Via francigena lodigiana

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Via Francigena Lodigiana

LOMBARDIA

Guide

LODI e PROVINCIA

Mangiare Bere Dormire www.mabedo.it 2012



Via Francigena Lodigiana

LOMBARDIA

Guide

LODI e PROVINCIA

Mangiare Bere Dormire www.mabedo.it 2012


Mariano Peviani Assessore al Turismo della Provincia di Lodi

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a Francigena ha segnato la storia e l’anima del Lodigiano. E’ qui, intorno al percorso dei pellegrini, che si è formata l’identità del nostro territorio e del suo popolo. Lungo l’antica Via della Fede sono rimaste le tracce indelebili di chi, nel corso dei secoli, ha percorso tutto o in parte il faticoso tragitto dal lontano Nord a Roma, portando con sé storie, esperienze e tradizioni che mescolandosi, confrontandosi, arricchendosi l’un l’altra hanno gettato i semi attorno a cui hanno preso vigore le radici della nostra terra. Non “un” percorso ma più “cammini” si incrociavano qui, in questa lussureggiante pianura tra l’Adda e il Po: la Francigena, appunto, ma anche il “Camino de Santiago”. Ad arricchirli, oggi come allora, la struggente bellezza di un territorio verde attraversato da un’incredibile rete di corsi d’acqua, con castelli e chiese custodi silenziosi e imponenti. Una terra segnata dalla presenza di comunità vive, paesi e città in cui immutata rimane la propensione all’accoglienza.



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ellegrini ieri, pellegrini oggi. Lo stesso bellissimo tramonto con il sole rosso che si nasconde tra i rami dei pioppi e che si riflette sulle acque del Po, continua a fare da sfondo a un percorso che non ha mai perso il suo fascino e il suo significato profondo. I passi dei turisti di oggi ricalcano le medesime orme di uomini e donne che partivano per Roma, Gerusalemme o Compostela, per chiedere il miracolo del cambiamento, la grazia di un incontro, la speranza di un senso da offrire al proprio personale percorso. Il Lodigiano è pronto a riceverli e a ospitarli anche oggi, continuando una tradizione che ha saputo arricchirsi, soprattutto negli ultimi anni, di nuove strutture ricettive, di infrastrutture moderne, di occasioni turistiche che hanno valorizzato senza mortificazioni il pellegrinaggio in chiave moderna. L’innovazione, la ricerca di nuovi modi di ricevere, di ospitare e di muoversi, i convitti e gli hotel, le osterie e i ristoranti, gli agriturismi e le grange, le piste ciclabili e le motonavi sono state magnificamente coniugate a quel passato che ancora trasuda dai monumenti, dalle cascine e dai santuari lungo il percorso. Sulla Francigena sono cresciute negli ultimi anni nuove opportunità per i “forestieri”, altre ancora ne sono state pianificate per l’immediato futuro. Cambia e migliora l’accoglienza. Resta immutato il valore di un viaggio che regala emozioni e il gusto dell’incontro e della scoperta. Degli altri e di se stessi.

Mariano Peviani Assessore alla Cultura e al Turismo della Provincia di Lodi



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a copertina della Guida Mabedo sulla Via Francigena Lodigiana è opera dell’artista contemporaneo Marco Lodola, pavese e notissimo per i lavori a olio e le sculture luminose. Le sue opere sono oggi presenti in tutto il mondo e recensite dai critici internazionali. La poliedricità è un tratto caratteristico dell’arte di Lodola, il quale ha realizzato illustrazioni per copertine di numerosi romanzi e saggi e ha collaborato in campo musicale e teatrale. Lodola ha esposto al Padiglione Italia della 53° Biennale di Venezia, all’Expo internazionale di Shangai; nel 2012 ha partecipato alla 54̊ Biennale di Venezia con “Cà Lodola”, la magnifica installazione luminosa posta alla Cà d’Oro, un progetto curato da Vittorio Sgarbi. Il logo ideato per noi da Marco Lodola rappresenta il nostro territorio dove vengono identificate graficamente le vie di terra, le vie d’acqua e le terre che a esse si correlano, divise ed intersecate dal tipico cromatismo di Lodola. Lo sfondo è “calpestato” dai passi del viandante, che percorre con lento incedere i nostri territori, in qualità di pellegrino, di turista curioso e di semplice amante delle proprie terre d’origine. Sono, questi, i passi di un turismo lento e radicato, che consente di godere degli aspetti naturalistici, storico-artistici e ambientali in modo nuovo perché guardati con occhi nuovi. Un procedere lento che regala il gusto delle piccole cose, il piacere di momenti importanti ma anche quella poesia del cibo che passa attraverso l’attenzione ad antichi sapori legati alla tradizioni della terra. Nel logo ideato da Marco Lodola, le gambe piegate dall’incedere, a volte anche con fatica, stanno proprio a simboleggiare un percorso intrapreso non solo fisicamente, ma anche e soprattutto, spiritualmente.



Prefazione Mabedo

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ravamo partiti con la Guida della Via Francigena Pavese. Un’esperienza che ci ha visti particolarmente coinvolti e soddisfatti, tanto che per questo nuovo lavoro la FqCommunication ha deciso di focalizzarsi e analizzare il tratto di Via Francigena Lodigiana, andando a presentare dal punto di vista storico, artistico, religioso e turistico, i paesi che, dal 990 dC, sono stati attraversati, sfiorati e vissuti dai pellegrini che ripercorrevano l’itinerario dell’Arcivescovo Sigerico. Così, dalla Provincia di Pavia ci spostiamo nel Lodigiano, immergendoci nella bassa pianura intensamente coltivata, zigzagando tra campagne e cascine dove il tempo sembra essersi fermato. Territori sospesi tra passato e presente ci riportano alle antiche tradizioni agricole e alla fortissima fede religiosa che caratterizza gli abitanti di queste terre. Non a caso i pellegrini della Via Francigena trovavano nel tratto lodigiano del loro percorso punti di sosta e di accoglienza, caratteri tipici della gente semplice e generosa. La FqCommunication propone un percorso per un turismo curioso e aperto ad accogliere la storia antica di un territorio legato alle proprie tradizioni. Non ci rivolgiamo ai soli “pellegrini” che ancora oggi ripercorrono i passi dell’Arcivescovo di Canterbury, ma a tutti coloro che vogliono confrontarsi con un turismo lento o, semplicemente, diverso, più profondo, per ritrovare se stessi e il rapporto vero e diretto con le persone dei piccoli paesi, proprio come una volta. La FqCommunication vi augura buon viaggio!



“L’Europa è una grande speranza che si realizzerà soltanto se terrà conto della storia: un’Europa senza storia sarebbe orfana e miserabile. Perché l’oggi discende dall’ieri, e il domani è il frutto del passato”

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Jacques Le Goff

trade sterrate, piccoli paesini che spuntano dalle distese di campi coltivati della Bassa Lodigiana, fiumi che serpeggiano e si snodano come lunghi fili nell’orizzonte piatto. Questo è lo scenario che si presenta a chi intraprende il percorso della Via Francigena nella Provincia Lodigiana. Nostalgici di un antico passato, o semplicemente curiosi, chi si appresta a ripercorrere i passi dei pellegrini potrà riscoprire le terre e le tradizioni che da secoli caratterizzano questo territorio e i suoi abitanti. Vecchi cascinali dove il tempo sembra si sia fermato, piccoli paesi dove i ritmi della vita sono ancora quelli della campagna. Il percorso che proponiamo si caratterizza come un “turismo lento”, pedestre, dove ognuno avrà modo di ritrovare il proprio Tempo. Vi invitiamo a ripercorrere le tappe del percorso che l’Arcivescovo di Canterbury Sigerico intraprese nel lontano 990 dC: che siate credenti o meno, giovani o meno giovani, vi ritroverete in uno spazio parallelo, sospesi tra presente e passato, attraverserete luoghi che favoriranno la meditazione e il raccoglimento, scoprendo le meraviglie storiche e artistiche che il Lodigiano cela. Ah...e non dimenticate, zaino in spalla e scarpe comode! O, se preferite, prendete l’auto, la bicicletta, la moto, a seconda delle vostre attitudini...basta non lasciare a casa la curiosità! Buon viaggio!



L’itinerario di Sigerico

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rima di iniziare il nostro viaggio per la Via Francigena Lodigiana, pare doverosa una breve introduzione sulla genesi di questo percorso, che negli ultimi anni ha visto un crescente interessamento, sia da parte delle istituzioni pubbliche, che si sono prodigate nello studio e nella costituzione di percorsi ad hoc (con indicazioni, cartellonistica e servizi), che da parte dei turisti. E’ in costante aumento, infatti, il flusso dei pellegrini che affrontano la Via Francigena, lo storico itinerario di fede che nel Medioevo richiamava alla tomba di Pietro milioni di persone di ogni estrazione sociale, tutte accomunate dal desiderio di pregare, di implorare una grazia o di far fede a un voto. Tutto cominciò nel lontanissimo 990 dC, quando l’arcivescovo di Canterbury, Sigerico (950 ca – 28 ottobre 994), intraprese il viaggio di ritorno da Roma. Sigerico era giunto nella Città Santa per ricevere il cosiddetto “Pallium” dalle mani del Papa Giovanni XV: dal IX secolo, infatti, era stato introdotto l’obbligo per tutti gli Arcivescovi Metropolitani di recarsi personalmente a Roma per ricevere direttamente dal Papa il palio, una semplice veste di lana decorata con una croce e che simboleggiava una vera e propria investitura. Durante il viaggio di ritorno Sigerico redasse un diario, che fortunatamente è giunto sino a noi. Nelle sue memorie l’Arcivescovo di Canterbury segnala 79 tappe nel suo itinerario da Roma verso Canterbury. La descrizione del percorso è molto precisa, insieme a ciò che riguarda i punti di sosta (le “Mansio”).



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e “Mansio” in età imperiale erano delle stazioni di sosta lungo la strada romana, gestite dal governo centrale e messe a disposizione dei dignitari, ufficiali o di chi viaggiava per ragioni di stato. L’identificazione degli ospiti avveniva grazie a documenti simili ai nostri odierni passaporti. Spesso attorno alle “Mansiones” sorsero campi militari o addirittura delle vere e proprie città. L’etimologia della parola deriva dal latino “mansus”, participio passato di “manere”, che significa fermarsi, rimanere. Il percorso indicato da Sigerico entrava in Lombardia dal paese di Robbio, passava attraverso le risaie della Lomellina, per giungere alla città di Pavia. Da qui proseguiva verso Corteolona, Santa Cristina e Bissone, Chignolo Po, ed entrava, quindi, nel Lodigiano ad Orio Litta. Nello specifico il lodigiano è la tappa numero XXXIX del percorso di Sigerico, che Egli indica a Corte Sant’Andrea, dove si specificava la possibilità del guado del Po, proseguendo sull’argine maestro del fiume, sfiorando Somaglia, Guardamiglio e passando per San Rocco al Porto, dove i pellegrini Romei attraversavano il ponte sul fiume Po in direzione Piacenza, entrando il Emilia. Appare chiara la “vocazione stradale” di questo territorio durante il Medioevo, dovuta in primis alla sua posizione geografica e grazie alla quale le città di Placentia, Mediolanum, Cremona, Laus Pompeia e Ticinum conobbero la loro fortuna.



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opo il periodo decadente dell’Alto Medioevo, dove le grandi vie di comunicazione romane persero la loro importanza gerarchica, dal secondo millennio si vide un generale rifiorire dell’economia e dei traffici, della vita sociale, tanto che la Valle Padana tornò ad essere crocevia di scambi regionali e non solo. Con un po’ di fantasia, ci si può figurare come dovevano essere le strade e le vie di comunicazione nel Medioevo europeo, dove le terre erano solcate da una fitta rete di itinerari di diversa natura, sia terrestri, che fluviali e lacustri, tanto che i porti e le stazioni marittime fungevano da punti di snodo fondamentali. Si pensi ad un intrico si strade e stradine che collegavano i centri della Fede cattolica e i Santuari collocati in ogni dove, spesso anche recuperando le ampie strade consolari romane, che erano cadute in disuso. L’ampio percorso della Via Francigena tracciata da Sigerico attraversava quindi tutta l’Italia, da Roma sino allo Stretto della Manica, e poi giungendo alla città di Canterbury. Per tutto il VIII secolo sino al XII secolo la Via Francigena è stata la maggior via di comunicazione tra Roma e il Mare del Nord. Le origini della Via Francigena risalgono all’epoca della dominazione in Italia dei Longobardi, quando le vie di comunicazione tra Roma e l’area Cisalpina erano impedite dai nemici Bizantini che controllavano l’Esacrato (la zona dell’odierna Romagna) e l’area ligure.



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er questo motivo i Longobardi ricalcarono anche gli antichi tracciati romani, crearono un passaggio tra gli Appennini, che prese il nome di Via Monte Bardone (oggi Passo della Cisa). Questo era un passaggio strategico e nevralgico, sia dal punto di vista politico che religioso: lungo il percorso sorsero abbazie regie e monasteri che offrivano ai viandanti cure e ricoveri. Dal IX secolo la strada cominciò a chiamarsi Via Francigena, dalle “Strade Francesche o Francigene o Romee” cioè “strada che proviene dal Regno dei Franchi” e “strade di grande comunicazione”. I tantissimi pellegrini e devoti che hanno attraversato queste strade si fermavano poi a Roma, proseguendo verso la Terra Santa o, in senso opposto, seguivano l’itinerario verso Santiago de Compostela. La Via Francigena fu un sistema complesso di strade e di itinerari, che influenzò enormemente la storia, le tradizioni, gli scambi e le idee dell’Europa, sino all’età moderna. Nel 1994 la Via Francigena è stata dichiarata “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” e la Segreteria Generale del Consiglio d’Europa le ha conferito la menzione di “Grande Itinerario Europeo”.



Indice 26

Orio Litta

66

Ospedaletto Lodigiano

122

Senna Lodigiana

152

Somaglia

182 196

Guardamiglio San Rocco al Porto

* Cliccate sul nome del paese per scoprire le tappe della Via Francigena Lodigiana



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a presente guida è stata suddivisa per Comuni.

Ognuno di essi viene presentato nei suoi aspetti storici, artistici e tradizionali, insieme ad un cospicuo apparato fotografico. Al termine delle presentazioni il lettore potrĂ trovare indicazioni di dove Mangiare, Bere e Dormire, con una selezione delle migliori attivitĂ del Paese cui si fa riferimento, incontrate e provate dallo Staff Mabedo.



Orio Litta I

l paese di Orio Litta si trova geograficamente a confine tra le province di Pavia e di Lodi. Orio Litta fu uno dei paesi del lodigiano tappa dei pellegrini che percorrevano la Via Francigena, diretti a Roma. La Francigena entra nel territorio Lodigiano in Località Ponte Mariotto, presso il fiume Lambro, al confine tra il Comune di Chignolo Po, ancora in provincia di Pavia, Piacenza e Milano, e Orio Litta. Dopo il ponte si svolta a destra e si percorre per un chilometro il tratto di argine del Lambro, da dove si gode la bella vista sul promontorio sul quale sorge il paese di Orio Litta. Si scende quindi al segnale e si risale nel centro storico di Orio, dove i pellegrini potranno trovare ospitalità nello storico complesso della Grangia medievale. La Francigena Lodigiana si aggancia a quella pavese dal percorso che arriva da San Colombano al Lambro: il tratto qui segue dapprima l’argine del fiume Lambro e poi le “arginelle” delle risaie, sino al primo paese, Orio Litta.



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roprio il paese di Orio Litta, di spiccata vocazione agricola (come la maggior parte dei paesi della Bassa Lodigiana), è la prima tappa del nostro percorso. Orio Litta è una sosta molto importante per il tragitto lodigiano della via Francigena, poiché proprio qui veniva data ospitalità ai pellegrini, appena prima che questi attraversassero il fiume. Secondo la documentazione sigericiana il percorso prevedeva il guado del Po a Corte Sant’Andrea (abbastanza pericoloso), mentre altri preferiscono, oggi, proseguire lungo l’argine maestro del Po, da Orio Litta, appunto, sino a San Rocco al Porto, dove il cammino pedestre si sviluppa sulla strada arginale chiusa al traffico, sicura e tranquilla. Orio Litta, di fondazione romana, una volta era chiamata “Horreum”, che significa “granaio”: era, infatti, una stazione di approvvigionamento di grano per i romani. A Orio passa la Strada Regina che congiungeva Piacenza a Pavia. Proprio lungo il tratto oriese, presso il Lambro, avvenne nel 476 dC l’ultima battaglia delle legioni romane del Generale Oreste, sconfitto dal Re degli Eruli Odoacre. Risalgono all’885 dC i documenti che attestano la donazione dell’imperatore Carlo il Grosso ai monaci Benedettini di San Pietro di Lodi Vecchio delle terre e dei beni della pianura di Orio presso il fiume Lambro. Quei beni furono poi confermati dal Re Berengario, che donò anche altre terre e ulteriori possedimenti. Nell’XI secolo gli stessi Benedettini edificarono il loro insediamento rurale nel centro del paese, sullo spalto che guarda la campagna in bassura (Horeum de subtus).



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el XV secolo il cuore agricolo del paese era incentrato attorno alla cascina San Pietro e alla Grangia Benedettina, una sorta di ostello medievale ricavato nella torre da cui si osserva la torre della seicentesca Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista. La Grangia Benedettina, risalente al X secolo, fu ristrutturata nel 2000, nell’ambito di un grande progetto per il Giubileo. Si presenta ancora con la sua compatta struttura, con la facciata che volge a sud, con trenta bifore lungo tutto il corpo centrale, che guardano la nuova cavea, anfiteatro architettonico dove i romei sostano a toccare la rosa dei venti e il logo del pellegrino nel grande rosone che indica la Via per Roma. Un tempo la Grangia era adibita a cascina, costituita da una tipica architettura rurale dal grande impianto scenico. All’interno della torre vi sono due piccole stanze, su due piani e con quattro letti, che restano ancora oggi a disposizione dei pellegrini che ripercorrono le strade della Via Francigena Lodigiana. Lungo tutta la struttura, vi è un bellissimo porticato percorribile, luogo di meditazione, di preghiera, dove si può riscoprire se stessi. Di fronte all’architettura della grangia si trova, come detto, la cavea, decorata con una nuova pavimentazione in pietra colorata, che rappresenta una rosa dei venti, all’interno della quale è raffigurato, guarda caso, un pellegrino.




Grangia Benedettina


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l sindaco, il Professor Pier Luigi Cappelletti, esperto e grande appassionato della Via Francigena sin dal 1996, fornisce un attestato di “passaggio” a tutti i pellegrini che si fermano alla Grangia e fa firmare loro l’apposito registro, il “libro d’onore”, nel quale si possono lasciare anche dei commenti: firme e pensieri dei viaggiatori che arrivano in questo storico ostello e che documentano le motivazioni e la profonda fede dei pellegrini francigeni. Qui i pellegrini arrivano da tutto il mondo: si possono trovare firme di persone che arrivano da Francia e Inghilterra, ma anche da Norvegia, Brasile, Stati Uniti e Nuova Zelanda.




Cascina Aione


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pochi passi dalla Grangia si può apprezzare la Cascina Aione, oggi sede del Municipio, un esempio encomiabile di ristrutturazione di una storica, tipica, cascina lombarda. Il territorio fu feudo dei Lampugnani dal 1375, successivamente passò nelle mani di varie famiglie, fino ad arrivare ai Cavazzi (1700), che per primi portarono a Orio un grande splendore. Struttura di grandissima rilevanza per tutto il territorio lodigiano è la Villa Litta - Carini, leggiadra mole con giardini e le caratteristiche 365 finestre e considerata la “Versailles del lodigiano”, una splendida villa di delizie. All’interno è presente anche il Museo permanente dell’Antiquariato, insieme agli splendidi giardini. La struttura presenta un’elegante pianta a “U” tipica delle ville di delizia di campagna della bassa lodigiana della seconda metà dei seicento. La villa ha un grande salone d’onore centrale, mentre sul retro vi è un curatissimo giardino alla francese, con elementi architettonici romani, e le tipiche terrazze che degradano verso il Po. La villa fu fatta edificare dalla famiglia Cavazzi della Somaglia. Per il progetto fu chiamato l’architetto Giovanni Ruggeri, probabilmente alla metà del seicento. Il Conte Antonio Cavazzi della Somaglia lasciò nel 1688 la villa alla sua morte al pronipote Paolo Dati, il quale lavorò intensamente all’ampliamento del Palazzo di Orio, trasformandola in una villa di villeggiatura, nonché luogo di incontri di personalità legate alla letteratura ed alla cultura italiana del tempo.



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n particolare si ricordi che il Dati aveva sposato in prime nozze Fulvia Visconti, dalla quale aveva avuto molti figli; la penultima delle sei figlie sposò il conte Gabriele Verri: dalla loro unione nascerà Pietro Verri, illuminista e uomo di grande cultura, che aggregò a sè un folto gruppo di intellettuali e fondò la rivista Il Caffè. Nel 1739 il conte Paolo Dati morì e lasciò la villa al figlio, Gio Batta Antonio Somaglia. Il decennio 1739 – 1749 fu quello di maggiore attività edilizia della villa, che in quegli anni acquisì l’aspetto simile a quello attuale che possiamo apprezzare. Proprio la data 1749 è impressa sul cosiddetto “Dio del Tempo” o “Angelo della morte”, posto sulla sommità della villa e che rappresenta la figura di un uomo che tiene tra le mani una falce e una campana: questi, collegati al meccanismo dell’orologio sottostante, battevano le ore (da qui il nome “Dio del Tempo”). Il nome “Angelo della morte” deriva invece dal fatto che la campana suonava anche nei momenti di calamità naturale: incendi, invasioni di truppe nemiche e carestie. Guardando la facciata della villa, si nota che è circondata da una splendida cancellata decorata, ai lati della quale si ergono due corpi di fabbrica uguali e speculari: a destra era l’edificio del corpo di guardia, mentre l’altro era la cappella privata della famiglia.




Villa Litta - Carini


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el complesso, nella parte dedicata ai servizi, vi erano cucine, lavanderie, granai, deposito del carbone, macelleria, ghiacciaia, cantine, agrumaie, magazzini per la frutta, orti e vigne. Gli appartamenti del proprietario prevedevano il salone delle feste, il teatro, la sala da biliardo, l’oratorio e altri molti saloni. Il giardino retrostante è ciò che oggi rimane dell’immenso giardino all’italiana che si estendeva dalla villa sino al Po: una distesa immensa di giardino, successivamente smantellato e adibito a campagna, che si perdeva nell’orizzonte. Nel giardino curatissimo si può ancora apprezzare un ninfeo in pietra con decorazioni originali a mosaico nella struttura a scalea e i terrazzamenti degradanti. Le due braccia formano con il dislivello una grotta sottostante, tipica delle ville romane coeve, terminanti con un ninfeo. L’architettura della villa, infatti sfrutta la meglio i dislivelli naturali attraverso la creazione di piani a terrazze sovrapposti, sostenute da muraglioni, una volta sostenuti da agrumeti e decorati a giardini (oggi è tutta campagna). Nel settecento, esisteva una strada che dalla villa percorreva in linea retta tutta la campagna sino al Po, dove c’era un attracco di barche, esclusivo a servizio della villa. Il palazzo rimase proprietà dei Dati-Somaglia sino al 1824, quando gli ingenti debiti costrinsero i conti a vendere l’intero palazzo, terre comprese.



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llora fu venduta all’inglese Sir Richard Holt, il quale non acquistò di certo la villa per questioni di fama, ma bensì per costituirvi un filatoio e quattro filande nel giro di vent’anni. Ma l’inglese non aveva fatto bene i conti, evidentemente, e presto si trovò oberato di debiti. La Villa passò ancora ad un nuovo proprietario e, stavolta, toccò nientemeno al Conte Giulio Litta Visconti Arese, nel 1852. La famiglia Litta riportò la villa al suo splendore, grazie a molti interventi di restauro e alla continua presenza di una corte di personaggi illustri e intellettuali di spicco dell’epoca. Nel 1891, però, la famiglia Litta vide il suo declino: le spese ingenti, il depauperamento del patrimonio dovuto ai finanziamenti continui dei giovani rampolli della famiglia a favore della causa risorgimentale, insieme agli sperperi del conte Pompeo durante il suo viaggio in America, costrinsero i Litta a privarsi della villa. Questa, da allora, passò di mano in mano, spesso venendo utilizzata in modi non del tutto consoni alla struttura (fu usata come magazzino, ricovero di bestiame e, ancora, come filanda durante la proprietà di Federico Colombo negli anni trenta), finché, negli anni settanta, fu acquisita dal Conte Oreste Carini. Da allora, fortunatamente, i Carini, famiglia di antiquari originari di Piacenza, iniziarono un processo di recupero e di ristrutturazione della villa, grazie al quale oggi la possiamo vedere ancora in tutta la sua bellezza.



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a villa è oggi visitabile previa prenotazione (Dott.ssa Elisabetta Carini, 0377 944591./ 339 4396148 - info@villalitta.it - www.villalitta.it ): l’interno presenta al piano terra una serie di stanza riccamente decorate con stucchi e affreschi del Maggi e una serie di preziosi arredi d’antiquariato e quelle dedicate ai servizi. Al piano superiore, che si raggiunge salendo un bellissimo scalone d’onore in marmo rosa e nero, ci si ritrova nel magnifico salone delle feste, dal quale si passa alla parte dedicata al museo.




Villa Litta - Carini


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o storico Caseificio Zucchelli prende il nome dal fondatore, Ambrogio Zucchelli (1889-1948) che con la moglie Rosa Dede’ e i figli Giovanni e Lucia si trasferirono nei primi anni Quaranta alla Cascina Marmorina di Orio Litta, ancora oggi sede del caseificio. L’Azienda conosce dagli anni Ottanta una decisiva fase di espansione, sino alle dimensioni attuali. Fortemente radicata, sia geograficamente che culturalmente nel territorio lodigiano, l’azienda coniuga la tradizione (Medievale, in queste terre) della produzione casearia locale e le moderne tecnologie. La provenienza del latte qui lavorato è fortemente legata al territorio, tanto che gli allevamenti della filiera Zucchelli si trovano in un raggio di soli 8 chilometri dal caseificio. La stretta relazione territoriale con la materia prima è una condizione fondamentale per la produzione di formaggi a latte crudo; l’origine e la qualità del latte caratterizzano in modo predominante il prodotto finale. Immancabile qui la raspadüra, un formaggio grana, con 6 mesi di stagionatura, presentato in sottilissime sfoglie raschiate con un particolare coltello. Fiore all’occhiello dell’azienda Zucchelli è senza dubbio la bella ed elegante zona degustazione, dove è possibile assaggiare i prodotti tipici di produzione propria, salumi e formaggi in primis, ma dove si trova anche una vasta scelta di gustosi prodotti regionali provenienti da tutta Italia. Nella bella sala con una ventina di posti si possono gustare ottimi cibi genuini e vini tradizionali, in un’atmosfera rilassata e conviviale. Caseificio Zucchelli S.p.a.

Cascina Marmorina 26863 Orio Litta - Lodi Telefono: 0377 804232 Fax: 0377 804021 E-mail: info@caseificiozucchelli.com www.caseificiozucchelli.com





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ll’interno delle belle terre coltivate di Orio Litta l’Oasi Venere si propone come un luogo tranquillo, riposante, dove riprendersi dallo stress della vita contemporanea. Inserito nel verde parco che circonda la struttura, dove ci si può addentrare per una passeggiata a contatto con la natura del luogo, l’Oasi Venere è una vera e propria “oasi” di pace, un ambiente ampio e piacevole, per trascorrere rilassanti momenti in compagnia di amici, in coppia o da soli. La grande struttura si divide in più parti, ognuna dedicata ad una particolare attività, per ogni età, necessità e desiderio. Bellissima è l’ampia sezione dedicata allo sport, che mette a disposizione un grande campo da calcio, tennis e pallavolo, ma il vero cuore del centro è la piscina. Questa si trova su un terrazzamento con una bella vista sulla collinetta sottostante e sul parco. Di sera è completamente illuminata: il posto ideale per feste estive in piscina, all’insegna della movida e del divertimento. La piscina resta aperta normalmente fino a metà settembre, quando ancora si può godere delle tiepide giornate e delle serate di fine estate. Accanto si trova un chiosco caratteristico in legno per cocktails e aperitivi...per trascorrere spensierate notti in compagnia a suon di musica! Ambrogio, il proprietario del centro, è sempre disponibile ad accordarsi per le singole necessità dei clienti ed è possibile affittare lo spazio della piscina anche per feste private. Ambrogio e Giovanni vi aspettano per organizzare feste private ed eventi, in questa location davvero suggestiva! Non mancano spazi dedicati ai bambini e alle attività dei più piccoli, come la piccola piscina, adiacente a quella per gli adulti.



Oasi Venere



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l centro ha inoltre un bar, con servizio di tavola fredda, un momento di svago e uno spuntino tra le varie attività. Accanto sorge invece il ricchissimo e moderno centro benessere, gestito dalla moglie di Ambrogio, Ivana, dove ci si può far coccolare dall’esperto personale con tantissimi trattamenti di bellezza, tra solarium e massaggi, chiudendo i contatti con la vita frenetica e trovando il meritato riposo (la stanza relax con idromassaggio e bagno turco è davvero un sogno!). Il centro benessere è particolarmente attrezzato, con macchinari per la cura estetica all’avanguardia e si sviluppa in uno spazio molto grande e accogliente. Di recentissima costruzione, è la parte dedicata alla pesca sportiva: all’interno del parco vi sono due grandi laghetti per gli appassionati. Ambrogio e il suo staff vi aspettano anche per serate in musica, raduni e feste organizzate dall’Oasi Venere! Oasi Venere

Loc. Venere 26863 Orio Litta - Lodi Telefono: 0377 944 696 E-mail: oasi.venere@libero.it www.oasivenere.it



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l Ristorante Pizzeria Maiori è ubicato nella zona industriale, a Orio Litta. Forse a qualcuno l’impatto esterno lascerà un po’ a desiderare, ma una volta entrati ci si ricrederà. All’interno il locale sembra un antico cascinale coperto da volte alla vecchia foggia, tutto rivestito con mattoni. Il soffitto è in parte coperto anche da lunghe travi in legno ricreando un ambiente molto accogliente e caldo. Verrete accolti dai due giovani gestori della pizzeria, i simpaticissimi fratelli Simone e Manuel e dall’efficientissimo personale di sala, sempre molto gentile, preparato e disponibile. La proposta culinaria prevede le pizze, che qui ovviamente non potevano mancare e che vengono proposte accostate con una miriade di gustosi ingredienti! Le radici partenopee dell’attività, infatti, sono insite già nel suo nome: Maiori, una località appartenente alla Costiera Amalfitana. Proprio per la loro propensione per la cucina mediterranea, il locale è molto conosciuto anche per le specialità di pesce. Oltre ad una serie di piatti che troverete sempre, ogni settimana lo chef propone antipasti, primi e secondi diversi da quelli scritti sul menù. Sarà il cameriere stesso a proporle. Gli affezionati, ormai, seguono il rituale: entrano, si siedono e lasciano fare alla fantasia giornaliera dello chef. Nato nel 2009 il locale sta riscuotendo un gran successo. E’ dotato di un ampio parcheggio e una grande sala con 200 coperti. L’aspetto carino del locale è che, grazie all’affabilità dei proprietari e del personale, da sempre l’impressione di sentirsi come a casa. Pizzeria Maiori

Via Cascina Marmora 26863 Orio Litta - Lodi Telefono: 0377 804210



Ristorante Pizzeria Maiori



Ospedaletto Lodigiano U

sciti da Orio Litta si prende la Strada Provinciale. In auto si può continuare lungo la provinciale, mentre per chi si muove in bici o a piedi, si svolta a sinistra e ci si trova lungo un tratto non asfaltato, che porta al Ponte sulla Roggia Venere, dopo il quale ci si dirige verso la prossima tappa del nostro percorso, Ospedaletto Lodigiano. Ospedaletto vanta una fondazione romana e successive dominazioni dei suoi territori da parte dei Liguri, Etruschi e Galli, che lasciarono tracce del loro passaggio. Dopo la completa conquista romana nel 222 aC, in prossimità della cascina Braglia di Senna Lodigiana, sorse l’antica stazione cosiddetta “ad rotas”, luogo di sosta e di rifornimento per i viandanti, con tanto di stalla e spazi per rifocillarsi. La stazione sorse nel luogo dove si incrociavano le strade romane che portavano a Lodi, Milano, Pavia e Piacenza.



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a caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476 dC, segnò il decadimento dei traffici e l’affievolirsi dello sviluppo di piccoli insediamenti. A seguito delle invasioni barbariche, delle catastrofi sismiche attestate, alluvioni e inondazioni, il piccolo centro scomparve. Dopo queste distruzioni col tempo molte persone presero ad aggregarsi attorno a piccoli villaggi già esistenti: probabilmente lo stesso vicino villaggio di Senna Lodigiana sorse in questo modo, al quale sono storicamente legate anche le sorti di Ospedaletto Lodigiano. Quando Senna divenne, per volontà di Carlo Magno, Corte Regia, il paese venne dotato di un piccolo Ospedale, una sorta di ostello che accoglieva i pellegrini e i viaggiatori che attraversavano la Via Romea: un “ospedaletto”, che dipendeva dalla “plebania” sennese di Santa Maria di Galilea documentata nel 1144 e il 1152. Sappiamo che, accanto all’ospizio, era situato un piccolo santuario retto dai monaci benedettini. Col tempo l’ospedale si ingrandì sempre più, arricchendosi anche grazie alle ingenti donazioni dei Conti Palatini di Lodi e dei Visconti di Milano. Il piccolo centro si sviluppò a tal punto, che col tempo divenne un vero e proprio monastero, con tanto di tenuta agricola annessa, sino a quando terre e beni vennero consegnati in commenda a Lupo d’Olmeto, generale dei Gerolomini, nel 1433. Il Monastero e il grande complesso dei Gerolomini è ancora visibile tutt’oggi, in parte privato.




Arco della Pace


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opo aver attraversato l’Arco della Pace, si accede al cortile della Chiesa Abbaziale dei Santi Pietro e Paolo. Secondo la tradizione l’arco ha una duplice storia: c’è chi sostiene che nel 1804 il francese Chevilly lo avesse fatto costruire in prossimità della chiesa parrocchiale dedicandolo a Napoleone, quasi, sembrerebbe, per voler ripagare gli abitanti di Ospedaletto delle continue ruberie del generale francese. Altri, invece, ritengono che l’arco, che oggi è, però, dedicato ai caduti della Seconda Guerra Mondiale, sia ciò che resta dell’antico accesso principale del Monastero. Il Monastero nacque come Hospitale altomedievale, un’importante struttura di ricovero per i bisognosi, per tutti i secoli XII, XIII e XIV. Nel XV secolo la struttura diventò Monastero e successivamente, tra il XVI e il XIX secolo acquisì sempre più importanza grazie alle corpose donazioni delle diverse Congregazioni laiche gli Ordini Monastici, gli Ordini Militari Cavallereschi e il Clero regolare che nel tempo si avvicendarono sul territorio. La prima documentazione che attesta l’esistenza del complesso risale al 1152, in cui si parla della presenza presso l’Hospitale di 12 frati guidati da Otto Camola, che aveva il titolo di “Minister”. Il Monastero passò all’Ordine spagnolo dei Gerolomini solo molto più tardi, attorno al quarto decennio del XV secolo. L’ordine era nato in Spagna dall’aggregazione di alcuni terziari francescani di Tommasuccio da Siena, riconosciuti da Gregorio XI nel 1374 sotto la giurisdizione del Monastero centrale di San Bartolomeo di Lupiana, Diocesi di Toledo, secondo la regola agostiniana.



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er quanto concerne l’arrivo dei Gerolomini al Monastero di Ospedaletto, non si hanno notizie chiare, ma si suppone che dopo centoventi anni dei quali non si hanno documenti sulla sua storia, esso versasse in pessime condizioni. Solo nel 1455 Papa Callisto III autorizzò la costruzione ex novo della chiesa, del monastero e del cimitero, che avvenne tra il 1460 e il 1470. La comunità abbaziale assunse sempre più importanza grazie alle immunità concesse nel 1462 da Bianca Maria Visconti e alla generosa donazione dei Conti Balbi nel 1516, vincolata all’edificazione della chiesa. Quando il re Filippo III unì alla Congregazione di Spagna i conventi dell’ordine, il priore di Ospedaletto assunse la carica di priore generale dell’ordine e l’abbazia lodigiana visse il periodo di massimo splendore. Quello fu un’epoca di grandi opere di recupero e bonifica del territorio che favorirono l’agricoltura in tutta la tenuta gerolomina, coinvolgendo i frati nelle attività anche nei paesi limitrofi. La parte del Monastero che ancora sopravvive si trova a fianco della chiesa e oggi è di proprietà privata. Si può ancora apprezzare lo splendido chiostro trecentesco finemente decorato, così come gli interni affrescati. A richiesta è possibile affittare questo magico luogo per cerimonie e matrimoni (per informazioni: 0377.864929).



Monastero



Monastero



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a chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo così come ci appare oggi venne edificata per volere dei Conti Balbi, che allora detenevano la proprietà del complesso monastico e che decisero di donare l’ospedale e tutti i beni connessi ai Gerolomini. I nuovi proprietari avevano l’obbligo di tenervi un Priore con dodici monaci e di sostentarvi venti gentiluomini poveri della famigli Balbi, se vi fossero, con ulteriore obbligo di risiedere nel monastero. Ad oggi, seppur non in ottime condizioni, rimangono diverse parti del monastero sopravvissute alla Storia; una delle parti più interessanti è di certo la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, uno scrigno di opere d’arte risalenti alla seconda metà del Cinquecento...una vera meraviglia! La chiesa consacrata solennemente nel 1599, venne decorata in modo sfarzoso sul modello figurativo di San Sigismondo, a Cremona. L’edificio presenta una bella facciata a capanna, con al centro una finestra a serliana, chiusa ai lati da due grossi pilastri con un’alta cornice in cotto decorata da archetti e sormontata da cuspidi. Nella parte inferiore alla facciata è stato addossato un portico costituito da tre archi voltati a crociera; gli archi sono sorretti da esili pilastri che reggono un’elegante balconata, settecentesca. Il portico esterno, sotto gli archi, è decorato ad affreschi, restaurati nel 1897, con la tecnica del trompe l’oeil. La croce sulla facciata presenta dei particolari inserti in ceramica che ricordano delle scodelle, le quali simboleggiano l’accoglienza della Chiesa, che ad ogni viandante non avrebbe mai negato una scodella di minestra calda.




Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo


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ul lato sinistro si innalza il campanile cinquecentesco terminante con la caratteristica cuspide. Dell’antico convento resta oggi una parte del chiostro con tracce di affreschi e l’abitazione dell’abate. La chiesa internamente ha una pianta rettangolare coperta da volta a botte e cappelle laterali, tre per lato comunicanti tra loro. L’elemento distintivo dell’edificio è di certo la sua decorazione: vi sono conservate eccellenti opere del Giampietrino come il trittico, ora smembrato datato 1520 con i Santi Pietro e Paolo, collocate lateralmente sulle pareti del presbiterio. Di particolare pregio è anche “Madonna con Bambino e Santi”, inserita in una cornice dorata di gusto barocco e sistemata tra il presbiterio e il coro: le chiare influenze leonardesche dello stile simboleggiano la ricezione e la diffusione leonardesca da parte dell’artista. E’ presente, inoltre, un bellissimo coro ligneo intagliato risalente al XVI secolo, con scene riprese dalle Storie della vita di San Gerolamo. La seconda cappella di sinistra custodisce una “SS. Cecilia e Caterina” del 1598, opera di Andrea Mainardi, detto il Chiaveghino, dall’assetto elegante e dalle figure delle due Sante allungate e tornite, che rappresentano il tipico manierismo cremonese.



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empre sulla sinistra la terza cappella si trova un pregevole “SS. Agostino e Gerolamo” (1599) del pittore Luca Cattapane, dal prezioso gusto naturalistico; dello stesso autore anche una tavola con “Sant’Agostino e Gesù”. Cattapane realizzò tutti i riquadri ad affresco delle cappelle che uniscono elementi manieristici e sperimentazioni realistiche. Sia il Mainardi che il Cattapane riprendono nella composizione delle loro opere quelle di Bernardino Campi realizzati, appunto, a San Sigismondo a Cremona. Di rilevanza artistica è anche la Cappella della Madonna del Rosario decorata nel XVIII secolo dal cremonese Giuseppe Natali, con due begli affreschi del “Battesimo di Gesù Cristo” e una “Madonna tra i Santi”. La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo rappresenta una pagina fondamentale per la storia dell’arte pittorica e architettonica lodigiana, davvero da non perdere!




Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo



Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo



Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo



Chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo


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oco distante dal Monastero, costeggiando la strada e svoltando sulla sinistra, si segue una stradina sterrata e si giunge al piccolo Santuario della Madonna del Fontanone, che fa parte del percorso provinciale “Sulle orme dei pellegrini”, un percorso ciclabile, detto non a caso la “Ciclabile del Fontanone”, che parte da Orio Litta e prosegue per Senna Lodigiana e Corte Sant’Andrea, per tornare poi a Orio. Il piccolo santuario sorge proprio lungo la strada: si tratta di una piccola chiesetta preceduta da un protiro coperto da una volta a crociera. Sotto è stata costituita una vasca, da cui l’appellativo de “il Fontanone”, da cui sgorga l’acqua. La vasca è abitata da pesci ed è simbolo di ristoro per tutti i pellegrini, pedestri o bikers, che giungono al sanutario. L’interno è ad aula unica rettangolare, coperta da una volta a padiglione a sesto ribassato. Il presbiterio è a sua volta coperto da una volta a vela quadrata affrescata. Sopra l’altare si può apprezzare l’effige che rappresenta la madonna cui la chiesa è dedicata.



Santuario della Madonna del Fontanone



Santuario della Madonna del Fontanone



Santuario della Madonna del Fontanone



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Affittacamere Trattoria del Cristo è un’antichissima Locanda ubicata lungo la Via Francigena, in Ospedaletto Lodigiano, a pochi chilometri da Lodi, a sud di Milano. La struttura ha una rilevanza storica importante, soprattutto per chi ripercorre le antiche strade, i traffici lenti, che passavano proprio da Ospedaletto. La struttura fu costruita sullo scorcio del ‘600 dai Frati Gerolomini come oratorio e cappella con l’appellativo “del Cristo”,. che resta ancora oggi. Il 3 Maggio di ogni anno il popolo si portava in processione in questa cappella per festeggiare la Festa dell’Invenzione della S. Croce, rendendo il luogo il centro di una piccola festa campestre. La locanda, oltre a disporre di un ampio parcheggio, sorvegliato ma non recintato, è ben posizionata sulla strada provinciale 234. Collocata nei pressi dell’uscita autostradale Casalpusterlengo lungo la A1 MI-BO, è ben servita dal servizio di autobus che la collega alle città di Lodi, Milano, Piacenza, e ai paesi limitrofi. Oltre alla fermata dell’autobus di fronte all’Affittacamere si trova la stazione ferroviaria che la collega a Pavia e Cremona. L’Affittacamere dista 18 km da Lodi, 22 km da Piacenza, 32 km da Pavia e 45 km da Milano. Insomma, la sua posizione strategica la rende ottimale per chiunque voglia scoprire il lodigiano, da turista o da lavoratore: da qui sono facilmente raggiungibili e visitabili, oltre ad Ospedaletto e il suo grande complesso abbaziale dei Padri Gerolomini, Livrava e il suo museo contadino, Somaglia e Fobio con i loro bellissimi castelli e i centri di Casaplpusterlengo e Codogno. Oggi la Padrona di Casa è la Sig.ra Sabrina, solare e simpatica, che accoglie i suoi ospiti in questo ambiente molto semplice e familiare, ma con l’esperienza che le deriva da anni di professione nel campo dell’accoglienza.



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abrina ha, infatti, lavorato per molti anni come direttrice d’albergo alle Bahamas! Sabrina ha scelto di ospitare i clienti in una struttura che lei considera “una Seconda Casa”: chi sceglie di pernottare al Cristo, lo fa per sentirsi come a casa. Qui la pulizia è attenta e curata, i servizi offerti sono essenziali senza la ricerca dell’eleganza, ma della funzionalità. Dispone di sei camere tutte completamente arredate con mobili semplici, alcuni anche “vintage”, con il bagno privato e doccia; ogni camera è dotata di rete wireless e di un ventilatore a pale. L’ambiente è molto familiare, al fine di rendere confortevole il soggiorno consigliato a clienti non esigenti. All’interno della struttura vi è anche la Trattoria dove, dal lunedì al venerdì, lo Chef Gaspare prepara piatti di ottima qualità, sia a pranzo che a cena, rispettando un menù tipico stagionale. Nella sala della trattoria i clienti della locanda possono gustare dolcissime colazioni, scegliendo tra una vastissima varietà di prodotti di pasticceria. All’interno del bar-tabacchi si serve la colazione anche per i “golosi” di passaggio, a partire dalle 04.00 del mattino. Per tutti coloro che sceglieranno di pernottare nell’Affittacamere, sarà offerta la possibilità di prenotare presso il Centro Benessere Oasi Venere (a Orio Litta) dei trattamenti estetici usufruendo di uno sconto particolare e, sempre lì, di accedere ai laghetti e praticare lo sport ittico. Per gli amanti dell’equitazione si offre la possibilità di accedere al Centro di Equitazione ubicato nei pressi della locanda del Cristo; poca distanza si può trovare, infine, una pista per gokart, per automobili e per motocross. Sabrina vi aspetta! Affittacamere Trattoria del Cristo Via del Cristo 40 Ospedaletto Lodigiano 26864 - Lodi Telefono: 346 6907832



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toria e tradizione, gusto e territorialità. Queste sono le parole che meglio descrivono l’essenza dell’attività del signor Fabrizio Tasca. Il signor Fabrizio è nel campo della ristorazione da quando, ancora bambino, preparava le colazioni in un vecchio bar di Ospedaletto. Dopo anni di esperienza vissuti tra Milano e il Lodigiano, ventidue anni fa ha aperto questa graziosa trattoria nel centro del paese di Ospedaletto, nello stabile che ancora oggi appartiene alla Cooperativa del paese, e da cui deriva il nome. Prima cameriere, poi amministratore della cooperativa, oggi Fabrizio ne è diventato gestore. Il suo locale è bar, trattoria e pizzeria (anche d’asporto). Lo aiutano i due figli, Giampiera e Davide, che ha studiato presso la scuola alberghiera e che si occupa principalmente della preparazione delle pizze. Il vero protagonista della cucina è, però, il signor Fabrizio, certo che la sua cucina casalinga, sempre aggiornata a seconda dei prodotti stagionali del territorio, sia la migliore.



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i invitiamo ad assaggiare gli ottimi piatti di pesce della trattoria, in particolare la grigliata e la frittura mista di pesce, i gustosissimi antipasti caldi e freddi di pesce; tra le carni, in particolare durante il periodo autunnale e invernale, si possono trovare lepri e selvaggina in generale. La trattoria Coop è una delle aziende storiche e più radicate sul territorio, conosciuta da tutte le persone della zona, che spesso trascorrono piacevoli serate gustando piatti genuini, in un’atmosfera calda casalinga, ideale per le famiglie e per i gruppi di amici. La sala del ristorante viene anche normalmente usata per banchetti, cerimonie e raduni sportivi. Dobbiamo precisare, infatti, che il signor Fabrizio è anche presidente della Polisportiva di Ospedaletto, la Nuova ASD Ospedaletto, che si prodiga nell’organizzazione e nella gestione delle attività della squadra di calcio locale. Bar Trattoria Coop

Via Baldi, 67 Ospedaletto Lodigiano 26 26864 - Lodi Telefono: 0377 864176 - 0377 401096



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ella piccola cittadina di Ospedaletto Lodigiano, centro agricolo di origine Medievale a pochi chilometri da Lodi, sorge il Dea Cafè gestito dai simpaticissimi titolari Carla e Davide. Il bar, sin dal mattino presto, vizia i suoi affezionati clienti in ogni ora della giornata. I proprietari alzano la saracinesca all’alba e alle sei del mattino danno il buongiorno a tutti quei lavoratori di passaggio che non vogliono rinunciare ad un buon inizio di giornata con un ottimo caffè e fragranti brioches freschissime ed appena sfornate. V e r s o le otto e trenta e’ il turno delle mamme che, dopo aver accompagnato i pargoli a scuola, si concedono una dolce pausa facendo due chiacchiere tra di loro davanti ad un caldo cappuccino straripante di soffice schiuma. Oltre alle brioches, il Dea Cafè propone alla clientela delicati pasticcini e donats con glassa di cioccolato al latte, glassa bianca e classiche con granella di zucchero.



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abedo consiglia inoltre una pausa pranzo presso il locale per assaporare i panini con salumi affettati al momento, invitanti pizzette e focaccine e sfiziose piadine. Il pomeriggio è il momento dei bambini che, dopo le fatiche scolastiche, si precipitano al Dea Cafè per fare un’abbondante e golosa merenda. Nella stagione fredda, gettonatissime sono le cioccolate con panna fresca e il classico tè accompagnato da golosi pasticcini. Durante l’ora dell’aperitivo, invece, il Dea Cafè prepara raffinati stuzzichini da accompagnare a drink alcolici e analcolici; è l’ora ideale per incontrare gli amici davanti ad un buon bicchiere di vino. In estate il Dea Cafè offre uno spazio all’aperto incorniciato da un giardino curato; in questa occasione i gelati la fanno da padrone. Il Dea Cafè propone anche la possibilità di acquistare articoli regalo: cioccolatini finissimi, golose caramelle e ottimi biscotti olandesi. Mabedo segnala le squisitezze della domenica mattina: pasticcini freschi che allieteranno il vostro pranzo festivo. Un bar ideale, insomma, per ogni momento della vostra giornata!

Dea Cafè

Via Cesare Balbi, 38 Ospedaletto Lodigiano 26864 - Lodi Telefono: 338 9544025









Senna Lodigiana L’

antica “Curtis Sinna” d’epoca carolingia, fu antico insediamento gallico e venne colonizzata dai romani nel 222 aC; ricoprì un ruolo molto importante durante il Medioevo, grazie alla sua posizione di vicinanza con il tratto inferiore del Lambro. Senna ad oggi vede circa 2000 abitanti; prese il suo nome attuale nel 1863. Nel 1869, invece, a Senna Lodigiana vennero aggregati Corte Sant’Andrea e Mirabello. Da Senna dipendono, infatti, diverse frazioni: Mirabello, Cascina Castellario, Corte Sant’Andrea, Guzzafame e Malpaga. Prima di giungere a Senna si attraversano distese di campi e una serie di cascine e agglomerati tutti intorno. Oggi come nel Medioevo l’economia è basata sull’agricoltura, sebbene il piccolo paese abbia subito un timido sviluppo negli ultimi anni nel tessuto industriale. Il territorio comunale, così come tutto il territorio limitrofo, ha un profilo regolare, dall’urbanistica razionale.



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utto immerso nella campagna lodigiana, il territorio è attraversato dalla Roggia Rosarola e Roggia Senna. Il paese di Senna Lodigiana si trova a sinistra rispetto al Lambro e al Po, che ne segue il confine, tra i paesi di Orio Litta, Ospedaletto Lodigiano e Calendiasco (già nel Piacentino). Sull’attuale territorio comunale sorgeva un tempo l’antica “Quadrata Padana”, una cittadina menzionata nel III secolo nella mappa della “Tabula Peutingeriana”. Senna fu citata per la prima volta come Corte Regia dell’impero carolingio. Ebbe grande importanza come porto fluviale lungo l’antico corso del Po e per trovarsi anche vicino al Lambro, importantissima via di comunicazione per i collegamenti con Milano. Durante il Duecento Senna fu contesa tra Milano, Lodi e Piacenza, seguendo le vicessitudini del Barbarossa. In questo periodo fu proprietà dei capitani di Cuzigo: in questo momento storico Senna perse marte della sua importanza per la sua posizione geografica perché era stato modificato il corso del fiume. Sembra accertato che l’avvicinamento della foce del Lambro tra Senna e Corte Sant’Andrea avvenne nel periodo tra il 1190 e il 1230.



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espressione “in curte sinna” viene espressa negli atti del Re d’Italia Berengario I del X secolo: ciò fa supporre che sul territorio si ergesse un maniero di grandi dimensioni. Seguirono, poi, le sorti della vicina Somaglia, conoscendo la dominazione dei Cavazzi. Fu successivamente soggetta ai Carmagnola e a Niccolò Piccinino. Nel XVII secolo fu colpita dalla peste, seguita dall’invasione dei lupi scesi dall’Appennino piacentino, scesi attraverso il letto ghiacciato del Po: un periodo assai complesso, cui seguirono anche le invasioni dell’esercito austro-russo della guerra contro Napoleone. A Senna Lodigiana si può visitare la bella Chiesa di Santa Maria in Galilea, con uno splendido chiostro quattrocentesco e rifatta tre secoli più tardi. La bella facciata in mattoni è tripartita verticalmente e il timpano ha graziose cornici a dentelli, sormontato da due cuspidi e due laterali. L’ordine inferiore è composto da un unico portale con cornice e gettante su mensoline. Ai lati vi sono due coppie di semicolonne e una specchiatura a livello ribassato. Sopra il portale d’ingresso è presente un bel rosone e due più piccoli ai lati, che sormontano le due entrate laterali.



Chiesa di Santa Maria in Galilea



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interno l’edificio religioso appare a navata unica, con due cappelle laterali e una breve abside curvilinea. Troviamo qui alcune tele di pregio seicentesche e un affresco del cinquecento. E’ presente, inoltre, un grande quadro posto nell’abside che rappresenta la Madonna con Sant’Ambrogio, San Francesco e Santa Marta, opera di Camillo Antonio Landriani detto “il Duchino”. Degno di nota è il campanile, coevo, privo di cuspide. Sempre a Senna Lodigiana troviamo la Cappella della Madonna del Caravaggio, di fine XVIII secolo. Si tratta di una tipica architettura rurale di proprietà privata, a pianta rettangolare.



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Corte Sant’Andrea si trova la confluenza del Lambro nel Po. Anche questa località si trova lungo la direttrice della Via Francigena, che Sigerico percorse: nel suo itinerario l’arcivescovo di Canterbury lo nominava come “Sce Andrea”. In questa località vi era il “transitum padi”: qui i pellegrini, sin dall’epoca di Sigerico, aspettavano il traghetto per attraversare il Po. Sigerico la indica come XXXIX tappa del suo percorso. E’ giunto sino a noi un importante documento del 1237 che testimonia l’importanza del guado, dove si dice che Milano cedette alla città di Lodi i terreni perché vi fossero edificati un ponte, un ricovero per i pellegrini, un fossato di difesa e una strada nuova per Lodi. Sulla sponda del fiume si può ammirare la famosa stele in mattoni posizionata lungo la via d’accesso per ricordare il passaggio dell’Arcivescovo Sigerico. Poco più avanti si nota il punto di approdo per l’attraversamento del fiume in barca, possibile ancora oggi tramite privati (da poco la navigazione è possibile grazie all’Associazione privata San Michele, per info e prenotazioni 02.92273118). Dell’antica Corte che Carlo Magno donò al Monastero di Santa Cristina, ad oggi possiamo ammirare un piccolo borgo agricolo cui si accede da un arco trionfale eretto nel 1782, in occasione del matrimonio tra Anna Ricciarda d’Este e Alberico di Belgioioso, dove appaiono, appunto, i rilievi degli stemmi delle due casate nobiliari.



Arco Corte Sant’Andrea





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ra i feudatari di Corte Sant’Andrea figurano i Trivulzio, gli Este e i Belgioioso. Qui troviamo anche i resti di “Quadrata Padana”, ritrovati a seguito degli ultimi scavi archeologici. A Corte Sant’Andrea scopriamo la Chiesa dedicata al Santo omonimo, seicentesca, con un grazioso protiro che decora l’entrata; segnaliamo che nella canonica della chiesa è ospitato un Museo dei reperti fossili.



Stele a Corte Sant’Andrea




Guado del Po


Fiume Po



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Mirabello, una delle frazioni di Senna Lodigiana, invece, si trova la Chiesa di San Bernardino, che mostra delle innovative soluzioni architettoniche e un grande affresco che ne decora la volta. L’imponente edificio costruito nel 1952 domina il piccolo agglomerato agricolo, poche case e qualche cascina. La frazione si presenta come un piccolo borgo agricolo di antica origine. Durante la dominazione napoleonica (1809-1816) fu frazione di Somaglia, prima di passare a Senna Lodigiana. La sua caratteristica particolare di questo edificio sacro progettato dal Gozzi sono gli oltre 1000 metri quadrati di affreschi realizzati dal pittore lodigiano contemporaneo Felice Vanelli, realizzati tra il 1980-1984. Gli affreschi si sviluppano su tutta la navata, il transetto, la cupola e l’abside, secondo un ciclo che ha per tema l’umanità che anela alla vita eterna.



Chiesa di San Bernardino



Chiesa di San Bernardino



Somaglia I

l paese di Somaglia non era vera e propria tappa del percorso sigericiano, ma riteniamo che, per chi viene a visitare le terre attraversate dall’Arcivescovo, sia in ogni caso un luogo particolarmente interessante per il turista. La Via Francigena lodigiana, infatti sfiora Somaglia e Guardamiglio, due paesi di particolare rilevanza storico-artistica. Somaglia, di fondazione romana, è il nuovo nome della vecchia “Roncaglia”, luogo delle “diete” dell’imperatore Federico Barbarossa: la prima convocata nel 1154, l’altra quattro anni dopo nel 1158 proprio a Roncaglia, con l’obiettivo di rivendicare la supremazia del potere imperiale. Ancora oggi il paese rivive i tempi degli antichi splendori delle “diete” attraverso suggestive rievocazioni storiche. Somaglia accoglie due importanti testimonianze, quali la Chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Maria di Monte Oldrato e il Castello.



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a chiesa attuale fu eretta nel 1769 su disegno dell’architetto Giulio Galeri di Milano e consacrata nel 1773. L’esterno è decorato da un pronao classico. La chiesa ha una pianta quadrata, con due cappelle laterali, un ampio presbiterio e un’abside a emiciclo. La cappella di sinistra accoglie la “Madonna del Rosario”, una statua lignea settecentesca; di particolare rilevanza è anche l’ancona in legno intagliato con cariatidi e colonne posto sopra il coro, nella cui nicchia si trova la statua in legno dorato con la Vegine Assunta del XVII secolo. La chiesa contiene anche due preziosissime tele, dalla storia lunga e “avventurosa”. Si tratta di due tele o teleri cosiddetti “della Giudecca” di grandi dimensioni (450 x 800 cm) che rappresentano “Il Trasporto dell’Arca Santa” di Sebastiano Ricci dipinto nel 1752 e la “Cacciata dei mercanti dal tempio” di Angelo Trevisani del 1732. Esse erano state realizzate per la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano della Giudecca di Venezia, dove rimasero fino al 1806, a seguito delle soppressione degli ordini monastici da parte di Napoleone. I teleri furono inseriti nel novero dei beni francesi e l’imperatore li fece trasferire a Parigi; tornarono a Milano nel 1809 e furono assegnati alla pinacoteca di Brera. Nel 1818 il conte Gianluca Cavazzi della Somaglia ottenne che fossero depositati e collocati nella Parrocchiale di Somaglia. Nel 1995 la Sovrintendenza ai Beni Artistici della Lombardia ha predisposto un radicale restauro conservativo dei teleri veneti.



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ltra opera di immenso valore, posto sulla collinetta non lontano dalla chiesa, vi è il Castello Cavazzi della Somaglia, un grande complesso architettonico, che presenta le varie modifiche subite nel corso dei tempi. Il castello fu costruito nel XIV secolo, sulle vestigia di un precedente complesso risalente all’anno mille. Il maniero passò nel tempo attraverso la proprietà di diverse famiglie, fra cui, nel Trecento, Barnabò Visconti e, nel Seicento, ai Conti Cavazzi, da cui la denominazione che è giunta sino a noi. Nel 1980 Guendalina Cavazzi, discendente della nobile famiglia, ha donato il castello al Comune di Somaglia che lo sta parzialmente ristrutturando. Uscendo dal paese, nella parte meridionale del comune, sulla strada che porta a Guardamiglio, sorge la Cascina Regina Fittarezza, luogo nativo di Mario Borsa, primo direttore del Corriere della Sera dopo la liberazione. Dal 2010, nell’ambito de “I Sensi - Festival di Somaglia”, è stato istituito un premio alla memoria del direttore, da assegnare a chi si è distinto nell’ambito del giornalismo, sulla base degli stessi valori di Mario Borsa. I nomi dei vincitori appaiono assolutamente in linea: Andrea Riscassi, Beppe Severgnini e Benedetta Tobagi.



Castello Cavazzi della Somaglia



Castello Cavazzi della Somaglia



Castello Cavazzi della Somaglia




Castello Cavazzi della Somaglia


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l Comune di Somaglia ha una piccola e graziosa Frazione, San Martino Pizzolano. Il piccolo centro agricolo ha una piccola chiesa parrocchiale, che porta il titolo di San Rocco Confessore. Non conosciamo esattamente la data di costruzione, ma di certo subì sostanziali modifiche e restauri. La facciata è molto semplice, decorata da un piccolo protiro, sopra il quale c’è l’effige del patrono. L’altissimo campanile risale alla fine del XIX secolo ma già nel 1913 subì rifacimenti. All’interno sono apprezzabili una bella statua della Beata Vergine del Rosario (1895 opera dello Speluzzi) e quella di San Rocco. Di ottima fattura sono il pulpito, il coro ligneo e l’altare maggiore in marmo munito di tempietto, che apparteneva alla soppressa chiesa di San Biagio.




Affresco della Chiesa dedicata a San Rocco Confessore


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oco distante, sempre all’interno del territorio Comunale di Somaglia si trova la Riserva Naturale delle Monticchie, un’importantissima istituzione che tutela un territorio che si estende per 250 ettari...da non perdere assolutamente! La Riserva delle Monticchie, oggi Riserva Naturale Regionale, racconta una storia lunga e molto controversa: nel 1969 fu inclusa tra le zone di ripopolamento e cattura per la sua preziosa fauna autoctona; successivamente, dopo ben dieci anni dopo, e a conseguenza di una forte lotta combattuta dell’amministrazione comunale e dalla locale sezione del WWF, le Monticchie divenne Oasi di protezione della fauna. Tutta l’area è oggi posta sotto vincolo dalla Regione Lombardia, e la sua gestione è affidata al WWF in collaborazione con il Comune di Somaglia. Le Monticchie sono l’ambiente tipico della valle del Po lodigiano, attraversata dal fiume Brembiolo, il territorio è un intersecarsi di risorgive, boschetti, canneti e campi coltivati. La flora è quella tipica della zona, con specie di piante quali il salice bianco e pioppo nero, di cui vi sono boschi interi; sulle rive prosperano farnie, olmi, gelsi, sanguinella, ontani, salice da vimini e salicone.



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a vera meraviglia della Riserva sono, però, le splendide specie animali: la garzaia di aironi cenerini, garzette e nitticore, ma anche l’airone rosso, la pavoncella, la poiana, il lodolaio, il gufo comune, il falco di palude, il gruccione, il picchio rosso maggiore, il picchio verde e moltissimi passeriformi del canneto e del bosco. Molti anche gli anfibi, tra cui la rana di lataste, e i piccoli roditori e carnivori come il tasso, la donnola e la volpe. La Riserva è dotata di numerose strutture di accoglienza, che organizzano diversi percorsi di visita. Qui si trovano il centro Percorsi-Natura, Centro di Educazione Ambientale e il Centro visite allestito presso il Castello Cavazzi di Somaglia dove vengono organizzati progetti educativi rivolti a studenti e insegnanti con corsi di formazione. La Riserva è visitabile tutto l’anno previa prenotazione (per info: telefono 0377/44.71.41, info@monticchie.it www.monticchie.it).



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l Ristorante “Aserei” è situato sulla Strada Provinciale che collega Somaglia a San Martino Pizzolano, con lo scopo di diventare punto di riferimento per quanti, pur trovandosi nelle terre lodigiane, amano i sapori piacentini, senza farsi lunghi viaggi. Lo chef Lorenzo e la di lui Signora, Priscilla, da molti anni lavorano nell’ambito della ristorazione, portando “in tavola” una sapiente professionalità lunga nel tempo. Il ristorante propone a mezzogiorno un menù a prezzo fisso, mentre per cena si può scegliere tra le tantissime proposte dei menù alla carta. Le specialità, ovviamente, sono tutte piacentine: dai tipici antipasti, con coppa piacentina, pancetta piacentina, salame piacentino, fiocco di culatello piacentino, prosciutto crudo, gnocco fritto e superbe torte salate. Tra i primi piatti, estivi e invernali, non mancano i tortelli a caramella ricotta e spinaci, i tortelli a caramella di zucca, gli anolini al sugo di porcini, i panzerotti piacentini ricotta e spinaci, gli immancabili pisarei e fasò, le tagliatelle caserecce ai funghi porcini, gli anolini in brodo e le crespelle vari gusti.


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l tutto è accompagnato dagli ottimi vini piacentini come Gutturnio, Ortugo, Trebbiano, ma anche etichette dell’Oltrepò quali Barbera, Bonarda, Malvasia e Prosecco. Ed ecco qualche suggerimento per i secondi piatti: i lessi misti con la mostarda, arrosti misti, stracotto alla piacentina, stinco di maiale arrosto, coppa arrosto, grigliate miste e selvaggina (in stagione). Il ristorante è anche bar gelateria. Su prenotazione sono possibili anche menù concordati e si accettano prenotazioni per banchetti, cresime e comunioni, matrimoni, ma anche happy hour, aperitivi e feste private, che si possono allestire, nella bella stagione, nel cortiletto esterno di fronte al locale. Da provare! Ristorante Bar Gelateria “Aserei”

Via della Libertà 10 26867 Somaglia - Lodi Telefono: 0377.449102 Cell. 339.8992627 E-mail: aserei@virgilio.it www.aserei.oneminutesite.it


Ristorante Bar Gelateria “Aserei”



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e volete trascorrere un piacevole soggiorno immersi nella quiete della campagna lodigiana, Mabedo vi consiglia di fermarvi nel prestigioso Agriturismo Cà Nova, a Somaglia (LO). La cascina completamente restaurata, che sorge sulle basi di una struttura di metà ottocento, presenta una splendida aia, il grazioso cortiletto, all’ombra del grande ulivo. La struttura dell’Agriturismo offre la possibilità di pernottamento nelle bellissime camere, dagli ambienti ampi, dotati di ogni comfort, dove “la privacy è il motto e la qualità una certezza”. Accanto all’Agrituriamo, si trova l’elegante Ristorante Cà Nova dal raffinato arredo; contiene fino a 250 posti e si presenta come il luogo ideale per cenare davanti al calore del caminetto acceso. La cucina è frutto della grande passione eclettica e dedicata alla qualità dei sapori, dove si propongono piatti tipici del territorio, carne alla griglia o pizza, tutto preparato con ingredienti freschi e selezionati. Tante le atmosfere racchiuse in Ca’Nova: è lo sfondo ideale per pranzi e cene, eventi privati e aziendali, banchetti nuziali, cerimonie, feste tra amici, ritrovi. Meeting e party potranno trovare alla cascina Cà Nova il perfetto ambiente e un’organizzazione impeccabile, anche del più piccolo dettaglio.



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utti gli eventi potranno trovare il proprio sfondo nella zona piscina, nella grande corte, nella sala del ristorante e la Cascina Ca’ Nova diventerà un luogo unico ed ospitale, per accogliere eventi dal carattere più o meno formale, senza dover sacrificare appeal estetico e sfumature d’impatto. La cascina si presta anche per meravigliosi e romantici banchetti di nozze, nelle più belle sfumature di colori e sapori che renderanno unico il giorno del vostro matrimonio. I menù verranno scelti e personalizzati a seconda delle diverse esigenze. Cà Nova si potrà occupare, su richiesta, anche di allestimenti floreali, musica e intrattenimento. Relax, risate, buon cibo... spegnete il telefono e venite a trascorrere dolci momenti in tranquillità alla Cascina Cà Nova!

Agriturismo Cascina Ca’Nova Cascina Canova, 3 26867 SOMAGLIA (LO) E-mail: info@cascina-canova.it Telefono: 0377.452078



Guardamiglio I

l territorio su cui si estende il paese di Guardamiglio è quello su cui un tempo esisteva una landa deserta, boschiva e paludosa, lungo il corso del Po o del vecchio alveo del fiume Lambro. Guardamiglio si trova sull’estremo lembo meridionale della pianura lombarda, stretta nell’ansa più profonda e più larga che il Po forma nel suo passaggio nel territorio lodigiano. Tutto il territorio è ancora caratterizzato dalle tipiche architetture agricole sparse per chilometri e chilometri di pianura e di campi intensamente coltivati. Ancora oggi la zona presenta una ricca vegetazione autoctona, dove la flora cresce in un ambiente particolarmente umido e acquitrinoso. Anche Guardamiglio non era una delle tappe precipue segnalate nel percorso sigericiano, ma riteniamo che, per il nostro visitatore tipo, curioso e versatile, sia un’interessante luogo da visitare. L’etimologia del toponimo del paese è stato ricondotto al console Lucio Emilio e che ricorderebbe il suo valore per domare una ribellione dei Galli, già soggiogati nel 224 aC e da allora avrebbe preso il nome di “Ardor Aemilli”.



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altra motivazione fa derivare il nome dalla distanza che separava il paese di Guardamiglio da Piacenza, cioè da “ad quartum miliarum”, letteralmente “quarto miglio”. Il paese presenta anche particolari testimonianze artistiche che ricordano il glorioso passato e le fondazioni romane di Guardamiglio. Il paese fu successivamente dominio longobardo e possedimento del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro, che lo vendette solo nel 1225. Fu poi feudo dei Landi di Caselle nel XIII secolo; passò a diversi signori fino al 1681, quando divenne proprietà di Giovanni Nicelli, seguendo le vicende del Ducato di Piacenza. Da segnalare a Guardamiglio la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista del 1678, progettata da Matteo Monti, un edificio in stile neoclassico, in piazza IV Novembre. La struttura religiosa presenta una facciata semplice suddivisa su due ordini con lesene doriche. Sulla sommità della facciata si trova un timpano triangolare. Il secondo ordine è interrotto da un finestrone centrale e da nicchie laterali. La vera particolarità di questa chiesa, davvero degna di nota, è la cupola, impostata su un alto tamburo cilindrico, decorato con piccole lesene e oculi ciechi, terminanti in una lanterna. Anche la pianta è molto particolare: è a tre navate, attraversate a metà da un braccio passante sul cui innesto con la nave mediana si imposta il tamburo della cupola. Dal Comune di Guardamiglio dipende anche la frazione Vallora.




Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista



Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista



Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista


Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista



Chiesa Parrocchiale San Giovanni Battista



San Rocco al Porto A

nche San Rocco al Porto è situato lungo la via lombarda del fiume Po, ed è separato dalla provincia emiliana da un lunghissimo ponte (lungo ben 4 km!) che attraversa il Po. Continuando per la stessa strada, si giunge a Piacenza. Il territorio comunale si estende per tutto l’argine del Po, tanto che una breve striscia del paese di San Rocco si estende sulla sponda emiliana del fiume, alla sua confluenza con il fiume Trebbia. Nel paesino di San Rocco riconosciamo la Chiesa Parrocchiale dedicata al Santo omonimo, San Rocco. Essa è posta sotto il livello stradale: ci si accede, infatti, scendendo una scalinata. All’interno si riconosce la pianta longitudinale, a tre navate, con pilastri; la navata centrale è coperta da volte a botte. Le due navate laterali, con cinque cappelle in corrispondenza per lato, sono invece coperte da volte a crociera.



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e cappelle sono poco profonde, come è tipico delle architetture religiose della zona, coperte da archi ribassati. Il catino absidale è suddiviso da sei vele, che portano un’elegante decorazione. Sul presbiterio quadrangolare si innesta il coro semicircolare e la cappella ottagonale della Madonna. Tra gli autori della Chiesa ricordiamo lo Zambellini per le decorazioni, Albartella e Cesare Secchi. Nella frazione di San Rocco, Mezzena Casati, si trova la Chiesa di San Pietro Apostolo. Tutt’attorno si vedono, e si possono visitare, moltissimi insediamenti rurali e le cascine, tra cui segnaliamo il Complesso Padronale Cascina Colombarone (del XVI secolo), la Cascina Casino, la Cascina Sisto, la Cascina Belvedere, la Cascina Berghente, la Cascina Moientina e il Palazzo Ferrari. Il territorio si estende per 10 km tutti sull’ampia ansa del fiume. La zona golenale interessa una cospicua parte del territorio comunale. Questa parte ha un notevole valore paesaggistico.



Chiesa Parrocchiale di San Rocco



Chiesa Parrocchiale di San Rocco



Chiesa Parrocchiale di San Rocco




Chiesa Parrocchiale di San Rocco



Ponte di San Rocco al Porto


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a Via Francigena Lodigiana è arrivata ora al suo traguardo.

Si tratta di un percorso di pochi chilometri ma, come avete potuto appurare, particolarmente ricco di storia, arte e tradizione che ancora oggi, a distanza di secoli, interessano questi territori. Con l’auspicio che qualcuno di voi, arguti “lettori viaggianti�, siate ora curiosi di scoprire le bellezze di queste terre, Mabedo vi saluta e vi aspetta alla prossima!



Via Francigena Lodigiana Mangiare Bere Dormire 2012 Tutti i diritti riservati Realizzato da Fq Communication di Filippo Quaglini Testi a cura di Silvia Brigada Immagini di Ilaria Brigada, Silvia Brigada, Sara Giammona Grafica: Sara Giammona Webmaster: Zeus Telematica Pavia

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