Femmine e maschi. Vicino e lontano, piccolo e grande. Il piacere di scoprire la ricchezza delle differenze nella cultura visiva prodotta dall’infanzia
Quarantacinque opere della raccolta museale PInAC, alla scoperta dei punti di vista di giovani interpreti dai 5 ai 16 anni provenienti da 13 Paesi del mondo
Quaderno-catalogo n° 18 Collana PInAC Gli Occhi le Mani Assessorato Cultura e Pubblica Istruzione Comune di Rezzato A cura di Elena Pasetti Testi di Mariella Foresti Nicola Negretti Elena Pasetti Il racconto è un adattamento da “Il dono dei Magi” di O. Henri
Segreteria Maria Grazia Morandi Digitalizzazione delle opere Carla Cinelli Grafica Luisa Goglio
Femmine e maschi. Vicino e lontano, piccolo e grande Il piacere di scoprire la ricchezza delle differenze nella cultura visiva prodotta dall’infanzia
Pinacoteca Internazionale dell’Età Evolutiva Aldo Cibaldi Comune di Rezzato Assessorato alla Cultura Rezzato (Bs) Italia
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Su tartarughini e inutili pettini e catene d’orologio Che le differenze siano il bene più prezioso, perché dono reciproco di ciò che ci manca, è concetto strano e fuori uso? Pensiamoci. Non nasciamo come i tartarughini dall’uovo, carapace morbido ma già formato, mamma chissà dove, dritti verso il mare – occhio ai gabbiani! – e via. Prima di metterci sulle gambe e andare per conto nostro abbiamo bisogno per lunghi anni che altri, diversi da noi, ci regalino tempo, calore, cibo, parole. Anche grandi da soli non ci bastiamo, non sopravviviamo. Abbiamo necessità di scambio, di relazione con altri diversi da noi. Gli altri: le ricchezze che non abbiamo, ma alle quali possiamo accedere attraverso la pratica del dono. Lo sappiamo, siamo soli nel mondo come tartarughini sulla riva del mare. Ma lo spazio, non eliminabile né da eliminare, che ci separa e unisce agli altri può essere attraversato dal dono. Meglio ancora se sbagliato e buffo come quello dei due ragazzi innamorati del racconto di O. Henri: così risalta di più che nello scambio tra le persone conta davvero solo il movimento verso l’altro, la non economicità, la gratuità. Saliamo ora per via Disciplina fino alla PInAC. Già nel logo la casa dei disegni delle bambine e dei bambini del mondo si presenta con le braccia aperte.
A prendere? A dare? Il nome contiene la totalità delle differenze solidalmente unite, il mondo, qui raccolte con cura nella forma dei disegni dei piccoli della specie, e nomina la differenza fondativa degli esseri umani, quella di genere. Bambine e bambini: il femminile e il maschile che solo insieme e solo perché diversi possono generare nuova vita, mettere al mondo nuovo mondo. Nicola Negretti – grazie per la ricchezza e la profondità dei tuoi pensieri – osserva che il linguaggio potente delle immagini – il pane della PInAC – aiuta ad avvicinarsi alla complessità indicibile della vita. Non ci stupiremo allora se, per i 710 anni dalla fondazione del Comune e come tema culturale dell’anno, proprio dalla PInAC arriva alla comunità di Rezzato la proposta di riflettere sul tema delle differenze: da conoscere negli altri, da riconoscere in noi, da sperimentare nella loro capacità di allargare e arricchire gli orizzonti. Un dono per il nostro Comune, un dono per tutti.
Mariella Foresti assessore alla cultura e istruzione
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“La creatura vede l’aperto” Riflessioni sul tema delle differenze Nel film “Fanny e Alexander” (1982), che molti considerano il suo capolavoro, Ingmar Bergman descrive l’iniziazione alla vita di due ragazzi, in particolare di Alexander, nella cui figura traspaiono elementi autobiografici, e svolge una riflessione sulla vita, guardata con lo sguardo curioso, penetrante e visionario dell’innocenza. Più che l’intreccio narrativo del film, mi interessano i tre grandi affreschi entro cui esso si snoda e che si contraddistinguono per i toni ora festosi, ora drammatici, ora misteriosi della scena. La riflessione sulla vita, che il regista conduce con il linguaggio potente delle immagini, può costituire la traccia del discorso, che intendo proporre sulle differenze. In fondo, chiamare in causa la categoria delle “differenze” è il modo, forse il più complesso, ma anche il più adeguato, per parlare della vita. E delineare le forme con cui l’esperienza umana si rapporta alle differenze, altro non significa che evocare la multiformità, l’imprevedibilità, la contraddittorietà, la solidarietà, l’allusività della vita stessa. A. Il manifestarsi delle differenze e la meraviglia Il film, ambientato nel 1907 in una città della provincia svedese, incominica con la sontuosa festa di Natale nella casa di un’agiata famiglia borghese, gli Ekdahl. Ci sono tutti. Al centro vi è la figura, forte e saggia, della nonna Helena, che in gioventù è stata attrice. Poi c’è Oscar, direttore del teatro locale, e sua moglie Emily. Sono i genitori di Fanny e Alexander. Gli zii Gustaf Adolf e Carl, con le rispettive mogli, completano la cerchia familiare. Le luci, i colori sfavillanti, i regali, i canti, la danza, i cibi e le bevande, gli scherzi, gli scambi tra uomini e 6
donne, tra grandi e piccoli creano un clima di gioia, a cui ognuno si abbandona amabilmente. È questo il primo affresco su cui Fanny e Alexander sgranano i loro occhi, divertiti e pieni di meraviglia. La vita è qui, nel manifestarsi delle cose, nel variare delle percezioni, nella presa dei sensi. Non è uniformità, ma disvelarsi delle differenze e della loro molteplicità. Se così non fosse, la vita non avrebbe sapore, colore, attrattiva e non ci coinvolgerebbe. Non potrei gioire della primavera, se non vedessi la varietà dei fiori, se non sentissi l’aria tiepida che accarezza la pelle, se non odorassi profumi freschi e penetranti. Non conoscerei la forza della passione d’amore, se un volto sorridente non mi portasse all’incontro, se il suono di una voce, solo quella tra tante, non mi incantasse, se il desiderio di un corpo non mi facesse uscire di testa. Non avrei un’idea tangibile di che cosa sia la tragedia del sottosviluppo, se non avessi sentito il morso della fame, se non mi fossi mai aggirato in una “bidonville”, se non provassi l’umiliazione di un diritto negato. Là dove le differenze appaiono nella loro novità, immediatezza e verità, è l’evento della nascita2. Non è l’heideggeriano “essere-per-la-morte”, ma la nascita a definire l’essere concreto, a segnare gli individui nella loro differenza. Visto sull’orizzonte della sua nascita, del suo venire alla luce, ogni singolo è irripetibile. Nella vita nessuno è fatto in serie. E la dimensione umana, che mette in contatto con questa raffigurazione del mondo, è la meraviglia, il lasciarsi sorprendere da ciò che non è previsto e che sfugge alla morsa livellatrice del controllo. Meraviglia è lo sguardo stupito del bambino, che scopre l’universo per la prima volta. Meraviglia è la vista dei poeti e degli artisti, che contemplano il mondo all’atto della creazione,
sfogo alla sua creatività. Può solo isolarsi in un mondo fantastico, per sfuggire al controllo punitivo e all’ira ingiustificata del vescovo. Il ritmo delle giornate è scandito da regole severe e indiscutibili. Tutto è uniforme e previsto, dentro un ordine che non lascia spazio alla novità, che anzi la fa sentire superflua o, addirittura, sbagliata. Qui il sipario si alza su un mondo in cui il principio d’ordine prevale rispetto a quello della vita, in cui le differenze si sono irrigidite e sono diventate contrapposizioni. La storia dell’occidente, ma forse gran parte della storia umana, ha conosciuto questa deriva. Là dove l’esercizio del “potere” nei rapporti umani, a partire dalla dimensione personale fino a quella politica, più che mettersi al servizio della vita, ha lavorato per la propria autoconservazione, lì è prevalsa la logica del “dominio” e del controllo, che è poi una logica di riduzione della molteplicità all’”uno”. Forse in concomitanza con il costituirsi di organizzazioni sociali più complesse, lo scambio vitale tra l’uomo e la donna, come d’altronde quello tra il pubblico e il privato, tra l’interno e l’esterno della comunità, venne subordinato a un principio unico, gerarchico e autoritario, che si definì sulla base B. Il dominio delle differenze e la logica dell’”uno” del modello maschile e paterno. Il secondo affresco di “Fanny e Alexander” è plumbeo. Sembra che la gioia di Non è chiaro come di fatto si sia imposto questo modello, che solitamente vivere si sia spenta. Rimasta vedova, Emily, la madre di Fanny e Alexander, trova chiamiamo “patriarcato”4. Ma per questa via, il debito di riconoscenza e di scambio conforto nella religione e finisce per sposare un vescovo protestante, Vergérus. che la paternità maschile deve alla donna e al suo rapporto con la vita, che il La vita dei due ragazzi subisce un pesante e brusco cambiamento. Dalla dimora pubblico della società deve al privato ristoro delle persone e alla pluralità dei sontuosa e ricca di giochi passano e devono adattarsi alla rigidità e all’austerità corpi, che la razionalità deve alla complessità degli affetti, è stato sottovalutato, della canonica. Alexander non ha più il teatrino di marionette per dare libero cristallizzato in “ruoli” e rimosso, per far valere un solo principio. La logica dell’uno,
anzi lo ricreano con la loro vena affabulatrice. Dalla meraviglia prende avvio il primo “perché” della ricerca e della conoscenza. Oltre che presentarsi nella loro individualità, le differenze si richiamano per una insospettata parentela, per una forza attrattiva, per la legge del desiderio. Qui tocchiamo con mano il fatto che esse non solo si disvelano alla loro nascita, ma anche si incontrano tra loro, per mantenersi e poter durare, rispondendo a un principio d’ordine o di unità dinamica. E qui le “differenze” esprimono il loro più profondo significato. Proprio perché differenti si incontrano, vivono il passaggio dall’una all’altra, producono qualcosa di nuovo. Proprio perché differenti, si definiscono e si comprendono l’una in rapporto all’altra. La differenza tra il maschile e il femminile, che è la più potente figura della vita, allude a un binomio, che parla di identità differenti, ma non separate, bensì in dialogo e scambio continuo. E ciò che le fa dialogare, è l’”eros” che le congiunge3 e che porta l’individuo a realizzarsi. Come d’altra parte, la differenza tra il pubblico e il privato, l’interno e l’esterno, e la loro perenne alternanza realizzano la comunità.
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che ha sicuramente impresso un energico impulso trasformatore all’avventura umana, si è però manifestata livellando la vita, se non distruggendola, attraverso l’azione dei monoteismi assolutizzati, dei sistemi filosofici onnicomprensivi, dell’ideologia del “progresso” indiscriminato, del dramma ecologico, dei nazionalismi colonizzatori, delle guerre dei totalitarismi. Nello scorcio attuale della nostra “civiltà”, assistiamo al fenomeno della globalizzazione, un sommovimento epocale nello scambio delle merci, nell’organizzazione del lavoro, nella vita dei popoli e delle comunità. Le mutazioni, che a seguito delle ondate migratorie già segnano lo stile delle nostre convivenze e l’assetto delle nostre regole sociali, pongono di nuovo alla ribalta il problema delle differenze e possono avere esiti diversi. Possono produrre commistioni vitali e creative tra le diverse culture. E questo sarebbe l’esito più positivo e auspicabile5. Ma esiste anche il rischio contrario. E di fatto, nell’oggi, dobbiamo constatare l’insorgere di rigide contrapposizioni tra le culture, le quali si chiudono in se stesse e si combattono a difesa della loro unicità. C’è infine chi paventa un terzo approdo. I cambiamenti del mondo globale potrebbero sfociare, secondo alcuni, invece che in una intensificazione delle differenze, in un “neutro” generale, incolore e senza volto, in una indistinta cultura tecnologica, in cui le differenze morirebbero. Ma perché dovremmo dare per ineluttabile un tale destino della nostra umanità?
qual è, l’orsacchiotto per farsi coraggio nell’andare a dormire, già incomincia a costruire in sé l’identità dell’uomo che sarà. La nonna legge per lui, che nel frattempo ha poggiato la testa sul suo grembo, le parole di Strindberg: “Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono. Su una base insignificante di realtà l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni”6. Recuperare il valore delle differenze, in questa nostra civiltà della crisi, significa, a mio modo di vedere, “cambiare mentalità” e oltrepassare la logica dell’uno, in base alla quale, da un lato, esiste il mondo e, dall’altro, trascendente o immanente, esiste il “senso” (che lo si chiami “Dio”, “principio universale” o altro, non cambia molto), che ne esprime l’identità. Le cose e gli individui non rimandano a qualcosa di assoluto, che li rappresenterebbe e che, rappresentandoli, li annullerebbe come differenze. Rimandano solo a se stesse. Per Nancy, il “senso” non è qualcosa che viene attribuito al mondo né dall’alto né dal basso, ma è il mondo stesso. “Finché il mondo fu essenzialmente in rapporto con dell’altro (con un altro mondo o un autore del mondo) poteva avere un senso. Ma la fine del mondo è il fatto che non c’è più questo rapporto essenziale, […] non c’è […] altro che il mondo ‘stesso’. In questo momento il mondo non ha più senso, ma è il senso”7. È ormai fuori luogo domandarsi: “Perché c’è il mondo?”. L’unica affermazione plausibile è che il mondo c’è, le cose, gli enti, le differenze ci sono, nel loro darsi molteplice e collettivo, nel loro collegarsi e disgiungersi. E allora non possiamo C. Il gioco delle differenze e l’apertura più chiamare in causa un principio d’ordine sul modello dell’”uno”, ipotizzando un Dalla canonica, in cui Fanny e Alexander sono prigionieri, sarà la nonna Helena centro unico, un uni-verso, ma occorre riferirsi a un poli-verso, dove le differenze a liberarli e a nasconderli nel magazzino di rigattiere del suo amante ebreo, Isaac. dialogano tra loro, si incontrano, passano dall’una all’altra, sono un “essere-con”, E proprio la casa dell’ebreo, stracolma di cianfrusaglie e antichità a profusione e un “essere singolare plurale”8. intrisa di magia, coi fantasmi, la mummia semovente, il padreterno burattinone, la Se questo è vero, le cose sono se stesse, le differenze appaiono e si follia psicotica e visionaria di Ismael, disegna il terzo affresco del film. Lì Alexander comprendono, nella misura in cui sono aperte. L’”apertura” è forse la cifra più si interroga coi suoi sogni sul mistero della vita e, pur abbracciando, da bambino profonda della “differenza”. Questo è il “mistero”, il “segreto” vitale del mondo. Le 8
cose, oltre che la loro singolarità e proprio per via di essa, hanno una loro forza d’irradiazione, si realizzano nel rapporto e si organizzano tra loro, non con regole rigide, ma in movimento. In pratica, le cose giocano tra loro. Il gioco non è attività futile, relax, interruzione del lavoro, e basta. Ma è ciò che permette all’organizzazione del lavoro, a ogni organizzazione, di rimanere aperta, di non irrigidirsi, di rinnovarsi. Come d’altronde la fantasia e l’immaginazione, imparentate con il gioco, permettono al pensiero di non isolarsi e inaridirsi, ma di essere creativo. Lo stesso discorso potrebbe riguardare l’identità di ciascuno di noi. È importante che
Cfr. Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, Einaudi, Torino 1978, ottava elegia, vv. 1. 2. 1
Cfr. Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano 1997. 2
3 Cfr. Carlo Sini, “Chi desidera chi? Sul desiderio complementare e ineguale della donna e dell’uomo”, in: Commissione Pari Opportunità della Provincia di Brescia – Consultorio Familiare Onlus di Brescia, Il desiderio e l’identità maschile e femminile. Un percorso di ricerca, Franco Angeli, Milano 2004.
Il modello patriarcale ha ricevuto una teorizzazione psicoanalitica e storico-culturale da parte di Freud. Vedi Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, in: “Opere”, 4
tendiamo a “essere noi stessi”, con una identità precisa. Ma se non la vogliamo interpretare difensivamente, occorre anche essere aperti. Un po’ di autoironia non ci guasterebbe. Siamo quella persona lì, ma potremmo essere anche diversi. Come succede a chi fa teatro, che si muove tra la realtà e il sogno. Dice ancora Strindberg: “Il senso della realtà vera del teatro è andato smarrito. Dai cervelli umani è scomparsa la nozione del teatro. Essa esiste, invece: a metà strada tra realtà e sogno”9. Nicola Negretti p s i c o l o g o, p s i c o t e r a p e u t a
vol. IV, Boringhieri, Torino 1970; Sigmund Freud, Totem e tabù. Alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici, in: “Opere”, vol. VII, Boringhieri, Torino 1975. Sulla non generalizzabilità del modello patriarcale si sono espressi con forza gli antropologi. Vedi Bronislaw Malinowski, Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Bollati Boringhieri, Torino 1969; Margaret Mead, Maschio e femmina, Il Saggiatore, Milano 1962; Claude Lévi-Strauss, Tristi tropici, Il Saggiatore, Milano 1960.
di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni. I personaggi si scindono, si raddoppiano, si sdoppiano, svaniscono, prendono consistenza, si sciolgono e si ricompongono. Una coscienza, tuttavia, sovrasta tutte, quella del sognatore: per essa non ci sono segreti, inconseguenze, scrupoli, leggi. Egli non condanna, non assolve, solo riferisce; e poiché il sogno il più delle volte è doloroso, solo di rado lieto, una nota di malinconia e di pietà verso quanto è vivente attraversa il vacillante racconto”.
Vedi Carlo Galli, L’umanità multiculturale, Il Mulino, Bologna 2008.
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Cfr. August Strindberg, Il sogno, Adelphi, Milano 1994. Il testo di Strindberg, citato da Bergman, così continua: “…un misto
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Cfr. Jean-Luc Nancy, Il senso del mondo, Lanfranchi, Milano 1997.
Cfr. Jean-Luc Nancy, Essere singolare plurale, Einaudi, Torino 2001. 8
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Cfr. August Strindberg, opera citata. 9
Le differenze stanno negli occhi di chi guarda Scrive Nicola Negretti nel suo prezioso contributo regalato alle pagine di questo catalogo, che “ ... nella vita nessuno è fatto in serie. E la dimensione umana, che mette in contatto con questa raffigurazione del mondo, è la meraviglia, il lasciarsi sorprendere da ciò che non è previsto e che sfugge alla morsa livellatrice del controllo. Meraviglia è lo sguardo stupito del bambino, che scopre l’universo per la prima volta. Meraviglia è la vista dei poeti e degli artisti, che contemplano il mondo all’atto della creazione, anzi lo ricreano con la loro vena affabulatrice. Dalla meraviglia prende avvio il primo “perché” della ricerca e della conoscenza. “ Meraviglia è anche una delle emozioni che attraversa lo sguardo dell’adulto quando si accosta alle opere espressive di bambine e bambini. In pratica il nostro sguardo, quando ci accingiamo a scegliere dall’archivio della Collezione storica PinAC i “pezzi” per l’allestimento delle mostre.
Viva le differenze è stato un intrigante esercizio di ricerca secondo parametri non noti agli autori, ma direi intrinseci ad essi: la loro appartenenza di genere, l’ambiente in cui vivono, la religione che praticano, le modalità di danzare, fare musica e di vivere in famiglia, la tipologia di scuola che frequentano. Ne è uscito uno straordinario caleidoscopio di 45 elaborati capaci di raccontare il modo di rappresentare la quotidianità di maschi e femmine, di età dai 5 ai 16 anni, nati in 13 diversi Paesi del mondo, dal cuore di Rezzato a quello dell’Isola di Pasqua, passando dall’Europa alle Americhe. In questo gioco di confronti abbiamo avuto una volta di più, la conferma che le differenze stanno negli occhi di chi guarda quando, osservando il mondo, scopre la molteplicità che sta oltre la propria individualità. E ora il gioco passa ai visitatori adulti e bambini. La caccia al tesoro è aperta: viva le differenze tutte da scoprire. Elena Pasetti direttrice pinac
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n dollaro e ottantasette centesimi. Tutto qui. E sessanta cents erano in spiccioli. Spiccioli risparmiati uno, due alla volta, tirando sui prezzi con il droghiere, il fruttivendolo e il macellaio finché le guance le bruciavano per il velato sospetto di taccagneria che quel suo puntiglioso mercanteggiare destava nei negozianti. Della li contò tre volte. Un dollaro e ottantasette centesimi. E l’indomani sarebbe stato Natale. Evidentemente, non c’era altro da fare che lasciarsi andare nel piccolo sofà logoro e piangere. E così fece Della. Quanto narrato fin qui ci suggerisce che la vita è fatta di singhiozzi, di sospiri e sorrisi, con un netto prevalere di sospiri. Mentre la padrona di casa scivola pian piano dal primo al secondo stadio, date un’occhiata alla casa. Un appartamento ammobiliato per otto dollari la settimana. Non era del tutto indecoroso, ma di sicuro poteva rientrare nella lista dei recapiti dei bisognosi. Nell’atrio, al piano terra, c’era una cassetta per la posta nella quale nessuna lettera avrebbe desiderato entrare. Vi appariva pure una targa con il nome “Mr. James Dillingham Young”. Aveva fatto la sua bella figura per tutto un primo periodo di prosperità, quando il suo proprietario guadagnava trenta dollari la settimana. Adesso, dopo che le entrate si erano ridotte a venti dollari, le lettere di “Dillingham” parevano sbiadite. Tuttavia, al suo arrivo a casa, salite le scale, Mr. James Dillingham Young veniva accolto a braccia aperte e con un «Bentornato Jim» dalla signora Dillingham Young, che già conoscete come Della. E ciò è molto bello. continua
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The toy store Cuper Bayron, 6 anni Louisiana, Stati Uniti Tempera cm 45,5x61 FA 4949
La mamma legge una fiaba del giornalino alla figlia Alessia Maggioni, 8 anni Bosisio Parini, Lecco, 2007 Collage cm 20x16 FA 5082
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Una famiglia numerosa Paola Crescenzio, 7 anni ArquĂ , Treviso, 1972 Tecnica mista cm 24x34 FA 660
Donna Swahili di Leso Katherine Nthenge, 11 anni Nairobi, Kenya, 1983 Tempera cm 41,5x58 FA 2011
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Sposalizio Marika Valenska, 8 anni Varsavia, Polonia, 1992 Tempera 33x23,5 FA 4048
Foto di matrimonio Lenka Fisarova, 12 anni Repubblica Ceca, 1995 Tecnica mista cm 28,5x41 FA 848
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Il mio dottore ideale …Un medico femmina, simpatica, intelligente ma… sempre sorridente Sara Ferrari, 12 anni Bussero, Milano, 2006 Matite colorate cm 48x33 FA 4782
Questo dottore un po’ stravagante è considerato una delle minacce più grandi per tutta la città. È molto ricco, anche se il suo studio è in decadenza, ma, contrariamente a quello che si dice in giro, è anche molto simpatico. Lui non userà mai uno di quegli strumenti che ha nella stanza a scopi omicidi, ma ogni volta che un paziente esce dallo studio, rimane comunque un po’ scosso. Andrea Landi,12 anni Bussero, Milano, 2006 Matite colorate cm 33,1x48 FA 5202
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La mia famiglia Karel Sevcik, 6 anni Most, Repubblica Ceca, 1992 Tempera 29,5x42 fa 492
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La mia mamma è stata alla Coop a fare la spesa con il mio fratellino Federica Romano, 6 anni Ronta, Firenze, 1979 Tecnica mista cm 33x24 FA 239
Io e papĂ in moto Gabriel Migliorati, 6 anni Pavone Mella, Brescia, 2003 Pennarelli cm 24x33 FA 5077
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ella cessò di piangere e si asciugò le lacrime con lo straccio per la polvere. Stava accanto alla finestra e guardava un gatto grigio che camminava su di uno steccato grigio in un grigio cortile. L’indomani sarebbe stato il giorno di Natale e lei aveva solo un dollaro e ottantasette centesimi per comperare a Jim un regalo. Aveva risparmiato ogni spicciolo per mesi, ed ecco il risultato. Venti dollari la settimana non hanno le gambe lunghe. Le spese erano state superiori alle sue previsioni, come al solito. Soltanto un dollaro e ottantasette cents per comperare un regalo a Jim. Il suo Jim. Aveva trascorso molte ore sognando un regalo speciale per lui: qualche cosa di bello, raro e pregiato, qualche cosa degno dell’onore di appartenere a Jim. Fra le due finestre della stanza c’era una specchiera. D’un tratto si scostò con una piroetta dalla finestra fermandosi davanti allo specchio. I suoi occhi vivaci luccicavano, ma, in un attimo le sue guance avevano perso il colorito. Si sciolse i capelli con gesti rapidi e li lasciò ricadere sulle spalle.
Dovete sapere che vi erano dei beni posseduti dalla famigliola Dillingham Young dei quali essi andavano orgogliosi. Uno era l’orologio d’oro di Jim che era stato di suo padre e del padre di suo padre. L’altro erano i capelli di Della. Se la regina di Saba avesse avuto dimora nella casa di rimpetto, Della avrebbe fatto asciugare i capelli lasciandoli ondeggiare dalla finestra solo per sminuire i gioielli e gli ornamenti di Sua Maestà. Se il re Salomone fosse stato il portinaio, con tutti i suoi tesori ammucchiati nello scantinato, Jim avrebbe tratto dal taschino il suo orologio ogni volta che gli fosse passato davanti, solo per il piacere di vedere il re strapparsi la barba dall’invidia. Così ora gli splendidi capelli di Della le ricadevano intorno come onde rilucenti di una cascata d’ acque brune. Arrivava fin sotto le ginocchia, avvolgendola quasi come una veste. Della, con gesti rapidi e frettolosi, raccolse di nuovo i capelli in una crocchia. D’un tratto esitò e rimase per un istante immobile mentre una lacrima cadeva su uno sbiadito tappeto rosso. S’infilò la logora giacca marrone e il vecchio cappello della stessa tinta. Con un turbinio di gonne e con quell’insolita luce ancora negli occhi, volò fuori dalla porta e giù per le scale, in strada. continua
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Gli oleodotti Wanda Wysziuska, 15 anni Varsavia,Polonia, 1976 Tempera cm 34x29 FA 2176
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Le mie vacanze nell’universo Adrian Balan, 6 anni Onesti, Romania Tecnica mista cm 25x45 FA 541
Isla de Pasqua Ororoine Hey Araki e Roxana Hormazabal Araki, 15 anni Isola di Pasqua, Cile, 2008 Matite colorate cm 37,1x53,4 FA 5355
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Autunno Daniele Spatti, 12 anni Pisogne, Brescia Tecnica mista cm 31,5x48 FA 2611
Inverno Yoshiko Shintaku, 14 anni Kobe, Giappone, 1965 Tempera cm 50x67 FA 3084
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La bambina con la neve Pupazzo di neve Yoshiko Abe, Giappone Stampa cm 27x39,5 FA 4972
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Alessia Turcato, 5 anni Castelletto di Leno, Brescia, 2003 Tempera cm 35x50 FA 5060
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Fiestas tradicionales Natalia Moito, Hito Salazar, 5 anni Isola di Pasqua, Cile, 2008 Pastelli a cera cm 50x67,6 FA 5353
La mia casa Chao Tao Jia, 11 anni Cina, 1998 Tecnica mista cm 39,7x55 FA 5178
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Cori mattutini Vincent M’maitsi, 15 anni Nairobi, Kenya, 1983 Tempera cm 34,5x43 FA 2659
Ragazzi in un cortile Annamaria Molino, 8 anni Monale, Asti Pennarelli cm 48x33 FA 4683
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Tverj in inverno Galja Moroshkina, 8 anni Tver, Russia, 1996 Acquarelli cm 29,5x42 FA 4982
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i fermò davanti ad un’insegna che diceva: “M.me SofronieArticoli di ogni genere per capelli”. Della salì una rampa di scale di corsa e si fermò di nuovo, ansimante. Il nome Sofronie mal si addiceva a Madame: grande, fin troppo pallida, fredda. «Volete comperare i miei capelli?» chiese Della. «Io compro proprio capelli» rispose Madame. «Si tolga il cappello e vediamo questa chioma». La cascata bruna ricadde libera. Sollevandola con mani esperte Madame offrì venti dollari. «Me li dia subito» fece Della. Oh, le due ore seguenti volarono su ali di rosa. Perdonatemi la trita metafora. Rovistava i negozi cercando il regalo per Jim. Alla fine lo trovò. Di sicuro era fatto per lui e per nessun altro. Era una catenella per orologio in platino, semplice e lineare nel disegno; già di per sé, senza bisogno di tanti orpelli, dichiarava tutto il suo valore; come, d’altronde, tutte le buone cose. Era perfino degna dell’orologio. Appena la vide seppe che doveva essere di Jim. Era come lui. Modestia e pregio, queste le qualità comuni ad entrambi.
Le ci vollero ventuno dollari, e Della si affrettò verso casa con gli ottantasette cents. Con quella catenella all’orologio, Jim sarebbe stato impaziente di guardare l’ora in compagnia di chiunque. Infatti per quanto meraviglioso fosse l’orologio, egli finora lo guardava, ma di nascosto, a causa di quella vecchia striscia di cuoio che gli faceva da catena. Quando Della arrivò a casa, la sua euforia lasciò il posto al buon senso e alla ragione. Scaldò il ferro per arricciare i capelli e si mise al lavoro per porre riparo ai danni causati dalla sua generosità e dal suo amore. Impresa che, invero, non può dirsi mai facile. Quaranta minuti dopo la sua testa era ricoperta di fitti riccioloni che la rendevano del tutto simile ad uno scolaretto birbone. Studiò la propria immagine allo specchio a lungo, attentamente. «Se Jim non mi ucciderà prima di darmi una seconda occhiata» pensò fra sé e sé «dirà che somiglio ad una ballerina di fila di Coney Island. Ma che potevo fare, oh, che potevo fare con un dollaro e ottantasette centesimi?». continua
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Hockey Ilyia Maximov, 12 anni Tver, Russia, 1996 Tecnica mista cm 31x42,5 FA 5010
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Gran calcio Leonardo Olivetti, 10 anni Pavone Mella, Brescia, 2006 Pastelli a cera cm 24x33 FA 4960
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La corsa campestre Sabina Schiavi, 7 anni Pavia, 1980 Pastelli a cera cm 33x48 FA 1855
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La fine dell’incontro
Tutto sport
James Di Marco, 13 anni Italia Tecnica mista cm 50x35
BoantĂ Oana, 14 anni Onesti, Romania, 1994 Tempera cm 41x30
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FA 1903
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Danze tribali Rose Apondo, 9 anni Kenya, Africa, 1983 Tempera cm 41,6x46,5 FA 1171
Sala da ballo Sergio Maffeis, 13 anni Montichiari, Brescia, 1971 Linoleografia a tre colori cm 19x31 FA 1893
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Istrumentul meu preferat Despina Talambuta, 12 anni Bucarest, Romania Tempera cm 29,5x42 FA 3127
Four musicians David Lines, 10 anni Edimburgo, Scozia, UK Tempera cm 28x38 FA 2827
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La diablada Sotomayor Cesar Gazos, 10 anni Lima, Per첫, 1986 Tempera 34,5x24 FA 2515
Garba dance Vibha Raw, 16 anni India, 1967 Tempera cm 28x38 FA 3922
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lle sette in punto il caffé era pronto e la padella già calda sulla stufa, aspettava solo di poter cuocere le costolette. Jim non tardava mai. Della strinse la catenella per l’orologio nella mano e sedette sull’angolo del tavolo vicino alla porta dalla quale lui sarebbe entrato. Udì i suoi passi sulla prima rampa di scale e per un attimo impallidì. Aveva l’abitudine di recitare brevi preghiere silenziose per le più semplici cose di ogni giorno, ed ora mormorò: «Ti prego, Signore, fa che pensi che sono ancora carina». La porta si aprì, Jim entrò. Era magro e serio. Povero Jim, aveva solo ventidue anni ed il fardello di una famiglia già sulle spalle! Gli sarebbe servito un cappotto nuovo e non aveva guanti. Varcata la soglia, si fermò immobile come un cane da caccia al sentore della selvaggina. I suoi occhi, fissi su Della, avevano un’espressione enigmatica che la spaventava. Non era collera, né sorpresa, né disapprovazione o disgusto, nessuno dei sentimenti per i quali lei si era preparata. Semplicemente la fissava con quell’espressione particolare del viso. Della saltò giù dal tavolo e gli andò incontro. «Jim, caro – esclamò – non guardarmi in quel modo. Ho tagliato
i miei capelli e li ho venduti perché non sarei sopravvissuta a questo Natale senza farti un regalo. Cresceranno ancora. Non sei arrabbiato, vero? Dovevo farlo. I miei capelli crescono molto in fretta. Diciamoci “Buon Natale”, Jim, e siamo felici. Non puoi immaginare che stupendo, bellissimo regalo ho per te». «Ti sei tagliata i capelli?» chiese Jim a fatica, come se non fosse ancora giunto a quell’ovvia conclusione. «Tagliati e venduti» disse Della. «Non ti piaccio lo stesso? Anche senza i miei capelli, io sono sempre io, non è forse vero?». Jim volse lo sguardo inquieto per la stanza. «Uh? I tuoi capelli sono spariti?» egli fece, con un’aria un po’ idiota. «Non c’è nessun bisogno che li cerchi» fece Della «Li ho venduti, ti ripeto venduti: non ci sono più. È la vigilia di Natale, ragazzo mio. Sii buono con me perché li ho tagliati per te. È forse possibile contare i miei capelli uno ad uno , ma non si potrà mai contare il mio amore per te. Metto sul fuoco le costolette, Jim?». Uscito dal suo torpore, Jim sembrò svegliarsi di scatto. Abbracciò la sua Della. Ed io vi invito, cari lettori, a voltarvi con me, come chi, per discrezione, volge lo sguardo altrove, fingendosi attratto da qualche oggetto insignificante. continua
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Gli uomini cattivi bastonano Ges첫 Cecilia Morello, 6 anni Romano di Varmo, Udine, 1974 Tecnica mista cm 34x48 FA 871
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Cancion a la Virgen: Oh, hermosa flor Karen Michelsen, 16 anni Miraflores, Lima, Per첫, 1986 Tempera cm 43x51,3 FA 1231
Procession de penitents a Seville Pierre Clermont, 12 anni Brignoles, Francia Tempera cm 24x31,5 FA 919
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La strada verso il tempio Pavel Zuravlsov, 9 anni Tula, Russia, 1995 Tempera cm 31,5x42,5 FA 827
Da casa mia, in via Vecchia, io vedo il Muriccio, Casciana e i campi sotto il cimitero e quando c’è un funerale vedo la processione tutta intera, dal sagrato fino al cancello del Camposanto. Giuseppe Angeli, 10 anni Casciana di Camporgiano, Lucca, 1989 Tempera cm 50x59,6 FA3746
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Funerale d’autunno Mariella Foresti, 9 anni Rezzato, Brescia, 1967 Tempera cm 36x50,5 FA 3706
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tto dollari la settimana oppure un milione l’anno, che differenza fa? Un matematico o un uomo arguto vi darebbero la risposta sbagliata. Doni di gran valore portarono i Magi, ma non quello di cui vi sto parlando. Jim prese un pacchetto dal cappotto e lo gettò sul tavolo. «Non ingannarti, Della» egli disse «sul mio conto. Non vedo nulla né taglio di capelli, né acconciatura che possa farmi piacer di meno la mia bambina. Ma apri il pacchetto e capirai perché mi sono confuso, poco fa». Pochi gesti impazienti delle bianche mani e la carta colorata volò via. Poi un acuto strillo di gioia e poi, accipicchia, una femminile, repentina pioggia di lacrime e gemiti, così che tutte le energie del padrone di casa dovettero concentrarsi nel consolarla. Nel pacchetto c’erano i Pettini. La serie di pettini, per la nuca e i lati del capo, a motivo dei quali Della era rimasta a lungo incantata, davanti ad una vetrina di Broadway. Bellissimi, di vera tartaruga, contornati da una fila di pietre luccicanti, giusto del colore dei suoi splendidi e perduti capelli. Erano pettini molto costosi, lo sapeva e nel suo cuore li aveva desiderati senza neppure sperare di possederli. Ora erano suoi ma, ahimè, le trecce che avrebbero dovuto ornare non c’erano più. Li strinse al petto e finalmente riuscì ad alzare gli occhi umidi e a dire sorridendo: «Sapessi come crescono in fretta i miei capelli, Jim!». D’un tratto Della scattò come un gatto scottato dall’acqua bollente e gridò «Oh! Oh!».
Jim non aveva visto ancora il suo splendido regalo. Glielo porse fremendo, sulla palma aperta della mano. La sua stessa anima, luminosa ed ardente, risplendeva nel riflesso di quel prezioso metallo opaco. «Non è un amore, Jim? Ho messo in subbuglio tutta la città per trovarlo. Adesso dovrai guardare l’ora cento volte al giorno. Mi dai il tuo orologio? Voglio vedere se gli sta bene». Jim non obbedì. Si lasciò cadere sul sofà ed intrecciò le mani dietro la nuca, sorridendo. «Tesoro» disse «mettiamo via i nostri regali. Sono troppo belli per usarli ora. Ho venduto l’orologio per comperare i pettini. Cara, forse dovresti mettere su le costolette». Come voi ben sapete i Magi, i più saggi fra i saggi, recarono doni al Bambino nella capanna. Così, inventarono l’arte di fare i regali a Natale. Essendo saggi, i loro furono senz’altro saggi doni, che avevano il privilegio di poter essere scambiati nel caso ve ne fossero stati due uguali. Per quanto mi riguarda, vi ho fin qui narrato la modesta cronaca di due sciocchi bambini che poco saggiamente sacrificarono l’uno all’altro i beni più preziosi che possedevano. Ma lasciatemi dire ai saggi dei nostri tempi: fra tutti coloro che offrono e ricevono doni, essi sono i più saggi. Loro sono i Magi.
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A scuola Ykeda, 12 anni Kobe, Giappone, 1993 Tecnica mista cm 38x53 FA 4056
A scuola Laura Gullo, 6 anni Gorgonzola, Milano, 2004 Pennarelli cm 24x33 FA 4742
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Nel laboratorio del computer Davide Gritti, 9 anni Verolanuova, Brescia, 2004 tecnica mista cm 24x33 FA 4725
Learning Michael Makatia, 13 anni Nairobi, Kenya, 1983 Tempera cm 33,3x41,5 FA 4142
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Lezione di canto Anna Vallesi, 8 anni Domodossola Pastelli a olio cm 70x50 FA 3967
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Finito di stampare nel febbraio 2009 da Color Art, Rodengo Saiano, Bs