1 minute read

Laboratorio COVID FEM

Nei giorni successivi alla scoperta del nuovo coronavirus SARS-CoV-2, i più prestigiosi laboratori internazionali hanno identificato (e reso immediatamente disponibile online) il metodo più affidabile per rilevare il virus nell’uomo: l’estrazione dell’RNA del virus mediante un tampone naso-faringeo e l’amplificazione di un gene specifico del virus stesso.

Il laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento ha subito testato e validato il metodo diagnostico, che tuttavia richiedeva di essere automatizzato, visto l’elevato numero di campioni (migliaia) da analizzare al giorno. Come avvenuto in molti altri laboratori di ricerca europei, all’inizio di aprile 2020 anche i tecnici, tecnologi e ricercatori della Fondazione Edmund Mach si sono attivati per allestire un nuovo laboratorio in grado di effettuare le analisi molecolari utilizzando il metodo certificato dall’Ospedale S. Chiara.

Dotato delle migliori strumentazioni rese disponibili dalle strutture del Centro Ricerca e Innovazione, il Laboratorio COVID FEM è stato posizionato in un container lontano dagli altri laboratori e uffici, e organizzato seguendo tutte le precauzioni e i consigli dei laboratori diagnostici europei, nel rispetto di elevati standard di sicurezza.

La fase iniziale ha riguardato il perfezionamento del flusso di lavoro. Grazie all’impegno di alcuni giovani tecnici volenterosi e determinati, è stato possibile organizzare il lavoro in laboratorio in pochissimi giorni. In parallelo si è lavorato in amministrazione FEM per riuscire a reperire - nonostante la scarsità di prodotti sul mercato - tutti i DPI, i kit e i consumabili richiesti dal protocollo.

L’entusiasmo ed il senso civico dei collaboratori FEM sono stati eccezionali: più di 40 persone, tra ricercatori, tecnologi e tecnici, si sono rese disponibili per essere addestrate e coinvolte nelle fasi operative. L’intero processo richiedeva all’incirca 24 ore.

Tale infatti era il tempo necessario per fornire i risultati all’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, a partire dal ricevimento dei tamponi inattivati (quindi non contagiosi).

Il lavoro è stato organizzato su turni giornalieri di otto ore: nella prima fase (dalle 7:00 alle 15:00 circa) l’RNA virale veniva estratto dal materiale biologico contenuto in ogni tampone, mediante l’utilizzo di un estrattore automatico. Le eluizioni (cioè l’RNA estratto) venivano tempestivamente consegnate alla Piattaforma di Sequenziamento e Genotipizzazione per la seconda fase del protocollo, cioè la delicata operazione di identificazione del gene S (spike) del virus SARS-CoV-2 (che terminava verso le ore 22:00). I risultati così ottenuti erano trasmessi all’Ospedale S. Chiara (verso mezzanotte), validati dal dirigente medico ed inviati al Ministero della Sanità a Roma entro le ore 9:00 della mattina seguente.

In totale la FEM ha analizzato 214.632 tamponi, occupandosi principalmente delle analisi delle RSA provinciali. Nonostante le difficoltà organizzative e logistiche iniziali, l’esperienza ha dimostrato nel concreto la valenza scientifica e sociale del CRI, nonché la sua capacità di adattare competenze e conoscenze per fronteggiare un’emergenza e fornire il suo rapido e concreto contributo al territorio.

Fasi delle analisi molecolari dei tamponi (da sinistra): estrazione RNA e genotipizzazione

This article is from: