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Associazione tra la via metabolica del triptofano e i sintomi depressivi subclinici in pazienti obesi: uno
Studio Preliminare
I sintomi depressivi sono spesso riscontrati in pazienti affetti da obesità e studi scientifici hanno evidenziato il coinvolgimento di uno stato infiammatorio cronico in questo effetto. Un meccanismo che potrebbe essere coinvolto in questo effetto risiederebbe nell’alterazione della via metabolica del triptofano, un amminoacido essenziale precursore del neurotrasmettitore serotonina, coinvolto nella regolazione dell’umore. Mentre dati recenti hanno evidenziato alterazioni nel metabolismo del triptofano nell’obesità, la rilevanza di tale meccanismo sui sintomi depressivi nell’obesità non è stata ancora investigata.
In uno studio preliminare condotto in collaborazione con l’Università di Bordeaux e la Clinique Jean Villar di Bruges (Francia), l’Unità Metabolomica si è occupata di determinare l’associazione dei livelli plasmatici di triptofano e dei suoi metaboliti indolici con i sintomi depressivi in 44 pazienti affetti da obesità moderata o severa ma non affetti da disordini neuropsichiatrici evidenti. I campioni di plasma sono stati estratti ed analizzati mediante spettrometria di massa LCMS/MS usando un protocollo validato presso il laboratorio di metabolomica per la quantificazione specifica del metabolismo degli amminoacidi essenziali e dei loro cataboliti prodotti dal metabolismo umano e da quello del microbiota intestinale. È stata altresì studiata l’interazione tra l’effetto dell’infiammazione, riflessa come livelli di proteina C-reattiva nel siero dei pazienti, e i metaboliti indolici del triptofano sui sintomi depressivi. Alti livelli sierici di proteina C-reattiva e basse concentrazioni dei metaboliti del triptofano, in particolari di quelli indolici prodotti dal microbiota intestinale come indole-3-carbossialdeide, correlano con i sintomi depressivi più severi. Dallo studio è emerso come la capacità di predire i sintomi depressivi più gravi mediante gli alti livelli di proteina C-reattiva sia potenziata dalle basse concentrazioni di indole-3-carbossialdeide. I risultati di questo studio pilota rafforzano l’ipotesi dell’associazione tra infiammazione, alterazioni nel metabolismo del triptofano e sintomi depressivi collegati all’obesità.
Anche se i meccanismi che sono alla base di tale associazione non possono essere determinati in questo studio, si può ipotizzare che il malfunzionamento della comunicazione tra intestino e cervello, mediata dai metaboliti del triptofano, sia coinvolto nei disordini dell’umore mediati dall’infiammazione collegato allo stato patologico dell’obesità.
Maggiori informazioni si possono trovare nell’articolo pubblicato su International Journal of Obesity (2022) 46: 885-888. https://doi.org/10.1038/s41366-021-01049-0
PAROLE CHIAVE: nutrizione, metabolismo del triptofano, microbiota intestinale, obesità, infiammazione
Nel contesto di uno stile di vita sano e della prevenzione delle malattie, i flavan-3-oli sono considerati molecole bioattive assunte con la dieta, costituenti del cibo ingerito che non sono essenziali per l’uomo ma che però sono in grado di ridurre il rischio di varie patologie e di promuovere un invecchiamento sano.
I flavan-3-oli monomerici, come catechina ed epicatechina, sono rapidamente assorbiti nel piccolo intestino e subito rilasciati nell’apparato circolatorio come coniugati di fase II.
Invece, i flavan-3-oli polimerici vengono metabolizzati dalla microflora intestinale in gamma-fenilvalerolattoni e nei loro rispettivi acidi fenilvalerici. Queste molecole sono i prodotti metabolici che si ritrovano nell’uomo dopo l’ingestione di alimenti ricchi in flavan-3-oli, eppure sono stati scarsamente studiati e il loro ruolo non è ancora del tutto chiaro. Sono stati quantificati 8 gamma-fenilvalerolattoni e 3 acidi fenilvalerici nelle urine di 11 soggetti sani dopo il consumo di mele usando LC-MS/MS
ANDREA ANESI PEDRO MENA*
ACHIM BUB**
MARYNKA ULASZEWSKA
DANIELE DEL RIO**
SABINE E. KULLING**
FULVIO MATTIVI***
* Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco, università di Parma
** Max Rubner-Institut, Germania
*** Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, università di Trento e standard analitici puri. I gamma-fenilvalerolattoni nelle forme coniugate con solfato e acido glucuronico raggiungono la massima escrezione nelle urine tra le 6 e le 12 ore dopo il consumo di mele, per poi diminuire nel tempo ma rimanendo comunque presenti nelle urine fino a 24 ore. Differenze significative tra i soggetti sono state evidenziate per quanto riguarda l’escrezione cumulativa totale e per il rapporto tra i gamma-diidrossifenilvalerolattoni coniugati con solfato rispetto a quelli coniugati con acido glucuronico. È stata osservata per la prima volta la presenza di due distinti metabotipi per quanto riguarda l’escrezione dei gamma-fenilvalerolattoni coniugati di fase II. Questi metaboliti potrebbero essere i veri determinanti degli effetti be - nefici associati al consumo di mele; i nostri risultati dimostrano infatti che questi metaboliti, chimicamente equivalenti a quelli prodotti dal microbiota intestinale dopo l’ingestione di cacao, uva e tè verde, sono persistenti in concentrazioni elevate fino a 24 ore dopo il consumo di mele. https://doi.org/10.3390/metabo9110254
Nel 2012 è stato autorizzato da parte della comunità Europea un claim riguardo gli effetti benefici legati al consumo giornaliero di 200 mg di flavan-3-oli di cacao (regolamento 1924/2006).
Da un punto di vista di bioequivalenza, si stima che il consumo di due mele al giorno provveda la stessa quantità di flavonoidi e quindi si possano ottenere gli stessi effetti benefici riportati nel claim.
Maggiori informazioni si possono trovare nell’articolo pubblicato su Metabolites (2019) 9 (11): 254.
PAROLE CHIAVE: nutrizione, mela, microbiota intestinale SPECIE: Malus domestica