Rivista di Pesca a Mosca
Rivista bimestrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n째1963
LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA Gennaio - Febbraio 2012
n째14
Guido Fregoni Il mio primo temol
Gabriele Zingaro Semplicemente efficaci
Maurizio Capolaro Unione pesca sportiva Sondrio
Direttore Responsabile Baroni Franco Direttore Editoriale Mondini Alberto Grafici Mondini Alberto Bagagli Daniele Gammelli Luca
Luca Castellani Mini chernobyl
Gianni Sburlino Ma saranno tutte alghe?
Alberto Mondini Pupa di tricottero
Coordinatore Redazionale Magliocco Massimo Collaboratori Castellani Luca Borriero Moreno Bailey Philip
Distribuzione WEB Pubblicazione Bimestrale Registrazione Presso il Tribunale di Modena n° 1963 del 09/07/2009 Rivista Gratuita - Pubblicità Alberto Mondini Tel. 3318626216 e-mai: flyfishing1949@gmail.com
Ma cos’è questa crisi…. Quello invernale e' un periodo ricco di manifestazioni e fiere di settore che cercano di riempire il momentaneo vuoto lasciato dalla chiusura della pesca alla trota. In particolare nel mese di febbraio si concentrano le fiere più importanti, come quella di Vicenza e di Bologna, dove gli espositori mettono in bella mostra i loro prodotti al fine di rendere fruttuoso il loro lavoro. Sentendo gli amici operatori di settore però, fino a qualche anno fa con queste fiere oltre a rientrare delle spese, riuscivano a mettere in tasca qualche soldino attraverso la vendita dei prodotti e la possibilità di presentare i nuovi articoli, che poi è proprio la funzione di queste manifestazioni. Ma già da un paio di anni a questa parte, diventa sempre più difficile mettere insieme questo mix di opportunità. Oggi se va bene riescono, attraverso sconti e offerte, a recuperate almeno le spese che hanno dovuto affrontare per mettere su lo stand. Purtroppo questa crisi che ormai riempie i nostri giorni e ci rende piuttosto preoccupati ne è la causa principale. I visitatori si recheranno alle fiere con tanto entusiasmo, proveranno molte nuove attrezzature ma il più delle volte ringrazieranno dell’opportunità datagli e riporranno nella rastrelliera la canna oggetto dei loro sogni. A fronte di tutto questo mi viene spontanea una domanda e cioè con questa crisi finanziaria che ci attanaglia nelle fiere cosa accadrà quest'anno ? Chi si potrà permettere veramente di fare qualche acquisto ? Nello stesso momento vorrei ufficializzare il nostro nuovo sito. Qualcuno si chiederà come mai in questi anni la FFM ha cambiato il sito ancora una volta. La risposta è semplice, e cioè che noi abbiamo la fortuna di avere tra le nostre fila gente addetta ai lavori, quella che analizza, esamina e segmenta tutto ciò che rientra nel piccolo ma interessante settore del marketing e della pubblicità del nostro mondo, riuscendo a capire sito dopo sito, che è sempre e costantemente necessario cambiare poiché i dati ce lo consigliano. Ma la cosa straordinaria è la possibilità di poter interagire con FFM. Stai sul fiume e sei solo… Hai bisogno di una dritta e non sai a chi chiedere…Che fai ? O provi e come va va O chiedi una dritta a FFM FFM ti segue anche a pesca basta uno smartphone. Si hai capito bene, dal 19 febbraio collegati al nostro nuovo sito e avrai la possibilità di interagire con uno di noi sempre, quando vuoi e dove vuoi….E naturalmente….gratis !! Il nuovo sito della FFM sarà più snello e pratico ricco di straordinarie novità di interazione con gli utenti per stare sempre a contatto con gli esperti. Per pescare meglio basta un clik!!!! www.flyfishingmasters.it Massimo Magliocco
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E m N o I il.c Z a m A gm l.co G A iffm@tmai M n ho F o F obar ne@
c azi n fra ag ffm
Lettere in redazione Lo Staff di FFMAGAZINE ti risponderà
La nostra azienda è situata allo sbocco della Val Trebbia, la via che attraverso l'Appennino collega la pianura Padana a Genova. La valle, oggi celebre soprattutto per il suo ambiente pressochè intatto e diventato meta di escursioni sia fluviali che campestri, ha un notevole valore storico. Già in epoca romana fu importante via di comunicazione e nel 218 a.C. vi fu combattuta la battaglia del Trebbia contro l'invasore cartaginese Annibale. Nel Medio Evo la Val Trebbia assunse un ruolo fondamentale: i numerosi castelli e dimore storiche che ancora impreziosiscono il territorio testimoniano l'importanza che ebbe come via commerciale tra il nord e il mare, da dove le merci si imbarcavano per le destinazioni più lontane. Lodata da Hemingway che vi soggiornò, la media collina ha caratteristiche morfologiche e microclimatiche ideali per l'allevamento della vite.
Le speci autoctone sono i vitigni a bacca bianca Ortrugo e Malvasia di Candia aromatica da cui si ottiene il Trebbianino Val Trebbia. Fu Anacleto Bonelli a fondare verso la metà del secolo scorso le omonime cantine che ancora oggi sono gestite direttamente dai figli e dai nipoti. Consapevole di trovarsi in una zona a forte vocazione viticola intuì la potenzialità del settore e diede vita a un'azienda che in sessant'anni di attività ha saputo affermarsi e progredire. A lui si deve la creazione del Trebbianino Val Trebbia, vino bianco simbolo dell'azienda, riconosciuto D.o.c. Colli Piacentini nel 1975, uvaggio di Ortrugo (60%) e Malvasia.
Il primo temolo
Guido Fregoni
Quando per la prima volta sentii pronunciare la parola “temolo” era il 1969 in un noto ristorante di Milano, durante il travaso di una bottiglia di Barbaresco in una brocca di cristallo. Il Barbaresco era uno dei suoi vini prediletti: egli amava ascoltare il rumore del vino che cadeva nella brocca e sapeva valutare la qualità di una bottiglia solo annusando il tappo, rituale a cui non potevi sottrarti; fatto questo, si sbucciava una mela che, per abitudine, consumava prima dei pasti. Sto parlando del grande, indimenticato Gianni Brera, Gioànnbrerafucarlo, come amava talvolta firmarsi, il più grande giornalista sportivo di tutti i tempi .
Era seduto al tavolo con un collega, se non ricordo male un certo Albertarelli, che si intendeva di pesca…o così mi era sembrato ascoltando la loro conversazione: i due parlavano di questo temolo, decantandone le bianche carni; per me questo pesce era un illustre sconosciuto, al tempo sapevo solo di lucci, carpe, cavedani, tinche, strisce, alborelle…ma di temoli non avevo mai sentito parlare! (a proposito, ma tutti questi pesci dove sono finiti? Sono spariti per effetto della globalizzazione?) Un grigio sabato di metà dicembre, decisi di andare a provare la mia canna e mulinello nuovi di zecca: caffè, pane burro e marmellata.. e via !La voglia di provare la nuova attrezzatura era tanta da sfidare quel gelido mattino: poiché non potevo andare in montagna essendo periodo di divieto preferii tornare “dalle mie parti” tra le cascine e le antiche os-
terie nella grigia campagna della bassa Lodigiana, terra dei miei avi, luoghi cari anche a Gianni Brera. Il fiume Adda scorreva lento, quasi volesse rallentare la sua corsa, come se sapesse che da lì a poco sarebbe stato fagocitato dal grande padre Po. L’emozione di provare i mie due nuovi gioielli prevaleva addirittura sull’ansia di sapere se avrei fatto o meno catture e mi scoprii proprio soddisfatto della nuova attrezzatura…”Sage&Vivarelli….sì!questo matrimonio s’ha da fare!!” pensai tra me e me, augurandomi che la loro unione sarebbe stata duratura e allietata da tante catture! “Bene! Ora si fa sul serio, è ora di pigliar pesci, o almeno ci provo, non ho speso tanto solo per frustare l’aria!”
La piccola cul de canar (regalo di compleanno) si posò nella corrente in mezzo al fiume, sparì in un gorgo, la canna si inarcò e io non riuscii a capire cosa stesse succedendo: non sapevo ancora leggere l’acqua, l’Adda era per me neo pam, un libro ancora tutto da leggere. Pensai potesse essere un tronco sommerso, poi due strattoni improvvisi..”No, i tronchi non danno strattoni !Questa è grossa!”non vedevo cosa fosse, pensavo potesse essere una marmorata sapendo che lì ve ne sono di grosse, oppure un grosso cavedano…dopo aver giocato per un po’al tiro alla fune la bestia arrivò lì sul greto, stremata, “ma cos’è!?” Una lunga pinna dorsale s’incagliò nelle maglie del guadino, non ci potevo credere,avevo appena pescato il mio primo
TEMOLO da 39 centimetri… cosa avrei potuto chiedere di meglio, per il battesimo della nuova attrezzatura ? ....si ! invece si poteva chiedere di più! di lì a poco altro giro di giostra altro regalo: un’altro bel temolo , questo di 41 centimetri! non ci potevo credere, tutto in una manciata di minuti! Tutte queste emozioni mi stuzzicarono l’appetito, così raggiunsi l’auto e accesi la radio, compagna fedele dei miei viaggi solitari in cerca di trote. Il notiziario che andava in onda proprio in quel momento annunciò una notizia che mi fece immediatamente passare la fame: “Un tragico incidente nella notte si è portato via per sempre il giornalista sportivo Gianni Brera”. All’improvviso un caleidoscopio d’immagini turbinò nella mia mente e mi riportò ai tempi passati, mi tornarono alla mente i tanti giovedì trascorsi nel ristorante “A Riccione”, e ricordai il giorno in cui mi disse: “Mazzola -cosi mi aveva sopranominato per i baffi che portavo, pur sapendo che ero un Riveriano- se devo augurarmi la bella morte, auspico che avvenga subito dopo aver tolto le mie gambe da sotto un
tavolo, con il toscano in bocca, un gran colpo all’istante, bam! e via” Sì,è morto come voleva ,in uno schianto. Chi ha voluto che io fossi lì , strana fatalità, proprio in quella grigia giornata del diciannove dicembre1992? Quanti punti di contatto tra la mia vita e la sua … le sue spoglie riposavano nello stesso ospedale dove io sono nato, fu lui il primo a farmi conoscere il temolo e io pescai il primo proprio nell’ultimo giorno della sua vita… coincidenze? ancora la risposta non l’ho avuta. Da quel giorno in poi, in sua memoria, ho deciso che avrei sempre donato la libertà a tutti i temoli catturati (per la verità debbo dire che ne ho presi pochi). Dopo 19 anni da quel freddo sabato,sì, posso dire di essere anch’io un Senzabrera, termine coniato da Gianni Mura. Ciàu Gioànnbrerafucarlo.
Tipografia Maserati nasce nel 1950 , da prima come cartoleria e tipografia con sede in Corso Vittorio Emanuele, poi con il cambiamento delle esigenze del mercato si è via via evoluta, acquisendo nuove tecnologie e nuovi metodi produttivi, sempre al fine di soddisfare le esigenze di una Clientela piÚ esigente e competente. Oggi, la Tipografia Maserati si propone alla propria Clientela in una veste totalmente rinnovata con al suo interno uno studio grafico capace di sviluppare e proporre idee, macchinari per la stampa off-set digitale di ultima generazione, personale capace di affiancare e consigliare il cliente nel pre e post vendita; servizi di consegne effettuate direttamente e dunque in tempi piÚ solleciti; personale addetto alla stampa sicuro e competente capace di utilizzare sia tecniche tipografiche per lavori particolari come oro a caldo o stampa a rilievo, sia tecniche off-set e digitale per stampa commerciale. Tipografia Maserati annovera tra i propri clienti nomi illustri dell'economia piacentina e non solo come CONFINDUSTRIA PIACENZA, STEP spa, RDB spa, CONFAPI, BIFFI TYCO, PIACENZA EXPO e molte altre, non disdegnando il piccolo artigiano o commerciante.
Semplicemente Efficaci Gabriele Zingaro www.pamgea.com www.gabrielezingaro.it
Nel corso degli ultimi anni ho avuto l'opportunità di viaggiare spesso;così ho potuto notare come ogni volta ci apprestiamo a partire verso mete e fiumi poco conosciuti, la domanda che ci poniamo è sempre la stessa: quali e quante mosche portare con noi? Questo articolo intende mettere il lettore dinanzi a questa problematica quanto mai attuale, offrendo una delle soluzioni possibili per non dover viaggiare sempre con l'attrezzatura da costruzione al seguito, o dover reperire in loco le mosche migliori. L'avevo vista con la coda dell'occhio già un paio di volte, ma ero concentrato su quella che bollava al centro della corrente; le sue ripetute scodate però mi convinsero a cambiare target. C'era una gran schiusa di caddis quella sera sul Madison alla confluenza del Cabin Creek, tutte di misura compresa tra il 16 ed il 18, roba da ammattirsi, le trote erano in frenetica attività, ma come spesso accade alla fine mi sono focalizzato su Trota Madison River Catturata con Peute
quella che, a mio giudizio, era la piÚ grande, o forse in realtà semplicemente la piÚ difficile. La sua zona di caccia era una corrente secondaria limitrofa al flusso principale, tutt'altro che facile, ma la mia fortuna fu quella di trovarmi nella posizione migliore per poter presentare la mosca evitando agevolmente il dragaggio. Tuttavia dopo una ventina di minuti, nonostante una attenta osservazione della rainbow e avendo incassato solo rifiuti in successione, iniziai a sentirmi frustrato; le avevo provate tutte, dalla pupa alla spent, ma senza risultati, ottenendo solo uno sguardo del pinnuto e poi di nuovo nulla. Eppure il lancio era perfetto, la mosca non dragava ed arrivava al pesce sulla correntina da cui scendevano anche le sedge posate per qualche istante sull'acqua; avevo usato imitazioni identiche all'insetto reale ed onestamente stavo quasi per desistere. Poi feci una scelta decisiva seguendo un’intuizione, che, ancora oggi, a ripensarci mi fa sorridere: montai una peute, senza corpo, solo una piuma girata e fissata (davvero inguardabile) e soprattutto senza riferimento esatto all'insetto Cattura con DaGa special fiume Nera
DaGa SPECIAL Amo: da secca Grub mis. 14-16 Corpo: filo di montaggio 8/0 oppure 70 den Hackle: spalla di gallo, montata parachute Exuvia: perlina in vetro o, meglio ancora, in plastica da decoupage, trasparente. Polipropilene o antron finale (qualche fibra) Navigando sul web un giorno il mio amico Giancarlo (Danko) si è imbattuto in un dressing realizzato con una perlina da decoupage in coda alla mosca; mi ha proposto così di realizzare una secca emergente sul grub con quell'elemento ad imitare l'esuvia o le bollicine d'aria tipiche dell'insetto emergente. Una volta vinta la mia diffidenza nei confronti della galleggiabilità dell'imitazione, la perfezionammo eliminando altri pesi e aggiungendo (come nella Gallinella) il polipropilene completando l'esuvia, con risultati sbalorditivi, sia in velocità di costruzione che, soprattutto, di catture. Non trovando il nome di questo dressing l'abbiamo ribattezzata “DaGa Special” (Da come Danko e Ga come Gabriele)...ed anche se siamo convinti che ormai nella pesca a mosca ci si inventi poco o nulla, con i nostri amici l'abbiamo sempre chiamata così. Il segreto? Un giro in più di hackle per il parachute per aumentare la galleggiabilità in acque veloci; se non la conoscete provatela con fiducia. DaGA
reale, se non per la posizione delle ali. Eppure...appena due lanci furono sufficienti per allamare la bella e selettiva rainbow, dopo esser salita senza il benché minimo dubbio sulla mia indecifrabile mosca. Ovviamente non fu la prima e nemmeno l'ultima volta che accadde una cosa del genere, e di sicuro non sono nemmeno l'unico a cui si è verificato di avere molte più catture da una semplicissima imitazione, piuttosto che da dressing che spesso riempiono (di speranze più che altro!) le nostre fly box. Il buon Renè Harrop mi spiegava come chi va con frequenza a pesca deve avere dalla sua parte tante imitazioni di semplice realizzazione e corrispondenti a tutti gli stadi vitali dell'insetto. Infatti non si può rischiare di non avere la mosca giusta o, peggio ancora, dover impiegare molte ore per riempire le nostre scatole, altrimenti si rischia di passare più tempo davanti al morsetto che sul fiume. Sembrano frasi fatte, ma
Cattura con American Pheaasant Tail (Tail Water Tevere)
AMERICAN PHEASANT TAIL Amo: Tiemco 3761 mis. 10-20 Corpo e code: Fibre della coda di fagiano maschio Rigaggio: UltraWire BR (SM nelle misure più piccole) color Copper (oppure Amber) Torace: UltraWire BR (SM nelle misure più piccole) Sacca Alare: Fagiano Non ha bisogno di presentazioni, questa variante della Pheasant Tail di Frank Sawyer, creata da alcune guide in Montana anni orsono; la preferisco per il torace in Wire (senza Pavone) che garantisce una leggerissima zavorra utile anche in schiusa su trote che stanno “ninfando”. Essendo una imitazione generica di effimera, copre benissimo le esigenze del pescatore che si trova a dover affrontare un fiume del quale inizialmente ignora gli insetti presenti, o semplicemente ciò di cui si stanno nutrendo le trote in quel momento.
sono convinto che aprendo le nostre fly box spesso si trovano imitazioni bellissime che, in fondo, avranno catturato molto meno rispetto alle altre. Ciò non vuol dire che quest’ultime siano inutili, anzi, averle spesso aiuta a risolvere situazioni complicate; infatti basta pensare a quante volte parlando con altri pescatori le catture migliori avvengono con imitazioni, quasi, surreali o quantomeno poco imitative (se non in generale) le cosiddette "mosche d'insieme". Vi siete mai chiesti, come è successo a me, per quale motivo in mezzo a milioni di Caddis (tante ce n’erano quella sera sul Madison) la trota avrebbe dovuto scegliere proprio la mia? Ho maturato, personalmente, la convinzione che la nostra imitazione deve essere simile nel complesso, ma avere quel qualcosa di leggermente diverso che attiri l'attenzione del pesce (quasi per curiosità) su quella piuttosto che sugli altri insetti, che copiosamente svolazzano sul corso d'acqua.
Cattura con Peute Madison River
PEUTE Amo: Tiemco 103 BL di misure varie a partire dal n° 11 Corpo: filo di montaggio (vari colori) 8/0 oppure 70 den Hackle: piuma del petto di germano femmina Nasce come una sommersa, in realtà, ma (volendo usarla come dry fly) per favorirne il galleggiamento è possibile aggiungervi qualche fibra di CDC. Esistono infinite varianti della Peute e, personalmente, la ritengo una mosca d'insieme, una last chance, quando davvero non si sa più cosa legare al terminale. Spesso però mi ha risolto schiuse difficili e soprattutto le, cosiddette, schiuse "miste", ovvero con insetti di varie famiglie e vari stadi presenti sull'acqua, che rendono difficile l'interpretazione del pescatore. Con le ali in posizione abbassata imita bene una piccola caddis, mentre allargandole leggermente sembra una spent; sollevando invece il ciuffo di germana ha la parvenza di una effimera (una dun più che altro). In Dora Baltea ha avuto un buon successo, nelle misure maggiori, anche durante la schiusa autunnale di Rithrogena Semicolorata, probabilmente per via delle screziature sulle ali che accomunano questo insetto ed alcune piume utilizzabili come hackle. Quest'ultima, pur non essendo dotata di estrema galleggiabilità, si asciuga agevolmente con qualche falso lancio.
Cattura con Gallinella Fiume Aniene
GALLINELLA (HEN EMERGER) Amo: Daichii 1180 mis. 12-20 Corpo: Filo di montaggio 8/0 oppure 70 den Exuvia (o code): Polipropilene o antron Hackle: Gallina (Hen Cape) E' la trasposizione di un dressing americano adattato alle nostre acque, ideata dall'estro della coppia Re-Masi. Di gran lunga la mosca che preferisco, è di sicuro quella con cui ho catturato di più; variando taglia, colore e forma dell'amo (interessante la versione sul grub) copre bene le schiuse di molte famiglie di effimere. Il polipropilene lo preferisco abbondante, in quanto l'esuvia dell'emergente si deve notare, così che l'insetto sembri prigioniero della pellicola d'acqua; tuttavia in alcune situazioni, specie per imitare una Dun intenta ad attendere l'asciugatura delle ali, meglio rimuovere al momento svariate fibre dell'exuvia che diventerà, di fatto, come una crimped tail. La gallina non è famosa per la galleggiabilità, quanto piuttosto per la morbidezza delle sue fibre; spesso farla affondare di qualche millimetro risulta micidiale e vincente anche durante i coup estivi. Il segreto? La posizione della punta dell'hackle, lasciata leggermente obliqua.
Ci sono alcuni dressings che non possono e non devono mancare mai nelle mie fly box. Di seguito trovate le schede di montaggio ed una breve storia di ciascuna di sei imitazioni tra le mie preferite; in comune hanno tutte una prerogativa, ovvero essere realizzabili in meno di 5 minuti.
Cattura con Arpo Fiume Tronto
EFFIMERA EXT. CDC Amo: da secca mis. 12-18 (grub) Corpo: Filo di montaggio 8/0 oppure 70 den Ali e code: una sola piuma di CDC Si tratta di un dressing essenziale, riconducibile alla Arpo, con il CDC tagliato in punta a “V” a realizzare una sorta di Extended Body con cerci annessi. Variando il colore della piuma è possibile imitare vari stadi ed insetti; nelle tonalità più scure imita bene una dun (subimago), con il ciuffo (le ali) perfettamente visibile al di sotto della superficie ed al pescatore.
-GAB OPT WHITE SPOT Amo: Tiemco 3761 mis. 10-16 Corpo e code: Fibre della Coda di Fagiano Maschio Rigaggio: UltraWire BR Hot Orange Testa: Tungsten Bead Hot Orange; fermata con qualche giro di piombo fine Torace: Squirrel Orange Sacca Alare: Micro Foam a celle chiuse Bianco
Micidiale. Dal nord al sud del pianeta non esiste un fiume dove questa ninfa non abbia catturato; indubbio il valore adescante del colore della testina orange, la “new entry” (per chi non ne era a conoscenza) è costituita dalla sacca in micro foam bianca. Quest’ultima oltre a creare un contrasto cromatico efficace, ha la funzione di rallentare la discesa della ninfa verso il fondale e creare movimenti sinuosi con la corrente. Consente quindi di raggiungere all’occorrenza sia il fondale, che di sollevarla quel tanto che basta per attirare le trote (o i temoli) a mezz’acqua, al punto che spesso l’attacco può avvenire in “calata”; risulta ottima anche come ninfa centrale nel dropper nymph Temolo Artico fiume Konkamaeno Finlandia
Non c’è una verità assoluta nella pesca a mosca, come in tutte le cose, e questo articolo non ne vuole essere depositario, in quanto la smentita è sempre pronta dietro l’angolo. Le mie scatole sono piene di dressing elaborati così come di quelli semplici, ed io stesso passo molto tempo a studiare il comportamento di alcune trote prima di scegliere l’imitazione da lanciare. In America esiste la cosiddetta “One Fly Competion”, dove i concorrenti hanno a disposizione una sola mosca per affrontare la competizione (non streamer) e la cosa certa è che se dovessi mai un giorno prender parte a questa “singolar tenzone”, la mia mosca di sicuro sarebbe una fra queste appena descritte.
Fiume Velino
Ma Saranno tutte alghe?
Gianni Sburlino
Quando un pescatore si Le piante: generalità ritrova con l'amo impigliato A questo punto è necessaria una premessa e scusatemi per certi termini che adesso sarò costretto ad usare, ma non ci sono alternative. in un qualsivoglia materiale Nel senso più ampio del termine, alle "piante" (Plantae) appartengono organismi vegetale (a meno che non eucarioti (le cui cellule cioè presentano un nucleo ben differenziato), uni- o plurisia evidentemente una foglia cellulari ed autotrofi fotosintetizzanti (in grado quindi di sintetizzare composti oro un ramo di una pianta che ganici a partire da sostanze inorganiche quali acqua e anidride carbonica, cresce lungo la sponda ma al utilizzando l'energia solare). In questo senso alle piante appartengono le alghe, le briofite (muschi, sfagni, ecc.), le pteridofite (felci, equiseti, ecc.), le gimnosperme di fuori dell’acqua), nella (piante legnose quali pini, abeti, ginepri, ecc.) e le angiosperme (le piante a fiore massima parte dei casi per antonomasia, sia erbacee che legnose). maledice la presenza di un Alle gimnosperme appartengono piante terrestri mentre la grande maggioranza "qualcosa" che viene quasi delle piante acquatiche appartiene alle alghe e alle angiosperme pur non mancando sempre genericamente rifer- anche nel nostro territorio esempi di briofite e di pteridofite acquatiche. Le alghe sono organismi unicellulari o pluricellulari il cui corpo, detto tallo, è scarsaito ad un'alga. mente differenziato non presentando tessuti veri e propri e organi quali radice, Frasi come "qui è pieno di fusto e foglie (Fig. 1) e le cellule riproduttive sono delimpesci ma ci sono troppe itate semplicemente dalla parete alghe per poter pescare della cellula che le produce. Le anbene" oppure "ho perso giosperme sono organismi pluricell'amo a causa delle alghe", lulari che presentano invece veri sono quindi all'ordine del tessuti, un corpo funzionalmente e strutturalmente differenziato in giorno. radice, fusto e foglie In realtà non tutte le piante acquatiche appartengono Fig. 1 - Corpo indifferenziato alle alghe e questo vale so(tallo) di un’alga verde filaprattutto per le acque dolci. mentosa
(Fig. 2) e producono semi racchiusi in una struttura pluricellulare (ovario) facente parte del fiore che, a maturazione, darà origine ad un frutto vero e proprio (per intendersi come quello di un ciliegio, della vite, di una quercia, ecc., anche se con dimensioni e morfologie estremamente diversificate). Mentre la maggior parte delle piante acquatiche marine sono costituite da alghe, nelle acque dolci sono molto diffuse e abbondanti anche le angiosperme. Le angiosperme sono per la maggior parte rappresentate da piante terrestri e costituiscono infatti la stragrande maggioranza delle piante ornamentali e di quelle utilizzate in agricoltura, orticoltura e selvicoltura (in questo caso assieme alle gimnosperme); le angiosperme acquatiche sono invece costituite da un numero decisamente minore di specie ma non per questo meno interessanti, sia sotto l'aspetto biologico in generale, sia perchè spesso vanno a formare microambienti estremamente importanti per la vita di altri organismi acquatici, e, non ultimo, perché in molti casi rappresentano dei buoni indicatori biologici della qualità delle acque. Siccome si tratta di piante di norma poco conosciute al di fuori dell'ambiente strettamente botanico, è a loro che dedicherò maggior attenzione in questa nota. A questo punto mi sia permessa una precisazione. Fig. 2 - Aspetto di un’angiosperma acquatica (VeronMolto spesso, soprattutto nei testi che trattano di ica beccabunga nella forma submersa): si riconoscono ecologia, le piante acquatiche di una certa dimensione radici (1), fusto (2) e foglie (3) (in pratica quelle che sono ben visibili ad occhio nudo)
vengono definite come "macrofite", a ciò si aggiunga che in questa categoria vengono fatte confluire anche piante non strettamente viventi nell'acqua ma che si sviluppano lungo le sponde. Il termine "macrofita" è quindi estremamente generico e non ha alcun significato diagnostico in ambito botanico, motivo per cui non lo userò mai. Il ritorno delle piante terrestri all'ambiente acquatico E' ben noto che gli organismi terrestri, sia vegetali che animali, si sono evoluti a partire da loro antenati acquatici. Dalle alghe (o quantomeno dalle cosidette "alghe verdi") si sono sviluppati tutti gli organismi vegetali a loro filogeneticamente superiori, cioè dai muschi fino alle piante a fiore. E' a partire dalle briofite (muschi, sfagni, ecc.) che si comincia a parlare di piante terrestri, anche se solo dalle pteridofite in poi si può affermare che le piante si sono svincolate effettivamente dall'ambiente acquatico grazie alla produzione di apparati di trasporto dell'acqua in ambiente subaereo quali radice, fusto e foglie. Risulta quindi abbastanza curioso il fatto che, dopo uno sforzo evolutivo che ha portato gli organismi vegetali a ren-
dersi indipendenti da una stretta dipendenza dalla vita acquatica, alcuni di essi abbiano "deciso di ritornarvi". In realtà, questo "ritorno all'acqua" rappresenta ancora una volta il risultato di una spinta adattativa, in questo caso dovuta essenzialmente a fattori competitivi, che hanno fatto si' che alcune piante abbiano abbandonato l'ambiente terrestre per fare ritorno a quello acquatico, dando origine talvolta anche a famiglie o generi o subgeneri indipendenti. Un esempio è rappresentato dalle piante appartenenti alla famiglia delle Callitrichaceae o al subgenere Batrachium del genere Ranunculus (Fig. 3) cui appartengono molte specie dei ben noti ranuncoli terrestri. Adattamenti all'ambiente acquatico Il ritorno all'ambiente acquatico ha comportato la modificazione di alcuni caratteri, sia a livello funzionale che morfologico, infatti vivere immersi nell'acqua pone evidentemente problemi diversi Fig. 3 – Esemplare di Ranunculus del subgenere Batrachium. Le radici avventizie (1) sono prodotte in diversi punti del fusto (2) e le foglie (3) sono divise in sottili lacinie; l’immagine permette di osservare anche il bocciolo di un fiore (4)
che sulla terraferma. Per un certo verso l'alta disponibilità d'acqua favorisce lo sviluppo delle piante, ma alcune caratteristiche ambientali (velocità e temperatura dell'acqua, disponibilità di ossigeno, scarsità di luce oltre una certa profondità e in dipendenza dalla torbidità dell'acqua, ecc.) ne condizionano fortemente la vita, selezionando specie differenti a seconda dei diversi tipi di ambiente. In linea generale e sia pur con le dovute eccezioni riporto alcune tra le principali caratteristiche delle piante acquatiche. La funzione delle radici è devoluta più alla necessità di ancorarsi al fondo (in modo particolare per le specie che vivono in acque correnti) che all'assorbimento dell'acqua stessa; i peli radicali sono quindi meno numerosi considerato che la disponibilità d'acqua non è certo un problema per un organismo che si trova a viverci dentro. Il corpo di una pianta acquatica spesso non presenta cellule con pareti ispessite atte a conferire resistenza meccanica e a garantire il mantenimento di un portamento eretto come avviene sulla terraferma, infatti l'acqua stessa funge da mezzo di sostegno; è questo il motivo per cui, quando estraiamo una pianta dall'acqua, essa mostra scarsa consistenza, il fusto e le foglie risultano flaccidi e facilmente si piegano perdendo la forma originaria. Piante acquatiche e palustri che vivono in ambienti in cui circola scarso ossigeno hanno sviluppato tessuti particolari (parenchimi aeriferi) attraverso i quali decorrono lunghi canali che portano l'aria dalla superficie fino alle parti più profonde. Un ulteriore ostacolo è posto dalla
fotosintesi che risulta più problematica dal momento che la luce non penetra in profondità e viene mano a mano assorbita dall'acqua; per questo motivo alcune piante, come la ben nota ninfea (Nymphaea alba) (Fig. 4) e la castagna d'acqua (Trapa natans) (Fig. 5) per poter vivere in acque profonde e spesso poco trasparenti come quelle di laghi e stagni, sviluppano alla superficie ampie foglie, il cui galleggiamento è assicurato da rivestimenti idrorepellenti. Anche i processi riproduttivi risultano influenzati: l'impollinazione, necessaria alla fecondazione, avviene di solito ad opera dell'acqua stessa o, nel caso di piante che portano i propri fiori al di sopra della superficie, dal vento; questo significa che non è più necessario sviluppare apparati fiorali vistosi, atti ad attirare insetti o altri organismi impollinatori, infatti, le Fig. 4 – Le foglie di Nymhaea alba hanno un diametro che può raggiungere i 30 cm e sono portate in superficie da lunghi piccioli (fino ad alcuni metri) all’interno dei quali è presente un tessuto particolare (parenchima aerifero) devoluto al trasporto di aria dalla superficie sino alle parti più profonde della pianta. Nell’immagine sono osservabili anche le piccole foglie natanti di piante appartenenti al genere Callitriche (fonte dell'immagine: http://www.kuleuven-kortrijk.be/bioweb
Fig. 5 – In Trapa natans le foglie natanti sono raggruppate all’apice del fusto, presentano una forma rombica e misurano fino a circa 4 cm. La pianta, nota come “castagna d’acqua”, produce dei frutti induriti di circa 3 cm, che un tempo venivano utilizzati nell'alimentazione umana, come testimoniato dal ritrovamento di loro resti negli insediamenti a palafitte dell’età della pietra. Trapa natans predilige corpi idrici ricchi in nutrienti e con acque soggette anche a un forte riscaldamento estivo
piante acquatiche di solito presentano fiori piccoli, verdastri o brunastri e poco visibili (Fig. 6); ci sono però delle eccezioni, basti pensare ai fiori della già citata ninfea, del nannufaro (Nuphar lutea) (Fig. 7) dei ranuncoli d'acqua del subgenere Batrachium (Fig. 8) e della ormai rara Hottonia palustris (Fig. 9). La velocità della corrente è un altro fattore che ha determinato particolari tipi di adattamento; piante viventi nei fiumi e nei torrenti non possono permettersi di sviluppare foglie troppo larghe o spesse a causa dell'elevata resistenza che opporrebbero alla corrente; d'altro canto devono pur sempre far fronte alla necessità di svolgere nel miglior modo possibile la fotosintesi e, nel contempo, ancorarsi saldamente al materiale di fondo. Per questi motivi molte piante presenti nei corsi d'acqua sviluppano unicamente foglie sommerse lunghe e nastriformi (Fig. 10) o più corte e strette (Fig. 11), oppure divise in numerose sottili lacinie, di solito a sezione circolare, che hanno il vantaggio di offrire la maggior superficie assorbente possibile (Fig. 12); nel caso siano presenti foglie più ampie, come in alcune specie del genere Potamogeton (Fig. 13) esse risultano comunque sottili e non rigide e spesse. In alcune specie, come quelle appartenenti al genere Callitriche sono preFig. 6 – Particolare dell’apparato riproduttivo di una Fig. 7 – Il nannufaro (Nuphar lutea) al pari della specie appartenente al genere Potamogeton. I sin- ninfea produce dei fiori vistosi ma in questo caso goli fiori sono molto piccoli, bruno-verdastri e riuniti di colore giallo dorato (M. Basso) a formare un’infiorescenza a spiga
Fig. 8 – I fiori bianchi dei ranuncoli acquatici (Ranunculus subgenere Batrachium) sono portati al di sopra della superficie dell’acqua. L’immagine si riferisce a individui di Ranunculus pseudofluitans
Fig. 10 – In Vallisneria spiralis le foglie lunghe e nastriformi si dipartono direttamente dalla base della pianta
Fig. 9 - Hottonia palustris è una specie che predilige stagni e fossati ombreggiati dove si sviluppa su substrati ricchi di humus e di foglie in via di decomposizione (fonte dell'immagine: http://www.kuleuven-kortrijk.be/bioweb
Fig. 11 – Potamogeton pectinatus presenta foglie strette (larghe circa 1,5 mm) e distribuite lungo il fusto; le frecce indicano gli apparati riproduttori
senti sia foglie sommerse che natanti in superficie; le prime sono più allungate mentre le seconde, più corte e larghe, si raggruppano alla sommità del fusto a formare una tipica "rosetta" (Fig. 14). Questo fenomeno (detto eterofillia) è piuttosto comune nelle piante acquatiche e rappresenta un tipico adattamento morfologico ed ecologico. Siamo infatti abituati a pensare che le piante presentino forme costanti che si ripetono in modo regolare e ciò è in larga misura vero, Fig. 14 – Aspetto generale di una specie del genere Callitriche. Si possono distinguere: la rosetta di foglie natanti (1), le foglie sommerse (2) e una ramificazione laterale del fusto provvista di sottili foglie allungate (3). La rosetta di foglie posta all’apice del fusto costituisce in effetti la porzione di pianta che di norma osserviamo direttamente (come risulta evidente dalla Fig.4)
Fig. 12 – Le foglie di Myriophyllum spicatum sono riunite in gruppi (verticilli) di 3-4 lungo tutto il fusto e ciascuna di esse è divisa in sottili segmenti
Fig. 13 – Le sottili foglie lanceolate di Potamogeton nodosus, specie frequente nei corsi d’acqua ricchi in nutrienti della pianura padana
tanto che spesso associamo al nome di una pianta una ben determinata forma di foglia o di fiore. È anche vero però che le differenze ambientali possono provocare variazioni morfologiche molto rilevanti, cosa che può rendere addirittura difficoltosa l’attribuzione di individui diversi alla stessa specie, qualora essi vivano in differenti tipologie ambientali. L’ambiente acquatico in particolare può presentare delle significative difformità di condizioni a seconda del fatto, per esempio, che una specie si sviluppi in acqua stagnante oppure corrente. Succede quindi che individui appartenenti alla medesima specie ma viventi in acqua corrente producano lunghe foglie sommerse nastriformi mentre, in acque stagnanti, sviluppino foglie più larghe e galleggianti. Nelle acque correnti è comunque norma generale che i fusti e le foglie fluttuino nell'acqua nel senso della corrente (reotropismo positivo) mentre l'apparato radicale sia piuttosto robusto e si accresca in direzione opposta alla corrente stessa (reotropismo negativo). Si vengono così a formare vere e proprie praterie sommerse o in parte galleggianti all'interno delle quali vive una fauna molto diversificata (larve di diversi insetti, crostacei come i gammaridi, gasteropodi, ecc.) che, oltre tutto, costituisce una notevole fonte di cibo per molte
Fig. 15 – L'alveo di questo canale della pianura veneta è completamente ricoperto da una fitta vegetazione a dominanza di Potamogeton nodosus (L. Ghirelli) specie di pesci. Scrivendo queste righe mi viene in mente quando, da ragazzino (parlo della fine degli anni '50...) accompagnavo a pesca mio padre nelle risorgive friulane e spesso potevo osservare esemplari di gambero di fiume (quello nostrano, non quello della Louisiana!) pascolare tranquillamente sulla vegetazione acquatica, confesso di provare una certa nostalgia...... Ma torniamo alle nostre piante acquatiche. L'aspetto di queste praterie è diversificato sia in dipendenza della velocità della corrente, sia in base al tipo di piante che le costituiscono. Semplificando al massimo esistono due modelli principali: specie con fusti e/o foglie sempre sommerse e viventi di norma in corsi d'acqua dove la corrente non è molto forte (Vallisneria spiralis, Potamogeton pectinatus, Myriophyllum spicatum, ecc.) vanno a formare generalmente popolamenti che tendono a ricoprire l'intero letto del fiume (Fig. 15).
Quando invece la velocità dell'acqua è maggiore, la vegetazione assume un aspetto diverso e molto caratteristico; le piante acquatiche formano cespi che confluiscono a formare grandi "zolle" o "cuscini" costituiti da una sola o da poche specie, in pratica delle "isole di vegetazione" separate tra loro da tratti privi di piante attraverso i quali passano i filoni più rapidi della corrente (Fig. 16). Costituenti comuni di queste isole sono i già citati ranuncoli d'acqua e, soprattutto, diverse specie del genere Callitriche; si tratta comunque di piante che presentano fusti che tendono a salire verso la superficie che può essere però raggiunta solo nella porzione a valle (sottocorrente e quindi più protetta dalla forza dell'acqua) della nostra isola, mentre quella a monte (sopracorrente) è costituita esclusivamente da individui completamenti sommersi. Sotto: Fig. 18 - Particolare di un Fig.16 – Il Fiume Tergola nei pressi polamento di Lemna minuta; si delle sorgenti, poste a nord di tratta di una specie alloctona di Padova. Sono evidenti le dense origine americana di piccole diisole di vegetazione acquatica, che mensioni (lunghezza media di in parte raggiungono la superficie ciascun individuo pari a circa 2,5 con loro porzione sottocorrente mm) in rapida diffusione in quasi (M. Barbato) tutta l'Italia dove in alcune zone è diventata invasiva al punto da aver sostituito l'indigena L. minor. La freccia indica un singolo individuo
A sinistra:Fig. 17 - Le lenticchie d'acqua spesso ricoprono totalmente la superficie di acque stagnanti (G. Depero)
A questo punto non si può fare a meno di spendere due parole su una categoria molto particolare di piante acquatiche: le pleustofite; con questo termine si indicano tutte quelle piante che sono liberamente natanti nell'acqua. Tra di esse, sicuramente tutti conoscono o perlomeno hanno avuto occasione di vedere le cosidette "lenticchie d'acqua", quelle minuscole piante che, riunite in gran numero sulla superficie di fossi, stagni, ecc. vanno a costituire dei veri e propri tappeti galleggianti (Fig. 17). Potrà sembrare impossibile ma queste piante, appartenenti alla famiglia delle Lemnaceae, pur presentando dimensioni variabili a seconda delle specie ma comunque sempre molto piccole (da meno di un millimetro a un paio di centimetri, Fig. 18) appartengono anch'esse alle angiosperme e sono parenti molto più stretti di piante come i tulipani, la cipolla, ecc. che delle alghe. In queste piante l'adattamento all'ambiente acquatico è veramente estremo e tutto è ridotto all'essenziale (alcune specie sono addirittura prive di radici), nonostante ciò producono veri e propri fiori, anche se piccolissimi e visibili solo con una lente. Per lo più si riscontrano in acque ferme o molto lente ma qualche specie può vivere anche in acque correnti, dove gli individui vanno a formare degli ammassi che si ancorano (in pratica si aggrovigliano) attorno ai fusti e alle foglie di altre piante sommerse.
Fig. 19 – Il tratto no-kill del Torrente Degano presso Comeglians (Udine). La vegetazione acquatica è costituita esclusivamente da alghe che ricoprono in parte i ciottoli e i massi sommersi
Distribuzione delle piante acquatiche nei corpi idrici Tutti i pescatori sanno bene che le differenti specie ittiche occupano, in linea di massima, tratti diversi di un fiume. Nessuno quindi si stupirĂ di non trovare un cavedano in un torrente montano come, almeno in teoria, non dovrebbe imbattersi in una trota fario in un fiume di pianura. Le piante acquatiche hanno un comportamento analogo: fattori come temperatura e velocitĂ dell'acqua risultano in questo caso molto importanti. In generale, una bassa temperatura, soprattutto se combinata con elevate velocitĂ e turbolenza dell'acqua, rappresenta un ostacolo alla vita delle piante superiori (per intendersi quelle dotate di radice, fusto e foglie). Presso le sorgenti e nel tratto montano dei corsi d'acqua (Fig. 19) sono frequenti organismi vegetali come le alghe (soprattutto diatomee e alghe verdi) le cui colonie ricoprono il materiale di fondo costituendo spesso una sottile pellicola viscida (occhio a dove
A sinistra: Fig. 20 - Popolamento del raro Sparganium angustifolium in un piccolo stagno alpino dell'Alto Adige (U. Gamper)
Sotto: Fig. 21 - Fioritura di Ranunculus trichophyllus in un ramo laterale del medio corso del Brenta
mettete i piedi!) e anche i muschi acquatici si possono riscontrare abbondanti in questi ambienti. Al contrario le piante superiori scarseggiano o sono completamente assenti. Il motivo principale sta nel fatto che la forza dell'acqua, oltre a costituire come si è visto un ostacolo meccanico allo sviluppo di piante dotate di fusti e foglie di una certa dimensione, impedisce o limita molto la deposizione di materiali fini (sabbia, limo, argilla, sostanza organica in sospensione) sul fondo e, quindi, la costituzione di un substrato nel quale tali piante possano radicare. E' questo il motivo per cui in corpi idrici posti anche ad alta quota come gli stagni ed i laghi alpini, in cui al contrario il processo di sedimentazione può avvenire più agevolmente, la vita dei vegetali superiori risulta possibile, anche se le basse temperature soprattutto invernali hanno fatto sì che siano comunque poche le specie adattatesi a questi ambienti (Fig. 20). Mano a mano che i corsi d'acqua procedono verso valle la deposizione aumenta a causa della diminuita pendenza e aumentano quindi anche gli ambienti atti ad ospitare la vita delle piante acquatiche superiori. Nel medio corso dei fiumi rimangono comunque ampi tratti privi di vegetazione, specialmente nelle loro porzioni centrali dove la corrente è maggiore e le piante acquatiche tendono a disporsi marginalmente (almeno nel caso di un decorso rettilineo) o occupano rami laterali in cui la velocità dell'acqua è minore (Fig. 21). Nel-
l’ultimo tratto e presso le foci la corrente diminuisce ulteriormente ed il sedimento di fondo è maggiore e costituito da materiali fini che favoriscono lo sviluppo delle piante superiori; tuttavia la profondità spesso elevata e l’abbondanza di particolato fine in sospensione limitano la penetrazione della luce e, conseguentemente, la vegetazione acquatica tende ancora una volta a disporsi nei pressi delle sponde. Considerazioni analoghe valgono per gli stagni ed i laghi (Fig. 22). Infine una situazione del tutto parti-
Fig. 22 - Tipico aspetto della vegetazione che contorna un bacino lacustre (Lago di Fimon, Vicenza). La vegetazione acquatica forma un mosaico con quella emersa (in questo caso canneti a cannuccia palustre - Phragmites australis) che nell'insieme costituiscono l'habitat ideale per la vita e la riproduzione di molte specie ittiche come il luccio
colare è rappresentata dai corsi d’acqua di risorgiva. Rogge e fiumi di risorgiva, almeno quando si trovino ancora in condizioni naturali o vicine alla naturalità, sono caratterizzati da acque la cui escursione termica è ridotta (da un minimo invernale di circa 10 oC fino a un massimo estivo di circa 14 oC) e cioè sono fresche d’estate e mai troppo fredde d’inverno. Questo fatto, unitamente ad una portata più o meno costante durante tutto l’anno, ad una notevole trasparenza dell’acqua ed a una generalmente bassa quantità di nutrienti, fa sì che questi corsi d’acqua si differenzino notevolmente rispetto al tratto planiziale di altre tipologie fluviali come Tagliamento, Piave, Brenta, Adige, ecc. che invece durante il loro lungo corso raccolgono una notevole quantità di materiale solido in sospensione e di nutrienti. Nelle risorgive la vegetazione acquatica permane quindi rigogliosa durante tutto l’anno spesso formando quelle “isole” di cui abbiamo già parlato (Fig. 23) e a causa delle quali la corrente forma tutto quell’insieme di “giri d’acqua” e di "giochi di corrente" che di solito creano tanti problemi al pescatore a mosca. A seconda della profondità, della velocità della corrente, della maggiore o minore ombreggiatura delle sponde si viene così a creare tutto un insieme di microambienti particolari che rappresentano dei veri e propri scrigni di biodiversità animale e vegetale. Purtroppo la maggior parte dei corsi d’acqua di risorgiva ha ormai perso le sue caratteristiche originali; le cause principali risiedono nella regimentazione dei corpi idrici con le conseguenti arginature e canalizzazioni, nell’aumento del tenore trofico delle acque, A sinistra: Fig. 23 - Fiume di risorgiva ancora in condizioni prossime alla naturalità (bassa pianura friulana) A destra: Fig. 24 - Il Fiume Tegola presso Padova: il corso d'acqua scorre attraverso argini artificiali e ha ormai perso le caratteristiche proprie di un fiume di risorgiva; si noti anche l'elevata torbidità dell'acqua (confrontare con la Fig. 16).
dovuto al dilavamento dei fertilizzanti usati nelle colture arate e a scarichi di diversa origine (non ultimi quelli legati all’ittiocoltura) e nell’abbassamento della falda idrica. Ne è risultato un profondo stravolgimento sia della struttura fisica che della qualità delle acque di rogge e fiumi con conseguente banalizzazione del paesaggio e notevole perdita di biodiversità (Fig. 24). Le piante acquatiche e lo stato trofico delle acque Com'è noto, il processo di eutrofizzazione consiste nell'apporto massiccio di nutrienti (soprattutto azoto e fosforo) che porta alla scomparsa degli organismi più sensibili, legati ad acque povere (oligotrofiche) o con contenuto medio di nutrienti (mesotrofiche) e alla loro sostituzione da parte di specie tolleranti o addirittura legate ad ambienti eutrofizzati. Principali cause di eutrofizzazione delle acque sono il dilavamento dei fertilizzanti utilizzati in agricoltura
Fig. 25 - Berula erecta fo. submersa è presente in corsi d'acqua caratterizzati da un basso o medio contenuto di nutrienti.
e i reflui urbani (sostanza organica, detersivi, ecc.). L'eutrofizzazione può raggiungere livelli estremi portando a condizioni di carenza di ossigeno (a causa dell'attività dei batteri decompositori) tali da compromettere la vita animale e vegetale. Nel caso più comune si può comunque affermare che negli ambienti eutrofizzati la massa vegetale aumenta e la biodiversità diminuisce. Un esempio può essere rappresentato dalle Figure 16 e 24 che si riferiscono a due tratti diversi dello stesso fiume. Nel primo tratto, presso le sorgenti, la vegetazione acquatica è costituita da numerose specie, alcune delle quali (Potamogeton natans fo. prolixus, Berula erecta fo. submersa, ecc.) (Fig. 25) testimoniano di un ambiente ancora in buone condizioni trofiche (mesotrofico). Al contrario, nel secondo caso siamo in presenza di una situazione di accentuata eutrofizzazione: la vegetazione è costituita da poche specie tolleranti o legate ad ambienti ricchi di nutrienti come Vallisneria spiralis e Myriophyllum spicatum; in questi casi lo sviluppo delle piante acquatiche è tale, soprattutto nella tarda estate quando la temperatura dell'acqua è maggiore, che esse riempiono letteralmente tutto l'alveo creando problemi al deflusso dell'acqua (ricordo molto bene di aver visto una gallinella d'acqua attraversare il fiume non nuotando ma camminando
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sulle piante!). Da molto tempo gli organismi acquatici, sia vegetali che animali, vengono utilizzati come strumenti per la valutazione della qualità delle acque, in particolare riguardo al loro stato trofico. In generale, un buon indicatore è costituito da una specie che sopporta solo piccole variazioni rispetto ai valori (per esempio della concentrazione di un determinato agente inquinante) considerabili come ottimali per quella specie. Viceversa esistono specie tolleranti, cioè adattabili a modificazioni anche ampie e che quindi di per sè non ci forniscono indicazioni valide. Relativamente alle piante acquatiche, buoni indicatori di ambienti poveri di nutrienti e quindi in buone condizioni sono Potamogeton coloratus (Fig. 26) e Hippuris vulgaris (Fig. 27) e infatti, guarda caso, sono diventate ambedue molto rare; al contrario se in un corso d'acqua vi trovate davanti ad una abbondante presenza delle succitate Vallisneria spiralis e Myriophyllum spicatum allora potete stare tranquilli che le condizioni di quelle acque non sono certo delle migliori. Anche le angiosperme acquatiche possono essere quindi utilizzate vantaggiosamente per la stima indiretta dello stato trofico delle
acque, al pari di altri gruppi sistematici come plecotteri, efemerotteri, gammaridi, ecc.. Concludendo A questo punto, ammesso che qualcuno abbia avuto la pazienza di leggere fin qui, vorrei fare una raccomandazione. La passione per la pesca induce spesso a finalizzare il nostro comportamento all'unico scopo di sfidare con l'astuzia e l'abilità i nostri amici pesci; in buona sostanza quando si va a pesca si pensa in genere solo a pescare, dimenticandoci di tutto il resto. E' vero che al giorno d'oggi non si può più andare molto fieri delle condizioni in cui si trova l'ambiente che ci circonda ma spesso è proprio nei corsi d'acqua, nei laghi e lungo le loro sponde che trovano ancora rifugio una fauna e una flora di inestimabile pregio. Vale quindi la pena di fermarsi ogni tanto semplicemente per osservare e per cercare di capire le ragioni
Fig. 26 - Potamogeton coloratus è ormai in via di scomparsa in tutta Italia; si tratta di una specie esclusiva di ambienti molto poveri di nutrienti (fonte dell'immagine: http://www.florealpes.com/)
di tanti meravigliosi fenomeni della natura. Come diceva Bob Dylan nel 1963: Lasciatemi bere dalle acque dove scorrono i torrenti di montagna, lasciate che il profumo di fiori bianchi scorra libero nel mio sangue, lasciatemi dormire nei vostri prati con le verdi foglie d'erba, lasciatemi morire sui miei passi prima di scendere sotto la terra. Per chi volesse saperne di più Sono molte le pubblicazioni che trattano delle piante acquatiche; ovviamente le più affidabili sono quelle scientifiche che però potrebbero risultare alquanto ostiche per chi non sia un botanico. In internet si può trovare parecchio materiale ma direi di evitare i (tanti) siti che trattano di piante d’acquario o comunque di vivaistica in generale, perché di solito non molto rigorosi. Un ottimo compromesso tra rigore scientifico e divulgazione di alto livello viene invece offerto dai cosidetti “Quaderni Habitat”, scaricabili gratuitamente dal sito: http://www.minambiente.it/home_it/showitem.htm
Fig. 27 - Anche Hippuris vulgaris è specie divenuta assai rara a seguito dell'eutrofizzazione dei corsi d'acqua; la foto si riferisce ad un individuo raccolto alle sorgenti del Livenza (Polcenigo-Pordenone) l?lang=&item=/documenti/biblioteca/biblioteca_0042_a.html Si tratta di una collana edita dal Ministero dell'Ambiente e dal Museo Friulano di Storia Naturale e dedicata ai più importanti ambienti naturali italiani di cui vengono trattati sia gli aspetti fisici che biologici. In particolare chi si interessa di ambienti acquatici troverà utili informazioni nei volumi “Risorgive e fontanili”, “Torrenti montani”, “Fiumi e boschi ripari”, “Pozze, stagni e paludi”, “Laghetti d’alta quota”. Buona lettura!
Mini Chernobyl Tail woter Tevere d’inverno
Luca Castellani
Ho ricevuto numerose richieste di informazioni di vario tipo in merito alla Mini Chernobyl, nonostante le varie pubblicazioni che sono già state edite anche in altre riviste italiane ed inglesi. La maggior parte di queste richieste riguardano le indicazioni sulla dimensione dell’artificiale, e a seguire spiegazioni o degl’accenni specifici di come utilizzarle; in che acque e su che tipi di pesce. Molti amici o clienti mi hanno sollecitato di scrivere qualcosa in più in merito alla mini Chernobyl, questa mosca molto efficace. Eccomi, ci provo. Specificherò le esatte dimensioni. Spero sia questa cosa gradita.
Ci è voluto circa un decennio perché questo artificiale cominciasse ad essere conosciuto ed utilizzato in giro per l’Italia e oltralpe. Ho capito che qualcosa di buono avevo intuito ed avevo creato con questa serie di mosche quando ho scoperto che, sia un’azienda italiana ed un’altra francese avevano messo in commercio degl’artificiali come queste Mini Chernobyl; ma con altri nomi. Mio malgrado ho notato che non c’era stato nessun riferimento al sottoscritto, nei due cataloghi dove sono presenti per la vendita queste mosche. Un accenno d’amarezza l’ho provata nell’immediato, nel vedere questi artificiali pubblicati senza riferimenti al mio nome. L’idea di brevettare un artificiale per la pesca a
mosca mi fa sorridere, è una cosa che non mi verrebbe in mente, è abbastanza normale essere già contenti di contribuire con qualche idea all’evoluzione della pesca a mosca. Non m’interessa ricavarne benefici da terzi, anche perché mi rendo conto l’irrisorio giro d’affari che potrebbe mettere in moto un lavoro del genere. Sono in grado di capirlo anche perché “vendo le mie mosche” ai clienti. Pensavo, però, che sarebbe stato etico e gentile, magari per chi ci lavora, alzare il telefono e dire: <Luca………………..,>. Con il tempo poi ho capito che in fondo mi è andata bene così. Oggi se qualcuno mi dice che ha visto le Mini Chernobyl su di un listino in vendita gli rispondo: < le mie sono altra cosa>. Ed è vero. Le mosche sono state ”copiate” soltanto a tavolino, senza tenere conto dei “perché e
per come “ pensati dall’ideatore. In entrambi i casi non sono stati rispettati gl’aspetti cromatici, un punto di forza di questo artificiale; e tantomeno preso atto delle proporzioni e misure, fondamentali specialmente per un paio di colori con cui sono costruite queste imitazioni. Questa serie di mosche è nata quasi per caso. In quei tempi stavo sperimentando delle idee costruttive con il foam, avevo capito che questo materiale è molto accattivante all’occhio dei pinnuti, e nello stesso tempo cominciavo ad avere problemi con dei clienti “anzianotti” , i quali avevano difficoltà a vedere gl’artificiali nell’azione di pesca. Non avrei mai immaginato che queste due realtà si sarebbero ritrovate anche a confluire insieme, in un'unica direzione. Ho visto pescatori storcere il naso quando hanno visto dei miei clienti usare questa mosca con successo durante una schiusa di “olive”. E’ ovvio che avrei idea anche di quali mosche appendere al finale durante una schiusa di baetidi. Se quel cliente ti ha appena richiesto: <Luca mi potrebbe cambiare questa mosca di maggio con qualcosa di più visibile?> Cosa fai gli appendi al filo un olive dun hackleata , un canard oliva del 18 o cosa?. Il problema da risolvere è della guida di pesca e non è mai del cliente. Se il tuo assistito non
vede l’artificiale devi provvedere e inventarti qualcosa. Il compito della guida è : fare fronte alle difficoltà del cliente con delle soluzioni altrettanto efficaci. Così per colpa (direi per fortuna nel mio caso) di queste problematiche legate al mestiere che svolgo sono stato costretto a sperimentare nuove strade, abbandonando il conosciuto, l’esperienza fatta. Queste nuove necessità mi hanno trascinato ad avere intuizioni moderne che sto testando in continuazione, sono in continua evoluzione con un discreto successo. Quando vado a pescare per il mio piacere spendo sempre del tempo a cercare di razionalizzare queste nuova strada che ho imboccato. D’altronde se in una schiusa di olive funziona spesso una phasant tail, perché non può funzionare anche qualche altra cosa? Il colore della phasant tail, teoricamente, non sarebbe quello giusto, il corpo è in coda di fagiano (marrone-marrone scuro).
Però opera molto bene con efficacia! Cattura. Qualcuno potrebbe obiettare che imita una ninfa galleggiante? Si ma se mangiano le dun? Che sono più o meno verde oliva/giallino. Poi potrebbe accadere che le ninfe in alcuni fiumi tendano ad essere di colore grigio, (come alcune baetidi) allora in che modo la mettiamo? Che risposta abbiamo? Direi che la teoria della mosca esatta porta a delle considerazioni molto soggettive, legate alla propria esperienza e alla nostra limitata conoscenza. Nessuno di noi è in grado di “sapere” tutto. E’ molto azzardato dare delle certezze. Se fossimo i proprietari di un bosco vedremmo la bellezza di quest’area in maniera differente se il nostro mestiere fosse fare il tagliaboschi o una guardia forestale. Eppure è lo stesso bosco, solo la visione su questo è diversa. Immaginiamo d’affrontare la stessa situazione di pesca. Sostenuta da tre punti di vista, cioè con quello di un occhio di un lanciatore, uno da costruttore d’artificiali e uno da semplice pescatore. Certamente tutti otterrebbero più o meno
dei risultati con la scelta data alla priorità delle proprie convinzioni. Ognuno alla fine del confronto rimarrebbe della propria opinione convinto di essere nel giusto con l’ottica di come ha affrontato la situazione di pesca. Quello che costruisce dirà che la sua è l’unica mosca che i pesci prendevano, il lanciatore dirà: < la presentazione l’ha fatta salire alla mia mosca>, mentre il pescatore sarà convinto che la sua strategia abbia fatto la differenza. Tutti avranno ragione. Ognuno continuerà a dare la priorità alla propria convinzione. Qui viene fuori l’influenza che sceglie la valutazione data dal piacere intimo. Questa avrà il sopravvento sulla razionalità. Comunque a prescindere da quale categoria facciate parte sarebbe un peccato non usufruire di questa mosca acchiappa pesci.
Mini Chernobyl Amo Hanak 100 bl size 18 Foam Arancio - Cul de Canard Giallo Foam Rosa - Cul de Canard Rosa Foam Nero - Cul de Canard Giallo Foam Nero â&#x20AC;&#x201C; Cul de Canard Nero Filo di montaggio : polifloss 8/0 nero Lunghezza del corpo del foam 8 mm, Larghezza del corpo del foam 4 mm. Non piĂš di sei sette barbule di canard rovesciato (12 14 peli) in testa. Testa pronunciata con filo di montaggio nero.
Unione Pesca Sportiva Sondrio
Maurizio Capolaro
Per molti pescatori il personale di sorveglianza o guardia pesca, è una professione spesso sconosciuta nella sua completezza, i più pensano che gli agenti debbano controllare le catture o l’avvenuto pagamento dei versamenti annuali Regionali ed eventuali Fipsas, ed eventualmente intervenire per qualche caso d’inquinamento ambientale. A riprova di quanto scrivo, nel corso delle mie giornate di pesca, trascorse sui fiumi e torrenti del nord Italia mi è capitato di sentire le opinioni più disparate e severe e a volte fuori luogo sui G.P. a dimostrazione che sono in molti a non conoscere veramente questa professione.Infatti, a volte ci meravigliamo se non veniamo controllati con maggiore frequenza, anche se a mio avviso loro ci sono e ci controllano anche se non li vediamo, oppure, quando li allertiamo perché siamo testimoni di un episodio di bracconaggio o d’inquinamento, ma non vedendoli arrivare in breve tempo o per nulla, ce ne usciamo con la solita consumata e in-
giusta battuta, “oh! ma quando li chiami non arrivano mai!”, dettata perlopiù per la delusione di non veder punire il o i trasgressori. Ma quanti sono i pescatori che conosco questa professione nella sua interezza? Possibile che queste persone siano così indaffarate per non poter intervenire velocemente quando li chiamiamo? Oppure che siano dei lazzaroni sempre imboscati? E giacché anch’io non conoscevo a fondo questa professione, ho deciso di sanare questa mia lacuna, ma anche di spezzare la fatidica lancia in loro favore, anche perché sono abituato a documentarmi prima di sentenziare in modo definitivo. E poiché come Pam frequento da anni la Valtellina/Valchiavenna quale miglior occasioni per poter scrive questo articolo prendendo ad esempio i G.P. UPS?
In primis ho chiesto il permesso di passare un giorno in compagnia di un loro agente, proprio per constatare sulla mia pelle la realtà quotidiano di un G.P. Ovviamente non mi bastava passare una giornata sul campo ma avevo bisogno di dati per completare quest’articolo sui G. P. (mansione, conoscenze legislative ecc.). Ho quindi chiesto e ottenuto la validissima collaborazione del sig Lanzi Giorgio coordinatore degli agenti di sorveglianza con i quali ho avuto un paio d’incontri preliminare per pianificare e programmare la giornata, oltre alla stesura della dovuta documentazione. Però prima di passare alla parte per cosi dire tecnica, desidero evidenziare alcuni aspetti che mi hanno colpito particolarmente,e che solo passando una giornata in compagnia di un G.P. potevo vivere e capire. In primis quello economico, certamente questa professione non la si pratica per lo stipendio, ma bensì per l’amore per il proprio territorio e in difesa dell’ambiente. E’ questo un aspetto che è risaltato moltissimo nella giornata che ho trascorso con l’agente sig Adamo Corvi, persona appassionata della propria professione che svolge con totale dedizione, dove, oltre che adempiere ai doveri come agente di sorveglianza si adopera anche nel settore caccia. inoltre, spesso la giornata lavorativa si sa quando inizia ma non quando termina.L’agente di vigilanza sulla pesca o guardia pesca.L’attuale Corpo degli agenti di Vigilanza effettivi appartenenti all’Unione Pesca è composto da n.9 guardiapesca con la qualifica di Agenti Polizia Giudiziaria e da n.1 Comandante
e n.1 V.Comandante entrambi con la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria.Ad ogni guardiapesca è stato assegnato un territorio di competenza pari a circa Kmq.360 su una superficie complessiva di kmq. 3.240 ( dopo la Valle d’Aosta è la 2^ provincia con superficie più estesa d’Italia) con la possibilità di interscambio tra agenti della propria zona. Il guardia pesca, nei primi anni ottanta, era una figura professionale, come dice il termine stesso, che si occupava quasi esclusivamente del controllo dell’esercizio della pesca. Quindi un soggetto addetto all’accertamento degli illeciti relativi alle violazioni delle leggi e dei regolamenti che disciplinavano l’attività piscatoria.In quest’ambito, pertanto, la constatazione dei delitti ambientali attinenti al depauperamento degli ecosistemi fluviali era espletata quasi esclusivamente dagli altri organi di Polizia Giudiziaria. Dopo il suddetto periodo, in particolare con il trasferimento delle competenze in materia ambientale e della disciplina dell’attività piscatoria dallo Stato alle Regioni e attraverso l’assunzione da parte delle suddette istituzioni di norme più severe,incisive e cogenti relative alla tutela dell’ambiente e la cresciuta consapevolezza che il lavoro del guardia pesca non poteva e non doveva essere una mera attività rivolta alla sola vigilanza dell’esercizio della pesca, hanno consentito una evoluzione della figura professionale del guardia pesca più importante e meno limitata rispetto a quella precedente, diretta principalmente alla tutela degli ecosistemi acquatici, senza comunque trascurare l’attività di vigilanza sull’esercizio della pesca. Nei tempi moderni, pertanto, al guardia pesca competono diverse attività che si possono brevemente schematizzare: - controllo dei lavori di regimazione idraulica( salvaguardia della fauna ittica prima dell’inizio dei lavori, indicazioni per la rinaturalizzazione dei corpi idrici) – controllo delle operazioni di svaso dei bacini idroelettrici e delle opere di presa – (monitoraggio del trasporto solido, verifiche biologiche sugli ambienti ac-
quatici e sulla fauna ittica ) – controllo del Deflusso Minimo Vitale –(accertamenti e verifiche sulle opere di presa delle derivazioni d’acqua) – scarichi urbani, industriali e fonti di inquinamento – – riproduzione e allevamento della Fauna Ittica(Centro ittiogenico di Faedo) - immissioni della fauna ittica nei corsi d’acqua provinciali( semina con elicottero) (Semina con automezzo) (Semina con brentino) - attività di monitoraggio sulla fauna ittica – (cattura ed esami biometrici sui pesci) - attività di supporto alle attività scientifiche – ( progetti e studi vari) - attività sociale di informazione, di sensibilizzazione e di educazione ambientale dei cittadini e dei pescatori - controllo selettivo delle specie ittiofaghe – - vigilanza sull’esercizio della pesca – 1. Figura degli Agenti Giurati Il guardia pesca, per potere esercitare la sua funzione, deve essere in possesso dei requisiti giuridici atti a legittimare la sua attività che sono composti dal Decreto di nomina a “guardia particolare giurata”. Il suddetto Decreto è costituito da un tesserino di riconoscimento nel quale sono riportati i dati anagrafici, la competenza territoriale dell’agente e il periodo di scadenza del medesimo documento.Attualmente il Decreto, a seguito del D.Lgs. 112/98 (decreto Bassanini), viene rilasciato dalla Provincia, previa frequentazione di un corso istituito dall’Ente medesimo a superamento di un esame finale (art. 133 della L.R. n.31/2008). Il guardia pesca, all’atto stesso del conseguimento del Decreto, assume la qualifica di UAgente di Polizia Giudiziaria,
Ucon competenza limitata, ( art. 31 r.d. n.1604/31 e art. 22 l. n.963/65 -agenti di p.g. guardiapesca) La competenza della polizia giudiziaria in relazione ai reati ambientali I reati in materia ambientali sono di competenza di tutta la polizia giudiziaria, senza distinzione di competenze selettive o esclusive per settori, anche se di fatto esistono delle specializzazioni. Di conseguenza nessun organo di polizia giudiziaria può esimersi dal potere/dovere di intervento verso illeciti di diversa tipologia in campo ambientale.Va dunque ribadito il concetto che tutti gli organi di P.G. , su iniziativa e su segnalazione, devono comunque sempre intervenire in ordine ad un reato ambientale. E non possono rifiutare il loro operato (sotto pena di integrazione del reato di omissione di atti di ufficio art.328 C.P.) qualora un privato si rivolga a loro sostenendo, e ciò è frequente, che non è di loro competenza ma bisogna rivolgersi ad un organo specializzato. A conclusione di quest’articolo sul personale di sorveglianza, spero di aver modificato il giudizio e l’atteggiamento che molti pescatori hanno su questi professionisti. Ma soprattutto di aver evidenziato aspetti spesso sconosciuti ai più di questa professione. Non dimentichiamo che la Valtellina e la Valchiavenna sono location che molti, in Italia e all’Estero invidiano, e lo si deve in gran parte al loro lavoro che con dedizione e professionalità hanno permesso di raggiungere ottimi risultati. Certamente la triste situazione che vede Il povero fiume Adda protagonista nonché vittima a causa di certe pratiche molto discutibile sulla gestione delle acque da parte di terzi non è da dimenticare,ne da sottovalutare, ma questa è un’altra storia che riguardano le istituzioni più importanti, non certo i nostri agenti di sorveglianza.
Pupa di Tricottero Alberto Mondini
Amo: 12
Sacca alare: Canard
Sotto corpo: lana Rossa e Gialla
Ali: Raffia color tortora
Corpo: Lattex
Torace. Poly rosa
Zampe: Fagiano
Testa: Marrone