Ok, l'offerta è giusta

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SPECIALE 30 ANNI/ASSORTIMENTI

OK, L’OFFERTA È GIUSTA

RAGGIUNGERE UN EQUILIBRIO CORRETTO TRA AMPIEZZA DELL’ASSORTIMENTO E PROFONDITÀ NELLE SINGOLE CATEGORIE È FONDAMENTALE PER UN DISTRIBUTORE HORECA. PERCHÉ LE OPPORTUNITÀ DI MERCATO VANNO COLTE, MA SENZA IMMOBILIZZAZIONI DI CAPITALE IMPRODUTTIVE DI GUIDO CHIUSANO

L’attività imprenditoriale è fatta di scelte. E tra le tante che un distributore Horeca deve prendere, ci sono quelle assortimentali. Meno semplici di quanto potrebbero sembrare, in particolare in una fase in cui l’aumento dei tassi di interesse induce a guardare con la massima attenzione alle immobilizzazioni di capitale, che rischiano di trasformarsi in un costo magari poco visibile, ma non per questo secondario. Ecco perché vale la pena di approfondire il tema in questo secondo numero speciale di GBI, che passa in rassegna alcuni degli aspetti centrali per l’ingrosso food & beverage. Tra cui rientrano a pieno

titolo le decisioni relative all’ampiezza dell’assortimento, fondamentali sotto vari profili.

NON SOLO BEVERAGE

Quando si affronta la problematica dell’offerta, emergono due dinamiche contrapposte: le ragioni contabili –per non parlare di quelle logistiche – suggerirebbero di razionalizzare l’assortimento, centrandolo su un nocciolo duro di referenze di cui massimizzare le rotazioni. Le ragioni strategiche e l’evoluzione del mercato spingono nella direzione contraria: accrescere l’offerta – estendendola per esempio al mondo alimentare, poco o nulla presidiato dal tradizionale distributore Horeca – appare

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come un metodo efficace per qualificarsi agli occhi della propria clientela, in modo da poter ambire al ruolo di principale fornitore, aggiudicandosi un’incidenza maggiore sul totale degli acquisti effettuati dal singolo operatore servito. Per sintetizzare questa sorta di conflitto, potremmo parafrasare il filosofo Blaise Pascal e dire che la strategia ha le sue ragioni che la logistica non conosce. E ad aggiungere ulteriore complessità è la considerazione – quasi scontata – che i volumi rappresentano solo una parte della questione. A fare davvero la differenza al momento di chiudere i bilanci è anche la marginalità. E quest’ultima spesso finisce con l’essere inversamente proporzionale ai volumi, cioè elevata per le referenze di nicchia e assai più risicata per le categorie che fanno tanta massa.

UNA QUESTIONE STRATEGICA E NON TATTICA

Calato nella realtà quotidiana di un distributore Horeca, il rebus non trova una soluzione univoca. Anche perché l’assortimento va pensato come lo specchio fedele del posizionamento della singola azienda: il numero di categorie trattate e la profondità in ciascuna di esse – intesa come quantità di prodotti e marchi inseriti in listino per quello specifico ambito merceologico – non dovrebbero essere una stratificazione di consuetudini cristallizzate nel tempo e di scelte slegate l’una dall’altra, ma il risultato di un ragionamento davvero strategico, centrato su elementi come le tipologie di target raggiunti, la forza del presidio territoriale, la capacità di servizio garantito, le risorse umane ed economiche di cui si dispone, lo scenario competitivo.

LO STOCK DI MAGAZZINO IDEALE NEL BEVERAGE

Di recente GBI ha affrontato nel dettaglio il tema dello stock di magazzino, provando a dare indicazioni

concrete agli operatori (si veda GBI n.197, pag. 6). L’obiettivo è stato fornire degli elementi di confronto medi: in pratica, dei benchmark di mercato che consentissero di valutare la performance della propria azienda, disponendo di un termine di paragone solido. Le linee essenziali di quella indagine si possono riassumere in pochi numeri, a cominciare dai 32-35 giorni di stock che rappresentano l’ideale per un magazzino composto di circa 1.200 referenze. Una soglia dimensionale tutt’altro che causale, perché questo è l’assortimento standard di molti distributori Horeca focalizzati sulle categorie beverage.

Va detto però che in una fase di forte inflazione, incrementare le scorte può essere una scelta dettata da logiche speculative o dalla necessità di avere una riserva di prodotto da utilizzare in vista di rialzi del listino, che non possono essere imposti dall’oggi al domani agli esercenti dei punti di consumo Horeca. Premunirsi di un sovrappiù di stock consente di venire incontro alle richieste della clientela, scaricando a valle i rincari con gradualità.

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VINO, IL RUOLO DELLA FORZA VENDITA

Ovviamente la numerica di referenze può variare molto, in particolare negli alcolici. Basti pensare alla ricchezza in termini di vitigni ed etichette che il panorama enologico italiano e internazionale propone e qui torniamo al discorso del valore strategico delle scelte assortimentali.

La ricchezza d’offerta deve andare di pari passo alla capacità di esprimerla nella relazione commerciale: inutile accumulare vini di nicchia o pregiati se non si dispone di una forza vendita in grado di raccontare il prodotto e dargli il giusto posizionamento. Anche perché l’eccessivo invecchiamento in deposito del prodotto è sempre un problema, ma in alcuni segmenti – pensiamo ai bianchi frizzanti – è talmente grave da pregiudicare la vendibilità. Ecco,

dunque, che l’investimento sulle risorse umane, sui cosiddetti wine specialist, è la premessa indispensabile per espandere la propria gamma nei vini.

NEGLI SPIRITS ATTENTI A INSEGUIRE LE MODE

Gli spirits sono un altro mondo enorme, in cui – al netto dei best seller delle principali marche – un distributore ha spazio per distinguere l’assortimento dai suoi concorrenti, in un’ottica anche di difesa

della marginalità, e dare un valore aggiunto all’operatore professionale dell’Horeca, aiutandolo a scoprire nicchie meno note e cogliere le nuove tendenze di consumo. Il risvolto della medaglia è che seguire troppo le mode può, ancora una volta, portare ad appesantire l’assortimento, immobilizzando risorse per tempi troppo lunghi. E allora per entrambi questi comparti – vino e spirits – il consiglio è di tenersi il più possibile vicino ai 60-70 giorni di stock di magazzino, ottimizzando le rotazioni.

Il ritmo deve essere assai più elevato per merceologie come birra, soft drinks e succhi di frutta: 20-25 giorni di magazzino costituiscono un buon obiettivo per questi comparti, mentre nelle acque – prodotto fondamentale, ma ingombrante e dalla bassa marginalità – l’ideale sarebbe non andare oltre i 15-20 giorni di magazzino.

Più semplice a dirsi, che a farsi? Di sicuro, ma avere dei punti di riferimento chiari è la premessa necessaria per fare la scelta (assortimentale) giusta.

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