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Un microscopio a testa

SERGIO FERRARI Già docente di Fitopatologia all’Istituto Agrario

Presentazione della Brochure sui vini trentini - CAVIT 1982 - Sergio Ferrari è il 2° a destra tra Giovanni Manzoni e Francesco Spagnolli

I miei primi anni di insegnamento all’ITA di S. Michele (1961-1971)

Ho sostenuto l’esame di laurea in Agraria all’Università di Padova l’11 novembre 1961. Il 15 novembre ero già nel mio studio con annesso un ampio salone adibito alle esercitazioni concernenti le materie di insegnamento che mi erano state afdate: Scienze Naturali, Patologia Vegetale, Entomologia agraria e Microbiologia enologica. Allineati all’interno c’erano una ventina di cassettine contenenti altrettanti microscopi. Ho subito pensato a certe esercitazioni di biologia o di botanica dell’Università nelle quali l’intera classe doveva fare la fla per osservare un solo vetrino. Uscito all’esterno del palazzo a tre piani che ospitava oltre alla Scuola anche la Stazione Agraria sperimentale annessa all’Istituto Agrario fn dall’anno di fondazione (1874), ho incontrato il responsabile dell’Azienda agricola Bruno Vergot. Nel suo ufcio mi sarei recato negli anni seguenti quasi quotidianamente per confrontare le mie conoscenze teoriche con la pratica di campagna. Il divario fra teoria e pratica nei primi anni di insegnamento mi ha messo più volte in difcoltà. Alle mie lezioni di Entomologia, ad esempio, erano presenti anche allievi soprattutto dell’Alto Adige provenienti da famiglie ed aziende agricole che capivano la mia difcoltà e spesso integravano con la loro esperienza pratica, ma sempre educatamente, il mio insegnamento rigorosamente conforme a quanto appreso all’Università. Per colmare il divario che fortunatamente è durato solo pochi anni mi afdavo anche agli insegnanti pratici (periti agrari e/o enotecnici) che durante i pomeriggi portavano gli studenti nei vari comparti dell’azienda agricola annessa all’Istituto. L’orario scolastico teneva impegnati

gli studenti fn dalle prime classi dalle 8 del mattino alle 17 del pomeriggio. Il contatto con agricoltori che andavo a visitare in campagna mi è servito a colmare l’insufciente dimestichezza con i problemi concreti. Anche l’attività di giornalista agricolo mi ha costretto ad approfondire i problemi da vari punti di vista. Ogni medaglia ha il suo rovescio. Il dialogo con gli agricoltori soprattutto giovani in occasione di incontri di aggiornamento o di corsi agricoli che duravano anche molti mesi mi ha fatto capire che spesso le loro afermazioni erano legate a regole fsse, ritenute infallibili e prive di alternative. Ho però scoperto che facendoli ragionare riuscivo a metterli in grado di ricavare anche da una lezione teorica sulla fotosintesi cloroflliana considerazioni di carattere applicativo. Mi riferisco ad esempio alla fsiologia dello sviluppo e della maturazione delle mele che li aiutava a capire come potevano favorire i processi biochimici con adeguati interventi agronomici. Il materiale didattico ed in particolare bibliografco (libri e riviste) era vetusto e spesso era segnato da date e indicazioni risalenti ai primi decenni di gestione della scuola e dell’azienda agricola da parte di direttori e docenti di matrice austro-ungarica. Mi sono stati comunque di grande aiuto e posso dire che da parte del preside Giovanni Manzoni non c’è mai stata contrarietà a fare nuovi acquisti, anche di attrezzature. A questo punto è inevitabile afrontare l’argomento impegnativo del rapporto con gli studenti. Faccio indubbiamente parte dei docenti severi. Nell’arco di 30 anni di insegnamento ho sicuramente commesso errori di valutazione, non tenendo conto che il mancato impegno poteva essere legato a situazioni famigliari o di contesto. Il trasferimento nel nuovo complesso edifciale a metà degli anni Sessanta ha consentito anche ad altri docenti di disporre di spazi più consoni all’attività didattica. Non si è però verifcato quanto aveva previsto il presidente del consiglio di amministrazione Bruno Kessler: dare ai docenti la possibilità di abbinare l’attività didattica ad altre mansioni integrative, assicurando una progressione di carriera identica a quella dei dipendenti provinciali. Mi chiedo se la scelta di S. Michele sia stata indovinata tenuto conto che nel giorno stesso della laurea mi erano state prospettate due diverse alternative: ricercatore presso la Stazione sperimentale di viticoltura di Conegliano o frequenza remunerata di un biennio fnalizzato alla preparazione di dirigenti nell’ambito della CEE nel settore agricolo. Mi conforta il fatto che scorrendo l’elenco dei diplomati nel decennio trovo fgure di grande successo professionale. Nello stesso periodo ho collaborato con il prof. Franco Defrancesco ed altri colleghi (Livio Marchesoni, Tarcisio Corradini e Giovanni de Stanchina) alla compilazione dell’Enciclopedia dell’Agricoltura edita dalla Fratelli Fabbri. Rilevo infne dall’elenco dei diplomati che nel 1967 si è diplomata la prima donna nella storia dell’Istituto. Si tratta di Flavia Fighel che si è poi dedicata all’attività commerciale in campo forovivaistico.

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