Cute e capelli

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Le collane di Fondazione Veronesi - Libertà di sapere. Libertà di scegliere

La cute e i capelli

come prendersene cura durante le terapie oncologiche

INDICE

Diritto di parola

Il cuoio capelluto

Cute e capelli: come prendersene cura

La cura dei capelli e della cute durante le terapie Alopecia indotta

Creatività e nuove tecnologie per gestire l’alopecia

Alopecia da ormonoterapia

Sole e terapie oncologiche: nemici o amici?

Informarsi, approfondire, leggere

COMITATO SCIENTIFICO CHE HA PARTECIPATO AL PROGETTO

Manuelita Mazza Medico con incarico di alta specialità, Divisione di Senologia Medica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano

Norma Cameli

Responsabile Dermatologia Correttiva e Rigenerativa

da chemioterapia
(AIC)
Istituto Dermatologico San Gallicano – IRCCS, Roma
Presidente Fondazione Umberto Veronesi 6 8 13 16 20 35 40 43 46 47
Paolo Veronesi
Umberto Veronesi
Fondazione
LE COLLANE DI FONDAZIONE VERONESI 4

L’immagine corporea è un aspetto importante poiché costituisce il modo in cui pensiamo e sentiamo il nostro corpo e come crediamo che gli altri ci vedano. Il cancro e suoi trattamenti possono cambiarla radicalmente. Un esempio è quello della perdita dei capelli -da sempre, sono simbolo di forza, bellezza e femminilità- associato ai trattamenti per la cura del tumore al seno, neoplasia che ogni anno in Italia conta più di 55mila nuovi casi.

Fortunatamente grazie alla ricerca in questi anni sono state sviluppate terapie sempre più efficaci e meno impattati sulla qualità di vita delle perone. Ciononostante i trattamenti per la cura dei tumori possono ancora, seppur in maniera minore, impattare sulla salute della cute e dei capelli.

Per questa ragione come Fondazione Veronesi abbiamo deciso di realizzare il volume “La cute e i capelli: come prendersene cura durante le terapie oncologiche”. Una guida pratica con domande e risposte per raccontare come affrontare le problematiche associate alle terapie fornendo preziose indicazioni su come ridurre al minimo l’impatto su cute e capelli.

Buona lettura!

Paolo Veronesi

Presidente Fondazione Umberto Veronesi

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Diritto di parola

La diagnosi di tumore al seno mette in discussione l’immagine di sé e determina profondi cambiamenti in una donna, indipendentemente dal mero percorso clinico e terapeutico.

Le terapie spesso spaventano non solo per le tossicità importanti come la anemia o la fatigue, ma anche perché possono provocare caduta dei capelli, fattore che contribuisce ad alterare l’immagine di sé, portando a “non riconoscersi”, al “non sentirsi più femminili”, a sentimenti di imbarazzo nel rapportarsi con la famiglia, con i colleghi e gli amici. Nonostante nella stragrande maggioranza dei casi il problema si risolve rapidamente con la fine delle cure, perdere i capelli è simbolo stesso di malattia, con implicazioni psicologiche che vanno oltre al fatto in sé.

Negli ultimi decenni la ricerca scientifica ha compiuto progressi incredibili: abbiamo capito che il tumore della mammella non è una sola malattia ma più malattie diverse, che possono e devono essere trattate con strategie diverse, per riuscire ad ottenere il migliore risultato per ogni donna che incontra il tumore al seno lungo la sua vita. Tali conoscenze hanno portato a un miglioramento dei risultati clinici ma anche a un miglioramento della tossicità e una migliore conoscenza e consapevolezza dei sanitari circa questa tossicità silenziosa ma estremamente sofferta dalle donne.

Oggi esistono trattamenti che riducono la perdita di capelli anche per il tumore al seno metastatico, quando la terapia può durare molto a lungo. È però senz’altro vero che in molti casi i capelli possono cadere, o comunque apparire indeboliti, spenti, svuotati. Questo quaderno vuole essere uno strumento di quell’alleanza tra medici e pazienti che sempre di più deve far parte della cura; empatia e comprensione dell’altro devono passare anche per le necessità meno impattanti clinicamente ma molto impattanti emotivamente e per la qualità della vita.

Prima di iniziare una cura, non abbiate timore di parlare e chiedere come gestire anche l’aspetto della perdita dei capelli con il vostro medico oncologo in ambulatorio.

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Molte ricerche sugli aventi avversi delle terapie oncologiche hanno portato allo sviluppo di una dermatologia di supporto per gestire il controllo della tossicità a carico di cute, unghie e capelli, conseguente alla chemioterapia, alla radioterapia e alle correzioni ormonali.

Prevenire gli effetti collaterali delle terapie oncologiche è importante non solo per migliorare la qualità di vita dei pazienti ma anche per favorire una maggiore aderenza alle terapie.

Bersagli cutanei delle terapie oncologiche sono sia l’epidermide che il derma, che possono portare ad alterazione della funzione di barriera e secchezza della pelle.

Sin dall’inizio di ogni ciclo terapeutico il paziente deve adottare una serie di misure comportamentali e igieniche preventive che tengano conto degli effetti collaterali a carico della cute.

Bisogna presentare molta attenzione a utilizzare detergenti idonei, sia per la cute che per i capelli, ancor prima di iniziare le terapie oncologiche.

Negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti nel controllo degli effetti collaterali cutanei delle terapie oncologiche e inoltre sono stati sviluppati nuovi approcci di tipo cosmetologico per pazienti affetti da queste problematiche.

Norma Cameli

Responsabile Dermatologia Correttiva e Rigenerativa Istituto Dermatologico San Gallicano – IRCCS, Roma

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Il cuoio capelluto

La cute, o pelle, è il nostro organo più esteso: riveste tutto il corpo e rappresenta spesso il nostro biglietto da visita per il mondo esterno. Nella parte superiore che ricopre e protegge la scatola cranica, la cute costituisce il cuoio capelluto, o scalpo, insieme a diversi altri tessuti. Lo scalpo è infatti un rivestimento complesso, costituito da cinque strati principali:

→ la cute, composta da epidermide e derma.

→ L’epidermide è la porzione di rivestimento superficiale, formata principalmente da cellule chiamate cheratinociti. Essi contengono la cheratina, proteina con funzione protettiva da agenti dannosi come caldo e freddo, radiazioni solari, germi e funghi patogeni, polveri sottili e solventi.

→ Il derma è lo strato sottostante l’epidermide, ricco di fibre elastiche, terminazioni nervose, vasi sanguigni e linfatici. Contiene inoltre i follicoli piliferi, da cui hanno origine i capelli, le ghiandole sudoripare, che producono il sudore, e le ghiandole sebacee, responsabili della produzione di sebo, che protegge e idrata il cuoio capelluto e i capelli con un film idrolipidico.

→ L’ipoderma è lo strato su cui poggia la cute. È un tessuto ben vascolarizzato e ricco di cellule adipose, fornisce isolamento e ammortizzazione.

→ L’ aponeurosi epicranica è uno strato fibroso denso, percorso da fasce muscolari che, contraendosi, permettono di spostare in avanti il cuoio capelluto e corrugare la fronte.

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→ Il tessuto areolare è uno strato costituito da fibre di collagene abbastanza lasse.

→ Il pericranio è lo strato più interno, riccamente vascolarizzato. Fornisce nutrimento alle ossa del cranio sottostanti e supporta i processi riparativi in seguito a traumi.

Grazie alla sua struttura complessa e articolata, il cuoio capelluto è in grado di svolgere la funzione di protezione dell’area cerebrale, agendo come una barriera fisica nei confronti di traumi, patogeni e altri agenti potenzialmente dannosi come i raggi solari. Lo scalpo è inoltre fondamentale per la termoregolazione cerebrale e regola gli scambi con l’ambiente esterno.

poro strato corneo muscolo erettore del pelo

fusto del capello

epidermide

derma

ipoderma

vena

arteria

cellule adipose

ghiandola olearia

follicolo pilifero

terminazione nervosa

matrice dei capelli

papilla dermica

ghiandola sudoripare

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I capelli

I capelli sono generalmente presenti nella parte superiore dello scalpo, dove agiscono da filtro per i raggi solari e contribuiscono alla termoregolazione del capo. Essi sono composti prevalentemente da cheratina, che contribuisce anche alla formazione di peli e unghie, e da una piccola parte di acqua e lipidi. È presente anche il pigmento melanina, prodotta da cellule chiamate melanociti. La melanina è responsabile del colore della capigliatura, che può variare a seconda della tipologia di melanina prodotta e della distribuzione del pigmento all’interno del capello. Con l’avanzare dell’età la produzione di melanina diminuisce e il colore del capello diventa grigio/bianco.

Ogni capello è ancorato al cuoio capelluto attraverso il follicolo pilifero. Nella parte inferiore, il bulbo pilifero, sono presenti cellule che si moltiplicano attivamente e permettono la formazione e la corretta crescita dei capelli. Le cellule del bulbo, oltre a ricevere nutrimento tramite i vasi sanguigni circostanti, sono anche bersaglio di ormoni che influenzano la crescita e la struttura del capello, il quale può variare in diversi momenti della vita di un individuo.

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La vita del capello

I capelli crescono con una velocità di circa mezzo centimetro al mese, lunghezza che può variare a seconda dell’età, di fattori ereditari e sessuali. Il capello è soggetto a un ciclo di crescita della durata di 2-6 anni (solitamente più lungo per le donne e più corto per gli uomini), costituito dalla successione delle quattro fasi:

→ Anagen, è la fase di crescita del capello, caratterizzata da un’intensa attività di produzione cellulare a livello del bulbo, con formazione di cheratina e melanina. È la fase più lunga e che coinvolge quindi la maggior parte della capigliatura di ciascun individuo: in condizioni fisiologiche, circa l’85%-90% dei capelli si trova in questa fase.

→ Catagen, è considerato il periodo di involuzione. Durante questa fase i follicoli piliferi diminuiscono gradualmente la loro attività fino ad arrestarla, e iniziano a ritrarsi verso la superficie. In condizioni fisiologiche, circa il 5% dei capelli si trova in questa fase, che ha la durata di 2-3 settimane.

→ Telogen, è la fase di riposo prima della caduta e dura circa 2-3 mesi. Il capello è ancora all'interno del follicolo pilifero, ma le cellule del bulbo sono completamente inattive e il bulbo continua a ritrarsi verso la superficie. Alla fine di questa fase, il capello può coesistere per un breve periodo con un nuovo capello nascente. In condizioni fisiologiche, circa il 10% dei capelli si trova in questa fase.

→ Esogen, è considerata una parte della fase telogen, durante la quale il capello viene espulso dal follicolo. Solitamente la caduta dei capelli avviene durante i momenti di lavaggio e spazzolatura della capigliatura e coinvolge circa 50-100 capelli al giorno.

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Il ciclo del capello può variare a seconda delle fasi della vita ed è fortemente influenzato dagli ormoni estrogeni: le donne durante la gravidanza, ad esempio, hanno un maggior numero di capelli in fase anagen e tendono ad avere una chioma più folta. Nel periodo post-partum invece, molti capelli entrano in fase telogen-esogen, causando un temporaneo diradamento della capigliatura. Un diradamento diffuso dei capelli si può anche verificare durante la menopausa, quando si verifica un calo fisiologico del livello di estrogeni.

Squilibri ormonali, ma anche stress, alterazioni metaboliche o altre condizioni patologiche possono quindi interferire con il normale ciclo di crescita del capello: in molti di questi casi, la fase anagen di crescita si accorcia e di conseguenza il capello può presentarsi più corto e sottile.

Anche gli altri peli del nostro corpo vanno in contro allo stesso ciclo vitale, ma con alcune differenze nella durata: per i peli corporei, ad esempio, la fase anagen dura solo qualche mese (invece che anni) – e per questo motivo sono generalmente più corti dei capelli.

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Cute e capelli: come prendersene cura

La cute e capelli sono tessuti estremamente dinamici, che vanno in contro a un rinnovamento continuo durante tutta la vita. Visto il loro importante ruolo di barriera fisiologica per il nostro capo è fondamentale prendercene cura quotidianamente attraverso una corretta detersione. Una buona pulizia del cuoio capelluto è cruciale per il mantenimento del film idrolipidico di superficie e delle caratteristiche fisico-chimiche, al fine di mantenere un’effettiva protezione dell’organismo e contribuire alla prevenzione di eventuali patologie cutanee.

Una corretta detersione consiste nel rimuovere l’eccesso di secrezioni e sporco ambientale, nel contenimento della flora microbica normalmente presente e nell’allontanamento delle cellule desquamanti, cioè lo strato superiore della pelle che viene ricambiato fisiologicamente ogni 14 giorni circa.

Una detersione inadeguata, invece, può portare a un danneggiamento degli strati più superficiali dell’epidermide con conseguente aumento della secchezza cutanea e perdita delle difese verso aggressioni sia chimiche che microbiologiche.

Inoltre, un cuoio capelluto ben pulito favorisce il corretto funzionamento dei follicoli piliferi, la stimolazione del ciclo di crescita del capello: per una chioma sana e forte è bene partire dalla radice!

Accorgimenti per una detersione efficace

La detersione non deve essere intesa solo come rimozione dello sporco dalla superficie corporea, ma anche come trattamento per la pelle e i capelli. La scelta del prodotto più idoneo è correlata alla zona cutanea (corpo, viso, cuoio capelluto), al tipo di pelle (secca, grassa, sensibile) e alla frequenza di utilizzo. Il prodotto ideale dovrebbe avere un ridotto potere irritante e dovrebbe apportare alla cute le sostanze utili eventualmente rimosse durante la procedura di lavaggio.

Per prendersi cura della propria cute è quindi importante prestare attenzione ai prodotti utilizzati, prediligendo tensioattivi non troppo aggressivi. I tensioattivi sono sostanze che aumentano la miscibilità di composti diversi, come l’acqua che usiamo per lavarci e lo sporco di natura grassa presente sulla nostra pelle, facilitandone la rimozione.

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Un altro elemento importante da tenere in considerazione è il potere schiumogeno del composto: la schiuma ci aiuta a disperdere le particelle di sporco rimosse dal detergente, per evitare che riprecipitino sulla pelle. In generale, più schiuma fa un tensioattivo, più è efficiente nel rimuovere lo sporco. Bisogna però fare attenzione che il prodotto non sia troppo efficace, altrimenti il rischio è quello di rimuovere anche il film-idrolipidico della pelle: una sensazione di secchezza dopo esserci lavati è di solito un buon campanello d’allarme per l’aggressività dei detergenti. In questi casi si può cambiare detergente o compensare applicando creme idratanti e nutrienti dopo il lavaggio.

Se uno lo desidera, la doccia può essere effettuata ogni giorno, ma bisogna porre estrema attenzione ai detergenti da utilizzare per evitare secchezza, danni e irritazione al cuoio capelluto. In questo senso, l’uso di detergenti delicati è fondamentale. I nuovi prodotti in commercio tendono a formulare sistemi detergenti sempre più sofisticati e sicuri.

Anche la temperatura dell’acqua è importante: temperature troppo elevate possono irritare e provocare disidratazione della pelle, pertanto è preferibile utilizzare acqua tiepida e docce rapide - a salvaguardia della nostra pelle e del pianeta.

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Capelli e stili di vita

Oltre a fattori genetici, eventuali patologie e trattamenti, anche il nostro stile di vita può influire notevolmente sullo stato di salute dei capelli.

Chi pratica sport con costanza tenderà ad avere una maggiore sudorazione e la tendenza a lavare più spesso i capelli. Lo stress può causare una maggiore produzione di sebo, e se diventa cronico, può portare anche a un’aumentata perdita di capelli.

Il fumo, oltre a sporcare il capello e a conferire un cattivo odore, sembra anche incidere negativamente sulla caduta dei capelli attraverso molteplici meccanismi: in primis, riduce la circolazione sanguigna verso il bulbo pilifero, compromettendo il nutrimento del capello. Inoltre, causa danni al DNA delle cellule del bulbo e può indurre infiammazione del follicolo pilifero. Sempre a livello del follicolo, il fumo blocca l’attività dell’enzima aromatasi (necessario per il passaggio finale della biosintesi degli estrogeni), causando una diminuzione del livello di questi ormoni che promuovono la fase anagen, e quindi incidendo negativamente sulla crescita del capello.

Diversi studi indicano che anche l’inquinamento è nemico della cute e dei capelli: secondo una recente ricerca coreana lo smog, in particolare il particolato fine come il PM10 (particelle dal diametro di 10 micrometri), può causare infiammazione della cute e compromettere la funzionalità delle cellule deputate alla crescita del capello. Anche l’alimentazione ha un ruolo chiave per la salute dei capelli: un regime alimentare scorretto può portare a carenze di alcuni nutrienti fondamentali come le vitamine A, C, D, E, le vitamine del gruppo B, lo zinco, il ferro, la biotina, e alcuni acidi grassi essenziali come gli omega-3. Insufficiente apporto di questi elementi può causare secchezza della cute, capelli spenti e arruffati, e in alcuni casi può anche provocare la precoce caduta dei capelli.

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La cura dei capelli e della cute durante le terapie oncologiche

Ogni persona è unica per tipologia di cute e capelli, è quindi importante trattare le differenze con accorgimenti dedicati, con una particolare attenzione ai pazienti oncologici che hanno fatto o si stanno sottoponendo a chemioterapia antitumorale. Le cellule cancerose si duplicano molto rapidamente e la chemioterapia punta proprio a colpire le cellule con questa caratteristica, utilizzando sostanze che interferiscono con il processo di moltiplicazione e inducendone la morte (azione citotossica).

Tuttavia, i farmaci chemioterapici una volta entrati nel circolo sanguigno raggiungono tutti i distretti dell’organismo, dove incontrano anche altre cellule sane caratterizzate da una rapida crescita, come le cellule del sangue, della mucosa che ricopre l’apparato digerente, della pelle e dei bulbi piliferi. Da qui derivano i più comuni effetti collaterali delle chemioterapie come anemia e calo delle difese immunitarie, nausea e vomito, secchezza cutanea e perdita di capelli.

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Anche la radioterapia ha come bersaglio le cellule che si dividono rapidamente, ma a differenza della chemio è indirizzata verso una specifica parte del corpo dove ha sede il tumore: di solito, quindi, non porta alla caduta dei capelli, ma può farlo in caso di tumori della testa e del collo. La radioterapia può inoltre causare effetti indesiderati alla cute nella zona interessata dal trattamento, come secchezza, rossore, gonfiore, prurito e aumentata sensibilità. Conseguenze delle terapie che possono variare sia a seconda della parte del corpo interessata, sia della durata e intensità del trattamento.

Diversi studi mostrano che le terapie ormonali, un pilastro per il trattamento del tumore al seno, possono causare alopecia androgenetica, cioè il diradamento o perdita di capelli in alcune aree dello scalpo. Gli estrogeni sono infatti ormoni con un noto effetto positivo su molti tessuti, incluso il cuoio capelluto, dove promuovono la crescita del capello. Tuttavia, esiste anche una forte correlazione tra questi ormoni e lo sviluppo e progressione di alcuni tumori, come il tumore al seno, la patologia oncologica più frequente tra le donne a livello mondiale. Circa il 75-80% dei tumori al seno presenta infatti recettori per gli estrogeni (ER+) e dunque viene stimolato a crescere in risposta a questi ormoni. Le terapie ormonali per il trattamento di questi tumori prevedono molecole che contrastano questo meccanismo, inibendo l’attività o la sintesi degli estrogeni. Una strategia efficace contro le cellule tumorali, ma che a livello del cuoio capelluto crea un ambiente sfavorevole alla crescita del capello.

Numerose ricerche sugli eventi avversi delle terapie oncologiche hanno portato allo sviluppo di una dermatologia di supporto per gestire la tossicità a carico di cute –con conseguente alterazione della sua funzione di barriera – e capelli in seguito a chemioterapia, radioterapia e trattamenti ormonali.

L’impatto degli effetti collaterali delle terapie oncologiche sulla vita dei pazienti è un fattore da non trascurare, poiché può influire sulle decisioni riguardanti i rischi e benefici dei trattamenti. Prevenire, per quanto possibile, gli effetti collaterali è fondamentale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e per favorire una maggiore aderenza alle terapie.

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Attenzione alla detersione

Sin dall’inizio di ogni ciclo terapeutico, i pazienti e le pazienti possono adottare una serie di misure comportamentali e igieniche preventive che tengano conto degli effetti collaterali a carico della cute. In quest’ottica, è importante prestare una particolare attenzione alla detersione, utilizzando prodotti idonei ancor prima di iniziare la chemioterapia. Non tutti i detergenti sono uguali e, sia prima che durante le terapie, si consiglia di:

→ prediligere prodotti che contengono tensioattivi non aggressivi e dal basso potere schiumogeno (evitando prodotti contenenti il sodiolauril-solfato e il sodio lauriletere solfato);

→ preferire una detersione per “affinità”. In questo metodo, non vengono utilizzate sostanze tensioattive e si elimina lo sporco di natura grassa mediante emulsioni di sostanze lipidiche in grado di rimuovere facilmente le sostanze affini. I prodotti detergenti sono rappresentati in larga parte da emulsioni olio/ acqua o acqua/olio in cui la componente lipidica può essere costituita da grassi vegetali di derivazione naturale (karité, germe di grano, avocado, jojoba, aloe vera) o di sintesi (caprylyc capric triglyceride). L'azione detergente delicata svolta da questi prodotti, oggi arricchiti da sostanze funzionali sempre più specifiche, evita la drastica delipidizzazione della cute;

→ utilizzare prodotti con aggiunta di sostanze idratanti/ristrutturanti durante la detersione: le tecnologie più attuali cercano non solo di compensare i danni dei detergenti, ma anche di produrre dei benefici che includono in particolare la deposizione di olii, lipidi e umettanti durante il lavaggio;

→ un altro fattore da valutare è il pH dei detergenti, che sono generalmente divisi in due tipologie: i saponi, basici per natura (pH tra 7 e 14) e i detergenti costituiti da surfattanti sintetici (syndet) il cui pH è generalmente vicino al pH neutro (pH 7) o leggermente acido (pH inferiore a 7). In generale i detergenti con pH neutro o acido, vicino a quello fisiologico della cute (pH 5,5) risultano meno dannosi per la pelle.

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Anche la temperatura dell’acqua con la quale ci si lava influisce sulla delicatezza della detersione. Infatti, il grado di attività dei tensioattivi aumenta proporzionalmente con la temperatura con la quale esso è diluito. Quindi il lavaggio con l’acqua calda a 40 gradi risulta essere molto più aggressivo sulla cute di un lavaggio a 25 gradi. Ne consegue che per una maggiore delicatezza nel processo di detersione sia importante controllare attentamente la temperatura dell’acqua e possibilmente utilizzare acqua tiepida o fredda, per poco tempo.

In generale, quindi, il primo passo verso una corretta detersione consiste nel minimizzare i danni provocati dai detergenti e dal processo di lavaggio. Il secondo passo è invece compensare i danni provocati dai detergenti aggiungendo sostanze idratanti/ristrutturanti durante il lavaggio. Per i pazienti in trattamento oncologico, è consigliato ridurre al minimo l’utilizzo di scrub e prodotti contenenti sostanza potenzialmente irritanti, come profumi e fragranze. Inoltre, è importante ricordare che devono essere idonei non solo i detergenti per il corpo, ma anche i detersivi e gli ammorbidenti per la biancheria che andranno in contatto con la pelle.

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Alopecia indotta da chemioterapia (AIC)

La chemioterapia può avere diversi effetti collaterali, ma l’alopecia, cioè la caduta dei capelli, è per molte persone uno dei più temuti poiché rappresenta un simbolo pubblico della malattia e un continuo promemoria della propria condizione di paziente oncologico. Diversi studi indicano che la perdita di capelli può essere una significativa fonte di stress psicologico e può avere un effetto negativo sulla percezione del proprio aspetto, sull’autostima e sulla vita sessuale, causando uno stato di ansia, depressione e ridotto senso di benessere generale.

Studi suggeriscono che l’AIC abbia un effetto particolarmente traumatico per le donne con tumore al seno, le quali devono già affrontare la possibile perdita di un organo – o parte di esso – legato alla propria immagine, rispetto a pazienti con tumori il cui trattamento chirurgico è meno visibile. Nella percezione dell’AIC possono subentrare anche differenze di genere: anche per gli uomini la prospettiva della perdita di capelli può essere difficile da accettare, ma è un evento che può verificarsi anche in condizioni di buona salute quando, dopo una certa età, si verifica in diversi casi una fisiologica perdita parziale o totale della capigliatura. La calvizie invece è più rara nelle donne, ed è spesso associata a condizioni di malattia.

I pazienti si trovano quindi a fare i conti non solo con la loro patologia tumorale, ma anche con il pesante impatto psicologico e sociale della perdita dei capelli, che può diventare un vero e proprio deterrente per l’adesione alle terapie. In uno studio scozzese di inizio anni ’90, l’8,3% delle pazienti con tumore al seno ha dichiarato che il pensiero dell’alopecia da chemioterapia era così angosciante che hanno seriamente considerato di rifiutare i trattamenti.

L’attitudine nei confronti della possibile perdita di capelli può essere influenzata anche dalla probabilità di sopravvivenza: i pazienti sono in genere più inclini ad accettare questo effetto collaterale se le possibilità di sopravvivenza sono alte, mentre, nei casi di tumori metastatici e di trattamenti mirati a prolungare la sopravvivenza, mantenere una buona qualità della vita durante i trattamenti acquisisce un peso differente.

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AIC: cosa aspettarsi

L’alopecia indotta da chemioterapia si manifesta con un’incidenza stimata del 65%, frequenza che può variare significativamente a seconda di differenze individuali e del regime chemioterapico, cioè dose e modalità di somministrazione, tipologia di agente o combinazione di agenti chemioterapici utilizzati per il trattamento. Durante le terapie possono infatti essere utilizzati più farmaci chemioterapici in combinazione, soprattutto per il trattamento di tumori senza terapie specifiche – come il tumore al seno triplo negativo. Ognuno dei chemioterapici colpisce un diverso meccanismo alla base della crescita cellulare e la somministrazione simultanea consente di aggredire le cellule tumorali in maniera più efficace.

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Classe di farmaco

Taxani (interferiscono con la divisione cellulare bloccando lo scheletro della cellula – i microtubuli)

Antracicline (antibiotici con attività antitumorale)

Farmaco e incidenza di AIC

Docetaxel (56-76%)

Eribulina (45%)

Ixabepilone (48%)

Paclitaxel (87%)

Daunorubicina (>10%)

Doxorubicina (più frequente quando somministrata intravena, meno frequente quando somministrata oralmente e a basse dosi <30 mg/m2)

Epirubicina (70-96%)

Idarubicina (25-30%)

Agenti alchilanti (modificano il DNA per impedire la proliferazione cellulare)

Busulfan (17%)

Cisplatinio (<1%)

Carbonplatino (2-3%)

Ifosfamide (83-90%)

Antimetaboliti (interferiscono con la sintesi del DNA e dell'RNA, sostituendosi alle molecole normalmente utilizzate per la loro produzione)

Busulfan (17%)

Cisplatinio (<1%)

Carbonplatino (2-3%)

Ifosfamide (83-90%)

Gemcitabine (15-16%)

Floxuridine (1-10%)

Capecitabine (6%)

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Esempi di farmaci chemioterapici in relazione al livello di alopecia indotto dal trattamento. Fonte Lacy et all Drug information handbook, 19th ed; Chemotherapy-induced alopecia. S. Chon, 2012 Medicine Journal of the American Academy of Dermatology

L’alopecia può interessare sia il cuoio capelluto sia i peli di altre aree del corpo come ciglia, sopracciglia, ascelle e pube. In genere, la caduta dei capelli inizia tra le due e le quattro settimane dall’inizio del trattamento e continua fino a qualche settimana dopo la fine delle terapie. La modalità con cui l’alopecia si presenta può variare nelle manifestazioni, nel tempo di comparsa e nella distribuzione: può presentarsi come una perdita repentina, a ciocche o un diradamento graduale. I pazienti solitamente iniziano a vedere una ricrescita dopo circa sei/otto settimane dal termine della chemioterapia.

I nuovi capelli possono essere inizialmente più sottili e fragili, e presentare delle differenze in colore e/o aspetto rispetto a prima delle terapie: potrebbero ricrescere crespi o ricci, anche in pazienti che originariamente avevano i capelli lisci, ma le differenze sono solitamente temporanee. Inoltre, finché non si riattivano i melanociti follicolari, i capelli possono ricrescere con una colorazione grigia prima di ritornare a quella originale.

L’AIC è generalmente un evento reversibile, poiché le cellule staminali del follicolo pilifero (progenitrici di quelle che costituiscono i capelli) vengono solitamente risparmiate dagli effetti nocivi della chemioterapia, probabilmente grazie alla loro crescita più lenta. In alcuni pazienti, tuttavia, l’alopecia può persistere più a lungo, per diversi anni dopo i trattamenti, e in rari casi risultare irreversibile.

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AIC: come gestirla al meglio

Informazioni esaustive e accurate riguardo l’alopecia indotta da chemioterapia e la sua gestione hanno dimostrato di portare benefici a livello psicologico per i pazienti. Per gestire al meglio questo effetto collaterale e ridurre la frustrazione e l’ansia legata all’AIC, è importante che i pazienti vengano messi a conoscenza di tutte le diverse fasi che dovranno affrontare, prima, durante e dopo i trattamenti.

Prima

Prima delle terapie, nella fase detta di “anticipazione” è importante gestire l’ansia e l’incertezza legata alla possibile perdita di capelli, fornendo ai pazienti informazioni scrupolose sui cambiamenti fisici e sostegno per l’impatto psicologico e sociale. Da parte loro, i pazienti possono seguire alcune pratiche accortezze:

→ prendersi cura dei propri capelli e cuoio capelluto. Evitare tutti i trattamenti potenzialmente stressanti per i capelli, come decolorazioni, colorazioni e permanenti che possono indebolire la chioma. Ridurre al minimo l’utilizzo del phon per asciugare i capelli ed evitare l’utilizzo di piastre: più forti saranno i capelli all’inizio delle terapie, maggiori sono le possibilità di ritardare l’inizio dell’alopecia o ridurne l’impatto;

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→ in caso di capelli lunghi, considerare l’opzione di un taglio di capelli corto. Quest’accortezza può aiutare a rendere meno evidente l’inizio della caduta dei capelli e favorire una transizione graduale alla totale perdita della capigliatura. Per rendere questo momento meno traumatico si possono adottare alcune attenzioni: farsi tagliare i capelli con le forbici, più silenziose del rasoio elettrico, e raccogliere le ciocche tagliate in una busta, per evitare la vista del cumulo di capelli a terra;

→ pianificare se e come coprire il capo. Questa è una decisione personale, su cui si consiglia di fare un pensiero già prima, in modo da arrivare preparati al momento in cui inizia la caduta dei capelli. A oggi esistono molteplici opzioni: dai foulard alle parrucche, dalle protesi per capelli alle decorazioni con l’henné.

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Durante

Dopo due o quattro settimane dall’inizio delle terapie i capelli possono iniziare a cadere: questo può essere per alcuni pazienti il momento della presa di coscienza, quando realizzano che, nonostante le speranze, non saranno risparmiati da questo effetto collaterale. Per gestire al meglio questo momento i pazienti possono:

→ continuare a essere gentili e delicati con i capelli rimanenti. Si consiglia di utilizzare spazzole morbide e lavare la testa solo quando necessario, con shampoo delicati, come quelli indicati per i neonati;

→ considerare l’opzione di rasare i capelli. In seguito a trattamenti chemioterapici, durante la fase di caduta dei capelli, il cuoio capelluto può risultare più sensibile, irritato e fare prurito. Rasare i capelli può presentare dei benefici fisici, riducendo l’irritazione dello scalpo, e per alcune persone anche psicologici, poiché rimuove l’imbarazzo della fase di caduta dei capelli;

→ proteggere il cuoio capelluto. Durante le chemioterapie la pelle diventa più sensibile e senza i capelli il cuoio capelluto è più esposto al cambio di temperature e ai raggi solari. A prescindere dalla decisione personale di coprirsi il capo in caso di AIC, specialmente all’esterno, è bene utilizzare appropriati accorgimenti per proteggere lo scalpo dal freddo e dai raggi UV, con filtri solari, cappelli o foulard.

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Dopo

Dopo circa sei o otto settimane dal termine delle terapie inizia la tanto attesa fase di ricrescita dei capelli, durante la quale i pazienti devono decidere quando abbandonare l’eventuale copricapo e gestire la crescita dei nuovi capelli, che inizialmente potrebbero essere differenti per colore e aspetto. Durante questa fase è bene:

→ continuare a essere gentili e delicati con i nuovi capelli, che inizialmente saranno più fragili, e la cute che sarà ancora sensibile. Evitare qualsiasi trattamento aggressivo come colorazioni, decolorazioni e permanenti finché il capello non si irrobustisce.

→ Portare pazienza. La fase di ricrescita è un processo lento e graduale: occorre tempo ai follicoli piliferi per riprendere la loro normale attività dopo i trattamenti oncologici.

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Tinture e trattamenti per capelli dopo le terapie oncologiche

Il ritorno alla normalità dopo le terapie include, per alcune pazienti, la possibilità di tornare a tingersi i capelli. La colorazione dei capelli è possibile seguendo attentamente alcuni accorgimenti per evitare di danneggiare ulteriormente il cuoio capelluto indebolito dai trattamenti oncologici.

→ Devono essere passati almeno 6 mesi dal termine delle terapie, e i capelli devono essere lunghi almeno 3/4 centimetri.

→ Evitare di utilizzare tinture con ammoniaca e resorcina, sostanze utilizzate per favorire la presa del colore sul capello, ma con un’azione molto aggressiva che rischia di indebolirne il fusto e irritare la cute.

→ Ok alle tinte naturali, ma prestare sempre attenzione agli ingredienti (anche le piante possono essere tossiche) e ad eventuali componenti aggiuntivi.

→ Prima di utilizzare qualsiasi tintura fare un patch test per verificare l’assenza di reazioni sulla pelle.

→ Per i capelli lunghi, considerare l’opzione delle mèches che minimizza il contatto della tintura con il cuoio capelluto.

E gli altri trattamenti per i capelli? Dipende!

La stiratura alla cheratina è adatta anche a chi ha da poco terminato le cure oncologiche, poiché utilizza prodotti ricostituenti che lisciano i capelli senza danneggiarli o irritare la cute.

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“Quando potrò rifarmi la tinta?”

Attenzione invece ai trattamenti liscianti contenenti formaldeide: questa sostanza è stata inserita dall’IARC (International Agency for Research on Cancer) nell’elenco delle sostanze certamente cancerogene. Secondo il Regolamento n. 1223/2009 del Parlamento Europeo la percentuale di formaldeide consentita per i prodotti liscianti non deve superare lo 0,2%, ma per le ex-pazienti è meglio evitarla del tutto. Quindi attenzione alle etichette e a eventuali odori pungenti (tipici della formaldeide) durante i trattamenti per capelli.

Per le amanti dei ricci, nei primi mesi di ricrescita è sconsigliata la permanente per ridurre il rischio di danni e irritazioni in una fase in cui i capelli sono particolarmente fragili.

In ogni caso, dopo le terapie oncologiche è sempre bene chiedere il parere del proprio oncologo prima di procedere con tinture e trattamenti per i capelli.

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AIC: possibili soluzioni

A oggi non esiste ancora un trattamento che possa prevenire con certezza la perdita di capelli durante le terapie oncologiche. Tuttavia, visto il forte impatto dell’AIC, sono in fase di studio diversi strumenti e trattamenti per ridurre – e idealmente prevenire – la caduta dei capelli, insieme a soluzioni sempre più avanzate per gestire al meglio questo temuto effetto collaterale.

Le cuffie refrigerate

Finora lo strumento che si è rivelato il più promettente per la riduzione e prevenzione della AIC sono le cuffie refrigerate, che sfruttano l’ipotermia per minimizzare la quantità di farmaci chemioterapici che raggiunge i follicoli piliferi e quindi ridurre la perdita dei capelli. Il raffreddamento dello scalpo ha una duplice funzione: da una parte induce vasocostrizione a livello del derma e dell’ipoderma del cuoio capelluto, riducendo la circolazione del farmaco in questo distretto corporeo. Inoltre, le basse temperature rallentano la proliferazione cellulare a livello del follicolo, rendendole un minor bersaglio dei chemioterapici.

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Dai caschetti manuali a quelli automatizzati

Per massimizzare l’efficacia di questa strategia il raffreddamento deve iniziare almeno mezz’ora prima della seduta di chemioterapia, per dare il tempo all’ipotermia di fare effetto sui tessuti dello scalpo, e continuare per 1 o 2 ore dopo la sua fine.

Queste fasi di preparazione sono da tenere in considerazione per la gestione delle logistiche del trattamento, che si allunga rispetto a una normale terapia. Inoltre, la bassa temperatura deve essere mantenuta costante – idealmente attorno ai 3-5 °C – e omogenea su tutto il cuoio capelluto per ottenere migliori risultati.

Questa tecnica è stata sperimentata per la prima volta negli anni ’70 e da allora ha visto un notevole sviluppo della strumentazione utilizzata per raffreddare lo scalpo.

La prima tipologia di cuffie refrigerate è a gestione manuale (cool caps), ed è costituita da caschetti contenenti un gel mantenuto a basse temperature in congelatori biomedici fino al momento dell’utilizzo. I cool caps vengono sostituiti più volte nel corso della chemioterapia per mantenere lo scalpo refrigerato. Questi strumenti richiedono un basso livello tecnologico per la gestione, ma hanno lo svantaggio di oscillazioni di temperatura tra un cambio e l’altro.

In tempi più recenti sono stati introdotti i caschetti refrigerati automatizzati (scalp cooling devices), di cui oggi esistono diverse tipologie. Il primo è stato approvato nel 2015 dalla Food and Drug Administration (l’ente americano che regolamenta l’uso dei farmaci e dei dispositivi medici) per le pazienti con tumore al seno. Nel 2017, l’approvazione è stata poi estesa anche per il trattamento di altri tumori solidi. Nei caschetti automatizzati viene fatto circolare in continuo un liquido refrigerato all’interno di apposite cuffie, ben aderenti alla cute. In questo modo è possibile avere una distribuzione omogenea e un maggior controllo della temperatura, che viene abbassata progressivamente fino a 3-5°C, mantenuta costante per tutto il tempo della terapia e poi rialzata, sempre gradualmente, per ridurre il fastidio causato dallo sbalzo termico.

Al momento in Italia, gli scalp cooling devices non sono forniti dal Sistema Sanitario Nazionale e devono essere acquistati autonomamente, per un costo che può variare dai 1500-3000 $ a seconda del sistema utilizzato e della durata della terapia.

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Da cosa dipende l’efficacia delle cuffie refrigerate

I risultati ottenuti con le cuffie refrigerate possono variare a seconda di diversi fattori, in primis del tipo e durata del trattamento chemioterapico: la cuffia refrigerata è una valida opzione principalmente per chemioterapie di corta durata (es. 4 cicli).

Inoltre, i dati raccolti finora suggeriscono che questo sistema non sia ugualmente efficace con tutti i farmaci. Ad esempio, sembra dare risultati migliori in pazienti trattati con i taxani (preservazione dei capelli nel 50-84% dei casi) rispetto alle antracicline (preservazione dei capelli nel 20-43% dei casi) – anche se sono ancora pochi gli studi in cui vengono analizzati trattamenti con sole antracicline, per cui sono necessarie ulteriori ricerche prima di trarre conclusioni definitive. Inoltre, bisogna anche tenere conto della variabilità di misurazione della perdita di capelli nei vari studi poiché, nonostante l’utilizzo di scale definite e questionari standardizzati, è un fattore non sempre facile da quantificare in maniera oggettiva, sia da parte del paziente che del personale sanitario.

Anche le caratteristiche del paziente, come lo stato della capigliatura a inizio trattamento, possono influenzarne il successo, assieme all’efficienza del sistema con cui è indotta e mantenuta l’ipotermia. Una speciale attenzione andrebbe dedicata alla formazione dei sanitari che gestiscono questi sistemi, poiché il posizionamento e l’aderenza della cuffia sono aspetti importanti per il successo del trattamento.

Limiti ed effetti collaterali

Per quanto promettente, la cuffia refrigerata non è indicata per tutti i tipi di tumori: è controindicata per i tumori ematologici – per cui i trattamenti devono raggiungere tutti i distretti del sistema circolatorio – e non è indicata per tutti i pazienti con tumori solidi, per cui ogni caso va discusso con il proprio medico e oncologo anche a seconda del regime terapeutico previsto. Andrebbe ad esempio evitata nei pazienti che rischiano di sviluppare severe neuropatie periferiche, come coloro che sono in trattamento con derivati del platino, poiché limita la tolleranza al freddo. Sono esclusi dal trattamento anche pazienti con patologie pregresse che li rendono più sensibili al freddo, come per la malattia da agglutinine fredde, una rara patologia autoimmune dove l’abbassarsi della temperatura corporea stimola gli anticorpi ad attaccare i globuli rossi causando anemia nel paziente.

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L’utilizzo della cuffia refrigerata può risultare poco confortevole e sono stati riportati alcuni effetti collaterali, tra i quali il più comune è il mal di testa, nausea, brividi e irritazione o dolore alla cute. Tuttavia, negli studi effettuali finora – principalmente su pazienti con tumore al seno – la percentuale di pazienti che rinuncia al trattamento perché non ritiene sopportabili questi effetti collaterali è generalmente bassa (inferiore al 10%).

Un fattore che ha inizialmente limitato l’applicazione delle cuffie refrigeranti negli Stati Uniti riguarda la possibilità di non eliminare eventuali cellule cancerose a livello dello scalpo, che con il tempo potrebbero portare a metastasi. I dati disponibili oggi indicano che questa sia un’eventualità molto rara, che non dovrebbe prevenire l’utilizzo di questo trattamento, ma è comunque importante continuare a monitorare l’utilizzo di questi strumenti per tenere sotto controllo eventuali effetti collaterali a lungo termine.

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Prevenzione dell’AIC: lavori in corso

Al momento le cuffie refrigerate sono gli unici strumenti approvati per la prevenzione dell’AIC, ma altri trattamenti sono in fase di studio.

L’uso topico di minoxidil al 2% o 5%, un farmaco utilizzato contro la calvizie, non ha mostrato finora risultati soddisfacenti per prevenire la caduta dei capelli, ma sembra efficace nel promuovere la ricrescita ed è consigliato il suo utilizzo dopo i trattamenti. Le conoscenze che abbiamo sui suoi meccanismi d’azione aiutano a capire il perché: questo farmaco è in grado di accorciare la fase telogen e allungare la fase anagen di crescita del capello, supportando la ricrescita dopo le terapie; se utilizzato durante le terapie, tuttavia, aumenterebbe il numero di capelli sensibili all’attività citotossica dei farmaci. Inoltre, il minoxidil induce anche vasodilatazione e angiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni), che durante la chemioterapia aumenterebbe l’accesso e la permanenza dei farmaci chemioterapici attorno al bulbo. Dopo le terapie, invece, l’aumentata vascolarizzazione supporta la crescita dei capelli garantendo l’apporto di nuovi nutrienti.

È in fase di studio anche l’uso topico di un analogo delle prostaglandine (PG), noti anche per un’azione favorevole anche nei confronti della crescita dei capelli. Una molecola analoga delle prostaglandine, il bimatoprost 0,03%, è un farmaco approvato per trattare l’ipotricosi delle palpebre (ovvero la scarsità di ciglia) e ha dato risultati positivi anche per alcuni pazienti con AIC. Come il monoxidil, supporta la fase anagen del ciclo del capello, e anche in questo caso è consigliata la somministrazione dopo le terapie.

Anche il calcitrolo (la forma attiva della vitamina D3), normalmente utilizzato per il trattamento di osteoporosi e psoriasi, è stato proposto per la prevenzione di AIC. I risultati ottenuti in modelli animali sono promettenti e vedono una riduzione dell’alopecia indotta da chemioterapia, ma gli studi nei pazienti non sono sempre consistenti, per cui sono necessari ulteriori ricerche per determinare l’efficacia e sicurezza dell’uso topico del calcitrolo per la prevenzione dell’AIC.

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Creatività e nuove tecnologie per gestire l’alopecia

A oggi non abbiamo strumenti che ci permettano di prevenire con certezza l’alopecia causata dalle terapie oncologiche, per cui è importante essere preparati per gestire questo cambiamento. La decisione di coprirsi il capo durante le terapie è puramente personale e può essere influenzata dal contesto culturale, familiare e sociale: le opzioni a disposizione di chi sceglie di coprirsi il capo sono diverse e vanno dalle parrucche tradizionali, a nuove protesi capillari, oppure foulard e turbanti e in alcuni casi anche l’henné.

Quando non è possibile prevenire, è importante trovare la soluzione che più rappresenti la persona e la faccia sentire a suo agio, durante e dopo il percorso delle terapie oncologiche.

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Parrucca e non solo: l’avvento delle protesi capillari

Per molte persone i capelli sono associati alla propria identità personale, per cui diversi pazienti con AIC decidono di optare per l’utilizzo di una parrucca. C’è chi preferisce mantenere un senso di continuità con la propria immagine e opta per una parrucca simile ai propri capelli, chi invece sfrutta l’occasione per cambiare e sperimentare un nuovo look.

Esistono diverse tipologie di parrucche, sintetiche o realizzate con capelli veri, ma la vera novità sono le protesi capillari. Queste parrucche sono realizzate su misura, con capelli veri “vergini” (cioè mai trattati), e aderiscono al capo tramite tessuti come idro-bende che a contatto con il calore si scaldano e diventano adesivi. Al contrario delle parrucche tradizionali, queste rimangono “fisse”: vengono rimosse da personale di centri specializzati una volta al mese per igienizzare la cute e il lavaggio della parrucca. Questo gesto quotidiano, assieme al fatto di vedersi sempre con i capelli – anche la mattina appena alzati – permette di mantenere un maggior senso di continuità con la propria immagine durante tutto il periodo della terapia.

Le protesi vengono generalmente applicate in centri appositi poco prima che cadano i capelli; in caso di capelli lunghi, questi vengono tagliati prima dell’applicazione della protesi capillare.

Dopo la fine dei trattamenti, quando i capelli iniziano a ricrescere, la idro-benda può essere sostituita con delle microclip che vengono attaccate alla base dei nuovi capelli: in questa fase la paziente può rimuovere la parrucca anche in autonomia, aiutando la transizione verso la nuova capigliatura.

Un recente studio italiano, condotto presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano su donne con recidiva di carcinoma alla mammella con AIC che avevano precedentemente provato la parrucca tradizionale, ha riportato che l’utilizzo della protesi capillare ha migliorato la percezione della propria immagine corporea. In particolare, il fatto che non venisse riconosciuto come una parrucca consentiva alle pazienti di evitare un continuo confronto con parenti e colleghi sul tema della malattia, migliorando la qualità della vita.

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Costi e detrazioni per le parrucche

Al momento l’utilizzo della protesi capillari deve tenere conto di costi maggiori (fino a dieci volte) rispetto alle classiche parrucche, e non è ancora previsto un sistema di detrazione, anche se negli ultimi anni ci sono state alcune iniziative da parte di associazioni per sostenere le pazienti con maggiore fragilità economica. Visto il ruolo nel miglioramento della qualità della vita del paziente, le parrucche sono da considerarsi come un vero e proprio presidio sanitario. Per tutti pazienti oncologici la spesa per l’acquisto della parrucca tradizionale in caso di alopecia per trattamenti antitumorali può essere detratta fiscalmente dai redditi, allegando l’idonea documentazione.

A oggi non esiste una normativa nazionale che regolamenti in modo uniforme gli interventi pubblici per l’acquisto della parrucca da parte di pazienti oncologici. I contribuiti, parziali o totali, per favorire l’acquisto di questi dispositivi varia da regione a regione: al momento sono 16 le regioni con fondi stanziati a questo scopo.

Sempre a livello regionale, esistono alcune associazioni di volontariato operanti sul territorio che mettono a disposizione gratuitamente delle parrucche per pazienti oncologici.

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Detrazione fiscale

Per tutti i pazienti oncologici indipendentemente dal luogo di residenza, la spesa per l'acquisto della parrucca in caso di alopecia per trattamenti antitumorali può essere detratta fiscalmente dai redditi.

Trentino Alto Adige

rimborso fino a � 200

Piemonte

rimborso fino a � 250 (legato all'ISEE)

Liguria

Lombardia

rimborso fino a � 250

Veneto

rimborso fino a � 400

Emilia Romagna

rimborso fino a � 400

rimborso fino a � 250 (legato all'ISEE)

Toscana

rimborso fino a � 300, � 900 per specifici casi

Umbria

rimborso fino a � 300

Lazio

rimborso fino a � 250

Sardegna

rimborso fino a � 150

Marche

rimborso fino a � 200

Abruzzo

rimborso fino a � 200

Molise

rimborso fino a � 250 (legato all'ISEE) Puglia

rimborso fino a � 300

Basilicata

rimborso fino a � 250 per una parrucca e � 50 per protesi tricologiche

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Parrucche per pazienti oncologici contributi e/o rimborsi regionali per l'acquisto
Fonte aimac

Quando l’alopecia diventa arte: le corone di hennè

Una strategia alternativa per affronta l’alopecia da terapie oncologiche sono i decori di henné- o mehndi – tatuaggi temporanei utilizzati in India e Nordafrica per la decorazione di mani e piedi in occasione del rito nuziale, con il significato di buon auspicio e di protezione. Questa forma di body art viene essere utilizzata anche in occasione di altri riti e cerimonie, e recentemente è approdata anche in Occidente come opzione per le donne affette da AIC.

Invece che coprire con parrucche o turbanti le calvizie causate dai trattamenti, alcune pazienti possono decidere di “abbracciare” il nuovo aspetto e trasformare il proprio capo in vere opere d’arte, che diventano fonte di stupore anziché compassione. Anche il rituale dell’applicazione dell’henné può diventare un momento terapeutico, una parentesi di leggerezza, in un momento altrimenti complesso.

L’henné è una pasta ottenuta dalle foglie dell’arbusto Lawsonia inermis, che dopo la raccolta vengono essiccate e ridotte in polvere. Le sostanze contenute in questa pianta sono tendenzialmente sicure e non aggressive per la pelle; tuttavia, le paste premiscelate possono includere ingredienti aggiuntivi per modificarne il colore, ed è bene quindi farne uso previo consenso del proprio medico e oncologo.

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Alopecia da ormonoterapia

Mentre la frequenza e le caratteristiche cliniche dell’alopecia indotta da chemioterapia è ben nota, abbiamo meno informazioni sull’incidenza e le particolarità dell’alopecia causata dalle terapie ormonali, poiché meno descritta nella letteratura medico-scientifica.

Anche le terapie ormonali, un cavallo di battaglia nel trattamento del tumore al seno, possono causare perdita di capelli nelle pazienti, solitamente di tipo androgenico, cioè caratterizzata dalla recessione della linea frontale dei capelli e assottigliamento della capigliatura lateralmente e al centro dello scalpo, con un’incidenza riportata tra lo 0% e il 25% delle pazienti.

Le terapie ormonali per il trattamento del tumore al seno ER+ prevedono l’utilizzo di molecole che bloccano i recettori per gli estrogeni (es. tamoxifene), o inibiscono la produzione di questi ormoni (inibitori delle aromatasi). Nelle donne in premenopausa, questi farmaci sono assunti in combinazione ad analoghi dell’LH-RH, farmaci che inibiscono la produzione degli estrogeni da parte delle ovaie. Una strategia efficace per bloccare la crescita delle cellule tumorali, stimolate dagli estrogeni, ma la riduzione di questi ormoni a livello del follicolo pilifero può influire negativamente sulla crescita del capello, accorciandone la fase anagen e spingendolo a entrare in fase di riposo. Al contrario delle chemioterapie, le terapie ormonali non hanno quindi un diretto effetto citotossico sulle cellule del follicolo, ma creano un ambiente sfavorevole alla crescita del capello.

Il grado di perdita di capelli è quindi meno severo rispetto all’AIC, ma studi su pazienti con tumore al seno sottoposte a terapia ormonale riportano che anche questo tipo di alopecia può compromettere la qualità della vita e avere ripercussioni a livello emotivo. Inoltre, sono da tenere in considerazione i tempi lunghi delle terapie ormonali adiuvanti, adottate per ridurre il rischio di recidiva, che possono durare dai 5 ai 10 anni. Le pazienti devono quindi convivere per molti anni con gli effetti collaterali dei farmaci, per cui è importante trovare soluzioni efficaci.

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Trattamenti per l’alopecia da ormonoterapia

Per contrastare questo effetto collaterale non è possibile sfruttare le soluzioni già esistenti per altre tipologie di alopecia, come l’utilizzo topico di estrogeni o molecole anti-androgeniche, poiché potrebbero promuovere anche la crescita delle cellule tumorali, anch’esse sensibili agli ormoni.

Esistono tuttavia altre soluzioni che al momento sembrano promettenti, tra cui il minoxidil topico al 2% e 5%, e l’analogo delle prostaglandine bimatoprost 0,03%.

Mentre questi due farmaci non hanno un effetto preventivo per l’AIC e il loro utilizzo è consigliato dopo il termine della chemioterapia per supportare la ricrescita, nel caso della terapia ormonale sembrano aver portato a risultati positivi anche durante i trattamenti.

In uno studio retrospettivo condotto presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York su pazienti con tumore al seno con alopecia indotta da terapia ormonale, il minoxidil topico al 5% ha prodotto nell’80% dei casi un miglioramento moderato o significativo della qualità della vita.

Un altro farmaco promettente, il cui principio attivo viene correntemente utilizzato per altre condizioni patologiche come le allergie, è l’antistaminico cetirizina. Il meccanismo d’azione per contrastare l’alopecia sembra indipendente dalla sua attività come antistaminico, e potenzialmente correlato all’effetto, simile a quello del bimatoprost, di stimolare la sintesi di alcune prostaglandine che promuovono la crescita dei capelli (PGE e PGFα). Inoltre, la cetirizina è anche in grado di inibire la sintesi di una prostaglandina (PGD2) che invece riduce la crescita dei capelli.

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I nutraceutici sono alimenti contenenti principi nutritivi che hanno effetti benefici sulla salute. Alcuni di essi sembrano avere la capacità di stimolare e supportare la crescita dei capelli, per cui potrebbero costituire un intervento complementare per contrastare l’effetto collaterale dell’alopecia.

Molte piante producono composti strutturalmente simili agli estrogeni, chiamati fitoestrogeni, che possono agire sia come attivatori che antagonisti dei recettori degli estrogeni umani. È sempre opportuno agire con prudenza nell’utilizzare queste sostanze in donne con tumori ormono-dipendenti; tuttavia, esistono evidenze di alcuni nutraceutici con un’azione di supporto alla crescita del capello che non sembrano stimolare la crescita delle cellule tumorali. Essi sono, per esempio, la radice della curcuma, l’ashwagandha (o ginseng indiano), il maca (o ginseng peruviano), le mele Annurca, il fiore del cartamo, il panax ginseng (o ginseng asiatico).

Inoltre, queste piante contengono anche sostanze con attività antiossidante, come i polifenoli, che potrebbero promuovere condizioni favorevoli per il mantenimento e la crescita della capigliatura.

Sono però necessarie ulteriori ricerche per chiarire il preciso meccanismo d’azione delle sostanze contenute in queste piante e alimenti, per assicurarsi che in nessun modo siano in grado di promuovere la proliferazione delle cellule tumorali e non interferiscano con l’azione dei farmaci anti-estrogenici. È importante evitare il fai-da-te e non assumere niente senza prima consulto col proprio oncologo di riferimento.

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Una mano dalla natura: nutraceutici e capelli

Sole e terapie oncologiche: nemici o amici?

Il sole ha un ruolo fondamentale per mantenere il nostro benessere psicofisico ed è cruciale per molti processi come la regolazione del ritmo circadiano, il metabolismo della vitamina D e la mineralizzazione delle ossa. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i raggi UV sono anche il principale fattore di rischio per i tumori cutanei, quindi è importante esporsi sempre con moderazione e con le dovute protezioni.

Particolare attenzione va prestata per i pazienti oncologici, durante e dopo le terapie, quando la barriera cutanea è particolarmente fragile e potrebbe mancare la protezione del capo data dai capelli.

Inoltre, alcuni farmaci impiegati durante i trattamenti, come le antracicline o le fluoropirimidine per il tumore della mammella o del colon, o come il taxolo per il tumore ovarico, hanno effetto fotosensibilizzante. Per questo motivo, l’esposizione al sole non protetta può causare scottature e lasciare in eredità macchie cutanee, ma anche danni permanenti al livello della pelle.

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Se si decide di trascorrere qualche giornata al sole è meglio aspettare almeno 10/12 giorni dall’ultima seduta, e seguire alcuni importanti accorgimenti:

→ evitare di esporsi al sole nelle ore più calde della giornata, dalle 11 alle 15, soprattutto d’estate quando l’incidenza dei raggi solari li rende più intensi;

→ coprire la testa e gli occhi con apposite protezioni: cappelli/ foulard e occhiali da sole. In caso di alopecia, è importante proteggere il cuoio capelluto anche con i filtri solari;

→ utilizzare crema solare a protezione molto elevata (50+), applicandola abbondantemente almeno mezz’ora prima di esporsi al sole, e rispalmandola ogni due ore o più: è importante ricordarsi di rimettere sempre la crema dopo il bagno – anche se il filtro è resistente all’acqua!

→ In caso di radioterapia, coprire le parti del corpo irradiate dalle terapie con indumenti bianchi di cotone.

Anche l’idratazione è fondamentale: alcuni farmaci antitumorali possono causare effetti collaterali come vomito o diarrea, facendo perdere al paziente molto liquidi e sali minerali. Se a questo si aggiunge anche la sudorazione data dagli ambienti caldi e dall’esposizione al sole è particolarmente importante reintegrare i liquidi attraverso l’alimentazione con acqua, frutta e verdura. Inoltre, è bene reidratare anche la pelle localmente, utilizzando creme idratanti e lenitive.

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Chemotherapy and hair loss: What to expect during treatment (in inglese)

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Hair loss after chemotherapy: 10 things to know (in inglese)

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