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Più vendite online ma il dealer resta centrale

PIÙ VENDITE ONLINE MA IL DEALER RESTA CENTRALE

Il lockdown accentua le relazioni a distanza tra autosalone e clienti.

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La dimensione online nella vendita di auto crescerà, grazie anche a questo periodo di chiusura dei luoghi fisici imposta dall’emergenza sanitaria del Coronavirus, ma la componente offline non scomparirà, anzi. L’indigestione di rapporti online di queste settimane spinge molti a ritenere che ormai sarà questa la cifra della nostra normalità. È improbabile. Quando usciremo di prigione, ricorderemo (forse) con simpatia le abitudini che ci hanno aiutato e ce l’hanno resa sopportabile, ma sentiremo pure il bisogno forte di tornare a una vita piena di fisicità, com’è nella nostra natura. Il processo di scelta e acquisto di una macchina nuova non farà eccezione. Tuttavia, con tutta la prudenza dovuta, certe pratiche saranno diventate familiari ed è improbabile che vi rinunceremo. Anche perché, prima del Coronavirus, la dimensione online nell’automobile era indietro rispetto ad altri prodotti e adesso dovrà, per forza di cose, adeguarsi rapidamente. I più veloci saranno i grandi concessionari, quelli che decidono per se stessi, velocemente e sono in possesso di maggiori tecnologiche e capacità di marketing rispetto ai dealer di piccola taglia. Intergea, uno dei principali gruppi, ha messo i suoi venditori al computer a chattare con i clienti: funziona, anche se pochissimi optano per la video-call, forse per i noti problemi di barbiere. Authos, concessionaria Ford di Torino, la più innovativa ed avanzata nelle formule di vendita, tanto da essere apripista mondiale

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del brand, sta vendendo alacremente in questo periodo, online e al telefono. I suoi venditori con il cellulare fanno vedere al cliente, a casa, tutti i dettagli dell’auto. Questi non sono investimenti sulla tecnologia ma sulle risorse umane: quanti venditori di concessionaria saranno disposti, alla riapertura, non ad alzarsi dalla sedia per mostrare il vano bagagli a un cliente che ha una curiosità, ma a rispondergli al telefono senza dirgli: «Guardi, è meglio che viene in salone»? Ciò non significa che sia colpa loro, ultimo anello di una catena al cui capo c’è l’idea che ha informato, e in parte ancora sta informando, la vendita delle macchine: mettere al centro lo show-room, arricchito di strutture e arredi imponenti, per comunicare al cliente quanto sia opulenta la casa dentro cui è entrato e quanto egli sia piccolo al cospetto, quasi che non vendano macchine ma progetti di architettura. Oggi i nuovi format mettono al centro il cliente. In quello Mercedes, ad esempio, i venditori stanno tutti nel back-office davanti al pc a dialogare coi clienti da remoto. Poi però, quando il cliente entra per vedere l’auto, e continuerà a farlo, è lui al centro, trattato come un ospite di riguardo. In conclusione, l’agenda sembra essere chiara. Prima di tutto, online e offline non sono due canali alternativi, ma due momenti, due strumenti della stessa relazione con lo stesso cliente. Inoltre, mentre vendere online implica un impianto tecnologico, logistico e legale, gestire anche online la relazione commerciale è alla portata di tutti e richiede un cambiamento di mentalità, più che di tecnologia. Infine, il salone deve essere ridisegnato sul cliente.

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 13 aprile 2020

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