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CRISI IDRICA E CLIMATICA: RIFLESSIONI, ANALISI E DATI
militare, osservato speciale in queste settimane quale possibile location del villaggio olimpico. E poi le ex scuderie di Misurina, l'ex sciovia, l'ex cabina elettrica. Lo Iuav scende e in Val d'Oten e trova il ristorante La Pineta. --F.D.M.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alto Adige | 3 dicembre 2022
p. 23
Ghiacciai, l'anno orribile «Il peggiore di sempre»
Bolzano Ghiacciai, è stata l'annata peggiore di sempre, quanto meno da quando sono iniziate le rilevazioni. Il solo ghiacciaio di Malavalle, il più grande dell'Alto Adige, ha perso 18,8 milioni di metri cubi d'acqua, pari a circa un anno e mezzo del consumo di acqua potabile della città di Bolzano.Scioglimento in anticipo«Lo scarso accumulo nivale invernale in combinazione con le temperature al di sopra delle medie registrate ad inizio estate e con il consistente strato di sabbia sahariana depositatosi sui ghiacciai a fine inverno, hanno portato quest'anno ad un forte anticipo nello scioglimento della neve stagionale», riferisce il direttore dell'ufficio provinciale idrologia e dighe, Roberto Dinale.I ghiacciai altoatesini non avevano mai vissuto un Glacier loss day tanto anticipato, il giorno dell'anno a partire dal quale continuano a perdere massa fino alla stagione fredda successiva: «Dal 20 giugno circa in poi il bilancio di massa dei ghiacciai si è fatto di giorno in giorno più negativo. A inizio luglio circa i due terzi della superficie glaciale era già priva di neve».Troppo caldoPer via del perdurare del clima molto caldo, unitamente alla spesso elevata umidità dell'aria e all'assenza di precipitazioni nevose degne di nota, lo scioglimento dei ghiacciai è stato molto intenso durante tutta la stagione di ablazione. Con quest'ultimo concetto si intendono tutti quei processi che producono la perdita di massa dei ghiacciai, come lo scioglimento, l'evaporazione o anche la sublimazione. «Il mese di luglio 2022 è stato, sulle Alpi Orientali, verosimilmente il mese con la più grande perdita di massa glaciale a memoria d'uomo», riassume Dinale.I bilanci di massa: negativiSono ora state completate e sono disponibili le elaborazioni finali dei bilanci di massa 2022. Sulla Vedretta Lunga in Val Martello, sul Ghiacciaio di Malavalle in Val Ridanna e sulla Vedretta occidentale di Ries in Valle di Riva di Tures sono stati misurati i bilanci di massa più negativi dall'inizio delle osservazioni: meno 3.408 chili di acqua al metro quadro, meno 3.174 chili di acqua al metro quadro e meno 2.487 chili di acqua al metro quadro.«Questi valori - sottolinea Roberto Dinale - sono più negativi anche di quelli dell'estate 2003, allora prontamente denominata come estate del secolo».I risultati sono ancora più significativi, «se si pensa che alle enormi perdite di massa del 2022 hanno contributo in modo relativamente limitato le quote più basse, importanti nel 2003, dove oggi le superfici glaciali risultano fortemente ridotte rispetto al passato», spiega il glaciologo.Un'estate da dimenticareNell'estate 2022 la neve caduta nell'inverno precedente è andata completamente persa e così l'Accumulation area ratio, ossia la percentuale di ghiacciaio coperta da neve al termine dell'anno idrologico, è risultato nullo. Di conseguenza non è stato possibile collocare entro i limiti dei ghiacciai la relativa quota di equilibrio (Equilibrium line altitude). Quest'ultima rappresenta la linea lungo la quale, al termine dell'estate, accumulo e ablazione si equivalgono.Perdite di volume recordLa Vedretta Lunga, il Ghiacciaio di Malavalle e la Vedretta occidentale di Ries esibiscono quest'anno perdite di volume record dell'ordine del 5-10% del rispettivo totale: «Per rendere comprensibile questo dato: il solo Ghiacciaio di Malavalle, il più grande dell'Alto Adige, ha perso 18,8 milioni di metri cubi d'acqua, pari a circa un anno e mezzo del consumo di acqua potabile della città di Bolzano», spiega Dinale. La modellazione delle modificazioni degli apparati glaciali, calcolata facendo riferimento alle proiezioni climatologiche, mostra come, nel prossimo futuro, perdite di massa del tipo di quelle di quest'anno saranno sempre più frequenti. Tra 10-20 anni è molto probabile che i ghiacciai più grandi avranno perso circa la metà del loro volume attuale. I ghiacciai più piccoli andranno ancora di più in sofferenza e alcuni scompariranno addirittura», conclude Roberto Dinale. DA.PA
Gazzettino | 5 dicembre 2022
p. 5, edizione Belluno
Sempre più caldo: «2022 anno record»
BELLUNO E mentre ieri l'Arpav diffondeva il bollettino neve con dati che davano come massimo i 6 centimetri di coltre fresca caduti sui Monti Ornella, il bilancio dell'anno che si sta per chiudere parla di un caldo che farà il 2022 anno dei record. E sempre più secco.
NOVEMBRE
Il mese che si è appena chiuso è risultato complessivamente abbastanza mite e meno piovoso del normale. Le temperature medie mensili sono risultate da 0.5°C a 1.5°C superiori alla norma, effetto delle prime due decadi molti miti, seguite da una terza decade
decisamente più fresca. Nel complesso si può osservare una lenta, irregolare diminuzione termica nel corso del mese, con ritorno a valori normali, o anche inferiori alla norma, dal giorno 20, dopo un mese di ottobre eccezionalmente caldo. Lo zero termico è variato fra un minimo di 1130 metri del giorno 29 ed un massimo di 3650 metri il giorno 12.
CALDO RECORD
Da gennaio a novembre il 2022 a Belluno è risultato mediamente 1.0°C più caldo del normale e probabilmente a fine dicembre si potrà classificarlo fra i più caldi in assoluto. Le precipitazioni totali mensili sono state inferiori alla norma, considerando che novembre è normalmente uno dei mesi più piovosi dell'anno. In media gli apporti sono risultati più bassi del 50-65% sulle Dolomiti (totali 50-90 millimetri), dove è piovuto in genere un po' meno della metà del consueto, e del 30-40% nella fascia prealpina, cioè in Alpago, Valbelluna e Feltrino (totali 100-170 millimetri), dove quindi è piovuto poco più della metà degli apporti normali per questo mese. Gran parte della pioggia totale mensile è caduta nella mattinata del giorno 4 e nel corso del giorno 22. La frequenza delle piogge, invece, è da considerare normale, con 5-10 giorni piovosi, a seconda delle zone, contro una media di 8-9. Questo rivela che è piovuto abbastanza spesso, ma poche volte in maniera significativa.
POCA NEVE
La neve è caduta mediamente oltre i 1500-2000 metri nelle prime due decadi e oltre gli 800-1500 metri nella terza. Il bollettino Arpav di ieri dava come numeri record solo quello relativo ai Monti Ornella, ad Arabba a 2250 metri, dove ci sono 6 centimetri di neve al suolo e Falcade con 7. Da inizio anno il deficit nel bilancio pluviometrico si è anche leggermente aggravato, con scarti negativi compresi fra il 30 ed il 45%, ad eccezione delle zone più settentrionali della provincia, dove sono più contenuti (5-25%). Considerando gli ultimi 35 anni, periodo di monitoraggio della Regione Veneto, il 2022 è finora il secondo anno più secco in assoluto, dopo il 1990.
IL CASO
Eventi o fenomeni particolari da ricordare di questo mese sono relativi al giorno 12 novembre: temperature diurne insolitamente alte per il periodo, con massime di 18.1°C a Sant'Andrea di Gosaldo, 17.2°C a Malga Ciapela e 17.2°C sul Monte Avena. In questo giorno anche le temperature notturne in quota sono molto miti, con minime di 8.8°C sul Monte Avena e 6.6°C sul Faloria. E poi il giorno 22 novembre: vento forte in alcune zone delle Prealpi, associato a pioggia anche intensa, con raffiche di 74 km/h a Quero e 73 km/h a Col Indes di Tambre. In Comune di Ponte nelle Alpi in quelle ore le raffiche causano locali danni. In tutto il mese di novembre 2022 si sono avuti 13 giorni soleggiati, 15 instabili e 2 giorni di prevalente maltempo. Un autunno del tutto particolare. (Fe.Fa.)
Il Nuovo Trentino | 6 dicembre 2022
p. 6
«Inverno liquido» di Nardelli e Dematteis: una approfondita analisi fra clima, economia e sfruttamento
gigi zoppello trento Non stiamo a girarci intorno: il cambiamento climatico è una realtà, e l'industria dello sci - sull'arco alpino come in Appennino - deve ricorrere a ogni mezzo per sopravvivere. Ma la domanda è: a quale costo, e per quanto?È la domanda che si sono fatti Maurizio Dematteis e Michele Nardelli. La risposta è nel libro «Inverno liquido - La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa», edito da Derive Approdi (20 euro). Il risultato di due intensi anni di trasferte, sopralluoghi, interviste ed analisi per mettere insieme idee.La premessa: «C'è un momento preciso in cui capisci che qualcosa sta cambiando. Sei nato e cresciuto pensando che sarebbe sempre stato così, anno dopo anno, stagione dopo stagione, generazione dopo generazione. Poi un giorno ti svegli e d'improvviso gli impianti di risalita sono fermi. E capisci che quel mondo è finito» dicono gli autori.«L'emergenza sanitaria legata al Covid 19 ha messo in luce l'estrema debolezza del modello economico legato al turismo dello sci da discesa sulle montagne. In un'epoca nella quale il Climate Change ne accorcia le stagioni e ne aumenta i costi di gestione, in cui la crisi economica lo rende uno sport elitario e il cambiamento culturale vede prospettarsi una diversa domanda di svago anche nei centri vocati alla monocultura del turismo invernale, quali prospettive di riconversione possono essere messe in campo? »Spiega Nardelli: «La domanda di base è: le comunità delle terre alte si interrogano sulle conseguenze climatiche? E siccome terre alte significa sci, si interrogano sul futuro dello sci? Perché quello che succede lo abbiamo intorno: sempre più montagne senza neve».Per i due autori, la risposta è «cambiare paradigma, ma la risposta delle amministrazioni locali, con la pioggia di soldi del PNRR, è controproducente, perché ha finito con il finanziare progetti che erano nel cassetto da anni perché insostenibili».Il lungo reportage è diviso in capitoli, che raccontano storie paradigmatiche. Per il Trentino, ad esempio, il «caso Monte Bondone», con una storia della località ma anche una analisi (seria e ponderata) sul «grande impianto». Ma c'è anche una parte dedicata al «caso Asiago», con l'appendice di Lavarone e Folgaria. Senza tralasciare il caso Passo Rolle, «il miracolo svanito»Ed un approfondito focus su Dolomiti Superski.Naturalmente si parla delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina: con «un fiume di denaro, per Olimpiadi malate di gigantismo», chiosano.Se i diversi «casi» offrono una carrellata condita di errori ed orrori, è però la prima parte a fornire il contesto: il capitolo «le radici dell'oggi» analizza infatti il sorgere dello sci di massa.È poi impressionante il capitolo a pagina 124, che si occupa della Marmolada dopo la tragedia del crollo del luglio scorso. Ma la tragedia, a leggere questo capitolo, appare in una luce completamente diversa. «Il ghiacciaio ha perso l'80% della sua massa in un secolo ed è destinato all'estinzione. Sono dati incontrovertibili, e di dominio pubblico. La cosa più sconcertante è che nelle nostre comunità alpine si tende a far finta di nulla». La domanda è: che cosa si può fare? «Non siamo catastrofisti, nella