ffmagazine n° 11

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Rivista di Pesca a Mosca

Rivista bimestrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n째1963

LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA Luglio - Agosto 2011

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Bobbio – Trebbia 21 – 22 – 23 Ottobre Ascoli - Tronto 25 – 26 – 27 Novembre La FFM organizza un corso di base e perfezionamento. E' il corso che più di tutti ti consente di apprendere la tecnica di lancio, ma senza che questa venga vista in maniera accademica o fine a se stessa. In tre giorni gli allievi apprendono non solo la tecnica di lancio base della coda di topo ma anche quei lanci che sono piu strettamente legati alla pesca. Se sei già sufficientemente bravo nel lancio ma hai difficoltà ad applicare le nozioni che conosci in pesca, se di fronte ad una situazione di acque “complicate” non sai come comportarti, quale strategia adottare, questo percorso ti consente una vera e propria uscita di pesca finalizzata ad apprendere le tecniche da usare in fiumi e torrenti. contatta la nostra segreteria. www.flyfishingmasters.it


Alberto Mondini

Franco-Marco

Massimo Magliocco

San Bernardino

La Tenkara

La pesca a mosca secca

Direttore Responsabile Baroni Franco Direttore Editoriale Mondini Alberto Grafici Mondini Alberto Bagagli Daniele Gammelli Luca

Moreno Borriero

Massimo magliocco

Antonio Napolitano

Salone della pesca Parigi

Come provare una canna da mosca

Alaska

Coordinatore Redazionale Magliocco Massimo Collaboratori Castellani Luca Borriero Moreno Bailey Philip

Distribuzione WEB Pubblicazione Bimestrale Registrazione Presso il Tribunale di Modena n° 1963 del 09/07/2009 Rivista Gratuita Pubblicità Alberto Mondini Tel. 3318626216 e-mai: flyfishing1949@gmail.com


SCUOLE DA MARINARE ? In Italia ci sono diverse scuole di pesca a mosca e almeno tre sono quelle che vanno per la maggiore. Perché in questi ultimi 10 anni c’è stato questo proliferare di scuole ? I motivi a mio avviso sono tanti, a partire dal volersi sempre più mettere in discussione da parte di alcuni istruttori che spesso non trovando più stimoli nelle loro vecchie scuole sentono la necessità di rimettersi in gioco. Una delle domande che di frequente si sentono in giro dai pam è: “ma i corsi di pesca a mosca servono ?”. Questa è una domanda alla quale è molto facile rispondere e cioè: “dipende da chi si va a fare il corso !!!!”. Mio spiego meglio. Le scuole in Italia che possono fregiarsi di tale titolo sono meno delle dita di una mano e tutte hanno una loro didattica, risultato di anni e anni di studi. Queste sono le strutture di cui fidarsi, per gli altri non posso dare giudizi. Quindi quello che voglio dire è che se vogliamo migliorarci è meglio “affogarci nel mare grosso”. Proprio per questi motivi c’è spesso molta diffidenza data dalla poca informazione in ambito scuole. Spesso si sente in giro ma molto di più si leggono in “giro” frasi del genere: Le scuole dovrebbero non far pagare nulla ai corsisti, tutto dovrebbe essere gratis. Le scuole fanno i corsi e spesso ci fanno la cresta. Le scuole fanno i corsi per vendere canne e video. Le scuole fanno i corsi ma è meglio non perderci tempo, tanto l’unica scuola è il fiume. Invece le realtà sono altre: I corsi devono essere pagati per coprire le spese degli istruttori. Gli istruttori dedicano alcuni dei loro fine settimana ai corsi a scapito dei loro cari e di qualche bella pescata.


Le scuole di pesca a mosca sono organizzazioni che si mettono a disposizione dei pam cercando di migliorarli sia nel lancio sia nella pesca. Spesso ci rimettono di tasca loro. Le scuole non vendono canne e video ma sicuramente ti consigliano quale tipo di canna comprare perché nelle scuole c’è gente competente che spesso non scrive sui forum e che non si riempie la bocca con termini per sentito dire. Un’altra cattiva informazione è quella che dice che all’estero pur essendoci più pescatori a mosca le scuole o chi fa i corsi sono di meno, dicendo quindi chiaramente che questo è un fenomeno tutto italiano. Ma stiamo scherzando ? Prima di parlare bisogna informarsi ed in maniera approfondita. Noi, la FFM, stiamo lavorando con l’estero in Europa e quindi stiamo conoscendo moltissime realtà estere. Voi non ci crederete ma ci sono in giro scuole, scuolette ed una infinità di istruttori e vi garantisco che la qualità didattica di costoro non si avvicina neanche lontanamente alla nostra, per non parlare della qualità del lancio vera e propria. C’è da noi un vizietto che a me da tanto fastidio e che può essere riassunto con un vecchi proverbio “Il Santo che non poteva avere donava”, nel senso che chi non riesce a mettere una mosca in maniera decente sull’acqua spesso dice che non serve migliorarsi, tanto le trote le pesco ugualmente, salvo trovarsi insieme a qualcuno che la coda la sa gestire bene per essere messo in difficoltà. Per concludere con le scuole di pesca a mosca si lavora non per catturare di più ma migliorare la “qualità” della cattura. Come vedete non sto parlando solo della mia scuola la FFM di cui sono il DT e di cui do le più ampie garanzie di qualità ed esperienza, ma di quelle tre/quattro strutture che ci sono oggi in Italia. Quindi signori miei, per dare giudizi sulle scuole una sola cosa è necessaria: esserci prima andati ed aver frequentato un corso. Massimo Magliocco


Fondate negli anni '40 le nostre cantine sono a Rivergaro, il centro della ridente Val Trebbia. Siamo aperti alle visite e alle degustazioni sia nei giorni feriali, quando è possibile seguire il ciclo di lavorazione, sia per appuntamento in quelli festivi. Organizziamo eventi culturali tra cui l'incontro di studio "la TERRA è Madre del vino". Cantine F.lli Bonelli s.r.l. Via Roma, 86 - 29029 Rivergaro, Val Trebbia (Piacenza) Italia Tel.: 0523.95.86.21 - Fax: 0523.95.61.26 www.cantinebonelli.it - bonelli@cantinebonelli.it orari di apertura: giorni feriali dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 17 sabato dalle 9 alle 12 e pomeriggio su appuntamento domenica solo su appuntamento


AKTIV HOTEL, in collaborazione con FLYFISHINGMASTERS

SCUOLA DI

PESCA A MOSCA, organizza nei mesi di Luglio e Settembre corsi di lancio con attrezzature leggere, pesanti e con canne a due mani. Corsi di pesca a mosca, secca e ninfa e costruzione artificiali. Per info: albertogargantini@libero.it Tel 0043-6645307670 / 0043-6643951805



Alberto Mondini Fly Melegnano

Il San Bernardino nasce dalle montagne dell’incontaminata e selvaggia Valgrande, un enorme Parco Naturale privo completamente di insediamenti umani. Il torrente, scendendo verso valle, crea forre, pozze e cascate con panorami di rara bellezza fino ad allargarsi ed aprirsi verso la foce nel Lago Maggiore. In questo contesto da sogno una parte del fiume è stata destinata a riserva di pesca per la protezione e la tutela dell'ambiente e dei suoi pesci.


In settimana ci eravamo trovati per decidere la nostra prossima uscita di pesca, volevamo però cambiare zona ed acque e visitare posti diversi, anche perché fino ad ora siamo stati in Val Brembana, Val Seriana ed Val Trebbia così abbiamo scelto di spostarci in Piemonte, esattamente a San Bernardino Verbano e pescare nell’ononimo torrente, il San Bernardino. Partenza di lunedì 20 Giugno alle 7,00 de mattino da Melegnano con gli Amici del May FLY Giorgio, Maurizio, Maurizio L, Giancarlo, Gianni, ed io. Una breve sosta per cappuccio e brioche per essere pronti all’appuntamento verso le 9,30 con Davide che ci aspettava all’imbarcadero di Pallanza per i permessi. Il tempo ci sembra perfetto, dopo al-



cuni giorni di pioggia continua, non una nuvola ed un bel sole caldo ci dava il benvenuto. Un saluto e quattro chiacchiere, la formalità dei permessi e poi via verso il Fiume fino al paese di San Bernardino scegliendo come punto di partenza per la nostra uscita l’inizio del tratto NO-KILL. Qui Davide, dopo averci fatto qualche raccomandazione e dato qualche consiglio, si allontana per non disturbarci e praticare la sua pesca preferita, lo streamer, noi invece abbiamo deciso di affrontare questo fiume pescando con la mosca secca. Ci dividiamo come sempre in coppie per poterci fotografare reciprocamente, due su e due a metà e due in basso. Io


e Giorgio dopo avere fatto qualche cattura all’inizio decidiamo di risalire pescando in caccia,. La prima cosa che notiamo è la stupenda conformazione di questo torrente, lame buche e correnti si alternano, l’acqua è splendida, trasparente, il luogo sembra incontaminato. Bellissime lame color verde smeraldo, e le rive con abbondante vegetazione formata da alberi e da arbusti che sporgono sull’acqua formano una zona d’ombra, rifugio di molti grossi esemplari di Fario e non, rendono un ambiente decisamente invitante per la pesca a secca.


Nelle buche bellissime trote Fario, Fario Mediterranee e Salmerini si possono insidiare pescando in caccia, “a vista”, con imitazioni di grosse effimere e di terrestrial ed il divertimento è assicurato. Sono le 17,30, il nostro tempo per il San Bernardino è terminato, purtroppo alcuni di noi hanno degli impegni inderogabili. Ci scambiamo ancora qualche impressione fino ad arrivare ad una conclusione: Le uscite di pesca si possono definire, una volta trascorse, con aggettivi più o meno belli, che riescono a dare un’idea del ricordo che abbiamo di quella giornata: Com’è andata quel lunedì 6 giugno 2011 al San Bernardino ?? E’ stata una giornata perfetta sotto tutti i punti di vista. Compagnia perfetta, fiume splendido, pesci volenterosi e l’ospitalità da parte di Davide impeccabile, cosa pretendere di più!!



il fiume san bernardino è stato per secoli il vero e proprio motore di verbania. questa città, prima in Italia ad avere cotonifici "moderni", ha sempre fatto ampio uso (ed abuso) delle acque del fiume. Per decenni il torrente è stato ultizzato per produrre vapore, raffreddare i macchinari, pulirli e, ovviamente come condotta di scarico. Le morie di pesci sul fiume erano all'ordine del giorno e non facevano neanche più notizia. fortunatamente (dal punto di vista) le fabbriche hanno via via chiuso i battenti, un pò si sono trasferite, altre sono fallite. l'ultima in ordine di tempo è stata Acetati spa (industria chimica) che fino a qualche anno fa scaricava formaldeide nel fiume. Oggi il san bernardino è tornato quello di un tempo. l'acqua corrente e qualche provvidenziale grossa buzza hanno spazzato via tutto quello sporco e degrado. le acque cristalline non sono più un


ricordo dei vecchi ma una bellissima realtà . Il problema è che fino all'anno scorso nel fiume c'era solo l'acqua. di pesci neanche l'ombra.. anni di abbandono e degrado avevano completamente svuotato il fiume da tutta la fauna ittica pregiata. Chiusa la breve parentesi storica passo ora alla recentissima storia del comitato pescatori del verbano. il gruppo che gestisce la novella riserva. L'idea nasce nel 2010 quando due ragazzi, alessio turconi e davide capogno, girovaghi appassionati di pesca, iniziarono a parlare di un progetto impossibile, creare un qualcosa a verbania, una piccola riserva di pesca, per i verbanesi (e anche per evitare tutte le volte di fare centinaia di kilomentri per due trotelle). Inutile dire che tutte le volte che accennavamo la cosa ai nostri amici, la risposta era sempre la stessa: "non vi lasceranno mai fare niente"... e allora, quasi per


scherzo e grazie alla nostra "giovane incoscenza" contattiamo altri amici pescatori, che a loro volta ci presentano altri pescatori interessati al progetto.. una parola tira l'altra e contatto il sindaco della città Marco Zacchera (grande appassionato di pesca). salta fuori che anche lui aveva pensato a fare una riserva di pesca ma di non essere mai approdato a nulla. Questo gruppo di amici pescatori nel frattempo era diventato qualcosa di piÚ. Contattavamo le associazioni di pescatori del luogo e, arginando i vari campanilismi, al grido di "noi ci proviamo..", creavamo questo consorzio tra le 5 associazioni (la riva, ossola fly team, pescatori valgrande, enalcaccia pesca e tiro e Ass. Volontari Pescatori Mottarone) sorto proprio per chiedere la gestione del tratto di fiume san bernardino. Da li il passo è stato breve, anche se molto, molto tortuoso. Abbiamo inviato (quasi obbligato) Regione Piemonte, Provincia del VCO e Comune di Verbania a sedersi intorno ad


un tavolo e parlare di questo progetto. dopo mille lettere/istanze/richieste/studi la Regione dava il proprio benestare alla Provincia. in provincia abbiamo dovuto lottare contro chi non credeva nel progetto (molti) e chi, sapendo le potenzialitĂ del fiume e del gruppo, ne aveva paura. stavamo minando il monopolio della FIPSAS nella gestione delle acque. dopo innumerevoli riunioni, accordi e grazie all'impegno di tantissime persone, avvocati, commercialisti, commercianti, professionisti ma anche semplici operai e pensionati, il 5 gennaio 2011 la Provincia, con delibera, ci affida formalmente la gestione del fiume per tre anni. Avevamo il permesso ma zero soldi ed ancor meno esperienza.. ed allora, in fretta e furia, lavorando nei weekend e di notte e nei (pochi) ritagli di tempo abbiamo messo su i cartelli, pulito il fiume, trovato gli allevatori di trote fario, fatto le prime semine, coinvolto pescatori, raccolto fondi tramite tessere annuali e sponsorizzazioni.


(sottolineo che gran parte del merito per la riuscita del piano va a quei pescatori -i soci sostenitori- che, sulla fiducia, senza avere nulla di certo in mano, si sono associati e ci hanno dato i primi soldi per iniziare..) pian pianino, grazie alla collaborazione di decine di persone, ognuna disposta a fare la sua parte, a seconda delle proprie possibilitĂ , siamo arrivati al mese di marzo, all'apertura. Ricordo ancora l'emozione quando ho visto il primo pescatore arrivato da varese allamare la prima trota della giornata. Poi, passo dopo passo, imparando strada facendo, aggiustando i vari errori dati dall'inesperienza, siamo arrivati a oggi, una riserva di oltre 5 km, che in soli 3 mesi ha fatto conoscere verbania persone che qui non erano mai stati, dando una mano, in questo periodo di crisi, a bar, negozi, ristoranti e alberghi.. il tutto, come sempre, gratuitamente..



Il futuro prevede - l'ampliamento della zona di gestione, probabilmente prendendo anche il torrente parallelo al San Bernardino, il rio San Giovanni, per dedicarlo al no kill anche a spinning - la presa in carico di nuove guardie ittiche - coinvolgere ancor di pi첫 i vari esercenti del luogo, e far loro capire quanto possono ricavare da una semplice riserva di pesca - finanziare gli incubatoi del luogo, in modo da creare una filiera della pesca - aumentare il nostro contributo nel sociale. oggi finanziamo solo la ricerca sulla fibrosi cistica. domani forse potremmo aiutare anche altri. etc. etc. etc. Dr. Davide Capogno Via alla Bergamina, 17 28925 Verbania (VB) cell: 392-0731476 e-mail: capognod@gmail.com



La Tenkara Franco Baroni Marco Terzani


LA TENKARA……..UNA FILOSOFIA GIAPPONESE Marco Terzani

Perchè no…proviamo a pescare in Trebbia con la Tenkara! Franco Baroni

La prima volta che ho visto pescare con la mosca fu alcuni anni fa con una canna fissa una lenza e una moschina che galleggiava sulla superficie……un attimo e phoff un pesce con molti pallini rossi l’aggredì rimanendo agganciato,fu una folgorazione!!!! Subito cominciai a cercare sul web maggiori informazioni scoprendo che si trattava di una tecnica chiamata Valsesiana. Poi un lampo…riscoprendomi bambino,mi ricordo di un cartone animato:SAMPEI e di un paio di puntate in cui il protagonista pescava in quel modo.Cavolo!! forse i giapponesi pescano così, ed ecco che mi appare la TEN-

Tutto ebbe inizio lo scorso Novembre, al termine di un corso di lancio in Toscana in compagnia del mio collega istruttore FFM Marco Terzani, che mostrandomi il suo nuovo acquisto mi dice con la sua simpatica cadenza toscana: “...E codesta la conosci?”. Lo guardo un po’ smarrito e allora lui continua: “ L’è la Tenkara!” La che? “La Tenkara, la Valsesiana giapponese che fanno in USA…” A beh, allora è tutto chiaro! La guardo un pochino ma non realizzo subito la sua utilità. Passano i giorni e quell’attrezzo molto semplice inizia a riproporsi nei miei pensieri. Sapete benissimo cosa succede


Marco Terzani

Franco Baroni

KARA e la possibilità di comprare l’attrezzatura .Dopo poco tempo mi ritrovo tra le mani una canna telescopica fantastica con tanto di manico in sughero,un trecciato in nyilon, mosche e tanta voglia di provarla.Nel frattempo la passione per il lancio aveva preso il sopravvento tanto che la mia tenkara è rimasta sempre in macchina pronta per ogni occasione ma ancora mai usata. Casualmente ebbi modo di farla vedere al mio amico nonché collega istruttore FFM Franco Baroni il quale si dimostrò subito incuriosito. Dopo qualche mese,era inverno,mi disse: “o’ciccio ho comprato una tenkara” risposi che avrammo dovuto provarla insieme.!! Le occasioni non mancarono, ma i nostri incontri erano sempre in concomitanza dei corsi FFM rendendoci titubanti

quando entra il tarlo nella testa di un appassionato di pesca! Inizio ad informarmi e finalmente il 10 Gennaio 2011 la Tenkara arriva a casa mia. La tengo in disparte, non ho modo di provarla vista la stagione fredda e ricca di impegni tra fiere e riunioni varie della scuola... ma con la coda dell’occhio vedo che mi guarda e faccio finta di niente, ripromettendomi però che prima o poi le avrei fatto vedere la luce del sole. Il tarlo nel frattempo continua a lavorare ed allora... idea! La canna è come una Valsesiana, no? E se la Valsesiana la si usava con una coda di crine...perchè non inaugurare la mia nuova attrezzatura con una coda di seta, visto che il crine non è poi così di largo uso? Detto, fatto. Telefono al mio



Marco Terzani alla prova. Nell’ultimo corso fatto insieme ci siamo detti di andare a pesca, “dove?” “vieni da me sul TREBBIA” mi disse Franco…”ok, ma peschiamo con la tenkara….ok aggiudicato”. Ecco che il fine settimana dopo ,confortato da previsioni meteo ottimali, lo raggiungo a casa sua nella serata del venerdì. Ad aspettarmi c’era un’ottima cena preparata dalla Cianfri,che,consapevole del mio essere una buona forchetta,mi presenta dei tortelli piacentini burro e salvia a cui non potevo esimermi di pronunciare la mia ormai famosa,parola in fiorentino “BOONI”!!! Finito di mangiare “a due mani” sotto gli occhi un po’ stupiti,ma conpiaciuti,dei miei amici piacentini,fissiamo la sveglia e gasati per quello che ci aspetta all’indomani ce ne andiamo a letto. La mattina seguente ci svegliamo presto e in un batter d’occhio siamo sul fiume.Il Trebbia ci aspetta con un colore verde smeraldo,incastonato in una gola fantastica,siamo soli è nostro!! Allunghiamo la canna e colleghiamo la coda. Io uso il trecciato in nyilon tipico della tenkara,Franco,con mia invidia,si presenta con una codina in seta fatta dalle sapienti mani dell’amico Terenzio Zandri,la voglio anch’io!! Pochi istanti due foto di rito e con un po’ di imbarazzo siamo in pesca. Grazie alla nostra esperienza,dopo pochi minuti,siamo già padroni dell’attrezzatura e riusciamo a lanciare con disinvoltura.Non solo,sollevando la canna dopo la posa della mosca,questa,come si suol dire,fa una passata perfetta e udite udite non draga.”E’una GODURIA”!!!! Non ci sembra vero stiamo pescando con la tenkara. Da malati di lancio come siamo cominciamo a fare dei curvi,mending e persino lanci in angolazione e rovesci. Incredibile sono un tutt’uno con la mia tenkara.Ben presto ci accorgiamo di un solo limite: avendo una canna di 4 mt. Siamo costretti a pescare molto vicini alla visuale dei pesci,cosa che in una situazione come quella di oggi,con acqua limpidissima,rende le catture molto complicate. Il primo a testare la tenuta della canna è Franco,che in-


Franco Baroni amico Terenzio Zandri, che di code di seta è maestro (nonchè superbo costruttore di mosche fatte al telaio) e mi sono fatto fare una coda di seta dedicata per questa canna. Anche la coda arriva e la metto in disparte, la guardo e la ammiro tutte le volte che le passo accanto, pensando che prima o poi arriverà il momento magico in cui sia la coda che la canna pescheranno assieme. A maggio (non so chi l’ha deciso) è finalmente arrivato il loro momento di gloria, è il mese in cui avrò la dimostrazione di quello che sanno fare. Per mettere in pratica il mio programma ho bisogno di un fiume, e quello non manca, visto che il Trebbia scorre a pochi metri da casa mia; e ho bisogno di un amico per condividere questo momento... e chi meglio di Marco? Una telefonata e creo l’occasione tanto attesa… Marco, dopo aver chiuso l’ufficio a Firenze, varca il cancello di casa mia alle 20.30, e data l’ora, sembra gradire la cena che la Cianfri ha amorevolmente cucinato per tutti noi: da buongustaio affamato brandisce la forchetta e infiocina una serie di tortelli piacentini con burro e salvia. Dopocena un po’ di relax sul divano a guardare Caccia&Pesca, ma ahimè l’ora si è fatta tarda e andiamo a riposare. La mattina con calma ci si alza e dopo una bella colazione da Andrea con cappuccio e brioche si va in piazza per dare un morso anche alla focaccia appena sfornata: ora che la panza è piena, possiamo partire per il fiume. Arrivati sul posto parcheggiamo, ci cambiamo, ci vestiamo, brandiamo la canna e il mulinello (ah, no! con questa il mulinello non serve!), prendiamo la lenza e scendiamo verso il greto. Il fiume è lì che ci aspetta con il suo rumore continuo e rilassante, i colori verde smeraldo mi attraggono e mi incantano….ma che bel posto!!! Ok, estratti i segmenti della canna non resta che attaccarci la coda in seta. Fin qui tutto ok (con l’ausilio degli occhiali da vista, però…). Maneggiare un attrezzo di due metri e mezzo è tutt’altra


Marco Terzani ganna una bella fario autoctona,il combattimento è breve ma intenso,Franco con la sua esperienza,tenendo la tenkara perfettamente in verticale sfrutta tutte le caratteristiche di flessibilità e resistenza della canna riusciendo a salpare il suo avversario.E’ incredibile vedere di quanto si pieghi la nostra tenkara e di come sia emozionante vivere il combattimento come in un tutt’uno con la canna.Finalmente dopo alcuni piccoli cavedani che cadono nell’inganno del mio artificiale vedo una bollata.Collego una piccola emergente color oliva su un amo del 18,un lancio curvo la mosca è in passata,non appena supera il salmonide,questo con una virata sale sulla mia imitazione,un brevissimo istante e ferro.La canna si piega quasi a toccarsi,mentre il salmonide sfrutta la corrente per liberarsi,ho il cuore in gola,quando finalmente con la mano sinistra afferro il trecciato,è fatta!!!,in breve tempo ho una bellissima fario tra le mie mani,che subito,dopo la foto di rito,viene rilasciata.Entrambi siamo stati battezzati,abbiamo pescato per la prima volta con la tenkara. Ci siamo alternati nella pesca anche nel pomeriggio e le catture non sono mancate,sembravamo due bambini il giorno di natale,lanciavamo in continuazione senza fatica,ormai sembriamo due maestri giapponesi. La tecnica per noi era nuova,ma alcune regole sono le stesse,per esempio il finale lungo,1,5 mt circa, ha dato i risultati migliori e un ottimo avvicinamento è fondamentale. Non è stato facile decidere di smettere,ma dovevo tor-


Franco Baroni cosa che farlo con una di quattro metri, mi sento un poco strano, quasi buffo, è la prima volta per me. Il finale è annodato, la mosca anche, quindi...lanciamo! Si, ma come? Ci guardiamo in volto e dopo un attimo di silenzio e di pausa scoppiamo a riderci addosso. Tutto sommato ci sono bastati 2/3 minuti per capire la diversa dinamica e tempistica ma poi è andato tutto liscio. La differenza sostanziale è la semplicità di lanciare solo 4m di filo, di non usare la mano sinistra e il fatto che più in là di 4m non puoi andare a pescare. Io pesco con la coda di Terenzio in seta e Marco col trecciato che consiglia la Tenkara e fin da subito notiamo che io ottengo un lancio più potente e preciso rispetto a Marco che stenta un pochino, nonostante la sua capacità di lanciare una coda tradizionale sia notevole, quindi gli propongo di provare la mia canna e subito anche lui mi conferma la


Marco Terzani nare a casa e dopo una sana bevuta in un bar del caratteristico Bobbio mi sono diretto verso Firenze. Comunque ci siamo ripromessi di bissare la giornata magari dal prossimo corso FFM‌addio doppia trazione!!!! Durante il ritorno la mia mente era ancora immersa nello splendido scenario del Trebbia. Tutto sommato è una pesca entusiasmante,senza alcuna fatica,con un attrezzo leggerissimo,maneggevole,pensate che chiuso è lungo meno di 50cm,che mi ha fatto sentire molto vicino alla cultura giapponese,pescando elegantemente,serenamente e perfettamente a mio agio.


Franco Baroni grande potenza e la delicatezza di posa della seta (grazie ancora Terenzio, anche da parte di Marco!). Passano i minuti e inizio un correntino interessante e dopo qualche lancio di adattamento provo ad alzare la canna in modo tale che solo la mosca tocchi la superficie dell’acqua: Eureka! la mosca fa una passata impeccabile senza una ben che minima dragata. Al che, pluffff !!!!! ecco che la canna inizia a piegarsi in un modo incredibile pur avendo allamato una trotella: ragazzi che bella sensazione! La slamo senza toccarla con le mani e le dò la felicità di ritornare da dove era venuta. La giornata continua e dopo qualche cattura ci ritroviamo stremati all’ “Osteria del Sasso” permangiare un’insalata di riso che la Cianfri ci ha preparato: ci voleva proprio. Terminata la pausa ci rimettiamo in pesca e risaliamo il fiume stando attenti a posare la mosca nei posti migliori, ma probabilmente i pesci sono un pochino svogliati e passiamo un’oretta a lanciare senza prendere nulla. Cambiamo posto, risaliamo il fiume e oltrepassiamo una lunga lama formatasi dall’abbassamento del livello che venti giorni prima era più alto e passata un’ansa del fiume iniziamo a pescare in un raschio un pò turbolento con dei massi grossi ben piantati che creano degli occhi d’acqua alquanto interessanti tra le varie schiume. Proprio lì ho lanciato la mia mosca, che appena tocca l’acqua viene presa da una bella


Franco Baroni trota che mi dà qualche problemino, visto che con la canna non posso cedere più del filo che ho...Ma la Tenkara si piega in modo incredibile e assolve al suo compito egregiamente permettendomi di salpare questo bellissimo pesce a cui, dopo una foto ricordo, consento con molto piacere di tornarsene in acqua a recuperare le sue forze e a continuare a fare quello che stava facendo in santa pace. La giornata continua tra lanci e catture fino a che Marco mi fa notare che è l’ora di risalire, visto che tra il tornare alla macchina, cambiarsi e riprendere la strada del ritorno non sarebbe stato a casa che per l’ora di cena. Mentre camminiamo sul greto del fiume stando attenti a dove posare i piedi ci si scambiano le rispettive sensazioni che questo attrezzo ci ha trasmesso: per quanto mi riguarda sono state molto positive, sia per la semplicità di azione di pesca che questa canna sa dare, sia per la morbidezza della canna stessa che sembra si debba spezzare quanto è esile ma col pesce allamato forma una curva progressiva e sopporta benissimo le trazioni in acqua che da il pesce. In più, una volta smontata, la canna è un aggeggio di un paio di spanne. Voto 9. Riaccompagnatomi a casa Marco riprende la via verso Firenze e con gratitudine per la bella giornata trascorsa assieme lo saluto…Ciao Ciccio!!!!!!!!!!!


Disegnata espressamente da Massimo Magliocco per La Tecnica di Lancio Moderna La Magliocco 7.6 esprime in sè tutte le qualità che necessitano a chi desidera esprimere il massimo nei suoi lanci. Sviluppata dalla Atomsix di Steve Parkes questa canna utilizza per il blank un Carbonio di ultima generazione e l'innovativa tecnologia di "cottura in Autoclave" (utilizzata in fomula 1 e nell'ingegneria aerospaziale) che esclude rischi di rottura del grezzo derivanti da un'errata compressione del nastro termorestringente, normalmente utilizzato nelle produzioni classiche. La cottura del carbonio risulta cosi' omogenea e senza interruzioni, priva di difetti tipici delle prouzione tradizionale. Estremamente rapida e progressiva, l'azione della canna somma un pedone di buona potenza ed una vetta in grado di esprimersi anche sui lanci a breve distanza. Le finiture sono completamente personalizzabili contattando il produttore: www.atomsix.co.uk Caratteristiche: • Espressamente progettata per il lancio veloce • Sugheri di prima qualità • Anelli a ponte singolo in fuji alconite • Finitura nero satinato antiriflesso • Azione progressiva, pedone potente e vetta sensibile • Vibrazioni del tip pressochè assenti. Costruite interamente a mano e corredate di tubo portacanna in alluminio Prezzo: £390.00 (la canna viene venduta direttamente da atomsix www.atomsix.co.uk


Massimo Magliocco Foto: Alberto Mondini

LA PESCA A MOSCA SECCA

terza parte



Saper lanciare. L'evoluzione che il lancio ha avuto in questi ultimi 25/30 anni, è da attribuire in massima parte alle acque mosse e in particolare al torrente. I motivi di questo sviluppo sono da ricercare nel fatto che in queste acque le difficoltà di lancio, conseguenza di molti fattori quali le costrizioni ambientali, l'uso di attrezzature non idonee, ma in particolar modo l'approccio che si aveva con queste acque derivante da una filosofia che metteva al primo posto le risorgive e poi tutte


le altre fino ad avere come ultimo il torrente, facevano si che inevitabilmente si era succubi del torrente. Quindi non era il pescatore a “comandare” e pertanto a decidere la cosa che meglio si addiceva a risolvere una situazione, ma era l'acqua che regnava incontrastata e quindi dettava le regole. Di fronte a queste si era costretti ad alzare le mani e di conseguenza si assisteva a situazioni in cui i pescatori, incapaci di trovare soluzioni idonee, erano costretti a superarle a piè pari senza avere nemmeno il gusto di sapere se in quel posto ci fosse o meno la trota. Due degli elementi che probabilmente rallentarono lo sviluppo del lancio in torrente, erano da attribuire al fatto che in queste acque, non essendo necessario lanciare lungo, si dovevano gestire solo pochi metri di coda e quindi la poca lenza in pesca, non creava l'esigenza di dover “studiare” qualche novità in funzione di un lancio più proficuo, limitatezza peraltro obbligata per l'incapacità di poterne gestire di più e in modo

Alberto Modini


efficace e poi, elemento forse determinante, che la pesca a secca gravitava tutta intorno all’artificiale che possedeva prepotentemente il primato come importanza. In virtù di quest'ultimo elemento e visto che in torrente tutti i discorsi legati all'imitatività, in relazione alle schiuse, erano circoscritti a poco tempo in rapporto alla limitata durata di queste ultime e che comunque tutto si rifaceva alle regole dettate dalle acque lente come le risorgive, la mosca-esca anche qui trovava uno spazio forse eccessivo ma di limitata durata che, quindi, ne circoscriveva enormemente l'importanza strategica, contribuendo negativamente, insieme al contenuto sviluppo del lancio, a far si che la secca in acque mosse era considerata come tecnica di serie “B”. Si andò avanti finché si capì che il torrente per questa tecnica, aveva delle enormi potenzialità e poteva regalare delle grosse soddisfazioni. Si iniziò ad analizzare se in posti simili era giustificato spendere energie per ingannare trote



che comunque erano presenti e che erano potenzialmente idonee ad essere insidiate con più cognizione. Fu anche, diciamocelo, una scommessa nel senso che se forse era fattibile affrontare il torrente in un modo meno uguale alle risorgive e più idoneo a quel tipo di acque, era comunque tutto da mettere in pratica e quindi da verificare. Allora ci si mise al lavoro e si iniziò a contrapporre il lancio alle più svariate situazioni, utilizzando canne sempre più corte e code sempre più leggere contribuendo, successo dopo successo, a far evolvere la parte dinamica della pesca arrivando finalmente ad oggi in cui non è più il torrente a comandare ma è il pescatore che in mezzo a quello che dovrebbe essere il suo elemento cioè l'acqua, decide al meglio come intervenire. Questo è in linea di massima il discorso, ma pur-


Alberto Mondini


troppo ancora oggi non tutti sono in grado di gestire il torrente con disinvoltura traendone il massimo del gusto e del divertimento. Ancora oggi molti si ostinano ad andare in acque mosse a secca, limitandosi a mandare avanti e indietro la coda, incontrando grosse difficoltà in punti in cui le acque richiedono molto di più. Se vogliamo analizzare questo argomento, e fare una sorta di radiografia dei pescatori a mosca, va detto che di costoro che affrontano il torrente a secca in questo modo, in tanti non lo frequentano molto, altri per lo più pescano a ninfa e saltuariamente a secca e quindi abituati ad altri approcci e a difficoltà diverse, molti sono invece degli assidui frequentatori di acque lente le quali possiedono anche loro delle difficoltà ma diverse altri invece pensano che il lancio sia l'ultima delle componenti della pesca a mosca e quindi le danno l'importanza che secondo loro merita, mentre altri ancora affrontano imperterriti il torrente con attrezzature non molto idonee. Se qualcuno monta su una formula uno e la guida come se fosse un'utilitaria, sicuramente non può apprezzarne le qualità ma in particolar modo non ne sfrutta le peculiarità e le possibilità che questa offre. Allora bisogna imparare a guidare la formula uno, non basta la semplice patente di guida. Al di la del paragone ormai si è visto che il torrente regala delle enormi soddisfazioni quindi con le grosse opportunità che oggi ci si offrono per migliorarsi nel lancio non vedo perché ci si deve limitare a solo quello che si sa fare Penso che sia limitativo accontentarsi del solo corso di lancio base che i club organizzano o peggio ancora di quello che si è imparato, ammesso che

sia vero, da autodidatti. Secondo me esistono tre categorie di pescatori a mosca, e cioè il cosiddetto lanciatore da prato, il pescatore esperto, e, chiamiamolo così, il pescatore-esperto lanciatore. La prima categoria è quella di chi dopo aver frequentato corsi di lancio avanzati, andando poco a pesca, si limita a lanciare solo o quasi sul prato mettendosi in bella mostra e auto-qualificandosi come “grosso” PAM, ma quando poi va in torrente quelle poche volte, ha paura anche a muoversi per non cadere, restando quindi solo un teorico. Poi c'è il pescatore esperto, colui che ha passato anni e anni sui fiumi e che conosce il torrente come le sue tasche, sa come muoversi, riconosce subito i posti migliori, insomma è quello che quando va su un torrente mai frequentato prima, gli basta dare uno sguardo per capire tutta la situazione. Però, un po’ per



mancanza di tempo, un po’ per indifferenza, un po’ per scetticismo il suo lancio è rimasto a quello che ha imparato al corso del Club e quindi non riesce a sfruttare appieno le sue potenzialità poiché gli basta una situazione un po’ più difficile da gestire che si trova in grosse difficoltà e spesso è costretto a desistere. Per ultimo metto il pescatoreesperto lanciatore. Costui possiede tutte le potenzialità del pescatore esperto ma in più ha la padronanza del lancio e sa quindi superare con disinvoltura e con successo anche quelle situazioni in cui altri sono costretti a desistere. Penso che questo è un discorso che si può condividere e nello stesso momento penso che chi ama veramente la pesca a mosca secca e in particolare il torrente, non può far altro che cercare, nei limiti, di affinare la tecnica di lancio. In più posso affermare, che arrivati a certi livelli, non si cerca più la cattura in maniera esasperata come fine assoluto dell'uscita di pesca, ma anche se quel giorno non è stato particolarmente positivo ci si diverte solamente a lanciare. Condivido il pensiero di chi afferma che è più soddisfacente ingannare una trotella "difficile" che una trota più grande "facile". Oggi, devo dire che le possibilità esistenti per migliorare sia nel lancio che nella pesca intesa nel senso stretto sono alla portata di tutti. Oggi si è in grado con pochi anni, se lo si vuole, di diventare dei discreti "pescatore-esperto


lanciatore", quindi completo in ogni parte. Da quando ho iniziato io più di venticinque anni fa, si sono fatti grandi passi avanti. Ricordo che allora non era molto facile potersi migliorare se non cercare di mettersi in fila aspettando di poter frequentare un corso con coloro che erano i nomi che stavano tracciando le strade in relazione al lancio. Prendere più pesci significa da una parte dare per scontato l'importanza della mosca-esca, dall'altra cercare una posa migliore, essere precisi, essere silenziosi, nascondere il lancio alla vista del pesce, combattere il dragaggio, in una parola saper lanciare..

Il ruolo del lancio Prendendo in esame i cinque gruppi di lancio che sono finalizzati a combattere il dragaggio e cioè gli angolati, anche se il loro primo scopo è un altro, i curvi, gli ondulati, i ribaltati parzialmente, i ribaltati totali, va detto che ognuno essi va eseguito in situazioni a loro congeniali cioè ogni tipo di acqua avrà il suo gruppo di lancio che andrà a contrastare il dragaggio. Uno dei principi fondamentali dei lanci anti-dragaggio, è quello di far entrare la coda di topo in contatto


con la corrente il più tardi possibile, poiché in caso contrario questa, trascinata dall'acqua per prima farebbe dragare più presto la mosca. In effetti se il lancio avviene per linee parallele e quindi con la coda che si adagerà insieme a parte del finale contemporaneamente per tutta la sua lunghezza sull'acqua o peggio ancora con una pancia, il fenomeno sarà senz'altro più evidente. Lanciare con una coda angolata quindi è il giusto veicolo per ritardare questo inconveniente. Parlare di coda angolata è molto generico poiché può avere un'angolazione da pochi gradi rispetto al piano dell'acqua a molti e in funzione del dragaggio, si può dire che più l'angolo è grande e più l'efficacia è maggiore poiché per prima cosa si ritarderà il contatto della coda con l'acqua, e poi, elemento di non minore importanza, si raggrupperà una buona parte del finale in uno spazio molto esiguo il che vale a dire un lungo tempo a disposizione della mosca senza dragare. Le pose curve tanto amate da chi le sa eseguire e tanto odiate da coloro che non le sanno realizzare, sono dei lanci molto efficaci finalizzati a far compiere alla coda un curva verso monte. E' evidente che la curva che si viene a creare è l'essenza del lancio lo scopo primario finaliz-


zato a contrapporre la coda alle forze contrarie della corrente. Anche qui è necessario capire quale sia tra esse quella corrente più forte verso la quale modellare la coda. In altre parole non basta creare una curva a monte, ma andrà studiata in funzione delle varie velocità cercando di creare una curva che non sia circolare e che contrapponga l'apice dell'arco alla corrente più forte. Anche in questo caso il più delle volte si interverrà solo sulla coda, anche se spesso è necessario curvare il solo finale. Anche i lanci ondulati avranno un loro impiego ben preciso e quindi utilizzati in certe situazioni. Quella che si presta di più al caso è quando si lancia parallelamente alla riva verso monte facendo si che la coda sia depositata sull'acqua a serpentina. Pure questo avrà come parte interessata solo la coda. I ribaltati parziali, come ad esempio il mending, seguono pari pari il discorso della serpentina in relazione all'elemento modificato e cioè la coda. In effetti più che un lancio questo è un intervento post-lancio, cioè un'operazione che si esegue successivamente alla deposizione della coda in acqua e che andrà a modificare lo stato della stessa la quale verrà mantenuta, tramite dei piccoli movimenti, il più possibile in zona


con la finalità di conservare le due velocità quella della mosca e quella della coda molto vicine in modo da evitare il dragaggio. Anche qui, non si interviene sul finale ma solamente sulla coda. Infine i ribaltati totali, quelli cioè che finalizzano la loro esecuzione in un rovesciamento verso monte della coda di topo e, a seconda delle circostanze, anche del finale. Anche qui se eseguito bene si cerca di operare in modo tale che il ribaltamento della coda avvenga in una fase in cui la stessa non sia ancora a contatto con l'acqua sempre per il discorso fatto prima. Se al ruolo svolto dal finale, aggiungiamo quello svolto dal lancio, si è in grado di avere “mano” tutte le situazioni che si trovano lungo il torrente. Combattere il dragaggio in fondo non è più una chimera ma sommando questi due elementi che sono stati oggetto di studio approfondito in questi ultimi trenta anni e ai quali si è loro cambiato del tutto o quasi ruolo o meglio


gliene sono stati aggiunti degli altri forse più importanti, è ormai diventato un fattore tranquillamente aggirabile, un ostacolo superabile da tutti. L'importante è, prima di lanciare, riuscire a capire le correnti e immaginare le forze che l'acqua andrà ad esercitare sulla nostra coda. Per concludere credo che pescare a mosca secca dove l’acqua è veloce e dove ogni millimetro di fiume è diverso dagli altri, sia il massimo per un pam poiché non c’è da confrontarsi con un solo avversario cioè la trota, ma anche con quelle insidie che la natura ha regalato al salmonide per dargli una mano per potersi difendere in un ambiente così piccolo e cioè le veloci e turbolente acque del torrente.



Le Salone de la Pêche Sportive quest’anno si è svolto nei giorni 4, 5 e 6 Febbraio al VIPARIS a Porte de Versailles Parigi. Dopo qualche anno di “crisi” dovuti forse all’inserimento di tutte le tecniche di pesca, i gestori Charles e Chantal Parachini hanno deciso di riportare la fiera nei suoi binari originali e di fare esporre soltanto espositori che trattano materiale da pesca a mosca e da spinning. In controtendenza rispetto alle nostre fiere italiane, dove lo spinning fa da padrone, in Francia c’è una tendenza opposta. Gli stand dedicati alla PAM sono effettivamente molto più numerosi rispetto a quelli dedicati agli spinningofili.


Tra gli espositori di rilievo, c’erano Petitjean, Le Moulin des Gemages che tratta articoli da pesca a mosca di alto livello, la JMC Diffusion, Loomis, Sage, Thebault, Nydegger, Au ver a soie e molti altri – in totale gli espositori erano 102 in totale. Oltre ai fabbricanti e commercianti, la fiera apre le sue porte alle società di guide e turismo piscatorio, oltre ad una miriade di associazioni e club di pesca francesi. La fiera si svolge in locali fieristici bellissimi a Porte de Versailles presso il centro fieristico moderno ed attrezzato. Il salone espositivo è enorme - lo deve essere per accogliere così tanti espositori!! Come ogni anno nel mezzo del salone, cìè una bellissima vasca per il lancio e trovarvi un momento libero è davvero un’impresa. Come ormai è tradizione, è stato allestito un podio per i flytyers internazionali e a rappresentare l’Italia, oltre al sottoscritto, c’era il mio mentore Federico Renzi, il fantastico Terenzio Zandri. Federico Renzi come sempre ha riscosso un ottimo successo con i suoi artificiali da mare, da luccio e da bass oltre alle



sue magnifiche imitazioni esatte. Terenzio come sempre ha spopolato con le sue mosche al telaio. Si formavano capannelli di 10 – 15 persone per volta, è stato fotografato, filmato e recentemente ho visto un suo filmato su un sito di costruzione francese. Nel mio piccolo ho come sempre presentato le mie imitazioni in CDC, CDC e foam, ninfe con il Bugbody in latex che hanno riscosso un discreto successo con i Francesi. Per l’occasione ho ceduto ti tanto in tanto la mia postazione a Istvan Virag di nazionalità ungherese che una futura new entry nel mondo dei big della pesca alla ninfa nonché della loro costruzione. Ne sentiremo parlare! La cosa mi fa oltremodo piacere perché Istvan o Ish per gli amici ha mosso i suoi primi passi da pescatore a mosca proprio con me! Oltre a noi Italiani, c’era una folta schiera di nome noti tra i flytyer come Peter Joest con le sue mosche da Mare, André Espen Eilertsen con le sue mosche da trote e



temoli nell acque Norvegesi, Joerg Schuft con le mosche da salmone, Bruno Pimpanini con le mosche da salmone, Edward Berg con le sue parachute rigorosamente con tre code in fibbet, David Gourong con le mosche da luccio e bass, Gert –Peter Wieditz con le mosche da trote e temolo, Kristján Ævar Gunnarsson con le tube fly e il Igor Stancev – il famoso fly tyer macedone con le sue bellissime mosche. Alla vasca si alternavano lanciatori con varie tecniche – dalle due mani alle canne leggere. Devo dire che ho visto dei bei lanciatori ma come ormai è noto, in Francia hanno condizioni difficili di pesca molto simili alle nostre e quindi il lancio assume una importanza fondamentale anche presso i nostri cugini transalpini. Per quanto riguarda invece la cura dell’ambiente, ho avuto diverse discussioni sia con pescatori locali che con associazioni attive nella gestione e salvaguardia dell’ambiente è con grande sorpresa, ho scoperto che in Francia guardano a noi in Italia come esempio da portare in materia di salvaguardia ambientale. Noi in Italia ci lamentiamo ma se andiamo a stringere, è facile costatare che siamo all’avanguardia in questo settore. Una bella sorpresa che mi ha portato a rivalutare le nostre opportunità di pesca. La fiera ha una ottima affluenza di pubblico specie nelle giornate di venerdì e sabato mentre la domenica è da sempre una giornata giù di tono. A mio avviso merita di essere annoverata tra le grandi fiere europee e spero di avere nuovamente l’onore di essere tra gli invitati per l’edizione 2012.


Quel giorno il dubbio era se portarsi dietro la canna da pesca o la videocamera.Ero in compagnia di Alessandro Sgrani e Sandro Soldarini che si apprestavano a montare le canne da ninfa per un pomeriggio di pesca a czech nymph in un torrente di fondovalle del centro Italia. Decisi per la videocamera, perché riprendere all’opera due membri della nazionale italiana di pesca a mosca era un evento raro, che meritava di essere immortalato nel nastro magnetico. Ancora oggi rimpiango di non aver portato con me anche la canna da pesca, ma rimango orgoglioso di aver filmato una delle più entusiasmanti pescate a cui io abbia mai assistito, con catture spettacolari, che fino ad allora avevo visto solo in filmati americani, patagonici e neozelandesi. Alla luce di quella magica esperienza, insieme ad Alessandro, decidemmo di immortalare il tutto in un DVD e cogliere l’occasione per spiegare la tecnica della czech nymph applicata alle acque italiane. Coadiuvati dall’esperienza nel settore dell’amico pescatore Graziano D’Onofrio, siamo riusciti a produrre questo nostro progetto. Il DVD si può dividere in due parti fondamentali: dopo una breve introduzione storica sulla nascita della czech nymph, Alessandro spiega i fondamenti di questa tecnica in compagnia di Graziano, illustrando le peculiarità di questa pesca, che ben si addicono alle diverse conformazioni dei nostri corsi d’acqua. Anche se la czech nymph può sembrare una tecnica semplice nel suo complesso, nel dvd Alessandro cercherà di insegnare gli aspetti principali della czech che, se trascurati, ne compromettono l’efficacia. La czech risulterà quindi micidiale in fiumi avari di attività in superficie come la Sieve in estate e la Rienza ad inizio stagione. La seconda parte del DVD è pura pesca in compagnia dei due campioni italiani, intervallata da scene dell’amico Graziano che, in giorni e condizioni diverse, mette in pratica il loro insegnamento e devo dire con ottimi risultati. Come in tutte le pescate tra amici, sfottò, strappate e un pò di sana competizione, faranno da cornice a uno dei più bei giorni di pesca che io abbia mai filmato, ed è mio grande piacere condividere questa mia esperienza in questo DVD. Nella speranza che questo nostro progetto possa essere di gradimento per molti PAM, vi auguro la mia più sincera buona visione. Max Sodino


COME PROVARE UNA CANNA DA MOSCA Massimo Magliocco

Uno degli elementi che spesso fanno “impazzire” il neofita e anche l’esperto pescatore, specialmente quello a secca, è capire se una canna è valida o meno per pescare e/o lanciare in un certo modo. Domande del tipo “sto comprando una 9’ per pescare in torrente, quale caratteristiche deve avere ? Oppure quale è la migliore ?” si sentono e si leggono in ogni dove. Chi mi conosce sa che ho avuto la fortuna di avere due maestri che mi hanno insegnato tanto sull’argomento canne, uno è Aldo Silva che a mio avviso è il maggiore conoscitore italiano di canne sotto l’aspetto strutturale e l’altro è un grosso nome della pesca a mosca italiana, forse il più importante, ed è il maggiore conoscitore in Italia di canne sotto l’aspetto tecnico inteso come qualità in funzione del lancio, ma preferisco non farne il nome ….


Avendo avuto in questi ultimi quindici anni questi due big delle fly rods come amici con i quali ho passato diverso tempo a disquisire di canne, mi sono comportato come una spugna assorbendo tutto ciò che entrambi, in separate sedi, mi spiegavano e ne ho fatto tesoro affinchè potessi un giorno sapere meglio come si capisce se una canna per un certo tipo di uso è migliore di un’altra, se quel carbonio usato è idoneo o meno per avere certe risposte e come testare una canna e, sempre a mio avviso, darle una votazione che è poi l’argomento di cui stiamo parlando in questo momento. Credo che attraverso le schede tecniche redatte dai nostri istruttori con la mia supervisione, si possa dare un grande aiuto a tutti coloro i quali hanno dei dubbi sull’acquisto di una canna. Inoltre, attraverso questo scritto, si può avere un ulteriore contributo di quegli importanti elementi valutativi attraverso i quali si riuscirà a non avere più dubbi. Andiamo quindi a vedere come si può capire una canna da mosca. I primi elementi da valutare sono: 1) Dove e che tipo di pesca dobbiamo fare 2) Che peso di coda dobbiamo abbinare 3) Scelta della lunghezza Le prove andrebbero fatte presso un negozio ben fornito di modelli e marchi diversi. Questi primi elementi selezionano già una precisa tipologia di canne. Qui molti si orientano sulle marche che più conoscono o individuano quelle che più piacciono esteriormente. Qui spesso si commette un primo errore perché le

scelte vengono fatte emotivamente e non analizzando le qualità dell’attrezzo. Personalmente farei una scelta in funzione del costo, elemento questo che spesso e purtroppo condiziona l’acquisto, senza preoccuparmi troppo dei marchi. Comunque sia la preferenza, emotiva o razionale, si dovvanno scegliere delle canne da testare e a questo punto entra in campo l’altra serie di elementi che sono poi quelli tecnici, che faranno pendere l’ago più verso una canna od un’altra e che potremmo sintetizzare e nei tre elementi che dovrebbero conoscere tutti e che sono: 1) Rapidità 2) Potenza 3) Azione Questi come elementi in generale. Poi bisogna scendere nello specifico in relazione alle varie sezioni della canna ovvero il pedone, l’intermedio o gli intermedi e la vetta. Partendo da questa seconda fase diciamo subito che il pedone è l’elemento più importante, quello che condiziona tutti gli altri e che farà una canna rapida oppure potente, morbida oppure lenta, insomma l’elemento attorno al quale ruotano tutti gli altri. Personalmente dico sempre che se una canna ha un buon pedone ed una vetta “così così”, è sicuramente accettabile mentre l’inverso darà come risultato una canna scarsa. Detto questo analizziamo come si prova una canna.


PROVA PEDONE 1) Stringere saldamente con una mano il sughero 2) Con il palmo dell’altra mano, partendo da vicino il sughero, iniziare a spingere verso il basso mentre si procede in avanti per 25/30 cm. 3) Verificare come il pedone flette. Se cede decisamente anche con una energia non eccessiva, significa che è troppo morbido, se incontrerete difficoltà poiché non riuscite a fletterlo, significa che il pedone è rigido. In questi due casi le due tipologie di pedone sono da scartare. 4) Se il pedone invece cede però reagendo nel senso che si flette con un po’ di impegno da parte nostra, allora significa che stiamo sulla buona strada.

mamente “oscillante” ed un erronea sensazione di un pedone e un intermedio troppo rigidi.

PROVA DI LANCIO. Questa prova va effettuata dopo aver “sentito” gli elementi della canna. Per provare il pedone di dovrà usare un lancio che lo carichi come ad esempio un radente od un sovrapposto, ma so che non tutti sono in grado di poterlo eseguire. La vetta invece va provata con un sottovetta totale, stesso discorso degli altri due lanci mentre la completezza della canna va provata con un lancio in angolazione. L’intermedio o gli intermedi di solito è una con- Se non siete in grado di effettuare bene questi lanci fatevi aiutare seguenza del pedone nel senso che il costruttore da chi li sa fare per farvi poi dire le loro opinioni. lo adatta ad esso. Altro discorso invece va fatto per la vetta. Ricor- Quindi provate sempre le vostre canne e non date retta a chi spesso diamoci che se abbiamo un buon pedone ed una ne sa meno di voi. Affidatevi sempre a qualche buon istruttore o a vetta non proprio eccellente, la canna nel suo chi comunque ha una certa esperienza nel lancio. complesso può andare, l’inverso darebbe qualche problema. Andatevi a vedere le nostre prove sulle varie canne di cui trovate le Quindi una buona vetta dovrà essere comunque schede di volta in volta. la naturale conseguenza degli altri due elementi. P.S. nelle schede troverete delle diciture come “RAPPORTO”, Immaginate una vetta troppo morbida. Il risul- “VETTA TERRA” e “SCARICO”. tato sarà di una parte finale della canna estre-


Simone Repetti


Per rapporto si intende la differenza tra scarico e vetta terra, cioè di quanto la vetta della canna si abbassa sollecitata da un peso di 20 gr. Quindi se il rapporto di una canna ha un valore inferiore di un’altra di pari segmento, vorrà dire che questa, in teoria, è più rapida in quanto si fletterà di meno. Ho scritto in teoria perché non basta solo questo dato per conferire ad una canna l’appellativo di rapida poiché questo potrebbe anche dipendere da una struttura generale della canna più rigida. Quindi il valore di rapporto è solo indicativo.



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Ma che ci faccio io qui ? Antonio Napolitano

Ma che ci faccio io qui ? Lo so e' strano iniziare un racconto in questo modo specie se si parla di un un viaggio pianificato nei minimi particolari e con largo anticipo, ma e' realmente quello che ho pensato appena siamo arrivati all aeroporto di Yakutat. A dir la verità durante le ore interminabili di volo , mentre dal finestrino si poteva osservare a tratti in maniera nitida la Groenlandia , Le montegne innevate in British Columbia e il fuso orario che ci rendeva sempre meno consapevoli di ciò che stava accadendo, ho pensato la stessa cosa : "'ma che ci faccio io qui "???




Arrivare in questo luogo e respirare la natura davvero selvaggia, osservare questi splendidi pesci che ignorano quello che fai e sopratutto ignorano la tua tecnica e gli artificiali che utilizzi , ti fa sentire piccolo e tutti gli anni passati cercando di migliorare la tecnica qui vengono totalmente azzerati, Si, si riparte da zero!(Poi torneremo sulle attrezzature e sulla tecnica). Molti amici Italiani sono stati qui e prima di me avranno provato le mie stesse emozioni , dai loro racconti, filmati , foto ecc. mi hanno trasmesso molto ma,secondo me, tutto poi diventa diverso e col passare della permanenza cresce la consapevolezza di una cosa sola, grazie a Dio ,la natura, i cicli faunistici che essa scatena, sono la cosa piÚ bella al mondo , bella da togliere il fiato, bella da emozionarsi come un bambino a disneyland , avvertire costantemente l'atomosfera selvatica, avere la sensazione nitida di vivere in un contesto incontaminato mi ha rigenerato fisicamente e mentalmente . Ho fatto tanti viaggi e pare che ogni volta il vero scopo di partire e' avere una scusa per evadere o semplicemente trovare un pò di tempo per stare in pace e ritrovare l equilibrio che permette di tenere uniti gli affetti , gli hobby e il lavoro.


Ma ora vi racconto quello che abbiamo fatto. Partenza da Ascoli Piceno, ci ritroviamo alle 5:00 a Fiumicino e dopo il check-in siamo pronti per pil decollo, dopo un veloce scalo ad Amsterdam ci imbarchiamo per il volo di 10 ore diretto a Seattle dove abbiamo pernottato in un hotel nei pressi dell'aeroporto , altro cambio con scalo a juneau e arrivo dopo 4 ore a Yakutat.

Ritiriamo l'auto a noleggio , un fuoristrada spartano ma adattissimo al nostro scopo, prendiamo possesso anche di quella che sara' la nostra abitazione per i dieci giorni seguenti e come tutti noi avevamo previsto dopo neanche 2 ore dal nostro arrivo ci ritroviamo con i waders indossati e gli occhi spalancati ad ammirare il tappeto di steelhead che si cela nei pressi del Nine Mile Bridge ovviamente sul mitico SITUK RIVER. Vorrei tanto trasmettervi l'emozione , il silenzio e la sensazione di meraviglia che dopo un attimo si trasforma in frenesia per la voglia di pescare!



Allora scendiamo verso il fiume , proviamo timidamente a lanciare scegliendo le imitazioni canoniche , quelle copiate dai libri, riviste o consigliate da qualcuno ecc Ci disponiamo a dieci- quindici metri di distanza l'uno dall' altro e con la coda dell occhio ci osserviamo in attesa del grande colpo.

il ponte del Nine Mine Bridge


All'improvviso si vedono alcune ombre sfiorare i nostri scarponi passando in velocita' e allora capimmo realmente con avremmo avuto a che fare ! Osservazione, scelta della preda , lancio e presentazione dinamica dell' artificiale era tutto quello che potevamo fare , ma risultava praticamente inutile e solo dopo un paio d'ore ho sentito le urla di Massimo che richiamando l'attenzione da inizio a quella che sarebbe poi divenuta un avventura indimenticabile. Io ho tirato fuori la videocamera mente Graziano indossando i guanti cercava di braccare la "nostra" prima Steelhead fino a prenderla per la potente coda e lasciarla poi a Massimo per le meritate foto. Era in quel momento che nasceva qualcosa di unico , era lo spirito di squadra , sembra strano perchĂŠ spesso nei nostri fiumi capita che una volta in acqua il compagno di pesca diventa il competitor piĂš agguerrito e nei confronti del quale puntiamo a catturare di piĂš con tanta sana e buona competizione , invece in quel preciso momento con un in-



tesa naturale capimmo che ogni cattura sarebbe stata di tutti e che solo grazie alla partecipazione di tutti si potevano avere buone probabilità di allamare, fotografare e ammirare il rilascio delle grosse steelhead . Tornammo a casa la sera per cercare di riposare ma l'adrenalina unita al fuso a favore ci ha portato a stare svegli per preparare canne ,code mosche per il giorno dopo. Sono iniziati i discorsi ambiziosi legati alle taglie , le probabili

fughe e i combattimenti duri che avremmo affrontato fino a cadere in sonno e dormire qualche ora. Ormai ci sentiamo Americani e anche la colazione diventa abbondante e calorica fino a non capire più se trattasi di cena al Mc Donald o appunto prima colazione ! Dalle info locali abbiamo appreso che c'erano buone probabilità di cattura all ' Alba nei pressi della foce per via dell'alta marea, quindi abbiamo voluto provare e alle 7:30 eravamo li ad aspettare quella risalita che in realtà aveva già prodotto ed esaurito il primo massiccio passaggio, infatti non abbiamo calcolato che l' Alba non era alle 7:00 na alle 3:45 circa e dopo aver pescato l'acqua e ammirato qualche foca in caccia decidemmo di spostarci a monte del Nine Mile Bridge. Da quelle parti la storia cambia , si vedono molti pesci e lo si capisce anche dalle tante macchine dei pescatori che si trovavano li.



Costeggiando il fiume si cerca il primo varco con una pool libera e pescabile e si scende, questa volta bastano pochi lanci e a turni effettuiamo uno strike dopo l'altro , ma questo non sempre finisce con una cattura e spesso si rimane a bacca asciutta per diversi motivi, amo piegato o addirittura spezzato, filo ( anche 0,35-0,40) rotto , giunzioni codafinale spezzate o semplicemente slamate. Anche per questo la cattura che di completa con la l'abbraccio con la steelhead ha un sapore particolare proprio perchĂŠ sofferto e impegnativo .


Sono passati quasi 5 giorni e arriva quello che forse e' il momento più delicato del nostro viaggio , non eravamo più dei turisti italiani ansiosi di pescare la Big Steelhead da 110 cm ma ci stavamo trasformando in sognatori , stavamo assaporando tutto con un attegiamento diverso , avevamo iniziato a vedere tutto con un altra ottica , i tempi erano più lenti , non si avvertiva più quella fretta di uscire di casa al mattino presto per allamare un pesce in più, eravamo cambiati, l'appagamento ricevuto dalle tante catture effettuate ha spostato la nostra attenzione sul contorno dello spot di

pesca, ci si emozionava al passaggio di un aquila che con strategia volteggiava sulla preda, personalmente ho avuto un incontro molto ravvicinato con un alce che mi ha fatto sentire un intruso che disturbava il silenzio quasi privato di qull'area sperduta. Tutto questo ci ha permesso di acquisire il rispetto nei confronti di tutto quello che intirno a noi accadeva compreso le persone del luogo e pescatori che come noi magari vivevano un avventura di pesca. Adesso vorrei provare a descrivere la tecnica di pesca:


Canna: a mio avviso le canne ideali sono 9 piedi per coda 9-10 o addirittura 10-11 , questo per combattere la forza della steelhead che inizialmente alla ferrata non reagisce ma dopo qualche secondo si rende conto di essere stata presa e sprigiona una potenza esplosiva portando via tutta la coda in pochi secondi. Le fughe mostruose ricordano quelle dei carangidi e allo stesso tempo la delicatezza con cui afferra il tuo artificiale ti fa pensare ad una trota che ninfa sui piccole ninfe in torrente. Spesso durante le fughe cambia improvvisamente direzione da monte a valle passando tra le gambe dei pescatori o infilandosi sotto i tanti rami degli alberi caduti , questo mette a dura prova la canna e per questo è meglio non scendere sotto la coda 9 pur lasciando inteso che una buona tecnica durante il compattimento tanta concentrazione unite alla collaborazione dei compagni di pesca restano il giusto mix per la riuscita della cattura , fino alla fine e senza stressare o rovinare il pesce. Mulinello: in questo caso non lo chiamerei semplice recuperatore perchè anche se ci troviamo in un fiume non grandissimo e dalla


scarsa portata , abbiamo comunque a che fare con un pesce speciale che come detto prima diventa imprevedibile e cambia atteggiamento proprio durante il combattimento, a volte mentre lo si recupera e ci sembra averlo spiaggiato lui riparte a 200 kmh facendo picchiare violentemente il manichetto di recupero contro le nostre dita ghiacciate ed è qui che la frizione del mulinello entra in gioco, deve essere sempre ben tarata in modo da non bloccare le fughe, pena rottura immediata del finale, e permettere di dosare le ripartenze controllandole con i giri giusti. Qui non si effettuano le famose pompate ma tutto si svolge con estrema violenza e molto velocemente. Un buon mulinello deve avere la bobina larga per non rovinare la coda , deve essere leggero e avere una buona friizione. Finale: collegando tramite la calzina o direttamente con un semplice nail knot uno spezzone di filo dello 0,60 lungo circa 150 cm abbiamo già quello che sarà il nostro pre-tip. Il tip dello 0,40 lungo circa 60-80 Cm verrà collegato tramite nodo di sangue o nodo del chilurgo con il terminale dove legare l'artificiale, in realtà non è un finale a regola d'arte ma dopo diverse prove lo abbiamo modificato adattando lunghezze e diametri fino


a trovare il giusto assetto. Mosche: qui si aprondo due mondi, quello di chi va in Alaska portando con sè decine di scatole di artificiali comprate appositamente in negozi specializzati o magari su internet seguendo tutti le regole per la giusta riuscita della pesca all steelhead senza in realtà avere grande riscontro sul fiume e il mondo di chi parte per un viaggio in Alaska senza niente cercando di capire sul posto, osservando i pescatori locali e chiedendo informazioni al fly shop piÚ vicino. Diciamo che noi apparteniamo a tutti e due i mondi, infatti dopo aver acquistato e portato in valigia l'impossibile, ci siamo resi conto che le imitazioni che funzionavano erano in realta le poche che non avevamo o che scarseggiavano nelle nostre scatole per cui ci siamo organizzati sul posto acquistando e costruendo al morsetto quello chefunzionava di piÚ. Gli ovetti di colore arancio e qualche macchia o bianca o viola costruiti con semplice yarn erano micidiali in certe condizioni, gli streamer di color viola-rosa- bianco o tutti neri hanno regalato parecchie catture improvvise e inaspettate e per finire le soft egg arricchite di filamenti di poli o marabou bianco facevano svegliare anche quelle che dor-


mivano. L'AZIONE DI PESCA: di solito arrivavamo in mattinata nei pressi del Nine Mile Bridge dove lasciavamo la nostra auto, ci immettiamo sul sentiero ben marcato che costeggia per un tratto di circa 1000 mt abbastanza comodo il fiume SITUK fino ad arrivare al guado che porta ad attraversare il fiume e proseguire per altri 1000-1500 mt , da quĂŹ il sentiero diventa solo intuibile e e tra rami, spine, fango e ghiaccio si arriva nel tratto dove la presenza dei pesci aumentava e quella dei pescatori diminuiva !


A quel punto dopo aver camminato per circa 2 ore e nonostante gli indumenti tecnici e traspiranti ci cambiavamo rapidamente quello che era bagnato dal sudore e facevamo una pausa pranzo con quello che avevamo trovato al negozio la mattina, solitamente carne secca, ciambelle o muffin al cioccolato :-) Nell'acqua limpida e bassa si vedevano nitide le sagome delle steelhead che a pochi metri compivano il rito della frega,motivo principale della risalita e questo dava a noi lo spunto per una cattura ragionata e sopratutto non invasiva ne per i letti di frega chiaramente individuabili e ne per il contesto selvatico in cui ci trovavamo. Su questo punto voglio ricordare l'importanza di non in-


vadere o calpestare le zone di frega , il rispetto per questi pesci e per la loro riproduttività è la cosa più importante per questo abbiamo sempre lanciato sui pesci che erano lontani dalla zona interessata dalla frega. In sostanza la femmina creava una depressione scavando con il solito movimento di coda verso il fondo e intorno 5-6 esemplari maschi iniziavano la guerra fatta di inseguimenti morsi e attacchi per dimostrare chi in quel momento e in quella buca era dominante e quindi meritava di fecondare le uova della femmina. Dopo che la selezione aveva prodotto il vincitore, tutti gli altri si schieravano in linea a valle di circa 3-4 mt rispetto alla zona di accoppiamento per fare sostanzialmente una cosa, aspettare e mangiare le uova che in la corrente faceva rotolare a valle o scacciare eventuali piccoli pesci che in quel momento erano di troppo, li entrava in gioco l'avvistamento , l ' avvicinamento e la scelta del pesce che secondo noi poteva prendere l'artificiale. Abbiamo utilizzato due modi per effettuare questa pesca, con lo strike indicator e senza ,inserendo un pezzo di filo ad alta visibilità, questo perchè nelle acque più profonde lo strike ci aiutava a vedere le mangiate al contrario nelle correntine con 30 cm di acqua accadeva che nel momento in cui lo strike segnalava la mangiata , il pesce aveva già mollato e si ferrava a vuoto rovinando la buca e l'opportunità di cattura. Le imitazioni appunto erano piccole uova o streamer di medie dimensioni. Vi racconto la mia prima steelhead : Il lancio avveniva di fronte a me verso l'altra sponda e dopo un mending a valle e un paio a monte si riportava la


canna alta e verso monte per effettuare una leggera e controllata trattenuta. In questo modo la mosca scendeva subito rotolando sul fondo finendo appunto in trattenuta davanti alla bocca del pesce, in quel momento il respiro era fermo e l'unico rumore percepibile era quello del cuore che batteva forte, si distingueva bene sia la sagoma del pesce lungo circa un metro che il color arancio dell'ovetto montato su amo del 6 fermo a 5 cm dalla sua bocca , dopo pochi secondi si vede la grande bocca bianca aprirsi e con uno scatto deciso e preciso la steelhead afferra la mia mosca ! La ferrata è di coda con la sinistra e la destra alza con forza la canna verso l'alto, BOOOM ! LA canna è im-


puntata e niente si muove , non essendo uno che bestemmia mi sono solo arrabbiato per aver agganciato il fondo e come molti pescatori che impigliano la mosca sul fondo , arrotolo la coda intorno al palmo della mano e con la canna bassa e rivolta dritta davanti a me provo a tirare per recuperare il salvabile,ma una cosa strana accade, quello che sembrava il fondo o ancor peggio un tronco, improvvisamente inizia a muoversi e dalla scia d'acqua che effettua la coda ho subito capito che non era un tronco ma la mia prima steelhead che con un esplosione di forza e potenza inizia una delle tante fughe che solo dopo 10 minuti si conclude con la cattura, il mio amico graziano mi aiuta afferrandola per la coda e Massimo si prepara per la foto , ricordo bene di non riuscire a sollevare bene il pesce per via del peso e della stanchezza, mi sentivo come se avessi fatto a braccio di ferro con uno piĂš grande di me , ero stanco ed emozionato. Il rilascio è bellissimo, tenere per la coda un pesce cosi forte e sentirlo tirare per poi vederlo ripartire sfuggendo tra le mani è qualcosa di unico , qualcosa che va oltre la pesca. Qualcosa per cui vale la pena venire fino a qui. Abbiamo effettuato questa pesca a scendere e dopo 9-10 ore ci ritrovavamo nei pressi del Nine Mile Bridge in pessimo stato fisico ma con grande gratificazione. La notte arrvava alle 22:30 – 23:00 e spesso tornavamo a casa accompagnati dal tramonto , arrivare stanchi ,con i waders e gli scarponi bagnati a quell'ora della



sera e dover preparare la cena ci metteva a dura prova ma dopo una doccia calda ci mettevamo all'opera ai fornelli e tra una battuta e qualche pentola bruciata si arrivava a dormire. Le temperature, il clima e le lunghe camminate obbligano l'utilizzo di abbigliamento altamente tecnico, il tutto deve essere rigorosamente traspirante, la stratigrafia da utilizzata era la seguente : intimo ( maglia e tutina aderenti e traspiranti ) Micro pile con zip Tutina in Pile pesante Calzettone in merinos Pile pesante Windstopper Waders Traspiranti + calzare in neoprene + scarponi con suola in gomma e chiodi Wading jacket in goretex Altra cosa molto importante è lo zaino impermeabile , fondamentale visto che le probabilità di pioggia sono altissime i guanti piÚ che per il freddo servivano per la presa del pesce altrimenti impossibile per via forza e del muco che lo rende scivoloso. FINE PRIMA PARTE


Si arricchisce di un interessante volume la libreria dei pescatori a mosca del centro Italia. “La fauna ittica e i corsi d’acqua dell’Umbria” è un recente contributo indirizzato agli studiosi di acque e fauna ittica, ma anche agli appassionati di pesca sportiva che possono trarre dalla lettura del testo interessanti spunti di riflessione sulla loro più profonda passione. In anni di siccità idrica, dibattiti sulle specie di pesci infestanti e di vulnerabilità dell’ecosistema, fà sicuramente piacere agli amanti del genere sfogliare un testo aggiornato sui contenuti e ricco di pregevoli scatti fotografici, che lo rendono anche utile alla promozione in forma turistica del territorio che intende illustrare: l’Umbria. Il libro, che è stato pubblicato dalla Regione Umbria realizzato dall’assessorato all’Agricoltura ed alle politiche faunistiche in collaborazione con le Province di Perugia e Terni, unitamente all’Università degli studi, è definito dagli addetti ai lavori come “osservatorio sui pesci”. Un lavoro divulgativo per diffondere la conoscenza anche dei corsi d’acqua e dunque dell’ambiente. Il volume raccoglie, sintetizza e rielabora i dati ottenuti nell’arco di sei anni di studi della Carta Ittica dell’Umbria. Infatti, fin dal 1989, la Regione dell’Umbria ha prodotto una carta ittica su flora e fauna dell’intera rete fluvio-lacustre. Negli anni si sono susseguite pubblicazioni sempre più dettagliate dei bacini del Tevere e dei suoi principali affluenti. Nel 2010 l’indagine si è compiuta includendo il monitoraggio dei laghi presenti in Umbria. Dal testo emerge chiaramente la convinzione che le carte ittiche costituiscono un valido strumento per la salvaguardia della bio diversità (è noto come in Italia e in particolare in Umbria è presente il maggior numero di specie endemiche d’Europa, ma anche a maggior rischio di estinzione) e che la divulgazione di una coscienza ambientalista e rispettosa del territorio passa anche da una formazione scientifica del pescatore amatoriale. In “La fauna ittica e i corsi d’acqua dell’Umbria”, infatti, vengono trattati temi come pregi e rischi dei ripopolamenti; origine e tendenze dell’in-


troduzione delle specie esotiche; i tanti punti di vista sull’evoluzione normativa della pesca professionale e amatoriale. Per questo il volume si divide in 5 parti: 1. ecologia degli ambienti acquatici 2. la gestione della fauna ittica 3. i fiumi dell’Umbria 4. i risultati della carta ittica dell’Umbria 5. specie ittiche presenti nei corsi d’acqua umbri In conclusione un semplice un dato numerico: 47 specie ittiche sono presenti in Umbria di cui 14 indigene e 33 esotiche. Il libro non è in vendita ma in distribuzione gratuita. Buona lettura a tutti. Fabio Bocci Agonista di pesca al colpo fin dalla giovinezza, si avvicina per caso alla pesca a mosca nel giugno 2008. L’incontro, quindi, con la tecnica di lancio della FFM lo coinvolge a tal punto da farlo desistere nel continuare a praticare le altre tecniche di pesca. Pesca e lavora in provincia di Perugia.


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