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Dedicato ai miei compagni, capi, colleghi e amici del CRD-PVS.
CARACAS2020: THE GROWING CITY. ______________________ A PROJECT ABOUT AGRO-HOUSING & URBAN FARMING FERNANDO MENENDEZ COBELO
Tesi di Laurea Magistrale - Doppia Laurea Politecnico di Torino II FacoltĂ di Architettura Universidad Central de Venezuela Facultad de Arquitectura y Urbanismo Relatore Riccardo Balbo Torino - dicembre 2012
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Caracas 2020: The growing city. A project about agrohousing & urban farming
INDICE
INTRODUZIONE
pag. 10
OBIETTIVI DELLA TESI CAPITOLO 01
LA CARACAS SOVRAPPOPOLATA
pag. 15
SOVRAPPOPOLAZIONE
pag. 20
• Quante famiglie non possiedono una casa dove vivere o abitano in una di bassa qualità? • Crescita della popolazione venezuelana • Politiche applicate dal Governo Nazionale
BARRIOS DE RANCHOS
pag. 18
• In America Latina • A Caracas
DEFICIT DI ABITAZIONI
pag. 14
pag. 28
• Descrizione • Cause e conseguenze • Caso studio: Barrios Carpintero e Valle Alto • Riconoscimento di fenomeni architettonici • Parte I: Dati fisici e sociologici del barrio. • Ingressi delle abitazioni • Numero di famiglie per abitazione
• Numero di piani delle edificazioni • Edificazioni in costruzione • Volumetrie, prospetti, sezioni • Parte II: Descrizione delle relazioni spaziali del quartiere, relazioni • Relazioni riflessive • Relazioni simmetriche • Relazioni transitive • Conclusioni: Importanza dello spazio relazionale nei barrios
CAPITOLO 02 L’AGRI-CULTURA
pag. 43
INTRODUZIONE: L’AGRICOLTURA IN VENEZUELA IERI
pag. 48
• Storia dell’agricoltura venezuelana • Principali prodotti • Il boom petrolifero
OGGI
pag. 50 • Principali prodotti • Importazioni • Esportazioni • La Rivoluzione Bolivariana
DOMANI
pag. 55
• Il ritorno ai modi tradizionali • L’agricoltura urbana • Iniziative del Governo Venezuelano
CAPITOLO 03
AGRO-HOUSING & URBAN FARMING
pag. 59
URBAN FARMING: L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
pag. 46
pag. 62
• Grow some food. It’s good: cos’è l’urban farming? • I piccoli produttori sfamano il mondo • Che cosa vuol dire filiera lunga?
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• Che cosa vuol dire filiera corta? • Sovranità alimentare • Scopi dell’urban farming • Mappa mondiale dell’agricoltura urbana
AGRO-HOUSING
pag. 70
• Descrizione • Vantaggi dell’agro-housing a Caracas • Perché interesserebbe ad una città come Caracas adottare le idee dell’agro-housing?
LA VERTICAL FARM
pag. 72
• Cos’è una vertical farm? • Vantaggi effettivi di una vertical farm • Colture idroponiche e aeroponiche • Regole per una vertical farm • Cosa si può coltivare in una vertical farm?
CAPITOLO 04 IL CONTESTO
pag. 87
LA CARLOTA: DA AEROPORTO A PARCO METROPOLITANO
pag. 90
• Concorso “Ideas Para la Carlota” - Antecedenti • L’est di Caracas • Obiettivi del concorso • Area d’intervento • Esiti del concorso • Crediti (autori, collaboratori, assessori dei progetti) • Selezione del contesto ipotetico
PROGETTO: “PARQUE GENERADOR DE SUSTENTABILIDAD URBANA” pag. 106 • Descrizione – elaborati progettuali del concorso • Zona di orti urbani – urban farming
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CAPITOLO 05 IL PROGETTO
pag. 111
COME INIZIARE? pag. 114 • Esigenze – requisiti THE CONCEPT pag. 116 • La collina artificiale IL COMPLESSO
pag. 119
GLI APPARTAMENTI pag. 122
• Tipologie diverse
CONCLUSIONI: LA CARACAS FUTURA BIBLIOGRAFIA
pag. 128
pag. 126
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Introduzione
Le grandi trasformazioni economiche globali, la ridistribuzione di ricchezze e diritti, i nuovi modi e luoghi della produzione di beni e servizi sta ridisegnando i confini e le forme delle città; il delicato equilibrio tra zone rurali e centri abitati sta rapidamente mutando. Le generazioni più giovani delle aree rurali di tutto il mondo, continuano ad avvicinarsi ai centri urbani, rivendicando il diritto a partecipare ai vantaggi prodotti da servizi collettivi, ricchezze e lavoro, tipici della città, anche a costo di condizioni di vita inaccettabili. Tutto questo ha gia’ portato ad un incremento demografico, che genera la domanda per nuove soluzioni che siano in grado di supportare la crescita della popolazione in situazioni di dignità e integrazione. Caracas conosce bene questi
fenomeni. Già in più occasioni della storia venezuelana, questa città è stata l’approdo di molte persone e famiglie di altri luoghi. La situazione abitativa di Caracas dagli inizi del secolo scorso, ad esempio, era già estremamente critica per l’inurbamento in pochi anni di larghi strati di popolazione a seguito dell’occupazione nelle nascenti industrie petrolifere del paese. La città inizia a funzionare come primo polmone d’accoglienza per l’immigrazione operaia, generando nell’arco di pochi anni un tessuto costruito ipersfruttato e malsano. Ma è nel periodo del boom economico del petrolio degli anni ‘40 che Caracas vive l’espansione e la crescita più sostanziale, che la porta ad essere la città che oggi conosciamo. Dal punto di vista residenziale la città’ oggi ha un problema di ridistribuzione della popolazione all’interno del tessuto. Esistono comparti urbani con un’alta densità abitativa legata a numerosi fattori, ma principalmente i valori immobiliari e la consuetudine di vicinato. Al
contrario esistono aree che si svuotano a causa della scarsa qualità del costruito e dello spazio urbano, dell’inadeguato livello di servizi e della dimensione delle unità abitative. A parte questo, ci sono degli spazi di scala metropolitana dentro la città che invece di migliorare le condizioni urbane dei cittadini, le danneggiano. Un chiaro esempio è la presenza di uno spazio di 103 ettari nell’est di Caracas, attualmente usato come aeroporto privato e militare (Base Aerea Generalisimo Francisco de Miranda), oggi conosciuto come “La Carlota”. Dovuto alla sua ubicazione geograficamente centrale, funziona come una barriera della mobilità urbana, non è utile ai cittadini, è sotto utilizzato e impatta direttamente tre municipi della città. E’ evidente che la dinamica della Caracas metropolitana di oggi obbliga a ripensare il suo uso, le condizioni del suo sviluppo e la sua inserzione dentro la struttura urbana. Per questa ragione, il Plan Estratégico Caracas Metropolitana 2020 propone la creazione
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di un concorso di idee per creare una città sostenibile, sicura e integrata, dove “La Carlota” rappresenta il pezzo fondamentale del sistema di spazi pubblici metropolitani. Per garantire un futuro alla città di domani, dobbiamo pensare di trasformare o sostituire gli attuali modelli di riferimento. Il modo di gestire il territorio, di pianificare le trasformazioni, di coinvolgere i cittadini, di recuperare le risorse, di confrontarsi con i cicli di trasformazione economica, di adattarsi ai cambiamenti climatici e sociali dovranno considerare come principi ispiratori la resilienza, la sostenibilità e l’accoglienza. Uno dei modelli possibili si riferisce ai concetti di agro-housing e urbanfarming, idea sempre più diffusa nel mondo, dove l’uso di spazi aperti anche non convenzionali, diverse tecnologie per la coltura e la raccolta di prodotti e processi di produzione e gestione innovativi all’interno di un ambiente densamente popolato.
Nei prossimi anni, il settore est di Caracas, ed in particolare le aree in vicinanza a “La Carlota” saranno oggetto di una serie di trasformazioni già avviate o in progetto. Questo sarà il motore di una nuova domanda abitativa e di servizi, una nuova micro economia, una nuova polarità urbana. In questo modo, si diffonde l’idea di trasformare la base aerea in un Parco Metropolitano, per cui si è creato il concorso “Ideas para la Carlota”, nel quale professionisti da tutto il mondo hanno proposto le idee più adeguate per avvicinare Caracas ad essere una città sostenibile. Partendo da questa premessa, attraverso questa tesi si è voluto procedere verso un primo approccio nella progettazione di un complesso abitativoproduttivo: edifici residenziali con aree di coltivazione di prodotti alimentari su piccola e grande scala. Sfruttando l’opportunità degli esiti del concorso “Ideas para La Carlota”, è stato selezionato e usato come contesto ipotetico uno dei tre progetti
vincitori (proclamato a luglio 2012), per lo sviluppo progettuale di questa tesi, considerando che il concorso è stato un primo passaggio nella trasformazione di Caracas in una città sostenibile, con lo scopo di farlo diventare una realtà per i cittadini. In sintesi, il concorso cerca di rivitalizzare Caracas a partire da “La Carlota”, e questa tesi vuole complementare l’iniziativa, fortificando i punti deboli del progetto selezionato, al tempo che si migliora la qualità ambientale della città e le condizioni di vita dei suoi abitanti.
SITUAZIONE GEOGRAFICA 14
VENEZUELA: ASSE LITORAL COSTERO
REGIONE CAPITALE
LA CARLOTA
SETTORI DELLA CITTA’ (ELEMENTI STRUTTURANTI)
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LA CARLOTA
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OBIETTIVI DEL PROGETTO • Ripopolare il quartiere rendendolo attrattivo per i cittadini, i lavoratori e le famiglie di Caracas. • Favorire la localizzazione delle fasce sociali più deboli, le persone senza occupazione o con occupazione precaria, i nuovi modelli di famiglia. • Limitare le condizioni che possano indirizzare verso fenomeni di speculazione edilizia, gentrificazione, esclusione sociale. • Contribuire al rilancio dell’occupazione in città a partire dalla vocazione green dell’area, integrando agricoltura, artigianato, nuove tecnologie digitali • Proporre nuovi modi di vivere il lavoro, nuovi modelli di collettività, nuovi processi di parziale partecipazione alla costruzione, non esclusivamente basati sul denaro. • Introdurre forme di gestione, manutenzione e controllo
(parziali e/o totali) partecipate dai cittadini. • Sviluppare dotazioni urbane speciali e contemporanee, recuperando il paesaggio e migliorando le condizioni ambientali della città. • Rivalorizzare la cultura rurale venezuelana. Riscattare non solo gli ambienti e paesaggi naturali propri di Caracas, ma anche le tecniche tradizionali di coltivazione, generando “coscienza ecologica”, mentre, allo stesso tempo, si sviluppano nuove tecnologie di produzione. • Contribuire alla creazione della Caracas sostenibile. Implementare strumenti di sostenibilità attraverso la gestione degli spazi, con modelli di pianificazione urbana ecologica. Il programma di progetto propone un’idea di quartiere dove residenza, lavoro e natura siano non soltanto accostate ma realmente integrate:
• Nuovi spazi e servizi per il lavoro artigianale, delocalizzato, temporaneo o stagionale • Integrazione tra agricoltura e residenza. • Occasione di lavoro per persone provenienti dalle aree rurali o informali della città. • Integrazione dei fabbisogni e degli scarti della parte residenziale con il sistema agricolo produttivo (ciclo dei rifiuti, ciclo delle acque, energie rinnovabili, sistemi passivi microclimatici) • Spazi educativi che fomentino le conoscenze dell’agricoltura, attraverso orti didattici e altri spazi formativi.
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01
La Caracas SovrapPopolata
deficit - abitazioni barrios - politiche casi studio
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La Caracas SovrapPopolata Contenuto
SOVRAPPOPOLAZIONE
• In America Latina • A Caracas
DEFICIT DI ABITAZIONI
• Quante famiglie non possiedono una casa dove vivere o abitano in una di bassa qualità? • Crescita della popolazione venezuelana • Politiche applicate dal Governo Nazionale
BARRIOS DE RANCHOS
• Descrizione • Cause e conseguenze • Caso studio: Barrios Carpintero e Valle Alto • Riconoscimento di fenomeni architettonici • Parte I: Dati fisici e sociologici del barrio. • Ingressi delle abitazioni • Numero di famiglie per abitazione • Numero di piani delle edificazioni • Edificazioni in costruzione • Volumetrie, prospetti, sezioni • Parte II: Descrizione delle relazioni spaziali del quartiere, relazioni • Relazioni riflessive • Relazioni simmetriche • Relazioni transitive • Conclusioni: Importanza dello spazio relazionale nei barrios
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Il problema della sovrappopolazione nel mondo, specificamente nei paesi in via di sviluppo, è stato perseverante per i governi di ogni nazione. La situazione in America Latina, in questo caso, non è molto diversa tra i paesi che la conformano. D’accordo con le cifre della CEPAL (Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi), in America Latina vivono 252 milioni di persone in condizioni di povertà, 72 milioni delle quali vivono in condizioni di povertà estrema. Considerando questa situazione, le popolazioni in questi paesi hanno meno accesso ad un’abitazione degna, soprattutto se il paese non può contare sulle risorse o programmi che aiutino alla soluzione del problema.
Da un altro punto di vista, il solo conferimento dello spazio per vivere non risolve il problema, ma bisogna considerare che la persona che acquisisce una casa in condizioni di povertà acquisisce anche un nuovo debito con lo Stato, dando l’aiuto al “beneficiato”, ma creando un nuovo problema di indebitamento, anche se i tassi applicati sono bassi e prolungati.
o programmi di aiuto comunitario si potrebbe garantire il successo di questi piani, sempre sotto rigidi livelli di attenzione e supervisione. Tornando ai dati della CEPAL, durante la maggior parte del XX secolo le politiche di abitazione in America Latina si caratterizzarono per la preminenza dello Stato nella costruzione e finanziamento di abitazioni. Come risultato, i costruttori e le entità di finanziamento si concentrarono sulla soddisfazione effettiva della domanda delle case con maggior reddito.
in America Latina
La sovrappopolazione
Secondo dati ufficiali, in America del Sud si devono costruire circa 22,7 milioni di abitazioni per soddisfare il bisogno della numerosa quantità di famiglie. Tuttavia, questo tema richiede anche un’implementazione di meccanismi efficaci per affrontare i problemi associati all’acquisizione e sostegno di un’abitazione che affrontano le famiglie più povere.
Nella maggior parte dei casi, le persone che vivono sotto questa situazione non possiedono lavori ben retribuiti e, purtroppo, i sistemi esclusori continuano alimentando questa condizione di differenziazione di status e livelli sociali, non permettendo un’ottima integrazione di aiuto generale. Per esempio, attraverso metodi d’inclusione sociale come l’assegnazione di crediti
252 72 22,7
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milioni
persone in condizioni di povertĂ
persone in condizioni di povertĂ estrema
milioni
milioni
abitazioni che devono essere costruite
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23 Il Banco Interamericano de Desarrollo (BID) dimostra in uno studio del 2012 che la precarietà e il deficit di abitazioni sono più alti in Venezuela, Bolivia, Argentina e Nicaragua.
QUANTE FAMIGLIE NON POSSIEDONO UNA CASA DOVE VIVERE O ABITANO IN UNA DI BASSA QUALITA’? In genere, la principale limitazione è “l’insufficienza di redditi” e davanti alle entità di prestito ne appaiono altre come l’impossibilità di comprovare i redditi esistenti. C’è anche un’offerta scarsa di abitazioni di buona qualità a basso costo. Nel caso di Caracas, l’80% delle famiglie non raggiunge la quantità di denaro sufficiente per possedere una casa propria. [fonte: BID]
Di fronte a questa situazione, la BID segnala che “per aumentare l’offerta di abitazioni adeguate
ed accessibili, i paesi (Venezuela compreso) devono migliorare le normative per ampliare i mezzi di finanziamento e mobilitare risorse private.” Si segnala anche che la regione soffre sia di una scarsità di abitazioni che di problemi di qualità che vanno dalla mancanza di titoli di proprietà a abitazoni costituite da pareti fatte di materiali di rifiuto come il cartone, piani fatti di terra e l’assenza di accesso a reti di acqua potabile e allacci all’impianto fognario.
Le risorse pubbliche sono insufficienti e l’investimento privato è cruciale per chiudere il problema. Per captare investimenti del settore privato ed ampliare l’offerta di abitazioni accessibili il governo deve generare incentivi per l’uso misto della terra, migliorare la normativa di registro di proprietà, aumentare il finanziamento ipotecario ed esplorare opzioni come l’affitto e tecniche più moderne ed efficienti di costruzione.
24 Crescita della popolazione venezuelana: Per capire il problema abitativo del Venezuela e della città di Caracas, si deve conoscere prima com’è avvenuto l’incremento della popolazione del paese attraverso la storia. Per l’arrivo degli spagnoli, la popolazione d’indigeni nel paese era tra i 300.000 e 500.000 abitanti, e le abitazioni avevano caratteristiche e condizioni adattate sempre al luogo, come il clima e le necessità sociali dei gruppi che le
conformavano. Queste erano elaborate sempre con l’uso del legno, la pietra, il fango, o i tessuti di foglie o fibre di alcune piante. L’arrivo degli europei a in questa parte del mondo ha portato conseguenze significative nella popolazione. Così si è stimato che la popolazione totale era 813.000 abitanti per la fine del XVIII secolo. All’inizio del XIX secolo, il Venezuela contava circa 1.000.000 abitanti.
[“Crecimiento Urbano en Venezuela”
di Chi-Yi Chen e Michel Picouet]
In età coloniale e per tutto l’Ottocento, l’importanza di Caracas, in ambito latinoamericano, fu piuttosto limitata e la stessa città si presentava come un sonnolento centro amministrativo di poche decine di migliaia di abitanti. Ancora nell’anno 1900 la città aveva una popolazione di appena 72.000 abitanti, in stridente contrasto con i circa 1.020.000 di Buenos Aires o i 700.000 abitanti di Rio de Janeiro [“Calendario Atlante De Agostini, XX secolo, 100 anni di dati e confronti”]
25 Fu solo a partire dalla seconda metà degli anni quaranta del Novecento, con la massiccia immigrazione europea e lo sfruttamento intensivo delle proprie risorse minerarie (e in particolare del petrolio) che iniziò rapidamente a modernizzarsi, sperimentando una forte crescita economica e demografica.
Latina, grazie anche allo sviluppo dell’industria petrolifera in Venezuela. Di pari passo è seguita un’espansione urbana che, soprattutto a partire dagli anni quaranta dello stesso secolo, è divenuta tumultuosa. La città è passata così dai 269.000 abitanti del 1940 [“Calendario
Nel corso del Novecento Caracas si è andata gradualmente imponendo come uno dei grandi centri economici dell’America
quasi 5.500.000 del 2007, moltiplicando per venti la propria popolazione in meno di settant’anni. [Università di
Atlante De Agostini, XX secolo, 100 anni di dati e confronti”] ai
Genova: “Caratteristiche etnico-
somatiche di Caracas e del Venezuela nel 1981”]
Il Venezuela è ancor oggi considerato un Paese in via di sviluppo con un’economia basata principalmente sulle operazioni di estrazione, raffinazione e commercializzazione del petrolio e di altre risorse minerarie. L’agricoltura riveste ormai una scarsa importanza mentre l’industria ha avuto negli ultimi decenni uno sviluppo diseguale (in gran parte è ancora un’industria di assemblaggio e montaggio).
Vista panoramica di Caracas e il Monte El Avila [Leo Ramirez/AFP]
OGGI 26
Attualmente, il Venezuela ha un deficit di abitazione di quasi il 30%, che sommato ai continui problemi climatici che causano disastri in alcuni zone del paese, fa si che la situazione sia ancora più critica. Esempio è il caso delle persone disastrate come conseguenza del “Desastre de Vargas” nel dicembre del 1999 che sorpassò i 30.000 morti, e migliaia di disastrati che ancora nel 2012 non hanno casa dove vivere. La situazione raggiunse il suo maggior livello critico nel dicembre del 2010, quando le cifre ufficiali rivelarono che le piogge causarono che 113.500 persone rimanessero disastrate e fossero ubicate provvisoriamente in 763 rifugi in tutto il paese. Si può dire che i piani del governo nazionale hanno voluto fomentare l’iniziativa dell’investimento, e con l’aiuto di paesi amici si promuove la creazione della Gran Misión Vivienda Venezuela (GMVV). Questa politica fu annunciata il 13.02.11 dal presidente Hugo Chávez con l’obiettivo di risolvere il deficit domiciliare con l’unione di tutti i settori: “risolviamo il dramma dell’abitazione con un’unione nazionale del settore privato e pubblico, la banca privata e quella pubblica, i lavoratori, gli impresari onesti, i
venezuelani ed il mondo: Cuba, Iran, Cina, Bielorussia, Russia, Portogallo, Brasile.” La missione tratta di costruire tra 2011 e 2017 la quantità di due milioni di abitazioni. Nonostante il riconoscimento della scarsità delle politiche domiciliari implementate, questa nuova Missione si promuove senza aver mai realizzato un’effettiva diagnosi e valutazione delle politiche fatte in passato. L’aspetto positivo è che ha stimolato alcuni avvicinamenti col settore privato per la realizzazione di azioni unificate, ma ancora senza risultati.
Nella relazione consegnata dallo Stato venezuelano al Comitato di Diritti Umani dell’ONU, con motivo dell’Esame Periodico Universale (EPU), si descrivono in questo modo le ragioni dell’inefficienza nell’area: “L’assenza di politiche pubbliche nella materia di abitazioni per più di mezzo secolo, sommato agli effetti del cambiamento climatico, ha fatto insufficienti quelle create dallo Stato venezuelano in questa decade.” Il Ministerio de Vivienda y Hábitat (MINVIH), descrisse anche le ragioni della mancanza di risultati positivi, argomentando che “il ritardo nell’entrata delle risorse finanziarie condizionò l’inizio
delle opere; i cambiamenti direttivi prodotti durante questo periodo, originò in conseguenza ritardi nella gestione amministrativa e nel compromesso economico con le imprese esecutrici.” A parte questo, il governo nazionale diede anche alle piogge la colpa del non conseguimento delle mete.
All’articolo 82 della costituzione venezuelana è scritto che la casa è un diritto più che una necessità: “Ogni persona ha diritto ad un’abitazione adeguata, sicura, comoda, igienica, con servizi essenziali che includano un habitat che umanizzi le relazioni familiari, comunali e comunitarie. La soddisfazione progressiva di questo diritto è un obbligo condiviso tra i cittadini e lo Stato in tutti i suoi ambiti. Lo Stato darà priorità alle famiglie e garantirà i mezzi affinché queste, e specialmente quelle di scarse risorse, possano accedere alle politiche sociali e il credito per la costruzione, acquisizione o ampliazione di abitazioni.”. La popolazione venezuelana che si è rivolta ai piani del Governo o alle istituzioni private per l’acquisizione dell’abitazione, ma che vedendo che le proprie esigenze non venivano risolte, ha deciso, data la necessità di avere un soffitto
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Più di due milioni di abitazioni saranno costruite, non ci sarà nessun venezuelano senza un soffitto sopra la sua testa, non ci saranno bambini per strada, non ci saranno persone che avranno bisogblah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah blah...
Hugo Chávez Attuale presidente del Venezuela
28 sotto il cui vivere, ricorrere all’autocostruzione, fatto che ha contribuito a generare nuove difficoltà urbane per Caracas. In alcuni casi, queste famiglie mettono in rischio le loro vite e le proprie abitazioni costruendo in zone inappropriate, soggette a spostamenti di terreno e inondazioni. Sommato a questo, è molto comune che la crescita della famiglia implichi la costruzione di nuovi livelli sulla stessa struttura che era stata fatta per sopportare appena il peso della copertura, fatto che aggiunge una maggior condizione di rischio. La situazione a Caracas diventa ancora più grave quando si tiene conto della percentuale della popolazione che migra dall’interno del paese alla capitale cercando “lavori migliori” o una “miglior qualità di vita”, ma non potendo pagare gli alti prezzi della “città formale”, si vede obbligata a spostarsi alle periferie, dove costruisce le proprie abitazioni con materiali precari in zone non adatte. Vivono in condizioni di rischio, senza avere servizi di base come l’acqua o la luce, e senza appartenere ad un piano urbano strategico della città. Questi insediamenti informali sono conosciuti popolarmente in Venezuela come “barrios de ranchos”.
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vs cittĂ informale cittĂ formale
[Leo Ramirez/AFP]
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Barrios de ranchos
L’accelerata crescita delle città, sperimentata nelle ultime decadi, si caratterizza da una marcata differenziazione della popolazione nell’accesso al mercato immobiliare, che genera indiscutibili processi di esclusione sociale e segregazione spaziale. Le conseguenze per le città sono evidenti: un’accelerata occupazione di spazi precari, che aggrava i livelli di vulnerabilità di un grosso settore della popolazione, alimentando il circolo della
marginalità e la povertà. Questa realtà costituisce uno dei maggiori problemi che si scorgono nel XXI secolo. Gli insediamenti informali, anche chiamati insediamenti spontanei, marginali o non controllati, riferiscono a forme di habitat precari stabiliti nelle zone urbane. Acquisiscono designazioni particolari in distinti paesi dell’America Latina: ‘colonie proletarie’ in Messico, ‘cittadine miseria’ in Argentina, ‘accampamenti di popolazione’ in Cile, ‘paesi giovani’ in Perù, ‘quartieri pirata’ o ‘città pirata’ in Colombia, ‘favelas’ in Brasile, ‘barrios’ in Venezuela, ecc. In questi spazi urbani si accumulano valori negativi, che accentuano l’esclusione: illegalità nell’occupazione del suolo, condizioni inadeguate delle abitazioni, affollamento, difficoltà per accedere ai servizi pubblici domiciliatari, inesistenza di equipaggiamenti collettivi,
I problemi che oggi prendono priorità per noi nelle diverse ricerche si presentano ormai dal 1941, quando l’Area Metropolitana di Caracas aveva una popolazione di appena 354 mila abitanti e “le abitazioni informali” trattenevano il 12,74% della popolazione totale.
Teolinda Bolívar - Profesoressa e Ricercatrice dell’Universidad Central de Venezuela
problemi di accessibilità e mobilità, assenza di spazi pubblici, insicurezza. La mancanza di risorse economiche degli abitanti dei barrios funziona come un ostacolo per godere dei benefici della vita urbana, obbligandoli ad essere confinati in un ambito molto ridotto dentro i limiti del proprio quartiere, la propria strada o la propria abitazione. In Venezuela, come nel resto dell’America Latina, la nascita e crescita di questi insediamenti informali nella costituzione urbana delle città, è diventata caso di studio durante decadi. Attualmente, più del 50% della popolazione urbana vive in questa modalità precaria di habitat, che equivale a circa 14 milioni di persone in una superficie di 180.000 ettari. [“Los barrios son urbanizables”. (29 aprile di2007). Giornale ‘El Nacional’, p. 6.]
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Petare - un barrio di Caracas, con circa 1 millione di abitanti [Leo Ramirez/AFP]
32 Questi “barrios” (quartieri) sono situati generalmente sulle montagne prossime alla città. A Caracas, la parola “barrio” si utilizza per indicare queste grandi zone dove le case e i servizi pubblici sono precari. Queste case sono i “ranchos” (baraccopoli), costruite senza nessuna pianificazione ufficiale, con carenze e a volte con materiali poco adeguati. I barrios coprono la maggior parte delle montagne che circondano la città, segnando così una differenza sostanziale tra coloro che vivono nel centro e chi vive nelle colline delle periferie. I problemi sociali che ciò comporta sono evidenti e nella maggior parte dei casi non sono risolti dallo Stato. I problemi o carenze fisiche che si osservano nei barrios di Caracas e il resto dell’America Latina sono simili, la loro creazione ha permesso di alleggerire la domanda di abitazioni, rappresentando un patrimonio immobiliare che, nella sua umiltà, è diventato il modello di quello che si può e si deve fare per risolvere il problema abitativo di famiglie senza casa e con scarse risorse economiche. Nonostante il caos che questi insediamenti urbani rappresentano, una delle
caratteristiche più risaltanti dei barrios è la diversità che presentano, pertanto, in questo capitolo si cerca di stabilire una tipologia dei raggruppamenti di abitazioni dei barrios utilizzata fondamentalmente per uso domiciliare, per essere poi reinterpretata e usata nel progetto architettonico. Il caso studio preso in esame nasce da una realtà e serve per eseguire la sua analisi a partire dal riconoscimento di fenomeni architettonici. Il caso scelto è un raggruppamento di edificazioni nei barrios Carpintero e Valle Alto (Petare), all’est della città di Caracas, a partire dal lavoro di investigazione “Densificación y Vivienda en los Barrios Caraqueños: Contribución a la Determinación de Problemas y Soluciones”, coordinato da Teolinda Bolívar.
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Vista panoramica di Petare [tupancoman su Panoramio]
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CASO STUDIO: BARRIOS CARPINTERO E VALLE ALTO
L’intenzione di questo studio di “riconoscimento di fenomeni architettonici” in un settore dei barrios Carpintero - Valle Alto è far saltare fuori alcuni elementi che permettano di trovare modelli da seguire al momento di progettare. Il settore di barrios selezionato corrisponde alla “classe 10” secondo il suo grado di addensamento, classe appartenente a una porzione importante dei barrios di Caracas, o meglio, rappresenta una tipologia predominante nell’universo dei barrios della città. L’ipotesi iniziale che si propone di chiarire è: «Possono progettarsi prototipi di abitazione a partire dall’analisi dei “ranchos” dei barrios?» Allo stesso tempo sorgono altre domande: «Possono essere le case autocostruite nei barrios di Caracas motivo di ispirazione per la
produzione di nuove idee e soluzioni di design comuni all’abitazione dei settori popolari? Può analizzarsi questo tipo di edificazioni applicando modelli accademici? Possiedono i ranchos “informazione genetica” capace di essere manipolata creativamente? Possono progettarsi partendo da concetti di sviluppo sostenibile? »
Analizzando il fenomeno dell’autocostruzione si scopre che questi tipi di edifici (ranchos) sono capaci di apportare idee nell’ambito del design architettonico, ottimizzando, sia l’uso dei materiali che aumentando l’efficacia funzionale, costruttiva, spaziale, formale ed estetica, cosa che li rende sostenibili nel tempo. Cosa vuole dire “riconoscere i fenomeni architettonici?” Vuol dire fare una diagnosi delle condizioni del posto,
che sia capace di leggere, processare, rappresentare e sintetizzare le sue informazioni materiali (assi, gerarchie, dimensioni, ritmi, spazi, materiali, prospetti…) per scoprire modelli di organizzazione o criteri di azione che possano essere usati al momento di progettare. L’analisi sarà divisa, quindi, in due parti: Parte I: Dati fisici e sociologici del barrio. • Ingressi delle abitazioni • Numero di famiglie per abitazione • Numero di piani delle edificazioni • Edificazioni in costruzione • Volumetrie, prospetti, sezioni Parte II: Descrizione delle relazioni spaziali del quartiere, relazioni • Relazioni riflessive • Relazioni simmetriche • Relazioni transitive
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Carpintero - Valle Alto
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PARTE I
DATI FISICI e sociologici del barrio
02 NUMERO DI FAMIGLIE
01 INGRESSI DELLE ABITAZIONI
Tutte le porte d’ingresso delle edificazioni si affacciano verso uno spazio relazionale, senza considerare se è di transizione o di permanenza. Gli ingressi generano tensione sul campo di azione, formando un anello di eventi collettivi all’esterno delle abitazioni. Pertanto, questo fenomeno architettonico può essere totalmente valido al momento di progettare la futura edificazione.
Dentro i barrios di Caracas, i gruppi familiari normalmente sono più numerosi rispetto a quelli della città formale, ed è molto comune che varie famiglie si raggruppino in una stessa abitazione, indipendentemente dalle sue capacità spaziali. Nel progetto di questa tesi, le abitazioni presenteranno differenti dimensioni, con l’intenzione di coprire le necessità di differenti gruppi familiari, dipendendo dal numero di integranti. [numero de familias/numero de habitantes]
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03 NUMERO DI PIANI
04 EDIFICI IN COSTRUZIONE
Generalmente, le abitazioni hanno una media di 2-3 livelli, dipendendo dalla dimensione del gruppo familiare. Per questa tesi, si considera che un’abitazione di 2 livelli potrebbe essere sufficientemente flessibile per alloggiare comodamente gruppi familiari di 5 o 6 persone. 1 piano
4 piani
2 piani
5 piani
3 piani
6 piani
È comune che le abitazioni crescano man mano che continua a crescere anche il gruppo familiare. Per gli abitanti dei barrios, è importante che il posto in cui vivono sia sufficientemente flessibile per crescere in un futuro, se necessario. Per questo fatto, è anche molto frequente che i vani scala siano fuori l’abitazione, in modo da risparmiare spazio interno.
0538VOLUMETRIE / PROSPETTI / SEZIONE
Prospetti strada principale di Carpintero
39 Il settore selezionato, come la maggior parte dei barrios di Caracas, sembra una selva di asfalto, cemento e mattoni che copre completamente il terreno, con case di 2 o più livelli che si costruiscono le une sulle altre. C’è molta varietà di materiali, ma le volumetrie rettangolari fanno sì che il risultato finale si veda come un insieme omogeneo di residenze, caratteristica che ben potrebbe mantenersi nelle abitazioni progettate in questa tesi.
Ogni livello è a sbalzo sull’altro, facendo sì che i corridoi siano coperti
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PARTE II
RELAZIONI DINAMICHE tra le abitazioni e gli spazi esterni
Questa parte dello studio analizza l’interscambio, il “contatto” che c’è tra lo spazio collettivo, gli edifici e gli utenti, riconoscendo una serie di casi ipotetici (fenomeni architettonici) che si trovano dentro il caso studio (barrios Carpintero - Valle Alto).
01 RELAZIONI RIFLESSIVE Analisi dell’abitazione come unità, i suoi spazi interni, spazi esterni e le sue proporzioni. Questa unità nasce dall’esperienza “abitare”, che indica precisamente l’unione tra l’edificio e l’utente.
x 1 piano ___ ___ ___
2 piani
spazio pubblico unità relazionata con la strada o sentiero unità relazionata con la strada o sentiero (con porche) unità relazionata con la strada o sentiero (con patio) unità relazionata con la strada o sentiero (con porche epatio)
unità relazionata con la strada o sentiero (1 ° piano)
unità relazionata con la strada o sentiero (2 ° piano)
___
unità relazionata con la strada o sentiero (1 ° piano con porche) unità relazionata con la strada o sentiero (2 ° piano con porche)
spazio di servizi spazio privato commercio strada porche
proporzioni:
02 RELAZIONI SIMETRICHE x
Analisi di un’unità e il suo rapporto con altra unità con le sue stesse caratteristiche e condizioni. C’è la presenza di un nuovo elemento: lo spazio relazionale.
+
y
volumi relazionati dalla strada
volumi relazionati da un sentiero (con porche)
volumi relazionati dalla strada (con porche)
volumi relazionati da un patio
volumi relazionati da un sentiero
volumi relazionati da un sentiero con patio
03 RELAZIONI TRANSITIVE x
y
z
+
volumi relazionati dalla strada
volumi relazionati da un patio
volumi relazionati da un patio
volumi relazionati da un patio e un sentiero
+
Si aggiunge una terza unità. I rapporti, le possibilità e l’interscambio diventano più ricchei. Lo spazio relazionale diventa collettivo.
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E QUINDI? DETONATORI l’importanza degli spazi relazionali nei barrios
Lo spazio pubblico dentro il barrio passa ad essere uno spazio relazionale. Uno spazio autenticamente collettivo, aperto all’uso, al piacere, allo stimolo, alla sorpresa: all’attività. Appare una nuova modalità in cui l’aspetto collettivo, o meglio, l’uso di un ampio raggruppamento di individui, si trasforma nella sua unica caratteristica costante. Dentro la struttura urbana di un barrio, gli spazi esterni funzionano come dispositivi aperti al cambiamento e generatori di azione, capaci di motivare la proiezione e la diversità del cittadino. Si deve pensare, pertanto,
in un’architettura che permetta di creare una relazione positiva col mezzo. Un’apertura invece di una difesa, che permetta all’utente di ubicarsi in un ambiente più dinamico che statico. In conseguenza, interessa la proiezione di un’architettura che voglia e possa esporre relazioni in (e con) scenari virtualmente attivati per essere proprio dinamici. La presenza di questi spazi dentro il progetto garantirà il successo delle relazioni comunitarie tra vicini e le abitazioni.
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Un’architettura prodotta da sistemi formali combinati favorisce l’apparizione di catene di avvenimenti. Sono sequenze flessibili ed alterabili, di variazione e trasformazione. Si creano, quindi, campi, incroci di forze. Il progetto sarà, allora, un territorio diffuso definito per le proprie connessioni tra gli utenti, lontano dai tradizionali parametri materiali o spaziali. Uno spazio virtuale che, tuttavia, sarebbe reale in termini di produzione e organizzazione.
CAMPI RETI INTERSCAMBI RELAZIONI CATENE ABITARE CO-ABITARE
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Tramonto a Caracas
[Leo Ramirez/AFP]
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02
u
L’Agricoltura ieri - oggi - domani agricoltura urbana sicurezza alimentare
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u
L’Agricoltura Contenuto
INTRODUZIONE: L’AGRICOLTURA IN VENEZUELA IERI
• Storia dell’agricoltura venezuelana • Principali prodotti • Il boom petrolifero
OGGI
• Principali prodotti • Importazioni • Esportazioni • La Rivoluzione Bolivariana
DOMANI
• Il ritorno ai modi tradizionali • L’agricoltura urbana • Iniziative del Governo Venezuelano
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L’agricoltura in Venezuela
L’agricoltura in Venezuela costituisce una parte dell’economia del paese molto più piccola che in qualunque altra nazione latinoamericana. Dalla scoperta del petrolio agli inizi del XX secolo, l’importanza del settore diminuì rapidamente, e con l’inizio dello sviluppo industriale su grande scala nel 1940, l’agricoltura e la riforma agraria furono trascurate dai governi successivi. Il paese importa la maggior parte dei suoi alimenti, principalmente dalla Colombia e dagli Stati Uniti. Tuttavia, dal 1999, sotto la Rivoluzione Bolivariana dell’attuale presidente Hugo Chávez, l’agricoltura ha avuto una maggiore priorità, senza raggiungere, però, un livello di produzione sufficiente per rialzare la sicurezza alimentare.
Prima della decade dei cinquanta e l’inizio delle esportazioni di petrolio su grande scala, l’agricoltura, la pesca e la silvicoltura erano settori centrali nell’economia venezuelana, producendo più della metà del prodotto interno lordo (PIL). Nel 1930, l’agricoltura rappresentava il 22% del PIL e occupava il 60% della manodopera. Nel 1988, invece, con l’espansione dell’industria petrolchimica, l’agricoltura contribuiva solo col 5.9% del PIL e rappresentava il 13% della manodopera e solo l’1% delle esportazioni totali. L’importanza del settore continuò diminuendo, arrivando a contribuire solo col 5% del PIL e il 10% dei lavori nel 2004. [Production
Estimates and Crop Assessment Division Foreign Agricultural Service, Luglio 2006]
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AerealPhotography su flickr
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IERI
Il Venezuela aveva un’agricoltura molto importante; vendeva la sua produzione a inglesi, francesi e olandesi in modo illegale, poiché la Spagna aveva proibito alle sue colonie di commercializzare con qualunque altra nazione. In quell’epoca le barche spagnole che portavano vino, olio e tessuti ed anche schiavi erano assaltate da pirati principalmente inglesi e francesi. La coltivazione più importante fu quella del cacao. Dal 1620, e per i successivi due secoli, fu il prodotto di esportazione più importante del Venezuela. Per coltivarlo vennero molti immigranti dalla Spagna,
soprattutto dalle Isole Canarie. Più tardi, davanti alla necessità di avere più gente per coltivarlo, vennero portati schiavi neri dell’Africa. Le barche che li portavano, caricavano poi il cacao per portarlo in Messico. Questo, come è stato detto prima, era illegale e condusse la Corona a la Real Compañía Guipuzcoana. La Compañía Guipuzcoana de Caracas, fu fondata nel 1728. Aveva il dovere di fornire la provincia di Caracas e di perseguire il contrabbando. In cambio, aveva il monopolio commerciale, cioè, nessun altro poteva commercializzare i prodotti del Venezuela. Ma come
succede sempre con i monopoli, gli agricoltori erano pagati molto di meno rispetto ai contrabbandieri, che facevano salire di più i prezzi dei prodotti che portavano. Il successo della Compañía Guipuzcoana e la crescita del commercio del cacao fece si che Caracas acquisisse importanza e che si centralizzasse l’economia del Venezuela attorno a questa città. Così, nel 1777, il Venezuela salì al rango di Capitanía General, con autorità politico-militare e nove anni più tardi come Audiencia de Venezuela, aggiungendo autorità giuridica e amministrativa.
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L’agricoltura, la pesca e la silvicoltura, continuarono ad essere le attività centrali del sistema economico venezuelano, fino alla scoperta del petrolio che può definirsi come un insieme di avvenimenti politici ed economici a partire dal 1908. Il suo sfruttamento inizia nel 1878 con la creazione della Compañía Petrolia del Táchira, e nel 1914 comincia l’auge petroliero, cosa che rappresenta l’inizio dello sfruttamento su grande
POI COS’È SUCCESSO?
scala. Per la seconda decade del XX secolo, il petrolio fa già parte dell’economia venezuelana. L’attività petrolifera sostituì completamente tutto quello relazionato con l’utilizzo degli spazi agrari per la conformazione di sistemi agricoli; motivando l’esodo rurale ed originando i movimenti migratori nei quali la popolazione cercava migliori lavori e migliori condizioni, soprattutto grazie
alla crisi economica e la disattenzione da parte dello Stato. Il boom petrolifero generò rapidi processi di urbanizzazione, all’inizio concentrati sui principali campi petroliferi, e dopo estendendosi ad altre regioni del paese. Da questo momento il Venezuela passa a dipendere da un’economia d’importazione e le attività agricole perdono la sua priorità.
OGGI 52
Verso la fine della decade degli anni ’50, il grande sviluppo del petrolio in Venezuela, creò un notevole esodo dalle campagne verso le grandi città e, soprattutto, verso Caracas. Adesso si stima che approssimativamente il 92% dei venezuelani vive nei centri urbani, mentre appena l’8% vive e lavora in zone rurali.
All’inizio, tale situazione avrebbe indotto gli ingenui e neofiti a credere che i benefici del petrolio e gli enormi guadagni provenienti da tale settore, avrebbero contribuito a rendere sostenibile lo sviluppo del Paese e quindi garantito il positivo andamento del resto delle attività venezuelane. Tale premessa è ben distante dalla realtà. Per quanto riguarda l’attività agricola, ad esempio, l’insicurezza alimentare nel Paese è andata in crescita durante gli ultimi dieci anni e le cifre evidenziano un´eccessiva dipendenza dagli alimenti importati per circa un 80%.
È persino paradossale la vulnerabilità e noncuranza del sistema produttivo alimentare, pur avendo ottime condizioni geografiche nel Paese. Il Venezuela possiede circa 35 milioni di ettari disponibili per uso agricolo, dei quali 7,3 milioni idonei per l’agricoltura vegetale, 18,4 milioni per allevamenti di bestiame ed i restanti 9,3 milioni atti per la produzione mista vegetale-animale. In pratica, l’uso reale del territorio per l’agricoltura è inferiore al 30%. Tra i 20 principali prodotti coltivati nell´ambito dell’attività agricola venezuelana figurano: canna da zucchero, banane, granturco, riso, arance, tabacco, cacao e caffè.
poiché tali specie d’ortaggi contribuiscono a circa il 3,5% del valore generato dal settore agricolo, ed il sociale, perché ci troviamo di fronte ad un’attività intensiva con la possibilità di essere realizzata durante tutto l’anno, costituendo così una fonte stabile di impiego di mano d’opera. In pratica tutto il territorio venezuelano è utilizzato per lo sviluppo dell’attività relativa agli ortaggi ma, senza dubbio, esistono regioni che per questioni climatiche e condizioni adeguate sono le più idonee per certi tipi di coltivazioni. Così, vediamo che stati come Lara, Yaracuy e Portuguesa, contribuiscono con oltre l’80% della produzione di cipolla, peperone e pomodoro.
A questi si sommano il latte, la carne, la “yuca”, l’ananas, le patate, le cipolle, i meloni, le carote, le noci di cocco, le angurie e i prodotti avicoli. L’importanza del settore degli ortaggi, invece, può essere definita da due fattori: l’economico,
D’altro canto, Tachira, Merida e Trujillo -che sono Stati atti per la produzione d’ortaggi di clima freddo-, apportano attorno al 60% di legumi come patate, aglio, carote, verze e altri ortaggi in foglie. Guarico e Cojedes, allo stesso modo, sono
53 responsabili per una parte percentuale della produzione di cipolla e pomodoro ad uso industriale. Le regioni: Aragua, Carabobo e Miranda, per le loro proprietà climatiche da fredde a temperate, apportano una importante quota di ortaggi come: patate, pomodori, carote e tipi di ortaggi a foglie. Per quanto riguarda la produzione totale, durante il 2003, quella degli ortaggi è stata di U$189.170 milioni, cifra che successivamente, per il 2004, è calata lievemente, stabilendosi in
U$ 184.220 milioni. [Globus – Camera di Commercio]
Anni fa, l’attività frutticola rappresentava circa il 34% delle esportazioni totali del settore agricolo. La situazione si sosteneva attraverso gli incentivi statali alle esportazioni, all’incremento mondiale di richiesta della frutta tropicale nonché ai diversi accordi commerciali che favorivano lo scambio e la vendita di una parte della produzione locale. Negli ultimi anni, le coltivazioni della maggior
parte della produzione nel Paese sono rappresentate dall’ananas, il “platano”, la banana, il melone e la“lechosa” (conosciuta in altri paesi latinoamericani come “papaya”). Per quanto riguarda la produzione totale, nel 2003 la produzione di frutta ha registrato un ammontare di U$ 328.376 milioni, cifra che, come avvenne nel settore degli ortaggi, ha registrato un calo nel 2004, quando la produzione si è stabilita intorno ai U$ 309.028 milioni. [Globus – Camera di Commercio]
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IMPORTAZIONI
Durante gli ultimi 20 anni, l’autonomia dei rifornimenti alimentari è stata al di sotto del 58%, cifra che permette di comprendere l’insufficienza del sistema di produzione agricolo del Venezuela e di conseguenza, la dipendenza dai mercati stranieri. Da tanti anni, nel Pese si importano circa il 70% degli alimenti che si consumano o, come minimo, alcuni dei componenti necessari per la relativa produzione. Dal 1999 al 2002, il Venezuela ha registrato un incremento delle proprie importazioni del 140%, mentre parallelamente il consumo interno rivela un calo sostanziale. Ogni anno il Paese produce una minore quantità di alimentari, esporta in minori quantità e le importazioni raggiungono quindi cifre storiche.
ESPORTAZIONI
Ramon Lampage Photography
Secondo i dati ufficiali, le esportazioni dei prodotti non tradizionali in Venezuela durante l’anno 2004 hanno registrato un incremento del 81,40%. Di tale sorprendente recupero dell’attività esportatrice, il settore degli alimentari e bevande ha rappresentato soltanto il 3%, che in termini di capitale si traduce in U$ 222 milioni. [Globus – Camera di Commercio]
55 Risulta quasi incongruente il basso tasso di esportazioni agricole vegetali che realizza il Paese, in quanto esistono aree adeguate allo sfruttamento e coltivazione di un’ampia gamma di specie. Il motivo di tale particolarità si centra sugli scarsi investimenti nel settore, sull’incapacità produttiva - tanto in termini di qualità che di quantità dell’industria locale, sulla carenza di tecnologie di punta e di norme che stabiliscono la qualità del prodotto, tutti fattori che incidono negativamente in una maggiore partecipazione del Venezuela nei mercati internazionali.
LA RIVOLUZIONE BOLIVARIANA Oggi, l’agricoltura in Venezuela si caratterizza per l’inefficienza e il basso investimento, con un 3% dei proprietari agricoli che possiedono il 70% della terra agricola, uno dei livelli di concentrazione di terre più alto in America Latina.
[Venezuela: the promise of land for the people - Maurice Lemoine]
D’accordo con la Riforma Agricola del 2001, le terre pubbliche o private
considerate illegali o non produttive devono essere ridistribuite. Dal 1999 al 2006, 130 lavoratori agrari furono assassinati da sicari pagati da oppositori della riforma. Nel gennaio del 2009, il governo venezuelano ridistribuì quasi 2.7 milioni di ettari di terreni a famiglie campagnole che ne erano prive. [The Venezuelan Effort to Build a New Food and Agriculture System - Christina Schiavoni e William Camacaro]
Una nuova missione Bolivariana, “Misión Vuelta al Campo” fu annunciata nel 2005, cercando di incoraggiare i venezuelani impoveriti e disoccupati a ritornare al campo all’agricoltura per ricevere terre produttive. Il governo di Chávez spera che, con l’aumento dell’agricoltura su piccola scala aumentino anche le opportunità economiche dei poveri e la sicurezza alimentare del Venezuela. Questo ha implicato la presa di terre di proprietari privati nelle quali la proprietà non potesse essere dimostrata, così come la nazionalizzazione. Per esempio, nel 2008 il governo espropriò El Frío, una superficie di 63.000 ettari in Apure, perché i suoi proprietari non poterono
dimostrare un titolo legale di proprietà. [Venezuelan
Government Turns Large Estates Into Socialist Production Centers - Tamara Pearson]
Allo stesso modo, il governo venezuelano ha assunto esperti stranieri per sviluppare il potenziale agricolo dal Venezuela, lavorando, per esempio, con agronomi vietnamiti per portare a termine tecniche di piantagione di ibridi di semi di riso appropriati per le condizioni agricole del paese. Il programma della riforma agraria è stato molto criticato, soprattutto da parte di differenti agricoltori che sostengono di non ricevere sufficiente appoggio da parte del governo, particolarmente nel caso dei residenti urbani trasferitosi al campo per sviluppare cooperative agricole. [In Venezuela, Land Redistribution Program Backfires – Juan Forero]
Tuttavia, nel 2008, il Venezuela era autosufficiente nella produzione dei suoi due più importanti grani, mais e riso, con un incremento del 132% del primo, e 71-94% del secondo (dal 1998). Il paese raggiunse anche l’autosufficienza in carne di maiale, rappresentando un incremento nella produzione di quasi 77% (dal 1988). A parte questo, è
56 in direzione di raggiungere l’autosufficienza in un gran numero di importanti prodotti alimentari, includendo la carne di vitello, pollo e uova, le cui produzioni domestiche raggiungono rispettivamente il 70%, 85% e 80% della domanda nazionale. La produzione di latte si è incrementata del 900%, soddisfacendo il 55% della domanda nazionale. La produzione di altre
Ramon Lampage Photography
coltivazioni ha visto anche aumenti significativi durante l’ultima decade, includendo fagioli neri( 143%), radici (115%), e girasoli per produrre olio da cucina (125%). Un’ampliazione della “Misión Vuelta al Campo” si creò più avanti, e venne chiamata “Gran Misión Agro Venezuela” e aveva come funzione il promuovere la produzione nazionale e
l’attività agraria nel paese. Però, una gran quantità di deputati e parlamentari venezuelani manifestò il suo rifiuto, affermando più avanti il fallimento della Misión grazie all’approvazione, da parte del Presidente della Repubblica, di quasi 4.000 milioni di dollari per l’importazione di alimenti. [Venezuelan Government Takes Control of Rice Plants that Evade Regulated Prices – James Suggett]
DO MA NI ...
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In questo periodo è risaputo che il sistema agricolo e alimentario del Venezuela affronterà sfide opprimenti nelle prossime decadi, tale la crescita demografica, l’esaurimento delle risorse naturali, la degradazione ecologica, il cambiamento climatico, la scalata dei costi energetici e, soprattutto, la crisi economica. Queste sfide devono prendersi, per quanto sia possibile, come opportunità per riconsiderare e ridisegnare il sistema alimentario. L’agricoltura, in generale, sta passando da un processo nel quale la sua elasticità dentro il settore economico e sociale può offrire opportunità affinché agricoltori e consumatori si uniscano come “cittadini alimentari” e decidano i cambiamenti adeguati nel sistema alimentario. La tecnologia, il commercio e l’aiuto si manterranno come strumenti utili nella gestione del nuovo futuro alimentario mondiale, ma questi strumenti dovranno essere utilizzati in un nuovo contesto, in cui la gente possa compromettersi con la propria comunità, concetto che oggi, spesso, si definisce come ‘giustizia alimentaria, democrazia alimentaria o sovranità alimentaria.’ Esempi attuali dimostrano che la chiave del futuro dell’agricoltura ecologica sta nell’affidare l’agricoltura su piccola scala invece che su quella industrializzata. In funzione della quantità di sfide
che affronta l’attuale sistema alimentario venezuelano, aumenta la preoccupazione dei consumatori e le richieste di nuovi cambiamenti nella forma di produzione e gestione degli alimenti. Si è nella fase critica in cui i richiami sociali in pro di un’agricoltura che combini comportamento sociale, economico ed ecologico possono dare avvio a nuovi cambiamenti, per raggiungere il grado di elasticità che garantisca la sicurezza alimentaria del futuro e che tutte le persone abbiano accesso ad un alimento economico, sano, e adeguato. Mondialmente, l’agricoltura sta passando per un processo nel quale la visione di quello che implica essere agricoltore è molto più vicino al paradigma agroecologico e comunitario di produzione alimentare che al sistema industriale di consumo della seconda metà del secolo scorso. Questi nuovi agricoltori, insieme ai consumatori, stanno evolvendo rapidamente verso una comunità di ‘cittadini alimentari’ il cui obiettivo è creare il nuovo futuro alimentario che esigono queste sfide.
58 Infatti, il futuro dell’agricoltura può essere più dentro il contesto urbano che del rurale. In questo modo vediamo come sempre più piccole e grandi città del mondo si sommano al movimento dell’agricoltura urbana e periurbana che si sviluppa dentro i limiti o nei paraggi delle città, proporzionando innumerabili servizi ecologici. La rapida crescita di questa “nuova agricoltura” si deve in parte alla sua adattabilità e mobilità con rispetto all’agricoltura rurale. Man mano che le città si espandono fisicamente, le frontiere tra attività urbane, periurbane e rurali svaniscono e si confondono, creando così opportunità e rischi. La sua grande praticità consiste nel fatto che la terra usata può essere privata, balconi, pareti o soffitti di edifici, strade pubbliche, o persino i bordi dei fiumi. Nel 2003, il Venezuela, supportato dalla FAO (Food and Agriculture Organization), iniziò un gran esperimento di agricoltura urbana. Il governo installò 4000 micro-orti in villaggi poveri di Caracas e 20 cooperative orticole dentro e fuori la città. Il progetto consisteva in far
sì che i prodotti che prima erano portati da terre lontane o importati da qualche paese vicino crescessero a pochi passi della cucina familiare. Ogni micro-orto sarebbe stato formato da strutture in legno di un metro quadrato, piene di colture e alimentate ogni giorno con soluzioni nutrienti. Ogni struttura avrebbe potuto produrre all’incirca 330 lattughe, 18Kg di pomodori o 16Kg di cavoli per anno, in multipli raccolti. Il governo stabilì anche 21 ettari di giardini di verdure, gestiti da piccole cooperative, generando lavori e somministrando prodotti freschi per i consumatori. [Caracas, Venezuela Embraces City Gardening for Improved Nutrition, Jobs Michael Levenston] Il caso più famoso di questo progetto è stato la coltivazione Bolivar 1, situata tra edifici e commerci importanti nel centro di Caracas, nel quale si fece un investimento milionario per trasformare 4856 metri quadrati in un’area produttiva nella quale avrebbe lavorato una cooperativa di solo 7 persone. Oggigiorno, questo progetto si trova in stato di abbandono. Il suo fallimento si deve non solo alla scarsa gestione da parte del governo nazionale, ma anche
alle carenze del progetto dalle fasi di pianificazione. In una città come Caracas, e con una società come quella venezuelana, l’implementazione di orti urbani deve essere completata con altri dotazioni urbane (abitazioni, commerci, centri educativi, ecc.), che sostentino ed assicurino la produttività e la vita del progetto. Un orto urbano non potrà mai sostentarsi da solo. Tuttavia, è sicuro che l’agricoltura urbana può contribuire alla sicurezza alimentare in molte forme: aumenta la quantità di alimenti disponibili per i poveri delle zone urbane e aumenta il grado di freschezza degli alimenti che arrivano ai consumatori urbani, incrementando la varietà generale e il valore nutritivo degli alimenti disponibili e, inoltre, offre opportunità di lavoro produttivo. La produzione orticola intensiva in zone urbane del Venezuela, per esempio, potrebbe implementare manodopera locale e produrre prodotti di alta qualità che prevedibilmente genererebbero redditi e prestazioni ragionevoli.
Cultivos Organopónicos “Bolívar 1” Caracas, Venezuela Foto: Maiquel Torcatt / AVN
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PRIMA
DOPO
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Agro Housing & Urban Farming
vantaggi - svantaggi tecnologie indoor vertical farm - casi studio
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Agro Housing & Urban Farming Contenuto
URBAN FARMING: L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
• Grow some food. It’s good: cos’è l’urban farming? • I piccoli produttori sfamano il mondo • Che cosa vuol dire filiera lunga? • Che cosa vuol dire filiera corta? • Sovranità alimentare • Scopi dell’urban farming • Mappa mondiale dell’agricoltura urbana
AGRO-HOUSING
• Descrizione • Vantaggi dell’agro-housing a Caracas • Perché interesserebbe ad una città come Caracas adottare le idee dell’agro-housing?
LA VERTICAL FARM
• Cos’è una vertical farm? • Vantaggi effettivi di una vertical farm • Colture idroponiche e aeroponiche • Regole per una vertical farm • Cosa si può coltivare in una vertical farm?
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Urban Farming: Agricoltura Sostenibile
L’avanzamento della città costruita, togliendo spazio al paesaggio rurale, è un processo che si riversa sulla sensibilità dei cittadini metropolitani che, sempre più, sentono il bisogno di appropriarsi di spazi sfuggiti all’edificazione. Agricoltura e aree verdi diventano una necessità sociale e fisica aumentando la biodiversità. Oggi, in tante città del mondo, la rete di orti e giardini, comunali e privati, strutturati o informali, continua a crescere. Diverse sono le modalità con cui l’agricoltura prende parte al contesto urbano. L’agricoltura urbana nasce, allora, dal bisogno di coltivare, trasformare e distribuire il cibo all’interno di contesti urbanizzati o peri-urbani, come città o villaggi, prevedendo anche l’allevamento di animali, l’acquacultura, le pratiche agro-forestali e l’orticoltura.
Come abbiamo già visto, questo tipo di attività agricola contribuisce alla sicurezza alimentare e all’igiene in due modi: innanzitutto, incrementando la disponibilità di cibo per gli abitanti della città; inoltre, mettendo ortaggi, frutta, e carne, a disposizione dei consumatori urbani. Così, vediamo come l’agricoltura urbana in edifici appositamente progettati e costruiti permette di coltivare qualunque cibo di cui abbiamo bisogno senza l’applicazione di tecnologie basate sul suolo. Questo, probabilmente, è il fondamento su cui si baserà l’agricoltura di domani. Ci sono molte nuove modalità per produrre cibo sempre più indoor, e sono più di tutti i tipi di sistema di produzione alimentare urbana possibile. Si chiama Agricoltura in Ambiente Controllato al Coperto. L’alta tecnologia agricola in serra è già utilizzata in molti luoghi di tutto il mondo, soprattutto in Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Germania, Inghilterra, Australia, Canada e negli Stati Uniti.
Colture idroponiche, aeroponiche e metodi di irrigazione a goccia sono migliorati notevolmente negli ultimi dieci anni, fino al punto di rivoluzionare il modo in cui siamo in grado di produrre colture al coperto. L’unico elemento mancante è l’urbanizzazione del concetto. Per progettare serre da un ingombro orizzontale ad uno verticale, è necessario rendere realtà tutti questi concetti fino ad ora soltanto teorici. La combinazione di tutte queste strategie che attualmente sono applicate, permetterà alla Caracas del futuro di creare un nuovo ecosistema funzionale con due eccellenti qualità: la bioproduttività e zero rifiuti.
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PUÒ UNA CITTÀ PRODURRE LA MAGGIOR PARTE DEL CIBO DI CUI HA BISOGNO E RICICLARE LA MAGGIOR PARTE O TUTTI I SUOI STESSI RIFIUTI? PROBABILMENTE, LA RISPOSTA È SÌ.
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GROW SOME FOOD. IT’S GOOD. Le opportunità di un’agricoltura sostenibile: biodiversità, sovranità alimentare, sicurezza. E il ruolo decisivo è dei piccoli agricoltori
tutto l’anno e garantiscono una maggiore flessibilità verso eventi climatici estremi. Infine, i piccoli produttori forniscono più della metà del cibo prodotto nel mondo.
Tutelare il suolo e il diritto al cibo, per tutti: i consumatori di tutto il mondo possono decidere quale tipo di modello agricolo sostenere, a partire dai gesti quotidiani. Il risultato è globale.
L’agricoltura “sostenibile” è quella che integra tre obiettivi principali: tutela ambientale, redditività economica, equità sociale ed economica. Più in generale, l’approccio dell’agricoltura sostenibile prevede la capacita degli agricoltori, in particolare i piccoli produttori e le loro famiglie, di accedere e possedere “le risorse produttive, come la terra, l’acqua, boschi, pascoli, i geni e i semi”, e di utilizzarli per garantirsi sostentamento, crescita e sviluppo con il supporto di metodi e tecnologie economicamente, socialmente e ambientalmente appropriate.
L’approccio dell’agricoltura urbana prevede la capacità dei piccoli produttori agricoli di accedere e possedere le risorse produttive e di utilizzarle per garantirsi sostentamento. L’agricoltura urbana e sostenibile può mitigare i cambiamenti climatici riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e dal fabbisogno energetico, riducendo l’uso di fertilizzanti azotati. Pratiche come la rotazione delle colture aumentano la disponibilità di cibo durante
Un approccio siffatto incrementa il potere delle comunità agricole per aumentare il proprio reddito e rivendicare il controllo dei sistemi di produzione,
compresa la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. L’agricoltura sostenibile si riferisce alla capacità delle aziende agricole di produrre cibo senza danneggiare i terreni, gli ecosistemi e il “capitale umano”, e riducendo (o eliminando) la dipendenza da fattori esterni, quali fertilizzanti e pesticidi chimici. Questo tipo di agricoltura può mitigare i cambiamenti climatici riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e dal fabbisogno energetico, in particolare riducendo l’uso di fertilizzanti azotati. Delle emissioni globali di origine antropica, nel 2005, circa il 58% di ossido di azoto e circa il 47% del metano (i quali hanno un decisivo impatto sul riscaldamento globale della CO2) proveniva dall’agricoltura [Food We Want: Sustainable, Local, Fair]. Le emissioni di protossido d’azoto provenienti
67 dall’agricoltura sono principalmente associate a fertilizzanti azotati e applicazioni di letame, che come fertilizzanti sono spesso applicati in eccesso e non completamente utilizzati dalle colture. La digestione fermentativa da ruminanti contribuisce alle emissioni di metano agricole, così come la coltivazione del riso quando i campi vengono allagati. L’agricoltura industriale è anche fortemente dipendente dai combustibili fossili. La fabbricazione e la distribuzione di fertilizzanti sintetici contribuisce una notevole quantità di emissioni di gas serra, tra il 0,6-1,2% del totale mondiale. Questo perché la produzione di fertilizzanti richiede molta energia con conseguente emissione di anidride carbonica, mentre la produzione di nitrato genera anche protossido di azoto. La FAO sottolinea che l’agricoltura biologica riduce le emissioni di biossido di carbonio del 48-60%, e il fabbisogno energetico del 25-50% rispetto all’agricoltura convenzionale. Pratiche come il compostaggio inoltre contribuiscono a “sequestrare” l’anidride carbonica nel suolo e ad aumentare la sostanza organica del suolo.
Inoltre la forestazione e la vegetazione, fortemente alimentate dall’agricoltura sostenibile, aiutano a mitigare le emissioni di biossido di carbonio. L’agricoltura urbana migliora la “resilienza”, ovvero la capacità di adattarsi alle crisi climatiche. Pratiche come la rotazione delle colture aumentano la disponibilità di cibo durante tutto l’anno, la diversità nella produzione di cibo e sementi e una maggiore flessibilità verso eventi climatici estremi. I piccoli produttori sfamano il mondo: Tre quarti dei poveri e il 70% del mondo delle persone che soffrono la fame vive in comunità rurali dove l’agricoltura su piccola scala e sostentamento e fonte di cibo. I piccoli produttori forniscono più della meta del cibo prodotto nel mondo. Essi contribuiscono per oltre il 90% alla produzione agricola dell’Africa, e della maggior parte del mais, fagioli e patate per il consumo interno in America Latina. Secondo i dati di Action Aid, circa 2,5 miliardi di persone nei Paesi poveri vivono direttamente di agricoltura. Le donne sono la stragrande maggioranza della forza lavoro agricola e producono la maggior parte del cibo che
si consuma localmente. Di circa 525 milioni di aziende agricole in tutto il mondo, circa 404 milioni sono aziende agricole di piccole dimensioni con due ettari di terreno o meno [Food We Want: Sustainable, Local, Fair]. Che cosa vuol dire filiera lunga? L’intermediazione tra produttore agricolo e consumatore finale può essere molto vasta, e coinvolgere numerosi attori (grossisti, Borse internazionali, multinazionali alimentari, grandi catene distributive…). A ogni passaggio il valore del prodotto si trasferisce dal produttore agli altri anelli della catena. Il risultato è la non sostenibilità economica per i piccoli produttori, ma molto spesso anche un vero e proprio sfruttamento. La ricerca di profitto lungo tutta la catena sta alla base del sistema produttivo basato sull’agricoltura intensiva, sul commercio internazionale, sulla mancata tutela dell’ambiente. Per aumentare il profitto, infine, si riduce anche la qualità dei prodotti stessi, a scapito del consumatore, che paga la maggior parte del prezzo per finanziare campagne pubblicitarie e marketing. Che cosa vuol dire filiera corta? La riduzione di passaggi
68 tra produttore agricolo e consumatore finale porta notevoli vantaggi. A parità di prezzo, lascia la maggior parte del valore nelle mani del produttore, che così può vedersi garantita sostenibilità economica e diritti. La relazione diretta produttore-consumatore aumenta la fiducia dell’uno con l’altro, garantendo qualità dei prodotti e rispetto degli accordi. La filiera corta riduce anche l’impatto sull’ambiente, perché presuppone minori spostamenti, minori sprechi, più rispetto per la biodiversità e la sovranità alimentare.
locali e nazionali; promuove un commercio trasparente che garantisca redditi equi a tutte le persone così come il diritto dei consumatori al controllo della propria nutrizione. Assicura che i diritti d’uso e gestione di terre, territori, acque, semi, mandrie e biodiversità siano nelle mani di coloro che producono il cibo. Infine, la sovranità alimentare “implica nuove relazioni sociali libere da oppressione e ineguaglianze fra uomini e donne, popoli, gruppi etnici, classi economiche e generazioni”.
Sovranità alimentare: “La Sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto a definire i propri sistemi agricoli e alimentari”: è la definizione di “sovranità alimentare” emersa nel Forum di Nyeleni del 2007 (Mali).
In tutto il mondo si stanno sviluppando forme di distribuzione di prodotti alimentari alternative a quelle che conosciamo (supermercati e centri commerciali). Alla ricerca di migliori prodotti a costi contenuti, gruppi di cittadini si mettono insieme per rivolgersi a produttori agricoli della zona dove abitano, per acquistarne la merce. Questi gruppi privilegiano l’agricoltura di prossimità e quella biologica, oppure anche le esperienze di agricoltura sociale. Il meccanismo sovverte quello della filiera tradizionale: consumatori e produttori si accordano sulla tipologia e sulla quantità di alimenti, stabiliscono preventivamente un prezzo e garantiscono anche un prefinanziamento
La sovranità alimentare offre una strategia di resistenza e smantellamento rispetto all’attuale regime commerciale alimentare sostenuto dalle corporazioni e un orientamento per i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca definiti dai produttori e utilizzatori locali. Inoltre, riconosce priorità a economie e mercati
al produttore. Le modalità di distribuzione infine sono partecipate e meno impattanti sull’ambiente. In conclusione, attraverso questa tesi, si vuole adottare l’agricoltura urbana come via sostenibile per raggiungere i seguenti scopi: 1. Privilegiare l’autoproduzione, il recupero, il riuso 2. Evitare gli sprechi 3. Evitare gli imballaggi 4. I criteri con cui comprare: biologico, filiera corta, il Km0, biodiversità, il cibo “sociale” 5. Frequentare gli orti condivisi 6. Privilegiare la vendita diretta, i mercati contadini 7. Scegliere il commercio equo e solidale
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THINK GLOBAL EAT LOCAL
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BlackStone Market: Questo nuovo edificio di Boston contiene un mercato al piano terreno che rappresenta un’alta percentuale di produzione di cibo per il distritto 9 della città, con negozi e ristoranti, una fattoria sul tetto, e 50 unità residenziali.
Public Farm 1: Progetto di produzione e riqualificazione comunitaria creato dal MoMa a New York, con lo scopo di promuovere l’agricoltura urbana dentro la città e riutilizzare spazi morti.
Seeds: Progetto sviluppato dall’Università di San Diego per la creazione di nuovi e innovativi modi di produzione di cibo. Horta Urbana: Progetto che si basa sulla produzione comunitaria su piccola scala nelle favelas del sud del Brasile.
URBAN AGRICULTURE MAP 71
Progetto di commercio di cibo
Miraorti: Progetto nato in occasione della riqualificazione urbanistico-ambientale dell’area compresa tra il torrente Sangone e il quartiere di Mirafiori sud a Torino. Un modo per affrontare le trasformazioni contemporanee attraverso un approccio relazionale.
Progetto di produzione innovativa Progetto di produzione comunitaria Volontari che cercano progetti Questa mappa mostra l’ubicazione di alcuni progetti di agricoltura urbana che oggi si sviluppano intorno al mondo. [farmingthecity.net]
tur(i)ntogreen: Concorso internazionale di studenti di design creato dal Politecnico di Torino e il CRD-PVS per lo sviluppo di progetti di riqualificazione urbana in un area dismessa della FIAT Mirafiori (Torino), basandosi sull’urban farming e agrohousing.
Eats, Shoots & Roots: Progetto basato sullo sviluppo di programmi comunitari per la creazione di giardini educativi e didattici.
L’agricoltura urbana porta molti benefici alle comunità in via di sviluppo: migliore accesso ad un cibo sano, creazione di nuovi posti di lavoro e la riqualificazione urbana.
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Agro Housing
Per sfamare una popolazione in costante e vertiginosa crescita, con 9 miliardi di individui attesi al 2050, ora siamo a quota 7 miliardi, bisogna puntare su modelli agricoli sostenibili, diffusi su larga scala e fondati su agricoltura biologica e biodinamica, autoproduzione, biodiversità agroalimentare. Riuscire a produrre cibo anche negli ambienti urbani, laddove vive la maggior parte della popolazione, è sicuramente la sfida più ambiziosa per un’agricoltura a basso impatto, che si affidi ad una filiera ultracorta, facilmente gestibile e controllabile dai cittadini stessi. Un ritorno alla terra in città che nasce da diverse esigenze: la voglia di ristabilire un contatto con la natura, il desiderio di mangiare bio e di fare attività fisica all’aria aperta ed ultimo fattore, ma non certo
in ordine d’importanza, la necessità di risparmiare sui costi, sempre più proibitivi, di frutta e verdura di qualità. Nei prossimi anni, secondo le proiezioni, oltre il 90% dei venezuelani si sposterà infatti nelle città, nonostante i piani del governo per motivare la vita in campagna. I nuovi arrivati avranno bisogno di assistenza, di cibo, di una qualità della vita accettabile, di lavoro. Ma le città, specificamente Caracas, sono pronte a sostenere un afflusso simile? Decisamente no.
Vantaggi dell’Agro-Housing a Caracas:
L’Agro-Housing cerca di risolvere questo problema con condomini che alternano la presenza di serre agli appartamenti, garantendo agli inquilini la possibilità di autoprodursi il cibo e dunque il sostentamento, ma anche la possibilità di venderlo, fornendo dunque un reddito sicuro o un’integrazione al reddito da altri lavori.
• Flessibilità nelle ore di lavoro. Indipendenza
Il concetto di Agro-Housing presenta una visione urbana e sociale in grado di risolvere alcune problematiche di quell’urbanizzazione caotica, creando una nuova città. Diventando così un nuovo modello urbano che contribuisce alla conservazione di alcune tradizioni della comunità venezuelana sradicate dai processi di migrazione rurale.
• Creazione di condizioni residenziali sostenibili, riducendo i livelli di inquinamento dell’aria
• Autoproduzione di cibo per gli inquilini e le comunità residenti • Produzione di cibo organico e sano, libero di malattie e fertilizzanti • Abbondanza di colture per auto-consumazione e per vendere ai vicini • Non ci vogliono abilità speciali per operare una serra
• Creazione di un reddito extra e nuovi lavori per gli abitanti dell’edificio • Creazione di un senso di comunità tra i vicini • Preservazione di una parte delle tradizioni rurali
• Miglioramento del microclima dell’edificio e riduzione dell’uso di energia per raffreddarlo • Possibilità di riciclare le acque grigie e l’acqua piovana per le colture
73 Perché interesserebbe ad una città come Caracas adottare le idee dell’AgroHousing? • Perché permette la crescita della città con meno investimenti di infrastruttura e sistemi di trasporto pubblico • Perché crea nuovi lavori dentro i quartieri e motiva l’indipendenza dei cittadini • Perché aiuta a sviluppare un senso di attenzione per quanto riguarda la sostenibilità e i suoi benefici • Perché contribuisce alla preservazione ambientale • Perché permette la riduzione dell’uso di energia e acqua • Perché motiva l’indipendenza economica delle città e migliora la qualità di vita urbana • Perché riduce il traffico e gli spazi commerciali necessari per spostare e vendere i prodotti Tuttavia, in una città come Caracas, per soddisfare le richieste di residenza e sfruttare al meglio le restanti aree urbane, si dovrà sviluppare un progetto in verticale. In questo modo, si diffonde l’idea di inserire nel tessuto urbano una vertical farm (a parte le residenze) come possibile soluzione alle problematiche di produzione di cibo nella città, ridurre l’incidenza negativa sull’ambiente e migliorare la qualità di vita dei cittadini.
Agro-Housing in Cina Knafo Klimor Architects
THE ONLY WAY IS UP. VERTICAL FARMING.
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per soddisfare le esigenze delle nostre colture e non necessariamente la nostra. Nonostante, il fatto che attualmente non esistono vertical farm, alcune nozioni generali possono essere stabilite in anticipo, e si applicano a qualsiasi edificio.
Nella loro configurazione più completa, le vertical farm consistono in un complesso di edifici costruiti in stretta vicinanza gli uni agli altri. Esse comprendono: un edificio per la crescita degli alimenti, uffici per la gestione, uno per il controllo, un centro per il monitoraggio del funzionamento complessivo della struttura, un vivaio per la selezione e la germinazione dei semi; un laboratorio per il controllo della qualità, un laboratorio per monitorare la sicurezza alimentare, uno per monitorare le malattie delle piante, un centro ecoeducazional-turistico per il grande pubblico, un mercato verde, e infine un ristorante.
L’agricoltura sarà ospitata in un edificio adiacente ma separato senza connessione fisica per garantire la sicurezza per le piante. “La forma segue la funzione” è il principale deterrente per la vita sulla terra. L’ambiente seleziona gli esemplari che ad ogni livello meglio seguono questa “regola d’oro” della natura, fino alla forma e la modalità d’azione delle molecole di cui siamo fatti. Lo stesso principio si deve seguire quando si progetta per noi stessi. Quando si pianifica una vertical farm, architetti e ingegneri devono essere guidati da questo concetto fondamentale, in quanto essa è costruita
Vantaggi effettivi di una vertical farm:
1. Produzione agricola tutto l’anno 2. Nessun danneggiamento dei raccolti a causa delle condizioni climatiche 3. Nessuno scarico agricolo 4. Ripristino degli ecosistemi 5. Nessun uso di fertilizzanti, pesticidi o erbicidi 6. Uso del 70-95% in meno di acqua 7. Distanze percorse dai cibi notevolmente ridotte 8. Un maggiore controllo della salubrità alimentare e della sicurezza 9. Nuove opportunità di lavoro 10. Depurazione delle acque grigie per acqua potabile 11. Creazione di mangimi per animali dal materiale vegetale post raccolta
75 1. PRODUZIONE AGRICOLA TUTTO L’ANNO Fin dall’inizio dell’agricoltura, la produzione agricola è stata collegata alle stagioni, anche nei climi tropicali. Il periodo dell’anno e le condizioni atmosferiche, insieme al tipo di terreno, determinano il rendimento di una specifica coltura in ogni regione. La mancata produzione del massimo rendimento è tradizionalmente stata associata ad avverse condizioni atmosferiche che arrivano alla fine del periodo della crescita, o sono associati anche alla ridotta o eccessiva quantità di precipitazioni. Il vantaggio di non dover essere preoccupati da condizioni esterne è evidente a tutti. Vuol dire che per un agricoltore è possibile pianificare la crescita di ogni coltura in qualsiasi momento e ovunque. Non solo questa è una strategia migliore, più affidabile e sostenibile per la produzione alimentare, ma permette anche all’agricoltore di prendere vantaggi sugli annunci stagionali dei mercati che possono permettere a una coltura di essere venduta a un prezzo molto più elevato del normale.
2. NESSUN DANNEGGIAMENTO DEI RACCOLTI A CAUSA DELLE CONDIZIONI CLIMATICHE: Gli agricoltori che lavorano al chiuso non devono pregare per avere la pioggia o il sole, o temperature moderate, o qualsiasi altro elemento legato alla produzione delle colture alimentari, perché essi possono controllare tutto: la temperatura e l’umidità, così come la quantità di luce e la densità delle piante. Negli ultimi anni, ci sono stati catastrofici eventi meteorologici su scala globale che hanno definitivamente modificato il modo in cui è prodotto il cibo. Inondazioni, siccità, trombe d’aria, grandine, uragani, cicloni e venti forti sono solo alcuni dei motivi del perché l’agricoltura all’aperto è un’occupazione precaria. 3. NESSUNO SCARICO AGRICOLO: Lo scarico agricolo è essenzialmente prevenibile, tenuto conto del fatto che al fine di massimizzare i rendimenti con produzione delle colture convenzionali all’aperto, quasi tutte le piante richiedono più acqua rispetto alla quantità che ricevono dalla pioggia. Tale deflusso nelle operazioni più avanzate di agricoltura è carico di limo, fertilizzanti,
diserbanti e pesticidi e di solito finisce in qualche fiume nel suo cammino verso l’estuario. Tutti i danni causati dal deflusso possono essere prevenuti con lo spostamento ad una strategia di coltivazione indoor. L’acqua utilizzata per produrre cibo dentro potrebbe anche essere rimessa in circolazione e utilizzata più e più volte, a condizione che i nutrienti siano aggiunti con la stessa velocità con cui sono assorbiti dalle piante coltivate con l’idroponica. 4.RIPRISTINO DEGLI ECOSISTEMI: Se una quantità significativa di agricoltura dovesse avvenire all’interno del paesaggio urbano, l’impronta ecologica del mondo dell’agricoltura sarebbe più piccola. Per la maggior parte delle colture, circa dieci o venti volte la superficie coltivata che serve per crescere al chiuso potrebbe essere convertita in foresta di latifoglie fuori. Questo perché le colture possono essere coltivate tutto l’anno e non ci sarebbero perdite a causa di eventi meteorologici. Su larga scala, il ripristino ambientale è in cima alla lista delle cose che avremmo dovuto fare, ma la maggior parte della gente lo percepisce come un irrealistico obiettivo
76 a causa della quantità di terra; oggigiorno abbiamo invece bisogno di vertical farm, lasciando più terreno disponibile ad un prossimo futuro, data il continuo aumentare della popolazione umana. 5. NESSUN USO DI FERTILIZZANTI, PESTICIDI O ERBICIDI: La vertical farm impiegherà tecnologie idroponiche e aeroponiche configurare all’interno di un edificio sicuro. La progettazione dell’edificio prenderà in considerazione la necessità di tenere fuori gli animali indesiderati, come gli insetti e gli agenti patogeni microbici, che in un ambiente all’aperto sono in grado di soddisfare le loro esigenze nutrizionali. Il tradizionale agricoltore deve contrastare questo attacco sulle colture con una varietà di armi, vale a dire, antiparassitari e diserbanti. Inoltre, i fertilizzanti sono essenziali per ottimizzare le rese delle colture in terreni impoveriti. Al contrario, la vertical farm può utilizzare acqua pura, in cui sarà stato sciolto un insieme di sostanze nutritive attentamente equilibrato per soddisfare le esigenze nutrizionali delle piante. Con l’aggiunta di ulteriori nutrienti di cui hanno
bisogno, si può fare in modo che sia le piante che gli animali (noi) siano in grado di soddisfare entrambe le parti della equazione. Non c’è bisogno di preoccuparsi di contaminare il nostro cibo con elementi come i metalli pesanti, atrazina, diazinone, o patogeni umani quali salmonella. Con una buona strategia di coltivazione in una vertical farm, in cui abbiamo il controllo totale su tutto, sarebbe possibile farlo. 6. USO DEL 70-95% IN MENO DI ACQUA: Oggi, l’agricoltura tradizionale utilizza circa il 70% di tutta l’acqua dolce disponibile sulla terra, e nel farlo inquina il pianeta, rendendolo inutilizzabile per coloro che vivono a valle. In contrasto con questo, le colture idroponiche, e più recentemente aeroponiche, hanno rivoluzionato il modo in cui l’acqua è utilizzata per la coltivazione di piante senza effetti collaterali dannosi come gli scarichi agricoli. Quando questi due metodi sono impiegati in “circuiti chiusi”, o autonomi, una quantità enorme di acqua viene conservata, fino al 95% in alcuni casi. Ma come funzionano questi due sistemi di lavoro? Al contrario delle credenze popolari, le piante non hanno bisogno di terreno, di per
sé. Quello che utilizzano del suolo è una solida base in cui possono diffondere le loro radici. In altre parole, la terra funge da sistema di supporto fisico. E’ per questo che le piante si possono trovare in tutto il mondo, indipendentemente dal tipo di terreno, finché sono abbastanza acqua e sali minerali disciolti, e una fonte di azoto organico non ci sono problemi. A condizione che il tipo di terreno non influenzi negativamente la pianta con l’essere troppo acido o basico, le piante possono crescere quasi ovunque sul pianeta, anche nelle crepe dei marciapiedi o sulle scogliere di montagne. L’idroponica, sviluppata nel 1937 dal Dott. William Frederick Gericke, presso la University of California, è il metodo utilizzato di routine da vivai per ottenere i semi da germinare e germogliare le radici prima di essere trapiantate in qualche forma di terriccio. Il seme di avocado è probabilmente l’esempio più noto di una pianta che può crescere fino a quasi la maturità in un bicchiere di acqua del rubinetto, con niente di più aggiunto tranne ari fresca e luce solare. Il motivo per cui può raggiungere tali caratteristiche avanzate di crescita è perché ha enormi quantità di sostanze
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Colture idroponiche VertiCrop™
78 nutritive immagazzinate nel seme stesso. Tutto ciò di cui ha davvero bisogno per germogliare, e far crescere un gambo e le foglie, è l’acqua. Gli avocado non sono molto diversi d tutte le altre piante, che danno ai loro semi la massima possibilità di sopravvivenza. Tutte le piantine producono piante adulte in grado di portare avanti il mantenimento della specie, dato il clima favorevole. La creazione di una struttura idroponica è in gran parte vincolata dal tipo di coltura che si vuole produrre. La configurazione è di fatti determinata dal sistema radicale della pianta. La parte liquida viene pompata lentamente attraverso uno speciale tubo, generalmente costruito da un materiale plastico come polivinile cloruro (o PVC), anche se non è un requisito che la plastica debba essere utilizzata. Bambù di vario diametro potrebbe anche servire lo scopo abbastanza bene, e visto che è uno dei più facili materiali naturali che conosciamo, il bambù sarebbe idealmente adatto. Inoltre, è molto facile da coltivare. Una volta che la tubazione è impostata, i nutrienti vengono disciolti in acqua e diffusi attraverso le tubazioni, e sono monitorati
elettronicamente per le concentrazioni di ogni elemento e dell’azoto organico. Il risultato è una crescita delle piante uniforme in condizioni ottimali. L’aeroponica, inventata da Richard Stoner nel 1982, è invece un po’ differente. Ci sono infatti piccoli ugelli situati sotto le piante che spruzzano una nebbia carica di nutrienti sulle radici, fornendo loro tutto ciò di cui hanno bisogno. E’ così che si consuma quasi 70% in meno di acqua rispetto all’idroponica, e senza dubbio può considerarsi una tecnica importante nella futura fase di agricoltura controllata. Spesso sorge la domanda: “perché i pomodori che provengono dalle serre non hanno un gusto paragonabile a quelli che crescono nel mio orto?”. La ragione è che da quando è stato possibile far crescere i livelli di produzione commerciale o al chiuso, i coltivatori si sforzano di fare sì che il loro raccolti sembrino essere perfetta all’occhio del consumatore. Hanno ottenuto esattamente questo: pomodori esteticamente perfetti. Tuttavia, un solo morso dimostra che non si può mai giudicare un pomodoro per il suo aspetto.
Studiando le condizioni esterne che producono verdure saporite (ad esempio, il freddo nelle notti, giorni caldi, o brevi periodi di siccità), si è concluso che lo stress era necessario per fare in modo di ottenere “flavonoidi” (molecole organiche complesse specifico per le piante). Queste molecole sono l’essenza che nella maggior parte delle verdure ne determina il sapore e l’aroma. Inoltre, limitando l’acqua ad una pianta aumenta il tenore di zucchero, aumentando il sapore ancora di più. Oggi, molti coltivatori indoor hanno preso vantaggio da queste informazioni e ora producono le migliori varietà di verdure sul mercato. 7. DISTANZE PERCORSE DAI CIBI NOTEVOLMENTE RIDOTTE: C’è qualcosa di rassicurante nella frase “cresciuto in casa”, e può essere riferito a qualsiasi ambito, soprattutto al cibo. Quello locale è migliore perché sappiamo da dove è venuto. La vertical farm è un concetto di quartiere formulato in termini futuristici, ma con un intento molto casalingo. La vertical farm risiederà dentro i confini della città e così facendo creerà una fonte locale sostenibile della produzione della città di Caracas che farà trovare
79 senza dubbio spazio anche a ristoranti, scuole, caffetterie e appartamenti. I prodotti verranno prelevati appena raggiunta la manutenzione, non saranno mai congelati o refrigerati. Il contenuto sarà conosciuto fino all’ultimo atomo di ciascun elemento. Idealmente, sarà tutto venduto alla fine del giorno. La quantità di viaggio tra il pomodoro e la cucina sarà misurato in piani di un edificio, non in chilometri. 8. UN MAGGIORE CONTROLLO DELLA SALUBRITÀ ALIMENTARE E DELLA SICUREZZA: La vertical farm, indipendentemente dalla configurazione, dovrebbe essere costruita in modo da escludere gli impianti dei più noti artropodi parassiti e patogeni microbici, utilizzando gli stessi principi che vengono applicati alla progettazione e costruzione di unità di terapia intensiva per gli ospedali. La medicina da barriera è stata sviluppata con successo nel corso degli ultimi cento anni, da quando siamo venuti a conoscenza di microbi patogeni e delle loro caratteristiche. Questo approccio consentirà alla vertical farm di operare esente da parassiti e da
organismi patogeni per la grande maggioranza del tempo. La prevenzione è fondamentale. Di fatti, combattere una malattia invasiva provocata da insetti o parassiti è costoso, richiede tempo, e spesso è inefficiente. Una vertical farm sarebbe impraticabile se dovesse chiudere ogni sei settimane o giù di lì per respingere un focolaio di qualcosa come mosche bianche, un comune visitatore di serre. Una volta dentro, questo piccolo parassita sarebbe in grado di ridurre la redditività in alcune settimane, e dovrebbe essere affrontato prima di riprendere la produzione. I lavoratori in allevamenti verticali dovranno, inoltre, essere sottoposti a screening per alcuni gruppi di infezioni da parassiti che potrebbero essere diffusi tra di loro. 9. NUOVE OPPORTUNITÀ DI LAVORO: L’avvenimento delle vertical farm creerà nuove numerose opportunità su molti livelli. I comuni le utilizzeranno per riabilitare spazi urbani magari una volta considerati troppo degradati per essere serviti da immobili commerciali. Le aree in cui le vertical farm cresceranno, a loro volta, attireranno nuovo
sviluppo, rendendo il deserto alimentare urbano un antico ricordo. Si genereranno inoltre nuove figure professionali: manager, controllori, specialisti di agricoltura indoor, specialisti di energia dei rifiuti, e lavoratori agricoli per il vivaio, specializzati per il monitoraggio, per la raccolta, la selezione e la vendita. Cresceranno nuove industrie associate allo sviluppo dei sistemi di idroponica e aeroponica, con sofisticate aziende di produzione di strumenti elettronici per tutto, dal monitoraggio dei nutrienti dei semi nella germinazione, ai sistemi di erogazione per la raccolta delle colture. Negli ultimi cinque anni, il Venezuela ha sperimentato innumerevoli cattivi raccolti, causati soprattutto da diversi eventi meteorologici come inondazioni e siccità. Con il fallimento dell’agricoltura, il tasso di urbanizzazione è aumentato in modo sproporzionato rispetto al tasso di natalità. La maggior parte dei migranti sono composte da agricoltori e le loro famiglie. Quale migliore idea per avere un lavoro in vertical farm verso coloro che già sanno coltivare? Il futuro sembra promettere bene per la creazione di nuovi posti di lavoro per il nuovo settore dell’agricoltura verticale.
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Colture aeroponiche Tower Garden™
81 10. DEPURAZIONE DELLE ACQUE GRIGIE IN ACQUA POTABILE: Ogni giorno, ogni città produce enormi quantità di acque grigie derivate da acque nere con la rimozione dei solidi. E’ responsabilità di ogni comunità far in modo che esse possano non nuocere all’ambiente. Per il recupero dell’acqua, le piante hanno la risposta. Con le radici, le piante ottengono il loro nutrimento pompando acqua attraverso le foglie, e poi fuori nell’atmosfera. Questo processo, denominato traspirazione, permette loro di prendere sostanze nutritive sotto forma di elementi nutritivi e di azoto organico. Gli elementi nutritivi e l’azoto rimangono all’interno della pianta e diventano parte dei nuovi tessuti, nelle parti in crescita dell’organismo, mentre l’acqua viene continuamente traspirata attraverso minuscoli pori nelle foglie chiamati stomi. La bonifica delle acque grigie potrebbe essere facilmente realizzata sfruttando questa attività basilare delle piante all’interno di vertical farm costruite esclusivamente per tale scopo. In questo caso, le piante non finirebbero nell’insalata di qualcuno, in quanto sarebbe troppo rischioso da un punto di vista della salute pubblica. Dopo che le piante hanno pompato le acque grigie attraverso i loro
tessuti si potrebbe catturare l’acqua di traspirazione e purificarla, prima di rilasciare H2O pura racchiusa in atmosfera. La deumidificazione dell’aria interna è tutto ciò che sarebbe necessario per recuperare l’acqua che abbiamo prodotto mangiando e bevendo. 11. CREAZIONE DI MANGIMI PER ANIMALI DAL MATERIALE VEGETALE POST RACCOLTA: Il risparmio energetico sarà un elemento da curare, dato che la vertical farm utilizza una quantità significativa di elettricità per far crescere i raccolti. In questo caso, incenerendo la parte di raccolto rimasto delle colture si adotterebbe una strategia praticabile per il recupero energetico. In altre situazioni che non richiedono questo, il materiale vegetale residuo potrebbe essere consumato come alimento per animali, a seconda della coltura.
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LE REGOLE PER UNA VERTICAL FARM. La maggior parte delle colture hanno una gamma piuttosto ampia di tolleranza riguardo alla temperatura e all’umidità. Ciò consentirà al coltivatore indoor di combinare un’ampia varietà di piante e di farle crescere nella stessa zona se lo desidera, purché le loro radici crescano con la temperatura ottimale per ciascuna specie. Ci sono quattro temi principali che i progettisti e gli ingegneri devono includere in ogni versione di una vertical farm: 1. Catturare la luce solare e disperderla in modo uniforme tra le colture. 2. Catturare l’energia passiva per fornire un’affidabile fonte di elettricità. 3. Utilizzare una buona barriera per la protezione delle piante. 4. Massimizzare la quantità di spazio dedicato alla crescita delle colture. I materiali impiegati nella costruzione dell’edificio saranno dettati dalle esigenze delle piante e, secondariamente, dalle esigenze di chi lavora
all’interno della vertical farm. Questo non vuol dire che le condizioni ambientali debbano diventare intollerabili per l’uomo, anzi, al contrario. Le piante e le persone devono convivere insieme, quindi la temperatura e l’umidità all’interno dell’edificio dovrebbe essere molto piacevole per un ambiente di lavoro oltre che favorire al massimo i raccolti. 1. CATTURARE LA LUCE SOLARE E DISPERDERLA IN MODO UNIFORME TRA LE COLTURE:
Lunghezza d’onda: Progettare un grande edificio sicuro per le piante richiede un’intima conoscenza di ciò che una pianta ha bisogno e come funziona nel suo insieme, per consentire la massima crescita. Le piante sono fondamentalmente diverse dagli animali in quanto per crescere richiedono acqua, pochi elementi tra cui l’anidride carbonica, una fonte di azoto organico, e la luce solare che le piante utilizzano tramite i processi di fotosintesi.
Grazie ad essi, le piante scartano la porzione d’ossigeno dell’anidride carbonica nell’atmosfera, fornendo a tutti gli animali uno degli elementi essenziali che necessitano per svolgere la propria vita.
Quando mangiamo piante, ricaviamo lo zucchero (e, naturalmente, altre sostanze nutritive) da loro tessuti. Uniamo poi l’ossigeno che respiriamo con il carbonio della molecola zucchero, mettendo un atomo di carbonio e due di ossigeno alla volta. Questo produce anidride carbonica e sostanze chimiche energetiche sotto forma di adenosina trifosfato. Utilizziamo quindi l’energia chimica per costruire i nostri tessuti, e mandiamo fuori l’anidride carbonica come prodotto di scarto. Le piante assorbono l’anidride carbonica e il ciclo inizia da capo. Esiste quindi una stretta correlazione tra noi e le piante.
83 Va notato che nella vertical farm, oltre a produrre i nostri cibi, toglieremo enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e, soprattutto, produrremo un sacco di ossigeno. Così ogni volta che un lavoratore all’interno della vertical farm respirerà, sarà quasi in grado di ascoltare le piante dire “grazie”. Ci sono due forme principali di clorofilla: clorofilla A e clorofilla B. Entrambi assorbono la luce in due distinte lunghezze d’onda dello spettro visibile, blu e rosso (circa 400 e 700 nanometri). Di conseguenza non tutta l’energia della luce del sole è necessaria per far crescere tutto il raccolto al suo massimo rendimento. Possiamo approfittare di questo, infatti, per la creazione di illuminazione esclusiva per le piante. Emettitori di luce diodi (LED) sono già stati specificamente progettati per farlo, con un conseguente importante risparmio di energia e di costi. Al contrario, le lampadine tradizionali emettono il 95% della loro energia sotto forma di calore (molto inefficienti, quindi) e il resto come uno spettro più ampio di luce, la maggior parte dei quali è inutile per la pianta. Le lampade OLED, invece, contengono
composti organici stabili che consentono anche di produrre spettri più stretti di luce, risparmiando energia e denaro, mentre si continua a fornire alle piante esattamente ciò di cui hanno bisogno. Inoltre, gli OLED permettono la progettazione di lampade che potrebbe essere fatte in qualsiasi configurazione, ponendo la sorgente di luce alla distanza ottimale dalla pianta, a prescindere dalla forma della pianta. Possono anche essere avvolte attorno ad ogni pianta che cresce, offrendo il massimo in consumi e illuminazione a risparmio energetico per le nostre colture alimentari. La luce del sole: Nelle aree del mondo che godono già di abbondante luce del sole, come Caracas, il sole è visto come l’unica fonte di energia per le colture e sarebbe del tutto fattibile e altamente raccomandato. Il fotovoltaico potrebbe facilmente fornire l’energia necessaria per eseguire qualsiasi apparecchiature elettriche, mentre la luce del sole avrebbe fornito tutta l’energia necessaria per crescere i raccolti. Orientare le facciate più lunghe della vertical farm con direzione est-ovest permetterà di catturare l’importo massimo di luce.
Inoltre, si potrebbe appositamente costruire specchi parabolici composti di materiale plastico che raccolgano la luce solare e la portino nelle parti più interne dell’edificio, mentre la parte esterna rimarrebbe esposta alla massima quantità di luce. La fibra ottica potrebbe essere un ottimo materiale per il trasporto e la distribuzione della luce dalla raccolta degli specchi esterni all’interno dell’edificio. Insieme, questi due approcci dovrebbero permettere un disegno ragionevole, indipendentemente dalla sua ultima forma. La trasparenza: Se la luce solare è la fonte principale di energia per crescere i raccolti, la vertical farm dovrebbe essere il più trasparente possibile. Il progettista ha molte opzioni sui materiali tra cui scegliere. Il vetro è a buon mercato per la produzione e durevole, anche se un po’ fragile e pesante. 2. CATTURARE L’ENERGIA PASSIVA PER FORNIRE UN’AFFIDABILE FONTE DI ELETTRICITÀ: Gli inceneritori: La vertical farm produce cibo, ma evidentemente produce anche una notevole quantità di parti di piante non commestibili e di scarti (cioè,
84 i rifiuti). Questo materiale organico, a prescindere quale forma abbia, è una risorsa preziosa che implora di essere riutilizzata nel sistema. E bene tenere a mente il fatto che il termine “rifiuti” non viene menzionato in nessuna parte del dizionario dell’ecosistema. Fa tutto parte del ciclo stesso naturale di recupero di energia.
è che alla fine della giornata non ci sono rifiuti da smaltire. Il recupero energetico delle parti non commestibili del raccolto (steli, foglie, radici, ecc.) rende la vertical farm e apre la strada a intere città a comportarsi in modo simile.
L’incenerimento è il modo più pratico per procedere. Una grandissima efficienza energetica è data dagli inceneritori di biomassa con i dispositivi che producono minimi livelli di sostanze inquinanti, mentre produce calore che viene trasformato in elettricità.
La salubrità alimentare e i problemi di sicurezza devono essere trattati come due facce della stessa medaglia e sono le preoccupazioni principali della gestione di una vertical farm.
La maggior parte dell’Europa oggigiorno impiega una qualche forma di inceneritore per i rifiuti urbani solidi e liquidi, che producono preziosi kilowatt di energia elettrica. Il calore prodotto viene utilizzato per produrre vapore e generare energia elettrica. Una sola tonnellata di rifiuti solidi urbani dovrebbe generare circa 800 chilowattora di elettricità che potrebbe poi essere aggiunta alla rete o utilizzata direttamente dalla vertical farm. Il processo utilizza circa sei volte meno energia di quanta ne produce. L’altro vantaggio
3. UTILIZZARE UNA BUONA BARRIERA PER LA PROTEZIONE DELLE PIANTE:
Le coltivazioni all’aperto per la maggior parte sono costituite da programmi progettati per limitare la diffusione di parassiti e degli insetti con l’applicazione di pesticidi o erbicidi. All’interno, le cose saranno molto diverse e molto più controllabili. L’esclusione dei visitatori indesiderati si avrà grazie ad alcuni elementi fondamentali quali la progettazione di doppie porte che consentirà un ulteriore livello di protezione contro gli insetti e microbi. Poi, tutto il personale sarà sterilizzato nelle varie divise, nelle scarpe, nei capelli, e dovrà fare la doccia prima cambiarsi d’abito: questo ridurrà al minimo il rischio di
perdita delle colture a causa di agenti “autostoppisti” su oggetti come scarpe. Poiché la vertical farm non avrà bisogno di fertilizzanti, il rischio di contaminare piante con agenti patogeni umani sarà del tutto eliminato. A questo deve seguire una routine di test di laboratorio per monitorare ogni diversa zona. In caso di violazione della sicurezza con conseguente contaminazione del raccolto, si potrà distruggere l’intero raccolto per poi essere ripiantato il giorno successivo. Una volta che la falla di sicurezza è stata individuata e corretta, la vertical farm potrebbe riprendere la produzione completa entro un termine ragionevole di tempo. All’esterno, invece, l’agricoltore deve attendere la seguente stagione per ricominciare, e spesso con disastrosi risultati. 4. MASSIMIZZARE LA QUALITÀ DI SPAZIO DEDICATO ALLA CRESCITA DELLE COLTURE: I semi delle colture indoor: Come configurare ogni piano, dipende esclusivamente dalle coltivazioni selezionate. Oggi, c’è abbastanza esperienza con le tecnologie idroponiche per offrire la visione di ciò che sarà disponibile nei
85 prossimi anni dato l’attuale tasso di progresso. Le piante sono distanziate ad una distanza simile a quella che si potrebbe vedere su un terreno tradizionale. Pomodori, lattuga, spinaci, radicchio, fagiolini, peperoni, zucchine, cetrioli, meloni, e molti altri rientrano nella categoria di piante che possono essere coltivati con questa metodologia. Anche il mais può essere coltivato in idroponica in grandi vasche, di solito con sei piante per vasca. Ogni pianta produce circa tre spighe per pianta, e un raccolto matura ogni 8-10 settimane, consentendo almeno cinque colture all’anno. Produrre all’interno della farm in realtà potrebbe diventare molto redditizio e consentire il recupero di molti acri di terra allo stesso tempo. Le tubazioni possono essere fatte da una vasta gamma di materiali, anche se la maggior parte delle attrezzature idroponiche/ aeroponiche di oggi è fatta di plastica, o più precisamente di cloruro di polivinile (PVC). Se volessimo essere ancora più eco-sostenibili, e ci si riferisce al futuro smaltimento di tutte queste plastiche, forse esse potrebbero essere sostituite da tubi di bambù cavo di diverso diametro. Si
tratta di una pianta con una delle più rapide crescite, inoltre è forte, non marcisce se conservato in ambiente umido, e può essere prodotto per adattarsi a qualsiasi diametro desiderato di tubazioni. Una volta che la costruzione della vertical farm è completa, il prossimo passo sarà quello di acquistare i primi materiali, ad esempio, semi. Dove trovare i semi per ogni coltura non è una questione banale, dato che ci sono molte varietà di ciascuna coltura tra cui scegliere. La logica che sta dietro la vertical farm è quella di evitare i problemi che ci sarebbero nelle coltivazioni all’aperto. I semi devono essere prima decontaminati superficialmente, poi inviati al laboratorio diagnostico per verificare la presenza di microbi patogeni che potrebbero essere al loro interno, e, una volta certificati liberi da malattie, i semi verranno inviati al test di controllo di qualità al vivaio di germinazione. I semi saranno valutati per la loro capacità di crescere, e una volta germinati verranno testati di nuovo per individuare eventuali agenti patogeni che potrebbero essere sfuggiti al primo controllo. Le colture nate
saranno poi trasferite alla zona di crescita e situati nei loro impianti idroponici/ aeroponici. Tutte le colture saranno costantemente monitorate da sistemi di telerilevamento per la crescita e bisognerà controllare anche le condizioni delle soluzioni nutrienti. Tutte queste fasi, importanti e fondamentali per ottenere prodotti sicuri e sani, creeranno moltissime nuove opportunità di lavoro per chi ha il pollice verde. Acqua fresca e limpida: L’acqua per la vertical farm sarà utilizzata per la crescita in culture idroponiche e aeroponiche, e per le persone che ci lavoreranno, ovvero per le loro docce e per l’acqua potabile. Potrebbe provenire da diverse fonti, a seconda della posizione geografica e della capacità della comunità urbana di accedere al riutilizzo delle acque grigie. La più alta qualità dell’acqua è che deve essere utilizzata ogni volta che è possibile. Di solito, questo significa ottenere acqua da un fiume, lago o serbatoio che viene poi filtrata prima di essere applicate alle colture. L’ovvio vantaggio di una agricoltura controllata è il fatto che si tratta di un sistema a circuito chiuso, riferendosi alla cattura del vapore d’acqua derivato dalla traspirazione
86 impiegando dispositivi di deumidificazione su ogni piano. Questo rappresenta un grande sistema efficiente di utilizzo dell’acqua per l’agricoltura rispetto alle modalità tradizionali di irrigazione agricola del terreno all’aperto. Nel sistema a circuito chiuso, l’idroponica utilizza circa il 70% d’acqua in meno rispetto ai tradizionali metodi d’agricoltura, mentre l’aeroponica utilizza il 70% meno d’acqua rispetto alla coltura idroponica. In entrambi i casi, si tratta di un sostanziale miglioramento, e per le zone del paese in cui l’acqua già scarseggia, il passaggio all’agricoltura verticale è l’unico ragionevole approccio per permettere più acqua da mettere a disposizione ad uso potabile. Inoltre, nessuno scarico nocivo di acque si verifica nelle vertical farm. Se attuata su larga scala, l’agricoltura in verticale avrebbe la possibilità di eliminare l’inquinamento marino da scarichi agricoli. COSA SI PUÒ COLTIVARE IN UNA VERTICAL FARM? La questione che si pone spesso è quali colture possono essere coltivate al chiuso. La risposta è sorprendente: “Praticamente di tutto.”. Se si visitano, ad esempio, il Kew Royal Botanic Gardens a Londra,
l’Orto Botanico del Bronx a New York, o il Missouri Botanical Garden a Saint Louis si noterà che quasi tutti i tipi di piante esotiche si possono trovare all’interno di queste strutture. Il New York Botanical Gardens, per esempio, accoglie e si prende cura del più grande fiore del mondo, Rafflesia arnoldii, che è piuttosto raro e cresce in isolamento nella tropicale densa foresta dell’Indonesia. Se orticoltori riescono a far crescere questo, allora tutto è possibile. Per quanto riguarda le piante commestibili, si ha la necessità di prendere in considerazione diversi aspetti prima di scegliere quali far crescere. In primo luogo, sono da fare considerazioni economiche. Ne vale la pena? Possono gli agricoltori vendere il raccolto ogni volta che è pronto e con profitto? Se è così, tanto meglio dato che il profitto è il motore principale dietro una vertical farm. Finora, molte verdure sono state coltivate con successo per guadagnarci. Queste includono pomodori, lattuga, spinaci, zucchine, peperoni verdi e fagiolini. Quasi nessuna di queste colture però si qualificherebbe idonea per affrontare le esigenze di una città affamata. Colture essenziali come grano,
orzo, miglio, riso e patate sarebbero più appropriate. La risposta alla domanda se è possibile o no coltivare queste piante al chiuso è ancora sì. Tutte sono state coltivate in idroponica. Se il successo della loro produzione significa che un paese che prima ha dovuto importare quasi tutti i suoi prodotti può ora, all’interno dei suoi confini, fornire alla propria popolazione. Una dieta sana ed essenziale, allora il profitto fa un passo indietro rispetto alla necessità. Sponsorizzati dal governo, questi cibi “programmati” possono diventare il fattore determinante in forma economica di incentivi e sussidi che consentono alla vertical farm di sopravvivere ed anche di prosperare, producendo colture che in una economia di libero mercato normalmente non riescono a generare un reddito sufficiente per renderle utili. Senza dubbio, la proiezione di una vertical farm per la città di Caracas aiuterà a fare un passo avanti nell’aumento della sicurezza alimentare, garantendo una produzione agricola costante durante tutto l’anno, creando nuovi opportunità di lavoro e riqualificando la città, da un punto di vista sia urbano che sociale.
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Area di colture idroponiche Urban Farm - Urban Epicenter Jung Min Nam
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Colture idroponiche VertiCrop™
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Il Contesto la carlota - aeroporto concorso - selezioni analisi urbana
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Il Contesto Contenuto
LA CARLOTA: DA AEROPORTO A PARCO METROPOLITANO
• Concorso “Ideas Para la Carlota” - Antecedenti • L’est di Caracas • Obiettivi del concorso • Area d’intervento • Esiti del concorso • Crediti (autori, collaboratori, assessori dei progetti) • Selezione del contesto ipotetico
PROGETTO: “PARQUE GENERADOR DE SUSTENTABILIDAD URBANA”
• Descrizione – elaborati progettuali del concorso • Zona di orti urbani – urban farming
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La Carlota: Da aeroporto a parco metropolitano
I 103 ettari occupati dalla Base Aerea “Generalísimo Francisco de Miranda”, (“La Carlota”), compierono un chiaro obiettivo nel passato funzionando come aeroporto di voli privati e militari, ma è evidente che la dinamica della Caracas metropolitana di oggi obbliga a ripensare il suo uso, le condizioni del suo sviluppo e la sua inserzione dentro la struttura urbana. Il modello lo stabilisce il Plan Estratégico Caracas Metropolitana 2020, che propone la creazione di una città sostenibile, sicura e integrata, dove “La Carlota” rappresenta il pezzo fondamentale del sistema di spazi pubblici metropolitani. Tra le iniziative per rispondere a queste sfide, Caracas Metropolitana aprì le porte a team di professionisti multidisciplinari con l’obiettivo di produrre la migliore Idea di Parco per lo spazio che occupa oggi l’aeroporto, sostenibile nell’ambito ambientale, ma anche in
quello economico, e che risponda alle aspettative degli abitanti della città, creando un’integrazione sociale e culturale. La trasformazione di “La Carlota” in un parco verde è stata una vecchia aspirazione degli abitanti di Caracas, ripresa anche dall’attuale Presidente della Repubblica, chi, nel 2001, dichiarò pubblicamente quell’intenzione, ordinando il trasloco della flotta privata che la utilizzava ad altri aeroporti e manifestando la volontà di chiudere la base aerea, trasferendo il Comando General de la Aviación alla città di Maracay. Purtroppo, questa intenzione rimane incompiuta fino ad oggi e questo spazio e i suoi paraggi furono pure dichiarati Zona di Sicurezza per Decreto Presidenziale Nº1969. Vicini, gruppi ambientalisti, corporazioni, accademie e amministrazioni della città si sono pronunciati a beneficio della trasformazione di “La Carlota” in Parco. A Dicembre del 2011 si realizzò il Foro “La Carlota, Parque Verde”, il cui proposito è stato dibattere intorno alle opportunità e rischi che rappresenta questo spazio per la Caracas futura. La conclusione fondamentale del Foro fu la necessità di definire usi e capacità di sviluppo di “La Carlota” attraverso un concorso pubblico di idee
che, oltre al suo obiettivo immediato, propiziasse un dibattito e presa di coscienza sull’importanza dello spazio pubblico nella città contemporanea. In conseguenza, il Comune dell’Area Metropolitana de Caracas e altre 60 istituzioni rappresentative della società civile, l’accademia e altre corporazioni, insieme ai comuni municipali dell’Area Metropolitana, decisero di unire sforzi per convocare un Concorso Pubblico di Idee che non solo propizi cambiamenti sostantivi nella struttura della città, ma inoltre contribuisca al consolidamento della cultura cittadina. Il concorso fu portato a termine con molto successo; l’11 luglio sono state consegnate le proposte e il 25 luglio si è resa pubblica la scelta di tre progetti vincitori, trai cui, uno è stato selezionato e usato come contesto ipotetico per lo sviluppo progettuale di questa tesi, considerando che il concorso è stato un primo passaggio nella trasformazione di Caracas in una città sostenibile, con lo scopo di farlo diventare una realtà per i cittadini.
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caracas “la carlota”
103 ett ari
dell’es t della c ittà
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L’EST DI CARACAS SERVIZI E DOTAZIONI
Ospedali Eliporti Traffico aereo Vie sicure Spazi pubblici Centri di accoglienza Sentieri ecologici Scuole e istituzioni Centri di fornitura Zone sismiche forti Zone sismiche lievi
Dal progetto “Parque generador de sustentabilidad urbana” - Concorso “Ideas para La Carlota”
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Dal progetto “Parque generador de sustentabilidad urbana” - Concorso “Ideas para La Carlota”
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Base Aerea “Generalísimo Francisco de Miranda” La Carlota
“IDEAS PARA LA CARLOTA” OBIETTIVI DEL CONCORSO. Per una città che conta attualmente solo 345 ettari di verde pubblico condizionato, l’esistenza di 103 ettari, nel proprio cuore, praticamente senza costruzioni, è un tesoro incalcolabile che non deve essere solo preservato, ma anche potenziato in funzione della città del XXI: integrata, sostenibile, accessibile e in continua evoluzione e movimento. Certamente, è impossibile soddisfare tutte le insufficienze che confronta attualmente Caracas, per quello che il concorso convoca ad aguzzare l’immaginazione affinché, dentro i margini definiti dal Plan Estratégico Caracas Metropolitana 2020, i partecipanti propongano le idee più adeguate per raggiungere i seguenti scopi: • Ampliare la dotazione di spazi pubblici per ricreazione, sport, sosta, piacere, contatto con la natura, spargimento della popolazione e rinvigorimento della cultura cittadina.
• Sviluppare dotazioni urbane speciali e contemporanee, recuperando il paesaggio e migliorando le condizioni ambientali della città. • Ottimizzare la mobilità e la connettività nel nodo Chuao. • Propiziare miglioramenti nella struttura urbana dell’ambiente. • Esplorare meccanismi di gestione del futuro Parque Verde Metropolitano che assicurino la sua sostenibilità. • Trasformare la base aerea in uno spazio per la coesione sociale e l’inclusione comunitaria. In sintesi, il concorso cerca di rivitalizzare Caracas a partire da “La Carlota”, al tempo che si migliora la qualità ambientale della città e le condizioni di vita dei suoi abitanti. L’area d’intervento è costituita dal terreno occupato dalla base aerea Generalísimo Francisco de
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Miranda, “La Carlota”, con un’area di circa 103 ettari, ubicata all’est della città di Caracas. Gli esiti del concorso: Come è stato detto prima, tre progetti sono stati proclamati vincitori, secondo i criteri stabiliti dal Comune della città di Caracas, trai cui ci sono: l’integrazione con l’ambiente urbano immediato; il trattamento delle edificazioni esistenti all’interno dell’aeroporto; la quantificazione e distribuzione spaziale degli usi proposti; la “zonizzazione” paesaggistica; stimolo allo sviluppo di forme di mobilità a basso impatto ambientale ed economicamente accessibili e altri criteri finanziari e di gestione per garantire il mantenimento. I tre progetti selezionati sono: 1. “Pista Viva, Revelación del paisaje de La Carlota” 2. “Parque generador de sustentabilidad urbana” 3. “Reintegración natural y social de Caracas”
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1. “PISTA VIVA, REVELACIÓN DEL PAISAJE DE LA CARLOTA” La proposta si concentra su 3 punti principali. Il primo, è capire la città come una rete interconnessa da spazi pubblici, aree ricreative e assi verdi che ordinano la città e garantiscono una migliore mobilità pedonale. Il secondo è l’organizzazione sociale e programmatica di nodi pubblici in un Sistema di Parchi Culturali, essendo “La Carlota” un primo catalizzatore nella concettualizzazione ed
implementazione di questi nuovi territori. Infine è importante risaltare la conformazione fisica dei 103 ettari di “La Carlota” con un avvicinamento progressivo che si realizza in varie fasi. Si concepisce la pista di atterraggio come un elemento strutturante e vivo che evolve col progetto. A questo, si sommano i torrenti che attraversano l’area, laghi, colline e cellule di attività.
Molti degli edifici esistenti sono riciclati e convertiti in programmi culturali ed educativi, nuovi ponti sull’Autopista Francisco Fajardo e il Fiume Guaire. Un nuovo accesso dal complesso “Los Ruices” collega il parco con la città. Per ultimo si aprono due vie veicolari e di trasporto pubblico nord-sud senza interrompere la continuità spaziale sulla superficie, per migliorare la mobilità.
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2. “PARQUE GENERADOR DE SUSTENTABILIDAD URBANA” La strategia consiste nell’introduzione di un sistema di “sentieri ecologici” che colleghino viali, piazze, landmark e altri elementi urbani del settore col nuovo parco. Il sistema di continuità ecologica si materializza in ciclo vie e “ramblas” (strada larga e alberata, con un asse pedonale centrale). Per quanto riguarda all’idrografia, il parco confina al sud col fiume Guaire. I
diversi torrenti provenienti dal Monte “Avila” in direzione fiume Guaire rappresentano un grande potenziale da accompagnare dai “sentieri ecologici”, collegando così la montagna col parco. Il progetto mantiene la pista di atterraggio, essendo l’unica opportunità che ha la città per rispondere a emergenze, a causa della sua condizione di zona sismica. Inoltre, si
considera la conservazione della pista e del gran vuoto urbano che genera come un’importante strategia per la preservazione della memoria. Ulteriormente, il parco permetterà di scoprire e vivere lo sviluppo sostenibile del ecosistema locale a partire dall’inondazione del sud della pista, attraverso “biopiscine” che si relazionano con gli spazi pubblici lineari sulle sponde
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del Fiume Guaire. Il Parco propone aree gestite attraverso la partecipazione cittadina, come mercati ecologici, in servizio quotidiano. Allo stesso modo, ci sono delle aree di coltivazione dove si sviluppa “la permacultura”, che consiste in raccogliere le colture per poi essere
vendute nel mercato agricolo del parco. Per quanto riguarda all’impatto urbano, quando si inserisce un elemento di gran importanza, come un “Parco Metropolitano”, il tessuto urbano immediato riprende valore e sorge la necessità da visualizzare
mutazioni urbane spinte dai cambiamenti degli utenti. Le future mutazioni si porterebbero a termine riciclando edifici, densificando il sistema parcellare, aggiungendo programmi misti di abitazione e servizi, e aumentando l’offerta di spazio pubblico.
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3. “REINTEGRACIÓN NATURAL Y SOCIAL DE CARACAS” In questo progetto, si propone girare lo sguardo verso gli elementi naturali e strutturanti dello spaziopaesaggio urbano, prendendo in considerazione la speciale condizione della valle: il Monte “Avila”, il fiume Guaire e i torrenti che li collegano, percependoli come un sistema naturale e complesso, di scala metropolitana e completandolo con una serie di parchi che promuovono
e proteggono la biodiversità e l’interazione sociale; un’opportunità per il ritrovo e la vita degli abitanti di Caracas. Per raggiungere questo obiettivo, il progetto pone cinque strategie: • Recupero del paesaggio dell’acqua, del fiume e i torrenti, attraverso la restaurazione del sistema idrico del posto, con la
restituzione dei percorsi naturali del fiume Guaire e i diversi torrenti. • Integrazione della mobilità urbana, integrando le vie esistente col nuovo parco, creando nuove vie di bassa velocità e diversi percorsi pedonali. • Risposta a situazioni di emergenza, destinando una parte importante del settore ovest del parco come
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eliporto, conservando un frammento della pista come spazio di circa 20 ettari che permetta l’atterraggio e decollo simultaneo. • Creazione di nuovi sviluppi urbani sostenibili, con usi
misti. • Consolidamento di un sistema di parchi, per offrire una molteplicità di opportunità per la ricreazione, la salute, l’educazione,
la cultura, l’incontro, l’espressione collettiva e la contemplazione, integrando i diversi spazi pubblici della città di Caracas col nuovo Parco Metropolitano “La Carlota”.
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CREDITI
2. “Parque generador de sustentabilidad urbana”
1. “Pista Viva, Revelación del paisaje de La Carlota”
Coordinatori del progetto: • Arch. Ricardo Avella • Arch. Ninoska Ayala • Arch. Jonathan Benhamu Esayag • Arch. Natalia Linares • Urb. Mariana Otero • Arch. Ariadna Weisshaar • Arch. Ricardo Avella • Arch. Natalia Linares • Arch. Ariadna Weisshaar • Urb. Mariana Otero • Bio. Gustavo González • Soc. Alberto Morreo • Arch. Juan Luis Briceño • Arch. Ana Karina Grau • Arch. Andrea Hernández • Arch. Cruz Criollo
Autori: enlace arquitectura • Elisa Silva • Katherine Aquilar • Sergio Dos Santos • Valentina Caradonna • Inés Casanova • Leonardo Robleto Costante Collaboratori: • Theysannett Perez y Mauricio González, Valeria Villamarín Assessori: • Rosalba Gil y Mary Gloria Olivo • FUDEP • Aviazione: Fernando Llorente • Sviluppo mezzi di comunicazione: Rafael Fuentes • Strategie di finanziamento: Maximo Sacchini, Antonio Lipthay • Gestione: Julian Villalba y Susana Pérez • Sicurezza: Jesús Suarez • Vegetazione: Enrique Blanco • Viabilità: Oscar Anzola URVISA
Autori: colectivo 1061
Collaboratori: • Arch. Ninoska Ayala • Arch. Eleodoro Ventocilla • Arch. Pedro García del Barrio • Designer Stefania Molentino + Arch. Alfonso Paolini (11:pm studio) • Adjkm • Arch. Roberto García • Arch. Oriana De Lucia + Arch. Martina Centeno (WO! Taller de Arquitectura) • Arch. Joel Valencia • Arch. Carla Collevecchio • Corina Andueza • Bio. Wilhelm Trujillo • Ing. Vicente Avella • Arch. Carlos Pérez González • Arch. Fabiana Paluszny • Arch. Ana Patricia Corona
• Mercedes Aguirre (coach empresarial) • Arch. Alan Milliken • Arch. Thomas Zambrano • Arch. Mariana Lugo • Arch. Stefan Gzyl • Vanessa Wallis • Alice Alfano • Designer Sergio Santamaría Assessori: • Ing. Marcelo González • Ing. Eudaldo Vila • Ing. Roberto Centeno • Ing. Mark Lansdell • Ing. Johann Gathmann • Ing. Alain Deredec • Ing. Francisco Yépez • Arch. Malvina Pesate • Arch. Oscar Olinto Camacho • Arch. Oscar Bracho • Arch. Sonia Sansone • Geo. Virginia Jimenez • Geo. Jesús Delgado • Bio. Edgar Yerena • Bio. Carlos Rivero Blanco • Bio. Viviana Salas • Bio. Yaroslavi Espinoza • Bio. Adriana Humanes • Soc. Omar Hernández • Soc. Andres Walliser • Abg. Rafael Chavero • Loly Sanabria de Pérez • Urb. Fina Weitz • Ángel Rangel Ringraziamenti: • Ary Vaistij • Arch. Bela Kunckel • Adm. Randy Cottin • Arch. Eumilis Arellano Ferrer • Arch. Juan Manuel Mendoza • Bio. Elios Martínez
105 • Bio. Luis Levin • Laura Sofía Guevara • Ing. Rafael Guevara • Arch. Carmen González • Arch. Miguel Braceli • Arch. Andrés Tábora • Designer Will Corredor • Designer Hubert Reinfeld • Arch. Alvaro Requena • Guillermo López • Ofelia Riquezes • Faniolga Rodríguez 3. “Reintegración natural y social de Caracas” Autori: • Manuel Delgado Arteaga, Venezuela • Jorge Pérez Jaramillo, Colombia • OPUS – Oficina de Proyectos Urbanos, Colombia • Carlos David Montoya Valencia, Colombia • Manuel José Jaén Posada, Colombia • Carlos Andrés Betancur Cifuentes, Colombia • Ivan Leonardo Forgioni Flórez, Colombia • Juliana Montoya Arango, Colombia • Carlos Alberto Cano, Colombia • Daniel Miranda, Colombia • Andrea Maruri Bedoya, Colombia • Luisa Fernanda Amaya Vergara, Colombia • Juan Sebastián Restrepo Aguirre, Colombia • Lina Marcela Flórez Díaz, Colombia • Laura Gutierrez
Zimmermann, Argentina • Lucas Serna Rodas, Colombia • Santiago López Posada, Colombia • Isabel Villegas Molina, Colombia • Melissa Ortega Upegui, Colombia • Juan Camilo Zapata Villegas, Colombia • Andrés Santiago Fajardo Mejía, Colombia • Mario Camargo, Colombia Assesori: • Gladys Emilia Leon, Venezuela • Gloria Aponte García, Colombia • Juan Carlos Vargas Moreno, Costa Rica • Guillermo Penagos, Colombia • Cesar Espinal, Colombia • Alvaro Vélez, Colombia • Oscar Pérez, Colombia • Juan Carlos Gómez, Colombia • Esteban Yepes, Colombia Per la scelta del progetto che sarebbe stato usato per lo sviluppo di questa tesi, si è realizzato un processo de selezione con l’utilizzo di un quadro comparativo. Il progetto che più criteri soddisfi, sarà allora il progetto scelto. I criteri da soddisfare sono cinque: 1. Adeguamento della proposta alle richieste dei cittadini di Caracas,
rappresentando i veri bisogni della città. 2. Qualità della proposta per quanto riguarda la concezione spaziale e il design. 3. Meccanismi di partecipazione cittadina nella concezione, realizzazione e mantenimento dello spazio: il potere della comunità a beneficio del progetto. 4. Programmi di usi misti tra residenze e servizi. 5. Presenza di orti urbani / urban farming / agricoltura urbana
LA SELEZIONE
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DEL CONTESTO IPOTETICO Per la scelta del progetto che sarebbe stato usato per lo sviluppo di questa tesi, si è realizzato un processo de selezione con l’utilizzo di un quadro comparativo. Il progetto che più criteri soddisfi, sarà allora il progetto scelto. I criteri da soddisfare sono cinque: 1. Adeguamento della proposta alle richieste dei cittadini di Caracas, rappresentando i veri bisogni della città. 2. Qualità della proposta per quanto riguarda la concezione spaziale e il design. 3. Meccanismi di partecipazione cittadina nella concezione, realizzazione e mantenimento dello spazio: il potere della comunità a beneficio del progetto. 4. Programmi di usi misti tra residenze e servizi. 5. Presenza importante di orti urbani / urban farming / agricoltura urbana
?
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PROGETTI CRITERI Adeguamento della proposta alle richieste dei cittadini di Caracas, rappresentando i veri bisogni della cittĂ
QualitĂ della proposta per quanto riguarda la concezione spaziale e il design Meccanismi di partecipazione cittadina nella concezione, realizzazione e mantenimento dello spazio: il potere della comunitĂ a beneficio del progetto Programmi di usi misti tra residenze e servizi
Presenza importante di orti urbani / urban farming / agricoltura urbana
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108PROGETTO SELEZIONATO
2. “PARQUE GENERADOR DE SUSTENTABILIDAD URBANA”
Elaborati progettuali concorso “Ideas para la Carlota”
109 Il progetto propone l’uso di fonti di energie rinnovabili come parte del design. I costi operativi e l’impatto del parco sull’infrastruttura urbana saranno ridotti al massimo. Si è proposto come vincolo che il parco riuscisse ad essere autonomo per quanto riguarda la somministrazione di energia, garantendo la sicurezza degli utenti del parco, a prescindere dalla situazione del contesto e la città In questo modo, ci sono aree di accoglienza e supporto in caso di emergenze, con servizi basilari e sicurezza. Un ambiente adatto per l’inserimento di abitazioni in uno dei settori del parco.
Elaborati progettuali concorso “Ideas para la Carlota”
110 Il progetto promuove la valorizzazione della biodiversità locale e la gestione auto-sostenibile, il riscatto di specie vegetali autoctone (comprese anche quelle sotto un livello di rischio) come parte di un processo di riabilitazione del paesaggio naturale della città in cui i cittadini saranno i gestori dentro la loro quotidianità. Il loro processo partecipativo rappresenta la parte più importante del mantenimento dei nuovi spazi. L’obiettivo principale del processo di design è l’ottima integrazione dei bisogni ecologici, economici e sociali del sistema, in modo che col tempo si possa auto-regolare e mantenere dentro un equilibrio dinamico, con minime interferenze.
Elaborati progettuali concorso “Ideas para la Carlota”
ZONA DI ORTI URBANI URBAN FARMING 111
Lo spazio per l’agricoltura urbana è di grande importanza per il Parco “La Carlota”, perché rappresenta non solo un museo culturale della biodiversità di Caracas e il Venezuela, ma anche un’opportunità per la cultura e l’educazione dell’auto-gestione di uno spazio. I cittadini impareranno nuove abilità per essere intraprendenti, nuove tecniche e risorse, dentro un parco pedagogico e produttivo, dove convivranno con numerose specie naturali per conservare e mantenere la qualità di vita dell’habitat.
L’area si trova a nord della pista di atterraggio, garantendo alle future abitazioni progettate in questa tesi la rapida accessibilità degli organismi competenti in caso di emergenza. Allo stesso modo, è alle vicinanze di uno dei torrenti che vengono dal Monte “Avila” in direzione del Fiume “Guaire”, assicurando la raggiungibilità dell’acqua per l’irrigazione delle colture. Inoltre, la sua prossimità con l’Autopista Francisco Fajardo garantisce accessi comodi e pratici per il resto della città. Au
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Render progettuali Concorso “Ideas para La Carlota”
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Il Progetto processi - esigenze requisiti - soluzioni agro housing - urban farming vertical farm - spazi pubblici edificio educativo
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Il Progetto Contenuto
COME INIZIARE? • Esigenze – requisiti THE CONCEPT • La collina artificiale IL COMPLESSO GLI APPARTAMENTI
• Tipologie diverse
CONCLUSIONI: LA CARACAS FUTURA BIBLIOGRAFIA
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Come iniziare?
Dopo tutto il processo di ricerca, si deve iniziare ad articolare gli interroganti di come un complesso abitativo-produttivo potrebbe reggersi nel tempo, e, ancora più importante, di come lo farebbe. L’articolazione viene a partire da un estenso analisi della vita sociale, economica, ambientale e culturale di Caracas. Questo vuol dire, capire qual è la miglior gestione possibile delle risorse naturali, delle infrastrutture urbane, delle condizioni di deterioramento ambientale e della biodiversità urbana, con l’applicazione di programmi di sostenibilità sociale che non debbano dipendere da un reddito dello Stato. Iniziare a mettere in lista tutto quello che potrebbe essere un complesso agro-housing nell’attuale base aerea militare “La Carlota” esigeva un livello di comprensione spaziale e paesaggistica che conformassero tattiche per restituire il potere alla
cittadinanza, l’attore politico per eccellenza, ormai escluso da questo spazio. E’ evidente che la sostenibilità dei tessuti organizzativi, e, precisamente, la natura delle logiche collettive, richiedono un grande sforzo e una comprensione straordinariamente complessa della realtà. L’obiettivo di questo progetto è diventare il mezzo attraverso il quale si aggruppassero e formalizzassero alcuni elementi sostenibili raccolti durante il concorso “Ideas para La Carlota”, mentre, allo stesso tempo, si soddisfacessero i problemi e le richieste sociali di Caracas che abbiamo visto nei capitoli precedenti. Dall’analisi della Caracas Sovrappopolata, abbiamo visto che la città ha bisogno di nuove residenze che siano in grado non solo di risolvere il problema abitativo della percentuale dei cittadini senza casa, ma anche di creare comunità partecipative, combinando l’uso residenziale con un altro capace di offrire maggior sostenibilità sociale, economica e ambientale, come l’uso commerciale o quello educativo. L’idea di introdurre anche l’uso produttivo viene dal deficit di produzione che soffre oggi il Venezuela, arrivando al punto di dover importare più del 70% dei prodotti che si consumano
nel paese. Risulta quasi incongruente il basso tasso di produttività agricola del Venezuela, in quanto esistono aree adeguate allo sfruttamento e coltivazione di un’ampia gamma di specie. E’ momento, allora, di fare investimenti nel settore e nell’industria locale, sviluppando tecnologie di punta e norme che stabiliscano la qualità del prodotto. Questa combinazione tra le tradizioni rurali del Venezuela e le nuove tecnologie farà del complesso Agro-Housing e Urban Farming una contribuzione per l’aumento della sicurezza alimentare della città, ampliando la quantità di alimenti disponibili per i poveri delle zone urbane e il grado di freschezza degli alimenti che arrivano ai consumatori, generando, allo stesso tempo, nuove opportunità di lavoro. Risulta ovvio, allora, che il progetto sia costituito da una serie di edifici residenziali con piano terra commercialepubblico, e aree di produzione comunitaria su piccola scala. Allo stesso modo, “l’asse produttivo” su grande scala diventerà il nucleo principale del complesso, un centro di agricoltura con diversi edifici produttivi (vertical farms), educativi e amministrativi.
Si inizia, quindi, con un grafico comparativo delle esigenze e requisiti del progetto. La principale esigenza è riuscire a creare un rapporto tra l’edificio e la società, l’economia, l’ambiente e i suoi rispettivi elementi. Per arrivare alla
soddisfazione di queste esigenze, si devono soddisfare prima i requisiti, che comprendono l’utilizzo di metodi passivi e metodi attivi, risorse naturali, diversi impianti e anche la progettazione di spazi di qualità, accessibili e sicuri
per l’utente. Raggiungere l’equilibrio tra le esigenze e i loro requisiti, sarà raggiungere anche la sostenibilità del progetto. Questo è lo scopo.
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A
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NO
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THE CONCEPT . LA COLLINAARITIFICIALE.
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Con l’intenzione di unificare il costruito con il naturale, si decide stratificare gli usi principali dell’edificio, creando livelli, ognuno corrispondente ad una attività
diversa: l’attività produttiva occupa il livello più alto, funzionando come copertura degli strati residenziali, lasciando il piano terra completamente libero per
essere destinato all’attività pubblica del complesso, come il commercio, spazi pubblici e spazi ricreativi.
zona produttiva livello privato delle abitazioni livello pubblico delle abitazioni piano terra pubblico commerciale
ALLA RICERCA DELLA FORMA > LANDSCAPE ARCHITECTURE > LA COLLINA ARTIFICIALE Il risultato della sperimentazione della forma è la progettazione di
diversi edifici che funzionano come “colline artificiali”. Un’unione tra il naturale e il
costruito, attraverso edifici che sembrano nascere dal terreno.
1. Strati 2. Modifica della forma: la copertura diventa accessibile dal piano terra 3. Si allunga per creare una grande rampa pedonale
4. L’edificio cresce in verticale 5. La forma dei volumi permette l’integrazione dentro un complesso di edifici abitativiproduttivi 6. Ogni livello diventa una
piattaforma, un “vassoio” in cui potranno inserirsi liberamente le abitazioni 7. L’inserzione delle abitazioni segue la premessa dello “strato pubblico” e “strato privato”
119 “La collina artificiale consiste in un modello abitativo in multipiano, fortemente vincolato alle realtà sociourbane e tecnologiche con le quali realizza un sistema strutturale. Le tipologie abitative sono ispirate ai luoghi comuni dei “desiderata”, propri di una utenza generica e comunque ritrovabile nella tradizione abitativa formale ed informale, abbiente e non. La privacy, il verde e soluzioni progettuali e tecnologiche appropriate garantiscono un habitat sano e confortevole ed una qualità globale elevata, anche se elementare. A questo punto, la collina artificiale si propone come una soluzione che sfrutta tecnologie consolidate, quelle povere, e quelle ricadute dell’alta tecnologia, la flessibilità d’uso dei materiali, la personalizzazione delle facciate, la possibilità di
portarsi a casa il proprio giardino, di creare materiali e strategie progettuali che consentono la naturalizzazione dell’ambiente domestico (ventilazione e illuminazione naturale) e di economizzare sulla base della vicinanza al luogo di lavoro.” [“La collina
quantità di terreno naturale sottoutilizzato, elemento di costo fondamentale nelle grandi città come Caracas. 2. Ridurre drasticamente i costi delle infrastrutture di servizi e commercio. 3. Possibilità di utilizzare procedimenti di autocostruzione, in modo parziale.
La collina artificiale è pensata come una “pelle” destinata ai residenti, integrata con il verde, con spazi di produzione su piccola e grande scala sostenibile, commercio, interscambio e attività culturali, ai cui si attribuisce la potenzialità di assorbire i costi delle strutture e il funzionamento delle istallazioni principali.
Partendo da queste premesse, sembra inevitabile la necessità di scegliere schemi di città verticale, solo per rispondere alla necessità di diminuire l’incidenza del costo del terreno. Tenendo conto anche altri fattori, si potrebbe pensare a uno sviluppo di strutture abitative low cost lungo degli assi ben definiti, attraverso i quali si possano concretare tutte le arterie di servizi che danno vita al complesso.
artificiale: un’idea per edifici in multipiano nei paesi in via di sviluppo” – Dipartimento Casa Città – Politecnico di Torino]
Lo sviluppo del progetto dalle colline artificiali viene a partire da tre punti fondamentali: 1. Necessità di ridurre i le
120 In ogni triangolo formato tra la copertura e le piattaforme, ci sarĂ uno spazio produttivo e comunitario, dove gli abitanti potranno coltivare il proprio cibo
Il sole entra nella collina artificiale attraverso i vuoti della copertura e la disposizione delle piattaforme
Il vento in direzione nord-est attraversa la collina artificiale grazie all’orientamento delle abitazioni Le piattaforme esistono solo nei livelli delle zone pubbliche delle abitazioni, per creare gli accessi e offrire privacy alle stanze del livello superiore I volumi delle abitazioni escono dalla colina, creando un ritmo volumetrico e la proiezione di ombre sui prospetti
il verde è accessibile dal piano terreno
livello privato delle abitazioni livello pubblico delle abitazioni
piano terra commerciale
IL COMPLESSO LE COLLINE ARTIFICIALI E 121
IL CENTRO AGRICOLO
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GLI SPAZI
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LE ATTIVITA’
GLI EDIFICI
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LE COLLINE ARTIFICIALI TIPOLOGIE 03 03 04
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LE RELAZIONI TRA GLI ABITAZIONI
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RENDER PROGETTUALE
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GLI APPARTAMENTI TIPOLOGIE
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TIPOLOGIA 1 / 80m2 / 3 persone
TIPOLOGIA 2 / 90m2 / 4 persone
TIPOLOGIA 3 / 90 m2 / 5-6 persone
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IVOLUMI PROSPETTI E MATERIALI
131 Dentro i barrios di Caracas, il principale riferimento formale di questa tesi, i gruppi familiari normalmente sono più numerosi rispetto a quelli della città formale, ed è molto comune che varie famiglie si raggruppino in una stessa abitazione, indipendentemente dalle sue capacità spaziali. Nel progetto di questa tesi, le abitazioni presenteno differenti dimensioni, con l’intenzione di coprire le necessità di differenti gruppi familiari, dipendendo dal numero di integranti. Così, vediamo la “tipologia01”, con abitazioni di 80m2 divisi in due piani, per famiglie piccole o nuove famiglie di 3 persone. Nella “tipologia02” si aggiungono 10m2 in più per avere l’opzione di poter apliare l’abitazione mentre va crescendo anche il gruppo famigliare, mentre la “tipologia03” rappresenta l’abitazione già sviluppata e cresciuta, per l’uso di 5 o 6 persone. I prospetti rappresentano una parte molto importante del progetto, dato che simbolizzano la fase di costruzione dell’edificio dove gli abitanti potrebbero minimizzare i costi fabbricando i propri elementi di chiusura. Si propongono, allora, dei pannelli leggeri fatti con paglia, materiale autottono facile di trovare in giro, che funzionano come elementi di chiusura ed elementi di protezione solare. Alcuni volumi escono dai prospetti, creando ulteriori effetti di ombra e protezione. Le volumetrie rettangolari fanno sì che il risultato finale si veda come un insieme omogeneo di residenze.
CONCLUSIONI LA CARACAS FUTURA
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A Caracas, tutti gli elementi che rendono possibile la sostenibilità a scala metropolitana sono lì ma non visibili. Dopo tutto il processo di elaborazione di questa tesi, si percepisce che visualizzare una Caracas sostenibile che non era mai stata vista prima, anche se sembra un’utopia, risulta essere la miglior strategia di sostenibilità, soprattutto dopo aver analizzato le sue osservazioni e le sue potenzialità. E’ stata l’esperienza dell’analisi della realtà venezuelana, dei bisogni urbani, sociali e culturali della sua popolazione che
ha orientato il processo di questo progetto. La flessibilità della proposta fa sì che sia possibile propiziare un’infinità di attività tra uomo e natura, con spazi pieni di possibilità per vivere ed essere liberi spontaneamente. Caracas è cresciuta dando le spalle alle proprie risorse naturali, ed è giunto il momento di creare spazi urbani capaci d’integrare le diverse attività dei cittadini con i suoi principali bisogni: avere un’abitazione di qualità, lavorare, e produrre il proprio cibo. Per creare una strategia socio-sostenibile, è
necessario che il progetto sia un promotore di sostenibilità urbana, uno spazio didattico e produttivo. La proposta ha dovuto rispondere a concetti creativi del XXI secolo, con cui assicurare la sua efficienza. Tuttora, alla fine del processo, è possibile concepire una serie di potenzialità che nascono dal progetto e il suo programma: 1. Città e natura per tutti. La proposta concepisce la creazione di spazi dove il naturale e il costruito hanno la stessa importanza.
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2. Caracas sostenibile. Dal progetto escono strumenti di sostenibilità per la città attraverso la gestione degli spazi, in cui si creano modelli di pianificazione urbana ecologica che rendono Caracas un esempio di responsabilità ambientale per il resto del paese. 3. Cultura verde. Creazione e consolidamento di reti, organizzazioni, associazioni, e attivisti ambientali che fanno funzionare il complesso come un laboratorio di idee e pratiche per generare soluzioni e proposte di produzione sostenibile.
4. Rivalorizzazione della cultura rurale venezuelana. Riscatto non solo degli ambienti e paesaggi naturali propri di Caracas, ma anche delle tecniche tradizionali di coltivazione, generando “coscienza ecologica”, mentre, allo stesso tempo, si sviluppano nuove tecnologie di produzione. 5. Spazi produttivi e didattici. Sviluppo di capacità e abilità educative e lavorative. Il complesso funziona come un grande spazio supportato dai principi produttivi, diventando una fabbrica di lavori e conoscenze.
6. Creare la possibilità di rendersi conto che un altro “modo di vivere” per Caracas è veramente possibile. Proporre un sistema di gestione integrato e sostenibile che assicuri la soddisfazione di alcuni dei più importanti bisogni della popolazione venezuelana attraverso l’ecologia e la sostenibilità rende possibile l’espansione della cultura sostenibile dentro la città. Tutte queste potenzialità ed esperienze possono essere vissute dentro il progetto. “La Caracas futura” è una realtà che si spera non sia troppo lontana dal presente.
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BIBLIOGRAFIA CARACAS 2020: THE GROWING CITY A PROJECT ABOUT AGRO HOUSING & URBAN FARMING
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• Venezuelan Government Turns Large Estates Into Socialist Production Centers - Tamara Pearson • In Venezuela, Land Redistribution Program Backfires – Juan Forero • Venezuelan Government Takes Control of Rice Plants that Evade Regulated Prices – James Suggett • FAO (Food and Agriculture Organization) - http://www.fao.org/ • Caracas, Venezuela Embraces City Gardening for Improved Nutrition, Jobs - Michael Levenston • Food We Want: Sustainable, Local, Fair - http://wewantfood.opencontent.it/ • “Bean Tower: The Vertical Farm” (Tesi/Concorso) – Alessio Mattia e Silvio Marsanic. Relatore Roberto Apostolo • http://www.terredelvino.net/ • http://www.ecoblog.it/ • http://www.genitronsviluppo.com/ • Concorso “Ideas para La Carlota” – http://www.concursolacarlota.com • Miraorti – http://www.miraorti.com • http://www.alterrus.ca/verticrop/the-technology/