Il mito nello Stato? Riflessioni intorno a Cassirer a.a. 2011‐12
Cassirer inizia a scrivere Il mito dello Stato nel 1943, durante il suo ul@mo esilio presso l’Università di Yale. L’opera esce postuma nel 1946.
Par@amo dalle conclusioni: Nella poli@ca, nell’e@ca, nella storia la loKa del logos contro il mito non è ancora vinta. Al contrario…
“Il mondo della cultura umana…poteva sorgere finché l’oscurità del mito non fosse combaKuta e vinta. Ma i mostri mi@ci vennero usa@ per la creazione del nuovo universo e sopravvivono in esso, sia pur soggioga@ da forze superiori.
Finché tali forze – intelleKuali, e@che, ar@s@che – sono nel loro pieno vigore, il mito è domato. Ma non appena esse cominciano a perdere di vigoria, il caos ritorna.
Allora il pensiero mi@co riemerge e pervade tuKa la vita culturale e sociale dell’uomo”.
La struKura del pensiero mi@co Il mito è fruKo di un pensiero pre‐logico o di un pensiero defini@vamente irrazionale? Ciò che sopraKuKo non va trascurato è che il mito è anche azione e questa azione dà forma a se stessa nel rito.
Il mito è incoerente solo in apparenza “In tuKe le a\vità dell’uomo e in tuKe le forme della cultura umana troviamo una “unità nel molteplice”…La religione e il mito nascono dalla consapevolezza dell’universalità e della fondamentale iden@tà della vita”.
Già nella costruzione di mi@, l’uomo mostra di essere il solo a sapere organizzare il materiale emo@vo che ha in comune con gli animali in una compiuta forma simbolica.
Le prime manifestazioni della loKa Al di là delle apparenze, i mi@ di Platone sono chiari tenta@vi di soKomeKere il mito a un ordine razionale. Platone dà inizio al tenta@vo di disfarsi di Omero e Eschilo.
Gius@zia, poli@ca e sapienza “Platone fu il primo a delineare una “teoria” dello stato come un sistema coerente di pensiero…La “sapienza” tende a orientarsi sempre più verso la poli@ca”.
DireKamente a Machiavelli “[A Machiavelli] interessava la sta@ca e non la dinamica della vita storica. Non andava alla ricerca dei tra\ par@colari di una determinata epoca storica, bensì cercava i tra\ ricorren@, quelle cose che sono le medesime in tu\ i tempi”.
“Il nostro modo di considerare la storia è individualis@co; quello di Machiavelli era universalis@co. Noi pensiamo che la storia non si ripeta mai; egli pensa che si ripeta incessantemente”.
Sul ruolo di Machiavelli per l’affermarsi del logos Secondo Cassirer, Machiavelli ha molto in comune con Galileo. “EsaKamente come [Galileo]…Machiavelli aprì una nuova via alla scienza poli@ca”.
“Machiavelli fu il primo pensatore che comprese…che cosa significasse questa nuova struKura poli@ca [il principato, primo esempio di Stato laico moderno]”.
“Machiavelli fu il primo che…tagliò i pon@ con tuKa la tradizione scolas@ca. Egli ne distrusse la pietra angolare: il sistema gerarchico”.
“Nemmeno i campioni più decisi dell’indipendenza e della sovranità del potere temporale osavano negare il principio teocra@co. Quanto a Machiavelli, egli non si dà nemmeno la pena di meKerlo in discussione; semplicemente lo ignora.”
“Machiavelli non segue i modi usuali della disputa scolas@ca…Per lui, i fa\ della vita poli@ca sono i soli argomen@ validi”. “Parla sulla base della sua esperienza poli@ca…”.
Il prezzo della modernità “Con [Machiavelli] ci troviamo al portale d’ingresso del mondo moderno…lo stato ha conquistato la sua piena autonomia”. “TuKavia…si è dovuto pagare un prezzo al@ssimo”.
“Lo stato è del tuKo indipendente, ma al tempo stesso è completamente isolato. Il bisturi di Machiavelli ha reciso tu\ i legami che, all’epoca delle generazioni preceden@, univano lo stato all’insieme organico dell’esistenza umana”.
Si prepara il ritorno del mito Dopo il razionalismo poli@co maturato fino al XVIII secolo, il roman@cismo prepara un ritorno del pensiero mi@co. Se il XVIII secolo fu poli@co sia nella teoria che nella pra@ca, il secolo successivo paga lo scoKo dopo il parziale fallimento della Rivoluzione Francese e dell’epopea napoleonica. Il XIX secolo è un tempo di disillusione, incoerenza teorica e ripiegamento.
“I roman@ci amano il passato in sé, lo considerano uno degli ideali più al@, lo spiritualizzano…Questo aKeggiamento dello spirito era del tuKo ignoto ai pensatori del secolo XVIII”.
Lo straordinario successo delle conferenze di Carlyle dice molto sulle esigenze profonde di quel tempo. “Per [Carlyle] il culto dell’eroe era l’elemento più an@co e più saldo nella vita sociale e culturale dell’uomo. Vedeva in esso una speranza perenne per la condoKa del mondo”.
ancora su Carlyle “Egli era un @pico roman@co sia nelle idee che nello s@le e nell’espressione. Ma la sua filosofia della vita era ben diversa…Il suo idealismo era pra@co, non magico”.
Carlyle non prepara il totalitarismo “Carlyle non si fece scrupolo di dire che “la forza fa il diriKo”. Ma sempre intese il termine “forza” in un senso morale piuKosto che fisico”. Per lui il culto degli eroi significò sempre il culto della forza morale.
Gobineau però prepara il razzismo Responsabilità ben maggiori per l’imporsi delle teorie della razza le ebbe Gobineau. È Gobineau il teorico della “razza totalitaria”, vero soggeKo della storia.
Poi c’è il caso di Hegel Lo Stato possiede, per Hegel, una unità organica, che si fa diale\ca unità di contrari. Questa unità non solo consente, ma esige le più for@ tensioni. Hegel è auten6co an6cipatore del XX secolo.
“Hegel considerava gli individui come marioneKe, nella grande rappresentazione del dramma della storia universale, il cui autore è l’Idea”.
“Né la parola libertà, né la parola progresso, e nemmeno la parola coscienza, hanno lo stesso significato nel sistema kan@ano e in quello hegeliano”.
“Hegel non parlava soltanto della potenza dello Stato, ma anche della sua “verità”, ed era un grande ammiratore della “verità che risiede nel potere”. TuKavia non confuse mai questo potere con la pura forza materiale”.
“Avrebbe dunque respinto ed esecrato le concezioni moderne dello stato totalitario…Vi è una differenza chiara e inconfondibile tra la sua idealizzazione del potere dello stato e quella sorta di idolo che ne hanno faKo…i nostri sistemi totalitari moderni”.
I mi@ poli@ci contemporanei I mi@ poli@ci contemporanei non contengono nulla di nuovo quanto ai propri elemen@ cos@tu@vi. Ciò che segna una novità è la presenza della tecnica, che sos@tuisce la magia.
La violenza faKa al linguaggio è una novità del XX secolo, che serve all’estraniamento e all’abba\mento delle forze della ragione.