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LA DISTRIBUZIONE HORECA

G E S T I O N E /A S S O RT I M E N T I

INDICE DI ROTAZIONE, I BENCHMARK DEL MERCATO P E R U N D I S T R I B U T O R E H O R E C A FA R RU O TA R E I L M AGA Z Z I N O IN UN NUMERO DI GIORNI CORRETTO È FONDAMENTALE PER NON APPESANTIRE LA GESTIONE FINANZIARIA, I N PA RT I C O L A R E I N U N A FA S E D I F O RT E R I A L Z O DEL COSTO DEL DENARO. ECCO I PUNTI DI RIFERIMENTO PER MISURARE LA PROPRIA PERFORMANCE DI DOMENICO APICELLA

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eoria e pratica. Tradurre in azioni concrete i corretti principi di gestione di un’impresa non è mai semplice, a maggior ragione se ci si trova nel mezzo di una tormenta che rende inservibili molti degli usuali punti di riferimento dell’attività economica. Inflazione, aumenti generalizzati di materie prime e costi energetici, interruzioni nelle catene di approvvigionamento, recessione in agguato, ma l’elenco potrebbe continuare a lungo. Perché i problemi vengono anche dai trasporti a causa della mancanza di personale (si veda a pag. 48), dalla difficoltà di reperire materiali di confezionamento e non solo quelli. Il guaio maggiore è che, dal punto di vista di un distributore Horeca, i singoli fattori critici appena citati suggerirebbero contromisure che mal si conciliano tra loro. L’esigenza di garantire ai propri clienti un livello di servizio affidabile richiede scorte adeguate, per non incorrere nelle rotture di stock registrate la scorsa estate e magari anche per tutelarsi rispetto a improvvisi aumenti di listino da parte dei fornitori. Ma un

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eccesso di magazzino – e dunque di immobilizzazione di capitale – può trasformarsi in un boomerang in una fase di forte crescita del costo del denaro. E allora quale è il giusto mezzo tra le esigenze commerciali e quelle finanziare? O meglio, quale è il corretto indice di rotazione del magazzino per un’impresa della distribuzione Horeca? Proprio per aiutare a trovare questo punto di equilibrio, GBI ha sentito esperti e addetti ai lavori, con l’obiettivo di fornire elementi oggettivi di confronto su cui misurare la propria performance. In sostanza, avere una teoria a cui rifarsi nella dimensione pratica. Ecco cosa abbiamo scoperto. A M P I E ZZA E P RO FO N D I TÀ

Cominciamo con il dire che l’indice di rotazione è legato alle dimensioni dell’assortimento, che a sua volta discende – o perlomeno dovrebbe discendere – dal posizionamento del distributore e dunque da scelte consapevoli in termini di ampiezza, cioè il numero di categorie trattate, e profondità, inteso come numero di marche e


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prodotti per ciascuna categoria. “Un modello standard a cui possiamo fare riferimento perché molto diffuso nel settore – premette Alberto Scola, Managing Director di Progettica – è quello delle 1.200 referenze totali. È ovvio che se un’azienda si colloca molto al di sopra di questa soglia, poiché non parliamo di collezionismo ma pur sempre di business, avrà fatto le necessarie valutazioni e dunque avrà individuato un proprio mix”. In questo caso, il numero di giorni di stock andrà arrotondato al rialzo, come vedremo in seguito. La tabella a pag. 10 dà un quadro dettagliato della struttura di un assortimento standard da poco più di 1.200 referenze, mostrando anche il peso numerico dei vari comparti beverage sul totale. Sono due quelli che possono far lievitare di molto il magazzino: il vino e gli spirits. Ovviamente tutti i distributori hanno in catalogo il vino, in bottiglia e in fusto, ma il punto è fin dove spingersi nell’ampliare l’offerta, perché accanto ai prodotti consumati su scala nazionale è indispensabile un occhio di riguardo ai localismi, che nel vino contano moltissimo. E qui sono gli stessi addetti ai lavori a evidenziare che a fare la differenza è la rete commerciale: disporre di wine specialist, cioè addetti alla vendita in grado di spingere i prodotti e portarli alla giusta rotazione, è una premessa indispensabile per potersi permettere una vasta gamma di etichette. Altrimenti c’è il rischio di incorrere in rimanenze di magazzino elevate. “Vero è che per il vino, così come per gli spirits, non si pone un tema di shelf life – fa notare Scola – ma non è da sottovalutare la questione delle annate. Soprattutto nei bianchi, c’è un’evidente tendenza a preferire prodotti freschi e smaltire quelli delle annate precedenti diventa complicato”. Quanto agli spirits, il pericolo è farsi prendere la mano dalla voglia di inseguire le mode del momento. Il successo di categorie come gin e rhum stimola una crescente

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segmentazione dell’offerta e il lancio continuo di novità da parte dei fornitori. Ma se i grandi brand mainstream danno una garanzia in termini di rotazioni costanti e tutto sommato prevedibili, i tanti prodotti di nicchia rappresentano inevitabilmente una scommessa che, se replicata per troppe volte e senza adeguati riscontri di vendita, finisce con l’appesantire il magazzino, considerato che il costo unitario di una bottiglia di liquore è solitamente non banale. Q U E ST I O N E D I C AT EG O R I A

Tornando alla questione inziale: qual è il lasso di tempo ideale che un distributore Horeca dovrebbe impiegare per far ruotare l’intero magazzino? “Per un assortimento composto da 1.200 referenze – spiega Scola – ci si dovrebbe attestare a 32-35 giorni di stock. Dal che consegue che se l’azienda ha un catalogo più ricco numericamente, composto da circa 2.000 prodotti, i giorni di stock possono salire a 40 circa. Al contrario, a un magazzino più agile, tra le 800 e le 1.000 referenze, dovrebbe corrispondere una rotazione più rapida, quantificabile in 30 giorni di stock. Questi sono dati medi e vanno presi come benchmark a cui fare riferimento per valutare le proprie performance. Se ho 1.200 referenze e 45 giorni di stock, significa che sto gestendo male il magazzino e soprattutto che posso migliorare su questo fronte, visto che mediamente il mercato si colloca su livelli più bassi”.

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È ovvio che l’indice di rotazione varia in maniera considerevole tra un comparto e l’altro: 15-20 giorni di stock possono rappresentare la normalità nelle acque,

mentre i soft drink si attestano poco sopra. Nel vino e negli spirits i ritmi sono assai più lenti: “Se il distributore ha un’ampiezza di gamma importante – osserva il Managing Director di Progettica – e si prefigge di toccare tutti i sottocanali e i vari momenti di consumo, negli spirits i 60-70 giorni di stock ci stanno tutti e lo stesso vale per il vino”. I N F L A Z I O N E E AC Q U I ST I S P EC U L AT I V I

I dati medi finora indicati vanno poi calati nella congiuntura attuale, caratterizzata dalla presenza di un “nemico” che le economie occidentali sembravano aver sconfitto definitivamente: l’inflazione. Nel momento di mandare in stampa questo numero di GBI si parla insistentemente di un nuovo ritocco al rialzo dei listini, che per alcune aziende produttrici – in particolare del food – sarebbe il terzo nel corso del 2022. In una fase di instabilità dei prezzi così marcata, acquistare quantitativi maggiori di merce è una tattica che ha un suo motivo d’essere. Il pensiero corre subito a una logica che possiamo definire speculativa, capace di procurare indubbiamente buoni guadagni, ma che presuppone disponibilità finanziare da anticipare e immobilizzare per un periodo più o meno lungo. C’è però un’altra motivazione, più strettamente commerciale, a spingere verso l’acquisto di maggiori volumi: “Per un distributore Horeca scaricare a valle i rincari ricevuti dal

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fornitore non è un’operazione semplice – ricorda Scola – perché il prezzo di cessione è pur sempre frutto di una trattativa con il cliente. Capita spesso che l’aumento di prezzo venga concordato, ma posticipato per dare all’esercente del pubblico esercizio una sorta di periodo di compensazione, che può essere per esempio un mese. Nel fare gli ordini il distributore deve tenere conto di questa eventualità e quindi calcolare uno stock di giorni maggiore che gli consentirà di trasferire con gradualità i rincari sulla propria clientela, senza intaccare i margini”. Un effetto in termini di sovradimensionamento delle scorte lo ha avuto presumibilmente l’andamento molto positivo della stagione estiva, chiusa con risultati superiori al pre-pandemia (vedi a pag. 16). La stima fatta da Progettica è che l’anno si chiuda con un saldo positivo compreso tra il +10 e il +15% rispetto al 2019: “La componente inflattiva si dovrebbe attestare sul 7-8% – sostiene Scola – visto che a giugno era calcolata intorno C OM E S I C ALC OL A L’IND IC E D I ROTAZIONE

L’indice di rotazione permette di capire quanto volte il magazzino si rinnova e dunque dà anche il polso della capacità di vendita. Ricapitoliamo brevemente come calcolarlo, ricordando che l’indice si riferisce sempre a un periodo di tempo determinato, solitamente un anno. Il primo dato di cui abbiamo bisogno è il costo del venduto, che si ottiene sommando il valore delle scorte presenti in magazzino all’inizio dell’anno – cioè il periodo preso in esame nel nostro esempio – al valore degli acquisti effettuati nel corso dell’anno, per poi sottrarre il valore delle rimanenze finali, cioè le scorte presenti a fine dell’anno. Una volta ottenuto il costo del venduto, possiamo calcolare l’indice di rotazione e cioè costo del venduto diviso per il costo della scorta media. Infine, se dividiamo 365 – cioè il numero di unità base del periodo del nostro esempio, ovvero l’anno – per l’indice di rotazione, otteniamo i giorni di stock.


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al 5% circa. L’incremento a volume sarà dunque nell’ordine di alcuni punti percentuali”. Un mercato frizzante che ha scontato però il fenomeno delle rotture di stock nei mesi di picco dell’attività e questo ha di sicuro indotto i distributori a cogliere qualche opportunità di acquisti aggiuntivi. La garanzia del servizio è infatti un fattore fidelizzante. “Non dimentichiamo che in Italia ogni punto di consumo Horeca solitamente si rifornisce per il beverage da due o tre distributori – sottolinea Scola

Giorni di stock, il benchmark per categoria Categoria

Giorni di stock

Acqua

15-20

Bibite

20-25

Birra

20-25

Spirits

60-70

Succhi

20-25

Vino

60-70

Fonte: GBI

La composizione dell’assortimento standard

– che possiamo classificare in principale, marginale e occasionale. Quindi non disporre delle referenze richieste si traduce o in una riduzione di quota sul portafoglio di quell’esercente o nella necessità di dover stralciare parte dell’ordine e procedere con una seconda consegna, con un aggravio di costi che andranno a ridurre la marginalità”.

Categorie

N. referenze

Birra bottiglia vuoto a perdere

150

Birra bottiglia vuoto a rendere

5

Birra lattina

15

Birra confezionata totale

170

Birra fusto a perdere

15

M A RG I N A L I TÀ A R I S C H I O

Birra fusto a rendere

75

Birra fusti totale

90

Acqua a perdere

50

Acqua a rendere

40

Acqua totale

90

Aperitivi monodose

10

Aperitivi monodose totale

10

Bibite vuoto a perdere

95

Bibite vuoto a rendere

5

Bibite fusto

10

Bibite totale

110

Aperitivi lt

10

Distillati

140

Distillati da mix

150

Liquoristica mix e sciroppi

20

Liquoristica totale

320

Succhi

60

Succhi totale

60

Bollicine

95

Vino bottiglia

250

Vino fusto a perdere

5

Vino fusto a rendere

15

Vino & spumanti totale

365

Totale complessivo

1.215

Sempre sulla marginalità si va a scaricare l’inefficiente gestione del magazzino e da questo punto di vista lo spazio di manovra appare abbastanza limitato. In base alle informazioni raccolte da GBI sul mercato, il margine operativo lordo delle imprese della distribuzione Horeca è compreso in una forchetta molto ampia, che va dal 4% al 9% circa. Ma a fronte di aziende molto performanti, capaci di raggiungere Mol a doppia cifra, la maggior parte si dovrebbe collocare intorno al 5% e dunque su livelli che impongono cautela in una congiuntura assai insidiosa come quella attuale. In quanti, per esempio, hanno iniziato a imputare da subito nel conto economico il repentino aumento dei costi fissi, scaturito dall’abnorme incremento del prezzo dell’energia? Il timore paventato dagli stessi addetti ai lavori è di replicare logiche gestionali cristallizzate nel tempo, che forse funzionavano in altre stagioni, quando anche gli aumenti da parte dell’industria si riducevano a qualche punto percentuale, mentre nell’ultimo anno i rincari hanno toccato picchi superiori al 15%. Il rischio è quello di arrivare a fine esercizio con la spiacevole sorpresa di risultati assai deludenti in termini di margine operativo lordo. Perché, è bene ricordarlo sempre, la pratica può essere assai più complicata della teoria.

Fonte: Progettica

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