RICERCA
Dieta e tumori che rapporto c’è?
Il progetto UMBERTO
A PAGINA 12
IN SALUTE
Quando dopo anni il tumore al seno si ripresenta altrove
A PAGINA 14
SALUTE IN TAVOLA
Omega3: tutto il buono dei grassi
“essenziali”
A PAGINA 16
RICERCA
Dieta e tumori che rapporto c’è?
Il progetto UMBERTO
A PAGINA 12
IN SALUTE
Quando dopo anni il tumore al seno si ripresenta altrove
A PAGINA 14
SALUTE IN TAVOLA
Omega3: tutto il buono dei grassi
“essenziali”
A PAGINA 16
Jennifer, 36 anni e una diagnosi di tumore al seno. Come lei, migliaia di altre donne hanno bisogno di cure sempre più efficaci. Solo la ricerca può aiutarle.
DONA ORA
Ho cominciato a occuparmi di tumore al seno 50 anni fa, quando era una condanna e la maggioranza delle donne ne moriva.
Questa malattia ha una caratteristica straordinaria: se scoperta in fase precoce, guarisce.
Questa fu la prima luce che si accese: la diagnosi precoce è questione di vita o di morte.
Fino agli anni ’60 esaminavamo i seni solo con le mani.
Sapevamo che nei nostri polpastrelli c’erano la vita e la morte delle pazienti. Negli anni ‘70 venne la svolta della mammografia.
Fino agli anni ’70 curare il cancro significava togliere l’organo, era un principio che pareva inossidabile. Io ho sempre sofferto molto delle menomazioni tremende che vedevo in corsia. Passavo le giornate a vedere vetrini e mi convinsi che se il tumore era sufficientemente piccolo, sarebbe bastato togliere il lobo interessato. E tutti a dire che ero pazzo. Ma ero talmente convinto dai miei studi che l’idea fosse giusta. A poco a poco, le cose cambiarono. Nel 1980 avevamo tutti i dati: la nostra metodica funzionava ed era sicura. Feci i salti di gioia. Il 4 luglio 1981 il “New England Journal of Medicine” pubblicò il nostro paper. Fu ripreso anche in prima pagina dal “New York Times”. Le donne avevano vinto, da lì era partita la grande rivoluzione della conservazione del seno. Con la tecnica della quadrantectomia.
Umberto Veronesi
Umberto Veronesi ha dedicato la vita alla ricerca medica e alla cura dei pazienti malati di cancro; nel 2003 ha creato e presieduto la Fondazione che porta il suo nome e che oggi persegue gli stessi obiettivi, per un futuro di salute per tutti.
Le abitudini alimentari possono cambiare e gli effetti sulla salute si vedono. L’importanza della dieta mediterranea studiata dal Progetto Umberto
Felice di essere una Pink Ambassador, Jennifer racconta la sua storia: «Ho dovuto farmi togliere i seni per un rischio genico. Da allora sono cambiata, dentro e fuori. Mio marito dice in meglio»
Sono 55.000 i nuovi casi di tumore al seno ogni anno. La mammografia è offerta gratuitamente alle donne fra 50 e 69 anni, ma quasi la metà non aderisce. Perché?
Lo
c’è ma io non partecipo»
“Non è mai troppo tardi per migliorare”
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News
Il giornale di chi crede nella ricerca ottobre | N°3 Anno 2023
Periodicità quadrimestrale - Aut. Tribunale di Milano N° 265 - del 13/04/2004
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Cari sostenitori, come ogni anno anche questo numero di ottobre della nostra newsletter è dedicato in gran parte alla sensibilizzazione sui tumori femminili. A livello internazionale, ottobre è quel periodo dell’anno in cui si ricorda l’importanza della prevenzione di queste neoplasie. La storia di copertina è dedicata a Jennifer, nostra ambasciatrice in rosa, che successivamente alla scoperta di essere fortemente a rischio di sviluppare un secondo tumore al seno a causa della presenza di mutazioni nei geni Brca, ha optato per sottoporsi a mastectomia preventiva esattamente come nel caso della famosa attrice statunitense Angelina Jolie.
All’interno di questo numero troverete anche un importante approfondimento sullo screening mammografico, un’occasione di prevenzione che non viene ancora sfruttata adeguatamente dal momento che quasi la metà delle donne aventi diritto decide di non aderire all’invito. Particolare attenzione viene dedicata anche ad un focus sulle nuove terapie per il tumore al seno, specialmente nei casi in cui la malattia recidiva.
Per quanto riguarda i temi etici vi segnalo un articolo sul rischio legato a nuovi allevamenti intensivi come nel caso dei polpi. Infine, nella sezione “Noi e voi”, troverete tutte le indicazioni per partecipare all’annuale conferenza mondiale “Science for Peace and Health” dal titolo “Missione: Evolvere! La scienza per il superamento dei conflitti”.
Buona lettura!
Ottobre, un mese in rosa, dedicato ai tumori femminili. Un richiamo alle donne che non rispondono all’invito alla mammografia
Felice di essere una Pink Ambassador, Jennifer racconta la sua storia: «Ho dovuto farmi togliere i seni per un rischio genico. Da allora sono cambiata, dentro e fuori. Mio marito dice in meglio»
di Serena ZoliJennifer è una Pink Ambassador del gruppo di Cagliari, italianissima con cognome tedesco, Schunzel, ha 36 anni, fa la logopedista per i bambini, è entusiasta di far parte di un progetto di Fondazione Veronesi. Ma di Jennifer, avverte lei, ce ne sono due. La prima viveva felice fino a quel giorno del marzo 2022 quando “inciampò”, dice, in una pallina piccola e dura in un seno sotto la doccia. «La riconobbi subito. Eccola qua, mi sono detta, ci siamo». L’ha “riconosciuta” subito, racconta, perché già sua madre aveva avuto un tumore al seno e, prima di lei, la nonna. «In fondo me l’aspettavo. Sono partita subito con una visita, l’eco-
grafia (io facevo prevenzione eseguendo tutti i controlli ogni anno), l’incontro col chirurgoracconta Jennifer - Dagli esami è venuto fuori che era piccolissimo, però maligno e molto aggressivo. Sono stata operata nel giro di due settimane, con la quadrantectomia, era il 13 aprile dell’anno scorso».
Dopo, però, data la natura del tumore, sono seguiti quattro ci-
cli di chemioterapia. «Una botta pesantissima. Sono stata male. Già la parola “chemio” fa paura, poi nei 21 giorni di intervallo tra l’una e l’altra avevo dolori e nausea per una settimana o due. Non riuscivo a prendermi cura dei figli». Già, perché Jennifer Schunzel è sposata da cinque anni e ha due bambini nell’età più magica dell’infanzia: 4 anni il maschietto, 3 la bimba. E un marito che è stato presentissimo e sollecito per tutto il tempo della malattia. «Si occupava lui dei bambini, mi ha fatto sentire bella anche quando ero pelata e messa al peggio, sì, mi è stato vicinissimo. Sono fortunata. Se penso che ci sono mariti che in queste situazioni scappano…». Continua sulla chemioterapia: «La parola mi sembrava che equivalesse a dire che il tumore era grave, che quindi avrei anche potuto morire. Poi la faccenda di perdere i capelli… Ah, non ho aspettato che mi cadessero a ciuffi. Avevo lunghi capelli biondi, due giorni dopo la prima chemio sono andata subito a farmeli tagliare».
Dopo due mesi Jennifer si sottopone a un test genetico. Visti i precedenti in famiglia,
Già mia madre e mia nonna avevano avuto il tumore al seno
è necessario. E viene fuori che è portatrice di una mutazione del gene Brca1. «Sì, uno dei due geni “denunciati” da Angelina Jolie, che li aveva e che predispongono a tumori del seno e dell’ovaio. Lei si era fatta fare la mastectomia totale a scopo di prevenzione, e così ho fatto anche io. C’erano due possibilità: o questo o fare continui controlli molto serrati. No, ho preferito
Essere una Pink Ambassador
l’asportazione dei due seni e, per stare ancora più tranquilla, ho scelto che mi togliessero anche le ovaie». Tutto questo nel settembre 2022, completato con la ricostruzione del seno. Sempre sui capelli, Jennifer ora ride: «Comincio adesso a potermi fare una piccola coda striminzita. Avevo capelli lisci, ora sono ricci, cerco di stirarli con la piastra. Poi sono più scuri,
è la dimostrazione che possiamo trasformare il dolore in un’opportunità per noi stessi e per gli altri, veicolando un messaggio di speranza per chi si trova a dover affrontare un percorso tanto difficile, diffondendo l’importanza della prevenzione e raccogliendo fondi a favore della ricerca che ogni giorno si impegna nella lotta contro il cancro. È la mia possibilità per dire a tutte le donne che possiamo vincere noi!
Pink Ambassador è il progetto di Fondazione Umberto Veronesi che coinvolge donne che hanno affrontato un tumore femminile e che accettano una nuova sfida: allenarsi per correre una mezza maratona. Correndo testimoniano e divulgano l’importanza della prevenzione e del sostegno alla ricerca scientifica. Nel 2023 le Pink Ambassador sono in 22 città diffuse su tutto il territorio italiano.
quasi castani. Sono una persona diversa, prima e dopo il tumore. Due Jennifer, fuori e dentro». Esploriamo l’interno, la psicologia. Lei racconta. «Sono cambiata in meglio da tanti punti di vista. Mi dicevano: tu se non hai un problema, te lo crei. Adesso non me la prendo più per le piccole cose, apprezzo di più quello che ho, sono più serena. Faccio un esempio: qui, dove abito, andare al mare era un fatto scontato. Ma l’anno scorso non ho potuto andarci mai e quest’anno ogni bagno è per me come una festa per un bambino». Continua Jennifer: «Sono diventata più egoista, mi preoccupo più di me. A volte mi piace essere così. Ero molto altruista. Forse è un cambiamento che succede a tutti, ma col tempo, lentamente, invece nel mio caso con la malattia le svolte sono nette». A suo marito Piergiorgio, di 37 anni, quale delle due Jennifer piace di più? «La nuova Jennifer, me lo dice. Ripeto: sono fortunata».
Del progetto delle Pink Ambassador Jennifer è entusiasta. «Mi ci sono imbattuta appena malata e subito mi sono detta: come guarisco, mi iscrivo. Così è stato. Ci alleniamo a correre due volte la settimana, corriamo per la ricerca, per diffondere la prevenzione, per me il messaggio principale è questo: la vita continua dopo la malattia e può anche essere più bella di prima. Sapere di donne che stanno meglio, che si sono tirate fuori è terapeutico per le altre che sono ancora nel problema».
Le ultime frasi della nostra Pink sarda sono per il suo gruppo cagliaritano: «Siamo affiatate. Avendo vissuto la stessa cosa, a volte ci basta uno sguardo per capirci. C’è una grande empatia tra di noi. Abbiamo stressato abbastanza familiari e amici, ora ci stressiamo tra di noi».
Le donne con il cancro al seno possono avere un più alto rischio di svilupparlo anche nella mammella controlaterale se sono portatrici di specifiche mutazioni genetiche. Molte donne si sottoporranno a mastectomia bilaterale per ridurre la possibilità di un secondo tumore. Il dott. Massimiliano Gennaro, chirurgo senologo e dirigente medico all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, spiega: «Se una paziente con carcinoma mammario è portatrice di una mutazione genetica predisponente, ad alto rischio, si valuta la possibilità di una mastectomia bilaterale: terapeutica dal lato affetto dal tumore, preventiva dall’altro. È lo strumento per la cura di un rischio».
Attenzione, però, se il carcinoma originario è aggressivo, in fase avanzata e difficile da curare. «Allora – continua il dottor Gennaro – è prioritario concentrare ogni attenzione su questo, intensificare le cure e differire l’intervento controlaterale. È giusto quindi distinguere la cura della malattia già presente dalla cura del rischio di sviluppare una futura malattia controlaterale».
Passa a un’altra situazione il dottor Gennaro: «Diverso il caso di donne sane che scoprono di avere ereditato una mutazione genica pericolosa. È allora opportuna una mastectomia bilaterale profilattica. Dopo, la donna avrà un rischio simile a una coetanea senza mutazioni genetiche, perciò dovrà fare i controlli periodici esattamente come le altre donne della sua età».
Le mutazioni dei geni Brca1 e Brca2, rese familiari dall’attrice Angelina Jolie che, portatrice di una mutazione al gene Brca1 rese pubblica la sua esperienza per aiutare le donne, non sono gli unici geni mutati pericolosi. Uno studio del Centro oncologico della Mayo Clinic in Minnesota (Usa) pubblicato sul “Journal of Clinical Oncology”, ha esaminato 15.104 donne portatrici di mutazioni genetiche e operate di tumore della mammella. Gli studiosi hanno scoperto che le donne con mutazioni germinali Brca1, Brca2 e Chek2 hanno un rischio almeno raddoppiato di sviluppare il cancro in ambedue le mammelle. Al contrario, le pazienti che hanno mutazioni germinali Atm non presentano aumenti di questo rischio. C’è poi il caso di quante hanno mutazioni sul gene Palb2: il pericolo di cancro controlaterale è significativamente elevato in un sottogruppo di donne, le pazienti con malattia negativa per il recettore degli estrogeni.
Ancora il chirurgo Massimiliano Gennaro: «Alternativa all’intervento, è la “sorveglianza strumentale”, uno screening intensivo. Non si riduce il rischio di ammalare, ma si scopre la neoplasia più precocemente, quando sono maggiori le chance di successo delle cure. Poi nelle donne sane c’è un’altra scelta: la farmacoprevenzione, con tamoxifene, che modula la funzione dei recettori per gli estrogeni e riduce il rischio».
di Serena Zoli
Il rischio che il tumore si estenda al secondo seno dipende da mutazioni genetiche. Queste possono essere anche in una donna sana e allora si pone l’ipotesi di una asportazione bilaterale preventiva
Sono 55.000 i nuovi casi di tumore al seno ogni anno. La mammografia è offerta gratuitamente alle donne fra 50 e 69 anni, ma quasi la metà non aderisce. Perché?
di Donatella BarusIn Italia ogni anno sono almeno 55.000 le donne che ricevono una diagnosi di tumore al seno. Le possibilità di cura sono migliorate, a piccoli ma costanti passi. Una rivoluzione silenziosa che riguarda da vicino ogni donna, e uno dei suoi pilastri fondanti è la cosiddetta prevenzione secondaria. Vale a dire la capacità di arrivare ad una diagnosi precoce, grazie anche ad esami di screening.
La mammografia in Italia è raccomandata e offerta gratuitamente a tutte le donne nella fascia d’età statisticamente più esposta, fra i 50 e i 69 anni. Oggi la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell’88%, se il tumore
è diagnosticato nelle fasi iniziali è oltre il 90%.
Eppure una certa quota di donne non accoglie l’invito. Secondo l’Osservatorio nazionale screening, nel 2021 il tasso di adesione ai programmi organizzati dal Sistema sanitario nazionale è stato del 56%, un dato accettabile secondo gli standard attesi, pur con profonde differenze fra Nord e Sud.
Ma perché una certa quota di donne non fa prevenzione? Siamo andati a chiederlo alle dirette interessate, con un’indagine condotta da AstraRicerche per Fondazione Veronesi su un campione di mille donne fra i 18 e i 65 anni. Ecco alcuni dati emersi:
• Negli ultimi 5 anni il 36% delle intervistate non ha mai fatto una visita, il 37,5% mai una mammografia
• L’11% delle 55-65enni e il 19% delle 45-54enni non ha fatto nessuna mammografia (al Sud sono il 45%); il 24% e il 25% nessuna visita senologica, così come il 38% delle 35-44enni
• Ancora palpabile l’effetto della pandemia. Il 45% delle donne afferma di avere interrotto completamente i controlli (9,3%) o di averne saltati alcuni (35,4%). Anche dopo l’emergenza, il 22% per cento non ha ripreso, mentre un altro 25 per cento li ha ridotti rispetto a prima
• E per il futuro? Fra le over 44 l’87 per cento dichiara di avere intenzione di fare una mammografia nei prossimi 3 anni. Il 4% delle 55-65enni dice “sicuramente no”, così come il 2,3% delle 45-55enni. “Probabilmente no” il 3-4% delle over 45
Quali sono le ragioni per dire “no”? Mancanza di tempo? Scar-
sa organizzazione personale? Macché. A fare la differenza, piuttosto, sono il disagio per l’esame, la diffidenza e la sfiducia, le inefficienze (tempi lunghi, mancato invito), gli aspetti emotivi (paura dell’esito)
• Fra le donne coinvolte per età negli screening il 15% delle 4555enni e il 10% delle 55-65 non li conoscono; il 42% e il 35% non vi ha mai partecipato
• Il 24% non sa che cosa prevedono i programmi di screening e a chi servono
• Il 17,5% non sa come fare l’autopalpazione della mammella (un quarto delle ventenni, il 12% delle over 55)
• Il 38% ha un livello di conoscenza del tumore al seno, compresi i fattori di rischio, medio-basso o estremamente basso; sono soprattutto le più giovani ad avere le idee confuse.
Ecco perché la strada della prevenzione efficace passa anche attraverso un’informazione corretta, completa e inclusiva.
Studio P.i.n.k.
Prevention, Imaging, Network & Knowledge
Centro coordinatore: Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr, Pisa. Punta a confrontare l’integrazione di diverse metodiche diagnostiche in uso per il tumore al seno (mammografia, tomosintesi, ecografia, risonanza magnetica e Cesm). Nei 5 anni di attività dello studio, ancora in corso, sono state reclutate 30.300 donne. L’approccio integrato promosso dal protocollo P.i.n.k. ha consentito di individuare il 22% di casi in più rispetto alla sola mammografia.
Cellule tumorali circolanti nel sangue.
Centro coordinatore: Ospedale San Raffaele, Milano.
Questo progetto (durata 4 anni) indagherà con strumenti all’avanguardia le caratteristiche delle cellule tumorali circolanti per:
1 sviluppare test diagnostici più accurati, non invasivi e basati su un semplice prelievo di sangue per i soggetti a rischio
2 sviluppare marcatori di precisione per monitorare la risposta del tumore ai trattamenti e modificare un protocollo di cura sulla base delle alterazioni genetiche riscontrate nelle cellule tumorali circolanti;
3 individuare nuovi bersagli terapeutici e sviluppare nuovi farmaci per prevenire la formazione di metastasi.
Due studi per una diagnosi sempre più precoce
Le abitudini alimentari possono cambiare e gli effetti sulla salute si vedono. L’importanza della dieta mediterranea studiata dal Progetto Umberto
Gli alimenti, i nutrienti e le abitudini alimentari influiscono in modo significativo sulla nostra salute. Per questo Fondazione Veronesi da sempre si impegna per sostenere la ricerca sulle relazioni fra dieta e tumori, e per sensibilizzare sulle opportunità di fare prevenzione nella vita di ogni giorno.
Sono gli obiettivi del recentissimo Progetto Umberto, la piattaforma congiunta Fondazione Umberto Veronesi e Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) per approfondire il rapporto tra alimentazione, stili di vita e tumori.
Una vera “alleanza scientifica”, come spiega la dottoressa Marialaura Bonaccio, coordinatrice del progetto, «che si propone di capire come vivere di più, e in buona salute; di studiare i fattori di rischio per i tumori in Italia, con un’attenzione particolare agli stili di vita, alle abitudini alimentari e alla dieta mediterranea».
Da qui si potrà studiare la dieta mediterranea da nuove angolazioni, attraverso approcci di epidemiologia integrata. Si cercherà di capire come alcune caratteristiche degli alimen-
Fonte: Passi e Passi d’Argento 2021
oltre il 40% è in eccesso ponderale
il 10% è obeso
il 33% è in sovrappeso
ti possano influenzare a lungo termine il rischio di sviluppare un tumore, studiando i meccanismi biologici e parametri come i livelli di infiammazione e il metabolismo dell’insulina. Fra gli aspetti interessanti già emersi, vale la pena citare il nesso fra dieta e infiammazione, a sua volta legata all’aumento di rischio per molte malattie, compresi tumori e patologie cardiovascolari. Spiega Bonaccio: «Abbiamo visto che i partecipanti che nel tempo si erano avvicinati alla dieta mediterranea presentavano un profilo infiammatorio migliore rispetto a chi invece nel corso degli anni se n’era allontanato». Negli “ingredienti” chiave «un uso prevalente dei grassi monoinsaturi in cucina, soprattutto olio d’oliva, e la presenza di fibre alimentari. Il messaggio è che non è mai troppo tardi per cambiare le abitudini alimentari migliorando dei fattori importanti per la nostra salute».
Qui però la dieta mediterranea si prende sul serio, tiene a precisare ancora Bonaccio: «Ai partecipanti non chiediamo solo quanta frutta e verdura mangiano, quanta carne o quanta fibra. La dieta mediterranea
il 52% 1/2 porzioni al giorno
il 38% 3/4 porzioni al giorno
il 7% 5 porzioni al giorno (la quantità raccomandata)
è molto più di una lista di cibi (prevalentemente vegetali, frutta, legumi, olio d’oliva, pesce e poca carne e latticini), ma è un sapere che comprende anche la preparazione dei cibi, la loro combinazione e il processamento a cui sono sottoposti».
Grazie poi all’intelligenza artificiale sarà possibile in futuro trattare grandi quantità di dati, non solo epidemiologici ma anche genetici, per comprendere a fondo le peculiarità di diversi sottogruppi di popolazione e avvicinarsi sempre di più ad una medicina personalizzata.
PROGETTO UMBERTO
I tumori sono malattie multifattoriali, che dipendono cioè da un insieme di cause combinate fra loro (genetiche, ambientali, comportamentali). Ma alcune scelte a tavola possono ridurre il rischio:
1 mantenere un peso salutare
2 restare fisicamente attivo
3 preferire alimenti integrali, frutta, verdura e legumi
4 limitare i cibi processati, ricchi di grassi e zuccheri
5 limitare la carne rossa e quella processata
6 bere acqua e bibite non zuccherate
7 limitare l’alcol (per prevenire i tumori, meglio non berne)
Raccomandazioni
del World Cancer Research Fund
• La carta d’identità del progetto: Verso Una rinnovata epideMiologia nutrizionale e Biologica pEr la salvaguaRdia della saluTe e la prevenziOne dei tumori (le maiuscole creano la sigla Umberto).
• Istituti coinvolti: Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Isernia)
• Durata: 5 anni
Il tumore al seno può comparire sotto forma di metastasi in altre parti del corpo. Ma controllare la malattia è oggi possibile grazie agli anticorpi coniugati e ai farmaci a bersaglio molecolare
di Daniele BanfiNella lotta al tumore al seno la diagnosi precoce gioca un ruolo fondamentale. Prima si diagnostica, maggiori sono le probabilità di successo. Alle volte tuttavia può accadere che la malattia non sia più confinata al seno, ma diffusa in altri distretti corporei. È questo il caso del tumore al seno metastatico, una neoplasia che grazie alla ricerca sta però diventando sempre più “controllabile”.
Secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), nel nostro Paese ogni anno vengono diagnosticati 14 mila nuovi casi di tumore al seno metastatico: 3.400 ri-
sultano metastatici alla prima diagnosi, i restanti sono tumori già diagnosticati nell’arco di 10 anni precedenti. Ad oggi si calcola che siano circa 37 mila le donne che convivono con questa diagnosi.
Quando si parla di metastasi ci si riferisce sempre alla presenza di cellule tumorali in distretti corporei differenti da quello di origine del tumore primario. Le cellule cancerose, staccandosi dalla sede originaria, possono migrare tramite il sistema linfatico e sanguigno in altre parti del corpo dando origine a metastasi. La maggior parte di questi tumori vengono diagnosticati dopo molti anni dall’intervento
chirurgico e dalla fine delle terapie postoperatorie. Le metastasi possono ripresentarsi nonostante il tumore sia stato rimosso completamente dal chirurgo, perché nessuna indagine strumentale, per quanto sensibile, può essere in grado di identificare quelle cellule tumorali che già al momento dell’intervento chirurgico sono migrate in altri organi. Per ridurre al minimo le possibilità che ciò accada, esistono le terapie adiuvanti, chemioterapia somministrata dopo il trattamento chirurgico allo scopo di eliminare eventuali cellule cancerose presenti. Nonostante a oggi non sia possibile guarire definitivamente
da un tumore al seno metastatico, grazie alla ricerca si riesce a controllarlo sul lungo periodo arrestando o rallentando la crescita e talvolta anche riducendo le lesioni già esistenti e determinando un aumento della sopravvivenza delle pazienti. Non solo, andando a ridurre le dimensioni delle lesioni tumorali, i trattamenti possono alleviare o far scomparire i sintomi legati alla presenza della malattia migliorando così la qualità della vita. Ad oggi le terapie utilizzate dipendono dalle caratteristiche della cellula tumorale. Negli anni, grazie al progresso della ricerca, alla sola chemioterapia si sono affiancate cure sempre
più efficaci e mirate alle caratteristiche molecolari del tumore. Al di là delle classificazioni “anatomiche”, una delle caratteristiche principali per “catalogare” i diversi tipi di tumore al seno è la presenza o meno di recettori ormonali sulla superficie delle cellule tumorali. Ed è così che i tumori al seno vengono classificati in Hr+ o Hr- proprio
in base a questa capacità. Quelli Hr+ rappresentano circa il 70% di tutte le forme tumorali. In questo gruppo però si possono distinguere due sottotipi, i tumori Her2+ e Her2-.
La presenza di questi recettori è quello che guida la scelta delle terapie, negli ultimi anni sono stati sviluppati “anticorpi coniugati” capaci di trasportare la chemioterapia solo sulle cellule tumorali. Non solo, un’altra possibilità è rappresentata dai farmaci a bersaglio molecolare contro le cicline Cdk4/6.
Grazie a questo duplice approccio oggi il tumore al seno metastatico può essere affrontato con maggiore successo.
...
Ogni anno
14.000 nuovi casi di neoplasie metastatiche
Quando si parla di dieta, i grassi non godono di buona fama. Ma non tutti i grassi sono uguali! Per questo è importante conoscerli più da vicino, in particolare i grassi cosiddetti “buoni”, che ci aiutano a mantenerci in salute.
Le linee guida hanno stabilito che dai grassi debba provenire il 20-35 per cento dell’energia che consumiamo ogni giorno. Sono componenti essenziali non solo del tessuto adiposo, ma di tutte le cellule del nostro organismo. Per definizione i grassi si dividono in saturi e insaturi a seconda della loro struttura.
Gli acidi grassi saturi sono molecole che derivano principalmente da alimenti di origine animale (a eccezione dell’olio di palma); sono considerati non buoni perché tendono a innalzare nel san-
con Elena Dogliottigue i valori di colesterolo Ldl, “cattivo”, favorendo l’insorgenza di malattie cardiovascolari.
Le linee guida consigliano di limitare questi grassi a meno del 10% dell’energia quotidiana. Gli acidi grassi monoinsaturi o polinsaturi, invece, si trovano principalmente nei vegetali e sono considerati “grassi buoni”. Alcuni grassi polinsaturi come gli Omega6 e gli Omega3 sono detti “essenziali” perché fondamentali per il corretto funzionamento dell’organismo, ma il nostro corpo non è in grado di sintetizzarli. Per questo motivo devono essere assunti con l’alimentazione.
gli Omega3
Tra le due classi di acidi grassi essenziali gli omega 6 sono i più presenti negli alimenti di cui ci cibiamo, mentre gli omega 3 sono più rari, quindi è ancora più importante porre attenzione a garantirci l’introito adeguato.
Sono forniti in massima parte dal pesce (come sgombro, acciughe, salmone, sardine) e in misura minore da alcuni alimenti vegetali (alghe, noci, avocado, olive, olio d’oliva, oli vegetali, semi di lino e altri semi).
Si trovano nel pesce, nelle noci, negli oli vegetali, e sono ottimi alleati di cuore e intestino. Da limitare quelli di derivazione animale o saturi
Uno dei principali benefici degli acidi grassi omega 3 è la capacità di ridurre l’infiammazione sistemica di basso grado, favorire la fluidità delle membrane cellulari e l’elasticità dei vasi sanguigni, tanto da far ipotizzare un ruolo protettivo di questi grassi nei confronti delle malattie cardiache.
Anche il microbiota intestinale sembra beneficiare di un adeguato introito di acidi grassi polinsaturi con la giusta quantità di omega 3. Se in una dieta gli acidi grassi saturi venissero sostituiti da acidi grassi polinsaturi, infatti, aumenterebbero le popolazioni batteriche associate ad una minore infiammazione.
Seguire una dieta di tipo mediterraneo dovrebbe garantire un apporto adeguato di questi nutrienti, tuttavia alcune persone potrebbero aver bisogno di dosi più elevate per ottenere i massimi benefici per la salute, o per caratteristiche genetiche che ne limitano l’assorbimento o per età (anziani), o per altre esigenze specifiche e per queste potrebbe essere utile fare ricorso ad integratori. È importante fare riferimento al proprio medico che valuterà il caso specifico e saprà consigliare il prodotto più adatto e sicuro.
Elena Dogliotti Biologa nutrizionista, supervisore scientificoEsiste una categoria di grassi insaturi che dopo trasformazione industriale diventano saturi (per esempio, in alcune margarine), a volte producendo molecole che per la loro conformazione sono dette “trans”, decisamente non buone perché agiscono negativamente sul nostro colesterolo.
Le quantità giornaliere raccomandate di acidi grassi dipendono da età, sesso e livello di attività fisica.
In generale, le linee guida consigliano:
-> Omega 3: almeno 250 mg al giorno
-> Omega 6: almeno 9-18 g al giorno
(In una dieta da 2000 calorie Con un rapporto ottimale fra omega 6 e omega 3 nella dieta di circa 4 a 1)
Porta in tavola un alimento sano e sostieni la lotta ai tumori femminili. Per ogni confeziona venduta, 0,50€ vengono devoluti alla ricerca.
Le Noci per la ricerca®. Al fianco di tutte le donne che lottano contro un tumore.
Giunta al suo 15° anno, la Conferenza
Mondiale affronta un tema cruciale
(che è anche un ritorno alle sue origini): la scienza per superare le crisi
di Caterina Fazion
Torna la Conferenza
Mondiale “Science for Peace and Health”, la grande iniziativa di Fondazione Veronesi ideata per diffondere una cultura di pace e di salute con l’ausilio del metodo scientifico.
Il tema dell’edizione 2023, la quindicesima, è quanto mai attuale: “Missione: Evolvere! La scienza per il superamento dei conflitti”.
L’evento vedrà il 17 novembre riunite a Milano alcune fra le più brillanti menti del panora-
ma intellettuale internazionale, per indagare la possibilità di trovare nella cooperazione e nella solidarietà le risposte adeguate alle minacce che colpiscono tanto gli organismi naturali quanto le organizzazioni umane complesse.
E proprio dalla scienza arrivano risposte cruciali: in natura, come in società, la capacità di cooperare risulta spesso la strategia più vantaggiosa tanto per l’evoluzione delle specie, dai microbi ai gruppi umani, quanto per il superamento delle crisi sociali.
Se rischi e situazioni critiche
La Conferenza Mondiale “Science for Peace and Health” nasce nel 2009 su iniziativa di Umberto Veronesi. Sostenuta da personalità internazionali del mondo della scienza e della cultura, riunisce ogni anno esperti di fama mondiale provenienti da ambiti diversi con un'attenzione particolare al tema della ricerca e della salute.
I suoi obiettivi:
1 Diffondere una cultura di pace soprattutto tra i giovani, a partire dalle scuole e dalle università
2 Favorire maggiori investimenti in ricerca scientifica per promuovere progetti di pace e di utilità sociale.
Aula Magna Università Bocconi Via Guglielmo Röntgen, 1 - Milano
Per informazioni e registrazioni: science.fondazioneveronesi.it
sono infatti da sempre anche opportunità per cambiare ed evolversi, gli sforzi cooperativi sono volti a evitare che conflitti e tensioni si tramutino in distruzione, guerra e morte. Il progresso umano e scientifico nasce proprio dalla capacità di risolvere problemi presenti e
futuri: nei comportamenti evolutivi (simbiosi e mutualismo), nella ricerca di nuove terapie, così come nella riflessione su modelli di dialogo all’interno dello scenario globale.
Leggi il programma su science.fondazioneveronesi.it
La discussione sulla pace, sulla sua natura, persino sui suoi limiti, è in questi mesi e con tutta evidenza al centro del dibattito pubblico. La guerra, a cominciare da quella iniziata con l’invasione russa dell’Ucraina, è la forma più estrema e violenta di conflitto e continua purtroppo a dominare le relazioni internazionali, le armi nucleari minacciano la sopravvivenza stessa della specie umana.
Gli obiettivi, le azioni, le proposte del nostro Progetto sono quanto mai attuali: di fronte alla gravità e all’urgenza dei problemi globali a cominciare dalla guerra la comunità degli scienziati, che non conosce frontiere nazionali e steccati disciplinari, deve mobilitarsi per la risoluzione non violenta dei conflitti e per la diffusione della cultura della pace, producendo analisi rigorose, realizzando azioni concrete, sollecitando i decisori politici, collaborando con i media vecchi e nuovi e coinvolgendo costantemente tutti i cittadini - e in particolare i giovani - nella promozione della pace nella giustizia.
Nelle foto, da sinistra: Madonna delle nevi, delegazione di Bergamo Teatro Sociale di Como
Paolo Veronesi con Marina Gridelli, responsabile delegazione di Viareggio Paolo Veronesi con la delegazione di Pescara
Paolo Veronesi con la delegazione di Novara
Le delegazioni di Fondazione Veronesi sono sempre attive con varie iniziative di raccolta fondi e di divulgazione: da charity dinner a escursioni in montagna, passando per viaggi e presentazioni di libri.
Anche sul finire dell’estate le delegazioni di Fondazione Veronesi non si sono fermate e hanno continuato a sostenere la ricerca scientifica grazie alle proprie attività. L’8 settembre la delegazione di Viareggio, guidata da Marina Gridelli, ha organizzato una charity dinner al Twiga Beach Club di Marina di Pietrasanta a sostegno di un ricercatore locale impegnato a trovare nuove cure contro le patologie oncologiche. Un’altra charity dinner, questa volta presso il Golf Club Padova, è stata decisa per il 22 settembre dal-
la delegazione di Padova, guidata da Elisa Drago, a sostegno del progetto Pink is Good dedicato alla ricerca scientifica sui tumori femminili.
Un’escursione naturalistica ad alta quota presso il Rifugio Madonna delle Nevi a sostegno della ricerca scientifica è stata invece programmata il 30 settembre dalla delegazione di Bergamo, guidata da Marta Savona. Da non dimenticare gli eventi per la divulgazione scientifica di Fondazione Veronesi. Il 12 settembre, in occasione del Congresso Iasgo, al Palazzo della Gran Guardia in Piazza Bra, la delegazione di Verona, guidata da Annamaria Molino, ha promosso la presentazione del libro La felicità è un dono di Marco Annoni, che spiega perché l’altruismo intelligente sia la scelta migliore che si possa fare.
Dalle charity dinner alla presentazione di libri, da viaggi in Algeria a escursioni in alta quota, i tanti momenti creati di aggregazione e di raccolta fondi
presentazione del
di Marco Annoni, continuerà in diverse città italiane:
• 11 OTTOBRE
alle 18.00 appuntamento al Salone Vanvitelliano nel Palazzo della Loggia a Brescia, organizzato dalla delegazione guidata da Raffaella Franzoni;
• 20 OTTOBRE
alle 18.30 appuntamento presso il Circolo della Stampa di Avellino, organizzato dalla delegazione guidata da Anna Rita Colucci;
• 21 NOVEMBRE
alle 18.00 presso Palazzo Dogana in Piazza XX Settembre 22 a Foggia, incontro organizzato dalla delegazione guidata da Rosalba Perricone.
L’autunno sarà ricco di eventi. Numerose le charity dinner messe in programma:
• 15 OTTOBRE
organizzata dalla delegazione di Lecce, guidata da Francesca Romana Melfi, presso il ristorante Torre del Parco a Lecce;
• 25 OTTOBRE
è la volta della delegazione di Novara, guidata da Anna Chiara Invernizzi, presso il Grand Hotel Des Iles Borromees a Stresa;
• 14 NOVEMBRE
charity dinner della delegazione di Como, guidata da Francesca Ruffini, al Teatro Sociale di Como;
• 24 NOVEMBRE
la delegazione di Bergamo,
guidata da Marta Savona, metterà la ricerca in tavola presso lo spazio Kilometro Rosso di Bergamo;
• 1 DICEMBRE
charity dinner della delegazione di Pescara, guidata da Gabriella Gallucci, presso l’Hotel Villa Maria a Francavilla al Mare;
• 7 DICEMBRE infine, ecco la volta della delegazione di Courmayeur presso il ristorante Cadran Solaire a Courmayeur.
Di tutt’altro genere l’iniziativa della delegazione di Bologna guidata da Rita Demo Magli: una vacanza culturale charity in Algeria tra il 14 e il 20 ottobre. L’itinerario sarà di interesse culturale-archeologico, ma anche paesaggistico e umano, e i fondi raccolti contribuiran-
no a finanziare gli studi di un ricercatore che potrà portare avanti la propria ricerca nel corso del 2024.
Le Delegazioni si occupano di diffondere la mission di Fondazione Veronesi a livello locale, organizzando e promuovendo iniziative di raccolta fondi e campagne di sensibilizzazione sui temi della salute.
libro “La felicità è un dono”
Emma Bonino
Fondazione Veronesi annuncia l’uscita de “IL PROF. Umberto Veronesi: una vita per la scienza e la cura dei tumori”, il primo podcast di Fondazione ideato per raccontare la figura del suo fondatore. Un appassionante viaggio di dieci puntate attraverso la vita di un grande medico e uomo di scienza che ha saputo rivoluzionare la percezione e la cura del tumore, mettendo sempre al centro il malato e non la sua malattia. Un arco narrativo arricchito dalle voci di scienziati, giornalisti, figure istituzionali e autorevoli esperti - come Gad Lerner, Sultana Razon Veronesi, Piero Angela, Silvio Garattini, Giuliano Amato, Emma Bonino, Bruno Vespa, Beppe Sala, Linda Giuva, Gherardo Colombo e
Renzo Piano - che hanno conosciuto il Professore e ne riportano la straordinaria storia. In un momento in cui i podcast stanno conquistando un pubblico sempre più vasto, Fondazione Veronesi riconosce l’importanza di questo innovativo canale di comunicazione per la divulgazione scientifica.
“IL PROF.” rappresenta un’opportunità unica per gli ascoltatori di esplorare la vita e le realizzazioni di un pioniere che nella sua esistenza ha ideato nuove tecniche operatorie per i tumori del seno e promosso la ricerca in campo oncologico grazie alle attività della Fondazione che porta il suo nome e che ha permesso di finanziare il lavoro di migliaia di ricercatori e di ricercatrici.
1 Il Prof.
2 Il Male impronunciabile
3 Il corpo delle donne
4 Io non sono il mio tumore
5 La guardiana della scienza
6 Un ospedale a misura di paziente
7 Ma tu che c’entri?
8 Il metodo scientifico
9 L’esercito della ricerca
10 Legacy
La produzione del podcast è stata curata da Clacson.Media, scritto da Alessandro Casale, grazie alla supervisione e materiali d’archivio di Fondazione Veronesi.
Disponibile su tutte le principali piattaforme come Spotify, Apple Podcast e Amazon Music e Audible.
ed
tra i testimoni di una intensa biografia in 10 puntate
Fondazione Veronesi come ogni anno si impegna a organizzare e aderire a eventi sportivi per raccogliere fondi a sostegno della ricerca scientifica. In particolare il 23 luglio Fondazione ha realizzato “La prevenzione in campo - Courmayeur a sostegno della salute maschile”, evento durante il quale è stata offerta la possibilità di effettuare consulti medici gratuiti con urologi presso tre postazioni differenti. In parallelo è stato organizzato all’interno del Golf Club Courmayeur il “Contest Fondazione
Con l’arrivo del nuovo anno scolastico, siamo lieti di proporre i nostri percorsi educativi per l’anno 2023-2024. L’obiettivo principale è promuovere la cultura scientifica tra i giovani, avvicinandoli ai temi di maggiore attualità e alle ultime conquiste scientifiche.
Approfondiremo le conseguenze dell’inquinamento atmosferico sulla salute, l’importanza della corretta alimentazione e del movimento per il benessere generale, i danni associati al fumo. L’obiettivo è stimolare l’interesse dei giovani attraverso una comprensione concreta e pratica dei temi scientifici che influenzano le nostre vite. Ad ottobre inizieremo con l’at-
Umberto Veronesi” che prevedeva una gara con formula Louisiana a coppie per raccogliere fondi a sostegno della ricerca contro i tumori maschili. La Salute al Maschile è uno dei progetti di Fondazione (Sam). Sempre sul campo a buche, Fondazione è stata anche charity partner di importanti tour di golf realizzati in alcuni dei più bei circoli d’Italia. In particolare è stata data continuità alla collaborazione con il Mario Mele Golf Tour, connubio che prosegue da ormai 4 anni e durante il quale vengono raccolti fondi tramite
donazioni libere e la distribuzione di biglietti per partecipare a una gara di putting green presente a ogni tappa.
Dopo il successo realizzato dagli amici del Golf di Bormio nel 2022, durante la quale Giorgio Boiani e gli altri soci sono riusciti a superare i 33.000 euro di fondi raccolti permettendo di finanziare una borsa di ricerca per l’oncologia pediatrica, quest’anno l’evento ha assunto dimensioni ancora maggiori, con un tour di 4 tappe, “Golf Tour - dai laghi alle Alpi”. Le gare, che han visto Fondazione sempre presente con un banchetto di raccolta fondi, sono state realizzate presso il Golf Club Lecco, il Golf Club Villa Carolina, il Circolo Golf Villa d’Este e il Bormio Golf Club, tutte tra il 1 luglio e il 9 settembre.
tività Fumo e altre stories, un percorso digitale e interattivo dedicata alle ragazze e ai ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, sviluppato per promuovere una corretta informazione su sigarette elettroniche, tabacco riscaldato e nuovi prodotti del tabacco. A novembre si attiverà “Io vivo sano Alimentazione e Movi-
mento”, un laboratorio interattivo in presenza per la scuola primaria.
La collaborazione con i docenti rimane fondamentale per il successo dei nostri progetti. Insieme, promuoviamo la salute e uno stile di vita sano, formando cittadini consapevoli e responsabili.
Se vuoi vedere tutti i nostri programmi visita il sito: www.fondazioneveronesi.it/progetti/progetti-per-la-scuola
Presente a tanti eventi sportivi nel nome della salute e della ricerca, Fondazione Veronesi
L’ipotesi viene avanzata per i polpi, molto gustosi per l’uomo. Ma il progetto per questi animali si aggiungerebbe ai già esistenti metodi per altre specie che si sono dimostrati molto negativi per l’ambiente. Un metodo che sarebbe fonte di sofferenza per tali molluschi
Alungo la ricerca scientifica e la filosofia hanno ritenuto che esistesse solo una forma possibile di mente, quella umana. Oggi, grazie a una serie di studi e ricerche in campi come la biologia evoluzionistica, sappiamo invece che questo non è affatto vero. Oltre alla nostra “mente” ne esistono molte altre, alcune delle quali sono tanto diverse dalla nostra quanto complesse ed evolute. Tra tutti gli altri esseri viventi, i polpi o piovre, rappresentano un caso molto affascinante e forse unico.
I polpi, infatti, sono animali incredibilmente intelligenti, ognuno dotato di una propria personalità e temperamento. Sanno riconoscere e distinguere tra le persone, verso le quali
possono sviluppare profondi legami oppure plateali antipatie. In generale, hanno vite molto brevi, ma sono in grado di imparare molto velocemente. Rispetto ai mammiferi, hanno più neuroni nei propri tentacoli che nel proprio cervello, e sono in grado di “assaggiare” gli odori e sentire il mondo in modi per noi difficili anche solo da comprendere. Non è un caso se, negli ultimi anni, le scoperte sulla mente di queste incredibili creature per noi così “aliene” siano state al centro di molti libri e documentari di successo. Purtroppo per loro, i polpi sono creature altamente nutrienti e deliziose per l’uomo, e per questo da sempre oggetto di processi di pesca sempre più intensiva. Fino a oggi, però, l’al-
levamento intensivo di questi animali è stato praticamente impossibile. I polpi sono animali territoriali e non sopportano di trovarsi confinati in spazi troppo ristretti insieme ai propri simili. Inoltre, il loro ciclo di vita è molto complesso e questo rende complicato e antieconomico il loro allevamento su larga scala. Le cose, però, potrebbero presto cambiare. Un’azienda spagnola mira
da tempo a realizzare il primo allevamento intensivo di polpi nelle isole Canarie. Originalmente il piano era di inaugurarlo proprio nel 2023, per poi arrivare a regime producendo 3.500 tonnellate di carne di polpo all’anno nel 2026. Il futuro di questa e altre imprese simili è però in dubbio a causa delle tantissime voci di protesta che si sono alzate negli ultimi mesi, preoccupate rispetto al fatto che questo tipo di allevamento sia troppo crudele e quindi non etico. Per creature come i polpi, sostengono i critici, vivere una vita priva di stimoli confinati in vasche minuscole equivale a vera e propria tortura. Inoltre, il metodo che è stato proposto di uccisione – l’immersione in acqua ghiacciata – potrebbe causare loro intenso dolore e una prolungata agonia. In parte, queste conseguenze sono difficilmente prevedibili proprio a causa della diversità anatomica tra noi e queste creature così distanti dal punto di vista evolutivo. Perché tutto questo? Già oggi,
se immaginiamo di guardare indietro agli ultimi cinquant’anni, è difficile negare che l’invenzione e la diffusione degli allevamenti intensivi siano stati alcuni dei fattori che più hanno contribuito a danneggiare l’ambiente, a infliggere sofferenza ad altre creature viventi, e a facilitare il salto di specie tra animale e uomo con conseguenze terribili per la salute pubblica. Come già aveva notato il filosofo inglese Jeremy Bentham, quando si tratta di chiedersi che valore morale dovremmo attribuire ad altri esseri viventi, la domanda fondamentale non è “se pensano”, o “se parlano”, ma “se soffrono”. Almeno nel
Gli stessi argomenti e ragionamenti possono essere applicati anche ad altre discussioni che sempre più di frequente riguardano la possibilità di allevare alcune specie di insetti per uso alimentare. Di nuovo, anche qui la questione di cosa ci dice la scienza in merito alle capacità di questi animali è in qualche modo stata relegata sullo sfondo da altre considerazioni centrate sulla sostenibilità ambientale, secondo le quali allevare decine di miliardi di questi animali sarebbe ecologicamente più sensato per ottenere nuove fonti di proteine rispetto ai tradizionali allevamenti intensivi.
caso dei cefalopodi e dei mammiferi che ancora oggi confiniamo negli allevamenti intensivi non sembrano esserci dubbi: sì, secondo la scienza, soffrono. Nel caso dei mammiferi come suini, polli o mucche, soffrono in modi simili a quelli che già conosciamo, mentre nel caso di creature che hanno seguito un’altra traiettoria evolutiva, come i polpi, forse in modo un po’ diverso. Ma sul fatto che tutti questi animali siano “senzienti”, e cioè capaci di provare delle esperienze soggettive, tra cui quelle di dolore e sofferenza, i dubbi sono praticamente inesistenti.
Forse, prima di inaugurare nuove forme di allevamenti intensivi per nuove specie animali, dovremmo fermarci e considerare quali altre opzioni abbiamo. Da una parte, infatti, nei paesi più ricchi è già possibile adottare una dieta a base vegetale. Dall’altra, invece, la ricerca scientifica sta aprendo nuove strade prima inimmaginabili per riuscire a produrre proteine anche animali senza necessariamente uccidere un animale o pesare sull’ambiente in modo eccessivo.
Di fronte a tutte queste alternative, perché dovremmo invece scegliere di seguire una strategia che si è già rivelata fallimentare e dannosa per tutti nel passato, come quella di moltiplicare le modalità di allevamento intensivo per sempre nuove specie? È difficile pensare di riuscire a costruire un futuro migliore se le soluzioni che si scelgono sono quelle che hanno già fallito in passato.
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Distinguono le persone e sanno creare veri legami
Clinians, brand da sempre vicino alle donne con i suoi prodotti per la cura di viso e corpo, sostiene la ricerca scientifica promossa da Fondazione Veronesi. In particolare, in qualità di top partner, contribuisce al progetto delle Pink Ambassador, donne che, dopo aver affrontato un tumore tipicamente femminile, hanno accettato una nuova sfida: allenarsi per partecipare ad una mezza maratona e diventare ambasciatrici del progetto, per ricordare l’importanza della prevenzione e del sostegno alla ricerca scientifica d’eccellenza.
“Niente ferma il rosa, niente ferma le donne” è il motto delle Pink Ambassador. Per sostenerle, Clinians mette in campo due suoi iconici prodotti che si vestono di rosa per supportare la preziosa iniziativa. Dal 1° giugno 2023 sino a fine marzo
2024, su “Clinians Antirughe Repair Trattamento Rassodante Protettivo Giorno” e su “Clinians Intense A Lifting Rughe Trattamento Giorno Antirughe” verrà comunicato il sostegno del brand Clinians alla ricerca scientifica sui tumori femminili.
Engie, sostegno ai progetti “Pink is Good” e “Vivere in salute in azienda”
Engie, leader della decarbonizzazione e dell’efficienza energetica per pubbliche amministrazioni, aziende e privati cittadini, ha scelto di proseguire con il suo supporto alla ricerca scientifica di Fondazione Veronesi attraverso il sostegno di 6 mesi al progetto Pink is Good, centrato sulla lotta ai tumori femminili. Continua inoltre il programma “Vivere in salute” per promuovere il benessere e la prevenzione tra i suoi collaboratori con incontri divulgativi e anche quest’anno scenderà in piazza alla Pink Parade, con una numerosa e entusiasta squadra aziendale!
Polestar, la casa automobilistica svedese controllata da Volvo Cars, specializzata nella produzione di automobili elettriche ad alte prestazioni, è approdata da poco sul mercato italiano. Per incrementare la sua visibilità e per promuovere la propria mission ha scelto di sostenere in veste di main sponsor il concerto della Filarmonica alla Scala per festeggiare i 20 anni di Fondazione. I fondi raccolti saranno destinati al progetto Pink is Good per la ricerca sui tumori femminili. Nell’occasione, per tutta la serata Polestar esporrà una delle sue
prestigiose auto in piazza della Scala. Già l’8 giugno Polestar è stato sponsor di Fondazione Veronesi per una serata presso la Fondazione Luigi Rovati di Mi-
Alce Nero è il marchio di agricoltori e trasformatori biologici impegnati dagli anni ’70 nel produrre cibi buoni, frutto di un’agricoltura che rispetta la terra e la sua fertilità, senza chimica di sintesi. Ne fanno parte più di 1.000 agricoltori in Italia e oltre 10.000 piccole imprese agricole familiari del Centro e Sud America.
Da tempo partner di Fondazione Veronesi, per sostenere il progetto Pink is Good, per tutto il mese di ottobre 2023 Alce Nero propone “La spesa in rosa” sul suo sito di Shop Online www.alcenero.com.
Si può scegliere di acquistare una speciale cesta oppure alcuni prodotti singoli, in ogni caso si sosterrà la ricerca scientifica dedicata ai tumori femminili.
lano tra arte e degustazioni stellate. I fondi raccolti sono andati al progetto Palm sulla leucemia mieloide acuta che colpisce ogni anno circa 70 bambini in Italia.
Contenuto della cesta
"La spesa in rosa":
• 500g Spaghettoni semola Cappelli
• 300g Ceci Lessati
• 500g Riso integrale
• 130g Pesto genovese
• 250g Frollini all'avena e grano saraceno
Prodotti singoli:
• ceci lessati
• olio extra vergine di oliva
• composta di albicocche
• penne rigate di farro
Donazione ricorrente
Tramite:
• Domiciliazione bancaria richiedendo il modulo a donazioni@fondazioneveronesi.it
• Carta di credito o bonifico online su www.fondazioneveronesi.it
Donazione singola
Tramite:
• Bollettino postale intestato a Fondazione Umberto Veronesi ETS
Conto Corrente Postale numero:
46950507
• Bonifico bancario intestato a Fondazione Umberto Veronesi ETS
IBAN: IT52M0569601600000012810X39
Causale 2820
• On line Su www.fondazioneveronesi.it
Donazione in memoria
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• Chiama l’Ufficio Donatori privati 02.76018187
• Scrivi a: donazioni@fondazioneveronesi.it
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Per le persone giuridiche
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