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SASSOLUNGO: LE RICHIESTE DI MAGGIOR TUTELA

di Chiara Currò Dossi Ottenuto l’accesso agli atti, nei Comuni di Tires e Nova Levante, (Cai, Alpenverein, Dachverband e Mountain wilderness hanno scoperto che, nella stazione a valle della funivia Tires-malga Frommer, alcuni locali sono stati interrati. Il timore è che si tratti di una misura temporanea per ottenere le autorizzazioni alla riapertura dell’impianto. La buona notizia è che i Comuni di Tires e Nova Levante hanno acconsentito alla richiesta delle associazioni ambientaliste (Cai, Alpenverein, Dachverband e Mountain wilderness) di accedere agli atti relativi al progetto della nuova funivia Tires-malga Frommer. La cattiva, che è emersa la presenza di alcuni locali interrati riempiti di terra e quindi chiusi. Il sospetto delle associazioni, assistite dall’avvocato Laura Polonioli, «è che questa sia la modalità con la quale la società proprietaria dell’infrastruttura (la Funivia Tires Spa, ndr ) abbia ritenuto di sanare l’opera». Provvisoriamente. «Di fatto — osserva —, i locali ci sono. Semplicemente, sono stati riempiti e chiusi». Gli ambientalisti non arretrano di un millimetro. E l’epopea del nuovo collegamento tra San Cipriano e malga Frommer si arricchisce di un nuovo capitolo. L’impianto, prima cabinovia «cabrio» d’Italia, era stato inaugurato il 10 febbraio. Appena trentasei giorni più tardi, il 18 marzo, era arrivata l’ordinanza del sindaco di Tires, Gernot Psenner, che disponeva «l’immediata sospensione dell’esercizio» per la mancanza del certificato di agibilità della stazione a valle e del nullaosta necessario all’esercizio. I gestori avevano tenuto duro, sostenendo di essere in possesso di tutti i requisiti del caso, e ipotizzando di poter essere costretti, tutt’al più, a pagare una sanzione pecuniaria, ma non a fermare l’impianto. Cosa che però era avvenuta tre giorni dopo, il 21 marzo. A corroborare la tesi degli ambientalisti, il 18 giugno era arrivata anche la «bandiera nera» di Legambiente, assegnata al collegamento con i suoi «piloni altissimi che svettano simili a scheletri su un territorio già devastato dalla tempesta Vaia nel 2018», con un finanziamento pubblico di 11,3 milioni di euro, pari al 75% del costo totale dell’opera (15,5). Un «contributo a fondo perduto» deliberato dalla giunta provinciale, definito «un’offesa pesante non solo all’ambiente, ma anche al paesaggio e alla cittadinanza. Un altro caso in cui le tasse della collettività sono spese per drogare un’economia che sempre più spesso si sostiene solo grazie a soldi pubblici a scapito dell’ambiente, da tempo in crisi a causa del cambiamento climatico e delle molte pressioni antropiche». Non bastasse la polemica sul contributo pubblico (a un impianto sdoganato come parte dei collegamenti per il nuovo piano della mobilità sostenibile di Carezza) erano emersi dei sospetti anche sulla conformità dell’impianto al progetto. In particolare per quel che riguarda la stazione a valle: il timore è che i proprietari abbiano riempito di terra i locali «in più», di modo da far risultare una cubatura complessiva inferiore a quella esistente. «Abbiamo verificato — spiega Polonioli — e constatato che, effettivamente, alcuni locali tecnici sono stati riempiti di terra e chiusi. Abbiamo presentato le nostre osservazioni all’Agenzia per l’ambiente della Provincia (Appa), chiedendo che non venga rilasciata la concessione. Ci muoviamo a livello amministrativo: entro l’autunno, la Conferenza dei servizi è tenuta a esprimersi». Di tutt’altro avviso Martin Damian, presidente dalla Funivia Tires Spa. «La cubatura è quella che è stata approvata — rivendica — , così come la superficie, anche se non è identica a quella del progetto iniziale. Per questo abbiamo chiuso alcuni vani e presentato una variante, ora in attesa di un parere della Provincia». Il presidente rassicura circa l’impossibilità di riaprirli: «Ci vorrebbe un nuovo progetto — spiega —, che non è detto verrebbe approvato». Quel che è certo, è che ogni giorno di chiusura dell’impianto, è un giorno di incassi mancati. «Non abbiamo quantificato le perdite — spiega Damian —, ma è chiaro che essere ancora fermi, all’inizio dell’alta stagione, e con un impianto pronto, è un disagio per tutti. Per noi, come per i turisti. Speriamo che la nostra richiesta venga vis ionata il prima possibile».

Alto Adige | 26 luglio 2022

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«Sassolungo e Plan de Cunfin: la tutela è urgente» Appello degli ambientalisti

VAL GARDENA Presa di posizione congiunta di Protezionisti, Heimatpflegeverband, Lia per Natura y Usanzes, Nosc Cunfin e Lia da Mont sulla richiesta di riconoscimento come parco naturale del Sassolungo e sul sopralluogo congiunto con l'assessora provinciale Kuenzer. Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico chiede che fino al 50% delle superfici non siano più utilizzate intensivamente e vengano quindi restituite alla natura. Gli ecosistemi sani sono più resistenti di fronte ai cambiamenti climatici. Gli ecosistemi danneggiati devono quindi essere risanati, e protetti quelli ancora intatti. Questo vale anche per il Plan da Cunfin. «Ci

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