Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova LA RESIDENZA FISCALE DELLE SOCIETÀ: LA PRESUNZIONE DI ESTEROVESTIZIONE A cura della Commissione fiscalità internazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova: Cristina Rigato, Chiara Zanovello, Michele Bertolin, Erika Cucco, Cristiano Desiderà, Alice Paccagnella, Silvia Sottovia.
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La definizione di residenza nel diritto interno. – 2.1 Il rapporto con le convenzioni contro le doppie imposizioni – 2.2 La sede dell’amministrazione. – 2.3 L’oggetto dell’attività. – 3. La presunzione relativa di cui all’art. 73, comma 5-bis, Tuir. – 4. Gli accertamenti fiscali in materia di esterovestizione. – 4.1 Ires. – 4.2 Ricostruzione extracontabile contabile del reddito. – 4.3 Doppia imposizione e credito d’imposta estero art. 165 TUIR. – 4.4 Irap. – 4.5 Sostituti d’imposta. – 4.5 Profili Iva. – 4.5.1 La territorialità dell’IVA e i riflessi nelle contestazioni di esterovestizione societaria. – 4.6 La notifica degli avvisi di accertamento ai soggetti esterovestiti. – 5. Il trasferimento della sede in Italia di società residenti all’estero analisi degli aspetti civilistici e tributari. – 5.1 Aspetti civilistici. – 5.2 Aspetti tributari. – 5.2.1 Residenza fiscale. – 5.2.1 Valore fiscale dei beni aziendali trasferiti. – 5.2.1 I trasferimenti di sede in Italia in materia di esterovestizione. – 5.2.2 Imposta di registro e altre imposte indirette. – 6. Principali orientamenti della giurisprudenza comunitaria e nazionale. – 6.1 Giurisprudenza comunitaria. – 6.2 Giurisprudenza nazionale. – 6.2.1 Giurisprudenza di legittimità. – 6.2.2 Giurisprudenza di merito. – 7. Prassi.
1.
Introduzione. Con il termine “esterovestizione” si intende la fittizia localizzazione della
residenza fiscale di una persona fisica o di una società all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo sottrarsi
agli
adempimenti
previsti
dall’ordinamento
tributario
del
Paese
di reale appartenenza 1. È chiaro, quindi, che l’espediente utilizzato dal contribuente di stabilire la propria residenza o di localizzare una determinata struttura societaria in un Paese a fiscalità privilegiata anziché in Italia è molto appetibile, in quanto ciò gli consente di sfuggire all’applicazione del criterio della worldwide taxation e, pertanto, di essere assoggettato ad una pressione fiscale meno gravosa, se non addirittura inesistente. Il concetto di esterovestizione è strettamente correlato a quello di residenza. Difatti, è esterovestito quel soggetto che, pur avendo la residenza (nel caso di persona 1
Cassazione civile Sentenza, Sez. Trib., 07/02/2013 17/10/2012, n. 2869
1 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova fisica) o la sede (nel caso si tratti di ente o di società) formale all’estero, ciò nonostante, al verificarsi di determinati presupposti, espressamente indicati dal TUIR - Testo Unico Imposte sui Redditi -, deve considerarsi fiscalmente residente nel territorio dello Stato italiano. Sostanzialmente, si realizza una “dissociazione” tra residenza reale e residenza fittizia/formale del soggetto passivo (persona fisica o società), che persegue lo scopo di assoggettare i propri redditi a tassazione in un Paese o in un territorio a fiscalità privilegiata. L’ordinamento tributario italiano è dotato di specifiche norme che consentono di individuare la residenza ai fini fiscali dei soggetti passivi, in funzione di concreti elementi, alternativi tra di loro, che individuano il legame della persona fisica o della società con il territorio dello Stato Italiano. Dal luglio 2006, con il Decreto Visco-Bersani (Decreto Legge 223/2006, convertito in Legge 248/2006), nel testo dell’articolo 73 del TUIR sono stati introdotti i commi 5-bis e 5-ter, recanti la disciplina della presunzione di residenza in Italia di società ed enti esteri, al ricorrere di determinate condizioni. In sostanza, si presumono residenti in Italia, salvo prova contraria, quelle società o quegli enti che, pur avendo la sede legale o amministrativa all’estero, detengono direttamente partecipazioni di controllo ai sensi dell’art. 2359 comma 1 c.c., in una società di capitali o altro ente commerciale residente in Italia e, allo stesso tempo, sono assoggettati al controllo, anche indiretto, da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano oppure presentano un organo di gestione composto prevalentemente da amministratori residenti in Italia. La norma introduce, dunque, una disciplina antielusiva volta a contrastare l’utilizzo di holding estere da parte di soggetti italiani finalizzate al controllo di società italiane. 2.
La definizione di residenza nel diritto interno. Come evidenziato in premessa, l’esterovestizione di un soggetto può essere
definita, in una accezione generale, come un fenomeno dissociativo fra residenza formale e residenza sostanziale, posta in essere al fine di beneficiare di un regime fiscale più vantaggioso rispetto a quello del Paese di effettiva appartenenza. Il punto di 2 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova partenza, nell’analisi del fenomeno in esame, è perciò il concetto stesso di residenza fiscale, disciplinato dall’art. 73 comma 3 per le persone giuridiche, per il quale “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato”. L’art. 73, comma 3 richiede: 1. un requisito di carattere formale/sostanziale: la sede legale (requisito formale) ovvero la sede dell’amministrazione ovvero l’oggetto principale dell’attività (requisito sostanziale) nel territorio dello Stato; 2. un requisito di carattere temporale, ossia la permanenza del requisito formale e sostanziale per la maggior parte del periodo d’imposta2. I requisiti sub 1 sono tra loro alternativi, nel senso che la sussistenza di uno di essi, unitamente al verificarsi del requisito sub 2, è presupposto necessario e sufficiente ad attrarre una società nella sfera dei soggetti residenti nel territorio dello Stato. L’importanza di utilizzare il criterio formale, ai fini dell’attribuzione della residenza, risulta evidente: avvalersi solo dei criteri sostanziali, significherebbe rinunciare ad uno strumento di facile applicazione e di immediata controllabilità, che benché non garantisca l’effettività del collegamento con lo Stato, può ragionevolmente rappresentare una presunzione molto forte, anche assoluta, di residenza. Escluso il primo dei tre elementi discriminanti, quello cioè della sede legale, la cui collocazione territoriale non presenta particolari problematiche (infatti, se l’atto costitutivo o lo statuto stabiliscono in Italia la sede legale di una società o di un ente, questo sarà da considerarsi residente), meritano invece un maggior approfondimento la verifica della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale dell’attività. La presenza di una pluralità di criteri di collegamento, senza regole per stabilire la prevalenza di uno sull’altro, comporta, spesso, la possibilità che un soggetto possa essere considerato sostanzialmente residente in più Stati, anche quando vi è un’evidente prevalenza di un criterio su tutti gli altri. Questo accade in particolare quando i criteri Art. 76, comma 2, D.P.R. 633/1972 (TUIR): “Il periodo d’imposta è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, determinato dalla legge o dall’atto costitutivo. Se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o più anni, il periodo di imposta è costituito dall’anno solare”. Il periodo d’imposta non coincide con l’anno solare come invece accade per le persone fisiche. Ai fini del calcolo del calcolo della maggior parte del periodo d’imposta, è possibile sommare più frazioni d’anno, anche non continuative. 2
3 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova sostanziali alternativi sono fra loro molto diversi, e tali che possano essere verificati contemporaneamente in relazione a luoghi differenti. Tale situazione potrebbe portare, interpretando letteralmente la norma, a conclusioni paradossali, che violano la ratio stessa delle disposizioni sulla residenza: un soggetto, infatti, potrebbe qualificarsi come residente in un certo Paese, in ragione di un criterio (ad esempio il “la sede dell’amministrazione”) che esprime un nesso di collegamento territoriale evidentemente meno significativo di un altro criterio sostanziale (ad esempio l’oggetto sociale), solo perché la norma non determina un ordine di prevalenza di un criterio sull’altro, ma li pone indistintamente sullo stesso piano.
2.1
Il rapporto con le convenzioni contro le doppie imposizioni. Oltre alle norme di diritto interno, la residenza viene regolamentata dalle norme
previste nelle convenzioni bilaterali contro la doppia tassazione internazionale. La norma di fonte pattizia serve, in particolare, a risolvere i conflitti di residenza tra due diversi Stati che considerano, entrambi, il medesimo soggetto residente nel proprio territorio nazionale. La disposizione convenzionale, in conformità con il Modello Ocse, prevede un criterio unico per la risoluzione dei conflitti di residenza delle persone giuridiche, ovvero il “place of effective management”, mentre per le persone fisiche, stabilisce che la residenza venga stabilita, valutando, in linea gerarchica, diversi criteri di collegamento, quali il luogo dell’abitazione principale, il centro degli interessi vitali, il luogo in cui soggiorna abitualmente ed infine alla nazionalità del soggetto. Per capire la portata concreta della norma convenzionale in relazione al fenomeno delle esterovestizioni, si deve sottolineare che, quando vi sia un effettivo conflitto di residenza tra i due Paesi contraenti, e nei limiti delle disposizioni contenute nella convenzione, l’unico criterio valorizzabile per stabilire la residenza del contribuente è quello previsto dalla norma pattizia, in quanto quest’ultima, per il principio di specialità, deve ritenersi prevalente rispetto alle norme dell’ordinamento interno. In particolare, il problema della residenza viene affrontato anche dall’art. 4 del Modello di Convenzione dell’Ocse del 2010 il quale stabilisce che, se entrambi gli Stati
4 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova considerano residente una società in base alle proprie disposizioni interne, deve prevalere il criterio della sede dell’amministrazione. Le Convenzioni stipulate dall’Italia si ispirano generalmente al modello Ocse per cui la portata della nuova disciplina introdotta dal D.L. 223/2006 appare notevolmente ridimensionata in quanto troverà applicazione solo nei casi in cui la società intermedia risiede in un Paese non convenzionato, e di fatto, si realizza solamente una inversione dell’onere della prova che non giova al contribuente. Come prima anticipato, nel modello Ocse 2010, rimane il concetto cardine del “place of effective management” quale criterio per far assegnare la residenza ad uno Stato in luogo della sede legale. Poiché tale criterio non è di facile applicazione, soprattutto in considerazione dei progressi della tecnologia, molti paesi ritengono impossibile fornire un criterio generale, dovendosi ritenere opportuno effettuare una valutazione caso per caso. La soluzione più ragionevole sembrerebbe dunque l’applicazione di una clausola convenzionale finalizzata a trovare un accordo tra le autorità di riferimento.
2.2
La sede dell’amministrazione. Il criterio fondamentale per la determinazione della residenza sostanziale degli
enti, soprattutto in virtù della sua valenza come criterio convenzionale per risolvere i conflitti di residenza è il cosiddetto “place of effective management” che può essere tradotto con il concetto di “sede dell’amministrazione”, previsto dall’art. 73 del TUIR. La dottrina civilistica ed internazional-privatistica, generalmente, interpreta il requisito della sede dell’amministrazione come il luogo da cui provengono gli impulsi volitivi relativi alla vita amministrativa della società. Anche la giurisprudenza3 ha sostenuto l’“assimilazione del concetto (fiscale) di “sede dell’amministrazione” a quello (civilistico) di “sede effettiva” della società” intendendo quest’ultima “come il luogo in cui si svolge in concreto la direzione e la gestione dell’attività d’impresa e dal quale promanano le relative decisioni”. In sede di commentario Ocse (nella versione post 2008), è stato introdotto un nuovo paragrafo 24.1 con l’obiettivo di precisare i fattori di riferimento per la determinazione 3
Corte di Cassazione, Sez Trib., 2869/13
5 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova della “sede di direzione effettiva”; in particolare, viene data rilevanza ad un approccio case by case come metodo ottimale per far fronte a determinate tipologie di controversie. Ai fini della determinazione della residenza, le autorità dovranno tenere conto: del luogo day to day management della persona giuridica; del luogo dove si trova l’headquarter della persona giuridica; della legislazione applicabile alla persona giuridica; del luogo in cui è tenuta la contabilità; del luogo in cui si riuniscono i membri del CdA; del luogo in cui il CEO normalmente svolge le proprie funzioni. La sede dell’amministrazione può, perciò, essere concretamente individuata nell’effettivo luogo dove sono adottate le decisioni principali relative alla gestione della società, e pertanto, nei casi di delega (amministratore delegato o comitato esecutivo), il luogo dove la delega viene materialmente adempiuta. Un caso degno di nota è l’interpretazione del criterio della “sede dell’amministrazione” nell’ambito dei gruppi societari. All’interno dei gruppi, infatti, il potere gestorio di ciascuna società è sempre condizionato, secondo gradi di intensità diversi, dall’attività di “direzione e coordinamento” svolta dalla società capogruppo, che stabilisce le linee strategiche, definisce l’assetto organizzativo e decide sulle operazioni di maggior rilevanza per l’intero gruppo, anche qualora esse vengano poi poste in essere in capo ad una società partecipata. In tale contesto, il rispetto delle politiche di gruppo non vale a mettere in discussione la residenza di tali società nello Stato in cui operano, la sede di direzione effettiva non potrà essere intesa come il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche, in quanto tali decisioni vengono assunte a livello della capogruppo (o comunque, a livello di altre società sopraordinate), ma dovrà essere considerata come il luogo in cui vengono assunte le decisioni relative all’amministrazione propria dell’ente, la gestione e la direzione quotidiana. Diversamente, si assisterebbe all’inaccettabile conclusione che il “place of effective management” delle società appartenenti ad un gruppo debba essere ricondotto presso le strutture di comando della capogruppo, con la 6 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova conseguenza che potrebbero essere considerate fiscalmente residenti nello Stato della casa madre. Alla luce di quanto sin qui evidenziato, va ribadito, quindi, che nel configurare l’“esterovestizione” non rilevano elementi strutturali quali l’attività di direzione e coordinamento strategico, o l’attività accentrata di “gestione” di taluni servizi finalizzata al risparmio di costi, elementi questi che sono del tutto connaturati ed ordinari all’interno del gruppo e che nulla hanno a che vedere con la residenza fiscale della singola società che lo compone. Altro aspetto da considerare nell’ambito dei gruppi è l’attività di determinazione delle scelte strategiche, la quale risulta essere priva di un chiaro collegamento territoriale grazie anche alle moderne tecnologie, che consentono di comunicare in tempi brevissimi in luoghi molto distanti l’uno dall’altro. Al fine, pertanto, di determinare la residenza, non si potrà sempre indentificare “la sede dell’amministrazione” con il luogo in cui si sono svolte le riunioni del Consiglio di amministrazione, poiché, grazie alla facilità di trasferimento dei soggetti e la possibilità di utilizzare forme di riunione a distanza (ad esempio la videoconferenza), il contribuente ha la possibilità di “sganciare” il “place of effective management” dalla effettiva residenza. Altrettanto forte risulterà la presunzione che l’attività di gestione sia effettivamente svolta nel Paese di residenza degli amministratori, quando la maggior parte di essi sia residente in uno stesso Stato diverso da quello in cui ha sede della società: in una tale situazione, risulterà poco credibile, perché particolarmente antieconomico, poter pensare che gli amministratori svolgano effettivamente la propria attività decisionale nel Paese in cui ha sede la società, ivi trasferendosi “quotidianamente”. Risulterà, invece, più logico pensare che i processi decisionali si siano effettivamente formati nel Paese di residenza della maggior parte degli amministratori. Qualora vi siano delle deleghe per l’ordinaria amministrazione a favore di uno o più amministratori, per localizzare la sede di gestione effettiva si dovrà privilegiare il luogo dove la delega è adempiuta, proprio perché i compiti delegati hanno tendenzialmente una frequenza quotidiana che risulta più idonea a stabilire l’esistenza 7 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova del collegamento territoriale, rispetto alle mansioni che rimangono di competenza dell’organo gestorio (la straordinaria amministrazione), che si ripetono meno frequentemente. In questi casi, perciò, la presunzione di residenza dell’ente si dovrebbe basare più verosimilmente sulla residenza dei soli amministratori delegati. L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, ritiene che se gli amministratori sono privi di potere decisionale ed operano come meri esecutori di direttive provenienti da altri soggetti residenti in altro Stato, senza entrare nel merito delle decisioni assunte da costoro, la sede dell’amministrazione dovrebbe comunque localizzarsi nello Stato di residenza dei secondi4. Riassumendo, da un punto di vista pratico, gli elementi che potrebbero maggiormente
costituire
la
prova
del
concreto
svolgimento
in
Italia
dell’amministrazione di società estere potrebbero, in via esemplificativa, essere i seguenti: -
la presenza nell’organo amministrativo di persone fisiche residenti in Italia, almeno qualora non si possa dimostrare che queste si siano di volta in volta effettivamente recate all’estero per esercitare il proprio mandato;
-
il rinvenimento di documentazione probatoria di una costante e puntuale attività di gestione della società estera, esperita impartendo dettagliate istruzioni direttamente dall’Italia a mezzo fax, corrispondenza commerciale, per via telematica o altro, da parte di soggetti residenti, anche non necessariamente coincidenti con gli amministratori formalmente incaricati, ma, di fatto, privi di effettivo potere gestorio;
-
il rinvenimento di contratti, accordi commerciali o altri documenti costantemente formalizzati in Italia a nome della società estera, talvolta con l’intervento di controparti straniere all’uopo convocate nel territorio dello Stato presso lo studio del legale di fiducia dell’imprenditore italiano, ovvero presso la sede della società controllante o controllata italiana.
4
Risoluzione n. 387/E del 19 dicembre 2002: “affinché un’attività di commercializzazione … possa effettivamente considerarsi localizzata in un territorio estero … occorre che in tale territorio si svolga, oltre alla fase prettamente esecutiva, anche un’autonoma attività strategica e decisionale”, non essendo sufficiente che “sul posto la società (estera) si avvalga unicamente di un servizio di company secretary per la gestione meramente formale dei locali adempimenti legali”.
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova 2.3
L’oggetto dell’attività.
Stante quanto evidenziato fino ad ora, l’Amministrazione finanziaria, al fine di fissare, ad esempio, la residenza di una società con sede legale in uno Stato con cui è stata stipulata una convenzione bilaterale (e quindi ivi residente in applicazione della normativa interna di quest’ultimo), non potrà fare leva sulla localizzazione dell’oggetto dell’attività, ma potrà unicamente valorizzare il criterio previsto dalla norma convenzionale (il “place of effective management” appunto). In relazione a tale tematica, il paragrafo 25 delle Osservazioni sul Commentario all’art. 4 contiene un’osservazione circa la posizione dell’Italia, la quale ritiene non sia accettabile che la determinazione della sede effettiva si fondi sull’unico criterio del luogo in cui l’organo gestorio prende ufficialmente le proprie decisioni, dovendosi considerare anche il luogo dove viene esercitata l’attività. Il criterio dell’oggetto esclusivo o principale dell’ente, sancito dall’art. 73, comma 3, del TUIR, risulta definito dalla stessa norma, che ai successivi commi 4 e 5 statuisce che: “4. l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto. 5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti”. Le disposizioni fiscali sopra richiamate, pur recando una prima previsione di carattere formale (comma 4), sono completate da una seconda norma di carattere sostanziale (comma 5) e ciò permette al criterio dell’oggetto principale di mantenere la sua natura di criterio avente rilevanza, appunto, “sostanziale”. Il requisito dell’oggetto principale va individuato, pertanto, non tanto nell’attività statutariamente prevista, quanto, piuttosto, nell’attività d’impresa effettivamente esercitata dall’ente giuridico oggetto di indagine. 9 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’oggetto principale dell’attività, sia dal punto di vista civilistico che fiscale, coincide, dunque, con la concreta attività svolta per il raggiungimento dello scopo sociale. D’altra parte, dalla lettura dell’art. 73 comma 4 del TUIR, secondo periodo è evidente che la norma impone di verificare l’oggetto principale tenendo in considerazione l’attività “essenziale” svolta dall’impresa ai fini del raggiungimento dei suoi scopi sociali. Di conseguenza, se il fine dell’attività imprenditoriale è quello di commerciare i beni in un Paese estero, non si può ritenere corretta l’interpretazione secondo cui l’attività essenziale sia solo quella della vendita nel Paese estero, poiché, in tale ipotesi, si giungerebbe a sostenere che tutte le società che commercializzano i prodotti in un unico Stato e in un unico mercato avrebbero la residenza fiscale in quel detto Stato. Tale soluzione sarebbe paradossale e in contrasto con quella che vuole essere la finalità della norma, che fa riferimento a tutte quelle attività “essenziali” senza le quali non potrebbero essere realizzati gli scopi sociali dell’impresa5. Alla luce delle riflessioni sopra riportate, ai fini della determinazione dell’oggetto principale, dovrà farsi riferimento a dati concreti, quali ad esempio: -
la localizzazione degli investimenti;
-
la sede degli impianti produttivi e/o di stoccaggio;
-
la sede degli uffici ove si svolgono le funzioni amministrativo-contabili, ecc. La localizzazione dell’oggetto principale risulta essere facilmente accertabile per
quelle attività caratterizzate da un forte radicamento in un determinato territorio (come ad esempio un negozio, una fabbrica, un’attività di servizi il cui mercato si esaurisce all’interno di un unico Stato), mentre è difficilmente determinabile quando oggetto dell’accertamento siano enti dislocati in diversi paesi, caratterizzati da una pluralità di aggregazioni produttive (punti vendita situati in più Paesi, fasi del processo produttivo geograficamente delocalizzate), o da una pluralità di beni gestiti. Per accertare il luogo dell’oggetto principale si deve fare principalmente riferimento ai rapporti economici che l’ente pone in essere coi terzi, distinguendoli da 5
Cfr. Circolare Guardia di Finanza n. 1/2008. Con riferimento alla definizione di oggetto sociale, precisa che si tratta di una “definizione estremamente ampia, per circoscrivere la quale si ritiene in genere necessario prendere in considerazione lo svolgimento dell’attività per il cui esercizio la società è stata costituita, nonché gli atti produttivi e negoziali ed i rapporti economici che la stessa pone in essere con i terzi”. Si veda inoltre Cassazione civile, 9 giugno 1998, n. 3910, secondo la quale “l’oggetto principale dell’attività corrisponde all’attività esercitata in concreto e in via primaria dalla società”.
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova quelli che rientrano nell’attività di amministrazione, in quanto, altrimenti, i due criteri previsti dall’art. 73 comma 3 del TUIR tenderebbero a sovrapporsi. Per determinare il Paese di residenza mediante la localizzazione dell’oggetto principale, bisognerà valutare, caso per caso, in relazione alle intrinseche caratteristiche dell’attività svolta: potrà allora essere valorizzato il principale mercato di destinazione, dove ad esempio sono localizzati la maggior parte dei punti vendita o in cui è realizzata la maggior parte del fatturato; può anche accadere, al contrario, che, per alcuni settori economici, rilevi maggiormente il mercato di approvvigionamento piuttosto che quello di sbocco, in tali casi, l’oggetto principale andrà localizzato nel Paese in cui si realizzano la maggior parte delle forniture; ancora potranno essere valorizzati criteri quali il Paese in cui viene impiegato il maggior numero di dipendenti, o in cui maggiore è l’ammontare degli investimenti. Per le società che gestiscono beni patrimoniali (soprattutto immobili e partecipazioni), l’Amministrazione finanziaria tende a identificare l’oggetto dell’attività con l’ubicazione fisica dei beni gestiti: così se una società con sede legale all’estero è proprietaria esclusivamente di immobili siti in Italia, si potrebbe ritenere che l’oggetto principale della società si trova in Italia6. Un caso particolare e di più difficile risoluzione è quello della società holding che pur avendo sede legale all’estero detiene un’unica partecipazione in Italia, ovvero il caso di una società estera il cui unico provento sia costituito da royalty di fonte italiana: l’Amministrazione finanziaria potrebbe attrare la residenza in Italia in ragione del criterio dell’oggetto dell’attività. In questo caso si configura un’ipotesi di doppia residenza che, come prima evidenziato, a livello convenzionale viene risolto con l’applicazione dell’art. 4 comma 3 del Modello il quale fa prevalere la sede dell’amministrazione, anche se, tuttavia, il commentario precisa che non è possibile determinare una regola specifica, per cui devono essere presi in esame tutti i fatti e le circostanze pertinenti.
6
La Circolare Ministeriale n. 48/2007 affrontando il tema della residenza in un trust estero, ha affermato che se “l’oggetto del trust (beni vincolai nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata”.
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La problematica sopra evidenziata sconta evidentemente un limite normativo: i criteri utilizzati sia dal diritto interno che in ambito internazionale per stabilire la residenza fiscale di una società sono chiaramente pensati per un ente che svolge un’effettiva attività di impresa. Nel caso di società di mera intestazione di patrimoni viene a mancare del tutto l’attività “imprenditoriale”. Utilizzare, inoltre, quale criterio alternativo “all’oggetto sociale”, la “sede dell’amministrazione”, come il luogo in cui vengono assunte le decisioni strategiche dell’ente non ha, perciò, molto senso se riferito a soggetti che non svolgono alcuna reale attività, limitandosi a detenere passivamente partecipazioni, piuttosto che marchi o capitali finanziari. Ancora una volta viene a mancare il giusto coordinamento tra normativa interna e normativa internazionale tale da permettere di risolvere i problemi di potestà impositiva tra gli Stati, lasciando così irrisolte e aperte tali questioni.
3.
La presunzione relativa di cui all’art. 73, comma 5-bis, Tuir. Il comma 5-bis7 dell’art. 73 è stato introdotto ad opera dell’articolo 35, comma
13 e 14 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, quest’ultimo convertito nella legge 4 agosto 2006 n. 248. Secondo quanto riportato nella relazione accompagnatoria al decreto, il comma in parola, assieme al 5-ter, che ha avuto la stessa genesi, è finalizzato a contrastare il fenomeno delle società esterovestite, quali enti e società per le quali l’attributo “estero” è puramente formale poiché resterebbe localizzato nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione o, comunque, il centro decisionale della società, consentendo di far affiorare materia imponibile all’interno dei confini nazionali. Come già anticipato all’inizio della presente monografia, la norma introduce nell’ordinamento tributario una presunzione legale che riporta in Italia la residenza di
“Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa: a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato” 7
12 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova società ed enti esteri qualora ricorrano contemporaneamente due elementi di collegamento “rilevanti e continuativi” con il territorio italiano e che possono essere definiti controllo attivo (controllo a valle) e controllo passivo (controllo a monte) Condizione necessaria,
ma non sufficiente,
perché la fattispecie di
esterovestizione sia verificata è innanzitutto l’esistenza di un controllo attivo di tipo partecipativo, effettuato da parte della società / ente non residente, su una o più società di capitali o ente commerciale residente in Italia e tale controllo attivo abbia le caratteristiche dettate dell’art. 2359, comma 1, n. 1) e n. 2) del codice civile. Alla luce della fattispecie in commento e analizzando in sintesi il contenuto della norma codicistica, il controllo attivo su una società di capitali o ente commerciale residente in Italia può essere esercitato alternativamente: -
tramite la maggioranza assoluta dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (controllo di legge);
-
mediante un numero di voti necessario a garantire un’influenza dominante nella stessa assemblea (controllo di fatto, tale influenza può manifestarsi nella possibilità di eleggere la maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione del soggetto residente);
-
in virtù di particolari vincoli contrattuali che determinano un’influenza dominante. Superata la prima condizione e verificata la sussistenza di un controllo attivo,
deve essere valutata la coesistenza del controllo passivo, talché la società / ente non residente, alternativamente: -
sia a sua volta controllato, anche indirettamente, da società ovvero enti residenti nel territorio dello Stato, sempre ai sensi dell’art. 2359, comma 1 del codice civile;
-
sia amministrato da un consiglio di amministrazione, o da altro organo gestorio, composto per la maggior parte da consiglieri residenti in Italia. Nella norma in commento, il legislatore, con l’allocuzione “soggetti residenti”
nel territorio dello Stato, amplia la platea dei soggetti controllanti a tutti i possibili attori, siano essi titolari di reddito di lavoro autonomo o di impresa (imprenditori individuali, società di persone e società ed enti commerciali soggetti Ires), sia persone 13 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova fisiche tout court. In relazione a queste ultime, il successivo comma 5-ter, estende ai voti spettanti al coniuge, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado la verifica della sussistenza del controllo di cui al precedente comma 5-bis. Inoltre, il comma 5-ter determina l’ambito temporale al quali riferirsi per la rilevazione della sussistenza della presunzione di esterovestizione, stabilendo nella data di chiusura dell’esercizio (o dell’omologo periodo di gestione per il soggetto estero controllato) tale termine. In sintesi, soggetti destinatari della norma risultano essere quei soggetti che controllano direttamente società residenti e che sono controllati / amministrati, anche indirettamente, da soggetti residenti. Rispetto al contenuto del comma 3 dell’art 73 che reca i criteri sostanziali (sede legale - sede dell’amministrazione - oggetto principale) tali da legare il soggetto giuridico estero alla residenza in Italia, il comma 5-bis ha carattere procedurale introducendo una “presunzione relativa” che determina una inversione dell’onere della prova a carico delle società esterovestite. Il legame tra le due norme diventa ancora più stringente qualora si prenda a riferimento il concetto di sede dell’amministrazione. La presunzione contenuta nel comma 5-bis, qualora si concretizzi l’alternativa in cui il soggetto estero è amministrato da un organo collegiale costituto per la maggior parte da soggetti residenti in Italia, costituirebbe un presunzione relativa di secondo livello, a totale supporto di una presunzione assoluta di primo livello8 contenuta nel comma 3. E’ a carico dell’Amministrazione finanziaria la dimostrazione dell’esistenza dei presupposti di esterovestizione del soggetto e pertanto della dimostrazione dell’esistenza dei “due collegamenti”. Per quanto riguarda il controllo attivo, dove il soggetto estero ha un controllo diretto sul soggetto interno, la circolare Assonime n. 67 del 2007 precisa che il controllo diretto si verifica anche nel caso in cui le partecipazioni siano detenute per il tramite di società fiduciarie, le quali operano come mandatarie senza rappresentanza degli effettivi titolari degli assets di partecipazione. Per quanto attiene al controllo passivo, e alla possibilità che lo stesso sia attuato in maniera indiretta, la presunzione si rende applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti, controllati e controllanti, si interpongano più sub-holding estere. La 8
Piergiorgio Valente, “Residenza e società cosiddette “esterovestite””, il fisco 18/2008
14 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova presunzione di esterovestizione rende operativa la presunzione anche per la società estera inserita nell’anello immediatamente superiore della catena societaria: basterà dimostrare il controllo “italiano” sulla società posta all’ultimo anello della catena per “italianizzare” anche tutte le società intermedie. Il soggetto economico principalmente preso di mira dal comma 5-bis riguarda le fattispecie relative alle holding di partecipazione, soggetti che detengono partecipazioni in società residenti e che, di conseguenza, non svolgono alcuna attività aziendale vera e propria di produzione e vendita all’estero. La struttura organizzativa di tali soggetti è sostanzialmente carente o addirittura del tutto assente, aspetto questo che spingerebbe l’amministrazione finanziaria a presumere la residenza italiana, ricorrendone i presupposti, nonostante il soggetto si palesi estero per statuto. Il criterio OCSE di identificazione della residenza di un soggetto in funzione del place of effective management corre il rischio di non operare correttamente nei casi in cui vi sia la presenza della società, la “holding”, ma non si vi sia presenza di organizzazione aziendale sottostante che, nel caso in esame, manca. Al realizzarsi di questa fattispecie di società si corre il rischio di appiattire l’organizzazione aziendale spostandola ed identificandola con il socio (e la residenza del socio) che per sua qualità è esistente. Ma la società non va confusa con l’organizzazione aziendale: se la società “è il risultato di un contratto, un regime legale, un criterio di appartenenza di beni che si incardina in un determinato ordinamento giuridico cui i soci fanno riferimento” e se è normale che sia proprio il socio a manifestare la sua sovranità attraverso la nomina degli organi sociali, questo potere non va confuso con il management aziendale che nel caso del soggetto in esame si realizza e si esaurisce nella gestione delle partecipazioni e dei beni societari, nella convocazione di assemblee dei soci e dei consigli di amministrazione9. Semplificando, la prova contraria alla presunzione di residenza nello Stato ha profili meno critici qualora il soggetto estero sia una holding mista o una holding di gestione. Nel primo caso siamo in presenza di un soggetto che oltre a partecipare al capitale di soggetti residenti, svolge una attività economica, industriale o finanziaria per Simone Covino, “Residenza di società senza azienda tra residenza del socio e commentario OCSE”, dialoghi tributari 1/2013 9
15 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova la cui specificità può ritenersi (e potrà dimostrarsi) che la sede amministrativa sia effettivamente collocata all’estero, con il corollario che tale localizzazione individua all’estero l’assunzione di decisioni gestionali. Nel secondo caso, trattandosi di società che svolgono una attività di direzione e coordinamento delle partecipate, talora anche attività ausiliarie alla stessa (finanziarie, amministrative), è l’oggetto stesso di questo tipo di holding che si colloca nel luogo in cui questo tipo di attività viene svolta, a prescindere dalla sede delle partecipate.
4.
Gli accertamenti fiscali in materia di esterovestizione. L’eventuale collocazione in Italia della residenza fiscale di società costituite
all’estero, operata dell’Amministrazione Finanziaria in sede di verifica, determina, in primo luogo, la loro riconduzione nell’ambito dei soggetti residenti in Italia. Da ciò derivano alcuni profili di criticità collegati all’accertamento delle violazioni commesse da tali soggetti e alla quantificazione delle imposte da recuperare, posto che nei periodi d’imposta interessati dalla verifica non saranno stati rispettati i normali obblighi previsti dalla legislazione fiscale italiana. Infatti, potranno essere contestati rilievi, tanto di natura sostanziale, quanto di natura formale, che attengono all’IRES, all’IVA, ai sostituti d’imposta e, marginalmente, all’IRAP. Nella specie, non si tratta di conseguenze derivanti esclusivamente dall’attivazione della presunzione relativa di residenza fiscale stabilita dall’art. 73, comma 5-bis, TUIR ma, in generale, dalle contestazioni basate sull’ordinaria disciplina in merito di residenza, prevista dall’art. 73, comma 3, TUIR. Nel seguito si cercherà di analizzare le principali problematiche che i soggetti “esterovestiti” si trovano ad affrontare in seguito ad una verifica dell’Amministrazione finanziaria.
4.1
Ires. La riconduzione in Italia della residenza comporta che i soggetti costituiti
all’estero siano assoggettati a tassazione in Italia secondo il principio di tassazione dei redditi su base mondiale (worldwide taxation). 16 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Dal punto di vista sistematico, in considerazione del fatto che le regole sulla residenza operano esclusivamente nell’ambito del contesto dell’art. 73 del TUIR e non anche dell’art. 5 del TUIR10, le società esterovestite, costituite all’estero con forme giuridiche tra le più varie, dovrebbero comunque rientrare tra i soggetti passivi IRES. Più in concreto, rientrerebbero tra “le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti” di cui all’art. 73, lett. d), TUIR. Avendo a mente le forme giuridiche societarie tipiche dell’ordinamento italiano, si può pertanto sostenere che saranno assoggettate ad IRES sia le società estere assimilabili a quelle “di capitali” sia quelle assimilabili alle società “di persone”. L’assoggettamento a tassazione su base mondiale, comporta l’obbligo di determinazione e dichiarazione dei redditi, nonché la tenuta delle scritture contabili richieste dalla normativa fiscale italiana. La società esterovestita che ha adempiuto agli obblighi fiscali esteri, tralasciando completamente quelli italiani, è pertanto esposta alla contestazione di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata dall’art. 9, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997 e di omessa presentazione della dichiarazione ai fini IRES, sanzionata dall’art. 1 del D. Lgs. n. 471/1997. Prescindendo, in questa sede, dal merito delle contestazioni mosse dagli Enti verificatori, è necessario evidenziare che all’irrogazione delle menzionate sanzioni, si ricollega la necessità di determinare il reddito da sottoporre a tassazione in Italia. Da un lato, la quantificazione del reddito non sembra eccessivamente problematica se si considera che, la disciplina dell’esterovestizione si rivolge principalmente a società, quali le holding di partecipazioni in società italiane, che si connotano per essere titolari di redditi rappresentati principalmente da componenti di natura finanziaria individuabili e quantificabili con ragionevole certezza. Si tratta, sostanzialmente, di dividendi, plusvalenze, interessi e canoni. Tuttavia,
dall’altro
lato,
la
disciplina
dell’esterovestizione
interessa
genericamente tutti i soggetti costituiti all’estero e, conseguentemente, anche le società sorte a seguito della diffusa tendenza alla delocalizzazione produttiva e/o commerciale
10
Assonime, circolare n. 67 del 31 Ottobre 2007, pag. 31
17 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova operata da soggetti d’imposta italiani. Si tratta di contribuenti per i quali la quantificazione del reddito è assolutamente aleatoria se slegata dalla contabilità. Di conseguenza, è importante valutare come la mancata tenuta di scritture contabili ai fini italiani riverberi i suoi effetti in termini di accertamento del reddito. In altri termini se l’assenza di scritture contabili italiane giustifichi un accertamento del reddito “extracontabile” o, viceversa, se non si possa ignorare l’esistenza di scritture contabili e di un bilancio tenuto a fini della normativa dello stato estero di costituzione.
4.2
Ricostruzione extracontabile/contabile del reddito. L’art. 13 e successivi del DPR n. 600/1973 prevede l’obbligo di tenuta delle
scritture contabili, tra gli altri, per i contribuenti soggetti all’IRES. In linea generale, il corretto assolvimento di tale adempimento si riflette sulle modalità accertative, atteso che, in base all’art. 39 del DPR n. 600/1973, l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti gravità, precisione e concordanza: -
quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
-
quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
-
quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. L’utilizzo di tale metodo accertativo, ancorché criticabile per le ragioni che si
evidenzieranno successivamente, determina una ricostruzione extracontabile del reddito. Il reddito viene verosimilmente ricostruito attraverso l’applicazione di percentuali presuntive e l’utilizzo degli elementi acquisiti nel corso della verifica. Viene però a 18 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova mancare la quantificazione e la deduzione dei costi sostenuti dal contribuente, la cui prova viene lasciata in capo al soggetto accertato, che ne dovrà provare i requisiti di certezza e precisione. Pur rilevando un diffuso orientamento dei verificatori di procedere alla ricostruzione extracontabile del reddito, l’utilizzo di tale strumento accertativo stride con il comportamento adottato dalle società esterovestite che hanno correttamente tenuto la contabilità e redatto il proprio bilancio d’esercizio nello stato in cui è collocata la propria sede legale. In altri termini non hanno tenuto uno specifico comportamento volto a rendere inattendibile la contabilità, normalmente alla base di un accertamento induttivo. Come evidenziato dalla dottrina11 che ha affrontato la materia, pare ragionevole ritenere che la corretta tenuta di una contabilità all’estero e la redazione di un bilancio secondo la normativa locale debba escludere l’applicabilità della rideterminazione extracontabile del reddito, attivabile solamente in completa assenza di tale documentazione. Tale soluzione sarebbe valida in particolar modo per il caso di società costituite in uno Stato dell’Unione Europea, che redigono il bilancio in ossequio a quanto previsto dalla IV Direttiva12. Infatti, l’adozione da parte di tutti gli Stati europei di tale Direttiva, pur in presenza di differenti opzioni esercitabili in sede di recepimento, ha consentito di armonizzare la disciplina in materia di bilancio vigente nei vari stati membri. Di fatto, un bilancio redatto secondo la normativa di altro stato della UE può dirsi caratterizzato da principi e criteri contabili del tutto analoghi a quelli rinvenibili nel codice civile italiano. Eventuali differenze di forma non dovrebbero assumere valenza tale da impedirne l’utilizzo in Italia.
D. Avolio e B. Santacroce, “Esterovestizione: è legittimo il disconoscimento dei costi e delle imposte estere?”, in Corriere tributario, n. 7/2011 p. 545; M. Tenore, “L’utilizzo dei bilanci esteri ai fini della determinazione del reddito imponibile delle società estere con sede in Italia”, in Rassegna tributaria n. 6/2009, p. 1773. 12 IV Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1978, n. 78/660/CE. 11
19 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Sul punto si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate, con Risoluzione 30 ottobre 2008, n. 409/E, la quale, nell’affrontate il caso della determinazione del reddito di una società costituita in Francia, ma residente in Italia ai fini fiscali, ha dato rilevanza al bilancio civilistico francese. Nello
specifico,
l’Amministrazione
finanziaria
ha
sostenuto
che
gli
ammortamenti rilevanti ai fini fiscali italiani sono quelli risultanti dal bilancio estero, ritenendo non applicabile un maggior ammortamento basato sul criterio stabilito dalle norme fiscali italiane. Utili elementi a supporto dell’utilizzo dei bilanci esteri sono rinvenibili anche nella giurisprudenza comunitaria. Può essere citata la sentenza della Corte di Giustizia Europea 15 maggio 1997 Futura C/250/95, con la quale è stato riconosciuto un principio di mutuo riconoscimento dei bilanci redatti in altro stato membro. In concreto, il caso era relativo alla deduzione delle perdite fiscali imputabili ad una stabile organizzazione lussemburghese, in assenza di una contabilità tenuta in conformità alla normativa del Lussemburgo. Conseguentemente, per le società costituite nell’ambito della UE, la presenza di un bilancio (e quindi di una contabilità) redatto secondo i principi di altro Stato Europeo dovrebbe escludere l’applicabilità dell’accertamento del reddito su base induttiva delle società esterovestite. In ragione del principio, stabilito dall’art. 83 del TUIR, di derivazione del reddito dal risultato di conto economico, apportate le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione delle disposizioni fiscali, l’imponibile dovrebbe essere determinato, in prima battuta, attraverso l’uso del conto economico estero, operando le variazioni previste dal TUIR, con l’eventuale adattamento delle voci contabili quantificate con principi significativamente diversi da quelli italiani. Nel caso di società esterovestite di diritto extra UE, invocare l’utilizzo del bilancio civilistico estero, come base di determinazione del reddito, appare sicuramente più problematico. Infatti, nel panorama mondiale è possibile confrontarsi con ordinamenti che prevedono strutture di bilancio e principi contabili completamente diversi da quelli propri dell’Unione Europea.
20 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’inadeguatezza dello strumento dell’accertamento extracontabile induce comunque a valutare l’opportunità di seguire strade alternative. In particolare, l’art. 15, comma 4, del DPR n. 600/1973 prevede che “il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite, salve le disposizioni del codice civile e delle leggi speciali, possono essere redatti con qualsiasi metodo e secondo qualsiasi schema purché conformi ai principi della tecnica contabile”. In virtù di tale disposizione, fermo l’onere a carico della società esterovestita, di fornire la prova della corretta tecnica contabile adottata e della sua conformità con quella esistente nella UE, non si può escludere a priori l’utilizzabilità del bilancio estero predisposto per il periodo d’imposta oggetto di verifica. Infine, sempre in tema di determinazione del reddito italiano della società esterovestita, è da rilevare che anch’essa è soggetta, almeno in linea teorica, alla disciplina delle società di comodo. Qualora non superi la verifica di operatività prevista per le società di comodo, il reddito attribuito alla società esterovestita verrà determinato in via presuntiva sulla base degli appositi coefficienti di redditività previsti dalla disciplina in materia. A ciò si aggiunga l’aggravio della maggiore aliquota IRES applicabile ai soggetti non operativi.
4.3
Doppia imposizione e credito d’imposta estero art. 165 TUIR. La riqualificazione della residenza in Italia può determinare l’insorgere di
evidenti fenomeni di doppia imposizione. Infatti, una società che in conseguenza di una verifica dell’Amministrazione finanziaria divenga residente in Italia per effetto dell’applicazione della disciplina dell’esterovestizione, si troverà nella condizione di vedersi richieste le imposte italiane relative ai redditi prodotti nei periodi d’imposta accertati, per i quali la società avrà verosimilmente già assolto all’estero le imposte dovute. Il rischio di un effettivo doppio prelievo appare elevato se si considera che gli strumenti attualmente a disposizione del contribuente non sembrano davvero efficaci nella risoluzione del conflitto impositivo. In primo luogo, può essere ragionevole valutare l’applicabilità dello strumento interno del credito d’imposta per i tributi assolti all’estero, previsto dall’art. 165 del 21 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova TUIR. In concreto, per l’asserita società esterovestita si tratterebbe di vedersi accreditate le imposte già pagate all’estero e, quindi, riconosciute a scomputo del carico impositivo italiano emerso a seguito dell’attività accertativa. La concreta attivazione di tale strumento presenta dei profili d’incertezza legati alla omessa presentazione della dichiarazione in Italia nell’anno per il quale si intende recuperare le imposte estere. Infatti, l’art. 165, comma 8, TUIR, prevede che “la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione”. Pertanto, applicando rigidamente il dettato letterale della norma, è prassi diffusa che gli Uffici accertatori, contestualmente alla constatazione della violazione di omessa dichiarazione, non riconoscano alle società esterovestite il credito per le imposte scontate all’estero. Il mancato riconoscimento delle imposte pagate all’estero assume la valenza di ulteriore elemento punitivo, in quanto il soggetto accertato, oltre a subire il prelievo delle imposte italiane e la debenza delle sanzioni per i comportamenti omissivi ad esso ascritti, non si vede riconosciute le imposte versate all’erario che riteneva competente a riscuoterle per i periodi d’imposta accertati. Il riferimento all’omessa dichiarazione, operato dall’art. 165, comma 8, sembra invece dover avere solo la valenza di escludere il riconoscimento del credito a quei redditi che non hanno concorso a tassazione in Italia13. Per il caso di riqualificazione della residenza di una società, i redditi vengono tassati in Italia e il credito per imposte estere pare uno strumento legittimamente applicabile. In ogni caso, anche laddove si ritenesse applicabile il meccanismo del credito per imposte estere, tale strada non sembra essere di per sé sufficiente ad eliminare la doppia imposizione. Infatti, l’art. 165 TUIR dovrebbe consentire il solo recupero delle imposte relative a redditi prodotti all’estero sulla base di criteri di reciprocità rispetto all’art. 23 TUIR.
Per il riconoscimento del diritto al credito d’imposta in giurisprudenza si veda Cassazione, 16 settembre 2005, n. 18371. 13
22 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Se si assume che lo sforzo accertativo dell’Amministrazione finanziaria sarà volto principalmente ad attrarre tra i soggetti residenti in Italia le società con proventi di fonte italiana da assoggettare a tassazione (dividendi, royalties, plusvalenze, ecc.), è evidente che l’attivazione del credito di cui all’art. 165 può eliminare solo parzialmente il problema della doppia imposizione14. I redditi di fonte italiana resteranno in ogni caso soggetti ad una doppia imposizione. Al di fuori degli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento interno, è opportuno considerare l’applicabilità delle procedure amichevoli15 tra gli stati interessati dal conflitto di residenza. A tal riguardo, l’art. 25 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni prevede la cd. “procedura amichevole” che consente alle autorità fiscali di due stati contraenti di dirimere questioni derivanti da una imposizione non conforme alle disposizioni della convenzione applicabile. Pertanto, la base giuridica per l’instaurazione di una procedura amichevole va rinvenuta nelle singole convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia. Nel caso specifico delle società asseritamente esterovestite, l’avvio di una procedura amichevole dipenderà dall’esistenza di una Convenzione bilaterale stipulata tra l’Italia e lo stato in cui è stata originariamente costituita la società, la quale contenga la clausola di cui all’art. 25 del Modello OCSE. La procedura, almeno in via teorica, appare come un rimedio esperibile dal soggetto esterovestito che ritenga di essere (o poter essere) leso da una doppia imposizione fiscale derivante dall’attività accertativa. L’autorità fiscale italiana, in contraddittorio con quella dello stato estero, dovrebbe trovare un accordo tale da eliminare la doppia imposizione. Tuttavia, nella realtà dei fatti, le autorità fiscali non sono gravate da un obbligo di addivenire ad un accordo per l’eliminazione della doppia imposizione, sussistendo
14
Nello stesso senso Assonime, Circolare n. 67 del 31 ottobre 2007, pag. 13.
15
Per una più ampia analisi della disciplina e delle modalità applicative delle procedure amichevoli si rinvia alla Circolare Agenzia Entrate, 5 giugno 2012, n. 21/E.
23 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova solamente un obbligo di “diligenza” che impone alle amministrazioni di fare del loro meglio per risolvere la questione. Infatti, pur essendo vero che l’art. 25 del modello di Convenzione OCSE, a partire dalla versione del 2008, prevede una fase arbitrale obbligatoria, ad oggi, solo un numero limitato di convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia contengono tale clausola. Se si pensa che nel caso di società esterovestite la risoluzione della doppia imposizione dovrebbe comportare la rinuncia da parte dell’amministrazione fiscale estera a parte (o a tutte) delle imposte dovute dalla società esterovestita, è evidente come tali procedure non risultino efficaci e profittevoli all’atto pratico, qualora non vi sia un obbligo di raggiungere un accordo. In altri termini, considerato che lo stato estero dovrebbe essere addirittura disposto a rimborsare le imposte già incassate dalla società accertata in Italia, l’efficacia di tale rimedio appare assolutamente discutibile e da dimostrare. In conclusione, il rischio di subire una doppia imposizione in Italia e nello stato di formale residenza appare attualmente molto elevato, atteso che gli strumenti giuridici a disposizione dei soggetti esterovestiti non sembrano essere sufficienti ad eliminare completamente questo fenomeno16.
4.4
Irap. Al fine di completare l’analisi degli effetti della riqualificazione della residenza
in tema d’imposte dirette, è opportuno analizzare brevemente le implicazioni in tema di IRAP. Richiamando i principi generali dell’IRAP, è necessario premettere che l’art. 2 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, collega il presupposto impositivo di tale imposta all’”esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata”. Inoltre, l’art. 12 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 dispone: - per i soggetti passivi residenti, che la quota di valore della produzione attribuibile alle attività svolte all’estero è scomputata dalla base imponibile;
In senso conforme, M. Greggi, “Recenti sviluppi e questioni di compatibilità comunitaria delle disposizioni di contrasto al fenomeno della cosiddetta estero vestizione societaria”, in Rassegna Tributaria n. 1/2009, p. 105. 16
24 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova - per i soggetti passivi non residenti, che si considera prodotto nel territorio della regione il valore della produzione derivante dall’esercizio di attività esercitate nel territorio stesso, per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi, mediante stabile organizzazione, base fissa o ufficio. Peraltro, con la Circolare Agenzia delle Entrate 12 novembre 2008 n. 263/E è stato chiarito che il presupposto applicativo dell’imposta si verifica solo in presenza di una stabile organizzazione. Alla luce di quanto premesso, indipendentemente dalla riconduzione di una società esterovestita tra i soggetti “residenti” o “non residenti” di cui all’art. 73 TUIR, l’applicazione dell’IRAP dipende dall’esistenza di un’autonoma organizzazione operante in Italia. Più nello specifico, tale organizzazione deve essere qualificabile come stabile organizzazione, nell’accezione prevista dal Modello OCSE e dalle singole convenzioni contro la doppia imposizione sottoscritte dall’Italia. Pertanto, non è sufficiente la mera sussistenza di un ufficio in Italia, magari attribuito alla società esterovestita a seguito delle verifiche fiscali operate. Da tale punto di vista, in presenza di una società esterovestita che svolge una qualche attività produttiva o commerciale nello stato di formale insediamento, è agevole escludere l’applicazione dell’IRAP per assenza del presupposto territoriale, in quanto risulta mancante una stabile organizzazione in Italia. Diversamente, in presenza di una società esterovestita riconducibile ad una holding finanziaria o mista, è di più difficile valutazione della sussistenza di una stabile organizzazione in Italia, attesa la struttura più snella che normalmente contraddistingue tali società. In ogni caso, si può pacificamente concludere che la mera riconduzione della sede di una società estera in Italia ai fini delle imposte dirette, non può assolutamente determinare in via automatica l’assoggettamento ad IRAP di tale soggetto. L’Ente accertatore dovrà necessariamente dimostrare la sussistenza di
una stabile
organizzazione in Italia della società esterovestita.
4.5
Sostituti d’imposta. 25
Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La riconduzione della residenza in Italia comporterà per la società accertata la contestazione circa il mancato assolvimento degli obblighi di sostituzione d’imposta. Secondo tale posizione, sostenuta dall’Amministrazione finanziaria17, il soggetto esterovestito, al pari di un soggetto nazionale è obbligato a effettuare le ritenute, versarle all’Erario, certificarle, nonché adempiere ad ogni altro obbligo che la posizione di sostituto d’imposta comporta. In concreto, ciò determina l’assoggettamento a ritenuta di dividendi, interessi e royalties corrisposti a soggetti non residenti e di interessi e royalties corrisposti a soggetti residenti non esercenti attività d’impresa. Ovviamente, da un punto di vista sostanziale, si ritiene che la ritenuta vada effettuata solo in assenza di regimi che ne consentono la mancata applicazione: per esempio la direttiva 3 giugno 2003 n. 49/2003/CE concernete i pagamenti di interessi e royalties18. La descritta posizione determina conseguenze devastanti per quanto riguarda i rapporti tra la società asseritamente esterovestita e altri soggetti non residenti, quali, per esempio, quelli appartenenti allo stato di formale residenza della società. Si tratterebbe di assoggettare a ritenuta in Italia ed addirittura esercitare il diritto di rivalsa nei confronti di soggetti che hanno ritenuto in buona fede di percepire redditi da soggetti residenti nello stato in cui è posta la relativa sede legale. Sul punto, Assonime si è espressa ritenendo che “non sembra possibile imporre l’applicazione di ritenute o la rivalsa a carico del percipiente nell’ambito di rapporti contrattuali di diritto estero che, in base alla legislazione vigente in loco, non prevedano o non tollerino che il corrispettivo possa essere falcidiato rispetto al quantum pattuito”19. Viceversa, per i flussi reddituali in uscita dall’Italia percepiti dalla società esterovestita non dovranno essere assoggettati ad imposta in quanto intervenuti tra due soggetti residenti.
17
Agenzia delle Entrate, circolare 4 agosto 2006, n. 28/E. In senso conforme, T. Fumagalli, “Note a margine della disciplina dell’esterovestizione societaria nel testo unico delle imposte sui redditi”, Il Fisco n. 42/2013, p. 1-6524. 19 Assonime, Circolare n. 67 del 31 ottobre 2007, pag. 38. 18
26 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto con la menzionata circolare che eventuali ritenute subite su dividendi, interessi e royalties (o altri redditi) nel periodo d’imposta per il quale la società è considerata esterovestita potranno essere scomputate nell’ambito della dichiarazione annuale.
4.5
Profili Iva. I criteri previsti nell’art. 73 del TUIR che individuano la residenza delle persone
giuridiche non sono direttamente applicabili ai fini dell’IVA, poiché tali criteri sono validi ai fini delle imposte dirette. Non v’è dubbio, infatti, che il concetto di residenza “effettiva” tutela gli interessi erariali da operazioni di trasferimento meramente formale della residenza, ad esempio in Paesi a fiscalità privilegiata, al solo fine di conseguire indebiti vantaggi fiscali. In ambito IVA, invece, la presenza di una disciplina comunitaria rende irrilevante la residenza del soggetto passivo, se non per stabilire la territorialità della prestazione; tant’è che le norme che regolano l’obbligo di identificazione o lo stabilimento si applicano solo quando il soggetto compie abitualmente operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia. Pertanto, considerato che l’art. 7 del D.P.R. 633/197220 fa riferimento al luogo in cui si trova la sede legale o la sede effettiva, qualora risulti provata nello Stato di residenza estero la soggettività IVA, la società non può essere qualificata come soggetto passivo in Italia ai fini IVA. Senonchè, si riscontra la prassi sempre più diffusa di alcune Direzioni Provinciali dell’Agenzia delle Entrate di estendere le contestazioni in materia di esterovestizione anche in ambito IVA. In particolare, l’Amministrazione finanziaria, muovendo dall’interpretazione dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, sostiene che, in caso di esterovestizione, si sarebbe in L’art. 7, comma 3, stabilisce che per "soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato" si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all'estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all'estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva. 20
27 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova presenza di soggetti residenti in Italia (luogo della sede effettiva), ma con domicilio all’estero (luogo della sede legale). 4.5.1 La territorialità dell’IVA e i riflessi nelle contestazioni di esterovestizione societaria. L’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 definisce “Stato” o “territorio dello Stato” il territorio della Repubblica italiana, esclusi il Comune di Livigno, di Campione d’Italia e le acque nazionali di Lugano e, “Comunità” o “territorio della Comunità” il territorio corrispondente al campo di applicazione del Trattato CE, con alcune specifiche esclusioni. L’art. 7 bis del D.P.R. n. 633/197221 stabilisce che “le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso”. L’art. 7 ter del D.P.R. n. 633/197222 individua il criterio del domicilio del committente del servizio come regola generale nei servizi resi a soggetti passivi; pertanto, le prestazioni di servizi generici si considerano effettuate nel Paese in cui è stabilito il committente, se questi è soggetto passivo d’imposta (c.d. rapporti B2B), invece qualora il committente sia un consumatore finale, le operazioni si considerano effettuate nel Paese in cu è stabilito il prestatore (c.d. B2C). In casi particolari, in deroga all’art. 7 ter, trova applicazione il criterio di tassazione della prestazione nel Paese del “Le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assemblati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto”. 22 Ai sensi dell’art. 7 ter “ le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato: a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato; b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato. 2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni relative al luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, si considerano soggetti passivi per le prestazioni di servizi ad essi rese: a) i soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni; le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell'esercizio di tali attività; b) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all'articolo 4, quarto comma, anche quando agiscono al di fuori delle attività commerciali o agricole; c) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. 21
28 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova consumo (servizi di ristorazione o di catering, noleggio di mezzi di trasporto, servizi culturali, sportivi, scientifici ed educativi). Inoltre, l’art. 7 sexies del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che i servizi resi tramite mezzi elettronici23 da soggetti stabiliti fuori della Comunità rilevano sotto il profilo territoriale se sono resi a committenti privati domiciliati o residenti nel territorio dello Stato24. Ne consegue che tali prestazioni sono territorialmente rilevanti quando il committente è un soggetto passivo italiano (art. 7 ter) o, in caso in cui il committente italiano non sia un soggetto passivo, sono rilevanti ai fini IVA in Italia se effettuate da operatori economici stabiliti fuori dal territorio della Comunità. Per quanto sopra esposto, in caso di contestazioni in materia di esterovestizione societaria ai fini IVA: -
le cessioni di beni effettuate dalla società estera riqualificata residente, sono imponibili sul territorio dello Stato se hanno ad oggetto beni (mobili ed immobili) presenti sul territorio italiano;
-
le prestazioni di servizi generiche effettuate dalle società estere riqualificate sono imponibili nel territorio italiano, nei rapporti B2B, poiché la società diventa soggetto passivo in Italia; inoltre le prestazioni i servizi rese nei confronti dei privati (B2C) sono imponibili in Italia.
-
le prestazioni di servizio specifiche, per le quali sono previste particolari deroghe rispetto alle prestazioni di servizio generiche, saranno soggette ai criteri di territorialità di cui all’art. 7 quater;
Il Regolamento CE 17/10/2005 n. 1777 definisce “servizi prestati tramite mezzi elettronici comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo e, in assenza della tecnologia dell’informazione, impossibile da garantire”, ovvero: Fornitura di prodotti digitali in generale (i.e. software), loro modifiche e aggiornamenti; Servizi generato da un computer attraverso Internet, in risposta a dati specifici immessi dal destinatario; Altri servizi, tra cui ad esempio accesso e download di musica, film, giochi su computer o cellulari. 24 La Circolare n. 58/E del 2009 aveva già chiarito che si considerano effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni rese a committenti non soggetti passivi, domiciliati o residenti in Italia, tramite mezzi elettronici da soggetti stabiliti al di fuori del territorio della Comunità. 23
29 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova -
le prestazioni di servizi rese attraverso mezzi elettronici saranno imponibili in Italia se rese a committenti privati italiani da soggetti stabiliti al di fuori della Comunità. Dal punto di vista sanzionatorio, il riconoscimento della residenza fiscale della
società estera in Italia comporterà, oltre al riconoscimento di ricavi non dichiarati ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP); -
l’applicazione dell’IVA sulle operazioni imponibili rilevanti sul territorio italiano;
-
la constatazione di irregolarità circa la tenuta della contabilità, obbligatoria ai fini fiscali, in violazione dell’art. 9 del D. Lgs. 471/1997;
-
l’omessa richiesta di attribuzione del numero di codice fiscale, in violazione dell’art. 13 del D.P.R. 605/1973;
-
l’omessa presentazione della dichiarazione di inizio attività e del luogo in cui vengono tenute e conservate le scritture contabili obbligatorie, in violazione dell’art. 5 del D.Lgs. 471/1997;
-
l’omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini IVA, in violazione dell’art. 5 del D.Lgs. 471/1997. Da ultimo, si evidenzia che tale tipologia di contestazione produce effetti anche
con rifermento alle procedure di rimborso ex art. 38 ter del D.P.R. n. 633/1972. Ed invero, secondo consolidata prassi amministrativa del centro Operativo di Pescara, in caso di accertamento in materia di esterovestizione, le procedure di rimborso IVA vengono sospese. A parere dell’Amministrazione finanziaria, il diniego di rimborso troverebbe giustificazione nella riqualificazione della società estera come soggetto passivo IVA residente, che, per l’effetto, si sarebbe illegittimamente avvalso della procedura di rimborso ex art. 38 ter, essendo una procedura riservata esclusivamente ai soggetti passivi non residenti.
4.6
La notifica degli avvisi di accertamento ai soggetti esterovestiti.
30 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La complessità degli accertamenti in materia di esterovestizione non deriva solamente dalle problematiche applicative della normativa nazionale e convenzionale di riferimento, ma anche da elementi procedurali di difficile soluzione. In particolare, uno degli aspetti procedurali più critici, concerne le modalità e il luogo della notifica degli avvisi di accertamento che attengono alla presunta esterovestizione di società. In questi casi, infatti, l’individuazione del luogo della notifica, consegue alla verifica della fondatezza del rilievo. È evidente che l’avviso di accertamento può ritenersi
correttamente
notificato
presso
il
domicilio
fiscale
attribuito
dall’Amministrazione finanziaria in sede di contestazione, laddove, in sede giudiziale, venga confermata la fondatezza della rettifica; in caso contrario, la sede estera è l’unica che rileva ai fini della notifica dell’atto impositivo. L’esito della questione sostanziale, dunque, produce effetti sull’esito della questione pregiudiziale, dovendo stabilirsi se la società estera possa essere qualificata come soggetto residente in Italia, prima di pronunciarsi sulla legittimità della modalità e del luogo di notifica25. In relazione a tale questione procedurale, l’Amministrazione finanziaria, ad oggi, ha dimostrato un atteggiamento prudenziale, effettuando una pluralità di notifiche a tutti i soggetti interessati sia presso i recapiti italiani che all’estero. In
quest’ultimo
caso,
considerato
che
è
ragionevole
ritenere
che
l’Amministrazione finanziaria conosca l’indirizzo estero, le notifiche possono essere effettuate ai sensi dell’art. 60, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1972 sia per il tramite del servizio postale, sia avvalendosi della procedura consolare ex art. 142 c.p.c. A ben vedere, l’atteggiamento prudenziale dell’Amministrazione finanziaria trova giustificazione nell’assenza di un orientamento giurisprudenziale univoco in materia. A tal proposito, merita di essere segnalata la sentenza n. 15 del 7 febbraio 2013, ove la Commissione Tributaria Provinciale di Trento, rilevata l’irregolarità della notifica effettuata esclusivamente presso il domicilio fiscale italiano individuato 25
In tal senso Comm. Trib prov. di Belluno del 14 gennaio 2008 nn. 173 e 174 e Comm. Trib. reg della Toscana del 18 gennaio 2008, n. 61.
31 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova dall’Amministrazione finanziaria, hanno dichiarato l’illegittimità del provvedimento impositivo. Nello specifico, la Commissione ha affermato che “solo in caso di provata impossibilità di effettuazione presso la sede legale come sopra dichiarata e conosciuta, la notifica poteva avvenire presso la diversa sede "attribuita" ai fini fiscali26”. La tesi, trova conferma anche in alcune pronunce della giurisprudenza di merito in tema di accertamento di in una stabile organizzazione in Italia di una società estera. Ed invero, anche per questa tipologia di contestazioni si pone la questione procedurale in esame. Ebbene, in molteplici occasioni le Commissioni tributarie hanno affermato la necessità di effettuare la notifica anche presso la sede estera della società straniera27. A ciò si aggiunga che tale impostazione trova conferma anche nella previsione di cui all’art. 59 del D.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi del quale l’amministrazione finanziaria può stabilire, sussistendone i presupposti, un domicilio fiscale diverso da quello individuato in applicazione dell’art. 58 del D.P.R. n. 600 del 1973, con provvedimento che deve essere notificato all’interessato e che produce effetti solamente a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato notificato. Ciò detto, si segnala che l’eventuale proposizione del ricorso da parte del contribuente avverso l’avviso di accertamento, pur in presenza di un vizio di notifica, potrebbe indurre a ritenere sanato detto vizio in applicazione dell’art. 156, terzo comma c.p.c. Parte della Giurisprudenza, infatti, richiamando il succitato articolo, ha ritenuto che la nullità di una notifica non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato28.
In quest’ottica la Commissione tributaria provinciale di Trento ha evidenziato che “con decisione unilaterale l'amministrazione finanziaria ha "attribuito" alla società una diversa sede/domicilio fiscale (in Italia, presso la sede di EUROTRAMA SNC) e un diverso legale rappresentante, nella persona del signor M.T., emettendo gli atti a nome di questo nella qualità di rappresentante legale di EUROTRAMA (EUROPE) LTD ed a lui notificandoli presso la sede fiscale così individuata”. Di qui, la commissione ha ritenuto che “siffatta notifica non può ritenersi regolare e quindi idonea ad instaurare un valido contraddittorio con la parte contro interessata, destinataria dell'atto impositivo”. 27 In tal senso Comm. trib. prov. Firenze del 13 luglio 2007, n. 108 e Comm. trib. reg. Trieste del 14 marzo 2008, n. 91. 28 Vedi Comm. trib. reg. Firenze del 12 gennaio 2012. 26
32 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova 5.
Il trasferimento della sede in Italia di società residenti all’estero analisi degli aspetti civilistici e tributari.
5.1
Aspetti civilistici. Il trasferimento di sede in Italia di società estere ha sempre sollevato dubbi e
perplessità interpretative poiché non esiste a tutt’oggi una definita normativa soprattutto di carattere fiscale che delinei in maniera univoca il tema. Il Legislatore civilista tratta indirettamente la possibilità di trasferimento della sede legale in Italia di società residenti all’estero prevedendo nell’articolo 2437 del C.C. la possibilità di recesso del socio qualora l’assemblea dei soci deliberi il trasferimento della sede all’estero. In via indiretta si desume che tale trasferimento non ha natura dissolutiva della società, venendo previsto un trasferimento senza estinzione. La Risoluzione della Agenzia delle Entrate del 17 gennaio 2009 n. 9/E, che per la prima volta accenna timidamente una posizione dell’Amministrazione finanziaria in tema di trasferimenti di sede in entrata, cita l’art. 25 della L. 218 del 31 maggio 1995 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato “) il quale al comma 1 dispone che ” Le società, associazioni, le fondazioni e ogni altro ente pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel territorio in cui è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.” Da tale disposizione si desume che alle società estere che in Italia abbiano la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale della loro attività si debba applicare la disciplina civilistica italiana attuando una sorta di “trasformazione giuridica” per allinearsi al nostro ordinamento. Il comma 3 del medesimo articolo sancisce che “ I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati”. Questo comporta che per rendere efficace il trasferimento della sede da uno Stato di provenienza a uno Stato di destinazione questo debba essere disciplinato e previsto dalle leggi degli Stati coinvolti nel trasferimento.
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La Risoluzione ammette che nel nostro ordinamento è previsto il trasferimento di sede sia in uscita che in entrata, il fatto che si dovrà costituire una società ex novo oppure potrà prevedersi la continuità giuridica della stessa dipenderà dal paese di origine e dovrà essere valutata caso per caso. Nel nostro ordinamento avrà luogo una nuova costituzione qualora il paese di origine non consenta che una società di diritto nazionale possa trasferire la propria residenza senza che avvenga la conseguente estinzione. Dall’analisi sopraesposta si determinano di conseguenza due fattispecie: 1) trasferimento di società estera in continuità giuridica; 2) trasferimento di società estera senza continuità giuridica e costituzione ex novo di società di diritto italiano. Queste due casistiche comporteranno anche il differente trattamento fiscale da dare ai beni aziendali oggetto di trasferimento e al valore a questi attribuibile. Tale premessa appare necessaria per introdurre gli aspetti tributari di tale tema.
5.2
Aspetti tributari. Il legislatore fiscale non ha disciplinato espressamente la fattispecie del
trasferimento in Italia della sede di una società straniera, trattando solamente la fattispecie opposta a quella in esame, relativa all’ipotesi del trasferimento all’estero della residenza di soggetti che esercitano imprese commerciali con art.166 TUIR in materia di exit tax.
5.2.1 Residenza fiscale. La Risoluzione della Agenzia delle Entrate del 17 gennaio 2009 la 9/E delinea in maniera chiara quando possa ritenersi efficace il trasferimento di residenza in Italia e le conseguenze fiscali derivanti dal trasferimento di sede in corso d’anno. Il caso prospettato dal contribuente è quello di una società spagnola con l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, la quale trasferiva la propria residenza in Italia in corso d’anno. L’art. 73 del TUIR al comma 3 definisce che “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.” La soluzione prospettata dall’Agenzia delle Entrate 34 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova dipendeva dalla natura stessa dei trasferimenti ovvero se avvengano o meno in continuità giuridica. Se il trasferimento di sede, come nel caso analizzato dal contribuente, avviene in continuità giuridica , il periodo d’imposta costituito dall’esercizio sociale non si interrompe e per l’attribuzione della residenza fiscale bisogna osservare il periodo in cui la società estera ha avuto residenza nello Stato italiano e la decorrenza dell’efficacia del trasferimento, naturalmente tenendo in considerazione le regole previste dall’art.73 TUIR (maggior parte del periodo d’imposta). Nei casi in cui i trasferimenti di sede abbiano natura dissolutiva e quindi non avvengano in continuità giuridica, il periodo d’imposta termina e la società estera è considerata da subito residente in Italia come una società neocostituita. Altro punto di estrema importanza analizzato dall’Agenzia è quello della data di efficacia di tale trasferimento affermando che “la data del trasferimento fiscale della sede statutaria non può essere che la stessa nei due ordinamenti” e conclude affermando che coincide con la cancellazione della società dal registro imprese del paese di provenienza.
5.2.1 Valore fiscale dei beni aziendali trasferiti. Come ricordato in precedenza, non esistono norme che regolino esplicitamente il fenomeno del trasferimento di sede in Italia di società residenti all’estero sia nel nostro ordinamento che in ambito comunitario. Una prima svolta in ambito comunitario si ha con la comunicazione della Commissione Europea la n. 825 del 19/12/2006 che traendo spunto dalla sentenza “de Lasteyrie” ha proposto di adottare due differenti metodi per la valorizzazione dei beni aziendali soggetti a trasferimento di sede, nel caso in cui lo Stato di origine assoggetti ad exit tax i trasferimenti di residenza lo Stato di destinazione dovrebbe riconoscere e conservare i medesimi valori al fine di evitare una duplicazione d’imposta . Discorso differente riguarda il caso in cui lo Stato di origine non preveda alcuna exit tax sui trasferimenti di sede, in questa situazione lo Stato di destinazione dovrebbe riconoscere come valore dei beni aziendali in entrata il loro valore di acquisto. Si delineano fondamentalmente due tesi principali che fanno capo all’adozione di due
35 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova distinti criteri di valutazione del valore fiscale attribuibile ai beni della società trasferenda: il criterio del “costo storico” ed il criterio del “valore corrente”. Il criterio del “costo storico” sarebbe utilizzabile nelle ipotesi, di trasferimento di sede, caratterizzate dall’assenza di atti di natura traslativa dei beni da valutare e dall’esigenza di garantire la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti. Il criterio del “valore corrente”, invece, sarebbe più idoneo a rappresentare situazioni di discontinuità giuridico-tributaria e di fuoriuscita di beni dal patrimonio del soggetto passivo d’imposta, nonché ad evitare fenomeni di doppia imposizione nel caso in cui nello Stato estero fosse prevista la tassazione dei plusvalori maturati fino al momento del trasferimento. Con la Risoluzione n. 67/E del 30 marzo 2007, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata su tale argomento affermando che il principio per cui i valori da attribuire ai beni in “ingresso” devono ritenersi quelli correnti, è principio generale da preferirsi a quello alternativo basato sui valori storici, in quanto “ il più idoneo a salvaguardare il diritto al prelievo dello Stato nel quale si è avuto l’effettivo incremento di valore delle partecipazioni, ma anche il più efficace al fine di evitare sia fenomeni di doppia imposizione che salti d’imposta”. Il caso affrontato era quello di un contribuente persona fisica residente in Germania che possedeva una partecipazione pari al 25% di una società a responsabilità limitata di diritto tedesco (Gmbh), il quale voleva trasferire la propria residenza in Italia e chiedeva il corretto valore fiscale attribuibile alla partecipazione sia nel caso la società partecipata mantenesse la propria residenza fiscale in Germania, sia si trasformasse in società europea e trasferisse la propria sede in un altro Stato UE poco prima che lo stesso cittadino tedesco trasferisse la propria residenza in Italia . In merito alla prima ipotesi l’Agenzia richiamava la Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Germania nella quale è stabilito che gli utili derivanti dalla vendita di partecipazioni societarie sono imponibili solo nello stato contraente di cui il venditore è residente, e lo Stato dove il venditore trasferisce la propria residenza deve riconoscere come costo fiscale della partecipazione quello attribuito dallo Stato di origine in questo caso la Germania.
36 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’Agenzia ribadiva un criterio importante che è quello del valore corrente in quanto più idoneo a salvaguardare il diritto di prelievo dello Stato nel quale si è avuto l’effettivo incremento di valore della partecipazione evitando fenomeni di doppia imposizione e salti d’imposta. In merito alla seconda ipotesi l’Agenzia sembrava accennare un principio di carattere generale il quale determina che, venendo meno la convenzione Italia Germania sulle doppie imposizioni poiché la società di diritto tedesco trasferirà la propria sede in un altro Stato comunitario (Austria), il valore fiscale da applicare alla partecipazione permarrà quello “teorico così come stimato dall’erario tedesco al fine di assoggettare a tassazione il socio in occasione della sua partenza”. L’Agenzia sembra però subordinare l’efficacia di tale principio al fatto che nel paese di provenienza vengano riconosciute delle exit tax, affermando che il criterio dei valori correnti non è l’unico applicabile e che quello del costo storico è utilizzabile qualora i plusvalori latenti non siano tassabili nel Paese di origine. Tuttavia, l’identificazione della sussistenza di exit taxes nell’ordinamento dello Stato di partenza quale condizione necessaria per l’assunzione dei beni in ingresso sulla base dei valori correnti non appare del tutto convincente da molti autorevoli autori al fine di evitare arbitraggi fiscali nel caso per esempio di beni minusvalenti il cui costo storico è maggiore del valore corrente. A ciò aggiungasi nel caso di soggetti che svolgono attività di impresa commerciale il corretto principio di tassare unicamente le plusvalenze generatesi nel periodo durante il quale il soggetto ha stabilito la propria residenza in Italia, e non anche quelle generatesi prima, sulle quali sarà lo Stato di provenienza ad esercitare la propria potestà impositiva. L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n.345/E del 5 agosto 2008, la quale esaminava il caso del trasferimento in Italia della sede legale di una società anonima di diritto lussemburghese che era stata costituita con la qualifica di “holding miliardarie” una variante delle Holding del 1929 costituite ai sensi del decreto granducale del 17 dicembre 1938, ha confermato la sussistenza dei suddetti criteri. Infatti, relativamente al valore attribuibile ai beni compresi nel patrimonio della società, l’Amministrazione finanziaria,
ricordando
che
le
soluzioni
prospettabili
alternativamente
sono
sostanzialmente quella del costo storico e quella del valore corrente, ha affermato che 37 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova “il criterio del costo storico, alla base degli ordinari principi di determinazione del reddito di impresa, può essere utilizzato nelle ipotesi caratterizzate dall’assenza di atti di natura traslativa dei beni da valutare e dall’esigenza di garantire la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti”, mentre “il criterio dei valori correnti è ritenuto più idoneo a rappresentare situazioni di discontinuità giuridico-tributaria e di fuoriuscita di beni dal patrimonio del soggetto passivo d’imposta, nonché ad evitare fenomeni di doppia imposizione nel caso in cui nello Stato estero fosse prevista la tassazione dei plusvalori latenti fino al momento del trasferimento (cd. Exit taxation)”. L’Agenzia ha dato un ulteriore importante chiarimento in merito ai problemi interpretativi che si sono spesso posti con riguardo al caso del trasferimento di sede legale più volte oggetto di studio da parte della dottrina. Tale società aveva beneficiato di un regime fiscale privilegiato che non prevedeva alcuna tassazione e proprio per queste motivazioni rientrante nel c.d. elenco delle società black list. La società istante, trasferita la propria sede in Italia e trasformatasi in ALFA Spa chiedeva di conoscere “ - il corretto valore fiscale da attribuire alle partecipazioni in società quotate alla Borsa valori italiana, tenendo presente che il trasferimento non ha comportato la determinazione o la tassazione di plusvalenze latenti in Lussemburgo; - il corretto regime fiscale da attribuire alle cessioni di partecipazioni già avvenute a seguito del trasferimento; - la possibilità di riporto a nuovo delle perdite realizzate in Lussemburgo; - la possibilità di considerare le eventuali perdite che la società potrebbe realizzare nei primi tre esercizi successivi al trasferimento rientranti nella disciplina dell’art. 84, comma 2, del TUIR”. L’Amministrazione finanziaria, con riferimento al momento di efficacia del trasferimento della residenza ai fini fiscali da parte della società ALFA SA, ribadisce che in base agli articoli 73, comma 3, e 76, comma 2, del TUIR, si considera residente la società che ha nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività per la maggior parte del periodo d’imposta, costituito, quest’ultimo, dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente così come determinato dalla legge o dall’atto costitutivo. Se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o più anni, il periodo d’imposta è costituito dall’anno solare. 38 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova La stessa richiama la risoluzione 17 gennaio 2006, n. 9/E che enunciava “qualora il trasferimento in Italia avvenga in condizioni di continuità giuridica, il periodo d’imposta, costituito dall’esercizio sociale, non si interrompe. Pertanto, in applicazione dell’art. 73, comma 3, del TUIR, l’ente risulterà residente in Italia per l’intero esercizio se il trasferimento di sede si è perfezionato prima che sia decorso un numero di giorni inferiore alla metà del periodo d’imposta”. In altri termini, il regime di continuità giuridica del trasferimento di sede di una società dall’estero implica anche la continuità degli esercizi sociali. La società in esame, pertanto, deve considerarsi residente in Italia sin dall’inizio dell’esercizio sociale – e, quindi, anche nel periodo antecedente l’iscrizione nel Registro delle imprese – qualora abbia la sede legale, la sede di amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta. In merito alla possibilità di usufruire del regime di esenzione delle plusvalenze da realizzo di partecipazioni societarie di cui all’art. 87 del TUIR, qualora, successivamente al trasferimento della sede legale in Italia, la società ALFA Spa ceda alcune delle partecipazioni da essa detenute, l’ Amministrazione finanziaria ricordava che l’ordinamento tributario italiano dispone l’esenzione sulle plusvalenze realizzate relative a partecipazioni in società con o senza personalità giuridica, sia residenti che non residenti, al verificarsi delle specifiche condizioni previste dal citato art. 87 del TUIR. La società istante per poter applicare il regime della “participation exemption” doveva possedere, in primis, i c.d. requisiti soggettivi di cui alle lett. a) e b) dell’art. 87 del TUIR oltre che risultare residente in Italia nel periodo di imposta in cui realizzava la cessione della partecipazione societaria. Con riferimento al requisito soggettivo di cui alla lett. a) dell’art. 87 del TUIR, esso doveva essere verificato tenendo conto anche del periodo in cui le partecipazioni sono state detenute dalla ALFA SA. Il requisito del “ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente” veniva mantenuto poiché il trasferimento della sede in Italia non aveva generato lo scioglimento (in Lussemburgo) e successiva ricostituzione della società in
39 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Italia, era avvenuto in continuità giuridica e tale circostanza assicurava la relativa continuità del periodo di possesso. La stessa risoluzione affermava che “Per quanto riguarda, invece, il requisito soggettivo di cui alla lett. b) dell’art. 87 del TUIR, cioè la “classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso”, tale condizione si ritiene soddisfatta solo nel caso in cui le partecipazioni risultino iscritte come tali in un bilancio redatto in conformità alla legislazione italiana, e comunque nel rispetto degli schemi e principi previsti dalla IV direttiva 78/660/CEE del 25 luglio 1978 o, in alternativa, nel rispetto dei principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002. A tale scopo, quindi, dovrebbe dimostrarsi, con certezza e precisione, che le partecipazioni
oggetto
di
cessione
risultano
iscritte
nella
categoria
delle
immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso. Al riguardo, si ritiene che, qualora ne ricorrano le condizioni, possa trovare applicazione, anche al caso in esame, la disposizione transitoria di cui all’articolo 4, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 344/2003, per effetto della quale il menzionato requisito del periodo minimo di possesso va verificato nel bilancio relativo al secondo periodo d’imposta precedente a quello cui si applicano per la prima volta le disposizioni del testo unico (così come modificato dal menzionato D.Lgs. n. 344, n.d.r.). Ciò in considerazione del fatto che il primo periodo d’imposta in cui la società si qualifica come soggetto residente rappresenta, a ben vedere, “..il primo periodo d’imposta cui si applicano le disposizioni del citato testo unico…”. L’Amministrazione finanziaria sottolinea che i criteri di valorizzazione fiscale delle partecipazioni rimangono quelli già contemplati nella risoluzione 67/E, ovvero “Il criterio del costo storico, alla base degli ordinari principi di determinazione del reddito d’impresa, può essere utilizzato nelle ipotesi, come quella del trasferimento di sede, caratterizzate dall’assenza di atti di natura traslativa dei beni da valutare e dall’esigenza di garantire anche la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti. Il criterio dei valori correnti, invece, è ritenuto più idoneo a rappresentare situazioni di discontinuità giuridico-tributaria e di fuoriuscita di beni dal patrimonio del soggetto passivo d’imposta, nonché di evitare fenomeni di doppia tassazione nel caso in 40 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova cui nello Stato estero fosse prevista la tassazione dei plusvalori latenti fino al momento del trasferimento (c.d. exit taxation).” Il trasferimento di sede della ALFA Spa era avvenuto in continuità giuridica senza alcun atto traslativo, per tale motivazioni l’Agenzia ha ritenuto applicabile il criterio del costo di acquisto dei beni aziendali e non il loro valore corrente. Per le stesse motivazioni la stessa Agenzia ha negato la possibilità di riporto delle perdite in modo illimitato poiché il trasferimento societario è avvenuto in continuità giuridica e la stessa Alfa Spa era costituita da più di tre esercizi in Lussemburgo. In particolare viene sancito che “ l’arti. 84, comma 2, del TUIR consente di riportare illimitatamente le perdite fiscali a condizione che siano realizzate nei primi tre periodi d’imposta decorrenti dalla data di costituzione della società, e che si riferiscano ad un’attività produttiva nuova. Come da conforme parere del Dipartimento finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel caso in specie appare carente, in primo luogo, la condizione relativa alla data di costituzione. Va, infatti, osservato che il trasferimento in Italia è avvenuto in regime di continuità societaria e, quindi, non si può ritenere che la data di costituzione cui fare riferimento agli effetti dell’applicazione del citato articolo 84, comma 2, del TUIR sia quella del trasferimento in Italia. Nella fattispecie, infatti, non si può parlare di costituzione nel nostro Paese in quanto, come peraltro evidenziato dalla stessa società istante, il trasferimento è avvenuto in regime di continuità giuridica. Va da sé che in assenza della prima condizione richiesta dall’art. 84, comma 2, del TUIR per il riporto illimitato delle perdite, si ritiene superfluo verificare la sussistenza o meno della seconda condizione relativa all’esercizio di un nuova attività produttiva. Ciò posto, si ritiene che le perdite eventualmente realizzate dalla società istante nei primi tre periodi d’imposta di residenza in Italia non potranno ricadere nella previsione dell’art. 84, comma 2, del TUIR, che ne consente il riporto illimitato nel tempo.”
5.2.1 I trasferimenti di sede in Italia in materia di esterovestizione. Con la circolare n. 67 del 31 ottobre 2007 l’Assonime si pronuncia in tema di trasferimenti di sede in Italia di società esterovestite. Ancora una volta viene sottolineata la mancanza di un intervento chiarificatore sia in sede legislativa che in 41 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova sede di prassi amministrativa. L’Assonime evidenza due casistiche a seconda delle quali i valori fiscali attribuibili ai beni oggetto di rimpatrio differiscono. Il problema pare di facile soluzione quando il soggetto estero si consideri ab origine residente in Italia e in questo caso il criterio di valorizzazione da adottare è il costo storico poiché tali beni si considerano
soggetti
all’imposizione
dello
Stato
italiano
fino
dal
loro
acquisto/costituzione per la presunzione di esterovestizione di cui all’art. 73 TUIR. Nella situazione in cui la società estera diventi solo in un secondo momento società residente, sorge la problematica di valorizzazione fiscale dei beni oggetto di rimpatrio. L’Assonime in linea con le tesi fornite dall’Agenzia delle entrate conferma i due criteri, costo storico nelle situazioni di trasferimenti in continuità giuridica senza estinzione del soggetto estero e valore corrente nel caso di discontinuità giuridica e costituzione ex novo della società in Italia ovvero nei casi in cui gli ordinamenti tributari degli Stati di provenienza riconoscano sulle plusvalenze latenti delle exit taxes. L’Assonime sottolinea che nel caso di soggetti esterovestiti si potrebbe creare una disputa impositiva tra gli Stati coinvolti e lo Stato di origine potrebbe continuare a riconoscere con residente tali società. E proprio per questo aspetto, nei casi specifici di soggetti esterovestiti, la soluzione più coerente parrebbe essere quella del costo di acquisto fatta eccezione per la partecipazioni pex le quali verrebbero assunte a valore corrente e ad altri asset che nell’ordinamento tributario dello Stato di origine siano esenti da imposizione.
5.2.2 Imposta di registro e altre imposte indirette. Il trasferimento della sede sociale in Italia è previsto dall’articolo 4 del D.P.R. n. 131/1986 in materia di imposta di registro, il quale prevede che il trasferimento della sede sociale nello Stato deve essere oggetto di registrazione nelle seguenti ipotesi: “ nel caso in cui lo Stato di provenienza sia extracomunitario, qualora né la sede legale né quella amministrativa, si trovino nell’Unione Europea; - nel caso in cui lo Stato di provenienza sia comunitario, ma nel suddetto Stato non sia stata assolta l’imposta sui conferimenti di cui alla direttiva CEE n. 335/1969, oppure nel caso in cui sia trasferita la sede legale mentre la sede amministrativa sia in territorio extracomunitario.”
42 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Qualora la società trasferita abbia già assolto all’atto della sua costituzione, l’imposta sui conferimenti nel paese di provenienza il trasferimento in Italia non sarà soggetto ad imposta di registro, nel caso contrario l’operazione verrà tassata in misura fissa pari a euro 200. Per quanto riguarda, invece, l’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali occorre rilevare che il possesso da parte della società di beni immobili non dovrebbe avere conseguenze rilevanti ai fini dell’applicazione delle imposte medesime. Infatti, l’articolo 10, comma 2, d.lgs. n. 347/1990, dispone che l’imposta catastale è dovuta in misura fissa , tra l’altro, per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti immobiliari e nelle ipotesi di fusioni scissioni di società di qualunque tipo.
6.
Principali orientamenti della giurisprudenza comunitaria e nazionale.
6.1
Giurisprudenza comunitaria. La Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta in più occasioni per
dirimere le incertezze interpretative presentatesi in materia di residenza fiscale delle persone giuridiche e normativa antiabuso. Il principio che emerge dalle pronunce comunitarie è quello della tutela della libertà di stabilimento ex artt. 43 e seguenti del Trattato della Comunità Europea (ora artt. 49 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), ogniqualvolta l’operazione posta in essere non rappresenti una costruzione di puro artificio. A tal fine, la Corte di Giustizia individua diversi fattori che di per sé non costituiscono costruzioni abusive, arrivando a statuire la legittimità delle scelte di stabilimento finalizzate a minimizzare il carico impositivo. La logica sottesa a tale principio è quella di garantire ai contribuenti di ciascun Stato membro la libertà di localizzare le loro attività economiche nel Paese che ritengono più opportuno, ben potendo basare le proprie decisioni anche su motivazioni di convenienza fiscale. Nel presente paragrafo si riporta una rassegna della giurisprudenza comunitaria più recente che si è espressa in materia. In particolare si segnalano le seguenti pronunce: 43 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova
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Corte di giustizia UE, sentenza del 12 settembre 2006, causa C-196/04: il principio secondo cui le limitazioni alla libertà di stabilimento sono consentite solamente nel caso in cui il trasferimento determini una costruzione di puro artificio si trova chiaramente espresso nel caso “CadburySchweppes”, ove, la Corte di Giustizia ha censurato la normativa inglese in materia di controlled foreign companies per violazione degli artt. 49 e seguenti del Trattato. Nella fattispecie, la società Cadbury Schweppes, con sede nel Regno Unito, aveva deciso di costituire alcune società controllate in Irlanda, al fine di beneficiare del regime di tassazione irlandese particolarmente contenuto riservato alle società finanziarie di un gruppo. La legislazione del Regno Unito prevedeva in tale ipotesi l’applicazione del regime delle controlled foreign compagnies, in virtù del quale gli utili delle società controllate irlandesi sarebbero stati attratti a tassazione nel Regno Unito secondo un meccanismo di trasparenza. La Corte di Giustizia è però intervenuta rilevando che la “circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa abuso di tale libertà”. In particolare, i Giudici comunitari hanno altresì rilevato che “una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artifizio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato”. Ed invero, la sentenza muove dal concetto di stabilimento, chiarendo che nell’ambito delle disposizioni del Trattato esso implica “l’effettivo svolgimento di un’attività economica”. Di qui, secondo la Corte comunitaria, le valutazioni in merito alla sussistenza di una costruzione artificiosa devono necessariamente tener conto dell’effettività dello stabilimento, nonché della concreta attività svolta. Sulla base di quanto sopra esposto, la sentenza ha statuito la legittimità della decisione della società Cadbury Schweppes di costituire le proprie controllate in 44
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Irlanda al fine di beneficiare di un regime fiscale di maggior favore, nella misura in cui le stesse esercitino un’effettiva attività economica;
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Corte di giustizia UE, sentenza del 28 giugno 2007, causa C-73/06: la questione pregiudiziale sollevata dalla Finanzgericht di Colonia (Germania) e sulla quale si è espressa la Corte di Giustizia Europea, è sorta a seguito del diniego dell’Amministrazione fiscale tedesca al rimborso dell’IVA assolta da una società di trasporto di diritto lussemburghese in relazione alle forniture di carburante effettuate in Germania. Nella pronuncia in esame, la Corte statuisce due importanti principi: -
l’attestazione di residenza conforme al modello di cui all’allegato B dell’ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE permette, in via di principio, di presumere che l’interessato è non soltanto soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro cui fa capo l’amministrazione tributaria che l’ha rilasciata, ma anche che esso è residente in tale Stato membro. Tuttavia “tali disposizioni non implicano però che sia precluso all’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso, che nutrisse dubbi quanto alla realtà economica dell’impresa il cui indirizzo è menzionato in tale attestazione, di accertarsi della realtà in questione ricorrendo alle misure amministrative a tal fine previste dalla normativa comunitaria in materia di imposta sul valore aggiunto”;
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l’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, va interpretato nel senso che “la sede dell’attività economica di una società è il luogo ove vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società e ove sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima”. Secondo la Corte di Giustizia la determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società comporta la presa in considerazione di un insieme di fattori: tra i principali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari 45
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova e quello, normalmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società. Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie. Ne consegue che un insediamento fittizio, come quello caratterizzante una società “casella postale” o “schermo”, non può essere definito sede di un’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva;
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Corte di giustizia UE, sentenza del 23 aprile 2008, causa C-201/05: il principio sopra descritto è stato ripreso anche nella causa “The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation” con riferimento alla compatibilità della normativa tributaria del Regno Unito in materia di tassazione dei dividendi e disciplina delle controlled foreign companies. Secondo la Corte, l’inclusione nella base imponibile di una società residente in uno Stato membro degli utili realizzati da una società partecipata estera stabilita in un altro Stato membro, sottoposti ad un regime impositivo più favorevole, trova giustificazione esclusivamente con riferimento alle costruzioni di puro artificio. Ed invero, nella sentenza in esame si legge “perché la legislazione sulle SEC sia conforme al diritto comunitario, la tassazione da essa prevista non deve trovare applicazione qualora, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la costituzione di una SEC corrisponda a una realtà economica. Tale rilievo deve poggiare su elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi, relativi, in particolare, al livello di presenza fisica della SEC in termini di locali, di personale e di attrezzature”. A tal fine precisa che, la normativa nazionale antiabuso deve garantire la possibilità al contribuente “senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione sia stata conclusa”; 46
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Corte di giustizia UE, sentenza del 4 dicembre 2008, causa C-330/07: principi analoghi sono stati ribaditi anche nel caso “Jobra” nell’ambito di una controversia in tema di incentivi per l’acquisizione di beni materiali strumentali. Ebbene, in tale sede, la Corte di Giustizia ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario l’introduzione ed il mantenimento di una normativa interna di uno Stato membro che condizioni l’applicazione di un’agevolazione fiscale alla circostanza che i beni vengano utilizzati nel territorio dello Stato membro, disconoscendone i benefici laddove i beni medesimi siano utilizzati prevalentemente in altri Stati membri. Nello specifico, la Corte non ha ritenuto sufficiente il richiamo al principio di ripartizione della potestà impositiva fra i diversi ordinamenti tributari a sostegno della legittimità normativa interna, precisando che una restrizione di una libertà fondamentale del Trattato può sussistere, avuto riguardo al principio di proporzionalità ed effettività, soltanto nel caso in cui la repressione delle pratiche abusive abbia per esclusivo obiettivo le costruzioni giuridiche (societarie e negoziali) puramente artefatte, prive di valide e concrete ragioni economiche e rivolte essenzialmente al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali;
-
Corte di giustizia UE, sentenza del 17 settembre 2009, causa C-182/08: al di là della questione pregiudiziale sottoposta ai Giudici comunitari, la sentenza in questione merita di essere segnalata per i principi in materia di residenza fiscale e normativa antiabuso ivi ribaditi. Nello specifico, in tale occasione la Corte ha evidenziato che le disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento attribuiscono ai cittadini comunitari “l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini” e comportano “per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno della 47
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Comunità europea, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia”. E ancora, la sentenza succitata individua “la nozione di stabilimento ai sensi del Trattato”, precisando “che trattasi di una nozione molto ampia e implica la possibilità, per un cittadino comunitario, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine e di trarne vantaggio, favorendo così l’interpenetrazione economica e sociale nell’ambito della Comunità nel settore delle attività indipendenti”. In questo senso, la normativa antiabuso degli Stati membri non deve eccedere quanto necessario per salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli stati membri, nonché per impedire montature di puro artificio, prive di effettività economica e realizzate al solo scopo di usufruire indebitamente di un beneficio fiscale;
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Corte di giustizia UE, sentenza del 5 luglio 2012, causa C-318/10: nel più recente caso “Société d’investissement pour l’agriculture tropicale SA (SIAT)” la Corte di Giustizia non fa altro che confermare la linea interpretativa illustrata in precedenza. In tale sede, i Giudici comunitari hanno censurato la normativa di uno Stato membro che introduceva una presunzione generale dell’esistenza di una pratica abusiva nel caso in cui un contribuente residente si fosse avvalso di servizi resi da un prestatore non residente. Nello specifico, la Corte di Giustizia ha affermato che “un’eventuale agevolazione fiscale risultante, in capo a prestatori di servizi, dalla fiscalità poco elevata alla quale questi ultimi vengano assoggettati nello Stato membro nel quale sono stabiliti non può, di per sé, consentire ad un altro Stato membro di giustficare un trattamento fiscale meno favorevole dei destinatari dei servizi stabiliti in quest’ultimo Stato. Perché sia giustificata da motivi di lotta all’evasione e all’elusione fiscale, una restrizione alla libera prestazione di servizi deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e 48
Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova finalizzate a eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale”. Ma c’è di più. La Corte, altresì, ha precisato che “di per sé, né i motivi attinenti alla fiscalità, né la circostanza che le stesse operazioni avrebbero potuto essere effettuate anche da prestatori stabiliti sul territorio dello Stato membro in cui è stabilito il contribuente possono permettere di concludere per l’assenza di effettività e veridicità delle operazioni in questione”.
In definitiva, in ambito comunitario si riscontra un orientamento consolidato in materia di residenza fiscale e normativa antiabuso che garantisce la piena autonomia delle scelte di stabilimento del contribuente, ammettendone una limitazione esclusivamente nel caso in cui l’operazione sia si mero artificio.
6.2
Giurisprudenza nazionale. Questa breve rassegna della più recente giurisprudenza interna è diretta ad
evidenziare taluni indirizzi interpretativi attinenti agli aspetti più critici delle contestazioni in materia di esterovestizione. Come si riscontrerà nelle pronunce di seguito evidenziate, la tendenza dei Giudici nazionali è quella di privilegiare i criteri sostanziali di individuazione della sede della direzione effettiva, imponendo un’attenta analisi della fattispecie concreta oggetto di accertamento. In quest’ottica, secondo la giurisprudenza, da un lato è necessario distinguere tra amministratori formalmente preposti alla direzione d’impresa e soggetti che nella sostanza
prendono
le
decisioni,
dall’altro
gli
elementi
di
prova
addotti
dall’Amministrazione finanziaria a sostegno della contestazione devono essere vagliati alla luce del contesto aziendale in cui si inserisce l’accertamento. Vediamo ora i principali interventi giurisprudenziali, distinguendo tra le pronunce dei Giudici di legittimità e di merito.
6.2.1 Giurisprudenza di legittimità. 49 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Con riferimento alla giurisprudenza di legittimità si evidenziano le seguenti sentenze:
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Corte di Cassazione, sentenza civile del 3 febbraio 2012, n. 1553: la fattispecie muove dalla contestazione di esterovestizione elevata dall’Amministrazione finanziaria in capo ad una società di diritto olandese, nell’ambito di un’operazione di conferimento transfrontaliero di partecipazioni effettuato in neutralità fiscale ai sensi della direttiva n. 90/434/CEE. Tra gli elementi di rilevanza probatoria ai fini della dimostrazione della sede di direzione effettiva richiesta a livello convenzionale, la Suprema Corte ha valorizzato il certificato di residenza rilasciato dall’Autorità fiscale estera e l’attestazione del pagamento delle imposte estere;
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Corte di Cassazione, sentenza civile del 7 febbraio 2013, n. 2869: la sentenza in commento è di particolare rilievo in quanto contiene una chiara definizione del fenomeno in esame. Secondo i Giudici di legittimità “per esterovestizione … si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale”. A parere della Corte di Cassazione detto fenomeno deve essere inquadrato nel più ampio concetto di “abuso del diritto”, il cui divieto assurge a principio generale nel diritto tributario europeo. Nell’illustrazione per proprio percorso logico giuridico, il Collegio rinvia al consolidato orientamento dei Giudici della Corte di Giustizia in materia di libertà di stabilimento secondo cui “la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato”. Inoltre, nella sentenza si precisa che “l’obiettivo della libertà di stabilimento è quello di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un 50
Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova altro Stato membro per esercitarvi le sue attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio. La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale”;
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Corte di Cassazione, sentenza penale del 23 febbraio 2012, n. 7080: nella presente sentenza è contenuto il principio di diritto statuito secondo cui sussiste la stabile organizzazione in Italia di una società estera “quando si svolgano in territorio nazionale la gestione amministrativa e la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell’espletamento dei servizi”. Ciò posto, la Suprema Corte ha condiviso la posizione dei Giudici di merito che avevano ravvisato l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia di una società con sede formale in Portogallo, in quanto questa aveva affidato la cura dei propri affari ad una società con sede in Brindisi, con la conseguenza che ivi andava identificato il luogo di residenza fiscale”;
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Corte di Cassazione, sentenza penale del 24 luglio 2013 n. 32091: la sentenza in questione ribadisce l’orientamento giurisprudenziale richiamato in precedenza in materia di stabile organizzazione, affermando il principio secondo cui “l’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte di società avente residenza fiscale all’estero sussiste se questa ha stabile organizzazione in Italia, che ricorre anche quando la società straniera abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o meno di personalità giuridica, prescindendosi dalla fittizietà o meno dell’attività svolta all’estero dalla società medesima”;
51 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova -
Corte di Cassazione, sentenza penale dell’8 aprile 2013, n. 16001: ai fini dell’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale da parte di società residenti all’estero, la cui omissione integra il reato ex art. 5 DLgs. 74/2000, rileva la presenza in Italia di una stabile organizzazione. Nello specifico la Suprema Corte ha maturato il proprio convincimento sulla base del fatto che la società: “pur avendo formalmente sede legale in Germania, aveva il proprio centro operativo e decisionale in Italia, ove svolgeva quasi totalmente l’attività di noleggio auto. Sul punto è stato evidenziato che i rapporti di c/c intestati alla società erano stati accesi in Italia dal S., quale amministratore e rappresentante legale della società, nonché unica persona delegata ad operare sui predetti conti; conti senza i quali la società non avrebbe potuto svolgere alcuna attività, corrispondendo gli stessi ai finanziamenti necessari per l’acquisto delle auto. Il S. aveva, tra l’altro, offerto proprie garanzie immobiliari per ottenere i finanziamenti dalle banche per conto della società R.”;
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Corte di Cassazione, sentenza penale del 17 gennaio 2014, n. 1811: una società di diritto maltese, operante nel mercato dell’e-commerce, aveva subito una contestazione in materia di esterovestizione, in considerazione del fatto che la società operava nel mercato on line in base ad una concessione rilasciata dalle Autorità italiane. Il Supremo Consesso non ha condiviso l’ordinanza e il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del tribunale di Busto Arsizio, fornendo una ricostruzione dei rapporti esistenti tra le norme domestiche e quelle convenzionali. In particolare, per quanto concerne l’individuazione della “sede della amministrazione”, la Corte di Cassazione ha statuito che essa è: “il luogo in cui si esplicano la direzione e il controllo dell’attività; in particolare, qualora gli amministratori risiedano all’estero, ma svolgano le proprie funzioni a mezzo di procuratori operanti in Italia, si dovrà individuare in Italia il luogo della concreta messa in esecuzione da parte dei procuratori delle direttive ad essi impartite e quindi la residenza fiscale societaria”;
52 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
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Corte di Cassazione penale, sentenza penale del 13 febbario 2014, n. 6995: nell’ambito di una controversia relativa ad un sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato di omessa dichiarazione ex art. 5 del DLgs. 74/2000, la Suprema Corte ha censurato la tesi del Giudice di merito secondo cui i costi attribuiti alle società esterovestite non possono essere dedotti in virtù di quanto previsto dall’art. 14, comma 4 bis, della L. n. 537/93. Sul punto, la Cassazione ha argomentato che il suddetto art. 14 è inconferente rispetto alla fattispecie di cui all’art. 5 del DLgs. n. 74/2000 se non si individua la correlazione tra detti costi e la condotta omissiva. Ed invero, la Suprema Corte, ha rilevato che l’assunto secondo cui il profitto è riscontrabile in qualunque vantaggio derivante dall’imposta evasa, “non esclude affatto che l’imposta evasa vada, comunque, calcolata secondo le regole che il legislatore ha imposto e che sono obbligatorie ed inderogabili per il giudice penale”. Non v’è dubbio, dunque, che l’imposta evasa debba essere rideterminata alla luce dei componenti negativi di reddito, dal momento che la corretta individuazione della stessa è correlata sia alla possibilità di configurare il “fumus” del reato, sia alla possibilità di individuare il “quantum” del profitto illecito. Da ultimo meritano di essere segnalate due ulteriori precisazioni statuite dagli Ermellini nella sentenza in esame: -
l’esterovestizione “non può essere in alcun modo sovrapposta alla nozione di società schermo, in quanto le società estero vestite non sono affatto, per ciò soltanto, prive della loro autonomia giuridico patrimoniale e, quindi, automaticamente qualificabili come schermi”;
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“il fatto di avere una società sede in uno Stato facente parte di una black list nulla prova rispetto ad una sua eventuale estero vestizione che dovrà essere, comunque, provata sulla base degli elementi di cui all’art. 73 TUIR”.
6.2.2 Giurisprudenza di merito. In relazione alla giurisprudenza delle Commissioni tributarie si segnalano le seguenti pronunce: 53 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
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Commissione Tributaria Provinciale di Macerata, sentenza del 10 aprile 2013 n. 84: l’esterovestizione rientra nel più ampio concetto di abuso del diritto e presuppone la sussistenza di una operazione artificiosa e non produttiva di una realtà economica effettiva. Sulla base di questo principio i Giudici tributari hanno censurato la rettifica dell’Amministrazione finanziaria in materia di esterovestizione elevata nei confronti di una società rumena interamente partecipata da una società italiana. A sostegno della propria tesi, l’Agenzia delle Entrate evidenziava che il legale rappresentante oltre a essere di nazionalità italiana era anche residente nel nostro Paese e che le spese di viaggio di quest’ultimo erano sostenute interamente dalla società italiana, nonchè regolarmente contabilizzate. Tale rilievo non è stato condiviso dalla Commissione che, richiamando i principi sanciti dalla Corte di Cassazione e dalla Corte di Giustizia di cui sopra, ha riscontrato che la società estera corrispondeva ad un’effettiva realtà imprenditoriale in considerazione dell’atto costitutivo, dei bilanci, delle dichiarazioni fiscali presentate alle autorità fiscali locali, dei contratti commerciali e delle buste paga prodotte dalla società in sede di giudizio;
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Commissione Tributaria Regionale di Milano, sentenza del 18 aprile 2013 n. 59: la sentenza respinge la contestazione di esterovestizione elevata dall’Amministrazione finanziaria in capo ad una holding lussemburghese, in considerazione dello svolgimento dei servizi amministrati infragruppo direttamente presso la società controllata italiana. Come osservato dalla Commissione “il fatto che alcuni servizi amministrativi venissero svolti in Italia è consuetudine amministrativo-commerciale giustificata dal rapporto tra la holding e la controllata, né è elemento sufficiente a dimostrare l’effettivo svolgimento dell’attività nel territorio”. In particolare, la Commissione, nel respingere
l’appello
dell’Amministrazione
finanziaria,
ha
condiviso
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “elemento fondamentale del concetto di estero vestizione è l’obiettivo di conseguire un vantaggio fiscale 54 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova attraverso la costruzione di un puro artificio avente lo scopo di riferire fittiziamente all’ente straniero attività in realtà condotte nel territorio dello Stato. La fittizia collocazione della residenza fiscale all’estero per poter beneficiare di un regime fiscale più favorevole è, dunque, elemento tipico che l’onerato della prova non può trascurare, pena il mancato assolvimento del relativo obbligo”;
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Commissione tributaria provinciale di Como, sentenza del 3 luglio 2013 n. 91: nella sentenza in commento i Giudici di prime cure ribadiscono l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’esterovestizione si configura solo in presenza di una costruzione di puro artificio, nonché il principio comunitario della libertà di stabilimento più volte evidenziato dalla Corte di Giustizia nell’ambito di controversie in materia di residenza fiscale. Inoltre i Giudici tributari sottolineano come le presunzioni ex art. 73, comma 5 bis, previste hanno la funzione di facilitare il compito del verificatore nell’accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della residenza effettiva, ma non esonerano
l’Ufficio
dall’assolvere
l’onere
probatorio
con
riferimento
all’artificiosa presenza estera delle società verificate. Ed invero, la Commissione, richiamando le istruzioni diramante dalla stessa Agenzia delle Entrate con nota prot. 39678 del 19 marzo 2010, statuisce che “la esterovestizione di cui si controverte deve essere valutata, e quindi provata dalla Amministrazione finanziaria, non esclusivamente sulla base di presunzioni, che pure assistono il fìsco italiano; la residenza fiscale in Italia di un soggetto estero deve risultare effettivamente; i relativi riscontri degli organi verificatori devono basarsi su una analisi complessiva della situazione di fatto della impresa controllata, non limitandosi ad una valutazione acritica e fondata solo su dette presunzioni”;
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Commissione Tributaria Provinciale di Varese, sentenza del 3 ottobre 2013, n. 125: nella presente controversia l’Amministrazione finanziaria aveva contestato la presunta esterovestizione ad una società con sede in Burkina Faso con soci, 55
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova amministratori e direttore generale, tutti di nazionalità italiana. In particolare l’Agenzia delle Entrate valorizzava il fatto che soci, amministratori e dirigenti fossero italiani, unitamente alla circostanza che alcuni di essi avessero con loro documenti relativi all’attività sociale (fatture, vari prospetti di pagamento, ordini di bonifico, promemoria e relazioni di gestione). Secondo i Giudici tributari, tali elementi, pur dimostrando che i soci della società estera avessero “svolto una attività di indirizzo nell’ambito dei poteri conferiti dallo statuto sociale”, non costituiscono “però l’attività di indirizzo l’attività vera e propria di amministrazione della società la quale, a parere della Commissione, per integrare la residenza fiscale di una società in Italia, oltre agli aspetti di contenuto, deve essere collegata ad un luogo, sede di detta amministrazione, in cui si organizza e si dirige stabilmente, o quanto meno con carattere di continuità, la gestione sociale”. Ciò premesso, la Commissione tributaria provinciale di Varese conclude, censurando il rilievo ed evidenziando che la società era stata costituita con atto notarile nello Stato straniero, aveva fin dalla fondazione aveva mantenuto la stessa sede legale; i bilanci certificati erano stati sempre depositati in Burkina Faso e a quello Stato erano state regolarmente versate le imposte, senza godere di tassazione agevolata; organi statutari, personale dipendente e uffici venivano indicati da tutta la documentazione come stanziati nello stesso luogo;
-
Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sentenza del 3 febbraio 2014, n. 1694: ad una holding finanziaria di diritto olandese veniva contestata la presunzione di esterovestizione in considerazione della documentazione acquisita nel corso della verifica, nonché dalla qualifica di holding statica interamente controllata da un soggetto italiano. Ebbene, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha accolto il ricorso presentato dalla società olandese, ritenendo che l’Agenzia delle Entrate non avesse dimostrato la fittizietà dell’operazione. La Commissione, rinviando ai principi statuiti dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 2869/2013 ha rilevato che, da una lato la società era “stata costituita in Olanda, ivi abbia la sede, depositi i bilanci e 56
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Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova paghi le imposte” e, dall’altro che la documentazione rinvenuta in sede di verifica non rappresentava un elemento probatorio sufficiente a desumere un fenomeno di esterovestizione.
7.
Prassi. Circolare Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n. 28/E. La circolare in commento ha riportato i primi chiarimenti forniti dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze in tema di esterovestizione societaria, con riferimento alle novità introdotte dall’art. 35, commi 13 e 14, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, che ha introdotto i commi 5-bis e 5-ter dell’art. 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il primo dei due commi rende operativa la presunzione legale relativa di localizzazione di società ed enti esteri che detengono partecipazioni di controllo in società od enti pubblici o privati nazionali. La stessa ha effetto qualora i primi siano: -
controllati, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
-
amministrati da un organo di gestione composto, in prevalenza, da consiglieri residenti nel territorio dello stato. Ai sensi del comma 5-ter il presupposto per la sussistenza del controllo dovrà
essere valutato avendo riguardo alla situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Con riferimento alle persone fisiche, il medesimo comma sancisce che si deve tenere conto anche dei voti spettanti a familiari, al coniuge, ai parenti entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo grado. La circolare precisa che, “il contribuente, per vincere la presunzione, deve dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero”. Gli argomenti e le prove dovranno portare la logica dimostrazione che esistono elementi di fatto, situazioni od atti idonei a dimostrare che le direzione effettiva della società è concretamente radicata nello Stato estero.
Circolare Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2007, n. 11/E. 57 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Il documento di prassi che si procede ad analizzare, emanato in seguito ad incontri tra membri dell’Agenzia delle Entrate ed esponenti della stampa specializzata aventi quale argomento questioni interpretative riguardanti il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, fornisce chiarimenti in ordine alla verifica della residenza degli amministratori utili anche ai fini della determinazione della residenza fiscale della società. In particolare, l’Agenzia, dopo aver richiamato le disposizioni di cui al comma 5-bis, lett. b) dell’art. 73 del TUIR ha affermato: -
preliminarmente, che la residenza degli amministratori delle società deve essere definita secondo quanto disposto dall’art. 2 del TUIR;
-
che le società si considerano fiscalmente residenti in Italia qualora, per la maggior parte del periodo d’imposta, risultino prevalentemente amministrate da consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
Risoluzione Agenzia delle Entrate 5 novembre 2007, n. 312/E. La risoluzione è stata emanata in seguito ad un’istanza di interpello ordinario presentata da un contribuente ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 avente riguardo ad una richiesta di disapplicazione della presunzione legale relativa di residenza ex art. 73, comma 5-bis del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il quesito ha avuto riguardo alla situazione di una società di diritto olandese con sede legale ed amministrativa situata ad Amsterdam e che esercitava l’attività di holding avente ad oggetto la mera gestione di partecipazioni. Per la stessa era richiesto di chiarire in quale degli Stati, tra Italia ed Olanda, era possibile localizzare la sede effettiva e, quindi, in quale tra questi fosse possibile considerarla residente. In via preliminare pare opportuno evidenziare un primo profilo di complessità, che presenta, inoltre, carattere pregiudiziale: l’impossibilità, nell’ambito della tematica oggetto della risoluzione, di definire una preventiva soluzione Fisco- contribuente, in ragione del fatto che la verifica della sede effettiva di una società operante in due stati non può essere eseguita in sede di interpello ordinario od interpretativo. La prova contraria, necessaria al fine di superare la presunzione di esterovestizione può, infatti, essere presentata solo in sede di accertamento e non 58 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova attraverso l’esecuzione della procedura di interpello disapplicativo, che assume le varie forme di: -
interpello ordinario (ex art. 11 della Legge n. 212 del 27 luglio 2000;
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interpello antielusivo (definito dall’art. 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413;
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interpello disapplicativo ex art. 37 bis, comma 8, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
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interpello previsto in materia di Controlled Foreign Companies (di cui all’art. 167, comma 5, D.P.R. 22 dicembre 1986,n. 917);
-
ruling internazionale (ex art. 8 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269. L’impossibilità esposta che, con tutta evidenza, aumenta significativamente la
complessità della tematica oggetto della trattazione, è conseguenza di due motivi: -
la necessità che la dimostrazione della residenza fiscale estera di una società si basi principalmente su elementi concreti e non facilmente deducibili dalla documentazione sulla quale, normalmente, si svolge l’analisi in sede di interpello;
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l’impossibilità di presentare istanza al fine di richiedere la disapplicazione di norme diverse da quelle che incidono sul debito tributario quali, ad esempio, quelle che disciplinano la soggettività passiva e, quindi, anche la residenza fiscale. L’ Agenzia dopo aver giudicato quale inammissibile l’istanza presentata dal
contribuente, ha, comunque, rilevato che: “la dimostrazione della prova contraria sulla base non solo del dato documentale, ma anche sulla base di tutti gli elementi concreti da cui risulti, in particolare, il luogo in cui le decisioni strategiche, la stipulazione dei contratti e le operazioni finanziarie e bancarie siano effettivamente realizzate, è peraltro essenziale per permettere quella valutazione caso per caso necessaria al fine di garantire la proporzionalità della norma rispetto al fine perseguito, a mitigare la portata generale della disposizione antielusiva in questione e, pertanto, a confermare la compatibilità della stessa con la normativa comunitaria. Nel testo della risoluzione, inoltre, l’ Agenzia delle Entrate ricorda come la convenzione contro la doppia imposizione tra Italia e Paesi Bassi prevede che, qualora una persona giuridica risieda in entrambi gli Stati, la sua residenza è fissata nello Stato 59 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova “in cui si trova la sede della direzione effettiva”. Lo strumento pattizio, quindi, non impone agli Stati contraenti determinati criteri di collegamento soggettivi da applicare in caso di doppia residenza di una persona giuridica, ma si limita a dirimere casi di doppia imposizione derivanti da quest’ ultima “attribuendo rilevanza al criterio della sede di direzione effettiva”. Circolare Assonime n. 67 del 31/10/2007 La presunzione normativa in materia di esterovestizione può riguardare soggetti anche non collocati in stati a fiscalità privilegiata ponendosi dunque in una logica diversa rispetto alla disciplina CFC. In sede di applicazione della norma, peraltro, il contribuente potrà dimostrare, anche attraverso presunzioni, che effettivamente la residenza della società è da considerarsi all’estero. In ogni caso, le nuove disposizioni introdotte con il decreto legge n. 223 del 2006 dovrebbero operare soltanto con riferimento ai periodi di imposta in corso al 4 luglio 2006 e non retroattivamente. Peraltro, ai fini della concreta applicazione delle disposizioni introdotte dovrà essere vagliato attentamente il rapporto tra le norme interne e quelle convenzionali. La norma introdotta prevede, come noto, una riqualificazione della residenza in Italia di soggetti che, solo formalmente risultano essere soggetti esteri. A questi fini, la norma prevede che si considera esistente nel territorio dello stato la sede dell’ amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo ai sensi del comma 1 dell’art. 2359 del codice civile in soggetti Ires di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 73 del Tuir se, in alternativa: -
i soggetti formalmente esteri sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’ articolo 2359, comma 1, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
-
sono amministrati da un consiglio di amministrazione o da un altro organo equivalente di gestione composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello stato. Ai fini della verifica della situazione di esterovestizione e dunque ai fini della verifica della posizione di controllo assume rilevanza, a norma del comma 5 ter dell’art. 73 del TUIR, la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. 60
Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova Una delle prima osservazioni formulate dall’ associazione è sul perimetro applicativo della disposizione in esame la quale, evidentemente, si pone in una situazione diversa rispetto a quella applicativa delle CFC. Infatti, sulla base del dettato letterale della norma, non appaiono sfuggire alla applicazione della stessa quei soggetti esteri che sono collocati, quantomeno formalmente, in stati a territori che non sono a fiscalità privilegiata appositamente individuati. Quindi, a differenza di quanto previsto da altre norma del Tuir anche paesi esteri fiscalmente non “vantaggiosi” potrebbero essere interessati dalla norma introdotta. A questo proposito, evidentemente, l’ associazione sottolinea come sia necessario un attento esame della norma nazionale con le norme estere e con le convenzioni contro le doppie imposizioni. La norma consente al contribuente di fornire la prova contraria rispetto a quella che è una presunzione avverso la quale l’ associazione sottolinea l’applicabilità di una presunzione e favore del contribuente capace di dare maggiore affidabilità. A questi fini, come osservato dall’ Assonime, si dovrà attentamente valutare la composizione patrimoniale. Viene infatti portato come esempio quello della società holding mista che, oltre a detenere partecipazioni di controllo in una società italiana, svolge prevalentemente all’estero un’attività industriale, commerciale o finanziaria. In questo caso, sarebbe secondo l’associazione agevole dimostrare che la sede amministrativa è prevalentemente all’estero, dove si esplica la gestione operativa. In questo caso, per superare la presunzione, potrà essere richiamata validamente l’effettiva localizzazione dell’attività principale all’estero che, solitamente è correlata nella normalità dei casi, anche
dall’assunzione
delle
decisioni
gestionali
all’estero.
Più
complesso,
effettivamente, potrebbe essere il caso delle società che gestiscono esclusivamente partecipazioni. In ogni caso, l’associazione osserva come ai fini delle dimostrazione della prova contraria non potrà essere invocata la disciplina della disapplicazione di cui all’art. 37 bis, comma 8, del dpr n. 600/73. Peraltro, una volta riqualificata la residenza in Italia, la società dovrà applicare le norma interne compresa quella in materia di società non operative. Al momento del “rientro” in Italia, si porrà il problema del costo da assumere in relazione agli asset detenuti dalla società esterovestita. A questo proposito. 61 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova L’associazione osserva come la disciplina potrà essere applicata in continuità o facendo riferimento ai valori normali dei beni a seconda che, nello stato estero non sia stata applicata una imposizione in “uscita”. L’ Assonime osserva che la disposizione opera dal periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006 non potendo operare in relazione ai periodi di imposta precedenti. Il Vademecum dell’Agenzia. La Commissione Europea ha definitivamente archiviato – con lettera del 4 giugno 2010 e successiva del 7 gennaio 2011 – la denuncia presentata nel giugno del 2009 dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) per la presunta illegittimità della normativa italiana in tema di esterovestizione per violazione dei principi comunitari di libero stabilimento, proporzionalità e non discriminazione. La Commissione ha concluso la propria attività istruttoria sancendo la piena legittimità, sotto il profilo comunitario, della normativa nazionale in esame. La pubblicazione delle considerazioni della Commissione e dei chiarimenti a quest’ultima forniti dall’Agenzia delle Entrate presenta tuttavia alcuni spunti di interesse sul piano pratico per il contribuente nazionale che, infatti, potrà d’ora in poi contare su una sorta di “vademecum” degli elementi probatori utili per la disapplicazione delle disposizioni di cui all’art. 73, comma 5-bis, D.P.R. n. 917/1986. L’importanza di questi chiarimenti è anche legata al fatto che, come noto, l’interpello preventivo in materia di esterovestizione societaria è inammissibile, così come l’interpello preventivo in relazione alla determinazione della residenza del contribuente in base agli ordinari criteri previsti dal comma 3 dell’art. 79 del TUIR La norma italiana in materia di esterovestizione prevede che si considerino residenti in Italia, salvo prova contraria, la società (ed enti) che, pur avendo sede legale, sede dell’amministrazione ovvero oggetto principale fuori del territorio dello Stato, detengano partecipazioni di controllo in società (o enti commerciali) residenti soggetti all’IRES e, alternativamente: -
siano controllate (ai sensi dell’art. 2359 del c.c.), anche indirettamente, da soggetti (persone fisiche, società o enti) residenti in Italia; ovvero
62 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova -
siano amministrate da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato. Tale norma, considerata dall’AIDC in contrasto con i principi comunitari di
libertà di stabilimento, proporzionalità e non discriminazione, è stata attentamente valutata dalla Commissione Europea, che ha richiesto all’Amministrazione finanziaria italiana alcune precisazioni in merito. Più specificatamente, la Commissione Europea ha richiesto: a) in che modo l’Amministrazione finanziaria italiana valuta i requisiti della residenza della maggioranza dei soci o degli amministratori ai fini della presunzione della residenza; b) in che modo il contribuente può fornire la prova contraria ammessa dalla normativa; c) se esiste una statistica circa la localizzazione in altri stati della UE o del SEE di società o enti la cui residenza effettiva è stata considerata dall’Amministrazione finanziaria sistematicamente e ripetutamente esistente in Italia (soggetti qualificati come esterovestiti); d) quali sono le conseguenze pratiche derivanti dall’applicazione della normativa sull’esterovestizione (ad es. in termini di sanzioni); e) se il rilascio da parte delle Autorità fiscali estere del certificato di residenza costituisca una prova valida e sufficiente a rigettare la presunzione di esterovestizione; f) se le Autorità italiane facciano ricorso agli strumenti dell’assistenza amministrativa allo scopo di accertare l’effettiva residenza di un soggetto ritenuto esterovestito. A seguito dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in data 12 aprile e 20 dicembre 2010 in risposta alle suddette richieste, la Commissione Europea ha ritenuto pienamente conforme al diritto comunitario la normativa italiana sulla esterovestizione, principalmente in considerazione del fatto che, come affermato dalla stessa Amministrazione finanziaria italiana, “i riscontri degli organi verificatori devono basarsi
63 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova su un’analisi complessiva della situazione di fatto dell’impresa, non limitata da (rectius, ad) una valutazione acritica fondata soltanto su dette presunzioni”. Per la prima volta l’Agenzia delle Entrate ha fornito un elenco esemplificativo della documentazione-tipo che i funzionari considerano prova adeguata a dimostrare l’effettiva residenza all’estero di una società. Pur nella premessa che “è lasciata al contribuente ogni possibilità di dotarsi, caso per caso, degli elementi probatori idonei a dimostrare che la società estera, indipendentemente dal rapporto di controllo ovvero dalla residenza dei consiglieri, è di fatto amministrata al di fuori del territorio italiano”, l’Agenzia delle Entrate ha esplicitamente affermato che la prova contraria può attenere: 1) al regolare e periodico svolgimento delle riunioni del consiglio di amministrazione, di cui può essere agevolmente fornita documentazione unitamente all’evidenza che le riunioni sono tenute presso la sede sociale con la partecipazione dei diversi consiglieri (per esempio, delibere del consiglio di amministrazione formalmente prese all’estero, biglietti aerei/ricevute di alberghi che attestano gli spostamenti dei consiglieri residenti in Italia). 2) all’effettività della gestione sociale da parte dei membri del consiglio di amministrazione, nel qual caso la documentazione probatoria potrebbe essere rappresentata da progetti e interventi diretti degli amministratori, volti a migliorare le performance della società estera, mentre la domiciliazione della società presso studi legali e società di servizi costituirebbe – a contrariis – un indice di esterovestizione; 3) all’effettivo svolgimento all’estero della gestione operativa della società. Nel qual caso la documentazione probatoria, atta a dimostrare il grado di autonomia funzionale della società, dal punto di vista organizzativo, amministrativo, finanziario e contabile, potrebbe essere rappresentata da direttive interne, contratti di natura commerciale o finanziaria, corrispondenza e altri documenti che precedono o integrano le trattative commerciali cui è orientata la strategia aziendale; documentazione comprovante il corretto adempimento degli obblighi fiscali nello stato estero, nonché qualsiasi altro documento che provi che gli atti di gestione e l’attività negoziale sono stati posti in essere a livello locale e che i 64 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova country manager godono di autonomia nell’organizzazione del personale, nelle decisioni di spesa e nella stipula dei contratti. L’Agenzia delle Entrate ha fornito un’ulteriore precisazione in relazione al problema dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo (art. 2497 del c.c.), specificando che la documentazione sopra elencata serve anche a dimostrare che “le funzioni di coordinamento ed indirizzo svolte dalla controllante sono mantenute distinte dagli atti di concreta amministrazione specificatamente riferiti alla mission della società”. La suddetta documentazione esemplificativa deve essere vista come una sorta di “vademecum” della documentazione probatoria atta a contrastare la presunzione di esterovestizione delle società (o enti) rientranti nei requisiti di cui all’art. 73, comma 5bis, D.P.R. n. 917/1986. E’ evidente che l’ufficialità del suddetto “vademecum” costituisca un utile punto di partenza da cui il contribuente può muovere per costruire un dossier documentale. Ed è altrettanto evidente con l’ufficialità del suddetto “vademecum” costituisca anche uno strumento di difesa per il contribuente, ove lo stesso si trovi a fronteggiare un ufficio territoriale che contesti la validità della documentazione fornita del contribuente. D’altra parte la stessa Agenzia delle Entrate ha in un certo senso “promesso” alla Commissione Europea di applicare la presunzione di residenza caso per caso, quindi a seguito di valutazione, fattispecie per fattispecie, degli elementi probatori apportati dal contribuente.
Sembra
quindi
evidente
che
quest’ultimo
possa
configurare
nell’instaurazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del contraddittorio preventivo. Tale circostanza, specie se letta alla luce dei principi di correttezza, equilibrio, trasparenza e buona fede richiamati dalla stessa Agenzia delle Entrate, permette al contribuente di poter confidare in una prudente ed equilibrata applicazione della normativa da parte dell’Amministrazione e di contrastare energicamente l’operato degli uffici territoriali qualora questi dovessero applicare la normativa sulla esterovestizione in maniera acritica e decontestualizzata.
65 Via Cesare Battisti, 3 /11 – 35121 Padova Tel. 049 651894 Tel. 049 661482 Fax 049 8753420 C.F. 92204470287 www.odcecpadova.it e-mail: info@odcecpadova.it CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI PADOVA