Agri-system - book di tesi

Page 1

A GR - SOCIAL

A GR - HOSTEL

A GR - SYSTEM

TRA ORTI E PADIGLIONI: RINASCITA DEL MERCATO COMUNALE AL QT8 IN UN NUOVO SISTEMA SOCIO - AGRICOLO C O O R D I N ATO P E R L ' O V E S T M I L A N E S E

A GR - DISTRICT

HUB



Andrea Bianchi Alessandra Claudia Ferrari Antonia Razza


Abstract

Abstract

04

L’Ovest Milanese è un territorio caratterizzato dalla presenza di un intensivo tessuto agricolo, contraddistinto dalla presenza di numerose cascine produttive attive o dismesse. Esso presenta anche una marcata divisione esistente tra i presidi agricoli e il tessuto urbano, immediatamente limitrofo, seppur quest’ultimo, nella sua costante espansione, sembra eserciti una pressione fortemente invasiva. Il progetto di tesi si pone l’obiettivo di accorciare le distanze tra queste due realtà e allo stesso tempo, in relazione alle caratteristiche suddette di tale territorio, facilitare e rendere più immediato l’accesso al cibo, anche per far fronte ad una situazione di povertà alimentare che pervade molti quartieri di questa parte di città. L’analisi effettuata delle criticità e delle potenzialità di questo territorio e degli attori che lo compongono ha dato luogo alla definizione di una proposta coordinata su tre differenti scale di progetto: una territoriale, una urbana ed una di dettaglio, focalizzata su una pre-esistenza oggi dismessa: l'ex mercato comunale del quartiere QT8. Principio ispiratore del progetto è determinare una maggior connessione e continuità tra la natura agricola e quella urbana del contesto, attivando alcuni interventi mirati. Si definisce, così, una sorta di triangolazione virtuosa tra tre grandi aree, attualmente inutilizzate o sotto-utilizzate, avviandone un processo coerente di riattivazione e potenziamento. Le aree coinvolte sono: la Cascina Melghera,


05

Abstract

che si sviluppa come un “Agri-Hostel”, l’Ex Deposito ATM, come un “Agri-SocialHub” e il Mercato del QT8, “Agri-District; essi costituiscono i nuovi poli attrattori di un circuito produttivo, distributivo e socio-assistenziale, denominato “Agri-System”. Il progetto pilota, testa del sistema, è rappresentato dal Mercato del QT8, dismesso ormai da circa dieci anni, luogo emblematico di socialità e attrattore del quartiere, già in precedenza destinato ad ospitare una funzione legata al cibo. La declinazione del progetto proposto si lega anche alla “Milano Food Policy”, una politica nata nel post Expo 2015, che promuove uno strumento di supporto per rendere più sostenibile il sistema alimentare milanese. L’Agri District viene declinato, nella tesi, come il mercato delle eccedenze dove si affronta la tematica sociale della lotta contro gli sprechi alimentari. Il sistema è strutturato come macchina organizzata in maniera stratificata facendo sì che, quotidianamente, il mercato riceva, dai presidi del territorio, prodotti in scadenza o in giacenza che verranno o rivenduti, o in parte trasformati all’interno del refettorio, il nuovo edificio di testa del quartiere. Nuovi orti urbani e didattici, inseriti nel parco Monte Stella, riattivano e restituiscono nuovi spazi per la socialità, attrattori anche per tutta la città di Milano.


Abstract

Abstract

06

The Western Area of Milano is characterized by the presence of an intensive agricultural structure, as well as numerous active or abandoned production farms. It also presents a marked separation between the agricultural garrisons and the adjacent urban structure, although the latter seems to exert a strongly invasive pressure caused by its constant expansion. The thesis project aims to close the gap between these two realities and, at the same time, in relation to the aforementioned features of this territory, to facilitate the access to food, also to cope with a situation of food poverty that pervades many neighborhoods in this part of the city. The analysis of this territory‘s criticalities and potentials and of the actors involved has resulted in the definition of a coordinated proposal on three different project scales: the territorial one, the urban one and the detailed one, focused on a currently abandoned pre-existence: the former municipal market of the QT8 district. The guiding principle of the proposal is to determine a stronger connection and continuity between the agricultural and urban nature of the territory, activating some targeted interventions. This defines a sort of virtuous triangulation between three large areas, currently unused or underutilized, starting a coherent process of reactivation and enhancement. The involved areas are: Cascina Melghera, which develops as an "Agri-Hostel", the former ATM depot, as an "Agri-SocialHub" and the QT8 Market,


07

Abstract

as an "Agri-District�; they become the new attracting poles for the production, distribution and social assistance circuit, called "Agri-System". The pilot project, the head of the system, is represented by the QT8 Market, which has been abandoned for about ten years, an emblematic place for socializing and an attractor for the neighborhood, previously intended to host a food-related function. The declination of the proposal is also linked to the "Milano Food Policy", born after the Expo 2015, which promotes a support tool to make the Milanese food system more sustainable. The Agri District is declined as the surplus market where the social issue of the fight against food waste is addressed. The system is structured as a machine organized in various layers, ensuring that local branches would provide the market with expiring or in-stock products which will either be resold or partially transformed inside the refectory, the new head building of the neighborhood. New urban and educational vegetable gardens, designed in the Monte Stella park, reactivate and give new socialization spaces for the neighborhood and the whole city of Milano.


1

L’evoluzione del settore Ovest di Milano

I presidi della città

Indice

08

2

1.1 Una città agricola p.12 1.2 L’urbano invade l’agricolo p.26 1.3 Il settore ovest oggi p.41

3

2.1 Le cascine dell'ovest p.60 2.2 La didattica attraverso le scuole p.87 2.3 I comitati di quartiere di un territorio fragile p.98

Il progetto per l’ovest milanese 3.1 La percezione del settore ovest p.109 3.2 Le criticità del territorio p.121 3.3 Il masterplan p.125 3.4 Agri-system p.141


4

Il quartiere Triennale 8

Il mercato comunale

6

5.1 Il Mercato del QT8 p.178 5.2 Il mercato comunale nella storia p.189 5.3 Casi studio di mercati contemporanei p.198 5.4 Il mercato delle eccedenze p.212 5.5 Food for soul: casi studio p.223

Il progetto del Mercato del QT8 6.1 Concept e assetto planivolumetrico p.234 6.2 Gli edifici del nuovo fronte p.241 6.3 Il nuovo mercato comunale p.259

Bibliografia e periodici

p.274

09

Indice

5

4.1 L’VIII Triennale di Milano p.152 4.2 Il quartiere sperimentale dell’VIII Triennale p.160



1

L’evoluzione del settore Ovest di Milano


1.1Una città agricola

Il contesto milanese

l’evoluzione del settore ovest di Milano

12

L’immagine di una Milano industrializzata è, secondo differenti fonti storiche, piuttosto recente. Uno sguardo alla cartografia dell’Istituto Geografico Militare1 (IGM) di inizio Novecento (fig. 1), mostra l’ampia estensione del territorio destinato all’uso agricolo, fino ai confini della città urbana. Una divisione tra urbano e rurale che è venuta a mancare nel corso degli anni. Spazi agricoli e presidi storici legati a quell’attività, hanno caratterizzato il territorio milanese fin dal Medioevo e risultano essere ancora oggi spazi consistenti, pur essendo in molti casi inframmezzati al tessuto propriamente urbano, specialmente nelle aree più prossime al più compatto ambito della città. Una premessa in cui si fa riferimento all’intera area metropolitana e non ai soli confini amministrativi del capoluogo. “La Città metropolitana di Milano comprende 134 comuni su un’area di 1.575 km2 e conta circa 3,2 milioni di abitanti, più del 30% dell’intera popolazione regionale. La superficie destinata all’agricoltura (Sau2) ha un’estensione di 66.461 ha. Se si dà uno sguardo alla Produzione Lorda Vendibile (Plv3), per capire i settori di maggior peso nell’agricoltura Milanese, si constata che la produzione animale incide per quasi il 60% del totale (2013). La produzione di latte è pari al 37,7%, quella di carne al 19,2% (con una prevalenza di carne bovina pari al 9,1%), le altre produzioni animali rappresentano il 2,9% della Plv. La produzione vegetale è pari, invece, al 40,1 % del totale con una chiara prevalenza di quella cerealicola (20,9%): in di ente cartografico dello Stato italiano, ai sensi della legge n. 68 del 2 febbraio 1960 1 L’Istituto Geografico Militare è un istituto che svolge le funzioni 2 Insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti e pascoli e castagneti da frutto. Essa costituisce la superficie effettivamente utilizzata in coltivazioni propriamente agricole. È esclusa la superficie investita a funghi in grotte, sotterranei ed appositi edifici. 3 La produzione lorda vendibile (Plv) è il ricavo della produzione al lordo degli autoconsumi e al netto de reimpieghi. Nella Plv viene conteggiato anche l’autoconsumo e il reimpiego.


particolare al mais sono destinati 18.380 ha, al riso 12.117 ha. Importante è anche la produzione di foraggere avvicendate (13.778 ha) e permanenti (7.780 ha) di servizio all’allevamento. Le aziende agricole attive in Provincia di Milano all’ottobre 2010 risultano essere circa 2.370 (Istat, 2010).”4

Consapevolezza del valore agricolo

4 fonte: www.agriregionieuropa.univpm.it 5 Legge Regionale 23 aprile 1990, n. 24. “Istituzione del parco regionale di cintura metropolitana Parco Agricolo Sud Milano”. (B.U. 27 aprile 1990, n. 17, 1° suppl. ord.) 6 Il parco agricolo Sud Milano è un'area naturale protetta della Lombardia che comprende un'estesa area ad arco di cerchio tra Milano e i confini sud, est e ovest dell'area metropolitana, interessando il territorio di sessanta comuni.

13 l’evoluzione del settore ovest di Milano

La consapevolezza del valore agricolo, non solo in senso produttivo, è cresciuta nel tempo. È negli anni ’60 che si istituiscono le prime aree protette da sottrarre a nuove edificazioni. Un esempio è il PRG di Milano del 1953 che destina a verde pubblico l’area agricola che poi diverrà, nel 1967, parco Forlanini: interessi ambientali che negli anni, precisamente nel 1990, porteranno la Regione Lombardia ad approvare la legge regionale n. 245 che diede vita al Parco Agricolo Sud Milano6 (fig. 2), grazie ad un comitato di proposta costituito dai Comuni interessati. Il PASM (Parco Agricolo Sud Milano) è un’istituzione di tutela che riconosce le attività agro-silvo-culturali come elemento fondamentale per lo sviluppo dei luoghi agricoli, puntando ad un miglioramento della qualità di vita dell’area metropolitana. La legge regionale 12/05 identifica “ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico” sotto molteplici punti di vista: economico-produttivo, ambientale e naturalistico, della forma del territorio e del paesaggio. Si assiste così oggi al nascere di un sempre maggior numero di iniziative (ad opera di istituzioni, cittadini o agricoltori), che testimoniano il valore identitario insito nell’attività agricola


FIG 1

l’evoluzione del settore ovest di Milano

14

Fig. 1 (in alto) - Cartografia dell’Istituto Geografico Militare in cui si vede l'estensione del tessuto agricolo Fig. 2 (in basso) - Estensione attuale del Parco Agricolo Sud Milano (PASM) con qualche dato riguardo agricoltura allevamento e agricoltura


e nel paesaggio che la genera. Queste iniziative trovano supporto in differenti politiche elaborate a più scale territoriali.

7 Il Piano Territoriale Regionale (PTR) è l’elemento fondamentale, individuato dalla Legge per il governo del territorio, di indirizzo della programmazione di settore per Regione Lombardia e di orientamento della programmazione e pianificazione territoriale di Comuni e Province. 8 Il Programma di sviluppo rurale (PSR) procede da una raccolta di dati statistici in ambiti prestabiliti e stabilisce le strategie, le priorità e gli obiettivi specifici da perseguire, formulando linee guida su soggetti beneficiari e importi disponibili per il sostegno finanziario in ordine a misure che sono già stabilite a priori in un allegato al detto regolamento di esecuzione UE n.808 del 2013. 9 Piano Territoriale Regionale (PTR) ST5.3 (ob. PTR 14, 21) 10 Piano Territoriale Regionale (PTR) ST5.3 (ob. PTR 14, 21), punto 6 e 7

15 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Le politiche territoriali a scala regionale utilizzano due principali strumenti di riferimento: il Piano Territoriale Regionale (PTR)7 e il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 (PSR)8. Il primo stabilisce le strategie di pianificazione e programmazione di scala regionale, con l’obiettivo di “Tutelare le aree agricole come elemento caratteristico della pianura e come presidio del paesaggio lombardo”9. Riferendosi all’agricoltura periurbana il PTR sottolinea una principale necessità: “Incentivare la multifunzionalità degli ambiti agricoli, per ridurre il processo di abbandono dei suoli attraverso la creazione di possibilità di impiego in nuovi settori, mantenere la pluralità̀ delle produzioni rurali, sostenere il recupero delle aree di frangia urbana. Conservare gli spazi agricoli periurbani come ambiti di mediazione fra città e campagna e per corredare l’ambiente urbano di un paesaggio gradevole”10. Anche il PSR 2014-2020, oltre ad essere strumento di supporto finanziario degli imprenditori agricoli, esprime alcune finalità connesse all’agricoltura urbana, come ammodernamento, multifunzionalità e miglioramento delle redditività delle aziende agricole. Supporta una migliore integrazione dei produttori primari nella filiera agroalimentare, introducendo specifiche forme di sostegno all’aggregazione di imprese agricole e altri soggetti per progetti finalizzati


allo sviluppo d’innovazione, alla costituzione di filiere corte, agli interventi per la sostenibilità ambientale, all’agricoltura sociale, all’educazione ambientale e alimentare.

l’evoluzione del settore ovest di Milano

16

La Regione Lombardia promuove inoltre, l’istituzione di distretti agricoli a sostegno della creazione di imprese con una produzione di qualità certificata, con l’obiettivo di conservare l’immagine del paesaggio lombardo come marchio di qualità dei prodotti alimentari e come risorsa culturale. I distretti agricoli lombardi sono oggi ventidue, dei quali quattro interessano strettamente l’area metropolitana milanese: il Distretto neorurale delle tre acque di Milano Dinamo11, il Distretto Agricolo Milanese Dam12, il Distretto Riso e Rane13, il Distretto agricolo del Fiume Olona Davo14. In particolare il Dam, consorzio costituito nel 2011 e formato da più di trenta aziende agricole, site nel territorio milanese, gestisce al 2015, circa il 40 % del territorio agricolo in comune di Milano (per una superficie coltivata di 1.155 ettari). L'agricoltura sociale è promossa da uno specifico articolo della Legge Regionale in materia di agricoltura n. 25/2011 atta a sostenere le imprese agricole “[…] che forniscono in modo continuativo, oltre all’attività agricola, attività sociali finalizzate alla coesione sociale, favorendo percorsi 11 Amministrativamente il distretto Milano Dinamo si viene a costituire con una ideale funzione di “ponte” tra due province, Milano e Pavia e, ampliando lo sguardo, anche tra due regioni: Piemonte e Lombardia 12 IIl Consorzio DAM Distretto Agricolo Milanese, è stato costituito il 28 gennaio 2011 al fine di valorizzare le attività agricole e sostenere le imprese del settore operanti nel comune di Milano 13 Il Distretto rurale “Riso e rane” occupa un’area della Provincia di Milano che comprende 23 comuni dove la coltivazione del riso riveste una importanza di assoluta rilevanza economica ed incide profondamente sugli aspetti paesaggistici, ambientali, storici e culturali del suo territorio rendendolo unico nel suo genere e fra i più rappresentativi della pianura lombarda. 14 Il distretto agricolo del fiume Olona Davo è un Distretto Agricolo, che riunisca le energie presenti sul territorio dell’ambito vallivo, nasce all’inizio del 2011, dalla volontà di alcuni consorziati affiliati al Consorzio del Fiume Olona e ciò sulla base della consapevolezza secondo cui l’organizzazione in distretti può veramente rappresentare il modo migliore di ascoltare le necessità delle aziende, in questo momento di crisi e valutare ed enfatizzare le potenzialità che la nuova PAC potrà offrire al settore produttivo primario.


terapeutici, riabilitativi e di cura, sostenendo l’inserimento sociale e lavorativo delle fasce di popolazione svantaggiate e a rischio di marginalizzazione, realizzando attività̀ di natura ricreativa e socializzante per l’infanzia e gli anziani” 15.

15 Legge Regionale dicembre 2011, n.25, Art. 8 bis, punto 1 16 Itinerari cicloturistici ad anello pensati per il tempo libero e per conoscere e valorizzare i paesaggi del territorio ad ovest di Milano. I percorsi sono segnalati e commentati da una specifica segnaletica sul territorio. 17 Il progetto del Parco delle Risaie è nato dall’incontro tra alcuni cittadini del quartiere Barona, alla periferia sud di Milano, e gli agricoltori della zona, con lo scopo di conservare la terra e il paesaggio rurale delle risaie, percepito come elemento importante per la qualità della vita e dell’ambiente urbano. 18 Il parco agricolo del Ticinello è un parco della città di Milano, situato a est di via dei Missaglia e della fascia urbanizzata che lo accompagna da piazzale Abbiategrasso, di fronte al quartiere milanese del Gratosoglio.

17 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Le politiche a scala metropolitana hanno come modello il Parco Agricolo sud Milano (fig. 3), che costituisce nel panorama europeo la prima esperienza di parco agricolo, tanto da essere considerato un esempio a cui far riferimento. Il PASM ha un proprio marchio di qualità e da diversi anni promuove diversi progetti a sostegno della produzione agricola e di una possibile fruizione da parte dei cittadini all’interno del contesto agrario. Un esempio su tutti è il progetto Let Landscape Expo Tour16, pensato come miglioria del paesaggio agrario e come collegamento tra differenti risorse ed ambiti della città mediante l’utilizzo di percorsi pedonali. All’interno dei confini del Parco Agricolo Sud Milano e non solo, sono stati costituiti nuovi parchi agricoli con un approccio bottom-up, a cui cittadini e agricoltori lavorano congiuntamente per la loro formazione e gestione: esempi concreti sono il Parco delle Risaie17 o il Parco del Ticinello18. Il Parco delle Risaie, che copre un’area agricola di 650 ettari nel sud-ovest della città di Milano e, in parte, nei comuni di Buccinasco e Assago, completamente circondata dal tessuto urbano, è considerato una sperimentazione pilota.


l’evoluzione del settore ovest di Milano

18

Fig. 3 - Sequenza di immagini del Parco agricolo Sud Milano


Forme di agricoltura urbana a Milano: tra tradizione e innovazione Agricoltura urbana professionale Negli ultimi anni una ricerca continua di prodotti locali di alta qualità, di dignità del lavoro agricolo, di rispetto dell’ambiente, hanno portato il cittadino a rivalutare l’aspetto culturale e storico insito nel territorio milanese attraverso una vendita diretta di prodotti locali. E’ ormai 19 L’ Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale (AQST) unisce e sancisce l’impegno di soggetti pubblici e privati nel consolidamento della matrice rurale dell’area metropolitana milanese. L’accordo è stato promosso da Regione Lombardia, vede come Responsabile il Comune di Milano e si basa sul riconoscimento del ruolo che i sistemi rurali integrati e un’agricoltura multifunzionale possono svolgere in riferimento al contenimento del consumo di suolo, alla fornitura di servizi.

19 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Le politiche in atto a scala comunale infine vengono racchiuse sotto il nome di “Milano Metropoli rurale”, un modello di governance sottoscritto dal Comune di Milano che mira alla valorizzazione del proprio vasto patrimonio agricolo. Si tratta di un Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale19 (AQST) nato formalmente nel Maggio 2012 con la firma, da parte di Regione, Provincia, Comune di Milano e Consorzio Dam, del Protocollo di Intesa per la condivisione della strategia di sviluppo urbano/rurale del sistema territoriale metropolitano milanese. Il piano è composto da macro-azioni che riguardano: il potenziamento e il miglioramento del sistema irriguo ed una conseguente riqualificazione e valorizzazione paesaggistica ambientale; l’innovazione dei prodotti e dei processi di produzione; la creazione di una filiera corta composta da una multifunzionalità; ed in fine la valorizzazione e promozione della cultura rurale presente sul territorio. Emerge quindi in maniera molto chiara la presenza di vari tipi di cooperazione tra agricoltori e cittadini, che mirano ad aumentare il legame territoriale tra agricolo e urbano, esplicitando così l’aspetto storico culturale del territorio milanese.


l’evoluzione del settore ovest di Milano

20

consolidato, ed in ulteriore espansione questo fenomeno, la vendita diretta, praticata in differenti luoghi; direttamente nelle fattorie, attraverso i mercati agricoli (tenuti in differenti periodicità) e tramite una fitta rete di Gruppi di Acquisto Solidale20 (GAS), istituti senza scopo di lucro, che effettuano l’acquisto collettivo di beni destinati ad una distribuzione con finalità etiche, sociali ed ambientalmente sostenibili. Esistono inoltre differenti forme innovative di filiera corta, come l’iniziativa promossa dalla Confederazione Italiana Agricoltori "MiGusto Città e Campagna"21, mercato con ristorazione agricola a filiera corta nato dall'incontro di contadini, cuochi, studenti, aziende e istituzioni, o il Distretto di Economia Solidale Rurale22 (DESR), associazione di cittadini e agricoltori nata nel 2008 all’interno del Pasm, che è una delle molteplici iniziative di collaborazione tra attori che caratterizzano oggi l’agricoltura della metropoli. Le fattorie turistico-ricettive inoltre sono una presenza consistente e diffusa nel territorio con forme prevalentemente legate all’agriturismo ed al centro equestre, contribuendo così all’avvicinamento del visitatore ad un ambiente differente rispetto a quello ormai comunemente vissuto dell’urbano. Un fenomeno emergente è quello delle Fattorie sociali, destinate prevalentemente al reinserimento lavorativo ove cooperative ed associazioni nascono non solo lontano dal centro abitato ma anche in area metropolitana. Esempi di questo tipo sono la cooperativa sociale La 20 I gruppi di acquisto solidale (GAS) sono gruppi di acquisto, organizzati spontaneamente, che partono da un approccio critico al consumo e che vogliono applicare i principi di equità, solidarietà e sostenibilità ai propri acquisti (principalmente prodotti alimentari o di largo consumo). 21 MiGusto Città & Campagna è il mercato con ristorazione agricola a filiera corta, in collaborazione con chef, istituti di formazione e imprese del noleggio di strutture temporanee. 22 Con il termine Distretto di Economia Solidale (Des) si intende “un progetto politico, culturale ed economico che mira a costituire una rete locale di soggetti interessati a diffondere e praticare l'economia solidale e il consumo critico nelle sue diverse accezioni” (Des Milano, 2004)


23 La Cordata è una Cooperativa sociale che attiva reti di supporto a chi vive un disagio e trova difficoltà ad inserirsi nella società; offre servizi di accoglienza, accompagnamento sociale ed educativo e ospitalità alberghiera di breve e lungo periodo. Crea e promuove i rapporti tra le persone. 24 Quarta Coordinata è un’associazione di promozione sociale che ha come filo conduttore di tutti i progetti il recupero del rapporto armonico tra Uomo e Natura e il miglioramento della Qualità della vita. 25 Comunità Nuova è un’associazione no profit che opera nel campo del disagio e della promozione delle risorse dei più giovani. 26 La cooperativa è nata nel dicembre 2007 nella Casa di Reclusione di Milano - Bollate. Vi lavorano giardinieri liberi insieme a giardinieri detenuti che, coordinati da Susanna Magistretti, imparano un mestiere e si impegnano in una produzione di qualità che soddisfi la domanda crescente di piante insolite, ma non per questo difficili o rare. 27 Progetto Biodiversità è un’idea nata dall'incontro di quattro donne e dall'adesione di altri appassionati dell'ambiente selvatico e domestico che hanno partecipato alla realizzazione di questo luogo virtuale. 28 Cascina Femegro, è sita in Zibido San Giacomo, provincia di Milano. Il fondo, localizzato all’interno del parco Agricolo Sud Milano, ha, allo stato attuale, una superficie complessiva di 90 ettari in proprietà. Il complesso rurale sorge lungo l’antico tracciato stradale che conduceva a “decimum” (centro principale dell’alto medioevo oramai scomparso) denominato “cascina Femegro” e citato come castello in un documento del 1275 (Figura 1), poi feudo dei Birago, per una donazione di Gian Galeazzo Visconti, fino al 1723.

21 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Cordata23 e l’associazione Quarta coordinata24 che lavorano prevalentemente con le disabilità; l’associazione Comunità nuova25 e la cooperativa sociale Cascina Bollate26 (fig. 4) volte al reinserimento dei detenuti nel mondo lavorativo. Emergenti sono anche le fattorie agro-ambientali: all’interno del PASM, 27 sono le fattorie che agiscono esplicitamente in favore dell’ambiente guadagnandosi il Marchio di qualità ambientale – Parco Agricolo Sud Milano. Dal 2001, inoltre, la Provincia di Milano ha attivato il Progetto biodiversità27 per la tutela di specie autoctone: 18 sono oggi le fattorie che allevano la razza Varzese autoctona della Lombardia e 3 quelle che allevano il pollo Milanino, anch’esso razza autoctona. Vi sono inoltre molti esempi di aziende che assumono consapevolmente una funzione culturale, esplicitando i valori storici e tradizionali dell’area, potendo, dove ve ne è permanenza, apprezzare edifici storici e paesaggi agrari mantenuti mediante tecniche antiche. Oltre alla funzione prevalente, le aziende milanesi mostrano una spiccata multifunzionalità al suo interno, ne è un esempio lampante Cascina Femegro28, situata nel Parco Agricolo Sud Milano, a pochi chilometri dal centro città. Si tratta di un esempio molto significativo per la permanenza


l’evoluzione del settore ovest di Milano

22

Fig. 4 (in alto) - Cascina Bollate: coperativa sociale che aiuta i detenuti a reinserirsi nel mondo del lavoro Fig. 5 (in basso) - Immagine storica della cascina Linterno nota tra le altre cose come dimora di Francesco Petrarca durante il suo soggiorno milanese Fig. 6 (al centro) - Mappa del parco BoscoincittĂ


Orticoltura urbana Nella città di Milano vi è inoltre una forte presenza di orti urbani che ne caratterizzano la lunga storia. Nel 1942 ad esempio gli orti erano destinati alla produzione di alimenti per sostenere la popolazione in tempi di guerra, potendo contare più di 10.000, molti dei quali sorti in aree di proprietà comunale. Nei successivi anni ’60 si percepisce una sempre più diffusa crescita di orti abusivi, sorti in particolare ai margini delle periferie; il fenomeno dell’abusivismo prevale fino agli anni ’80 quando il Comune inizia l’assegnazione di propri terreni a persone 29 Cascina Linterno (o Villa Linterno) è un'antica grangia del contado milanese esempio significativo di corte chiusa lombarda, nota per la tradizione che la identifica tra i quattro luoghi di cui si ha notizia come dimore di Francesco Petrarca durante il suo soggiorno milanese

23 l’evoluzione del settore ovest di Milano

degli edifici antichi (in cui funzioni agricole innovative sono inserite con grande rispetto per le preesistenze) e di pratiche agricole condotte in maniera tradizionale. Il paesaggio aperto intorno alla cascina include campi irrigui risalenti al Medioevo e incrementati con la costruzione del Naviglio Pavese e ancor di più nel XVIII secolo. Legata all’Ovest milanese, ambito di maggior studio di progetto, possiamo citare come presenze storiche di una certa rilevanza Cascina Linterno29 (fig. 5), un'antica grangia del contado milanese esempio significativo di corte chiusa lombarda. La cascina è nota per la tradizione che la identifica, essendo uno tra i quattro luoghi di dimora di Francesco Petrarca durante il suo soggiorno milanese (dal 1353 al 1361) ed essendo di essi l'unico ancora esistente. Lo attesta la lettera autografa di Petrarca all'amico Moggio di Parma, datata "Papiae 20 juni ad vesperam raptim" conservata alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, con un chiaro riferimento al toponimo originale "Infernum”.


l’evoluzione del settore ovest di Milano

24

prevalentemente anziane. Alla fine degli anni ’80 l’area metropolitana milanese conta circa 290 ettari di orti individuali e viene definita capitale italiana degli orti urbani. Oggi sono ampiamente diffuse diverse tipologie di orti, da quelli terapeutici, a quelli didattici, a quelli comunitari. Tipologia consolidata e comunque in crescita è quella degli orti sociali che conta 1378 lotti nella sola città di Milano. Di questi 874 sono di proprietà comunale; gli altri sono gestiti da altre istituzioni pubbliche, associazioni e privati. Questo fenomeno di crescita è comunque in espansione anche nell’hinterland. Tipologia ormai consolidata è quella degli orti urbani, che spesso caratterizzano superfici verdi del contesto agrario milanese. Un chiaro esempio di questa tipologia lo si può trovare nel parco pubblico Boscoincittà30 (fig. 6) che vanta duecento orti assegnati a cittadini che li coltivano con grande cura. Queste tipologie di orti, oltre ad essere un ottimo mezzo di riqualificazione del paesaggio in cui si inseriscono, coinvolgono i cittadini in ottime attività ed iniziative di partecipazione, aggregazione e composizione di un micro-paesaggio, dato dal rispetto del regolamento d’area che fornisce linee guida alle quali ogni assegnatario deve attenersi. In quest’area vi sono attualmente due principali spazi adibiti ad orti, gli Orti Mairea e gli Orti Spinè. Numerose esperienze caratterizzano quindi la metropoli milanese e testimoniano una sempre crescente consapevolezza del valore che l’agricolo in città porta con sé. E’ un oggetto di riflessione comune che interessa tutti i settori della società investendone gli aspetti sociali, di integrazione e

30 Boscoincittà è un parco pubblico del Comune di Milano con boschi, prati, corsi d’acqua, zone umide, circa duecento orti assegnati a cittadini che li coltivano con grande cura. Ci sono anche un laghetto, un giardino d’acqua, un apiario e un frutteto.


Fonti - https://www.agriregionieuropa.univpm.it - http://www.boscoincitta.it/ - http://www.cascinafemegro.it/ - https://cascinalinterno.it/ - http://www.parcoagricolosudmilano.it/

25 l’evoluzione del settore ovest di Milano

di costruzione di una comunità, non tralasciando l’attenzione al problema della sicurezza alimentare e dell’impatto della produzione alimentare sull’ambiente. Molto rilevante è inoltre l’attenzione all’agricoltura e al paesaggio agrario come fattore di identità e di creazione del luogo in cui vivere, rispettando le permanenze storiche ed il recupero delle tradizioni insite al proprio interno. L’agricoltura milanese è il soggetto principale per riscoprire la propria cultura e per trovare solide opportunità di crescita futura per la città. In un’epoca di profondo cambiamento dell’urbanizzazione, l’agricoltura urbana è occasione e strumento per ridefinire l’idea di città contemporanea, in cui l’opposizione fisica, mentale e sociologica tra urbano e rurale viene meno, per lasciare spazio a una integrazione di funzioni urbane, agricole, ricreative, ognuna con proprie specificità e ruoli, ma tutte di uguale importanza. È una prospettiva per costruire una Milano sostenibile.


1.2L'urbano invade l'agricolo

l’evoluzione del settore ovest di Milano

26

La trasformazione principale della città di Milano avviene in un secolo e mezzo di storia, circa dal 1861. La città cresce costantemente dai 196.000 abitanti fino a 1,7 milioni di abitanti nel 1974, con impennate vertiginose negli anni Venti e negli anni Cinquanta del secolo scorso. Decresce infine lievemente fino agli anni Duemila fino a stabilirsi su una quota di 1,35 milioni di abitanti nel 2016. A questi continui cambiamenti demografici corrispondono una serie di provvedimenti urbanistici, che seguono un modello monocentrico e a macchia d’olio. Nel 1861, in occasione dell’Unità d’Italia, Milano era una piccola città con 169.100 abitanti, caratterizzata da una separazione dal territorio circostante da una cerchia di mura che, perduta la funzione difensiva, serviva come confine daziario e come passaggio pubblico (fig. 7). Fuori dalle mura viveva ancora ciò che di Milano fece la storia, la cultura e la tradizione; la campagna, caratterizzata da elementi sporadici quali chiese e cimiteri, cascine e poche altre costruzioni. A nord, sorgeva il grande quadrato quattrocentesco del Lazzaretto e le principali arterie di collegamento tra il centro città ed i borghi lombardi circostanti.

Milano cresce senza piano (1861-1884) Con l’unificazione nazionale diversi fattori stimolarono la crescita della città. La rete ferroviaria è senza dubbio un elemento fondamentale in questa crescita. Nacquero le linee che collegavano la città di Milano a ovest con Torino, a nord con Monza e a est con Venezia. La linea Milano-Venezia fu tracciata attraverso il Lazzaretto, frammentando così la sua integrità. Successivamente, dopo


27 l’evoluzione del settore ovest di Milano

il 1882 , una lottizzazione intensiva le completò la distruzione. Dopo il 1842 si insediarono le prime industrie, specialmente nelle vicinanze delle linee ferroviarie, richiamate dal mercato milanese, dalla disponibilità di trasporti e delle facilitazioni daziarie di cui godeva il comune esterno, disposto ad anello attorno le mura spagnole. Nel 1873 l’aggregazione del comune esterno unificò la fiscalità del comune di Milano e sancì, anche amministrativamente, le interdipendenze tra il centro di Milano e l’hinterland. Successivamente a questa aggregazione fu fatto un primo tentativo di regolare e controllare lo sviluppo e l’edificazione sul territorio cittadino con la stesura di un piano regolatore, che ebbe però solo un valore guida senza essere propriamente utilizzato ed avere un valore legale. La lottizzazione selvaggia e fuori controllo del Lazzaretto e quella, del tutto simile, di Piazza d’Armi e del Castello Sforzesco, sollevarono nuovamente la necessità di un piano che regolasse la crescita della città. Nel 1884 la giunta conferì, sotto queste impellenti necessità, la progettazione di un nuovo piano regolatore all’ingegnere comunale Cesare Beruto (fig. 8). Il piano tracciava una zona di ampliamento costeggiando la cerchia delle mura spagnole, prevedendone la propria demolizione e la copertura del Naviglio interno, considerati ostacoli per le comunicazioni tra le zone. La superficie prima occupata dalle mura si sarebbe trasformata in una zona verde commista di poche costruzioni. Le lente operazioni di demolizione delle mura portarono nei successivi cinquant’anni a veder modificata la figura delle aree verdi previste per essere sostituite quasi totalmente da costruzioni. Il piano proponeva inoltre, attorno al Castello il Foro Bonaparte, formato da isolati destinati a residenza borghese


1861 1861

Legenda Legenda Milano Milano 1861 1861 Duomo -Castello -Castello Sforzesco Sforzesco Legenda Duomo Milano 1861Mura medioevali Mura medioevali Duomo -Castello Sforzesco Mura Mura spagnole spagnole Mura medioevali Confine Mura spagnole Confine attuale attuale di di Milano Milano di Milano 1861Confine attuale Confine attuale dei Confine attuale dei municipi municipi Confine attuale dei municipi Legenda

1861

Milano 1861 Duomo -Castello Sforzesco Mura medioevali 1884 Mura spagnole

Legenda Confine attuale di Milano

1884 1884

1861Confine attuale dei municipi Milano 1884 - piano Beruto

Legenda

Legenda Legenda

Duomo -Castello Sforzesco Milano 1861 Mura medioevali Duomo -Castello Sforzesco Mura spagnole

l’evoluzione del settore ovest di Milano

28

Milano 1884 - piano Beruto Mura medioevali Milano Confine attuale di Milano1884 - piano Beruto 1884

Confine attuale dei municipi Mura spagnole Legenda Duomo -Castello Sforzesco

Duomo -Castello Sforzesco Mura Mura medioevali medioevali Mura medioevali Mura Mura spagnole spagnole 1904 Mura spagnole Confine Legenda Confine attuale di Milanoattuale Confine attuale di di Milano Milano 1884 Confine attuale dei municipi Milano 1904Confine attuale dei municipi Legenda Confine attuale dei municipi Confine attuale di Milano Milano 1884 - piano Beruto Confine attuale dei municipi Duomo -Castello Sforzesco

Duomo -Castello Sforzesco Milano 1884 - piano Beruto Mura medioevali Duomo -Castello Sforzesco Mura spagnole Mura medioevali Confine attuale di Milano Mura spagnole Confine attuale dei municipi Legenda Confine attuale di Milano Milano 1904 Confine attuale dei municipi Duomo -Castello Sforzesco

1904

1904 1904

Fig. 7 (in alto) - Milano durante l'unità d'italia: una città da 170.000 abitanti circa. Fig. 8 (al centro) - Milano nel 1884: anno della svolta con il piano Beruto (progetto piano regolatore a lato) Fig. 9 (in basso) - Espansione nel 1904

Mura medioevali Legenda 1947 Legenda Mura spagnole Legenda Confine attuale di Milano1904 Milano 1904 Milano 1904 Confine attuale dei municipi

Milano 1947 Legenda

Duomo Duomo -Castello -Castello Sforzesco Sforzesco Mura medioevali Mura medioevali Mura medioevali 1947 Confine attuale di Milano Mura spagnole Mura spagnole Mura spagnole Confine attuale dei municipi Legenda Confine attuale di Milanoattuale di Milano Confine Confine attuale di Milano Milano 1947 Confine attuale dei municipi Confine attuale Duomo -Castello Sforzesco Confine attuale dei dei municipi municipi Duomo -Castello Sforzesco Milano 1904 Mura medioevali Duomo -Castello Sforzesco Mura spagnole

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

1947

Legenda

1947 1947

Milano 1947

Duomo -Castello Sforzesco Mura medioevali


31 Il Piano Beruto è il primo piano regolatore della città di Milano. Steso ad opera dell'ingegner Cesare Beruto in una prima sua versione nel 1884, subì una lunga gestazione insieme con una profonda e accurata revisione, trovando l'approvazione definitiva soltanto nel 1889, anno in cui entrò in vigore.

29 l’evoluzione del settore ovest di Milano

di alto livello, traendone forte vantaggio dalla vicinanza con il parco Sempione, in corso di realizzazione nell’area della piazza d’armi. La distribuzione delle aree verdi, nella versione definitiva, tracciava due anelli alberati, uno sul perimetro esterno dell’edificazione e uno più interno, connettendo i principali parchi e i viali in direzione radiale. Questi ultimi costituivano anche i nuclei di connessione e passaggio tra il tessuto urbano e le aree rurali. Il sistema degli spazi pubblici, vie e piazze, assumeva un ruolo importante sotto l’aspetto della forma urbana, dovendo connotare gli spazi ed i percorsi urbani, definendone così gerarchie e punti di interesse. Non a caso questo sistema di vie e viali alberati è ancora tutt’oggi uno dei pregi più importanti del piano Beruto31. Il piano fu costantemente modificato e ridimensionato dalle varie pressioni emerse. L’edificazione fu estesa di 188 ettari verso nord-ovest, nelle zone considerate più salubri. Nei vent’anni successivi, tra il 1891 il 1911, si verificò un forte aumento della popolazione, che raggiunse quasi 600.000 abitanti, e portò ad una forte necessità di edificazione (fig. 9). Un’attività edilizia molto sostenuta portò alla costruzione di 220.000 nuovi vani e un insediamento forte delle principali industrie, che spinse l’amministrazione alla necessità di adeguare la rete di infrastrutture: gas, acquedotto, fognatura e l’avvio delle tranvie elettriche. La gestione del piano fu condizionata dalla mancanza di aree da destinare a servizi, costringendo così l’amministrazione a venire a patti con l’iniziativa privata. La poderosa crescita edilizia e l’aumento della scolarizzazione portarono ad


una nuova richiesta di servizi collettivi. Date le necessità non furono realizzati i giardini pubblici di via Melchiorre Gioia, il parco circolare a ovest del carcere di S. Vittore e le tre aree attrezzate con bagni pubblici. Molti altri interventi previsti vennero inoltre ridimensionati radicalmente.

Piani Pavia Masera e Albertini (1889-1940)

l’evoluzione del settore ovest di Milano

30

Il piano Beruto è stato quindi concepito come una modello radiocentrico che dal “centro unico e senza emuli”32 (Beruto), proiettava verso l’esterno tramite le radiali che collegavano il fulcro con il territorio. Tale modalità fu perpetuata anche nei piani successivi. Il piano Pavia Masera33 (fig. 10) del 1912 aggiunse un ulteriore anello di espansione e di edificazione, più esteso a ovest e a est, mentre il piano Albertini34 del 1934 allargò la zona di espansione fino a coprire quasi tutta l’attuale zona comunale. Le previsioni del piano Albertini erano sorprendenti e smisurate, con 10.000 ettari di nuova espansione, con un ulteriore aumento del reticolo stradale che lottizzava ogni angolo del territorio. Milano si espanse così seguendo una traiettoria uniforme che graverà per anni sugli sviluppi del capoluogo lombardo. La domanda se questo modello e questo perpetuarsi nel tempo fosse un fatto positivo sorse spontanea. Se uno sviluppo radiocentrico e uniforme poteva essere ragionevole per una città di 425.000 abitanti, risulta difficile pensare che sia di egual ragionamento per una di 1,3 milioni. Una risposta a questi interrogativi ci viene fornita dai risultati del concorso per il nuovo piano regolatore del 32 Citazione dell’ingegner Cesare Beruto in una relazione per la stesura del piano regolatore della città di Milano. 33 Il piano Pavia-Masera fu un piano regolatore e di ampliamento della città di Milano. Fu redatto dagli ingegneri comunali Angelo Pavia e Giovanni Masera nel 1909, adottato dal Comune l'anno successivo e ratificato dal Governo nel 1912. 34 Il piano regolatore di Cesare Albertini, ingegnere urbanista, del 1934, porta a compimento quell’opera di edificazione intensiva iniziata dalle lottizzazioni del piano Pavia-Masera, perseguita dall’amministrazione Chiodi e, successivamente, dal Commissario Prefettizio Ernesto Belloni.


La ricostruzione ed il boom economico post-bellico La situazione milanese dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale era drammatica (fig. 11-12); un quarto degli alloggi risultava distrutto o inagibile, molte aziende gravemente danneggiate, musei e biblioteche colpiti da ricostruire. Tale situazione risultava essere anche una preziosa opportunità per ricostruire seguendo nuovi indirizzi. Fu così presentato un nuovo bando di concorso dal blocco del piano regolatore del 1934, raggruppando nuove idee per un nuovo piano d’azione. Un modello di sviluppo alternativo fu proposto dal gruppo di Architetti Riuniti, composto da diversi architetti d’avanguardia milanese del tempo (Franco Albini, Ludovico Belgiojoso, Piero Bottoni, Ezio Cerutti, Ignazio Gardella, Gabriele Mucchi, Giancarlo

31 l’evoluzione del settore ovest di Milano

1926-27, bandito dal commissario prefettizio Ernesto Belloni. Alcuni progetti presentati affrontavano un differente modello di sviluppo della città, già sollevata da Cesare Chiodi, che in un documento presentava una tesi policentrica, limitando così uno sviluppo dell’aggregato principale. L’idea era quindi quella di una creazione di quartieri satellite dotati di tutti i servizi utili per creare un’autonomia rispetto al centro città. Il concorso fu vinto da Portaluppi-Semenza con un progetto che, pur con qualche correttivo, riproponeva il modello berutiano, ancor più accentuato dal funzionario comunale l’arch. Cesare Albertini, incaricato della redazione del piano, cancellando di fatto tutti gli aspetti correttivi. Il progetto secondo classificato invece fu firmato dal gruppo di urbanisti Giuseppe De Finetti, Alberto Alpago Novello, Giovanni Muzio e Gio Ponti, i quali proponevano di bloccare la crescita indifferenziata al limite esterno del piano salvaguardando aree verdi tra gli sviluppi radiali lungo le principali arterie regionali.


Milano 1884 - piano Beruto Duomo -Castello Sforzesco

1861

Mura medioevali Milano 1861 Mura spagnole Duomo -Castello Sforzescoattuale di Milano Confine Mura medioevali Confine attuale dei municipi Mura spagnole

Legenda

Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

1904

1884

Legenda

Legenda

Milano 1884 - piano Beruto

Duomo -Castello Sforzesco

Milano 1904

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

Duomo -Castello Sforzesco

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano 1904 Legenda Confine attuale dei municipi Milano 1904 Duomo -Castello Sforzesco Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

1947

l’evoluzione del settore ovest di Milano

32

Legenda 1947

Milano 1947

Legenda Duomo -Castello Sforzesco Milano 1947

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

Duomo -Castello Sforzesco

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

Fig. 10 (in alto) - Piano Pavia Masera Fig. 11 (al centro) - Milano nel 1947 Fig. 12 (in basso a dx) - Stato dei bombardamenti nel centro di Milano Fig. 13 (in basso a sx) - la Racchetta: l'incompiuta connessione tra il tratto di via Borgogna- corso Europa- via Albricci


35 Il Piano Venanzi viene adottato nel marzo 1948, partendo dalle proposte del piano AR e dalla consapevolezza che a Milano occorra investire nell’interesse della collettività, confrontandosi con la realtà delle cose, quartiere per quartiere.

33 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Palanti, Enrico Peresutti, Mario Pucci, Aldo Putelli, Ernesto Rogers). Nel piano proposto dal gruppo AR la rottura del modello radiocentrico era ottenuta con il contenimento della popolazione residente a 850.000 abitanti, con il decentramento progressivo da Milano di un terzo dei posti di lavoro nell’industria, con uno sviluppo nei quartieri dislocati all’esterno. Tale decentramento era ottenuto grazie al supporto di un sistema di ferrovie e metropolitane, ed un sistema di assi autostradali attrezzati. Un nuovo centro direzionale e la nuova fiera, secondo questo piano, si collocavano a lato del corso Sempione, mentre gran parte del settore ovest era destinata a grande parco urbano, costellato di attrezzature per lo sport e per gli spettacoli. A scala regionale questo assetto policentrico valorizzava i centri urbani di media grandezza. Il piano AR illustrava con chiarezza il tentativo di avviare uno sviluppo che ribaltasse quello monocentrico praticato fino a quel momento. Alcuni di questi principi, alla base del piano AR, furono assunti dal piano Venanzi, prevedendo una riduzione della superficie edificata e delle strade. Il piano introduceva la destinazione di ogni zona a una specifica funzione, seguendo la prassi della “zonizzazione”, introducendo inoltre la salvaguardia delle aree di verde agricolo e di verde pubblico con l’aggiunta di sistemi a supporto della popolazione residente. Successivamente alle elezioni amministrative del 1948 il piano Venanzi35 fu accantonato ed utilizzato un approccio del “giorno per giorno” procedendo con i piani di ricostruzione. Questi piani di ricostruzione post-bellica erano decisamente più permissivi degli standard abituali in termini di volumetrie, venendo approvati pur andando in conflitto con il piano


l’evoluzione del settore ovest di Milano

34

regolatore. Il PRG del 1953, pur introducendo nuovi strumenti come la zonizzazione, rimase comunque legato al modello radiocentrico non riuscendo a scalfire i principi ormai radicati nella pianificazione milanese. L’esempio che esplicita al meglio questi approcci radiocentrici, è la posizione del centro direzionale, che era scivolato tra la Stazione Centrale e Porta Nuova, in un’area molto vicina al centro storico, in netto contrasto con i propositi di sviluppo decentrato. Il progetto del gruppo AR prevedeva di destinare al centro storico spazi con funzioni residenziali e culturali, liberandolo gradualmente da quelle commerciali, direzionali e finanziarie. Il nuovo piano regolatore però non disciplinava in alcun modo queste scelte, lasciano così il centro in balia di pressioni speculative. L’incremento demografico molto forte ed una favorevole spinta economica innescò un imponente processo di rinnovamento e ricostruzione edilizia, incentivato anche da importanti sventramenti: come il tratto di via Borgognacorso Europa- via Albricci, la cosiddetta “Racchetta”36 (fig. 13). Il risultato di queste operazioni fu una densità edilizia che venne continuamente incrementata sia nel centro che nella fascia intermedia berutiana. Quest’ultima venne progressivamente saturata dando poca attenzione al verde ed ai servizi. Lo sviluppo di aree verdi e parchi pubblici risultava nettamente al di sotto dei primi intenti progettuali, realizzandoli quasi prevalentemente nelle zone periferiche, come il parco Forlanini, l’ampliamento del parco Lambro e a ovest il parco di Trenno. Nonostante la formazione di tali parchi lo standard di verde pubblico per abitante rimase al di sotto di quello delle principali città europee. 36 La “Racchetta” fu ideata dal cosiddetto Piano Albertini del 1934, come parte di una grande arteria attraverso il centro di Milano; l'attuale corso Europa, ottenuto dallo sventramento del quartiere del Pasquirolo, ne avrebbe costituito il primo segmento, con inizio nella nuova piazza San Babila.


Gli anni Settanta ed il Piano intercomunale Milanese

37 Il PIM svolge attività di supporto operativo e tecnico-scientifico nei confronti dei Comuni associati, della Provincia di Milano e di altri soggetti pubblici, realizzando studi piani e progetti in materia di pianificazione-programmazione territoriale, infrastrutturale, ambientale e in tema di sviluppo socio-economico locale.

35 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Un’inversione di tendenza nell’andamento della popolazione caratterizzò la storia milanese negli anni Settanta. Una riduzione dei numeri legati alla popolazione milanese non fu determinata solo dalle tante morti rispetto alle nascite, ma anche da una forte tendenza migratoria degli abitanti verso i comuni dell’hinterland, causati soprattutto dal costo degli alloggi e della vita in città. Milano trasformò la struttura produttiva della città, passando da una struttura prevalentemente industriale ad una basata sul terziario. Questa stasi portò il processo di urbanizzazione a rallentare e lo spostamento di un gran numero di abitanti verso l’hinterland portò ad una consistente modifica dei flussi di persone che risiedono nel comune. Questa modifica dei flussi portò anche alla costruzione, avviata nella seconda metà degli anni Settanta, delle prime due linee metropolitane, che pur modificando sostanzialmente la rete dei trasporti milanesi e confermando nuova efficienza, riconfermò il primato del centro storico e la struttura radiocentrica. Altri obiettivi della variante erano la riqualificazione degli edifici esistenti, la difesa delle residenze popolari nelle aree centrali, il miglioramento dei servizi collettivi ed il potenziamento dei trasporti pubblici. Gli effetti del boom economico portarono successivamente ad una progressiva occupazione del territorio, con edificazioni a densità piuttosto alte, esportando oltre i confini della città le attività più deboli, come ad esempio l’artigianato. Venne istituito quindi il Piano Intercomunale Milanese37, un’associazione volontaria tra 35 comuni ampliatasi a


l’evoluzione del settore ovest di Milano

36

97 nel 1968, delineandone così dei primi schemi. Una prima proposta, firmata dagli architetti Giancarlo De Carlo, Silvano Tintori e Alessandro Tutino, delineava un modello a turbina, nel quale si salvaguardavano numerosi spazi verdi. Definivano inoltre tre livelli territoriali: un capoluogo e l’immediato intorno, le aggregazioni intermedie ed infine i poli esterni. L’assemblea dei sindaci, visionato il piano, ne criticò l’approccio, che non doveva portare ad uno schema geometrico, ma ad un processo maggiormente articolato. A questa prima proposta si contrappose quella degli architetti Marco Bacigalupo e Ugo Ratti, che rispetto al modello a turbina esponevano uno sviluppo lineare che sfruttasse in maniera intensiva le strutture di trasporto. Queste due visioni inconciliabili non portarono ad una vera e propria stesura di un Piano Intercomunale assumendosi ugualmente alcuni meriti, tra cui il disegno dei sistemi dei grandi parchi metropolitani, tra cui il Parco Agricolo Sud Milano.

Gli anni Ottanta e le aree industriali dismesse Gli anni Ottanta delinearono una progressiva e sempre maggiore attenzione verso le aree industriali dismesse, riorganizzando la struttura policentrica del sistema degli insediamenti, con lo scopo di alleggerire e contrastare la persistente pressione del centro storico. Si accentuò il fenomeno del decentramento produttivo, facendo emergere, come già detto, la progettazione delle aree industriali dismesse. Opportunità progettuali che però vennero affrontate singolarmente, non creando così una visione d’insieme per il miglioramento della città. (fig. 14)


Fine XX secolo ed inizio XXI e le nuove trasformazioni strategiche Gli anni Novanta riprendono il trend proposto nei decenni precedenti, individuando diversi ambiti di trasformazione strategica, che spesso coincidono con i progetti d’area degli anni Ottanta. Diverse trasformazioni avverranno nel decennio successivo, rinnovando il paesaggio urbano milanese: l’area di Porta Nuova, il Quartiere Bicocca, le aree ex Montecity a est della stazione di Rogoredo, l’area ex Tibb a piazzale Corvetto, l’ampliamento della Fiera sulle aree ex Alfa Romeo al Portello (fig. 15). La differenza che caratterizzò questi interventi fu però il cambio di approccio stilistico architettonico più sbilanciato ad un generico internazionalismo, in un contesto milanese dove i primi grattacieli furono ammirati per la loro capacità di dialogare con il contesto.

Il Piano Regolatore Generale, che non delineava più una chiara linea da seguire per gli interventi della città, venne sostituito nel 2005 dal Piano di Governo del Territorio38 (PGT) per la pianificazione urbanistica a livello comunale. Il nuovo PGT di Milano, che viene approvato con i voti della sola maggioranza ed è vigente al 21 novembre del 2012, dovrebbe guidare tutte le prossime scelte di trasformazione urbana fino al 2030, procedendo ancora una volta ad un approccio che concede ampio spazio al mercato ed agli operatori privati. Le scelte sono affidate ad una fase attuativa, che non consenta un auspicabile strumento di indirizzo e controllo del territorio che aiuti a definire uno sviluppo della città e dell’hinterland, arrestando la storica crescita a macchia d’olio. Si percepisce come un limite nella pianificazione milanese sia costituito dalla difficoltà ad apportare un piano per l’area

38 Il Piano di governo del territorio è uno strumento urbanistico introdotto nella Regione della Lombardia dalla legge regionale lombarda n. 12 dell'11 marzo 2005.

37 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Il Piano di Governo del Territorio del 2005


1980

Legenda 1980 Milano 1980

LegendaDuomo -Castello Sforzesco Milano 1980

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

Duomo -Castello Sforzesco

Mura medioevali Mura spagnole Confine attuale di Milano Confine attuale dei municipi

l’evoluzione del settore ovest di Milano

38

Fig. 14 (in alto) - Milano espansione negli anni 80 Fig. 15 (in basso) - Esempi di rigenerazione urbana di Milano: il quartiere Bicocca e l'area Ex Alfa Romeo al Portello


metropolitana. Un cambio di tendenza potrà essere apportato da una visione strategica più generale di pianificazione urbana e di territorio, concependo così un’evoluzione della città di Milano che sia più accogliente e vivibile, riprendendo gli aspetti culturali e storici di un territorio che originariamente risultava essere con prevalenza agricola.

La ritirata agricola milanese

39 La Provincia definisce attraverso il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), ai sensi della l.r. n. 12 del 2005 "Legge per il governo del territorio", gli obiettivi generali relativi all’assetto e alla tutela del proprio territorio connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale.

39 l’evoluzione del settore ovest di Milano

L’incremento continuo di edificazione di natura residenziale e commerciale, presentato con l’evoluzione storica della città nelle pagine precedenti, ha portato a continue richieste di stralcio di aree verdi disponibili ai margini della città, come sta succedendo in gran misura per il Parco Agricolo Sud Milano. Queste numerose richieste vorrebbero sottrarre molte aree ai fini edificatori, per poter rimpinguare le casse comunali. La grande cementificazione che ha saturato il nord di Milano, tenta di avanzare verso questa distesa di verde che erroneamente viene vista come una grande area vuota, da riqualificare. E’ stata proposta una variante al PTCP39, che consiste nel rivedere i confini del Parco e le destinazione d'uso di molti terreni. Proposta dallo stesso Ente Gestore del parco (composto da Provincia di Milano e una rappresentanza dei Sindaci dei comuni del Parco), la variante è frutto delle numerose richieste di stralcio delle aree del Pasm, per poterle rendere edificabili, da parte di numerosi comuni che sostengono di non avere altre risorse se non gli oneri di urbanizzazione. Il rischio è un’eccessiva libertà nella riduzione delle superfici adibite a parco, che accentuerebbe la continua espansione del confine urbano milanese. Questa continua espansione ed il mancato incentivo


delle istituzioni, ha portato gli agricoltori ad abbandonare gradualmente le attività. Nel sud est milanese ci sono anche problemi di approvvigionamento acque, essendo la città di Milano un tappo al bacino idrogeologico delle risorgive. Il costante aumento dell'inquinamento e delle difficoltà incentivano gli agricoltori ad abbandonare o a cambiare tipologia di attività, malgrado l’altissimo numero di prodotti d’eccellenza nel territorio. Probabilmente il problema principale è proprio una vera mancanza di tutela di queste aree, utile però per realizzare una vera politica eco sostenibile. Il Parco è un indispensabile polmone verde per la città essendo l'unico grande ricambio d'aria del territorio. Una politica finalizzata al vero sviluppo agricolo e ambientale può fare del Parco un'invidiabile e irripetibile realtà per tutta l'Europa. Negli ultimi anni fortunatamente il Parco Agricolo Sud Milano è oggetto di attenzione da parte di molte realtà che si occupano di tutela. Un coordinamento tra tutte le realtà attive e sensibili di livello nazionale potrebbe aiutare a garantire l'integrità del Parco, sostenendo e confrontandosi con chi da anni lavora e vive sul territorio.

l’evoluzione del settore ovest di Milano

40

Fonti - https://www.italianostra.org - https://www.milanoattraverso.it/ - http://www.parcoagricolosudmilano.it/ - https://www.ordinearchitetti.mi.it


1.3Il settore Ovest oggi

40 Boscoincittà è un parco pubblico di Milano. L'area, di proprietà comunale, è data in regime concessionario per la gestione ad Italia Nostra. 41 Il Parco Aldo Aniasi, già Parco di Trenno, è uno dei parchi più grandi di Milano. A forma trapezoidale, si estende su oltre 50 ettari contraddistinti da prati delimitati da doppi filari alberati e piccoli boschi. 42 Il parco delle Cave è il terzo parco di Milano per dimensioni, dopo il parco Nord e il parco Forlanini, con un'estensione pari a 135 ettari. Situato nella parte ovest della città, circondato dai quartieri di Baggio, Sella Nuova, Quarto Cagnino e Quinto Romano, è caratterizzato da quattro bacini artificiali, uno stagno, boschi, corsi d'acqua, orti urbani, da un'area agricola con marcite e, soprattutto, dalla cascina Linterno. 43 Il Monte Stella, noto ai milanesi anche come La Montagnetta di San Siro e semplicemente Montagnetta per i residenti del QT8, è un rilievo artificiale che si trova nella zona nord-ovest di Milano, nel quartiere QT8, alto 50 metri.

41 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Il quadro territoriale sul quale concentreremo maggiormente l’attenzione, si inserisce nella fascia ovest milanese, tra la tangenziale e la cerchia della circonvallazione esterna, dove si trovano aree considerate libere di circa 900 ettari. Quest’area considerata comprende quattro grandi parchi pubblici comunali, gli ippodromi di San Siro e numerose aree agricole. La presenza di parchi pubblici è cospicua, considerando che solo Boscoincittà40, Parco di Trenno41, Parco delle Cave42 e Parco Monte Stella43 occupano complessivamente 350 ettari (fig. 16). Alcuni parziali collegamenti tra essi mirano alla creazione di un'unica grande area di verde pubblico per la città, essendo questi spazi molto amati dai cittadini, che ricercano in essi ambiti sportivi e ricreativi, spazi di natura e tranquillità, luoghi di vita all’aperto e di partecipazione. Gli ippodromi inoltre rappresentano una valenza culturale e sono un cuneo verde che penetra nella città, con oltre 100 ettari di piste di gara e allenamento (trotto e galoppo) (fig. 17). Le aree agricole occupano invece una superficie di oltre 400 ettari e sono gestite da 32 aziende agricole che producono riso, orzo, frumento, carne, latte e svolgono attività di turismo equestre. Sono assiduamente frequentate dai cittadini che le attraversano con segmentati percorsi di jogging, equestri e di


l’evoluzione del settore ovest di Milano

42

ciclo-turismo e costituiscono un ambiente di grande interesse perlacittà,interministoriciedidecongestionedelsistemaurbano. L’area verde evidenziata, rientra nel perimetro del Parco Agricolo Sud Milano e il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC)44 riserva alle aree a diretto contatto con la città la definizione di Territori di cintura urbana45, rispondendo così a due fondamentali esigenze: - “la tutela e il recupero paesistico e ambientale delle fasce di collegamento tra città e campagna” nonché “la fruizione culturale e ricreativa dell’ambiente del parco da parte dei cittadini”46 - l’attuazione di un ampio coordinamento con le iniziative di pianificazione della città, per la realizzazione di un disegno unitario dei margini urbani che tenga conto sia dei problemi connessi alla trasformazione della città, sia dei problemi di rimodellazione delle “aree di frangia”. A questo scopo il parco prevede, per questi territori, l’adozione di specifici atti di pianificazione detti “Piani di cintura urbana” (PCU), promossi “con i Comuni interessati e muovendo dalle iniziative pianificatorie dei Comuni stessi”47. Lo stesso PTC attribuisce al Piano di cintura dell’ovest Milano il nome di “Bosco in città” facendo riferimento all’intervento più significativo degli ultimi anni, e ne individua gli obiettivi nel “mantenimento e integrazione nel contesto del Parco delle aziende agricole; valorizzazione dei fontanili esistenti e da riattivare; integrazione dei parchi urbani di Milano, con forte presenza di spazi boscati; tutela, valorizzazione ed estensione degli ambienti con potenzialità naturalistiche 44 Il piano territoriale di coordinamento, in acronimo PTC, è un piano urbanistico che pianifica il territorio. Si può definire come il primo livello di pianificazione territoriale. 45 Spazi che compongono l’area dell’immediato intorno della città, definiti anche hinterland o area metropolitana 46 Finalità indicate dalla stessa legge istitutiva del parco, L.R. 24/90 47 art.26 delle Norme tecniche di attuazione del Parco


ed interesse ornitologico, con particolare riguardo a quelli situati nell’ambito del Parco delle Cave di Baggio”48. Nonostante la presenza di molti elementi di limitazione e di disturbo insiti in questo territorio, è indubbiamente possibile affermare che il paesaggio dei margini occidentali della città è oggi ancora in grado di esprimere valori positivi. Il territorio denota una propria identità la cui conservazione è legata al potenziamento degli elementi di integrazione, paesistica e strutturale, tra i margini urbani e gli spazi agrari di contesto del Parco Agricolo Sud Milano.

Il paesaggio attuale

Il paesaggio naturale All’interno dei confini dell’area indagata è difficoltoso riconoscere un paesaggio naturale, ma piuttosto componenti naturali trasformate dalle azioni umane che hanno impresso un significato ordinatore nel territorio. Ci si riferisce quindi a componenti vegetali e corsi d’acqua ancora presenti nel paesaggio rinaturalizzato contemporaneo. I boschi ad esempio, sono presenti in maniera residuale come frammenti sparsi, ad eccezioni degli interventi di forestazione urbana del Parco delle Cave e di Boscoincittà (fig. 18). Integrati a questi ambiti i fontanili costituiscono un elemento caratterizzante del paesaggio, disegnando lo skyline degli spazi aperti, ritmandone così le aperture e le chiusure all’orizzonte. Le strutture dei fontanili risultano in alcuni casi 48 Obiettivi dichiarati dal PTC per il piano di cintura dell’ovest milanese, a cui è stato attribuito il nome di “Boscoincittà”

43 l’evoluzione del settore ovest di Milano

L’analisi del territorio viene elaborata individuando i singoli elementi che compongono questo settore della città di Milano, come il paesaggio naturale, agrario e degli insediamenti urbani che danno forma allo scenario attuale.


V IA N OVARA

V IA N OVARA

LEGENDA Parco agricolo SUD Milano LEGENDASistema dei Parchi Urbani Parco agricolo SUD Milano Sistema dei Parchi Urbani

Cave

Cave

Aree agricole Parco urbano

Aree agricole Parco urbano

Bosco urbano

Bosco urbano

l’evoluzione del settore ovest di Milano

44

Fig. 16 (in alto) - Mappatura delle tipologie di verde esistenti nella zona ovest: in particolare i tre grandi parchi Fig. 17 (al centro a sx) - Vista aerea dell'Ippodromo del galoppo di San Siro Fig. 18 (al centro a dx) - Parco delle cave, immagine storica Fig. 19 (in basso) - Cascina Melghera, foto scattata durante il sopralluogo ad Ottobre 2019


ancora leggibili, seppur spesso sezionati dalle infrastrutture per la viabilità, o compressi tra i capannoni e i recinti degli insediamenti industriali (Settimo Milanese). Alcuni fontanili sono inglobati in parchi urbani come elementi paesaggistici e ambientali (Parco delle Cave, Boscoincittà), o come monumento nel centro abitato (giardini pubblici di Cornaredo). Gli specchi d’acqua presenti sono invece tutti artificiali e derivano da ambiti di attività estrattive dismesse. Il Parco delle Cave ad esempio ha recuperato questi contesti rinaturalizzandoli sotto il profilo ambientale, fruitivo e paesaggistico.

Il paesaggio agrario

49 Cascina Melghera è un classico edificio rurale lombardo, datato al XVII secolo, in mezzo a campi e risaie, nei pressi di Trenno, dove fino in epoca recente venivano ospitati stagionalmente i braccianti dell’azienda agricola gestita dal sig. Marziali. 50 Grande struttura agricola cinquecentesca, risulta censita per la prima volta nel 1605, durante la visita pastorale di san Carlo Borromeo alla pieve di Trenno.

45 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Nel comune di Milano, tra il Parco di Trenno e la tangenziale ovest sono ancora presenti numerosi ambiti agrari. Tra il borgo di Trenno e il parco urbano Boscoincittà si trova un contesto agrario ben strutturato, con il complesso rurale però abbandonato della cascina Melghera49, al centro (fig. 19). Questo contesto è delimitato a nord da una serie di impianti tecnologici e di infrastrutture e a sud dagli ultimi insediamenti della via Novara. Risulta invece aperto sul parco di Trenno e sul quartiere Gallaratese a est. Il nucleo di Figino risulta ancora isolato nella conurbazione mantenendo molti spazi considerati liberi, a nord scarsamente strutturati e parzialmente incolti; mentre a sud, verso la via Novara, è caratterizzato da spazi agrari coltivati che ne denotano notevoli valori paesaggistici. La cascina Bettola50 agisce come elemento di riferimento e di cerniera verso gli spazi aperti a sud della via Novara. Questi spazi tra Quinto Romano e la tangenziale, pur essendo coltivati, si presentano fortemente indeboliti, sia per la


l’evoluzione del settore ovest di Milano

46

presenza di attività marginali e incoerenti (grandi aree a parcheggio, depositi di strutture per attività commerciali, un vivaio abbandonato), sia per l’assenza di un centro aziendale di riferimento. Il complesso ricreativo di Aquatica51 , collocato in maniera del tutto casuale, costituisce elemento di separazione tra l’ambito agrario sopra citato e un limitato ma importante spazio ancora coltivato a nord-ovest di Baggio che ha come riferimento paesistico la casicna Meriggia52. All’esterno della tangenziale e delle barriere industriali, procedendo verso ovest, il paesaggio agrario diventa prevalente e più chiaramente strutturato. Si trovano residui di filari e siepi a margine dei campi, complessi rurali di pregio (Assiano, Monzoro) e insediamenti rurali che organizzano attorno a sé ambiti agrari ben strutturati (cascine Guascona e Guasconcina).

Il paesaggio urbano L’area di studio è circondata da insediamenti urbani, quali quartieri residenziali e terziari, caratterizzati anche da qualche intervento di interesse architettonico, che costituiscono il fronte urbano della città. La percezione dei centri dei comuni esterni è invece filtrata da aree industriali e impianti tecnologici che ne abbattono il possibile pregio paesaggistico. Nonostante ciò, la presenza degli ippodromi e dei grandi parchi urbani caratterizza fortemente ed in maniera positiva, l’ambito compreso entro la tangenziale. I borghi storici limitrofi a quest’area, Trenno, Quinto Romano e Figino, non sono ancora del tutto inglobati nel tessuto compatto della città. Sono sorti tuttavia nuovi complessi edilizi che hanno modificato sostanzialmente l’aspetto rurale e storico di questi luoghi. Nel caso di Quarto 51 Parco acquatico situato tra il territorio di Quinto Romano e quello di Baggio. 52 Il primo documento che ne attesta l’esistenza è un catasto del 1555, dove appare estesa soprattutto per quanto riguarda le pertiche di terreno annesso. Appartenendo alla famiglia Sfondrati, era detta anche cascina Sfondrata.E’ situata a nord di Baggio


I valori dell'area Malgrado le limitazioni dell’area esplicitate nei paragrafi precedenti, il paesaggio occidentale della città di Milano è oggi ancora in grado di esprimere, come già accennato, valori positivi ed una propria identità territoriale fatta di spazi costruiti, spazi aperti ed ambiti agrari con caratteri propri e leggibili. Gli elementi compositivi e caratterizzanti il paesaggio tendono a mettere in evidenza i diversi spazi e le loro connessioni.

47 l’evoluzione del settore ovest di Milano

Cagnino alcuni frammenti di tracciati storici e di complessi edilizi originari, prevalentemente cascine a corte, sono interamente inglobati nell’espansione edilizia. Il borgo di Baggio si è sviluppato con un forte impulso già dai primi anni del secolo scorso, prima con le residenze dei salariati agricoli, poi con le residenze operaie e per gli immigrati del dopoguerra. In tempi recenti il restauro del complesso edilizio del monastero e la riqualificazione dell’area verde centrale, ma soprattutto la formazione del Parco delle Cave, hanno rotto l’isolamento di Baggio pur conservandone l’identità. Quest’area di studio è spesso caratterizzata da elementi che creano barriere e divisioni tra i diversi luoghi, rendendone così difficoltoso l’attraversamento e la percorribilità di questi spazi. Sono inoltre presenti anche numerosi ambiti di degrado ed insediamenti di attività incompatibili con la qualità ambientale e paesaggistica. Lungo il margine meridionale della via Novara e tra Quinto Romani e il Boscoincittà si alternano contesti di paesaggio agrario, depositi di veicoli e aree di stoccaggio di materiali di recupero a cielo aperto, che rendono poco percepibile la qualità agricola di questo luogo.


Verso la città densa

l’evoluzione del settore ovest di Milano

48

Il contesto urbano è caratterizzato fortemente da elementi che denotano le linee del costruito, come il sistema degli ippodromi, lo stadio Meazza ed il Monte Stella (fig. 20). Il sistema del Monte Stella rappresenta non solamente un pezzo della storia della città, ma ne costituisce anche uno degli ambiti urbani di maggior pregio con i viali alberati che lo circondano e lo connettono al sistema limitrofo di piazzale Lotto e degli ippodromi. A quest’ultimo sistema degli ippodromi si affianca, in continuità spaziale e visiva, il Parco di Trenno. La strada per Trenno, che segue il tracciato storico che univa il borgo alla via Novara, segna il bordo del parco e contemporaneamente il limite della città verso la campagna, con aperture che in più punti proiettano verso gli spazi verdi attrezzati del comprensorio agricolo della Melghera. La città si è sviluppata, nella porzione più interna, attraverso schemi edilizi compatti e continui lungo le principali strade, con orientamenti precisi in funzione dei fronti stradali. In tempi più recenti lo sviluppo è avvenuto con schemi edilizi aperti, con orientamenti casuali, legati principalmente alla forma e alla dimensione di quartieri autonomi.

Contesti rurali storici La presenza dei nuclei che governavano gli spazi agrari ai confini della città, storicamente definiti, costituisce un elemento ordinatore degli spazi aperti esterni alla vera e propria città di Milano. Trenno ad esempio possiede un centro storico riconoscibile, e mantiene uno stretto rapporto verso nord e ovest con lo spazio agricolo governato dalla cascina Melghera e verso sud dal Parco di Trenno. Meno percepibili sulla carta, ma di estrema importanza per la conservazione dell’identità del nucleo, sono i brevi spazi aperti che lo separano dal


53 Nome che probabilmente ha origini longobarde, Ghisulf. Vicino vi era anche la cascina Ghisolfetta e una graziosa chiesetta risalente al 1505, Santo Spirito alla Ghisolfa. 54 Struttura agricola di origine remota, con molta probabilità si trattava inizialmente di una grangia dei monaci Benedettini. Non lontano, sfruttava un mulino azionato dalla roggia nascente dal fontanile Olonella.

49 l’evoluzione del settore ovest di Milano

quartiere Gallaratese, mentre la cascina Maura, costituisce il perno di connessione con il sistema degli ippodromi. Boscoincittà (fig. 21) è considerato invece un elemento paesaggistico nuovo, molto apprezzato e conosciuto nell’area. Assume attualmente una valenza ordinatrice come elemento di definizione e cornice degli spazi agrari relativi ai due nuclei di Trenno, appena citato, e di Figino. Figino è invece forse l’unico nucleo storico decisamente isolato rispetto alla città. In tempi recenti una moderata espansione urbana ha chiuso quasi completamente gli affacci del centro storico, con i suoi orti e giardini, sulla campagna. Il campanile di Figino rappresenta un segnale visivo ben chiaro e percepibile dalla via Novara. L’ambito agrario di contesto di Figino è definito verso est dal margine del Boscoincittà, mentre sugli altri tre lati è circondato da infrastrutture di mobilità: la tangenziale ovest, la via Novara e la nuova tangenziale di Pero. A nord della tangenziale di Pero gli impianti dell’inceneritore delimitano, assieme agli interventi di mitigazione in atto, uno spazio ancora coltivato, raggiungibile attraverso l’antica strada che collega Figino alla cascina Ghisolfa53 e a Rho. Ancora definita e in grado di superare la tangenziale è la strada che da Figino conduceva alla cascina Figinello54 e all’ambito agrario di Vighignolo. Essenziale, per la percezione dell’identità del nucleo, risulta la conservazione all’uso agricolo degli spazi aperti a sud, lungo la via Novara, che fanno capo al nucleo stesso di Figino e alla cascina Bettola. Ad est, il Centro per la forestazione urbana, nell’estensione degli ambiti a parco, ha già formulato le


l’evoluzione del settore ovest di Milano

50

Fig.20 (in alto) - Stadio di San Siro (fig. piccola) e vista dal parco Monte Stella Fig. 21 (al centro) - Cascina san Romano, BoscoincittĂ Fig. 22 (in basso) - Parco delle cave si affaccia sul centro di Baggio


55 Risalente al 1500, fino al 1596 appartenne ai nobili Rainoldi, un membro dei quali fece erigere una piccola chiesa annessa, dedicata a san Carlo Borromeo. Successivamente, la cascina passò ad un ramo della famiglia, che comunque ne mantenne la proprietà fino al 1753, allorquando passò di mano. 56 Il CFU è il centro operativo di Italia Nostra che dal 1974 progetta, realizza e cura Boscoincittà. Sin dalle origini ha promosso la realizzazione di altre aree verdi sia fornendo piante e attrezzi, sia consigli che spunti progettuali.

51 l’evoluzione del settore ovest di Milano

proprie ipotesi di conservazione e valorizzazione del nucleo, anche attraverso la salvaguardia di ampi spazi di paesaggio agrario. A differenza dei nuclei prima citati, Quinto Romano mantiene un proprio nucleo storico definito, ma di difficile visibilità a causa di ampi spazi di degrado urbano che lo circondano. A nord, verso via Novara, si riscontra un insieme disordinato di attività dedicate alla sistemazione di auto ed al proprio deposito; a sud depositi di roulotte e attività non ben riconoscibili che ne impediscono il contatto con il Parco delle Cave. Lo spazio agrario di contesto di Quinto Romano, malgrado i molti elementi di disturbo lungo la via Novara e l’abbandono dell’area del vecchio vivaio, è ancora integro e coltivato: si avverte qui la mancanza di un centro agricolo di produzione, con le funzioni di elemento ordinatore del paesaggio. Lo spazio libero sul margine orientale di Quinto Romano è stato recentemente integrato nel Parco delle Cave dove la cascina Caldera55 ne caratterizza il sito. Il parco alterna, secondo un progetto ben definito, ambienti di qualificazione naturalistica con altri aperti al pubblico passaggio, con orti urbani recuperati e riordinati e con ambienti agrari. Le sue funzioni di spazio aperto organizzato, così come per il Boscoincittà, sono arricchite da tutta una serie di iniziative promosse dal CFU56 che ne radicano la conoscenza e la funzione sociale nel territorio. Baggio infine è storicamente il nucleo maggiore all’uscita da Milano, lungo la strada per Cusago, Castelletto e Abbiategrasso (via delle Forze Armate). Mantiene un centro ben riconoscibile con il parco storico del Monastero, anche se affollato da interventi edilizi privi di un vero e proprio


principio d’ordine; l’affaccio sul Parco delle Cave è ancora scarsamente definito, ma il legame tra l’insediamento e il parco è ormai consolidato (fig. 22). Si può considerare come ultimo lembo del paesaggio agrario di Baggio l’ambito compreso tra l’insediamento di Aquatica, la tangenziale e la cascina Meriggia: si tratta di una piccola enclave, ben conservata anche per la presenza di un parco urbano di recente realizzazione, che potrebbe ben collegarsi con il Parco delle Cave e con l’ambito agricolo di Quinto Romano.

Percorribilità e fruibilità

l’evoluzione del settore ovest di Milano

52

Questo particolare paesaggio, ancora pieno di possibilità consistenti, per essere percepibile deve poter rispondere a due necessità fondamentali: la percorribilità e la fruibilità.

Percorribilità La percorribilità di un paesaggio ci dà la possibilità di conoscerne i suoi spazi ed apprezzarne le sue caratteristiche e si realizza attraverso strade di grande scorrimento, strade locali e percorsi ciclopedonali. Ognuna di queste modalità ha le proprie caratteristiche di percezione. Dalle strade a scorrimento veloce, come autostrade, superstrade e grandi assi di uscita dalla città, si percepisce il paesaggio come ambito complessivo, nel quale spiccano scenari di ordine/disordine ed i suoi punti di riferimento emergenti. Le strade locali percorrono invece i percorsi che storicamente collegavano i differenti insediamenti e piccoli nuclei, ed in questo senso possono essere considerati itinerari di conoscenza di questi luoghi. Con una velocità di spostamento minore si possono, in questo caso, percepire più facilmente i segni che definiscono il paesaggio, come presenze storico-monumentali, nuclei originari, gli spazi


Fruibilità La possibilità di fruire del paesaggio è strettamente legata ai suoi elementi di riferimento. A differenza di boschi e parchi urbani, la cui comprensione e fruizione può essere semplice e diretta, per un paesaggio agrario progressivamente indebolito, o un nucleo storico, la possibilità di utilizzo è più difficoltosa. La conservazione dei coni visuali sui campanili e dei rari affacci delle strutture originarie sulle campagne (Trenno) e la valorizzazione dei complessi rurali di riferimento, sono obiettivi che possono aiutare la fruizione dei luoghi in questi contesti spaziali. Riferimento importante si fa anche per gli effetti negativi delle barriere infrastrutturali, la cui attenuazione si

53 l’evoluzione del settore ovest di Milano

aperti, i grandi viali alberati e il complesso degli spazi pubblici. L’ultimo percorso citato, quello ciclopedonale, è considerato come il prediletto per lo studio e l’ipotesi progettuale, da noi sviluppato, legata a questa porzione di territorio. Una percorribilità lenta che consenta di cogliere e confrontare gli aspetti specifici di ogni contesto attraversato e di collegare diversi ambienti a contatto: i campi, il bosco, i centri storici, i complessi rurali; in un’ottica di migliorare, potenziare e far percepire tutti gli aspetti storici legati a questo territorio, esaltandone le caratteristiche agricole e paesaggistiche insite nel luogo. Una ricerca ed un’ipotesi progettuale che mira a portare questi aspetti, scorci e scenari all’interno di un contesto maggiormente costruito e urbano, che nell’ultimo secolo ha preso il sopravvento. Il problema maggiormente noto e che va considerato è l’attraversamento delle barriere infrastrutturali, sia sotto il profilo della fattibilità, sia sotto il profilo di una vera e propria attrezzatura dei passaggi (sicurezza, piacevolezza, riconoscibilità).


può ottenere con una precisa riprogettazione dei bordi, che tenga conto degli ambiti storici dei paesaggi che attraversa.

Le proposte di Italia Nostra

l’evoluzione del settore ovest di Milano

54

Danilo Bertoni et al. affermano che “Perché il territorio del Piano di cintura non sia uno spazio chiuso e avulso dal contesto del Parco agricolo sud Milano e dell’intero complesso della città, è necessario prevedere spazi, percorsi e ambiti di collegamento con quanto lo circonda. Ciò vale sia in relazione ad una maggiore tutela del paesaggio, sia soprattutto rispetto alla necessità di realizzare una rete ecologica, che garantisca la generale conservazione dell’ambiente. La carta del paesaggio indica in modo simbolico le principali direttrici da sottoporre fin d’ora a particolare tutela. […] Verso ovest, si apre il grande territorio agricolo di cintura metropolitana del Parco agricolo sud Milano, con un paesaggio ben conservato di campi e aste di fontanile boscate; si tratta di potenziare gli itinerari storici e la rete della percorribilità ciclabile. Verso sud-ovest, le connessioni tra Baggio, Muggiano ed Assiano conducono verso l’area delle cascine Guascona e Guasconcina, indicate dal PTC del Parco agricolo sud Milano come aree di transizione tra città e campagna, da potenziare sotto il profilo della fruizione anche in rapporto ai fronti urbani meridionali di Trezzano e Cesano Boscone.” (Natura e agricoltura, nuovi paesaggi per la città, 2005, pg. 23)

Il comprensorio agricolo a supporto della città Come esplicitato precedentemente, il territorio ovest del comune di Milano è caratterizzato dalla presenza di una consistente superficie aperta a gestione agricola, tuttavia costretta tra le aree fortemente urbanizzate dell’hinterland e della città stessa. Questa vicinanza, o in molti casi il contatto diretto, tra queste due


57 Il progetto coinvolge una partnership multidisciplinare e multilivello che rappresenta 6 diverse aree metropolitane del Mediterraneo: Barcellona, Marsiglia, Montpellier, Bologna, Salonicco e Tirana. Il progetto è partito in febbraio 2017 e durerà 18 mesi.L'obiettivo è evidenziare il potenziale dell'agricoltura urbana per lo sviluppo di un'economia innovativa, sostenibile e responsabile, il seminario ha riunito infatti le voci delle più avanzate esperienze realizzate in Italia e in Europa, offrendo ai partecipanti una preziosa opportunità di conoscenza e approfondimento sul tema. 58 Il programma Interreg MED riunisce 13 paesi europei dalla sponda settentrionale del Mediterraneo. Stanno lavorando insieme per una crescita sostenibile nella regione. Il programma sostiene progetti che sviluppano concetti e pratiche innovativi e promuovono un uso ragionevole delle risorse.

55 l’evoluzione del settore ovest di Milano

realtà determinano una competizione per l’uso dei suoli, che conduce ad una perdita delle possibilità di programmazione, progettualità e investimento per le aziende agricole situate in questa porzione di territorio. Il tema del mantenimento dell’agricoltura intorno alle città è fortemente avvertito in molte aree metropolitane europee come dimostra il progetto europeo MADRE57, co-finanziato dal programma Interreg Med58. Molte di queste mostrano come le aree agricole assediate da fenomeni di urbanizzazione e degrado possano in realtà fornire alla cittadinanza una serie di servizi di carattere ricreativo, educativo, culturale, paesaggistico e alimentare, giustificando così interventi di salvaguardia e valorizzazione. L’ovest milanese fa interamente parte della fascia dei fontanili, dove le acque di falda, incontrando strati di terreno impermeabile, riemergono in superficie dando luogo al fenomeno delle risorgive. Le acque di risorgiva, mediante lo scavo dei fontanili, vennero utilizzate a fini agricoli. L’abbondante disponibilità di acqua ha così favorito lo sviluppo agricolo di questa porzione di città. Questa ricchezza del territorio ha favorito negli anni la presenza di numerosi insediamenti, come i borghi e le numerose cascine citati. Alcune di queste sono ancora visibili ed utilizzate e rappresentano grande testimonianza storica della civiltà contadina. I moderni insediamenti hanno però prodotto un radicale cambiamento nell’assetto del territorio agricolo, che in molti casi ha perso identità andando incontro a fenomeni di destrutturazione, polverizzazione e degrado (fig. 23). Questo processo tuttavia non ha


l’evoluzione del settore ovest di Milano

56

Fig.23 - I moderni insediamenti distruggono il tessuto agricolo radicato sul territorio.


completamente alterato i caratteri del territorio, lasciando ancora rinvenibili vaste aree destinate alla produzione agricola, anche se con presenza di elementi di frattura. La presenza di parchi pubblici e di un ampio territorio agricolo, mantiene una sua identità e compattezza, producendo un’efficace combinazione, in grado di fornire alla collettività servizi di carattere ambientale, paesaggistico e ricreativo. La configurazione del territorio risulta quindi determinata dalla coesistenza di diverse tipologie e scenari, un più denso comparto urbano e differenti scenari di aree verdi, che permettono una possibile integrazione delle due grandi antagoniste, la città e la campagna.

Fonti - https://www.italianostra.org - http://www.parcoagricolosudmilano.it - http://www.boscoincitta.it - https://www.cittametropolitana.bo.it/progetti_europei - https://interreg-med.eu

l’evoluzione del settore ovest di Milano

57



2

I presidi della cittĂ


2.1Le cascine dell'ovest

I presidi della città

60

“A Milano ci sono 58 cascine di proprietà comunale. Molte di esse sono utilizzate come sede dalle associazioni del volontariato cattolico e laico e alcune mantengono un rapporto diretto con la coltivazione della terra. Altre ancora ospitano operatori nel settore della formazione e dei servizi. Ma alcune giacciono ancora in uno stato di semi-abbandono e di sottoutilizzo e aspettano da anni di essere recuperate e valorizzate. Le cascine comunali che perimetrano i lembi della nostra città - e che oggi in buona parte sono state assorbite dal suo sviluppo nel territorio perturbano - non rappresentano solo una risorsa formidabile di spazi da recuperare alla vita quotidiana; sono anche una parte importante della storia della nostra comunità urbana. Una storia che racconta di famiglie legate alla terra, di comunità di cittadini che hanno vissuto con disagi e sacrifici gli anni dell’urbanizzazione, di antiche abitudini di ospitalità e accoglienza perse nel tempo insieme con il degrado delle strutture edilizie che le ospitavano.” (Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, 2009, citato da Le cascine di Milano verso e oltre Expo 2015, 2009, p.7) (fig. 1)

L'evoluzione della cascina La presenza delle cascine nella campagna milanese o addirittura nella città risale al X secolo. Si trattava nella maggior parte dei casi di depositi per attrezzature agricole o fienili, presumibilmente costruiti in materiale deperibile, come paglia e argilla, adiacenti alle abitazioni cittadine. Queste tipologie costruttive iniziarono a caratterizzarsi come parti composite di strutture a partire dal XIII secolo, in cui era possibile distinguere le abitazioni ed i rustici. Già nel 1207 le numerose cascine a sud di Milano erano


1 Nome utilizzato per i gestori dei fondi agricoli all’interno delle cascine 2 Affittuario di un terreno

61 i presidi della città

di proprietà di ceti aristocratici, che ospitavano i cassinari1 ai quali era affidata la conduzione dei loro fondi. Le cascine più vicine alle mura cittadine erano ovviamente limitate per quanto riguarda lo spazio di terreno a disposizione, che andava aumentando allontanandosi progressivamente dai confini, con nuclei di maggiore estensione e colture di tipologie più varie. Lo schema architettonico e tipologico delle cascine, sebbene in tutti i trattati vi fosse sempre una parte dedicata alla casa contadina e alla azienda agricola, non è possibile da definire, non essendoci dei chiari modelli tipizzati. L’impennata dell’organizzazione del lavoro agricolo dell’area milanese è una conseguenza dell’affermarsi della figura del fittavolo2, che andava ad affiancare la figura di questi grandi proprietari terrieri ed immobiliari. Queste figure, fino a quel momento intermediari ed appaltatori di fondi, iniziarono ad acquistare una mentalità imprenditoriale, gestendo direttamente l’azienda, sfruttando lavoratori salariati, versando notevoli affitti ai proprietari, ma diventando di fatto potenti padroni all’interno delle cascine. Nel XVIII secolo si chiude il processo di tipizzazione delle cascine dal punto di vista architettonico, tipologico e funzionale. L’impianto che racchiude tali costruzioni è a corte chiusa, quantomeno su tre lati, con l’ultimo lato eventualmente libero cintato da un muro. Il portone di ingresso poteva trovarsi nel muro di cinta, quanto più spesso attraverso il blocco delle case dei salariati. L’impianto chiuso nacque prevalentemente per motivi di difesa da possibili furti e razzie, molto frequenti nelle campagne soprattutto nelle ore notturne (fig. 2). A partire dal XIX secolo si comincio


I presidi della cittĂ

62

Fig.1 (in alto a sx) - Giovanni Battista Claricio Carta dei dintorni di Milano Fig.2 (in alto a dx) - Mappa dettagliata della Cascina Boscajola del Catasto di Carolo VI Fig. 3 (al centro) - Cascina Caldera immersa nel parco delle Cave Fig. 4 (in basso) - Cascina Cotica luogo di cooperazione attivo nella cittĂ di Milano


tuttavia ad abbandonare la struttura a corte chiusa, per consentire un possibile ampliamento del nucleo di fabbricati a seconda delle necessità. Tutto ciò fu possibile grazie ad una diminuzione dei furti e delle violenze nelle campagne, date da un sempre maggiore controllo da parte delle forze di polizia e di controllo del territorio da parte dello stato.

Le cascine di Milano oggi

63 i presidi della città

A Milano oggi ci sono più di cinquanta cascine di proprietà comunale, molte delle quali abbandonate o sott’utilizzate. Disposte a raggera all’interno dei confini comunali milanesi, rappresentano esempi di architettura agricola lombarda di grande valore storico, culturale e ambientale. Alcune di queste cascine son state, negli anni, inglobate nel tessuto urbano in espansione, altre invece rimangono ancora immerse in aree agricole o all’interno di parchi (fig. 3). Sono differenti gli stati in cui si possono trovare queste particolari realtà edilizie: ancora parzialmente utilizzate per attività agricole; parzialmente abitate senza più alcuna funzione agricola al suo interno; abbandonate e lasciate cadere in uno stato di rovina. Questo stato di abbandono progressivo, fuori da ogni disegno urbanistico chiaro e definito, ha favorito la perdita di un patrimonio architettonico di grande valore. L’identità delle cascine milanesi, legate storicamente all’abitare, all’agricoltura e all’alimentazione, negli ultimi anni si è modificata. Una nuova vocazione si è aggiunta in molti casi a quelle citate. Molte cascine milanesi sono state infatti recuperate e tenute in vita da soggetti del terzo settore e associazioni di cittadini, che al loro interno hanno trovato spazi disponibili e flessibili per ospitare attività sociali e culturali di diverso tipo: centri di accoglienza, comunità di alloggio e cura, centri sociali, spazi per la cultura, l’arte, la didattica e il tempo libero (fig. 4).


Nuove potenzialità

I presidi della città

64

La struttura insediativa delle cascine di proprietà comunale, la loro ubicazione all’interno della città consolidata, la loro contiguità con aree densamente abitate e con le infrastrutture civili della città, rendono questo un eccezionale patrimonio per Milano. Le cascine riportate a nuovo rappresentano altrettanti luoghi di decentramento per ospitare convegni, master di formazione, laboratori a stretto contatto con le università e i relativi programmi di scambio internazionale, sui temi legati alla sostenibilità, all’ambiente, alla cittadinanza. Sono laboratori della partecipazione attiva, aperti ai territori e motori di nuove e possibili progettualità. Le cascine di Milano e i terreni di loro pertinenza tornano ad ospitare pratiche legate alla produzione e alla trasformazione di prodotti agricoli. Diventano luoghi in cui vengono promosse e sperimentate pratiche per un’agricoltura sostenibile e un’alimentazione di qualità. Alcuni terreni vengono dati in gestione ad associazioni di cittadini per la realizzazione di orti urbani. Parte degli spazi vengono utilizzati per la didattica in collegamento con le scuole (fig. 5). Questi edifici diventano così sede di una serie di competenze e professioni che promuovono e salvaguardano il paesaggio ed il territorio, attraverso la cura dell’assetto idrologico, la manutenzione dei manufatti, l’attenzione delle colture e degli aspetti culturali agricoli. Attraverso imprenditori agricoli questi territori diventano maggiormente fruibili tramite una costante rivitalizzazione e riqualifica. Si creano così possibilità di nuovi laboratori del gusto, dove differenti esperienze e capacità confluiscono, promuovendo l’incontro e lo scambio tra differenti culture e tradizioni. Ogni cascina ha la possibilità di diventare un nodo di una rete ampia e diffusa capace di favorire processi relazionali


stabili, significativi e di territorio. Un patrimonio stabile per la città e per tutti i suoi cittadini, che possa aprire al dialogo ed alla partecipazione, promuovendo cultura. In sintesi, le cascine milanesi possono mantenere prevalentemente la loro funzione originaria o introdurre una funzione nuova, per loro innovativa, ma potenzialmente ancora rilevante per il controllo e la riqualificazione territoriale. Proprio la loro collocazione, infatti, posta nel complesso nella fascia intermedia tra suolo urbanizzato e contesto agricolo permette loro di assumere l’importante ruolo di cerniera tra queste due dimensioni che storicamente hanno segnato nei secoli la natura di Milano.

Il sistema parco cascine

65 i presidi della città

Numerose cascine situate nei parchi milanesi, o nelle loro vicinanze, hanno mantenuto la funzione originaria legata all’agricoltura, alla lavorazione dei prodotti alimentari e all’abitare. Spesso sede delle aziende famigliari di agricoltori questi spazi ed i terreni di pertinenza non sono completamente utilizzati (fig. 6). Trovano spazio così, all’intero di questi edifici, progetti innovativi che coniugano la produzione agricola con nuove funzioni: commerciali (vendita diretta dei prodotti), educative (fattorie didattiche), turistiche (ristoranti e bed&breakfast), culturali. Altre cascine, invece, sono state date in gestione dal Comune a fondazioni, cooperative e associazioni non profit che hanno trovato in questi spazi ampi e flessibili il luogo ideale per sviluppare un grande numero di progetti sociali e culturali di genere diverso, sperimentando nuovi modelli di comunità e promovendo inziative rivolte al quartiere e alla città di notevole qualità. Altre cascine ancora sono state adottate da associazioni di quartiere, che con l’opera di volontari


I presidi della cittĂ

66

Fig.5 (in alto) - Cascina Linterno, festa di primavera Fig.6 (al centro) - Cascina Campi Fig.7 (in basso) - Cascina San Romano


67 i presidi della città

e spesso pochissimi fondi, hanno evitato che il degrado vi prendesse il sopravvento, mantenendole in vita con eventi culturali, artistici e feste di quartiere. Molte cascine collocate all’interno dei parchi sono, come detto, ancora realtà attive, seppur non sfruttino pienamente le loro potenzialità. Nella maggior parte dei casi manca soprattutto la relazione tra le diverse cascine situate all’interno di quei contesti verdi ed un loro ruolo attivo rispetto al parco stesso e alla sua funzione pubblica. Manca quindi un sistema parco-cascine che metta in rete le diverse attività delle cascine con i servizi del parco e che in questo modo sviluppi appieno le qualità ambientali e le funzioni pubbliche del parco stesso e la sua sostenibilità. Un chiaro esempio di cosa si intenda per sistema parcocascine lo si trova nell’area ovest della città milanese, dove la cascina San Romano, centro del parco pubblico Boscoincittà, fa da presidio di un contesto naturalistico di assoluto pregio e rilievo per la città. La cascina risulta essere il fulcro ed il perno attorno al quale si riattivano e si mantengono realtà paesaggistiche di grande qualità e prestigio (fig. 7). Insieme a Boscoincittà, il parco delle Cave e il parco di Trenno occupano aree contigue a ovest di Milano e possono considerarsi un unico sistema-parco. L’ampia area del parco delle Cave si trova tra Baggio e Quinto Romano e comprende boschi, laghi artificiali, un’ampia zona agricola ed è attraversata dalla rete delle vie d’acqua. Al suo interno si trovano diverse cascine, di cui alcune ancora con una funzione agricola attiva al suo interno, come la cascina Caldera ed altre parzialmente inattive, come la cascina Sella Nuova e la cascina Linterno. Quest’ultima, di grande valore storico ed architettonico è stata presa in gestione


I presidi della cittĂ

68 Fig.8 (in alto) - Corso di circo, progetto Campacavallo nella cascina Rizzardi Fig.9 (in basso) - Cascina Torrette, Mare Culturale Urbano


3 L’Associazione “Amici Cascina Linterno” è un’Associazione di Volontariato senza scopi di lucro, con lo scopo di salvaguardare e valorizzare la cascina storica Linterno; la sua difesa da interventi speculativi; il mantenimento dell’attività agricola che si svolge e la conseguente tutela dell’ambiente e del territorio circostante, segnatamente al Parco delle Cave; la divulgazione degli usi e dei costumi rurali, patrimonio irrinunciabile della collettività; il recupero e la conservazione di strutture, spazi e manufatti altrimenti destinati all’abbandono, oppure ad usi impropri che ne stravolgerebbero la natura originaria.

69 i presidi della città

dall’associazione Amici della Linterno3, che l’ha salvata dal degrado e aperta al pubblico per eventi culturali e sociali. Le attività di quest’associazione possono costituire un importante punto di partenza per un potenziamento del sistema di cascine del parco delle Cave, che insieme alla tutela dell’ambiente e alla promozione di attività legate all’agricoltura, sviluppi iniziative per la valorizzazione dell’eredità storica e culturale locale tramite il coinvolgimento dei cittadini. Il Boscoincittà si estende più a nord, e come già accennato è un’oasi di forestazione urbana, voluta e gestita da Italia Nostra, che unisce le funzioni ambientali a quelle didattiche. Il parco di Trenno invece è un tipico parco cittadino, utilizzato come area di svago e per attività sportive dal quartiere e dalla città. Nell’area di questi due parchi si trovano diverse cascine che hanno differenti identità mantenendo un rapporto stretto con la città. L’esempio di Boscoincittà è la già nominata cascina San Romano, nel quartiere di Trenno invece la cascina Rizzardi, nel cui complesso si trovano un agriturismo, molto attivo nelle sue funzioni agricole tanto quanto in quelle rivolte al pubblico, una casa di accoglienza diurna per giovani in difficoltà e alcuni edifici diroccati (fig. 8). Seppur la maggior parte delle cascine di proprietà comunale è situata nei parchi, un numero minore di esse si trova all’interno del tessuto costruito della città. La loro collocazione è da considerarsi una risorsa strategica, perché esse possono diventare gli avamposti del più ampio sistema delle cascine di Milano, le interfacce tra l’agricolo e la città. Oltre al ruolo di avamposto del sistema cascine in


I presidi della città

70

città e di centri promotori della cultura dell’ambiente e dell’alimentazione, questi luoghi potrebbero sviluppare queste funzioni combinandole con quella della residenza sociale temporanea. Un esempio nell’area di San Siro è costituito dalla cascina Case Nuove e dalla cascina Torrette, che si colloca all’inizio di via Novara, direttrice del sistema da noi studiato. Cascina Torrette, situata nel mezzo di questi due contesti territoriali differenti, ha la possibilità di unirli tramite eventi, serate ed attività sociali e non. Attualmente questo edificio storico è sede di una realtà ormai ben consolidata, chiamata Mare Culturale Urbano. Come viene esplicitano molto chiaramente nel loro sito “mare sogna un mondo in cui le persone vivano attivamente il proprio contesto cittadino e collaborino alla creazione di un benessere culturale e sociale condiviso, libere dalle disuguaglianze, dall’esclusione sociale e dalle barriere intergenerazionali. mare è anche uno spazio polifunzionale dove si trovano un ristorante, una birreria artigianale, un coworking e sale prova. Tutto l’anno la cascina si anima con concerti, cinema, festival e attività per bambini: un ambiente accogliente dove stare insieme e dove stare bene.” (fig. 9).

Cascina San Romano, sede di un importante riattivazione L’intervento di Italia Nostra nell’area Ovest di Milano inizia nel 1974, quando avvia il progetto di Boscoincittà in un’area area agricola di 30 ettari sul lato nord di via Novara, avuta in concessione dal Comune. Progressivamente l’area di intervento si è estende raggiungendo i 240 ettari e viene progettato il Parco delle Cave. Il Comune conferisce all’Associazione l’incarico di progettare, realizzare e gestire i parchi ed eroga per questo servizio dei finanziamenti finalizzati agli obiettivi della convenzione. Nasce il Centro di Forestazione Urbana (CFU), un centro operativo


71 i presidi della città

per la progettazione e gestione di parchi, che ha il suo quartiere generale nella cascina San Romano, all’interno del Boscoincittà. In questi anni Italia Nostra ha trasformato un’area periferica del territorio milanese con un progetto che ha lasciato alla città un patrimonio ambientale rinaturalizzato di grandissimo valore. Ha messo in atto esperienze importanti nella gestione del territorio e, con le campagne di educazione ambientale, ha contribuito a formare una coscienza ecologica e a promuovere la partecipazione dei cittadini alla cura del territorio. Il progetto del CFU ha riguardato in questi anni soprattutto la forestazione e la rinaturalizzazione del Bosconicittà e del Parco delle Cave. Contemporaneamente, in seguito alle prime esperienze dagli anni Ottanta, sta portando avanti i sempre più numerosi progetti di orti urbani a Milano. Attualmente sono circa 400 gli orti realizzati nei due parchi, assegnati, attraverso bandi, a cittadini che, oltre alla cura dell’orto, collaborano con gli operatori alla costruzione delle strutture e alla gestione delle parti comuni (fig. 10). Nella sua attività di progettazione il CFU si è occupato anche di un possibile riuso e messa a sistema delle cascine dell’area che comprende Boscoincittà e il Parco delle cave. Il progetto prevede di considerare le tre cascine come elementi di un insieme di funzioni rivolte ai due parchi. La Cascina San Romano, situata nel Boscoincittà, manterrebbe il suo ruolo di centro operativo del CFU, con gli uffici, la biblioteca, la foresteria e aree destinate alla manutenzione del parco e alla didattica che potrebbero essere integrate con il recupero degli spazi che non sono ancora stati ristrutturati. Secondo il progetto del CFU, la Cascina Caldera, dopo un attento studio storico e recupero conservativo, è entrata nel


I presidi della cittĂ

72

Fig.10 (in alto) - Disegno assonometrico orti Spinè, studio AG_P Fig.11 (al centro) - Parco delle cave Fig.12 (in basso) - Cascina Campi nell'urbano


Le cascine dell'Agri-System Cascina Campi La Cascina Campi è stata costruita tra il 1825 e il 1828 su iniziativa di un tenace ed intraprendente sacerdote: don Bravo. Egli adibì il fabbricato al ricovero di mutilati ed invalidi mentali e volle costituire una vera e propria comunità, in cui ognuno, secondo le proprie possibilità, contribuisse alla sussistenza della comunità stessa. Così, i terreni circostanti furono coltivati, fu costruita la stalla con un ampio porticato e il fienile sovrastante; si cominciarono ad allevare animali da cortile e da carne, in risposta alle necessità alimentari ed economiche della comunità. In seguito, la cascina e i terreni di pertinenza furono venduti alla famiglia Reina di Saronno, quindi

73 i presidi della città

sistema Boscoincittà-Parco delle Cave, con la sede delle guardie ecologiche e dei ranger e una foresteria. Alcuni spazi della cascina sono destinati a funzioni didattiche sul tema dell’alimentazione, ospitando in particolare un’apicoltura didattica. Nella Cascina Linterno il CFU propone di ripristinare, dopo i lavori di restauro, l’attività agricola riannettendo alla cascina i terreni una volta di sua pertinenza, poi passati alla Cascina Caldera e tutelando il paesaggio agreste arcaico e le due marcite nelle sue vicinanze. Un sistema che negli anni, tramite riattivazioni e opere di riqualifica, ha dato la possibilità di migliorare e potenziare un territorio che era destinato all’abbandono e che ora, grazie a questi presidi ritrovati, regala scenari di grande qualità naturalistica ed ambientale alla città di Milano (fig. 11).


all’Associazione Figli dei Caduti sul lavoro, Enaoli4, poi alla Regione Lombardia ed, infine, al Comune di Milano. Dal 1918 in un’ala di questa cascina ha abitato la famiglia di Don Luigi Moretti, l’indimenticabile e molto amato don Luigi della chiesa di sant’Anselmo di Baggio. La famiglia Campi divenne affittuaria della cascina nel 1928: quella attuale è la quarta generazione che vi abita e lavora. Nell’ultimo ventennio la famiglia Campi si è battuta per la tutela e la sopravvivenza dell’attività agricola legata a questo complesso rurale, minacciato dalla crescente urbanizzazione. Il sorgere di nuovi quartieri residenziali ha provocato l’allontanamento delle aree coltive dalla cascina stessa, provocando, tra l’altro, notevoli disagi nel reperimento del foraggio per l’allevamento. La stalla, un tempo occupata dalle bovine da latte, ospita oggi manze e tori da carne. L’allevamento dei suini è stato invece sostituito da una mini farm, che conta numerose pecore, caprette e animali da cortile. Da una ventina di anni la cascina è stata riconosciuta come Azienda Agrituristica. Essa è un raro esempio di fattoria metropolitana. Proprio la sua peculiarità conferisce alla Cascina Campi un ruolo di primo piano tra le realtà agricole del territorio: infatti, essa è la caparbia dimostrazione della possibilità di un’armoniosa convivenza tra attività agricola e insediamenti abitativi (fig. 12).

I presidi della città

74

Cascina Melghera Nella carta del 1600 del Claricio5 appare come “cassina Malghere”, forse derivando il nome da meliga (saggina). Solo a metà Ottocento appare come edificio a corte chiusa. 4 Nasce nel 1941 come Ente di assistenza orfani lavoratori italiani; fu istituito ufficialmente nel 23 marzo 1948 con lo scopo di provvedere al mantenimento e all'educazione degli orfani, mediante le istituzioni e la gestione dei collegi. 5 Giovanni Battista Claricio fu un filologo, umanista e ingegnere milanese del XVII secolo. Produsse numerose mappe della città di Milano


6 Il quartiere Gallaratese è un quartiere di Milano facente parte del Municipio 8, situato a poco più di 7 km a nord-ovest del duomo. Idealmente esso comprende tutto l'ampio territorio compreso tra il comune di Pero a nord, via Gallarate a est, Trenno a ovest e Lampugnano a sud.

75 i presidi della città

La sua pregevole fattura, fatta di lesene e di portali in cotto, andò lentamente deteriorandosi a partire dal 1930, quando l’apertura della via Feltre ne comportò un parziale abbattimento (edifici del lato sud) e un sostanziale stravolgimento delle proporzioni architettoniche. Si trova a Ovest di Trenno, tra l’abitato e l’area di Italia Nostra-Boscoincittà. La cascina è adibita a deposito degli attrezzi, macchinari e del riso prodotto nelle efficienti risaie circostanti. Si tratta delle risaie in assoluto più vicine alla Città e che, nonostante i problemi causati dalla notevole presenza d’acqua superficiale, ben si integrano con i nuovi insediamenti abitativi di Trenno e del Quartiere Gallaratese6. Le vaste case dei salariati, sul lato est, sono desolatamente vuote. Nonostante sia ancora in attività, l’aspetto della Melghera è dunque dimesso, come se fosse abbandonata o in graduale dismissione. Interessante e di pregio l’ecosistema instaurato ed i segni del paesaggio agrario, caratteristici di una zona “umida” come quello delle aree coltivate a risaia. Copiosa la presenza della flora e fauna tipica delle zone “umide”: vegetazione rigogliosa e popolose colonie di uccelli acquatici (soprattutto garzette ed aironi) che prolificano grazie all’abbondanza di cibo (soprattutto anfibi) ed alla relativa assenza di disturbo, nonostante la vicinanza di popolosi insediamenti residenziali. Un ambiente unico, speciale; per alcuni versi inimmaginabile in una metropoli tanto frenetica come la nostra. Le risaie della Melghera si estendono per 1000 pertiche (circa 70 ettari), una volta erano irrigate con l’acqua del fontanile Cagnola, adesso con quella del canale Villoresi. Le aree sono


di proprietà di alcune aziende private che mal tollerano la presenza di un’agricoltura di pregio in zone di grande valore immobiliare. In più riprese, nel corso degli ultimi decenni, sono state avanzate numerose richieste di riconversione urbanistica da agricolo a residenziale e terziario (fig. 13).

Cascina Cotica

I presidi della città

76

Cascina Cotica è un luogo storico, riportato già nelle carte topografiche del Regno Lombardo Veneto del 1833 e dichiarato di interesse storico artistico dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia. I suoi spazi sono stati ristrutturati con grande cura dalla cooperativa di abitanti Delta Ecopolis7, che ha voluto restituirla alla cittadinanza in tutta la sua bellezza e farla diventare un luogo dove i valori propri della cooperazione prendono vita. Un luogo di servizi, innovazione, cultura, educazione e divertimento, di relazioni, aggregazione e solidarietà; aperto a tutti i cittadini del territorio in cui si trova e alla intera città, andando oltre l’ormai logora contrapposizione centro-periferia. La Cascina è oggi un centro polifunzionale e soprattutto, un luogo in cui dare spazio e sperimentare aggregazione e creazione di relazioni sia attraverso la fruizione dei servizi insediati, che tramite le numerose iniziative culturali, educative e ricreative che la Fondazione organizza all’interno dei suoi spazi e che sono rivolte a tutta la città (fig. 14). In Cascina hanno la loro sede e condividono spazi e attività: -CPS Centro Psico Sociale -Cooperativa Delta Ecopolis 7 Delta Ecopolis è una cooperativa di abitanti milanese nata nel 2017 dalla fusione di E.CO.POLIS SOC. COOP. e Cooperativa Nazionale di Senago Soc. Coop. La storia di Delta Ecopolis ha però radici molto profonde: le cooperative edilizie che hanno contribuito alla sua nascita realizzarono i primi edifici agli albori del 1900 e hanno contribuito a rispondere al bisogno abitativo di quattro generazioni di cooperatori.


-Spazio ScopriCoop8 -Sportello in Cascina -Cowo Coworking9 -Appartamenti affitti brevi -Associazione Ortisti

Cascina San Romano

8 Spazio Scopri COOP è un auditorium bello e funzionale, non lontano dal centro città e ben collegato dai mezzi pubblici; da sedici anni ospita una rassegna musicale in cui si alternano artisti di chiara fama, giovani emergenti e autorevoli musicologi, tutti calorosamente accolti ed applauditi da un pubblico competente, attento e affezionatissimo. 9 Spazi di coworking indipendenti dal 2008, con numerose sedi in tutta Italia e Svizzera italiana, definendo luoghi dove si lavora e si creano relazioni.

77 i presidi della città

Si trova presso l’abitato di Quinto Romano (sorto alla quinta pietra miliare sulla strada che da Milano portava a Novara, in direzione del Ticino), e il suo nucleo più antico è databile intorno al XVI secolo, dato che risultano alcuni edifici con tale nome nella carta del Claricio. Non è da escludersi comunque una sua fondazione in epoca romana. Dalla sua rappresentazione iconografica nel catasto lombardo veneto del 1850 risulta dotata di annessa chiesuola, oggi scomparsa, dedicata a S. Romano e sconsacrata nel 1939. L’edificio appare a corte chiusa da tutti e quattro i lati seppur oggi è a corte aperta, a causa delle demolizioni di alcuni corpi di fabbrica. L’edificio più pregevole è senz’altro la stalla, porticata verso il cortile, con otto campate di cui sei ad arco a tutto sesto, il soffitto è a volte a botte. Seppur scomparsa, risultava di pregio anche la casa padronale, il cui camino, e lo stemma gentilizio dei Rainoldi sopra scolpito, trovarono posto nella descrizione in Reminiscenze di storia ed arte nel suburbio e nella città di Milano. A poca distanza sorgeva la piccola cascina San Romanello, appartenente alla stressa famiglia Rainoldi, sempre edificata


I presidi della cittĂ

78

Fig.13 (in alto) - Cascina Melghera Fig.14 (al centro) - Cascina Cotica Fig.15 (in basso) - Cascina San Romano


a partire dal XVI secolo, oggi esistente in minima parte. Le due realtà agricole, che facevano parte dello scomparso comune di Malpaga, oggi sono incluse nell'area del Boscoincittà (fig. 15).

Cascina Belgioioso

79 i presidi della città

Costruita nel 1905 da uno dei conti di Belgioioso, poi è passata in proprietà a Rosa Scolari ed al figlio, il signor Turati, possidenti di molte cascine nel territorio di Trenno. La cascinetta è situata alla sinistra della cascina Bellaria, vi si accede tramite una stradina sterrata. Vi abitavano i Gervasoni, famiglia di ortolani, poi divenuti agricoltori e parenti di altri Gervasoni di Trenno appellati “i Marogna” in quanto di mestiere facevano i fabbri ed i trebbiatori. Lavoravano per conto terzi ed affittavano le loro macchine alle cascine del circondario. Uno dei fratelli Gervasoni, Giacomo “el ferrascin”, aveva la bottega di fabbro nella piazzetta di Quarto Cagnino; era il maniscalco di tutta la zona. Di fianco alla cascina c’è la testa, adesso ormai asciutta, del fontanile Peverina. Questo fontanile, ricco di acqua cristallina e con moltissimi pesciolini, attraversava la via Novara all’altezza della Cà Rossa, la costeggiava per un breve tratto, poi svoltava nella via Fratelli Zoia alimentando l’attività di cinque lavanderie e poi, giunto all’angolo con via dei Cannizzaro, girava a sinistra per immettersi di nuovo sulla via Novara all’altezza della chiesa di Sant’Elena. La Peverina prendeva gli scoli del fontanile Cagnola e spesso tracimava invadendo le vie che la costeggiavano. Ancora adesso molti alunni della scuola elementare Luciano Manara di Quarto Cagnino si ricordano di essere andati a scuola a piedi nudi, con le scarpe in mano e coi calzoni rimboccati al polpaccio, sguazzando nell’acqua che scorreva sulla via. L’ultimo affittuario della cascina Belgioioso è stato il signor Sciattoni che la usava


principalmente come deposito di cassette per la frutta e la verdura. Attualmente la Belgioioso è vuota, abbandonata; risulta di proprietà del Gruppo Ligresti al pari del complesso Harbour Club che le è sorto vicino. C’è un progetto da parte della proprietà per trasformare ed inserire la cascina Belgioioso in un grande Agriturismo con attività didattiche (fig. 16).

Cascina Bellaria

I presidi della città

80

Costruita nel 1913 dalla contessa Ina Scheibler Gallarati Scotti, la cascina Bellaria è inserita nella parte centrale del Parco di Trenno, poco più a sud del Cimitero di Guerra Britannico. É costituita da un corpo centrale in linea, per metà ad uso abitazioni e per l’altra metà a stalla, con il fienile soprastante e un portico che si allunga sul cortile; un altro porticato ed un rustico sono disposti ortogonalmente ad est. Sul muro prospiciente l’ingresso c’è un bell’affresco, recentemente restaurato, che rappresenta una Madonna inserita nel paesaggio tipico del Parco di Trenno. Fino a pochi anni fa svolgeva ancora la sua funzione agricola. Grazie alla passione e all’amore dei suoi affittuari era meta anche di moltissime scolaresche che potevano in questo modo conoscere l’organizzazione di un’azienda agricola e osservare un piccolo allevamento composto da diversi tipi di animali. Per questo loro impegno a Campari nel 1985 venne conferito l’attestato di benemerenza civica con la seguente motivazione: “Gestore della Cascina Bellaria, svolge una importante opera di sensibilizzazione e d’educazione, ponendo la struttura a disposizione delle scolaresche, alle quali illustra la vita della cascina servendosi anche di materiale audiovisivo.” Milano 7 Dicembre 1985 I Campari si può dire che hanno abitato da subito questa cascina e ne sono diventati affittuari nel 1929. I terreni di pertinenza erano di 400 pertiche


10 La battaglia del grano fu una campagna lanciata durante il regime fascista da Benito Mussolini, allo scopo di perseguire l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia.

81 i presidi della città

(poco più di 26 ettari) in cui 5 quadri coltivati a marcita. I Campari avevano in gestione anche i prati del Tiro a Segno Nazionale (piazzale Accursio) dove coltivavano soprattutto frumento. Nel 1932 i Campari, con altri 50 agricoltori di Milano, ricevettero un diploma ed un premio di 1000 lire per aver vinto la “Battaglia del grano”10; all’epoca riuscirono infatti a raccogliere più di 2 quintali e 20 chilogrammi di grano a pertica. Durante la Prima Guerra Mondiale, metà del terreno che adesso forma il Parco di Trenno, quello adiacente la pista di allenamento dei cavalli da corsa, venne adibito ad Aeroporto Militare, la pista era in erba e gli hangar erano costruiti vicino alla Cascinella di Trenno. Da qui è partito D’Annunzio per il famoso volo su Fiume. Tutto il terreno della Bellaria veniva irrigato con tre fontanili: il Cagnola, il Santa Maria e il Re dei Fossi. Il Cagnola era di gran lunga il più importante; la sua sorgente, maestosa, era situata nel comune di Mazzo di Rho; attraversava la statale del Sempione, faceva girare le pale del Mulino del Pero, quelle del Mulino Dorino, quelle del Mulino dei Bissi, un quarto mulino situato in Trenno, irrigava i terreni della cascina Melghera, quelli della Cascinella di Trenno, poi quelli della Bellaria (in tutto 2500 pertiche, 163,5 ettari) infine un ramo attraversava la Via Novara e si disperdeva nei terreni di Quarto Cagnino mentre l’altro raggiungeva ed irrigava alcuni terreni della cascina Maiera. La cascina Bellaria è stata acquisita dal Comune di Milano nel 1964, assieme alla Cascinetta di Trenno, per la realizzazione dell’omonimo Parco di Trenno. Oggi la cascina Bellaria è in concessione ad una associazione assistenziale ed è in ristrutturazione. Il binomio Campari-Bellaria è indissolubile, quando parla di


I presidi della cittĂ

82

Fig.16 (in alto) - Cascina Belgioioso Fig.17 (in centro) - Cascina Bellaria Fig.18 (in basso) - Cascina Sora


questa cascinetta gli occhi del signor Paolo si fanno lucidi e si illuminano, perché la Bellaria lui l’ha sempre nel cuore (fig. 17).

Cascina Sora

Cascina Case Nuove Antica costruzione rurale del 1600, conosciuta come Casanova, Case Nuove o Ca’Nuova, la cascina è segnalata nella “Carta dei fieni, legne, seminerie de risi…” dell’ing.G. B. Clerici (Claricio) 11 del 1659 col nome di Casanova. Formata da due cortili, fino agli anni Cinquanta del Novecento c’erano attive due aziende agricole, negozi e case date in affitto a famiglie operaie. Tra le attività commerciali vi erano un lavandaio, un commerciante di equini e una trattoria: “l’osteria 11 Giovanni Battista Claricio fu un filologo, umanista e ingegnere milanese del XVII secolo. Produsse numerose mappe della città di Milano

83 i presidi della città

Cascina Sora sorge a inizio ’900, come ricovero per muli, i quali venivano utilizzati nella fornace presente di fianco la cascina. Tra le due guerre, molto probabilmente, la fornace venne distrutta e nell’immediato dopoguerra la cascina fu destinata all’allevamento di bovini per la centrale del latte. La cascina non presenta una configurazione tipica ma conserva la casa del fattore, una piccola corte e una stalla. Attualmente la cascina presenta un’azienda agricola con coltivazioni miste e allevamenti. Svolge attività didattiche, ricreative e di ippoturismo. Sin dal 1954 l’azienda alleva vacche da latte; negli anni ‘90, grazie alla passione di Piero Paloschi, è stato introdotto un allevamento di cavalli e pony. L’azienda svolge percorsi didattici sulla conoscenza del cavallo in parallelo al pony, battesimi della sella con i pony dell’allevamento per bambini dai 4 ai 12 anni, preparazione di filari di rovi da more per la raccolta diretta e corsi di orticoltura presso gli Orti Urbani Didattici (fig. 18).


I presidi della cittĂ

84

Fig.19 (in alto) - Cascina Case Nuove Fig.20 (in basso) - Cascina Torrette


Cascina Torrette Cascina Torrette di Trenno è citata già in una mappa seicentesca col nome di Torretta. Il suo nome deriva probabilmente dalla presenza di una torretta di guardia romana sorta lungo l’antica via per Vercelli. Nel XVIII secolo la cascina è di proprietà dei Padri Barnabiti e nelle mappe compare a sud-ovest della strada provinciale per Novara ed è rappresentata come un edificio a “C”. Nel ‘900 fu costruito un portico a chiudere l’unico lato della corte libero da edifici. Cascina Torrette è stata acquisita dal Comune di Milano nel 1938. Dopo gli interventi di restauro conservativo, la

85 i presidi della città

della Pinuccia”. Una delle attività agricole era svolta da una famiglia di ortolani, i Curti, specializzati nella coltura delle fragoline “i magiostritt”, che raccoglievano al mattino presto per venderle fresche e fragranti al mercato. L’altra azienda invece era improntata sull’allevamento di mucche da latte, i fittavoli erano i signori Marchi, poi a questi sono subentrati i Papetti. Vicino alla cascina vi era in funzione una grande fornace, utilizzava la creta dei campi per fabbricare mattoni e coppi. La cascina Case Nuove col tempo si è ritrovata “incastonata” nel reticolo viario della città che si è sviluppata senza considerarla, con l’intenzione di cancellarla per sempre. Ma lei, misteriosamente ha resistito sino ad ora, anche se in terrificante degrado. Di proprietà del Comune, la cascina era stata interessata da un risanamento già nel 2012, quando venne concessa la costruzione dell’edificio di via Don Carlo Gnocchi che confina con la cascina. La ristrutturazione però non è stata portata a termine: troppi interventi moderni, troppe ricostruzioni hanno completamente stravolto la storica cascina che era vincolata dalla Sovrintendenza (fig. 19).


cascina ha superato la sua originaria funzione agricola, conservando la natura di luogo dedicato al lavoro condiviso. Nel 2012 Andrea Capaldi, Benedetto Sicca e Paolo Aniello concepiscono l’idea di fondare un’impresa sociale per realizzare un grande spazio di sperimentazione artistica, inclusione sociale e rigenerazione urbana a Milano. Il progetto comincia a prendere forma l’anno dopo con l’individuazione dell’area dismessa di via Novara 75, messa a bando dall’Assessorato al Demanio del Comune di Milano. Nel frattempo Fondazione Housing Sociale e Investire Immobiliare, impegnate nella costruzione del complesso di housing sociale “Cenni di cambiamento”, affidano a mare la gestione della cascina seicentesca, in corso di restauro. Grazie a Mare culturale urbano Cascina Torrette, riaperta al pubblico a maggio 2016, ha acquisito una nuova identità di spazio per la cultura, l’arte e la comunità (fig. 20).

I presidi della città

86

Fonti - http://cascinedavivere.altervista.org/cascina-torrette-mare-culturale-urbano/ - http://www.storiadimilano.it/repertori/cascine/cascineweb.htm - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-06269/ - PDF, Le cascine di Milano verso e oltre Expo 2015, 2009


2.2La didattica alimentare nelle scuole L'importanza della didattica alimentare

12 Documento del Ministero della Salute pubblicato il 13 marzo 2019, sulla pagina web www.salute.gov.it

87 i presidi della città

“L'importanza dell'educazione alimentare rappresenta il primo ed efficace strumento di prevenzione a tutela della salute tanto come azione quanto come prevenzione; le abitudini nutrizionali si instaurano, infatti, molto presto nella vita dell'individuo ed hanno un chiaro effetto sul destino metabolico non solo del bambino ma anche dell'adulto. Questi concetti sono ormai entrati nella considerazione di chiunque si ponga come obiettivo la salvaguardia della salute della popolazione. L'educazione alimentare nelle scuole in un programma vincente "Maestranarìtura", diventa quindi una strategia di prevenzione, basata su principi cardine quali: -momenti di formazione e informazione specifici, anche interdisciplinari -coinvolgimento delle famiglie -motivazione degli allievi attraverso il loro coinvolgimento al processo di apprendimento -operatività e attività laboratoriale come pratica normale di apprendimento -utilizzo di procedure multimediali che permettono grande diffusività ed economia, alto livello di interattività; produzione e diffusione di materiale didattico”12 così il Ministero della Salute promuove presso la propria pagina internet l’importanza dell’educazione alimentare fin dalla giovane età. E’ qualche anno ormai che si è percepita l’importanza di una didattica alimentare fin dalle prima classi di apprendimento. Migliorare il comportamento


I presidi della città

88

alimentare degli studenti, promuove una cultura del benessere incentrata sulla consapevolezza delle scelte stimolando l’adozione di stili di vita sani e sostenibili. Tramite differenti iniziative promosse in varie scuole milanesi, dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado, si mira alla creazione nei ragazzi di una vera e propria cultura alimentare, tramite una coltivazione dei sensi, conoscenza degli alimenti, analisi degli stili di vita, sicurezza alimentare, approfondimento delle tradizioni gastronomiche italiane e non arrivando in alcuni casi agli aspetti principali della ristorazione e dell’industria alimentare. Questo progetto è promosso dal programma “La squadra del gusto”13 realizzato dal Gruppo Pellegrini14 in collaborazione con la Fondazione Italiana per l’educazione alimentare in armonia con le linee guida del Miur15 (fig. 21). L’educazione alimentare è intesa quindi come un’azione di prevenzione primaria, che vada a contrapporsi al sovrappeso e all’obesità sia infantile che in età adulta, considerando che ad un’alimentazione scorretta vengono correlate anche patologie come il diabete, l’asma e le aritmie. In Italia, i dati attestano che più di un adulto su due e circa un bambino su sei è sovrappeso o obeso nell’area OECD16 13 Il programma “La Squadra del gusto”, è stato realizzato in piena armonia con le “Linee Guida per l’Educazione Alimentare nella Scuola Italiana”, emanate dal MIUR. Il programma si propone tre obiettivi: 1 Migliorare il comportamento alimentare dei ragazzi. 2 Fornire strumenti informativi ed educativi che permettano loro di diventare sempre più protagonisti consapevoli delle loro scelte. 3 Promuovere una cultura del benessere che dalla scuola, passando per gli studenti, raggiunga le famiglie e si diffonda nel territorio. 14 La Pellegrini nasce nel 1965 e, sin dall’inizio, si distingue per qualità e serietà, caratteristiche che la portano a essere, oggi, la prima azienda della ristorazione collettiva a capitale interamente italiano. La Pellegrini opera in tutta Italia e, ogni giorno, promuove le diverse culture e tradizioni gastronomiche del paese servendo centinaia di migliaia di pasti diversi con la stessa filosofia: mettere al centro la persona e il rispetto per la sua identità, i suoi bisogni e i suoi desideri. 15 Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) è stato, fino al 10 gennaio 2020, il dicastero del governo italiano preposto all'amministrazione dell'istruzione. Aveva sede in uno storico palazzo in viale Trastevere. 16 L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) – in inglese Organization for Economic Co-operation and Development (OECD), e in francese Organisation de coopération et de développement économiques (OCDE) – è un'organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un'economia di mercato.


L’educazione alimentare nel programma didattico delle scuole milanesi L’educazione al cibo è un punto fondamentale anche per la Milano Food Policy, con l’obiettivo di promuovere una cultura orientata al consumo consapevole. Questo aspetto didattico risulta essere molto importante nella formazione anche dei più piccoli, che all’interno delle scuole dal primo grado devono poter acquisire l’importanza di queste informazioni. A livello didattico scolastico si fa quindi riferimento al 17 Lo studio Health Behaviour in School Aged Children è uno studio internazionale sugli stili di vita dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni, svolto ogni quattro anni, in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità. L'indagine, promossa dal ministero della Salute, in accordo con il ministero dell'Istruzione, università e ricerca, è coordinata dalle Università di Torino, Siena e Padova. L’obiettivo principale è quello di migliorare la conoscenza sulla salute e sul benessere degli adolescenti e di utilizzare i risultati ottenuti dall'indagine per orientare gli interventi di promozione di salute e le politiche rivolte ai giovani, sia a livello nazionale che internazionale.

89 i presidi della città

(OCSE, 2017). Lo studio Health Behaviour in School Aged Children17 (WHO, 2016) afferma però che in Italia i ragazzi tra gli 11 e i 15 anni saltano sempre più spesso la colazione. Infatti, solo il 53,3% delle ragazze e il 65,3% dei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 15 anni consumano la colazione tutti i giorni. Inoltre, più i bambini/ragazzi crescono, meno consumano determinati pasti e in particolar modo la colazione, in quanto sempre più autonomi dall’influenza della loro famiglia. Ciononostante, il pasto più consumato in famiglia resta la cena, con una media di consumo del 79% per le ragazze e del 78,3% per i ragazzi. Negli ultimi anni, come accennato, sono emerse nuove politiche e nuove strategie per affrontare il problema e ridurre l’obesità, anche attraverso le informazioni nutritive presenti sulle etichette o attraverso la sensibilizzazione sui social media o addirittura regolando le strategie di marketing dei prodotti food & beverage.


I presidi della città

90

Programma Operativo Nazionale 2014-2020 18 del MIUR intitolato “Per la Scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento”19. Il Programma prevede la promozione delle competenze di cittadinanza globale (connesse all’obiettivo specifico “Miglioramento delle competenze chiave degli allievi”20), suddivise in cinque aree tematiche, la prima delle quali è: Educazione alimentare, cibo e territorio. Le esperienze attive nella città di Milano riguardano quindi interventi educativi strutturati nelle scuole, tramite esperienze in fattorie didattiche, orti didattici ed eventi e mostre riguardanti il tema. Molte scuole milanesi hanno aderito a questi progetti innovativi comprendendo l’importanza che questo tema richiama nella società attuale. Un insieme di iniziative che permettono così allo studente, fin dalle prime fasi dell’apprendimento di andare ad interfacciarsi con un mondo naturale ed agricolo che spesso viene accantonato. Una sempre maggiore necessità quindi di spazi adeguati all’esposizione ed all’apprendimento di queste tematiche, che possano andare a supporto di scuole, nelle quali spesso ci si sofferma semplicemente all’aspetto teorico, non avendo adeguati spazi per una didattica maggiormente pratica (fig. 22).

18 Data l’importanza che l’istruzione riveste per lo sviluppo del Paese, si è deciso di adottare un Programma Operativo Nazionale (PON) per dare alle scuole italiane la possibilità di accedere alle risorse comunitarie, aggiuntive rispetto a quelle rese disponibili dal Governo nazionale, al fine di migliorare il sistema nel suo complesso. Il PON “Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento” (di seguito PON “Per la Scuola”) diventa, quindi, uno strumento importante anche per sostenere le politiche italiane in materia di Istruzione, a partire dal Piano “La Buona Scuola” voluto dal Governo per riformare la scuola italiana con il contributo della collettività. 19 Il programma sostiene l’obiettivo di ridurre l’abbandono scolastico e, incidendo sul successo formativo e sull’innalzamento dei livelli di istruzione consente ad un numero più elevato di giovani di accedere ai percorsi universitari e quindi indirettamente aumenta la percentuale dei 30-34enni con istruzione universitaria. 20 Fondi Strutturali Europei – Programma operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014/2020. Asse I – Istruzione – Fondo Sociale Europeo (FSE). Obiettivo specifico 10.2 – Miglioramento delle competenze chiave degli allievi, anche mediante il supporto dello sviluppo delle capacità di docenti, formatori e staff. Azione 10.2.1 Azioni specifiche per la scuola dell’infanzia (linguaggi e multimedialità – espressione creativa espressività corporea); Azione 10.2.2 Azioni di integrazione e potenziamento delle aree disciplinari di base (lingua italiana, lingue straniere, scienze, nuove tecnologie e nuovi linguaggi, ecc.). Avviso AOODGEFID\Prot. n. 1953 del 21/2/2017. Competenze di base


La pratica sugli orti didattici

21 Il progetto intende promuovere il cibo sano e la salute attraverso la realizzazione di un frutteto integrato e diffuso. Attraverso il coinvolgimento degli abitanti dei quartieri Gallaratese e QT8, saranno riqualificate aree non utilizzate dai cittadini perché intercluse, degradate o da bonificare e saranno destinate alla produzione di frutta, verdura e servizi integrati.

91 i presidi della città

Questa necessità di spazi adeguati ad una didattica maggiormente pratica è sottolineata dalla continua crescita di orti didattici nelle scuole milanesi, che rappresentano elementi di valore per avvicinare alunni e studenti alla relazione con la natura e all’autoproduzione di cibo. Un’occasione didattica per scoprire il valore del suolo, delle piante e degli agro-ecosistemi in generale. Nelle scuole milanesi sono attivi numerosi orti didattici, che stimolano ad esperienze diverse da condividere e replicare. Il Comune di Milano è impegnato a promuovere queste pratiche tramite le proprie politiche educative, alimentari e degli spazi verdi nell’ambito delle azioni della Food Policy della città (fig. 23). Come detto le scuole che a Milano hanno avviato questa progettualità sono in continua crescita costituendo un ambito importante per l’educazione al cibo delle nuove generazioni. Differenti sono le pratiche con le quali si affronta la tematica all’interno delle scuole, come ad esempio nell’istituto Comprensivo Rinnovata Pizzigoni, che da numerosi anni organizza tutta l’attività didattica attorno alla pratica degli orti, affidando una particella ortiva a ogni classe. Valentina Forges Davanzati dell’Associazione omonima ed Elisa Torriani dell’Istituto Comprensivo Massa hanno confermato quanto dagli anni ‘70 l’orto abbia assunto centralità educativa nel metodo Montessori. Entrambe le scuole sopra citate si trovano nel Municipio 8 dove il Comune di Milano sta sviluppando uno studio di fattibilità per un frutteto diffuso (il cosiddetto Frutteto del Gallaratese21) e la loro esperienza potrà essere di grande supporto e stimolo.


I presidi della cittĂ

92

Fig.21 (in alto) - Progetto MiColtivo, Fondazione Riccardo Catella Fig.22 (in basso a dx) - Mappa nidi e scuole con presenza di orti didattici a Milano Fig.23 (in basso a sx) - Food Policy Milano, le linee guida per educare al cibo


22 La Fondazione Riccardo Catella è attiva dal 2007 con la missione di diffondere la cultura della sostenibilità nello sviluppo del territorio e di contribuire attivamente al miglioramento della qualità della vita urbana attraverso progetti di valorizzazione degli spazi pubblici e delle aree verdi. 23 Dal 2012, la Fondazione Riccardo Catella, in collaborazione con il Comune di Milano e con il supporto scientifico del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli studi di Milano-Bicocca, promuove il programma MiColtivo, Orto a Scuola, con l’obiettivo di incoraggiare le giovani generazioni a una corretta e sana alimentazione attraverso l’esperienza concreta di orti didattici installati nei cortili delle scuole pubbliche cittadine, prevedendo una riqualificazione di questi spazi verdi. 24 Legambiente è un'associazione ambientalista italiana erede dei primi nuclei ecologisti e del movimento antinucleare che si sviluppò in Italia e in tutto il mondo occidentale nella seconda metà degli anni Settanta.

93 i presidi della città

Anche nelle scuole secondarie di primo grado, l’orto ha assunto valenze educative e di innovazione sociale, come ad esempio nella storica Scuola Rinascita (Municipio 6) Clara De Clario da 30 anni gestisce un proprio orto e una cucina scolastica autorizzata per la trasformazione dei prodotti coltivati. Uno degli aspetti più importanti è che spesso le scuole sono supportate da volontari e/o Associazioni. In quest’ottica Agostino Chisari del Rotary Club Milano San Siro ha presentato il modello che sta sostenendo molti orti nelle scuole dell’infanzia per assicurarne il mantenimento. Anche la Fondazione Riccardo Catella22 con il progetto “MiColtivo”23 supporta la realizzazione di orti didattici che mirano all’inclusione nell’ambito degli istituti comprensivi. Un valido supporto per garantire la cura di un orto, è dato inoltre dalla figura dei nonni, diventando così anche strumento di dialogo intergenerazionale, che promuova relazioni tra diversi soggetti di un quartiere. Nel contesto milanese dove non vi è sempre l’opportunità di ricavare spazi verdi in cui attuare pratiche di orti didattici, vi è tuttavia la possibilità di organizzare visite didattiche basate sull’orticoltura e sui cicli naturali. Un esempio sono gli orti di via Padova, nei quali Franco Beccari di Legambiente Lombardia24 sottolinea la scommessa riuscita di un orto sociale in un quartiere complesso, o gli orti e frutteti realizzati nel Boscoincittà gestito da Italia Nostra. Per queste scuole si è attivato anche il progetto “Riciclo e coltivo - L’orto verticale


I presidi della città

94

a scuola”, che offre l’opportunità di un orto anche ai servizi educativi che non dispongono di spazi esterni idonei o che non hanno ancora proposto ai bambini questo percorso esperienziale. Questo progetto è attuabile grazie a nuovi scaffali di plastica riciclata, sui quali bambini ed insegnanti avranno la possibilità di coltivare un orto. Si dà così la possibilità ai bambini di capire cosa vuol dire riciclare, apprendendo come un ipotetico piatto di plastica, una volta utilizzato, possa essere trasformato in un nuovo contenitore per piante . Questi progetti citati, ed anche numerosi altri, sono attuabili grazie a numerose associazioni come Italia Nostra nel Boscoincittà, o la Fondazione Riccardo Catella. Quest’ultima dal 2007 ha la missione di diffondere la cultura della sostenibilità nello sviluppo del territorio e di contribuire attivamente al miglioramento della qualità della vita urbana attraverso progetti di valorizzazione degli spazi pubblici e delle aree verdi. Dal 2012 in collaborazione con il Comune di Milano e con il supporto scientifico del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli studi di Milano-Bicocca, promuove il programma “MiColtivo, Orto a Scuola”, con l’obiettivo di incoraggiare le giovani generazioni a una corretta e sana alimentazione attraverso l’esperienza concreta di orti didattici installati nei cortili delle scuole pubbliche cittadine, prevedendo una riqualificazione di questi spazi verdi. La loro volontà è quella di intervenire negli istituti scolastici comprensivi prevedendo due livelli di azione paralleli. La realizzazione e manutenzione dell’orto è il primo livello, attuato tramite una corretta progettazione, installazione e manutenzione partecipata dell’orto riqualificando l’area verde nel quale andrà inserito. Il secondo livello riguarda invece una realizzazione didattica, mediante un approccio


innovativo basato sulla formazione diretta degli insegnanti da un punto di vista pedagogico e disciplinare. L’obiettivo è quello di integrare nella programmazione scolastica attività da proporre agli alunni collegate agli orti (fig. 25).

Il progetto “Frutta e verdura nelle scuole”

95 i presidi della città

Un ulteriore programma didattico adottato da molte scuole milanesi viene nominato “Frutta e verdura nelle scuole”, promosso dall’Unione Europea, coordinato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo, e svolto in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, Agea, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Il programma è rivolto ai bambini che frequentano la scuola primaria (6-11 anni) e ha lo scopo di incrementare il consumo dei prodotti ortofrutticoli e di accrescere la consapevolezza dei benefici di una sana alimentazione. A questo scopo, l'obiettivo del programma è quello di: -divulgare il valore ed il significato della stagionalità dei prodotti; -promuovere il coinvolgimento delle famiglie affinché il processo di educazione alimentare avviato a scuola continui anche in ambito familiare; -diffondere l’importanza della qualità certificata: prodotti a denominazione di origine (DOP, IGP), di produzione biologica; -sensibilizzare gli alunni al rispetto dell’ambiente, approfondendo le tematiche legate alla riduzione degli sprechi dei prodotti alimentari. Le misure di accompagnamento programmate dal Ministero hanno quale obiettivo prioritario quello di informare e sviluppare un consumo consapevole della frutta e della verdura, privilegiando la distribuzione del prodotto fresco.


I presidi della cittĂ

96

Fig.24 (in alto a sx) - Riciclo e coltivo, l_orto verticale a scuola Fig.25 (in alto a dx) - Progetto MiColtivo Orto a scuola, di Fondazione Riccardo Catella Fig.26 (in basso) - Fattoria didattica Cascina Campi


Fonti - https://www.virtuquotidiane.it/cronaca/leducazione-alimentare-nel-programma-didattico-in-scuola-milanese.html?pdf=31618 - https://www.buonalombardia.regione.lombardia.it/wps/portal/site/buonalombardia/DettaglioRedazionale/educazione-alimentare/programma-di-educazione-alimentare - https://web.comune.milano.it/wps/portal/ist/st/food_policy_milano/notizie/archivio_news/orti+scolastici - https://www.fondazionericcardocatella.org/it/attivita/micoltivo-orto-a-scuola/ - http://www.foodpolicymilano.org/comunita-di-pratica-orti-didattici/ - http://www.foodpolicymilano.org/eventi/comunita-di-pratica-gli-orti-didattici-nelle-scuole-milanesi/ - https://www.istitutogiuseppeneri.org/progetto-frutta-e-verdura-nelle-scuole/

97 i presidi della città

Il programma prevede la realizzazione di specifiche giornate a tema, quali visite a fattorie didattiche, corsi di degustazione, attivazione di laboratori sensoriali, al fine di incoraggiare i bambini al consumo di frutta e verdura e sostenerli nella conquista di abitudini alimentari sane. Questo progetto prevede quindi che frutta e verdura fresche vengano distribuite alle scuole secondo un calendario che tiene conto dei fattori della stagionalità e della varietà delle forniture, perché i bambini possano provare nuovi colori e sapori, in un’ottica di educazione alimentare sana tramite prospettive di sostenibilità. Un’iniziativa che prevede anche incontri periodici in fattorie didattiche e orti, dove professionisti educhino al cibo sano, al tema delle colture ed avvicinino genitori, studenti ed insegnanti al paesaggio ed alla natura. Un ulteriore esempio concreto di come la divulgazione e sensibilizzazione al cibo sano e pratiche alimentari sostenibili stiano crescendo all’interno del contesto cittadino milanese e non solo (fig. 26).


2.3I comitati di quartiere di un territorio fragile L'importanza della didattica alimentare

I presidi della città

98

Con il termine territorio fragile si intendono tutte quelle parti di città, quartieri o isolati, che si trovano in condizioni di stabilità precaria, sia a livello di costruito che a livello di popolazione. Aree in cui il cittadino è maggiormente a rischio, o necessita di un maggiore aiuto, da parte dello stato e non solo. Contesti difficili in cui spesso la malavita prende il sopravvento e dove purtroppo un futuro dignitoso, per i più giovani, è difficile da percepire. Le grandi città nella maggior parte dei casi racchiudono al proprio interno aree in cui questo tipo di degrado prende maggiormente il sopravvento. Ufficialmente a Milano i quartieri degradati sono 16 e la loro condizione, anno dopo anno, peggiora nettamente. Il deterioramento vero e proprio si pensa sia iniziato quando l’Aler25 subì la decisione di togliere le portinerie, senza che nessuno si opponesse alla decisione. Un aumento così di quartieri abbandonati a se stessi, dove l’integrazione sociale, specialmente con la popolazione straniera, non riceve alcun aiuto, rendendo la situazione maggiormente difficoltosa. Esempi noti all’interno del comparto più denso della città sono i quartieri Aler di Lorenteggio-Giambellino26 nel sud della città e San Siro-Selinunte27 a ovest (fig. 27). Nel settore ovest si trovano situazioni di notevole e crescente degrado anche in aree 25 ALER Milano, Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale, è un ente pubblico di natura economica proprietario e gestore di un patrimonio di edilizia pubblica di 70.057 unità immobiliari, diffuso sul territorio del Comune di Milano (42.245 u.i. ) e della provincia (27.812 u.i.), su un’area territoriale di circa 1.575 chilometri quadrati. 26 Il gruppo di case popolari denominato "Lorenteggio" sorge nel quadrilatero via Giambellino, (Piazza Tirana), via Inganni, via Lorenteggio, via Odazio e venne ultimato nel 1944 in particolare i caseggiati n. 138-140-142-144 di via Giambellino, seguiti poi da quelli di via Apuli, via Segneri, via Manzano, via Inganni, via Odazio. 27 Il quartiere San Siro è uno dei più grandi quartieri realizzati a Milano dall’Istituto per le Case Popolari: comprende infatti 6.110 alloggi. Costruito tra il 1935 e il 1947, su progetto degli architetti Albini, Camus, Palanti, Battigalli, Fabbri, Minoletti, Cerutti e Putelli, presenta un impianto strettamente aderente al canone razionalista; il quartiere fu realizzato con una densità edilizia superiore, a discapito delle superfici a verde, oltre alla mancanza di attenzione per i servizi e le attrezzature pubbliche. Un rombo incastrato nel tessuto urbano della zona nord-ovest di Milano, tra le vie: Paravia, Civitali, Ricciarelli e Albertinelli-Carlo Dolci, con al centro l’enorme Piazzale Selinunte.


Il caso di San Siro San Siro è uno dei più grandi quartieri di edilizia residenziale pubblica della città di Milano, realizzato tra il 1935 e il 1947 tramite un progetto unitario con linee guida riconducibili all’architettura razionalista. Il quartiere è composto da più di 6000 alloggi e una popolazione che supera i 12000 abitanti. Il quartiere è per la sua maggior 28 Racket è un termine della lingua inglese che indica attività criminali finalizzate a controllare determinati settori delle attività economiche e commerciali.

99 i presidi della città

maggiormente periferiche della città, come nel caso di Baggio, che alterna porzioni storiche e di rilevanza paesaggistica a contesti in cui la criminalità e l’abbandono proliferano. La questione principale probabilmente è che Aler non è un organo in grado di gestire queste situazioni. Gli ispettori non sono pubblici ufficiali e non hanno alcun potere d’intervento nelle situazioni problematiche che caratterizzano spessissimo la vita dei quartieri popolari. Aler, a differenza della polizia locale, non ha gli strumenti per intervenire con rapidità ed efficacia nelle situazioni problematiche, tantomeno ottenere rispetto dagli inquilini, sempre più insolventi. Un eventuale sfratto risulta essere spesso inutile, data la mancanza di posti nelle case extra Aler, lasciando così in sospeso la situazione, con un conseguente aumento di occupazioni abusive e del racket28. Questa scarsa riuscita nel collocare le reali famiglie bisognose in questi spazi aumenta le difficoltà anche economiche di gestione di questi quartieri. Una sempre maggiore mancanza di fondi spinge così l’edificato di questi luoghi all’abbandono ed al sempre maggiore degrado. Un degrado così percepito non solo a livello materico del costruito ma anche e soprattutto nel tessuto della popolazione che ci abita, con qualità della vita che risultano essere molto basse.


I presidi della città

100

parte di proprietà di Aler Milano, responsabile della sua gestione per quanto riguarda le residenze e le loro pertinenze. Nato originariamente come un quartiere isolato ai margini della città, ha visto svilupparsi negli anni un contesto estremamente diverso a quello in cui era sorto. Oggi San Siro è parte della città consolidata, in un contesto centrale, agiato e accessibile, vicino a importanti polarità della città, luoghi della trasformazione e della rigenerazione urbana. Il quartiere è caratterizzato dalla presenza di numerosi abitanti di origine straniera, con circa 85 nazionalità rappresentate. Questa risorsa è tuttavia ora poco valorizzata, ma comunque rappresentata da negozi di commercio etnico. Una forte caratteristica del quadrilatero è la presenza di popolazioni fragili, come anziani e persone con gravi patologie psichiatriche, che si sommano a problematiche economiche e lavorative, che riguardano gran parte della popolazione residente. Un ulteriore causa di fragilità per San Siro è legata anche al patrimonio abitativo, spesso in condizioni di forte degrado. Il quartiere risulta essere comunque pieno di risorse, anche grazie alla presenza di numerosi soggetti locali attivi e diversificati che quotidianamente lavorano per il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti. Molti di questi soggetti hanno firmato da pochi mesi il patto di collaborazione tra il Comune, il DAStU (Dipartimento di architettura e studi urbani) del Politecnico di Milano e un nutrito gruppo di associazioni, quali Mapping San Siro, Laboratorio di quartiere San Siro, Alfabeti onlus, Tuttinsieme Cooperativa sociale, Comunità Progetto Cooperativa sociale, Genera onlus, Fare Assieme, Il Telaio delle Arti, Legambici, Legambiente per la ciclabilità, Mamme a Scuola, Sheb Sheb, Zuccheribelli onlus e la commissione Intercultura Istituto Cadorna (fig. 28).


La volontà è appunto quella di unire gli intenti per la riqualificazione degli spazi pubblici, immobili o aree verdi promuovendo attività che migliorino la qualità della vita nei quartieri degradati. Una forma di volontariato avanzato per la cura dei beni comuni, che consenta un’amministrazione partecipativa e attivi energie civiche grazie a procedure informali semplificate. Progetti concreti che coinvolgono quartieri fragili con lo scopo di promuovere la cura dello spazio pubblico e domestico volto al miglioramento della qualità dell’abitare e delle relazioni tra gli abitanti.

La rinascita di Baggio

101 i presidi della città

Baggio, che possiede una fama negativa ancora oggi, oltre che per il detto milanese “Vai a Baggio, fatti coraggio” anche per gli episodi di malavita e spaccio, si è rilanciata, ed è diventata un luogo che presenta diversi motivi di interesse. La fama negativa di questo quartiere periferico affonda le sue radici negli anni 70/80. All’epoca Baggio, come molte altre aree periferiche, non aveva ancora ricevuto opere di riqualifica, con vaste aree lasciate all’incuria, come ad esempio il parco delle Cave, che oggi risulta essere un polmone verde tra i più belli e curati della città di Milano. Decine di anni fa, quell’area verde era caratterizzata da sterpaglie e rifiuti che circondavano le cave d’acqua e facevano da sfondo a scenari di delinquenza, di malavita e di droga. Attorno agli anni 90 si assiste ad un processo di riqualifica di tutto il quartiere. Vengono organizzate retate, le aree degradate vengono ripulite e rese vivibili. Si sviluppa la costruzione di case e condomini e in poco più di una decina di anni la situazione si modifica radicalmente. La fama però impedisce di vedere la bellezza di questo quartiere,


I presidi della cittĂ

102

Fig.27 (in alto) - Quartiere residenziale San Siro Fig.28 (in centro) - Patto di collaborazione nel quartiere Selinunte a San Siro Fig.29 (in basso) - Edilizia popolare di via Quarti (Baggio) in relazione al parco delle Cave


103 i presidi della città

che,alnettodellesuedisavventure,haunpassatonobileedivalore. Baggio, che prima della Seconda Guerra Mondiale era un paese indipendente, con un suo comune e distaccato dalla più grande Milano, possiede una delle chiese più belle e caratteristiche del capoluogo lombardo, la chiesa vecchia di Sant’Apollinare, dov’è custodito l’organo di Baggio, un preziosissimo dipinto del 1800, che riproduceva lo strumento che il paese all’epoca non poteva permettersi. Oltre a questo aspetto era famosa anche per i suoi molteplici rimessaggi di biciclette, dove dalla fine dell’Ottocento, gli abitanti delle campagne vicine lasciavano i propri mezzi per poi prendere il famoso 18, tram che arrivava direttamente nel centro della città. Altro edificio di grande pregio è la cascina Linterno, già spesso citata nelle pagine precedenti, che si interfaccia direttamente con il prestigioso parco delle Cave. Numerose sono le associazioni che si occupano di migliorare l’area e tutti i luoghi di interesse che ne caratterizzano il territorio, come l’associazione Amici Cascina Linterno, per la promozione delle attività della cascina e del parco adiacente; Italia Nostra per la gestione del parco delle Cave e i suoi spazi; ed i numerosi comitati di quartiere che intervengono per il miglioramento della qualità abitativa in tutte le aree dell’ovest milanese. L’esempio più specifico di Baggio è il comitato di quartiere BaggioX che sostiene la volontà di realizzare progetti concreti che possano monitorare lo stato del territorio incentivando temi quale l’ambiente, la solidarietà, la scuola e l’integrazione. Le iniziative concrete, che migliorano il contesto di questo quartiere, vengono spesso oscurate dalle numerose notizie delle case Aler di via Quarti, riconosciute come covo di malavita, spaccio e abusivismo. Un contesto che quindi mostra un duplice scenario,


nel quale la volontà di rinascita di un territorio pieno di potenzialità e storia, va a contrapporsi ai puntuali casi di degrado, che rendono più difficile il riscatto dalla fama negativa attribuita al quartiere periferico di Baggio (fig. 29).

I presidi della città

104

Fonti - http://www.mappingsansiro.polimi.it/2-mapping-san-siro/2-3-il-quartiere - https://www.comune.milano.it/-/quartieri.-patto-per-riqualificare-via-gigante-in-zona-san-siro-al-lavoro-per-riverniciare-il-marciapiede-e-sistemare-il-verde - https://issuu.com/52340/docs/fotografia_del_quartiere_san_siro_2 - http://www.turismo.milano.it/cdm/objects/changeme:13745/datastreams/dataStream3921636301426712/content - https://www.milanocittastato.it/featured/baggio-2-0-sono-andata-alla-scoperta-di-uno-dei-quartieri-meno-considerati-di-milano-immagini/ - https://www.milanocittastato.it/featured/vai-a-baggio-fatti-coraggio/


105



3

Il

progetto per l'ovest

milanese



3.1La percezione dell'ovest milanese

109

Il progetto per l'ovest milanese

Le prime cose che saltano alla mente facendo riferimento al territorio dell’ovest milanese sono le dinamiche sportive: lo stadio di San Siro, e le sue rigenerazioni in programma nei prossimi anni, gli Ippodromi, il Lido di Milano e probabilmente le infrastrutture viarie di piazzale Lotto e via Novara. Nella percezione generale questo vasto territorio viene identificato come un insieme di infrastrutture per la città, arricchite, soprattutto negli ultimi anni, da grandi lavori di rigenerazione urbana quali Portello e CityLife che in un certo modo collegano il quartiere con il centro della città di Milano. La prima percezione di questo territorio, durante il percorso di tesi, è stata la netta divisione dell’area determinata dalla via Novara a grande scorrimento, i forti collegamenti per arrivare allo stadio la domenica (e al contrario la desolazione del piazzale antistante durante tutta la settimana), le grandi aree degli ippodromi dismessi e soprattutto i quartieri popolari cresciuti a macchia d’olio dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’esperienza del gruppo consolidato di docenti e assistenti dell’Off Campus di Via Gigante, situato all’interno del quartiere quadrilatero di San Siro, è stata fondamentale per capire le dinamiche ed entrare all’interno di un territorio poco esplorato. Durante il primo sopralluogo, infatti, sono emerse delle questioni sulle quali, come gruppo, è stato fondato il lavoro di tesi. L’area composta dai due municipi, il 7 e porzione dell’8, sui quali è stato consolidato il progetto, presenta una serie di landmark che la caratterizzano: le grandi aree verdi dei parchi urbani (il Parco delle Cave, Boscoincittà e il Parco di Trenno), i quartieri popolari (San Siro, Harar, Fleming, Quarto Cagnino e Baggio), le infrastrutture e gli spazi sportivi ma soprattutto la grande quantità di edifici/spazi/porzioni di territorio dismessi



A questo proposito sono state compiute varie letture territoriali per capire meglio come questo aspetto si interfacciasse con la città: sono state mappate le tipologie di spazi aperti verdi distinguendo le aree agricole dal parco urbano e dal bosco urbano, gli elementi compositivi che caratterizzano in senso stretto l’agricolo come la rete di cascine, le strade sterrate che dividono le proprietà dei campi, le cave e l’idrografia e infine una mappatura delle colture radicate sul territorio che definiscono la tradizione lombarda. La mappatura della rete delle cascine è stata particolarmente efficace per capire come questi spazi siano inseriti all’interno del tessuto e se effettivamente hanno lo stesso ruolo e

111

Il progetto per l'ovest milanese

o poco funzionali. In merito a quest’ultimo punto ci possono essere vari esempi: la Cascina Melghera, grande azienda agricola produttiva ora lasciata a sé stessa, l’ex deposito ATM, abbandonato per ricostruirlo di fianco con dimensioni di gran lunga maggiori, il già citato piazzale San Siro ricco di vita durante gli eventi sportivi e un grandissimo vuoto urbano durante la settimana, le scuderie de Montel, simbolo del liberty milanese e fondamentali per il funzionamento dei grandi ippodromi ora dismesse, la Piazza d’armi, enorme spazio dedicato alle esercitazioni militari ora enorme vuoto urbano, luogo fragile, abbandonato e ripopolato in modo informale. Durante il sopralluogo nell’area, inoltre, la presenza dell’agricolo, del verde e delle grandi aree aperte è stata motivo di una lunga riflessione. L’Ovest, infatti, è connotato e percepito come strettamente urbano e ampiamente costruito, ma vivendolo e attraversandolo una grande parte è fortemente legata al tessuto agricolo e ai grandi parchi urbani facenti parte del Parco agricolo SUD Milano e quindi ben tutelati.



113

Il progetto per l'ovest milanese

funzione di quando sono stati costruiti. Si differenziano sostanzialmente in quattro categorie: le cascine produttive che sono rimaste, anche solo per una parte, attive come la cascina Colombera che alla coltivazione di cereali affianca l’allevamento e la vendita diretta e la cascina Figinello rimasta azienda agricola, le cascine che hanno affiancato alla produzione attività sociali come fattorie didattiche o ristorazione come la cascina Campi e la cascina Moranino, quelle che sono state trasformate interamente con altri usi come centri di aggregazione (Mare culturale urbano), spazi per associazioni o spazi di rappresentanza e infine quelle che sono dismesse (Cascina Melghera o Cascina Case Nuove). La ri-funzionalizzazione di questi spazi in molti casi ha interazioni strette con la didattica e attività all’aperto per bambini; anche le scuole in alcuni casi portano queste nuove forme di apprendimento e nel territorio dell’ovest ci sono alcuni plessi scolastici che si impegnano per creare progetti interni o in collaborazione con le aziende: per esempio orti didattici nei cortili delle scuole, l’educazione alimentare, attività didattiche che spiegano i concetti della biodiversità e come prendersi cura delle piante, ecc.







In quest’ottica la lettura si è spostata verso il tessuto urbano andando ad evidenziare dei presidi che potessero essere utili per riunire queste cosĂŹ diverse facce dello stesso territorio. Nell’urbano troviamo infatti orti urbani, associativi oppure istituiti dal comune stesso mediante il progetto ColtivaMI, i mercati comunali settimanali o fissi che incentivano la vendita di prodotti del territorio quasi a km0 e le associazioni culturali che tramite la divulgazione riescono a incentivare ed educare al mangiar sano soprattutto lavorando con i bambini o le scolaresche.



3.2Criticità

121

Il progetto per l'ovest milanese

Ci troviamo quindi di fronte a due realtà molto distanti tra loro concettualmente ma unite e commistionate. È questa una delle grandi criticità del territorio dell’ovest ed è la base su cui sono stati posti gli obiettivi del percorso di tesi. Oltre alla netta divisione tra agricolo e urbano sono state riscontrate anche altre criticità sia sul piano concettuale che fisico. È presente un'importante rete di cascine che, se venisse potenziata, potrebbe creare una rete immateriale di grande valore per il territorio e allo stesso modo la condivisione di spazi e informazioni tra i presidi agricoli sul territorio urbano come orti urbani, la didattica attiva e le varie associazioni potrebbe essere un veicolo per la socialità e lo star bene insieme. È importante sottolineare che durante il sopralluogo, ma anche nelle varie letture dell’area, sono emerse criticità a livello fisico rilevanti, e di conseguenza utili, per lo sviluppo dell’analisi e come spunti di progetto. Primo tra tutti la presenza di luoghi dismessi e di vuoti urbani presenti su tutto il territorio che potrebbero avere un grande potenziale per la riqualifica dei quartieri, anche grazie alla loro posizione strategica per esempio l’Ex ONMI collocato all’interno del quadrilatero di San Siro potrebbe avere una valenza molto importante all’interno del quartiere stesso, oppure l’Ex Deposito ATM confinante con Via Novara è di facile raggiungimento, il Mercato Comunale al QT8 ha la fermata della linea della metropolitana strettamente limitrofa oppure la cascina Melghera potrebbe diventare un fulcro importante per la riconnessione tra agricolo e urbano. Una seconda criticità è sicuramente lo spazio agricolo che non viene considerato come spazio fruibile, è



123

Il progetto per l'ovest milanese

inespresso e considerato come periferia, quando invece inserito in un contesto di parco urbano potrebbe creare occasioni di aggregazione e condivisione. Un’altra problematica è la quantità di luoghi puntuali come orti urbani considerati ognuno a sé stante, le associazioni culturali e i mercati settimanali o rionali, che non collaborano e vengono presi come unità singola e non facente parte di una rete. Le cascine sono “introspettive”, quindi come luoghi puntuali, non sono unite tra loro ma sono luoghi chiusi che se non conosciuti non vengono presi in considerazione. Infine, la grande difficoltà di accesso che le grandi aree verdi hanno quando si affacciano ad un’infrastruttura viaria importante: alcuni esempi possono essere gli accessi al Boscoincittà e al Parco di Trenno da Via Novara, che a tratti possono essere considerati anche pericolosi per gli utenti più piccoli, il Parco Monte Stella, comunemente chiamato “montagnetta di San Siro”, che dal lato del Mercato Comunale crea una forte barriera a causa del diverso livello del terreno o la parte a sud del Parco delle Cave, i cui accessi non sono identificati e molte volte sono creati in maniera informale.



3.3Masterplan

125

Il progetto per l'ovest milanese

La presa in considerazione di queste criticità ha portato a riflettere su quali gesti fossero utili per risolvere almeno in parte i problemi sul territorio con l’obiettivo principale di accorciare le distanze tra l’agricolo e l’urbano. Con questo proposito sono nate le tre progettualità per l’Ovest Milanese che, grazie a diverse scale di intervento, provano a riformulare alcuni aspetti che rendono, ad oggi, il territorio difficile da vivere. Il primo tra tutti è il cosiddetto “filo agricolo”, che consiste nell’implementazione della rete di mobilità lenta su scala territoriale, unendo porzioni già presenti nell’area e progetti già studiati per il territorio, per esempio la lunga pista ciclabile di “Italia Nostra” per Via Novara. Grazie a questo reticolo la connessione dei parchi urbani ai quartieri residenziali sarebbe ben gestita senza la necessità di dover utilizzare il trasporto su gomma. Il secondo scenario è il “Parco Agri-urbano”, simbolo della valorizzazione del tessuto agricolo grazie alla trasformazione di esso in un vero e proprio parco urbano attraversabile tramite la mobilità lenta per raggiungere presidi agricoli o zona destinate alla sosta, create all’interno dei campi agricoli. L’ultima progettualità è quella che lavora su una scala più ristretta, e quindi sull’edificio, e prende il nome di “polarità agricole in città”: riqualificando tre edifici dismessi collocati in zone strategiche si forma un sistema trilaterale che garantisce la valorizzazione agricola all’interno del tessuto urbano. Questi tre poli sono individuati nella Cascina Melghera, inserita completamente nel tessuto agricolo, l’Ex deposito ATM prospiciente la Via Novara, e il Mercato comunale del QT8, inattivo da anni ma posizionato alla base del parco Monte Stella alle porte nord dell’area ovest di riferimento.


Il progetto per l'ovest milanese

126

Fig.1-2-3-4 - Campo di grano nel centro di Manhattan, opera di Land art di Agnes Denes


Queste tre progettualità saranno in grado di collaborare tra loro per raggiungere l’obiettivo principale del progetto: portare l’agricolo e le sue caratteristiche nel tessuto radicato urbano.

Portare l’agricolo in città…cosa significa?

127

Il progetto per l'ovest milanese

“Decisione di piantare un campo di grano a Manhattan, invece di progettare solo un’altra scultura pubblica, è nata da una preoccupazione nata da molto tempo, e dal bisogno di richiamare l’attenzione sulle nostre errate priorità e sul deterioramento del valori umani” (Agnes Denes) La riqualificazione di alcuni spazi verdi poco curati e marginali inserendo delle coltivazioni semplici a rotazione è l’emblema dell’agricolo in città. La produzione in questi territori di grano, cereali, ecc inserirà non solo il contesto agricolo in quello urbano ma la materia prima verrà trasformata e rivenduta all’interno del sistema di vendita. All’interno delle città sono già stati fatti esperimenti di questo tipo, sia come forme artistiche che di produzione pura, uno degli esempi è l’intervento di Agnes Denes a Manhattan. Prima delle ville, dei condomini e dei centri finanziari, la punta più a sud di Manhattan, oggi conosciuta come Battery Park City, proprio alle spalle delle Torri Gemelle, era una discarica, dove furono gettati oltre tre milioni di metri cubi di roccia e terreno scavati durante la costruzione del World Trade Center. Nel 1982 il Public Art Fund commissionò ad Agnes Denes – artista nata a Budapest nel 1931, ma vissuta negli Stati Uniti fin dall’adolescenza – la creazione di un’opera pubblica che dovesse essere tra le più rappresentative mai esposte a Manhattan. Anziché realizzare una scultura, Denes – pioniera del movimento americano conosciuto come Land Art – piantò un bellissimo campo di grano, accanto alle scintillanti Torri Gemelle, usando proprio la terra scavata durante la costruzione


Il progetto per l'ovest milanese

128

Fig.5-6-7 - Campo di grano in Gae Aulenti a Milano, prima della realizzazione della Biblioteca degli Alberi


del World Trade Center (fig. 1-2-3-4), in quel fazzoletto di terra dove poi sarebbe sorto il moderno quartiere di Battery Park City. L’opera, chiamata Wheatfield – A Confrontation, rappresentava anche “un potente paradosso”: piantare grano su un terreno edificabile valutato all’epoca 4,5 miliardi di dollari.

Un esempio diverso ma sempre sulla stessa lunghezza d’onda

129

Il progetto per l'ovest milanese

Recentemente anche a Milano è stato fatto un intervento di questo tipo prima della predisposizione della “Biblioteca degli Alberi” nell’enorme area degli ancora attuali cantieri del Progetto Porta Volta a Milano, che abbraccia via M. Gioia, parte del quartiere Isola, Porta Garibaldi e le ex-Varesine, non erano presenti delle zone verdi. A seguito dello smantellamento del “Bosco Gioia”, vi furono proteste di comitati, associazioni, cittadini, con in prima linea personaggi pubblici. Un’iniziativa per la cittadinanza in attesa della realizzazione del parco fu portare il grano nel bel mezzo della città edificata. Nell’anno dell’EXPO è un grande progetto culturale, agricolo e paesaggistico: la riproposizione a Milano di Wheatfield (Campo di Grano), l’opera d’arte ambientale ideata dalla conceptual artist americana Agnes Denes. Il legame tra questo spettacolare intervento di Land Art e il tema EXPO 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” è strettissimo. L’opera, infatti, richiama l’attenzione su valori fondamentali come la condivisione del cibo e dell’energia, la salvaguardia del territorio e dell’ambiente e la crescita sostenibile. Inoltre il comune di Milano riuscì a creare degli appuntamenti con la cittadinanza legati al tema agricolo come la semina, la crescita e la mietitura in modo tale da generare curiosità oltre al semplice transito all’interno dell’enorme campo (fig. 5-6-7).


Il progetto per l'ovest milanese

130

Fig.8-9-10 - Orti urbani nella zona di CityLife


Il progetto sul territorio: il masterplan A questo proposito la redazione del masterplan è stata fondamentale per comprendere e mettere in relazione gli spazi di progetto e il territorio nel quale entrano in contatto. L’elemento di collegamento tra tutte le superfici di intervento è il progetto della pista ciclo-pedonale che racchiude in un percorso tutti gli interventi in previsione e alla quale si uniscono le porzioni secondarie di ciclabile che si addentrano all’interno dei quartieri. Percorrendo la ciclabile si entra in contatto con diverse azioni progettuali: la riqualifica di uno spazio aperto, l’inserimento di orti urbani o didattici, la progettazione di un edificio dismesso, la valorizzazione e il potenziamento di luoghi già attivi o l’insediamento di un campo agricolo in città. Tutte queste azioni sono raccolte nel seguente abaco:

131

Il progetto per l'ovest milanese

è l’orto urbano inserito nel contesto di CityLife (fig. 8-9-10). Un orto italiano rivisitato, alla luce di un disegno contemporaneo: grandi aiuole, disposte tra loro a comporre un percorso spezzato, quasi labirintico, all’interno delle quali si alternano coltivazioni orticole e piantagioni ornamentali, disposte secondo un inattesa inclinazione a 45°. Ecco quindi lunghe strisce colorate di carciofi ed echinacea, di agli e di dalie, di pomodori e di zinnie, di bietole, di fragole e di menta e di girasoli… in un caleidoscopio di profumi e di colori, disegnato da Filippo Pizzoni e realizzato da Susanna Magistretti di Cascina Bollate. Uno spazio dove imparare a riconoscere gli ortaggi, prima che arrivino sui banchi dei fruttivendoli, ma anche un luogo dove prendere spunto per i propri orti e per i propri giardini, dove ritrovare le radici della nostra tradizione di coltivatori e ma anche dove trovare nuove forme di bellezza.








All’interno di questa articolata struttura progettuale è importante sottolineare l’eredità che l’evento di Expo2015 ha avuto su Milano: la tematica del cibo è stata trattata durante i mesi della manifestazione e ha avuto risvolti per il post Expo. Una tra le varie iniziative è la Food Policy: una politica alimentare della città di Milano, strumento di supporto al governo della città promosso in sinergia dal Comune di Milano e dalla Fondazione Cariplo per rendere più sostenibile il sistema alimentare milanese. “Una Food Policy è un insieme di politiche che delineano una visione condivisa sul futuro rapporto della città con il cibo e definiscono le azioni chiave per attuare questa visione, armonizzando i vari progetti che l’amministrazione porta avanti sul tema dell’alimentazione. Milano ha deciso di impegnarsi per rendere il suo sistema alimentare più equo e sostenibile dotandosi di una propria Food Policy, la strategia che orienterà le politiche cittadine relative al cibo dal 2015 al 2020. A luglio 2014 il Comune di Milano e Fondazione Cariplo hanno siglato un accordo per la definizione e l’adozione delle Food


Policy che ha portato dopo l’analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema alimentare milanese, l’elaborazione degli obiettivi della Food Policy attraverso una consultazione pubblica all’adozione di una Delibera di Consiglio Comunale contenente le 5 priorità della Food Policy di Milano. “ [Linee di indirizzo della food policy milanese] Essendo il tema dell’agricolo e del cibo i punti cardine del processo progettuale è essenziale valutare le cinque priorità inserirle nel territorio dell’ovest, nella quale questa politica non è ancora del tutto vigente. Tutte e cinque hanno un riscontro evidente ma l’area dell’ovest caratterizzata anche da quartieri con difficile accesso al cibo porta a riflettere sull’importanza della lotta contro gli sprechi e per la redistribuzione di quelle materie prime in scadenza che per legge nei supermercati devono considerare non vendibili.

139



3.4Agri-System

141

Il progetto per l'ovest milanese

“Agri-System” è un sistema complesso che coinvolge varie parti della zona Ovest di Milano con l’obiettivo di riqualificare, connettere luoghi e inserire i quartieri all’interno di un programma di sensibilizzazione allo spreco del cibo e delle materie prime. I tre nodi fondamentali chiamati “Agri” sono caratterizzati da funzioni diverse con lo scopo di raggiungere la piena consapevolezza del tema di fondo e della food policy milanese. Tre sono le parole chiave che caratterizzano questi tre poli: la produzione di materie prime a km0, la divulgazione delle linee guida per un’educazione alimentare corretta, il mangiar sano e la socialità nei momenti del convivio e la vendita di prodotti propri del territorio e di materie prime che vengono considerate non vendibili dalle grandi catene commerciali.



Cascina Melghera

143

Il progetto per l'ovest milanese

La Cascina Melghera è situata nei pressi del borgo di Trenno, a ridosso dei campi agricoli; allo stato attuale è quasi del tutto inagibile, transennata per pericolo di crolli soprattutto per delle porzioni di copertura, tranne che per un’abitazione privata posta sulla destra della strada d’accesso all’area. Prende il nome di “Agri-Hostel” grazie delle funzioni che si prevede di inserire e diventa quindi il presidio alle porte del tessuto agricolo: l’intenzione è di immergersi all’interno della produzione agricola attraverso attività di svago, utilizzando i percorsi creati sulle strade sterrate che delimitano i campi, e momenti ludici per bambini grazie all’inserimento di una ludoteca. È inoltre possibile soggiornare nell’ostello creato in una porzione di cascina esistente e consumare cibi a km0 nel ristorante che viene inserito nel volume più a sud del lotto. Tutto questo è fiancheggiato dall’attività vera e propria della cascina riattivando quegli spazi utili per la produzione agricola e per la sosta dei grandi macchinari.


144


Ex deposito ATM L’ex deposito ATM, invece è posto nel pieno tessuto urbano, a ridosso dell’infrastruttura stradale di Via Novara; attualmente è abbandonato, recintato in attesa di essere bonificato a causa dell’uso di amianto del tetto. Viene riprogettato con l’intenzione di renderlo un polo di divulgazione, “l’Agri-Social Hub”, scelta dettata dalla facilità di raggiungimento con vari metodi di trasporto pubblico e privato. Verranno predisposti spazi per la cultura, la socialità e l’approfondimento del tema legato al cibo e all’agricolo tramite l’inserimento di serre e orti didattici. La tematica della divulgazione è gestita in questo polo anche grazie alla vicinanza di plessi scolastici.

Il progetto per l'ovest milanese

145


146


Mercato comunale al QT8 Il Mercato del QT8, infine, fortemente voluto da Piero Bottoni nel suo progetto per il Quartiere Triennale 8 durante l’Ottava Triennale ma progettato in seguito dal Comune di Milano. È stato dismesso all’inizio degli anni 2000 e attualmente è in attesa di essere riqualificato e rifunzionalizzato come Archivio del CASVA. L’idea progettuale è quella di creare un “Agri-District” in cui saranno presenti sia piccole porzioni per la produzione e per la divulgazione ma soprattutto la riattivazione del mercato storico comunale come “Mercato delle eccedenze”. La connessione con il fronte stradale perpendicolare alla Chiesa di Santa Maria Nascente e al parco Monte Stella saranno anch’essi fulcro del progetto.

147

Il progetto per l'ovest milanese

La complessità di quest’ultimo e la possibilità di inserire anche spazi per la produzione e la divulgazione e non solo per la pura vendita, insieme alla vicinanza alla metropolitana, linea M1, la facilità di raggiungimento e l’importanza del quartiere sotto l’aspetto storico hanno portato alla scelta del Mercato come Progetto Pilota.


luo

R ia tt

Presenza di un

i per il quar tiere

Il progetto per l'ovest milanese

lici ubb

148

impo r tan za s Vicinanza tori d ei tra 5/5 spo r ti p Vicinan za a luog 5/5 h 5/5

ant port i im

ialitĂ c o s er la 5/5 p go

Quar tiere d i

ca

di e n io z a iv

storico o i c i f i d 5/5 un e

Legenda Storia Collegamenti Elementi a supporto




4

Il quartiere triennale 8


Triennale di Milano 4.1 L’VIII Il contesto storico e culturale in cui nasce la Triennale di Milano

Il quartiere triennale 8

152

La Triennale di Milano è un’istituzione culturale il cui “scopo è quello di espandere e innovare i singoli modi di pensare, portando esperienze di culture e lingue diverse in un solo posto e tempo.” Nasce nel 1923 a Monza dove si svolgeva all’interno del parco della Villa Reale, inizialmente con cadenza biennale1, e aveva come obiettivo quello di mettere in relazione e fondere i mondi dell’industria, dell’arte e della società (fig. 1). La storia e la struttura della Triennale mutano in relazione ai cambiamenti che l’Italia e il mondo si trovano ad affrontare: cambiano, infatti, con il passare del tempo, le esigenze dell’uomo, il modo di guardare al futuro, sé stesso e l’universo. Mutamenti nella scienza e nella tecnologia la fanno da padrone e caratterizzano tutto il ‘900. Cambia il modo di concepire lo spazio, si scoprono nuovi materiali da costruzioni e nuove tecnologie. Si trasformano le esigenze abitative in relazione al cambiamento sociale. Si tratta di un secolo ricco di innovazioni e progresso. Nelle prime quattro edizioni la Biennale di Monza è basata su una concezione di unitarietà dell’arte e della creatività, in relazione allo sviluppo socio-economico, anche grazie al fatto che si va alla ricerca attraverso l’industria, della prospettiva di un ritrovato benessere post guerra, e attraverso la progettazione creativa, dell’elemento di unicità delle sue produzioni. Nel 1933 viene inaugurato a Milano il Palazzo dell’Arte2, un progetto realizzato in soli 18 mesi su progetto 1 Era chiamata Biennale delle Arti Decorative (o Biennale di Monza) organizzata dall’ISIA (Istituto Superiore di Industrie Artistiche), è in origine pensata con lo scopo di esporre i lavori degli allievi dell’istituto per entrare in relazione anche con il mondo industriale della Brianza, viene però subito ampliata e aperta verso una realtà internazionale. 2 Anche chiamato Palazzo Bernocchi dalla famiglia che fece una donazione al Comune di Milano nel 1930 per la sua realizzazione.


La Triennale ha negli anni dibattuto argomenti importanti e innovativi per l’epoca con la volontà di creare unità nelle arti grazie soprattutto all’intenso rapporto tra l’Istituzione e gli artisti; già dal 1933, anno della V Triennale, prima edizione Milanese, si riscontra la presenza di De Chirico, Sironi, Campigli e Carrà, seguiti nelle edizioni successive da Fontana, Baj, Martini, Pomodoro, Burri, per arrivare a Merz, Paolini, Pistoletti, negli anni più recenti. 3 Nel 2002 a Michele De Lucchi viene dato il compito di ridare al palazzo della Triennale, che aveva subito negli anni numerose modifiche al suo stato originario, un aspetto che potesse riconciliarsi quanto più possibile con il progetto originale di Muzio. Il progetto di De Lucchi all’inizio prevedeva soltanto gli spazi di accesso alla Triennale e un intervento al livello parco; con la progettazione del Museo del Design, inaugurato nel 2006, si completa un cerchio di interventi che la fondazione di prefissava di attuare da molti anni.

153

Il quartiere triennale 8

di Giovanni Muzio3 e grazie alla lungimiranza dei fratelli Antonio, Michele e Andrea Bernocchi che riuscirono a leggere e comprendere l’importanza che avrebbe assunto il dialogo e il dibattito sul design e sull’evoluzione dell’industria. La posizione dell’edificio è scelta in maniera strategica per far sì che rientri in un sistema di cui facevano già parte il Castello Sforzesco, l’Arco della Pace e il Parco Sempione al centro, in modo che diventasse un nuovo simbolo per la città di Milano, ed è progettato in modo che abbia due ingressi speculari, uno dalla strada e uno dal parco. L’architettura di Muzio risulta essere prestigiosa e flessibile, atta ad ospitare svariate manifestazione di arte ma anche di cultura, oltre che ad essere la sede della Triennale (fig. 2). L’edificio vedrà nel corso degli anni una serie di modificazioni del progetto iniziale dell’architetto, con e senza l’approvazione dello stesso architetto, a causa di eventi devastanti come il Secondo Conflitto Mondiale, occupazioni da parte di gruppi di contestatori o per cause naturali di degrado dovute all’uso di sovrastrutture eccessive oppure a lunghi periodi di non utilizzo dell’edificio stesso.


Non sono mancati, nelle prime edizioni, progetti temporanei di grandi architetti del razionalismo italiano ospitati all’interno del Parco come la “Casa a struttura d’acciaio” di Albini, Pagano, Palanti, Camus, Mazzoleni e Minoletti o la “Villa studio” di Figini e Pollini, ma si aprono le porte verso il disegno industriale sulla base anche di quello che accadeva in Germania con la mostra organizzata sul Deutcher Werkbund4. Con la VI e la VII Triennale si inizia infatti a parlare sul serio di produzione in serie, grazie anche alla figura di Giuseppe Pagano, e si inizia a dare il giusto valore all’industria, temi che verranno poi ancora di più esplicitati nelle edizioni successive.

Il quartiere triennale 8

154

L’ VIII Triennale è inevitabilmente incentrata sul tema della ricostruzione, trovandosi nell’immediato dopoguerra. Siamo nel 1947 e, oltre i lavori di sistemazione del Palazzo dell’Arte che ha subito danni a causa dei bombardamenti aerei, lo sguardo è quasi tutto rivolto verso l’architettura. È dedicata all’abitare ma soprattutto emerge la figura di Piero Bottoni che si dedica al progetto di un quartiere sperimentale nella zona Ovest di Milano che prende il nome proprio di Quartiere Triennale 8 (QT8) e che fa in modo che l’istituzione della Triennale si affermi come elemento di centralità culturale. Il definitivo legame tra design, industria e “cultura del progetto” si consolida negli anni ’50 con l’affermazione del “New Italian Design” e con il boom economico, periodo di grande crescita e sviluppo della tecnologia dopo una fase di ricostruzione post bellica. Nelle Triennali successive alla decima, infatti, vengono presentati prodotti che diventeranno capisaldi del design e che raggiungeranno notorietà a 4 Il Deutcher Werkbund, che significa Lega Tedesca Artigiani, è stata un’associazione nata nel 1907 in Germania a Monaco di Baviera, con lo scopo di sancire l’unione tra industria e arti applicate e di “nobilitare il lavoro industriale”.


livello internazionale, congiungendo il mondo del progetto e quello della produzione; dalla Triennale XI in avanti, comincia l’era del marketing del design attraverso forme di pubblicizzazione dei prodotti grazie anche all’introduzione di riviste e fiere, come il Salone Del Mobile, per fare in modo che l’attenzione venisse estesa non solo agli addetti ai lavori e ai tecnici ma anche al consumatore finale e alla società civile.

I temi e i valori innovativi dell’VIII Triennale L’Ottava Triennale (fig. 3) nasce nel momento storico in cui l’Italia e il mondo devono rialzarsi e ricostruire dopo la Seconda Guerra Mondiale. Milano fu tra le città settentrionali italiane che maggiormente subì i tormenti dei bombardamenti, soprattutto a causa del fatto che l’alleanza anglo-americana aveva preso di mira la sua posizione strategica in quanto crocevia storico di traffico e quindi importante snodo commerciale. Ferite aperte sono rappresentate dai danni subiti dai principali monumenti della città ed anche al tessuto urbano vero e proprio (fig. 4). Il clima economico e politico in cui ci troviamo non è affatto da sottovalutare considerate le necessità imposte dalla realtà del momento che devono essere condivise da tutti i paesi che prendono parte alla mostra dell’VIII Triennale: il

155

Il quartiere triennale 8

Negli anni successivi gli ambiti di interesse della Triennale vengono allargati anche ai campi della moda, del cinema, della comunicazione, con una sempre crescente adesione da parte del pubblico che ha permesso oltre alla realizzazione di mostre o allestimenti, anche lo svolgimento di attività parallele come workshop, seminari e convegni. Nel 1999 la Triennale è diventata fondazione e dal 2006 è stato inaugurato al suo interno il Museo del design.


Il quartiere triennale 8

156

Fig.1 (a lato) - Aldo Scarzella, Manifesto per la I Biennale di Monza, 1923 (Fonte: Sito della Triennale) Fig.2 (in alto a dx) - Vista del fronte dal Parco Sempione del Palazzo dell’Arte Fig.3 (al centro) - Max Huber, Manifesto per la VIII Triennale di Milano, 1947 (Fonte: Sito della Triennale) Fig.3 (in basso) - Piazza Fontana durante i bombardamenti del 1943 (Fonte: ANPI di Lissone)


Il tema promosso dall’Istituzione è quindi inevitabilmente quello dell’abitare, tenuto conto di tutte le considerazioni socio-economiche fatte in relazione al momento storico contingente. Commissario straordinario della Triennale del 1947 viene nominato Piero Bottoni e proprio a lui, insieme ad un gruppo di altri architetti viene affidato l’importante compito progettare un quartiere che viene definito sperimentale. Egli aveva iniziato già negli anni ’30 una attività di questo genere insieme agli architetti Giuseppe Pagano e Mario Pucci, cui si affiancano altri importantissimi nomi dell’epoca come Rogers, Lingeri, Viganò, Zanuso, Albini, Castiglioni, per citarne alcuni. L’area dove viene collocato, in precedenza, come emerge dalle parole di Bottoni, “era una zona di baracche e regno dei “barboni”, soggetta alle improvvise piene dell’Olona e di scarsissimo reddito per il Comune che ne era in gran parte

157

Il quartiere triennale 8

tema della ricostruzione è quindi centrale ma c’è anche da rivolgere lo sguardo a tutto ciò che in verità ancora non era e poteva essere realizzato e costruito. Una delle questioni marginali che diventa, in questo contesto, molto più centrale è l’utenza raggiunta, che, a differenza delle sette triennali precedenti, include anche le classi sociali meno abbienti, iniziando a parlare interamente di Italia come paese unito e che in maniera compatta deve rialzarsi dalla crisi che sta vivendo. Si inizia, infatti, a dare sempre più peso al valore dell’industria e della produzione in serie, e nuovo ruolo inizia ad essere svolto anche dall’artigianato, che viene, per quanto possibile senza snaturarne le caratteristiche di originalità e unicità degli oggetti prodotti, meccanizzato e industrializzato, in modo da non sprecare energie e materie prime, elementi che già di per sé in questo momento scarseggiano.


proprietario, “pareva naturale profetare che non sarebbe mai divenuto un quartiere residenziale […]”. Si va oltre quindi la semplice progettazione di prototipi e si inizia a progettare e realizzare qualcosa di concreto. “Il QT8 è pensato come un’esposizione in scala 1:1 finalizzata a dimostrare e a sottoporre a giudizio collettivo la capacità dell’architettura moderna di affrontare e risolvere il tema della casa per tutti.” L’obiettivo che si prefissa Bottoni però non è quello di andare a creare un semplice quartiere dimostrativo, come ad esempio il Weissenhof di Stoccarda5 che era stato concepito come esemplificazione dell’innovazione del Movimento Moderno, ma di superarlo progettando un complesso che a tutti gli effetti potesse rispondere alle esigenze della società.

Il quartiere triennale 8

158

Ciò che di innovativo si sviluppa con l’VIII Triennale (fig.5) è, quindi, una nuova concezione dell’abitazione: in molti temevano in passato che se l’industrializzazione avesse raggiunto anche il campo dell’edilizia si sarebbe giunti inevitabilmente ad un’omologazione della casa in quanto oggetto; ciò non ha ragione d’esistere nel momento in cui si mettono in primo piano i bisogni dell’uomo che utilizzerà gli spazi e sarà il protagonista indiscusso dell’azione dell’abitare. Si inizia a parlare di edificazione modulare, grazie agli architetti Fratino, Gardella e Mattioni che studiano una teoria della proporzione sulla base del fatto che gli spazi debbano essere abitabili, dimensionati e organizzati secondo la teoria dell’abitazione. La casa prefabbricata è un altro elemento di grande studio per gli architetti protagonisti della VIII Triennale, nove dei quali redigono un progetto che vuole 5 Il Weissenhof di Stoccarda è un complesso edilizio costruito nel 1927 in occasione del Deutcher Werkbund per mostrare e dimostrare le innovazioni in campo abitativo e di costruzione promosse dal Movimento Moderno.


indagare i metodi costruttivi piĂš efficaci, riduzione dei tempi di assemblaggio e di confezionamento del prodotto finito.

Il quartiere triennale 8

159


4.2Il Quartiere sperimentale dell’VIII Triennale Piero Bottoni e gli architetti del QT8

“La sua architettura formava uno spazio di libertà collettiva riconquistata e uno spazio di libertà personale, in cui esprimere la propria individualità. Urbanistica e architettura dialogavano con il sociale e il sociale con il privato.” Viene definito così ciò che l’architetto Piero Bottoni compie per un nuovo insediamento abitativo nella Milano dell’Ovest, nel municipio 8 per la precisione, che prenderà il nome di Quartiere Triennale 8. Risulta essere davvero un grande passo in avanti nei confronti del rapporto tra l’architettura e l’uomo, tenuto conto di tutte le considerazioni e le ricerche portate avanti nel periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il quartiere triennale 8

160

L’idea di promuovere un quartiere stabile, dove l’architettura e l’urbanistica moderna potessero trovare una sede appropriata per le proprie realizzazioni, nasce alla chiusura della V edizione della Triennale del 1933 da uno scambio di vedute tra Piero Bottoni e Giuseppe Pagano, concordi nel giudicare un gravissimo spreco il dover distruggere le sperimentazioni realizzate provvisoriamente per quell’occasione nel parco della Triennale. Si immaginò pertanto di creare un nuovo sito, che dovesse essere facilmente raggiungibile per ispezioni e controlli ma soprattutto “passibile di essere riferita come fatto sperimentale non solo alle caratteristiche di durata dei materiali e della loro convenienza strutturale ed economica ma anche alla verifica della qualità insediativa e abitativa rispondenti nel tempo alle esigenze dell’uomo”. Si iniziò da subito, in vista della VI Triennale a progettare e ideare un programma funzionale per il nuovo quartiere e a ciò seguì persino una prima bozza di planimetria sviluppata da Pagano, che era entrato nel


La figura di Piero Bottoni è quindi al centro nevralgico di questa operazione rivoluzionaria che si attua a Milano tra gli anni ‘40 e ’50, favorita sicuramente, come egli affermerà nel 1949, dal fatto che “mai si erano offerte occasioni così (tragicamente) favorevoli come quelle che le distruzioni della guerra avevano portato”. Bottoni nasce nel 1903 a Milano e nel 1926 si laurea in architettura al Politecnico di Milano, dopo aver conseguito anche un diploma come professore di disegno architettonico all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1929 fonda, insieme ad altri architetti, il gruppo italiano dei CIAM7 di cui diverrà 6 Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) fu un’organizzazione politico-militare che si costituì nel 1944 per opporsi al fascismo e all’invasione dell’Italia da parte della Germania e coordinare le brigate iniziarono ad acquisire potere con lo sfaldarsi del controllo nei fascisti nel Nord Italia. È inizialmente una appendice milanese del Cominato di Liberazione Nazionale (CLN) ma ingloba poi quasi tutta l’Italia Settentrionale, coordinando i vari comitati regionali. 7 CIAM (Congresso Internazionale di Architettura Moderna) nascono nel 1928 con il primo congresso a La Sarraz in Svizzera e promuovono un’architettura e un’urbanistica funzionali. Furono in totale undici e durante il quarto CIAM, nel 1933, ci fu la redazione e presentazione della Carta di Atene, documento significativo per l’affermazione del Movimento Moderno (vuole definire i principi fondamentali della città contemporanea e inizia a discutere il tema della zonizzazione secondo cui dovesse esistere la suddivisione in quartieri e ci dovesse essere una suddivisione delle funzioni principali svolte dall’uomo, che diventano abitare, lavorare, divertirsi e spostarsi).

161

Il quartiere triennale 8

Direttorio della Triennale, insieme all’Ingegner Franco e poi una “proposta di piano regolatore e lottizzamento” firmata da Bottoni, Pagano e Pucci (fig.6). A causa dell’insorgere della guerra, però, il lavoro svolto dovette essere messo da parte e venne ripreso solo nel 1945, quando si crearono le condizioni adatte affinché si potesse sviluppare il progetto; a ciò si aggiunse anche la nomina di Bottoni a “Commissario straordinario dell’Ente Autonomo Triennale” da parte del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia6. L’architetto assume quindi tutto il potere direttivo della Triennale ponendosi come metodo però quello di avere ampie vedute e confrontarsi con diverse personalità professionali e svariati tecnici di discipline diverse: si affianca infatti di un corpo di quasi cento soggetti tra cui architetti, ingegneri, pittori e tecnici, divisi in gruppi di lavoro più piccoli che egli coordina (fig.7).


Il quartiere triennale 8

162

Fig.5 (in alto) - Ingresso della mostra dell’VIII Triennale (Fonte: Sito www.qt8.it) Fig.6 (in centro) - Studio planivolumetrico del Quartiere sperimentale della Triennale di Milano (Fonte: libro Tonon) Fig.7 (in basso) - Organigramma della VIII Triennale. (8 Febbraio 1947 (Fonte: libro Tonon)


La nascita del Quartiere Sperimentale La prima stesura vera e propria del progetto, dopo la fine della guerra, risale al 1947, anno stesso dell’VIII Triennale. L’obiettivo prefissato da parte di Bottoni e di tutti coloro si approcciano a questo intervento è quello di creare un insediamento che dialoghi con la città ma allo stesso tempo sia introspettivo e autonomo. Il quartiere viene definito “sperimentale” da Bottoni perché si deve “sperimentare una nuova spazialità urbana” e da esso dovevano estrapolarsi “fondamentali insegnamenti per l’aspetto e il carattere dei futuri

163

Il quartiere triennale 8

poi delegato, insieme a Gino Pollini, fino al 1949. Promuove numerose riviste come “Quadrante” e “Metron”, di cui è membro della direzione, manifestando la volontà di diffondere il sapere e le innovazioni nel campo dell’architettura, del design e delle arti in generale non solo ai tecnici ma alla totalità della popolazione. Diventa anche, nel 1945-46, consultore nazionale della Camera dei Deputati e Consigliere Comunale di Milano tra il 1956 e il 1964, a testimonianza del suo costante impegno anche politico. È noto anche a livello accademico, insegnando al Politecnico di Milano prima come assistente alla didattica per G. Muzio, poi Urbanistica e qualche anno più tardi tiene un corso di Allestimento e Museografia. Oltre che come progettista e ricercatore, si afferma professionalmente anche grazie alla redazione di una serie di Piani Urbanistici, in particolare di “due che hanno segnato la storia dell’urbanistica italiana: il Piano della Valle d'Aosta, promosso da Adriano Olivetti nel 1936, e il Piano A.R. (Architetti Riuniti) del 1944-45.” Quando viene nominato commissario della Triennale e si trova a doversi confrontare con il progetto per il quartiere QT8, ha già dunque un grande bagaglio di esperienze nella redazione di piani urbanistici.


quartieri di abitazione della città di Milano ed una nuova felicità di vita per i suoi abitanti”; riesce da subito a comprendere che la Triennale avrebbe giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo del progetto in quanto sarebbe stato sicuramente il pretesto per un’accelerazione dei tempi di realizzazione. Creare un’opera collettiva è la volontà di Bottoni e il suo modo di procedere viene riconosciuto anche dal Movimento Studi per l’Architettura8 che afferma che la sperimentazione è una sintesi tra architettura, urbanistica e socialità che ha coinvolto e sensibilizzato moltissime personalità del Movimento stesso.

Il quartiere triennale 8

164

Nel momento di inaugurazione della mostra dell’VIII Triennale, che si tenne anche in quell’occasione presso il Palazzo dell’Arte, ciò che può essere presentato è però solo un plastico in scala 1:250 e una serie di tavole tecniche, accompagnati da foto dei lavori in corso (fig.8). Nessun edificio era stato ultimato ma erano stati iniziati già i lavori di alcune abitazioni che erano state progettate in precedenza, tra cui le case per reduci e senzatetto. Il lavoro di Bottoni viene giudicato quasi miracoloso da parte di chi conosceva le condizioni dell’area precedentemente al suo arrivo: non c’erano altro che baracche e gruppi isolati di cascine dove vivevano famiglie di operai poverissime e sfollati. Il fiume Olona minacciava improvvise piene che arrecavano periodicamente molti danni alla zona e l’agricoltura era moribonda e lo dimostra il fatto che orti e campi erano per la maggior parte incolti. “Non più campagna, non ancora città” era questa la percezione che si aveva frequentando la zona. “Tutti sanno la storia della periferia di Milano, ritratto di tante altre 8 Il Movimento Studi per l’Architettura (M.S.A.) protagonista di un dibattito, sviluppato sulle più grandi riviste di architettura, sulla ricostruzione post bellica che difende una strategia più post-razionalista e “milanese” rispetto al contesto in cui si sviluppa l’Associazione per un’Architettura Organica (APAO), fondata da Bruno Zevi.


periferie di città moderne, sorte senza programmi e da decenni viventi di una stentata vita nella economia di una società che considera l’abitazione, non un diritto dell’uomo che lavora, ma un affare della iniziativa e della speculazione privata.”9 In circa tre anni, dal 1947, Bottoni riesce a realizzare numerosi edifici e a fare in modo che buona parte delle abitazioni risultasse occupata, tanto che alla XI Triennale il bilancio è molto positivo.

8 IParole di Piero Bottoni su Q.T.8 Il quartiere sperimentale della Triennale di Milano, (1954). Editoriale Domus, Milano.Zevi.

165

Il quartiere triennale 8

Il quartiere risulta essere un esempio di sperimentazione urbanistica e culturale in quanto libero da tutti quei precetti di cui si caratterizzavano gli altri quartieri in periferia. Non risulta essere esclusivamente un quartiere dormitorio ma al contrario mostra di essere in rapporto col verde, col sole e con la natura, paragonabile ai quartieri sette-ottocenteschi di Milano. Le abitazioni erano di varie tipologie, in stretta connessione con i servizi pubblici di cui si doveva dotare il quartiere, e non continue in fregio alle strade e alle piazze, seguendo uno schema urbanisticoarchitettonico di stampo classico; il tutto però senza andare a creare una frattura dal punto di vista dell’unità estetica. Tutto ciò fu permesso grazie a tre strumenti essenziali: un piano regolatore urbanistico, che potesse uniformare le scelte future anche in presenza di proposte che potranno essere fatte da singole individualità; un regolamento edilizio creato ad hoc; la presenza di tecnici esperti nominati dalla Triennale per valutare i singoli progetti in modo da non distanziarsi dall’unitarietà del progetto.


Lo sviluppo del Progetto del QT8 attraverso tre Piani Urbanistici

Il quartiere triennale 8

166

Tra il 1945 e il 1947 viene presentato il primo piano urbanistico per il QT8 che però già non convinceva i redattori, che, come si può notare soprattutto dalle firme riportate sugli schizzi, sono svariati e riguardano le figure di Cerutti, nominato da Bottoni responsabile dell’Ufficio Tecnico, ma anche di G. Pollini, A. Putelli, V. Gandolfi, e ovviamente Bottoni con ruolo di regista. Uno dei casi preso come riferimento per il primo piano è il progetto per le “Quattro città satelliti”10 di Milano del 1939; una di queste, il quartiere Ciano, pensato per un’area in prossimità di San Siro, rappresenta proprio la base da cui si parte per la redazione del piano per il QT8. È possibile notare, tra le due idee, svariate similitudini ma anche un superamento e avanzamento del progetto, dettato dalla volontà di non creare un quartiere satellite ma un nuovo quartiere residenziale che si ponga in relazione con la città. Le analogie riguardano, sicuramente, la volontà di creare un’unitarietà stilistica, la densità di popolazione prevista, l’organizzazione delle strade e delle attrezzature pubbliche a supporto delle abitazioni; un grande asse centrale alberato, che attraversa il quartiere e lo caratterizza, è previsto come fulcro su cui far convergere il centro civico e religioso, che rappresentava un riferimento per la parte residenziale. La posizione delle abitazioni, pensate come edifici a forma di parallelepipedo molto alti, sui confini del quartiere e non al centro, e il disegno dello spazio verde, che non è più accessorio ma diventa fortemente protagonista della totalità del progetto, son invece elementi che manifestano una volontà di pensarlo come 10 Le Quattro città satellite di Milano sono progettate tra il 1939 e 1940 da Bottoni insieme a Albini, Camus, Cerutti, Fabbri, Mazzocchi, Minoletti, Palanti, Pucci e Putelli. Si tratta di quattro quartieri residenziali con un numero di locali fra i 5.800 e i 14.000, la cui realizzazione verrà bloccata dalla guerra; solo uno dei quattro verrà portato avanti, il quartiere Costanzo Ciano, sui cui terreni dopo la guerra di costruirà il quartiere Gallaratese.


autonomo ma assolutamente integrato con la città di Milano. Un altro importante elemento di questo primo piano urbanistico presentato per l’VIII Triennale è l’elemento dell’acqua. Si è già visto in precedenza come la presenza nell’area del fiume Olona talvolta fosse più uno svantaggio che un punto di forza per il nuovo quartiere, a causa soprattutto dei periodi di piena improvvisi: per Bottoni e gli altri il fiume diventa un perno importante del progetto, in quanto integrato con il verde pubblico e con due collinette adiacenti una cava che, riempita d’acqua, poteva diventare un “lago” artificiale.

Intorno al lago era previsto un parco, con due colline all’interno e con annessa una grande zona sportiva. Le abitazioni erano divise in quattro nuclei che confluivano in una piazza che diventava il centro del quartiere e gli edifici erano orientati con un asse eliotermico. Numerose sono le varianti che in due anni si apportano al primo progetto, nonostante si resti bene ancorati all’impianto urbanistico pensato inizialmente e alle relazioni interne ed esterne ad esso che dovrà gestire. (fig.9 e 10) Tra il 1947 e il 1950 Bottoni e Ceratti iniziano a sviluppare un secondo piano urbanistico, con una densità molto maggiore 11 Da un’intervista all’urbanista Graziella Tonon che racconta per “Sentieri Metropolitani” l’origine del QT8.

167

Il quartiere triennale 8

“Il quartiere sorge su terreno di proprietà comunale dove all’epoca c’erano moltissime cave e in una di questa cave sognava di dar vita ad un grande lago dove pensava che gli abitanti potessero andare in barca o stendersi sulla spiaggia un po’ come all’idroscalo.”11


Il quartiere triennale 8

168

Fig.8 (in alto a sx) - Piero Bottoni, nel suo studio, davanti al plastico del QT8 (Fonte: www.qt8.it) Fig.9 (in alto a dc) - QT8, primo progetto, 1945-48. (Fonte: Archivio Piero Bottoni) Fig.10 (in centro) - Schizzo di studio delle distinzioni dei percorsi del primo progetto del QT8. (Fonte: libro Tonon) Fig.11 (in basso) - QT8, secondo progetto, 1949-51. (Fonte: Archivio Piero Bottoni)


Il terzo e ultimo piano urbanistico, realizzato questa volta solo da Bottoni, del 1953, vede il QT8 entrare a far parte del Piano Regolatore di Milano e relazionarsi ad una realtà più ampia e problematica. Uno dei primi punti da sviluppare riguarda infatti la progettazione di una nuova strada d’ingresso a Milano dalla zona nord limitrofa al quartiere. Dal punto di vista delle funzioni urbane si aggiungono due nuove destinazioni: una dedicata all’artigianato e un’ulteriore zona sportiva. Si aggiungono anche degli edifici di circa sette piani a pianta stellare che sostituiscono alcune case lineari progettate in precedenza. Si definisce ancora meglio la “montagna” che Bottoni afferma di avere avuto anche in sogno, “l’ascesa sulla montagna di Milano, la città di pianura per eccellenza, affermando

169

Il quartiere triennale 8

di case, che arrivano ad avere undici piani; ciò su direttiva del comune di Milano che chiede di sfruttare maggiormente le aree, riducendo quindi il numero delle abitazioni unifamiliari. Una delle più grandi differenze con il primo piano riguarda un elemento dello spazio aperto: nel corso di un sopralluogo un giorno Bottoni si accorge che il lago è scomparso. Inoltre nota ferrovie decauville che partono dal parco Sempione e arrivano al QT8, scaricando all’interno delle cave le macerie e i resti della città bombardata durante la guerra. Il sogno di Bottoni muta da una curva concava ad una convessa e dall’idea del lago si passa a quella opposta di montagna. Non si rinuncia alla presenza dell’acqua immaginando che una delle due colline del piano precedente potesse diventare un lago artificiale, anche se, in tal modo, si va a modificare l’assetto spaziale eliminando una quinta che definiva la piazza, ancora al centro del quartiere (fig.11).


di immaginarla come una vera e propria architettura. “Il Monte Stella, è stato ben detto da Aldo Rossi, è una grande architettura. Bottoni lo disegna come una specie di grande dinosauro allungato che però ha di fronte a sé la città, il Duomo e la Torre Velasca, e gli altri caposaldi della città. L’idea era che non dovesse superare l’altezza della Madonnina, quindi 100 m ma poi si fermerà a 60m. Il suo progetto è stato tale da immaginare una sorta di teatro che guardasse la città. Le balze dovevano essere tanti punti di vista della città.”12

Il quartiere triennale 8

170

Il ruolo della collina è anche quello di isolare il quartiere rispetto alla nuova strada che si costruirà, limitando il traffico stradale (fig.12). Il nome, particolare, viene deciso dopo la perdita della moglie di Bottoni, Stella Korczynska, scultrice, che muore nel 1956 quando l’architetto aveva 43 anni. Quando inizia il progetto Bottoni è consapevole che per la sua realizzazione ci sarebbero voluti circa 10-15 anni e purtroppo le sorti del quartiere non sono proprio quelle che l’architetto immaginava e a cui auspicava. I cambiamenti politici, ma anche la situazione di difficoltà economica della metà degli anni ’50 si muovono in una direzione che lascerà il quartiere per lo più incompiuto. Col tempo si ridimensionò anche l’entità e il numero degli edifici pubblici per la comunità di supporto alle abitazioni che avrebbero fatto in modo che il quartiere fosse totalmente autosufficiente anche se molto vicino alla città: scuola, mercato, negozi, chiesa, centro servizi, cinema, teatro erano alcune delle funzioni che Bottoni immaginava di inserire nel quartiere (fig.13). 12 Da un’intervista a Giancarlo Consonni, urbanista e condirettore dell’Archivio Piero Bottoni, che racconta per “Sentieri Metropolitani” la storia del Monte Stella.


13 Dato fornito dal testo “Ciagià, G. L. & Tonon, G. (A cura di), (2005). Le case nella Triennale: dal Parco al QT8. Milano: Electa.”

171

Il quartiere triennale 8

Dal punto di vista dell’andamento delle costruzioni abitative, la loro realizzazione è proceduta nel tempo anche in maniera spedita: tra il ‘47 e il ‘54 si realizzano cinque case a quattro piani secondo un progetto-tipo presentato durante la triennale; tra ‘54 e ‘55 altre cinque case dello stesso tipo e un’altra serie edifici lamellari di undici piani. Per ciò che era di competenza del Comune, invece, si procede molto più a rilento. Alla fine del 1958, con un’alta percentuale di abitazioni ormai occupata, erano stati costruiti solo alcuni negozi e dovevano ancora essere predisposti i lavori per il mercato rionale. Mancava ancora la farmacia, l’ufficio postale e la scuola. Anche per quanto riguarda il verde, che sappiamo dovesse occupare una percentuale altissima del quartiere, circa il 71,8% del totale13, la situazione in quegli anni era ancora piuttosto embrionale e le condizioni non erano affatto quelle che ci si aspettava. Erano stati completati, invece, il centro sociale, la “Casa della madre e del fanciullo” e la Chiesa (fig.14). Il caso della Chiesa di Santa Maria Nascente è emblematico perché si tratta di un bando di concorso emesso dalla Triennale nel 1947 che viene vinto da Vico Magistretti e Mario Tedeschi, ma impiega 7 anni per essere realizzato, in quanto “regalato alla Curia” che aveva avuto dei problemi per avere un parere univoco circa la sua fattibilità e l’aveva accantonato. Solo Bottoni riuscì nel 1953 a convincere un membro della commissione nonché presidente dell’Ina-Casa Arnaldo Foschini che il progetto dell’edificio era perfetto per il luogo dove doveva essere realizzato: il problema dipendeva probabilmente dalla inusuale forma della pianta della Chiesa, circolare basata sullo sfalsamento di due cerchi eccentrici,


Il quartiere triennale 8

172

Fig.12 (in alto a sx) - Sezione del Monte Stella. (Fonte: www.cittĂ conquistatrice.it) Fig.13 (in alto a dc) - QT8, terzo progetto, 1953. (Fonte: Archivio Piero Bottoni) Fig.14 (in centro) - Foto della Chiesa


che le consentiva di posizionarsi liberamente nello spazio.

Nonostante tutto però, come afferma Aldo Rossi, “il QT8 e il Monte Stella […] rimangono […] gli esempi più importanti e senza seguito, della situazione milanese” e che quindi rappresentano un importante momento di fermento culturale di un periodo storico che si è contraddistinto per la grande ricerca di sperimentazione artistica e architettonica e innovazione tecnologica e formale.

173

Il quartiere triennale 8

Con l’XI Triennale purtroppo si spengono gli entusiasmi circa la realizzazione del quartiere che si ritiene concluso anche se purtroppo la realtà è ben diversa. Bottoni proverà a far sentire la propria voce anche negli anni successivi ma con scarsi risultati. Ad oggi la situazione risulta diversa, molto migliorata, ed è possibile comprendere come alcuni elementi non realizzati sarebbero stati in effetti di troppo, ma è percepibile la mancanza di altri che avrebbero dato un valore aggiunto a tutto il quartiere: la Casa Giardino, la Casa Collettiva, la casa a piccoli alloggi e la costruzione di Gio Ponti dedicata agli artisti. Dagli approfondimenti fatti circa la valenza di questa esperienza urbanistico-architettonica emerge che ciò che forse avrebbe innalzato la qualità della vita al QT8 sarebbe stato rappresentato da un cuore pulsate costituito da grandi porticati che avrebbero dovuto circondare le grandi piazze di ritrovo per i residenti del quartiere e quindi importanti luoghi per la socialità; a questo avrebbe contribuito la realizzazione di negozi, cinema, teatro, uffici, mercato comunale, l’unico effettivamente realizzato.


Il quartiere triennale 8

174

Fonti - https://www.triennale.org - http://www.sapere.it/enciclopedia/Biennale+delle+arti+decorative.html - http://www.sapere.it/enciclopedia/Triennale+di+Milano.html - http://www.storiemilanesi.org/approfondimento/triennale-milano/ - https://www.quartieritranquilli.it/2014/09/qt8-quartiere-sperimentale-dellottava-triennale-milano-3/ - https://docplayer.it/13489616-Palazzo-dell-arte-triennale-di-milano-architetto-giovanni-muzio.html - https://www.milanocittastato.it - https://www.triennale.org/archivi/ - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture900/schede/p4010-00241/ - https://www.ordinearchitetti.mi.it/it/mappe/itinerari/edificio/653-quartiere-sperimentale-viii-triennale/20-la-casa-popolare, - https://www.qt8.it/qt8/la-storia/il-quartiere-sperimentale-t8.html - http://www.archiviobottoni.polimi.it/fr_pbprofilo.htm - https://www.qt8.it/qt8/la-storia/il-quartiere-sperimentale-t8.html - https://www.quartieritranquilli.it/2014/09/qt8-quartiere-sperimentale-dellottava-triennale-milano-3/ - http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture900/schede/p4010-00241/ - http://www.cittaconquistatrice.it/q-t-8-il-quartiere-sperimentale-della-triennale-di-milano-1954/




5

Il mercato comunale


5.1 Il mercato al QT8 Il Quartiere dell’VIII Triennale (QT8), come visto, avrebbe dovuto essere dotato di tutti quei servizi per il cittadino che l’avrebbero reso un quartiere indipendente e autonomo. Una piccola città dove le persone potessero convergere, dalle proprie abitazioni, in luoghi strategici e trascorrere il proprio tempo libero usufruendo di spazi “comuni” con cinema, teatro, negozi, ristorante. Ciò che in verità si realizza effettivamente è però la scuola1, la Chiesa2 e il mercato comunale, che sembrano però unità indipendenti dell’area.

Il mercato comunale

178

Il contesto urbano del Mercato del QT8 La scuola materna Martin Luther King (fig.1e2) di Arrigo Arrighetti, dipendente del Comune di Milano, del 1949-59 è progettato su standard di una scuola definita moderna: l’edificio si sviluppa con una pianta divisa in due parti principali, un blocco circolare, con una sorta di piazza interna, e un blocco a stecca con le aule, connessi da ampi corridoi. Studiato l’ingresso della luce grazie ad una copertura che le consente di filtrare e illuminare adeguatamente gli ambienti. Le aule si aprono verso il Montestella così da fare in modo che i bambini godano di una visuale stimolante e possano avere anche spazi per la didattica all’aperto. La chiesa, come visto precedentemente è un progetto di Vico Magistretti e Mario Tedeschi che impiega qualche anno per essere realizzata a causa di una non comprensione del progetto. Viene costruita circa sette anni dopo la progettazione, nel 1953, in seguito ad un concordo bandito dalla Triennale nel 1947. Costruita con una pianta circolare eccentrica inserita 1 Scuola elementare Martin Luther King, nella Piazza Maria Nascente, progettata da Arrigo Arrighetti nel 1949-59, ancora oggi edificio molto moderno. 2 Chiesa Santa Maria Nascente, progettata da Vico Magistretti e Mario Tedeschi nel 1946, realizzata nel 1953.


in un poligono di sedici lati, che crea anche un porticato perimetrale composto di pilastri in cemento armato. Sulla scia della tradizione lombarda il paramento murario è in mattoni a vista. Copertura conica, aggettante, originariamente rivestita da coppi in laterizio, sostituiti poi con lastre in rame. Gli interni sono realizzati in laterizio e legno di noce, con cui sono realizzati anche il fonte battesimale, la cantoria e i banchi per i fedeli; è presente un rivestimento con mattino a “nido d’ape” che perimetra la chiesa fino al matroneo, per superare la distorsione acustica, data dalla circolarità dello spazio, come per racchiudere i suoni. Alla Chiesa si affianca il battistero, anch’esso con pianta circolare e realizzato in mattoni a vista, oltre che uffici parrocchiali e la canonica.

Il mercato comunale è un altro dei pochi servizi di cui effettivamente è stato dotato il quartiere. Si trova ai piedi del Monte Stella, con il piano terra alla quota della strada e il piano interrato alla quota del parco, ossia -4,00m circa dalla strada. È quindi totalmente immerso nel parco stesso, tanto che a pochi metri da esso sono presenti attrezzature per bambini e spazi per gli atleti. L’idea di questa tipologia di architettura risulta essere ricorrente, da alcuni studi che abbiamo svolto sugli schizzi di progetto elaborati da Bottoni negli anni, considerando il ruolo centrale che gli viene attribuito dall’architetto. In combinazione con gli altri servizi, infatti, avrebbe dovuto fare parte del cuore pulsante del quartiere, sicuramente limitrofo alla piazza con porticato che si sarebbe dovuta realizzare all’incrocio “del cardo e del decumano” progettati. Viene collocato, come si vede da un disegno del 1961 di Bottoni stesso, nella posizione dove effettivamente lo immaginava

179

Il mercato comunale

Il progetto architettonico


Il mercato comunale

180

Fig.1 (in alto) - Foto volo d’uccello della scuola M.L .King (Fonte: Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana) Fig.2 (in centro) - Vista volo d’uccello della scuola M.L .King (Fonte: Archivio Storico Civico Biblioteca Trivulziana) Fig.3 (in basso) - Schema planimetria schizzo Bottoni (Fonte: Archivio Bottoni)


l’architetto, ossia nella parte opposta della strada rispetto alla chiesa (fig.3), anche se il progetto che viene realizzato è dell’ufficio tecnico del Comune di Milano tra il 1961 e il 19633.

Differenze e similitudini tra il progetto di Bottoni e il progetto realizzato dal Comune di Milano

3 Non si hanno coordinate precise circa il periodo in cui il progetto viene preso in mano dall’Ufficio Tecnico del Comune di Milano e degli anni in cui avviene la sua costruzione. 4 Il progetto di Bottoni del 1959 prevedeva una pianta di forma quadrata di dimensioni 40x40m con una copertura aggettante di circa 10m su tutti i lati che faceva diventare il quadrato 50x50m.

181

Il mercato comunale

Ciò che viene realizzato, e che troviamo anche oggi, ha sicuramente degli elementi in comune con ciò che aveva progettato Bottoni, ma si discosta per molti aspetti: certamente come analogia troviamo la localizzazione e la disposizione dell’edificio su due livelli, con i magazzini al piano interrato e il mercato vero e proprio al piano terreno, così da differenziare gli accessi per gli utenti e per le merci. La planimetria del progetto di Bottoni era, però, di forma quadrata4, con copertura aggettante su ogni lato: al piano terra prevedeva i negozi per la vendita dei prodotti su due lati e gli ingressi sugli altri due, elementi che in verità ritroveremo anche nel progetto realizzato; al centro era previsto un corpo scala inscritto in quattro pilastri, che sorreggevano la copertura, il quale conduceva al piano interrato, dove erano collocati i magazzini. Un percorso prioritario era qui studiato per l’ingresso dei camion che riuscivano a raggiungere l’intera superficie occupata dagli spazi di stoccaggio. (fig.4,5,6) Anche lo sviluppo in sezione risulta divergente per alcuni aspetti: nel progetto di Bottoni era prevista, in copertura, una parte sopraelevata, una sorta di lanterna, per far in modo che, tramite l’inclinazione di varie falde e lucernari, filtrasse un determinato tipo di luce all’interno del mercato (fig.7,8). L’idea dell’architetto non rimane del tutto inascoltata


Il mercato comunale

182

Fig.4-5-6 (in alto) - Disegno della sezione del Mercato del progetto di Piero Bottoni (Fonte: Archivio Bottoni)


Il mercato comunale

183

Fig.7-8 (in alto) - Disegno della sezione del Mercato del progetto di Piero Bottoni (Fonte: Archivio Bottoni) Fig.9 (in centro) - Pianta del Piano interrato S.F. (Fonte: Mariella Brenna) Fig.10 (in basso) - Pianta del Piano terra S.F (Fonte: Mariella Brenna)


Il mercato comunale

184

considerando che il progetto effettivamente realizzato dall’Ufficio tecnico del Comune di Milano cerca di riprendere alcuni aspetti già ipotizzati e sperimentati da Bottoni. L’edificio, come è arrivato ai giorni nostri, si sviluppa su due livelli e la suddivisione degli usi è la stessa che si era ipotizzata inizialmente: il piano interrato è adibito a magazzini e il piano terreno presenta la suddivisione dei singoli negozi. La planimetria appare però divergente da quella di Bottoni in quanto l’edificio odierno è di forma rettangolare5 e non quadrata, con una maglia strutturale non simmetrica rispetto al centro dell’edificio; non sono presenti corpi scala interni ma si accede all’interrato solo tramite delle scale posizionate all’esterno dell’edificio e tramite un percorso appositamente sviluppato per i camion (fig.9,10). Si tratta di un edificio con una struttura puntiforme in cemento armato al piano interrato e con travi e pilastri in acciaio al piano terra; il solaio interpiano è in laterocemento. I tamponamenti sia interni che esterni sono costituiti da mattoni forati e il rivestimento esterno è composto da piastrelle di tipo ceramico al piano terra, mentre al piano interrato è presente semplicemente uno strato di intonaco. I negozi al piano terra sono disposti, come aveva già previsto Bottoni, lungo i due lati lunghi, paralleli alla Via Isernia, ognuno con annesso retro negozio con celle frigorifere, e negli altri due lati sono posizionati gli ingressi per gli utenti del mercato. Il piano interrato è totalmente adibito a magazzini e luoghi di stoccaggio dei prodotti e prevede un accesso tramite un cortile laterale per le merci. Anche nel progetto della copertura, in acciaio su lamiera grecata, esiste un chiaro richiamo all’architetto del QT8, con la volontà di studiare l’ingesso della luce in maniera filtrata 5 La pianta dell’edificio effettivamente realizzato ha dimensioni 57x37m, misurata includendo la copertura, aggettante di circa 4,5m su ogni lato del mercato


tramite dei lucernari: due porzioni della copertura, che seguono l’asse longitudinale del mercato, si sopraelevano per far in modo che dai lati della stessa entri la luce non zenitale e che sia diffusa all’interno dell’ambiente. Non ritroviamo la lanterna prevista dal progetto originario ma c’è comunque un pensiero e uno studio circa l’illuminazione dello spazio. La copertura è aggettante rispetto al perimetro del mercato così da avere un porticato tutto intorno l’edificio, quasi a voler riprendere i porticati che Bottoni immaginava di posizionare in tutta la parte più centrale del quartiere, che potessero tenere insieme tutti i servizi per il cittadino. (fig.11,12,13,14,15).

Il mercato del QT8 oggi

185

Il mercato comunale

Il mercato è stato attivo fino al 2011, con l’abbandono graduale di tutti i proprietari dei punti vendita, con il panettiere che ha lasciato per ultimo lo stabile. Da allora l’edificio è in stato di totale abbandono e di degrado; molte sono le notizie che circolano circa l’occupazione non in regola da parte di numerose persone che hanno trasformato per un periodo il mercato nella propria abitazione. Le superfici esterne dell’involucro appaiono in uno stato di conservazione non ottimale, con graffiti sulle pareti e incuria del verde circostante l’edificio. Molti appelli sono stati fatti da parte degli abitanti del quartiere ma anche di alcune associazioni che si occupano della “tutela” del quartiere QT8, per cercare di trovare una soluzione per riconvertire il mercato e dargli nuova vita. Emerge che per i cittadini sarebbe necessario, dopo una riqualificazione dell’edificio, che si potesse riattivare il mercato per la vendita dei beni di prima necessità, generi alimentari, che risultano ad oggi non accessibili facilmente dal punto di vista della distanza, rispetto al centro del quartiere QT8. Il mercato di Bonola e i supermercati che servono la zona sono


Il mercato comunale

186

Fig.11 (in alto) - Sezione S.F (Fonte: Mariella Brenna) Fig.12 (in basso) - Sezione S.F (Fonte: Mariella Brenna)


Il mercato comunale

187

Fig.13 (in alto) - Sezione S.F (Fonte: Mariella Brenna) Fig.14 (in centro) - Dettagli tecnico costruttivi S.F (Fonte: Mariella Brenna) Fig.15 (in basso) - Prospetto S.F (Fonte: Mariella Brenna)


infatti distanti tanto da far pensare che davvero la riattivazione del Mercato del QT8 potrebbe essere una grande opportunitĂ per rilanciare il quartiere e dare sollievo a tutti i suoi abitanti.

Il mercato comunale

188


5.2Il mercato comunale nella storia Cos’è un mercato?

6 Definizione della parola mercato dal vocabolario Treccani. 7 Jordi Portabello, presidente dell’istituto municipale del mercato di Barcellona.

189

Il mercato comunale

Il mercato è “il luogo, per lo più all’aperto, dove avvengono le contrattazioni per la vendita e l’acquisto di determinati prodotti e dove normalmente s’incontrano, tutti i giorni o in giornate stabilite, compratori, venditori e intermediari per effettuare transazioni commerciali relative a merci varie o anche a una sola merce”6 , secondo la definizione etimologica del termine. Considerandolo come un luogo fisico sta ad identificare quindi il tempo e lo spazio dove si realizzano scambi di beni materiali e immateriali; per una definizione scientifica è invece l’insieme di domanda e offerta, quindi acquirenti e venditori. Il mercato è anche il simbolo dello scambio e della commistione tra culture, luogo di aggregazione e quindi rappresentazione di crescita educativa ed esperienziale; è una delle poche attività cittadine rimaste invariate nel tempo perché ha la grande forza e potenza di tenere insieme quasi tutti gli aspetti della vita pubblica delle città e dei suoi abitanti, tanto che spesso rappresenta uno dei pochi frammenti di storia rimasti nei luoghi, che invece sono mutati e si sono evoluti con il tempo. Nonostante, infatti, siano mutati negli anni le tecniche, gli oggetti, le abitudini e gli usi, il ruolo di “accentratore della vita di quartiere e trascinatore dell’attività economica della città”7 è rimasto immutato


La storia dei mercati dall’antichità ad oggi

Il mercato comunale

190

I primi mercati sorgono con il nascere delle prime società civili, quando gli uomini iniziano a raccogliersi in gruppi più ampi e iniziano a stanziarsi stabilmente su dei territori. Nascono dall’esigenza dell’uomo di scambiare oggetti, prodotti, beni e quindi soddisfare le proprie necessità. Inizialmente non sono dei veri e propri luoghi con una destinazione specifica ma semplicemente dei posti limitrofi alle abitazioni, centrali e di facile accessibilità; alcune volte grotte e capanne erano i luoghi scelti per queste attività, in generale si utilizzavano luoghi neutrali rispetto alle varie popolazioni che pacificamente si radunavano, e utilizzavano degli oggetti e dei simboli monumentali per segnare il passaggio in un determinato posto. Nell’antichità il mercato inizia ad assumere una ufficialità e viene ubicato in punti di snodo del traffico, incroci stradali, ponti, luoghi dove la popolazione, attiva e non, si incontrava per attuare i propri scambi; si caratterizzava per essere particolarmente flessibile e adattabile a diverse situazioni e luoghi dove veniva inserito, spesso in maniera provvisoria. Erano collocati per lo più negli slarghi antistanti le porte di accesso delle città, e in questo caso erano a “pianta centrale”, oppure lungo le strade, dove si trovavano quelli “lineari”8. Nel periodo greco le funzioni politiche e religiose venivano svolte intorno e dentro l’agorà, il centro della polis, le funzioni economiche e commerciali quindi erano collocate nelle restanti superfici libere della città, spesso in zone con edifici pubblici con porticati; le botteghe e i magazzini erano collocati limitrofi a zone produttive. Una svolta dal punto di vista di una migliore collocazione e di idoneità di spazi si ha con l’avvento della polis, quando le città iniziano anche 8 Definizioni tratte da Munford D. (1977). La città nella storia. Milano: Etas Libri.


191

Il mercato comunale

il loro processo di evoluzione. L’area commerciale diventa un caposaldo della città con l’età ellenistica, e si pensa che l’attività di mercato abbia per un certo momento persino surclassato tutte le altre che si svolgevano nelle polis, motivo per il quale ad un certo punto si crea, per le funzioni di tipo economico, un’agorà commerciale: è proprio da qui che si definiscono le caratteristiche di base del mercato che si sono protratte fino ad oggi. Dal punto di vista planimetrico riusciamo infatti anche a definirne le prime forme con il riferimento del mercato di Pergamo del II Secolo a.C., dove una piazza rettangolare è racchiusa da porticati e da svariati ambienti che si affacciano su di essa, ed è situata nella parte bassa della città, mentre l’agorà politica è sviluppata sull’Acropoli; una situazione simile si trova anche nell’agorà di Mileto, dove il mercato è collocato tra l’agorà e il porto (fig.16). Nel mondo romano, come in Grecia, il mercato è situato nell’agorà, luogo che inizialmente corrispondeva al foro, dove si svolgevano le attività pubbliche dei cittadini ma che vedeva anche la presenza di numerose botteghe per la vendita di merci. L’organizzazione, nel periodo romano, del mercato risulta ispirata a questa ellenistica e quello che in verità è ricordato come il più grande mercato romano al dettaglio fu il Foro Romano, dopo la bonifica della valle, testimoniato da ritrovamenti archeologici di numerose taverne sotto porticati delle basiliche. Nel II Secolo a.C. nasce a Roma quello che può essere definito il primo supermarket, il primo mercato coperto, un edificio che doveva contenere al proprio interno tutti i mercati cittadini della zona, chiamato macellum, che corrisponde in sostanza all’odierno mattatoio. Si sparsero velocemente in tutto l’impero grazie alla grande capacità di contenere numerose attività ed erano composti


Il mercato comunale

192

Fig.16 (in alto a sx) - AgorĂ di Mileto (Fonte: libro Moore) Fig.17 (in alto a dx) - Libia, il mercato di Leptis Magna con due toloi e un porticato intorno (Fonte: libro Moore) Fig.18 (in basso a dx) - Roma, la grande aula del mercato Traianeo. (Fonte: libro Moore) Fig.19 (in basso a sx) - Sforzinda, pianta del mercato di Filarete del 1464 circa (Fonte: libro Moore)


9 Tholus, dal latino, indica letteralmente una cupola o una volta; in questo caso specifico indica una costruzione con una cupola posizionata al centro della piazza del macello. 10 Dal termine brolo deriva la parola broletto, che identifica la sede del governo. 11 Antonio Averulino, detto il Filarete, nato a Firenze nel 1400 circa, è stato un importante architetto rinascimentale che ha avuto un ruolo chiave nella definizione di alcuni concetti di architettura e urbanistica del tempo.

193

Il mercato comunale

sostanzialmente da tre grandi spazi: una grande piazza porticata sui lati, sotto i quali sorgevano le taverne e un tholus9 centrale o anche una vasca di acqua sacra (fig.17). A Roma nasce indubbiamente il più importante mercato della storia romana, il mercato di Traiano del II sec. d.C. sulle pendici del colle Quirinale. Sviluppato su tre livelli a raccordare diverse quote, faceva da sfondo al foro di Traino a forma di esedra, con al centro la colonna; collegamenti interni con scale ed esterni con rampe lungo cui erano presenti taverne e negozi; al culmine in alto una grande aula a doppia altezza simile ad una basilica (fig.18). Purtroppo in seguito al crollo dell’impero il mercato assunse nuovamente la funzione di temporaneità, considerando che cambiò anche nel complesso l’assetto delle città e che le attività commerciali iniziarono a svilupparsi verso l’esterno e comunque nei pressi di monasteri e castelli. Nel Medioevo iniziano ad implementarsi i traffici marittimi e quindi le aree più gettonate divennero quelle a ridossi dei siti portuali, dove avveniva il maggiore scambio di merci, o anche vicino i cosiddetti broli10. Filarete11 descrive nell’ambito delle sue riflessioni sulla città ideale, nella metà del 1400, il suo mercato ideale con una pianta molto simile alla struttura dei monasteri, con porticati intorno ad un’area centrale libera e di forma rettangolare (fig.19). Nel 1500 risulta invece che i mercati vennero distinti in base alla tipologia di vendita in alcune strutture specializzate, e che venivano posizionati al di fuori del centro urbano. Nel Rinascimento si iniziò a organizzare il mercato in appositi


Il mercato comunale

194

spazi coperti anche grazie al fatto che il centro urbano tornò ad essere polo attrattore per la socialità potenziando l’attività economica. Si iniziarono anche a decorare i mercati con elementi architettonici più disparati, anche per dare più pregio a lusso alle città dove si insediavano. Ad un certo punto della storia si assiste ad un passaggio quasi definitivo dal mercato mobile e temporaneo ad uno fisso e permanente e soprattutto iniziò, tra il 1500 e il 1600, ad essere inserito in edifici fissi e opportunamente realizzati per assolvere a tutte le funzioni e con gli spazi idonei per la destinazione d’uso. Una testimonianza importante è quella del Leandenhall di Londra, ricostruito dopo il grande incendio del 1617 in un edificio coperto (fig.20) e il mercato di Richelieu del 1630 circa che, con la pianta rettangolare e una copertura in capriate di legno a vista, sanciscono una modifica della struttura dell’architettura del mercato che rimarrà pressoché invariata fino ad oggi, anche grazie a ciò che avviene in Francia tra 1700 e 1800. Quando si iniziò, infatti, a parlare di libertà di commercio e le scoperte e le innovazioni tecnologiche furono di supporto all’espansione dei traffici marittimi, a vapore, ma anche nel campo dell’illuminazione e del progresso industriale, ci furono i maggiori cambiamenti soprattutto di ordine sociale e tecnico. Anche la necessità di riorganizzare i flussi automobilistici e pedonali spinse gli architetti del tempo a preferire, come detto, l’organizzazione di spazi al chiuso piuttosto che all’aperto. Il primo paese dove si iniziano a sperimentare tecniche costruttive innovative e efficaci fu la Francia, dalla cui scia partirono tutte le altre nazioni. Nel 1810, infatti, Napoleone spinse per la realizzazione del mercato centrale a Parigi, nel luogo dove sorsero Les Halles: un grandissimo progresso nel campo dell’architettura ebbe la sua manifestazione in


12 Victor Baltard e Felix-Emmanuel Callet sono due architetti francesi dell’Ottocento i cui nomi sono legati principalmente alla costruzione e progettazione delle Halles costruito tra il 1852 e 1872 a Parigi e completamente demolito negli anni Settanta del 900, di cui è però un padiglione è stato classificato come monumento storico ed è stato spostato a Nogent-sur-Marne e un altro è stato portato a Yokohama in Giappone.

195

Il mercato comunale

questo progetto grazie all’utilizzo di materiali estremamente innovativi come il ferro, la ghisa e il vetro. Inizialmente questi materiali venivano utilizzati per tiranti, coperture, pavimenti, parti strutturali interne, ma in questo progetto di Victor Baltard e Felix-Emmanuel Callet12 diventano i veri protagonisti: la struttura portante interna ed esterna di una serie di padiglioni modulari interamente realizzata in ghisa esplica le grandissime qualità funzionali ed estetiche dei materiali utilizzati che saranno d’ispirazione per le generazioni di architetti e ingegneri successivi (fig.21). In Italia il flusso di costruzione di mercato al coperto nasce agli inizi del 1900 quando grazie alle nuove tecnologie cambia anche il modo di organizzare la vendita e il sistema di approvvigionamento del cibo, sulla scorta del modello francese. Questi si sviluppavano generalmente sotto dei porticati attraverso una serie di botteghe con magazzini appositamente progettati per la vendita e la conservazione di qualsiasi tipologia di alimento, con grandi aperture al di sopra e prospicienti dei cortili che favorivano areazione e illuminazione. Con il XX secolo iniziano a modificarsi gli assetti delle maggiori città soprattutto grazie alla crescita industriale e le innovazioni in campo tecnologico. Il Movimento Moderno propose una divisione delle funzioni commerciali classificando le tipologie di vendita, e quindi differenziando gli spazi tra piccoli negozi e i grandi magazzini. Si lasciò quindi da parte ancora per un po’ di tempo la struttura architettonica del mercato, nonostante le numerose e notevoli considerazioni presentate dai più grandi architetti del 900 come Antonio Sant’Elia, Walter Gropius, Le Corbusier,


Il mercato comunale

196 Fig.20 (in alto) - Londra, il mercato del Leandenhall nella ricostruzione del 1677 (Fonte: libro Moore) Fig.21 (in (in basso) basso) - Parigi, il mercato generale delle Halles (Fonte: libro Moore)


che teorizzano la presenza di questo luogo commerciale come punto nevralgico degli spazi piĂš residenziali delle cittĂ .

Il mercato comunale

197


5.3Casi studio di mercati contemporanei Di seguito verranno riportati alcuni casi studio di mercati contemporanei per cogliere alcuni aspetti importanti architettonici e gestionali del mondo del mercato attuale. Non più considerato come unico punto di scambio per le merci ma anche un luogo ricco di socilità dove mangiare, passare del tempo, divertirsi e assistere ad eventi culturali e musicali.

Il mercato comunale

198 5.3.1 Mercado Roma

Città: Mexico city Progettisti: Rojkind Arquitectos Anno di realizzazione: 2013 Superficie: 1750 mq

5.3.2 Tlaxco Artisans Market Città: Tlaxco Progettisti: Vrtical Anno di realizzazione: 2017 Superficie: 500 mq


5.3.3 Markthal

Città: Rotterdam Progettisti: MVRDV Anno di realizzazione: 2014 Superficie: 95000 mq

Città: Firenze Progettisti: Archea Associati Anno di realizzazione: 2014 Superficie: 2000 mq

5.3.5 Mercado Santa Caterina Città: Barcellona Progettisti: Miralles-Tagliabue Anno di realizzazione: 2005 Superficie: 3750 mq

199

Il mercato comunale

5.3.4 Mercato San Lorenzo



5.3.1Mercado Roma, Città del Messico

Mercado roma Città: Mexico city Progettisti: Rojkind Arquitectos Anno di realizzazione: 2013 Superficie: 1750 mq

201

Il mercato comunale

Concepito come uno spazio dall’espressione ospitale e casalinga, tramite forme contemporanee mescolate ad aspetti della cultura gastronomica messicana, il Mercado Roma enfatizza il senso di comunità e collaborazione tra gli abitanti del quartiere. Il progetto è nato da una collaborazione tra lo studio Rojkind Arquitectos e lo studio Cadena + Asoc. Concept Design, con la volontà di creare uno spazio che selezioni venditori che collaborino per poter offrire i loro migliori prodotti locali. Lo spazio è inoltre studiato per favorire attimi di incontro e socialità racchiudendo scenari che stimolino fantastiche esperienze. Questo progetto è il risultato di forti processi collaborativi che mixano differenti aspetti del design: architettura, ingegneria, design industriale e graphic design. Uno spazio industriale precedentemente occupato dallo storico bar Leon, in Colonia Roma, è stato riproposto per questo progetto. Al piano terreno, fronte strada, si sviluppano 53 spazi vendita dalla forma organica e fluida, reinterpretando la griglia tradizionale dei mercati coperti contemporanei. I due livelli superiori sono invece composti da ristorante e terrazze attrezzate. L’architettura è inoltre caratterizzata da uno spazio aperto, dove l’elemento principale è una parete giardino coltivata, i cui prodotti saranno venduti in loco, completando così il ciclo di produzione-distribuzione-vendita al dettaglio. dettaglio.



5.3.2Tlaxco Artisans Market, Tlaxco

Tlaxco Artisans Market Città: Tlaxco Progettisti: Vrtical Anno di realizzazione: 2017 Superficie: 500 mq

203

Il mercato comunale

Il progetto nasce dal Piano di sviluppo urbano comunale (PMDU), in cui è stato concordato in modo partecipativo che il primo progetto della nuova città magica avrebbe dovuto essere un fattore scatenante per le economie locali e l'arte di Tlaxco. Il mercato ha un modello di gestione decentralizzato, i cui spazi commerciali sono utilizzati da artigiani di diverse città del comune. Il mercato ha recuperato le pareti laterali e le fondamenta di un edificio in disuso, ed è costituito da due navate e un portico antistante. La navata principale è composta da quattordici spazi di vendita, la secondaria è invece composta da spazi espositivi e per eventi per turisti e studenti, collegati a un patio esterno che all’occorrenza amplia gli spazi, estendendo l’attività all’esterno. Il portico di ingresso funge invece da punto d’incontro e della socialità e da filtro tra la strada e l’ingresso principale alle due navate, caratterizzate da una serie di archi che racchiudono e attivano un linguaggio tra le forme storiche e contemporanee. Il sistema costruttivo è costituito da pareti portanti e travi aperte in legno di pino lamellare. Le due navate sono inoltre caratterizzate da due lanterne che coprono tutta la lunghezza di questi spazi, illuminando l’intera superficie dall’alto. La volontà è quella di avere un’illuminazione naturale chiara in tutto l’intero mercato, presentando un elemento iconico riconosciuto ed apprezzato con orgoglio da tutti gli abitanti.



5.3.3Markthal, Rotterdam

205

Il mercato comunale

Progettato dallo studio di architettura e pianificazione urbana MVRDV di Rotterdam, l’edificio ha una superficie totale di 95000 mq. L’area principale è coperta da una struttura ad arco con un’altezza di 40 metri e al cui interno sviluppa 228 appartamenti. Il piano terra presenta una lunghezza di circa 120 metri e una larghezza di 70 metri, pari a quelle di un grande campo da calcio. Il parcheggio sotterraneo conta un totale di 1200 posti auto. I numerosissimi visitatori sono attratti all’interno dell’edificio dal carattere aperto con cui è stata progettata la costruzione. Le estremità aperte sono protette dalla pioggia e dal freddo della cittadina nord-europea da una facciata interamente a vetri con cavi a reticolo, mantenendo così una grande trasparenza in queste porzioni. I cavi d’acciaio pretensionati creano un reticolo sospeso, tra le cui maglie sono incastrati i pannelli in vetro, come una racchetta da tennis. La facciata esterna è rivestita in pietra grigia naturale, la stessa impiegata per coprire il pavimento del mercato e lo spazio pubblico circostante, in modo da mettere in risalto i colori dell’interno. Il grande murale “Cornucopia “Cornucopia”” che caratterizza l’interno a volta è firma degli artisti Arno Coenen e Iris Roskam e occupa una superficie totale di 11000 mq, tra le opere artistiche più estese dei Paesi Bassi..Grazie al Markthal, Rotterdam è diventata patria di una nuova tipologia urbana, la combinazione tra mercato e abitazione. L’edificio comprende infatti 102 appartamenti in affitto e 126 di proprietà, tra cui 24 attici. Gli appartamenti, che Markthal variano dagli 80 ai 300 mq, si affacciano o sul fiume Maas o Città: Rotterdam Progettisti: MVRDV sulla chiesa Laurens e sul mercato coperto attraverso finestre Anno di realizzazione: 2014 o un pavimento a triplo vetro ermetico e fonoassorbente. Superficie: 95000 mq



5.3.4Mercato San Lorenzo, Firenze

207

Il mercato comunale

Il progetto di riqualifica del mercato San Lorenzo si è posto l’obiettivi di creare una nuova piazza urbana coperta ponendo l’accento sulla necessità di dotare il centro della città di un nuovo luogo d’incontro contemporaneo. Non sono occorsi radicali interventi di adeguamento normativo e tecnico: i precedenti datavano 2008 e avevano lasciato a disposizione al primo piano del Mercato Centrale uno spazio vuoto e utilizzabile, privo tuttavia di quel fascino e quella domesticità tipica delle piazze cittadine. Il progetto, più che a trasformazioni invasive, interviene con integrazioni di botteghe, attraverso l’utilizzo di strutture leggere e smontabili, concepite in modo da trasformare lo spazio preesistente in un teatro del gusto. Il progetto, basato sul binomio “cibo-cultura”, scaturisce da un principio ideativo: riqualificare uno dei mercati storici più belli d’Italia introducendo sistemi d’uso contemporanei volti a cogliere le esigenze di un pubblico sempre più variegato e colto. Non si tratta tuttavia di un lavoro confinabile nell’alveo dell’interior design, piuttosto di un’architettura protetta concepita a scala urbana dove la leggerezza e la luminosità della meravigliosa carpenteria in ferro e ghisa dell’opera ottocentesca è stata sottolineata attraverso l’uso dei materiali semplici e naturali e arredi flessibili, mobili, oltre ad una serie di grandi lampade in vimini e giunco che riempiono discretamente l’enorme invaso del mercato. L’assieme architettonico valorizza la vocazione artigianale delle botteghe, disposte come lungo una strada ad una piazza, Mercato San Lorenzo secondo una sequenza ordinata che realizza un sistema Città: Firenze Progettisti: Archea Associati espositivo “aperto” in grado di consentire la piena visibilità dei Anno di realizzazione: 2014 laboratori di lavorazione e la godibilità da parte del pubblico Superficie: 2000 mq



dell’attività manuale connessa con la preparazione dei cibi. Tutti gli spazi delle botteghe, sia di preparazione che di somministrazione e vendita, così come le aree destinate ai servizi, sono pensate per restituire, seppur ognuna con le sue specifiche caratteristiche funzionali, un’immagine unitaria e gioiosa di mercato. Il primo piano dell’edificio realizza una nuova tappa di un itinerario europeo dei mercati storici ed enogastronomici all’interno di un’architettura che congiunga, con una consapevolezza tutta rinascimentale, modernità e tradizione. Uno spazio messo a disposizione della città, dove l’architettura, assieme alla storia ed ai suoi valori, vuole continuare ad essere protagonista.

Il mercato comunale

209



5.3.5Mercado Santa Caterina, Barcellona

211

Il mercato comunale

Il recupero del mercato i Santa Caterina, immerso nel cuore della Ciutat Vella di Barcellona, vicino al Barrio Gòtic, è un progetto generoso e ambizioso che ha voluto confrontarsi con il tessuto e le storie urbane, estendendosi fino a comprendere la riqualificazione dell’intero barrio. La decisione di non demolire completamente il vecchio mercato, su sollecitazione di Enric Miralles, ha permesso di creare un modello adatto ala complessità del luogo, di stabilire un dialogo tra passato e presente e di trasformare l’edificio in uno spazio pubblico di qualità, icona della nuova Barcellona. Il progetto nasce dalla volontà di ricostruire un frammento della città antica, in continuità con lo sviluppo e la complessità dell’area intorno al vecchio mercato. Il progetto si somma delicatamente, ma con grande forza espressiva, agli “strati “strati”” sedimentati della vita del mercato. La sovrapposizione di luoghi e funzioni, culminano con la grande copertura ondulata, un variopinto mantello che avvolge lo scorrere della vita sottostante. Il programma si fonda su due scelte strategiche: il mantenimento della facciata monumentale, memoria storica del mercato, per adattarvi la nuova copertura rivestita in ceramica, che caratterizza e qualifica l’intero progetto, assecondando le forme e le geometrie increspate identificative del lavoro e del linguaggio dello studio EMBT. Il manto ceramico è sia protettivo sia simbolo del Mercato di Santa Caterina, le 300.000 tessere esagonali di ceramica policroma sono state associate seguendo precise sfumature che richiamano idealmente i colori dei variopinti banchi di frutta e verdura. La grande superficie “pixelata “pixelata”” e ondulata acquista valore Mercado Santa Caterina nella spregiudicatezza della forma e dei suoi colori, riassumendo Città: Barcellona Progettisti: Miralles-Tagliabue in sé tutte le caratteristiche di questa città mediterranea, Anno di realizzazione: 2005 eclettica, variopinta e richiamando alla memoria le decorazioni Superficie: 3750 mq del Palau de la Musica Catalana e delle architetture di Gaudì.


5.4 Il mercato delle eccedenze

Il mercato come luogo di socialità e scambio tra culture

Il mercato comunale

212

Il mercato coperto inteso nella concezione comune è diventato negli anni uno strumento importantissimo, sia per quanto riguarda la sua funzione naturale, quella della vendita di beni di prima necessità, sia in quanto è ormai un polo attrattore di socialità e di scambio e fusione tra culture diverse, specialmente nelle città più industrializzate. Nell’era della globalizzazione il cibo è diventato sempre di più un momento di socializzazione, dove il singolo diventa un gruppo e tutto assume la conformazione di collettivo (fig.22). La condivisione dello stesso può costituire l’ingresso in comunità, rende le persone parte integranti della stessa cultura e le mette in comunicazione. Negli anni si mutano ed evolvono anche le modalità di divulgazione e di informazione circa le tematiche alimentari, legate agli stili e agli usi anche di altri popoli e aumenta quindi anche la curiosità da parte delle persone di volersi approcciare ad altre culture, una delle massime espressioni di socialità e condivisione. Tutto ciò è divenuto possibile anche grazie all’aumento della possibilità di spostamento delle persone da una nazione all’altra, che ha inevitabilmente favorito una commistione di usi e tradizioni culinarie varie. Quanto detto ha inevitabilmente modificato il modo di concepire gli spazi e i luoghi che da sempre sono stati adibiti alla tematica del cibo e dell’alimentazione: abbiamo già visto in precedenza, infatti, come il mercato sia sempre stato posizionato nei crocevia importanti delle città per favorire il raggiungimento da parte della popolazione e per migliorare le relazioni tra i popoli. È in realtà ciò che è rimasto costante nel tempo considerando il ruolo che quest’architettura tutt’oggi ricopre. Gli spazi sono e devono


essere pensati in funzione della quantità di persone, ingente, che ospiteranno, facilmente raggiungibili, con spazi appositi per la sosta, preferibilmente adiacenti a luoghi verdi che facilitino la fruibilità anche a diverse fasce di popolazione.

La crisi delle risorse e il problema dell’accesso al cibo

13 Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), associazione che si occupa di accrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale.

213

Il mercato comunale

Con l’evoluzione della civiltà cambiano anche le abitudini degli uomini in relazione ad un’apertura nei confronti del nuovo e del diverso: dal punto di vista alimentare si entra in contatto con usi e costumi diversi dai propri, dal punto di vista delle risorse muta la quantità di popolazione mondiale in relazione alle risorse presenti sul pianeta. A ciò si aggiungono le tematiche relative alla sostenibilità, molto presenti e discusse negli ultimi anni, sulla base delle quali si chiede all’uomo di non deturpare il paesaggio e non essere eccessivamente invadente nei confronti della terra. Una problematica che risulta però essere una delle più rilevanti riguarda l’accessibilità al cibo: la fame è un problema di cui soffrono circa 925 milioni di esseri umani, un settimo della popolazione mondiale13. Nonostante il progresso tecnologico e sociale degli ultimi anni purtroppo il problema dell’accesso al cibo è sempre più presente: uomini, donne, bambini non sono in grado di accedere nemmeno ai quantitativi minimi per garantirsi il sostentamento quotidiano. Parliamo di un fenomeno che purtroppo è presente anche in Italia e a Milano nello specifico e che dovrebbe essere una delle più importanti problematiche di cui occuparsi.


La crisi delle risorse e il problema dell’accesso al cibo

Il mercato comunale

214

Un evento che ha provato a dare un segnale chiedendosi se sia possibile “assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile” è avvenuto a Milano nel 2015 in occasione dell’Esposizione Universale14. Il tema di EXPO 2015 è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, titolo evocativo del contesto di indagine in cui si sviluppa, relativo al tema del mangiare bene oltre che “della storia dell’uomo e della produzione di cibo, sia nella sua accezione di conservazione e valorizzazione della memoria degli antichi saperi, sia nella ricerca di nuove applicazioni tecnologiche” (fig.23). Si parla però non solo del nutrimento dell’uomo ma grande attenzione è riservata anche al pianeta in cui vive e che è da sempre la fonte del sostentamento e la derivazione degli alimenti. La sfida più importante resta quella di comprendere come l’uomo possa nutrire contemporaneamente sé stesso e il pianeta, facendo in modo che tutti gli individui abbiano le stesse possibilità di attingere alle materie prime necessarie al proprio sostentamento. Un dato importante su cui porre l’accento riguarda comunque quanto l’uomo ha utilizzato le risorse del pianeta, sin da quando esiste, e le trasformazioni del paesaggio stesso, oltre che naturalmente come sono cambiate le tradizioni e gli usi dell’uomo negli anni. “La storia dell’uomo sulla terra è storia del suo rapporto con l’ambiente e con la natura, di cui esso stesso è parte, ma anche artefice e consapevole o involontario trasformatore.” Colui che realmente ha in mano le sorti del pianeta e della sopravvivenza è l’uomo stesso, e dal suo rapporto con la natura e con il 14 Esposizione Universale, anche chiamata EXPO, indica le grandi esposizioni tenute dalla metà del 1800 e organizzate dal BIE (Bureau International del Expositions). La prima fu organizzata dal Principe Alberto nel 1851 a Londra e si tenne nel Crystal Palace in Hyde Park, conosciuta come la Great Exhibition of the works of Industry of all Nations, e aveva lo scopo di unire numerosi aspetti della società come le arti, il commercio, l’educazione e le relazioni internazionali.


Milano Food Policy, eredità di EXPO 2015 Una delle principali eredità di Expo viene espressa tramite un documento15, approvato nel 2015 stesso ma di cui si iniziava a discutere già l’anno precedente, dove il Comune di Milano e Fondazione Cariplo hanno sottoscritto un Protocollo di Intesa per “promuovere e implementare una strategia generale sul cibo per la città di Milano”, la Milano Food Policy (fig.24). L’obiettivo principale prefissato da coloro i quali si sono 15 Stesura originale: Settembre 2015. Testo modificato a seguito dell’approvazione degli emendamenti presentati dal C.C. Approvazione: delibera n. 25 Seduta Consiliare del 05-10-2015. Pubblicata sull’Albo Pretorio il 09-10-2015.

215

Il mercato comunale

paesaggio scaturiscono tutte le attività e le abitudini alimentari dell’uomo, dalle più semplici alle più complesse e rivoluzionarie. Il consumo e la produzione restano le due azioni cardine di questo ragionamento e su cui si basa tutta la sperimentazione di Expo, oltre che sulla sensibilizzazione ad una così attuale tematica. Attraverso il tema del consumo vengono raccontate tutte le diverse abitudini alimentari dei diversi paesi partecipanti, gli usi e le tradizioni gastronomiche. Con il tema della produzione si sviscera tutto ciò che riguarda le modalità di creazione del cibo utilizzando le risorse del pianeta, modificate profondamente negli anni, soprattutto in vista della sensibilizzazione del rispetto del paesaggio che implica un corretto funzionamento dell’ecosistema con una vita più sana sia per gli esseri umani che per tutte le altre specie che vivono sul pianeta stesso. Uno dei più importanti obiettivi in termini di innovazione ed evoluzione, in ambito alimentare, promosso da Expo 2015, è sicuramente quello di indagare il rapporto tra esigenze alimentari e risorse disponibili, ma anche ridefinire il concetto di nutrizione in relazione al mangiar sano e senza sprechi.


Il mercato comunale

216

Fig.22 (in alto) - Cibo come socialitĂ (Fonte: www. fondazioneveronesi.it) Fig.23 (in (in basso) basso) - Logo di EXPO 2015 (Fonte: google) Fig.24 (in (in basso) basso) - Logo di Milano Food Policy (Fonte: google)


impegnati nel portare a compimento questo documento è quello in ogni caso di migliorare in generale la vita delle persone e la qualità del rapporto con il territorio per apportare miglioramenti a tutto tondo e che possano essere d’ispirazione anche a livello nazionale ed internazionale. Si sono definite cinque priorità sui temi del diritto al cibo per fare in modo che si riesca a garantire risorse in quantità sufficienti e accessibili a tutti; il comune si pone quindi il fine di supervisionare la messa a punto di tutti gli obiettivi e il corretto ed adeguato utilizzo delle linee guida.

Le cinque “priorità” della MFP

217

Il mercato comunale

“Garantire cibo sano per tutti” è la prima linea d’indirizzo per cercare di assicurare a tutti l’accesso al cibo sano e all’acqua potabile per migliorare la qualità della vita della cittadinanza e tutelare la dignità delle persone; considerando che a Milano circa il 16% della popolazione vive in condizioni di povertà relativa ed esiste anche un’alta percentuale di stranieri che spende in alimenti circa la metà rispetto alla popolazione italiana (fig.25). “Promuovere la sostenibilità del sistema alimentare” è la seconda priorità che si pone come obiettivo di organizzare al meglio tutte le componenti e le attività che si occupano dell’articolazione del sistema alimentare per garantire un cibo sostenibile e incentivare la produzione e il consumo di cibo fresco, locale e di stagione. Se si considera infatti il grande numero di cascine agricole produttive e di orti censiti di cui è provvisto il territorio milanese emerge chiaramente come la produzione possa essere coordinata al meglio per avere da questi strumenti un appoggio ottimale favorendo le attività agricole e orticole su tutto il territorio (fig.26). “Educare al cibo” sostiene la promozione di una cultura


Il mercato comunale

218

Fig.25 (in alto a sx) - Priorità 1 della MFP (Fonte: http://www.foodpolicymilano.org) Fig.26 (in alto a dx) - Priorità 2 della MFP (Fonte: http://www.foodpolicymilano.org) Fig.27 (in centro a sx) - Priorità 3 della MFP (Fonte: http://www.foodpolicymilano.org) Fig.28 (in centro a dx) - Priorità 4 della MFP (Fonte: http://www.foodpolicymilano.org) Fig.29 (in basso) - Priorità 5 della MFP (Fonte: http://www.foodpolicymilano.org)


219

Il mercato comunale

per i cittadini orientata al consumo del cibo sano in maniera consapevole, sostenibile e che riesca a tenere conto anche della tutela dell’ambiente e del territorio. Le persone realmente istruite correttamente sul tema dell’educazione alimentare sono poche e anche i tassi di obesità e malattie legate al cibo non sono trascurabili; molte scuole sul territorio milanese collaborano già con orti didattici e moltissime sono già le strutture non scolastiche che si occupano dell’istruzione su questi temi (fig.27). “Lottare contro gli sprechi” è la priorità quattro e si occupa di ridurre le eccedenze e lo spreso anche e soprattutto per ridurre le disuguaglianze sociali e gli impatti sull’ambiente; considerata l’esistenza di una serie di progetti di recupero e redistribuzione degli alimenti prima che essi vengano buttati, si adottano delle misure per ampliare il raggio d’azione di questi progetti esistenti e puntare al recupero quasi totale degli alimenti per fini anche non alimentari (fig.28). “Sostenere la ricerca scientifica in campo agroalimentare” è la quinta ed ultima linea d’indirizzo che punta all’evoluzione e allo sviluppo della ricerca nel settore agroalimentare al fine di migliorare il settore della sperimentazione e scientifico; grazie infatti alla presenza di numerose università di spicco a livello internazionale e alla potenza del settore della ricerca, ci si pone l’obiettivo di creare progettualità innovative in campo agroalimentare e con ricadute anche riferite al sistema urbano (fig.29). Attraverso sistemi di monitoraggio e di presa di coscienza e responsabilizzazione delle persone si cerca di fare dei passi in avanti concreti, anche per fronteggiare la povertà alimentare e la difficoltà dell’accesso al cibo che è ancora un problema molto attuale nella città di Milano.


La lotta contro gli sprechi alimentari

Il mercato comunale

220

La priorità numero quattro, la lotta contro gli sprechi alimentari, risulta essere un importante obiettivo prefissato dall’amministrazione per salvaguardare diverse fasce di popolazione oltre che limitare le disuguaglianze sociali all’interno della comunità. È possibile mettere in pratica e perseguire gli obiettivi attraverso l’ausilio di diversi attori locali, intesi come singole personalità ma anche come associazioni e comitati di quartiere, che quotidianamente si espongono e si battono per realizzare azioni concrete. Entro il 2030 si punta ad un abbattimento di circa il 50% degli sprechi di cibo, considerando un miglioramento delle abitudini di consumo delle persone che ad oggi contribuiscono a circa il 40% delle eccedenze alimentari; ci sarebbe anche un grande guadagno economico per le famiglie di italiani se si riuscisse a fare una spesa più giusta e dimensionata in base agli effettivi consumi.

Alcuni dati Facendo un passo indietro è giusto specificare di come nel mondo le abitudini alimentari siano da correggere, se si pensa che circa 1/316 del cibo prodotto, a livello globale, viene sprecato; se si pensa a quante persone abitano il pianeta e quante siano le risorse di cui parliamo ci si rende conto che il dato è davvero preoccupante. È stato sviluppato il Food Sustainability Index che tiene conto dello spreco di cibo, dell’agricoltura sostenibile e delle sfide nutrizionali e stila una classifica dei paesi che riescono ad avere dei risultati soddisfacenti, la Francia è, ad esempio, al primo posto tra i paesi con alto reddito, seguita dal Canada e dagli USA. In Europa si contano circa 88 milioni di tonnellate di cibo sprecate ogni anno, circa 173 kg a persona, dato che si 16 Fonte dei dati https://foodsustainability.eiu.com


ottiene considerando la vendita al dettaglio, all’ingrosso, la produzione primaria, ristorazione, trasformazione di alimenti e nuclei familiari. I Paesi Bassi risultano il paese europeo con il rapporto kg/persona di cibo sprecato annuo più alto. È però da tenere a mente che ci si è resi conto che lo spreco appartiene a tutta la filiera produttiva e non solo al consumo finale, a partire quindi dalle tecniche agricole utilizzate, i fattori climatici e ambientali, passando per i processi di trasformazione degli alimenti fino ad arrivare naturalmente alle eccedenze degli acquisti e negli errori di conservazione degli alimenti da parte degli utenti finali.

221

Il mercato comunale

In Italia l’educazione alimentare allo spreco viene effettuata correttamente in bassissime percentuali, in più lo spreco avviene per alcuni motivi ben precisi tra cui al primo posto sicuramente per un eccedenza della quantità di elementi acquistati rispetto a quelli di cui realmente si necessita; dato questo seguito da una non corretta conservazione del prodotto che lo porta inevitabilmente ad un deterioramento più rapido; un dato da non sottovalutare, anche se presente in una percentuale minore è che i cibi vengono venduti talvolta già scaduti o realmente vicini alla data di scadenza. La situazione del contesto Milanese non è molto diversa, anzi, tenendo conto del grande numero di abitanti che risiedono nel comune di Milano il dato di 101 kg/persona di cibo sprecato annualmente lungo tutta la filiera produttiva e abbastanza alto. Se si considera, inoltre, come affermano anche le linee guida della Milano Food Policy, che il numero di persone che hanno bisogno di aiuto per il sostentamento di base è quotidiano, ci si rende conto di quanto sia necessario educare le persone ad acquistare meglio e con più cognizione di causa.


I progetti messi in campo per la lotta contro gli sprechi

Il mercato comunale

222

Fortunatamente svariati sono i progetti e le azioni già in atto per cercare di aiutare quanto più possibile le persone più bisognose, per cercare al meglio di lottare contro la povertà alimentare. Uno dei primi che forse è quello che sta riscuotendo più effetti positivi, partito da Milano e che sta effettuando sperimentazioni in tutto il mondo, è “Food for Soul. Refettori e Social Tables” promosso dallo chef Massimo Bottura. Con la creazione di “spazi fisici progettati per ispirare la comunità, investendo sul potenziale umano” l’associazione crea dei luoghi dove prodotti in scadenza, o scartati dai supermercati, vengono portati in questi refettori, vengono trasformati e cucinati per essere somministrati a persone in situazioni di vulnerabilità sociale. Diventa questa un’opportunità importantissima per limitare lo spreco di quel cibo in eccedenza aiutando una categoria di popolazione fragile e con pochi mezzi per accedere al sostentamento primario.


5.5 Food for Soul: Casi studio I refettori creati da Bottura per food for soul sono dislocati in molti paesi nel mondo, vengono riportati alcuni emblematici come casi studio.

5.5.1 Refettorio Ambrosiano Città: Milano Progettisti: Politecnico di Milano Anno di realizzazione: 2015

5.5.2 Refettorio Felix

Città: Londra Progettisti: Studioilse Anno di realizzazione: 2017

5.5.3 Refettorio Gastromotiva

Città: Rio de Janeiro Progettisti: METRO Arquitetos Associados Anno di realizzazione: 2016

Il mercato comunale

223



5.5.1 Refettorio Ambrosiano, Milano

225

Il mercato comunale

Il Refettorio Ambrosiano è stato creato in collaborazione con la Caritas Ambrosiana in occasione di Expo2015. L’edificio, un teatro abbandonato nella periferia di Milano, è stato completamente rinnovato e trasformato in una nuova mensa comunitaria. Il Refettorio Ambrosiano continua ad accogliere persone in situazioni di vulnerabilità sociale e, dal lunedì al venerdì, offre loro un pasto di tre portate preparato a partire da eccedenze alimentari raccolte dai mercati e supermercati della città. La location è anche a disposizione di tutto il quartiere per la realizzazione di progetti educativi ed eventi culturali. Il progetto di ristrutturazione del teatro è stato curato dal Politecnico di Milano. Il Professor Remo Dorigati e Francesco Fuoco che hanno collaborato al progetto, raccontano che l’edificio che ospita il refettorio è un teatro parrocchiale che negli anni '70 ha avuto un ruolo significativo nella cultura delle periferie milanesi. In occasione di Expo 2015 cambia la sua natura per divenire un luogo di solidarietà e assistenza ai bisognosi. Un pasto offerto alimenta una piccola comunità. Trasformare un teatro in un refettorio per i poveri è come passare dall'immaginazione della realtà a una rappresentazione in cui i personaggi recitano sè stessi. Come in un cambio di scena, il luogo degli spettatori è lo spazio in cui gli attori divengono essi stessi le figure del racconto. Dove era la scena si colloca la cucina: il vuoto della torre si trasforma in un grande e unico camino da cui scende la luce e attraverso cui salgono i fumi. Una rappresentazione che denuncia il cambio di ruolo e la centralità dell'evento: una sineddoche in cui la cucina prende le sembianze di un grande camino entro cui si svolge il rito della preparazione del cibo. Gli affreschi della sala, il vestibolo con il tema del pane e dell'acqua, Refettorio Ambrosiano il portale dell'accoglienza, le panche dell'attesa, le luci domestiche e Città: Milano Progettisti: Politecnico di Milano l'arredo che invita sedersi assieme, tutto questo è un segno di pietà ma Anno di realizzazione: 2015 anche di riscatto. L'arte, che qui vive assieme allo spazio, fa appartenere questa comunità all'umanità, la coinvolge in un'atmosfera inclusiva.



5.5.2Refettorio Felix, Londra

227

Il mercato comunale

In occasione del festival “London Food Month” di giugno 2017, Food for Soul ha attraversato la Manica per collaborare con il Centro St Cuthbert e The Felix Project. Insieme, queste realtà hanno creato il Refettorio Felix at St Cuthbert’s, una mensa comunitaria che offre servizi di pranzo a senzatetto, persone senza fissa dimora o in situazioni di isolamento sociale. Lo spazio comunitario è utilizzato inoltre per ospitare eventi, seminari e attività sociali per coinvolgere la comunità locale e incoraggiare allo stesso tempo l’inclusione sociale e lo sviluppo di abitudini alimentari più sane. Lo studio di Ilse Crawford, Studiolise, ha studiato le soluzioni interne per gli ambienti del refettorio Felix, incuriositi e stimolati dall’importante progetto solidale che caratterizza lo spazio. Il gruppo di lavoro ha inoltre osservato come la cucina e la sala da pranzo potessero diventare spazi affittabili per eventi, così da sostenere economicamente le finanze di questo progetto. La volontà da parte dello studio è stata quella di rendere l’ambiente bello ed attrattivo alla socialità, qualità che spesso manca a questa tipologia di spazi. La progettazione di questo spazio è avvenuta mediante una stretta collaborazione tra gli architetti e i volontari che già lavoravano all’interno del centro, tramite suggerimenti e richieste che potessero migliorare quegli ambienti per i loro ospiti. Un’attenzione focalizzata alla familiarità degli ambienti per far sentire a casa i visitatori, che sono principalmente senzatetto o persone che provengono da ambienti socialmente vulnerabili. Studiolise ha generato quindiunsensodiintimitàmediantel’utilizzodivernicipiùscureelampade a sospensione basse, per ridurre la percezione dei vasti soffitti. L’utilizzo di lucimorbideecaldeecomposizioniverdihannoaiutatoilraggiungimento di una resa maggiormente familiare e naturale dell’ambiente. Refettorio Felix La struttura, oltre alla sala da pranzo, comprende un angolo Città: Londra Progettisti: Studioilse lettura, una sala per consulenze private e un’area di proiezione Anno di realizzazione: 2017 film. Sono state inoltre apportate migliorie alla cucina, così da assicurare gli adeguati volumi di produzione alimentare necessari.



5.5.3Refettorio Gastromotiva, Rio de Janeiro

229

Il mercato comunale

In occasione dei Giochi Olimpici del 2016, Food for Soul ha aperto il suo primo progetto internazionale: il Refettorio Gastromotiva a Rio de Janeiro. Sviluppato in collaborazione con Gastromotiva, il progetto ha coinvolto molti chef nazionali e internazionali che hanno utilizzato le eccedenze alimentari provenienti dall’evento dei Giochi Olimpici per preparare pasti gustosi e sani destinati alle persone in situazioni di vulnerabilità sociale. Da allora, il Refettorio Gastromotiva è diventato un importante centro per la comunità locale, continuando a offrire pasti ma anche corsi professionali mirati per i giovani delle favelas. Lo chef Massimo Bottura definisce questo progetto “un “un piccolo miracolo”, miracolo”, non riferendosi al cibo, ma ai tempi di costruzione dell’edificio stesso, completato in soli 55 giorni. Il team creativo di questo progetto fu composto da Vik Muniz, Maneco Quinderé, i fratelli Campana e METRO, responsabili dell’architettura, dell’arte e del design di questo nuovo ambiente. Questo progetto, situato tra gli archi di Lapa e l’Aterro Do Flamingo, è stato pensato per una grande popolazione di senzatetto, ai quali verranno garantiti pasti serali gratuiti. Il pagamento del pasto all’ora di pranzo invece garantirà delle entrate ed aiuti economici continui per la struttura. Situato ai margini di una piccola piazza e adiacente a una delle principali arterie della città, il ristorante è stato progettato per rafforzare le connessioni con questi spazi pubblici e la comunità circostante. La cucina occupa il centro di un sito lungo e stretto, 50 m di lunghezza e 6 m di larghezza. Un volume unico si alterna tra spazi a singola e doppia altezza e presenta ampie aperture sulla strada e sulla piazza vicina. L'edificio è rivestito con pannelli in policarbonato traslucido Refettorio Gastromotiva che garantiscono un'atmosfera accogliente e accessibile a tutti. Città: Rio de Janeiro Progettisti: METRO Arquitetos Associados La palette dei materiali è costituita da materiali autentici e industriali che Anno di realizzazione: 2016 si trovano comunemente nella zona, dando vita a un'estetica onesta e senzafronzolichecelebraglielementieiservizidicostruzioneessenziali.


Il mercato comunale

230

Fonti - https://blog.urbanfile.org/2019/02/16/milano-qt8-un-intero-quartiere-da-preservare/ - https://blog.urbanfile.org/2019/01/28/milano-qt8-il-mercato-coperto-dimenticato/ - https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/mercato-qt8-1.2037758 - http://www.treccani.it/vocabolario/mercato/ - http://www.treccani.it/enciclopedia/mercato_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/ - https://it.wikipedia.org/wiki/Mercato - https://it.wikipedia.org/wiki/Mercato_coperto - https://www.romanoimpero.com/2011/11/i-mercati-romani.html - https://www.barillacfn.com/m/publications/pp-dimensione-culturale-cibo.pdf - https://www.barillacfn.com/m/publications/pp-accesso.pdf - http://www.ecodallecitta.it/notizie/391021/spreco-alimentare-milano-vuole-ridurlo-del-50-entro-il-2030/ - https://foodsustainability.eiu.com - https://www.europarl.europa.eu/portal/it - https://www.coopnospreco.it




6

Il progetto


6.1 Concept e assetto volumetrico Partendo dalla redazione di una pianificazione che tenga insieme diverse scale di approfondimento, a partire da quella territoriale e arrivando a quella architettonica, questo studio di tesi si pone l’obiettivo di andare ad intervenire su un edificio dismesso utilizzandolo come progetto definito "Pilota", sia per le caratteristiche architettoniche ma anche per quelle concettuali e formali.

Il progetto

234

Il contesto del Quartiere Triennale 8 in cui si inserisce il Mercato Comunale oggetto dello studio è, come visto nei capitoli precedenti, degno di nota considerando la sua storia, il suo sviluppo e lo stato in cui si trova oggi. Il circondario dell’area del mercato stesso è denso di edifici ad uso residenziale e dunque è molto popolato da diverse tipologie e categorie di persone; questa diversità è identificabile sia nella tipologia di fascia d’età, considerando che sono presenti le persone che hanno iniziato ad abitare gli spazi quando il quartiere è stato costruito ma anche nuovi nuclei familiari composti da giovani con bambini, ma anche nelle diverse etnie che popolano ormai il quartiere, ed in generale la periferia di Milano. Queste premesse mostrano le potenzialità che effettivamente caratterizzano questi luoghi, evidenziandone però lo scarso utilizzo; queste risulterebbero un valore aggiunto per la vita delle persone che vi abitano, restituendo ricchezza ai luoghi ed agli spazi fruiti. Il mercato è ad oggi dismesso e purtroppo le condizioni in cui si trova sono fortemente negative, in quanto negli anni è


diventato luogo di accoglienza di persone, in maniera del tutto abusiva, e dove sono avvenuti eventi non proprio piacevoli soprattutto per le persone che abitano la zona (fig.1-2-3). Una delle più grandi potenzialità di cui può vantare questo edificio è la vicinanza al Parco Monte Stella, grande polmone verde della zona e caratterizzato dalla presenza al suo interno di spazi dedicati agli sportivi ma anche aree di svago per i bambini. Viste le premesse, la riattivazione di questo edificio, così centrale e importante per il quartiere, sarebbe sicuramente un nuovo polo attrattore per la socialità oltre che un modo per arricchire il quartiere con uno spazio piacevole dove trascorrere il tempo.

Il concept nasce proprio da questa parola, connessione, che consente al mercato di dialogare sia con la zona occupata ad oggi dalla Chiesa di Santa Maria Nascente che con il parco, creando una tensione che attraversa il mercato nella sua direzione più corta, aggiungendo però anche un collegamento nel verso perpendicolare a quest’ultimo e creando nuovi

235

Il progetto

Dopo uno studio della storia del quartiere e una comprensione dell’orografia e dell’assetto planimetrico dello spazio interno ed esterno al mercato, risulta evidente come una delle maggiori problematiche, ma allo stesso tempo potenzialità, sia la presenza di diverse quote planimetriche tra l’ingresso attuale del mercato e il parco, realtà che ad oggi è vista come una barriera e una non collaborazione. Il progetto si pone come obiettivo principale quello di riconnettere l’edificio del mercato con la città, con il quartiere e con il parco, potenziando la fruizione dell’area con servizi sia all’aperto che al chiuso.


Il progetto

236

Fig.1-2-3 - Immagini del sopralluogo effettuato ad Ottobre 2019


spazi all’aperto di servizio al mercato e un nuovo fronte architettonico di testa a tutto il nuovo sistema progettato. La connessione che il progetto crea anche con la Scuola M.L. King è importante per la definizione degli usi degli spazi anche in relazione alle intenzioni progettuali a scala più ampia, ricordando il principio generatore dell’intero progetto del nuovo dialogo tra tessuto agricolo e tessuto urbano: grazie alla presenza dei bambini sono previste molte funzioni che tengano presente l’importanza della didattica alimentare, dell’educazione al cibo e della lotta contro gli sprechi, considerando anche la presenza degli orti di “ColtivaMi” limitrofi l’area presa in esame.

Il progetto

237


VIALE SCUOLA

CATO DI

MER

PIAZZA

SANTA

Contestualizzazione nel quartiere

PARCO MONTE STELLA

Il progetto

MARIA

PARROCCHIA SANTA MARIA NASCENTE LINEA AL QT8 1 - QT 8

NASCE

NTE

VIALE

ISER

NIA

238

QT8

ESSO DEL SM

PRIMARIA M L KING

CATO DI

MER

ASCE NTE

QT8

ESSO DEL SM

ARIA N

NZA

ISER NIA

PARCO MONTE STELLA

PARROCCHIA SANTA MARIA NASCENTE LINEA AL QT8 1 - QT Mancanza di connessione 8

ATO

DI C

ONN

ESS

ION

IC

IO D

E

EDIF

ISM

O ESS

RC ME

QT8

Generazione della connessione

AT ERC

CAN

GEN

T8

OQ

MAN

ZA

DI C

ONN

ESS

ION

E

ED

IO IFIC

M SSO

GEN

ERA

DIS

RIAT

ERA

ZIO

ME

TIV

ZIO

NE

DEL

LA

CON

NES

SIO

NE

AZI

NE

ONE

DEL

LA

DEL

CON

FRO

NT


RIAT

TIV

ED

ELL

AC

ONN

ESS

AZI

ONE

Riattivazione del fronte stradale

DEL

ION

DEF

FRO

NTE

E

INIZ

STR

ION

LE

Il progettoD

IVU

239 PIAZ

DEL

ZA

DEF

FRO

NTE

INIZ

STR

ADA

LE

ION

ED

EL

Definizione del sistema

SIS

TEM

A

P

DUZIONE RO

DITA

DEL

SIS

Divulgazione-produzione-vendita TEM

A

MAR

IA N ASC

IA

TA

RN

NE

ENT

ISE

IZIO

SAN

E

LE

FIN

ZA

LGAZIONE

VIA

DIVU

VEN

PIAZ

E

ADA

LGA

SAN

TA


Il progetto 240


6.2Gli edifici del nuovo fronte

241

Il progetto

Quella che ad oggi risulta essere chiamata Piazza Santa Maria Nascente appare totalmente all’opposto della definizione che le viene attribuita: più che una piazza è uno spazio di risulta prospiciente la grande strada trafficata che porta verso la periferia di Milano, senza rappresentare ciò che la parola piazza sott’intende, area libera, dove sono presenti anche luoghi di sosta e di ritrovo per la popolazione. Il nuovo aspetto che verrà attribuito con questo progetto sarà la creazione di un nuovo fronte che possa fungere da testata dell’intero sistema progettato e che possa contenere nuovi spazi utilizzabili dalla popolazione tutta del quartiere, potendo diventare un nuovo attrattore per tutta la zona Ovest di Milano. Il concept generatore di questo nuovo filtro tra la strada e il mercato nasce dalla creazione di un lungo blocco che parte dalla Chiesa e giunge quasi fino alla scuola M.L.King. Esso viene in un secondo momento frammentato in quattro edifici diversi separati da spazi all’aperto, andando a valorizzare l’enorme spazio verde di cui è caratterizzata l’area. Questi vengono poi uniti, visivamente e metaforicamente, da una grande tettoia, lasciata distaccata dalla copertura dei quattro blocchi, caratterizzata dall’inserimento di pergolati che permettono alla luce di filtrare e creare degli spazi di ombra. Tutto ciò vuole essere la chiusura di un sistema che tiene insieme il mercato, il Monte Stella e gli spazi verdi adiacenti al mercato stesso, ad oggi non utilizzati nel modo migliore e non valorizzati a sufficienza.


Il progetto 242


Il progetto

243


Il progetto 244


Il progetto

245


Il progetto 246


Il progetto

247


Il progetto 248


Il progetto

249


Il progetto 250


Il progetto

251


0.0

-1.6

-3.85

1

2

5

10

Il progetto

252 0.0

-1.6

-3.85

1

2

5

10

0.0

-1.6 -2.4

1

2

5

10


253

Il progetto

Tre padiglioni di uguali dimensioni, intervallati da spazi aperti, si estendono, sfruttando il dislivello naturale del parco, dalla strada alla quota dello spazio verde giungendo, tramite appositi percorsi, che seguono anch’essi le curve di livello, ad uno spazio con una serie di orti urbani e didattici recintati, ad uso cittadino e scolastico, di cui si parlava in precedenza. I padiglioni hanno destinazioni d’uso diverse in relazione alle diverse tipologie di persone da cui saranno utilizzati: il padiglione più a ovest, in prossimità della scuola, è destinato ai bambini, che grazie a spazi dedicati alla didattica potranno entrare in contatto con l’educazione alimentare e potranno toccare con mano la coltivazione sfruttando alcuni degli orti alla quota del parco; il padiglione centrale, il più alto dei tre, sfrutta totalmente il dislivello creando due livelli veri e propri di fruizione dello spazio interno; esso è destinato agli ortisti, coloro che si occupano dei restanti orti non dedicati ai bambini e che trovano in questo edificio un posto dove cambiarsi, depositare gli attrezzi ma anche dove sostare; l’ultimo è invece destinato ad ospitare una funzione più divulgativa, mostre ed esposizioni relative alla tematica alimentare ma anche conferenze sul tema.


-2.40

0.00

Il progetto

0.00

0.00

254

0.0

-2.40


255

Il progetto

L’edificio di testa, il più grande assume probabilmente il ruolo più importante soprattutto in funzione del ruolo che svolge come grande attrattore per il quartiere e la città, ed è strettamente collegato al mercato che si riattiva. Il refettorio, che riprende l’idea del progetto che sta portando avanti lo Chef Massimo Bottura con l’associazione Food For Soul, si basa sul principio in base al quale ciò che viene cucinato e somministrato al pubblico sia creato con prodotti in scadenza o non venduti di supermercati e cascine produttive del territorio e che sia venduto a prezzi bassi per facilitare l’acquisto a più fasce di popolazione. Lavora in correlazione al mercato dove questi prodotti vengono venduti senza essere trasformati. Questo edificio è pensato però con una duplice vita: in alcune ore della giornata, infatti, verrà utilizzato come luogo di consumo del cibo, come un vero e proprio ristorante, nelle restanti ore invece diventerà parte integrante della nuova piazza che lo relaziona fisicamente al mercato, aprendosi in tutte le direzioni verso la città, pur mantenendo allo stesso tempo attive le funzioni di cucina, in vista delle successive linee di servizio. È progettato come uno spazio totalmente dedicato alla cittadinanza, con anche un’area gradonata al coperto che rivolge verso il parco, con una parete sulla quale è anche possibile effettuare delle proiezioni con l’ausilio di un telo e scomparsa.


Il progetto 256


257

Il progetto

I quattro edifici del nuovo fronte sono realizzati con una struttura in acciaio, e sono esternamente caratterizzati dall’impiego di una lamiera metallica di colore grigio antracite estrusa che crea un gioco di luci e ombre su tutti i prospetti; due dei quattro lati degli edifici parallelepipedi presentano vetrate che consentono sia la visuale verso il parco ma anche favoriscono l’ingresso della luce solare negli ambienti. Come detto in precedenza, gli edifici sono “tenuti insieme” visivamente da una copertura che sormonta tutta la lunghezza della superficie sbordando dai quattro lati ed è sorretta da pilastri che sono autonomi rispetto alla struttura dei padiglioni e del refettorio: costituita da una serie di travi reticolari che si assottigliano verso l’esterno così da creare un alleggerimento soprattutto dal punto di vista della percezione della stessa. Tra gli edifici sono presenti delle zone dove la copertura viene bucata e resta visibile la griglia di travi così da creare delle zone di luce, comunque filtrata, per consentire di trascorrere comunque del tempo all’aperto.


Il progetto 258


6.3Il nuovo mercato comunale Il refettorio è connesso, fisicamente e concettualmente, al mercato tramite la destinazione d’uso dello stesso. Se negli anni è andato in disuso è evidente che la sua funzione di mera vendita del cibo non funzionasse. In relazione all’analisi del territorio, della popolazione, lo studio della Milano Food Policy, la consapevolezza della percentuale di persone per cui esiste il problema dell’accesso al cibo, il Mercato del QT8 in questo progetto di tesi assume le vesti sì di un mercato, ma di quello che è stato definito “Mercato delle Eccedenze”.

259

Il progetto

Il principio nasce dalla consapevolezza di quanto sia il cibo che giornalmente viene buttato in quanto invenduto o in scadenza e della richiesta dall’altro lato delle persone che non hanno la possibilità di permettersi di acquistare nei grandi supermercati, anche per una lontananza fisica dagli stessi. Con questo progetto si prevede che supermercati e cascine produttive, portino ciò che non è stato venduto in questo luogo così che possa essere rivenduto a prezzi più bassi o trasformato, così da allungare i tempi di conservazione delle materie prime.


Il progetto 260


Il progetto

261


262


263




Il progetto

266

L’azione progettuale realizzata sull’edificio è stata effettuata con rispetto dell’architettura esistente, sia dal punto di vista della struttura ma anche delle finiture, conservando quindi l’aspetto odierno. Allo stato attuale l’edificio è organizzato su due livelli, con le funzioni di vendita al piano terra e quelle di stoccaggio al piano che è stato definito “quota parco”: la configurazione assunta dal nuovo mercato resta molto simile a ciò che è stato appena descritto, inserendo le funzioni di vendita e di contatto con la città al piano terra, aggiungendo ai due accessi sui lati più corti del perimetro del mercato, connessi al refettorio tramite la nuova piazza progettata, nuovi accessi che permettano una completa attraversabilità dello spazio; il piano interrato, invece, vede al proprio interno le funzioni sì di stoccaggio, ma a queste vengono affiancati un bar prospiciente uno spazio all’aperto destinato a luogo di aggregazione e di sosta, e dei laboratori di trasformazione delle materie prima che vengono portate nel mercato, progettando gli spazi in modo che si possa, tramite delle vetrate, osservare questi processi produttivi. Quest’ultimo livello prende vita, come mai nella storia dell’edificio, trasformandosi da spazio di stoccaggio a luogo che può essere vissuto al massimo delle sue potenzialità, accessibile da diversi punti del perimetro e interni e che si collega con il parco da ben due lati, mettendo in connessione nuovamente l’edificio con il sistema. Una nuova veste viene data soprattutto al piano terra del mercato delle eccedenze, grazie alla presenza di isole centrali, percorribili tutt’intorno, dove sono collocati i banconi di vendita, divisi e differenziati in base a ciò che si immagina


verrà venduto all’interno: banconi inclinati, banconi refrigerati, banconi vetrati, con una parete retrostante di supporto per la vendita e spazi dove è possibile consumare direttamente ciò che si acquista. La componente di forza del progetto è rappresentata da volumi che “sfondano” i prospetti più lunghi, utilizzando le aperture già esistenti, e creano nuovi spazi di connessione con la città, alcuni di vendita, con banconi che volgono il proprio affaccio sia verso l’esterno che verso l’interno contemporaneamente, altri invece sono i nuovi ingressi citati in precedenza che permettono una maggiore fluidità dei flussi di utenti del mercato stesso.

267

Il progetto

Il nuovo sistema nel suo complesso assume le caratteristiche di un nuovo polo di centralità e di aggregazione per il quartiere in primis, sulla stregua di ciò che Piero Bottoni immaginava al momento della progettazione del quartiere QT8; il mercato, integrato con le altre funzioni progettate e inserite a supporto, assume un ruolo di centralità e attrazione, per la riattivazione sia dell’edificio dismesso ma che si lega e si connette anche al sistema esteso a tutto il settore Ovest preso in esame da questo lavoro di tesi, con una valenza e un’importanza concettuale e architettonica.


Bancone con piano inclinato

Il progetto

268

Bancone con tempe


Bancone con espositore trasparente

269

Il progetto

erature controllate


Il progetto 270


Il progetto

271




Bibliografia

Bibliografia

274

- Basile, S. D., Tenconi, L. & Vazzana S. (2014). La Milano moderna di Piero Bottoni 1954 – 2014. Milano: Maggioli Editore. - Bertoni, D., Parisetti, C., Galasso, G., Mazza, M., Musmeci, R., Onofrio, E. & al. (2005). Natura e Agricoltura: Nuovi paesaggi per la città. Milano: Centro forestazione urbana – ItaliaNostra. - Calori, A. & Magarini, A. (A cura di), (2015). Food and the city: Politiche del cibo per città sostenibili. Milano: Edizioni Ambiente. - Ciagià, G. L. & Tonon, G. (A cura di), (2005). Le case nella Triennale: dal Parco al QT8. Milano: Milano: Electa. - Hopkins, R. & Pinkerton, T. (2010). Cibo locale. Come produrlo nella tua comunità. Manuale pratico per un’alimentazione sana e sostenibile. Bologna: Arianna. - Moore, R. V. (1997). L’architettura del mercato coperto: dal mercato all’ipermercato. Roma: Officina Edizioni. - Philips, A. (2013). Designing Urban Agriculture: A Complete Guide to the Planning, Design, Construction, Maintenance, and Management of Edible Landscapes. New York: John Wiley & Sons Inc. - Sali, G. & Bertoni, D., (2005). Il comprensorio agricolo a ovest di Milano. Analisi dell’assetto economicogestionale e ipotesi di intervento. Milano: Aracne. - Viljoen, A. (A cura di), (2011). Sustainable food planning: evolving theory and practice. Cardiff: Wagenngen Academic Pub.


- (Autore) (Settembre 1948). Il quartiere sperimentale modello QT8 della Triennale di Milano. Metron, 26/27, 13-53. - (Autore) (Giugno 1951). Il quartiere sperimentale Triennale QT8. Edilizia Moderna, 46, 59-74. - (Autore) (Settembre-Dicembre 1951). Il quartiere sperimentale della Triennale di Milano (QT8). Metron, 43, 56-61.

275

Periodici

Periodici



Ringraziamenti

Grazie al professor Borsotti, che è riuscito a trasmetterci la sua grande passione per l’architettura e per l’insegnamento, che è riuscito ad essere presente come se la distanza fisica non ci fosse, che è stato d’ispirazione e che con il suo rigore e i suoi preziosi consigli ci ha portati a non mollare mai. Grazie a Davide, che con le sue perle di saggezza e le sue battutine sottili e dirette ha fatto sì che il progetto prendesse la forma e la sostanza che ha oggi. Neanche il Covid-19 che ha provato a separarci ci è riuscito, perché il nostro legame e il nostro feeling durante la progettazione e la realizzazione di questa tesi era molto più grande di lui. Quindi il grazie più grande lo dobbiamo a noi, che ce l’abbiamo fatta ad arrivare fin qui (sani e più forti di prima per giunta) con le nostre forze e con la nostra caparbietà. Ad altri 100 di questi traguardi. AD MAIORA, SEMPER. Andre, Ale e Anzzzzo

277



Andrea Bianchi Alessandra Claudia Ferrari Antonia Razza


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.