Gius%zia ragionevole e diri1 come libertà Un percorso teorico fra J. Rawls e A. Sen
Immaginiamoci nella necessità di costruire un modello teorico di società giusta… Come potremmo procedere?
Alla ricerca di una definizione formale? Forse cercheremmo di dare, fin dall’inizio, una definizione formale di «giusEzia». La domanda di partenza sarebbe, allora, “che cosa è la giusEzia?”. Risposte: -‐ Forse «giusEzia» è «dare a ciascuna/o ciò che le/gli spePa»… -‐ Forse «giusEzia» è, invece, «dare a ciascuna/o in parE uguali»…
Amartya Sen e l’idea di giusEzia: nuclei teorici di una teoria -‐ Difesa dell’illuminismo comparaEvisEco e non-‐
trascendentalisEco (e riconoscimento prudente della disEnzione rawlsiana fra “ragionevole” e “razionale”). -‐ Difesa della possibilità di raggiungere un grado accePabile di oggeVvità nelle quesEoni eEche e di giusEzia (argomento vicino a quello di H. Putnam). -‐ Vicinanza alla teoria della scelta sociale proposta da Kenneth Arrow, che non riduce la scelta razionale a perseguimento meccanico dell’uEle individuale.
-‐ Assegnazione di un ruolo di primo piano alla discussione pubblica (anche più di quanto teorizzato da J. Habermas), capace di per sé di rendere ragionevoli le persone, in sosEtuzione della ricerca di pochi principi insosEtuibili. -‐ Enfasi sulle procedure (dunque su un accordo praEco) più che sulle garanzie ontologiche (accordo teoreEco). -‐ Ampio uElizzo dell’argomento dello “spePatore imparziale” smithiano, della imparzialità aperta e della transposizionalità.
-‐ Orientamento delle «strategie della ragione praEca» soPo la spinta delle capacità umane, non dei “beni primari” rawlsiani (con maggiore consonanza a un tema cardinale nell’eEca aristotelica). -‐ Difesa di una teoria contenuEsEca della giusEzia: le libertà, le opportunità e le capacità umane al centro di ogni discorso sulla realizzazione della giusEzia. -‐ SceVcismo per ogni «visione monoprospeVca dell’uguaglianza».
-‐ Accentuazione sulla preminenza che la libertà dovrebbe vedersi aPribuita quale faPore che influisce sul «vantaggio complessivo di un individuo». -‐ SceVcismo per ogni visione “monodimensionale” della libertà. -‐ Difesa del rapporto fra libertà umane e diriV: il concePo di diriPo umano implica affermazioni eEche riferite alle libertà umane e non può essere rinchiuso nella sola sfera giuridica.
-‐ Perché una parEcolare libertà possa diventare un diriPo, è necessario che superi una «soglia» di rilevanza.
Leggere Rawls dopo Aristotele Il Libro V dell’E"ca nicomachea (1129a 32-‐1129b 4; 1131a 18-‐29; 1134a 24-‐35; 1137a 31-‐1137b 19) e il Libro III della Poli"ca possono essere presi come sfondo e terreno di confronto per buona parte della teoria rawlsiana della giusEzia. Per Aristotele la giusEzia (dikaiosune) è la virtù eEca o la disposizione dell’uomo giusto (dikaios), differente dall’equità (epieikeia). Dunque, chi è «il giusto»? Come si comporta «il giusto»? E che cosa è «equo»?
John Rawls assume una precisa idea di partenza:
«la nostra traPazione della giusEzia come equità [jus"ce as fairness] parte dall’idea che la società vada concepita come un equo sistema di cooperazione fra generazioni aPraverso il tempo». J. RAWLS, Liberalismo poli"co, Torino, Einaudi, 20053, p. 18.
Rawls decide perciò di: • approfondire il tema della giusEzia per una società cooperaEva (chiusa) partendo da una parEcolare concezione della persona; • collocarsi nella tradizione contraPualisEca; • proporre un costruVvismo esclusivamente poliEco; • non limitarsi a formulare principi formali; • limitarsi a proporre un modello valido per una democrazia liberale.
Concezione rawlsiana della persona La persona è intesa come «unità di base del pensiero, dei processi deliberaEvi e della responsabilità», inserita in «una concezione poliEca della giusEzia, ma non in una doPrina comprensiva». La persona è dunque «adaPa a essere la base di una ciPadinanza democraEca».
Definizione di persona: «è persona chi può essere un ciPadino, cioè un membro normale e pienamente cooperaEvo, per tuPa la vita, della società»; «concepiamo inoltre i ciPadini come persone libere e uguali; l’idea di base è che le persone siano libere grazie ai loro due poteri morali e ai poteri della ragione».
I due poteri morali • Capacità di «avere giusEzia», cioè la capacità di concepire «un’idea condivisa dei termini di cooperazione equi, tali da poter essere accePaE da ogni partecipante, a paPo che anche tuV gli altri li acceVno». Rawls parla di questo primo potere morale anche come del potere di essere ragionevoli.
• Capacità di «concepire il bene», cioè la capacità di ogni singolo partecipante alla vita sociale di concepire e promuovere il proprio vantaggio individuale, ferma restando l’equa cooperazione. Rawls parla di questo secondo potere morale anche come del potere di essere razionali.
La novità rispePo ad Aristotele! Nel definire ciò che intende per «ragione», si mostra finalmente la grande distanza che separa Rawls da Aristotele (con la chiara complicità di Kant…): La capacità di concepire il proprio bene è, di per se stessa, espressione della libertà degli individui.
Ecco perché Rawls può davvero dirsi, senza esitazioni, pensatore liberale.
I poteri della ragione • di giudizio; • di pensiero; • di inferenza. Perché si possa parlare di persona, quesE poteri devono essere legaE a quelli morali.
«Il faPo di avere quesE poteri nella misura minima indispensabile per essere membri pienamente cooperaEvi della società rende uguali le persone». J. RAWLS, Liberalismo poli"co, Torino, Einaudi, 20053, p. 19.
Prima Aristotele, poi Kant, infine Rawls! Rawls può essere chiaro sui moEvi per i quali la sua teoria della giusEzia è importante per noi…
«Una delle assunzioni cruciali del liberalismo è che i ciPadini, che sono uguali, hanno concezioni del bene diverse, e anzi inconciliabili e incommensurabili; in una società democraEca moderna l’esistenza di modi di vivere così diversi è considerata una condizione normale, che può essere eliminata solo da un uso autocraEco del potere statale». J. RAWLS, Liberalismo poli"co, Torino, Einaudi, 20053, pp. 277-‐278.
John Rawls e il liberalismo poliEco «Una differenza basilare fra una società democraEca bene ordinata e un’associazione è che la prima non ha scopi e fini ulEmi come le persone o le associazioni […]. Segue…
I fini cosEtuzionalmente specifici della società, come quelli indicaE nel preambolo di una carta cosEtuzionale […] cadono invece soPo una concezione pubblica della giusEzia e della sua ragione pubblica […]. Segue…
Molte società del passato la pensavano in modo diverso, perseguivano come fini ulEmi la religione e l’impero, il dominio e la gloria […]. SoPo questo aspePo, tali società concepivano se stesse come associazioni». J. RAWLS, Liberalismo poli"co, Torino, Einaudi, 20053, pp. 39-‐40.
I due principi di giusEzia 1) Ogni persona ha un uguale diriPo a un sistema pienamente adeguato di uguali diriV e libertà fondamentali; l’aPribuzione di questo sistema a una persona è compaEbile con la sua aPribuzione a tuV, ed esso deve garanEre l’equo valore delle uguali libertà poliEche, e solo di queste. 2) Le disuguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due condizioni: primo, devono essere associate a cariche e posizioni aperte a tuV in condizioni di equa uguaglianza delle opportunità; secondo, devono produrre il massimo beneficio per i membri meno avvantaggiaE della società. J. RAWLS, Liberalismo poli"co, Torino, Einuadi, 20053, p. 7.
Elenco di base dei cinque beni primari a) diriV e libertà fondamentali, specificaE a loro volta da un elenco; b) libertà di movimento e libera scelta dell’occupazione in un contesto di occasioni diversificate; c) poteri e prerogaEve delle cariche e delle posizioni di responsabilità nelle isEtuzioni poliEche ed economiche della struPura di base; d) reddito e ricchezza; e) basi sociali del rispePo di sé. Vedi J. RAWLS, Liberalismo poli"co, 20053, p. 166. Cfr. anche Ivi, p. 282.
Rawls vorrebbe trovare l’accordo fra due tradizioni di pensiero poliEco fondamentali: Qual è il valore poliEco più elevato? La libertà o l’uguaglianza? Grazie ai due principi di giusEzia, Rawls pensa di essere arrivato a una forma egualitaria di liberalismo (cfr. J. RAWLS, Liberalismo poli"co, 20053, p. 8).
L’idea di giusEzia nella prospeVva di Amartya Sen «Ciò che ci tocca non è […] la constatazione che il mondo è lungi dall’essere totalmente giusto […] ma il faPo che esistono ingiusEzie palesemente risolvibili, a cui desideriamo porre rimedio». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 3.
«IdenEficare le iniquità che si possono correggere non è soltanto lo sEmolo che ci induce a riflePere su giusEzia e ingiusEzia: è anche un faPore centrale nella teoria della giusEzia». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 3.
Sen riprende la tradizione secondo cui i giudizi morali – e dunque anche i giudizi sulla giusEzia – possono essere espressi assumendo una posizione da spePatore, cioè una prospeVva da sguardo esterno: «A grandi linee, si può pensare l’equità come un’istanza di imparzialità» (A. SEN, 2009, p. 67).
Si traPa poi di temperare il primo giudizio, suscitato da percezioni immediate, con la riflessione: « A d a m S m i t h e r a u n c o n v i n t o a s s e r t o r e dell’importanza del senEmento morale, ma non per questo si asteneva dal perseguire l’elaborazione di una “teoria dei senEmenE morali”» (A. SEN, 2009, p. 4).
Sen cita Adam Smith «Quando siamo soli, tendiamo a senEre in modo troppo forte ciò che riguarda noi stessi… Allora ci fa bene conversare con un amico, e ancor più con un estraneo. L’uomo interiore, l’astraPo e ideale spePatore dei nostri senEmenE e della nostra condoPa, ha bisogno spesso di essere svegliato e richiamato al suo dovere dalla presenza dello spePatore reale, ed è sempre da quello spePatore, da cui non possiamo aspeParci che la minima simpaEa e la minima indulgenza, che con ogni probabilità impareremo la più competa lezione di dominio di noi stessi» (A. SEN, 2009, p. 135).
A Sen non interessa risolvere «quesEoni concernenE la natura della perfePa giusEzia». È molto più interessato ai vantaggi del metodo comparaEvo, che in una vasta generalità di casi può dare risposte certe.
«Ciò che importa cogliere come elemento centrale per quanto concerne l’idea di giusEzia è il faPo che possiamo provare un forte senso di ingiusEzia sulla scorta di più ragioni tra loro diverse, senza per questo […] individuare una di esse come la ragione prevalente». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 18.
Il valore dell’incompletezza «La permanenza di parE non perfePamente compiute […] viene a volte considerata alla stregua di una mancanza che pregiudica anche i contribuE posiEvi di un teoria della giusEzia.
In realtà, [lasciare] sistemaEcamente spazio all’incompletezza può comunque consenEre di arrivare a giudizi neV e di grande rilevanza, […] senza il bisogno di formulare valutazioni altamente specifiche su ogni quesEone poliEca o sociale rispePo a ogni altra quesEone […]». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 114.
Comparazione Occidente-‐Oriente La prima comparazione è quella fra idee occidentali e idee orientali sulla giusEzia. Sen sosEene che si possono ritrovare più punE di contaPo di quanto in genere si pensi.
Nī" e Nyāya Nel pensiero indiano si rintracciano due nozioni di giusEzia: nī" e nyāya. «Il primo si riferisce sia all’adeguatezza di un’isEtuzione sia alla correPezza di un comportamento; il secondo riguarda i daE riscontrabili e il modo in cui si presentano, in parEcolare la vita che le persone sono effeVvamente in grado di condurre.»
Le due nozioni di giusEzia rinvenibili nella tradizione (illuminisEca) occidentale: 1) Alla ricerca di asseV sociali e isEtuzioni perfePamente giusE si è mosso un filone dell’Illuminismo europeo a cui appartengono i nomi di Hobbes, Locke, Rousseau, Kant, Rawls, Dworkin, Gauthier, Nozick.
2) Al confronto fra «i modi in cui la vita delle persone può svolgersi, influenzata [anche] dall’effeVvo comportamento degli individui, dalle interazioni sociali e da altri importanE faPori» si è consolidato l’altro filone dell’Illuminismo, che comprende i nomi di Smith, Condorcet, Wollstonecraz, Bentham, Marx, J.S. Mill.
Le criEche di Sen a Rawls Quali sono i maggiori difeV della teoria proposta da Rawls? a) Rawls non comprende fino in fondo che il liberalismo non può trascurare il faPo che la libertà umana si esprime caraPerisEcamente nella diversità degli sEli di vita e dei sistemi di governo (criEca mutuata da JOHN GRAY, 2000).
b) Rawls mostra disinteresse per le forme e i risultaE di una discussione pubblica sulla correzione delle ingiusEzie. c) Rawls adoPa una nozione troppo limitante di ciò che è “razionale”. d) Rawls tende a far passare i “beni primari” dalla condizione esclusiva di mezzi in vista dei fini desideraE alla condizione di «indicatore primario dell’equità distribuEva».
e) Rawls mostra un’eccessiva fiducia nei suoi due principi di giusEzia, salvo poi senErsi costrePo a introdurre correVvi ad hoc per le persone parEcolarmente svantaggiate a causa di menomazioni o handicap.
«L’interrogaEvo che qui ci dobbiamo porre è: quali riforme internazionali sono necessarie per rendere il mondo un po’ meno ingiusto? Questo Epo di discussione su come promuovere la giusEzia in generale, e su come aumentare quella globale nel mondo, sembrerà una chiacchiera sterile a chi è convinto della tesi hobbesiana, e rawlsiana,
secondo cui è necessario uno stato sovrano che applichi i principi di giusEzia aPraverso un sistema isEtuzionale perfePo: è una conseguenza implicita e direPa dell’avere impostato le quesEoni relaEve alla giusEzia in un’oVca isEtuzionalista-‐ trascendentale». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, pp. 39-‐41.
AlternaEve reali versus ideale «[…] se sEamo cercando di scegliere tra un Picasso e un Dalí, non è di alcun aiuto fare riferimento a un’analisi […] da cui emerge che il dipinto ideale è la Gioconda. Sarà anche un dato interessante, ma nella scelta tra un Dalí e un Picasso non spinge né verso l’uno né verso l’altro. In effeV, per scegliere tra i due dipinE non è affaPo necessario discutere su quale sia il quadro più perfePo del mondo». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 31.
Ragione, procedura e oggeVvità Secondo Sen, il raggiungimento di una oggeVvità nelle quesEoni eEche è possibile anche senza ambire a un accordo perfePo su situazioni ideali. Ciò su cui occorre fare chiarezza è l’insieme delle procedure uElizzate per arrivare a un’idea largamente condivisa di giusEzia, più che cercare improbabili garanzie ontologico-‐ metafisiche.
L’imparzialità aperta La procedura che consente di arrivare a un’idea di giusEzia condivisa deve fare leva sulla figura dello spePatore imparziale smithiano: «Se dobbiamo una certa aPenzione agli altri – che siano lontani o vicini, e anche se la definizione di tale responsabilità rimane alquanto vaga –, allora una teoria della giusEzia adeguatamente comprensiva dovrà includere tuV quesE soggeV nelle nostre riflessioni sulla giusEzia (e non nella sfera, diversa, della benevolenza umanitarista). Una teoria dell’imparzialità che si limita esaPamente ai confini di uno Stato sovrano segue un punto di vista territoriale che ha senz’altro legiVmità giuridica,
ma può non essere altrePanto plausibile sul piano poliEco e morale. Con ciò, non nego che spesso pensiamo la nostra idenEtà in termini di gruppo, includendo alcuni soggeV ed escludendo rigidamente altri. Ma nel concepire le nostre idenEtà – ne abbiamo infaV più d’una – non ci fermiamo ai confini del nostro paese. Ci idenEfichiamo con le persone che professano la nostra stessa religione, che parlano la nostra lingua, che appartengono alla nostra razza o al nostro sesso, che hanno le nostre convinzioni poliEche o svolgono la nostra professione». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 139.
La transposizionalità Coniugando il discorso sulle idenEtà plurime al discorso sull’imparzialità aperta, Sen può sostenere la transposizionalità, vale a dire il superamento degli steccaE o pregiudizi posizionali, relaEvi alle conoscenze o capacità parEcolari di un individuo in un determinato contesto.
«MePendo alla berlina Edmund Burke per avere sostenuto la Rivoluzione Americana senza essersi dato alcun pensiero per la condizione degli schiavi, come se la libertà propugnata per i bianchi d’America non dovesse valere per i loro schiavi, Mary Wollstonecraz si pronunciava in favore di una concezione universalisEca capace di superare il pregiudizio posizionale e il favoriEsmo parEcolarista». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 171.
Anche il dialogo, ospitato nel Mahābhārata, che si svolge fra Arjuna e Krishna prima della grande baPaglia di Kurukshetra, e che ci racconta delle esitazioni dell’eroe Arjuna, è un esempio di come in situazioni difficili o complesse possano essere giusEficatamente portate sia ragioni posizionali sia transposizionali (A. SEN, 2009, pp. 219-‐223).
Teorie a confronto: scelta sociale vs scelta razionale «Non c’è nulla di bizzarro, di sciocco o di irrazionale nella vostra decisione di “cedere il passo”. Siamo in tanE su questo pianeta, ed è possibile lasciare spazio anche al modo di vivere degli altri senza bisogno di considerarlo qualcosa di posiEvo, qualcosa che valga la pena promuovere. […] Tenere conto dei desideri e degli obieVvi altrui non è necessariamente in contraddizione con la razionalità». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 204.
I contenuE della giusEzia La salvaguardia delle libertà umane è uno dei contenuE della giusEzia, una realizzazione dei suoi scopi.
«La libertà è preziosa per almeno due ragioni. AnzituPo perché ci offre maggiori opportunità per perseguire i nostri obieVvi, ovvero ciò a cui diamo valore. Accresce, per esempio, la nostra facoltà di scegliere lo sEle di vita che desideriamo e di realizzare i fini che vogliamo promuovere. SoPo questo aspePo la libertà riguarda la nostra capacità di raggiungere ciò che per noi ha valore, indipendentemente dal processo che ci porta a questa conquista.
In secondo luogo, è possibile dare importanza anche al processo stesso della scelta: potremmo, per esempio, decidere di assicurarci che la condizione in cui ci troviamo non sia il fruPo di un’imposizione esterna». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 238.
L’intero capabili"es approach si fonda sulle libertà umane: «L’approccio delle capacità non pone al centro del discorso soltanto ciò che una persona finisce effeVvamente per fare, ma anche ciò che essa è in grado di fare, sia che si avvalga di tale opportunità sia che non se ne avvalga. […] la nostra libertà e le nostre scelte sono parte della nostra vita reale» (A. SEN, 20053, p. 245).
L’argomento di Sen alla prova «Spesso viene osservato che praEche tradizionali Eranniche o ripugnanE, come la muElazione genitale ai danni delle ragazze o le punizioni infliPe alle adultere, non dovrebbero essere consenEte nei paesi di arrivo, perché esse risultano offensive per gli altri ciPadini di quel paese. L’argomento decisivo contro tali praEche, però, è che si traPa di praEche sbagliate,
indipendentemente dal paese in cui vengono aPuate, e vanno assolutamente esErpate perché ledono la libertà di chi le subisce, indipendentemente dal faPo che i potenziali immigraE divenEno o no immigraE effeVvi. Il punto qui riguarda essenzialmente la libertà in generale, segnatamente quella delle donne in quesEone. Il faPo che certe praEche offendano altre persone – i vecchi residenE – non è certo l’argomento più forte per contrastarle: l’accento va posto sulle viVme, non sui vicini». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 247 n.
Libertà, responsabilità, sviluppo sostenibile «Se l’importanza della vita umana non risiede soltanto nei nostri standard di vita e nel soddisfacimento dei nostri bisogni, ma anche nella libertà di cui godiamo, l’idea di sviluppo sostenibile deve essere adeguatamente riformulata. Diventa allora necessario pensare non soltanto ad assicurare il soddisfacimento dei nostri bisogni, ma, con una visione più ampia, a garanEre – o a espandere – la nostra libertà (inclusa quella di soddisfare i nostri bisogni)». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 260.
Riflessione pubblica e capacità «Il legame tra la riflessione pubblica e la scelta e la sEma delle capacità nella valutazione della società va adeguatamente soPolineato. Esso indica l’assurdità dell’argomento secondo il quale l’approccio delle capacità serve – e “funziona” – solo qualora si accompagni a una serie di pesi “assegnaE” ai diversi funzionamenE in base a un elenco prefissato di capacità ritenute rilevanE.
La ricerca di pesi fissi e predeterminaE non solo è concePualmente infondata, ma non Eene conto del faPo che i valori e i pesi da usare possono ragionevolmente essere influenzaE dal nostro esame incessante, nonché dalla portata del dibaVto pubblico». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, pp. 251-‐252.
Ancora sui “beni primari” «Il posto privilegiato che Rawls assegna alla misurazione dei beni primari rispecchia una complessiva soPovalutazione del faPo che le opportunità dei diversi individui di converEre le risorse generali, come il reddito o il patrimonio, in capacità (vale a dire in ciò che essi possono o non possono effeVvamente fare) sono soggePe a differenze anche notevoli, a causa delle caraPerisEche personali, dell’influsso dell’ambiente fisico e sociale o della povertà relaEva». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 270.
Capacità e uguaglianza «L’approccio delle capacità […] sorge dalla consapevolezza che l’interrogaEvo realmente cruciale non è se vi sia qualche sfera in cui non possiamo fare a meno dell’uguaglianza, ma piuPosto: “uguaglianza di che cosa?”». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 301.
«Se l’uguaglianza è così importante e le capacità sono un faPore centrale della vita umana […], non sarebbe correPo mirare all’uguaglianza proprio sul fronte delle capacità? La mia risposta è no. […] Per quanto significaEva, l’uguaglianza delle capacità non deve essere “anteposta” ad altri aspeV degni di nota (inclusi ulteriori aspeV rilevanE dell’uguaglianza stessa) con cui potrebbe entrare in contrasto». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 303.
Insufficienze dell’idea di capacità «Se l’idea di capacità ha considerevoli meriE per valutare la libertà soPo l’aspePo dell’opportunità, probabilmente non ne ha per considerare in modo adeguato la libertà soPo l’aspePo procedurale. Le capacità riguardano i vantaggi individuali, e benché possano implicare qualche aspePo di caraPere procedurale, non sono in grado di rivelarci molto sull’equità dei processi in quesEone né sulla libertà dei ciPadini di fare appello e ricorso a procedure eque». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, pp. 303-‐304.
Il fondamento dei diriV «[…] l’idea fondamentale che esistano diriV umani, diriV cioè di cui gli individui godrebbero per il semplice faPo di appartenere alla specie umana, è considerata da molE criEci priva di qualsiasi fondamento razionale. Riaffiorano così insistentemente quesE interrogaEvi: esistono diriV umani? E quale ne sarebbe la fonte?». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, p. 361.
I diriV umani non sono semplici faV «Le proclamazioni di diriV umani, sebbene si presenEno come se con esse si riconoscesse l’esistenza di qualcosa che risponde al nome di diriV umani, sono in realtà forE pronunciamenE eEci su ciò che andrebbe faPo. Segue…
Esse chiedono il riconoscimento di determinaE imperaEvi e additano la necessità di fare qualcosa per tradurre in realtà le libertà individuate dai diriV così riconosciuE». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, pp. 363-‐364.
DiriV, affermazioni eEche, libertà I diriV sono definiE come espressioni, non necessariamente giuridiche, che implicano affermazioni eEche di libertà: «[…] si può dire che l’affermazione eEca si riferisce all’importanza di certe libertà (come la libertà di soParsi alla tortura o alla fame) e di conseguenza alla necessità di soPoscrivere determinaE obblighi sociali per la promozione e la difesa di tali libertà» (A. SEN, 2009, p. 364).
DiriV e legislazione «A volte si dà per scontato che se un diriPo umano non codificato viene considerato importante, sarebbe allora meglio cercare di sancirlo aPraverso specifiche norme di legge. Questo però potrebbe essere un errore. Per esempio, riconoscere e sostenere il diriPo delle mogli ad avere voce in capitolo nelle decisioni familiari (diriPo spesso negato in società tradizionalmente maschiliste) Segue…
potrebbe essere molto importante. Ciononostante gli stessi sostenitori di tale diriPo, pur soPolineandone la rilevanza eEca o poliEca, potrebbero ritenere che non sarebbe opportuno tradurlo in quella che Herbert Hart definirebbe una “disposizione giuridica coerciEva” (magari prevedendo l’arresto del marito nel caso in cui trascuri di consultare la moglie)». A. SEN, L’idea di gius"zia, Milano, Mondadori, 2009, pp. 370-‐371.
Amartya Sen e l’idea di giusEzia: nuclei teorici di una teoria -‐ Difesa dell’illuminismo comparaEvisEco e non-‐ trascendentalisEco (e riconoscimento prudente della disEnzione rawlsiana fra “ragionevole” e “razionale”). -‐ Difesa della possibilità di raggiungere un grado accePabile di oggeVvità nelle quesEoni eEche e di giusEzia (argomento vicino a quello di H. Putnam). -‐ Vicinanza alla teoria della scelta sociale proposta da Kenneth Arrow, che non riduce la scelta razionale a perseguimento meccanico dell’uEle individuale.
-‐ Assegnazione di un ruolo di primo piano alla discussione pubblica (anche più di quanto teorizzato da J. Habermas), capace di per sé di rendere ragionevoli le persone, in sosEtuzione della ricerca di pochi principi insosEtuibili. -‐ Enfasi sulle procedure (dunque su un accordo praEco) più che sulle garanzie ontologiche (accordo teoreEco). -‐ Ampio uElizzo dell’argomento dello “spePatore imparziale” smithiano, della imparzialità aperta e della transposizionalità.
-‐ Orientamento delle «strategie della ragione praEca» soPo la spinta delle capacità umane, non dei “beni primari” rawlsiani (con maggiore consonanza a un tema cardinale nell’eEca aristotelica). -‐ Difesa di una teoria contenuEsEca della giusEzia: le libertà, le opportunità e le capacità umane al centro di ogni discorso sulla realizzazione della giusEzia. -‐ SceVcismo per ogni «visione monoprospeVca dell’uguaglianza».
-‐ Accentuazione sulla preminenza che la libertà dovrebbe vedersi aPribuita quale faPore che influisce sul «vantaggio complessivo di un individuo». -‐ SceVcismo per ogni visione “monodimensionale” della libertà. -‐ Difesa del rapporto fra libertà umane e diriV: il concePo di diriPo umano implica affermazioni eEche riferite alle libertà umane e non può essere rinchiuso nella sola sfera giuridica.
-‐ Perché una parEcolare libertà possa diventare un diriPo, è necessario che superi una «soglia» di rilevanza.