Il Gremio dei Contadini di San Giovanni Battista di Oristano - La Sartiglia

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“...para que de todo conste y se sepa en lo venidero, se haze la presente memoria”.

“...afinché tutto questo sia conosciuto e si sappia in futuro, si scrive la presente memoria”. Citazione tratta dalla cronaca del 1722 in cui è documentata la corsa alla stella di Oristano (ASCO SA, n° 411).


La Sa


Maurizio Casu - Francesco Obino

Il Gremio dei Contadini

artiglia

di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA

Associazione Culturale Aristiane Oristano


Il libro è stato realizzato grazie al contributo della Fondazione Banco di Sardegna

Progetto: Associazione Culturale Aristiane · Oristano Supporto scientiico: Centro di Documentazione e Studio sulla Sartiglia della Fondazione Sa Sartiglia Onlus Testi e coordinamento editoriale e scientiico: Maurizio Casu e Francesco Obino. Fotograie: Gianfranco Casu, Cristiana Manconi, archivio Gremio dei Contadini, archivio Fondazione Sa Sartiglia, archivio Gabriella Collu, archivio Teresa Forgillo, archivio Antonio Marchi, archivio Giancarlo Marrosu, archivio Ugo Mele, archivio QSS di Salvatore Faa, archivio Antonio Palmas, archivio Bruno Sanna, archivio Moreno Serra. Studio design, graica ed impaginazione: KLS art&design di Sanna Massimiliano Oristano (OR)- Tel. 0783 303943 - info@kls.it - www.kls.it Stampa: Nuove Graiche Puddu s.r.l Ortacesus (CA) - Tel. 070 9819015 info@nuovegraichepuddu.it - www.nuovegraichepuddu.it Si ringraziano: Gianfranco Casu, Gabriella Collu, Salvatore Faa, Teresa Forgillo, Cristiana Manconi, Antonio Marchi, Giancarlo Marrosu, Ugo Mele, Antonio Palmas, Manuela Pinna, Bruno Sanna, Moreno Serra. Un particolare ringraziamento a: Raimondo Zucca per l’attenzione prestata alla presente pubblicazione I documenti riprodotti sono tratti dall’archivio storico del Gremio dei Contadini © 2012 Associazione Culturale Aristiane tutti i diritti riservati - all rights reserved E’ severamente vietato riprodurre o copiare, in qualsiasi modo, totalmente o parzialmente il contenuto di questo libro senza il consenso o una speciica autorizzazione scritta da parte degli autori e della Associazione Culturale Aristiane. Per qualsiasi informazione rivolgersi alla Associazione Culturale Aristiane di Oristano. Stampato nel mese di giugno 2012


Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA

Saluto

p. 9

Presentazione

p. 10

Il Gremio dei Contadini di S. Giovanni Battista di Oristano

p. 13

Giostre e tornei nella storia

p. 37

La Sartiglia nel XVI e XVII sec.

p. 57

La Sartiglia nel XVIII sec.

p. 67

La Sartiglia nel XIX sec.

p. 83

La Sartiglia nel XX e XXI sec.

p. 99

La Sartiglia del XIX secolo nei documenti d’archivio del Gremio dei Contadini

p. 115

La Sartiglia del XX secolo nei documenti d’archivio del Gremio dei Contadini

p. 122

Albo dei componidoris del Gremio dei Contadini

p. 149

Bibliograia

p. 153


Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA


SALUTO Con immenso piacere presentiamo la pubblicazione “Il Gremio dei Contadini di San Giovanni Battista di Oristano. La Sartiglia”, resa possibile grazie al prezioso contributo della Fondazione Banco di Sardegna, a cui va la nostra riconoscenza, e al supporto scientiico della Fondazione Sa Sartiglia onlus. Se nel 2010 si concludeva la catalogazione dell’archivio e vedeva le stampe la precedente pubblicazione che presentava la storia e le carte dell’antico sodalizio, il 2011 verrà ricordato per la volontà, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, di riconoscere l’archivio del Gremio quale archivio soggetto a tutela, a conferma dell’alto valore storico dei documenti in esso custoditi, che delineano uno spaccato importante della realtà gremiale oristanese. E proprio l’analisi dei documenti in esso contenuti ha dato il via ad un lavoro di indagine sulla Sartiglia, che ha portato indietro nel tempo allo studio di documenti, custoditi in diversi archivi cittadini, che raccontano la giostra delle origini. Partendo da ricevute, registrazioni contabili e cronache che vanno dal XVI al XX secolo, gli autori ripercorrono la trasformazione avvenuta nel corso dei secoli ed ipotizzano i passaggi evolutivi che hanno portato dalle sortilles, organizzate per celebrare eventi straordinari, alla Sartiglia dei nostri giorni. Sebbene nel corso dei secoli si sia passati dalla Sortilla alla Sartiglia, dal Mantenidor al Componidori, riscontrando un’ampia trasformazione nelle modalità e negli abiti della corsa, la giostra rimane strettamente legata alla storia della città di Oristano e alla sua comunità, portando con se ricordi lontani di eventi, personaggi, usi e rituali che ancora una volta connotano l’essenza di un popolo che ogni anno perpetua l’antica tradizione che vive e si evolve al pari della comunità che la realizza.

Carlo Pau Presidente dell’Associazione Aristiane

Corrado Sanna e Gianni Dessì Oberaius Majoris del Gremio dei Contadini

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PRESENTAZIONE Allorquando nell’estate 1993 Maura Falchi e chi scrive potemmo aprire, mercé la benevolenza dell’oberaiu majori di quell’anno, l’antico mio compagno di scuola della V elementare, Antioco Atzeni, lo scrigno che conteneva i documenti dello storico archivio del Gremio dei Contadini di Oristano, fummo rapiti dalla ricchezza di documenti che esso conteneva. Uno in particolare attrasse la nostra attenzione, la Copia della sentenza del Tribunale Circondariale di Oristano del 27XII-1864, causa Gremio dei Contadini / Vicario capitolare, rilasciata il 29 settembre 1927. A(nno) VI (Era Fascista). In quel documento erano contenuti in estratto, tradotti in italiano, vari passaggi dell’Ordinanza, redatta in Castigliano, dall’Arcivescovo Arborense Francesco M(aria) Sisternes De Oblites, del 22 luglio 1807, in cui, al capo V, «assegnava agli operai del Gremio la somma di soli cinque scudi per rinfreschi di tutte le feste dell’anno che soleansi celebrare dal medesimo, proibendo ogni altra spesa per Satilla». Era quello il documento più antico (anno 1807), seppure in copia, della correlazione fra il gremio dei contadini e la Sartiglia. Quel documento conluì, poi, nel libro, a cura dei due autori succitati, Storia della Sartiglia di Oristano. Il dovere dello storico nello scrivere la storia, come ricordava il grande storico delle Annales Lucien Febvre, è, in primis ricercare e studiare i documenti scritti: «La storia si fa senza dubbio con documenti scritti. Quando ce n’è. Ma si può fare, si deve fare senza documenti scritti se non ne esistono. Per mezzo di tutto quello che l’ingegnosità dello storico gli consente di utilizzare… Quindi con parole. Con segni. Con paesaggi e con tegole. Con forme di campi e con erbacce. Con le eclissi lunari e con gli “attacchi” delle bastie da lavoro e da traino, con perizie geologiche di pietre e analisi chimiche del metallo con cui sono forgiate le spade». Il volume presente Il gremio dei Contadini di San Giovanni Battista di Oristano – la Sartiglia, a cura del grande Componidori del 2000, Maurizio Casu, un cavaliere ilosofo e storico, e di Francesco Obino, Segretario del Gremio dei Contadini nonché Direttore della Fondazione “Sa Sartiglia”, è la prima indagine storica, puntualmente ancorata al ricchissimo Archivio del gremio dei contadini d’Oristano, sulla Sartiglia di questo gremio, il più misterioso dei gremi di Oristano, per la sua lunga storia, e per l’assenza (allo stato) dello Statuto gremiale anteriore a quello del 1951. Evidenziare la straordinaria ricchezza dei dati non è compito di chi scrive, ma dell’attento lettore, capace di individuare i testi fondamentali dell’organizzazione della Giostra equestre della Domenica ultima di carnevale nella ricevuta di 6 lire per i nastri della Sartiglia del 1903, acquistati dalla ditta del bosano Giovanni Baldino, con il negozio nella Contrada Dritta, o quella del 22 febbraio 1893, di 5 lire (più 1,30 £) per il sel(l)aio Giacomo Cubeddu di Oristano per la bardatura del cavallo 10


del capo corsa della Sartiglia del 12 febbraio 1893, o ancora la ricevuta del 5 febbraio 1909 per un cappello a cilindro, costato lire 17, della ditta Antonio Martello di Cagliari, utilizzato da Su Componidori di San Giovanni per la Sartiglia del 21 febbraio 1909. Non solo, nel testo è messo a frutto l’impegno di ricerca, nell’Archivio Storico Comunale e nell’Archivio di Stato di Cagliari, di molti studiosi quali Walter Tomasi, Antonella Casula, Ilaria Urgu, Sebastiano Fenu e degli stessi Maurizio Casu e Francesco Obino, che oggi consente di tracciare con sempre maggiore sicurezza l’evoluzione della Sortilla cavalleresca, dalla Piazza di Città (Piazza Eleonora), di fronte al Cinquecentesco Municipio, alla Sartiglia carnascialesca, corsa sulla Seu di Santa Maria. Secondo il calendario liturgico preconciliare della Chiesa la Domenica di Quinquagesima era l’ultima prima del tempo di Quaresima, ed in quella data e nel martedì successivo gli Oristanesi celebrano la festa della città, la Sartiglia. La festa della città! All’ombra della Cattedrale e dell’eccelsa torre ottagona, memoria dei tempi romanici e gotici, quelli del Regno d’Arborea. Il percorso è quello che si snoda dalla Reggia giudicale di Piazza Manno lungo la ruga de Santa Maria, la titolare del Duomo, ai medievali San Francesco e Sant’Antonio. Sappiamo che questa Sartiglia è l’erede diretta della sortilla d’impronta catalana che la municipalità oristanese teneva dal Cinquecento nella piazza di Città (piazza Eleonora), di fronte al suo municipio. Sappiamo che i gremi (Corporazioni) gestiscono la Sartiglia di Carnevale almeno dal Settecento. Ma questa è la festa di tutta la città, è il vessillo degli Oristanesi. Nel 46° volume dell’Archivio Storico Sardo, nel 2005, è stato pubblicato l’inventario dei beni che la sposa di Mariano IV, Timbora de Rocabertì, portò a Oristano, quando venne a dimorare nel palazzo di Piazza Manno. Vi erano gli elmi per i tornei, segno che Timbora assisteva alle giostre cavalleresche nella Oristano medievale, e perché no? anche alle corse all’anello. Ma la Sartiglia è la festa della Città, come il Palio a Siena, come la Giostra del saracino d’Arezzo, come i ceri di Gubbio. Se è la festa della città, mi auguro che gli Oristanesi di oggi e di domani ne siano ieri e ne traggano lo spirito di unione che animò la città del passato, nell’indomito anelare di Faust al costruire a fronte della volontà di rovina dell’antico tentatore.

Raimondo Zucca Università di Sassari

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Foto: Il gremio dei contadini anni ‘20


Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

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• IL GREMIO DEI CONTADINI DI S. GIOVANNI BATTISTA DI ORISTANO Ad Oristano ino alla prima metà del XIX secolo, operavano ben sette gremi: muratori, calzolai, fabbri, falegnami, igoli, sarti e contadini. Ancora oggi operano in città il gremio dei muratori di Santa Lucia, quello dei falegnami di San Giuseppe e quello dei contadini di San Giovanni Battista. Tali associazioni, nate durante la dominazione aragonese e in origine chiamate con il nome di maestranza, oppure ofici o confraria o anche germanidad, solo a partire dal XVIII secolo sono attestate con il nome “gremio” derivante dall’espressione “in gremio”, che indica il mettersi “in grembo”, ossia sotto la protezione di uno o più santi patroni. È innegabile che i gremi sardi siano nati ad imitazione di quelli catalani dei quali rispecchiano le caratteristiche fondamentali adattate alla realtà locale. L’attività di ogni gremio era interamente regolata dai capitoli del proprio Statuto; questi potevano essere modiicati con decisione unanime dell’assemblea degli associati, che solitamente si teneva nella cappella o nell’oratorio della chiesa dedicata al santo patrono. Ogni associato era tenuto a rispettare determinati impegni religiosi come la conservazione del carattere confessionale del gremio, la partecipazione alle celebrazioni liturgiche, specialmente nel giorno della festa del santo patrono, la partecipazione alle esequie e alle messe in suffragio dei soci defunti, il rispetto per le solennità e le feste della Chiesa con l’astensione dal lavoro e con l’abbigliarsi in maniera elegante. L’associato doveva, inoltre, rispettare particolari impegni morali e sociali, ad esempio: condotta di vita retta, tolleranza e solidarietà tra i membri del sodalizio, rispetto per i superiori e i soci anziani, composizione rapida di ogni controversia ed inine il mutuo soccorso e l’assistenza verso i soci che si trovavano in dificoltà. 13


Tali istituzioni gremiali si estinsero, di diritto, a partire dalla seconda metà del XIX secolo in seguito alla legge n. 1797 del 29 maggio 1864 che abolì tutte le corporazioni. I gremi, che di fatto sopravvissero a tale legge, si trasformarono in società di mutuo soccorso mantenendo i caratteri religiosi e perdendo quelli professionali, avvicinandosi così, per tipologia e attività, alle confraternite devozionali. Ritornando ai gremi oristanesi, e in particolare al gremio dei contadini, attualmente non si conoscono i documenti relativi alla sua origine, né si conosce il suo antico statuto ma le ricerche più recenti e lo studio dei documenti conservati nel suo archivio hanno offerto importanti informazioni circa la sua storia. Tali notizie, provenienti da alcuni documenti custoditi presso l’Archivio di Stato di Cagliari e l’Archivio Storico del Comune di Oristano, ne documentano l’attività nel Seicento, mentre, gli atti che il gremio custodisce nel suo archivio ne attestano l’attività dal Settecento. Tra questi spiccano i registri di deliberazioni riguardanti la nomina de is oberaius majoris, ovvero le massime autorità del gremio, a datare dalla seconda metà del 1800. Pur non facendo riferimento diretto all’istituzione gremiale, si trova un interessante richiamo ai massayus de Oristany in un documento del 1597, pervenuto in copia del 1621, custodito presso l’Archivio Storico del Comune di Oristano. Si tratta di un tariffario che riporta i prezzi della manodopera e della realizzazione di prodotti ad opera di diverse categorie artigiane. In particolare sono già deinite maestrances quella dei picapedrers e quella dei mestres de carros, con l’importante differenziazione dei compensi per i lavori eseguiti dai maestri e dagli apprendisti. Nello stesso documento sono inoltre indicate le tariffe per il trasporto di differenti materiali eseguiti, su carri a buoi, dai caradors massayus.

Foto: Il gremio dei contadini anni ‘30. 14




Foto: Il gremio dei contadini alla processione di Corpus Domini nel 1930 in via Arborea.


Foto: Il gremio dei contadini anni ‘40.


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• ORGANIZZAZIONE DEL GREMIO Per conoscere e comprendere appieno l’organizzazione del gremio, la sua evoluzione e i dinamismi che ne regolano l’attività, è d’obbligo percorrere due strade: una che prenda in esame lo statuto e l’altra che, attraverso l’analisi di verbali, delibere, cause, contratti, conti e ricevute mostri la vita reale e il modo in cui esso si relaziona con l’esterno. La prima via risulta impervia per il fatto che, attualmente, non si ha notizia dell’antico statuto benché alcune fonti facciano ritenere che in città se ne conservi ancora copia. Si può presumere che questo al pari degli statuti degli altri gremi oristanesi sia stato redatto tra il XVII e il XVIII secolo per regolare la vita dell’istituzione che, secondo le ultime acquisizioni documentarie, potrebbe essere l’evoluzione della obreria della chiesa rurale di San Giovanni Battista. Per sopperire a tale mancanza il gremio nel 1951 si è dato un regolamento che si limita a dettare alcune norme sulla gestione amministrativa. Regolamento che è stato modiicato nel 1974 con l’integrazione di norme riguardanti l’elezione della giunta. Dato interessante è il fatto che esse non corrispondono alla prassi ino ad allora adottata nel gremio e che, a dispetto del nuovo regolamento, continuerà ad essere utilizzata. Nel 2001 il gremio decide, sulla scorta delle proprie tradizioni e prassi, di scrivere un nuovo statuto che, tralasciando le norme elettive introdotte con il regolamento del 1974, ritorna alle procedure tradizionali confermate dai verbali annuali di nomina. Inine lo statuto viene modiicato nel 2008 per esplicitare ancora di più alcuni passaggi e adeguarlo alla prassi che all’interno del sodalizio si tramanda nel tempo. Proprio secondo questa tradizione, facevano parte del gremio i contadini di Oristano che dovevano rispondere a precisi requisiti quali la residenza in città, l’aver contratto matrimonio 19


cattolico e il possesso di un carro a buoi. Attualmente l’ingresso nel gremio avviene su invito da parte della giunta e permangono i requisiti della residenza, del matrimonio cattolico e l’attinenza con il mondo dell’agricoltura. Alla giunta è afidato il governo del gremio; questa è composta da sei componenti: due oberaius majoris, due probi uomini primi e due probi uomini secondi. Prendono il nome di oberaius majoris: s’oberaiu de bandera a cui è afidata la custodia della bandiera del gremio e s’oberaiu de cascia che in passato si occupava della tenuta dei conti. Ad essi, la cui carica è annuale e di norma non rinnovabile, spetta il compito di dirigere il sodalizio e vigilare sulla sua attività; in particolare, come risulta dai registri, si occupano di convocare e presiedere la giunta e l’assemblea. Sono chiamati probi uomini primi i due componenti del gremio che hanno rivestito il ruolo di oberaius majoris nell’anno precedente e probi uomini secondi i due componenti che lo rivestiranno nell’anno successivo. Ad essi il compito di assistere e coadiuvare is oberaius majoris nell’amministrazione del gremio. La nomina della nuova giunta avviene in occasione della festa della Natività di San Giovanni Battista. Le procedure per la composizione, a differenza degli altri sodalizi gremiali che utilizzavano l’insaccolazione o l’elezione, prevedono la cooptazione dei nuovi componenti da parte della giunta uscente. Alcuni mesi prima della festa is oberaius majoris e i probi uomini primi designano coloro che nella nuova giunta assumeranno la carica di probi uomini secondi. A questa designazione non partecipano i probi uomini secondi in carica al ine di evitare una loro inluenza nella scelta di chi li dovrà succedere nella veste di oberaius majoris. Oltre alla giunta vi è un’assemblea generale che raduna tutti i componenti del sodalizio che, istituita nella seconda metà del XX secolo, ha sostituito la giunta maggiore. Dagli atti e documenti risulta infatti che il gremio venisse amministrato dalla sola giunta e non esisteva un’assemblea plenaria. Nel caso la giunta si fosse trovata nella necessità di assumere decisioni straordinarie, veniva convocata la giunta maggiore composta da tutti coloro che negli anni avevano rivestito il ruolo di oberaius majoris del gremio. Il mutare delle leggi e delle esigenze hanno portato a deinire nello speciico la composizione del gremio e la nascita di un’assemblea composta da tutti i componenti. All’assemblea spetta il compito di determinare l’orientamento generale dell’attività del gremio, approvarne i bilanci, deliberare l’ac20


quisto o la alienazione di beni e più in generale assumere tutti gli atti di natura straordinaria. È bene ricordare inoltre la igura del segretario che, quantunque non sia componente del gremio, svolge al proprio interno un ruolo importante. In passato la carica era afidata ad un notaio che possedeva una preparazione appropriata dal punto di vista contabile e amministrativo. Requisito necessario visto che tra i suoi compiti vi era quello di annotare tutte le entrate e le uscite della confraternita, coadiuvare is oberaius majoris nella predisposizione dei conti dell’annata e dell’inventario e sfogliare tutti i libri dell’amministrazione e certiicarne di suo pugno nell’ultima pagina il numero. In cambio dei suoi servigi riceveva un compenso annuo. In tempi più recenti tale ruolo è stato afidato a persona comunque competente al ine di fornire un valido supporto nell’amministrazione del sodalizio. In passato vi era anche un delegato ecclesiastico, nominato dall’arcivescovo, che aveva il compito di vigilare sull’amministrazione informando lo stesso sul suo andamento; veriicava i conti e partecipava a tutte le sedute della giunta. Altre igure minori che nel corso della vita del gremio sono documentate risultano essere quelle del Presidente, che a differenza degli oberaius majoris durava in carica per più anni, e quella del direttore che si occupavano della gestione dei beni. Vi erano inoltre degli operai minori: is oberaieddus; una sorta di “apprendisti” che avevano il compito di supportare is oberaius majoris nel loro compito. Ruolo di fondamentale importanza, sebbene non codiicato, è quello della donna all’interno del gremio. In particolare is priorissas, mogli degli oberaius majoris, assolvono compiti speciici senza i quali non potrebbe svolgersi la vita del sodalizio. Oltre ad essere discrete consigliere per i mariti chiamati al governo del gremio, sovrintendono all’organizzazione e allo svolgimento delle feste e assicurano che tutto sia pronto per il loro svolgimento. Anche l’organizzazione delle fasi cerimoniali della Sartiglia non può prescindere dalle donne del gremio: sa priorissa, sa massaia manna e is massaieddas, di norma tutte legate alle famiglie del gremio, assolvono a compiti ben precisi senza i quali non potrebbe svolgersi l’antica giostra nel rispetto della tradizione. Il gremio conserva ancora oggi l’antica cassa a tre chiavi, l’arca a tre serrature, ciascuna delle quali con chiave diversa, afidate a tre differenti persone aventi importanti responsabilità all’interno del sodalizio, nella quale venivano custoditi valori e documenti importanti. Simbolo del gremio è la bandiera, costituita da un’asta in le21


gno a cui è legato un ampio drappo di broccato rosso. All’asta, sormontata da una croce di spighe che racchiude l’efigie di San Giovanni Bambino, sono appesi numerosi nastri colorati che recano, ricamati, i nomi delle autorità che si sono avvicendate nella guida del sodalizio e, in particolare, si leggono i nomi de is oberaius de bandera, ovvero degli obrieri maggiori a cui è afidata la custodia della bandiera negli anni, e delle priorissas, le rispettive consorti. La bandiera accompagna il gremio in tutte le uscite uficiali, ovvero in occasione dei festeggiamenti della Natività di San Giovanni Battista, per le processioni del Corpus Domini e di Sant’Eisio Martire, per la Sartiglia e per accompagnare alla sepoltura is oberaius majoris e is priorissas defunti; in questa circostanza, i nastri colorati sono sostituiti da un unico nastro nero.

Foto: La bandiera del gremio sul carro a buoi anni ‘50. 22


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Foto: Il gremio dei contadini anni ‘40.



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• LA CHIESA DI SANTU GIUANNI DE FRORIS CAPPELLA DEL GREMIO Sin dal XVII secolo la chiesa di San Giovanni Battista o di Santu Giuanni de Froris, è la cappella del gremio dei contadini di Oristano. Tale antico ediicio, situato a sud-ovest della chiesa di San Martino, si trova a circa un chilometro dal centro della città e a duecento metri dal cimitero di San Pietro. Le forme semplici di chiesa campestre sono visibili nella struttura a pianta quadrata ripartita da quattro pilastri delimitanti una navata centrale coperta con un tetto poggiante su capriate. All’esterno l’ediicio si presenta con un piccolo campanile a vela recante una campana bronzea dei primi del 1800, e offre su due lati un porticato poggiante su pilastrini in arenaria che sostengono una copertura a canne protetta da tegole; sugli altri due lati si dispongono la sagrestia e alcune piccole stanze. L’odierna struttura architettonica può essere riferita all’epoca spagnola, più esattamente al XVI secolo, di essa rimane inoltre un frammento di pilastro capitellato in trachite di gusto gotico-aragonese incluso nella muratura. Tuttavia la chiesa ebbe origini giudicali, testimoniate da vari documenti, i più antichi dei quali sono il testamento del 1301 del mercante catalano Guillem Lloret residente in Oristano e quello del 1335 del Giudice arborense Ugone II de Bas–Serra. In entrambi i documenti si stabilivano lasciti a favore della chiesa denominata di Sancti Johannis de Venis, alludendo verosimilmente all’antica località in cui si erge l’ediicio, nota per le presenza di acque risorgive, che ha offerto testimonianze di culto a partire dall’età nuragica. Oggi la chiesa, immersa in un parco alberato, viene aperta in occasione della celebrazione delle feste del gremio. All’interno si trova l’altare maggiore dedicato al patrono del gremio San Giovanni Battista la cui statua è riferibile a bottega locale di 27


scuola sardo-catalana del XVII secolo. Nelle cappelle laterali si trovano rispettivamente sulla sinistra la nicchia che custodisce la statua del Santo Precursore, che durante la ricorrenza della Natività viene vestito a festa, e sul lato destro la statua di Sant’Isidoro Agricoltore, protettore dei contadini, entrambe riferibili al XVII secolo. Un’altra interessante testimonianza artistica è la tela sistemata, guardando l’altare, sulla parete destra della chiesa, rafigurante il martirio di San Giovanni Battista. Il dipinto recante il nome del suo autore, Pasquale Duracci, attivo nella città di Cagliari sul inire del Settecento, oltre alla sua valenza artistica, rappresenta un importante documento per la storia del gremio in quanto in esso sono riportati i nomi dei gremianti che commissionarono l’opera.

Foto: San Giovanni Battista. 28




Foto: L’altare maggiore della chiesa di San Giovanni.



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• LE FESTE DEL GREMIO La chiesa di San Giovanni, che si trova fuori dal circuito murario dell’antica città medievale di Oristano, e per questo motivo talvolta deinita di Santu Giuanni de foras, è più propriamente ricordata con il titolo di Santu Giuanni de Froris, in quanto i festeggiamenti principali che vi si svolgono, rimandano alla giornata del 24 giugno, occasione che ricorda la natività di San Giovanni Battista. Oltre alle celebrazioni religiose, il sodalizio è tenuto in tale occasione, a norma di statuto, al rinnovo delle cariche sociali. La sera del 23 giugno si aprono i festeggiamenti con il trasporto della bandiera dalla casa de s’oberaiu majori alla chiesa di Santu Giuanni de Froris. Nella stessa serata era tradizione accendere, presso la chiesa e in numerose strade della città, i fuochi in onore del santo e stringere il legame di comparatico di San Giovanni. Il 24 giugno, giorno della festa, la prima messa all’alba annuncia una giornata densa ma gioiosa che trascorrerà scandita dalla celebrazione delle messe e dai banchetti ino a tarda notte. Il 25 giugno, nella mattina, si tiene la Messa in suffragio dei soci defunti; nella serata i componenti del gremio, durante una riunione a porte chiuse che si tiene nei locali attigui alla chiesa, nominano uficialmente la nuova giunta. Finita la riunione le porte della chiesa si aprono, la bandiera viene portata fuori e tra manciate di grano e iori viene posta sul carro a buoi. I componenti del gremio prendono posto sul carrello di trattore e insieme al corteo dei cavalieri si dirigono verso la casa del nuovo oberaiu majori, a cui sarà afidata la custodia della bandiera. Giunti presso la sua abitazione, la consegna dalle mani de s’oberaiu uscente a quello entrante darà inizio al nuovo mandato di presidenza mentre tutti i convenuti festeggeranno durante un fastoso banchetto. Altro importante appuntamento nella vita del gremio è la 33


celebrazione, con la santa messa nella giornata del 29 agosto, del Martirio di San Giovanni Battista. Il 2 febbraio, festa della Candelora, segna un’altra data importante nel calendario del gremio. In quell’occasione, di primo mattino durante la santa messa vengono benedette le candele che i componenti del gremio consegneranno nella mattinata a tutti i soci, alle vedove dei soci defunti e ai collaboratori del gremio. Tra le candele benedette, spiccano per la loro bellezza e per gli eleganti nastri rossi, le candele che verranno consegnate a su componidori e ai suoi compagni di pariglia, segnando l’investitura uficiale di coloro che guideranno l’imminente Sartiglia della domenica di carnevale. Inine il sabato più vicino al 15 maggio il gremio festeggia Sant’Isidoro agricoltore, patrono di tutti i contadini. Tra i più interessanti documenti custoditi nell’archivio del gremio igurano le numerose testimonianze dei festeggiamenti organizzati in occasione di questi importanti appuntamenti. In particolare le feste della Natività di San Giovanni Battista e di Sant’Isidoro erano segnate dalle corse di cavalli. I numerosi riferimenti ai festeggiamenti in onore di Sant’Isidoro ricordano le tradizionali corse di cavalli berberi, ovvero, verosimilmente, corse al galoppo di cavalli di razza anglo araba sarda. Mentre in occasione dei festeggiamenti in onore di San Giovanni Battista i documenti riportano le spese relative al palio di San Giovanni, disputatosi sino ai primi decenni del Novecento. Raccogliendo le testimonianze di alcuni fantini che hanno partecipato a tale corsa si segnala che il tracciato di tale percorso prevedeva la partenza dei cavalieri dalla strada posta sul prolungamento dell’attuale via Ozieri, oltre il passaggio a livello, percorreva le vie Palmas Arborea, Arborea, Aristana, Gialeto, attraversava la via Cagliari verso la via Michele Pira e raggiunto il piazzale antistante la chiesa di San Martino, proseguiva verso la chiesa di San Giovanni, terminando sul sagrato della chiesa. In particolare sono registrate le spese relative all’acquisto del prezioso “panno”, ovvero del broccato, che il gremio concedeva al vincitore della corsa, dopo averlo già precedentemente portato nella Processione del Corpus Domini. Ancora oggi il gremio oltre a custodire la chiesa di Santu Giuanni de Froris e curare il suo delizioso parco e organizzare le feste suddette, sovrintende all’organizzazione della Sartiglia dell’ultima domenica di carnevale.

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Foto: Il gremio sul carro durante la silata.

Foto: Benedizione davanti alla chiesa.


Foto: Su componidori Attilio Sanna nel 1950.


Giostre e tornei nella storia

L’origine della Sartiglia di Oristano, così come quella delle numerose corse all’anello, delle quintane, delle giostre e dei tornei equestri disputatisi nel corso dei secoli in tutta Italia e in numerose località dell’area mediterranea, è da individuare nell’Europa medievale delle crociate, momento di massima espressione militare, sociale e culturale della cavalleria. A partire dall’anno Mille infatti, le grandi monarchie feudali del vecchio continente, basarono l’intera organizzazione politica, militare e sociale sul fondamentale ruolo dei cavalieri, manifestazione diretta della nobiltà feudale del tempo. Durante tutto il basso medioevo, sino alla scoperta della polvere da sparo e alle grandi innovazioni delle tecniche e delle strategie militari, nei secoli dell’affermazione delle monarchie nazionali, la igura del cavaliere ha segnato la società e la cultura del suo tempo: egli era il paladino del cristianesimo, difensore valoroso e protettore della fede, il simbolo della fedeltà, l’eroe dell’amor cortese, ampiamente cantato e documentato nella letteratura di quel tempo. Cavaliere era il nobile che poteva permettersi il cavallo e l’armatura completa per andare in battaglia al seguito del suo principe. La sua vita a corte e il continuo dovere militare lo vedevano impegnato a cavallo, sia in tempo di pace, nel controllo del territorio e nelle fasi di addestramento, sia in battaglia, durante le operazioni militari di guerra. Nobili e cavalieri, unitamente a principi e signori, partecipavano alle giostre e ai tornei equestri che, diffusisi nel medioevo in tutta Europa ma non solo, venivano organizzati per celebrare importanti avvenimenti. Protagonisti della storia di quei secoli, partecipavano alle solenni celebrazioni che venivano organizzate per festeggiare eventi militari come vittorie di battaglie o stipula di trattati di pace, o per celebrare nascite di principi, consacrazioni di vescovi o cardinali, matrimoni ed incoro37


nazioni reali. Giostre e tornei erano momenti di festa, offerta come spettacolo, dove i partecipanti mettevano in mostra le proprie doti equestri, considerando che tutti, sin da giovani, erano istruiti nell’arte della cavalleria e che sistematicamente, erano dediti alle prove di addestramento e di preparazione, che avvenivano attraverso l’insegnamento e la pratica degli esercizi di coordinazione oculo-manuale nel tentativo di cogliere o colpire un bersaglio, a piedi, ma soprattutto di corsa a cavallo. Sia nelle prove quotidiane, sia nelle occasioni delle giostre appositamente organizzate, venivano quindi inscenati degli scontri, delle battaglie simulate o meglio, “rituali”. Nei due verbi latini juxtare, avvicinare o accostarsi, e torneare, girare intorno, possiamo individuare l’origine e le differenze di signiicato, dei termini giostra e torneo. La prima indica in particolare le corse “all’incontro” dove due cavalieri, avvicinandosi l’un l’altro di corsa, si scontrano nel tentativo di colpirsi e quindi disarcionarsi, o impegnati nel cogliere o colpire un oggetto; diversamente, i tornei, prevedevano la partecipazione di gruppi di cavalieri, talvolta in formazione di squadriglie, che davano vita, attraverso composizioni coreograiche, a simulazioni di battaglie. Entrambe le due espressioni dell’arte dell’andare a cavallo, che mostrano aspetti sia di competizione agonistica sia di occasione di spettacolo, presentano caratteristiche comuni: la scelta di un campo dove svolgere l’esibizione, la preparazione degli arredi e dell’apparato scenograico necessari allo svolgimento della gara, la deinizione di regole speciiche valevoli per ciascun determinato incontro, compresa la regolamentazione delle caratteristiche dell’abbigliamento che ogni partecipante doveva rispettare, la nomina di un “maestro di campo” che facesse rispettare tutte le regole e la distinzione, dei partecipanti alla giostra, tra sidanti o mantenitori e accettanti la sida o venturieri. Le giostre potevano essere di vario genere: all’incontro, all’anello, al Saracino o al Moro e alla quintana e prevedevano scontri diretti tra cavalieri o tentativi, da parte di essi, di cogliere o colpire bersagli, muniti di spade, stocchi, asce, mazze, pugnali. La giornata di spettacolo della gara equestre era generalmente anticipata dalla comunicazione dell’evento che, proclamato con la lettura di un bando da un araldo per conto di chi lanciava la sida, fungeva da invito rivolto sia ai possibili sidanti, sia al pubblico che accorreva sempre numeroso. Nel villaggio scelto per l’organizzazione della corsa e presso le comunità dei centri abitati limitroi, un banditore, a cavallo, rendeva pubblica la sida. Re e principi in prima persona, tal38


Foto: Il corteo della Sartiglia nel 1936.

Foto: Su componidori Fulvio Murtas nel 1940.


volta i loro cavalieri, si offrivano, in questo caso simbolicamente, a combattere per la bellezza e la virtù di una dama o per la gloria del proprio casato. I partecipanti, come già accennato, si dividevano in mantenitori, ovvero i cavalieri che guidavano e comandavano la giostra o il torneo, e i venturieri, ovvero gli uomini a cavallo che, raccogliendo la sida, si opponevano a colui che l’aveva lanciata. Il teatro della corsa era generalmente la piazza principale della città, ovvero di fronte al palazzo dell’autorità cittadina o più raramente, in un grande cortile. Ogni partecipante alla corsa si presentava all’evento con il suo seguito di cavalieri e scudieri. I giostratori e i loro accompagnatori si distinguevano da tutti gli altri partecipanti mettendo in evidenza i colori e gli stemmi della casata che rappresentavano, ben in mostra nei cimieri e negli scudi. Tali eventi erano occasioni per ostentare non solo le abilità equestri ma anche l’agiatezza dei nobili partecipanti, espressa nella ricchezza delle corazze dei cavalieri nonché nei broccati e nelle stoffe pregiate e ricamate dei loro preziosi mantelli e delle gualdrappe dei cavalli. Nelle giostre e nei tornei risultano pertanto fondamentali: il cavaliere, il cavallo, l’arma e il bersaglio da colpire nella corsa. La giostra, come dimostra l’origine della sua etimologia, è costituita dalla “corsa di avvicinamento” del cavaliere contro il bersaglio, sia esso un altro cavaliere o un oggetto, elemento questo, che deinirà la giostra in particolare dandone il nome. Si deiniscono giostre che si corrono a singolar tenzone, quelle che vedono protagonisti due cavalieri che si scontrano tra di loro, talvolta ripetutamente, con l’utilizzo di armi diverse. Gli strumenti di queste corse possono essere lance, aste, spade e scuri, talvolta utilizzate sino all’eliminazione isica del diretto concorrente. Quando lo scontro avviene tra due cavalieri, la corsa prende il nome di giostra all’incontro. Il suo svolgimento è deinito alla barriera, quando il campo di gara prevede la presenza di una lizza o barriera di legno che separa i due contendenti, impedendo di fatto ad entrambi i cavalieri di colpire i rispettivi cavalli. Diversamente, la giostra si svolge in campo aperto, allorquando i due contendenti si affrontano l’uno di fronte all’altro, senza alcuno sbarramento o paramento divisorio tra di loro. Largamente diffusa in tutta Europa fu la giostra all’anello, addestramento e divertimento equestre che vede il cavaliere impegnato nell’inilare a gran galoppo con la lancia un anello sospeso a mezz’aria. Anche la Sartiglia di Oristano è riconducibile alle corse all’anello, in questo caso sostituito da una stella, così come avviene anche nella giostra di Bagno a Ripoli. Altra giostra particolarmente spettacolare e diffusa era la 40


Foto: Su componidori Antonio Pulixi nel 1935.

Foto: Il corteo della Sartiglia nel 1952.


corsa contro la quintana, un bersaglio mobile o parzialmente mobile, di svariata forma, spesso a forma di un animale o di un mostro, dotato di un braccio o di una sporgenza. Il cavaliere doveva colpire il centro del bersaglio, diversamente, quest’ultimo ruotando velocemente su se stesso, con la sua sporgenza, rischiava di colpire, anche con violenza, lo stesso cavaliere. Tali prove di addestramento e di abilità dei cavalieri risultavano particolarmente importanti nel tempo delle crociate, nel momento e nei luoghi in cui i cavalieri erano impegnati nella difesa dei luoghi santi. Tali contesti militari e culturali si ripropongono nelle stesse prove di allenamento ed esercizio dei cavalieri come dimostrano le quintane realizzate a immagine e somiglianza di soldati turchi, cavalieri musulmani vestiti e dipinti con fogge tipicamente orientali, che rivivono ancora oggi nel nome e nelle caratteristiche di quintane e bersagli come quello della giostra al Saracino di Arezzo. Comune denominatore sia dei tornei che delle giostre, nella variante all’incontro e in quella contro un bersaglio, è il cavallo e la corsa, intesa come l’assalto contro l’oggetto da colpire, nella quale il cavaliere, progredendo con impeto, nel correre armato, “s’aggiusta”, come riferisce il seicentesco Compendio dell’heroica arte di Cavalleria del Massari. Anche Dante Alighieri nella cantica dell’Inferno fa un interessante passaggio riferendosi alle corse: Corridor vidi per la terra vostra, o Aretini, e vidi gir gualdane, fedir torneamenti e correr giostra, quando con trombe e quando con campane. Strumenti di gara, armature e cerimoniali delle corse, dal XII al XVII secolo, subiscono una lenta ma inarrestabile evoluzione passando dalla totale corrispondenza con l’arte della guerra ad espressione puramente simbolica e rituale il cui carattere non cruento, a partire dal Cinquecento, ne esalta i contenuti spettacolari. Gia dal Duecento, durante numerose giostre, le regole prevedono l’utilizzo di armi “cortesi”, con spade e lance spuntate e con le punte fasciate, talvolta ricoperte di appositi supporti. Nell’ambito della cavalleria, altre importanti novità si registrano a partire dal XIV secolo, nel momento in cui i cavalieri delle grandi compagnie di ventura, ed in particolare quelle dei mercenari, sia di area europea, sia provenienti dalle regioni del nord Europa e delle regioni balcaniche, introdussero nuovi modi di giostrare e nuovi tipi di armi ed armature. In particolare si osservano accorgimenti relativi alla tecnica e allo stile nell’arte della guerra, utilizzati sino alla scoperta dell’arma da fuoco nel XV secolo, sia con l’introduzione di nuovi accorgimenti nell’armamento difensivo, volto alla salvaguardia della zona toracico-dorsale, e l’aggiunta nel cimiero di elementi deiniti archeologico-antichizzanti, veri richiami 42


desunti dall’armamento greco-romano. Proprio questo nuovo stile, detto “all’antica”, che comporterà soluzioni funzionali ed estetiche di alto effetto spettacolare, secondo alcuni studiosi, potrebbe rimandare alle armature ed alle esercitazioni dei soldati romani impegnati negli Ippica Gimnasia, esercitazioni che si svolgevano nei campi dove i reparti di cavalleria si addestravano alle loro manovre, dando vita a una sorta di rappresentazione spettacolare, eseguita davanti alle truppe, dimostrando grandi abilità nell’effettuare tali manovre. Gruppi di cavalieri, si alternavano avvicinandosi al nemico lanciando giavellotti di legno contro gli scudi degli avversari, per poi ripiegare e riproporsi nuovamente al lancio. I cavalli, riccamente bardati, erano protetti sul muso da maschere di cuoio e metallo mentre i cavalieri indossavano corazze di maglia di ferro ed elmi sormontati da vistose penne gialle. Uno degli aspetti più caratteristici di questi reparti era l’adozione di maschere facciali di metallo rafiguranti un viso. Alcuni studiosi, recentemente, hanno individuato proprio nell’utilizzo di queste maschere, un elemento interessante riferibile all’utilizzo delle maschere attestato nelle giostre trecentesche spagnole, e più in generale, gli stessi cerimoniali rituali e le coreograie di guerra sviluppate dalla cavalleria romana negli Ippica Gimnasia, potrebbero rappresentare l’origine delle giostre e dei tornei medievali. Con il passare dei secoli, proprio la fastosità e lo sfarzo rappresentati dalla bellezza dei costumi dei cavalieri nelle giostre e nei tornei del XIV e del XV secolo, unitamente alla spettacolarità della corsa che radunava numerosissimi spettatori, rappresenterà un elemento fondamentale verso la deinitiva “teatralizzazione” di tali eventi, questo perché, col variare del contesto politico, economico e sociale, mutarono anche le espressioni e le manifestazioni della società e con queste anche le forme di divertimento quali erano le giostre e i tornei. Infatti, a partire dalla prima metà del Cinquecento, furono sempre più numerosi i tornei detti “a soggetto”, ovvero disputati con un tema, dove gli scontri venivano esclusivamente simulati dando vita a dei veri e propri spettacoli con tanto di coreograie, al ine di esaltare il Principe o il Signore della città, di fronte alla sua comunità che assiste con grande partecipazione a questi spettacoli. Tali spettacoli, conservando l’esercizio della carica a cavallo contro un bersaglio, registrano, proprio nelle caratteristiche di quest’ultimo, una varietà fantasiosa di oggetti, e se le più antiche forme di esercizio a cavallo erano appannaggio dei ceti sociali più elevati, nobili e cavalieri, col passare dei secoli, oltre al mutare delle forme dei bersagli, si osserva anche la partecipazione alle corse dei nuovi ceti sociali, borghesi e 43



Foto: Il corteo della Sartiglia nel 1948.


talvolta popolani. Tali giostre, corse con aste, bastoni e armi di vario genere, vedevano i partecipanti, a piedi, con asini e con cavalli, scagliarsi contro secchi, pentole e recipienti di varia forma e materiale, che, sospesi a una certa altezza dal terreno, riversavano acqua o altri liquidi di cui erano pieni, su coloro che riuscivano a romperli. Anche in Sardegna tali corse, unitamente ai palii, le corse piane al galoppo, sono documentate, in particolare nel XVIII e XIX secolo, con edizioni giunte sino ai nostri giorni. Presso alcune città, e in numerose comunità dell’interno dell’isola, le feste e le celebrazioni dei santi patroni sono segnate dalle corse dei cavalli. Sono inoltre numerose, oltre alla Sartiglia di Oristano, le corse equestri che si svolgono in occasione del carnevale o della domenica successiva, detta della pentolaccia, termine che rimanda all’uso di una pentola di terra cotta o terra cruda, spesso piena di cenere, utilizzata come bersaglio dai cavalieri armati di bastone. In Sardegna, così come nel resto d’Italia e d’Europa, è documentata, come dimostrano testimonianze ottocentesche, l’usanza di giostrare contro gli animali. Galline, gatti e oche erano i bersagli di queste corse popolane, che si protraevano ino all’uccisione dell’animale, animali che, come avviene ancora oggi presso alcune manifestazioni che si svolgono in alcune comunità sarde, sono sostituiti da fantocci di pezza. Così come per le giostre, anche per quel che riguarda i tornei, gli incontri nel corso dei secoli, videro la partecipazione di esponenti di classi sociali non nobiliari come popolani, studenti, borghesi e soldati, impegnati nelle esibizioni di inti combattimenti e battaglie simulate, con coreograie che prevedevano l’assedio e la conquista di una città, o l’assalto e il saccheggio di castelli che venivano appositamente realizzati in una elegante e sontuosa scenograia. Giostre e tornei, nel passaggio dall’età medievale a quella moderna, perdendo pertanto progressivamente i caratteri violenti, assumevano quindi la forma di intrattenimento e di spettacolo e le stesse “giostre all’incontro” assumevano sempre di più forme di divertimento per un pubblico convocato in occasioni speciali. Fu così che si persero inesorabilmente i caratteri militari ed agonistici di tali eventi sia per l’evoluzione delle strategie militari, con l’ammodernamento delle armi, sia per il rinnovato contesto sociale di riferimento. Infatti, la cavalleria feudale medievale aveva lasciato il ruolo egemone nella società in favore dei nuovi ceti borghesi e artigiani, riuniti nelle corporazioni e nelle arti che nell’Italia dei Comuni e delle Signorie ricopriranno ruoli di primo piano in ambito politico economico e sociale. 46


Foto: Su componidori Nino Serra nel 1951.


Foto: La pariglia de su componidori nel 1951.


In questo modo, giostre e tornei, da incontri pericolosi e violenti, divennero veri e propri riti sociali, spettacoli volti a consolidare nella posizione egemone le gerarchie politiche dell’epoca. Sarà proprio nell’Italia dell’età umanistica e rinascimentale che le feste equestri conosceranno una stagione d’oro per il loro iorire presso numerose corti e ancora, proprio durante il Rinascimento, nel momento in cui la produzione letteraria in generale e la trattatistica in particolare investe tutti i campi, dall’arte, alla ilosoia naturale, alla geometria, non farà eccezione l’ambito della cavalleria, e degli appuntamenti giostreschi, che così come tutte le altre articolate e pompose feste rinascimentali, subiranno una nuova regolamentazione. Fu proprio in quei secoli che si sentì l’esigenza di codiicare norme e regolamenti che, sino a quel tempo, per tutto il medioevo, furono solamente oggetto di un codice comportamentale d’onore tramandato oralmente, e per questo non completamente deinito, anche se da secoli oggetto di narrazione e descrizione sottoforma di eventi militari e cortesi come quelli descritti nella chansons de geste. In questo contesto, tra XV e XVI secolo, questi appuntamenti giostreschi, così come tutte le altre feste rinascimentali, subiscono una dettagliata regolamentazione. Anche la Chiesa ebbe un ruolo importante nella storia delle giostre e dei tornei. Il Concilio Lateranense II, nel 1139, aveva duramente messo al bando le giostre e i tornei negando addirittura il diritto alla sepoltura nei luoghi consacrati a chi fosse caduto durante uno di questi scontri. Quella non fu certo l’unica occasione in cui la Chiesa si espresse negativamente su questi eventi giacché le gerarchie ecclesiastiche desideravano convogliare le energie e gli sforzi militari dei cristiani, non certo nelle lotte di questi tra di loro, bensì, la cavalleria europea, avrebbe dovuto potenziare nelle crociate e negli sforzi militari in genere, la lotta contro gli infedeli. Nonostante la condanna della Chiesa, giostre e tornei continuarono a segnare i momenti di festa e di divertimento, anche se a causa dell’avversione di quest’ultima, col tempo, vennero ridimensionate. Occorre inine ricordare che nel XVI secolo, tali spettacoli, erano ormai largamente diffusi come occasioni di divertimento, anche presso la corte papale e numerose altre corti di autorità ecclesiastiche. Con l’attenuarsi della valenza competitiva e aggressiva, giostre e tornei assunsero quindi un carattere puramente spettacolare, rappresentando nelle feste uno dei numerosi intrattenimenti insieme a spettacoli più o meno complessi quali i banchetti di corte, brevi combattimenti o assalti a castelli, che potevano costituire divertenti diversivi. Nella seconda metà del Cinquecento si veriicarono alcuni 49


eventi che segnarono il futuro delle giostre e dei tornei nelle epoche successive. Come accennato, già nei secoli precedenti, il combattimento a oltranza, fu duramente condannato dalla Chiesa, ma nel 1559, con la morte del re di Francia Enrico II di Valois, giostre e tornei furono deinitivamente ridimensionati. Per celebrare degnamente la pace di Cateau Cambresis, stipulata tra Enrico II di Francia e Filippo II re di Spagna, siglata dopo decenni di guerre tra le due corone, il primo luglio dello stesso anno, il re di Francia organizza a Parigi una giostra all’incontro. Enrico di Valois partecipa in prima persona all’evento e durante lo scontro con Gabriel de Lorges duca di Montgommery, viene colpito mortalmente ad un occhio, ferita che dopo 10 giorni di agonia gli causò la morte. L’evento provocò immediata reazione in tutta Europa tanto che, a partire da quel momento, giostre e tornei, furono disputati quasi esclusivamente con semplice valenza dimostrativa di spettacolo e di intrattenimento. La regina Caterina de’ Medici, diede mandato di cattura del duca che, dopo poco tempo fu arrestato e decapitato, dando inoltre forza ed esecutività a tutti i decreti ed i provvedimenti che nel corso degli anni erano stati emanati contro tali appuntamenti di gioco violenti. La morte del re di Francia risollevò il problema dei giochi armati offrendo lo spunto a numerose opere letterarie, come dimostrano le cronache e l’ingente documentazione sull’avvenimento, ribadendo per il futuro il carattere “cortese” di simili spettacoli destinandoli a mere rappresentazioni. Dopo soli due anni, nel 1561, un ulteriore evento contribuì a segnare il deinitivo cambiamento nella storia delle feste cavalleresche: a Ferrara fu messo in scena un torneo con un tema deinito, organizzato in occasione dei festeggiamenti indetti per l’elezione a cardinale di Luigi d’Este. Il torneo, dal titolo “il Castello di Gorgoferusa” fu un vero e proprio spettacolo, con tanto di scenograia e relativo apparato. Il canovaccio dell’intera rappresentazione, prevedeva un’introduzione recitata, un combattimento il cui vincitore si conosceva sin dall’inizio dello scontro e la presenza di comparse e di cavalieri su carri che richiamavano per lo sfarzo i trioni rinascimentali: si trattava di una vera e propria teatralizzazione con tanto di palcoscenico e cambio di scene. Tale complessa rappresentazione ebbe un grande successo e lo scontro armato era solamente una delle esibizioni. A partire da quell’evento, non solo a Ferrara ma a Firenze, Venezia, Roma e in numerose corti italiane si diffusero largamente tali forme di spettacolo. Iniziava così la vera e propria teatralizzazione scenica delle feste cavalleresche nelle corti dell’Italia e dell’Europa del Seicento. Lo spettacolo inscenato con il Castello di Gorgoferusa, rap50


presentato a Ferrara nel 1561, dimostrò come la cessazione della dimensione conlittuale che aveva caratterizzato gli scontri armati per tutto il Cinquecento, poteva dare vita ad una nuova ed interessante forma di spettacolo, non più “combattuto”, ma “rappresentato”, diventando parte integrante della inzione teatrale, spesso ispirata a un particolare soggetto allegorico o mitologico privo di scontri violenti veri ma solo simulati. Ancora una volta la fastosità, l’ingegno delle macchine di scena, i sontuosi costumi, le squadriglie di cavalli inemente bardati e i temi rappresentati, celebravano, in queste feste cavalleresche barocche, le famiglie nobili e principesche. I temi rappresentati e gli oggetti scelti per celebrare gli illustri esponenti di queste famiglie, erano tratti da episodi o vicende legate ai personaggi dell’epica o agli eroi della mitologia antica. Marte, Venere, Ercole erano spesso rappresentati in queste feste unitamente alle personiicazioni dei pianeti, né mancavano allestimenti di imponenti carri allegorici e vere e proprie mascherate. Dal tema scelto per lo spettacolo equestre ne scaturivano, allestimenti delle scene, coreograie, ruolo e costumi dei personaggi e la preparazione di carri allegorici utilizzati per introdurre in scena protagonisti e comparse. Gli attori, nei loro interventi, avevano il ruolo di presentare l’argomento e il tema del torneo, cantando delle composizioni in versi appositamente create. Musiche, canti, componimenti poetici e scenograie determinarono il nuovo modo di fare spettacolo, partendo da elementi cavallereschi come le giostre e i tornei, ormai del tutto privati delle valenze agonistiche e militari, per dar vita ad una nuova e variegata festa tipica dell’età barocca, diffusasi ben presto in tutte le corti europee. Dalla ricca messe di notizie, di resoconti e di cronache, sicuramente, tra tutte le corti europee, nella città di Firenze si registra il numero più elevato di tali spettacoli equestri. Contemporaneamente, giostre e tornei, realizzati nelle piazze delle comunità e delle città dell’Italia e dell’Europa del Cinquecento e del Seicento, continuarono ad essere organizzate, nelle formule “cortesi”, ovvero con armi spuntate e volte solo ad evidenziare le abilità dei singoli cavalieri, prevalentemente in occasione della celebrazione delle feste dei santi patroni. Proprio in occasione di tali festeggiamenti religiosi, le corse al galoppo come i palii, le giostre all’anello e le quintane, continuarono a perpetuarsi per alcuni secoli. Presso numerose città, per diversi motivi, nel corso del tempo, si interruppe tale tradizione, per poi essere ripresa in età contemporanea, segnando nuovamente le celebrazioni del santo patrono o corse in concomitanza del carnevale. Tra le più celebri possiamo annoverare la corsa della Quintana di Ascoli Piceno. La corsa, che si svolge la prima 51



Foto: Il corteo della Sartiglia nel 1958.


domenica di agosto in occasione della festa di Sant’Emidio, patrono e primo vescovo della città marchigiana, da qualche tempo celebra anche una edizione della Quintana in notturna il secondo sabato di luglio. Questa manifestazione si rinnova ogni anno, dal 1955 dopo un lungo periodo di sospensione. I più antichi riferimenti alla corsa risalgono agli Statuti Ascolani riferibili al 1377, tradotti in volgare nel 1496, che testimoniano la consolidata abitudine di svolgimento di questo torneo nella giornata del 5 agosto, in cui si tenevano i festeggiamenti in onore di Sant’Emidio. Anche la corsa della Quintana di Foligno, dopo una lunga interruzione, solo di recente ha avuto una nuova riedizione. Nel 1946 la locale Società di Mutuo Soccorso fra operai, agricoltori ed altri cittadini, intendeva celebrare in modo opportuno, tale da lasciare un ricordo perenne, l’85° anniversario della sua fondazione. Tra le diverse ipotesi per i festeggiamenti, fu accettata la proposta della ripresa dell’antica competizione equestre in costume d’epoca: la corsa alla Quintana effettuata in Foligno il 10 Febbraio del 1613 in occasione del Carnevale, descritta da un documento, in ogni particolare dal cancelliere di quel tempo. Per quel che concerne la corsa al Saracino di Arezzo, la prima edizione dei nostri giorni si svolse il 7 agosto del 1931, data in cui ricorre la festa del Patrono d’Arezzo San Donato. Secondo la tradizione, la rievocazione storica fu riportata in vita a seguito del ritrovamento nella biblioteca civica di un prezioso documento. Si hanno notizie di giostre ad burattum per tutto il XVI secolo, durante la venuta di famosi personaggi in città o per importanti ricorrenze, come la manifestazione del 1535 dedicata a San Donato. Documentata inoltre quella del 1648 e quella del 1677 in onore di San Niccolò. In epoca più recente l’evento fu organizzato anche in occasione delle celebrazioni petrarchesche del 1904. La Sartiglia di Oristano, a differenza di questi eventi, ascrivibili tra le rievocazioni storiche, vanta una storia ed una lunga tradizione che, a memoria d’uomo, non conosce interruzione. La mancanza dell’atto di nascita della Sartiglia, ci impedisce attualmente di conoscere il primo atto della corsa disputata in città, ma la messe di documenti custoditi presso l’Archivio Storico del Comune di Oristano e la documentazione custodita presso l’Archivio del Gremio dei Contadini, dimostrano come, a partire dal XVI secolo sino ai nostri giorni, la Sartiglia ha segnato continuativamente i momenti di festa e, successivamente, il carnevale, nella nostra città.

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Foto: Corsa delle Pariglie nella via Aristana - Anni ‘50.

Foto: Su componidori e il gremio dei contadini alla Cavalcata Sarda a Sassari nel 1955.


Foto: La pariglia de su componidori Antonio Caddeo nel 1957.


La Sartiglia nel XVI e XVII sec.

• I PRIMI DOCUMENTI La mancanza di testimonianze dirette, attualmente, impedisce di documentare lo svolgimento di giostre e tornei nella città di Oristano nell’età giudicale, ma la presenza di interessanti indizi offre alla comunità degli studiosi la possibilità di supporre che già nell’età di Mariano IV e di Eleonora d’Arborea, non mancassero tali appuntamenti di addestramento militare e di spettacolo. Importanti elementi che potrebbero confermare questa ipotesi sono dati dal fatto che l’educazione ricevuta nelle corti barcellonesi dai giudici arborensi contemplava, sicuramente, l’esercizio delle armi a cavallo, pratica diffusa presso tutte le corti dei sovrani e dei nobili dell’Italia e dell’Europa del tempo con cui i nostri sovrani medievali avevano continui rapporti. Inoltre, l’importante ruolo militare svolto dalla cavalleria in età medievale nel vecchio continente, e quindi anche presso l’esercito arborense, prevedeva sistematiche esercitazioni a cavallo con addestramenti oculo-manuali per i cavalieri che, a gran galoppo, simulando gli scontri, cercavano di colpire quintane e inilare anelli, in preparazione degli eventi bellici. Inine, a corroborare tale ipotesi, è giunta di recente l’attestazione fornita da un prezioso documento che enumerando le suppellettili e i corredi che nella prima metà del Trecento i sovrani arborensi Mariano IV e Timbora di Roccabertì portarono con loro nel trasferimento da Barcellona in Oristano, elenca anche elmi e lance per tornei. Nel 1988 la ricercatrice Maria Grazia Mele, pubblicò uno studio relativo ad un’iscrizione rinvenuta nel territorio di Allai. Tale documento epigraico offriva una singolare testimonianza di una saradilia corsa nel 1310, o forse 1410, guidata da Guantinu de Ru componidore maiore. Purtroppo, la scomparsa dell’iscrizione, ha impedito ulteriori analisi e studi di quella che sarebbe potuta essere la più antica attestazione della giostra in area arborense. 57


Un interessante riferimento documentario delle giostre e dei tornei in Europa nel XV secolo, attesta che Antonio, iglio di Leonardo Cubello, Marchese di Oristano, si dilettava nelle arti cavalleresche. In particolare, è nota la sua partecipazione in un torneo a Barcellona nel 1424, presso la corte del Re Alfonso IV. Altre indicazioni circa la storia della Sartiglia di Oristano sono offerte da alcune fonti indirette che daterebbero l’origine della corsa all’anno 1543. A tale datazione si risalirebbe, secondo uno studio di Raimondo Zucca e Maura Falchi, dall’analisi di uno scritto di un anonimo autore ottocentesco, rinvenuto tra i documenti di Giovanni Spano, conservato presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari. L’opera anonima, a cui faremo riferimento successivamente, postillata in alcune pagine dallo stesso canonico sassarese, offre una serie di informazioni sulla giostra oristanese e la sua storia. Dalla comparazione e l’analisi di elementi forniti da queste carte, di notizie storiche relative a igure di prelati oristanesi della metà del Cinquecento, nonché di informazioni tramandate dalla tradizione orale, gli studiosi oristanesi avanzano l’ipotesi che un tale Canonico Giovanni Dessì, esponente di una famiglia patrizia cittadina del XVI secolo, avrebbe donato al gremio dei contadini un fondo i cui proventi avrebbero garantito nel tempo le coperture delle spese della corsa che si sarebbe dovuta svolgere, anche in condizioni climatiche sfavorevoli ed in occasione di calamità, pena la perdita dei diritti su quel fondo da parte del gremio. Pur mancando una precisa documentazione in merito, tale tradizione giunge oralmente sino ai nostri giorni e riconosce in un terreno, ancora di proprietà del gremio dei contadini, detto su cungiau de sa lassa o su cungiau de sa sattillia, il fondo destinato anticamente all’organizzazione della giostra. Recenti studi sulla storia della Sartiglia, avviati da alcuni archivisti e paleograi, hanno fatto registrare in questi ultimi dieci anni importanti novità sulle origini della giostra oristanese. In particolare, a fare luce sulle più antiche attestazioni della giostra oristanese e quindi circa le ipotesi sulla sua origine, sono stati i preziosi documenti rinvenuti presso l’Archivio Storico del Comune di Oristano. Questo eccezionale scrigno di memorie, oltre a custodire alcuni documenti medievali, documenta dettagliatamente la storia della città di Oristano a partire dal 1479. In quello stesso anno, con la ine del Marchesato di Oristano, in seguito alla sconitta di Macomer del Marchese di Oristano Leonardo Alagon contro le truppe del viceré Niccolò Carroz, il sovrano spagnolo Ferdinando il Cattolico, inglobò nel patrimonio regio tutti i territori marchionali, elevando l’antico capoluogo arborense al rango di Città Regia. 58


I numerosi privilegi concessi nel corso degli anni alla Città di Oristano dai sovrani spagnoli, sono raccolti nel Llibre de Regiment, custodito ancora oggi presso l’Archivio Storico Comunale. Al ine di garantire il buon governo della città, così come era già per le città di Cagliari, Sassari, Alghero, Iglesias, Bosa e Castelsardo, il sovrano dettò quindi le norme per l’elezione di un Podestà di nomina regia e di cinque Consiglieri, eletti secondo il sistema dell’insaccolazione, le cui prerogative e attribuzioni sono descritti nel testo del privilegio. Oristano Città Regia rappresenta il contesto storico-culturale di riferimento della più antica attestazione diretta della Sartiglia. Si tratta di un preciso rimando alla Sartiglia, corsa nell’anno 1547, tratto da un registro di consiglieria, uno dei numerosi registri di verbali custoditi presso l’Archivio Storico Comunale, nei quali venivano registrate le delibere e le spese disposte dal Consiglio Civico. Nel rinvenimento archivistico di Ilaria Urgu, si registra la spesa effettuata dalle casse della Città, per la fornitura di un drappo di tessuto nero da utilizzarsi per la Sortilla organizzata per festeggiare l’imperatore. Si tratta dell’imperatore Carlo V, nipote di Ferdinando il Cattolico, che con il nome di Carlo I diviene re di Spagna e quindi di Sardegna, personaggio illustre che ha segnato la storia europea nel dificile momento della rottura dell’unità cristiana in seguito al diffondersi del protestantesimo nell’area continentale, continuamente impegnato inoltre nella lotta contro il pericolo barbaresco nel Mediterraneo. Oltre a questo prezioso documento, grazie alla ricerca di numerosi studiosi, si conoscono diverse altre attestazioni della corsa relative al XVI e al XVII secolo, tutte provenienti dai registri di consiglieria. Gli elementi comuni offerti da tutti questi documenti che attestano lo svolgimento della giostra in città, sono dati dal fatto che in tutte le edizioni di Sartiglia citate, l’occasione della giostra non è mai il carnevale bensì un evento importante come nascite di principi, matrimoni reali ed incoronazioni. È chiaro inoltre che ad organizzare l’evento è la massima istituzione civica, poiché è dalle casse della Città Regia di Oristano che si attingono i fondi per le spese dell’evento, inine, il ruolo del capo corsa, in questi documenti deinito sempre con il titolo di Mantenidor, è ricoperto da autorità e personaggi illustri come i consiglieri in capo della città. Altro elemento signiicativo è dato dal fatto che la corsa, in tutte queste attestazioni cinquecentesche e seicentesche, non si svolgeva nel percorso a noi noto della via della Cattedrale, bensì di fronte al Palazzo di Città, ovvero presso l’attuale piazza Eleonora, di fronte al palazzo che attualmente ospita l’Uficio Tecnico del Comune. La Sartiglia, nei documenti del Cinquecento e del Seicento, è 59


Foto: Su componidori Eisio Sanna nel 1958.


pertanto documentata e rappresentata come festa organizzata dall’autorità civica per allietare la comunità in occasione di un evento straordinario. Attori protagonisti di questo spettacolo sono le autorità della città mentre il resto della comunità, partecipa in qualità di spettatore. I documenti si riferiscono sempre alle spese relative ai premi destinati ai cavalieri, a quelle riferibili agli abiti del mantenidor e a quelle occorse per la realizzazione delle lance per la corsa. Dall’analisi di ulteriori documenti provenienti dall’Archivio Storico di Oristano, lo studioso oristanese Walter Tomasi, ipotizza che un’altra occasione straordinaria per organizzare una Sartiglia, possa essere stata anticamente la festa del patrono cittadino Sant’Archelao. Tale ipotesi è suffragata dal fatto che, tra le numerose spese registrate per l’organizzazione di questi solenni festeggiamenti, igurano anche quelle per i tamburini e trombettieri, le lance e un anello, tutti indizi che rimandano inequivocabilmente allo svolgimento della corsa equestre. Questa testimonianza archivistica datata nel mese di febbraio del 1616, costituisce una delle più antiche attestazioni dei festeggiamenti organizzati in città in onore del presbitero Archelao in quanto, le sue reliquie e l’iscrizione funeraria furono rinvenute nel febbraio del 1615 nella cripta della chiesa di San Lussorio di Fordongianus, e successivamente traslate in città. Tomasi avanza inoltre la teoria secondo la quale l’edizione della giostra svoltasi nel mese di febbraio e, probabilmente, per quell’occasione, di fronte alla Cattedrale di Santa Maria, avrebbe potuto costituire un precedente illustre per poter poi, successivamente, istituzionalizzare la corsa in quel periodo e in quello stesso scenario. Nel tempo, la corsa avrebbe cessato di celebrare eventi religiosi andando quindi a segnare i festeggiamenti profani del carnevale. Se fosse confermata tale congettura, la storia della Sartiglia di Oristano seguirebbe le sorti di altre importanti giostre, in particolare la corsa della quintana di Foligno che, dopo aver contrassegnato, a partire dal gennaio del 1478, i festeggiamenti del patrono San Feliciano, successivamente, per volontà dell’Amministrazione Civica cittadina, andò per alcuni secoli a caratterizzare i festeggiamenti del carnevale folignate, sino all’interruzione avvenuta nel XVII secolo. Al 1615 risale un’ulteriore e preziosa testimonianza della Sartiglia organizzata nella città di Iglesias. Anche in quella circostanza, l’occasione della festa era rappresentata da un evento di natura religiosa: il trasferimento, nel capoluogo iglesiente, delle spoglie del martire sulcitano Antioco, rinvenute nella cripta della chiesa di Sant’Antioco, nell’omonima città. Anche in quell’avvenimento, oltre alle solenni cerimonie re61


ligiose, i cittadini poterono assistere a spettacoli pirotecnici, mascherate e, fra le diverse esibizioni equestri, anche a el joch de la Sortilla. Così come nei documenti relativi a festeggiamenti organizzati presso altre città sarde, anche nel documento iglesiente igurano le macchine sceniche tipiche delle teatralizzazioni di piazza dell’età barocca, con le rappresentazioni di carri trionfali e la presenza di personiicazioni di divinità dell’olimpo greco e romano. Per quel che riguarda la corsa della Sartiglia, ancora una volta sono presenti tamburini e trombettieri e numerosi venturieri che, armati di lancia tentano di cogliere la sortilla, sidando il mantenitore, ruolo ricoperto per l’occasione dal nobile capitano Don Noffre Rams. Grazie alla notizia fornitaci dall’archivista paleografo Sebastiano Fenu, da tempo impegnato nello studio dei gremi sardi e delle diverse manifestazioni delle loro attività, segnaliamo la curiosa presenza di una sortilla in un documento del 1612-1615 che elenca i gioielli donati dalla Marchesa di Quirra all’Arcivescovo Arborense. Tra las joyas de oro, igura una sortilla de perles y granates engaçada en oro. Dificile immaginare le dimensioni di questo “anello” di perle che potrebbe avere la dimensione di un anello da dito, o forse di un bracciale, o forse ancora di una coroncina. Certo è che sia la traduzione del termine catalano sortilla, sia la manifestazione più classica delle esibizioni a cavallo nella forma delle giostre, rimandano alla corsa all’anello. I numerosi documenti cinquecenteschi e seicenteschi che testimoniano la giostra oristanese, si riferiscono sempre all’organizzazione della sortilla, senza speciicare se il bersaglio colto dai cavalieri fosse un anello o una stella, come invece speciicato nelle testimonianze del XVIII secolo. Inine, la messe di documentazione sino a questo momento rinvenuta, induce a considerare la Sartiglia nella città di Oristano una manifestazione non certo estemporanea, ma “programmata” per qualsiasi occasione uficiale dalle Istituzioni Civiche e per questo, in via di istituzionalizzazione, già dal XVII secolo.

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foto: La vestizione de su componidori Luigino Fiori nel 1955.

foto: Su componidori Luigino Fiori riverso sul cavallo nel 1955.



Foto: Cavalieri con costumi messicani anni ‘50.


Foto: La vestizione de su componidori Giuseppino Sanna nel 1959.


La Sartiglia nel XVIII sec.

• SARTIGLIA E FESTE BAROCCHE NELLA ORISTANO DEL SETTECENTO Il rinvenimento, da parte dell’archivista paleografa Ilaria Urgu della preziosa cronaca dei festeggiamenti organizzati nell’estate del 1722 dal consiglio civico oristanese per celebrare il matrimonio di Carlo Emanuele di Savoia con la Serenissima Principessa Anna Cristina Luisa Palatina di Sultzbach, costituisce attualmente una delle fonti più importanti della storia della Sartiglia. I festeggiamenti rimandano al matrimonio del futuro Re di Sardegna, rampollo della casata dei Savoia, Principi di Piemonte, che da due anni hanno assunto il titolo di Re di Sardegna. Infatti così come stabilito precedentemente dagli accordi internazionali delle paci di Utrecht del 1713 e Rastad del 1714 ed il successivo trattato di Londra del 1718, solo dal 1720, con l’arrivo del primo viceré, il titolo di Re di Sardegna passa deinitivamente alla dinastia sabauda, regnante Vittorio Amedeo II, padre di Carlo Emanuele. Come ampiamente documentato e studiato relativamente alle edizioni di Sartiglia organizzate nel corso del XVI e del XVII secolo, ancora una volta è la massima autorità civica che organizza feste ed intrattenimenti per celebrare un evento importante, in questa circostanza, rappresentato proprio da un matrimonio reale. I festeggiamenti, programmati a circa due mesi di distanza dalla celebrazione delle nozze, si realizzarono nelle giornate di domenica 12, lunedì 13 e martedì 14 luglio dell’anno 1722. A questi presero parte direttamente da protagonisti tutti i gremi oristanesi: contadini, igoli, fabbri, sarti, calzolai, muratori e falegnami. Non è la prima volta che risulta documentata la presenza delle maestranze che con le loro apparizioni intrattengono il pubblico dei nobili e del popolo nelle diverse forme di spettacolo. La stessa Ilaria Urgu ha rinvenuto l’interessante testimonianza documentaria dei festeggiamenti organizzati 67


dall’autorità civica nel 1702, in occasione del matrimonio del re di Spagna Filippo V con la principessa Maria Luisa Gabriella di Savoia. In quella circostanza, alle mascherate e alle corse a cavallo organizzate per l’occasione, parteciparono i gremi dei falegnami, dei igoli e dei calzolai. Protagonisti dei ricchi festeggiamenti nell’estate del 1722 risultano, come anticipato, tutti i gremi oristanesi, e tutti si cimentano nelle loro rappresentazioni nella Piazza di Città. È questo, così come documentato da tutte le precedenti testimonianze di Sartiglia nel corso del XVI e XVII secolo, il teatro delle corse e delle cosiddette mascaradas. Dal Palazzo di Città, attualmente individuabile con il palazzo che ospita l’Uficio Tecnico Comunale sito nella piazza Eleonora, il Magistrato Civico e le altre autorità cittadine, assistono agli spettacoli, palazzo che per l’occasione viene riccamente addobbato con rami di alloro, arazzi ed illuminato da iaccole. Come per le altre grandi occasioni, tutto ha inizio, domenica 12 luglio, alla presenza del Magistrato Civico e dell’intero Capitolo Metropolitano, che solennemente e in processione si recano in cattedrale alle ore dodici, per il canto del Te Deum. Al termine dell’uficio religioso, il corteo delle autorità cittadine si reca nuovamente presso il Palazzo di Città per assistere ai festeggiamenti. Da quel momento, i gremi cittadini daranno vita ad un ricco programma di spettacoli cimentandosi nei seguenti intrattenimenti: il pomeriggio della domenica aprono i: “…labradores corriendo la estrella”, il lunedì pomeriggio è la volta delle “…veynte y quatro parejas de cavallos a lo turquesco, haziendo de mantenidor y cudillo adsistido de seis volantes, el majoral de los alfareros con todo gremio, y entretuvieron toda la tarde con varias carreras, tirando alcançias, al que en alternacion se defendia dellas destrestramente, con una rodella”. In tarda serata “…entrò in plaça el gremio de los herreros en curiosa mascarada de trenta parejas de a cavallo, y cada uno su volante con su thea de encendida en la mano que allumbravan la calle, y formados en media luna saludando las armas de la ciudad con un solemne y triplicado disparatorio que hizo este mascarada. Nella giornata del martedì “…el gremio de los sartres, entro la tarde en la plaza con una ingeniosa mascarada que rapresentava a los principes novios con una muy luzida comitiva de damas en sillas volantes y calesas y una compania de in fanteria y otra de cavalleria bien aderezada…”. Chiude la giornata del martedì “…imitaron los del gremio de albaniles al de los herreros de la noche antecedente con aquellas demostraciones que pudieron dar testimonio de su efecto a la real Casa…”. Il mercoledì “…a la tarde el gremio de los zapateros cumpliò con no menos demostraciones de los otros, havien68


Foto: Su componidori del 1957 tra i cavalieri nella via Sant’Antonio.

Foto: Su componidori del 1959 davanti alla casa de s’oberaiu majori.



Foto: Il corteo arriva nella via Solferino per la corsa delle pariglie nel 1962.


do salido una muy buena y ordenada mascarada de cavalleria que en compuestas parejas llegaron la plaça…”. Le celebrazioni del matrimonio reale si chiudono “el domingo siguiente el gremio de carpinteros dieron alma a estos festines con una muy artiiciosa mascarada…”. Con la partecipazione di numerosissimi iguranti e la presenza di trentaquattro pariglie si diede vita ad uno spettacolo degno delle mascherate e delle rappresentazioni teatralizzate tipiche dell’Italia rinascimentale, che, come testimoniano documenti riferibili anche ad altre città isolane, si svolgono con una certa diffusione anche nella Sardegna barocca. Sono presenti anche in questa festa oristanese, così come in numerose altre teatralizzazioni, la compagine dei iguranti che impersona la famiglia reale, uno stuolo di comparse che interpretano il ruolo di cortigiani ed inservienti, né mancano ninfe e muse, e igurano come in altre mascaradas, gli dei Apollo, Giove, Mercurio e Marte che in un palcoscenico appositamente allestito, come in un vero teatro, decantano le gesta della casa reale sabauda. Chiudono i festeggiamenti “…corriendo lanças y parejas los de la cavalleria con mucha destresa y garbo...”. Sono sicuramente numerose le rilessioni che possono essere avanzate dall’analisi di questo prezioso documento. Si tratta della più antica attestazione della corsa alla stella vera e propria, infatti, se tutti gli altri documenti noti testimoniano la sortilla, solo questo documento cita la corsa all’anello nella variante della stella. Altro elemento degno di considerazione consiste nel fatto che ad effettuare tali corse siano i “contadini”. Poiché l’organizzazione di questi festeggiamenti è curata, così come consuetudine, dall’amministrazione civica cittadina, rimane ancora da scoprire in quale momento storico la corsa alla stella verrà istituzionalizzata e da quando i gremi, in particolare il gremio dei contadini, ne deterranno l’esclusiva organizzazione. Infatti, nonostante alcune fonti indirette riferiscano di lasciti di terreni in favore del gremio intorno alla metà del XVI secolo, afinché le rendite coprissero le spese dell’organizzazione della corsa, attualmente non sappiamo se il gremio già organizzasse tale manifestazione per proprio conto, magari nel periodo del carnevale, e si cimentasse in ulteriori esibizioni, appositamente chiamato dalle istituzioni civiche, come nel caso in oggetto. E se già il citato documento del 1701 testimonia il coinvolgimento diretto dei gremi da parte dell’Autorità Civica nelle feste e nelle manifestazioni pubbliche, questa vera e propria cronaca dei festeggiamenti del matrimonio reale del 1722 registra l’intervento di tutti i gremi oristanesi. 72


Il coinvolgimento di queste confraternite di mestiere, esprime ad un tempo il ruolo sociale ed economico di tali antiche istituzioni. I numerosi documenti e gli attenti studi degli storici hanno dimostrato il ruolo strategico che tali corporazioni ricoprivano da un punto di vista economico e sociale nella comunità oristanese e sarda in particolare nel corso del XVII e XVIII secolo. In quei secoli, la vita dei lavoratori, era strettamente legata ai rigidi statuti ed ai regolamenti delle strutture gremiali, che deinivano modi e tempi di formazione dei maestri artigiani. Dal quadro che emerge dal nostro documento settecentesco, si evince che gli stessi gremianti, a cavallo e nelle numerose mascherate, partecipavano direttamente in veste di attori protagonisti. Nell’analisi del cerimoniale della festa risulta particolarmente interessante il fatto che, in queste giornate, non solo gli stessi gremianti partecipano a cavallo alle corse, ma che il ruolo di capo corsa, ancora deinito Mantenidor, è ricoperto dal majorale del gremio. Tale riferimento dimostra il solido legame che sin da quei tempi vi era tra tali manifestazioni equestri e i gremianti che in prima persona partecipavano all’evento, dove le stesse massime autorità della corporazione fungevano da capo corsa, guidando le esibizioni equestri. Questo rapporto speciale tra gremi e corse equestri, dimostrato dai due documenti dei primi anni del Settecento, nel corso dei secoli, pur mantenendosi, si è manifestato in maniera differente. Relazione che evidentemente è giunta sino ai nostri giorni e anche se non sono più gli stessi gremianti che partecipano a cavallo e che rivestono il ruolo di componidoris, il cerimoniale dell’investitura uficiale dei componidoris delle odierne edizioni di Sartiglia, nella giornata della Candelora del 2 di febbraio, potrebbe dimostrare tale antico legame. Infatti, il giorno della Candelora, da sempre ha rappresentato un momento importante per la vita dei gremi: in quella data i gremianti si recavano presso le abitazioni dei soci indigenti, delle vedove dei soci defunti e presso le abitazioni delle persone più vicine al gremio e consegnavano loro una candela benedetta come segno di un particolare rapporto. Attualmente, e non sappiamo da quando, ma sicuramente già a partire dalla ine del XIX secolo, anche l’investitura uficiale del componidori è segnata dalla consegna di una candela benedetta. Tale consuetudine potrebbe essere letta come l’assegnazione di un compito speciale al cavaliere prescelto, quello di guidare la corsa del gremio, in nome e per conto dello stesso gremio, ruolo che alcuni secoli prima era ricoperto dalla massima autorità della corporazione. Nel rituale della festa del 1722 che stiamo analizzando, particolarmente suggestivo risulta il cerimoniale seguito dai com73


Foto: Su componidori Pietrino Fiori esce dalla casa de s’oberaiu majori nel 1962.


ponenti di alcuni gremi, quando al termine della loro manifestazione, si ritirano nelle rispettive cappelle: i fabbri nella chiesa di Santa Caterina, attualmente inesistente, a ridosso della Torre di San Cristoforo, e i sarti nella chiesa del Carmine. Un elemento, comune ad altre manifestazioni equestri, documentato anche nel secolo precedente, è dato dal fatto che le feste iniziano con l’appuntamento religioso. Infatti, ciascuna delle tre giornate di festa si inizia con le solenni funzioni religiose che si tengono in cattedrale alla presenza dei canonici. Dopo il dovere religioso del canto del Te Deum, può avere quindi inizio la festa, le corse dei cavalli e le mascherate. L’eco di tale cerimoniale, è giunta sino ai nostri giorni. Infatti, la tradizione orale, documenta che il corteo dei cavalieri non poteva dare inizio alla corsa della Sartiglia prima che i canonici assolvessero al dovere religioso pomeridiano. L’incrocio delle spade e l’apertura uficiale della corsa alla stella non poteva iniziare prima di una certa ora, dopo l’uficio dei canonici. La cronaca dei festeggiamenti del 1722, per la fenomenologia degli “spettacoli” che vengono messi in scena, come accennato, inserisce appieno la città di Oristano nel clima delle teatralizzazioni, dei solenni cortei e dei divertimenti, rappresentati in Sardegna nel corso del XVII e del XVIII secolo. Sono infatti numerose le attestazioni di mascaradas, organizzate nelle principali città dell’Isola, sia per celebrare avvenimenti importanti nel corso dell’anno, sia per segnare i festeggiamenti del carnevale. È nota anche al pubblico delle principali città sarde, la grande teatralizzazione offerta nelle piazze, con l’allestimento di palcoscenici, la realizzazione di macchine che entrano in scena portando con se animali e personaggi che raccontano una storia, o ancora, con le rappresentazioni della vita di corte con la riproposizione di personaggi illustri come re e regine e il loro esercito di cortigiani. Classiche rappresentazioni in queste feste solenni sono inoltre le rafigurazioni di personaggi dell’olimpo e dell’epica greca, né mancano, come nel caso oristanese, le riproduzioni di astri e pianeti. Sono noti in particolare i festeggiamenti organizzati dall’autorità civica con il coinvolgimento dei gremi nel mese di giugno dell’anno 1716 nella Città di Cagliari in occasione della nascita del principe delle Asturie. Sono riferite le mascherate a piedi e a cavallo organizzate dai gremi dei fabbri, degli scarpai, dei carpentieri, dei muratori e degli ortolani. Nelle giornate di festa, gli stessi gremianti si cimentavano in caroselli di gruppo a cavallo e nelle giostre, in particolare corse all’anello e corse i cui bersagli erano costituiti da galli, oche e gatti. Il prezioso racconto del cronista della festa oristanese del 1722 è talmente ricco di particolari che noi riusciamo ad im75



Foto: Il gremio dei contadini durante la Sartiglia nei primi anni ‘60.


maginare lo spettacolo. Si tratta sicuramente di bellissime rappresentazioni equestri, realizzate di fronte al Palazzo di Città, per l’occasione addobbato e illuminato a festa, con le autorità che partecipano e che festeggiano, prima con il popolo, assistendo agli spettacoli, poi a palazzo intrattenendosi con i balli ed i brindisi. Lo spettacolo è sicuramente di alto livello poiché il cronista non manca di sottolineare ogni volta l’ordine e la compostezza dei cavalieri unitamente all’eleganza dei cavalli inemente decorati ed addobbati, una grande festa che per la sua magniicenza meritava di essere registrata e raccontata afinché ne rimanesse una memoria. Volgendo il nostro sguardo in particolare agli spettacoli equestri, osserviamo da subito la presenza di numerosi partecipanti, infatti si parla di veynte y quatro parejas per il gremio dei igoli, trenta parejas per il gremio dei fabbri e addirittura di trenta quattro pariglie per il gremio dei falegnami. Oltre alla già citata corsa alla stella messa in scena dal gremio dei contadini e alle diverse mascaradas rappresentate da alcuni gremi, alcune molto interessanti che potremo deinire tornei, per la coreograia realizzata dai numerosi cavalieri in gruppo, osserviamo le varias carreras, tirando alcançias, le compuestas parejas, e le prove corriendo lanças y parejas. L’uso delle lance e la presenza di bersagli come le alcançias, sorta di contenitori di terra cruda o cotta che venivano appesi e che dovevano essere colpiti, così come ancora oggi avviene presso alcuni paesi con la corsa della pentolaccia, si presentano con le caratteristiche delle giostre. Le corse a parejas potrebbero invece essere le antiche corse a pariglia a s’impressada, ovvero, coppie di cavalli e cavalieri ben appaiati, che al galoppo, afiancati, si abbracciavano tendendosi il braccio a vicenda. La presenza nel programma delle manifestazioni di tutte queste forme di spettacolo equestre, ci induce a ipotizzare che vi fosse una uguale considerazione, sia da parte degli attori protagonisti, sia da parte degli spettatori, di queste diverse rappresentazioni. Il riconoscimento di “pari dignità” alle differenti forme di spettacolo equestre, giostra, torneo o pariglie, come sembra testimoniare questa cronaca, potrebbe ridimensionare una certa tradizionale orale che vuole riconoscere alla Sartiglia propriamente detta, ovvero alla corsa alla stella, un valore superiore rispetto alla corse a pariglie. Tale considerazione è proposta da una certa tradizione che richiama alcuni racconti popolari che ricordano che mentre i nobili correvano alla stella nel percorso della Cattedrale, il volgo si cimentava nella via Mazzini, fuori dalla città murata, nelle evoluzioni a pariglia. 78


Foto: Su componidori Antonio Sanna nel 1964.

Foto: La vestizione de su componidori Ignazio Cau nel 1965.


Certo è che, come dimostrano i documenti rinvenuti, le più antiche testimonianze si riferiscono alla sortilla e non ad altre forme di esibizione equestre, pertanto quel “rispetto” maturato da una certa tradizione potrebbe essere derivato dalla sua maggiore “anzianità”. Occorre ricordare in questa sede che la “sartiglia”, all’origine, è una giostra all’anello, così come lo stesso signiicato del termine catalano dimostra, e che nella città di Oristano tale bersaglio, almeno dal 1722, ha assunto la forma di una stella. Agli studiosi e ai ricercatori, rimarrà ancora da scoprire come e quando, nel corso dei secoli, le due diverse forme di spettacolo della corsa alla stella e della corsa a pariglie siano conluite, insieme, a segnare ogni anno i festeggiamenti del carnevale. Inoltre sarà interessante indagare in che modo e in quali circostanze tutti gli altri gremi oristanesi hanno perso le loro tradizioni equestri, documentate sino al 1722, mentre solo il gremio dei contadini e quello dei falegnami hanno assunto questo impegno sino ai nostri giorni.

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Foto: Su componidori Antonio Fiori nel 1967.


Foto: Su componidori Ignazio Pinna nel 1970.


La Sartiglia nel XIX sec.

• LE TESTIMONIANZE A partire dal XIX secolo, le edizioni della giostra oristanese, risultano più ampiamente documentate. A dare testimonianza della corsa, oltre ai resoconti di numerosi cronisti e viaggiatori che hanno assistito in città all’evento, si aggiungono i preziosi documenti custoditi presso gli archivi oristanesi, della Diocesi Arborense, del Comune di Oristano, dei gremi oristanesi ed in particolare per il nostro studio, presso l’archivio del gremio dei contadini. La mancanza di testimonianze certe, ancora oggi, ci impedisce di deinire i tempi e i modi attraverso i quali si arriva all’istituzionalizzazione della corsa, ovvero all’organizzazione ed allo svolgimento della Sartiglia con una cadenza annuale, né possiamo affermare in quale anno la corsa ha iniziato a segnare i festeggiamenti del carnevale oristanese. In un prezioso documento custodito presso l’Archivio Diocesano, ritroviamo la più antica attestazione della Sartiglia corsa in occasione dei festeggiamenti del carnevale. Si tratta della registrazione della visita pastorale dell’Arcivescovo Mons. Giovanni Maria Bua datata 22 giugno 1832. Il prezioso riferimento alla Sartiglia compare nella relazione fatta dall’Arcivescovo in seguito alla visita presso la chiesa rurale di San Giovanni Battista, cappella del gremio dei contadini. Dall’attenta lettura del documento si evince che l’Arcivescovo lamenta le eccessive spese che il gremio effettuava per l’organizzazione della “cosiddetta sortiglia del carnevale” contestando inoltre il mancato adeguamento da parte dei soci del gremio alle osservazioni già fatte per gli stessi motivi dal suo predecessore Mons. Sisternes de Oblites in occasione della sua visita pastorale del 1807. Tali importanti notizie ci consentono di affermare che non solo dal 1832 ma già dal 1807 la Sartiglia organizzata dal gremio dei contadini di San Giovanni Battista 83


Foto: Il corteo della Sartiglia nel 1967.

Foto: Su componidori Gianni Sanna esce dalla inestra della casa de s’oberaiu majori nel 1968.


era legata ai festeggiamenti del carnevale costituendo quindi da tempo un appuntamento tradizionale. Occorre comunque segnalare che la testimonianza della corsa dell’aprile del 1829, svoltasi in occasione della visita nella città di Oristano del Principe di Carignano Carlo Alberto di Savoia, futuro Re di Sardegna, ampiamente documentata presso l’archivio storico del Comune di Oristano, pur rappresentando attualmente l’unica testimonianza relativa al XIX secolo, riferisce, così come avveniva nel XVI, XVII e XVIII secolo, di una edizione della corsa svoltasi per un’occasione importante, fuori dalle giornate del carnevale. Numerose notizie circa la storia e il cerimoniale della corsa ci giungono da alcune testimonianze di scrittori ottocenteschi. Negli scritti e nei resoconti riportati da questi autori igurano preziosi riferimenti alle edizioni di Sartiglia dei loro tempi ma anche del passato. Tali notizie testimoniano le differenze nel cerimoniale della corsa tra quelle lontane edizioni e quelle dei nostri giorni, ma tali informazioni, che possono offrire preziosi contributi nella ricostruzione della storia della Sartiglia, mancando di ulteriori conferme, offrono dati che meriterebbero di essere provati da ulteriori attestazioni e documenti. “Di alcuni giochi equestri, in feste popolari della Sardegna e specialmente della Sartilla d’Oristano” è il titolo di un carteggio di un autore anonimo, rinvenuto tra i documenti del Canonico Giovanni Spano, che, custodito presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari, offre un interessante racconto della “Sartilla di Oristano”. L’anonimo scrittore non è oristanese, ma poiché, come lui stesso riferisce, Oristano fu per lui per “tanti anni seconda patria”, ebbe modo di assistere alla giostra. Tra le carte igurano inoltre due immagini de su componidori, un acquarello ed un’immagine fotograica, attualmente la più antica conosciuta. Il suo racconto è riferibile ad edizioni della corsa della metà dell’Ottocento, considerando che il Canonico Giovanni Spano, che annota di suo pugno queste carte, muore a Cagliari nel 1878. La Sartiglia, anche a questo scrittore, risulta istituita per i festeggiamenti del carnevale ad opera di un sacerdote, “un certo Canonico Dessì membro delle due Società e loro Delegato”, il quale “fornì loro tutto il vestiario occorrente per il Componidore ed alla società di S. Giovanni in particolare, lasciando un anello di diamante bellissimo che il Componidore portar dovea appeso alla fronte della maschera, e che ora più non si conserva venduto o trafugato da qualche briccone, ma cedè pur loro tutti i suoi beni”. Riferisce inoltre tale legato al XIV secolo, ma le sue informazioni storiche, unitamente al ricordo dell’anello di diamante, sono probabilmente notizie tratte dalla tradizione orale 85


Foto: La vestizione de su componidori Annadina Cozzoli nel 1973.


del tempo in quanto egli stesso sottolinea come “la barbarie dei secoli andati distrusse tutti i documenti che su tal proposito e su quell’epoca esistevano”. A tale lamento aggiungeva inoltre una speranza: “un tal Camedda, che fu a capo della società dei contadini, verso il 1600, copiò tutte le carte dell’archivio della società, così un qualche giorno, almeno queste non possansi ritrovare, se irreversibilmente perdute sono le prime”. L’autore passa quindi alla narrazione della corsa e, senza dirci se la sua relazione si riferisce alla corsa della domenica o a quella del martedì, afferma che “protagonista di questa festa è il Componidore”. La descrizione dell’abito, i cui “fermagli d’argento” rimanderebbero alla igura de su componidori del gremio dei falegnami, non manca del riferimento alla “maschera di legno bellissima”. Secondo il racconto, “anticamente veniva eletto Componidore per l’anno successivo, quegli che nell’anno decorso, dato prova avesse di singolar maestria, nell’imbroccare con la spada, o la lancia la piccola stella d’argento”. Riferendo inoltre di un premio di L. 50 per chi avesse colto il bersaglio, informa che da tempo non vi erano più premi per i vincitori e che l’investitura negli ultimi tempi era rivolta a un “buon cavallerizzo, e da tanti anni l’è un domatore di cavalli”. L’Anonimo Ottocentesco ci riferisce che la sera della domenica e del martedì, al suono di un tamburo, i cavalieri che desiderano partecipare alla corsa si radunano presso la casa degli obrieri e da qui partono in corteo alla volta della Cattedrale. Dopo la cerimonia dell’incrocio delle spade tra il Componidore ed il “Sotto Componidore”, senza alludere all’andatura dei due cavalieri nello svolgimento di tale rituale, ha inizio la corsa alla stella con la spada dove “il Componidore disteso quasi coricato sul proprio cavallo, e solo rialzandosi per ferir la stella, fa il suo colpo”; segue quindi la prova del Sotto Componidore. Dal racconto si evince che immediatamente dopo queste due prove con la spada, i due contendenti si confrontano nella discesa alla stella con lo stocco e che, “inita essendo la tenzone fra i due capi, vien permesso agli altri cavalieri il cimento”. Le corse nella via della Cattedrale terminano “quando non si presentino più cavalieri per correre la stella, o che al Componidore piaccia inire”. In seguito su componidori, con il suo mazzo di pruninca percorre il percorso a gran galoppo “sciogliendo e buttando quell’erbe sulla folla”. Terminate le corse alla stella, sempre con il tamburo in testa, i cavalieri, “vanno tutti insieme nel sobborgo a fare le corse a s’impressada”, effettuando quindi le evoluzioni a pariglia. Al termine delle corse, “tutti nello stesso ordine vanno ad accompagnare il Componidore, e dagli obrieri vengono trattati lautamente”, infatti, come già riferito precedentemente 87


nel suo racconto, “un convitto rivolto a tutte le maschere”, chiude i festeggiamenti della giornata. L’Autore termina la sua narrazione esprimendo un certo disappunto per la decadenza in cui versava la manifestazione in quegli anni e, invitando tutti ad un maggior interesse per quella festa, auspicava la realizzazione di “un’altra Maschera in legno, come quella che si ha, così bella ed espressiva, e che hanno rotta”. Sono numerosi gli spunti di rilessione offerti da questo racconto come la presenza della stella in argento, il suo piccolissimo foro o le discese con lo stocco de su componidori e del suo secondo prima delle discese alla stella degli altri cavalieri. Particolarmente interessante per il nostro studio risulta la notizia circa la rottura della maschera. Come vedremo, per quel che riguarda il gremio dei contadini, numerosi documenti testimoniano sul inire dell’Ottocento, la mancanza di una “maschera bella” per il capo corsa, infatti, per diversi anni, il gremio acquistava presso la bottega di Eisio Garau di Oristano, le maschere destinate a su componidori. Anche numerose fotograie dei primi decenni del Novecento testimoniano l’utilizzo di maschere diverse, in attesa della nuova maschera di legno, realizzata solo nel 1952. Anche alcune notizie offerte da Vittorio Angius nel Dizionario geograico storico statistico e commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna del Casalis del 1845, mancano di conferme e contrastano con la più recente tradizione. Ci riferiamo ai colori assegnati alle maschere dei componidoris, verde la domenica e scura il martedì e al rito dell’incrocio delle spade eseguito a gran galoppo dai due contendenti. Anche dal suo resoconto parrebbe che le prove con lo stocco, “alla stella o all’anello”, del capo corsa e del suo sotto-capo, si disputino subito dopo quelle con la spada, richiamando in questo modo gli antichi rituali cavallereschi dove le prove di scontro diretto tra mantenitori e venturieri si svolgevano di seguito, destinando ad una fase successiva le prove di tutti gli altri cavalieri partecipanti. L’Angius, afferma che la corsa “sostienesi per due legati, i cui redditi sono destinati alle spese necessarie per il convito che offresi ai torneanti” e che dopo il duplice passaggio sul percorso del capo con “un fantoccio di pervinca”, ci si sposta nella “contrada delle corse” per lo svolgimento delle pariglie. Nel 1869 Gio Maria Carta, nella sua opera “Brevi notizie di Oristano”, riferendosi alla corsa del carnevale oristanese, parla di una “corsa a cavallo con maschera veramente bella a vedersi”, con cavalieri impegnati nel cogliere una “stella di materia argentea avente nei dintorni dei buchi bastevoli a potervisi introdurre liberamente la iamma di una spada”. Afferma quindi che guida la corsa “il Componitore vestito di costume 88


Foto: Su componidori Luigi Cozzoli nel 1977.


spagnolo” e, altra novità per noi, presenta la igura del componidori con “un berretto rosso” e “una spada sfoderata che tiene appesa al sinistro ianco”. La corsa consiste nel cercare di “far penetrare la spada nei fori della stella” e si cimentano nella prova prima il componidori ed il suo sidante. Il Carta afferma quindi che “terminata la terza corsa”, forse quella del terzo componente della pariglia del componidori, “il seguito corre a suo libito”. Senza riferire delle corse con lo stocco, il racconto prosegue segnalando un duplice passaggio nel percorso con “la bimba di maggio”, effettuato prima dal componidori, poi dal “sotto-componitore”. La narrazione non cita la corsa delle pariglie. Inine, anche per il Carta, la corsa è di origine spagnola e racconta che in principio rappresentava la sida tra due pretendenti che, durante le prove al galoppo nel tentativo di cogliere un anello d’oro con la spada, si contendevano la mano di una donna. La corsa oristanese dovette la sua istituzione a un “certo proprietario del paese, vincolando il reddito di un suo valoroso tenimento, afinché servisse per le spese occorrenti in questo divertimento carnevalesco”. Diversamente, Francesco Corona, nella sua “Guida dell’isola di Sardegna” del 1896, nel segnalare le corse di cavalli del carnevale oristanese, riferisce prima della “corse a pariglia”, segnalando come, sin da quei tempi, “a gruppi di due, tre e quattro, formando delle piramidi umane”, i cavalieri davano vita ad un spettacolo entusiasmante. Parlando “de sa giostra” che si corre nella piazza del duomo, il Corona riferisce sia del tentativo dei cavalieri di “inilare una medaglietta bucata” con “una specie di stocco” sia della corsa de su componidori che, al galoppo, benedice la folla con “una mazza intessuta di erbe e iori”. Termina ricordando che la corsa “vive ancora per un lascito fatto da un ricco signore del paese”. È del 1899 l’opera “Lo sport in Sardegna” del Voltan, in cui si riferisce delle “corse assai belle” che si tengono la domenica ed il martedì di carnevale in Oristano grazie ad “un antico lascito”. In questo lavoro si parla della corsa dei cavalieri nel tentativo di cogliere una stella d’argento con una spada, si illustra la igura de su componidori che reca “in volto una maschera di legno rivestita di cera” e si sottolinea che “anche gli altri corridori sono mascherati, ed i cavalli, riccamente bardati con gualdrappe e inimenti di ricco lavoro, spesso d’argento, con coppia di pennacchi, iocchi e campanelli, offrono uno spettacolo assai pittoresco e degno di essere veduto”. Da un’analisi sinottica di tutte queste testimonianze, si osserva che esse concordano nel riferire che la corsa della Sartiglia, istituita con un legato per volontà di un prelato o di un Foto: Loremlocale, ipsumsegna dolet tamquam. signorotto per antica tradizione i festeggiamenti 90


del carnevale oristanese. Diversamente, nonostante tutte le narrazioni si riferiscano ad edizioni della corsa compresa in un breve arco cronologico, riferibile agli ultimi cinque decenni del XIX secolo, numerose sono le differenze che gli autori presentano sia in riferimento alla rappresentazione della igura de su componidori, sia del bersaglio della corsa, sia al racconto di intere fasi del cerimoniale. Probabilmente, poichĂŠ non tutti gli autori hanno avuto modo di vivere in prima persona l’emozione della corsa, le loro informazioni, provenivano da fonti non del tutto veriicate, occorre infatti segnalare il fatto che nessuno dei nostri autori è in grado di produrre documenti circa le notizie offerte.

Foto: Su componidori Carlo Pala nel 1978.


Foto: IlLorem Foto: corteoipsum della Sartiglia dolet tamquam. nel 1973.


Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA

• I DOCUMENTI D’ARCHIVIO DEL GREMIO DEI CONTADINI L’anno 1864 segna una data importante per la storia dei gremi in Sardegna e per la storia del gremio dei contadini di Oristano in particolare. Il 29 maggio con la Legge n. 1797, si decreta l’abolizione di queste confraternite di mestiere in quanto reputate istituzioni ormai obsolete. Infatti, a pochi anni dall’uniicazione italiana, anche nel territorio nazionale, così come già da tempo nel resto dell’Europa, il libero commercio e il liberismo economico in generale rappresentavano la nuova legge del mercato e del lavoro. I vecchi statuti e i regolamenti di queste istituzioni, con rigide norme formulate almeno due secoli prima, vincolavano la libera espressione delle arti e dei mestieri. Lunghi apprendistati, esami per maestri e soprattutto i vincoli dei prezzi imposti per le manifatture risultavano fuori dal tempo nell’età dell’industrializzazione e del liberoscambismo. Fu così che a partire da quella data, i gremi dovettero rinunciare per sempre alle caratteristiche delle corporazioni legate alla professione e all’arte comune esercitata dai soci e, in seguito ad una trasformazione dell’istituzione in “Società”, potettero continuare ad esistere, mantenendo le caratteristiche devozionali e il mutuo soccorso tra i soci. In tutta la Sardegna furono numerosi i gremi che in quel momento decisero di sciogliersi deinitivamente e i loro soci, singolarmente, andarono a potenziare le ile delle nascenti Società di Mutuo Soccorso. Tale sorte non toccò alcuni gremi oristanesi come quello dei contadini, quello dei falegnami e quello dei muratori, i quali, pur trasformandosi inizialmente in “Società”, per poi riprendere l’antica intitolazione di gremi, senza soluzione di continuità, ancora oggi, perpetuano le loro tradizioni e festeggiano i propri santi patroni. Ma il 1864 segna un ulteriore momento storico per il gremio dei contadini di Oristano. Nel mese di dicembre il Tribunale del Circondario di Oristano pronuncia una sentenza in favore 93


del gremio che precedentemente aveva citato in giudizio il Capitolo Arborense. Il sodalizio, nelle persone dei componenti della giunta, decise di denunciare l’autorità ecclesiastica la quale, attraverso la igura del delegato ecclesiastico, da circa 15 anni si era permessa di ingerire nell’amministrazione dei beni del gremio, senza limitarsi alla cura di quei doveri religiosi spettanti per antica tradizione. Per la vicenda, il giudice Francesco Spano emise una sentenza molto dura, riconoscendo alle autorità del gremio tutte le prerogative inerenti la gestione di tutti i beni di proprietà dello stesso e condannando l’autorità ecclesiastica alla restituzione di tutti i conti delle ultime annate tenuti dai delegati ecclesiastici succedutisi, nonché all’immediata restituzione di tutti i denari e le carte da loro custoditi. Non sappiamo se si tratta di una pura coincidenza, ma attualmente, la documentazione custodita del gremio dei contadini di Oristano nel suo archivio storico, principia con un ”Registro delle deliberazioni della giunta e consegne oggetti” che esordisce con il verbale di nomina della giunta del gremio datato 24 giugno 1865. Il gremio non possiede documenti più antichi, nonostante nella stessa sentenza vengano citati documenti dei primi dell’Ottocento oltre che alcuni della ine del secolo precedente. Ricordiamo inine che, tra tutti i gremi documentati in Sardegna, ancora non si conosce lo statuto originale del gremio dei contadini di Oristano. Un possibile indizio circa il suo luogo di conservazione potrebbe essere dato ancora una volta dalla sentenza del 1864 che, dal tenore molto deciso, afferma “Attesoché non si avrebbero alla mano, perché esistono in mani di colui cui forse interessava non produrli, gli Statuti sociali di questa pia associazione, o gremio degli agricoltori…”. La sentenza citata, riferisce naturalmente alcuni passaggi relativi alle disposizioni, evidentemente non legittime secondo il giudice, date dal Monsignor Sisternes de Oblites in occasione della sua visita pastorale del 1807, ovvero circa il divieto di spesa per la Sartiglia e le altre corse di cavalli. In questo senso anche la sentenza risulta un documento indiretto della corsa di cavalli di carnevale organizzata dal gremio dei contadini. Il primo documento diretto relativo alla Sartiglia custodito dal gremio si trova nel già citato “Registro delle deliberazioni della giunta e consegna oggetti”. Nel verbale del 5 luglio 1879, nell’inventario di consegna degli oggetti fatta dagli “operai scaduti” Giuseppe Cherchi e Giuseppe Olla “ai nuovi operai” Giovanni Rosas e Domenico Carboni, si elenca anche il “vestito completo per uso del Componitore per la detta Sartiglia, panno verde di lana per la bimba di maggio, camicia e fazzoletto del Componitore, collana con 8 campanelli”. 94


Foto: Su componidori Mario Floris nel 1984.

Foto: Su componidori Aldo Cossu nel 1985.

Foto: Edizione straordinaria della Sartiglia in Australia nel 1986.


Foto: Su componidori Angelo Porta nel 1989.

Foto: Su componidori Pierluigi Langiu nel 1996.

Foto: Su componidori Enrico Iriu nel 1995.


Nello stesso registro, il corredo completo del vestito del componidori, igura in numerosi altri verbali di passaggio delle consegne dai “presidenti” uscenti a quelli entranti. Altri riferimenti signiicativi relativi all’organizzazione della corsa, igurano nei libri dei conti dove si registravano, con dovizia di pezze giustiicative, le spese accorse. In questi elenchi igurano sistematicamente le spese per “il tamburino”, per “l’allestimento del cavallo del Componitore” e per chi “portò sa pippia de maiu”. A queste si aggiungono le spese per la carta bollata, utilizzata per formulare la richiesta di permesso per lo svolgimento della corsa “della via duomo e della via San Sebastiano” e un’interessante riferimento all’acquisto di una maschera per Lire 1,25, registrato nel resoconto delle spese dell’anno 1891-1892. Tale spesa, come vedremo più avanti, visto il costo, si riferisce probabilmente all’acquisto di una maschera cosiddetta di “cera”. Questo elemento, così come la documentazione fotograica dei decenni successivi, potrebbe confermare l’informazione fornitaci dall’Anonimo Ottocentesco, il quale, sottolineando negativamente le fattezze della maschera adoperata, poteva riferirsi a questa tipologia di maschere che nell’utilizzo, durante la giornata, andavano a deformarsi. L’Anonimo auspicava infatti per il componidori, l’acquisto di una nuova “maschera bella”, ovvero in legno, in quanto risultava ormai rotta da qualche tempo, ma come vedremo, dovremo attendere alcuni anni, prima della realizzazione di una nuova maschera in legno per su componidori di San Giovanni. Questa preziosa documentazione che, a partire da questo ultimo scorcio del XIX secolo, va via via aumentando nella contabilità dei decenni successivi, oltre a rappresentare la più antica testimonianza dell’organizzazione della corsa custodita dal gremio dei contadini, offre uno straordinario spaccato di vita cittadina. Si trovano infatti ricevute di esercizi commerciali, di botteghe artigiane e di negozi, oltre che pezze giustiicative irmate con nomi di personaggi che rimandano alla storia della città di Oristano della ine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento.

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Foto: Su componidori Maurizio Casu nel 2000.


La Sartiglia nel XX e XXI sec.

• LA SARTIGLIA NEL NOVECENTO La Sartiglia del Ventesimo secolo è inalmente la Sartiglia più documentata, con fotograie ed immagini video che ne testimoniano la sua evoluzione nel corso degli ultimi cento anni. L’archivio del gremio dei contadini, quello del centro di documentazione sulla Sartiglia e numerosi archivi privati, custodiscono straordinari ricordi della corsa del carnevale oristanese, testimonianze che registrano come l’evento si sia evoluto nel corso degli anni anche grazie alle novità intervenute nell’organizzazione della giostra con il coinvolgimento di enti ed istituzioni. Alle rare fotograie di componidoris e cavalieri dei primi decenni del secolo, si uniscono le sempre più numerose immagini in bianco e nero della corsa degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. È del 1949 la più antica attestazione di un documento video in bianco e nero, riferito alla Sartiglia di San Giovanni con il cavaliere Demetrio Vargiu nel ruolo di componidori. Tra i video più completi segnaliamo quello relativo alla Sartiglia del 1957, realizzato dall’avvocato Rafaele Sanna di Oristano, con immagini relative alla corsa della domenica e del martedì di carnevale. Dello stesso anno possediamo anche il primo documento ilmato a colori, attualmente conosciuto, realizzato dall’oristanese Orazio Deriu. Seguono quindi i numerosi documenti fotograici e i video di numerosi amatori e professionisti che hanno immortalato le edizioni di Sartiglia degli anni Cinquanta e Sessanta. I documenti custoditi presso l’Archivio del gremio dei contadini, così come per il secolo precedente, registrano le spese sostenute dal gremio per l’organizzazione della corsa, tra queste vi sono numerose ed interessanti pezze giustiicative che documentano acquisti ed operazioni inerenti l’organizzazione e lo svolgimento della corsa. 99


Tra le voci di spesa presenti in quasi tutti i resoconti delle gestioni inanziarie, così come già riferito per la documentazione ottocentesca, igurano i compensi per “il tamburo” e i “due trombettieri”, nonché le uscite relative agli starelli di fave e orzo per il cavallo de su componidori e ai nastri per la sua bardatura. In diverse annate vi sono inoltre le registrazioni di spesa della ferratura del cavallo de su componidori e il compenso per il ragazzo che porta sa pippia de maiu. Tra i documenti più singolari segnaliamo le prime attestazioni dei nomi dei componidoris. Infatti, pur essendo datata a partire dal 1875 la documentazione relativa alla Sartiglia custodita presso l’archivio del gremio, è del 1930 la prima attestazione del nome del capo corsa. Si tratta di un documento di sintesi nel quale il cavaliere Eisio Carta, noto Pilloni dorau, più volte componidori per entrambi i gremi nelle edizioni di Sartiglia degli anni Trenta e Quaranta, registrava le spese effettuate per la bardatura e il vitto del cavallo utilizzato in qualità di capocorsa, afinché gli venissero rimborsate dal gremio. Come si osserva da tutte queste annotazioni, le spese relative al cavallo de su componidori, per antica tradizione, venivano interamente affrontate dal gremio. Circa la copertura integrale di queste spese, unitamente alla mancata registrazione nei documenti del gremio dei nomi dei cavalieri che ricoprivano il ruolo di componidori, potremo avanzare una certa interpretazione. Probabilmente, tali prassi sono da attribuire al fatto che, così come dimostrato dai documenti settecenteschi, poiché erano gli stessi gremianti che un tempo partecipavano a cavallo alla manifestazione, dove lo stesso oberaiu majori ricopriva il ruolo di mantenitore, ovvero di componidori, la Sartiglia, anche successivamente, è stata tramandata e vissuta dal gremio come “cosa propria”. In questo senso i gremianti, successivamente, pur non partecipando direttamente a cavallo alla manifestazione, si sobbarcavano le spese della stessa, inoltre, non erano affatto interessati a comunicare alla comunità oristanese il nome di colui che avrebbe guidato la corsa della domenica in quanto il cavaliere sarebbe stato sempre e comunque su “componidori di San Giovanni”. Tale nostra ipotesi potrebbe essere confermata dal fatto che la cerimonia dell’investitura, sino a pochi decenni fa, avveniva nella totale riservatezza dove il gremio, con il suo massimo rappresentante, si recava in gran segreto presso la casa del cavaliere designato per guidare la corsa. Oggi come allora, tale invito formale è rivolto ai componidoris scelti, con la solenne formula della richiesta de su prexeri, ovvero del favore di ricoprire l’incarico, sotto la protezione del Santo Precursore, in nome e per conto della corporazione. 100


Foto: Su componidori Peppino Pinna nel 2001.

Foto: Su componidori Francesco Casu nel 2002.

Foto: Su componidori Gabriele Pinna nel 2003.


L’atto veniva suggellato, così come avviene ancora oggi ma con un cerimoniale molto più ricco, con la consegna di un cero benedetto il giorno della Candelora, ovvero nel giorno in cui la corporazione era impegnata a consegnare per tradizione, così come le altre confraternite ed associazioni religiose cittadine, la candela benedetta presso le abitazioni dei soci indigenti, delle vedove dei soci defunti e presso le abitazioni di tutti coloro che erano particolarmente vicini al gremio. Di conseguenza, il 2 di febbraio, giorno della Candelora, il gremio, scegliendo il cavaliere che di li a qualche giorno avrebbe guidato la corsa della domenica, stabiliva con lui un rapporto particolare, sancito con la consegna del cero benedetto e con l’invocazione al santo patrono della corporazione Santu Giuanni t’aggiudidi. Tale cerimoniale di investitura, unitamente alla prassi consolidata e documentata nei rendiconti del gremio, di sostenere integralmente le spese relative al mantenimento e alla custodia e al corredo della bardatura del cavallo, testimonierebbero quindi quanto l’organizzazione, la gestione e la conduzione della Sartiglia fossero per tradizione una prerogativa ed un preciso impegno del gremio. Gli unici altri documenti di spesa irmati e presentati dai componidoris si riferiscono alle edizioni della corsa del 1935 e del 1946. A ricoprire il ruolo di capo corsa furono rispettivamente Antonio Pulisci e di nuovo Eisio Carta. A corredare i documenti di spesa relativi l’organizzazione della corsa sono inoltre le numerose pezze giustiicative irmate dagli scudieri, spesso chiamati non solo alla custodia ma anche all’accompagnamento e al trasporto del cavallo utilizzato dal capo corsa, spesso proveniente da altra località. Riferita ai primi anni del Novecento, così come per gli ultimi anni del secolo precedente, particolarmente interessante è la registrazione della spesa per l’acquisto di maschere. Così come segnalato nelle cronache e, indirettamente, nella documentazione del gremio del XIX secolo, il componidori del gremio dei contadini mancava di una maschera in legno in quanto rotta. Figurano pertanto numerosi acquisti anche per i primi anni del Novecento di “maschere di cera”, acquistate per diversi anni presso la bottega di Eisio Garau, il padre del noto commediografo oristanese Antonio, che aveva la sua rivendita di mercerie nella via Dritta. Nel 1909 il gremio commissiona una maschera di legno al falegname Emilio Cherchi, pagando il lavoro 15 Lire. Probabilmente anche questa maschera dopo qualche anno andò in rovina in quanto nei rendiconti del 1920 – 1921 igura nuovamente l’acquisto di una maschera di cera presso la bottega del negoziante Eisio Garau, acquisto registrato anche nell’annata 1930. Per la realizzazione di una 102


Foto: Su componidori Enrico Fiori nel 2004.

Foto: Su componidori Pietro Serra nel 2005.

Foto: Su componidori Gianleonardo Murruzzu nel 2006.


Foto: Su componidori Federico Fadda nel 2007.

Foto: Su componidori Attilio Balduzzi nel 2008.

Foto: Su componidori Andrea Brai nel 2009.


nuova maschera di legno bisogna invece attendere il 1952 quando s’oberaiu majori Antonio Sanna commissionò l’opera al decoratore Maestro Serra, pagando il lavoro 15.000 Lire. Nella documentazione conservata dal gremio vi sono inoltre i permessi sui percorsi interessati allo svolgimento della corsa rilasciati dall’allora Sotto Prefettura del Circondario di Oristano. I percorsi in oggetto sono sempre la via Duomo e l’antica via San Sebastiano, attuale via Mazzini. In seguito alla richiesta avanzata da s’oberaiu majori, il permesso veniva rilasciato sotto “l’osservanza delle disposizioni vigenti in materia, con l’obbligo che ai capi delle vie siano posti due individui i quali mediante segnali fatti con le trombe, avvisino il pubblico dell’esecuzione di ogni corsa”, ferma restando la clausola che per motivi di sicurezza pubblica il permesso poteva essere revocato. Nella concessione della corsa del 1912 si chiedono in particolare le seguenti disposizioni che “nel percorso della via San Sebastiano venga distesa la corda come negli anni scorsi per impedire che la folla si accalchi in mezzo alla via, che due trombettieri collocati a debita distanza lungo il percorso, con squilli di tromba avvisino il pubblico della partenza dei cavalli, che non potranno correre nella via San Sebastiano più di due cavalli alla volta ma potrà essere tollerato che ne corrano quattro insieme allineati, quando sia provato che cavalli e cavalieri siano adatti a tali corse senza pericolo dell’incolumità pubblica”, e si fa divieto di far correre “cavalli viziosi che possano essere causa di disgrazie”. In questa circostanza, segnaliamo che nell’archivio del gremio, sono inoltre numerose le richieste di permesso per lo svolgimento delle altre corse di cavalli organizzate dal gremio: quelle relative al 24 giugno, in occasione dei festeggiamenti di San Giovanni Battista e quelle del mese di maggio, per la festa di Sant’Isidoro. Tali richieste si riferiscono sempre all’utilizzo delle vie Arborea ed Aristana che, pur non costituendo l’intero percorso di gara dei cavalli e dei fantini, evidentemente rappresentavano la sola porzione che poteva creare problemi per la sicurezza nella circolazione cittadina. Infatti il resto del percorso, sino ai primi decenni del Novecento, era da considerare fuori dalla città, ed era rappresentato dall’attuale prolungamento di via Ozieri oltre il passaggio a livello, punto di partenza dei cavalieri partecipanti, la via Ozieri, la via Palmas Arborea, quindi le vie Arborea e Aristana, via Michele Pira, Piazzale San Martino, con l’arrivo dei cavalli presso la chiesa de Santu Giuanni de Froris. Arricchiscono tale documentazione tutte le spese relative al compenso dei fantini partecipanti e quindi le ricevute de is pannus ovvero dei preziosi broccati utilizzati come premi per i vincitori. 105


Probabilmente il veriicarsi di alcuni incidenti anche in quegli anni, impegnavano l’organizzazione e quindi il gremio, ad assumere provvedimenti volti alla salvaguardia e alla protezione dei cavalli partecipanti alla Sartiglia. Ne è un esempio il documento di spesa effettuata da s’oberaiu majori Antonio Sanna nel 1952 per un nulla osta rilasciato dall’Ente Nazionale Protezione Animali relativo al “permesso per la corsa della Sartiglia”. Altre curiose ricevute relative all’organizzazione della corsa sono quelle relative al pagamento della SIAE effettuato dal gremio già a partire dalle edizioni di Sartiglia del 1928. Come già accennato, corredano i rendiconti delle spese di Sartiglia i rimborsi effettuati dal gremio ai trombettieri ed ai tamburini. Tali documenti risultano di straordinaria importanza in quanto igurano ancora una volta i nomi e le irme dei musici che hanno accompagnato queste lontane edizioni della corsa. Come si può osservare, tra i trombettieri e i tamburini degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, igurano esponenti delle famiglie Montixi, Cadeddu ed altre, genitori e nonni di numerosi tamburini e trombettieri delle nostre edizioni, a testimoniare quasi “l’ereditarietà” di tali ruoli in Sartiglia. Presso l’archivio del gremio non igurano riferimenti particolari alle edizioni della corsa a cavallo degli anni 1942 – 1945. Sono gli anni che coincidono con il secondo conlitto mondiale e numerose sono le testimonianze orali che ricordano che in quelle edizioni di Sartiglia si presentava sul sagrato della Cattedrale solo la pariglia del componidori. I tre cavalieri, dopo aver effettuato l’incrocio delle spade, aperto la corsa ed effettuate le discese alla stella, con la corsa de sa remada provvedevano a chiudere in breve tempo la corsa. In questo modo il gremio garantiva comunque l’impegno nel portare avanti la tradizione, impegno che, secondo le fonti orali, doveva essere portato a termine a prescindere dagli eventi e dalle stesse condizioni climatiche, pena la perdita dei diritti sul fondo concesso appositamente al gremio per la realizzazione della corsa. Un elemento interessante è dato dal fatto che l’impegno era legato esclusivamente a sa presentada ovvero alla presenza ed allo svolgimento delle fasi salienti nel percorso della corsa alla stella nel sagrato della Cattedrale, mentre non igura alcun impegno circa il passaggio dei cavalieri nel percorso delle evoluzioni a pariglia nella via Mazzini. Alcune fotograie ed alcuni video testimoniano come nel 1952, oltre che negli anni dal 1955 sino al 1960, il percorso delle pariglie, in entrambe le giornate di Sartiglia, sia stato quello delle vie Aristana ed Arborea. Questa variazione, accompagnata negli anni successivi 1961 e 1962 dalla scelta del percorso delle pariglie nella via Solferino, fu dovuta al fatto che il can106


Foto: Su componidori Mauro Secci nel 2010.


tiere dei lavori di sistemazione della via Mazzini ne impediva lo svolgimento. Come precedentemente detto, le vie Aristana ed Arborea avevano già rappresentato in passato il percorso di gara per le corse dei cavalli organizzate dal gremio dei contadini, un percorso che ancora oggi, sicuramente non a caso, deve essere affrontato dal corteo della Sartiglia, nella giornata della domenica così come in quella del martedì, sia prima dello svolgimento delle corse, sia al termine, prima di accompagnare su componidori alla cerimonia della svestizione. Una cartolina dell’epoca e alcune immagini fotograiche documentano la partecipazione del gremio dei contadini e di una rappresentanza dei cavalieri della Sartiglia, alla silata della Cavalcata Sarda del 1955. In quella circostanza del tutto straordinaria in cui il gremio con l’abito tradizionale del capo corsa si è spostato dalla città di Eleonora, rivestì il ruolo di componidori il cavaliere Giulio Sinis, personaggio noto in città per le sue innumerevoli partecipazioni alla corsa, per aver ricoperto più volte l’incarico di capo corsa sia per il gremio dei contadini, sia per il gremio dei falegnami e, evento unico a memoria d’uomo, per aver ricoperto il ruolo di componidori per entrambi i gremi nell’edizione della Sartiglia del 1948. Altra Sartiglia da ricordare, per il gremio dei contadini ma non solo, fu sicuramente quella svoltasi nell’anno 1973. A ricoprire i panni di componidori in quell’anno fu l’amazzone Annadina Cozzoli. Nonostante una certa tradizione orale, senza ricordare per quale gremio, riferisca che l’abilissima amazzone Maria Murtas di Oristano, negli anni Trenta del Novecento abbia ricoperto il ruolo di componidori, attualmente, l’edizione del 1973, rappresenta la prima edizione documentata in cui una donna ha guidato la corsa, l’unica al momento, per quel che riguarda la Sartiglia dell’ultima domenica di Carnevale. Annadina Cozzoli, esperta cavallerizza, fu scelta da s’oberaiu majori Antonicco Pala. L’amazzone, esponente di una famiglia legata all’allevamento ed alla preparazione dei cavalli, non solo guidò magistralmente la corsa ma, unitamente al fratello Luigi, già componidori per il gremio dei Falegnami nel 1964 e successivamente nel 1977 per il gremio dei contadini, presso la scuderia di famiglia, offrì l’opportunità di una vera e propria fucina di preparazione e di organizzazione dei cavalieri della Sartiglia per una lunga stagione, assicurando alla corsa felici edizioni dagli anni Sessanta sino agli anni Ottanta. Sul inire del secolo, nel 1980, i gremi dovettero affrontare una dificile situazione che vedeva la compagine dei cavalieri, appena costituitasi in Associazione, chiedere particolari garanzie al Comitato Organizzatore della Sartiglia, circa il riconoscimento di alcuni impegni. In particolare i cavalieri 108


chiedevano all’organizzazione la copertura assicurativa nelle giornate dell’evento. La Sartiglia in quell’anno, guidata dai cavalieri Ignazio Nonnis la domenica e Pietro Serra il martedì, si svolse con la partecipazione di sole tre pariglie, comprese quelle dei capi corsa. L’anno successivo, accolte le richieste dei cavalieri, la corsa riprese con forza e vigore con grande partecipazione da parte di tutti, così come negli anni avvenire. Come non ricordare l’edizione della Sartiglia del gremio dei contadini del 1985 e il triste evento che segnò di primo mattino l’edizione della corsa della domenica. A poche ore dalla cerimonia della vestizione, il capo corsa Aldo Cossu fu colpito dal grave lutto della perdita del padre. La notizia, sparsasi immediatamente nell’ambiente del gremio e dei cavalieri, lasciò tutti attoniti. Da subito il gremio e la pariglia del capo corsa cercarono di individuare possibili soluzioni all’emergenza veriicatasi. Così come ebbe modo successivamente di raccontare lo stesso Aldo Cossu, la volontà di mantenere fede all’impegno precedentemente preso con s’oberaiu majori Eisio Leoni e con tutto il gremio, unitamente all’idea di non mancare all’appuntamento tanto atteso dallo stesso genitore appena scomparso, portarono il cavaliere già designato a presentarsi alla cerimonia della vestizione. L’edizione di quella Sartiglia rimarrà per sempre impressa nelle menti di tutti coloro che parteciparono alla corsa ma non solo, in quanto le immagini dell’evento e il racconto dello stesso Aldo Cossu, a distanza di anni, testimoniano l’abilità, il coraggio, la passione, la dedizione e l’amore per la corsa dimostrati da questo cavaliere. La vicenda personale di Aldo Cossu, stimato sartigliante ed esperto istruttore di equitazione che partecipò successivamente per lunghi anni alla corsa del carnevale oristanese, sarà destinata a segnare nuovamente la storia più recente della Sartiglia quando nel dicembre del 2001, a causa di un incidente stradale, il cavaliere tragicamente perse la vita, mentre fremeva nei preparativi per la partecipazione alla corsa. Nel 1986 alcuni componenti del gremio dei contadini parteciparono ad una interessante iniziativa di promozione turistica sostenuta dalla Regione Autonoma della Sardegna, che vide impegnati alcuni cavalieri nella realizzazione di una Sartiglia straordinaria. A pochi mesi di distanza dalla eccezionale corsa dei cavalieri oristanesi effettuata nella Piazza del Duomo a Milano, nel mese di ottobre, la Sartiglia raggiungeva la città di Perth, nel continente australiano. Alla presenza del Sindaco di Oristano, l’avvocato Giorgio Gaviano, su componidori, ruolo ricoperto in quell’occasione da Pietro Serra, con i sui cavalieri, diede vita per alcuni giorni ad un grande spettacolo. 109


I cavalieri, che giunsero a destinazione qualche giorno prima dello spettacolo, in quanto si decise di utilizzare cavalli locali che necessitavano di un minimo di preparazione, dopo la cerimonia della vestizione de su componidori, si cimentarono sia nella corsa alla stella sia in quella a pariglie. L’esibizione, ripetuta più volte su un lungomare affollatissimo di turisti, curiosi e di sardi immigrati, fu accolta con grande entusiasmo ed interesse. Occorre segnalare che, a differenza di quanto successe a Sassari nel 1955, l’abito utilizzato per la vestizione del componidori, nonostante recasse i colori del gremio di San Giovanni, non era quello antico custodito nelle casse della corporazione ma una copia realizzata per l’occasione. Particolarmente suggestiva fu la cerimonia della vestizione de su componidori Angelo Porta che guidò la Sartiglia dei contadini del 1989. Tomaso Pinna, oberaiu majori di quella edizione, in attesa dell’ediicazione della nuova sede del gremio, pensò di realizzare tale cerimonia nella splendida cornice della chiesa di Santu Giuanni de Froris. In quella edizione, il corteo dei cavalieri della Sartiglia prese quindi le mosse dall’area campestre della chiesa rurale, cappella del gremio dei contadini. La modernità e le esigenze della comunicazione e della partecipazione alla Sartiglia di un pubblico sempre più numeroso, nel 1990 fecero registrare una grande novità nell’organizzazione della Sartiglia del gremio dei contadini. Dopo che per secoli la cerimonia della vestizione del componidori si è svolta presso l’abitazione de s’oberaiu majori del gremio, o presso un locale spazioso allestito per l’occasione, in seguito ai lavori di ristrutturazione di un vecchio ediicio, il gremio dei contadini provvedeva alla realizzazione di una nuova sede, sita nella via Aristana. La cerimonia di vestizione di Sandro Solinas, capo corsa del 1990, fu la prima che si svolse nei nuovi locali del gremio adibiti a sede, tuttora utilizzati per tale importante appuntamento della corporazione.

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Foto: Giuseppe Catapano nel 2011.


Foto: Su componidori Raimondo Carta nel 2012.


Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA

• LA SARTIGLIA NEL TERZO MILLENNIO La Sartiglia del XXI secolo si apre, nell’anno Duemila, con una cerimonia di ricordo di tutti is componidoris viventi che hanno onorato il gremio nel secolo passato. Dell’interessante evento rimangono ancora oggi le immagini della festa che ha visto vecchi e giovani cavalieri, uniti tutti nel ricordo della Sartiglia del passato, antico e recente, e delle emozioni vissute nella straordinaria esperienza. La proiezione dei ilmati del passato con le interviste dei protagonisti, unitamente alla consegna a ciascuno dei partecipanti di un diploma ricordo e la chiusura inale, con l’appuntamento conviviale, che da sempre caratterizza i momenti di festa del gremio, hanno segnato un momento davvero importante della vita del gremio e di tutti i partecipanti. Nello stesso anno il gremio dei contadini riceve il premio “Maschera d’Argento”, bandito dalla Confartigianato di Oristano con la seguente motivazione: “Al gremio di San Giovanni d’Oristano, per aver creato, su disegno del canonico Giovanni Dessì, del capitolo Metropolitano Arborense, la Sartiglia della domenica e per aver riscoperto, anno dopo anno, con la giovanile commissione cultura, l’origine, la fede e le gesta del gremio e della giostra equestre della domenica di quinquagesima della città di Oristano”. Nel 2007 il gremio dei contadini, di concerto con il gremio dei Falegnami e l’Amministrazione Comunale di Oristano dà vita alla Fondazione Sa Sartiglia. Questa nuova istituzione, nata per una più moderna ed eficace organizzazione della giostra, lavorando durante tutto il corso dell’anno ad una sapiente gestione dell’evento, è deputata non solo all’organizzazione della corsa ma anche alla sua valorizzazione e promozione. Il gremio dei contadini di Oristano, forte della sua storia, si candida anche nel terzo millennio quale istituzione impegnata nel perpetuare la tradizione. Una tradizione che è ancora 113


una volta religiosa, ma che non manca di manifestarsi in tutti gli altri aspetti che caratterizzano le attività del gremio, quelli economici, sociali e della tradizione. Anche nel XXI secolo, questa storica confraternita di mestiere che ha saputo adattare i propri costumi e regolamenti alle esigenze dell’era della globalizzazione, può offrire un valido modello di vita e di convivenza all’insegna del rispetto, della collaborazione, della fratellanza e della solidarietà. Questi preziosi valori che nei secoli hanno segnato la storia di questa istituzione, che è la storia stessa della nostra Città, sono stati declinati nel tempo nelle diverse attività del gremio, nell’assolvimento dei doveri religiosi, nelle attività agricole, nell’assistenza agli indigenti e nell’organizzazione delle feste, compresa la tradizionale corsa della Sartiglia. E proprio nella responsabilità e nel dovere di questa tradizione, la corporazione, anche in tempi dificili, ha saputo tenere fede all’impegno non solo nei confronti di una donazione ricevuta, bensì nel rispetto dell’intera comunità oristanese. Sicuramente i gremianti, erano ben consapevoli che anche nelle situazioni più sfavorevoli, e forse soprattutto in quelle circostanze, l’occasione della Sartiglia, rappresentava l’immancabile appuntamento con la festa, forse l’unico evento che potesse dare agli oristanesi un momento di unità e condivisione all’insegna del divertimento e dell’identità stessa della comunità. Oggi come allora è forte nei gremianti il desiderio di mantenere fede all’impegno, all’insegna della devozione al Santo Patrono, nel rispetto della storia e della tradizione, consapevoli del dovere del rispetto di questa tradizione e con la responsabilità della salvaguardia di un ingente patrimonio culturale che salvato, potrà essere conosciuto e tramandato alle generazioni future.

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• LA SARTIGLIA DEL XIX SECOLO NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO DEL GREMIO DEI CONTADINI

Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA


Documento: Inventario di consegna degli oggetti del gremio del 5 luglio 1879.

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Documento: Inventario di consegna degli oggetti del gremio del 5 luglio 1885.

117


Documento: Resoconto inanziario dell’esercizio 1891-92.

118


Documento: Nota spese per la Sartiglia del 1893.

119


Documento: Ricevuta per la realizzazione della bardatura completa del cavallo de su componidori, datata 22 febbraio 1893.

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Documento: Autorizzazione del sotto prefetto del circondario di Oristano per le corse di cavalli per la festa di San Giovanni del 23 giugno 1896.

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• LA SARTIGLIA DEL XX SECOLO NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO DEL GREMIO DEI CONTADINI

Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA


Documento: Nota delle spese fatte per la Sartiglia del 9 febbraio 1902.

123


Documento: Ricevuta per l’acquisto di nastri per la Sartiglia del 6 febbraio 1903.

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Documento: Ricevuta per il servizio di un trombettiere datata 24 febbraio 1903.

125


Documento: Ricevuta per la ferratura del cavallo del componidori datata 1 marzo 1903.

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Documento: Autorizzazione del sotto prefetto del circondario di Oristano per la Sartiglia del 14 febbraio 1904

127


Documento: Nota delle spese fatte per la Sartiglia del 1909.

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Documento: Ricevuta per l’acquisto di un cappello a cilindro del 5 febbraio 1909.

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Documento: Ricevuta per l’acquisto di una maschera in legno del 21 febbraio 1909.

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Documento: Nota spese per il sostentamento del cavallo per il componidori del 7 marzo 1909.

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Documento: Ricevuta per il trombettiere e i tamburini del 25 marzo 1909.

132


Documento: Ricevuta per l’acquisto di una maschera di cera del 2 febbraio 1921.

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Documento: Ricevuta per ferratura del cavallo del componidori datata 12 febbraio 1923.

134


Documento: Ricevuta per l’acquisto di due spade datata 19 agosto 1926.

135


Documento: Ricevuta diritti Siae per la Sartiglia del 1928.

136


Documento: Ricevuta per la realizzazione della bardatura del cavallo del compoinidori datata 18 febbraio 1928.

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Documento: Ricevuta per il trombettiere e i tamburini del 19 febbraio 1928.

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Documento: Ricevuta per l’acquisto di starelli di fave per il cavallo del componidori del 1930.

139


Documento: Nota spese fatta dal componidori Eisio Carta per le spese da lui anticipate datata 2 marzo 1930.

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Documento: Ricevuta per manutenzione alla stocco del 4 marzo 1930.

141


Documento: Ricevuta per servizio di tamburino per la Sartiglia datata 7 marzo 1935.

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Documento: Nota spese fatta dal componidori Antonio Pulisci per le spese da lui anticipate datata 9 marzo 1935.

143


Documento: Nota delle spese per la cena della Sartiglia del 1946.

144


Documento: Nota spese fatta dal componidori Eisio Carta per le spese da lui anticipate datata 8 marzo 1946.

145


Documento: Ricevuta per l’acquisto di una maschera in legno del 6 gennaio 1952.

146


Documento: Ricevuta per il Nulla Osta dell’Ente Nazionale Protezione Animali per la Sartiglia del 1952.

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festa dei componidoris del gremio nel 2008

Foto: festa dei componidoris del gremio nel 2011


Albo dei Componidoris del Gremio dei Contadini

Anno

Giorno Sartiglia

Oberaiu de Bandera

1900

25 Febbraio

Salvatore Camedda

1901

17 Febbraio

Antonio Marongiu

1902

09 Febbraio

Salvatore Sanna

1903

22 Febbraio

Salvatore Contini

1904

14 Febbraio

Eisio Medda

1905

05 Marzo

Salvatore Carta Rosa

1906

25 Febbraio

Domenico Pibiri

1907

10 Febbraio

Antonio Sanna

1908

01 Marzo

Giuseppe Garau

1909

21 Febbraio

Salvatore Carta Falchi

1910

06 Febbraio

Salvatore Contini

1911

26 Febbraio

Salvatore Corrias

1912

18 Febbraio

Raffaele Rosas

1913

02 Marzo

Giovanni Atzeni

1914

22 Febbraio

Giuseppe Garau

1915

14 Febbraio

Raffaele Rosas

1916

05 Marzo

Eisio Caria

1917

18 Febbraio

Salvatore Solinas

1918

10 Febbraio

Giovanni Tocco

Componidori

Flavio Pinna Flavio Pinna

149


Anno

Giorno Sartiglia

Oberaiu de Bandera

1919

02 Marzo

Giuseppe Pala

1920

15 Febbraio

Giuseppe Atzeni

1921

06 Febbraio

Giovanni Murtas

1922

26 Febbraio

Daniele Carta

1923

11 Febbraio

Giuseppe Cadoni

1924

02 Marzo

Giuseppe Mele

1925

22 Febbraio

Eisio Solinas

1926

14 Febbraio

Giuseppe Serra

1927

27 Febbraio

Giovanni Sanna

1928

19 Febbraio

Eisio Perria

1929

10 Febbraio

Giuseppe Fais

1930

02 Marzo

Giuseppe Sanna

Eisio Carta

1931

15 Febbraio

Giuseppe Serra

Raffaele Caddeo

1932

07 Febbraio

Raffaele Rosas

Eisio Marongiu

1933

26 Febbraio

Giuseppe Serra

Giuseppe Serventi

1934

11 Febbraio

Raimondo G. Piscedda

Giulio Sinis

1935

03 Marzo

Salvatore Solinas

Antonio Pulixi

1936

23 Febbraio

Salvatore Solinas

Paolino Leoni

1937

07 Febbraio

Giuseppe Fais

Cicitto Piras

1938

27 Febbraio

Eisio Perria

Giulio Sinis

1939

19 Febbraio

Raimondo G. Piscedda

Mario Serra

1940

04 Febbraio

Eisio Atzeni

Fulvio Murtas

1941

23 Febbraio

Antonio Contini

Giulio Sinis

1942

15 Febbraio

Antonio Contini

Eisio Carta

1943

07 Marzo

Antonio Contini

1944

20 Febbraio

Antonio Contini

Giuseppe Serventi

1945

11 Febbraio

Giuseppe Perria

Giulio Sinis

1946

03 Marzo

Giuseppe Perria

Eisio Carta

1947

16 Febbraio

Giuseppe Perria

Giorgio Sinis

1948

02 Marzo

Giuseppe Perria

Giulio Sinis

1949

27 Febbraio

Giuseppe Perria

Demetrio Vargiu

1950

19 Febbraio

Giuseppe Perria

Attilio Sanna

1951

04 Febbraio

Antonio Sanna

Nino Serra (Garibaldi)

150

Componidori

Giuseppe Serventi


Anno

Giorno Sartiglia

Oberaiu de Bandera

Componidori

1952

24 Febbraio

Antonio Sanna

Antonino Fiori

1953

15 Febbraio

Antonio Sanna

Gino Solinas

1954

28 Febbraio

Antonio Sanna

Antonio Carrus

1955

20 Febbraio

Vincenzo Carta

Luigino Fiori

1956

12 Febbraio

Vincenzo Carta

Attilio Sanna

1957

03 Marzo

Vincenzo Carta

Antonio Caddeo

1958

16 Febbraio

Vincenzo Cartaw

Eisio Sanna

1959

08 Febbraio

Vincenzo Carta

Giuseppino Sanna

1960

28 Febbraio

Antonio Perria

Luigino Fiori

1961

12 Febbraio

Antonio Perria

Peppino Mereu

1962

04 Marzo

Antonio Perria

Pietrino Fiori

1963

24 Febbraio

Antonio Perria

Gianni Casu

1964

09 Febbraio

Mario Cao

Antonio Sanna

1965

28 Febbraio

Mario Cao

Ignazio Cau

1966

20 Febbraio

Mario Cao

Peppino Sanna

1967

05 Febbraio

Mario Cao

Antonio Fiori (Melanzana)

1968

25 Febbraio

Mario Cao

Giovanni Sanna

1969

16 Febbraio

Mario Cao

Giancarlo Piras

1970

08 Febbraio

Giovannico Migheli

Ignazio Pinna

1971

21 Febbraio

Giovanni Sanna

Angelo Misura

1972

13 Febbraio

Giovanni Sanna

Gigi Casu

1973

04 Marzo

Antonio Pala

Annadina Cozzoli

1974

24 Febbraio

Antonio Perria

Giuseppino Sanna

1975

09 Febbraio

Mario Cao

Salvatore Figus

1976

29 Febbraio

Giovanni Pala

Gavino Uras

1977

20 Febbraio

Franco Pinna

Luigi Cozzoli

1978

05 Febbraio

Attilio Sanna

Carlo Pala

1979

25 Febbraio

Eisio Rosas

Sandro Lombardi

1980

17 Febbraio

Giovannico Migheli

Ignazio Nonnis

1981

01 Marzo

Antonino Falchi

Paolo Ferdinando Casu

1982

21 Febbraio

Ignazio Pinna

Ignazio Nonnis

1983

13 Febbraio

Mario Matta

Gianni Figus

1984

04 Marzo

Francesco Pala

Mario Floris 151


Anno

Giorno Sartiglia

Oberaiu de Bandera

Componidori

1985

17 Febbraio

Eisio Leoni

Aldo Cossu

1986

09 Febbraio

Luigi Marongiu Falchi

Luca Naitana

1987

01 Marzo

Luigi Marongiu Falchi

Luigi Mugheddu

1988

14 Febbraio

Giuseppe Vacca

Mariano Amadu

1989

05 Febbraio

Tomaso Pinna

Angelo Porta

1990

25 Febbraio

Mario Matta

Sandro Solinas

1991

10 Febbraio

Ignazio Pinna

Pietro Serra

1992

01 Marzo

Ignazio Pinna

Paolo Casu

1993

21 Febbraio

Antioco Atzeni

Egidio Matta

1994

13 Febbraio

Antonio Matta

Eisio Carta

1995

26 Febbraio

Giuseppe Vacca

Enrico Iriu

1996

18 Febbraio

Franco Pinna

Pierluigi Langiu

1997

09 Febbraio

Tomaso Pinna

Massimiliano Caria

1998

22 Febbraio

Mario Matta

Pier Giuseppe Sechi

1999

14 Febbraio

Gianni Sabattini

Antonello Mele

2000

05 Marzo

Gianni Obino

Maurizio Casu

2001

25 Febbraio

Salvatore Carta

Giuseppe Pinna

2002

10 Febbraio

Ignazio Pinna

Francesco Casu

2003

02 Marzo

Tomaso Pinna

Gabriele Pinna

2004

22 Febbraio

Antonio Matta

Enrico Fiori

2005

6 Febbraio

Carlo Pau

Pietro Serra

2006

26 Febbraio

Salvatore Carta

Gianleonardo Murruzzu

2007

18 Febbraio

Corrado Sanna

Federico Fadda

2008

3 Febbraio

Salvatore Faedda

Attilio Balduzzi

2009

22 Febbraio

Carlo Pau

Andrea Brai

2010

14 Febbraio

Amedeo Pireddu

Mauro Secci

2011

6 Marzo

Genesio Passiu

Giuseppe Catapano

2012

19 Febbraio

Eisio Leoni

Raimondo Carta

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• Fonti e Bibliograia

Il Gremio dei Contadini

La Sartiglia di San Giovanni Battista di Oristano

LA SARTIGLIA


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