Fit med
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Anno 2 numero 10 - ottobre
La rivista online per i professionisti del settore
FOCUS
PATOLOGIE CARDIACHE e attività fisica
Fisiologia e adattamento Cardiofitness e cardiopatia ischemica all’esercizio fisico
Praticare sport può fare male?
Fitness metabolico: il
contesto demedicalizzato
Dall'ambulatorio alla Fitness Terapia
Lo yoga e il cuore
Dal cammino alla corsa. Pianificare il programma di allenamento
Nuovi test meniscali in catena cinetica chiusa e training neuromuscolare preventivo
ANNO 2 N°10 OTTOBRE 2010 Fitmed online è una rivista mensile di aggiornamento che si rivolge a imprenditori, manager, opinion leader, professionisti che operano nel mondo del fitness, benessere, prevenzione e salute. Propone articoli riguardanti metodiche di allenamento, rieducazione funzionale, alimentazione, prevenzione e benessere, marketing e management. Editore Alea Edizioni di Alessandro Lanzani via G. Sapeto, 5 - 20123 Milano Redazione e uffici via P. Orseolo, 3 - 20144 Milano tel. 0258112828 - fax 0258111116 fitmed@professionefitness.com redazione@professionefitness.com Direttore responsabile Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com
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Alea edizioni è una casa editrice specializzata in libri di finess, benessere e rieducazione funzionale, con più di 50 titoli a catalogo. Professione Fitness è una rivista bimestrale di aggiornamento per imprenditori e professionisti del settore, che da 16 anni propone articoli originali riguardanti metodiche di allenamento, rieducazione funzionale, alimentazione, prevenzione e benessere, impiantistica, marketing e management e tutto ciò che può servire a un'efficiente e moderna realtà che opera nel settore del fitness e del benessere. E distribuita tramite abbonamento postale a fitness club, centri fisioterapici e polisportivi, operatori di settore, luxury hotel, golf club, centri benessere, studi di architettura. Da oltre 25 anni la Scuola di Professione Fitness con i suoi corsi, master e stage ha contribuito alla formazione e all’aggiornamento di migliaia di operatori del settore, mettendo a loro disposizione un corpo docente selezionato e altamente qualificato. Rilascia diplomi e attestati di partecipazione accredidati dall’UISP Milano, ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI.
Redazione Mia Dell’Agnello mia@professionefitness.com - int. 212 Progetto grafico Stefano Frattallone Impaginazione Anita Lavoce Pubblicità Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com Hanno collaborato a questo numero Sergio Giulio Roi, Davide Girola, Roberto Albanesi, Angela Bonaconza, Davide Traverso, D’Onofrio Rosario, Alfonso De Nicola, Enrico D’Andrea Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 578 del 20.12.93. L’Editore e l’autore non potranno in alcun modo essere responsabili per incidenti o danni provocati dall’uso improprio delle informazioni o delle immagini contenute nel materiale ricevuto; inoltre non necessariamente le opinioni pubblicate rispecchiano il pensiero dell’editore. Il materiale (testi, immagini e disegni) pervenuto in redazione non verrà restituito, anche se non pubblicato e viene considerato libero da diritti. La riproduzione del materiale apparso su Fitmed online in qualsiasi forma e per qualsiasi scopo non è consentita se non dietro richiesta scritta e firmata dal direttore responsabile e dall’editore. Per eventuali controversie il Foro di competenza è quello di Milano.
Gestione dati digitali Lidia Di Giovanni ldigiovanni@professionefitness.com - int. 218 Amministrazione Luciana Iritano liritano@professionefitness.com - int. 219 La Scuola di Professione Fitness Francesco Capobianco fcapobianco@professionefitness.com - int. 217
LE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO ALLA REALIZZAZIONE DI QUESTO NUMERO Alcan Airex
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Sommario
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CORSI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE FIERE E CONVEGNI
FOCUS: PATOLOGIE CARDIACHE E ATTIVITÀ FISICA 4
IL CUORE E L’APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO. Fisiologia e adattamento all’esercizio fisico di Sergio Giulio Roi
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CARDIOFITNESS E CARDIOPATIA ISCHEMICA di Sergio Giulio Roi
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FITNESS METABOLICO: agire in un contesto demedicalizzato di Alessandro Lanzani
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DALL'AMBULATORIO ALLA FITNESS TERAPIA. Percorso applicativo per Infarto Miocardico Acuto di Davide Girola
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Sommario
RUBRICHE
PRATICARE SPORT PUÒ FARE MALE? Solo a un cuore malato di Roberto Albanesi
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LO YOGA E IL CUORE. Uno strumento sempre disponibile, alla portata di tutti di Angela Bonaconza
ALLENAMENTO E REHAB 32
DAL CAMMINO ALLA CORSA. Pianificare il programma di allenamento di Davide Traverso
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NUOVI TEST MENISCALI IN CATENA CINETICA CHIUSA come training neuromuscolari preventivi per lo sportivo di D’Onofrio Rosario, Alfonso De Nicola, Enrico D’Andrea
patologie cardiache e attività fisica
Il cuore e l’apparato cardiocircolatorio Fisiologia e adattamento all’esercizio fisico
l cuore può essere considerato una pompa che permette al sangue di fornire continuamente ossigeno e nutrimenti ai tessuti. È costituito da una forma particolare di tessuto muscolare striato, in cui le cellule sono fra loro in contatto attraverso delle strutture specializzate della membrana denominate dischi intercalari; il loro scopo è assicurare una salda coesione tra le varie unità cellulari, consentendo così un’efficace trasmissione di tensione fra cellule adiacenti. In alcune zone ben identificate del tessuto muscolare cardiaco sono presenti cellule muscolari modificate, che possono contrarsi automaticamente con una determinata frequenza e di propagare la contrazione a tutto il cuore secondo vie preferenziali. Ciò si verifica con una sequenza temporale ben definita e tale da far sì che il cuore possa svolgere con efficienza il suo lavoro di pompa. In pratica, quando una cellula genera l’impulso che la fa contrarre, tale impulso viene propagato a tutte le altre cellule cosicché il
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cuore funziona come un’unica entità. In realtà il cuore può essere concepito funzionalmente come due pompe separate che spingono contemporaneamente il sangue l’una nel circolo polmonare e l’altra nel circolo sistemico (vedi figura). La prima pompa riceve il sangue dagli organi e dai muscoli attraverso le vene cave e lo trasferisce al circolo polmonare; si tratta di sangue venoso, povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica, che giunge al polmone dove avvengono gli scambi respiratori e da qui torna al cuore ossigenato, per essere immesso nella circolazione sistemica attraverso la seconda pompa. Macroscopicamente il cuore appare suddiviso in quattro cavità: due atri (destro e sinistro) e due ventricoli (destro e sinistro); ogni atrio comunica con il rispettivo ventricolo attraverso la valvola atrioventricolare. Il sangue refluo dal circolo sistemico giunge all’atrio di destra, passa, attraverso la valvola tricuspide, nel ventricolo di destra e da qui viene
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di Giulio Sergio Roi
immesso nella circolazione polmonare. Il sangue refluo dalla circolazione polmonare perviene all’atrio di sinistra, passa attraverso la valvola mitrale nel ventricolo di sinistra e da qui viene immesso nella circolazione sistemica attraverso l’aorta. Le valvole atrioventricolari hanno il compito di impedire che il sangue torni agli atri durante la contrazione (sistole). Anche alla radice del circolo sistemico (aorta) e polmonare (arteria polmonare) sono presenti delle valvole dette semilunari che impediscono al sangue di tornare verso i ventricoli durante le pause tra una contrazione e l’altra (diastole).
ARTERIE, ARTERIOLE, CAPILLARI E VENE Le arterie sono le vie attraverso le quali il sangue viene pompato verso la periferia; sono costituite da una parete contenente fibre muscolari lisce e tessuto elastico. Quando il sangue viene immesso in circolo, provoca la distensione delle pareti delle arterie; queste accumulano energia elastica durante la
patologie cardiache e attività fisica sistole e successivamente la restituiscono durante la diastole, cosicché il flusso ematico tende a essere continuo. La distensione delle pareti arteriose durante la sistole, provoca un’onda pressoria che viaggia lungo le arterie ed è percepibile a livello del polso radiale o carotideo. Procedendo verso la periferia, il diametro delle arterie si riduce progressivamente. Le arterie si continuano nelle arteriole, dotate anch’esse di cellule muscolari lisce, che vengono contratte o rilassate per regolare il flusso di sangue agli organi a valle. L’azione delle arteriole si rivela particolarmente utile durante l’esercizio, quando il flusso sanguigno viene veicolato principalmente ai muscoli. Le pareti dei capillari sono invece costituite da un unico strato di cellule, dette endoteliali, in modo da permettere facilmente il passaggio delle sostanze nutritive, dell’ossigeno o di altri metaboliti, da e verso le cellule dei vari organi. Anche l’ingresso del sangue nei capillari è controllato dalla muscolatura liscia, organizzata in un sistema di sfinteri precapillari, che ha lo scopo di regolare finemente il flusso di sangue nell’ambito dei vari organi, sulla base delle loro esigenze metaboliche. Le vene sono i vasi che veicolano il sangue dalla periferia verso il cuore. La loro parete è relativamente elastica e lungo il loro lume sono presenti anche dei sistemi valvolari che impediscono il reflusso del sangue. L’insufficienza di tali valvole è causa delle varici, che non sono altro che dilatazioni delle vene. Il flusso del sangue verso il cuore è favorito dalla spremitura delle vene ad opera dei muscoli scheletrici e dalla contrazione della muscolatura liscia in alcune zone della loro parete.
IL CICLO CARDIACO Durante il rilassamento del cuore (diastole) il sangue arriva tramite le vene agli atri e da qui passa ai ventricoli (fase di riempimento). Le valvole atrioventricolari sono aperte, mentre le valvole semilunari sono
TESTA E BRACCIA VENA CAVA SUPERIORE
ARTERIE VERSO LA PARTE SUPERIORE DEL CORPO VENE DELLA PARTE SUPERIORE DEL CORPO AORTA
ARTERIA POLMONARE
BRONCHI
BRONCHI
VENA POLMONARE
ATRIO DESTRO ATRIO SINISTRO VENTRICOLO DESTRO VENE EPATICHE
VENTRICOLO SINISTRO ARTERIE EPATICHE
VENA CAVA INFERIORE FEGATO CANALE ALIMENTARE VENE DELLA PARTE INFERIORE DEL CORPO
RENI
GAMBE
chiuse per impedire il reflusso del sangue dalle arterie aorta e polmonare verso il cuore. La contrazione atriale provoca lo svuotamento dell’atrio verso il ventricolo, dopodiché inizia la contrazione ventricolare (sistole). L’aumento di pressione dovuto alla contrazione ventricolare provoca la chiusura delle valvole atrioventricolari, che può essere percepita auscultatoriamente con il fonendoscopio (primo tono). Quando la pressione all’interno del ventricolo in contrazione supera la pressione all’interno dell’aorta o dell’arteria polmonare, le valvole semilunari si aprono e il sangue fluisce dai ventricoli verso il circolo si-
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ARTERIE VERSO LA PARTE INFERIORE DEL CORPO
stemico e polmonare. Cessa quindi la contrazione ventricolare (diastole) e, quando la pressione nelle arterie supera la pressione nel ventricolo, le valvole semilunari si richiudono (secondo tono). La sistole ha anche l’effetto di far fluire il sangue dalle grosse vene agli atri da dove potrà raggiungere i ventricoli solo durante la diastole, non appena la pressione all’interno dei ventricoli diminuirà fino a determinare l’apertura delle valvole atrioventricolari. La durata delle fasi del ciclo cardiaco dipende dalla frequenza cardiaca: con l’aumentare della frequenza cardiaca i tempi si riducono e in particolare si ri-
patologie cardiache e attività fisica duce la durata della diastole.
lità nella massima frequenza cardiaca di soggetti diversi e in genere le persone di età superiore ai 30-35 anni allenate, possono presentare frequenze cardiache massimali superiori (da 5 fino anche a 20 e più bpm) a quelle dedotte sulla base della formula illustrata in precedenza. Ciò nonostante la formula ha una sua validità, poiché illustra un fenomeno biologico (la diminuzione della frequenza cardiaca massimale di ogni soggetto in relazione all’età) e ci fornisce in modo semplice, immediato e facilmente memorizzabile, un dato di riferimento che, come tutti i dati di riferimento, deve essere utilizzato con la dovuta competenza e cautela.
LA GITTATA PULSATORIA LA FREQUENZA CARDIACA La frequenza cardiaca indica il numero di cicli cardiaci nell’unità di tempo. Tale frequenza è determinata da un ritmo spontaneo originato in una zona specializzata del cuore denominata nodo senoatriale e che funziona come un pacemaker naturale. L’impulso originato dal nodo senoatriale è di tipo elettrico, viene propagato a tutto il cuore attraverso il sistema di conduzione e può essere analizzato attraverso l’elettrocardiogramma. La frequenza cardiaca di un soggetto sano a riposo è circa 70 battiti per minuto (bpm) e subisce notevoli variazioni in relazione ai fattori ambientali, posturali o emotivi, all’esercizio fisico e alla presenza di eventuali patologie (per esempio la febbre). A riposo la frequenza cardiaca di un atleta allenato praticante sport di resistenza può raggiungere i 30-40 bpm (bradicardia). La massima frequenza cardiaca (FCmax) viene ottenuta fisiologicamente durante esercizio massimale. Essa diminuisce con l’età e può essere dedotta dalla formula: FCmax = 220 - età (anni) Tuttavia esiste una notevole variabi-
La gittata pulsatoria è il volume di sangue che viene mediamente immesso in circolo dal ventricolo a ogni battito. Esso dipende da numerosi fattori emodinamici e in particolare dal ritorno venoso al cuore, dalla distensibilità dei ventricoli, dalla forza di contrazione del ventricolo e dalla pressione nelle grosse arterie. A riposo in posizione eretta, la gittata pulsatoria è pari a circa 70-80 ml e può aumentare durante esercizio del 50-70%. Gli atleti praticanti sport di resistenza presentano una gittata pulsatoria maggiore sia a riposo che durante esercizio. L’aumento della gittata pulsatoria durante esercizio avviene, sia nei soggetti sedentari che negli atleti, soprattutto nella fase iniziale di transizione tra la situazione di riposo e l’esercizio, mentre con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio al di sopra dei carichi di lavoro che comportano una frequenza cardiaca di 110-120 bpm, la gittata pulsatoria tende a mantenersi costante (gittata pulsatoria massima). È interessante notare che la massima potenza aerobica è correlata con la gittata pulsatoria: soggetti che presentano massime gittate pulsatorie elevate presentano anche valori di massima potenza aerobica elevati. Inoltre la gittata
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pulsatoria dei soggetti sedentari può essere rapidamente aumentata con un appropriato allenamento aerobico.
LA GITTATA CARDIACA La gittata cardiaca è il volume di sangue che passa per il cuore in un minuto. Presenta notevoli variazioni individuali, tuttavia nell’adulto a riposo in posizione supina è pari a circa 5 litri al minuto e diminuisce del 10-20% nella stazione eretta. Tali valori sono pressoché identici in individui sedentari e in individui allenati, mentre le donne, in genere, presentano una minor gittata cardiaca (-25%) a causa delle minori dimensioni corporee medie rispetto agli uomini.
LA REGOLAZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA La frequenza cardiaca è regolata intrinsecamente dal nodo senoatriale, ma può essere rapidamente modificata da diversi fattori, che definiamo estrinseci poiché originano a distanza dal cuore, ma su di esso hanno effetto. Un primo fattore è costituito dall’increzione di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) per attivazione del sistema nervoso simpatico, che ha l’effetto di aumentare la frequenza cardiaca (tachicardia) e la contrattilità del cuore. Anche l’acetilcolina, un ormone del sistema nervoso parasimpatico, ha effetti sulla frequenza cardiaca, ma ne provoca il rallentamento (bradicardia). La complessa regolazione della frequenza cardiaca, attraverso il simpatico e il parasimpatico, si traduce in un rallentamento della frequenza cardiaca evidenziabile sia a riposo che a bassa intensità di esercizio negli atleti allenati aerobicamente: in pratica in questi atleti l’allenamento provoca un aumento dell’attività parasimpatica ed una diminuzione dell’attività simpatica. Le attività del simpatico e del parasimpatico possono essere anche modificate dalla stimolazione di recettori situati nei vasi, nei muscoli e nelle articolazioni. Tali
patologie cardiache e attività fisica che un modesto aumento dello spessore delle pareti ventricolari. L’ipertrofia cardiaca tende a regredire completamente con il cessare dello stimolo allenante. La frequenza cardiaca diminuisce a riposo e durante esercizio submassimale a causa dell’ipertono vagale e dell’aumento della gittata pulsatoria. Gli effetti dell’allenamento sull’apparato cardiocircolatorio si possono evidenziare considerando le differenze di frequenza cardiaca a riposo di un soggetto non allenato, rispetto a un soggetto allenato, a parità di gittata cardiaca (5 L). Infatti nel soggetto non allenato avremo: 5 L = 70 bpm x 71.4 ml mentre nel soggetto allenato avremo: 5 l = 50 bpm x 100 ml La gittata cardiaca massima aumenta principalmente per effetto della maggiore gittata pulsatoria indotta dall’ipertrofia, mentre la frequenza cardiaca massima tende a rimanere invariata. L’allenamento
recettori sono sensibili agli stimoli meccanici (movimento, pressione, ecc...) e chimici (acidità, ipossia, metaboliti, ecc...) che si vengono a produrre durante l’esercizio. Infine, l’attività della corteccia cerebrale ha notevole influenza sulla frequenza cardiaca. È noto infatti l’aumento della frequenza cardiaca che precede un esercizio impegnativo (ad esempio una gara) oppure un momento emotivamente importante. Anche queste modificazioni sarebbero dovute ad una variazione dell’attività simpatica e parasimpatica, con prevalenza della prima.
ADATTAMENTI CARDIOCIRCOLATORI L’esercizio aerobico tende a produrre un aumento delle dimensioni (ipertrofia) del cuore e in particolare del ventricolo sinistro. L’ipertrofia si esplica in un aumento della cavità ventricolare, che comporta un aumento della gittata pulsatoria; è in genere presente an-
Cardiofitness di Giulio Sergio Roi
a cardiopatia ischemica è una malattia abbastanza frequente, dovuta a un restringimento progressivo del lume delle arterie coronarie che forniscono il sangue al tessuto muscolare cardiaco. Tale restringimento si produce per degenerazione aterosclerotica della parete arteriosa. Il deficit di flusso che in alcuni casi si viene a produrre comporta una minore ossigenazione tissutale che determina la sintomatologia dolorosa caratteristica chiamata angina pectoris. Ciò avviene quando l’ostruzione raggiunge circa l’80% del lume, mentre per ostruzioni di minore entità la sintomatologia è in genere assente. La sintomatologia anginosa si manife-
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ischemica
e cardiopatia
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aerobico tende ad aumentare la quantità di ossigeno estratta dai tessuti con conseguente aumento della differenza artero-venosa di ossigeno. Ciò implica anche una minore gittata cardiaca per esercizi submassimali ed una maggiore capacità di compiere lavoro aerobico in condizioni massimali. Una maggiore capacità di estrazione dell’ossigeno è uno degli effetti più evidenti dell’esercizio aerobico nei soggetti di età superiore a 60 anni. La pressione arteriosa tende a diminuire sia a riposo che durante esercizio di intensità submassimale. La diminuzione più evidente è a carico della pressione sistolica. L’allenamento aerobico provoca anche un aumento del flusso ematico ai muscoli impegnati nell’esercizio massimale, dovuto all’aumento della gittata cardiaca massima e alla ridistribuzione del flusso ematico, che tende a ridursi notevolmente nei tessuti non impegnati direttamente nell’esercizio.
patologie cardiache e attività fisica sta con dolore oppressivo retro sternale, a volte irradiato al collo, alle spalle, all’arto superiore sinistro, ma anche a quello destro. Tale dolore dura per alcuni minuti (da 2 a 20) e può comparire durante l’esercizio, quando le richieste di ossigeno del cuore sono aumentate. Quando il flusso ematico è completamente impedito, per esempio a causa di un trombo, il tessuto muscolare a valle dell’occlusione non è più in grado di sopravvivere e si origina l’infarto in quella zona del miocardio. Questa situazione può scatenare un’aritmia maligna che porta alla morte il paziente non adeguatamente assistito. Esistono numerosi fattori di rischio legati all’instaurarsi della cardiopatia ischemica, e possono essere diversamente correlati tra di loro: età, sesso, iperlipidemia, ipertensione, fumo, obesità, vita sedentaria, diabete, dieta, ereditarietà, comportamento e personalità, iperuricemia, anormalità della funzione polmonare, razza, anomalie elettrocardiografiche, storia familiare e stress. La presenza di più fattori aumenta proporzionalmente il rischio.
IL CARDIOPATICO IN PALESTRA Il paziente cardiopatico deve innanzitutto essere seguito in una struttura specializzata, dove viene formulata la diagnosi e messa a punto la terapia. Una volta risolta la fase acuta, dovrà essere valutata, in ambiente specialistico, la tolleranza allo sforzo mediante appositi test. Quindi saranno selezionati i pazienti ad alto rischio, che potranno effettuare esercizi solo in ambiente ospedaliero o in strutture appositamente dedicate alla riabilitazione cardiologica. Per molti pazienti asintomatici, dopo una fase iniziale di riabilitazione cardiologica specialistica, potrà essere prescritto l’esercizio fisico di bassa intensità, che potrà essere eseguito anche in palestra. In questi casi dovrebbero essere fornite la
frequenza cardiaca e l’intensità di lavoro corrispondenti al limite di sicurezza determinato mediante test da sforzo cardiologico, effettuato in ambiente specialistico. Può quindi accadere che alcuni di tali pazienti si rivolgano a un centro sportivo o a una palestra per effettuare l’esercizio prescritto. Questi pazienti potranno
essere accettati, a condizione che presentino un certificato medico che stabilisca gli ambiti di esercizio consentito. Gli scopi del cardiofitness in questi pazienti sono: 1) ridurre i rischi di ricaduta; 2) migliorare la riserva funzionale; 3) riprendere le normali attività quotidiane. L’esercizio andrà somministrato con cautela, effettuando almeno 10 minuti di riscaldamento comprendente esercitazioni di flessibilità e di ginnastica respiratoria. Si passerà quindi all’esercizio aerobico tipico del cardiofitness, di intensità assai contenuta, orientativamente con frequenza cardiaca inferiore di non meno di 10 bpm rispetto alla soglia del dolore anginoso, che comunque non dovrà mai essere raggiunta. Spesso questi pazienti sono parzialmente ipostenici e quindi non sono in grado di effettuare un esercizio prolungato nel tempo, anche se di bassa intensità. È quindi
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opportuno somministrare esercizi intervallati da pause che diventeranno via via meno frequenti con il progredire della capacità di lavoro del paziente. Le esercitazioni consigliate sono principalmente la cyclette reclinata e la marcia su nastro trasportatore con le mani appoggiate sul corrimano; molto utile l’esercizio aerobico con le braccia, che implica una minore frequenza cardiaca. Al termine dell’esercizio, il defaticamento dovrà essere effettuato lentamente per prevenire i problemi che possono originare dalla ridistribuzione del sangue. Le sedute di cardiofitness nei pazienti cardiopatici avranno durata di 20 - 40 minuti e dovranno essere effettuate possibilmente tre volte alla settimana. In questi pazienti la risposta della frequenza cardiaca allo sforzo può essere depressa e quindi bisognerà evitare di calcolare la frequenza cardiaca da utilizzare, sulla base dell’età del paziente. La comparsa della sintomatologia anginosa durante esercizio in un paziente controllato non costituisce un rischio immediato: sarà necessario diminuire l’intensità e interrompere l’esercizio fino alla completa scomparsa della sintomatologia. È utile che questi pazienti abbiano sempre a disposizione delle compresse di nitroglicerina da assumere alla comparsa della sintomatologia anginosa, secondo le modalità prescritte dal medico curante. Nel caso, abbastanza infrequente, nel quale la sintomatologia persistesse nonostante l’interruzione dell’esercizio e la somministrazione di nitroglicerina, il paziente dovrà essere trasportato al più vicino pronto soccorso. Quanto esposto a proposito dei pazienti affetti da angina può essere applicato anche ai pazienti che, su indicazione medica, chiedono di frequentare un corso di cardiofitness dopo infarto del miocardio, intervento di by-pass o di angioplastica coronarica.
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patologie cardiache e attività fisica
Fitness metabolico: agire in un contesto demedicalizzato
di Alessandro Lanzani alanzani@professionefitness.com
a presenza di una cardiopatia impone che, se viene proposta dell’attività di un certo impegno cardiovascolare, questa debba essere inquadrata da parte di un’autorità medica: siamo in una zona di competenza di fitness terapia, direttamente proposta dal medico ed eseguita dall'operatore motorio. Un ”allenamento” cardiovascolare deve essere inquadrato da un medico, mentre l'attività motoria è così intimamente legata alla qualità e alla speranza di vita che può essere promossa dall'operatore metabolico: la differenza quantitativa è l'intensità di lavoro, con o senza rischio. Il fitness metabolico che privilegi la forza localizzata, lo stretching e la coordinazione motoria è quasi sempre indicato, tranne che per le situazioni di manifesto scompenso o di patologie in corso. La qualità motoria del trasporto di ossigeno, ovvero la resistenza, non deve essere allenata e deve essere utilizzata con un limitatore d’intensità di assoluta prudenza
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(110, 100 e 90 di FC), scegliendo in base a una serie di domande da porre al soggetto.
FITNESS METABOLICO E FITNESS TERAPIA Il fitness metabolico, per definizione, non cura ma previene, pertanto la cura motoria di una patologia cardiovascolare deve essere decisa da un medico ed eventualmente eseguita con l'assistenza di un operatore motorio. La presenza di una patologia cardiovascolare obbliga a un passaggio medico se si ha intenzione di generare un allenamento cardiovascolare. Al contrario, è possibile realizzare un'attività incentrata su coordinazione motoria, mobilità e forza distrettuale in un contesto demedicalizzato. 1. La mobilità. È la premessa indispensabile perché si possano realizzare movimenti sia attivi che passivi. La riduzione della mobilità è una costante del sedentarismo, pertanto l'attività incentrata sulla mobilità è un valore fondamentale per il sedenta-
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rio, e non rappresenta un rischio cardiovascolare, nel senso che non impegna in maniera significativa l'apparato cardiovascolare. 2. La forza localizzata. È possibile gestire l'allenamento della forza evitando il coinvolgimento contemporaneo di grosse percentuali di massa muscolare. In altre parole, il corpo di un sedentario di cui si conoscano patologie cardiovascolari può essere allenato all'aumento della forza, purché sia ridotta la massa muscolare coinvolta: in questo modo il fabbisogno metabolico aumenterà in maniera così contenuta da non rappresentare un impegno cardiovascolare rischioso. Alcuni criteri sono, per paradosso, gli stessi di alcuni aspetti del body building agonistico, ma con un approccio completamente opposto. Si pensi, per esempio, al concetto di isolamento muscolare: nel body building viene praticato per raggiungere il massimo risultato locale, nel fitness metabolico per ridurre le masse coinvolte e non affaticare il sistema cardiovascolare. Per esempio, nel caso dell'utilizzo di un leg estensor, si consiglierà un’esecuzione monolaterale per dimezzare l'impegno cardiovascolare. Da questo punto di vista le macchine isotoniche sono particolarmente indicate nel “frammentare l'allenamento” da poliarticolare a monoarticolare e un’esecuzione da bilaterale a monolaterale. A questo punto, le controindicazioni sono quelle tipiche del limite tra carico e sovraccarico di un muscolo, e non più quelle di una complicazione cardiovascolare sistemica. 3. Il trasporto dell'ossigeno, ovvero gli aspetti cardiovascolari. In qual-
patologie cardiache e attività fisica intensità non rischiose, mentre il fitness come terapia è medicalizzato, perché propone delle intensità “allenanti” più rischiose che necessitano, quindi, di una responsabilità medica. 4. La coordinazione motoria. È di fondamentale importanza per il mantenimento dell'equilibrio, la gestione degli imprevisti motori e il mantenimento di una buona efficienza psicofisica in presenza di ca-
siasi persona che abbia superato una patologia cardiovascolare acuta (infarto) o che sia affetta da una patologia cronica, l'obiettivo è quello di inserire del “tempo motorio” nella sua vita e di ridurre il tempo sedentario. Per ottenere ciò, ci sono due criteri di importanza equivalente. Il primo è che il movimento è vita e la vita è movimento, per cui il soggetto deve muoversi, almeno camminare, meglio a passo spedito: è il brisk walking, segnalato dalla letteratura internazionale. In ogni caso occorre verificare che sia gestito in maniera confortevole dal soggetto metabolico. Il secondo criterio è che nei soggetti affetti da patologie cardiovascolari, qualsiasi impegno cardiovascolare che superi quello di una normale vita di relazione motoria, deve essere monitorato e indicato da un'autorità medica: può essere il cardiologo di riferimento, il medico curante, lo specialista in medicina dello sport, il gerontologo, o il medico che lavora in un centro fitness. Comunque, l'operatore di fitness metabolico, per instaurare un protocollo di fitness terapia, deve avere un’indicazione medica scritta, con il range delle frequenze “allenanti”. Quali che siano gli approcci diagnostici, è l'autority medica a decidere l'intensità in termini di frequenze cardiache dei carichi di lavoro. In altre parole, il fitness metabolico è realmente demedicalizzato, perché privilegia il “tempo motorio” con
lo fisiologico, dovuto all'età, di forza e resistenza. La coordinazione motoria ha una grande funzione preventiva, con fortissime ricadute nel fitness funzionale e come terapia di supporto psicologico nelle situazioni cardiovascolari più impegnative, proprio perché non necessita di un impegno cardiovascolare rischioso. Gli esercizi di coordinazione motoria sono a corpo libero o con accessori, che puntano alla precisione del movimento o alla sequenza di movimenti non praticati in un contesto sedentario. Hanno il vantaggio che possono essere proposti in ambienti senza macchine e in classi via via più numerose, man di mano che i soggetti si impratichiscono e prendono confidenza con i movimenti.
FITNESS TERAPIA Consiste in un approccio terapeutico medicalizzato che propone delle intensità di lavoro allenanti e
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sotto massimali, in nome di un vantaggio prestativo, e in termini di rapido aumento della riserva funzionale coronaria. Questa proposta innalza il rischio cardiovascolare acuto e pertanto va gestita da un’autorità medica, che prescriva dosi di intensità (tempo e frequenze cardiache), frequenza e tipo di monitoraggio (ecg di base, sotto sforzo, esami di laboratorio ecc.). Mentre l'efficacia di questo approccio intensivo è ancora controversa, soprattutto per l'aumento dei rischi individuali, sono certi invece i costi sociali di gestione e le difficoltà organizzative per monitorare i milioni di persone individuati come soggetti metabolici, e quindi “bisognosi” di politiche sanitarie preventive. Inoltre, se li “medicalizziamo” per prescrivergli le dosi alte e performanti, ma non li “alfabetizziamo” per renderli consapevoli e autonomi, le prescrizioni cadranno nel nulla. Il sistema non si regge se è prescrittivo e doveristico e se si basa
sull'ansia del rischio. Alcuni benemeriti (ovviamente non tutti), propongono un tagliando annuale comprensivo di visita specialistica, con un paio di esami di screening e un approfondimento dopo sei mesi in caso di esito dubbio, più banalmente per proteggersi da problemi medico legali. Piuttosto che subire cause per una diagnosi falsamente negativa, è meglio riempire il mondo di esami e di qualche falso positivo.
patologie cardiache e attività fisica La fitness terapia si differenzia dal fitness metabolico per intensità individuali e per finalità generali; è più adatta alla prevenzione secondaria che alla prevenzione primaria. Il che significa anche che alcuni tentativi, a nostro avviso goffi e pericolosi, di “adattare” l'attività sportiva con i suoi test, i suoi protocolli allenanti e perforanti, ai sedentari screziati dalla sindrome metabolica, corrono il rischio di procurare solo medicalizzazione in più a persone sane, ma con una speranza di vita inferiore. E questo, oltre che essere confuso, farraginoso e costoso, non funziona ed è eticamente discutibile.
BASSE INTENSITÀ E MOLTO “TEMPO MOTORIO” Risultato pubblico: spenderemo un po' di soldi in più che si andranno ad aggiungere a una spesa sanitaria ormai fuori controllo, perché ubriaca di ipertecnicismo. L'ipertecnicismo non è casuale, risponde bensì al profitto di poche aziende ultrapotenti, piuttosto che alle logiche di buonsenso e di benessere a basso rischio e a basso costo. Il sistema tiene se è partecipativo, emulativo e si basa sull’accettazione del rischio (inevitabile in questa vita) e sulla sua riduzione graduale. Il “mood” psicologico, in questo caso, è l'immediato miglioramento della qualità della vita, perché le nuove abitudini motorie rappresentano una forma di amore e attenzione verso se stessi. Il “tempo motorio” è una scelta per sé, per riappropriarsi di sé. Il tempo motorio è relazionale con il personal metabolico e con gli altri. L'ansia non è il motore di tutto, ma al contrario si riduce insieme al rischio, ed è inversamente proporzionale al “tempo motorio”, che è l'obiettivo principale del fitness metabolico. La medicalizzazione rimane defilata per la gestione dei casi più impegnativi. Risultato pubblico: investimenti misurati, grande risparmio della spesa sanitaria nazionale per gli interventi di massa sui sani, riconversione della spesa su quelli effettivamente malati. Aumento della qualità della vita.
La quantità deve essere appoggiata sul tempo e non sulla potenza e l'unico indicatore assolutamente personale e affidabile della risposta personale a un carico dato, è la frequenza cardiaca. Quindi, occorre cautelarsi “fixando” esercizi e misurazioni a frequenze di sicurezza; il lavoro sarà la variabile subordinata a una frequenza cardiaca assolutamente precisa e personalizzata e senza rischi. Fix ed esercizi avranno, di fatto, la stessa intensità, saranno proposti a frequenza cardiaca costante e parametrata con criteri di prudenza universale: finalmente a questo punto il sistema è coerente, sicuro, semplice e praticabile.
CLASSIFICAZIONE DELLE PATOLOGIE CARDIACHE IN RELAZIONE AL FITNESS METABOLICO Il cuore è una macchina mirabile di straordinaria efficienza: è l'unico muscolo che non riposa mai (insieme ai muscoli respiratori). In una persona di 75 anni il cuore ha battuto per circa 2 miliardi e 700 milioni di volte, se è stato sempre sedentario, con una frequenza molto vicina a quella basale; qualche milione di battiti in più se ha praticato attività sportiva. La sua definizione migliore può essere quella di “pompa biologica”. Le sue componenti fondamentali sono: 1. la struttura muscolare, il tessuto
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muscolare contrattile che imprime la forza al sangue per la circolazione, ovvero il tessuto miocardio o miocardio; 2. la struttura nervosa, il sistema di innervazione del cuore che permette sia la contrazione basale del cuore, che la modulazione a seconda delle esigenze metaboliche e delle influenze esterne; sia quelle di tipo fisico (temperatura esterna, umidità, rumore ecc.), che di tipo relazionale ed emozionale; 3. la struttura anatomica valvolare, che garantisce la tenuta stagna delle camere e impedisce il flusso retrogrado del sangue; la sua funzione fondamentale e indispensabile è quella di permette la progressione del flusso del sangue; 4. il sistema di vascolarizzazione proprio del cuore, le arterie coronarie che irrorano il cuore medesimo; è evidente l'importanza della capacità di trasporto del sistema delle coronarie, considerando l'ovvietà che il cuore non si ferma mai e che, con l'aumento della frequenza e della pressione, ha bisogno di surplus energetico; questo surplus può essere chiamato anche “riserva funzionale”. Le patologie del cuore possono essere riaggregate in queste classi per facilitare la comprensione dell'operatore di fitness metabolico. 1. Patologie del muscolo cardiaco: miocardite; patologie della membrana di rivestimento: pericardite. La causa può essere di tipo reumatico o batterico, a volte di tipo auto immunitario. Il livello di gravità può essere moto variabile; può guarire senza postumi, ma può anche lasciare danni permanenti. 2. Patologie del sistema di innervazione, che generano disturbi del ritmo e della conduzione dello stimolo nervoso: aritmie. Queste patologie a volte sono compatibili con una vita normale, altre volte possono essere molto rischiose ed esitare in arresti cardiovascolari, ovvero dei veri e propri cortocircuiti del sistema “elettrico” di conduzione. Ovviamente, la valutazione del rischio e i provvedimenti terapeutici, nonché la prescrizione delle quantità di attività
patologie cardiache e attività fisica motoria, sono di esclusiva pertinenza medica. Di questo capitolo fanno parte: a) i battiti prematuri o extrasistoli, che sono stati classificati in una categoria di rischio; le classi di Lown che vanno da 0 rischio minimo a 5 rischio molto alto; b) le tachicardie sopraventricolari, le tachicardie ventricolari (generalmente più impegnative delle prime dal punto di vista del rischio); il flutter striale, la fibrillazione striale (quest'ultima caratterizzata da un elevato rischio); 3. Le patologie valvolari, che possono essere di tipo ostruttivo e restrittivo del lume di passaggio (in questo caso il nome scientifico è “stenosi”); le insufficienze, ovvero incapacità della valvola a chiudersi ermeticamente. Il risultato emodinamico è che una quota di sangue rifluisce all'indietro. Si tratta di una perdita di efficienza che può essere del tutto trascurabile quando è di lieve entità o, all'opposto, può scompensare il cuore in maniera parziale o totale. Il problema è un sovraccarico del muscolo cardiaco per spingere in avanti una quota di sangue che, al contrario, torna indietro a causa della non tenuta della valvola. 4. Patologie legate a una vascolarizzazione insufficiente delle coronarie: angina e infarto. Angina deriva da angor, dolore, e rappresenta il segnale doloroso delle cellule cardiache che non sono rifornite di sangue a sufficienza, perché le coronarie non sono più totalmente aperte, ma al contrario, parzialmente occluse da placche aterosclerotiche. La riserva funzionale di trasporto di ossigeno si riduce al punto di non essere sufficiente a mantenere in vita le cellule cardiache coinvolte. È l'infarto, la necrosi, ovvero la morte di una parte di tessuto muscolare cardiaco. Se il paziente supera la crisi acuta può riprendersi in buone condizioni
o avere un alto rischio di ripetizione dell'episodio. Aggiungiamo che queste patologie, che possono avere cause molto diverse tra loro, spingono tutte nella stessa direzione: una perdita progressiva - talvolta anche acuta - di efficienza della pompa, con problemi via via ingravescenti, sia a livello locale che a livello sistemico. Si pensi, per esempio, alla ridotta capacità di filtro renale dovuta a una pressio-
to. L'attività motoria è un farmaco dolce, ma anche un premio vitale, una sorta di restituzione alla vita e di allontanamento dall'ansia e dalla paura della malattia e della morte. L'eccesso di monitoraggio è controindicato, perché in nome di una sicurezza, si genera una sensazione di ansia permanente che è lei stessa una malattia. I prossimi anni di ricerca scientifica, possibilmente autonoma dagli eccessivi condizionamenti, dovranno lavorare proprio sul concetto di monitoraggio: fino a che punto sia utile sul singolo e sulla collettività e fino a che punto trasformi i sani in malati. Il fitness metabolico si sta strutturando per dare una risposta a questo argomento così centrale nella vita delle persone e nell'organizzazione della sanità.
CRITERI DI INTERRUZIONE DELL'ATTIVITÀ FISICA
ne insufficiente a livello circolatorio, oppure al ristagno periferico dei liquidi dovuto sempre alla ridotta efficienza della pompa. Se si comprende la profonda differenza tra movimento e allenamento, si può affermare che il movimento continuato nel tempo, ovvero lo stile di vita motorio, è indicato anche nelle situazioni mediamente impegnate, perché contribuisce all'efficienza generale, mantiene e spesso migliora gradualmente la riserva funzionale, e infine migliora di molto la condizione psicologica del soggetto. Dal punto di vista psicologico è fondamentale che il movimento sia presentato non come un obbligo tra i tanti che si prescrivono a un malato, ma come un'opportunità di demedicalizzare e di restituire alla persona uno spirito vitale e meno preoccupa-
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La pratica motoria dei sedentari deve essere libera da dolore. In particolare, è necessario informare il soggetto di fermarsi subito in presenza dei seguenti sintomi: - sensazione di pressione precordiale, ovvero la sensazione di sentire un peso sullo sterno, un dolore e o un senso di oppressione; - dolori in corso di attività fisica che riguardino la spalla sinistra, il gomito, fino al quarto e quinto dito della mano sinistra; - formicolio o dolore a livello cervicale nucale, formicolio o dolore a livello di entrambe le braccia; - formicolio e o dolore a livello delle vertebre toraciche; in questi distretti può essere proiettato il dolore cardiaco segno di un'angina; - sono da considerarsi aggravanti una sudorazione profusa e non giustificata dal contesto, fame d'aria e ovviamente ansia e agitazione motoria. Oltre all'arresto immediato dell'attività fisica, bisognerà attivare le procedure di monitoraggio e pronto soccorso più idonee. Il dolore anche in altri distretti è comunque un valido criterio di interruzione, a prescindere dalla sede e dall'ipotesi di un coinvolgimento cardiovascolare.
patologie cardiache e attività fisica APPROFONDIMENTI
CONSIDERAZIONI SULLA VITA E SULLA MORTE In tanti anni di esperienza ho maturato una certezza: l'operatore di fitness metabolico gestisce una relazione evoluta, e per far questo deve pensare. Non importa che pensi come me (peggio per lui), l'importante è che pensi e sappia entrare in relazione con i pensieri profondi di chi assiste. È proprio per questo che sento così concreto l'argomento che segue, apparentemente così inutile e astratto. La società occidentale ha rimosso la morte. La consapevolezza della morte deprime i consumi perché spinge alla riflessione interiore, alla relazione tra persone. La consapevolezza della morte aumenta il valore delle relazioni umane e deprime l'ansia di possesso. La società dei consumi ha rimosso la consapevolezza della morte e distrutto, quindi, il senso del limite e della finitezza della vita. Ha escluso la morte dalla vita. La morte non è più accettata e riconosciuta come un aspetto fisiologico intimamente legato alla vita anzi, indispensabile alla vita per come si è organiz-
zata in miliardi di anni sul nostro pianeta: una vita che, attraverso le mutazioni del DNA, può evolversi e quindi ha bisogno di sperimentare immediatamente i nuovi progetti genetici generati dalle mutazioni. Il ricambio necessario dei soggetti necessita inevitabilmente della morte. La perdita di questa ovvietà non avviene per caso, o per proteggerci, in realtà è motivata da interessi enormi: la rimozione del valore della morte paradossalmente toglie valore e senso alla vita. L'attenzione si è spostata dalla persona viva, con tutto il bagaglio del suo ruolo, dei suoi affetti, delle sue relazioni, alla funzione dei suoi organi. Ormai non si guardano più nemmeno gli organi, ma si valutano i parametri di laboratorio degli organi. In questo contesto nasce quello che si chiama “accanimento terapeutico”. C'è dell'altro: il rispetto della vita è anche il rispetto delle vite. Se per mantenere in vita gli organi di una persona (con una qualità della vita prossima allo zero, spesso in zona fortemente negativa a causa di perdita di autonomia e quindi di libertà, sofferenze indicibili, perdita di relazione e di dignità), devo investire tanto denaro da non poter curare o salvare in altro modo molte persone che potrebbero recuperare una vita piena, bene, allora c'è qualcosa che non va. E questo si chiama interesse e profitto. Un interesse così forte in termini di miliardi di euro che ha la forza di erodere giorno per giorno la percezione del senso della vita e della morte. La tecnologia è in grado di sostenere fino a dei livelli impensabili pochi anni fa la funzione di ogni singolo organo, ma la somma biologica delle singoli funzioni di una persona ancora non fa una persona e ancora non fa una vita. L'accanimento terapeutico non è solo acuto sul singolo caso terminale (e si rifletta sul fatto che “il singolo caso terminale” riguarda ciascuno di noi almeno per un attimo nella fase finale della nostra personale vita), ma è diffuso in orizzontale su tutta la popolazione. La diagnosi precoce di una malattia non è prevenzione: è diagnosi precoce. Se
per monitorare l'eventuale esordio di una malattia devo monitorare tutta la popolazione, non è detto che quelle risorse siano state spese nel modo più vantaggioso per il singolo e per la collettività: è una banale questione di costi e benefici. Se avessi speso quei soldi per indurre un reale comportamento preventivo, forse potrei generare davvero un aumento della salute delle persone, con una spesa minore a causa della minore incidenza delle patologie, e riservare le risorse salvate per aumentare l'efficacia delle terapie su coloro effettivamente sono coinvolti dalla patologia. Questo è il fitness metabolico. Le multinazionali del farmaco che hanno come fine il profitto (non è colpa dell'autore se è così: sono quotate in borsa e devono rispondere sul profitto ai loro azionisti), e gestiscono tutta la filiera della ricerca, della divulgazione scientifica e dell'informazione sanitaria, propongono a università finanziamenti per accertare che il limite tra sano e malato sia un pochino più basso: è con questo meccanismo che vengono inclusi tra i malati “un qualche milione di persone” che fino a un attimo prima erano considerati sani. Questo riposizionamento culturale è uno dei valori fondanti del fitness metabolico.
ALESSANDRO LANZANI Medico specialista in medicina dello sport e in ortopedia, è direttore della Scuola di Professione Fitness, che dal 1986 ha formato migliaia di istruttori e personal trainer con i propri corsi, master e stage di formazione e aggiornamento professionale. Da anni promotore dei contenuti relativi al fitness metabolico tramite corsi e convegni scientifici su tutto il territorio nazionale, è autore di numerose pubblicazioni e libri di formazione e supporto professionale.
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patologie cardiache e attività fisica
Dall'ambulatorio alla Fitness Terapia Percorso applicativo per Infarto Miocardico Acuto
di Davide Girola
l passaggio dalla “riabilitazione” del soggetto cardiopatico, intesa come attività inserita nella realtà ospedaliera e ambulatoriale gestita da personale medico e paramedico, alla “fitness terapia”, intesa come attività di rieducazione funzionale e multidisciplinare, gestita in una realtà privata da professionisti preparati e motivati, dovrebbe essere la conseguenza di un rinnovamento culturale di tutto l’ambiente sanitario, in linea con le esigenze socio-economiche e di rinnovamento del concetto di “cura”. Il duplice obiettivo del miglioramento della qualità di vita e di controllo dei fattori di rischio è, di fatto, l’obiettivo comune della medicina e di chi si occupa di salute, ma non in maniera astratta e speculativa.
I
IL PERIODO RIABILITATIVO In Italia le guide della riabilitazione cardiologica suddividono il periodo riabilitativo in 3 fasi. Fase 1. Corrisponde alla fase acuta della patologia e va dal ricovero alla
dimissione dalla struttura ospedaliera. L’obiettivo principale è quello di evitare i danni della prolungata immobilizzazione e portare il soggetto a una precoce dimissione e ritorno alla normale vita sociale, lavorativa e affettiva. Fase 2. Corrisponde al periodo immediatamente successivo alla dimissione dalla struttura ospedaliera e dura mediamente 6-8 settimane. Può essere effettuata in una struttura ambulatoriale o degenziale dove personale medico e paramedico specializzato pongono le basi per educare il soggetto all’attività fisica. Fase 3. In questa fase è importantissimo seguire il soggetto e verificare se mantiene o è determinato e stimolato a continuare ad applicare le norme igienico sanitarie per il controllo dei fattori di rischio, oltre ai programmi di educazione fisica. È in questa fase che il soggetto progressivamente perde quello che ha percepito del programma riabilitativo e viene sostanzialmente abbandonato, sia perché non sa dove poter continuare a mantenere i programmi di attività fisica e
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di educazione sanitaria, sia perché li ha sempre vissuti e “subiti” come una medicina. È a questo livello che si deve inserire la fitness terapia.
OBIETTIVI DELLA FITNESS TERAPIA La fitness terapia si propone, attraverso un programma multidisciplinare, di agire sulle variabili che determinano il livello della qualità della vita e il controllo dei fattori di rischio. Il concetto di “qualità della vita” può essere un concetto medico, filosofico, psicologico e dunque soggettivo; con estrema semplicità si potrebbe affermare che la qualità di vita è correlata allo stato di salute psicofisico in grado di determinare e influenzare l’impatto con la malattia, il profilo cognitivo-comportamentale, la vita sociale e affettiva. La sua valutazione non è di facile attuazione, proprio per il fatto che la qualità della vita è subordinata a fattori che si individuano nell’ambito dell’oggettività (tipo di malattia, grado di funzionalità psico-
patologie cardiache e attività fisica
fisica, cognitiva, sociale e lavorativa) e a fattori che si possono ricercare nell’ambito della soggettività (percezione della malattia, sintomatologia, soddisfazione): il grado di qualità di vita connessa alla salute è evidentemente correlato alle metamorfosi indotte dall’”eventomalattia” e dall’entità dell’intervento rieducativo sull’individuo. Il concetto della qualità della vita oltrepassa il confine della dimensione somatica e fisica tanto che, in questo senso, la fitness terapia rappresenta il substrato di un rinnovamento culturale in cui si abbandonano parole e concetti annosi come “paziente” (colui che patisce) e si ritrovano, senza clamore e retorica, parole e concetti come “individuo”. L’attenta valutazione della qualità della vita permette di migliorare l’intervento rieducativo comprensivo di supporti cognitivo-comportamentali, programmi di educazione sanitaria e protocolli di training fisico personalizzati e specifici.
patologia e sintomatologia, lo stile di vita e il profilo socio-culturale e cognitivo. Dunque appare di straordinaria importanza il “coping”, un termine inglese che indica le modalità e le strategie con cui gli individui affrontano le diffi-
LA MOTIVAZIONE E LA “PRESTAZIONE” DEL CARDIOPATICO
ASPETTI PSICOLOGICI Gli effetti maggiori (impatto) dovuti all’IMA (Infarto Miocardico Acuto) si verificano nelle prime 6 settimane ma, in genere, sono rilevanti sino a 6 mesi dall’evento acuto (limitazione delle varie attività): dopo tale periodo, in media, i valori di percezione della qualità della vita e del benessere psicofisico ritornano a quelli precedenti l’IMA. Gli studi rivelano che le donne e gli ultra settantenni hanno una percezione peggiore del proprio stato di salute, così come nei soggetti colpiti da IMA è più evidente una diminuzione della vitalità mentale (le persone dichiarano di essere facilmente “stanche” o “esaurite”) rispetto a un’alterazione del profilo mentale (stati di agitazione, ansia o depressione). I professionisti del fitness devono quindi ricordare che: 1. il miglioramento della qualità della vita è più importante del miglioramento della performance funzionale e, piuttosto, ne costituisce il preludio; 2. la percezione della qualità della vita dipende da variabili oggettive e soggettive come l’età, il sesso, il tipo di
vazione (apprendimento, impatto motivazionale dei feedback e dei rinforzi), l’ansia di “stato” (riferita a specifiche situazioni e particolari stimoli, correlata alla fiducia di sé). Fattori estrinseci: ambientali, capacità comunicativa e psicologica del trainer-educatore.
coltà, determinate in questo caso dalla malattia. Con “compliance” si intende letteralmente l’adeguamento e l’adattamento di un individuo a una situazione nuova; nel nostro caso si fa riferimento alla capacità o al grado di adattamento dell’individuo cardiopatico alla nuova situazione determinata dalla patologia e più precisamente alla “terapia” a cui è sottoposto. Nel caso della fitness terapia è di fondamentale importanza considerare i fattori che deteminano una buona “compliance” del soggetto portatore di problematiche cardiovascolari. Fattori soggettivi: cognitivo-comportamentali, profilo umorale, livello di attivazione (o grado di rilassamento che favorisce ad esempio il controllo del respiro, l’ossigenazione muscolare e la performance cardiovascolare), profilo psicomotorio, livello di attenzione e moti-
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Anche il soggetto con problematiche cardiovascolari che affronta un programma di training possiede un obiettivo (la salute, il miglioramento della qualità di vita) e deve essere correttamente stimolato (motivato) a proseguire il programma, constatandone i risultati e livelli della prestazione e i benefici che ne derivano. È bene precisare che con prestazione non si deve intendere semplicemente il “risultato” (come nel caso di una performance sportiva agonistica), ma anche il successo individuale di un certo tipo di attività psicomotoria, sotto il profilo della soddisfazione personale, abbinata a un buon grado di risposta fisica. Nel caso del soggetto cardiopatico è importante che esegua un compito motorio soddisfacente che lo aiuti a seguire programmi di lavoro (molto importante nell’”endurance”) con convinzione, abilità e proseguendo non per abitudine ma per desiderio. La motivazione si basa sue tre aspetti fondamentali: 1. l’informazione (l’educazione che coinvolge i processi dell’apprendimento); 2. la “competenza” (il livello della prestazione del soggetto e dunque del grado di soddisfazione, basato sulle capacità individuali di percezione del sé corporeo e del grado di funzionalità psicomotoria); 3. gli stimoli ambientali (situazioni di gruppo, stimoli esterni determinati dalla famiglia o dalle relazioni interpersonali, luoghi specifici). L’informazione è fondamentale: il soggetto deve essere sempre coinvolto in quello che esegue, deve conoscere le motivazioni delle tecniche e degli obiet-
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tivi di ogni seduta. Il trainer-educatore sceglierà quando è più opportuno spiegare i contenuti della seduta o di un esercizio e di un programma personalizzato (feedback, rinforzi, timing educativi). Gli stimoli ambientali sono di straordinaria importanza e il coinvolgimento dei famigliari (a livello educativo se non addirittura pratico) o amici e partner può rivelarsi fondamentale.
PROTOCOLLO PER IMA Obiettivi: - inserimento nelle situazioni di gruppo; - recupero psicomotorio e propriocettivo articolare, muscolare e posturale; - educazione sanitaria personalizzata; - condizionamento aerobico (endurance) di base; - valutazione globale del training in funzione dei dati clinici (collaborazione con lo specialista e il medico di base); - personalizzazione del percorso;
- controllo dei fattori di rischio modificabili; - autodeterminazione alla cura e motivazione al rinnovamento dello “stile di vita” e al proseguo della fitness terapia. Il protocollo si compone di 3 mesocicli di allenamento consequenziali, di eguale intensità, ma di differente volume allenante: il passaggio da una fase all'altra è da valutarsi in base ai risultati ottenuti dal soggetto. Ogni mesociclo è composto da 4 settimane (microcicli); 1 microciclo è composto da tre sedute settimanali, preferibilmente a giorni alterni. La periodizzazione è sempre e comunque subordinata ai risultati ottenuti dal singolo soggetto; in sostanza, si deve potere programmare l'aumento della “quantità” più che il parametro intensità. La durata della singola seduta è variabile, secondo il mesociclo e le risposte individuali (dai 40/50 min iniziali ai 90/100 min del-
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le sedute della terza fase). Le sedute possono essere di gruppo, preferibilmente di 6 persone. I MESOCICLO: 4/6 settimane, durata della singola seduta = 60-70 min. 1. Presentazione seduta (ed eventuali feedback di educazione sanitaria, operazioni di monitoraggio della FC e della PA, valutazione parametri del training sulla scheda tecnica). 2. Warm-up (avviamento motorio): 1020' esercizi calistenici; stretching tecnica statica; educazione respiratoria e posturale. 3. Parte Centrale: 15-30' (secondo il microciclo) di training aerobico a intensità costante (in funzione dei test ergometrici e della valutazione globale del soggetto precedentemente eseguiti), su cicloergometro e nastro trasportatore; si consiglia di suddividere la seduta affinché il tempo trascorso sul cicloergometro equivalga al 60% dell'intera durata della parte centrale. 4. Defaticamento: 5-15 minuti di esercizi di ginnastica respiratoria e di stretching (tecnica mista e passiva). 5. Fine seduta: registazione dei dati e parametri del training sulla scheda tecnica (con particolare attenzione al grado di percezione della fatica e al livello di partecipazione). II MESOCICLO: 4/5 settimane; durata singola seduta = 90 minuti circa. 1. Presentazione seduta e operazioni di monitoraggio della FC e PA, valutazione parametri del training sulla scheda tecnica del soggetto) 2. Warm-up: 10' esercizi calistenici, educazione respiratoria e posturale; 58' esercizi per capacità coordinative: ritmo, equilibrio statico e dinamico, capacità di differenziazione cinestesica. 3. Parte Centrale: 30-45' di training aerobico monitorizzato, suddivisi tra cicloergometro e nastro trasportatore in eguale misura, in “target zone”. 4. Defaticamento: 5-15' di esercizi di stretching (tecnica mista e passiva). 5. Fine seduta: compilazione scheda tecnica. III MESOCICLO: 4/6 settimane; durata singola seduta = 110/120 minuti e più. 1. Presentazione seduta e operazioni di monitoraggio della FC e PA, valutazione dei parametri del training sulla scheda tecnica del soggetto).
patologie cardiache e attività fisica
2. Tecniche di rilassamento, ginnastica respiratoria (10' max). 3. Warm-up: 10' Bike o Run (cammino); stretching ed esercizi di mobilità con tecnica statica. 4. Parte Centrale: 15-20' Run, 20' Bike (modalità Interval Training in soggetti ritenuti idonei); 10' Cicloergometro per arti superiori (ove possibile). 5. Introduzione all'utilizzo di attrezzi isotonici, con carichi pari al 30% del massimale. 6. Cool-down: 10' stretching tecnica passiva 7. Fine seduta: registrazione parametri del training
LA PERSONALIZZAZIONE DEL PROTOCOLLO La scelta del carico allenante viene fatta in base a due criteri e cioè considerando la FC e/o i Watts. Nel caso di soggetti in terapia con bloccanti il parametro FC non è attendibile (la FC a riposo e sottosforzo può essere più bassa anche del 30%) e dunque è opportuno riferirsi al parametro Watt o velocità. Si ricorda poi che il wattaggio relativo al test da sforzo eseguito in ambulatorio può essere considerato solo come riferimento (gli ergometri usati nei centri fitness sono di tipo diverso da quelli usati nelle unità coronariche e comunque ogni ergometro ha potenzial-
mente delle caratteristiche meccaniche diverse dagli altri). Dunque la FC o i relativi Wattaggi debbono essere rivalutati in palestra tramite i test di tipo sottomassimale. Nell'adeguare un protocollo alle esigenze del singolo soggetto si devono poter individuare i “problemi aperti”, ovvero le problematiche specifiche che richiedono la personalizzazione del protocollo; sono gli “obiettivi a breve termine”, senza i quali non sarà possibile proseguire con l'intera fitness terapia o rendere plausibile una parte di essa fondamentale. Tra questi problemi aperti si possono individuare: - aspetti concernenti il profilo psicomotorio (deficit delle capacità coordinative, dismorfismi gravi che possono incidere sulla qualità minima del rapporto trainer/educatore e soggetto cardiopatico); - aspetti riguardanti la compliance del soggetto in riferimento ai medicamenti (terapia farmacologica e influenze sull'emodinamica, sul metabolismo, sulla frequenza cardiaca e dunque sullo status psicofisico nella sua globalità); - aspetti squisitamente tecnici e di ordine pratico/organizzativo, che normalmente si incontrano quando si deve costruire un training personalizzato e si devono far collimare le esigenze del singolo con quelle del centro in cui si opera (orari, situazioni famigliari e/o profes-
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sionali contingenti) in rapporto alle caratteristiche intrinseche del protocollo (per esempio il numero delle sedute minime di training infrasettimanali). Il controllo dei fattori di rischio deve essere costante ed è possibile soltanto attraverso l'informazione, l'educazione sanitaria e la motivazione sia del soggetto che del trainer educatore. Sempre e in ogni caso si deve poter fare un bilancio sul grado di soddisfazione e sul livello di percezione della fitness terapia, ricordandosi che la performance squisitamente fisica non è sinonimo di salute, o di qualità della vita, anche se ne costituisce il preludio.
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patologie cardiache e attività fisica
con link di approfondimento
Praticare sport
può fare male? Solo a un cuore
malato teriore fonte di business.
COME FUNZIONA UN CUORE SANO
elle palestre il cardiofrequenzimetro è utilizzato anche per tranquillizzare quella fascia di pubblico particolarmente ipocondriaca che teme per la salute del proprio cuore in relazione a uno sforzo fisico eccessivo. Mi è capitato più di una volta di sentire il personal trainer dire a una signora che si era appena iscritta “l’uso del cardio è molto utile per non esagerare e non avere problemi al cuore!”. Quella che appare una premurosa attenzione nei confronti del cliente a me pare un boomerang devastante, oltre che una grossolana imprecisione in termini di fisiologia car-
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diaca. Psicologicamente, anziché tranquillizzare un ipocondriaco, è il miglior modo di giustificare le sue paure, che sicuramente trasmetterà a chi gli sta vicino (dai figli agli amici, al conoscente occasionale) attraverso il messaggio: lo sport può fare male al cuore ed è bene non esagerare. Lo spirito di questo articolo è quindi quello di fare prevenzione in palestra non promuovendo semplicisticamente l’uso del cardiofrequenzimetro, ma anche e soprattutto promuovendo visite d’idoneità e controlli periodici che, dal punto di vista del gestore, devono essere visti non come una scocciatura, ma un’ul-
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Durante lo sforzo fisico i muscoli richiedono al cuore di far arrivare più ossigeno; in base a questa richiesta il sistema cardiovascolare si attiva e trasporta l’ossigeno ai muscoli. Aumenta il consumo di ossigeno e, se lo sforzo è basso, per produrre energia viene utilizzata praticamente solo la via aerobica; all’aumentare dello sforzo, viene significativamente utilizzata anche la via anaerobica. Un’importante considerazione evidenziata da Noakes e Peltonen (è l’assenza di fenomeni anginosi (dolori al petto) in atleti sani, anche in condizioni di massimo sforzo a notevole altitudine. Io stesso evidenziai la pressoché totale mancanza di grave sofferenza cardiaca in atleti sani. Considerando che l’attività contrattile del cuore è danneggiata da una mancanza di ossigeno (cioè il cuore non sa contrarsi anaerobicamente), è evidente che deve esserci un meccanismo di controllo che, a causa dell’incremento del lattato percepito dal cuore, innesca un segnale di blocco al cervello che a sua volta blocca il reclutamento delle fibre muscolari deputate all’esercizio: il soggetto entra in crisi e il cuore è salvo.
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patologie cardiache e attività fisica LA MORTE “DA SPORT”
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re è già intaccato dall’aterosclerosi coLa morte improvvisa durante l’attivi- ronarica. Anche atleti di un certo livello tà sportiva è in genere determinata possono presentare il problema: un da un blocco della funzionalità car- atleta, la cui autopsia rivelò la complediaca dovuto a una causa meccani- ta occlusione di un vaso coronarico, ca o, più frequentemente, elettrica. tre settimane prima aveva corso la maPerché avvenga, occorrono due fattori: un evento scatenante e un cuore malato. Come visto sopra, un cuore sano ha naturali meccanismi di controllo che bloccano lo sforzo prima che possa danneggiare il cuore. Diventa pertanto fondamentale che nella popolazione passi il messaggio che “fare sport può fare male solo a un cuore malato”. Altresì, è fondamentale la prassi di una visita medica che non sia una semplice formalità e che vada al di là di ciò che prescrive la legge per la pratica amatoriale dell’attività sportiva. L’evento scatenante può essere legato all’attività sportiva (mancanza di ossigeno, acidosi lattica, aumento Link della temperatura corporea ecc.), mentre il problema cardiaco può es- ratona in 3h06’ (fonte Macchi e sere noto o meno. Molte patologie Franklin). La stessa fonte cita che il cardiache sono rilevabili con semplici 77% degli atleti deceduti presentava esami come elettrocardiogramma o aterosclerosi coronarica e il 32% iperecografia cardiaca. Quest’ultima è tensione arteriosa. La cardiopatia spesso consigliata dopo una visita ischemica altro non è che un restringisportiva, allarmando l’atleta più del do- mento parziale o totale dei vasi princivuto: si tratta comunque di un esame pali del cuore, con conseguente insufdi routine che viene richiesto a una ficiente irrorazione sanguigna; tale percentuale molto alta di soggetti che condizione può provocare un infarto si sottopongono alla visita sportiva. Le cardiaco o un’aritmia che portano a un patologie come la cardiomiopatia iper- arresto cardiaco fatale. Chi subisce trofica, la malattia aritmogena del ven- un arresto cardiaco per cardiopatia tricolo sinistro, la sindrome di Marfan, ischemica non ha il cuore sano, anla miocardite, le anomalie congenite che se prima dell’episodio può apdelle arterie coronarie, la stenosi aorti- parire, come tutti sanno, sanissimo. ca in valvola bicuspide, il QT lungo La visita medica e l’elettrocardiogramidiopatico, il Wolf-Parkinson-White so- ma dopo sforzo non possono rilevare no per fortuna patologie poco comuni la chiusura in atto dei vasi, occlusione e sicuramente non la causa principale dovuta a placche ateromatose che codi morti da sport. La causa principale munque si formano nel giro di anni (andi gran lunga più probabile della che se possono staccarsi improvvisamorte da sport è l’aterosclerosi co- mente e provocare un trombo che ronarica, cioè in parole povere l’in- chiude un vaso). Purtroppo, per profarto. Ciò spiega come l’atleta allenato blemi vari, una semplice visita sportiva sia in genere protetto più del sedenta- non contempla un esame del sangue, rio che affronta una prova sportiva: in da cui si potrebbe intuire un alto rirealtà, molte morti da sport colpiscono schio cardiovascolare, situazione che atleti occasionali (la classica partitella a porterebbe alla logica richiesta di ultecalcio fra amici o la partita di tennis al- riori indagini. Paradossalmente, quinle due del pomeriggio), gli sportivi della di, nelle palestre si presentano soggetdomenica, tanto per intenderci. Sono ti comunque a rischio: soggetti che fusoggetti predisposti perché il loro cuo- mano, che sono in sovrappeso e con
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indice di rischio cardiovascolare (rapporto fra colesterolo totale e quello buono) elevato. Non a caso Alberto Salazar, maratoneta a livello mondiale, è sopravvissuto a un infarto che lo ha colpito a 49 anni. Aveva smesso
l’attività 13 anni prima (chi smette perde tutti i benefici dell’attività sportiva circa un anno dopo); probabilmente non fumava, non so se fosse in sovrappeso, ma dalla stampa apprendiamo che non aveva fatto nessun controllo di routine, nonostante avesse parenti stretti morti per patologie cardiovascolari (anche la genetica conta). Jim Fixx, l’inventore del jogging, soleva vantarsi della sua alimentazione contro ogni regola e infatti è morto d’infarto correndo.
CONCLUSIONI Lo sport senza un buon stile di vita non può preservare dall’infarto, e l’uso del cardiofrequenzimetro non aiuta più di tanto! Deve essere infatti chiaro il concetto di coincidenza temporale. Perché se una persona è colpita da infarto mentre lavora o guarda la televisione non si associa l’infarto al programma televisivo (ipotesi sensata, visti certi programmi...) o al lavoro, mentre quando ciò avviene durante uno sforzo sportivo si pensa subito allo sforzo come causa? È fondamentale comprendere che l’attività sportiva non “causa” l’infarto, per prevenire il quale non basta un semplice strumento di monitoraggio, ma è necessario un buon stile di vita complessivo.
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patologie cardiache e attività fisica
con link di approfondimento
e il cuore
Lo yoga
Uno strumento sempre disponibile,alla portata di tutti
di Angela Bonaconza info@kriyayoga.mi.it
o yoga è una tecnica universale che si sperimenta e si rivela solo attraverso la pratica (sadhana) costante. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi; il termine sanscrito “yoga” possiede una vasta gamma di significati, deriva dalla radice “yuj” che vuol dire congiungere, unire: è la scienza di unire l’anima individuale con lo Spirito Cosmico. Coloro che praticano Yoga, lontano dall’essere dei mistici sognatori, seguono dei principi scientifici e pratici che li portano all’unione di corpo, mente e spirito. Questo strumento antico ci viene in aiuto per insegnarci ad attingere a risorse ed energie latenti in ognuno di noi, energie che, se attivate e risvegliate coscientemente, permettono di portare equilibrio nel nostro corpo. La scienza moderna è uno strumento prezioso, che conti-
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nua a scoprire terapie salvavita ma non riesce a renderci felici, a farci trovare il senso della vita stessa, a farci sentire parte dell’universo; la scienza non riesce a dare alle persone quella forza mentale necessaria per vivere felici, in armonia con se stessi e con il mondo.
INTEGRARE LO YOGA ALLA MEDICINA MODERNA Una pratica yoga costante e fiduciosa porta numerosi benefici: Asana e pranayama donano forza fisica e mentale, migliorano le capacità cardio-respiratorie, le funzioni intestinali, il drenaggio linfatico e il sistema immunitario; le percezioni si affinano e impariamo a sentire e a dare ascolto ai messaggi del nostro corpo; cresce l’autocontrollo e la capacità di gestire le emozioni e di trasformarle da negative in positive. Di fronte a un pericolo impariamo a
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intervenire sulla mobilizzazione delle risorse psicologiche personali, sulla pianificazione degli obiettivi e sull’investimento delle energie necessarie per perseguirli: impariamo ad affrontare la vita e a vivere nel presente “qui e ora” la nostra malattia. Lo stress, che caratterizza lo stile di vita di moltissime persone, risulta essere un fattore determinante per la salute del cuore: gli ormoni dello stress aumentano la pressione e il battito cardiaco, affaticando l’organo e aumentando la necessità di ossigeno. La capacità dello yoga di combattere lo stress lo rende uno strumento fondamentale ed efficace per chi soffre di malattie cardiovascolari e per la loro prevenzione. Il Pranayama è una tecnica di respirazione yogica il cui valore risiede nel suo stesso nome: Prana significa respiro, energia e forza;
patologie cardiache e attività fisica Ayama significa lunghezza, espansione e controllo. I benefici del Pranayama sono stati oggetto di molteplici studi e diverse prove scientifiche ne hanno documentato negli anni la validità. Link
PROVE SCIENTIFICHE Link
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Nel 1948 Aaron Friedell (Minnesota Medicine) condusse il primo studio pubblicato in occidente riguardo la terapia yogica, in specifico sugli effetti benefici di “una respirazione attenta” in 11 pazienti affetti da angina. La tecnica utilizzata fu appresa nel 1927 da Yogananda e venne poi implementata con la respirazione “Nadi Sodhana”, ovvero a narici alterne. I pazienti, che soffrivano di dolori al petto e fiato corto, notarono un deciso miglioramento. Non appena avvertivano i primi segnali di un attacco di angina pectoris iniziavano la tecnica di respirazione e, nella maggior parte dei casi, erano in grado di superare in breve il momento critico. È del 1983 uno studio di Dean Ornish, pubblicato sul Journal of the American medical Association, che monitora gli effetti benefici di un programma di yoga completo (Asana - Pranayama - visualizza-zione – meditazione e rilassamento profondo), comprensivo di uno stile di vita sano (dieta povera di grassi, esercizio fisico aerobico e niente fumo). I pazienti dovevano frequentare incontri con cadenza regolare e seguire la dieta e il programma di yoga. Dopo un anno i livelli di LDL (colesterolo cattivo) erano scesi da una media di 114 a 87 senza ausilio di farmaci e le crisi di angina erano meno frequenti e meno gravi. Nel 1998 la prestigiosa pubblicazione scientifica Lancet pubblicò uno studio di Luciano Bernardi su pazienti affetti da problemi respiratori causati da insufficienza cardiaca congestizia. Negli stadi avanzati della malattia i fluidi accumulati nei polmoni compromettono la normale ossigenazione, causando al paziente una sensazione di soffocamento. La reazione è di agitarsi e quindi respirare sem-
pre più in fretta e in modo più superficiale così che l’apporto di ossigeno nel sangue diminuisce. Con la tecnica di una “respirazione completa” per un mese, i pazienti sono passati da una media di 13,4 respiri al minuto a 7,6; inoltre, è migliorata la loro capacità di esercizio fisico e di saturazione di ossigeno nel sangue. Il Journal of the American medical Association pubblicò nel 2003 i risultati (parziali) di uno studio multicentrico di Dean Ornish. Lo studio, tuttora in corso, coinvolge oltre 2000 pazienti e i risultati sono incoraggianti: abbassamenti significativi del colesterolo, della proteina C reattiva, del glucosio e della pressione sistolica e diastolica. Dopo un anno i risultati sono rimasti invariati e risultati significativi si sono registrati anche nella qualità della vita e negli indicatori di Link depressione. Il Corriere della Sera nel 2006 pubblicò un’intervista a Luciano Bernardi, professore associato presso il Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Pavia che ha eseguito numerose ricerche sull'interazione fra pratiche yoga, sistema respiratorio e sistema cardiovascolare . “Chi soffre di scompenso cardiaco presenta a volte anche alterazioni del sistema neurovegetativo caratterizzate da un aumento del tono simpatico a scapito di quello parasimatico. In questi casi lo yoga può aiutare, comunque la valutazione va fatta con il proprio medico… Il cervello, in base alle informazioni inviate dai sensori, regola in modo coordinato sia i gas nel sangue che i livelli della pressione arteriosa agendo su due leve fondamentali: il sistema nervoso e il nervo vago. Per esempio, se la pressione arteriosa è troppo bassa, il sistema nervoso centrale attiva il simpatico e aumenta il ritmo del cuore, che così pompa più sangue, costringe i vasi, fa salire la pressione ed inoltre aumenta anche la ventilazione. Se invece la pressione è troppo alta, viene attivato il vago con effetti opposti. Talvolta questi sensori non funzio-
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nano come dovrebbero a causa di malattie cardiovascolari, respiratorie, di disturbi d’ansia e di tipo comportamentale. Le ricerche condotte hanno evidenziato come la pratica dello yoga rendendo più efficiente la respirazione, alleni il cervello a tollerare elevati livelli di anidride carbonica, incrementi il tono vagale provocando un rallentamento del battito ed una vasocostrizione coronarica, con effetti calmanti e, al tempo stesso, regoli i livelli di cortisolo, adrenalina e noradrenalina ovvero gli ormoni dello stress”.
IL METODO KYMS E LE CINQUE REGOLE Dallo studio condotto dal prof. Bernardi risulta evidente che le tecniche della respirazione yoga, nate per favorire la meditazione, se affiancate alla tradizionale terapia farmacologica si possono rivelare utili in chi soffre di scompenso cardiaco: un buon motivo per iniziare a integrare lo Yoga nel percorso terapeutico, sia a livello di cura che di prevenzione e di mantenimento. Il metodo KYMS trae principio dalla tradizione e da quanto codificato da Patajali, integrandoli con un approccio scientifico e moderno che spazia dall’anatomia alla fisiologia fino alla bio meccanica. Gli insegnanti Yoga KYMS sono tutti personal trainer diplomati da scuole certificate e riconosciute proprio per assicurare la massima serietà e preparazione. I protocolli di lavoro specifici per patologie prevedono lavori di esecuzioni di Asana e Pranayama differenti: ne presentiamo due per darne un esempio esaustivo.
ASANA – POSIZIONE SAVASANA – POSIZIONE DI RILASSAMENTO Posizione di partenza: supina con le gambe e le braccia lievemente divaricate, i palmi delle mani verso l’alto, piedi extra ruotati. In caso di tensione alle schiena, flettere le ginocchia e mettere sotto un cuscino. Esecuzione: chiudere gli occhi, mettersi all’ascolto del respiro e ab-
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patologie cardiache e attività fisica SAVASANA
Posizione, supina gambe e le braccia lievemente divaricate, i palmi delle mani verso l’alto, piedi extra ruotati
NADHI SODHANA
Respirazione a narici alterne in posizione supina e in posizione seduta
In caso di tensione alle schiena, flettere le ginocchia e mettere sotto un cuscino
bandonarsi sul tappetino; l’insegnante vi guiderà nel rilassamento totale. Nel caso di impossibilità a stare nella posizione supina utilizzare cuscini di sostegno per il tronco e/o variare la posizione e portarsi sul fianco.
PRANAYAMA – TECNICA DI RESPIRAZIONE NADHI SODHANA - RESPIRAZIONE A NARICI ALTERNE Consiste nell’inspirare ed espirare da una narice sola e poi dall’altra: così facendo i sistemi nervosi simpatico e parasimpatico entrano in equilibrio. Secondo gli insegnamenti yogici la narice sinistra è collegata a “ida”, un’importante nadi, canale energetico che corre lungo la colonna vertebrale e ha natura femminile, rinfrescante, calmante (= ying cinese). La narice destra è invece collegata a ”pingala”, nadi di natura maschile, riscaldante, stimolante (= yang cinese).
CINQUE REGOLE PER UNA PRATICA CORRETTA E SICURA 1. La pratica dello yoga deve essere trasmessa direttamente da un insegnante qualificato e questa regola diventa fondamentale in caso di patologie; le lezioni saranno individuali e questo permetterà di studiare nei dettagli l’allievo (simmetria, forza, flessibilità, tono, tic nervosi, qualità del respiro, postura, umore, motivazioni …ecc.) e definire un protocollo di lavoro scegliendo le pratiche che riterrà più ido-
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nee: Asana – Pranayama – Visualizzazioni – Concentrazione – Meditazione. 2. L’insegnante di yoga, anche se esperto, non deve dare consigli medici: non è questo il suo campo e oltretutto una diagnosi sbagliata potrebbe avere conseguenze pesanti e magari ritardare una terapia adeguata. Piuttosto è buona regola che l’insegnante e il medico si consultino, direttamente o attraverso il paziente. 3. Una vota stabilito il protocollo di lavoro, si procede alla fase di verifica per accertarsi che la tecnica sia eseguita in modo corretto. 4. Proporre un elenco dei compiti a casa. 5. Il programma viene modificato e perfezionato nelle lezioni successive, con lavori in progressione.
Un manuale a cura di Angela Bonaconza, direttore tecnico della Scuola Kriya Maha Sadhana, in cui vengono presentate le principali posizioni dello yoga "Asana", iniziando da quelle più semplici fino ad arrivare a quelle più impegnative con la descrizione completa dell'Asana, delle fasi di acquisizione e delle Asana propedeutiche il tutto accompagnato da numerose immagini e dall'elenco dei benefici che ogni postura favorisce se praticata con costanza. www.kriyayoga.mi.it/stampaKYMS.html
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Saper analizzare e comprendere la postura di un soggetto è la tappa obbligata per elaborare un programma di allenamento davvero “personal”. Con questo stage vi impadronirete di uno strumento pratico di grande accuratezza, con uno sguardo alla psicologia. - Dal neonato all’anziano: la formazione e l’evoluzione delle curve rachidee. - La postura fisiologica del soggetto - Appoggio plantare ed effetti posturali. - Gli effetti del sistema muscolo-connettivale sull’apparato scheletrico. - Individuare le asimmetrie mediante la valutazione posturale. - Contrazione, contrattura e retrazione muscolare. I test. - Muscoli agonisti, antagonisti e sinergici. - Esercitazioni pratiche di gruppo. Dove e quando: Milano, sabato 17 ottobre Orario: 10.00-13.00 e 14.00-17.00 Quanto costa: 120 euro entro il 30 settembre; 160 euro (Iva inclusa) dopo tale data; + 30 euro di iscrizione alla scuola, validità annuale. Prezzi Iva inclusa.
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Docente: Alessandro Lanzani Quanto costa: 720 euro Iva inclusa. La quota comprende: l'iscrizione alla scuola, l'opera completa + 1 Workshop tecnico + l'esame finale (a Milano) per conseguire la certificazione. È possibile ottenere più certificazioni con la stessa opera: per qualsiasi ulteriore informazione contattare la segreteria corsi al numero 02.58112828 o consultare il sito internet:
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Esempi pratici Come strutturare le prime ore di lavoro con i soggetti metabolici; • monitoraggio e verifica dei risultati • Codice deontologico; • Manifesto del fitness metabolico. L'apprendimento sarà supportato da un servizio di assistenza on line e completato da una giornata di Workshop tecnico, a scelta dello studente, fra quelli proposti dalla nostra Scuola di Forma-zione. Il calendario delle giornate è consulta-
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DIPLOMI E ATTESTATI Ogni corso prevede un esame finale al quale potrai accedere frequentando almeno l’80% delle lezioni teoriche. Il voto che otterrai sarà espresso in centesimi: 60/100 è la votazione minima necessaria per ottenere il diploma rilasciato da Professione Fitness e riconosciuto da Uisp sport per tutti, comitato di Milano, ente di promozione sportiva riconosciuto dal C.O.N.I. A ogni master, frequentando almeno l’80% delle lezioni, otterrai un attestato di partecipazione rilasciato da Professione Fitness e riconosciuto da Uisp sport per tutti, comitato di Milano, ente di promozione sportiva riconosciuto dal C.O.N.I. Ogni stage è un’iniziativa monotematica di una giornata al termine della quale otterrai un attestato di partecipazione rilasciato da Professione Fitness e riconosciuto da Uisp sport per tutti, comitato di Milano, ente di promozione sportiva riconosciuto dal C.O.N.I.
ANNULLAMENTI E RINUNCE La Scuola di Professione Fitness si riserva il diritto di annullare le iniziative in programma qualora non si raggiunga il numero minimo di iscritti, provvedendo in tal caso al rimborso totale delle quote già corrisposte. In caso di rinuncia, la Scuola di Professione Fitness provvederà al rimborso parziale della quota corrisposta secondo le modalità indicate nel sito www.professionefitness.com
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allenamento e rehab
Dal cammino alla corsa Pianificare il programma di allenamento di Davide Traverso
artiamo dal presupposto che, per ottenere un efficace allenamento aerobico, non bisogna per forza correre ma, è sufficiente una camminata veloce. Tuttavia la corsa ci permetterà di raggiungere un’intensità di lavoro, non solo dal punto di vista aerobico, ma anche muscolare, che poche altre attività eguaglieranno. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalle importanti sollecitazioni a cui sono sottoposte le articolazioni durante questo fondamentale gesto atletico. Per questo motivo chi non ha mai praticato la corsa in modo continuativo dovrà approcciare quest’attività in modo estremamente graduale. L’errore più comune è quello di saltare delle tappe di un programma perché considerate troppo “leggere”; questo faciliterà l’insorgere di problematiche articolari, soprattutto alle ginocchia, che possono necessitare riposo forzato anche per lungo tempo.
P
FATTORI VARIABILI Per pianificare un programma di cammino-corsa dovremo tener conto di alcuni fattori. - Peso corporeo: se supera gli 80 kg per l’uomo e i 70 kg per la donna, indipendentemente dalla composizione corporea, dovremo allungare i tempi di progressione, in quanto le articolazioni, dovendo sopportare sollecitazioni importanti, avranno bisogno di più tempo per rinforzarsi. - Terreno di corsa: dovremo adattare il nostro programma alle caratteristiche geografiche del territorio dove lavoriamo; se abbiamo la possibilità di utilizzare un terreno pianeggiante a basso impatto (l’ideale è una pista di atletica o la terra bat-
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allenamento e rehab tuta) pianificheremo progressioni maggiori; se invece il soggetto correrà su asfalto in zona collinare dovremo avere più pazienza. - Il livello di preparazione fisica di partenza: per proporre un obiettivo dobbiamo conoscere bene il punto di partenza della persona che abbiamo di fronte. Non facciamoci ingannare dalle apparenze o da racconti di imprese affrontate magari anni prima. Possiamo proporre una corsa-test composta da una breve prova della resistenza di base, seguita da alcuni allunghi. Questa, da un lato ci può servire a definire un punto di partenza, dall’altro può fornirci dei dati di controllo per un futuro raffronto. - Avere un obiettivo: un traguardo renderà l’allenamento meno pesante e noioso. Consiglio di iniziare proponendo al soggetto un obiettivo temporale (correre un tot di minuti consecutivi). Se il livello di partenza è avanzato, possiamo considerare una distanza (in km); se abbiamo a che fare con corridori esperti, possiamo infine cercare un tempo su una distanza.
ABBIGLIAMENTO La parte più importante dell’abbigliamento da corsa sono le scarpe; consigliamo di spendere qualche soldo in più al momento del loro acquisto, per non pentirsi in seguito. Esistono diversi modelli per il running e la scelta si deve basare essenzialmente sul peso corporeo e sul terreno di utilizzo; meglio rivolgersi a negozi specializzati su questo articolo. A seconda della temperatura atmosferica e delle condizioni climatiche dovremo adattare l’abbigliamento; pantaloni, lunghi o corti, maglietta ed eventuale felpa dovranno essere in tessuto traspirante che lasci evaporare il sudore e si asciughi in fretta. Nella stagione fredda consigliamo di adottare un abbigliamento a strati, in modo da poter togliere o aggiungere indumenti in base alle esigenze della persona, all’interno della seduta di allenamento. Secondo la mia esperienza personale consiglio una ma-
glia con zip e colletto che copra bene la gola e il collo, da indossare sopra la maglietta; si toglie senza bisogno d’interrompere la corsa ed è molto utile quando si alza il vento e siamo sudati. Se le condizioni climatiche lo richiedono, saranno necessari berretto di lana, guanti e giacchetta impermeabile con cappuccio. Se il soggetto svolgerà le sue sedute di allenamento in solitario, un accessorio secondo me fondamentale sarà l’mp3, che gli permetterà di allenarsi in modo più piacevole e meno ripetitivo. Il cardiofrequenzimetro è uno strumento che ci può aiutare parecchio per rendere l’allenamento ottimale. Se poi il soggetto ha la necessità di perdere peso, quest’attrezzo diventa fondamentale.
INIZIAMO A CAMMINARE… Come per tutte le attività sportive, anche per il cosiddetto walking è necessario un buon riscaldamento; inizieremo proponendo una camminata lenta per circa 5’, per poi fermarci in un punto tranquillo a fare qualche esercizio di allungamento. Concentriamo questa fase dell’allungamento sui muscoli posteriori della coscia e sui polpacci, in quanto sono i più soggetti a crampi e contratture. Non dimentichiamo di inserire esercizi per la schiena, mobilizzandola e allungandola a dovere. A questo punto possiamo iniziare la camminata, che dovrà essere rapida ma non eccesiva, concentriamo la nostra attenzione sull’insegnamento della tecnica e della respirazione. Il passo: insegniamo al nostro cliente il passo rullato, è lo stile classico del marciatore. Eseguendo il passo il primo appoggio del piede avviene nella zona posterolaterale (tallone), con un passaggio progressivo del peso sull'avampiede. Sin dalle prime sedute di walking possiamo introdurre qualche esercizio propedeutico alla corsa, in modo graduale e con tempi di esecuzione brevi. Questo ci permetterà anche di rendere la seduta più articolata e meno monotona.
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Cammino sulle punte. Si cammina in punta di piedi con il ginocchio, se non bloccato, abbastanza rigido, in modo da usare molto il tricipite surale. L'angolo piede caviglia è costante in modo che il tallone non tocchi mai il suolo. Cammino sui talloni. Si cammina sui talloni con il ginocchio, se non bloccato, abbastanza rigido in modo da usare molto il muscolo tibiale. L'angolo piede caviglia è costante (piede a martello) in modo che la punta non tocchi mai il suolo. Corsa calciata. Si corre esasperando il movimento del ritorno con il tallone che tocca il gluteo. Corsa skip. Corsa sul posto a ginocchia alte. Le braccia aiutano il movimento con ampie oscillazioni, gli addominali sono contratti. I piedi devono essere molto reattivi e devono spingere in su le gambe. Corsa laterale. Posizionandoci di profilo rispetto alla direzione di marcia, procediamo aprendo e chiudendo le gambe, con una piccola fase aerea. Essendo una progressione asimmetrica, ricordiamoci di pareggiare l’andatura cambiando la gambe in direzione della progressione.
… INIZIAMO A CORRERE Partendo dal passo rullato facciamo allungare gradualmente la falcata e introduciamo progressivamente l’azione di volo; consigliamo al soggetto, almeno inizialmente, di non alzarsi troppo da terra, in modo da ridurre lo stress articolare nella fase d’impatto. Per una corretta tecnica di corsa è necessario mantenere il busto in posizione eretta, per non andare a sovraccaricare i muscoli lombari e paravertebrali, ma soprattutto mantenere una corretta posizione del bacino, che dovrà consentire una completa estensione dell'arto inferiore nella fase di spinta. Vanno evitate le oscillazioni laterali del tronco che, oltre a causare un inutile dispendio energetico, causano un sovraccarico della muscolatura posturale paravertebrale. Questa muscolatura è quella che
allenamento e rehab molto spesso risulta affaticata nei primi allenamenti di corsa. È importante esercitare una corretta azione delle braccia, che, oltre a evitare rigidità a livello del tratto cervicale e delle spalle, non deve disturbare la respirazione. Fondamentale risulta poi la scelta del passo, ossia la distanza fra un appoggio e l'altro; un appoggio del piede marcatamente anticipato rispetto alla proiezione del baricentro sul terreno, causa un'azione frenante che va a sollecitare in modo diretto il calcagno, l'articolazione della caviglia oltreché la struttura muscolo scheletrica della gamba. L'appoggio del piede deve essere morbido e progressi-vo. Se dopo le prime sedute di allenamento di corsa il soggetto manifesta problematiche articolari dolorose, interrompiamo la sua pratica, ma non escludiamola in futuro, specialmente se ci troviamo di fronte a persone che hanno necessità di perdere peso. Facilmente, dopo qualche mese di training aspecifico e con qualche chilo in meno, queste persone potranno ricominciare a correre senza problemi. Articola-zioni più forti e un corpo più leggero possono far sparire quei dolori post-training, prima insopportabili. Proponiamo di seguito una tabella propedeutica di otto settimane per facilitare il passaggio dalla camminata alla corsa. Alternere-
mo la camminata alla corsa in modo da rendere lo stress articolare causato da quest’ultima meno continuo. Inoltre la fase di camminata permetterà di riportare le funzioni cardiorespiratorie a livelli più
blandi. Infatti succede spesso che il neofita della corsa vada velocemente in affanno, uscendo dalla sua soglia aerobica, per la pratica di un gesto motorio ancora poco conosciuto.
Prima settimana
2’ camminata + 1’ corsa per 8 volte
Seconda settimana
3’ camminata + 2’ corsa per 6 volte
Terza settimana
3’ camminata + 3’ corsa per 6 volte
Quarta settimana
3’ camminata + 4’ corsa per 6 volte
Quinta settimana
3’ camminata + 5’ corsa per 5 volte
Sesta settimana
2’ camminata + 7’ corsa per 4 volte
Settima settimana
2’ camminata + 10’ corsa per 3 volte
Ottava settimana
2’ camminata + 15’ corsa per 2 volte
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M A N U A L I
D E L
F I T N E S S
DAVIDE TRAVERSO
CROSS FITNESS TRAINING
Come strutturare un corretto programma di allenamento funzionale incrociato. Per personal trainer, istruttori, preparatori atletici. Prendiamo i “grandi classici” del training: allenamento con i pesi, corsa, bicicletta e nuoto. Integriamo le diverse attività in un unico programma articolato, che stimoli tutte le qualità motorie, aggiungendo esercizi specifici presi dalla chinesiologia rieducativa, non solo con funzione preventiva, ma in grado di donare al fisico un’armonia delle forme e dei movimenti riscontrabile solo in atleti di livello. Aggiungiamo un pizzico di variante e divertimento all’allenamento, con alcune proposte alternative. Questi passi ci permettono di ottenere un programma di allenamento incrociato, denominato cross training, finalizzato al fitness e adattabile a qualsiasi soggetto. Autore: Davide Traverso Casa editrice: Alea edizioni 1° edizione settembre 2010 CROSS FITNESS TRAINING
COME STRUTTURARE UN CORRETTO PROGRAMMA DI ALLENAMENTO FUNZIONALE INCROCIATO
PER PERSONAL TRAINER ISTRUTTORI PREPARATORI ATLETICI
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allenamento & rehab
Nuovi test meniscali
in catena cinetica chiusa come training neuromuscolari preventivi per lo sportivo di D’Onofrio Rosario, Alfonso De Nicola, Enrico D’Andrea r.donofrio@alice.it
a letteratura ha sempre proposto test clinici in catena cinetica aperta per diagnosticare le lesioni meniscali. Recentemente il movimento scientifico internazionale ha riportato dei nuovi test, in catena cinetica chiusa; tra questi il Thessaly Test e il Ege’s Test, hanno evidenziato un’elevata accuratezza diagnostica, avvicinandosi, di fatto, a modelli di riferimento “gold standard” che riproducono, sostanzialmente e “fedelmente”, movimenti e gestualità eziopatogenetiche lesive. Stimo-lando momenti gestuali tecnico/ atletici, questi test possono trovare, “andando verso la lesione”, indicazione e prescrizione sia nei training riabilitativi, sia in quelli fisici atti alla prevenzione delle lesioni capsulo legamentose del ginocchio, e in particolare delle lesioni meniscali.
L
TEST CLINICI IN CATENA CINETICA CHIUSA PER LE LESIONI MENISCALI Le lesioni meniscali sono di frequente riscontro nello sport agoni-
stico, rappresentando una delle patologie di maggior interesse per la chirurgia artroscopia del ginocchio. Un’accurata diagnosi di queste lesioni si può ottenere, nel 75% dei pazienti, raccogliendo solo l’anamnesi e l’esame clinico [1,2]. Se nel passato artroscopie diagnostiche [4, 5] sono state proposte a conferma o meno della lesione, oggi la risonanza magnetica è diventata ufficialmente il metodo non invasivo più estesamente utilizzato per indagare e rilevare lesioni meniscali, con un'accuratezza diagnostica vicina al 98% [6, 7]. Sostanzialmente, tutti i test clinici utilizzati per “intercettare” lesioni meniscali tendono, anche se in maniera diversificata, a evocare “un dolore”, uno “scatto” meniscale in associazione a una possibile ed eventuale limitazione del range articolare del ginocchio. Nonostante il largo uso di questi screening clinici diversificati tra loro (Joint-line tenderness Bragard test, Steinmann test, compression test, Gli Apley test) la loro sensibilità, spe-
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cificità e accuratezza diagnostica trova discordanti riscontri nell’attuale letteratura [3,8,32]. Surachai Sae-Jung [12], per evocare il dolore o un clic nelle lesioni meniscali, ha introdotto un nuovo test clinico che associa palpazione/rotazione/compressione, chiamato “Khon Kaen University knee Compression-Rotation Test” o “KKU knee Compression -Rotation test” (Figura1). Questo studio, apparso sul J Med Assoc Thai del 2007, coinvolse 68 pazienti di età compresa tra i 18 e i 39 anni. Questo target di popolazione fu esaminato prima dell’intervento chirurgico con i test KKU knee compression-rotation e confronta-
Fig. 1 - Il KKU – Knee Compression Rotation Test alla Posizione di 120 ° di flessione.
allenamento & rehab
VISIONE POSTERIORE
VISIONE ANTERIORE
CONDILO MEDIALE DEL FEMORE
LEGAMENTO ROTULEO
CONDILO LATERALE DEL FEMORE
MENISCO LATERALE MENISCO MEDIALE LEGAMENTO CROCIATO POSTERIORE
LEGAMENTO COLLATERALE FIBULARE
MENISCO MEDIALE
FIBULA
to con il McMurray test. Per questi test la sensibilità, la specificità, il falso positivo, il falso negativo e percentuali di accuratezza diagnostica furono calcolate e comparate, incrociando i risultati con le evidenze artroscopiche. I risultati ottenuti hanno evidenziato come il KKU knee compression-rotation test esprimeva sensibilità, specificità, e accuratezza diagnostica pari a livelli del 86.27, 88.23, e 86.76%, percentuali superiori a quelle del McMurray test, che rappresentava valori pari al 70.59, 82.35, e 73.53%. In altri termini, il KKU knee Compression-Rotation Test aveva percentuali di falsi positivi e falsi negativi del 11.76 e 13.73%, rispetto ai valori del test di McMurray ancorato al 17.65 e 29.41%. La combinazione di questi due test riportava una sensibilità diagnostica pari al 90.2%; la positività a entrambi evidenziava una lesione meniscale con una probabilità diagnostica del 97.14%. La compressione sul ginocchio è creata spingendo la tibia contro il femore, con una successiva rotazione della stessa, che è ruotata sia internamente che esternamente, mentre la mano ascolta e/o percepisce un “clicking sound”. Questo manovra viene ripetuta a diversi angoli di flessione (da 0° a 120°). Diventa evidente come questa valutazione,
TIBIA
insieme al Griding test, incrementi, anche se in catena cinetica aperta, di fatto le forze compressive femoro – tibiali, per arrivare a un’accuratezza diagnostica tipo “Gold Standard”. Da qui la necessità di rapportarsi verso valutazioni più funzionali, ovvero in catena cinetica chiusa, incrementando le forze compressive femoro - tibiali. Su questi parametri si è inserito un recente studio [13], che ha evidenziato come il Thessaly Test, effettuato in catena cinetica chiusa, esprime un’alta percentuale di accuratezza diagnostica (94-96%), rispetto ai tradizionali test clinici.
THESSALY TEST Questo test rimane, secondo noi, una riproduzione dinamica della
trasmissione di carico, ovvero una rappresentazione fisiologica della trasmissione di forze compressive femoro – tibiali, sull’articolazione del ginocchio. Il paziente effettua un movimento di rotazione interna ed esterna per tre volte, tenendo il ginocchio in flessione prima a 5° e poi, seguendo la stessa procedura, con il ginocchio flesso a 20° [13]. In particolare, effettuato a 20° di flessione del ginocchio, (figura 2 A e 2 B), ha una percentuale di accuratezza diagnostica molto alta: a) pari al 94% nell'individuare lesioni del menisco mediale; b) pari al 96% nell' individuare le lesioni del menisco laterale . Questi valori sono comparabili con le percentuali di accuratezza riportate per immagini espresse dalla risonanza magnetica [14,15]. In atleti che presentano una lesione meniscale associata a una lesione del LCA, l'accuratezza diagnostica del Thessaly arriva al 90%. In teoria possiamo affermare che, con questo test, l’articolazione del ginocchio è sottoposta a forze compressive femoro – tibiali, in flessione e rotazione, movimenti gestuali tipici che riproducono fedelmente momenti eziopatogenetici di lesione.
EGE'S TEST Questo secondo test [16] viene effettuato col paziente in posizione eretta in appoggio bipodale, ginocchia completamente estese, piedi paralleli a una distanza di 30 - 40
Fig. 2 A -Thessaly test a 20° di flessione (visione lat. ginocchio destro)
Fig. 2 A
Fig. 2 B
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Fig. 2 B -Thessaly test a 20° di flessione (visione front. ginocchio destro)
allenamento & rehab cm l’uno dall'altro. La valutazione è indirizzata a identificare: 1. una lesione meniscale mediale, il paziente effettua uno squat con entrambe le gambe in massima rotazione esterna, per poi ritornare lentamente nella posizione di partenza (Figura 3A e 3 B); 2. una lesione meniscale laterale, il paziente effettua lo squat con gli arti inferiori in massima rotazione interna, per poi ritornare lentamente nella posizione di partenza (Figure 4 A e 4 B). È utile precisare che è quasi impossibile effettuare un full squat in rotazione interna; per questo l’esecuzione viene effettuata ad angoli di flessione minori. Questo test è positivo quando il dolore e/o un clic è sentito dal paziente o dal clinico; il cliching e/o il dolore percepito determinano la fine del test [17], generalmente intorno ai 90° di flessione di ginocchio, dove
le forze compressive femoro – tibiali sono massime. È giusto evidenziare che lesioni localizzate anteriormente al corpo meniscale producono sintomi maggiormente percepibili nella prima fase dello squat, mentre lesioni localizzate sul corno posteriore esprimono una chiara sintomatologia ad angoli maggiori di flessione del ginocchio [18] . Devrim Akseki et al [16] hanno voluto comparare questo test, espresso in catena cinetica chiusa, con il valore diagnostico del McMurray e del Joint-line tenderness - (JLT). Tutti e 3 i test furono correlati con i risultati artroscopici, senza che si evidenziassero differenze statisticamente significative nella diagnosi di una lesione meniscale. Nell’analisi, tuttavia, era evidenziabile una migliore accuratezza diagnostica dell’Ege's test per le lesioni meniscali mediali.
Fig. 3 A
Fig. 3 B
Fig. 3 A e 3 B. Per identificare una lesione meniscale mediale: il paziente effettua uno squat con entrambe le gambe in massima rotazione esterna, per poi ritornare lentamente nella posizione di partenza (Ege’s test) Fig. 4 B
Fig. 4 A
Fig. 4 A e 4 B. Per valutare una lesione meniscale laterale: il paziente effettua lo squat con gli arti inferiori in massima rotazione interna, per poi ritornare lentamente nella posizione di partenza (Ege’s test)
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LA PREVENZIONE DELLE LESIONI MENISCALI L’ambiente “informatico” articolare del ginocchio, nel suo insieme, svolge un sostanziale ruolo nella gestione del controllo neuromuscolare nelle sue espressività gestuali, sia statiche che dinamiche. All’interno dell’articolazione del ginocchio, è nota l’esistenza di meccanorecettori del tipo di Ruffini, Pacini, e Corpuscoli Tendinei del Golgi. Questi sono presenti, in particolar modo, nella capsula articolare e nei legamenti, così come nella zona periferica del corpo meniscale [19,20]. Nella dinamica funzionale, relativamente alle forze compressive femoro – tibiali, i menischi trasmettono, “ammortizzando e distribuendo”, circa il 50% delle forze compressive del ginocchio in un range articolare da 0° a 90°. Studi biomeccanici [24, 25, 26, 27] hanno rilevato che le forze compressive femoro tibiali riscontrabili, per esempio, nella ricaduta dopo un salto, sono maggiormente “sopportate” grazie al ruolo di “sensore” dalla componente periferica della circonferenza meniscale (valori di carico pari al 45% - 70% del peso corporeo). Dopo meniscectomia, la stessa area di contatto tibio – femorale può diminuire fino al 50–70% [28, 29], con un decremento del controllo neuromuscolare e un’evoluzione graduale verso processi degenerativi dell’ambiente articolare. Questi cambiamenti degenerativi dell’ambiente articolare post - meniscectomia comportano una deafferenzazione dell’attività recettoriale articolare, con una “lettura intossicata” da parte del SNC delle afferenze recettoriali [28, 29, 30]. Una lesione, o una meniscectomia, creerà un black–out afferenziale relativo alla modulazione delle forze di compressione femoro – tibiali [33] e sul controllo delle forze di traslazione anteriori femoro – tibiali; conseguentemente, disgregazioni delle vie afferenti comportano segnali “alterati” anche nell’elaborazione
allenamento & rehab delle risposte. Ragionando in termini posturali, questo determinerà squilibri neurofisiologici che confluiranno in asimmetriche destrutturazioni del tono posturale. D’altra parte, la perdita della funzionalità degli endo ed eso – recettori comporterà adattamenti e compensi che interesseranno, nel loro complesso, le catene muscolari e i pivot biomeccanici della colonna vertebrale, bacino e piede. Dunque, i recettori situati nella capsula articolare e nei menischi, segnalano e modulano le forze compressive femoro - tibiali durante il gesto tecnico atletico. Gli endorecettori, come evidenziato precedentemente, funzionano come stazioni d'ascolto e di trasmissione d’informazioni relative agli stress meccanici prodotti sull’articolazione. Questi, regolano il comportamento fisiologico e biomeccanico durante i vari gradi del movimento di flesso/estensione del ginocchio, modulando il controllo dei movimenti gestuali, semplici e complessi, in varo/valgo rotazione interna ed esterna dell’asse femoro tibiale. Diventa chiaro ed evidente che i recettori dell´ambiente articolare devono essere "allenati" a rilevare situazioni anomale afisiologiche, in modo da poter stimolare una risposta rapida, automatica e/o riflessa di difesa. La ripetitività delle gestualità tecnico/atletiche, la monotonia delle proposte e delle strategie di training sport-relative, possono concorre a instaurare modelli e schemi neurofisiologici adattativi ciclici ripetitivi, che influiscono negativamente su schemi e recettori non stimolati, tanto da creare una quiescenza di questi ultimi con una consequenziale mancanza di una memoria “esperienziale” in un circuito neuro - afferenziale. Con questo processo disfunzionale, i recettori alterano parzialmente o completamente la propria attività informazionale. La riduzione del loro livello percettivo decrementa, tra l´altro, i meccanismi anticipatori (feed-forward) che attivano risposte posturologiche “esperenziali” pro-
rehab grammate, che devono essere attivati prima del movimento volontario. Al momento della "deformazione articolare" (compressione, stiramento ecc. ) questi recettori potenzialmente alterati trasmettono informazioni nulle o aberranti; non stimolati continuamente, concorrono all’istaurarsi di un possibile schema lesionale. Questo meccanismo è palesemente evidenziabile soprattutto nei movimenti coordinativi dinamici multiarticolari, secondo premesse fisiologiche e gestionali relative alla complessità delle informazioni e delle relative risposte. Nei "training preventivi che vanno verso la lesione", i diversi sistemi recettoriali di controllo creano un’adattabilità neurofisiologica tale da creare memorie “esperienziali” di controllo in relazione a gestualità o movimenti che possiamo definire "estremi", tali da creare correlazioni e aggiustamenti posturologici esprimibili con un miglioramento dell´orientamento del corpo nello spazio nella sua lotta alla gravità e nella ricerca sempre del miglior equilibrio durante gestualità tecnico atletiche semplici e complesse. Risulta evidente che questi test clinici possono essere utilizzati come strategie preventive e quindi, di fatto, “andare verso la lesione”. L’utilizzo di esercizi di questo tipo ci permetterà di decrementare, attraverso stimolazioni propriocettive mirate, le lesioni del complesso legamentoso del ginocchio, e in particolare della componente meniscale. La stimolazione propriocettiva a livello del meccanismo di lesione, ci consentirà sostanzialmente di proporre strategie atte a prevenire lesioni del ginocchio in relazione “alla posizione di lesione”, come potrebbe essere una manovra di cutting con un valgo del ginocchio a 20° di flessione e rotazione tibiale esterna, eventualmente con il piede bloccato al terreno di gioco [30, 31]. Per questo è necessaria una personalizzazione dei training preventivi in relazione alla clinica e al modello del meccanismo eziopatogenitico lesivo.
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CONCLUSIONI I menischi svolgono un ruolo essenziale nel modulare le forze compressive femoro – tibiali e torsionali. L’importante attività afferenziale dei recettori situati nella zona periferica del corpo e nelle corna e sul pivot centrale legamentoso, concorre al controllo della stabilità del ginocchio durante gestualità tecnico – atletiche sport relative. A tal uopo la stimolazione recettoriale afferenziale deve essere più specifica possibile, in relazione ai modelli eziopatogenetici di lesione. La nostra proposta è utilizzare test clinici in catena cinetica chiusa per la diagnostica delle lesioni meniscali o, in genere, capsulo legamentose, per strategie di alta personalizzazione propriocettiva, da inserire nei protocolli preventivi delle lesioni traumatiche da sport del ginocchio.
ROSARIO D’ONOFRIO Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Corso di Laurea in Scienze Motorie, CdL Specialistica Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive ed Adattate, Facoltà di Medicina e Chirurgia
ALFONSO DE NICOLA Fisiatra e medico dello sport, responsabile sanitario Società sportiva Calcio Napoli, già medico Sociale dell’AS Bari Calcio è Direttore Sanitario del Centro di Riabilitazione “De Nicola”. Membro permanente del Comitato Scientifico della Rivista “Il Medico Sportivo”, è Consigliere della Libera Associazione Medici del Calcio
ENRICO D’ANDREA Specialista in medicina fisica e Riabilitazione e in Medicina Manuale. Fa parte dello Staff Sanitario della Società Sportiva Calcio Napoli e della Phard Napoli Basket femminile. Già medico Responsabile della Nazionale Italiana Di Basket femminile, è fisiatra del Centro di Riabilitazione “De Nicola” – Cerreto Sannita (Benevento)
allenamento & rehab REFERENCE 1. DeHaven KE, Collins HR. Diagnosis of internal derangements of the knee. The role of arthroscopy. J Bone Joint Surg Am. 1975;57:802-10. 2. Daniel D, Daniels G, Aronson D. The diagnosis of meniscus pathology. Clin Orthop. 1982;163:218-24. 3. Howell GED. Clinical presentation of the knee. In: Bulstrode CJK, Buckwalter J, Carr A, Marsh L, Fairbank J, Wilson-MacDonald J, Bouden G, editors. Oxford textbook of orthopedics and trauma. Volume 2. New York: Oxford University Press; 2002. p 1108-13. 4. Gillies H, Seligson D. Precision in the diagnosis of meniscal lesions: a comparison of clinical evaluation, arthrography, and arthroscopy. J Bone Joint Surg Am.1979;61:343-6 5. Ireland J, Trickey EL, Stoker DJ. Arthroscopy and arthrography of the knee: a critical review. J Bone Joint Surg Br. 1980;62:3-6. 6. Mackenzie R, Palmer CR, Lomas DJ, Dixon AK. Magnetic resonance imaging of the knee: diagnostic performance studies. Clin Radiol. 1996;51:251-7. 7. Gray SD, Kaplan PA, Dussault RG. Imaging of the knee. Current status. Orthop Clin North Am. 1997;28:643-58. 8. Theofilos Karachalios, Md, Michael Hantes, Diagnostic Accuracy of a New Clinical Test (the Thessaly Test) for Early Detection of Meniscal Tears the journal of bone and joint surgery , volume 87-a · number 5 · may 2005 9. Anderson AF, Lipscomb AB. Clinical diagnosis of meniscal tears. Description of a new manipulative test. Am J Sports Med. 1986;14:291-3. 10. Shakespeare DT, Rigby HS. The bucket-handle tear of the meniscus. A clinical and arthrographic study. J Bone Joint Surg Br. 1983;65:383-7. 11. Eren OT. The accuracy of joint line tenderness by physical examination in the diagnosis of meniscal tears. Arthroscopy. 2003;19:850-4. 12. Surachai Sae-Jung (Surachai Sae-Jung KKU Knee Compression -Rotation Test for Detection of
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FIERE CONVEGNI a cura della redazione
CONGRESSO NAZIONALE BIENNALE AIPS “PSICOLOGIA DELLO SPORT E DELL’ESERCIZIO TRA PRESTAZIONE E BENESSERE” 15 - 17 ottobre, Chieti Il Congresso svilupperà, come nelle precedenti occasioni, tutte le tematiche della psicologia dello sport e dei suoi ambiti applicativi. È rivolto a psicologi, medici, chinesiologi, insegnanti di educazione fisica, pedagogisti, sociologi, fisioterapisti, tecnici di società sportive, dirigenti sportivi, giornalisti sportivi, atleti e a tutti coloro che si occupano di sport e che sono interessati ad approfondire le proprie conoscenze in psicologia applicata allo sport e all’esercizio fisico. Obiettivo principale del Congresso è favorire una “partecipazione attiva”. Pertanto, nel corso delle tre giornate i partecipanti, oltre a seguire simposi ed assistere a letture magistrali, potranno presentare le proprie comunicazioni in forma orale o attraverso poster, e prendere parte a workshop e gruppi di lavoro che si terranno parallelamente ai lavori scientifici. Il Convegno avrà come ospiti relatori stranieri di fama internazionale.
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V CONGRESSO DI RIABILITAZIONE DELLE PATOLOGIE DA SPORT: LA PRESA IN CARICO GLOBALE DELL'ATLETA 22 – 23 ottobre, Cagliari Obiettivo del congresso è evidenziare l’importanza della prevenzione di queste lezioni attraverso il corretto monitoraggio degli atleti e una corretta informazione dello staff tecnico, con lo scopo di ottimizzare in sicurezza le perfomances degli stessi. Nelle relazioni si confronteranno i sistemi di valutazione, verifica e miglioramento degli interventi preventivi diagnostici, clinici e terapeutici e di misurazione dell'efficienza e appropriatezza delle prestazioni nei livelli di assistenza.
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LA MEDICINA DELLO SPORT E IL TENNIS: APPRENDIMENTO E PERFORMANCE 23 ottobre, Cuneo Il tennis conosce in questi anni una fase di rinnovato interesse da parte della popolazione. Praticato da atleti di tutte le età, richiede una preparazione accurata e una conoscenza approfondita degli aspetti fisiologici e patologici a esso legati, che l'evento congressuale si propone di evidenziare. Interverranno medici dello sport, tecnici, preparatori fisici ed esperti, che esporranno la loro esperienza in relazione agli aspetti più innovativi legati all'apprendimento e alla performance. Una sessione congressuale sarà interamente dedicata al tennis in carrozzina per atleti disabili fisici e ai benefici dell'attività tennistica anche in disabili mentali.
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FIERE CONVEGNI a cura della redazione
LOMBALGIA E SCIATICA NEI PRIMI 6 MESI: DALLA PREVENZIONE, ALLA DIAGNOSI E ALLA RIABILITAZIONE GIORNATA DI AGGIORNAMENTO GSS IN COLLABORAZIONE CON ISICO 6 novembre, Milano Lombalgia acuta, subacuta e ricorrente; lombalgia e sciatica subacuta nell’ernia del disco; lombalgia e sciatica subacuta nella spondilolistesi e instabilità: valutazione, fattori prognostici, indicazioni terapeutiche e riabilitative. Fisioterapia in pratica. Lombalgia e sciatica subacuta speciale: la gravidanza, Il bambino e lo sportivo. La prevenzione e l’educazione: sport, fitness e lombalgia
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RIUNIONE NAZIONALE SINU "NUTRIZIONE, ATTIVITÀ FISICA, BENESSERE" 25 - 26 Novembre, Milano I determinanti dell’ambiente obesogeno: il ruolo della dieta e dell’attività fisica. LARN: dieta e fabbisogni energetici. LARN: i costi energetici dei diversi tipi di attività fisica. Modalità e tecniche di misura dell’attività fisica. Movimento, dieta e benessere nell’anziano. Attività motoria, alimentazione e stili di vita in età evolutiva: le indagini in Italia e gli interventi per l’alimentazione e l’attività fisica. Modelli di prescrizione dell’attività fisica. Fitness e salute.
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ITALIA TERME & BENESSERE 26 - 28 Novembre, Lucca La seconda edizione del Salone dedicato al comparto dell’industria termale e del benessere, oltre a presentare tutte le novità del settore, approfondirà gli aspetti scientifici legati al termalismo e alla riabilitazione con la presenza di importanti relatori. Un particolare approfondimento scientifico indagherà il ruolo del termalismo nel recupero del benessere fisico e nella rieducazione funzionale, in particolare per persone che praticano attività sportiva e discipline che mettono in forte stress l’organismo. L’assise scientifica vuole fare il punto sulle conoscenze e sulle evidenze scientifiche e cliniche degli interventi, delle metodiche e delle terapie in ambito termale per quanto attiene ad alcune tra le più diffuse ed ingravescenti patologie (osteoarticolari, neuromotorie, vascolari, dermatologiche, pneumologiche, otolaringoiatriche) e a protocolli sperimentali come quelli relativi al recupero di pazienti cardiologici.
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LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE
CARDIOLOGIA E FITNESS
Il testo propone tecniche manuali per il trattamento efficace della micro-traumatologia dei tessuti molli nello sportivo. I capitoli a carattere puramente pratico descrivono la conformazione dei tessuti connettivi, le interazioni tra il danno tessutale, l’infiammazione e gli eventi riparativi.
Partendo dai fondamenti della fisiologia cardiovascolare, l’autore accompagna il lettore dalla pratica clinica alla valutazione funzionale e psicosomatica del cardiopatico e alla periodizzazione dell’allenamento, spiegando con precisione gli effetti della terapia farmacologica sulla performance.
Roberto Dagani Alea Edizioni 2002 pag. 128 - Euro 21
Davide Girola Alea Edizioni pag. 248 - Euro 31
FISIOLOGIA APPLICATA AL FITNESS TRATTAMENO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO
Il manuale affronta in maniera concisa ma esaustiva la fisiologia del corpo umano, con particolare riferimento all’influenza dell’esercizio fisico su organi e apparati. Il manuale è anche uno strumento didattico e di autovalutazione per il professionista del fitness e costituisce strumento fondamentale per la programmazione del training.
Il manuale espone in maniera chiara ed esaustiva le tecniche manuali per il detensionamento miofasciale a indirizzo sportivo. L’ampia documentazione iconografica chiarisce ogni dettaglio di posizionamento e intensità del massaggio.
Davide Girola Alea Edizioni 2003 pag. 160 - Euro 23
100 QUIZ – 2 VOLUMI
Roberto Dagani Alea Edizioni 2005 pag. 128 - Euro 21
Un metodo che consente di appropriarsi della materia trattata in modo veloce, coerente e duttile allo stesso tempo, attraverso domande diversificate, piccoli trabocchetti logici, immagini con didascalie incomplete. Un efficiente mezzo di verifica che, dove evidenzia lacune di conoscenza, permette subito di colmarle, grazie alle informazioni mirate e accurate che corredano le risposte. In ogni volume: 100 quiz di anatomia e biomeccanica dell’apparato locomotore, 400 risposte e 400 commenti alle risposte.
FITNESS TERAPIA - 2 VOLUMI Il movimento è un farmaco naturale contro molte patologie cronico-degenerative. Partendo da questa convinzione i volumi propongono protocolli di lavoro e metodi di allenamento adeguati ai soggetti affetti dalle più comuni patologie.
VOLUME 1 Ipertensione - Patologie respiratorie ostruttive croniche - Low back pain Obesità - Patologie cardiache infantili
Alessandro Lanzani e Laura Boggero Alea Edizioni 2005 pag. 112 – Euro 21
VOLUME 2:
L’ESERCIZIO ISOCINETICO
Coronaropatie - Artrite reumatoide Patologie renali - Gravidanza - Fibrosi cistica Alea Edizioni 1999/2000 - pag. 144 Ogni volume Euro 24
Il manuale dopo alcuni cenni di anatomia e fisiologia muscolare, analizza i vari tipi di contrazione e tutti gli aspetti dell’esercizio isocinetico con i relativi protocolli di test e allenamento nel soggetto sano, nell’atleta e nel soggetto patologico, sia a scopo valutativo che rieducativo, con esemplificazioni riportate in appendice.
OFFERTA: 2 VOLUMI A 36 EURO
G. S. Roi, S. Respizzi, P. Buselli Alea Edizioni 2a edizione 1998 - Pag. 160 - Euro 26
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Salute e rehab
MASSAGGIO SPORTIVO
Salute e rehab
LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE E REHAB - LIBRI SALUTE
CASI CLINICI IN PALESTRA
MAL DI SCHIENA
In ognuno dei 5 volumi si inquadrano le principali patologie dell’apparato locomotore. Per ognuna di esse sono de-scritti anamnesi ed esame obiettivo motorio, sono individuati i traguardi da raggiungere, sono tracciate le linee gui-da del protocollo di lavoro attraverso gli esercizi consigliati e quelli da evitare
Il volume affronta il tema del mal di schiena in modo davvero esaustivo. Nella prima sezione guida il lettore al corretto utilizzo della colonna nella vita quotidiana e nella pratica sportiva. La seconda parte raccoglie invece approfondimenti sulle patologie e sui meccanismi del dolore lombare.
VOLUME 1: Sindrome della schiena dritta e scoliosi – Spondilolisi con listesi – Agenesia del pettorale – Lussazione acromion claveare – Cifosi e petto carenato – Petto scavato – Paralisi ostetrica – Poliomielite – Frattura di calcagno – Frattura di gomito – schiacciamento di un disco intervertebrale – Artrosi d’anca – Lussazione di spalla – Rottura del retto femorale Alessandro Lanzani - 1994
VOLUME 2: Calcificazione del tendine del sovraspinato - Correzione di varismo tibiale Grave artrosi vertebrale - Strabismo di rotula Ernia del disco in un culturista - Periartrite scapolo omerale - Artrosi di spalla grave Lombarizzazione della 1° vertebra sacrale Rifrattura di gamba - Dismetria degli arti inferiori - Rettificazione del tratto cervicale - Ginocchio recurvato - Ernia discale intraspongiosa - Piede cavo - Artrosi d’anca - Pseudoartrosi
Alessandro Lanzani - 1997
VOLUME 3: Rottura del menisco del ginocchio - Weight lifters syndrome - Condropatia di rotula Lombalgia in discopatia L5-S1 - Rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio - Recidiva di distorsione della caviglia - Pubalgia - Instabilità di spalla - Postumi di frattura di gomito - Distorsione della colonna cervicale - Frattura di omero in un body builder - Piede piatto - Lombarizzazione della 1° vertebra sacrale - Rottura del tendine d’Achille - Calcificazioni della tibiotarsica
Claudio Corno Alea Edizioni 2001 pag. 256 - Euro 26
IL DOLORE CERVICALE Il manuale offre un’ampia panoramica delle patologie più comuni nell’individuo adulto: la cervicalgia. Il volume è diviso in tre parti: la prima, dedicata all’anatomia, alla fisiologia articolare e alla biomeccanica del tratto cervicale. La seconda, dedicata alle sindromi dolorose più comuni. Infine la terza parte che comprende alcune schede pratiche di utilizzo in palestra contenenti gli esercizi più idonei in relazione alla sintomatologia dolorosa. Claudio Corno Alea Edizioni 2003 pag. 128 Euro 21
IL CORPO INDIVISIBILE
Riccardo Gambaretti - 1998
La vecchiaia non è una malattia. La ginnastica per anziani non è uno sport. L’autore psicomotricista Giovanni Ghidini illustra come strutturare un corso di ginnastica per la terza età muovendosi fra fisiologia ed emotività, anatomia e psicologia motivazionale, rieducazione funzionale e programmazione dell’attività.
VOLUME 4: Doppia frattura vertebrale da schiacciamento - Frattura con deformazione a cuneo di L1 - Rachi-schisi cervicale Emilombarizzazione subtotale di S1- Rottura e sintesi del tendine rotuleo - Doppia spondilolistesi con artrosi vertebrale - Grave artrosi di ginocchio - Ipertrofia reattiva delle spine tibiali Rettificazione cervicale con grave artrosi - Lacerazione del tendine distale del bicipite brachiale Frattura di clavicola - Conflitto subacromiale in donna anziana - Rifrattura di ulna - Osteotomia di bacino in artrosi d’anca - Lesione dei legamenti della caviglia
Giovanni Ghidini e Alessandro Lanzani Alea Edizioni pag. 112 – Euro 21
Edoardo Lanzani - 1998
CRESCERE CON LO SPORT
VOLUME 5: Concussione coxofemorale e postumi da trauma - Calcificazione sottodeltoidea in periartrite scapolo omerale - Degenerazione del sovraspinato -Frattura tipo colles di radio Protrusione discale L5 - S1 - Rettificazione del tratto lombare in soggetto giovane - Ernia espulsa L3 - L4 - Frattura comminuta di tibia Polifrattura costale e frattura clavicolare Sindrome cervicale del manager stressato Frattura del malleolo esterno - Spalla del tennista - Modificazione a cuneo del passaggio lombosacrale - Frattura esposta di gamba - Os acetaboli - Pinzatura del tendine del sovraspinato
Davide Fogliadini, Alessandro Lanzani - 2005
Le attività fisiche praticate in età giovanile contribuiscono allo sviluppo armonico dell’organismo, a patto che l’attività mo-toria sia corretta e adeguata alle caratteristiche psicofisiche del ragazzo e alla sua particolare fase evolutiva. Il volume vuole essere un supporto a completamento del bagaglio tecnico e professionale di ciascun operatore sportivo che si trova a contatto con la realtà dell’allenamento giovanile. Antonio Maone Alea Edizioni 2000 Pag. 160 - Euro 26
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STRETCHING Non più allungamento muscolare, ma miglioramento della mobilità di tutte le componenti dell’apparato locomotore. Partendo da questa convinzione gli autori riprendono i principi teorici dello stretching, propongono test di valutazione e una lunga serie di esercizi suddivisi per attività sportiva. Francesco Capobianco Alessandro Lanzani, Alea Edizioni - pag. 224 Euro 21
ALLENAMENTO ESTETICO Rivolto a quanti vogliono programmare un’attività finalizzata al miglioramento dell’aspetto, fornisce metodi d’allenamento, suggerimenti alimentari e di postura, consigli estetici. Ogni nozione è basata su uno studio approfondito e sul continuo confronto con l’applicazione pratica.
Roberto Tarullo Alea Edizioni 2001 pag. 160 Euro 24
CROSS FITNESS TRAINING I “grandi classici” del training (allenamento con i pesi, corsa, bicicletta e nuoto), integrati a esercizi specifici della chinesiologia rieducativa, costituiscono un unico programma articolato, che stimola tutte le qualità motorie. Un programma di allenamento incrociato, finalizzato al fitness e adattabile a qualsiasi soggetto. Completo di tabelle e immagini esplicative degli esercizi proposti. Davide Traverso Alea Edizioni 2010 pag. 144 - Euro 21
LIPOCARDIOFITNESS Perdere peso è il diktat della maggior parte dei frequentatori dei centri fitness. L’autore fornisce gli strumenti per rispondere a questa richiesta: analisi del tessuto adiposo e del metabolismo muscolare, metodologia dell’allenamento con attrezzature cardiovascolari e isotoniche, test di controllo.
Massimiliano Ferrero Alea Edizioni pag. 144 - Euro 24
L'ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀ DELL'APPARATO LOCOMOTORE. RICERCHE E APPLICAZIONI PRATICHE Un valido sussidio per chi si occupa di mobilità articolare e di flessibilità muscolo-tendinea. Un utile strumento operativo per la creazione di tabelle di allenamento personalizzate. I capitoli dedicati alla ricerca applicata all'allenamento permettono di approfondire la valutazione funzionale dell'individuo. Massimiliano Gollin Alea Edizioni 2009 pag. 148 - Euro 25
IPERTROFIA MUSCOLARE Come si costruisce una tabella d’allenamento personalizzata? Il libro fornisce un’esauriente risposta a questa domanda analizzando i principi della programmazione e periodizzazione, le fasi dell’allenamento e le caratteristiche biomeccaniche di numerosi esercizi tipici dell’allenamento in palestra.
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99 ESERCIZI ADDOMINALI Il volume è utile per comprendere a fondo l’anatomia, la funzione e la cinesiologia dei muscoli addominali e per imparare a valutare la loro forza. In più, un’interessante classificazione degli esercizi e un intero capitolo dedicato agli errori di esecuzione.
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Giulio Sergio Roi e Rachele Groppi Alea Edizioni 2001 pag. 128 - Euro 21
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