Mizu - Project Development

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LABORATORIO DI SINTESI ANNO SCOLASTICO 2016 POLITECNICO DI MILANO

GRUPPO

PETTINE Matteo Marzorati, Paolo Sacerdoti Filippo Sanzeni, Elena Tramontani


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INDICE Mood del brand

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Diversi stili di pettine L’immaginario celtico Il pettine in oriente Zen & Pop Da Ipso a Mizu

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Branding

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Logo: Ricerca materica Proposte varie Mizu Payoff & tipografia Texture Coordinato base Manifesti Packaging Invito all’evento Immagini fotografiche Our wave Catalogo Sito internet Strategia social

40 44 48 52 56 62 66 74 76 78 82 84 88 92

Macchina comunicativa

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Esempi vari, suggestioni Tibetan bowls Atmospheres Comb printer Zen Garden Shape your wave: Concept Funzionamento Codice Modello & prototipo

100 106 108 110 112 114 118 120 132

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I

l primo giorno di laboratorio, dopo la presentazione del corso e dei professori, ha inizio il lavoro. I docenti estraggono a sorte gli oggetti di uso comune attorno ai quali gli studenti, rapidamente divisi in gruppi, elaboreranno il proprio progetto per i seguenti sei mesi. Le speranze del nostro gruppo ricadevano su oggetti come la lampadina o l’ombrello, già presenti in modo acceso nell’immaginario comune e ricchi di spunti per possibili declinazioni grafiche e semantiche. Ma, come spesso accade in questi casi, l’opzione che più si cerca di evitare finisce per essere quella che si verifica: il pettine. Nonostante il gruppo non fosse particolarmente soddisfatto dall’esito dell’estrazione, ci siamo subito messi all’opera con energia ed entusiasmo.

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“E tutte quelle idee andranno perdute nel tempo, come lacrime nella pioggia. Ăˆ tempo di pettine.â€?

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Capitolo 1

MOOD DEL BRAND

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Il candor che di fanciull’ è sodale, medesimo e maturo in nostro appello,1 è or vanito da gesto volgare poiché abbiamo il pettine e non l’ombrello.

Al mondo di Poseidone or’acclini, 2 son fatte tavole com’ fosse arazzo3 ma insieme come in orchestra i violini, ci urlan: “Non avete capito un _____!”

O, Ecate4! Tuo intent’ era beffardo ma, saldi a nuovo rifiut’ offeso5, tempesta di senno6 schivò il dardo7 e allo zen offrimmo braccio proteso.

“La stessa innocenza che caratterizza i bambini, nel nostro caso più matura” Che hanno come tema il mare 3 Tavole molto ricche ed eccessivamente ricolme di immagini e significati 4 Divinità spesso associata con la sventura, le disgrazie e la magia nera 5 “Ricevuto un nuovo rifiuto” 6 Traduzione letterale dell’inglese “Brain Storming” 7 “Grazie alle nuove idee, il rifiuto di quelle passate non ci ha ferito particolarmente” 1 2

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capitolo uno

DIVERSI STILI DI PETTINE

D

opo aver ricevuto la consegna, il nostro gruppo si è dato da fare con un primo brainstorming orientativo. Cosa vogliamo raccontare con il nostro brand? Quale immaginario sarà il nostro punto di riferimento principale? Abbiamo condotto una prima ricerca ad ampio spettro, individuando così quattro linee possibili di pettini, che attingevano ciascuna a immaginari diversi dove il pettine assumeva forti significati morali e di definizione della persona.

[1] La cultura giapponese e l’immaginario zen: benessere, cura di sè. 16


il mood del brand

[2] Il mondo celtico e la leggenda della sirena. Il paese di Corantyne e la Cornovaglia. 17


capitolo uno

[3] L’alta borghesia del Settecento, il pettine d’avorio come simbolo dello status. 18


il mood del brand

[4] L’afrocomb come simbolo di ribellione sociale. Soul Train e funky. 19


capitolo uno

L’IMMAGINARIO CELTICO

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ra le quattro strade individuate abbiamo poi concentrato l’attenzione sullo stile celtico, a partire dalla leggenda di Corantyne. Il racconto è molto suggestivo: si narra di un pettine magico donato da una sirena della Cornovaglia ad un marinaio che l’ha salvata, in modo che ogni volta lui desideri vederla, gli basti pettinare l’acqua del mare con il pettine magico affinchè lei appaia. L’immaginario celtico si esprime quindi attraverso suggestioni legate al mare, alla natura, all’amore nostalgico. Una prima idea era stata quella di un pettine dal manico in legno riciclato, elaborato con trame che rimandassero a motivi celtici. In questo corpo avevamo pensato di inserire i denti in plastica, montati ad incastro e quindi sostituibili.

[5] Visual Corantyn. 20


il mood del brand

Presi da un’ansia creativa abbiamo però corso troppo, e preparato materiale non richiesto per la prima revisione: tavole molto elaborate ed un progetto sviluppato ampiamente, ma a livello ancora superficiale. I docenti ci hanno subito fatto due richieste: restare essenziali nelle grafiche per le revisioni, e non tendere ad anticipare, ma attenersi alle indicazioni date.

[6; 7; 8, 9] Legno riciclato, modellato dalle onde del mare: un materiale ecologico e pregiato 21


[10, 11, 12, 13] Tavole esplicative: ricerca generale, immaginario celtico per immagini, la storia di Corantyne, tavola tecnica con il funzionamento del pettine. 22


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capitolo uno

IL PETTINE IN ORIENTE

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entre il gruppo continuava ad arrancare cercando i giusti valori e le giuste possibilità per la creazione di un forte brand, i docenti proseguivano con il piano del laboratorio introducendo già ipotesi di naming e logo. Accantonata l’idea del pettine Corantyne abbiamo quindi ricominciato a fare ricerca ad ampio spettro relativamente ai pettini. Lo spunto più interessante emerso da questa seconda ricerca ci ha portato nell’estremo oriente giapponese, con il mito della Vergine dell’Oroku-Gushi, la quale secondo la leggenda, è in grado di fabbricare pettini curativi magici, che se utilizzati due volte al giorno per la cura del capello sono in grado di rimediare e prevenire le malattie. In questo caso è evidente il legame tra il pettine e il concetto di igiene, idea diffusa in tutto l’oriente, dove il pettine viene talvolta esibito nelle acconciature proprio per dimostrare la propria salute. Abbiamo dunque deciso di riprendere l’atmosfera sognante e intima del pettine Corantyne (senza focalizzarci sul prodotto), ed unirla agli equilibrati toni nipponici.

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[14] Twelve Aspects of Women, Kotondo, 1932. 25


[15] Ricerca storiografica sul pettine dal punto di vista di materiali, tecniche e interpretazioni culturali. 26


[16] Focus sulla percezione del pettine in oriente e nel mondo celtico.

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capitolo uno

ZEN & POP

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ur avendo trovato spunti decisamente interessanti durante le nostre approfondite ricerche, l’identità del brand non era ancora stata definita in modo forte e solido. Abbiamo notato che il pettine ha avuto storicamente due grandi funzioni: una più personale e intima, e l’altra, con l’avvento della cellulosa nell’Ottocento, più popolare e commerciale. Nel primo caso si tratta di pettini più costosi, raffinati, nobili, mentre nel secondo caso i pettini sono intesi come un qualsiasi oggetto seriale, sostituibile, quasi usa e getta, un pezzo di plastica coloratissimo dalla funzione ben specifica. Definite le due diverse visioni abbiamo proceduto con un brainstorming per ognuna, da cui sono poi derivate le due moodboard seguenti: il pettine zen ed il pettine pop.


il mood del brand

[17, 18, 19] Tagcloud organizzata secondo i due diversi stili, e relative moodboard: intima e pop. 29


capitolo uno

La strada pop è stata esplorata tramite l’utilizzo di naming dal richiamo underground, popolare, giovane, con l’obiettivo di creare dei pettini da ostentare davanti alle persone, per rinvigorire la cultura del secondo Novecento che vede i pettini come accessori indispensabili sia per uomo che per donna, da sfoggiare anche in pubblico.

[20] Johnny Bravo, protagonista dell’omonimo cartone animato anni ‘90, è un ragazzo molto vanitoso che sfoggia sovente il coloratissimo pettine.

[21, 22] Tipografia espressiva per alcune ipotesi di nomi pop e di nomi zen (pagina seguente) 30


il mood del brand

È stato però il pettine di tipo introspettivo a risultare vincente: un pettine rilassante, legato al mondo della natura, raffinato. Per i naming abbiamo preso spunto da vocaboli latini, come nel caso di Ipso, nomi tipici dell’alta nobiltà per Hebe o parole in giapponese, come per Mizu e Reki. Questi sono soltanto alcuni dei nomi ipotizzati. Inizialmente il focus era principalmente su Ipso, ma poi la nostra opinione è cambiata, in quanto ricercavamo una maggior attinenza all’immaginario nipponico di riferimento, Ipso risultava troppo occidentale e classico. Mizu ha a questo punto preso il posto di protagonista poichè è un termine che si inserisce perfettamente nello stile del brand: significa infatti “acqua” in giapponese, e si tratta di una parola corta e memorizzabile. Abbiamo quindi portato avanti questa strada, cercando di sviluppare diverse possibilità di logo.

[23, 24, 25] Il nostro brand dovrà essere: zen, introspettivo e naturale.

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capitolo uno

DA IPSO A MIZU MOODBOARD

E

ravamo dunque quasi giunti al termine della definizione del mood del brand: eravamo consapevoli che ci stavamo rivolgendo ad un target abbiente dal gusto raffinato, facendo riferimento ad un certo immaginario orientale, di relax, calma, precisione. Il gesto del pettinarsi deve essere rivalutato grazie al nostro brand: deve diventare un momento di cura personale a cui si dedica una grande attenzione. Ogni mattina, usando un nostro pettine ci si plasma, si definisce il proprio aspetto e la propria personalitĂ , ognuno secondo il proprio stile.

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MOODBOARD


il mood del brand VISION

Rivalutare il pettine come oggetto personale e di valore.

MISSION

Un mondo in cui tutti considerino maggiormente la cura del corpo e del capello.

Helvetica Neue Light Reki Reiki, componibile attraverso la linea posta sopra la “e”, è una pratica spirituale alternativa per la cura dei malanni.

FONT DISEGNATO

Mizu modellati dal pettine che, come il vento, genera le onde del mare.

DUAL 300 Hebe d.C, simbolo di una classe sociale che considerava il pettine come strumento di pregio e di cura personale.

Per determinare la scelta del nome del brand era necessario sperimentare seriamente in merito ai loghi, così da capire bene quale nome potesse essere il migliore. Ipso è un termine latino per indicare “stesso”, si posiziona quindi in linea con i principi fin ora delineati, ma soltanto parzialmente. Abbiamo comunque portato avanti la sperimentazione a partire dai primi esempi di tipografia espressiva, in cui, mantenendo un font molto semplice e pulito, si gioca sulla gradazione del grigio e sulla distanza tra le singole lettere per creare una profondità spaziale. Poi abbiamo cercato una relazione visiva più forte con l’oriente, creando un logo circolare dall’aspetto quasi labirintico, che riprende i disegni dei rastrelli nei giardini zen. Infine abbiamo ricercato un legame con la natura e l’acqua, ma, così come nel caso dello zen, si riscontrava uno scollamento troppo forte tra il nome proposto e l’immagine grafica elaborata. Mizu significa acqua in giapponese, ed è per questo che abbiamo da subito cercato un collegamento con l’acqua attraverso l’immagine dell’onda. Nonostante l’effetto grafico non sia dei migliori, abbiamo constatato che la coerenza complessiva tra nome, mood e immaginario del pettine fosse tanto forte da permetterci di stabilire che Mizu sarebbe stato il nome che noi volevamo dare al nostro brand.

NAMING

[26, 27, 28] La moodboard del brand, e alcune preliminari ipotesi di logo. 33


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Capitolo 2

BRANDING

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Qual’è ‘l sole di mattina rinato, nuovo e radioso, ma ancora fievole, sulla via destra8 il cammino iniziato un’idea è gloriosa, l’altra debole.9

Aristotele mano ferma tende10 e dice che ‘l vero vive in Natura: il logo dai denti luce risplende,11 la stanza dal fuoco ottiene le mura.12

Sempre fratelli s’azzuffan se affini, 13 Ché se condiviso non è favore.14 Sicché se onde a logo son confini Pupilla s’intralcia e misura muore.15

“La retta via” “Vengono approvati alcuni loghi, ma viene bocciata la macchina comunicativa” 10 Riferimento a “La scuola di Atene” in cui la figura di Aristotele, in opposizione a quella di Platone, tende la mano verso il basso come simbolo della propria filosofia 11 Riferito alla ricerca materica da cui è stato ricavato il logo studiando il passaggio della luce tra i denti di un pettine 12 La struttura principale e l’idea alla base della stanza sono state ispirate dall’installazione “Firewall”, letteralmente parete di fuoco 13 “Due fratelli simili nel carattere litigano spesso” 14 “Perché qualcosa di condiviso non è più gustoso come se fosse esclusivamente per sé” 15 “Se le onde e il logo sono le une vicine all’altro, il peso grafico diventerebbe eccessivo per l’occhio dell’osservatore, eliminando ogni tipo di equilibrio” 8 9

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capitolo due

LOGO RICERCA MATERICA

A

d un mese dall’inizio della ricerca, ancora non avevamo trovato un logo che ci convincesse. Avevamo in mente un immaginario di riferimento ben preciso, ed un nome per il nostro brand: Mizu. Le idee erano però ancora confuse per quanto riguardava l’immagine del brand e la macchina comunicativa. Dopo nomerosi tentativi falliti abbiamo deciso di mettere da parte i computer e dedicarci ad una ricerca materica, utilizzando tecniche miste: aerografo, acquerello, vernice, spatole varie, bicchieri, pennelli, pettini, acqua, luce. Al termine della sperimentazione abbiamo ipotizzato diversi loghi possibili derivandoli dagli schizzi prodotti, anche grazie alla documentazione fotografica raccolta.

[1, 2, 3, 4] Sperimentazione portata avanti con tecniche e materiali vari. 40


branding

[5, 6, 7] Documentazione fotografica: come il pettine interagisce con vernici e luci. 41


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LOGO PROPOSTE VARIE

G

li scatti realizzati durante la ricerca materica ci hanno portato a studiare gli effetti del pettine utilizzato come pennello, per stendere del colore. Abbiamo quindi ripreso questa forma per realizzare i primi prototipi di logo: interessante notare come tutte le forme ricavate presentino parallelismi geometrici e ripetizioni, oltre ad elementi che richiamano il mondo dell’acqua e delle onde.

[8, 9] Bozze di loghi derivati dalla sperimentazione materica. Logo derivato dallo spettrogramma delle onde marine. 44


Tra tutte le varie sperimentazioni quella che sembrava prendere più piede è stata quella nata dall’idea di riprendere lo spettrogramma del suono delle onde marine. Questo si è poi tradotto in un simbolo dall’aspetto fortemente orizzontale e dai tratti molto geometrici che vediamo in questa pagina nelle sue varie versioni. Si tratta di un logo dalle molteplici declinazioni: si può facilmente rendere in versione orizzontale e verticale.

[10, 11, 12] Pattern vari relativi al logo nato dallo spettrogramma. 45


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capitolo due

LOGO MIZU

C

ome una venere, il logo Mizu è nato anch’esso dal mare. L’idea era quella di riprendere la forma di un susseguirsi di onde. Questa immagine è stata ispirata dallo scatto qui riportato, in cui si vede un dettaglio di denti di pettine che filtrano una luce puntata diretta. In questo modo si viene a formare anche una m, iniziale del nome del brand. Per arrivare alla versione definitiva del logo abbiamo dovuto fare molte modifiche a partire dal semplice ricalco del dettaglio fotografico. La svolta più significativa è stata l’aggiunta di una striatura che percorre le onde, ricordando così ciocche di capelli.

[13, 14] Pagina precedente: il dettaglio da cui è nata l’idea del logo scelto. Sotto: evoluzione progressiva del disegno del logo. 48


MARCHIO branding

AREA DI RISPETTO MARCHIO

L’area di rispetto è costruita secondo una griglia verticale divisa in dodi-

L’area di rispettocidel marchio con logotipo e logo siha avvale dellaquattro struttura di base già impostata rettangoli. Ciascun rettangolo l’altezza volte superiore alla precebase: la partedisuperiore e inferiore di rispetto sonoe logotipo, un dodicesidentemente, ma con l’utilizzo un rettangolo da 2/12dell’area che si frappone tra logo che funge così larghezza del rettangolo totale mentre ai lati è due dodicesimi, anche da cornicemo per della il resto della composizione, riequilibrando il dinamismo del marchio precedente: il scelta atta a sottolineare il dinamismo delsolo logo. tutto sarà più bilanciato in confronto all’area di rispetto del logo.

2/12 l.

BRAND MANUAL 2/12 l.

2/12 l.

AREA DI RISPETTO LOGO 2/12 l.

L’area di rispetto del solo logo è costruita secondo una griglia verticale divisa in 12 rettangoli, utilizzati come unità fondamentale. Ciascun rettangolo ha l’altezza 4 volte superiore alla base: la parte superiore e inferiore dell’area di rispetto sono 1/12 della larghezza del rettangolo totale mentre ai lati è 2/12 della larghezza del rettangolo totale. 2/12 l.

1/12 l.

2/12 l.

2/12 l. 1/12 l.

[15, 16] Griglie modulari per la generazione del logo con e senza logotipo. 49


capitolo due

BRANDMANUAL MANUAL BRAND MANUAL BRAND

MARCHIO

Sono qui riportati la griglia proporzionale del marchio, una prova di rumore per testarne la riconoscibilità e leggibilità, e la versione in negativo. PROVA RUMORE PROVA PROVA RUMORE RUMORE 1.3 Marchio in negativo Le dimensioni minime chemamaillalalaforma marchio può raggiungere sono di tre cenSe Se illuminato durante la notte, logo tende perdere dettagli interni forma Seilluminato illuminatodurante durantela lanotte, notte,ililillogo logotende tendeaaaperdere perdereiiidettagli dettagliinterni internima formaaaa onda onda rimane riconoscibile anche da lunghe distanze con un rumore molto forte. ondarimane rimanericonoscibile riconoscibileanche ancheda dalunghe lunghedistanze distanzeeeecon conun unrumore rumoremolto moltoforte. forte. timetri di larghezza per un centimetro e mezzo di altezza, al di sotto dei quali dovrà essere utilizzato senza logotipo.

[17, 18] Prove varie con il logo: rumore e negativo.

Dopo molteplici accostamenti e studi relativi al font ed al colore da impiegare abbiamo infine individuato una versione definitiva del logo, e fatto alcuni ulteriori approfondimenti e test per verificarne la leggibilità. Il logotipo è in un font lineare dalle estremità lievemente arrotondate. Il colore è un blu-grigiastro (50% Cyan; 60% Black).

[19] Il logo definitivo. 50


a il marchio su diversi tipi di materiali? branding

MOCKUP SU MATERIALI come si compor

[20, 21] Prove del logo su superfici e materiali vari: scatola con logo su stampa lucida ed etichetta in cartoncino spesso. 51


capitolo due

PAYOFF & TIPOGRAFIA

M

izu è autodefinizione, è trovare se stessi, è cambiare per delle idee. Ma è anche relax, natura ed acqua. Come sintetizzare tutto ciò in un’unica espressione, breve e coincisa? “A deep breath for your mind”, “You, Here, Now”, “Let it flow”, “There you are”: questi erano tutti esempi validi, ma è stato “Follow your wave” a diventare il payoff ufficiale di Mizu, in quanto è facilmente memorizzabile, coerente con l’immagine del brand, flessibile e declinabile (ne è poi derivato anche il nome della macchina comunicativa, come vedremo in seguito). Con questo payoff intendiamo suggerire una presa di posizione nel vivere la propria vita: avere consapevolezza di se stessi e seguire il proprio istinto, conoscersi, plasmare la propria personalità liberamente. Per quanto riguarda i testi degli artefatti abbiamo individuato due font in grado di esprimere alcuni valori di Mizu senza risultare invadenti: Brandon Grotesque e Barkerville MT Std. Il primo è utilizzato prevalentemente per quanto riguarda i titoli brevi (bold, tutto maiuscolo), e i testi destinati al digitale, mentre il secondo è utilizzato per i sottotitoli (corsivo) e per i corpi nei testi lunghi destinati alla stampa, (regular).

[22] Payoff: “Segui la tua onda”, un invito a ritrovare se stessi. 52


branding

[23, 24] Utilizzo della tipografia online sul sito internet (www.mizucombs.com) e su cartaceo, alla pagina seguente.

La scelta dei colori del testo si lega ancora una volta alla palette Mizu: i titoli sono preferibilmente in blu scuro (50% Cyan; 60% Black), cosÏ come alcuni elementi grafici accessori, mentre i testi lunghi sono in nero. Negli artefatti cartacei le dimensioni del corpo dei titoli è preferibilmente molto grande (maggiore di venti punti) rispetto a quella del corpo dei testi lunghi (nove punti), mentre per i sottotitoli si cerca una mediazione (dodici-quattordici punti, a seconda delle esigenze). Ulteriori indicazioni specifiche sono ritrovabili nel brand manual Mizu.

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capitolo due

TEXTURE

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na volta definita la forma del logo Mizu abbiamo proseguito la ricerca, spostandoci nell’ambito delle texture. I primi approcci erano orientati alla ripetizione sistematica del logo, come a voler fotografare da una certa prospettiva rialzata un mare mosso. Successivamente abbiamo esplorato altri effetti visivi, trasformando il marchio in un pennello che potesse lasciare la traccia inclinata di un percorso, rigando una superficie.

[25] Primi pattern Mizu. Focus sul logo: ripetizione e linee generate. 56


branding

[26] Magnus Voll Mathiassen, grafica in stile Op Art. Questo primo approccio ha portato ad evidenziare alcune peculiarità di base che derivano direttamente dal logo: le striature presenti sulle ondine rimandano infatti ad un’estetica basata sulla ripetizione di linee affiancate. Da queste premesse abbiamo condotto un’ampia ricerca sul movimento artistico Optical, nato durante gli anni Settanta del secolo scorso. 57


capitolo due

[27] Pattern geometrico pensato inizialmente per Mizu. 58


branding

La ricerca sull’Op Art ci ha infine portato ad individuare due possibilità stilistiche per i pattern: la prima tendeva ad una geometria più marcata, con ripetizioni di forme, cerchi concentrici, modularità. La seconda prevedeva invece l’utilizzo di onde più fluide e naturali, come quelle di un mare. Queste sono state generate con un programma di modellazione 3D, a partire da una superficie striata a cui è stato aggiunto un rumore che l’ha resa più alta in certi punti e più scavata in altri. Dal rendering abbiamo poi ricavato il pattern, vettorializzando su Illustrator. Il coloredelle onde è un azzurro chiaro (44% Cyan, 21% Yellow).

[28, 29, 30] Piano modificato con un software 3D per generare le onde. Sotto, e pagine seguenti: pattern fluido di onde-capelli.

Abbiamo sviluppato anche una versione del pattern in grado di entrare ed uscire da un artefatto senza invaderne l’intera superficie: l’idea è quella di un flusso d’acqua, una corrente.

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capitolo due

COORDINATO BASE

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er avere successo sul mercato, l’azienda Mizu S.r.l. deve saper comunicare sia con il target di riferimento, sia con altre aziende o associazioni, e con la pubblica amministrazione: era dunque necessario elaborare un biglietto da visita, una carta intestata ed una busta aziandale dall’immagine coerente con il mood Mizu, ma allo stesso tempo piÚ istituzionale, impostata.

[31] Biglietto da visita aziendale, con retro stampato a pattern. 62


branding

Il primo progetto per il coordinato base prevedeva un biglietto da visita con le informazioni necessarie sul fronte ed il pattern sul retro. Questo avrebbe permesso la stampa di tanti biglietti su un unico grande foglio, così che una volta ritagliati, i singoli pattern sarebbero risultati sempre diversi, essendo parte di un grande pattern unico. Ogni biglietto è quindi diverso ed unico: concettualmente abbiamo voluto così citare il payoff “Follow your wave”. L’idea ci è subito piaciuta, e, a parte qualche modifica relativa alla disposizione dei testi sul fronte, il biglietto è rimasto pressochè invariato. Diverso è il percorso che hanno seguito invece gli altri artefatti: sia la carta intestata sia la busta erano state infatti inizialmente progettate con troppi dettagli grafici accessori, troppa pesantezza formale. Il progetto finale ha toni sobri e lineari, essenziali: i criteri con i quali è stata studiata la grafica tengono conto delle esigenze funzionali, e il pattern è manifestato solo nel dettaglio dell’interno della busta, così da non risultare invadente, pur garantendo la riconoscibilità del brand.

[32] Busta aziendale, con interni stampati a pattern. 63


[33] Gamma dei biglietti: anche i nomi piĂš lunghi sono supportati elegantemente dal design adottato. 64


[34] Carta intestata dal design essenziale, elegante e pratico. 65


capitolo due

MANIFESTI

L

a ricerca per lo stile dei manifesti Mizu è nata a partire dal pattern. Abbiamo da subito cercato un’interazione tra pettine e onde, utilizzando la tecnica della sovrastampa come elemento stilistico caratterizzante. Il primo errore identificato è stato l’utilizzo di pettini dalla forma poco coerente rispetto al mood del brand. La sperimentazione è stata quindi portata avanti usando immagini fotografiche in interazione con le onde, sempre sfruttando la sovrastampa. Pur non disprezzando i risultati, abbiamo constatato che questo effetto, utilizzato con la fotografia, potesse confondere e risultare inappropriato. Gli esiti successivi vedono la modifica del pattern di base, stretchato e allungato secondo le esigenze: dapprima abbiamo creato una cascata d’acqua pettinata, che si riversa in un mare di onde.

[35, 36] Primi poster: giocare con la sovrastampa. 66


branding

[37] Un flusso di onde, una cascata di capelli. 67


capitolo due

Nell’immagine seguente siamo invece partiti da una massa di onde aggrovigliate, che vengono pettinate, terminando così in un flusso liscio ma sinuoso. Abbiamo valutato molto validi questi effetti di trasformazione del pattern, tuttavia ci sembrava che i caratteri peculiari di ricerca interiore e autodefinizione personale fossero stati messi troppo in secondo piano. Abbiamo quindi iniziato a utilizzare colori più accesi, acidi: questo si è tradotto dapprima in una sperimentazione di geometrie ed incastri optical, e successivamente in una campagna mirata all’esaltazione delle scelte di vita più estreme, dal punk al monaco, basata ancora una volta sulla tecnica della sovrastampa. Pur essendo esteticamente valide, queste strade non sono state sviluppate perchè incoerenti rispetto all’immaginario di riferimento di Mizu.

[38] I capelli vengono districati dal pettine, che li rende lisci ed ordinati. 68


branding

[39, 40] Follow your wave: autodefinizione significa trovare se stessi, seguire la propria onda. I toni dei colori si fanno quindi pi첫 accesi e carichi. 69


capitolo due

[41, 42, 43] Interazione con il pattern. L’obiettivo è di mostrare i nostri prodotti mantenendo evidente il filo conduttore che caratterizza il brand Mizu. 70


branding

Infine, la scelta della semplicità, ancora una volta, si è rivelata la soluzione migliore: abbiamo scelto di inquadrare un pettine (fotografato) nell’atto di pettinare un’onda grafica a nastro, ripiegata in curve sinuose. Il nastro di onde non è in questo caso derivato dal pattern: è stato generato con un software di modellazione 3D, e successivamente vettorializzato.

[44, 45, 46] Sopra, e pagine seguenti: poster per la prima campagna. 71


Seguici su

FOLLOW YOUR WAVE

www.mizucombs.com

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FOLLOW YOUR WAVE

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capitolo due

PACKAGING

N

el progettare i packaging per i pettini Mizu abbiamo cercato di essere coerenti rispetto ai manifesti, in cui c’è un’interazione tra pettine e onda grafica. Abbiamo quindi realizzato packaging ad hoc per ogni articolo, tali per cui siano sempre presenti parti trasparenti che lasciano vedere il corpo del pettine, mentre i denti restano parzialmente “immersi” in un’onda azzurra. Ogni confezione, sul retro, presenta poi varie informazioni relative sia al brand che al pettine specifico.

HANMA

I pettini Mizu sono la chiave per la ricerca del proprio benessere personale.

Linea Senren 4.00 €

SUCH

Linea Senren 12.50 €

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U

Hanma è un pettine in legno di noce esotico dalla f orma s emplice e compatta, molto elegante ed adatto a tutte le occasioni, indicato sia per lui che per lei.

I pettini Mizu sono la chiave per la ricerca del proprio benessere personale. Such mu è un pettine che ti lascia scegliere in che modo plasmare i tuoi capelli, a seconda del tuo umore e necessità, avendo d ue diverse

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[47, 48] Packaging per Hanma (Nami), sopra, e Suchimu (Senren), sotto. 74


branding

[49] Prototipo del packaging a scatola, per la linea Senren.

Abbiamo due collezioni di pettini Mizu: Nami è la linea base, della quale fanno parte quattro pettini in legno di noce esotico, molto classici, mentre Senren è la linea più raffinata, alla quale appartengono quattro pettini in carbonio antistatico grigio antracite dal design elegantissimo. I packaging sono stati progettati diversamente per le due diverse linee. Per Senren abbiamo elaborato confezioni a scatola, dalle dimensioni variabili a seconda del pettine contenuto, nelle quali si apre una finestra dalla forma ondulata, che incornicia elegantemente il pettine. Essendo Nami una linea più economica, anche le confezioni sono pensate in un’ottica di risparmio e modularità, non sono quindi scatole come per Senren, ma a busta, in plastica. Internamente è presente un con inserto in carta con l’onda, fustellato in modo da avvolgere parzialmente il pettine. Le buste sono in questo caso tutte della stessa dimensione. 75


capitolo due

INVITO ALL’EVENTO

L

’invito ha un design molto semplice: su un fondo a pattern ondoso azzurro si colloca un rettangolo bianco che fa da base per i testi. In alto al centro si trova il logo Mizu, e subito sotto il titolo dell’installazione: “Shape your wave”. Segue un breve accenno al concept della macchina comunicativa, ed infine le informazioni relative a luogo, data ed orario dell’evento. Il retro è in azzurro monocromo, con riportato in basso al centro l’indirizzo internet del sito.

SHAPE YOUR WAVE Un’installazione immersiva, delicata ed esperienziale che vi vedrà protagonisti in prima persona di un gesto molto intimo e personale: pettinarsi. L’evento si terrà presso

Via Larga 10, Milano giovedì 26 febbraio ore 21.30

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[50, 51] Fronte e retro dell’invito. 76


branding

Abbiamo poi pensato ad una busta per contenere l’invito, anch’essa molto semplice: l’esterno presenta sul retro il logo Mizu in alto a sinistra e nome ed indirizzo del destinatario in basso a destra. Non sono presenti ulteriori elementi grafici, ad eccezione dell’interno della busta, interamente stampato con il pattern. L’invito sarà inviato ad importanti personalità nel mondo del design e dell’imprenditoria, nonchè ad alcuni potenziali futuri clienti accuratamente selezionati.

[52] Invito all’installazione e rispettiva busta aperta. 77


capitolo due

IMMAGINI

N

elle prossime pagine tratteremo di artefatti complessi per i quali è stato necessario l’utilizzo di immagini fotografiche oltre che grafica pura come nel caso delle texture e dei loghi esaminati sin ora. Abbiamo quindi deciso di seguire una precisa linea d’azione in merito agli scatti da utilizzare, prediligendo la scelta di macro su dettagli specifici, come nel caso dei capelli o del muschio, o di immagini di paesaggi sconfinati. Questa scelta prevede l’accostamento di due opposti: il molto vicino ed il molto lontano. Rimane fortemente presente anche il tema della natura.

[53] Onde di capelli: macro del dettaglio. 78


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[54, 55, 56] Fotografie macro e di paesaggio. 79


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capitolo due

OUR WAVE

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ur wave è un breve artefatto cartaceo che spiega il mood del brand, pensato per essere esposto nei punti vendita in cui sono venduti i pettini Mizu, così come il catalogo. Lo stile è molto caratterizzante e coerente con il resto dell’immagine del brand. I temi trattati sono inerenti alla filosofia dell’azienda: l’introduzione apre all’immaginario Mizu descrivendo brevemente lo scopo e gli intenti del brand. Si procede poi affrontando il concetto chiave del seguire la propria onda, autidefinirsi tramite un gesto semplice: pettinandosi.

[57] Doppiapagina interna: immagine fotogratica e testo equilibrato a specchio. 82


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[58] Doppiapagina interna: testo a colonne e immagine a tutta pagina.

Infine approfondiamo l’ambito più pratico della scelta dei materiali per la realizzazione dei pettini, dell’attenzione per l’ambiente da parte di Mizu e della sostenibilità dei nostri prodotti che coinvolge l’intero processo dalla produzione, alla distribuzione ed alla vendita. La chiusura è dedicata a rimandi alle pagine social di Mizu ed al sito internet, per ulteriori informazioni e aggiornamenti.

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capitolo due

CATALOGO

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opo aver scelto che pettini utilizzare ed averli effettivamente acquistati abbiamo proceduto con la loro catalogazione, in primo luogo distinguendo due diverse linee della nostra collezione: Nami e Senren. La prima è la linea più economica, in legno di noce esotico. La seconda è invece più raffinata e costosa, in carbonio antistatico color grigio antracite.

[59] Doppiapagina interna: i vari pettini della linea Nami, con relative informazioni su dimensioni, materiali e prezzi. 84


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Il design del catalogo è essenziale: presenta in due diverse sezioni le corrispettive linee di pettini, introducendole con scatti degli oggetti in posa, a tutta pagina. Le fotografie scelte per questo artefatto sono state pensate e scattate da noi presso il Laboratorio Immagine del Politecnico. Abbiamo poi scelto di realizzare la copertina abbinata a quella di Our Wave: unendoli, da chiusi, si può notare una striscia continua che li attraversa.

[60, 61] Pagina interna del catalogo: linea Senren. Pagine seguenti: copertina di brand manual e catalogo affiancate. 85


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capitolo due

SITO INTERNET

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rogettare il sito internet non è stato semplice, nonostante il buon punto di partenza costituito da un template di sito base. Questo è stato poi modificato ricavandone le sezioni desiderate. Accedendo al sito (reperibile sul web all’indirizzo www.mizucombs.com) la prima schermata costituisce un benvenuto, un’introduzione al mondo Mizu, con una selezione di poche immagini e alcune citazioni che ruotano ciclicamente.

[62, 63] Sopra: prima schermata del sito: il mood Mizu reso grazie ad immagini e citazioni. Sotto: sezione “chi siamo”. 88


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Notiamo da subito il logo, presente in alto a sinistra, ed alcuni link, in alto a destra: i primi quattro sono ancore che conducono a sezioni specifiche del sito, e infine troviamo le icone che costituiscono il link alle pagine social di Mizu. La sezione “Chi siamo” spiega in sintesi il mood di Mizu, i suoi valori chiave ed i suoi ideali di riferimento. Il testo si inserisce all’interno di un rettangolo bianco, sopra al pattern ad onde. Notiamo che scorrendo verso il basso per raggiungere questa sezione si è evidenziata una barra nella fascia superiore, che permette di avere un riferimento rispetto alla propria posizione nel sito.

[64] Sezione “shop”, dove è possibile acquistare i pettini. 89


capitolo due

[65] Sezione “shop”, scheda tecnica dedicata al pettine Iki Pocket. La sezione successiva è dedicata alla vendita online e presenta l’intera collezione Mizu. Per acquistare il pettine desiderato è necessario cliccarlo: si aprirà una scheda tecnica specifica per ogni pettine, con una vetrina superiore che mostra l’oggetto posto sulla sabbia, a sottolineare il richiamo con lo zen. Sotto troviamo poi le specifiche del pettine in questione: misure, materiali, prezzo, ed il link per l’ordine ed il pagamento.

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Infine troviamo la sezione dedicata ai contatti: è possibile inviare messaggi di posta elettronica compilando il form apposito. Inoltre abbiamo inserito una mappa interattiva che permette la localizzazione della sede di riferimento di Mizu Srl. In fondo alla pagina troviamo poi alcune informazioni utili, ed un’ancora che rimanda alla home del sito.

[66] Sezione “Contattaci�, mappa e informazioni generali. 91


capitolo due

STRATEGIA SOCIAL

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acebook, Twitter e Instagram sono i canali principali attraverso i quali abbiamo scelto di invitare all’azione il nostro target di riferimento. La strategia social è pensata sia per far conoscere Mizu, sia per creare un sentimento di fedeltà ed interesse attivo nei suoi confronti; ciò si realizza in primo luogo grazie ad un frequente aggiornamento delle pagine social, con pubblicazione di post a tema in base a ricorrenze ed avvenimenti di attualità, anche esterni al brand, pur sempre esprimendo un’opinione critica in linea con i principi di Mizu.

[67, 68, 69, 70] Sopra: post Facebook in cui si comunica il contest #SonoIo. A fianco: condivisione su Instagram di foto #MyWave e su Twiter di post #SonoIo. 92


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Abbiamo inoltre pianificato contest specifici, come ad esempio #SonoIo, che, sulla falsariga di “Humans of New York”, prevede la condivisione da parte dei fan, di immagini e raconti sintetici, relativi a come la loro vita sia cambiata in base alle importanti decisioni affrontate, per riprendere il concetto di autodefinizione e ricerca interiore di Mizu. Tutti i contest offrono premi in palio, quali ad esempio un ingresso omaggio ad alcune importanti SPA in varie città italiane. Il contest viene principalmente diffuso tramite la pagina Facebook, con re-post anche su Twitter e Instagram. Saranno inoltre sfruttati, al di fuori dei contest, alcuni hashtag proprietari da parte di Mizu, come ad esempio #MyWave: chi li utilizza potrebbe venir selezionato e vedere il proprio post ripubblicato dalla pagina ufficiale, ottenendo così visibilità.

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Capitolo 3

MACCHINA COMUNICATIVA

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“Noli respicere”16 grida il momento ma brama nefanda17 guaio coinvolge. Campane in scodelle, suoni ’n tormento18, una Guida pena in gioia rivolge19.

Scendiamo dunque e confondiam’ lor’ lingua20: Computer a uomo più non competa. 21 Tazzinafumante l’irarimpingua Ma‘lsalto 22 nelVUOto 23 gl’animiquieta.

Se dal fin tempo prendesse principio, Di nostr’opera saremmo studenti 24 Tal fu grande nostr’ industrios’ ufficio Nell’eriger’ pareti indipendenti.

Riferimento al mito di Orfeo che, in uscita dall’Ade, si volta perdendo per sempre Euridice 17 “La tentazione villana” 18 Dopo l’ulteriore rifiuto, il gruppo prova odio sia per le campane tibetane coinvolte nel progetto che per il loro suono 19 Riferimento al professor Guida che, dopo la revisione, ha aiutato il gruppo ha ritrovare una via vincente 20 Genesi 11, 1-9: la Torre di Babele 21 Riferimento al logo del linguaggio Java 22 In inglese “Leap”, riferimento allo strumento utilizzato per l’interazione Leap Motion 23 Le prime tre lettere, volutamente rese in maiuscolo, scandiscono il nome del programma che ha permesso la soluzione per la costruzione della macchina 24 “Se si potesse andare indietro nel tempo, noi stessi avremmo seguito delle lezioni dedicate a questo modellino a scuola” 16

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capitolo tre

ESEMPI VARI, SUGGESTIONI

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on è stato facile capire cosa i docenti intendessero come macchina comunicativa. Da subito ci è stato richiesto di pensare a qualcosa di realizzabile e semplice, e ci sono stati mostrati vari esempi, tuttavia le nostre proposte iniziali risultavano sempre troppo complesse e poco coerenti con l’oggetto assegnato, anche perchè per arrivare ad un’installazione che rispecchiasse il brand era necessario per prima cosa individuarne il mood, e quindi la relativa immagine coordinata, a partire dal logo.

[1] “Spatien”, allestimento parte della prima personale in Italia di Katharina Hinsberg, sul tema del disegno. Sezione dedicata alla linea. 100


la macchina comunicativa

[2, 3] Sopra: “Miles and Miles of Sticky Tape”, disegno tridimensionale composto da linee ritagliate e poi posizionate, a cura di Monika Grzymala. Pagine seguenti: Peugeot Design Lab, Milano, zona Tortona, Fuorisalone 2014

Solo così si poteva ricavare un’idea di ambiente interattivo in grado di comunicare i valori del brand, oltre che dell’oggetto in sè. La difficoltà iniziale è stata dunque quella di pensare alla macchina comunicativa pur avendo poco chiaro il contenuto da comunicare. Ci siamo quindi mossi inizialmente attraverso una ricerca di immagini ad ampio raggio relative a espressioni artistiche, installazioni, mostre e quant’altro, che in qualche modo avessero a che fare con l’immaginario del pettine come oggetto. L’analisi è partita dal gesto del districare i capelli, per poi spostarsi sul capello stesso, simboleggiato da fili o cavi.

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capitolo tre

Successivamente abbiamo iniziato a ragionare sul concetto di introspezione, collegato all’idea di pettine zen. La ricerca si è quindi spostata sulla cultura orientale, con i giardini zen, per poi prendere un respiro più internazionale attraverso installazioni in cui l’elemento centrale sono luce ed acqua. Tuttavia si trattava ancora di una ricerca a livello embrionale: suggestioni pure.

[4] “Field of light”, installazione realizzata nel giardino Pirellidel Victoria and Albert Museum dall’artista Bruce Munro grazie alla tecnologia della fibra ottica. 104


la macchina comunicativa

[5, 6] Sopra: “Water: H2O = Life”, la parola acqua è proiettata in tante diverse lingue su una cascata. Installazione permanente dell’ American Museum of Natural History. Sotto: tecnica “ebru” utilizzata per dipingere sull’acqua con colori idrofobi. La vernice viene successivamente raccolta da un foglio, lasciato poi asciugare. 105


capitolo tre

TIBETAN BOWLS

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e campane tibetane sono antichi strumenti musicali a forma di coppa all’interno delle quali è presente acqua, originarie della cultura pre-buddista sciamanica del Tibet. Oggi sono diffuse in tutta l’Asia e reperibili anche in occidente. Vengono suonate attraverso lo sfregamento circolare ripetuto di un martello apposito, che, così come avviene per i calici di cristallo inumiditi, genera un suono intenso e persistente.

[7] Campana tibetana: quando viene suonata l’acqua contenuta si increspa e vibra. 106


la macchina comunicativa

[8] Rendering della stanza.

Definito il mood di impronta zen del nostro brand, una delle prime proposte per la macchina comunicativa è stata quella di una stanza in cui fossero presenti diverse campane tibetane suonate in modo meccanico dai rispettivi martelli, così da generare un suono rilassante ed estremamente zen. Le campane non avrebbero suonato da subito, ma solo se azionate grazie all’interazione del visitatore, il quale pettinandosi avrebbe avviato l’impianto. Analizzando approfonditamente l’idea ci siamo però resi conto di star percorrendo una strada troppo estrema. Il suono delle campane avrebbe potuto provocare anche reazioni di insofferenza e fastidio se considerate in un contesto così lontano dalla loro cultura originaria. Inoltre avevamo inserito solamente solamente una delle connotazioni del brand, e cioè quella del riferimento all’oriente. Tutto ciò che riguarda il “follow your wave”, la personalizzazione e la cura di sè era stato poco considerato.

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capitolo tre

ATMOSPHERES

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a successiva ipotesi di macchina comunicativa poneva il focus sull’utilizzatore: avevamo pensato ad una stanza in cui entrando si avesse a disposizione una serie di diversi pettini appesi che potevano essere usati per pettinarsi. Nel momento in cui un pettine fosse stato preso in mano, un giroscopio e un accellerometro avrebbero rilevato i dati relativi alla velocità ed al ritmo della pettinata. Sulle pareti sarebbero state proiettate immagini generate in base agli input dei sensori, e anche l’audio sarebbe stato variabile, da un rumore caotico di città ad una melodia armoniosa, per allinearsi allo stile della pettinata e con l’ambiente visivo generato. Avevamo ipotizzato una gamma di sei diversi stili di pettinata, a cui corrispondevano stili musicali e visuals differenti. Ci siamo resi presto conto però di quanto questa installazione fosse complicata da realizzare dovendo tener conto di così tante variabili, tra i due diversi sensori e i sei diversi stili. Obiettivamente il tempo richiesto per portare a termine il tutto sarebbe stato eccessivo. Inoltre l’idea non riprendeva alla perfezione i valori del brand.

[9] Rendering della stanza: le pareti sono bianche perchè dovranno supportare la proiezione. 108


la macchina comunicativa

[10] “Garden” è un caleidoscopio mobile di grandi dimensioni realizzato da Saya Miyazaki e Masakazu Shirane nel 2013 per la Biennale di Kobe, all’interno di un container industriale, in cui i visitatori possono entrare e sperimentare continui frammenti di riflessioni di sé e delle superfici circostanti. Anche nel nostro caso la realtà circostante si modifica: con un pettine puoi rilassarti, non pensare alla città e dedicarti a te stesso, dando vita all’ambiente che ti rispecchia. 109


capitolo tre

COMB PRINTER

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isegnare se stessi: questo il concetto che stava dietro all’ipotesi di stampante a pettine. Il visitatore, una volta entrato nella stanza, si sarebbe trovato davanti ad una postazione in cui una fotocamera avrebbe ripreso la sua immagine ed inviato i dati ad un computer, che avrebbe poi trasformato le immagini ricevute in una composizione semplificata al tratto composta da sole linee, piÚ o meno spesse a seconda dei punti di luce ed ombra.

[11] Xanti Schawinsky, Optical Structure, 1943. 110


la macchina comunicativa

Successivamente i dati sarebbero stati inviati alla stampante a pettine, un macchinario in grado di riprodurre un’immagine regolando gli spessori delle linee tracciate dai denti del pettine. L’idea era nata in seguito alla ricerca iconografica sull’Op Art (vedi: Branding, capitolo Pattern), ma dopo averne simulato gli sviluppi abbiamo convenuto che oltre ad essere decisamente complicata da realizzare, quest’idea sarebbe risultata poco interattiva, perciò noiosa. A livello comunicativo non avrebbe destato l’interesse desiderato, quindi è stata bocciata.

[12] Esempi di gestione dell’immagine attraverso linee. Elaborati in stile Op Art. 111


capitolo tre

ZEN GARDEN

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en è uno dei concetti chiave che più spesso viene evocato parlando del nostro brand. Il gesto del pettinare è stato associato, sin dall’inizio della nostra ricerca, al rastrello che imprime la sua impronta rigata sulla sabbia del giardino zen. La sabbia diventa quindi rappresentazione della persona, ed il rastrello è lo strumento attraverso il quale è possibile definire se stessi, elaborare la propria immagine, così come il pettine che riordina i capelli ogni mattina. L’idea di macchina comunicativa era dunque basata sul disegnare la sabbia: la stanza avrebbe avuto un pavimento trasparente attraverso il quale si sarebbe potuto vedere il fondo sottostante, costituito da un giardino zen con sabbia chiara finissima e sassi. Il visitatore si sarebbe accorto presto muovendosi nella stanza che il rastrello presente nel giardino sarebbe stato motorizzato e lo avrebbe seguito nei suoi spostamenti, lasciando disegni striati sulla sabbia. L’interazione in questo caso sarebbe stata evidente, ma avremmo corso il rischio di cadere nel gioco puro, che esclude tutta quella parte di relax e introspezione che il nostro brand ha come valori portanti, ed è per questo che anche quest’idea è stata scartata.

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la macchina comunicativa

[13] Giardino zen: plasmare la sabbia per plasmare se stessi. 113


capitolo tre

SHAPE YOUR WAVE CONCEPT

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na volta determinati i valori di Mizu, l’immagine coordinata ed il suo mood, è risultato molto più semplice giungere a risultati concreti anche dal punto di vista della macchina comunicativa. Shape your wave nasce dalla semplicità di un gesto, che è quello del pettinare. L’obiettivo dell’installazione è quello di portare il visitatore a pettinare le onde di Mizu, che rappresentano capelli, così come un flusso d’acqua. La superficie pettinabile è un telo molto elastico che occupa la maggior parte dello spazio di una delle pareti della stanza, e che deve essere pettinato usando le mani.

Abbiamo preso come modello di riferimento l’installazione Firewall, in cui su un telo sono retroproiettati fili arancioni e rossi dal moto ondoso ritmico ed ordinato, che diventano energicamente movimentati quando il telo viene teso dalla pressione della mano di un visitatore.

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la macchina comunicativa

[14, 15, 16, 17] Primo visual di Shape my wave, senza interazione e con interazione. Pagine seguenti: Firewall. 115


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capitolo tre

SHAPE YOUR WAVE FUNZIONAMENTO

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MACCHINA COMUNICATIVA

Tavola 7

irewall funziona grazie all’azione di Kinect, che è in grado di rilevare la posizione di un corpo in movimento nelle tre dimensioni. Anche per Shape your wave era stato ipotizzato questo procedimento. Contattando gli del artefici Firewall abbiamo ricevuto consigli eazione tangibilediuna Mizu: delle pettinare immagini la luce. più suggestive L’idea poter chedihanno pettinare portato qualcosa alla creazione di etereo di insieme Mizu: pettinare al con- la lu utili all’armonia, in merito allecon difficoltà principalie da loro inerenti ei ilmateriale passaggio tessile dal caos elastico su cui, si èlaconcretizzata pressione iinmovimenti unariscontrate, parete della di materiale mano, la fosse tessile possibile elastico su parte diche interazione tra utente e visual asicausa di problemi di mapècreare una produzione un’esperienza sonora ancora più accompagna immersiva. l’interazione Il pettine in sublima modo quindi da creare all’atto un’esperienza del pettinarsi, ancora patura dello spazio e di scala utilizzata. Abbiamo considerato che questi sarebbero stati gli ultimi problemi in ordine logico.

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la macchina comunicativa

In primo luogo dovevamo infatti trovare il modo di generare una superficie ondosa tramite un linguaggio di programmazione, per poi passare alla parte di interazione con le mani. L’ultimo step sarebbe stato quello della realizzazione fisica del telo in scala, sul quale fare poi le prove di interazione con retroproiezione.

[18, 19, 20] Sopra: Kinect. A fianco e sotto: funzionamento della macchina comunicativa, fronte e retro dell’installazione. 119


capitolo tre

SHAPE YOUR WAVE CODICE

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bbiamo quindi inizialmente approcciato il software Processing, esplorando le pubblicazioni giĂ online di utenti esperti e non. Partendo da un file trovato sul forum del programma siamo poi riusciti a realizzare un primo codice in cui i fili tracciati si muovevano oscillando disordinatamente, e se toccati con il puntatore del mouse si districavano, iniziando a muoversi sinuosamente.

[21] Primo codice, creato in Processing. Fili spettinati che vengono pettinati vicino al puntatore. 120


la macchina comunicativa

Si trattava di una buona base di partenza, ma eravamo ancora agli inizi: ci siamo poi occupati della parte di rilevazione della posizione del puntatore, per far si che questa trasformazione dei fili avvenisse solamente nella zona vicina al punto ove si era registrata la pressione del mouse. Inoltre abbiamo iniziato a curare maggiormente l’aspetto grafico e di coerenza con l’immagine del brand. Il difetto in questo primo codice stava nell’indipendenza delle onde tra loro: non si trattava di un flusso, ma solo di tante linee vicine.

[22, 23] Primissimo codice, creato in Processing. In alto situazione a riposo, ed in basso, situazione con l’interazione, così da pettinare i fili. 121


capitolo tre

Il nostro primo risultato era stato un fallimento, in quanto i capelli si muovevano in modo troppo caotico ed indipendente gli uni rispetto agli altri, andando a formare un’immagine d’insieme decisamente scollata rispetto a quella voluta per Mizu. Nonostante i numerosi tentativi di modifica del codice, non c’è stato modo di renderlo più coerente. Abbiamo quindi cambiato strumento concentrandoci su vvvv, seguendo lo stesso procedimento adottato precedentemente. Dopo una lunga sessione di ricerca abbiamo iniziato a manipolare files che presentavano analogie con quanto volevamo ottenere. Utilizzando le B-Splines e alcuni effetti di animazione siamo riusciti a ottenere per la prima volta un’onda sinuosa ed in linea con l’immagine del brand. In questo caso però abbiamo trovato difficoltà nel rendere la trasformazione del flusso da mosso a liscio in modo localizzato. L’onda infatti era molto mossa inizialmente, e molto liscia se toccata, ma questa trasformazione veniva applicata all’intera immagine, e non alla zona adiacente il puntatore.

[24, 25] Secondo codice, creato in vvvv. Sopra: situazione senza interazione, capelli mossi e disordinati. Pagine seguenti: situazione con interazione, onda pettinata. 122


la macchina comunicativa

[26] File vvvv da cui è stato poi generato il secondo codice, modificando vari parametri. 123


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capitolo tre

Non riuscendo ad ottenere i risultati voluti nemmeno con vvvv siamo poi tornati a Processing. L’idea era quella di affrontare il problema in modo più matematico, chiedendo al programma di far muovere dei punti su una traccia sinusoidale non visibile, così da formare delle onde in movimento che fossero coerenti con l’immagine di Mizu, muovendosi come se appartenessero ad una stessa superficie fluida. Abbiamo poi studiato, a partire da un file reperito sul forum di Processing, come creare un’interazione vicino al puntatore in modo da trasformare questi punti. L’effetto finale è quello di un tessuto che viene teso ampiamente in una direzione, creando così più anse non statiche, ma che restano influenzate dallo scorrere dei punti. Il problema principale del terzo codice era il fatto che servisse un’altissima potenza computazionale per trasformare i punti separati in vere e proprie linee continue, avvicinandoli. Inoltre l’effetto dell’interazione non ricordava molto l’azione del pettinare, e si sarebbe poi confusa con l’effetto che il telo naturalmente crea una volta teso.

[27] Terzo codice, creato in Processing. Onde di punti che si muovono seguendo una sinusoide. 126


la macchina comunicativa

[28] Terzo codice, creato in Processing. L’effetto nel momento dell’interazione col cursore. 127


capitolo tre

[29] Mappatura delle mani catturata attraverso il Leap Motion, e restituita nel computer.

Il quarto codice generato deriva da un cambiamento radicale nel nostro approccio: abbiamo riscontrato diversi problemi nell’interazione realizzata tramite Kinect, e ricercando alternative su internet abbiamo poi ritenuto valida la strada del Leap Motion, un dispositivo in grado di rilevare la posizione nelle tre dimensioni delle mani dell’utente. Il suo scopo principale è quello di rendere simil-touch lo schermo di computer non dotati di touch-screen. Lo abbiamo posizionato davanti allo schermo del computer e abbiamo cercato di elaborare un’interazione tra le mani ed il codice. Dopo aver sperimentato con Processing e Quartz Composer ci siamo resi conto che era necessario un software più agile per quanto riguarda l’interazione con Leap Motion. Un’ulteriore ricerca ci ha portato a scoprire Vuo, un software recentissimo dall’interfaccia a nodi come vvvv, in grado di comunicare con Leap Motion.

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la macchina comunicativa

Con Vuo abbiamo generato una griglia 3D di sole colonne per creare le strisce. Queste sono applicate su un generatore di rumore che origina due colori: bianco e nero. Infine è applicato un displacement, dove è nero l’onda viene resa bassa e dove è bianco invece alta. Il centro del livello di rumore è in continuo cambiamento e questo fa si che le onde si muovano in modo sempre diverso. Il Leap Motion legge le coordinate della mano solo se essa supera una certa posizione. La x e la y individuano il centro di un cerchio nero di raggio z che va a sovrapporsi al rumore precedentemente descritto. La dimensione del cerchio aumenta all’avvicinarsi della mano allo schermo. In questo modo, al generatore di rumore si sovrappone il nero del cerchio, che rende liscia l’onda laddove vi è la presenza della mano. La musica è un file audio in loop il cui volume è un multiplo della z corrispondente alla posizione della mano rilevata dal Leap Motion: maggiore sarà la pressione più alto sarà il volume. Quest’ultimo è stato poi scelto come codice per la realizzazione di Shape your wave. Abbiamo proceduto, una volta finito il prototipo, con alcune prove pratiche per verificare il funzionamento anche con il telo, ma abbiamo riscontrato dei problemi in quanto il Leap Motion non è in grado di rilevare la posizione delle mani sopra di esso per spazi superiori di 30 cm circa. Il prototipo è alto un metro: ciò significa che la parte effettivamente funzionante corrisponde ad una fascia di telo in basso. Abbiamo quindi recuperato un Kinect e iniziato a sperimentare l’interazione, riscontrando risultati accettabili, seppur non perfetti come era invece nel caso dell’interazione a schermo con il Leap Motion.

[30] Leap Motion: dispositivo che rileva la posizione delle mani. 129


capitolo tre

[31] Quarto codice, generato in Vuo: onda senza interazione. 130


la macchina comunicativa

[32] Quarto codice, generato in Vuo: onda pettinata (notare i fili lisciati sulla destra). 131


capitolo tre

SHAPE YOUR WAVE MODELLO & PROTOTIPO

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apevamo di dover realizzare un modellino dell’installazione in scala, per mostrarne l’ambiente pensatovi attorno, e di dover costruire un prototipo funzionante della macchina comunicativa. Essendo questa costituita da un telo molto semplice abbiamo pensato che non avrebbe dato l’effetto desiderato se estratta dal contesto della stanza stessa. L’idea è stata quindi quella di realizzare un modellino-prototipo funzionante, in scala 1:4: un cubo dal lato di un metro, all’interno del quale inserire il telo stesso, come quarta parete.

[33, 35] La scelta dei materiali per il modello. 132


la macchina comunicativa

Questo ci avrebbe permesso di far percepire meglio l’essenza della macchina comunicativa, ricreando la stanza in proporzioni nemmeno tanto più piccole di quella a dimensione reale. Ci siamo quindi organizzati per acquistare il materiale necessario, che di certo non è stato semplice da trasportare. Si trattava infatti di cinque pannelli in pioppo, di spessore di otto millimetri e larghi un metro per un metro per le pareti ed il soffitto, più una di base sempre in pioppo spessa un centimetro e larga un metro per un metro per il pavimento. Inoltre servivano vari pezzi per le giunture sganciabili tra le pareti, così da rendere il modello smontabile, delle guide in metallo per incastrare le pareti nel pavimento, il telo, la graffettatrice e le sue ricariche, la vernice, le luci led colorate regolabili, un pannello in plexiglass per il controsoffitto, ed un cactus come mascotte: Roberto.

[34] La nostra piccola mascotte, tutta da pettinare. 133


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Anche la fase successiva, quella del montaggio, non è stata semplice: alcune delle nostre ipotesi iniziali su come assemblare parti ed utilizzare strumenti sono risultate inefficaci, e abbiamo dovuto risolvere i problemi che si presentavano di volta in volta, superando gli ostacoli. Complessivamente il lavoro per costruire il modellino è durato oltre un mese, comportando un gran dispendio di energie, tempo e risorse. Nel dettaglio: inizialmente abbiamo fissato le guide alla base, poi abbiamo limato il fondo delle pareti, così da farlo scorrere più facilmente nelle guide. Abbiamo poi fissato i ganci per permettere di collegare le pareti tra loro ed al soffitto. Per ricavare l’ingresso ci siamo serviti di un seghetto elettrico e di tanta pazienza: pezzo per pezzo abbiamo staccato l’intero blocco della porta. Abbiamo poi montato l’impianto luminoso, fissando i led a striscia al soffitto e poi costruendo il controsoffitto distanziato, così da dare un effetto di luce diffusa.

[36] Assemblaggio: ci si confronta costantemente per non fare scelte avventate. 136


[37] Intagliare la porta: un lungo lavoro.

Dopodichè abbiamo stampato ed applicato le texture per le pareti: un nastro di carta largo tre metri ed alto un metro, poi suddiviso. Infine abbiamo dipinto il pavimento e la cornice dello schermo, l’uno di blu, l’altra di bianco, grazie all’aiuto di un falegname esperto. La cornice per lo schermo era stata tagliata da un falegname del negozio dove abbiamo acquistato i materiali, e limata da noi precedentemente. Per completarla è bastato fissare bene il telo sul retro con la graffettatrice. Ultimo importante dettaglio sono gli arredi interni. Si tratta di pochissimi oggetti dal design essenziale: tre ripiani rialzati in plexiglass trasparente su cui abbiamo riposto, anch’essi riprodotti in scala, il catalogo, il magazine e le due collezioni di pettini Mizu.

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Il processo di costruzione del modello è stato in gran parte ripreso con una telecamera: questo ci ha successivamente permesso di montare un breve video in cui raccontiamo sinteticamente il percorso di creazione della stanza ed il mood che la macchina comunicativa intende ottenere nel momento dell’esperienza finale con l’interazione dei visitatori.

[38, 39] Fotogrammi del video. Sopra: intaglio della porta. Sotto: fissaggio del controsoffitto. 138


Pur essendo di dimensioni ridotte la stanza riesce a comunicare con buoni risultati il mood di Mizu e i concetti relativi al pettinare inteso come gesto intimo, rilassante, e in grado di definire la propria personalità. Shape your wave è un’installazione immersiva in quanto coinvolge più sensi: la vista, dal momento in cui lo spettatore è completamente circondato da onde-capello grazie ai pattern a parete ed alla proiezione dei fili su schermo; il tatto, perchè la prolungata esperienza aptica della mano sul telo genera una lieve sensazione di formicolio sulla pelle, dall’azione rilassante; ed infine l’udito, poichè abbiamo aggiunto un file audio il cui volume è inizialmente basso, ed aumenta con l’aumentare della pressione delle mani sul telo. Nonostante alcuni problemi riscontrati nel momento delle prove pratiche di interazione tra modello e codice, dovuti principalmente a caratteristiche intrinseche del Leap Motion, consideriamo il progetto concluso con buoni risultati, in quanto siamo riusciti a sviluppare un codice perfettamente funzionante a schermo, e funzionante anche nel modello, anche se con qualche difetto nell’interazione.

[40, 41] Sopra: Fotogramma del video, assemblaggio delle pareti. Pagine seguenti: modello finito. Dettagli. 139


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ingraziamo di cuore per la gran disponibilità il professor Francesco Ermanno Guida, Pietro Buffa Di Castelalto, Andrea Braccaloni e Alessandro Masserdotti. Ringraziamo poi tutti coloro che hanno aiutato durante il nostro percorso, portando il loro contributo nelle più svariate modalità: il falegname Francesco, che ha intagliato la cornice, l’artigiano Luca, un uomo molto paziente, Conny, che ci ha nutrito durante molte pause pranzo, il portinaio Renato, che ci ha prestato attrezzi da lavoro per realizzare il modello, Roberto il cactus, la mamma di Paolo Sacerdoti, che ha messo a disposizione uno spazio di lavoro permanente durante questi mesi (questa disponibilità le è costata un tavolo).

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“E tutte quelle idee andranno perdute nel tempo, come lacrime nella pioggia. Ăˆ tempo di pettine.â€?

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