Italia Tra Propaganda e Storia
Filippo Sanzeni - A.A. 2013/2014 Laboratorio di Teorie e Pratiche del Progetto
Indice Giolitti e le riforme liberali (1900-1911) Avvisaglie di guerra (1896-1911) Guerra e pace di Versailles (1915-20) La marcia su Roma e la nuova dittatura (1922-24) Dottrina fascista, squadrismo e standardizzazione della cultura Politica estera verso una nuova guerra (1922-40) Sconfitta militare e politica (1940-43) La liberazione (1943-45) Il CLN e la fine della monarchia (1945-47) I nuovi partiti italiani: la DC I nuovi partiti italiani: il PCI Fine del boom economico e contestazioni (1965-68) Strage di piazza Fontana e gli anni di piombo (1969-1980) Brigate Rosse e omicidio di Moro (1978) Strage di Bologna (1980) Cade il Muro e finisce la Guerra fredda (1989) Tangentopoli (1992-1996) I processi a cosanostra e l'omicidio di Falcone e Borsellino (1986-92) L'Italia della Seconda Repubblica (1992-94)
Senza Memoria non c’è Futuro.
Giolitti e le riforme liberali
Non è impossibile da governare l'Italia, è inutile. Giovanni Giolitti
1900 - 1911
Negli ultimi anni del XIX secolo l'Italia conobbe un periodo di sviluppo industriale ed economico che però ben presto si trasformò in una serie di disordini sociali che lo Stato cercava di sedare con l'uso della forza. Il XX secolo infatti si aprì con l'uccisione del re Umberto I a Monza (29 luglio 1900) ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci. Il nuovo sovrano, Vittorio Emanuele III, decise di abbandonare i moti repressivi e di inserire nella vita dello Stato le masse. Nel 1903 il sovrano affidò il Governo a Giovanni Giolitti che governò fino al 1913.
Gaetano Bresci.
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Giolitti e le riforme liberali
Per quanto riguarda la Politica Estera Giolitti cercò di mantenere buoni i rapporti diplomatici con Francia e Inghilterra soprattutto per ricevere sostegno nelle nuove imprese coloniali italiane.Nel 1911 l'Italia dichiarò guerra all'Impero Ottomano invadendo la Libia. Sbarcò a Tripoli, vinse ad Ainzara e dopo esser penetrato nello stretto dei Dardanelli occupò Costantinopoli. Dopo la Pace di Losanna Giolitti rivendicò il possesso della Tripolitania e della Turchia.
Busto di Giovanni Giolitti.
1900 - 1911
Giolitti fu famoso per la sua “doppia faccia” politica.
Lo sviluppo industriale in Italia incontrava numerosi ostacoli, inoltre era un fenomeno che riguardava principalmente il Nord, vedi ad esempio il "triangolo industriale" formato dalle città di Milano, Torino e Genova. Giolitti si rendeva conto della gravità della "questione meridionale" per cui adottò verso il Mezzogiorno una nuova politica fondata su legislazioni speciali. Nel 1904 furono approvate leggi speciali per Basilicata e Napoli che volevano inizializzare l'industrializzazione al Sud.Durante il governo di Giolitti il PIL Italiano aumentò del 70% circa.
Manifesto propagandistico che inneggiava alla nuova Tripoli italiana.
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Avvisaglie di guerra
Ăˆ facile apparire intelligenti, quando si è belli! Vittorio Emanuele III, al figlio Umberto
1896 - 1911
Pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia, il 3 agosto 1914, il governo presieduto da Salandra dichiarò la neutralità dell'Italia. Sul piano formale si era richiamato a una delle clausole del trattato della Triplice alleanza, che prevedeva l'intervento militare solo in caso di aggressione a una delle tre monarchie. In realtà , il paese era diviso tra neutralisti e interventisti. Fra i primi, in maggioranza, i cattolici, i liberali di Giolitti e i socialisti; fra i secondi, gli irredentisti, i liberali conservatori, i socialisti riformisti, poi i repubblicani e l'ala defezionista socialista guidata da Mussolini.
Ritratto fotografico di Vittorio Emanuele III
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Avvisaglie di guerra
Il passo decisivo per il mutamento delle alleanze fu rappresentato dal patto firmato segretamente a Londra il 26 aprile 1915 con i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale l'Italia si impegnava a scendere in guerra a fianco dell'Intesa. In cambio, in caso di vittoria avrebbe ottenuto, fra l'altro, il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste, Gorizia, Gradisca, parte dell'Istria e della Dalmazia, diritti sull'Albania. Dopo la denuncia della Triplice alleanza il 3 maggio, il governo Salandra presentò al governo di Vienna la dichiarazione di guerra il 23 maggio 1915 , fissando l'inizio delle ostilità al giorno successivo.
Ritratto fotografico di Antonio Salandra
1896 - 1911
Poco dopo l'inizio delle ostilità, a nord sul fronte alpino fu occupata Cortina d'Ampezzo, il Monte Altissimo, il Coni Zugna e il Pasubio, mentre il caposaldo del Col di Lana fu attaccato senza risultato. A est fu raggiunta Monfalcone, Plava e a metà giugno fu conquistato il Monte Nero. Subito dopo iniziò la lunga serie di battaglie che presero il nome dal fiume Isonzo perché combattute in gran parte sulle sue rive e nelle zone circostanti. A fronte di qualche chilometro di terreno conquistato le perdite globali in questa porzione del fronte, assommarono a oltre 300.000 uomini: 131.000 austriaci e 173.000 italiani, tragico risultato della cosiddetta guerra di logoramento o di materiali.
Ritratto fotografico di Gabriele D’Annunzio, sostenitore agguerrito dell’interventismo italiano.
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Guerra e Pace di Versailles
Cima Quattro il 23 dicembre 1915 Un'intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d'amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita Giuseppe Ungaretti
1915 - 1920
I militi italiani per la propaganda erano “difensori della patria”.
Luigi Cadorna, succeduto a Pollio, pur nell'incertezza della situazione politica interna ed estera, diede inizio alla mobilitazione e poco dopo lo scoppio delle ostilità si trovò ad avere a disposizione 4 armate. Il piano d'attacco del comando supremo italiano prevedeva in Trentino azioni locali miranti a impadronirsi di postazioni più favorevoli alla difesa, cercando di diminuire l'estensione del pericoloso saliente a sud di Trento. Nella zona del Cadore era previsto un attacco verso la piana di Dobbiaco e di Sesto mentre lo sforzo principale doveva essere esercitato a est, oltre l'Isonzo, verso Gorizia e Trieste e poi verso Lubiana e Zagabria, in coordinamento con le azioni di russi e serbi. Per supportare le ingenti spese di guerra, vennero affissi molti manifesti che chiedevano un appoggio finanziario al cittadino.
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Guerra e Pace di Versailles
Il secondo anno di guerra sul fronte italiano fu caratterizzato da una violenta offensiva austriaca sferrata in Trentino e dal proseguimento delle operazioni sull'Isonzo. Sulla base delle decisioni prese negli incontri interalleati di Chantilly, nel dicembre 1916, e di Roma, nel gennaio 1917, il comando supremo italiano approfittò della stasi invernale per riorganizzare le truppe. In Maggio Cadorna ordinò una nuova offensiva nel settore dell'Isonzo, la decima dall'inizio del conflitto. Nei primi mesi del 1918 il nuovo capo del governo italiano Vittorio Emanuele Orlando e il nuovo capo di stato maggiore Armando Diaz proseguirono nell'opera di razionalizzazione della produzione bellica e nella riorganizzazione dell'esercito. Dettagio del manifetso lanciato da D’Annunzio su Vienna durante il suo famoso Volo sulla città.
1915 - 1920
Il prezzo in vite umane della scellerata guerra fu altissimo, con oltre 600.000 caduti. Ad ogni modo, venne stipulato nell'ambito della Conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 la Pace di Versailles, che poneva fine al conflitto. Esso sancĂŹ la nascita della SocietĂ delle Nazioni, organizzazione intergovernativa con lo scopo di arbitrare i conflitti tra le nazioni prima che si arrivasse alla guerra. Tra le disposizioni previste dal trattato di Versailles c'era la perdita delle colonie e di territorio da parte della Germania.
Potenze sedute al tavolo delle trattative a Versailles.
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La Marcia su Roma e una nuova dittatura
Giovinezza, Giovinezza Su, compagni in forti schiere, marciam verso l'avvenire Siam falangi audaci e fiere. Pronte a osare. Pronte a ardire. Marcello Manni, musica di G. Blanc
1922 - 1924
Mussolini, dopo essere stato espulso dal quotidiano Avanti! Il 14 Novembre 1914, fonda un nuovo periodico “socialista”, il Popolo d'Italia, pochi giorni dopo. Pochi anni dopo, finita la guerra e fondati i Fasci di Combattimento, la sede dell'Avanti! venne distrutto da gruppi di destra. Dopo le disastrose elezioni 21 Novembre 1920, le squadracce attaccano il palazzo d'Accursio a Bologna. È l'inizio del regno di terrore Mussoliniano.
Il viso del duce secondo l’Istituto Luce
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La Marcia su Roma e una nuova dittatura
Sfilata dei alcune camicie nere davanti al Quirinale.
Il fascio littorio è un antico simbolo romano di potere ed autorità, formato da verghe legate insieme da nastri rossi. Esso venne ripreso da vari movimenti politici ed entità statali a partire dalla fine del XVIII secolo, divenendo quindi simbolo dei Fasci italiani di combattimento di Benito Mussolini nel 1919.
Il 28 ottobre 1922 ha luogo la marcia su Roma con cui Benito Mussolini riesce a prendere il potere. Il gesto si ispira all’iniziativa di Cesare che è entrato a Roma con l’esercito e in questo modo inizia la guerra civile che sconvolge l’antica Roma. Decine di migliaia di fascisti, che si trovano sistemati nelle vicinanze di Roma, marciano sulla città, chiedono al re Vittorio Emanuele III il potere e sono pronti ad usare la violenza per ottenerlo. I fascisti sono 25-30.000 e occupano gli uffici pubblici, le stazioni e le centrali telefoniche. Il re, invece di dichiarare l’assedio di Roma, incarica Mussolini di formare il nuovo governo: è l’inizio del Ventennio fascista.
1922 - 1924
Il culto di Mussolini, “il solo Capo, da cui ogni potere promana. Il pilota, il solo pilota cui nessuna ciurma può sostituirsi”, si sviluppò a partire dal 1926 per iniziativa di Augusto Turati, segretario del Partito nazionale fascista fino al 1930. Nel decennio successivo, durante la lunga segreteria di Achille Starace, l’inventore del cerimoniale che impose di accompagnare ogni apparizione in pubblico di Mussolini con il saluto romano al duce, l’ex insegnante delle elementari fu trasformato in eroe e quasi santo, un “uomo della Provvidenza”, come era stato definito da papa Pio XI dopo la firma, nel 1929, dei Patti lateranensi.
Ritratto fotografico di Mussolini.
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Dottrina fascista e squadrismo
Il fascismo era all'apice del consenso...L'antifascismo organizzato agonizzava, mentre gli arresti falcidiavano le esigue schiere dei cospiratori. Giovanni De Luna
1919- 1945
Il pensiero e la dottrina fascista furono illustrati nel breve saggio ‘La dottrina del fascismo’, pubblicato nel 1935, scritto da Mussolini stesso e dal filosofo Giovanni Gentile. I capisaldi della “filosofia” fascista erano l'abnegazione, la disciplina e la Vis romana. Il fascismo “Concepisce la vita come lotta, pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità.” Il fascismo attinse a piene mani, come fece anche il nazismo, alla cultura folkloristica della nazione, soffermandosi soprattutto sul mito di Roma caput mundi.
Slogan fascisti sul muro di una casa a Lavenone.
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Dottrina fascista e squadrismo
Queste immagini propagandistiche riassumono le mire autarchiche del governo fascista: dalla produzione tessile nazionale, alla “Battaglia del Grano”, all’esortazione/ obbligo di acquistare prodotti italiani.
Durante i primi quattro anni di governo, dal 1922 al 1925, Mussolini tenne una politica economica liberale sotto il Ministero delle Finanze di Alberto Di Stefano Dal 1934, dopo le dimissioni del ministro in seguito a pressioni politiche, tra gli obbiettivi principali della politica economica venne posta l'autarchia. Nel 1935, in seguito all'invasione dell'Etiopia, la Società delle Nazioni decretò l'applicazione di sanzioni commerciali nei confronti dell'Italia. Questo spinse Mussolini a raggiungere l'autarchia economica più rapidamente, rafforzando l'idea che l'autosufficienza fosse essenziale per la sicurezza nazionale. Fu lanciato lo slogan “Preferite il Prodotto Italiano”.
1919- 1945
Gli avversari politici del fascismo che più si mettevano in vista venivano aggrediti a tradimento. Nella sola pianura padana, nei primi sei mesi del 1921, gli attacchi operati dalle squadre fasciste furono 726. Gli organi dello Stato che avrebbero dovuto mantenere l'ordine, non intervennero per reprimere le illegalità. Talvolta il popolo seppe resistere con coraggio e dignità alle violenze. Epica fu, ad esempio, la difesa di Parma, assalita da migliaia di fascisti nell'agosto del 1922. La città si armò, alzò le barricate, respinse per oltre due giorni gli attacchi. Le squadracce fasciste chiesero allora l'intervento dell'esercito, che accolto con entusiasmo dalla popolazione, si rifiutò di combattere.
Camicie nere davanti a un mezzo da ricognizione.
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Politica estera verso una nuova guerra
« Noi siamo contro la vita comoda !» Benito Mussolini (Dalla nota VI dell'articolo scritto per la voce ‘Fascismo’ dell'Enciclopedia Italiana Treccani)
1922- 1940
L’espansionismo imperialistico, il bellicismo e l’aggressività costituiscono i caratteri salienti del dna fascista e pertanto ne caratterizzano la politica estera. Negli anni Venti, tuttavia, il fascismo si limita alla propaganda verbale con la richiesta di revisione dei trattati di pace, sia perché la situazione internazionale è relativamente calma, sia perché il regime, e Mussolini in prima persona, hanno bisogno di consolidare la propria immagine a livello internazionale. Anche se, fin dal 1923, quando il duce ordina l'occupazione dell'isola di Corfù, è chiaro che uno dei principali obiettivi del fascismo è quello di scardinare gli assetti europei usciti dal trattato di Versailles. Interessante fu lo sforzo del regime di indottrinare politicamente le giovani menti. In questo manifesto in particolare troneggia il motto “Credere, Obbedire, Combattere”.
Politica estera verso una nuova guerra
I fascisti (e, purtroppo, non solo loro) erano convinti che l’Italia era vittima della cosiddetta “Vittoria mutilata” dopo la Grande Guerra, quindi era diritto italicissimo di fondare un impero.
La prima pagina della Domenica del Corriere. “Tutti i territori dell’Impero sono occupati. Le popolazioni, sottomesse, salutano il Tricolore”. La propaganda, come il lettore avrà capito, lavorava per eufemismi.
Un netto cambiamento di rotta si verifica a cavallo tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, in concomitanza con l’ascesa al potere di Hitler in Germania e l’accentuarsi delle tensioni in Europa. Il 3 ottobre 1935 Mussolini dichiara guerra all’Etiopia, dando così il via a quell’opera di destabilizzazione del quadro internazionale che culminerà nella seconda guerra mondiale e che vedrà l’Italia impegnata al fianco della Germania nazista. La campagna d’Africa, che si conclude nel maggio 1936 con l’occupazione di Addis Abeba e la proclamazione dell’Impero, segna anche la fine della politica di buon vicinato tra l’Italia e le democrazie europee.
1922- 1940
Le tappe fondamentali del rapporto con la Gremania nazista furono: - 25 novembre 1936 Formazione dell'asse Roma-Berlino-Tokyo. In questo modo le tre potenze si legano in un rapporto di alleanza privilegiata. Nello stesso anno vengono mandate truppe italo-tedesche in appoggio alle truppe del generale Francisco Franco. - 1937 Patto Anticomintern fra Italia, Germania e Giappone. - 1938 Promulgazione delle legge razziali da parte del governo italiano. - 22 maggio 1939 Firma del Patto d'Acciaio che impegna il fascismo in un'alleanza militare con il nazismo e ne segna il definitivo destino comune.
Il fascismo visto dalla rivista americana per gentlemen Esquire.
Sconfitta militare e politica
Come si riconosce un grande statista? Forse che non commette errori? Certo che ne fa. Anzi, un grande statista proprio da questo si vede, che pi첫 coglionate fa e pi첫 resta in sella. Fascisti su Marte
1940 - 1943
La fase che porta l’Italia fuori dal conflitto bellico e verso le elezioni del 1948, si deve suddividere in due periodi ben distinti: la prima fase va dal 1943 al 1945, la seconda dal 1945 al 1947-48. La transizione dal Fascismo alla Democrazia è rappresentabile soprattutto come un inestricabile groviglio di interessi contrapposti. Il Re che ha in mano le sorti dell’Italia dopo la sfiducia del PNF a Mussolini, cerca di mantenere l’ordine continuando la guerra e instaurando un controllo di stampo monarchico sulla popolazione, ormai stremata dalla guerra e sfiduciata. I Savoia non possono far altro che avversare sia la Repubblica Sociale di Mussolini, sia i Nazisti che la foraggiano e le chiedono di restaurare il Fascismo in Italia.
Lo stemma araldico della RSI.
Sconfitta militare e politica
Gli ultimi, disperati tentativi di propaganda fascista.
Mussolini, rifugiatosi alle soglie del regno del Furher, combatte due tipi di nemici: i Savoia dai quali rivorrebbe il potere e gli Antifascisti. Quest’ultimi da isolati contestatori, si trasformano in brigate organizzate contro il Duce, ma anche contro il Re al quale non perdonano la fuga da Roma e la colpevole mancanza di risolutezza, sfociata nella tardiva firma dell’armistizio. Nel 1943 dopo la destituzione di Mussolini, comincia il “rimpatrio” dei rifugiati politici dall’estero, perseguiti durante il Fascismo: il segretario del PCI Togliatti ritorna in Italia da Mosca, quello del PSI Nenni viene rilasciato dopo essere stato catturato da una pattuglia nazista.
Gli antifascisti partigiani erano “banditi” per il regime.
1940 - 1943
Nei famosi 45 giorni che vanno dalla destituzione di Mussolini del 25 Luglio 1943, alla firma dell’armistizio dell’8 Settembre 1943, le indecisioni di casa Savoia influiscono sull’Italia e sugli italiani, a tal punto da spingere i reali a fuggire da Roma, lasciandosi alle spalle il rancore dalla popolazione. In questo periodo l’Italia è teatro di scontro tra USA e Germania nazista, tra alleati e nemici, sul suolo patrio. In questo scenario, che Dante avrebbe potuto immortalare benissimo con versi come: “Ah serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello!”, si affaccia il CLN.
Il numero de Il Corriere Alleato del 5-6 maggio 1945. La guerra in Italia è finita. I tedeschi si sono arresi. (Archivio Pellegrini)
La Liberazione
Un popolo ha la libertà per cui è disposto a lottare. Anonimo
1943 - 1945
Roma, ultimi giorni di maggio, primi giorni di giugno. La città con il suo milione e mezzo di abitanti vive come trasognata, in apatica stanchezza, inerte sotto guai e angherie che pare non debbano mai avere fine. Improvvisamente, il pomeriggio del 3 giugno, le cose precipitano. Gli abitanti delle case lungo i viali Margherita, Liegi, Parioli, lungo il Corso e la via Flaminia, vedono passare in fila ininterrotta cannoni, carri armati, autocarri che si dirigono verso settentrione. La gente guarda, assiepata sui marciapiedi, non osa pensare che sia vero.
Una Roma devastata dalla guerra, particolare.
La Liberazione
Verso le due del pomeriggio del 4 il flusso si attenua, si arresta. Il rumore della battaglia, piÚ chiaro ora nel silenzio delle strade, non pare avvicinarsi. Dalle terrazze si vedono i colli dei Castelli avvolti da una nebbia, da un fumo fermo. La sera scende limpida, fresca. Il crepuscolo si è fuso col chiarore della luna che sorge. Rientrano in casa i cittadini, disciplinati, all'ora del coprifuoco; ma indugiano sulle soglie, stanno alle finestre, tendono l'orecchio al grande silenzio. Ed ecco scoppi di combattimento vicinissimo, battere di mitragliatrici, latrati di bombe. E di nuovo il silenzio, limitato da un uguale lontano brontolio di motori.
Gli Alleati entrano trionfalmente a Roma.
1943 - 1945
[...] La piazza è deserta, chiara nella luce della luna. Un enorme carro armato è fermo all'angolo delle Quattro Fontane; quando ci arriviamo, vediamo una fila di altri carri su per la salita, fermi. C'è attorno un brusio, d'una piccola folla curiosa, alacre, che non grida, che non acclama. Un soldato altissimo, magro, è in piedi a terra davanti al primo carro, mastica qualcosa. La gente lo guarda, non dice niente. Chiedo; «Where do you come from?» «From Texas», risponde. Paolo Monelli - Roma 1943 – Einaudi 1993, estratto.
Prima pagina del giornale “Il Partigiano”, che annuncia la liberazione dell’iItalia e inneggia alla creazione della Repubblica Socialista.
Il CLN e la fine della monarchia
Insorgere! Risorgere! Emilio Lussu
1945 - 1947
Il Comitato di Liberazione Nazionale riunisce tutti i partiti antifascisti, sotto un unico cartello avverso al Duce. Socialisti e Democristiani, Comunisti e Repubblicani, Liberali e Monarchici si trovano tutti d’accordo nel voler combattere anche con l’uso della forza il nemico nazista, scacciandolo dall’Italia con l’aiuto degli alleati. Questi partiti-combattenti per la patria, si impegnarono a consegnare nelle mani degli alleati i territori mano a mano liberati dal dominio nazista.
Gli antifasciti non avevano certo vita facile. La pena era ampiamente documentata dalla propaganda dell’RSI.
Il CLN e la fine della monarchia
La reazione della popolazione italiana alla vera e propria guerra civile in atto, tra partigiani del CLN e alleati USA contro la Repubblica Sociale e i Nazisti, fu contraddittoria. Il Fascismo seguitava a dipingere i partigiani come nemici dell’Italia, portatori di un disordine sociale che solo il Duce riusciva a contenere; la popolazione era facilmente suggestionabile dopo vent’anni di propaganda fascista e alla novità democratica preferiva (in buona parte) le certezze del passato, il demiurgo risolutore venuto a salvare tutti.
L’antifascismo non si fece mai scoraggiare dalle minacce fasciste.
1945 - 1947
Tra i partiti del Cln naturalmente non mancano contrasti e divergenze di vedute e già durante la fase dei governi di unità nazionale si cominciano a mettere a punto gli strumenti per la successiva, inevitabile, lotta per la conquista del potere. Il 2 giugno 1946, oltre al referendum istituzionale tra monarchia e repubblica, gli elettori votano anche per eleggere l’Assemblea Costituente, che dovrà ridisegnare l’impianto istituzionale italiano. È la prima occasione – dopo il voto per le amministrative – che le forze politiche post-fasciste hanno di "contare" il proprio seguito tra gli elettori: DC 35,2%, PSI 20,7%, PCI 20,6%, UDN 6,5%, Uomo Qualunque 5,3%, PRI 4,3%, Blocco nazionale delle libertà 2,5%, Pd’A 1,1%.
Assemblea Costituente, dettaglio.
I nuovi partiti: la Democrazia Cristiana
Per fare le cose, occorre tutto il tempo che occorre. Aldo Moro
1942
In questo scenario convulso si distinse subito una forza politica: la Democrazia Cristiana, partito apertamente confessionale e appoggiato dalla Chiesa, ma convintamente anti-fascista. Tuttavia, la posizione politica della DC sulle modalità di lotta era ambigua, perché da un lato la Chiesa predicava ai fedeli di attendere e pregare per il futuro, mentre la lotta partigiana prevedeva scontri e azione. La Resistenza non poteva essere passiva e la DC ne era consapevole. Altro partito maggioritario del CLN era il PCI, che si contraddistingueva per un diretto rapporto con l’Unione Sovietica e per una ferrea disciplina interna, che rendeva il rapporto del militante con il Partito simile al rapporto del fedele con la religione.
Logo della Democrazia Cristiana.
I nuovi partiti: il Partito Comunista Italiano
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci
1921
Altro partito maggioritario del CLN era il PCI, che si contraddistingueva per un diretto rapporto con l’Unione Sovietica e per una ferrea disciplina interna, che rendeva il rapporto del militante con il Partito simile al rapporto del fedele con la religione. I rapporti tra i Comunisti italiani e l’URSS furono sempre problematici da spiegare in Italia, eppure l’attacco tedesco alla Russia di Stalin durante la Seconda Guerra Mondiale, portò all’alleanza tra USA e Russia contro la Germania. Da Mosca partì l’ordine al Partito Comunista Italiano di allinearsi alle alleanze larghe con la DC, per combattere uniti il nemico comune nazista.
Logo del Partito Comunista Italiano.
Fine del boom economico e contestazioni
Non rivendicheremo niente, non chiederemo niente. Noi prenderemo, noi occuperemo. Slogan de ‘68
1965 - 1968
La ricostruzione dopo la guerra fu possibile grazie al piano Marshall attraverso cui l'Italia ottenne aiuti, finanziamenti e commesse dagli USA. Il sud intanto era sempre in condizioni misere. Ci furono agitazioni e tumulti popolari; nel 1950 venne approvata una riforma agraria per cui le terre incolte potevano essere distribuite tra i più poveri. Tra il 1958 e il 1962 l'Italia fu teatro di un boom economico in cui passò dall'essere arretrata a Paese fortemente industrializzato. Le industrie che resero possibile questo sviluppo furono: l'automobilistica, elettrodomestica e plastica, ed erano concentrate al nord verso il cui partì una forte immigrazione dal sud Italia. Propaganda che riconosceva i meriti del Piano Marshall.
Fine del boom economico e contestazioni
L'aumento degli investimenti degli anni precedenti, sommato a quello della propensione al consumo diede origine a una inflazione per eccesso di domanda, alla quale la Banca d'Italia rispose con una stretta creditizia. Nell'ottobre del 1963 l'espansione economica toccava il culmine per entrare in una fase di depressione. Il Sessantotto, celebrato o criticato che sia, viene giustamente considerato come un momento storico fondamentale della storia repubblicana, ma è forse dieci anni prima, con l'inizio del “miracolo” economico, che va individuata l'origine della vera rivoluzione che ha stravolto la società di un intero paese.
Le occupazioni degli edifici pubblici erano all’ordine del giorno.
1965 - 1968
Nel 1968 ad accendere la miccia sono gli studenti universitari. Nell'autunno del 1967 occupano gli atenei di tutte le principali cittĂ del centro-nord, con la sola esclusione di Roma. Nel mirino della contestazione ci sono sopratutto la connotazione classista del sistema dell'istruzione e l'autoritarismo accademico, interpretato come addestramento a un consenso e a una passivitĂ globali. La critica del movimento studentesco, i cui principali testi teorici vengono elaborati nelle universitĂ di Pisa, Torino e Trento, si appunta tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, accusate di aver rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente. Fondamentale fu la partecipazione delle ragazze alle manifestazioni.
Strage di Piazza Fontana e il terrorismo
Notti di sangue e di terrore scendono a valle sul mio paese chi pagherà le vittime innocenti? chi darà vita a Pinelli il ferroviere? Ieri ho sognato il mio padrone a una riunione confidenziale si son levati tutti il cappello prima di fare questo macello No, no, no, non si può più dormire la luna è rossa, rossa di violenza bisogna piangere i sogni per capire che l'unica giustizia borghese si è spenta. Banda Bassotti - Piazza Fontana
1969 - 1980
12 dicembre 1969 un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti. Il primo ad essere arrestato è l’anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene crilasciato. Tre giorni dopo l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura. Intanto gli inquirenti continuano a seguire la pista anarchica.
Particolare di Piazza Fontana dopo l’esplosione dell’ordigno.
Strage di Piazza Fontana e il terrorismo
I movimenti di estrema destra, tentando di imporsi su quelli di sinistra, utilizzarono la cosiddetta “strategia del terrore�. Questa vedeva la destra segretamente alleata con i servizi segreti e impegnata ad organizzare stragi e attentati al fine di far ricadere la colpa di questi su esponenti della sinistra, riuscendo contemporaneamente a liberarsi di personaggi scomodi e a influenzare l'opinione pubblica a svantaggio della sinistra. Gli anni '70 furono un periodo buio per l'Italia, segnato da scontri e conflitti armati quotidiani: quarantamila denunciati, quindicimila arrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti.
Prima pagina del giornale Umanità Nova sulla strana scomparsa dell’anarchico Pinelli.
1969 - 1980
Gli anni di piombo e la strategia della tensione terminarono quando gli episodi di violenza scemarono insieme all'idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali. Alla fine del decennio '70 ogni comportamento anti-lavorista venne colpevolizzato, criminalizzato e rimosso, il realismo del capitale riprendeva il posto di comando, con il trionfo delle politiche neo-liberiste. Iniziava la controffensiva capitalistica, la vita sociale veniva nuovamente sottomessa alla produttivitĂ , la competizione economica veniva santificata come unico criterio di progresso.
Scontri in piazza durante gli anni Settanta.
Brigate Rosse e omicidio di Aldo Moro
A me queste Brigate Rosse fanno un curioso effetto, di favola per bambini scemi o insonnoliti; e quando i magistrati e gli ufficiali Cc e i prefetti ricominciano a narrarla, mi viene come un'ondata di tenerezza, perchÊ la favola è vecchia, sgangherata, puerile, ma viene raccontata con tanta buona volontà che proprio non si sa come contraddirla. Giorgio Bocca
1978
Tra i molti movimenti reazionari degli Anni di Piombo, si distinsero le Brigate Rosse. Le BR erano composte da persone per lo più appartenenti alle categorie di studenti ed operai. Pare che a fondare questo “partito armato” sia stato un giovane studente di Sociologia, chiamato Renato Curcio, insieme ad Enrico Franceschini, un ex militante del Partito Comunista. Obiettivo principale delle Brigate Rosse era quello di organizzare la Rivoluzione contro il SIM (Stato Imperialistico delle Multinazionali). Per questo le BR trovarono terreno fertile per lo sviluppo della loro ideologia nei movimenti operai (come “Autonomia Operaia”) e in quelli extra parlamentari (come “Lotta continua”).
Il famosissimo tipogramma delle Brigate Rosse.
Brigate Rosse e omicidio di Aldo Moro
Pur essendo una realtà per lo più nata nel nostro Paese, non è esclusa la partecipazione di nazioni straniere nella preparazione ed esecuzione degli atti terroristici. Secondo alcuni studiosi, l’ideologo della “rivoluziona armata” propugnata dalle BR è il professor Toni Negri. Il panorama politico-sociale italiano degli anni Settanta era così confuso e variegato che le BR riuscirono a conquistare una fetta minoritaria di consenso sociale, che poi venne meno del tutto con l’assassinio di Aldo Moro. Ancora oggi il “brigatismo rosso” non manca di farsi sentire, anche se il clima politico è ormai cambiato e non gode più del consenso sociale sul quale aveva costruito il suo potere negli anni passati.
Aldo Moro, agli inizi del suo rapimento.
1978
L’episodio cardine nella storia delle Brigate Rosse risale al 16 marzo 1978, quando l’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, venne sequestrato e gli uomini della sua scorta furono uccisi. Nonostante le accurate ricerche, non si riuscì mai a trovare il covo dei brigatisti nel quale Moro era rinchiuso. Intanto il prigioniero, tramite appelli inviati ai giornali, chiedeva al Partito e allo Stato di trattare con i brigatisti per il suo rilascio. Lo Stato Italiano però non volle scendere a compromessi. Il 9 maggio le BR comunicarono per telefono che il cadavere del politico era rinchiuso nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Caetani a Roma.
Il ritrovamento del corpo senza vita di Moro in via Caetani.
Strage di Bologna
Ho quarant'anni qualche acciacco troppe guerre sulle spalle Troppo schifo per poter dimenticare Ho vissuto il terrorismo stragi rosse stragi nere Aereoplani esplosi in volo e le bombe sopra i treni Ho visto gladiatori sorridere in diretta i pestaggi dei nazisti e della nuova destra Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze E anarchici distratti cadere gi첫 dalle finestre Modena City Ramblers - 40 Anni
1980
Sabato 2 agosto 1980, stazione ferroviaria di Bologna. Alle 10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, affollata di turisti, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose, causando il crollo dell'ala ovest dell'edificio. L'esplosivo, di fabbricazione militare, era posto nella valigia, sistemata a circa 50 centimetri d'altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell'ala ovest. L'esplosione causò la morte di 85 persone ed il ferimento o la mutilazione di oltre 200. Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai NAR, tra cui Giuseppe Valerio Fioravanti.
Piazza della Loggia dopo l’esplosione.
Cade il Muro e finisce la Guerra Fredda
Dopo la caduta del muro di Berlino tutti si aspettavano la condanna del comunismo, ma il Papa non mancò di avanzare critiche anche al capitalismo, sostenendo che questo sistema avesse bisogno di una profonda riflessione etica. Rilette oggi, quelle pagine sembrano davvero una grande profezia. Joaquin Navarro-Valls
1989
Proprio a causa della profonda divisione tra le sue principali forze politiche, l’Italia della guerra fredda era un paese di frontiera e spesso un teatro, oltre che un protagonista, della guerra fredda – e questo ben oltre la fase cruciale dell’immediato dopoguerra. Ogni scelta di politica internazionale aveva cioè una sua forte valenza di politica interna, così come molte decisioni di politica interna avevano una forte ricaduta sulla posizione internazionale dell’Italia: basti pensare all’adesione al Patto atlantico da un lato, o alle elezioni del 18 aprile 1948 dall’altro; ma anche alle scelte europeiste del 1955-57 o atlantiche del 1958, compiute anche per esorcizzare le pulsioni neutraliste del progetto del centrosinistra. La Guerra Fredda in una reinterpretazione moderna.
Cade il Muro e finisce la Guerra Fredda
Il 3 febbraio 1991 si tenne a Rimini l’ultimo congresso del Partito Comunista italiano, il più grande partito comunista dell’Europa occidentale. Fu un momento decisivo per la sinistra italiana: dopo la fine del comunismo sovietico e la caduta del muro di Berlino, nel 1989, il PCI avviò un faticoso processo di ripensamento dei suoi riferimenti culturali e politici. Il segretario era dal 1988 Achille Occhetto, che nel novembre del 1989 aveva già tenuto un famoso discorso a Bologna in cui annunciava la necessità di cambiare. Con il Ventesimo congresso, quello di Rimini – al termine di discussioni molto accese e di momenti di commozione, che erano andati avanti per mesi – fu approvato lo scioglimento del partito e la nascita del Partito
Achille Occhetto.
1989
Democratico della Sinistra: tra i dirigenti di allora che approvarono questa linea ci furono Walter Veltroni, Massimo D’Alema e Giorgio Napolitano, mentre l'ala sinistra, guidata da Garavini, Cossutta e Libertini, ha dato vita al Partito della Rifondazione Comunista. Ma occorre sottolineare che non tutti gli iscritti al PCI (circa 1.200.000) si ritrovarono poi nel PDS (e men che meno nei DS) o in Rifondazione: il primo risultato della brillante operazione di Occhetto fu che 350-400.000 militanti abbandonarono in brevissimo tempo la vita politica attiva, seguiti piÚ avanti da molti altri.
Giorgio Napolitano.
Tangentopoli
A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? Lorenzo Milani
1992 - 1996
Le elezioni del 5 aprile decretano la bocciatura netta di tutti i tradizionali partiti di governo. È iniziato, però, un processo di trasformazione che, da destra a sinistra, riguarda tutti: dopo il crollo del Muro di Berlino il PCI di Occhetto è diventato Partito democratico della sinistra, mentre dalla sua ala sinistra si stacca il gruppo di Rifondazione Comunista; esplode il fenomeno della Lega Nord; la Dc, travolta dagli scandali per la corruzione dilagante nel paese, compie un ultimo tentativo di sopravvivenza riassumendo l’antico nome di Partito Popolare; il Psi scompare; il vecchio Msi, con il congresso di Fiuggi, diventa Alleanza Nazionale, sotto la guida di Gianfranco Fini.
Bettino Craxi, politico socialista, venne indagato nelle inchieste di Tangentopoli. Morì nel 2000, con ancora quattro processi a suo carico.
Tangentopoli
Sullo sfondo di questi rivolgimenti, ci sono gli scandali di quella che è stata definita "tangentopoli", cioè una serie di inchieste e processi, partita il 17 febbraio del 1992 con l'arresto di Mario Chiesa, prima ad opera della procura di Milano, poi via via in tutta Italia, che fanno luce sul sistema della corruzione che per decenni ha dominato incontrastato larga parte della prassi politica italiana. Tangentopoli, però, rappresenta solo la classica goccia che fa traboccare il vaso. Le motivazioni profonde della crisi e del crollo del sistema dei partiti, infatti, hanno cause ben più profonde: la Dc si ritrovava tra due richieste inconciliabili: da un lato la disaffezione di una larga fetta dell’elettorato verso il sistema della corruzione di cui la Dc, stessa al
Il magistrato Antonio di Pietro.
1992 - 1996
governo per cinquant’anni, è vista come la principale responsabile; dall’altro l’opposizione a qualunque forma di moralizzazione del sistema da parte dei ceti clientelari che da questo sistema hanno tratto considerevoli vantaggi. Il PCI, invece, è incapace di soddisfare le esigenze dei più giovani poiché le sue strutture, il suo linguaggio, i modelli di riferimento, il modo di intendere e fare la politica sono ormai obsoleti e inadeguati a fronteggiare i problemi cui sono sensibili le nuove generazioni. Crollato il sistema dei partiti, si apre una lunga fase di transizione.
Il Procuratore Capo, Francesco Saverio Borrelli, ringrazia l'allora capitano Antonino Bolognani per il lavoro svolto su Tangentopoli.
Processo a Cosanostra e stragi mafiose
La mafia è una montagna di merda. Peppino Impastato
1986 - 1992
Il Maxiprocesso di Palermo è il processo svoltosi nell'aula bunker del Carcere Ucciardone di Palermo tra il 10 febbraio 1986 e il 16 dicembre 1987. Il processo coinvolse 474 imputati ritenuti essere membri dell'associazione Cosa Nostra. I membri di Cosa Nostra furono per la prima volta condannati in quanto appartenti ad un'organizzazione mafiosa unitaria e di tipo verticistico. Il processo fu possibile grazie alla nascita del cosidetto Pool antimafia di Palermo. Oltre all'accentramento delle indagini nelle mani di un gruppo di magistrati specializzati, l'altro elemento di forza del Maxiprocesso fu l'utilizzo dei pentiti: Tommaso Buscetta per primo, poi Salvatore Contorno.
Peppino Impastato, militante antimafia, davanti alla sede della sua mitica Radio Aut.
Processo a Cosanostra e stragi mafiose
Erano quasi le 17:58 del 23 maggio 1992. Il giudice Giovanni Falcone, direttore degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, era da poco atterrato all'aeroporto di Punta Raisi con la moglie Francesca Morvillo anche lei magistrato. Si dirigeva a Palermo con la sua solita scorta e il suo solito sorriso sul volto. In un istante la Croma marrone guidata dagli agenti della scorta salta in aria e subito dopo anche l'auto del magistrato con accanto la moglie Francesca e dietro l'autist rimasto vivo quasi per miracolo. Nell'attentato di Capaci, insieme al giudice siciliano da tanti anni impegnato nella lotta alla mafia e alla moglie, rimasero uccisi anche tre dei sei agenti della scorta.
Giovanni Falcone.
1986 - 1992
Il 19 luglio di questo maledetto anno 1992, Paolo Borsellino, che aveva ereditato delle sue cartelle e delle sue indagini, viene ucciso. Una Fiat 126 imbottita di tritolo esplose in Via d'Amelio, strada in cui viveva la madre del giudice antimafia Paolo Borsellino. Oltre a Paolo Borsellino morirono cinque agenti di scorta. La bomba venne radiocomandata a distanza ma ancora oggi non si è fatta chiarezza su come venne organizzata la strage, nonostante il giudice sapesse di un carico di esplosivi arrivato a Palermo appositamente per lui. Come spesso avviene nei fatti di stato italiani però c'è un particolare piÚ inquietante di tutti gli altri: l'agendina rossa di Borsellino non venne mai ritrovata.
Paolo Borsellino.
L’Italia della Seconda Repubblica
Non ho mai fatto cosĂŹ poco in vita mia. Silvio Berlusconi sulla prima giornata a Montecitorio, 16/4/1994.
1992
Nel ventennio che va dal 1992 al 2012 l’Italia conosce il più lungo periodo di stagnazione economica della sua storia, vede allargarsi in misura mai conosciuta prima le diseguaglianze sociali, arretrare la produttività, crollare salari e stipendi a vantaggio di rendite e profitti: un’involuzione economica e sociale che non ha precedenti nel cinquantennio repubblicano né paragoni tra i Paesi europei. In questi stessi venti anni il dibattito politico italiano si concentra quasi esclusivamente su leggi elettorali, riforme istituzionali e questioni morali. A seconda dei punti di vista, a questa lunga stagione sono stati dati nomi diversi, ma alla fine è prevalso quello scelto dai suoi primi cantori: Seconda Repubblica.
Silvio Berlusconi.
L’Italia della Seconda Repubblica
La Seconda Repubblica nasce dunque nel pieno di una crisi finanziaria, istituzionale e politica: l’Italia è sull’orlo della bancarotta, a Palazzo Chigi si succedono i governi tecnici chiamati a salvare il Paese attraverso pesanti manovre economiche, i partiti sono piegati dagli scandali e decapitati dalle inchieste giudiziarie, la stessa credibilità della politica appare a rischio. Non c’è dubbio che è al nord che si è costituito il blocco sociale, politico e ideologico che ha egemonizzato la Seconda Repubblica. A ripercorrere successi e cadute del centrodestra berlusconiano dal 1994 a oggi, non per nulla, tutto sembra ruotare attorno al rapporto con la Lega.
Esempio mirabile di propaganda leghista.
1992
La vicenda del centrosinistra è stata meno lineare e molto piÚ travagliata. Costantemente diviso tra riformisti e radicali, partitisti e ulivisti, laici e cattolici, laburisti e liberali, movimentisti e governisti, apocalittici e integrati. Il nuovo centrosinistra raccolto attorno al Partito democratico si presenta oggi come una coalizione decisamente piÚ compatta, credibile e coerente delle precedenti, già cementata dalla prova delle primarie.
Simbolo del Partito Democratico.
Bibliografia - Sitografia Mack Smith, Italy. A Modern History, The University of Michigan Press, 1959 Luigi Barzini, L’Antropometro Italiano, Arnoldo Mondadori Editore, 1973 Antonio Varsori, L’Italia e la fine della Guerra Fredda, Il Mulino Saggi, 2013 http://www.anpi.it/ http://www.confindustria.it/ http://www.storiaxxisecolo.it/ http://www.primaguerramondiale.it/ http://www.ww1propaganda.com/