne soddisfa le esigenze e può essere trasformata in un servizio.
customer o user experience
Ogni business si focalizza sempre di più nel garantire ai clienti un’eccellente esperienza con i loro prodotti e servizi. Secondo Gartner (2019), oltre il 75% delle organizzazioni hanno aumentato gli investimenti nelle innovazioni della customer experience. Cos’è la customer experience (CX) o user experience (UX)? Una volta c’era la netta distinzione tra l’esperienza del cliente con l’azienda che offre un prodotto o un servizio, e l’esperienza dell’utente con il prodotto o servizio stesso. Ora con il termine customer experience, si considerano tutte le interazioni che un cliente ha nel tempo con l’azienda e con il prodotto o servizio. Si definisce quindi l’esperienza del cliente a tre livelli diversi: 1. A livello di singola interazione: per esempio, telefonare per chiedere assistenza tecnica (quindi un solo compito da portare a termine, e normalmente un solo dispositivo da usare)
2. A livello di viaggio verso un obiettivo (customer journey): la telefonata all’assistenza può proseguire con la condivisione dello schermo, o con l’interazione con degli occhiali per l’assistenza remota. Successivamente può produrre un report per accettazione dell’intervento di assistenza, o segnalare un componente o un utensile danneggiato (più canali e dispositivi)
3. A livello di relazione: per tutta la durata della vita di una macchina la disponibilità delle parti di ricambio, l’attenzione a fornire rapidamente parti critiche, l’attenzione a proporre dei retrofit per migliorare la produzione o a proporre macchine in alternativa a quella con tecnologie ormai desuete. A questo livello riportiamo le relazioni cliente-azienda vissute nelle loro totalità e le impressioni generali del cliente verso l’azienda, fino alla dismissione del prodotto o alla chiusura del servizio
Visual design
ia
Content strategy User psychology
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interaction Design
Navigation Anticpating user actions
Interaction level UX
Consistency across channels Seamless transitions
Orchestrated based on data
Streamlined journey steps
Mailers & packages
Interaction and journey UX
Value & offerings Customer service
Brand
ad Campaigns
interaction level Journey level relationship level
i tre livelli della uX, nielsen normann group
dal customer journey alla omnichannel user experience
Dei tre livelli di customer experience consideriamo il customer journey. Come avviene questo viaggio oggi:
•Con diversi dispositivi: computer, cellulari, tablet, smartglass, e così via
•Tramite diversi canali: sito web, app, SMS, e-mail, forum e così via
•Con una costante alternanza tra il digitale e l’esperienza reale. Per esempio, dall’allarme sul display si passa all’app, e poi si torna sulla macchina per regolare il sensore, e poi si passa al portale documentale per scaricare il manuale del fornitore, oppure si chiama per ottenere assistenza da remoto.
Questo mix di interazioni con canali diversi, con dispositivi diversi ma tutti parte di un viaggio dell’utente verso il suo obiettivo viene chiamata omnichannel user experience.
È subito chiaro che progettare questa esperienza richiede:
•Collaborazione di tutti i reparti per infrangere i silos e creare un servizio verso l’utente che copra l’intero viaggio, dall’acquisto fino alla dismissione del prodotto o alla chiusura del servizio
•Creazione del valore per il cliente finale, per offrirgli un servizio completo che possa rendere più efficienti le sue attività quotidiane e quelle in emergenza
•Attenzione e un corretto uso delle tecnologie per comunicare: i reparti di comunicazione/marketing e comunicatori tecnici esperti possono unirsi per definire le corrette tecnologie e i canali migliori da adottare
Immaginiamo un customer journey di un utente di fronte a una macchina ferma e un manuale di istruzioni cartaceo o anche in formato Pdf. Si presenteranno diversi attriti in quanto il manuale è difficilmente rintracciabile, spesso è chiuso nell’armadio dell’Ufficio Tecnico. C’è quindi anche un fattore
temporale che rende l’esperienza insoddisfacente: il tempo che si perde per raggiungere l’informazione che serve a portare a termine un compito. Oppure il manuale è troppo generico, non corrisponde alla macchina che si sta usando, si vede che si è cercato di risparmiare sui costi di stampa e di traduzione. Qui l’insoddisfazione è legata a un’assenza di design dell’informazione. L’utente non la sente sua né tanto meno pensata per lui/lei.
O forse la ricerca nel Pdf non porta al risultato sperato, forse l’argomento c’è ma etichettato da altri termini quindi non si trova, oppure proprio non c’è. Il Pdf offre uno spazio di ricerca limitato. L’insoddisfazione dell’utente è dovuta alla frustrazione e all’incertezza. L’utente non si sente autonomo nel cercare l’informazione.
O l’assistenza parla un’altra lingua e non ci sono riferimenti numerici ai capitoli e le pagine non corrispondono. Qui c’è anche una insoddisfazione relazionale. Non si riescono a costruire relazioni soddisfacenti con l’azienda.
Il viaggio del cliente si interrompe. Le esperienze vissute durante il viaggio verso ciò che si vuole portare a termine generano insoddisfazioni, screditano il valore del manuale e intrinsecamente dell’azienda che lo ha pubblicato. La percezione di scarsa qualità dell’esperienza vissuta e della documentazione consultata si trasforma in svalutazione del prodotto e del suo produttore. Mancano totalmente i tre livelli in cui si sviluppa la customer experience: la singola interazione non va a buon fine, il customer journey viene interrotto e la relazione con l’azienda è compromessa. Quello che accade sul palcoscenico di un teatro è il frutto di quanto ci si sia organizzati, coordinati e preparati dietro le quinte. Offrire un manuale di istruzioni che produca una pessima esperienza dell’utente spesso è indice di carenze strutturali. Per molti fabbricanti il manuale di istruzioni è ancora oggi ritenuto un semplice costo e paradossalmente è anche un costo non controllato. Manca quindi la percezione del prezzo in relazione a coefficienti che possono peggiorarlo. Per esempio, sistemi di redazione ormai diventati reperti archeologici di antichi processi, oppure modalità di redazione che non tengono conto dei costi di traduzione o reparti di redazione che hanno bisogno di formazione per abbracciare le nuove tecnologie. Manca anche la consapevolezza delle conseguenze di una pessima documentazione tecnica, ovvero dei costi indiretti: per esempio un aumento delle richieste di assistenza, un aumento di cause legali dove la documentazione tecnica è stata ritenuta “colpevole” e anche una riduzione dei volumi delle vendite.
Inoltre, le aziende sono ancora divise in silos, raramente il reparto documentazione sa quello che fa il reparto service o training e viceversa. Non c’è alcuna progettazione di una informazione tecnica che possa accompagnare il cliente nel suo viaggio verso i compiti che vuole portare a termine. Come mai i fabbricanti accettano questo stato di cose? Perché la documentazione tecnica è vista solo come un costo, un male necessario che un fabbricante deve sopportare per poter completare la dichiarazione di “conformità” del proprio prodotto. Reduci dalle prime battaglie della Direttiva macchine del 1996, i fabbricanti sono ancora sensibili a questo argomento e accettano, pur loro malgrado, di subire il costo della documentazione tecnica.
Ci sono però frange di resistenza di qualcuno che cerca di ridurre il prezzo e decide di stampare o tradurre il minimo necessario. O peggio, accettare traduzioni di dubbio valore.
Manca la consapevolezza delle conseguenze di una pessima documentazione tecnica, ovvero dei costi indiretti: un aumento delle richieste di assistenza, un aumento di cause legali dove la documentazione tecnica è stata ritenuta “colpevole” e una riduzione dei volumi delle vendite
Come si può intuire qui i rischi ci sono ed è sempre meglio avvalersi di un comunicatore tecnico professionista che può condurre verso un compromesso che fa salve Direttive e la soddisfazione degli utenti.
un cambio epocale: la digitalizzazione in tempi di covid
Covid sì o Covid no, ci siamo improvvisamente digitalizzati tutti. Ciò che sembrava impensabile solo un anno fa adesso è possibile: aziende hanno creato 3D interattivi per permettere al cliente di vivere le emozioni tipiche di una fiera, altre hanno filmato l’intero assemblaggio di una linea di produzione sotto il capannone per poi disassemblarla e spedirla al cliente con una guida composta da video e schede di installazione. Altre hanno spedito smartglass e assistito da remoto i clienti durante il montaggio. E alcune hanno formato a distanza gli utenti. Quindi cosa hanno fatto? Hanno ascoltato le esigenze dei loro clienti, riprogettato dei processi, scelto diverse tecnologie e sfruttato diversi canali per comunicare. Digitalizzare non vuol dire portare online gli stessi processi e le stesse pubblicazioni del mondo fisico. Non vuol dire prendere un manuale di istruzioni e renderlo disponibile online in formato Pdf, ovvero cambiandone semplicemente il formato. Occorre ripartire da zero, dalle necessità degli utenti e sposare le loro necessità nel rispetto degli aspetti cognitivi. Seguirli nel loro viaggio verso un obiettivo finale e identificare i possibili punti di contatto (touchpoint) con l’azienda, i suoi prodotti e tutta l’informazione che ci gira intorno. Ma i rischi della digitalizzazione fai-da-te ci sono e come ogni cambio tecnologico occorre prestare attenzione ai rischi. Così come le prime pagine web degli anni ’80 e ’90 erano un mix di effetti wow di dubbia funzionalità, adesso corriamo il rischio di abbracciare nuove tecnologie e nuovi canali di comunicazione senza avere ben chiaro l’effetto che avranno sulle persone. Per esempio, i dispositivi Vr spesso provocano ancora malesseri e sono usati meno di una volta al giorno. Un video di 10 minuti provoca l’impazienza di qualsiasi tecnico e un oggetto 3D che si muove vorticosamente non raggiunge il risultato sperato. È fondamentale scegliere con attenzione le piattaforme, controllare se è più orientata ai contenuti e alle loro complessità (varianti, lingue, dati ecc.) o se è più orientata ai dispositivi e ai canali. Evitare quindi piattaforme che creano contenuti senza riuscire a condividerli con altri.
Inoltre, è importante appoggiarsi a esperti che sappiano suggerire il canale migliore e che sappiano organizzare e presentare al meglio i contenuti per quel canale, o istruire per farlo. Questo cambio epocale può illuminare nuove prospettive per le aziende:
•Cogliere l’occasione per formare le risorse alle nuove tecnologie comunicative • Aggiornare gli strumenti ormai appartenenti a logiche antiche • Analizzare i processi che presentano dei punti di contatto con i clienti e renderli un servizio per i loro bisogni. Partire da zero riprogettando le informazioni tecniche per le nuove tecnologie • Misurare l’efficacia dei processi grazie all’analisi dei dati e focalizzare gli interventi di ampliamento dell’offerta
•Dismettere o gestire congiuntamente il paradigma del “documento” con il paradigma dell’ “informazione fluida”
Sono passaggi affrontabili con una certa gradualità e con modalità agili, quindi procedendo passo passo e misurando rapidamente rischi e benefici.