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La DaD è tratta

ROBERTO OSTI Docente di Tecnologie informatiche

Lockdown: aula senza studenti. 20 marzo 2020

Una cosa divertente che spero di non fare più

Era la sera del 4 marzo 2020 quando, qualche giorno prima della chiusura del Paese, terminava in largo anticipo l’anno scolastico e formativo in presenza e l’edifcio scolastico chiudeva i battenti a studenti, professori e famiglie, ma lo Scuola non si fermava. Quella sera infatti si faceva strada un neologismo che ci avrebbe accompagnato per i futuri mesi: DaD, acronimo di Didattica a Distanza. La scuola sarebbe cioè entrata direttamente nelle case dei nostri studenti e noi, come dei novelli Alberto Manzi, avremmo acceso le webcam dei nostri computer personali con un duplice scopo: mantenere viva la comunità scolastica combattendo il rischio di isolamento e di demotivazione, ma anche proseguire, per quanto possibile, processo di insegnamento/ apprendimento. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. L’emergenza per defnizione coglie di sorpresa e necessita di tempi rapidissimi di risposta. Immediatamente, il giorno successivo al comunicato del Governo, abbiamo costituito un gruppo di lavoro con i prof.ssori Fernando Maines e Stefano Bacchi ed il prezioso supporto del dott. Francesco Conforti per far fronte alla richiesta. L’individuazione della piattaforma tecnologica da utilizzare è stata immediata: la FEM è stata una delle prime scuole ad adottare nel lontano 2012 la piattaforma di Google, la GSuite for Education che mette a disposizione strumenti per la didattica molto potenti e conformi ai requisiti di sicurezza dei dati a garanzia della privacy. Occorreva però fare i conti con la dotazione tecnica personale (dispositivi e connettività Internet) ed il livello di competenza digitale di tutti gli “attori” principali, docenti ma anche studenti. Abbiamo adottato una politica del doppio passo: nell’im-

mediato - passo breve - fare il meglio con ciò che ciascuno aveva a propria disposizione e parallelamente - passo lungo - abbiamo attivato un percorso di formazione dedicato a tutti i docenti, prevedendo due incontri settimanali in videoconferenza ed un help desk telefonico e tramite e-mail per gli studenti e le famiglie. Inoltre il sottoscritto ha avuto la malaugurata idea di produrre una serie di videotutorial (una trentina alla fne dell’anno) su YouTube che inaspettatamente ha avuto un insperato seguito in tutta Italia totalizzando più di 500.000 visualizzazioni ed oltre 3000 iscritti. La Scuola si è anche attivata per offrire agli studenti privi della strumentazione, una trentina di computer in comodato d’uso gratuito. Google Meet ci ha consentito da subito di mantenere unita la comunità scolastica consentendoci di efettuare lezioni sincrone ed asincrone, riunioni ed aggiornamenti: i primi collegamenti ci vedevano imbarazzati ed un po’ intimiditi, ma da subito ci si è accorti nel momento dell’emergenza come mai forse prima, di quanto la relazione sia sempre un elemento imprescindibile nel rapporto di insegnamento-apprendimento. Finalmente, liberi dall’impellenza di inseguire il piano di lavoro, ciascuno di noi ha aperto le porte della propria casa ed ha potuto dialogare con i ragazzi che da subito si sono dimostrati partecipi ed accoglienti. Meet, Gmail, Classroom, Drive & C. sono gli strumenti tramite i quali siamo riusciti a mantenere viva la comunità scolastica. Abbiamo imparato a conviverci in una relazione complicata e difcile, perché non è tutto oro quel che luccica. La DaD innegabilmente ha salvato l’anno (davvero qualcuno può pensare che senza l’ausilio delle tecnologie e della connessione ad Internet si sarebbe potuto fare qualcosa in pieno lockdown?), ma ha evidenziato tutta una serie di criticità che non vanno messe come polvere sotto il tappeto. Viviamo nell’era della rivoluzione digitale e tutti, chi più e chi meno, dipendiamo da smartphone e computer. Il lockdown e la DaD hanno acuito questa patologia. Tutti noi abbiamo trascorso le giornate davanti ai display e abbiamo capito solo ora, nonostante ci sia stato ripetuto nei tanti corsi sulla sicurezza organizzati dall’Istituto, cosa siano l’afaticamento e lo stress correlati ad un utilizzo eccessivo del digitale. Nello stesso tempo l’obbligatorio ricorso a strumenti informatici per insegnare ed apprendere ha evidenziato quanta strada si debba ancora percorrere per giungere a quella competenza digitale ritenuta, giustamente, una competenza chiave nella società del 21esimo secolo. Lo ripetevo da anni: i nativi digitali non sono competenti digitali; la DaD lo ha messo in luce, ne sono consapevoli i ragazzi, ma ora anche le famiglie ed i docenti. Passare il proprio tempo libero davanti ad un dispositivo non signifca padroneggiarlo! La DaD è stato un salto in piscina che ha costretto la Scuola ad imparare a nuotare per non afogare: non posso che fare grandissimi complimenti ai miei colleghi che si sono prodigati con grandissimo entusiasmo per apprendere e padroneggiare la didattica digitale. I nostri incontri sono stati un’occasione per crescere insieme, ritrovare spirito di corpo, conoscerci meglio - perché no - e per costruire insieme agognati percorsi didattici interdisciplinari che durante la didattica in presenza venivano sempre posticipati per la pressante gestione dell’attività più prettamente curricolare. La DaD ha messo in luce anche il fatto che la cara vecchia didattica frontale, tanto vituperata, non può essere proposta a distanza, perché è ancora meno efcace. A distanza è ancora più importante rendere gli studenti partecipi in prima persona coinvolgendoli utilizzando nuovi paradigmi didattici che li mettano al centro del processo di apprendimento. Sì, perché ci siamo accorti che ascoltare passivamente per ore le lezioni davanti ad uno schermo è assolutamente inefcace. Diciamo anche che la Didattica a Distanza è fortemente limitante per alcune discipline. All’Istituto Agrario di

Lockdown: i corridoi sono completamente vuoti. 20 marzo 2020

San Michele all’Adige le attività di laboratorio e gli insegnamenti tecnico/ pratici sono fondanti ed ovviamente mal si prestano ad un prolungato insegnamento che non sia in presenza. Da questo punto di vista credo che i colleghi abbiamo dovuto fare uno sforzo superiore agli altri. Un altro grandissimo limite della DaD è il suo non essere per niente democratica: non lo è perché non raggiunge tutti nella stessa maniera. Premia soprattutto gli studenti motivati, dotati della strumentazione adeguata, ma anche di uno spazio adeguato e riservato e del supporto di genitori presenti. Lascia indietro gli studenti più fragili, poco motivati, non dotati della strumentazione adeguata o obbligati giocoforza a condividere la strumentazione con gli altri familiari, molti studenti con bisogni educativi speciali che necessitano di un supporto in presenza che in DaD non è stato possibile ofrire loro. La DaD insomma è stato un salto nel vuoto, un enorme, faticoso e (per forze di causa maggiore) lunghissimo esperimento di ricerca-azione in cui sono stati errori, spesso evidenziati anche dai ragazzi durante le lunghe chiacchierate. Lezioni troppo lunghe e assenza di pause tra una lezione e la successiva: insomma, abbiamo lavorato troppo! Scherzi a parte: fare didattica a distanza è stancante per tutti, ma ha salvato l’anno scolastico, ci ha resi più competenti nell’utilizzo di strumenti collaborativi molto in uso in ambito lavorativo, ci ha tenuti in contatto, ci ha fatto intravedere nuove buone pratiche anche per occhi attenti alla sostenibilità e alla tutela ambientale come quelli della Fondazione Edmund Mach. Abbiamo intuito come l’introduzione di forme di smartworking possa contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica e i costi di gestione degli immobili, come possa favorire un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata (dei docenti, ma anche degli studenti e delle loro famiglie) ed una riduzione dei costi di trasferimento. Senza contare poi che tutto questo inevitabilmente potrebbe portare ad un aumento della motivazione e di conseguenza della produttività. Da insegnante di informatica in un istituto agrario mi permetto un’ultima osservazione: l’informatica non va mai confusa con il mero utilizzo di un dispositivo. Citando il grande informatico olandese Edsger Wybe Dijkstra: “Computer Science is no more about computers than astronomy is about telescopes”. Ed è quello che cerco di applicare insegnando l’informatica tenendo spenti i computer, perchè solo così ci si disintossica e si riesce a comprendere come ragiona un informatico. Ed è anche per questo che la DaD è stata una cosa molto divertente che spero di non fare più, parafrasando il grandissimo narratore americano David Foster Wallace.

Le mie considerazioni a caldo sulla DaD in un video su YouTube (giugno 2020).

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