Cenni sull’antropologia filosofica a.a. 2011/12
I gradi dell’organico e l’uomo La prima uscita di questo libro fondamentale per conoscere l’antropologia di Helmuth Plessner è del 1928. Da qui l’insuccesso, a causa dei problemi avuF con Max Scheler (La posizione dell’uomo nel cosmo) e della fortuna di Essere e tempo di Heidegger.
“L’impulso decisivo a scrivere questo libro l’ho ricevuto nei miei anni di studio della zoologia a Heidelberg…e dalle profonde tensioni allora esistenF fra scienze della natura e filosofia”.
“…non possiamo accePare il principio di base di Heidegger, secondo cui l’indagine dell’essere extraumano dovrebbe essere preceduta necessariamente da un’analiFca esistenziale dell’uomo”.
“[Heidegger] è ancora preda di quella vecchia tradizione…secondo la quale colui che pone le quesFoni filosofiche è il prossimo esistenziale di se stesso e perciò si colloca nell’orizzonte dell’indagato”.
Il programma filosofico di Plessner “Se…deve esserci una scienza che comprenda l’esperienza che l’uomo ha di sé, il modo in cui vive e interpreta storicamente la sua vita…allora tale scienza non…deve limitarsi all’uomo come persona, come soggePo dell’agire spirituale, come soggePo di responsabilità morale e di abnegazione religiosa,
ma anzi deve comprendere l’intero circuito dell’esistenza e della natura, che giace sullo stesso piano della vita personale e sta con essa in una correlazione essenziale”.
Il problema del metodo Il nuovo lavoro filosofico, riconosciuto da Plessner anche come nuovo metodo, “deve riconoscere nella loro verità i risultaF delle scienze naturali…I due metodi devono giungere alla cooperazione, perché solo insieme, ma mantenendo pienamente la loro autonomia, possono porre mano…[alla] duplicità d’aspePo di corporeità e interiorità”.
Sulla modalità di ciò che è vivente “TuPo ciò che è vivente presenta una certa plasFcità: allargabilità, allungabilità, flessibilità, nella quale la nePezza della delimitazione dell’intero va di pari passo con una elevata spostabilità dei contorni”.
“…il corpo vivente non è indifferente allo spazio e al tempo: cresce e invecchia… Mentre [i corpi non vivenF] si esauriscono nella loro collocazione, misurata secondo le coordinate spaziali e temporali…le cose vivenF sono in relazione con il loro luogo nello spazio e nel tempo”.
La posizionalità “Sempre e ovunque, all’essenza dell’individuo organico apparFene una campo posizionale, vale a dire uno spazio vitale relaFvo al suo corpo e ad esso contrapposto”. Questo campo è definito da una dimensione sia spaziale che temporale.
“Per la cosa vivente si presenta un confliPo radicale tra la costrizione alla chiusura come corpo fisico e la costrizione all’apertura come organismo. La cosa vivente trova la soluzione del confliPo nella sua forma…”.
Le piante hanno forma aperta, gli animali forma chiusa. Sono dunque “ben separaF idealmente nella modalità di organizzazione”.
Forma aperta “È aperta quella forma che inserisce l’organismo, in ogni sua esternazione vitale, immediatamente nell’ambiente e lo rende una parte non indipendente del ciclo vitale a lui corrispondente”.
Forma chiusa “Grazie al contaPo mediato, [nella forma chiusa] l’organismo non solo manFene una maggiore compaPezza rispePo al vivente vegetale, ma o_ene una vera indipendenza…una vera collocazione in se stesso [che] ha il valore di una nuova base esistenziale”.
“Nel grado animale la riflessività completa è impedita al corpo vivente…Qui, allora, è ancora aperta una possibilità di realizzazione. La tesi è che essa sia riservata all’uomo”.
L’io “Come io che rende possibile il completo ripiegamento su di sé del sistema vivente, l’uomo non sta più nel qui e ora, bensì “dietro” di esso, dietro se stesso, privo di luogo, nel nulla; egli si scioglie nel nulla, in un’assenza di luogo e di tempo…”.
“…l’uomo è una cosa vivente che non sta più soltanto in sé, bensì il suo “stare in sé” è il fondamento del suo stare”.
L’eccentricità “L’eccentricità è la forma, caraPerisFca per l’uomo,…di essere fuori di sé”. “Le caraPerisFche fisiche della natura umana hanno dunque soltanto un valore empirico”.
Plessner formula leggi antropologiche “Come essere organizzato eccentricamente, l’uomo deve anzitu<o rendersi ciò che già è. Solo così realizza la modalità…[della] sua forma vitale d’esistenza nel centro della sua posizionalità”.
“L’uomo vive solo nella misura in cui conduce la sua vita”. “L’essere uomo è la “differenziazione” del vivente dall’essere e la realizzazione di questa differenziazione…”.
Sulla storia “La sua forma eccentrica spinge l’uomo al perfezionamento, sFmola bisogni che possono essere soddisfa_ soltanto mediante un sistema di ogge_ arFficiali…”.
“Gli uomini oPengono in ogni epoca ciò che vogliono. E mentre l’oPengono, l’uomo invisibile che è in loro si è già spostato oltre. Il suo cosFtuFvo sradicamento aPesta la realtà della storia universale”.
“L’eccentricità, per colui che è posto in tale modo, ha il senso di una contraddizione in sé irrisolvibile…egli sta dove sta e, insieme, dove non sta”.
Arnold Gehlen e L’uomo Pubblicato nel 1940 e ripubblicato nel 1950, Der Mensch è l’opera di Gehlen più nota e influente. Vi si espone la “legge dell’esonero” [Entlastung] e vi si discute la centralità dell’azione.
“L’uomo ha certamente una struPura corporea assai singolare, ma gli antropoidi (le grandi scimmie) ne possiedono una abbastanza simile”. Dunque “Quando si parla di un posto parFcolare dell’uomo, occorre dichiarare da che l’uomo si disFngua”.
Gehlen qualifica la sua proposta filosofica come “antropobiologia”: “una considerazione biologica [che] non può consacrarsi semplicemente all’ambito soma3co”.
Le caraPerisFche specificamente umane non dipendono causalmente le une dalle altre. “Sul piano del metodo…il concePo di “causa” deve disparire completamente”.
Il metodo scelto da Gehlen, definito “biologico”, “consiste nell’osservare le funzioni superiori, come l’immaginazione, il linguaggio, il pensiero…nel loro a<uarsi”.
“L’uomo è l’essere che agisce…egli non è “definito”, è cioè ancora compito a se medesimo; è, come si può anche dire, l’essere che prende posizione”.
La legge dell’esonero “regge tuPe le prestazioni umane”. Una definizione: “le carenze della cosFtuzione umana…le quali rappresentano un onere estremo per la sua vitalità, sono trasformate dall’uomo, con l’a_vità su se stesso e con l’azione, in strumenF…per la sua esistenza”.
L’uomo è caraPerizzato da un chiaro primi3vismo organico. È un animale che conserva inta_ staF Fpici dello sviluppo fetale, come la non‐specializzazione degli organi. Influenza su Gehlen delle teorie di Lodewijk Bolk, anatomista olandese.
Secondo Gehlen, il problema dell’origine dell’uomo è insolubile sul piano dell’anatomia comparata. Per rispondere alla domanda sulla sua genesi, occorre prima indagare che cosa si sia originato, che cosa sia l’uomo.
“L’uomo ha prodoPo egli stesso le condizioni della conservazione della sua vita”. Egli manca “ di un ambiente a lui naturalmente adaPo con il quale possa vivere in equilibrio biologico”.
“L’uomo consiste nell’appropriazione dell’aperta profusione del mondo…[che è per lui] campo di infinite sorprese, nel quale è necessario sapersi orientare”.
“E orientarsi non è un faPo “teorico”, ma praFco, avviene cioè aPraverso movimenF che hanno un valore dischiudente, appropriaFvo e esausFvo, e che in primo luogo cooperano con il senso della vista e con il taPo”.
La trasformazione del mondo da campo di sorprese a luogo di “impressioni e esiF che è possibile aPendersi” ricade soPo il processo di esonero. Solo grazie all’esonero il mondo può essere reso dominabile.
Si arriva così anche al “compito fondamentale dell’azione”: rielaborare e pianificare ciò che si presenta come un sommergente “profluvio di impressioni” fino a farlo diventare uFle per la vita. Ecco perché Gehlen può affermare che “l’uomo non vive, bensì conduce la sua vita”.
Come giungere, a questo punto dalla percezione alla conoscenza? Gehlen nota infa_ che di per sé la “mera percezione non [ce la] procura”.
Risposta: si arriva alla conoscenza “facendo emergere qualcosa che era ignoto da qualcosa di già noto, riproducendolo nella rappresentazione; oppure modificando mediante un’operazione mentale qualcosa di noto in modo che ne emerga ciò che era ignoto”.
Il processo di acquisizione di conoscenze è perciò costru_vo, poiché “dal punto di vista logico…è un cogente far scaturire e, da quello psicologico…libertà spirituale in forza della quale una fa_specie viene enucleata [dal suo] ambito consueto”.
“Ai nostri fini si rende indispensabile…una franca confutazione della “psicologia degli isFnF”. “ A parte…pochi esempi…noi conosciamo gli uomini soltanto come esseri culturali… che si adoperano in una serie di azioni indescrivibilmente mulFformi e socialmente mediate…”
“…a questo punto tu_ i modi di comportamento…di qualsiasi contenuto siano...possono profilarsi come invesAA di una carica pulsionale e con un valore di appagamento”.
“Da questa intrinseca plasFcità della struPura pulsionale sorge…la necessità…di elaborare una determinata gerarchia e determinate regole distribuFve delle azioni richieste, tollerate e proibite…e di imporle ai giovani”.
“Noi non agiamo in questo o quel modo perché abbiamo determinaF bisogni, abbiamo bensì quesF bisogni perché noi stessi e gli uomini intorno a noi agiscono in questo o quel modo”.