I Sermoni Subalpini

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I Sermoni Subalpini Testo originale in lingua d’oÊ con traduzione piemontese a fronte ed italiana in appendice

a cura di Bruno Villata


I Sermoni Subalpini Prima edizione Savej: novembre 2013

Stampato da Audere Srl - Torino

Š 2013 Savej - Fondazione Culturale Piemontese Corso Einaudi, 30 10129 - Torino

Questo volume è disponibile in formato e-book sul sito: www.savej.it info@savej.it

ISBN: 978-88-904518-7-4 Tutti i diritti riservati.


Indice

Indice

Premessa Note sulla grafia I Sermo de decimis et primiciis II Sermo in dominicis diebus III Sermo de aduentu Domini IV Sermo in Natale Domini V Sermo cotidianus VI Sermo in dominicis diebus VII Exemplum de tribus amicis VIII Sermo in dominicis diebus IX Sermo in dominicis diebus vel cum volueris X Sermo in Nativitate Domini vel cotidianus XI Dominica prima in Quadragesima XII Sermo in die sancto Pentecosten XIII Sermo in dominicis diebus XIV Sermo in dominicis diebus XV Dominica II in Quadragesima XVI Sermo communis vel cum volueris XVII Sermo in Quadragesima XVIII Dominica III in Quadragesima XIX Sermo in Natale Domini XX Sermo cotidianus vel in exaltatione sancte crucis XXI Dominica prima in Quadragesima XXII Sermo in Ramis Palmarum Traduzione italiana Biografia dell’autore

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Premessa

Premessa

L’autore di quest’opera si è interessato alla lingua dei Sermoni Subalpini fin dall’inizio degli anni ’90, quando la sua collocazione nell’ambito delle lingue romanze era stata aspramente dibattuta nel VII Rëscontr Antërnassional dë Stüdi an sla Lenga e Literatüra Piemontèisa tenutosi ad Alba. Se nel 1847, anno del ritrovamento del manoscritto, Lacroix ci aveva visto un dialetto misto di latino, provenzale e francese, nel 1873 J.J. Champollion pensava che si trattasse piuttosto della lingua dei Valdesi del Piemonte. Nel 1873 Stenghel riteneva che fosse una parlata a metà strada tra il provenzale ed il francese, mentre nel 1879 Foerster aveva affermato che si trattava di un dialetto piemontese malgrado la presenza di forme francesi e provenzali schiette. Naturalmente i Piemontesi erano convinti che questa fosse la tesi giusta. Però, nel convegno appena citato, rifacendosi alle affermazioni del Wunderli e di altri studiosi tedeschi, un altro filologo proveniente dalla Germania presentò una comunicazione molto ben documentata, in cui affermava perentoriamente che la lingua dei Sermoni era una mescolanza di lingue. Visto che nei mesi seguenti nessuno cercò di controbattere questa tesi, l’autore pensò di consultare il manoscritto originale, più che altro per farsi un’idea diretta di questa questione annosa e tanto controversa. La prima lettura è stata molto laboriosa così, per capirne meglio la lingua, ha deciso di trascrivere, tale quale, il testo del manoscritto. In seguito si è soffermato soprattutto sull’osservazione dei fatti grammaticali e in un secondo tempo anche del lessico, comparandoli con quelli dei testi transalpini e cisalpini più o meno contemporanei. Tali osservazioni l’hanno portato alla conclusione che la lingua dei Sermoni era vicina ma diversa da quelle d’oc e d’oil. In questa indagine ha anche potuto rilevare che quella rappresentata nei Sermoni Subalpini era una parlata in trasformazione, in cui

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si potevano già rilevare tutti quei comportamenti che caratterizzano le parlate piemontesi moderne. Così, per evidenziare queste diversità, conformandosi all’usanza medievale di definire una lingua dal modo di affermare, ha chiamato la parlata dei Sermoni lenga d’oé. Difatti, pur se la distanza tra la lingua di queste prediche e il piemontese moderno sia di gran lunga inferiore a quella che intercorre tra l’ancien français e il francese d’oggi, non sarebbe stato appropriato usare il termine piemontese perché, nel XII secolo, la voce Piemonte si riferiva solo ai territori che si trovavano ai piedi delle Alpi, mentre tutta l’altra parte della regione odierna era considerata Lombardia. Si pensi che ancora all’inizio del ‘500 l’Alione ha scritto : El fa ancour si bon vive a nast com a gnun leu de lombardia. Le conclusioni tratte dagli studi sulla lingua delle ventidue prediche pedemontane sono condensate in vari articoli e soprattutto nei testi seguenti: 1996, I Sermoni Subalpini e la lingua d’oe, Losna & Tron, Montréal 1998, Cas sujet e cas regime nei Sermoni Subalpini, Losna & Tron, Montréal (esaurito). 1999, I pronomi della lingua d’oé, Losna & Tron, Montréal (esaurito). 2003, La grammatica della lingua d’oé, Losna & Tron, Montréal (esaurito). 2004, I Sermoni Subalpini, Testo originale in lingua d’oe con traduzione piemontese e italiana a fronte, Losna & Tron, Montréal (esaurito). 2010, La lingua d’oé e le lingue d’oc e d’oil, Losna & Tron, Montréal (esaurito). 2011, La lingua d’oé e le lingue d’oc e d’oil (edizione riveduta ed ampliata), Savej - Fondazione Culturale Piemontese, Torino.

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Nota sulla grafia

Note sulla grafia

Note sulla grafia del testo originale Nelle pagine che seguono è riportato il testo in lingua d’oé nel modo più vicino all’originale, il manoscritto D.VI.10 presente nella Biblioteca Nazionale di Torino. Di questo codice non se ne conosce l’origine, ma con tutta probabilità doveva essere appartenuto a Emanuele Filiberto. Le versioni, piemontese e italiana, riportano quasi sempre il testo originale tradotto parola per parola. Tra le abbreviazioni conservate nella trascrizione del testo originale, ricordiamo: ā ē ī ō ū che nel corpo o alla fine di una parola indicano che detta vocale è seguita da una consonante nasale; ē equivalente alla terza persona del presente di essere è o est; ñ equivalente a non; ~ che in fine parola corrisponde a ur; ¿ che in fine di parola equivale al digramma -us; ? equivalente alle congiunzioni e oppure et; ῀ equivalente al nostro punto interrogativo; che in fine di parola equivale al digramma ue.

Nota sulla grafia del testo in lingua piemontese Perseguendo l’obiettivo di cercare la massima corrispondenza tra testo scritto e resa sonora, la traduzione in lingua piemontese dei Sermoni Subalpini, fa ricorso a un sistema di grafia definito dal prof. Villata le cui regole si possono così sintetizzare: Vocali ë nota un suono inesistente in italiano: fërté, bërgna sëcca; eu nota un suono /ö/ e si trova solo in posizione tonica: feu, reusa, gheuba.

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A parte ciò va ricordato che: ü nota il suono /u/ francese o tedesco /ü/: fürb, rüsé, tüta; u

nota il suono /u/ italiano: rusin, Ruma, utùber;

o nota il suono /o/ italiano e si trova solo in posizione tonica: roba, cosa, tota; è corrisponde alla e aperta: cafè, mè, tè, tèra. Consonanti nsottende il suono velare della n: ran-a, ranota, sin-a, sinota; s-c

corrispondente ai primi fonemi di sci e ciao: s-ciau, s-ciupé.

cc e gg finali notano il suono palatale: contacc, formagg. Il sistema di grafia così definito dal prof. Villata, presenta lievi differenze rispetto a quello standard di norma adottato per le edizioni a carattere divulgativo della Fondazione Savej. Per la presente edizione dei Sermoni Subalpini, data la rilevanza scientifica dell’opera, l’impegno della Fondazione Savej si è concretizzato nel garantire l’integrità del materiale fornito dall’Autore, con particolare riferimento al testo in lingua originale e alle corrispondenti traduzioni piemontese e italiana.

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I Sermo de decimis et primiciis Decimas debetis ? primicias dare Deo. id est sacerdotibus ? pauperibus. Quare autem invente sint primitie ? decime, dicendū nobis ē. Les desmes ? les primicies li chrestien feel deu deuent doner asainte Eglise eas preueires ? pauperibus, edeuez sauer por quei ? per quel auctorite furent trouees. Tut premerement que deus feist nule creature, si fist dez ordines dangeles. Or auen que per orgoil si chai lo desen orden de cel. Or deus en lo delangel si mist ho men. Tant fist lo mal angel per son engeig que el fei pecar homen ?quel refu gitez de paradis ?dela gloria. dunt el era chait per superbia. Adunc adā lonostre premer pare. per son pecha fo mes en aquest eisil. Or tota via li comando deus que el del so aan ?del son lauor recognoises lo son criator. qui la uea cria del limun de la terra. E daqui enanz comenzo a engenerer enfanz, ?lo seuol comence a creiser. Or adā si of doi faint. lun ot nū caim elautre abel. Caim fo lauoraor de terra. eabel so frare fo pastor de fees edautre bestie. Or caim del so lauor ofria adeu deles plus croe gerbes queel auea. ?daqueles fasea son sacrifici adeu. Or deuez sauer en quel guisa il sacrificaven adeu. Jl auean fait un alter de terra. esi metean sore leigna asai. esore

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Tradüssiun piemuntèisa Decimas debetis et primicias dare Deo, id est sacerdotibus et pauperibus. Quare autem invente sint primitie et decime, dicendum nobis est. Ij cristian fedej a De a deuvu dé le desme e le primissie a Santa Cesa e ai prèive et pauperibus, e i deuve savèj per chi e da che auturità a sun ëstaite truvà. A tüta prima De a l’ha fait gnün-e creatüre, e a l’ha fait des ùrdin d’àngej. Ur a l’é rivà che për urgheuj ël desen ùrdin a l’é drucà dal cel. Ur an leu dl’àngel De a l’ha bütà l’om. Tant a l’ha fait ël mal àngel con so angan ch’a l’ha fait peché l’om, ch’a l’é turna stait ësbatü vìa dal paradis e da la gloria, da andùa ch’a l’era drucà për süperbia. Adunc Adam, noss prim pare, për so pecà a l’é stait bütà an cust esili. Ur sempe De a l’ha cumandaje che dël so afan e dël so lavur chiel a arcunussèissa so creatur, ch’a l’avìa crealu da la pauta dla tèra. E da sì anans a l’ha cominsà a generé ‘d fieuj e ‘l sécul a l’é cuminsà a chërse. Ur Adam a l’ha avü dui fieuj: ün a l’ha avü nom Caìn e l’aut Abel. Caìn a l’ha fait ël campagnin e Abel, so frel, a l’é stait pastur ëd feje e d’aute bestie. Ur ëd so travaj Caìn a üfrìa a De le gerbe pì croje ch’a l’avìa, e ‘d custe a fasìa so sacrifissi a De. Ur i deuve savèj an che meud a sacrificavu a De. A l’avìu fait n’altar ëd tèra, e a-i bütavu dzura assé ‘d bosc, e dzur

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la leigna metean lur des ?lor offe rendes. elor primicies. o fos debesties ofos de fruit, esilofous uenea decel eel ardea. adun saueien quedeus auea re ceu lor sacrifici. esi lo fos no uenea. saueient que deus ñ avea cura. Or caim qui era lare ?bosare. e si ofria adeu del plus croi lauor quel auea. edeus ñ a uea cura perzo quel era fel ebosare. So frare abel prendea deil plus bels agnels e moltons queel auea e si los ofria. ?si en donaua lo desme dreitement. Or dit lescritura. Respexit deus ad abel ? ad munera ei¿. ad caim vero ?ad munera illi¿ ñ respexit. Jratusque ē caim nimis. Si cū deus li dist: Quare iratus es, ?cur conci dit facies tua˜ Nonne si bene ege ris recipies. si autem male statim in foribus peccatū aderit˜ Set sub te erit appe titus ei¿, et tu dominaberis illius. apres si li dist: Si recte offeras ? ñ recte dividis. pecasti. Queest zo a dire˜ Si ben vols o frir. dreitament deis partir: ne rete nir mia la meillor partia ne offrir la plus croia. que si tu zo fas felonia fas a tun escient. Un autre isemple tro uem anquor en lescritura de le desme. Quar zo cointe en un liber del uer testa mēt, qui a nū genesis de don abraam lo patriarcha que quant el se fo com batuz cum li cinque rei qui auean asalia la cita o Loth so frare estava. ?el los ot vencuz. si done desma ? primicia ?o ferenda adon melchisedech. qui era

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al bosc a-i bütavo sùe desme e sùe ufrande e sùe primissie, füssa ‘d bestie füssa ‘d früta. E se ‘l feu a vnisìa dal cel e a brüsava, antlura a savìu che De a l’avìa ricevü so sacrifissi, e se ‘l feu a vnisìa nen, a savìu che De an n’avìa pa cüra. Ur Caìn a l’era gram e làder, e a üfrìa a De ij prudot pì croi ch’a l’avìa, e De an n’avìa pa cüra përchè Caìn a l’era rivultus e gram. So frel Abel a pijava d’agnej e ‘d mutun tra ij pì bej ch’a l’avìa, e a-j üfrìa, e a na dasìa ‘l décim giüstament. Ur a dis la Scritüra: Respexit Deus ad Abel et ad munera eius, ad Caim vero et ad munera illius non respexit. Iratusque est Caim nimis. E De a l’ha dije: Quare iratus es, et cur concidit facies tua? Nonne si bene egeris, recipies, si autem male, statim in foribus peccatum aderit? Set sub te erit appetitus eius, et tu dominaberis illius. Apress a l’ha dije: Si recte offeras et non recte dividis, pecasti. Co a veul dì son? S’it veule eufre bin, giüstament it deuve spartì: pa ten-e la mej pursiun e eufre la pì croja; che se ti it fase son, it fase tradiment bin cussient. N’aut esempi i lu truvuma ancur ant la scritüra dle desme. Përchè che son as cunta ant ën lìber dël Ver Testament, ch’a l’ha nom Génesi, ëd dun Abram ël patriarca che, quand a l’é cumbatüsse con ij sinc rè ch’a l’avìu assalì la sità andùa ch’a stasìa Lot, so frel, e a l’ha vinciüje, a l’ha daje la desma e la primissia e l'uferta a dun Melchisedec, ch’a l’era

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reis ?prever de dominide. E qual of renda li ofrì˜ De pan edeuin. Et ia cob patriarcha fei eisament. quant el enandaua inmesopotamia syrie alaban so barba. e el uit unescala qui teneit lun co en cel. ?uit los angel qui montauan ?descendean, ezo uit en dormāt. equant el fo esueilla si dist. terribilis ē locus iste. ? ego nesci ebam. Apres si fist soa oratiun. e si dist. Si dominus deus meus fuerit in uia ista qua ego ambulo. ? custodierit me. decimas ? hostias pacificas offeram ī hoc loco. Or dit saint ieronime que en aquel loc ē ore lo temple, o iacob uit lescala. E lo papa ela gleisa de Roma si comande incalcedonensi cō cilio que la desma fos en quatre pars deuisa. La premera fos deleuesque. ela seunda delegleisa, latercia deil pre uer. laquarta deil pouer. E en la ue illa lei comande deus. decimas decun ctis frugib¿ terre referes ad sacerdotē. Les primicies furent eisement trouees. Quar zo comande deus amoysen. Omnia primogenita dabis sacerdoti ?primicias frugū omniū que gignunt~ in terra. Or tuit aquil qui dreitement des ne donēt a sainte ecclesia. ?ail preuer qui la ser uent. il aurant la malaitzun quedeus done a caim qui ocist so frare. E quel malaitzun˜ maledicta terra īopere tuo, que aperuit os suū ?sus. san. f. t. de ma. t.. malaeit seran eil elor desmes elor

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rè e prèive ‘d Duminidé. E che ufranda l’ha ufrije? Ëd pan e ‘d vin. E Jàcob patriarca a l’ha fait l’istess. Quand ch’as n’andasìa an Mesuputamia, Siria, da Laban so barba, e a l’ha vist na scala ch’a tnisìa ‘n co an cel, e a l’ha vist j’àngej ch’a muntavu e ch’a calavu, e son a l’ha vist an dürmiend; e quand ch’a l’é dësviasse, a l'ha dit: Terribilis est locus iste, et ego nesciebam. Apress a l’ha fait sùa urassiun, e a l’ha dit: Si Dominus meus fuerit in via ista qua ego ambulo, et custodierit me, decimas et hostias pacificas offeram in hoc loco. Ur a dis san Giruni che an cul leu andùa che Jàcob a l’ha vist la scala, adess a-i é ‘l templi. E ‘l papa e la Cesa ‘d Ruma a l’han cumandà in Calcedonensi concilio che la desma a füssa divisa an quat part: la prima a füssa dël vëscu e la scunda dla cesa, la tersa dij prèive, la quarta dij pover. E ant la veja lèj De a l’ha cumandà: decimas de cunctis frugibus terre referes ad sacerdotem. Le primissie a sun ëstaite truvà ant l’istessa manera. Përchè De a l’ha cumandà son a Musè: omnia primogenita dabis sacerdoti et primicias frugum omnium, que gignuntur in terra. Ur tüit cuj ch’a dan pa le desme giüstament a la Santa Cesa e ai prèive ch’a la servu, a l’avran la maledissiun che De a l’ha daje a Caìn, ch’a l’ha massà so frel. E che maledissiun? Maledicta terra in opere tuo, que aperuit os suum et suscepit sanguinem fratris tui de manu tua. Maledet a saran e lur e sùe desme e sùe

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