FFMagazine n° 19

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TORRENTE CAMPOVECCHIO


Rivista di Pesca a Mosca

Rivista bimestrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n째1963

LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLI


INE GRATUITA

Marzo-Maggio 2013

n째19


Direttore Responsabile Baroni Franco Direttore Editoriale Mondini Alberto L’inverno a Perarolo Angelo Piller

Lago Acquapartita Luca Castellani

Grafici Mondini Alberto Antonio Napolitano Coordinatore Redazionale Magliocco Massimo

Blackbay Marco Vidale

Kapok Remo Blasi

Split & Glued by Vincent C. Marinaro Bruno Generali

Mosca secca bilanciata Alberto Mondini

Aleka Massimo Magliocco

Collaboratori Massimo Matteuzzi Borriero Moreno Marco Terzani Michele Malagugini Stefano Roviaro Roberto Miceli

Distribuzione WEB Pubblicazione Bimestrale Registrazione Presso il Tribunale di Modena n° 1963 del 09/07/2009 Rivista Gratuita Pubblicità Franco Baroni Tel. 3343328889 e-mai: francobaroniffm@gmail.com

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Nuova stagione di pesca Chi di noi in questo freddo inverno appena passato non vede l’ora che arrivi la primavera per poter finalmente respirare un po’ ? Ora che le giornate si sono allungate ed il sole ci riscalda un poco, “è bello sentire il tepore del sole addosso”. La pesca alla trota è aperta in quasi tutta Italia. Inizia cosi il tempo delle splendide giornate di pesca da mattina di buon ora ,al bar con gli amici bevendo un buon cappuccino, fino a sera ritornando alla nostra macchina con l’aiuto di una pila stanchi ma felici. L’apertura di quella che possiamo chiamare la “nuova” stagione, cioè quella primaverile/estiva, che sta iniziando ricca di incontri, dalle fiere alle gare di costruzione e dimostrazioni di lancio che le scuole si apprestano a programmare, o agli incontri con trote,temoli, cavedani, lucci, ecc. che riempiranno quelle ore di luce che la stagione calda ci regalerà. Insomma, è ora di mettere in mostra tutto il lavoro fatto in inverno, passato a riorganizzare i nostri materiali, pulizia della coda, della canna e ingrassaggio del mulinello, a costruire centinaia di artificiali aspettando la successiva apertura. Alberto Mondini






Inverno


a Perarolo

Angelo Piller




Per un pescatore appassionato il periodo di chiusura è sempre troppo lungo. Difficilmente riesco a sopportare un prolungato distacco dal fiume, tanto che già pochi giorni dopo il fermo pesca, mi trovo spesso a passeggiare lungo le rive del mio corso d’acqua preferito. Con l’arrivo dell’inverno le mie piccole escursioni diventano ancora più interessanti perché le trote iniziano a prepararsi per la frega e perdono la loro innata timidezza, per portarsi dove l’acqua è poco profonda. Se poi il momento della frega coincide con le prime nevicate, allora tutto diventa ancora più magico. Sul fiume l’unica presenza visibile sono le impronte dei mufloni e di qualche cervo. Ovviamente non mancano gli aironi per i quali la frega delle trote rappresenta, purtroppo per noi e per le stesse trote, una ghiotta occasione. Lungo le sponde innevate è fin troppo facile capire cosa sta schiudendo: la sagoma scura di plecotteri del tipo Leuctra Fusca e di migliaia di piccoli chironomi si individua facilmente sul bianco manto nevoso. A volte, durante



le due ore più calde della giornata, è possibile scorgere le bollate di trote e temoli, tutte dedicate agli emergenti di chironomi. C’è chi dice che in inverno il fiume riposa, invece a parer mio è una stagione come tutte le altre, e come le altre stagioni ha le sue particolari caratteristiche: i suoi insetti, i pesci che concentrano l’attività in pochi momenti e soprattutto il silenzio così difficile da trovare durante le altre stagioni. Il paese è semideserto: qualche rara macchina di passaggio rompe di rado la quiete che regna su tutta la vallata.





A fine febbraio, però, si percepisce che qualcosa sta cambiando. La temperatura inizia a farsi più mite, le schiuse dei chironomi aumentano e sembra che anche il Piave scorra più veloce, che sia un po’stufo di tutto questo freddo, un po’come le giornate che si appropriano, giorno dopo giorno, di preziosi minuti di luce. Nella lama un veloce riflesso violaceo tradisce l’arrivo della nuova stagione con il primo temolo che inizia la ricerca del letto di frega ideale. L’inverno è quasi finito, e la natura si appresta ad usare i primi colori della primavera.




PARCOLAGHI ACQUAPARTITA Luca Castellani

L’uscita di questo numero coincide con l’inizio del periodo migliore per la pesca ai salmonidi nei nostri laghi. L’ultima volta abbiamo parlato del lago gestito dai ragazzi del Loch Style FlyFishing Club, questa volta vorrei raccontare di un’altra iniziativa che ci permette tra l’altro anche di non appendere la canna al chiodo durante il periodo invernale, nata dalla mente dell’eclettico avvocato Stefano Tinarelli : il Parco Laghi Acquapartita.


Il parco laghi e nato negli anni 1999/2000 con la progressiva acquisizi laghi e laghetti appenninici di dimensioni medio piccole, per complessivi 18 spe Si tratta di bacini quasi tutti di origine naturale, tranne i tre laghetti realizzati a sulle pendici del monte Comero, in provincia di Forli/Cesena, non molto lontani nesi. La maggior parte dei laghi si sono formati nel 1850 a seguito di un imponente e dotto la formazione degli invasi, di tipologia assolutamente anomala in un ambi I laghi hanno fondali in parte rocciosi, ed in parte di arenaria e sabbia, con rilev scono un notevole sviluppo della fauna ittica, composta da salmonidi, ciprinidi e Sin dall’inizio la gestione e stata improntata a criteri di gestione scientifica della dimensioni assai differenziate ed in gran parte in grado di autostenersi per ripro bientati nei laghi da lungo tempo. Particolare attenzione e stata data alla ricerca ad all’ambientamento di ceppi di t vatiche pure centro-europee selezionate in base a ricerche genetiche e compro La pesca sin dall’inizio e stata improntata al rilascio del pescato, ed all’uso di


ione da parte di una societĂ privata dei diritti di pesca su una serie di ecchi di acqua di varie dimensioni, di cui attualmente 13 sono aperti alla pesca. a scopo idroelettrico ad Alfero, alimentati da sorgenti ed acque superficiali , siti i dal crinale appenninico su cui insiste in Parco Nazionale delle Foreste Casenti-

evento franoso, dovuto ad un evento sismico di grandi proporzioni, che ha proiente appenninico. vante apporto di acque superficiali assai ricche di sostanze nutritive, che favoried altri predatori come lucci, persici reali, bass e lucioperca. a popolazione ittica, oggi in notevole equilibrio con esemplari di molte specie di oduzione spontanea, il che consente la pesca ricreativa su pesci selvatici od am-

trota europea (brown trout) di origine lacustre, e provenienti da popolazioni selomesse dall’addomesticamento. i esche artificiali ad amo singolo privo di ardiglione.

Avvocato Stefano Tinarell


Tutte le stagioni sono buone



Tale regolamento e stato via via esteso a quasi tutti i laghi, dove oggi pertanto si registra la presenza di esemplari di notevoli dimensioni di varie specie. La disciplina pi첫 praticata in tutti i laghi e quella della pesca con la mosca artificiale, alla quale e stato riservato in via esclusiva uno dei laghi piu importanti, (Lago Lungo) seguita dallo spinning pure praticato in quasi tutti i laghi.

Alessandro e la sua lacustre


Fabio al algo Lungo


La pesca e consentita per l’intero arco dell’anno. La realizzazione dell’attuale stato di cose e stata frutto di un processo assai complesso, che ha riguardato sia la creazione di una importante popolazione ittica, e sia la divulgazione e la pratica di tecniche di pesca prevalentemente con l’uso degli artificiali e con ogni accorgimento utile al maggior rispetto possibile della fauna ittica. Lo sforzo fatto e stato incentrato soprattutto nella ricerca di dar vita a condizioni di pescosita’ del tutto similare a quelle esistenti in ambienti del tutto naturali , quindi basata sulla presenza di pesci selvatici od ambientati, sia pure certamente presenti in popolazioni numerose a causa della eliminazione di ogni forma di prelievo in quasi tutti i laghi. L’inserimento in un contesto ambientali in cui predominano le distese boscose, la assenza di ogni forma di inquinamento e la altissima qualità delle acque favoriscono lo sviluppo della fauna acquatica e la presenza in gran numero di insetti sia acquatici che terrestri che costituiscono una fonte assai importante di alimentazione dei pesci e certo favoriscono, con la presenza di schiuse e sciamature, la pratica della pesca a mosca in ogni stagione. Vado a pescare al parco laghi più volte durante tutto l’arco della stagione, e mi sono fatto l’idea che i mesi migliori per le catture dei salmonidi vanno da marzo a giugno ( specialmente per chi ama la tecnica lock-style con il trenino di tre chironomi o di sommerse classiche britanniche) per riprendere poi il picco massimo a settembre fino all’inizio di dicembre. Poi arriva il periodo della frega e tutto si complica ancora di più, se fosse possibile. La maggior parte dei pescatori a mosca hanno un approccio




Puo capitare anche questo

alla pesca al lago come con <la volpe e l’uva>. Non gli piace perché…………… lo lascio immaginare. A voler essere obbiettivi si deve riconosce che è una pesca tecnica e non alla portata di chi è abituato a dedicare le proprie uscite soltanto in torrente, dove a lanciare dietro il masso sporgente al centro della corrente o sotto la riva dietro il tronco semi sommerso è la situazione più complicata della giornata. In fondo la pesca è un piacere intimo ed è giusto rispettare le proprie esigenze ed i propri gusti. Ognuno si diverte come vuole, ma la difficoltà che molti riscontrano nella pesca in lago con la mosca è dovuta anche al fatto che in tanti “ripiegano” a praticare questa tecnica soltanto nei mesi centrali dell’inverno. I più ostici per fare questa esperienza. I meno adatti per avere dei buoni risultati. Specialmente per i neofiti. Il mio consiglio, se a qualcuno può interessare, sarebbe quello di sfruttare questo periodo spendendo qualche uscita in più sul lago dove c’è il rischio di avere un buon riscontro di successi e tralasciare un po’ la pesca alla trota nei torrenti, dove in questa fase della stagione “il cappottino”, o al massimo prendere due trotine nelle ore centrali della giornata , se va bene, sono sempre in agguato, mentre nel lago l’attività in questo periodo è buona tutto il giorno. Tutte le tecniche da lago ora cominciano ad essere efficaci, code galleggianti, intermedie e affondanti tornano utili se-


In alto coppia di lacustri A destra lcustre del lago dei ponti

condo le differenti ore del dì. Un “coup de soir” fatto in una sera d’aprile, di maggio o giugno, per quelli che pescano soltanto a secca, avranno difficoltà a dimenticarselo per il piacere provato. Devo dire che tra i laghi del comprensorio del Parco Laghi, il Lago dei Pontini (mosca & spinning) è il mio preferito, forse quello dove ho capito meglio i fondali. Anche se spero sempre di non trovare degli spinningofili quando voglio pescare li. Nel Lago Lungo si pesca soltanto con la mosca artificiale, ma per la profondità consistente dell’acqua la pesca è abbastanza ostica quando le



trote si abbassano in profondità. Quello che mi piace di più è quello di Acquapartita. Quando invece ho qualche cliente fissato per il “dryfly only” accompagnarlo lungo il percorso “Fario” è l’ideale. In merito agl’appassionati della mosca secca mi ricordo un episodio del 5 maggio 2001. Stranamente mi ricordo la data perché ero con amico interista, ed era molto triste. Non vorrei infierire, ma dalla fine delle partite e dalla perdita dello scudetto da parte dell’Inter (non sono tifoso juventino) all’imbrunire si è consolato: abbiamo catturato più di una cinquantina di trote a testa con una semplice Cernobyl nera sull’amo dell’otto. In conclusione non c’è che dire, il Parco Laghi è pieno di pesci, non solo di salmonidi. E’ alla portata di tutte le esigenze dei pescatori, sia neofiti od esperti anche perché i laghi sono strapieni di pesci. Si possono spendere delle giornate di pesca li anche solo per mettere a punto mosche e tecniche di pesca, con il numero di trote presenti è abbastanza facile valutare più o meno l’efficacia dell’esperimento che si sta portando avanti. Se qualcuno vorrà provare non ha che da contattarmi. Un grazie di cuore all’avvocato Tinarelli per il coraggio e la lungimiranza che hai avuto nel portare avanti questa realtà che oramai è famosa anche fuori dai nostri confini. Luca Castellani www.lucacastellani.it



Spazio

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Libero

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BlackBay lodge Marco Vidale


A mio modesto parere non esagero se scrivo che BlackBay lodge è la realizzazione di ogni feticistica fantasia degli appassionati della pesca al luccio: e non mi riferisco alle barche in alluminio di ultima generazione di cui si sono muniti i ragazzi, non mi riferisco alle esche che vi possono mettere a disposizione, non mi riferisco neppure allo scenario che vi si staglia davanti agli occhi al vostro arrivo al lodge! Perché, l’aspetto che mi è rimasto più impresso di quando sono stato a trovarli durante il loro anno di preparazione, è la loro passione! Passione che si traduce in preparazione e competenza, rendendo una vostra eventuale visita, un vero e proprio corso full immersion sul luccio, e che vi da la possibilità di toccare con mano i risultati quando tornate a pescare nelle vostre acque! Ma andiamo con ordine…come nasce questo progetto? BlackBay lodge nasce dall’idea di Nicola e di Riccardo (entrambi già guide professioniste) di assecondare la loro mania per l’esocide, l’amore per l’Irlanda, ma soprattutto per dare ai clienti la loro versione di cosa dovrebbe essere una viaggio di pesca nella terra di smeraldo. Il lodge si trova nella contea di Clare nella parte occidentale dell’isola, e domina dall’alto una delle innumerevoli baie della sponda occidentale del Lough Derg: pare quasi superfluo dire che il posto scelto dai ragazzi, dal punto di vista paesaggistico sia splendido, e l’Irlanda, coi suoi cieli, i suoi colori, la sua atmosfera tersa e limpida ci ha messo molto di suo per rendere la mia esperienza indimenticabile; abituato alla “cappa” di foschia tipica della pianura padana in agosto, quando sono arrivato lì, mi pareva di guardare un televisore HD con il contrasto al massimo. Le tipologie degli spot che offrono le acque attorno al lodge sono molte, e, soprattutto, molto diverse tra loro: si passa infatti dal pescare in piccoli fiumi, all’esplorare grandi laghi, passando per tutta una serie di varianti quali laghi di dimensioni più contenute o fiumi dalla larghezza imponente.








Il fiume di piccole dimensioni lo si può affrontare a piede asciutto o col belly, ed è superfluo aggiungere che nel secondo modo la perlustrazione dell’acqua è molto più dettagliata, oltre che divertente: l’azione di pesca sarà rivolta a sondare principalmente le sponde del corso d’acqua in prossimità di ostacoli e piante acquatiche per stimolare l’attacco del luccio, e, capita non di rado, che pesci di taglia aggrediscano lo streamer ad un metro dalla ciambella (!!!). La situazione tipica vi vede adagiati sul belly a discendere fiumi che attraversano pianure









verdissime, pascoli che si estendono a perdita d’occhio, in cui l’impatto antropico è davvero ridotto al minimo, se non al nulla. Per ciò che riguarda il grande lago, o fiumi di generose dimensioni si passa all’uso della barca: l’azione di pesca in lago prevede tipicamente la selezione di uno spot su cui si andranno ad effettuare più passaggi in drift sopra di esso, alla ricerca del luccio di taglia, mentre invece, sul grande fiume si pescherà sempre a scendere spostansi di volta in volta sugli spot che sembrano promettere meglio. Sia in fiume che in lago si usano quasi esclusivamente due tipi di coda, la galleggiante, e un’affondante di basso grado, non tanto per variare la profondità di pesca, che viene fatta praticamente sempre entro il primo metro dalla superficie, ma per permettere ai diversi tipi di streamer di lavorare al meglio, a seconda del modo in cui sono stati costruiti e del tipo di recupero che più si addice alle esche stesse. Le mosche che si lanciano sono principalmente tradizionali diver e baitfish, ma, hanno una caratteristica principale: sono di dimensioni generose!



Ai lucci irlandesi piacciono così! Si arriva tranquillamente attorno ai 20-25 cm di esca, e per questo motivo, oltre che per la potenza dei pesci, è consigliabile armarsi di canne da 9 piedi per coda 10…e qui si apre un'altra questione, perché fino ad ora non vi ho parlato dei lucci irlandesi: sono anabolizzati e muscolosissimi! hanno delle livree pazzesche, perfettamente definite e, spesso, capita di salparne alcuni con l’interno della bocca sfumata in verde smeraldo (gli emerald pikes!); mi permetto inoltre di aggiungere che tirano come delle motrici, e saltano con tutto il corpo fuori dall’acqua! Personalmente non sono appassionato di numeri, ma per gli amanti del genere, posso affermare che le taglie medie delle catture si vanno a collocare


frequentemente tra i 95 e i 105 centimetri, con eccezionali esemplari over 120 per 13 chili, e le catture, in una settimana in compagnia di Nicola e Riccardo, non mancheranno di certo! Un altro aspetto a cui purtroppo qui in Italia non siamo più abituati, è che la pressione di pesca è molto più bassa, la popolazione ittica è numerosissima, e non esistono praticamente immissioni programmate, quindi il pesce che si pesca è tutto autoctono, e questo dato di fatto, oltre che notarlo nella bellezza degli esemplari catturati, lo si sente tutto in canna! Altra cosa che mi preme sottolineare è che quando si pesca in compagnia dei ragazzi di BlackBay, il rispetto per il pesce è una priorità: i combattimenti sono sempre protratti per il tempo più breve possibile, non viene mai


utilizzato il boga grip o altri ganci simili per non rovinare le mandibole dei pesci, e le barche sono sempre equipaggiate con guadini enormi e materassini simili a quelli usati nel carp fishing, per consentire le operazioni di slamatura e reimmissione in acqua nel tempo piÚ breve possibile! Se poi a tutto questo aggiungete un lodge con tutti i comfort e lo spazio di cui avete bisogno, le camere con vista lago, una zona costruzione, spogliatoio riscaldato e una cucina tipicamente italiana, direi che un viaggetto in Irlanda al Blackbay lodge vale la pena di farlo, sicuramente un’esperienza indimenticabile! Link utili www.blackbaylodge.com




Corso FFM ad A


Ascoli Piceno Mondini Alberto

“Corso di Perfezionamento – Stage Istruttori FFM”

Dal 23 al 25 Novembre 2012, la FFM ha organizzato un Corso di Perfezionamento e in contemporanea, come uno Stage Istruttori.


Dal 23 al 25 Novembre 2012, la FFM ha organizzato un Corso di Perfezionamento e in contemporanea, come uno Stage Istruttori. Il tempo è stato clemente, e le attività delle Scuola si sono svolte con grande efficacia, grazie alle ottime strutture a disposizione ed al Fiume Tronto, i campi sportivi di allenamento e l’albergo organizzato con spazi a disposizione per la discussione e la teoria, l’ospitalità Ascolana condita con cene eccellenti, spiega bene perché la Scuola abbia qui ad Ascoli una delle sue sedi fisse. Quest’anno la FFM ha accolto tra le sue fila 3 nuovi Istruttori che provengono dalla lontana Inghilterra: Filip Bailey - Ian Hedley - Emanuele Gonnetto. Tre giorni e mezzo molto intensi che hanno permesso a tutti di provare nuove soluzioni di lancio, migliorare la tecnica individuale e provare con assiduità i lanci fondamentali del proprio bagaglio tecnico. Sotto e a destra: Istruttori mentre fanno una dimostrazione


All’interno del programma è stato dato ampio spazio alla dimostrazione sia su prato sia in acqua, alla componente teorica, con i commenti delle numerose riprese Video e Photo effettuate ed infine allo scambio di opinioni tra i partecipanti, sempre molto utili per aumentare la consapevolezza delle dinamiche del lancio tecnico. Alla fine di questi 2 giorni e ½ la consegna dei Brevetti e Attestati di Partecipazione ha sancito la chiusura dei lavori e ha ritratto la soddisfazione nel volto di tutti. Alcune considerazioni da parte di Antonio Napolitano: . Ascoli Piceno – In questa manifestazione l'emozione e la grande soddisfazione mi hanno accompagnato per l'intera giornata, questo perchè ricoprendo il “doppio ruolo”, come membro del Fly Fisherman Club e di istruttore della FFM ho potuto vivere la bellissima atmosfera che si è venuta


a creare Immerso in un contesto di vera passione e amicizia. Fly Fisherman Club con i quali ormai condivido da tempo l'amicizia, la passione della pesca a mosca e la visione di tutelare e conservare per il futuro questo splendido contesto della ARS Tronto e Tutta la FFM Fly Fishing Masters , ambiente fatto di competenti istruttori,esperti pescatori a mosca ma sopratutto da uomini con grandi valori umani. Che dire , veramente esperienza da custodire nel tempo, davvero ! Riporto quanto pubblicato il giorno dopo da alcuni quotidiani e siti web: Grande partecipazione alla manifestazione dedicata al Parco Fluviale organizzato dal Fly Fisherman Club di Ascoli Piceno, sezione provinciale U.N.Pe.M. (Unione Nazionale Pescatori a Mosca). Un week-end voluto per sensibilizzare l’opinione pubblica da un lato, sulla valorizzazione del tratto fluviale ubicato all’interno del centro abitato di Ascoli Piceno (ARS Tronto) attraverso la divulgazione della tecnica della pesca a mosca, dall’altro sulle enormi potenzialità eco-turistiche del tratto del fiume ascolano. Il progetto, e’ stato avviato ormai da circa quattro anni in collaborazione con la Provincia e con il Comune di Ascoli Piceno. Per la forte rusticità dell’habitat del Tronto all’interno della città, la presenza di fauna selvatica quale istrici, nutrie, tassi,scoiattoli, aironi e qualche sporadica presenza di ungulati, caratterizza questo sito e ne getta le basi

Massimo intervistato dalla TV locale



per un futuro parco fluviale (Parco Fluviale ARS Tonto). La centrale idroelettrica ENEL sita alle porte della città di Ascoli Piceno riveste un ruolo decisivo per la valorizzazione dell’ARS Tronto, rilasciando acqua di ottima qualità proveniente direttamente dai monti Sibillini e dai monti della Laga: questa condizione istaura dei regimi chimico-fisici nell’alveo fluviale particolarmente vantaggiosi per la vita dei salmonidi (temperature basse pressoché durante tutto l’anno e abbondante presenza di fauna bentonica). In tutto il centro Italia, nel versante dell’Adriatico, è pressoché impossibile ritrovare delle realtà fluviali similari, ossia acque da salmonidi a 20/25 km dal mare. Il Fly Fisherman Club sta inoltre cercando con tali iniziative di coinvolgere


Sopra: la sala del Fisherman Club utilizzata per la teoria A sinistra: alcuni Istruttori, da sinistra di spalle Mondini, Miceli, Roviaro, Terzani, Roncolato.


le nuove generazioni, per cercare di avvicinare i giovani alla natura, far riscoprire loro il fascino di essere immersi in un ambiente fluviale senza necessariamente percorrere decine di chilometri in auto. Ovviamente tutto ciò attraverso la pesca a mosca ed una rigorosa pratica del NO KILL. si stanno inoltre organizzando corsi specifici per bambini/ragazzi sia di costruzione degli artificiali che di lancio tecnico che si svolgeranno durante le vacanze natalizie: info sul sito www.flyfisherman.it. A testimonianza dei risultati ottenuti e del sempre più vivo interesse per tale progetto, una delle maggiori scuole italiane di lancio tecnico la Fly Fishing Masters presieduta da Massimo Magliocco, ha deciso di effettuare uno stage formativo per i propri istruttori ad Ascoli proprio in concomitanza con la manifestazione dei giorni scorsi. Un ringraziamento particolare da parte del Fly Fisherman Club, va all’assessore allo sport Brugni Massimiliano per la disponibilità e la fiducia nelle varie iniziative organizzate, al funzionario della Provincia Filiaggi Alessandro per l’appoggio nella gestione operativa dell’ARS Tronto e ad ENEL SPA sponsor ufficiale della manifestazione. Arrivederci al prossimo anno ad Ascoli!

In alto da sin: Napolitano Baylei, Luzzi, Magliocco, Gonnetto, Hedley.



Spazio

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Libero

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Alberto Mondini


amo 14/16 gambo dritto filo di montaggio marrone

recidere l’eccedenza delle code tranne 2 fissarle circa a meta dell’amo incrociandole


fissare le code sintetiche 3 o 4

fissare alla curvatura dell’amo 2 o 4 sezioni di penna, in questo caso condor


avvolgere il condor per formare il corpo e fermatevi appena dopo le due sezioni di code tenendole in verticale

avvolgere il grizli della quantitĂ desiderata


fissare una ackles di gallo grizli avendo cura di scegliere una piuma con le barbule piÚ lunghe rispetto all’amo in uso

prendere una alla volta le porzioni di condor e prtarle verso l’occhiello incrociandole da sotto


fare il nodo di chiusura e recidere il condor in eccedenza

particolare delle due sezioni di condor incrociate


tagliare qualche pelo che accidentalmente vi è sfuggito nell’incrocio del condor

accorciare a piacere le due sezioni di code che fanno da bilanciere, a mosca finita nessun pelo di grizli sotto, la mosca è piatta




KAPOK


Remo Blasi


Idea e testo REMO BLASI Con la partecipazione di WALTER LUZI Foto video ANTONIO NAPOLITANO Si ringrazia per la disponibilità e partecipazion

Quando ci si cimenta con l'arte del fly tying, non si può non risvegliare in ognuno di noi quello spirito esplorativo, degno del miglior Indiana Jones alla ricerca del Sacro Graal. E giù a trascorrer serate, sperimentando materiali su materiali fino a quando, in una di queste, pensate di aver trovato l'uovo di Colombo e soddisfatti dite tra voi : “adesso sì che posso andare a letto”. Poi qualche giorno dopo, rileggendo per l'ennesima volta, una delle centinaia di riviste, che nel corso degli anni hanno attanagliato la libreria dello studio, ci si rende conto di non aver inventato nulla e che tutto era solo frutto della mente che in maniera subliminale aveva immagazzinato restituendocelo beffardamente solo dopo tanto tempo. Ma non ci perdiamo d'animo e ripartiamo subito alla ricerca del nostro “Sacro Graal”, illudendoci ogni volta di averlo trovato, per poi scoprire ancora una volta di essere arrivati secondi, terzi, quarti, ecc. . A parte questa introduzione “mistico-avventurosa” voglio proporvi quella


ne il Fly Fisherman Club di Ascoli piceno

che è stata, a suo tempo, la mia esperienza con un materiale che, una volta conosciuto, è difficile farne a meno: il kapok. Mi trovavo in un negozio di animali intento a comprare del cibo per il criceto di mio figlio, quando fui attratto da una sorta di banana essiccata dalla quale fuoriusciva del materiale simile a lanugine. Rimasi così impressionato da questa “nuvola”, tant'era la leggiadria che la caratterizzava, che si accese subito la lampadina. Incuriosito, chiesi cosa fosse, ed il commesso, di tutto punto, mi disse con una certa sufficienza che si trattava di un baccello del kapok (come se io ed il kapok fossimo amici da lustri) la cui fibra veniva utilizzata dai roditori con un duplice scopo: il primo per costruire il posto del riposino, il secondo, utilizzando l'involucro esterno, per esercitarsi nel loro rodere quotidiano. Ne acquistai subito uno e appena tornato a casa, come un bimbo col nuovo giocattolo, iniziò la mia avventura che tutt'oggi continua. Lo utilizzai in sostituzione del solito dubbing nella costruzione di una piccola spinner.



Provato in pesca ne rimasi estasiato a tal punto da portarlo, come se fosse l'invenzione del secolo, alla successiva riunione del club cui faccio parte. Ne parlai tutto fiero con un amico, nonché uno dei costruttori più bravi del panorama nazionale (e non solo): Walter Luzi. Walter appena mi vide esclamò ”e tu che ci fai col kapok?”. D'un colpo il pioniere che si era accasato in me fu bruscamente sfrattato dalla conoscenza di un uomo che, tengo ancora a sottolineare, non ha da invidiare a nessuno in fatto di fly tying. Con la contagiosa passione che lo contraddistingue, iniziò a parlarmi dei suoi aneddoti legati al kapok come quando, nell'ormai lontano 1988, lui ed un suo amico ne presero a frotte da un tappezziere cimentandosi nella non facile opera della tinteggiatura. Ma un vero amico non è invidioso e, soprattutto è pronto a condividere le proprie conoscenze; così Walter non esita a suggerirmi di potere iniziare a colorare il mio Kapok utilizzando i colori alimentari, facilmente reperibili e, notizia utile di questi tempi, soprattutto a buon mercato. Il procedimento è piuttosto semplice. Basta munirsi di un






pentolino (possibilmente bianco smaltato per rilevare meglio il colore ottenuto) dove, insieme a dell'acqua, vanno miscelati i colori a proprio piacimento. Una volta ottenuta la tonalità giusta si porta tutto ad una temperatura di circa 70-80° aggiungendo un pizzico di sale per agevolare il fissaggio. A questo punto non resta che prendere la quantità di kapok desiderata e, dopo averlo vaporizzato e bagnato, lo si immerge per circa 20 minuti. Una volta tolto, va asciugato, senza strizzarlo troppo, in un luogo asciutto. Attendete una giornata ed avrete un dubbing da sogno pronto per l'uso. Ora, qualcuno di voi si chiederà cosa ha di speciale questo benedetto kapok che altri materiali non hanno. Ve lo dico subito.


Il kapok, in realtà, è una pianta della famiglia delle Bombacaceae, può raggiungere un'altezza di 70 metri, un diametro di circa 3 metri e vive nelle zone prossime all'equatore (sia in America che in Africa che in Asia). Ciò che noi utilizziamo è il suo frutto il cui contenuto rappresenta la fibra naturale più leggera al mondo, cava e con circa l'80% d'aria incorporata. Vien da sé che sia galleggiabile come pochi altri materiali in circolazione. Beh, sperando di aver acceso una scintilla a quei pochi che non lo conoscevano e di aver risvegliato quello spirito pionieristico a chi l'avesse un po' assopito, non mi resta che augurarvi buona costruzione.... ovviamente col kapok.







A L E K A Aleka Sports “Catch the Moment”

Massimo Magliocco

Quando si dice che un nome, un logo o un particolare ci “prende” e ci costringe ad approfondire ciò che c’è dietro, è assolutamente vero ! Chi mi conosce sa che difficilmente accosto il mio nome a marche che non mi danno garanzia. Quando per la prima volta mi ha contattato John Openshaw, presidente della Aleka Sposts LLC , chiedendomi la mia disponibilità ad una collaborazione tecnica con la sua azienda, non credevo che la cosa mi “prendesse” così tanto anche perché di esperienze con altre aziende con le quali ho lavorato e alle quali ho progettato canne e code, ne ho avute diverse, ma chi per un motivo chi per un altro, non mi hanno mai dato quella piena soddisfazione che un’azienda deve dare e, di conseguenza a ciò, con nessuna ho unito il mio nome in modo così stretto da farmi sentire veramente parte del progetto. Con Aleka il discorso è stato completamente diverso poiché ho trovato in essa quel qualcosa che mi ha dato soddisfazione da subito, primo le idee chiare e gli obbiettivi che volevano raggiungere, poi la straordinaria organizzazione classica degli anglosassoni. Rimaneva a questo punto la qualità dei materiali fino ad allora commercializzati, ma vedendoli e testando i loro prodotti, mi sono reso conto della loro ottima qualità. Marchio Anglo-americano, Aleka è un brand giovane ma che racchiude in se tutti gli elementi giusti per poter soddisfare il pescatore a mosca, qualità, garanzia del magazzino, nel senso che la merce in listino è sempre presente, servizio impeccabile e non ultimo, i prezzi dei prodotti. In questo momento di recessione tutti sappiamo che i primi beni che ne fanno le spese sono quelli dedicati ad attività ludiche, come la pesca, e Aleka ha deciso di proporsi con dei prezzi alla portata di tutti, cercando di guadagnare il giusto e dare la possibilità al pescatore di poter praticare il suo hobby senza dover accendere un mutuo con una banca per acquistare materiali.


Attualmente Aleka ha in listino quattro serie di canne tutte denominate con la sigla A, la A3, A4, A6, A8, tutte facenti parte di un ben preciso segmento e tutte straordinariamente leggere poichè costruite con tecnologia Arc™ Technology , infatti sapete quanto pesa una 7’,6’’ ? Solo 66 grammi contro, ad esempio, 85 grammi per la stessa lunghezza di una marca molto ma molto più conosciuta !! Se parliamo un po’ nei dettagli delle serie Aleka in listino, non andrò certo a dire che con queste canne “si pesca di più perché sono precise e mettono la mosca dove vogliamo noi” perché sappiamo che una buona canna ti aiuta nel lancio ma non lancia da sola, sei sempre tu a lanciare….Ecco, diciamo così, che con queste canne possiamo lanciare meglio ed avere soddisfazione per avere tra le mani un ottimo prodotto a dei costi eccellenti, mentre per le canne che pescano di più, lo lasciamo dire ad altri !! La serie A3 Questa serie è apprezzata da coloro che chiedono ad una canna risposte non particolarmente “spinte”, insomma coloro che amano un lancio più classico di quello che ormai da noi si è piazzato al centro della tecnica. Ma nello stesso momento è una serie molto potente che riesce ad accumulare e restituire potenza.




Vendute in due o quattro pezzi, questa serie è composta di sei modelli per la due pezzi che vanno da una 8’ # 4 a una 9’ # 9, mentre le quattro pezzi in listino sono cinque, da una 9’ # 8 a una 10’ # 8, prezzi da 90 euro a 115 complete di fodera, tubo e garanzia allegata al tubo. La serie A4 Chi ama la leggerezza e le buone performance ha con la serie A4 quello che cerca. Canne rapide quanto basta per far viaggiare la coda ad alta velocità usando anche code più leggere di quelle riportate sulla canna e nello stesso momento canne per pescare più pesante con code di peso medio. Serie proposta in undici modelli di cui tre in due pezzi e otto in quattro, dalla 8’ alla 10’ e prezzi da 110 euro a 125 complete di fodera, tubo e garanzia allegata al tubo. La serie A6 Questa è una serie di sole 9’ tutte in quattro pezzi destinata per la pesca potente in mare o per l’acqua ferma a lucci e black, le code sono 8,9,10,12 e prezzi da 150 a 170 euro complete di fodera, tubo e garanzia allegata al tubo. La serie A8 Questa è a mio avviso la serie più completa e più attraente. Tutte in quattro pezzi, queste canne coprono praticamente tutte le tecniche praticate dai pescatori, dalla 7’,6’’ per la secca in velocità per un lancio all’italiana, passando per le varie tecniche ninfa per finire alle canne più potenti per pesche in acque ferme. Undici modelli di straordinaria performance a partire da 130 euro fino a 150 complete di fodera, tubo e garanzia allegata al tubo. Come potete vedere, Aleka offre ben 37 modelli di canne diverse rispondenti alle più disparate esigenze che il pescatore a mosca moderno oggi richiede da una canna. Inoltre mulinelli, molto belli e funzionali, scatole porta mosche di ogni misura e tipologia, code di topo alle quali tra un po’ si aggiungeranno altri modelli progettati dal sottoscritto, e poi mosche, giubbini, finali ecc., insomma, un repertorio completo e di sicura garanzia. Inoltre tra un paio di mesi usciranno due nuove serie di canne di cui, per motivi di carattere commerciale, non posso fare ulteriore menzione, con altri mulinelli e finali, totalmente progettate da me e di cui vado orgoglioso.


Mi sembra ovvio che non posso che dirne bene, sto facendo la parte dell’oste, ma vi invito a provarle non appena saranno in listino. L’obbiettivo dell’azienda è quello di ricavarsi una fetta di mercato anche in Italia dal momento che, ormai, la grande maggioranza dei pescatori tende a ottimizzare il rapporto qualità prezzo, guardando con molto più interesse verso quelle aziende che possono offrire ottimi prodotti a dei prezzi accettabili dando così la possibilità a tutti di poter praticare il loro hobby con maggior facilità. Inoltre Aleka si occupa anche di viaggi di pesca in tutto il mondo con ALEKA FEATURE OUTDOOR ADVENTURES, una organizzazione alla quale tutte le migliori guide le mondo aderiscono e dove è facile farsi organizzare un bel viaggio di pesca nelle più disparate parti del mondo. Per concludere diciamo che Aleka è un brand che si farà conoscere nel giro di poco tempo, per tutti i motivi che ho elencato sopra specialmente per l’alta qualità dei prodotti e per la sua impeccabile organizzazione classica dei britannici e degli americani. Come responsabile in Italia di Aleka, non mi resta altro da dire che potete vedere e provare i prodotti Aleka presso gli attuali rivenditori e per qualsiasi ulteriore approfondimento, potete scrivermi qui: maxassimomagliocco.it www.alekasports.com

Rivenditori Ale & fly Ascoli La casa della pesca Roma May Fly Melegnano Gerry sport Darfo Boario





“Split & Glued by Vincen Pubblicato nel 2007, è uno dei lavori più belli e non scontati, tra quelli apparsi negli ultimi anni nell’ambito del bamboo rodmaking. Gli autori Bill Harms e Tom Whittle hanno condotto una accurata ricerca, che ci consegna una splendida e definitiva biografia di Vincent Marinaro. Tanti conoscono questo grande innovatore, ha raccontato le sue idee e la sua tecnica nei celebri libri “A Modern Dry Fly Code”, Putnam’s Sons, 1950 (rarissimo e costoso in prima edizione) e “In The Ring Of The Rise, Crown Publishers, 1976 (anche questo raro in prima edizione, ma recuperabile con un po’ di impegno). Marinaro è venerato negli Stati Uniti, notissimo per la sua tecnica di pesca, per avere razionalizzato anni di osservazioni sul comportamento delle trote e per le straordinarie innovazioni di fly tying, è ad esempio suo il montaggio Thorax. Ben pochi conoscono però il fatto che Vince è stato anche un rodmaker, ed è su questo aspetto che si concentra l’indagine degli autori. Bill Harms vive in Pennsylvania, ha insegnato trent’anni al Dickinson College a Carlisle e costruisce canne in bamboo dal 1974, da metà degli anni novanta in maniera professionale. E’ da giovane tra i rari amici di Marinaro e ha la possibilità di imparare la fine arte del costruttore, oltre ad avere il privilegio di essere suo compagno di pesca. Tom Whittle, ingegnere, anche lui vive in Pennsylvania, dal 1998 è Presidente della PA Fly Fishing Museum Association. Allievo di George Maurer, da anni è costrut-


nt C. Marinaro”, tore professionista. Il libro è stato pubblicato in proprio da Stony Creek Rods (www.stonycreekrods.com) e qualche copia della “trade edition” è ancora disponibile, l’edizione limitata rilegata in pelle con cofanetto è invece introvabile da tempo. La cura editoriale è ricca e ben documentata, centinaia di fotografie d’epoca e tante illustrazioni dell’artista Kim Mellema impreziosiscono l’opera. C’è anche una nutrita bibliografia, con riferimenti alle prime edizioni, che offre tanti spunti per ulteriori letture. Vincent nasce nel 1911 in una famiglia dalle origini italiane e spende la sua vita nelle campagne della Pennsylvania, viaggia molto per dedicarsi alla pesca, ma raramente con spostamenti di lungo raggio. Il suo contesto preferito è quello della pesca alla trota nei “Limestoner” della “north east cost” degli Stati Uniti. Certamente nel suo cuore c’è il torrente Letort che, senza indugi, possiamo definire il suo “home river”. A tratti è divorato anche dalla febbre del salmone atlantico, che esperisce prima nei fiumi del Maine come il Penobscot (che da il nome ad una delle sue canne più interessanti, una 9,6” per la coda 8). Poi successivamente in quelli canadesi, prima in Nova Scotia sul Margaree, poi nel New Brunswick, dove c’è più abbondanza di pesce, sul Miramichi. Il viaggio più importante della sua vita è però certamente


quello che lo porta in Europa, a visitare i chalckstream dello Hampshire, con leggendarie giornate di pesca sullo Itchen e sul Test, ospite degli aristocratici club locali. Vince è uomo dal carattere complicato ed introverso, vive la sua passione in maniera molto intensa, non è hobby, ma un vero e proprio bisogno che lo consuma. Sono tante le persone che negli anni lo hanno conosciuto e frequentato, ma poche quelle che sono riuscite ad entrare in autentica e stretta relazione con lui. Tra questi alcuni notissimi pescatori nordamericani del secolo scorso. Sparse Grey Hackle (autore di “Fishless days, Angling Nights”, Crown, 1971), grande amico, giornalista di New York, presente nella pesca a mosca americana come il prezzemolo in cucina, è tra le persone che gli stanno più vicine. Con Charlie Fox, anche lui autore di testi importanti, passa tanto tempo, tante giornate di pesca, di osservazione e confronto. Vincent è riservato e geloso delle sue idee, con pochi altri si apre a confidenze. Anche Tom Maxwell gli è amico autentico, con lui condivide uscite di pesca e lezioni di lancio a Camp David con l’allora Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, appassionatissimo pescatore, che li vuole accanto a se, manifestando grande stima e confidenza personale. C’è anche parecchia tecnica in questo libro. Il filo che unisce il lavoro di Marinaro come rodmaker ai due autori è quello del “Convex Taper”. In epoche diverse e con strumenti impari, essi sono arrivati alle stesse conclusioni. Questo metodo costruttivo e di progettazione dei profili è ritenuto dai tre il più


efficace. Hanno stimato in questo modo di poter ottenere canne più “rapide” e “vitali” rispetto a quelle del periodo precedente, ma senza aggiungere peso. Le canne di Vince note ai ricercatori non sono tante, meno di venti in tutto, realizzate tra il 1944 e il 1979, in buona parte custodite al PA Fly Fishing Museum, per il volere della famiglia accessibili ai visitatori. Pare che Vince non abbia mai costruito professionalmente, nel senso che non ha mai venduto le sue canne. Ha prodotto per se gli attrezzi che riteneva utili al suo lavoro. Le canne sono tutte testate, valutate e commentate da esperti lanciatori, i “taper” ricostruiti con dettagliate misure, quindi alla portata di tutti coloro che desiderano realizzarli. I due autori ci regalano anche un buon numero di “taper” di loro produzione, più recenti, tutti originali e ben descritti. Un libro davvero ricchissimo di storia, di scampoli di vita di grandi pescatori e anche di informazion tecniche, mentre lo leggevo sono stato pervaso dal desiderio che non finisse mai. Quando inevitabilmente è successo, non ho potuto fare a meno di mettere mano alla pialla per realizzare una canna di Vince, in modo da portare nelle mie esperienze un pezzo di questa storia. Bruno Generali


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