Tumore del polmone dalla diagnosi al dopo cura

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Tumore del polmone Dalla diagnosi al dopo cura


Perché un manuale dedicato al tumore al polmone? Questa malattia è la prima causa di morte per cancro nei paesi occidentali; solo in Italia, viene diagnosticata a quasi 40.000 persone ogni anno, con un grave impatto umano, sociale ed economico. Sono tante, quindi, le persone che ricercano informazioni sul tema, che devono essere chiare, accessibili e scientificamente corrette; questo testo, che raccoglie molte tra le domande più frequenti su sintomi, diagnosi, terapia e gestione della malattia, vuole rispondere a questa esigenza. La prima parte è dedicata ai fattori di rischio, primo fra tutti il fumo, che rappresenta la prima causa di insorgenza del tumore al polmone; 9 casi su 10, infatti, sono collegati direttamente ad esso. Il fumo è la prima causa di malattia e morte evitabile: da qui si evince il dovere civile e morale dello stato e delle istituzioni sanitarie di investire in capillari programmi di prevenzione primaria, informando dei rischi soprattutto i giovani, ma anche secondaria, attraverso la diagnosi precoce da implementare su larga scala; ad esempio lo screening con TC a bassa dose di radiazioni e senza contrasto se proposto ai forti fumatori o ex-forti fumatori esposti al fumo per più di 20 anni potrebbe drasticamente cambiare le sorti nella prognosi del tumore al polmone e ridurre la mortalità. Ad oggi infatti, il tumore al polmone è ancora una malattia complessa da curare, anche perché quando si manifesta con i sintomi si trova in stadio spesso avanzato e non operabile. Ma la buona notizia è che è una delle malattie oncologiche su cui la ricerca è più attiva, su cui si registrano novità chirurgiche, farmacologiche e diagnostiche che ci fanno ben sperare. Infine, l’ultima parte del manuale affronta due temi meno dibattuti ma altrettanto importanti. Un capitolo è dedicato alle strategie che nel corso dei decenni sono state messe in campo dalle industrie del tabacco per minimizzare o

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Tumore del polmone


nascondere i rischi legati al fumo, e le strategie di marketing tutt’ora messe in campo per attirare i più giovani, soprattutto nei prodotti del “nuovo fumo”, come sigarette elettroniche e riscaldatori del tabacco. L’ultimo capitolo, invece, offre preziose informazioni sui diritti e le tutele del paziente oncologico, e delle persone che lo accudiscono, sul luogo di lavoro. Infine, è importante ribadire con forza che le persone a rischio e i malati non vanno stigmatizzate né lasciati soli, ma accompagnati nel miglior percorso terapeutico e di abbandono dei comportamenti a rischio. Buona lettura!

Giulia Veronesi

Direttrice Chirurgia Robotica Toracica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

Professoressa Associata presso l’Università Vita Salute San Raffaele, Milano

Membro del Comitato Scientifico sul Fumo di Fondazione Umberto Veronesi

Tumore del polmone

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La Fondazione Umberto Veronesi dal 2003 si impegna a sostenere la ricerca scientifica e fornire una corretta informazione in tema di salute e prevenzione. Lo fa attraverso il sito e il magazine, quaderni e manuali di approfondimento gratuiti, incontri con la società civile e progetti per le scuole di ogni ordine e grado. Le attività della Fondazione Veronesi rinnovano ogni giorno la visione del suo fondatore Umberto Veronesi: libertà di sapere, libertà di scegliere. Un’informazione accessibile e scientificamente corretta è il requisito essenziale affinché ogni cittadino possa prendere decisioni consapevoli sulla propria salute. Questo manuale è dedicato al tumore al polmone, una patologia in aumento e dal forte impatto sulla salute pubblica. Un tumore che spaventa, ma del quale sappiamo molto in termini di fattori di rischio, soprattutto evitabili, e su cui la ricerca sta procedendo spedita in termini di strumenti di diagnosi precoce e nuove forme di trattamento e terapia. Un valido strumento di informazione che vogliamo offrire a tutti i pazienti, e alle loro famiglie, per orientarsi meglio nel percorso da intraprendere per la gestione di questa malattia. Fondazione Umberto Veronesi

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Tumore del polmone


SOMMARIO 1

IL TUMORE DEL POLMONE

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1.01

A cosa servono i polmoni e come sono fatti? ................................................................................ 14

1.02

Che cos’è il tumore del polmone? ..................................................................................................... 15

1.03

Da che cosa è causato il tumore del polmone? ........................................................................... 16

1.04

Quanto è diffuso il tumore del polmone? ...................................................................................... 16

1.05

Quante persone muoiono a causa del tumore del polmone? .................................................. 17

1.06

Chi è maggiormente a rischio di sviluppare un tumore del polmone? .................................. 17

1.07

Quali sono i tipi più comuni di tumore del polmone? ............................................................... 18

1.08

Il medico dice che mio padre potrebbe avere un mesotelioma pleurico,

1.09

Cosa sono i tumori polmonari secondari? ..................................................................................... 20

1.10

Che cosa significano i numeri e lettere che trovo nel referto alla voce

è un tumore del polmone? ................................................................................................................. 19

“stadiazione del tumore”? ................................................................................................................. 20 1.11

Quante sono le probabilità che un paziente con tumore del polmone sopravviva? ........... 22

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I FATTORI DI RISCHIO

2.01

Quali fattori aumentano la probabilità di sviluppare un tumore del polmone? ................ 25

23

2.02 Che cosa contengono le sigarette? .................................................................................................. 25 2.03 È vero che le sigarette contengono sostanze radioattive? ....................................................... 26 2.04 Si parla sempre di “fumo di sigaretta”. Vale lo stesso per il sigaro? .................................... 27 2.05

Anche il fumo passivo provoca il cancro? ...................................................................................... 28

2.06 In che modo il fumo causa il cancro? .............................................................................................. 28 2.07

Quanto tempo è necessario prima che il fumo causi il cancro? ............................................. 29

2.08 Fumo solo una-due sigarette al giorno, o anche meno, rischio lo stesso di avere un tumore? ............................................................................................. 29 2.09 Fumo da quando avevo 15 anni e ne ho 50. Penso sia tardi per smettere, sbaglio? ........... 30 2.10

Ho avuto un tumore, ma non ho smesso di fumare. Mi dicono che dovrei, perché? ........... 31

2.11

Le sigarette elettroniche fanno meno male di quelle tradizionali? ........................................ 31

2.12

Le sigarette elettroniche provocano il cancro? ............................................................................ 32

Tumore del polmone

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2.13

Mio figlio e i suoi amici hanno iniziato a usare una sigaretta a riscaldamento del tabacco. Che cos’è? ...................................................................................................................... 34

2.14

In che modo il radon provoca il cancro? ........................................................................................ 35

2.15

Quanto aumenta il rischio di tumore del polmone se si è esposti al radon? ..................... 35

2.16

Vivo in un appartamento al piano terra, come posso scoprire se sono esposto ad alte concentrazioni di radon? ...................................................................................................... 37

2.17

Posso fare qualcosa per ridurre il rischio di tumore del polmone legato

2.18

Quali sono le professioni a rischio di tumore del polmone? ................................................... 38

2.19

Come posso proteggermi dal rischio legato al mio lavoro? ......................................................... 39

all’esposizione al radon? .................................................................................................................... 38

2.20 È vero che lo smog può causare il tumore del polmone? ......................................................... 39 2.21

Vivo in una città molto inquinata, come posso proteggermi dallo smog? .......................... 40

2.22 Soffro di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Sono un soggetto a rischio di tumore polmonare? ...................................................................... 41 2.23 Mio zio ha fumato un pacchetto di sigarette al giorno fino a 90 anni, ma non gli è venuto il cancro ai polmoni. Come si spiega? ..................................................... 42 2.24 L’alimentazione influisce sul rischio di tumore del polmone? ............................................... 42 2.25 Sono attento alla dieta, ma mi muovo poco, è un problema? ................................................ 43

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DIAGNOSI E SCREENING

44

3.01

Quali sono i sintomi del tumore del polmone? ........................................................................... 45

3.02 Sono tre mesi che continuo a tossire. Potrei avere un tumore del polmone? .................... 46 3.03

Ieri dopo aver tossito mi sono accorto che c’era un po’ di sangue nel fazzoletto, sono preoccupato. Ho un tumore? .................................................................................................. 46

3.04 Da qualche tempo sento dolori al petto. Dipenderanno da un tumore del polmone? ....... 46 3.05

Mi sento mancare il fiato anche senza avere fatto grossi sforzi. Ho un tumore ai polmoni? .................................................................................................................. 47

3.06 È vero che anche un calo della voce può essere sintomo di un tumore del polmone? ....... 47 3.07

Quali sintomi possono far sospettare di un tumore del polmone che si è già diffuso nell’organismo? ................................................................................................ 49

3.08 Ho sentito parlare delle sindromi paraneoplastiche. Cosa sono? ......................................... 49 3.09 Quando bisogna rivolgersi al medico per escludere la presenza di un tumore del polmone? .......................................................................................................................................... 50

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Tumore del polmone


3.10

Come fa il medico a capire se ho un tumore? .............................................................................. 50

3.11

In cosa consiste l’RX del torace? ....................................................................................................... 51

3.12

Il cardiologo mi ha prescritto una radiografia del torace e il radiologo ha notato una macchia sul polmone destro. Sarà un tumore? .................................................................... 51

3.13

Cos’è un nodulo polmonare? ............................................................................................................. 54

3.14

Il medico mi ha prescritto una PET-TC. Che tipo di esame è? .................................................. 54

3.15

È possibile visualizzare direttamente la zona del polmone interessata dal tumore? ......... 55

3.16

Che cos’è l’agoaspirato? ..................................................................................................................... 55

3.17

Da quando ho 50 anni ricevo l’invito a sottopormi allo screening per il tumore

3.18

Perché lo screening per il tumore del polmone è preso in considerazione solo

del colon. Mi chiameranno anche per lo screening per il tumore del polmone? .............. 56 per i fumatori e gli ex fumatori di una certa età? ......................................................................... 57 3.19

A che punto siamo con l’introduzione dello screening per il tumore del polmone? ........... 59

3.20 Ho 60 anni e sono un forte fumatore da quando ero ragazzo. Posso chiedere al medico di prescrivermi una LDTC tutti gli anni per controllare se ho un tumore? ........... 60

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IL TRATTAMENTO

62

4.01

Ho appena scoperto di avere un tumore del polmone, che succede adesso? .................. 63

4.02 Dopo la diagnosi di tumore del polmone si procede sempre con l’intervento chirurgico? ............................................................................................................... 63 4.03 Mi toglieranno il polmone durante l’operazione? ....................................................................... 64 4.04 Il chirurgo che mi ha operato ha parlato di margini negativi. Cosa significa? ................... 65 4.05

Oltre all’intervento chirurgico ci sono altri tipi di trattamento per il tumore del polmone? .......................................................................................................................................... 65

4.06 Quali sono i trattamenti utilizzati per un tumore in fase iniziale? E quando il cancro è avanzato? ........................................................................................................ 66 4.07 Ho sentito parlare della video-toracoscopia, che cos’è? .......................................................... 69 4.08 Avrò una vita normale dopo l’operazione? E se mi resta un solo polmone? ...................... 69 4.09 Che problemi potrebbero esserci dopo l’operazione? .............................................................. 69 4.10

Non vorrei essere operato, ho alternative? ................................................................................... 70

4.11

Mi è stata proposta la chemioterapia. È necessaria? Perché si fa questo trattamento? ..................................................................................................... 70

4.12

È vero che la chemioterapia può essere effettuata sia prima sia dopo l’operazione? ......... 71

Tumore del polmone

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4.13

Come viene somministrata la chemioterapia? Dovrò recarmi in ospedale per il trattamento? ................................................................................................................................. 71

4.14

Il medico mi ha detto che dovrò cambiare il tipo di chemioterapia, cosa vuol dire? .......... 73

4.15

Sono spaventato dagli effetti collaterali della chemioterapia. Cosa mi devo aspettare? ..................................................................................................................... 73

4.16

Devo sottopormi a radioterapia. È vero che si utilizzano raggi X come nelle radiografie? .................................................................................................................................. 74

4.17

In cosa consiste e come si svolge una seduta di radioterapia? ............................................. 74

4.18

L’oncologo mi ha proposto la brachiterapia, cos’è? .................................................................. 76

4.19

Cosa può succedere al mio corpo durante la radioterapia? .................................................... 76

4.20 Perché i medici vogliono studiare il DNA delle cellule del mio tumore? .............................. 77 4.21

Quali sono i vantaggi di queste terapie mirate? .......................................................................... 77

4.22 Ho sentito parlare di anticorpi monoclonali. Cosa sono? Fanno parte delle terapie mirate? .................................................................................................... 78 4.23 Se la terapia mirata agisce solo contro il tumore, vuol dire che non ci sono effetti collaterali? ................................................................................................................................. 80 4.24 Negli ultimi anni si parla tanto di immunoterapia per il tumore del polmone. Cos’ha di particolare questo trattamento? .................................................................................. 80 4.25

Ho letto che l’immunoterapia per il tumore del polmone agisce sui “freni” del sistema immunitario. Cosa significa? ...................................................................................... 81

4.26 Tutti i farmaci immunoterapici possono essere utilizzati in tutti i pazienti? ...................... 82 4.27

L’immunoterapia ha effetti collaterali? .......................................................................................... 82

5

DOPO LA DIAGNOSI

5.01

Ho subito un intervento chirurgico per asportare un tumore del polmone.

84

Ora faccio molta fatica a respirare. È normale? ........................................................................... 85 5.02

Perché durante il trattamento può accadere di perdere molto peso? .................................. 85

5.03

Per quanto mi sforzi, faccio fatica a mangiare. C’è qualche “trucco” per riuscire ad alimentarmi a sufficienza? .......................................................................................................... 86

5.04

Ancora prima di fare la chemio ho una sensazione di nausea. Come è possibile? ......... 88

5.05

Da qualche giorno ho uno strano bruciore alla bocca che mi rende difficoltoso mangiare. È il caso di parlarne con il medico? ............................................................................ 88

5.06 Non riesco più a dormire bene. Cosa posso fare? ..................................................................... 89

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Tumore del polmone


5.07

Mi capita spesso di avere la febbre. Significa che la malattia si sta aggravando? .............. 91

5.08 Dalle ultime analisi del sangue risulta una marcata anemia. È grave? ................................ 91 5.09

Ho un cancro al polmone. Nessuno vuole dirmi quanto mi resta da vivere. ...................... 92

5.10

È possibile guarire completamente da un tumore del polmone? .......................................... 93

5.11

Cos’è la riabilitazione polmonare? A cosa serve? Come si fa? ............................................... 94

5.12

A chi devo rivolgermi per fare la riabilitazione polmonare? .................................................... 95

5.13

Nonostante le cure a cui mi sono sottoposto sembravano aver prodotto

5.14

Il cancro è tornato ancora una volta. Io sono molto stanco: non so se ho la forza

buoni risultati, il cancro ha ripreso a diffondersi. Cosa succede adesso? ......................... 96 di affrontare un nuovo ciclo di cure. .............................................................................................. 96 5.15

Cosa sono le cure palliative? Significa che sto per morire? ..................................................... 97

5.16

Il medico mi ha proposto un intervento chirurgico anche se eravamo d’accordo che avremmo sospeso i trattamenti e cominciato le cure palliative. Perché? ................... 97

5.17

In questa fase della malattia sono preoccupato soprattutto dal dolore. Esistono terapie efficaci? ................................................................................................................... 98

5.18

La malattia non è più curabile, ma ho bisogno di assistenza che è impossibile ottenere a casa. Cosa devo fare? ..................................................................................................... 99

6

L’IMPATTO PSICOLOGICO

101

6.01

Ho appena ricevuto una diagnosi di cancro al polmone. È stato come se il mondo mi fosse cascato addosso: non riesco a pensare ad altro. .................................................... 102

6.02 Ho ricevuto una diagnosi di cancro del polmone. Devo dirlo ai miei figli? ....................... 102 6.03 Da quando ho ricevuto la diagnosi di tumore mi sono chiuso in me stesso e ho allontanato famiglia e amici. ................................................................................................. 103 6.04 Sono stato operato per un tumore in stadio iniziale. Per i medici la malattia non c’è più, ma io ho paura che ritorni. ....................................................................................... 104 6.05 Non riesco a smettere di pensare al fatto che se mi sono ammalato è solo colpa mia. Sapevo quanto il fumo faccia male, ma non ho mai smesso. ......................... 105 6.06 Quando parlo della mia malattia, mi guardano come se me la fossi cercata. Come faccio a far capire agli altri che non è colpa mia? ......................................................... 106 6.07

È stato difficilissimo ma, dopo aver fumato per anni, molto tempo fa sono riuscito a dire addio alle sigarette. Eppure mi sono ammalato lo stesso. Mi sento preso in giro. ....................................................................................................................... 107

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6.08 Ho sentito parlare della chemioterapia come di un’esperienza terribile. Ora che tocca a me, ho molta paura. ............................................................................................ 108 6.09 La mia malattia sta coinvolgendo molto anche la mia famiglia. Ciò mi fa stare male. ........................................................................................................................... 109 6.10

Negli ultimi tempi ho difficoltà a respirare ed è qualcosa che mi fa andare nel panico. Cosa posso fare? ........................................................................................................... 110

6.11

Mi sento perennemente stanco e non riesco a fare nulla. È normale? .............................. 110

6.12

Anche se non ho mai fumato mi sono ammalato di cancro del polmone. Come è possibile? ................................................................................................................................ 111

7

UNA STORIA DI SCIENZA E DI PROPAGANDA

7.01

In che modo i fattori sociali incidono sul rischio di ammalarsi

113

di cancro del polmone? ...................................................................................................................... 114 7.02

Come si è arrivati a scoprire che il fumo è cancerogeno? ....................................................... 114

7.03

È vero che l’industria del tabacco cercò di nascondere i danni del fumo? ....................... 116

7.04 Ed è vero che lo stesso copione si ripropose più tardi per il fumo passivo? .................... 116 7.05

Spesso si dice che il cancro del polmone, senza il contributo di alcuni fattori di rischio ambientali sarebbe un tumore raro. È così? ............................................................. 117

7.06 Da più parti leggo che l’inquinamento dell’aria ha un impatto minimo sulla diffusione del cancro del polmone, la cui prima causa è il fumo di sigaretta. È corretto? .............................................................................................................................................. 119 7.07

Quali sono invece i lavori più rischiosi? ...................................................................................... 119

7.08 Un tempo era considerato normale fumare in ospedale o perfino a scuola. Come è possibile? ............................................................................................................................... 120 7.09 Oggi, nella gran parte dei luoghi è vietato fumare. Come si è arrivati a questo risultato? ............................................................................................ 121 7.10

Che regole valgono per le sigarette elettroniche? ..................................................................... 122

7.11

Le stesse regole descritte per le sigarette elettroniche valgono anche per i “riscaldatori di tabacco”? ....................................................................................................... 123

7.12 Perché i giovani sono un target privilegiato per l’industria del tabacco? .......................... 124 7.13

In che modo l’industria del tabacco cerca di attrarre i giovani clienti? ............................. 124

7.14

È vero che le strategie di promozione del fumo si stanno diffondendo anche sui social network? ................................................................................................................ 125

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Tumore del polmone


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LAVORO E DIRITTI

127

8.01

Che impatto avrà la malattia sulla mia situazione economica? Ho diritto a percepire lo stipendio se non posso lavorare? ................................................... 128

8.02 Sono un lavoratore autonomo: che tutele ho? ........................................................................... 128 8.03 Non voglio lasciare il lavoro, ma spesso sto troppo male per finire il turno. Posso chiedere un orario ridotto? .................................................................................................. 129 8.04 Non voglio lasciare il lavoro, ma la sede di lavoro è molto lontana: è vero che ho diritto al trasferimento alla sede più vicina a casa? ...................................... 130 8.05 In questo periodo gli spostamenti per recarmi al lavoro mi costano una grande fatica. Posso richiedere di lavorare da casa? ....................................................... 131 8.06 Svolgo mansioni molto faticose, ma non vorrei lasciare il lavoro. Posso chiedere un cambio di mansioni? ...................................................................................... 131 8.07 La malattia ha ridotto la mia efficienza e temo che il datore di lavoro voglia licenziarmi. Cosa posso fare? ........................................................................................................... 131 8.08 Dopo il rientro al lavoro, posso godere di permessi per curarmi? ....................................... 132 8.09 La malattia ha ridotto la mia capacità di lavoro e il mio reddito si è molto ridotto. Ho diritto a qualche sostegno? ....................................................................................................... 132 8.10

Non riesco più a lavorare, ma sono giovane per la pensione. È previsto qualche sostegno? ......................................................................................................... 134

8.11

Non ho lavoro e temo che non sarò mai assunto a causa del cancro. Come comportarmi? ........................................................................................................................... 134

8.12

Ho perso interesse per il lavoro, e mi mancano pochi anni all’età pensionabile. C’è qualche agevolazione previdenziale? ................................................................................... 135

8.13

Ho diritto a sgravi fiscali per le spese connesse alla malattia? ............................................ 135

8.14

Come viene attribuita l’invalidità civile ai malati di cancro? ................................................. 136

8.15

Chi ha diritto all’indennità di accompagnamento? .................................................................. 136

8.16

Non riesco a svolgere molte attività difficili da delegare. Come fare? ................................ 137

8.17

Ho bisogno dell’auto per muovermi in città: ho diritto a qualche agevolazione? ............. 138

8.18

Esiste qualche forma di tutela per i caregiver? .......................................................................... 138

8.19

In questa fase ho bisogno di costante assistenza per lunghi periodi. La mia partner può avere permessi retribuiti? ........................................................................... 140

Tumore del polmone

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Tumore del polmone


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Il tumore del polmone

I

n Italia e in gran parte dei Paesi industrializzati, il tumore del polmone – o meglio i diversi tipi di tumore che colpiscono il polmone, quasi sempre come conseguenza del fumo di tabacco – rappresentano la principale causa di morte per cancro, quasi un quinto del totale. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è oggi molto bassa, perché il tumore viene spesso scoperto in fase avanzata, quando ci sono meno possibilità di cura. Per questo motivo, negli ultimi anni la ricerca si sta concentrando, oltre che sulle cure, anche sulla migliore modalità per fare diagnosi precoce, almeno nelle categorie a rischio.

Tumore del polmone

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1.01

A cosa servono i polmoni e come sono fatti? I polmoni sono la sede degli scambi gassosi necessari alla vita: il corpo introduce l’ossigeno che serve per le reazioni metaboliche ed elimina l’anidride carbonica che è un prodotto di scarto di tali reazioni. I polmoni sono due organi simmetrici dalla consistenza spugnosa che si trovano nel torace. Sono protetti dalla gabbia toracica formata dalle costole, dallo sterno (l’osso piatto posto al centro del torace) e dalle vertebre dorsali. Sotto i polmoni si trova il diaframma, un muscolo essenziale per i movimenti respiratori, inspirazione ed espirazione. Ognuno dei due polmoni è avvolto da una sottile membrana, la pleura, formata da due strati di tessuto mesoteliale chiamati foglietti pleurici tra i quali si trova del liquido, il liquido pleurico, che permette ai foglietti di scivolare l’uno sull’altro durante i movimenti respiratori.

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Tumore del polmone


Il tumore del polmone

L’aria entra attraverso naso e bocca e passa nella trachea, una struttura cartilaginea cava che si divide in due rami, i bronchi, uno diretto al polmone destro e uno al polmone sinistro. I bronchi si dividono in rami sempre più piccoli, quelli di calibro minore sono chiamati bronchioli. L’insieme di bronchi e bronchioli è detto albero bronchiale. I bronchioli più piccoli, detti terminali, si diramano in grappoli di alveoli, piccole sacche le cui pareti sono costituite da un sottile strato di cellule epiteliali (pneumociti). Per evitare che gli alveoli collassino durante l’espirazione, alcune cellule specializzate producono una sostanza tensioattiva chiamata surfattante. Gli alveoli sono in intimo contatto con i capillari: l’ossigeno passa dall’alveolo al sangue contenuto nel capillare, mentre l’anidride carbonica passa dal sangue all’alveolo. Le strutture formate da piccoli gruppi di bronchioli terminali e dai vasi sanguigni e linfatici che li circondano sono chiamate lobuli polmonari. L’insieme dei lobuli polmonari forma il parenchima polmonare. I due polmoni non sono esattamente speculari: il polmone destro si divide in tre lobi (superiore, medio, inferiore), mentre il polmone sinistro si divide in due lobi (superiore, inferiore).

Che cos’è il tumore del polmone?

1.02

Il tumore del polmone - anche se sarebbe più corretto parlare di tumori del polmone perché ne esistono diversi tipi - è uno dei tumori più diffusi a livello mondiale. Ha origine quando una cellula del polmone (una cellula degli epiteli di bronchi, bronchioli o alveoli), a causa di mutazioni del DNA, inizia a moltiplicarsi in modo incontrollato. Se il tumore del polmone è in stadio iniziale si parla di malattia localizzata; quando il tumore è in uno stadio avanzato, ma non si è diffuso ad altri organi si parla di malattia localmente avanzata; nel caso dei tumori più aggressivi, che si diffondono nell’organismo e danno origine a nuovi tumori (metastasi) in altri organi, si parla di malattia metastatica. Anche tumori non metastatici possono diffondersi ai linfonodi, piccoli organi del sistema linfatico in cui le cellule del sistema immunitario si attivano in risposta a un pericolo come un’infezione. Le cellule tumorali possono entrare nei linfonodi e

Tumore del polmone

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Il tumore del polmone

moltiplicarsi in quella sede. I linfonodi più facilmente interessati sono i linfonodi mediastinici, che si trovano dietro lo sterno, e i linfonodi ilari, che si trovano nell’ilo polmonare (la zona in corrispondenza della quale entrano nel polmone i bronchi, i vasi sanguigni, i vasi linfatici e i nervi).

1.03

Da che cosa è causato il tumore del polmone? Circa l’85% dei tumori del polmone è causato dal fumo di sigaretta, che contiene infatti qualche migliaio di sostanze chimiche, di cui circa un’ottantina cancerogene. Per semplicità usiamo il temine fumo di sigaretta, ma un discorso analogo vale per le altre modalità di consumo del tabacco come il sigaro o la pipa e non va dimenticato che il cancro può essere causato anche dal fumo passivo. La seconda causa di tumori del polmone è il radon, un gas radioattivo presente nell’ambiente. Si forma naturalmente nella crosta terreste per decadimento radioattivo di alcuni elementi chimici e penetra nelle abitazioni attraverso il suolo. Diverse sostanze chimiche possono provocare il tumore del polmone, soprattutto in chi è vi esposto per motivi di lavoro (esposizione professionale), tra queste ricordiamo i metalli pesanti come cadmio e cromo, l’arsenico e l’asbesto. Sono cancerogeni per il polmone anche il benzo(a)pirene e gli altri idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che si generano nella combustione incompleta di materiale organico dovuta alle attività umane (emissioni industriali, riscaldamento, gas di scarico dei veicoli a motore, cottura a legna o a carbone) ma anche agli incendi boschivi.

1.04

Quanto è diffuso il tumore del polmone? In Italia il tumore del polmone è il secondo tumore più frequente negli uomini (dopo il tumore della prostata) e il terzo tumore più frequente nelle donne (dopo il tumore del seno e il tumore del colon-retto). I tumori del polmone rappresentano il 14,1% di tutti i tumori (ad esclusione dei tumori della pelle diversi dal melanoma, non considerati nelle statistiche perché molto frequenti) diagnosticati negli uomini e il

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Tumore del polmone


Il tumore del polmone

7,3% di quelli diagnosticati nelle donne. Un uomo su 10 e una donna su 35 sviluppa un tumore del polmone nel corso della vita. Nel 2020 sono attese in Italia 40.882 nuove diagnosi di tumore del polmone, 27.544 negli uomini e 13.328 nelle donne (fonte: “I numeri del cancro 2020”, il censimento ufficiale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica-AIOM e dell’Associazione Italiana Registri Tumori-AIRTUM; la versione per i pazienti e i cittadini è disponibile sul sito della Fondazione AIOM - https://www.fondazioneaiom.it).

Quante persone muoiono a causa del tumore del polmone?

1.05

In Italia, come nella maggior parte dei Paesi industrializzati, il tumore del polmone è la prima causa di morte per cancro. Nel nostro Paese, il 18,8% delle morti per cancro riguarda pazienti con tumori del polmone: il 23,9% se consideriamo solo gli uomini (prima causa di morte per tumore) e l’12,5% se consideriamo solo le donne (seconda causa, dopo il tumore del seno). Si stima che la probabilità di morire per un tumore del polmone sia di una su 11 casi per gli uomini e di una su 45 per le donne. Nel 2017 sono stati registrati in Italia 33.904 morti per tumore del polmone, 23.928 uomini e 9.976 donne (fonte ISTAT).

Chi è maggiormente a rischio di sviluppare un tumore del polmone?

1.06

La categoria più a rischio è quella dei fumatori: nove tumori del polmone su 10 sono infatti riconducibili al fumo di sigaretta. Il rischio aumenta con il numero delle sigarette fumate e con il numero di anni in cui si è fumato. Gli studi scientifici dimostrano che smettere di fumare riduce notevolmente questo rischio. Negli ultimi anni l’incidenza (numero di nuovi casi in un anno) del tumore del polmone si è leggermente ridotta negli uomini, ma è aumentata

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significativamente nelle donne: la variazione è legata all’abitudine al fumo, che è diminuita tra gli uomini, ma è in crescita tra le donne. La maggior parte delle persone a cui viene diagnosticato un tumore del polmone è anziana, sono rare le diagnosi prima dei 50 anni.

1.07

Quali sono i tipi più comuni di tumore del polmone? I tumori del polmone più comuni sono i tumori polmonari non a piccole cellule (NSCLC, dall’inglese non-small cell lung cancer) e il tumore polmonare a piccole cellule (SCLC, dall’inglese small cell lung cancer). Circa l’85% dei tumori polmonari sono NSCLC, mentre lo SCLC rappresenta il 10-15% di tutti i tumori. Il restante 5% comprende tumori che non hanno origine dall’epitelio, ma da tessuti diversi come il tessuto endocrino (carcinoide polmonare di origine neuroendocrina) o linfatico (linfoma polmonare). La classificazione dei tumori viene fatta sulla base delle caratteristiche biologiche e istopatologiche (vale a dire quelle che il patologo individua analizzando il tessuto tumorale), ed è molto importante per la scelta delle terapie. Le varianti (istotipi) più comuni di NSCLC sono: k Adenocarcinoma: si sviluppa prevalentemente alla periferia dei polmoni, spesso interessa la pleura, si diffonde facilmente ai linfonodi e metastatizza precocemente a distanza; è l’istotipo più comune tra chi non ha mai fumato; in qualche caso è legato alla presenza di cicatrici polmonari (per esempio se in passato si è sofferto di tubercolosi). k Carcinoma squamoso (o squamocellulare o spinocellulare): ha perlopiù una localizzazione centrale. k Carcinoma a grandi cellule: può svilupparsi in diverse aree del polmone; tende a crescere e a diffondersi abbastanza rapidamente. Il 60% dei tumori non a piccole cellule sono adenocarcinomi, il 25-30% sono carcinomi squamosi e il 10% sono carcinomi a grandi cellule. k Lo SCLC, o microcitoma, ha prevalentemente una localizzazione centrale; è un tumore molto aggressivo, che cresce velocemente e dà rapidamente origine a metastasi; è un tumore tipico dei fumatori (solo nell’1% dei casi è diagnosticato in soggetti non fumatori).

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Il medico dice che mio padre potrebbe avere un mesotelioma pleurico, è un tumore del polmone?

1.08

Il mesotelioma pleurico è un tumore che cresce nel torace, ma non fa propriamente parte dei tumori polmonari. Infatti, ha origine dal mesotelio (il tessuto che riveste gli organi interni) e non dalle cellule del polmone. Spesso il mesotelioma è accompagnato da un accumulo di liquido tra i due strati della pleura (versamento pleurico). I sintomi con cui si presenta comprendono difficoltà respiratorie e dolore toracico, specialmente quando si respira e tossisce. È un tumore raro, ma con un altissimo tasso di mortalità. Il principale fattore di rischio per il mesotelioma è l’esposizione all’amianto (o asbesto), un minerale fibroso che in passato è stato molto utilizzato per le sue proprietà isolanti e di resistenza al fuoco. In Italia,

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l’uso di amianto è vietato dal 1992, tuttavia, dato che il mesotelioma si sviluppa a distanza di 20-40 anni dall’esposizione, sono ancora attesi casi di mesotelioma, soprattutto tra i lavoratori che erano stati esposti all’amianto prima della sua messa al bando. Se i sintomi fanno sospettare un possibile mesotelioma, il medico si informerà sull’eventuale esposizione all’amianto e successivamente farà eseguire alcuni esami strumentali come la radiografia del torace e la tomografia computerizzata (TC) per averne conferma.

1.09

Cosa sono i tumori polmonari secondari? Con il termine “tumori secondari” ci si riferisce alle metastasi, masse tumorali che si formano quando le cellule del tumore primario, comparso in un altro organo, acquisiscono la capacità di migrare attraverso i vasi sanguigni e linfatici o di invadere i tessuti circostanti e iniziano a moltiplicarsi in una sede diversa da quella in cui hanno avuto origine. Il polmone è una sede di metastasi molto frequente perché è un organo molto vascolarizzato, il che aumenta la probabilità di essere raggiunto dalle cellule tumorali che si sono introdotte nella circolazione sanguigna. In genere i tumori tendono a dare metastasi preferenzialmente in certi organi: tra i tumori che più frequentemente metastatizzano al polmone ci sono il tumore del seno, il tumore del colon-retto, il tumore del rene, il melanoma e i sarcomi. Il tumore del polmone stesso può dare metastasi in una zona diversa dello stesso polmone o nell’altro polmone (oltre che in altri organi e tessuti come fegato, cervello e ossa).

1.10

Che cosa significano i numeri e lettere che trovo nel referto alla voce “stadiazione del tumore”? Quando viene diagnosticato un tumore del polmone, i medici procedono alla sua stadiazione. Lo stadio del tumore è indicato con un numero romano (da I a IV) e una lettera (A, B o C). Con lo stadio si descrive

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LA STADIAZIONE TNM I parametri considerati in questo sistema di classificazione sono le dimensioni del tumore (T), la sua diffusione ai linfonodi (N, dall’inglese lymph Nodes) e la presenza di metastasi a distanza (M). Sviluppato negli anni ’40 del secolo scorso dal chirurgo oncologo francese Pierre Denoix è stato adottato dall’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC) divenendo universalmente accettato. Poiché si basa su parametri di facile valutazione, il sistema TNM può essere usato anche in ospedali che hanno limitate risorse economiche. Utilizzare uno standard comune facilita lo scambio di informazioni tra i medici e permette di confrontare i risultati ottenuti in studi clinici condotti in momenti e luoghi diversi. Ad ogni parametro viene assegnato un valore:

T

Un numero da 1 a 4 indica quanto è grosso il tumore (le dimensioni in base alle quali un tumore è classificato come T1, T2, T3 o T4 sono contenute nella pubblicazione “Classificazione TNM dei tumori maligni” dell’UICC, arrivato all’VIII edizione, e sono ovviamente diverse per un tumore del polmone e un tumore della tiroide, o altro tipo di tumore.

N

Un numero da 1 a 3 indica quanto il tumore si è diffuso ai linfonodi (il numero non corrisponde al numero di linfonodi che contengono cellule tumorali, ma al fatto che siano interessati solo alcuni linfonodi vicini o anche quelli più lontani); se non sono state trovate cellule tumorali nei linfonodi esaminati la N è seguita da uno zero (N0).

M

Con 0 o 1 si indica rispettivamente l’assenza o la presenza di metastasi a distanza.

Esistono tabelle specifiche per il tipo di tumore, in base a cui si assegna lo stadio del tumore. Per fare un esempio, un tumore del polmone di piccole dimensioni (T1), che ha raggiunto solo i linfonodi posti vicino ai bronchi (N1) e non ha formato metastasi a distanza (M0) corrisponde a uno stadio IIB.

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in modo sintetico e standardizzato quanto è grande il tumore e quanto si è diffuso nell’organismo. In base allo stadio del tumore il medico può fare ipotesi sulla possibile evoluzione della malattia (prognosi) e scegliere la terapia che ha maggiori probabilità di successo. Il sistema di classificazione utilizzato per la stadiazione del NSCLC è il sistema TNM. Gli stadi I e II rappresentano tumori quasi sempre di piccole dimensioni e con scarso o nullo interessamento dei linfonodi. Lo stadio III rappresenta tumori piccoli ma che hanno raggiunto linfonodi distanti, oppure tumori più grandi ma che hanno coinvolto ancora poco i linfonodi. Lo stadio IV indica le forme più aggressive della malattia, i tumori metastatici. Per tradizione, nel caso dello SCLC non si utilizza il sistema TNM, ma il tumore viene classificato come limitato o esteso. La malattia in stadio limitato è confinata in metà del torace e ha raggiunto solo i linfonodi regionali, negli altri casi si parla di malattia estesa.

1.11

Quante sono le probabilità che un paziente con tumore del polmone sopravviva? In Italia, complessivamente solo il 15% degli uomini e il 19% delle donne con tumore del polmone sopravvive a distanza di 5 anni dalla diagnosi. Il motivo per cui le probabilità di morire a causa del tumore del polmone sono così alte sta nel fatto che la malattia è molto spesso diagnosticata quando il tumore è in stadio avanzato e ci sono meno possibilità di cura. Quando il tumore viene diagnosticato in stadio iniziale (I e II) ci sono invece molte probabilita di guarire. La prognosi dipende molto dal tipo di tumore e dallo stadio a cui viene diagnosticato, ed è per questo che la ricerca, negli ultimi anni, si sta concentrando, oltre che sulle cure, anche sulla migliore modalità per fare diagnosi precoce, almeno nelle categorie a rischio.

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I fattori di rischio

O

gni sigaretta contiene circa 600 ingredienti, che bruciando liberano oltre 7.000 diverse molecole, molte delle quali - le ammine aromatiche, il benzene, la formaldeide, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) l’arsenico e il cadmio - sono oggi riconosciute come in grado di causare il cancro. Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito il fumo di sigaretta “la più importante causa di morte evitabile nella nostra società”. Per chi fuma, riuscire a smettere ha un’importanza fondamentale per la tutela della salute, a maggior ragione dopo una diagnosi di tumore del polmone.

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I fattori di rischio

COME SONO FATTE LE SIGARETTE? Una sigaretta è composta essenzialmente da tre elementi: il tabacco, la carta e il filtro.

IL TABACCO È un prodotto ricavato dalle foglie delle piante del genere Nicotiana. La maggior parte delle sigarette in commercio contiene una miscela di tabacchi che differiscono per varietà di pianta e processo di lavorazione (essiccatura o affumicatura). Le sigarette possono contenere tabacco espanso e ricostituito: si tratta degli scarti di lavorazione del tabacco che vengono lavorati con sostanze chimiche, compattati in foglie o strisce e poi trinciati.

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LA CARTA Non è semplicemente un involucro, ma è usata per regolare la combustione e modificare le caratteristiche del fumo. Più la carta è porosa, più aria entra, più i componenti del fumo che passano attraverso la sigaretta sono diluiti.

IL FILTRO I più diffusi sono costituiti di fibre di acetato di cellulosa incollate tra loro con un agente indurente (la triacetina) che permette al filtro di mantenere la propria forma. A differenza di quanto si potrebbe pensare, il filtro trattiene solo una minima parte delle sostanze dannose contenute nel fumo, in caso contrario il fumatore non percepirebbe il gusto delle sigarette.


I fattori di rischio

Quali fattori aumentano la probabilità di sviluppare un tumore del polmone?

2.01

Il primo e più importante fattore di rischio è il fumo: nove tumori del polmone su 10 sono causati dal fumo di tabacco. Il fumo causa anche molti altri tipi di tumore, tra cui quelli della bocca, della gola, dell’esofago, del pancreas, del colon, della vescica e del rene. È inoltre un importantissimo fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, che, assieme ai tumori, sono la principale causa di morte nei paesi occidentali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito il fumo di sigaretta “la più importante causa di morte evitabile nella nostra società”. In secondo luogo, il rischio di ammalarsi di tumore del polmone aumenta per chi è esposto al radon, un gas radioattivo presente in natura, e ad alcune sostanze chimiche cancerogene, soprattutto in ambito professionale. Anche chi ha avuto un precedente tumore ed è stato trattato con la radioterapia in corrispondenza del torace, per esempio per un tumore del seno o un linfoma, ha maggiori probabilità di sviluppare un tumore del polmone rispetto al resto della popolazione. Come per altri tumori, il rischio è influenzato da fattori genetici e dagli stili di vita.

Che cosa contengono le sigarette?

2.02

Si stima che ogni sigaretta contenga almeno 600 ingredienti, che una volta bruciati danno origine a più di 7.000 diverse molecole. Circa 80 di queste sono ormai riconosciute come in grado di causare il cancro; tra queste sostanze cancerogene vi sono le ammine aromatiche, il benzene, la formaldeide, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e due metalli pesanti, l’arsenico e il cadmio. Molte altre sostanze contenute nelle sigarette e nel loro fumo non sono cancerogene, ma provocano danni alla salute. La nicotina è a tutti gli effetti una droga perché ha un’alta capacità di indurre dipendenza: è a causa della nicotina che, una volta iniziato a fumare, è così difficile smettere. Sostanze come acetone, acido acetico, acroleina e ammoniaca sono irritanti per gli occhi e le vie aeree. Altre come toluene e mercurio, che può essere

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I fattori di rischio

presente in tracce così come il nickel, sono tossiche. Nel fumo delle sigarette c’è persino l’acido cianidrico (dalla cui scomposizione deriva il cianuro) che i nazisti impiegarono per produrre lo Zyklon B delle camere a gas. La combustione della sigaretta produce anche sostanze molto simili a quelle che si trovano in luoghi inquinati. La differenza è che la concentrazione respirata da un fumatore è molto più elevata. Il monossido di carbonio del fumo di sigaretta è lo stesso gas che esce dai tubi di scappamento delle macchine e dalle stufe malfunzionanti; si lega in maniera irreversibile all’emoglobina del sangue al posto dell’ossigeno, riducendo l’apporto di ossigeno ai tessuti. Le polveri sottili sono presenti nel fumo di sigaretta in concentrazioni decine di volte superiori a quelle dei fumi di scarico delle auto. Hanno un effetto irritante a carico delle vie respiratorie (dove restano depositate) e delle mucose, compromettendo le loro funzioni protettive nei confronti degli agenti esterni. Provocano tosse e catarro, interferiscono con lo sviluppo dei polmoni dei bambini. Le polveri permangono nell’aria per diversi minuti dopo che si è spenta la sigaretta.

2.03

È vero che le sigarette contengono sostanze radioattive? Tra le sostanze presenti nel fumo c’è effettivamente un elemento altamente tossico con elevata radioattività, il polonio-210. Questa sostanza è salita alla ribalta della cronaca nel 2006, quando è stata impiegata per uccidere l’agente dei servizi segreti russi Aleksandr Litvinenko. Secondo alcuni studi, la fonte principale di polonio-210 nel fumo è rappresentata dai fertilizzanti utilizzati nelle piantagioni di tabacco, ricchi di polifosfati contenenti radio, piombo e polonio. Le foglie del tabacco accumulano queste sostanze e col tempo si forma l’isotopo radioattivo del polonio, il polonio-210. Con la combustione delle sigarette, il polonio-210 raggiunge l’apparato respiratorio, fissandosi soprattutto nelle biforcazioni dei bronchi più piccoli. Uno studio condotto nel 2011 dall’Istituto Superiore di Sanità sui 10 principali marchi di sigarette venduti in Italia ha mostrato che non ci sono differenze significative per quanto concerne il contenuto di polonio.

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I fattori di rischio

Inoltre, ha calcolato che per chi fuma 30 sigarette al giorno per un anno il rischio biologico derivante dall’esposizione al polonio è paragonabile a quello di 40 radiografie al torace annue, pari a 4 casi di tumori polmonari dovuti direttamente al polonio ogni 10.000 fumatori.

Si parla sempre di “fumo di sigaretta”. Vale lo stesso per il sigaro?

2.04

Fumare il sigaro può provocare il tumore del polmone così come fumare sigarette, perciò sarebbe meglio parlare di “fumo di tabacco”. In assoluto i sigari sono potenzialmente più dannosi delle sigarette. Le sigarette di solito contengono una miscela di diverse tipologie di tabacco non fermentato, mentre i sigari sono composti quasi sempre da un unico tipo di tabacco fermentato. Durante la fermentazione del tabacco vengono prodotte alte concentrazioni di nitrosammine, cancerogene. Queste molecole vengono rilasciate durante la combustione e sono presenti in quantità maggiore nel fumo del sigaro che in quello della sigaretta. In più, i sigari sono rivestiti da foglie di tabacco, meno porose della carta delle sigarette: la combustione del tabacco avviene in maniera meno completa e il fumo del sigaro ha concentrazioni di tossine più alte. Le maggiori dimensioni del sigaro e la più lunga durata della fumata comportano inoltre una più alta esposizione a sostanze tossiche. D’altra parte, la maggior parte dei fumatori di sigari non inala il fumo, perciò il sigaro è in genere associato a un minor rischio di tumori e malattie cardiache e polmonari rispetto alle sigarette, ma questo rischio è comunque più alto di quello dei non fumatori. A prescindere dal fatto che inalino o meno, i fumatori di sigaro (come quelli di sigarette), espongono labbra, bocca, lingua, gola e laringe al fumo e ai composti cancerogeni in esso contenuti. Inoltre, quando la saliva che contiene le sostanze derivanti dal fumo viene deglutita, anche l’esofago è esposto alle sostanze cancerogene. Il sigaro contiene alti livelli di nicotina che sono assorbiti dal corpo, sia attraverso l’inalazione sia attraverso la mucosa della bocca: un solo sigaro contiene l’equivalente della nicotina contenuta in un pacchetto di sigarette.

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I fattori di rischio

2.05

Anche il fumo passivo provoca il cancro? Sì, anche per il fumo passivo esistono prove definitive che sia associato allo sviluppo di tumori. Come per il fumo attivo, il rischio più elevato riguarda il tumore del polmone: le persone esposte a fumo passivo hanno una probabilità del 20-30% più alta rispetto ai non fumatori di ammalarsi. Negli Stati Uniti si stima che ogni anno circa tremila decessi per cancro ai polmoni siano il risultato dell’esposizione al fumo passivo. Inoltre, il fumo passivo è associato a un maggior rischio di sviluppare tumori a carico di laringe, faringe, seni paranasali, cervello, vescica, colonretto, stomaco, seno. Nei bambini aumenta la probabilità di ammalarsi di linfoma, leucemia, cancro del fegato e del cervello.

2.06

In che modo il fumo causa il cancro? I meccanismi attraverso cui il fumo aumenta le probabilità di sviluppare tumori sono diversi. Alcune delle sostanze contenute nel fumo causano danni diretti al DNA, molto spesso intaccando proprio quei geni

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I fattori di rischio

che dovrebbero proteggere la cellula dalla trasformazione tumorale (per esempio il gene p53). L’esposizione ripetuta ad altre sostanze contenute nelle sigarette favorisce la proliferazione delle cellule. Le cellule che si moltiplicheranno di più saranno quelle trasformate (perché in quelle sane la proliferazione verrà bloccata dai meccanismi di controllo), inoltre, aumentando la velocità di divisione, aumenterà la probabilità che avvengano altre mutazioni nel DNA. Il fumo riduce poi la capacità dell’organismo di espellere le sostanze tossiche dai polmoni e dal sangue. Ciò ha diversi effetti, uno dei quali è indebolire il sistema immunitario nel suo ruolo di contrasto al cancro.

Quanto tempo è necessario prima che il fumo causi il cancro?

2.07

Occorrono molti anni, in alcuni casi alcuni decenni, perché il danno al DNA prodotto dal fumo porti allo sviluppo di un tumore. Il corpo mette in atto in continuazione meccanismi a molteplici livelli per evitare che cellule “impazzite” possano proliferare dando luogo a tumori. Tuttavia, i danni indotti dal fumo sono di tale entità da superare la capacità del corpo di difendersi contrastandoli efficacemente. Si stima che per ogni 15 sigarette fumate si verifichi una mutazione a carico del DNA in grado di dare origine a un tumore. Per questa ragione quanto più cresce il numero di sigarette fumate tanto più aumentano le probabilità di sviluppare la malattia.

Fumo solo una-due sigarette al giorno, o anche meno, rischio lo stesso di avere un tumore?

2.08

Sì, non esiste una soglia al di sotto della quale si può essere sicuri di non andare incontro al cancro e sotto la quale il fumo non fa danni. Anche con un numero così modesto di sigarette fumate, resta più alto della media il rischio di ammalarsi di tumori e malattie respiratorie. A parità di sigarette fumate (anche poche), il rischio sembra essere

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I fattori di rischio

maggiore per le donne che per gli uomini, specie per il tumore del polmone. Uno studio dei National Institutes of Health, la principale agenzia di ricerca biomedica degli Stati Uniti, condotto su oltre 500.000 persone ha confrontato il rischio di morte di chi fumava ogni giorno e di chi fumava saltuariamente. È emerso che chi fuma per tutta la vita 6-10 sigarette al mese ha comunque una probabilità di morire prematuramente più alta di chi non ha mai fumato. Rispetto ai non fumatori, il rischio di morire è 2,3 volte più alto per chi fuma ogni giorno e 1,8 volte più alto che per chi fuma di tanto in tanto. Questo significa che chi passa da un consumo quotidiano di sigarette a un consumo occasionale vede ridurre i rischi, ma non tanto quanto chi smette completamente.

2.09

Fumo da quando avevo 15 anni e ne ho 50. Penso sia tardi per smettere, sbaglio? Non è mai troppo tardi per fumare l’ultima sigaretta. Anche se i danni del fumo sono proporzionali al numero di anni in cui si è fumato, in qualunque momento si smetta si hanno dei benefici. Alcuni di questi sono immediati: la circolazione e la capacità di respirare migliorano, se ne guadagna un’energia che influisce positivamente sulla qualità di vita. Altri sono a lungo termine: a qualunque età si abbandoni il consumo del tabacco si riduce il rischio di andare incontro a malattie cardiache e cancro. Un anno dopo avere smesso, il rischio di malattie cardiache si riduce drasticamente e in 2-5 anni il rischio di ictus si dimezza rispetto a quello di un fumatore. A cinque anni dall’ultima sigaretta si dimezza il rischio di tumori del cavo orale, della gola, dell’esofago e della vescica; il rischio di tumore della cervice uterina torna ai livelli di chi non ha mai fumato. Dieci anni dopo avere smesso, il rischio di ammalarsi di tumore del polmone è circa la metà di quello di un fumatore. A distanza di 15 anni, il rischio di infarto torna ai livelli di chi non ha mai fumato e il rischio di cancro al polmone si abbassa ulteriormente avvicinandosi ai livelli di chi non ha mai fumato.

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I fattori di rischio

Ho avuto un tumore, ma non ho smesso di fumare. Mi dicono che dovrei, perché?

2.10

Diversi studi mostrano che nei pazienti oncologici continuare a fumare ha effetti negativi sulla probabilità di sopravvivere e aumenta gli effetti tossici dei trattamenti antitumorali. Anche chi sta uscendo o è uscito dalla malattia dovrebbe però abbandonare il fumo di tabacco perché rischia di riammalarsi di un altro tumore. Questo rischio non sembra essere sufficientemente apprezzato dai pazienti: secondo un’indagine svolta negli Stati Uniti, un cancer survivor su dieci ha continuato a fumare dopo la diagnosi di tumore; chi aveva avuto un tumore legato al fumo aveva una probabilità più elevata di essere ancora un fumatore rispetto a chi aveva avuto tumori che non sono causati dal fumo.

Le sigarette elettroniche fanno meno male di quelle tradizionali?

2.11

I dati disponibili suggeriscono che le sigarette elettroniche (e-cig) sono meno dannose delle sigarette tradizionali, ma che non sono prive di effetti negativi. Le e-cig contengono ed emettono sostanze potenzialmente tossiche, l’esposizione a queste sostanze dipende dal tipo di prodotto e da quanto e come si “svapa”. Non essendo ancora stati messi a punto metodi standard per testare l’uso e gli aerosol è difficile stabilire quanto la pericolosità potenziale si traduca in reale danno all’organismo. In generale, l’esposizione a sostanze potenzialmente tossiche appare inferiore a quella che si ha con le sigarette tradizionali. Tuttavia, il fatto che producano degli effetti immediati (es. aumentano la pressione del sangue), che alcuni utilizzatori presentino dei sintomi (es. tosse e respiro affannoso) e che studi di laboratorio mostrino attività su meccanismi cellulari (es. gli estratti degli aerosol promuovono lo stress ossidativo) indicano che le sigarette elettroniche non possono essere considerate innocue. Tra il 2019 e metà febbraio 2020, i Centri per il Controllo delle Malattie (CDC) americani hanno registrato circa 2.800 casi di pazienti,

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69 dei quali poi deceduti, che presentavano gravi danni polmonari associati all’uso di sigarette elettroniche. Il 76% dei pazienti aveva meno di 35 anni, il 15% meno di 18 anni. La malattia associata all’uso delle e-cig è stata chiamata EVALI (E-cigarette, or Vaping, product use Associated Lung Injury). Uno studio dei CDC ha suggerito che possa essere causata dall’inalazione della vitamina E acetato, utilizzata nel mercato illegale per produrre e-cig contenenti THC, uno dei principi attivi della cannabis. I dati a disposizione non permettono ad oggi di escludere il coinvolgimento di altre sostanze. È sempre raccomandabile non utilizzare prodotti di dubbia origine.

2.12

Le sigarette elettroniche provocano il cancro? A causa della varietà dei prodotti disponibili e del poco tempo per cui sono state studiate, è ancora difficile stabilire gli effetti a lungo termine delle sigarette elettroniche sulla salute umana. Il glicole propilenico, l’ingrediente responsabile del “fumo sintetico” che viene rilasciato dalla sigaretta elettronica, è la stessa sostanza impiegata per riprodurre il fumo degli effetti speciali usati nei concerti rock, considerato generalmente sicuro, anche se è stato osservato che l’esposizione nel lungo periodo può dare origine a irritazione delle vie aeree, tosse e in casi molto rari asma e riniti. Il riscaldamento del glicole propilenico e di un’altra sostanza presente nel liquido delle e-cig, la glicerina, può però portare alla formazione di formaldeide e acetaldeide, che, a dosi più elevate di quelle assunte con una singola e-cig, sono considerate cancerogene. Alcuni studi hanno rilevato sostanze tossiche e cancerogene nei liquidi delle cartucce. Inoltre, nel vapore delle sigarette elettroniche sono presenti elevate quantità di particelle: è stato dimostrato che il particolato può provocare il cancro, infatti l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC) lo ha classificato come sicuramente cancerogeno per l’essere umano. Solo tra qualche anno sarà possibile stabilire con certezza se esiste un’associazione tra sigarette elettroniche e cancro.

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COME SONO FATTE LE SIGARETTE ELETTRONICHE (E-CIG)? La sigaretta elettronica è un dispositivo in grado di vaporizzare una soluzione contenente nicotina che può essere inalata, come avviene per una sigaretta tradizionale, fino a raggiungere l’apparato respiratorio. La sigaretta elettronica fornisce un sapore e una sensazione fisica simile a quella del fumo di tabacco, ma senza la combustione. Il dispositivo è stato inventato in Cina all’inizio del millennio e ha cominciato a diffondersi da noi intorno al 2010. In Italia, secondo i dati del “Rapporto nazionale sul fumo 2019” sono circa 900.000 gli utilizzatori di e-cig con più di 15 anni di età. Esistono molti tipi di sigarette elettroniche, con diverse forme estetiche e differenti soluzioni da nebulizzare, ma tutte sono composte essenzialmente da tre elementi: l’inalatore (la cosiddetta cartuccia, che contiene la soluzione vaporizzata); l’atomizzatore (un elemento caldo che vaporizza il liquido); la batteria che serve ad alimentare l’atomizzatore. A seconda dei prodotti e del gusto personale, il consumatore può aggiungere una quantità regolabile di nicotina e scegliere formule aromatizzate.

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AROMI? NO, GRAZIE Gli aromi mascherano il cattivo sapore del fumo e questo può essere particolarmente pericoloso per i giovani, dal momento che il prodotto è percepito come più gradevole e invitante. Per diminuire la diffusione del tabagismo e cercare di evitare nuovi utilizzatori le sigarette aromatizzate sono state vietate da una direttiva dell’Unione Europea entrata in vigore in Italia il 20 maggio 2020. La direttiva non ha però preso in considerazione altri prodotti come le sigarette elettroniche che potranno essere ancora venduti. La sicurezza degli aromi presenti nella formulazione delle soluzioni da nebulizzare nelle e-cig è poco chiara: sono considerati sicuri se si ingeriscono, ma alcuni irritano le vie aeree e non è del tutto chiaro quali siano i loro effetti una volta riscaldati e inalati. Il diacetile, per esempio, è un aroma molto utilizzato (per esempio nel burro): è sicuro quando ingerito, ma è noto che quando è riscaldato e inalato in grandi dosi per lunghi periodi di tempo può causare bronchiolite.

2.13

Mio figlio e i suoi amici hanno iniziato a usare una sigaretta a riscaldamento del tabacco. Che cos’è? Le sigarette a riscaldamento del tabacco sono apparecchi elettrici che scaldano stick di tabacco anziché bruciarlo. Vengono spesso indicate con i nomi commerciali dei prodotti più venduti (in Italia, IQOS e glo). Sono diverse dalle sigarette elettroniche in quanto contengono tabacco e il loro prodotto non è vapore ma un aerosol che si può definire fumo a tutti gli effetti, anche se “freddo”. I dispositivi, infatti raggiungono circa 350 gradi invece degli 800 delle sigarette, questo fa sì che manchino alcuni prodotti nocivi della combustione tipici delle sigarette. È sicuramente presente, anche ad alti livelli, la nicotina, che può indurre dipendenza, specialmente tra i più giovani.

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I fattori di rischio

Gli studi condotti finora non permettono di trarre conclusioni definitive sugli effetti per la salute dei riscaldatori di tabacco. In una scheda informativa del marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità scrive: “Al momento non ci sono prove che i prodotti a base di tabacco riscaldato siano meno tossici dei prodotti del tabacco tradizionale. Questi prodotti contengono sostanze chimiche non riscontrate nel fumo di sigaretta che potrebbero avere effetti sulla salute. Valutazioni indipendenti mostrano che più di 20 sostanze chimiche dannose e potenzialmente dannose sono significativamente più elevate che nel fumo di sigaretta di riferimento. Inoltre, questi prodotti sono molto vari e alcune delle sostanze tossiche trovate nell’emissioni di questi prodotti sono cancerogene”. È ragionevole affermare che il loro utilizzo crei dipendenza quanto la sigaretta tradizionale, mentre è possibile che il loro impatto sia minore per quanto riguarda il fumo passivo. Il ruolo delle sigarette a riscaldamento di tabacco nell’insorgenza dei tumori del polmone potrà essere chiarito solo col tempo.

In che modo il radon provoca il cancro?

2.14

Il radon e i suoi prodotti di decadimento emettono radiazioni ionizzanti (radiazioni alfa) che possono danneggiare il DNA. Se questi danni non vengono riparati, inducono la trasformazione tumorale delle cellule. Essendo un gas, il radon viene inalato e penetra nei polmoni. Inoltre, i prodotti di decadimento del radon sono carichi elettricamente e si attaccano al particolato dell’aria; le particelle inalate si depositano nell’albero respiratorio, dove continuano a emettere radiazioni. Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, il radon è responsabile del 10% dei tumori del polmone che si registrano in Italia.

Quanto aumenta il rischio di tumore del polmone se si è esposti al radon?

2.15

Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che il rischio di tumore del polmone aumenta in modo proporzionale all’aumentare della

Tumore del polmone

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I fattori di rischio

CHE COS’È IL RADON? Il radon è un gas radioattivo naturale

piani bassi delle abitazioni, quelli

inerte, è inodore e incolore e per que-

più vicini al terreno. Seppur in misura

sta ragione la sua presenza non può

molto inferiore, anche l’acqua di sor-

essere identificata se non attraverso

genti sotterranee o di pozzi e alcuni

strumenti che ne misurano la radioat-

materiali da costruzione, tipo il tufo,

tività. Deriva dai terreni e dalle rocce

possono essere sorgenti di radon. Il

dove si forma in seguito ai processi

radon rappresenta il 40% circa del-

di decadimento dell’uranio in essi

la dose media annua di radiazioni

contenuto. La concentrazione del ra-

assorbite dall’uomo. L’esposizione

don è in genere bassa all’aperto, dal

dipende dall’area geografica in cui si

momento che il gas si disperde nell’a-

vive: Lazio e Lombardia sono le regio-

ria, ma può raggiungere livelli elevati

ni italiane dove la concentrazione del

in ambienti chiusi, in particolare nei

gas è più elevata.

concentrazione di radon e all’aumentare della durata di esposizione. Non esiste un valore sotto il quale non c’è rischio. La concentrazione del radon viene misurata in Becquerel per metro cubo (Bq/m3). Studi effettuati in 11 Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno evidenziato un aumento di rischio di tumore del polmone pari a circa il 16% ogni 100 Bq/m3 di concentrazione di radon per un periodo di esposizione di 25-35 anni. Se si è esposti a una concentrazione di circa 600 Bq/m3 si corre il doppio del rischio di tumore

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Tumore del polmone


I fattori di rischio

del polmone di una persona non esposta. A parità di esposizione al radon, il rischio di tumore polmonare è molto più alto (circa 25 volte) per i fumatori rispetto ai non fumatori.

Vivo in un appartamento al piano terra, come posso scoprire se sono esposto ad alte concentrazioni di radon?

2.16

Dato che il gas è incolore e inodore, non ci si può accorgere della sua presenza se non effettuando delle rilevazioni specifiche. Per farle si utilizzano dispositivi (dosimetri) che contengono un materiale sensibile alle radiazioni: il radon lascia tracce sul dosimetro proporzionali alla concentrazione a cui è presente. Dal momento che la concentrazione di radon è fluttuante e può variare da un giorno all’altro, tra il giorno e la notte e tra estate e inverno, i dispositivi vengono lasciati nell’abitazione per tempi lunghi, di solito un anno. È bene effettuare la rilevazione nelle stanze più utilizzate e, se la casa ha più livelli, sul livello più basso. Alla fine del periodo di misurazione i dispositivi vengono inviati a un laboratorio specializzato che li analizza. Tecnici professionisti possono usare apparecchi elettronici per misurare i livelli di radon in un dato momento, ma solo effettuando la misurazione a lungo termine si può conoscere il valore medio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che nelle abitazioni non vengano superati i 300 Bq /m3 ed è questo il valore massimo indicato nella Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio Europeo che stabilisce le norme di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Per le misure ci si può rivolgere ad aziende specializzate; a seconda del numero di dosimetri utilizzati, una misura annuale del livello di radon costa 25-150 euro, escluse le spese per eventuali sopralluoghi o interventi. Alcune Aziende Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) eseguono rilevazioni a richiesta, mentre altre svolgono solo attività di monitoraggio, ma sono comunque il migliore interlocutore per ricevere informazioni e per conoscere l’elenco delle aziende private idoneamente attrezzate per misurazioni di radon.

Tumore del polmone

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I fattori di rischio

2.17

Posso fare qualcosa per ridurre il rischio di tumore del polmone legato all’esposizione al radon? La prima cosa da fare, se si fuma, è smettere con questa abitudine. Dato che il fumo e il radon hanno un effetto sinergico, eliminando il primo si riduce drasticamente il rischio di tumore legato al secondo. Per quanto riguarda l’esposizione al radon, non è possibile eliminare del tutto il radon dagli ambienti chiusi, ma si può ridurne la concentrazione. Anche il semplice gesto di areare e ventilare bene i locali può essere utile. Per abbattere significativamente la presenza di radon si possono effettuare diversi interventi di risanamento, come aumentare la pressione atmosferica nell’abitazione per contrastare la risalita del gas dal suolo oppure aspirare l’aria dal suolo per poi espellerla all’esterno, possibilmente sigillando le vie di ingresso. Tali azioni di bonifica vanno pianificate e seguite da persone esperte nel settore. Per le nuove costruzioni vanno utilizzati criteri antiradon con un’attenta progettazione dell’edificio per impermeabilizzare l’edificio al radon e favorire la ventilazione naturale del suolo.

2.18

Quali sono le professioni a rischio di tumore del polmone? L’esposizione ad alcune sostanze chimiche cancerogene può provocare il cancro del polmone. Questo rischio è particolarmente alto per le categorie di lavoratori che sono esposti ad alte concentrazioni di queste sostanze e per periodi prolungati. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato alcune attività umane come “sicuramente cancerogene per l’uomo” in quanto le prove disponibili sono sufficientemente solide per dimostrare che provocano il tumore del polmone. Queste attività includono la gassificazione del carbone (per produrre gas combustibile), la produzione di coke (un derivato della distillazione del carbone naturale usato dalle industrie metallurgiche), la fusione del ferro e dell’alluminio e la manifattura della gomma. Sono considerati lavoratori a rischio di tumore del polmone lo spazzacamino, il pittore edile/imbianchino e coloro che posano catrame per coperture e pavimentazioni.

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Tumore del polmone


I fattori di rischio

Come posso proteggermi dal rischio legato al mio lavoro?

2.19

Coloro che per lavoro si trovano esposti a sostanze cancerogene per i polmoni devono cercare di ridurre l’esposizione ai livelli più bassi possibili. Questo si può fare usando dispositivi di protezione individuale idonei a diminuire il rischio di inalazione (maschere e respiratori) e prevedendo una ventilazione forzata quando si opera in luoghi chiusi. Le misure di protezione per i lavoratori sono specifiche per ciascun ambito professionale e devono essere garantite dal datore di lavoro. Per stabilire queste misure occorre effettuare una corretta valutazione del rischio mediante monitoraggio dell’esposizione ambientale e personale. Dato che molte delle sostanze cancerogene a cui si è esposti professionalmente agiscono in modo sinergico con il fumo di tabacco è importante evitare l’esposizione combinata.

È vero che lo smog può causare il tumore del polmone?

2.20

L’inquinamento atmosferico è classificato nel Gruppo 1 degli agenti cancerogeni (agente sicuramente cancerogeno) secondo la IARC. Tra i molti inquinanti dell’aria figurano sostanze tossiche (monossido di carbonio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, ozono) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), cancerogeni. Una volta introdotti nel corpo, gli IPA vengono infatti metabolizzati e trasformati in composti altamente reattivi che danneggiano il DNA e possono provocare il tumore del polmone. A questi si aggiunge il cosiddetto particolato: l’insieme delle sostanze sospese nell’aria in forma di polveri sottili, immesse nell’atmosfera nel corso di una gran quantità di fenomeni naturali e attività umane. Il particolato (PM, dall’inglese Particulate Matter) viene classificato in base alla dimensione delle particelle che lo compongono. Il PM2,5 (dimensioni inferiori a 2,5 micrometri) è in grado di penetrare profondamente nell’albero respiratorio. Uno studio europeo che ha coinvolto oltre 300.000 persone tenute in osservazione per 13 anni ha dimostrato che per ogni incremento di 5 microgrammi per metro cubo di PM2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18%, mentre cresce del 22% a ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo di PM10.

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I fattori di rischio

2.21

Vivo in una città molto inquinata, come posso proteggermi dallo smog? Lo smog è una causa di tumore polmonare minore rispetto al fumo di sigaretta, ma non per questo deve essere sottovalutato. Per ridurre l’esposizione, si può cercare di tenersi lontano dalle zone e vie più trafficate, per non inalare i gas di scarico delle automobili, evitando quanto più possibile di usare la macchina. È sicuramente vantaggioso passare il tempo libero in aree verdi, in quanto le piante sono in grado di abbattere la concentrazione di molti inquinanti. Le piante da appartamento contribuiscono alla pulizia dell’aria indoor; a questo scopo sono disponibili anche appositi impianti di depurazione. Per evitare l’accumulo di sostanze inquinanti, è importante cambiare aria con regolarità, senza però aprire le finestre nelle ore in cui l’inquinamento esterno è più alto. È meglio fare un uso limitato di forni a legna e camini. Anche lo smaltimento dei rifiuti

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Tumore del polmone


I fattori di rischio

produce inquinamento atmosferico: una corretta raccolta differenziata permette una drastica diminuzione dell’utilizzo degli inceneritori.

Soffro di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Sono un soggetto a rischio di tumore polmonare?

2.22

Le persone affette da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) hanno un rischio più elevato di sviluppare un tumore del polmone. La BPCO è una malattia polmonare caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree. L’infiammazione cronica del tessuto polmonare comporta un rimodellamento dei bronchi che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria. Altre patologie polmonari come l’enfisema, la bronchite cronica, la tubercolosi o la polmonite sono state messe in relazione con l’insorgenza del tumore del polmone.

Tumore del polmone

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I fattori di rischio

2.23

Mio zio ha fumato un pacchetto di sigarette al giorno fino a 90 anni, ma non gli è venuto il cancro ai polmoni. Come si spiega? Negli ultimi anni è stato evidenziato un piccolo ruolo della predisposizione genetica nell’insorgenza del tumore del polmone, anche se il contributo dei fattori ambientali resta predominante. In particolare, sono stati studiati i fattori genetici che possono predisporre al tumore del polmone legato al fumo. Sono stati identificati alcuni polimorfismi (varianti di geni abbastanza comuni nella popolazione, cioè con una frequenza pari almeno all’1%) potenzialmente rilevanti. La maggior parte dei polimorfismi riguardano geni che codificano proteine coinvolte nella metabolizzazione delle sostanze cancerogene contenute nel fumo di tabacco e nell’attività di correzione delle mutazioni del DNA causate dai cancerogeni. Il ruolo di questi polimorfismi nello sviluppo del cancro rimane però largamente sconosciuto. Grazie a nuove tecniche con cui si analizza l’intero genoma, sono state anche identificate cinque regioni sui cromosomi (loci) che sembrano aumentare la suscettibilità al tumore del polmone, qualcuna anche nei non fumatori. Complessivamente il contributo di differenze genetiche in questi loci nel rischio di sviluppare il tumore polmonare sembra assai modesto.

2.24

L’alimentazione influisce sul rischio di tumore del polmone? Secondo il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), che da anni si occupa del rapporto tra cancro e alimentazione, ci sono alcune evidenze che suggeriscono che una dieta ricca di frutta e verdura, specialmente se ad alto contenuto di vitamina C, possa ridurre il rischio di tumore del polmone. L’effetto positivo del consumo di vegetali risulta però chiaramente evidente solo nei fumatori e negli ex-fumatori. Altri studi suggeriscono che consumare cibi contenenti retinolo, beta-carotene o carotenoidi possa ridurre il rischio di tumore polmonare senza distinzioni tra fumatori e non fumatori, mentre sembrerebbe che cibi ricchi di isoflavoni

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Tumore del polmone


I fattori di rischio

possano avere un ruolo protettivo in chi non ha mai fumato. D’altra parte, ci sono sufficienti dati scientifici che dimostrano che l’assunzione di acqua a uso alimentare contenente alte concentrazioni di arsenico aumenta il rischio di tumore del polmone. In Italia, il monitoraggio della concentrazione dell’arsenico nell’acqua potabile è effettuato dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e le autorità provvedono a vietarne il consumo se vengono superati i limiti di legge (10 microgrammi per litro). Il consumo di carni rosse, carni processate e bevande alcoliche potrebbe esporre a un rischio più elevato di tumore polmonare.

Sono attento alla dieta, ma mi muovo poco, è un problema?

2.25

Alcuni studi suggeriscono che essere fisicamente attivi possa ridurre il rischio di tumore del polmone. Gli studi in proposito non sono molti e i risultati non ancora definitivi. È bene però ricordare che in generale, l’attività fisica aiuta a restare in salute: l’inattività è stata collegata a una serie di problemi tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete, la depressione e l’obesità. Esistono prove convincenti del fatto che l’attività fisica riduca il rischio di cancro del colon e del seno. Con “attività fisica” non si intendono necessariamente lunghe sessioni in palestra, ma qualunque movimento che richieda l’uso dei muscoli e un consumo di energie superiore a quelle utilizzate a riposo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda almeno 150 minuti alla settimana di attività aerobica di intensità moderata. Rientrano in questa categoria la camminata veloce (almeno 5 km all’ora), ma anche il ballo e il giardinaggio, perciò l’obiettivo dovrebbe essere alla portata di tutti.

Tumore del polmone

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3

Diagnosi e screening

U

na tosse stizzosa che non passa, un dolore al petto che si ripresenta senza causa apparente, la sensazione di non respirare bene, sputare sangue: sono i principali sintomi che suggeriscono una tempestiva valutazione da parte del medico. Qualunque sintomo che possa far pensare a un tumore del polmone diventa particolarmente significativo nei fumatori o negli ex fumatori perché sono la categoria maggiormente a rischio di cancro. Nel loro caso il campanello d’allarme potrebbe essere un cambiamento in un sintomo già presente, come un peggioramento della tosse. Anche chi è esposto a sostanze cancerogene per lavoro deve segnalare al medico la comparsa di sintomi.

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Tumore del polmone


Quali sono i sintomi del tumore del polmone?

3.01

Il tumore del polmone può crescere per diverso tempo senza causare disturbi che possano mettere in allarme il paziente. Il motivo per cui nella maggior parte dei casi il tumore del polmone viene diagnosticato già in stadio avanzato è proprio che i segni clinici e i sintomi compaiono quando il tumore si è ingrandito al punto da comprimere, ostruire o invadere le strutture anatomiche vicine. I sintomi più comuni sono tosse persistente, emissione di sangue dalle vie aeree, respiro corto, dolore al petto che aumenta in corrispondenza di un colpo di tosse o un respiro profondo, infezioni respiratorie (bronchiti o polmoniti) frequenti, perdita di peso e di appetito, stanchezza. A seconda della localizzazione del tumore (centrale o periferica) i sintomi che si presentano possono essere diversi. Nei fumatori alcuni sintomi potrebbero già essere presenti, perché comuni ad altre malattie legate al fumo, ma potrebbero andare incontro a un peggioramento.

Tumore del polmone

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Diagnosi e screening

3.02

Sono tre mesi che continuo a tossire. Potrei avere un tumore del polmone? La tosse è uno dei sintomi più frequenti del tumore del polmone. In genere è una tosse secca, ma in qualche caso è presente anche catarro. I soggetti che fumano potrebbero accorgersi di un peggioramento della tosse di cui soffrono abitualmente e che si manifesta specialmente al mattino. Non tutti coloro che presentano una tosse cronica (di durata superiore alle 8 settimane) hanno un cancro ai polmoni. La tosse infatti potrebbe dipendere da malattie legate al fumo, da un’irritazione causata dall’esposizione professionale a polveri (pneumoconiosi), da un’infezione (es. tubercolosi polmonare) o anche dall’assunzione di alcuni farmaci (es. i farmaci contro la pressione alta che appartengono alla famiglia degli ACE-inibitori). Una tosse stizzosa che non passa va comunque segnalata al medico.

3.03

Ieri dopo aver tossito mi sono accorto che c’era un po’ di sangue nel fazzoletto, sono preoccupato. Ho un tumore? L’emissione di sangue in seguito a un colpo di tosse è un sintomo che non va trascurato, ma indagato con l’aiuto del medico. La presenza di un tumore del polmone è una delle possibili cause dell’emottisi (emissione importante di sangue rosso vivo dalle vie aeree) e dell’emoftoe (piccola emissione in cui il sangue è misto a catarro), per quanto non l’unica. La causa potrebbe risiedere anche in un’infezione (es. tubercolosi e aspergillosi), una bronchite acuta, malattie polmonari acute (infarto polmonare) e croniche (bronchiectasie) e patologie cardiache (stenosi mitralica).

3.04

Da qualche tempo sento dolori al petto. Dipenderanno da un tumore del polmone? Il tumore del polmone può causare dolore al petto. Se il tumore cresce alla periferia dei polmoni, il paziente sente dolore in un punto ben

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

preciso e localizzabile della parete toracica (dolore puntorio); il dolore deriva da un interessamento della pleura o della parete toracica. Se il tumore ha una localizzazione centrale, il paziente avverte un dolore oppressivo e intermittente dietro lo sterno (dolore retrosternale). Questo dolore assomiglia a quello provocato da condizioni come l’infarto cardiaco, l’angina pectoris, l’embolia polmonare e le malattie dell’esofago. Qualsiasi dolore toracico che persiste e non ha una spiegazione, come un trauma recente, soprattutto se il soggetto è un fumatore o è esposto per lavoro ad agenti cancerogeni, deve essere riferito al medico.

Mi sento mancare il fiato anche senza avere fatto grossi sforzi. Ho un tumore ai polmoni?

3.05

I medici usano il termine dispnea per indicare la difficoltà a respirare (“fiato corto”, “fame d’aria”). Nei pazienti con tumore del polmone la dispnea può dipendere dall’incapacità del polmone di espandersi normalmente (dispnea restrittiva) o da un versamento pleurico (accumulo di liquido tra i due foglietti pleurici), in entrambi i casi i polmoni non riescono a lavorare bene ed è necessario uno sforzo per introdurre ossigeno ed eliminare anidride carbonica. La dispnea è un sintomo comune tra i pazienti con cancro ai polmoni, ma può essere la manifestazione di diverse altre malattie di origine respiratoria (es. fibrosi polmonare e polmonite, inclusa la polmonite da COVID-19), cardiaca (es. insufficienza cardiaca sinistra) o di altro tipo (es. anemia). Tutte queste patologie richiedono un’accurata valutazione da parte del medico.

È vero che anche un calo della voce può essere sintomo di un tumore del polmone?

3.06

Quando la massa tumorale cresce può comprimere i nervi e altre strutture presenti nel torace causando sintomi di varia natura. La compressione del nervo laringeo può alterare il timbro della voce (disfonia). La compressione di alcuni rami del sistema simpatico può

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Diagnosi e screening

causare la sindrome di Horner, in cui si ha abbassamento delle palpebre, infossamento degli occhi e restringimento delle pupille. I tumori che crescono in corrispondenza dell’apice polmonare (il cono superiore del polmone, sopra la seconda costola) possono comprimere il plesso brachiale, causando dolore alla spalla, disturbi circolatori e paresi del braccio (sindrome di Pancoast). La paralisi del nervo frenico determina un innalzamento del diaframma che produce dispnea, singhiozzo e nevralgia della spalla e del collo. Anche la compressione della vena cava causa una sindrome, la sindrome della vena cava superiore o sindrome mediastinica, in cui si osserva gonfiore dovuto all’accumulo di liquidi (edema) a livello di collo, palpebre, parte superiore del torace e braccia. La compressione dell’esofago può interferire con la capacità di deglutire (disfagia).

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

Quali sintomi possono far sospettare di un tumore del polmone che si è già diffuso nell’organismo?

3.07

Circa il 30% dei pazienti a cui viene diagnosticato un tumore del polmone presenta metastasi, masse tumorali che crescono in organi e tessuti distanti da quello polmonare da cui hanno avuto origine. Le sedi più frequenti di metastatizzazione del tumore polmonare sono ossa, cervello, fegato e ghiandole surrenali. La sintomatologia dipende dal tipo di metastasi: le metastasi ossee possono provocare dolore ed eventualmente fratture; le metastasi cerebrali possono dare mal di testa frequente, nausea, vomito e segni neurologici che dipendono dalla posizione della massa nell’encefalo; le metastasi epatiche si associano a perdita di peso e uno stato di debolezza (astenia). Altri sintomi di malattia metastatica sono febbre (soprattutto di sera, non elevata), stanchezza e inappetenza.

Ho sentito parlare delle sindromi paraneoplastiche. Cosa sono?

3.08

Le sindromi paraneoplastiche sono disordini provocati da tumori che producono sostanze attive su altre cellule e tessuti. Un paziente con tumore del polmone su dieci presenta una sindrome paraneoplastica. Le sindromi più comuni interessano il sistema nervoso, il sistema endocrino (la secrezione degli ormoni), la coagulazione oppure muscoli o ossa. Per fare un esempio, alcuni pazienti con tumore del polmone presentano un ingrossamento delle falangi distali (l’ultima porzione del dito) di uno o più dita con deterioramento dell’unghia, le cosiddette “dita a bacchetta di tamburo”. Questo segno, chiamato anche “ippocratismo digitale”, è dovuto a un’alterazione del tessuto connettivo e scheletrico, legata alla presenza di un carcinoma polmonare oppure a patologie croniche polmonari, gastrointestinali o cardiache. La comparsa delle dita a bacchetta va segnalata al medico che ne accerterà la causa attraverso la prescrizione di specifici esami di approfondimento.

Tumore del polmone

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Diagnosi e screening

3.09

Quando bisogna rivolgersi al medico per escludere la presenza di un tumore del polmone? In generale chiunque noti sintomi che non migliorano o che peggiorano nel corso delle settimane deve parlarne con il proprio medico curante. Una tosse stizzosa che non passa, un dolore al petto che si ripresenta in assenza di una botta accidentale, la sensazione di non respirare bene magari anche a riposo, sputare sangue, sono tutti sintomi che richiedono una valutazione da parte del medico. È bene non lasciare passare mesi prima di farlo perché, se la causa è un tumore, prima lo si riconosce e si interviene, maggiori sono le probabilità di guarire. Non è detto che i sintomi siano dovuti a un tumore, ma anche altre malattie polmonari o cardiache vanno affrontate tempestivamente per evitare conseguenze potenzialmente gravi. Qualunque sintomo che possa far pensare a un tumore del polmone diventa particolarmente significativo nei fumatori o negli ex fumatori perché sono la categoria maggiormente a rischio di cancro. Nel loro caso il campanello d’allarme potrebbe essere un cambiamento in un sintomo già presente, come un peggioramento della tosse. Anche coloro che per lavoro sono esposti a sostanze cancerogene devono prestare attenzione alla comparsa di sintomi e rivolgersi al medico.

3.10

Come fa il medico a capire se ho un tumore? Il primo passaggio dell’iter diagnostico è la visita medica. Il medico raccoglie l’anamnesi del paziente, ossia raccoglie informazioni su diversi aspetti della vita che possono avere un legame con il cancro o con altre malattie: età, stili di vita (fumo, attività fisica, alimentazione), occupazione ed eventuale esposizione ad agenti pericolosi, malattie già note, farmaci assunti abitualmente e così via. Successivamente, il medico procede con l’esame obiettivo: osserva il paziente per valutare lo stato fisico generale e la presenza di segni clinici che possono suggerire la presenza di una patologia. Se dall’anamnesi o dall’esame obiettivo emerge qualcosa di sospetto, il medico prescrive esami strumentali. Quando si sospetta un tumore del polmone il primo esame effettuato è in genere la radiografia

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

del torace (RX). Per chiarire eventuali dubbi, si ricorre a un esame radiologico di secondo livello, la tomografia computerizzata (TC).

In cosa consiste l’RX del torace?

3.11

L’esame radiografico è un esame di diagnostica per immagini in cui si utilizzano i raggi X per visualizzare le strutture interne del corpo umano. L’immagine che si ottiene con una radiografia del torace mostra in bianco le ossa della gabbia toracica e in nero i polmoni. In passato l’immagine era impressa su una lastra fotografica, le apparecchiature moderne invece hanno rilevatori che producono un’immagine digitale. L’esame è rapido e indolore. L’unica vera controindicazione per l’esecuzione di una radiografia è la gravidanza, perché l’esame potrebbe causare danni al nascituro. Le radiazioni ionizzanti sono potenzialmente cancerogene, tuttavia la dose di radiazioni a cui oggi si è esposti per effettuare l’RX del torace sono molto basse. Secondo l’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) il rischio di sviluppare un tumore per radiografie a denti, torace e arti è di circa 1 caso su 100.000.

Il cardiologo mi ha prescritto una radiografia del torace e il radiologo ha notato una macchia sul polmone destro. Sarà un tumore?

3.12

In certi casi a mettere in allarme è il riscontro di un’anomalia in un esame radiologico effettuato per altri motivi. Il termine medico corretto per indicare una “macchia sul polmone”, cioè un’area bianca sul polmone che ai raggi X appare nero, è “addensamento polmonare di tipo rotondeggiante”. Si parla di addensamento perché un’area risulta opaca ai raggi X quando è più densa del tessuto circostante. È possibile che l’addensamento evidenziato con la radiografia sia il riscontro radiologico di altre patologie polmonari come infezioni, granulomi o malformazioni del parenchima polmonare (amartomi).

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Diagnosi e screening

LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA La tomografia computerizzata, abbreviata con TC (o CT, dall’inglese Computed Tomography), è un esame di diagnostica per immagini che permette di ottenere immagini di sezioni del corpo umano Lo strumento, il tomografo, consiste in un tubo che emette raggi X, che ruota attorno al paziente, e da una serie di rilevatori di radiazioni, che ruotano in sincronia con la sorgente di radiazioni. Il fascio di raggi X attraversa il corpo, gli organi e i tessuti bloccano le radiazioni in modo diverso a seconda della loro densità, i rilevatori di radiazioni misurano l’attenuazione dei raggi X e un computer, attraverso calcoli statistico-matematici, trasforma queste informazioni in immagini digitali. Le immagini possono essere elaborate per ottenere ricostruzioni tridimensionali degli organi interni. La prima tecnica ad essere introdotta è stata la tomografia assiale computerizzata (TAC), chiamata così perché l’esame era condotto lungo un solo asse, con sezioni perpendicolari alla lunghezza del corpo. Negli anni Novanta del secolo scorso, è stata introdotta la TC spirale. Nel tomografo a spirale, il complesso tubo-rivelatori ruota mentre il lettino su cui è posto il paziente trasla longitudinalmente, i raggi X descrivono quindi un percorso elicoidale (a spirale) attorno al paziente. Con la TC spirale l’esame è più veloce e le immagini più precise. L’abbreviazione TAC è rimasta in uso, anche se non è corretta quando riferita agli esami recenti perché tutti gli strumenti moderni sono tomografi a spirale. L’evoluzione più recente della tecnica è la TC multistrato, in cui la presenza di un maggior numero di rilevatori permette con una sola scansione di ottenere informazioni diagnostiche relative a regioni estese del corpo. Per ottenere immagini più nitide si può ricorrere a un mezzo di contrasto: un liquido a base di iodio (iniettato endovena) che, essendo opaco ai raggi X, permette di evidenziare meglio le strutture in esame perché accentua il contrasto tra tessuti di natura diversa. Durante l’esame il paziente deve stare immobile e può dover trattenere il fiato per qualche secondo. L’esame dura 10-20 minuti ed è indolore. Non può essere effettuato su una donna incinta perché potrebbe nuocere al nascituro, mentre il mezzo di contrasto potrebbe essere controindicato in persone allergiche o con problemi renali. Rispetto all’RX, la dose di radiazioni a cui si è esposti con la TC è più alta, ma la TC permette di visualizzare dettagli non apprezzabili con una semplice radiografia. La TC a basso dosaggio di radiazioni (LDCT, dall’inglese Low-Dose CT) impiegata per lo screening utilizza circa un quinto della dose di radiazioni utilizzata per una TC del torace a scopo diagnostico.

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Diagnosi e screening

Può anche essere una cicatrice di processi infiammatori (es. broncopolmoniti) avvenuti in passato. È però possibile che si tratti di un nodulo o una massa tumorale, quindi il medico curante prescriverà una TC per chiarire la situazione.

3.13

Cos’è un nodulo polmonare? Ogni 500 radiografie del torace si riscontra un nodulo. Viene definito nodulo un’opacità polmonare (opacità ai raggi X in quanto il tessuto è più denso del tessuto circostante) isolata, sferica o ovoidale, con diametro inferiore a 3 cm. Quando è presente solo un nodulo si parla di “nodulo polmonare solitario”. I noduli molto piccoli raramente sono maligni, se la lesione è di dimensioni superiori a 3 cm si parla di massa polmonare ed è più probabile che sia di natura maligna. Se il nodulo è inferiore a 6 mm, non è necessario eseguire altri esami, a meno che il paziente non abbia fattori di rischio (fumo, età avanzata, familiarità per il tumore del polmone…) o che alcune caratteristiche radiologiche siano sospette, in tal caso si consiglia di effettuare una TC del torace a distanza di 12 mesi. Se le dimensioni sono superiori, si monitora la situazione con la TC per controllare che la lesione sia stabile oppure si effettua una PET-TC. Quando le caratteristiche evidenziate dall’esame radiologico suggeriscono che possa essere maligno si procede direttamente alla biopsia o alla rimozione del nodulo.

3.14

Il medico mi ha prescritto una PET-TC. Che tipo di esame è? La tomografia a emissione di positroni (PET) associata alla TC (PETTC) è un esame di diagnostica per immagini che serve ad approfondire i risultati di una TC. Nella PET-TC si utilizza un tracciante radioattivo: si tratta di una molecola che è utilizzata nel metabolismo delle cellule (es. glucosio) marcata con un atomo radioattivo (es. fluoro-18). Il 18-fluorodesossiglucosio, [18F]-FDG, viene iniettato nel circolo sanguigno e si

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

distribuisce nel corpo; i tessuti che hanno un metabolismo molto attivo, come i tumori, captano più [18F]-FDG degli altri. Il tracciante emette particelle radioattive, i positroni, e il tomografo ne rileva la mappa di distribuzione. In questo modo oltre a scoprire alterazioni nell’anatomia dell’organo si possono mettere in evidenza alterazioni metaboliche collegabili alla presenza di cellule tumorali.

È possibile visualizzare direttamente la zona del polmone interessata dal tumore?

3.15

Sì, i medici possono ricorrere a esami come la broncoscopia e la toracoscopia per confermare la presenza di un tumore scoperto con gli esami radiologici. In questi esami si utilizza un endoscopio che consiste in tubo sottile e flessibile del diametro di pochi millimetri che contiene un sistema di illuminazione e fibre ottiche attraverso cui si possono acquisire immagini. L’endoscopio viene inserito nei bronchi, attraverso il naso o la bocca, o nel torace, attraverso una piccola incisione chirurgica; a seconda della procedura, al paziente vengono somministrati sedativi e anestetico locale oppure viene effettuata un’anestesia generale. Questi esami permettono anche di visualizzare i linfonodi per capire se sono stati intaccati dal tumore. Nel tubo dell’endoscopio possono essere fatti passare piccoli strumenti che permettono di prelevare campioni di tessuto (biopsie): per conoscere veramente un tumore è infatti necessario studiare le sue cellule, o, come dicono i medici, studiarne l’istologia. Le informazioni ricavate con questi esami consentono la stadiazione del tumore.

Che cos’è l’agoaspirato?

3.16

L’agoaspirato polmonare, o agobiopsia polmonare, è un esame diagnostico che permette di prelevare un campione di cellule in una regione del polmone che non può essere raggiunta con l’endoscopio. Si esegue in anestesia locale, utilizzando un ago lungo e sottile che viene

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Diagnosi e screening

CHE INFORMAZIONI SI RICAVANO DALL’ESAME DEL TESSUTO TUMORALE? Il laboratorio di anatomia patologica analizza i campioni di tessuto polmonare per stabilire in primo luogo se si tratta veramente di un tumore e in secondo luogo per caratterizzarlo. La classificazione istologica (carcinoma squamoso, adenocarcinoma…) è molto importante per prevedere l’evoluzione del tumore e per scegliere la terapia più efficace. Da qualche anno l’analisi non si limita più a valutare l’aspetto del tessuto al microscopio, ma si studiano le caratteristiche biomolecolari del tumore. Alcuni tumori che presentano particolari mutazioni del DNA possono essere infatti trattati con farmaci specifici: per esempio, se un tumore del polmone presenta mutazioni nel gene EGFR, si possono usare farmaci anti-EGFR. Non si studia solo il DNA, ma anche la presenza di molecole di altro tipo che possono rendere i pazienti sensibili ad alcune terapie: per esempio, il livello di espressione della proteina PD-L1 è indicativo della risposta all’immunoterapia con inibitori dei checkpoint immunologici. Nel futuro queste analisi saranno sempre più approfondite per favorire la personalizzazione delle cure.

inserito tra le costole. Il medico utilizza un ecografo o la TC per scegliere il percorso dell’ago e raggiungere esattamente il punto in cui effettuare il prelievo del campione (biopsia). Solo nei casi in cui le biopsie ottenute tramite broncoscopia o agobiopsia non hanno dato informazioni sufficienti si ricorre alla biopsia polmonare “a cielo aperto”, un intervento chirurgico effettuato in anestesia generale che consente di prelevare un campione di tessuto sufficientemente grande e rappresentativo per un’analisi di laboratorio completa.

3.17

Da quando ho 50 anni ricevo l’invito a sottopormi allo screening per il tumore del colon. Mi chiameranno anche per lo screening per il tumore del polmone? No, lo screening per il tumore del polmone sta uscendo dalla fase sperimentale, ma non è ancora entrato nella pratica. Gli screening oncologici sono esami che vengono condotti su una popolazione apparentemente sana

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

per diagnosticare un certo tipo di tumore il prima possibile. La diagnosi precoce è importante perché aumenta di molto le possibilità di guarire dalla malattia. A oggi sono tre gli screening oncologici disponibili: quello per il tumore del seno (mammografia), quello per il tumore della cervice uterina (pap-test o test per la ricerca del Papillomavirus HPV) e quello per il tumore del colon-retto (ricerca del sangue occulto nelle feci). Sarebbe bello avere programmi di screening per tutti i tumori che conosciamo, si eviterebbe il rischio di accorgersi troppo tardi della malattia, ma mettere a punto uno screening oncologico è tutt’altro che semplice. Infatti, uno screening deve garantire alcuni requisiti. Innanzitutto, deve essere attendibile: il test deve identificare con sufficiente accuratezza chi è malato e chi non lo è. Deve essere sicuro e accettabile: non si può pensare di sottoporre persone che in gran parte risulteranno sane a test invasivi o che comportano rischi eccessivi per la salute. Deve essere sostenibile, perché è diretto a un numero elevato di persone e il sistema sanitario deve essere in grado di poterlo offrire a tutti. Soprattutto deve essere in grado di modificare il decorso della malattia: devono esserci solide prove scientifiche che la diagnosi precoce grazie allo screening permette di salvare vite o prolungare la sopravvivenza dei malati. Solo di recente sono stati conclusi alcuni grossi studi che dicono che lo screening per il tumore del polmone con la TC a basso dosaggio di radiazioni (LDCT) può soddisfare queste caratteristiche.

Perché lo screening per il tumore del polmone è preso in considerazione solo per i fumatori e gli ex fumatori di una certa età?

3.18

Uno dei punti chiave nella messa a punto di uno screening oncologico è identificare la categoria di persone che possono trarne maggior beneficio. Non è ragionevole né praticabile pensare di sottoporre a degli esami medici tutti indiscriminatamente. Partendo dagli studi epidemiologici che suggeriscono chi ha un alto rischio di sviluppare un certo tipo di tumore si sceglie la fascia di

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Diagnosi e screening

SCREENING PER IL TUMORE DEL POLMONE: COSA DICONO GLI STUDI

I primi studi sullo screening per il tumore polmonare, condotti tra gli anni Settanta e gli anni Duemila, avevano utilizzato come metodo di indagine l’RX del torace, un esame facile, veloce, ampiamente disponibile e poco costoso. La strategia si era però rivelata fallimentare: se si dividevano in due gruppi i partecipanti allo studio e una metà veniva sottoposta a screening e una metà no, la mortalità era identica in entrambi i gruppi. Questi risultati deludenti hanno lasciato a lungo gli oncologi nella convinzione che non fosse possibile fare screening per il tumore del polmone. Si è tornati a valutarne la possibilità quando alcuni piccoli studi hanno mostrato che negli individui monitorati con la TC il tumore del polmone veniva diagnosticato in uno stadio più precoce. Il primo studio a dimostrare che lo screening per il tumore del polmone è efficace è stato lo studio NLST. Condotto tra il 2002 e il 2004 negli Stati Uniti, ha coinvolto più di 50.000 persone ad alto rischio di tumore del polmone. I partecipanti avevano un’età compresa tra 55 e 74 anni ed erano forti fumatori o lo erano stati fino ad anni recenti. I partecipanti sono stati sottoposti a screening annuale per tre anni con la TC a basso dosaggio di radiazioni (LDCT) oppure con l’RX del torace. Alla fine dello studio, rispetto al gruppo monitorato con RX del torace, nel gruppo sottoposto a screening con LDCT la mortalità per tumore del polmone si era ridotta di un quinto. I benefici dello screening con LDTC sono risultati evidenti anche in un grande studio europeo, lo studio NELSON. I primi volontari sono stati reclutati nel 2003 e tutti coloro che hanno partecipato sono stati tenuti sotto controllo per almeno 10 anni, tanto che i risultati finali sono stati pubblicati solo a inizio 2020. Lo studio ha coinvolto più di 13.000 uomini di età compresa tra 55 e 74 anni, fumatori o ex fumatori. Metà dei partecipanti è stata sottoposta a screening con LDCT all’inizio dello studio, dopo un anno, poi dopo due anni e infine dopo altri due anni (4 test in tutto), l’altra metà non è mai stata sottoposta all’esame. Alla fine del periodo di studio, nel gruppo sottoposto a screening la mortalità per tumore del polmone si era ridotta di un quarto.

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

popolazione a cui offrire lo screening. Per chiarire, una donna può andare incontro a un tumore del seno anche a 30 anni, ma il programma di screening offre una mammografia ogni due anni alle donne con più di 45. È stata fatta una attenta valutazione secondo cui questa è la popolazione in cui i benefici superano i rischi: la probabilità di ammalarsi aumenta con l’età (è una su 40 fino a 49 anni e una su 20 tra 50 e 69 anni) e solo se la probabilità è abbastanza alta si giustifica l’esposizione alle radiazioni della mammografia. Nel caso del tumore del polmone, il principale fattore di rischio è il fumo di tabacco e la diagnosi avviene assai raramente prima dei 50 anni: da qui la scelta di coinvolgere negli studi sullo screening per il tumore polmonare solo chi ha una storia di fumo importante e ha raggiunto una certa età.

A che punto siamo con l’introduzione dello screening per il tumore del polmone?

3.19

Alcuni Paesi hanno già iniziato a offrire lo screening ai soggetti considerati ad alto rischio di tumore del polmone. Negli Stati Uniti, lo screening (LDCT al torace annuale) è offerto a chi ha tra 55 e 80 anni e ha storia di fumo importante (≥30 pack-year, se ex fumatori non si deve avere smesso da più di 15 anni). In Europa, sono in corso programmi sperimentali che hanno lo scopo di ottimizzare lo screening. L’Unione Europea ha finanziato un progetto (4-IN THE LUNG RUN) che coinvolge Italia, Olanda, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna per mettere a punto alcuni aspetti critici. Uno di questi è l’intervallo di screening: si può evitare di farlo tutti gli anni? Sia il paziente che il sistema sanitario ne avrebbero un vantaggio, ma bisogna essere sicuri che allungare l’intervallo tra un esame e l’altro non riduca la capacità di identificare precocemente il tumore. Lo studio Cosmos ha messo a punto uno modello di rischio per ottimizzare l’intervallo di screening e il ministero della Salute ha finanziato uno studio pilota screening polmonare sul territorio con l’obiettivo di avere una analisi di fattibilita e di rapporto costo beneficio.

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Diagnosi e screening

QUANTI PACK-YEAR HAI?

Quando è necessario quantificare l’esposizione al fumo di tabacco si utilizza una particolare unità di misura, il “pack-year”. Un pack year corrisponde al consumo di un pacchetto di sigarette (20 sigarette) al giorno per un anno. Questo parametro consente di tenere in considerazione sia l’intensità del consumo di tabacco sia la durata nel tempo, entrambi fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di tumore del polmone e di altre malattie legate al fumo. La storia di fumo corrisponde a 30 pack-year sia per chi ha fumato mediamente un pacchetto al giorno per 30 anni sia per chi se ne ha fumati 2 per 15 anni. Età del fumatore e pack-year vengono utilizzati per identificare le classi di rischio. Lo studio NLST ha arruolato partecipanti con almeno 30 pack-year, lo studio NELSON partecipanti con almeno 20 pack-year.

3.20

Ho 60 anni e sono un forte fumatore da quando ero ragazzo. Posso chiedere al medico di prescrivermi una LDTC tutti gli anni per controllare se ho un tumore? Una persona che non presenta sintomi che possano fare sospettare una patologia non viene normalmente sottoposta a esami strumentali, soprattutto esami radiologici, “perché non si sa mai”. Quale sarebbe il senso degli impegnativi e lunghi studi clinici e delle valutazioni di fattibilità da parte delle autorità sanitarie se poi ognuno ricorresse allo screening fai-da-te? Fintanto che lo screening per il tumore del polmone non sarà introdotto dal sistema sanitario, sarebbe bene discutere col medico il proprio profilo di rischio e prendere in considerazione la partecipazione a uno dei progetti di ricerca per lo screening del tumore del polmone in corso presso i principali centri per la cura dei tumori.

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Tumore del polmone


Diagnosi e screening

DOVE VA LA RICERCA Molti laboratori di ricerca stanno lavorando a metodi diagnostici alternativi. Un campo di ricerca interessante è quello dei biomarcatori. Oggi non esistono esami del sangue che possano rivelare la presenza di un tumore del polmone. È stato visto che i pazienti che hanno questo tumore, così come i pazienti con altri tumori solidi, possono avere nel sangue una proteina, l’Antigene Carcino-Embrionario (CEA), che normalmente è prodotta soltanto durante la vita fetale. Questo marcatore tumorale manca però di specificità, perciò non può essere usato come test di screening per diagnosticare il tumore, ma solo per monitorare la risposta alle terapie. Lo studio Smac finanziato dal ministero della Salute e da AIRC e lo studio Clearly (una ampia collaborazione europea coordinata dal San Raffaele e dall’Humanitas) puntano a identificare i soggetti con tumore polmonare tramite una diagnosi molecolare come microRNA, mutazioni nel DNA circolante, proteine o cellule tumorali libere nel sangue. Alcuni di questi studi si stanno concentrando sui microRNA (miRNA), piccole molecole di

RNA che regolano l’espressione dei geni, coinvolti anche nella crescita dei tumori. Lo studio bioMILD dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano punta a capire se analizzando i miRNA su campioni di sangue si possano identificare i soggetti maggiormente a rischio di tumore del polmone. Una linea di ricerca molto imprtante è quella che studia l’uso della intelligenza artificiale nella lettura automatizzata delle TC con analisi automatica dei noduli, e delle loro caratteristiche tra cui il rischio di malignità. L’obiettivo è identificare un protocollo integrato e automatizzato di marcatori biologici e radiologici, quindi di bioradiomica. Un’altra linea di ricerca sta studiando se è possibile identificare il tumore del polmone attraverso l’esame delle sostanze emesse col respiro. Diversi studi hanno mostrato che i composti organici volatili (VOC) presenti nel respiro dei pazienti con tumore sono diversi da quelli presenti nel respiro delle persone sane, usando degli strumenti particolari, i cosiddetti “nasi elettronici”.

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4

Il trattamento

S

ubito dopo la diagnosi, la prima domanda che sorge è: come mi cureranno? Dalla chirurgia alla radioterapia, passando per la chemioterapia e i trattamenti di ultima generazione come farmaci a bersaglio biologico e l’immunoterapia, in questo capitolo rispondiamo alle domande più pressanti, ricordando che ogni caso fa storia a sé e che le indicazioni qui riportate sono solo indicative.

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Tumore del polmone


Il trattamento

Ho appena scoperto di avere un tumore del polmone, che succede adesso?

4.01

La strada da percorrere quando si scopre di avere un tumore del polmone non è a senso unico e il trattamento non è uguale per tutti i pazienti. L’equipe medica, composta da specialisti in diverse discipline, tra cui medici oncologi, pneumologi e chirurghi toracici, proporrà la strategia migliore dopo aver valutato una serie di elementi legati sia al tumore sia alla persona. È necessario innanzitutto capire con cosa si ha a che fare, vale a dire identificare il tipo di tumore del polmone (carcinoma polmonare non a piccole cellule [NSCLC] o carcinoma polmonare a piccole cellule [SCLC]), a che stadio di avanzamento si trova, quali sono la sua dimensione e la sua posizione (in che area del polmone è localizzato e quanto è vicino a strutture come cuore, trachea, vasi sanguigni maggiori ed esofago). Dovranno poi essere valutati i fattori specifici del paziente, come l’età, lo stato di salute generale, l’eventuale abitudine al fumo e gli stili di vita, e non meno importante si terrà conto per quanto possibile delle sue preferenze. Generalmente non ci si limita a una sola terapia: prescrivere più trattamenti diversi e in combinazione tra loro (ad esempio la radioterapia e la chemioterapia) è una prassi frequente. In qualsiasi caso, il paziente potrà discutere con i medici per trovare l’approccio che più si adatta alle sue esigenze.

Dopo la diagnosi di tumore del polmone si procede sempre con l’intervento chirurgico?

4.02

La chirurgia sicuramente rappresenta una valida opzione per trattare un carcinoma polmonare non a piccole cellule a meno che non abbia già provocato metastasi, ovvero si sia già diffuso in altre parti dell’organismo. Un’operazione chirurgica è invece meno praticabile se si tratta di un carcinoma a piccole cellule, poiché questo tipo di tumore viene spesso diagnosticato quando si è già diffuso in altre zone del corpo. Il tipo di tumore, però, non è l’unica variabile che influenza la decisione di operare o meno. Trattandosi di un intervento complesso e con potenziali complicazioni, la chirurgia necessita di un’approfondita valutazione

Tumore del polmone

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Il trattamento

clinica, anche della funzionalità polmonare del paziente e del suo stato di salute generale. Prima di un’operazione verranno quindi condotte analisi specifiche; i diversi specialisti coinvolti potranno così accertarsi delle condizioni del paziente e decidere se operarlo.

4.03

Mi toglieranno il polmone durante l’operazione? L’intervento prevede l’anestesia generale, il che vuol dire che il paziente è addormentato durante tutta la sua durata, e puo avvenire “a cielo aperto” ovvero aprendo il torace (la procedura prende il nome di toracotomia), o con tecnica mininvasiva, videotoracoscopica o robotica (queste due ultime sono diventate oggi lo standard per i tumori iniziali). Il chirurgo esamina inoltre le vie aeree circostanti al tumore e asporta anche i linfonodi regionali in numero variabile (linfadenectomia). Se il tumore è a uno stadio precoce o se il paziente non può resistere all’asportazione dell’intero lobo polmonare si procede con interventi quali la resezione a cuneo,

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Tumore del polmone


Il trattamento

nella quale si asporta solo il tumore con una piccola parte di tessuto sano circostante. La lobectomia, il tipo di operazione più comune, consi- ste invece nell’asportazione del lobo che contiene il tumore. Quando sono rimossi due lobi (nel caso del polmone destro, composto da 3 lobi) si parla di bilobectomia. Infine, la rimozione dell’intero polmone viene chiamata pneumonectomia. Sempre più frequentemente si rimuove un solo segmento all’interno del lobo con tutti i linfonodi regionali in modo da preservare maggiore funzionalita respiratoria in caso di tumori sotto i due centimetri.

Il chirurgo che mi ha operato ha parlato di margini negativi. Cosa significa?

4.04

Nel corso dell’intervento il chirurgo asporta una parte di polmone che contiene il tumore insieme a una parte di tessuto sano circostante, di solito il lobo o il segmento, piu raramente l’intero polmone. Il tumore rimosso viene poi analizzato per confermare lo stadio di avanzamento del cancro, e i tessuti che si trovavano sul confine del tessuto asportato, chiamato appunto margine, poiché è possibile che alcune cellule siano rimaste nel corpo, cioe nella parte del polmone non asportata, aumentando il rischio di recidiva di malattia, cioe che la malattia si ripresenti in prossimità della zona operata. Se nei tessuti adiacenti vengono individuate cellule tumorali, allora si parla di margini positivi: la loro presenza potrebbe indicare il rischio che l’operazione chirurgica non abbia rimosso l’intero tumore. Il paziente potrebbe quindi andare incontro a un secondo intervento o a un altro tipo di trattamento, come la radioterapia, per tentare di eliminare il restante tessuto canceroso. Se invece i margini sono negativi significa che non sono presenti cellule tumorali nelle porzioni di tessuto rimasto in sede.

Oltre all’intervento chirurgico ci sono altri tipi di trattamento per il tumore del polmone?

4.05

Oggi abbiamo a disposizione diverse armi per combattere questo tumore. Oltre alla chirurgia, che ha lo scopo di asportare il tumore, si

Tumore del polmone

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Il trattamento

può utilizzare la radioterapia, che utilizza radiazioni ad alte dosi per uccidere le cellule neoplastiche e rimpicciolire la massa cancerosa. La chemioterapia prevede invece la somministrazione di farmaci in grado di contrastare la crescita delle cellule cancerose e distruggerle. A differenza della radioterapia e della chirurgia, con le quali si interviene direttamente nel punto in cui si trova il tumore, la chemioterapia è un trattamento sistemico: i medicinali somministrati viaggiano in ogni parte del corpo, e possono così raggiungere e uccidere anche le cellule cancerose che si trovano a grande distanza dalla sede del tumore primario, in questo caso il polmone. I trattamenti più recenti contro il tumore del polmone includono le terapie mirate, farmaci diretti contro precisi bersagli molecolari posti sulle cellule del tumore, e l’immunoterapia, che cerca di “riattivare” il sistema immunitario contro il tumore.

4.06

Quali sono i trattamenti utilizzati per un tumore in fase iniziale? E quando il cancro è avanzato? I diversi tipi di trattamento generalmente previsti per un tumore al polmone cambiano a seconda dello stato di avanzamento del tumore, in base al quale si delineano anche gli obbiettivi stessi della terapia (per una descrizione dei diversi tipi e stadi del tumore si consulti il capitolo 1). Inoltre, le zone dell’organismo raggiunte da un tumore avanzato che si è diffuso creando metastasi possono essere soggette a particolari trattamenti. Nei casi in cui non possano essere curate, i medici cercheranno comunque di tenere il tumore sotto controllo e alleviare i sintomi del paziente. Le terapie previste per il carcinoma polmonare non a piccole cellule sono: k STADIO 1: di solito con la chirurgia si rimuove la zona del polmone colpita. In seguito puo essere somministrata la chemioterapia (per diminuire il rischio che il tumore ritorni). In alternativa alla chirurgia si può usare la radioterapia se il paziente ha condizioni cliniche compromesse. k STADIO 2: di norma il trattamento scelto è la chirurgia, usata per

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Tumore del polmone


Il trattamento

GLI ALTRI TRATTAMENTI PER IL TUMORE DEL POLMONE Oltre a quelle descritte nel capitolo, ci sono anche altre opzioni, da utilizzare in alcuni casi particolari e all’interno di studi clinici. ͮ ABLAZIONE CON RADIOFREQUENZA: il tumore viene distrutto con il calore o con microonde (energia di microonde ad alta frequenza). ͮ TERAPIA FOTODINAMICA: si inietta un farmaco che viene poi attivato con l’esposizione alla luce. ͮ TERAPIA LASER: la distruzione delle cellule avviene tramite un fascio di luce. ͮ ELETTROCAUTERIZZAZIONE: prevede l’uso di un ago riscaldato da una corrente elettrica. ͮ CRIOTERAPIA: il tessuto anormale viene distrutto con uno strumento che genera temperature molto basse.

asportare in parte o del tutto il polmone insieme ai linfonodi. A volte si aggiunge la radioterapia, che può anche in questo caso essere scelta come alternativa all’operazione se il paziente non è in condizioni di subire un intervento. La chemioterapia viene di solito raccomandata. k STADIO 3: le diverse combinazioni di trattamento possibili cambiano a seconda della gravità del tumore e dello stato di salute del paziente. Di solito si fa ricorso alla chemioterapia, sola o in combinazione con la radioterapia (chemioradioterapia), alla chirurgia o all’immunoterapia. k STADIO 4: poiché il cancro si è diffuso in altre zone dell’organismo, bisognerà effettuare delle scelte di trattamento anche tenendo conto dell’area colpita. È possibile ricorrere a chirurgia, chemioterapia, radioterapia, immunoterapia e terapia mirata, insieme ad alcuni trattamenti che aiutino il paziente a trovare sollievo dai sintomi. Anche per un tumore che progredisce o che ritorna dopo il trattamento sono pensabili diverse combinazioni di trattamento e quando possibile si ricorre alla terapia mirata.

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SCENDONO IN CAMPO I ROBOT La RATS (dall’inglese Robotically-Assisted Thoracic Surgery) è un approccio che prevede l’impiego di robot per eseguire l’intervento chirurgico ed è una evoluzione tecnologica della tecnica videotoracoscopica. Nella RATS il chirurgo non opera direttamente sul paziente: è seduto in una postazione dalla quale muove i bracci del robot ai quali sono collegati strumenti chirurgici, che raggiungono l’organo attraverso piccoli fori. Tanti i vantaggi: ͮ minor rischio di complicazioni (trasfusioni, infezioni post-operatorie) ͮ riduzione del dolore e cicatrici meno visibili ͮ riduzione dei tempi di ricovero e di quelli necessari per tornare alle attività quotidiane ͮ maggior sicurezza per il paziente

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Tumore del polmone


Il trattamento

Ho sentito parlare della video-toracoscopia, che cos’è?

4.07

La video-toracoscopia (VATS, dall’inglese Video-Assisted Thoracic Surgery) è una tecnica di chirurgia mininvasiva che, rispetto alla chirurgia classica, comporta solitamente meno complicazioni e una degenza in ospedale più breve. La VATS, a volte utilizzata per un tumore a uno stadio precoce, viene eseguita praticando piccole incisioni tra le costole. Attraverso una di esse, si inserisce una sorta di tubo lungo e flessibile, chiamato toracoscopio, connesso a una piccola telecamera a fibre ottiche. In questo modo il chirurgo potrà vedere su un monitor le immagini della parte interna del torace e inserire gli strumenti chirurgici nelle altre incisioni per rimuovere il tumore.

Avrò una vita normale dopo l’operazione? E se mi resta un solo polmone?

4.08

Dopo l’intervento chirurgico la degenza di solito varia da 5 a 10 giorni, anche se in alcuni casi potrebbe essere necessario restare in ospedale per alcune settimane. Solitamente ci vuole un po’ di tempo (da settimane ad alcuni mesi) per riprendersi da un’operazione chirurgica ai polmoni, ma le attività, sebbene durante i primi mesi debbano essere limitate, in genere tornano alla normalità. Molte persone temono di non riuscire più a respirare bene in seguito a un intervento simile, soprattutto nel caso si resti con un solo polmone. Non c’è in realtà motivo di preoccuparsi, nel caso si abbiano dei buoni risultati al test di funzionalità polmonare prima dell’intervento. Tuttavia, se prima dell’operazione erano già presenti problemi respiratori, è probabile che questi persistano.

Che problemi potrebbero esserci dopo l’operazione?

4.09

Come tutti gli interventi chirurgici, anche un’operazione per tumore del polmone porta con sé possibili complicazioni, talvolta legate allo stato di salute del paziente stesso. Alcune manifestazioni che si presentano

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Il trattamento

dopo l’operazione tendono gradualmente a risolversi (la stanchezza e la mancanza di forza, il dolore alle ferite chirurgiche e la mancanza di fiato dopo uno sforzo); esiste però la possibilità che alcune problematiche persistano per lungo tempo, come la mancanza di respiro e il dolore causato dal danno ai nervi. Inoltre potrebbero manifestarsi i classici effetti avversi di tutte le anestesie, emorragie, trombosi degli arti ed embolie polmonari (dovute a coaguli di sangue), infezioni delle ferite chirurgiche e del polmone stesso. Parlare con i medici è fondamentale, saranno loro a indicare cosa fare per prevenire, ed eventualmente curare, queste complicazioni che restano comunque piuttosto rare.

4.10

Non vorrei essere operato, ho alternative? Quando si è in presenza di un carcinoma polmonare non a piccole cellule, piccolo e localizzato vicino al bordo esterno dei polmoni, un’alternativa alla chirurgia e alla radioterapia è l’ablazione con radiofrequenza. Questo trattamento consiste nell’applicazione di una sonda, simile a un ago, che attraverso la pelle viene guidata al tumore grazie all’utilizzo di uno scanner per tomografia computerizzata. Una volta posizionata la sonda sul tumore, viene trasmessa una corrente elettrica e il calore generato uccide le cellule tumorali. Dopo l’intervento si può sentire dolore del punto dove è stato inserito l’ago. Si tratta comunque di un’opzione che non è percorribile in tutti i casi e che verrà scelta anche sulla base dello stato clinico del paziente e dopo un’attenta valutazione da parte del medico.

4.11

Mi è stata proposta la chemioterapia. È necessaria? Perché si fa questo trattamento? Con chemioterapia si intende il trattamento che prevede la somministrazione di farmaci antitumorali in grado di distruggere le cellule cancerose, in particolare intervenendo sulla loro crescita. Lo scopo della chemioterapia non è sempre lo stesso: potrebbe essere il mezzo scelto

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Tumore del polmone


Il trattamento

per curare il tumore (intento curativo del trattamento), per tenerlo sotto controllo (in modo da bloccarne la diffusione o per ridurlo) oppure a scopo palliativo, ovvero per alleviare i sintomi di un cancro allo stadio avanzato. A seconda della specifica situazione, la chemioterapia può anche venire abbinata, preceduta o seguita da altre tipologie di trattamento, come la chirurgia, la radioterapia o l’immunoterapia. La chemioterapia rappresenta il principale trattamento del carcinoma polmonare a piccole cellule e può essere quello di prima scelta (anche insieme alla radioterapia) per un carcinoma polmonare non a piccole cellule quando il paziente non può essere operato, se il cancro è a uno stadio avanzato (ma limitato al livello polmonare) oppure quando il tumore si è diffuso.

È vero che la chemioterapia può essere effettuata sia prima sia dopo l’operazione?

4.12

Dopo un’operazione chirurgica per l’asportazione di un tumore al polmone non è detto che sia necessario sottoporsi alla chemioterapia. Ciò dipenderà anche dalla fase di avanzamento del tumore. Quando un tumore è operabile, la chemioterapia può essere somministrata dopo l’intervento per cercare di distruggere le cellule tumorali che sono rimaste nel polmone o quelle che si sono diffuse altrove: in questo caso il trattamento viene definito adiuvante. In alcuni casi può essere utilizzata prima dell’operazione per tentare invece di rimpicciolire il tumore il più possibile, così da rendere più facile la sua rimozione: in questo caso si parla di trattamento neoadiuvante.

Come viene somministrata la chemioterapia? Dovrò recarmi in ospedale per il trattamento?

4.13

Le vie di somministrazione dei farmaci – cioè come il paziente assume la terapia – sono molteplici e nel caso di un tumore dipendono dal tipo e dallo stadio della malattia. Nel carcinoma polmonare i farmaci,

Tumore del polmone

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Il trattamento

usati spesso in combinazione tra loro, vengono di norma somministrati in ospedale in una vena (via endovenosa) attraverso un’iniezione di breve durata o un’infusione che richiede invece più tempo. Le vene interessate sono quelle del braccio o della mano, ma è possibile che ci sia la necessità di ricorrere a una vena centrale utilizzando quelli che vengono chiamati cateteri venosi centrali (CVC), o dispositivi di accesso venoso centrale (CVAD), i quali restano impiantati durante tutta la durata del trattamento. In alcuni casi la chemioterapia può essere assunta anche sotto forma di compresse da ingerire per bocca (via orale). La chemioterapia viene somministrata in cicli: dopo ogni periodo trattamento segue una pausa di qualche settimana, così da permettere all’organismo di riprendersi dagli effetti dei farmaci. Il numero di cicli di chemioterapia dipende dal tumore e la programmazione dal tipo di farmaci usati. Con un tumore al polmone spesso si prevedono da 4 a 6 cicli da 3-4 settimane l’uno.

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Tumore del polmone


Il trattamento

Il medico mi ha detto che dovrò cambiare il tipo di chemioterapia, cosa vuol dire?

4.14

Nella chemioterapia si utilizzano molti farmaci diversi e le diverse molecole riescono a colpire le cellule tumorali agendo con meccanismi differenti. Di conseguenza, il farmaco (o la combinazione di farmaci) da utilizzare, la dose, la durata del trattamento e gli intervalli di tempo tra una somministrazione e l’altra sono decisi dal medico in base a diversi fattori. Nonostante queste valutazioni, può succedere che durante il trattamento si presentino effetti collaterali gravi o il tumore continui a crescere: questo potrebbe spingere i medici a decidere di modificare la terapia. I farmaci maggiormente utilizzati nella chemioterapia del tumore del polmone sono cisplatino o carboplatino: nel caso di un tumore a piccole cellule possono essere combinati con etoposide, oppure, nel caso di un tumore non a piccole cellule, con gemcitabina, pemetrexed, docetaxel, paclitaxel o vinorelbina.

Sono spaventato dagli effetti collaterali della chemioterapia. Cosa mi devo aspettare?

4.15

I farmaci della chemioterapia arrivano in ogni parte dell’organismo e sono in grado di uccidere le cellule che si replicano più velocemente rispetto alle altre. Questa è sicuramente una caratteristica delle cellule cancerose, ma è presente anche nelle cellule sane di alcuni distretti del corpo, quali midollo osseo, follicoli piliferi, bocca, tratto digestivo e sistema riproduttivo. Di conseguenza questi sono i distretti generalmente più colpiti dagli effetti collaterali, benché sia doveroso precisare che dipendono anche da quanto farmaco viene dato, dalla durata del trattamento e dalla reazione della singola persona. Qualsiasi evento deve essere sempre comunicato ai medici che potranno così intervenire tempestivamente: grazie ad alcune strategie è possibile tentare di alleviare gli effetti collaterali, che di solito scompaiono dopo la fine del trattamento. Tra gli effetti collaterali più comuni ritroviamo senza dubbio la perdita di capelli (e a volte anche di peli in altre zone del corpo) che però

Tumore del polmone

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Il trattamento

inizieranno a ricrescere poche settimane dopo la fine del trattamento. Altri effetti collaterali comuni sono i cambiamenti di pelle e unghie (la pelle potrebbe diventare secca e le unghie cambiare colore), cambiamenti dell’appetito o del peso, ulcere della bocca che possono interferire anche con una corretta alimentazione, diarrea o costipazione, nausea e vomito e fatigue – un forte senso di stanchezza e spossatezza.

4.16

Devo sottopormi a radioterapia. È vero che si utilizzano raggi X come nelle radiografie? La radioterapia utilizza, come suggerisce il nome, radiazioni ad alta energia proveniente da raggi (o particelle) per uccidere le cellule. In effetti, spesso, la radiazione è quella dei raggi X, gli stessi che a basse dosi vengono utilizzati in alcune tecniche diagnostiche. Ad alte dosi, però, le radiazioni danneggiano il DNA delle cellule cancerose provocandone la morte e la successiva eliminazione dall’organismo. Tale processo richiede tempo (nell’ordine di giorni o settimane) e quindi può continuare anche nel periodo successivo la fine del trattamento. Questa capacità della radioterapia viene sfruttata in oncologia per attaccare direttamente il tumore.

4.17

In cosa consiste e come si svolge una seduta di radioterapia? La radioterapia più utilizzata è quella detta a fasci esterni, proprio perché i fasci di radiazione sono erogati da un macchinario, passano attraverso il corpo e arrivano al punto desiderato, cioè il tumore, in modo da danneggiare il tessuto sano circostante il meno possibile. Di solito, per un tumore al polmone, la radioterapia viene eseguita 5 giorni a settimana per una durata di tempo che va dalle 3 alle 7 settimane, a seconda dei casi. Prima dell’inizio di una sessione, viene effettuata una fase di “simulazione” durante la quale le aree da colpire sono identificate e segnalate in corrispondenza della pelle con un inchiostro semipermanente o con un piccolo tatuaggio, che non andrà rimosso per tutta la durata del

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Tumore del polmone


Il trattamento

TANTI MODI PER FARE RADIOTERAPIA Per il tumore al polmone possono essere utilizzate diverse tecniche di radioterapia. ͮ RADIOTERAPIA CONFORMAZIONALE TRIDIMENSIONALE (3D-CRT): i fasci di radiazioni vengono erogati da diverse direzioni e adattati alla forma del tumore così da ridurre il danno al tessuto sano. ͮ RADIOTERAPIA A INTENSITÀ MODULATA (IMRT): una terapia 3D avanzata, che permette anche di aggiustare la dose dei raggi in determinate aree, in modo da evitare di raggiungere i tessuti sani vicini al tumore. ͮ TERAPIA AD ARCO MODULATO VOLUMETRICA (VMAT). Una variante della IMRT. La parte del macchinario che invia i fasci durante l’irradiazione ruota continuamente attorno al paziente, il che permette alle radiazioni di arrivare da diverse angolazioni. ͮ RADIOTERAPIA STEREOTASSICA CORPOREA (SBRT) o radioterapia ablativa stereotassica (SABR): permette di inviare al tumore una dose elevata di radiazioni con estrema precisione. ͮ RADIOCHIRURGIA STEREOTASSICA (SRS): è un tipo di SBRT. Il nome deriva dall’estrema precisione, caratteristica della chirurgia, con cui il macchinario indirizza i raggi.

trattamento. Una sessione di radioterapia può durare dai 15 ai 30 minuti, anche se il trattamento vero e proprio dura solo pochi minuti. La maggior parte del tempo è dedicata alla preparazione del paziente, il quale è aiutato a indossare eventuali protezioni per le zone sane e a sdraiarsi sul lettino nella giusta posizione, individuata anche grazie all’uso di immagini di tomografia computerizzata o di risonanza magnetica. Per far sì che le radiazioni colpiscano la zona interessata è estremamente importante mantenere la posizione scelta per tutta la durata della seduta. Il paziente viene lasciato solo nella stanza, ma ha la possibilità di comunicare continuamente con l’operatore che si trova in un locale adiacente, dove, al riparo dalle radiazioni, potrà monitorare la procedura e il paziente. Il trattamento non è doloroso e al suo termine il paziente non emette radioattività e non può in alcun modo essere pericoloso per altri.

Tumore del polmone

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Il trattamento

Grazie alla messa a punto di strumenti sempre più innovativi si cerca di trattate il tumore al polmone in maniera più accurata ed efficace e ridurre al massimo l’esposizione dei tessuti sani.

4.18

L’oncologo mi ha proposto la brachiterapia, cos’è? La brachiterapia è un tipo di radioterapia usata in diversi tipi di tumori. Si tratta di una radioterapia interna, diversa quindi da quella a fasci esterni. Nella brachiterapia una sorgente di materiale radioattivo (aghi, semi metallici, fili o cateteri) viene collocata nell’organismo direttamente all’interno del tumore. Grazie a questa tecnica è possibile inviare un’alta dose di radiazione in una piccola area, cosa che non sarebbe possibile utilizzando una fonte di radiazioni esterna. La procedura di solito dura pochi minuti: l’impianto, ovvero il materiale radioattivo, viene inserito e poi rimosso una volta trascorso il tempo necessario alla sua azione (10-20 minuti). Anche se meno comune, l’impianto può essere permanente e quindi restare all’interno dell’organismo: nei mesi successivi il materiale radioattivo continuerà a emettere radiazioni, che diminuiranno nel tempo fino a sparire. È possibile che per un certo periodo venga richiesto al paziente di evitare contatti con alcune persone, inclusi donne incinte e bambini, in quanto l’organismo potrebbe emettere una piccola quantità di radiazioni. Questa tecnica si utilizza nel carcinoma polmonare non a piccole cellule, per alleviare i sintomi del tumore e migliorare la qualità di vita, e quando il tumore ostruisce le vie aeree. L’impianto può essere collocato o nel tumore o nelle vie aeree vicine mediante un piccolo intervento chirurgico o un broncoscopio, un tubo flessibile che attraverso il naso o la bocca viene spinto fino ai bronchi e ai bronchioli.

4.19

Cosa può succedere al mio corpo durante la radioterapia? Gli effetti collaterali derivanti dalla radioterapia possono cambiare in base alla zona dell’organismo che viene trattata e da persona a persona. Quelli

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Tumore del polmone


Il trattamento

derivanti dal trattamento di un tumore al polmone includono cambiamenti della pelle, che potrebbe arrossarsi e fare male nell’area trattata, caduta di peli e capelli nella zona trattata, fatigue – che in genere migliora gradualmente una volta terminato il trattamento. Sono possibili anche tosse, problemi di respirazione e respiro corto legati a danni ai polmoni, oppure difficoltà a deglutire se le radiazioni colpiscono anche l’esofago, il condotto attraverso il quale il cibo passa dalla gola allo stomaco. Può accadere che per un periodo di tempo si possano inghiottire solo cibi morbidi e liquidi.

Perché i medici vogliono studiare il DNA delle cellule del mio tumore?

4.20

Alla base della veloce crescita e diffusione delle cellule cancerose possono esserci dei cambiamenti a carico di alcuni geni (ovvero specifiche porzioni di DNA). Nell’ambito della terapia mirata per il tumore del polmone sono stati sviluppati i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare, che sfruttano proprio la presenza di tali cambiamenti. Una terapia con farmaci a bersaglio molecolare, tuttavia, funziona solo se nel tumore il bersaglio è presente: ecco perché è necessario studiare il DNA delle cellule tumorali prima di capire se e quale terapia mirata utilizzare. Nelle cellule di un carcinoma polmonare non a piccole cellule possono essere presenti variazioni nel gene EGFR (recettore del fattore di crescita epidermico), coinvolto nella crescita e divisione cellulare (mutato nel 10-15% circa dei pazienti italiani), e nel gene ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase), coinvolto nella crescita cellulare (mutato in circa il 4% dei pazienti soprattutto con adenocarcinomi). Altri geni nei quali si ricercano variazioni utili alla scelta della terapia per il tumore polmonare sono ROS1 (ROS proto-oncogene 1, receptor tyrosine kinase), BRAF, RET, MET e NTRK.

Quali sono i vantaggi di queste terapie mirate?

4.21

Questi trattamenti, indicati nel complesso con il termine terapie mirate o terapie a bersaglio molecolare (o in inglese targeted therapy),

Tumore del polmone

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Il trattamento

sono stati sviluppati per “prendere di mira” le differenze che esistono tra le cellule cancerose e quelle sane. La loro azione è diretta quindi solo contro le cellule del tumore, non verso quelle sane. Ad esempio, la chemioterapia interferisce con le cellule che si moltiplicano più velocemente (una caratteristica del tumore), ma può danneggiare anche i tessuti sani con conseguenti effetti collaterali. Le terapie mirate, invece, sebbene non prive di tali effetti, sono considerate più tollerabili per i pazienti – anche se la loro somministrazione richiede comunque una grande attenzione. È un dato di fatto che l’ideazione delle terapie a bersaglio molecolare stia portando notevoli vantaggi alla lotta ai tumori avanzati perché, quando è possibile utilizzarle, riescono spesso a funzionare dove altre falliscono. Negli ultimi anni sono stati introdotti diversi farmaci mirati per il trattamento del cancro al polmone non a piccole cellule allo stadio avanzato, nel quale vengono utilizzati in associazione con la chemioterapia o da soli, anche come intervento di prima linea – ovvero in pazienti che non hanno ricevuto altri trattamenti in precedenza.

4.22

Ho sentito parlare di anticorpi monoclonali. Cosa sono? Fanno parte delle terapie mirate? Gli anticorpi monoclonali fanno parte dei farmaci biologici, agenti creati in laboratorio e appartenenti a una particolare categoria di terapia mirata. Questi anticorpi sono simili a quelli prodotti fisiologicamente dal nostro organismo e possono essere somministrati a scopo terapeutico, solitamente per infusione, quindi direttamente nel sistema circolatorio. Riescono a identificare una particolare proteina presente sulle cellule cancerose, ma non su quelle sane: legandosi a essa riescono a portare sostanze tossiche a livello del tumore distruggendolo o bloccandone la crescita. Ogni anticorpo monoclonale riconosce una singola proteina e quindi non può essere utilizzato indistintamente per tutti i tipi di tumore. Alcuni di questi sono stati sviluppati e sono disponibili per il trattamento del tumore polmonare non a piccole cellule avanzato.

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Tumore del polmone


Il trattamento

LE TERAPIE MIRATE PER IL TUMORE DEL POLMONE Alcuni tipi di terapie mirate possono essere utilizzate per trattare un tumore dl polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato. Il loro bersaglio dipenderà dalle caratteristiche del tumore evidenziate. BERSAGLIO MOLECOLARE

FARMACI

COME AGISCONO

EGFR

Inibitori tirosin-chinasici: gefinitib, erlotinib, afatinib, dacomitinib, osimertinib Anticorpi monoclonali: necitumumab, cetuximab

Inibiscono i segnali che dicono alle cellule di crescere. Gli inibitori tirosin-chinasici sono somministrati sotto forma di pillole, gli anticorpi monoclonali per via endovenosa

ALK

Crizotinib, alectinib, ceritinib, lorlatinib, brigatinib

Farmaci orali che attaccano le proteine ALK anomale e possono essere usati con la chemioterapia o quando questa non ha più effetto

ROS1

Crizotinib, ceritinib, lorlatinib ed entrectinib

Farmaci orali che attaccano le proteine ROS1 anomale. Funzionano anche contro ALK, proprio perché il cambiamento che viene riscontrato nei due geni alla base della produzione delle proteine è simile

VEGF

Bevacizumab, ramucirumab

Sono farmaci in grado di contrastare la formazione di nuovi vasi (angiogenesi), un meccanismo che serve al tumore per “nutrirsi”. Si somministrano per via endovenosa

BRAF

Dabrafenib, trametinib

Farmaci orali che si legano alla proteina alterata e bloccano il segnale continuo di crescita cellulare che da essa deriva

RET

Selpercatinib, pralsetinib

Agiscono come inibitori selettivi di RET e sono attivi su diversi tipi di alterazioni

MET

Capmatinib

Farmaco orale che agisce in modo selettivo su MET, bloccando la sua attivazione e la cascata di segnali di proliferazione e sopravvivenza cellulare ad essa collegati

NTRK

Larotrectinib, entrectinib

Bloccano in modo selettivo i segnali di proliferazione delle cellule che derivano dall’attivazione di NTRK

È importante notare che non tutti i farmaci elencati sono approvati in Italia e ad alcuni si può accedere solo entrando a far parte di studi clinici.

Tumore del polmone

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Il trattamento

4.23

Se la terapia mirata agisce solo contro il tumore, vuol dire che non ci sono effetti collaterali? Proprio perché hanno come bersaglio specifiche caratteristiche delle cellule cancerose, gli agenti usati nella terapia mirata sono prodotti per avere un effetto solo su queste cellule. Ne consegue che le cellule sane vengono di norma risparmiate, il che rappresenta un beneficio per il paziente. Tuttavia, anche la terapia mirata può causare effetti collaterali, che possono variare da persona a persona e sono specifici del farmaco utilizzato. Tra gli effetti più comuni si ritrovano diarrea, fatigue, ulcere della bocca, cambiamenti nelle unghie e della pelle (come arrossamenti o secchezza). Possono inoltre verificarsi problemi alla coagulazione del sangue, aumento della pressione arteriosa, rischio di infezioni e sintomi simili a quelli dell’influenza (febbre, stordimento e brividi), o reazioni allergiche al farmaco, tipicamente a seguito della prima somministrazione di un anticorpo monoclonale. È molto importante parlare con l’equipe medica di ogni effetto collaterale in modo da poter ricevere i migliori consigli. Per contrastare alcuni effetti (trattarli o prevenirli) è possibile che siano prescritti dei farmaci specifici: per esempio gli antistaminici o i cortisonici possono essere assunti prima della somministrazione di un anticorpo monoclonale in modo da limitare il pericolo di reazioni allergiche.

4.24

Negli ultimi anni si parla tanto di immunoterapia per il tumore del polmone. Cos’ha di particolare questo trattamento? L’immunoterapia rappresenta un notevole passo in avanti in oncologia e ha letteralmente rivoluzionato il trattamento di alcuni tipi di tumore, incluso quello del polmone. L’immunoterapia si basa sull’uso di sostanze che riescono a stimolare il sistema immunitario per renderlo attivo contro il tumore e in grado di distruggere le cellule cancerose. A differenza degli altri trattamenti, con l’immunoterapia il bersaglio non

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Tumore del polmone


Il trattamento

è più il tumore ma una componente fondamentale del nostro stesso organismo, appunto il sistema immunitario, il quale sarà “aiutato” a riconoscere e combattere il cancro in modo più efficace.

Ho letto che l’immunoterapia per il tumore del polmone agisce sui “freni” del sistema immunitario. Cosa significa?

4.25

L’immunoterapia del tumore al polmone si basa oggi sull’uso dei cosiddetti inibitori dei checkpoint immunologici. Si tratta di una tipologia di farmaci che stimolano l’attivazione del sistema immunitario del nostro organismo contro il cancro. Questi farmaci agiscono bloccando delle proteine, dette checkpoint, che agiscono come “freni” del sistema immunitario poiché impediscono ad alcune cellule immunitarie (come le cellule T) di attivarsi. Normalmente le proteine checkpoint fanno in modo che le cellule immunitarie non rispondano eccessivamente e non attacchino così le cellule del nostro organismo. Ma questo freno non permette alle cellule immunitarie di combattere il tumore. I farmaci inibitori del checkpoint tolgono il freno delle cellule e di conseguenza stimolano la risposta antitumorale. Nel trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule, gli anticorpi monoclonali nivolumab, pembrolizumab, atezolizumab e durvalumab sono ormai una cura consolidata. Si stanno poi studiando gli inibitori di CTLA-4, una proteina presente sulle cellule T, in combinazione con nivolumab, con o senza la chemioterapia. Per quanto riguarda il tumore al polmone a piccole cellule, studi recenti hanno suggerito che alcuni tumori possano essere trattati con inibitori dei checkpoint immunologici, da soli oppure in combinazione tra loro e con la chemioterapia. Tra questi vi sono nivolumab, quando il tumore avanzato continua a crescere dopo altri trattamenti, e atezolizumab. Durvalumab è stato recentemente approvato dalla Commissione Europea per il trattamento in prima linea insieme alla chemioterapia.

Tumore del polmone

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Il trattamento

4.26

Tutti i farmaci immunoterapici possono essere utilizzati in tutti i pazienti? No, i diversi trattamenti immunoterapici vanno valutati con attenzione e i diversi farmaci adottati a seconda della situazione. Alcuni si rivelano più utili in seconda linea, ovvero dopo chemioterapia o altri farmaci; altri possono essere usati come primo approccio. Per esempio, nivolumab può essere usato anche come primo trattamento insieme agli inibitori CTLA-4 o a volte alla chemioterapia; pembrolizumab si usa da solo o in associazione con la chemioterapia, e si è dimostrato efficace come primo trattamento in pazienti con tumore allo stadio 3 che non possono essere operati chirurgicamente o che non possono subire la chemioterapia associata alla radioterapia, mentre atezolizumab può essere usato solo o in associazione con la chemioterapia. Questi tre farmaci possono essere utilizzati nei casi in cui il tumore ricominci a crescere di nuovo dopo chemioterapia o altri farmaci. Infine, durvalumab viene utilizzato per un tumore avanzato non operabile e che non è peggiorato dopo la chemioterapia con radioterapia a base di platino. Tutti sono somministrati in vena ogni 2-3-4-6 settimane a seconda dei casi. Va comunque precisato che non sempre l’immunoterapia è una scelta percorribile e purtroppo non ha la stessa efficacia in tutti i pazienti, un aspetto che i ricercatori stanno cercando di chiarire.

4.27

L’immunoterapia ha effetti collaterali? I farmaci immunoterapici previsti per il tumore al polmone (gli inibitori dei checkpoint immunologici) stimolano tutte le cellule immunitarie, la cui attività non sarà diretta solo verso il cancro ma anche verso le strutture sane. Questo si traduce in effetti collaterali che dipendono anche dallo stato di salute del paziente, dal tipo di cancro, da quanto è avanzato e dalla tipologia e dose del farmaco. Alcuni effetti potrebbero essere gravi e mettere potenzialmente in pericolo di vita stessa del paziente. È il caso delle reazioni autoimmuni, in cui il sistema immunitario attacca le cellule del corpo e porta seri problemi a polmoni,

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Tumore del polmone


Il trattamento

intestino, fegato, ghiandole che producono ormoni, reni e alti organi. Sono inoltre possibili reazioni allergiche all’infusione dei farmaci, che portano febbre, brividi, arrossamenti del viso, vertigini, respiro sibilante, difficoltà a respirare e prurito alla pelle. Comunicare ai medici qualsiasi sintomo, sia durante sia al termine del trattamento, è di estrema importanza per essere assistiti prontamente e in modo efficace. È possibile che la comparsa degli effetti collaterali costringa a interrompere il trattamento o alla somministrazione di un’alta dose di corticosteroidi, per reprimere e “calmare” il sistema immunitario. Altri effetti collaterali comuni con alcuni immunoterapici (gli inibitori di PD-1 e di PD-L1) includono fatigue, tosse, nausea, prurito, arrossamenti della pelle, perdita di appetito, costipazione, dolore articolare e diarrea. Con gli inibitori di CTLA-4 gli effetti possono essere più frequenti.

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5

Dopo la diagnosi

L

a sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore al polmone dipende dalla gravità della malattia al momento della sua identificazione. Ma qualsiasi sia lo stadio al quale ci si trova, esistono terapie per prolungare la vita o per migliorare la qualità di quella che resta. Parlarne con il proprio team di curanti è un modo per non perdere il controllo della situazione ed essere certi che tutto venga fatto secondo la propria volontà e le proprie scelte.

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Tumore del polmone


Dopo la diagnosi

Ho subito un intervento chirurgico per asportare un tumore del polmone. Ora faccio molta fatica a respirare. È normale?

5.01

Dopo un intervento di chirurgia toracica per rimuovere un cancro del polmone la sensazione di mancanza di respiro è in una certa misura normale. Dipende soprattutto dal trauma legato all’operazione, che rende dolorosa l’espansione della gabbia toracica, e dalla necessità di adattamento dei polmoni alla nuova condizione. La sensazione di respiro corto è tanto più accentuata quanto più intense erano le difficoltà respiratorie prima dell’intervento. In genere, i problemi respiratori tendono a migliorare con il tempo; anche in caso di interventi più radicali, infatti, i polmoni hanno la capacità di sopperire bene all’asportazione di una parte dell’organo o persino di un intero polmone. C’è da tenere presente che il recupero non è immediato: i miglioramenti sono graduali e possono essere necessarie diverse settimane (o mesi) per recuperare una funzionalità polmonare soddisfacente. In alcuni casi, tuttavia, i problemi di respirazione potrebbero non risolversi del tutto o addirittura peggiorare. In questi casi è necessario riferire il problema al proprio medico che ne valuterà le possibili cause. Non è detto, infatti, che le difficoltà respiratorie siano direttamente legate al tumore: potrebbe trattarsi per esempio di un’infezione conseguente all’operazione, una condizione che richiede un trattamento immediato ma è curabile.

Perché durante il trattamento può accadere di perdere molto peso?

5.02

La perdita di peso è molto comune nei pazienti con cancro del polmone. Può trattarsi di una conseguenza della malattia o di un effetto collaterale dei trattamenti. Spesso è possibile correggerla con appositi accorgimenti dietetici e, eventualmente, con l’assunzione di specifici supporti nutrizionali. Tuttavia, in alcuni casi può trasformarsi in una grave condizione definita cachessia.

Tumore del polmone

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Dopo la diagnosi

La cachessia è una sindrome complessa, caratterizzata dalla perdita progressiva di massa muscolare causata non soltanto da una insufficiente assunzione di calorie, ma anche da alterazioni del metabolismo, dall’attivazione di processi infiammatori e dal cattivo funzionamento dei segnali che regolano diversi processi fisiologici. Tutto questo rende la rende complessa da curare. La cachessia è in genere accompagnata da mancanza di appetito, nausea e avversione al cibo, oltre che da un peggioramento dell’umore. Senza opportuni interventi causa progressivi danni all’organismo, tanto che rappresenta una delle principali cause di aggravamento delle condizioni dei malati oncologici. È perciò importante avvisare il medico in caso di perdita importante e repentina di peso (due o tre chili in un mese sono già una perdita significativa) e se insorgono difficoltà a mangiare. Non sempre si riescono a mettere in atto trattamenti risolutivi; tuttavia un insieme di interventi nutrizionali e farmacologici può aiutare molto, contrastare la riduzione della massa muscolare e garantire un miglioramento della qualità e dell’aspettativa di vita.

5.03

Per quanto mi sforzi, faccio fatica a mangiare. C’è qualche “trucco” per riuscire ad alimentarmi a sufficienza? Molti pazienti con cancro hanno difficoltà a mangiare. Il problema è collegato a molti fattori: il cambiamento di sapori e odori, la presenza di nausea, il tono dell’umore, la difficoltà a deglutire, il dolore. Nonostante tutto è comunque fondamentale cercare di assumere un adeguato apporto calorico. Qualche semplice accorgimento può aiutare a farlo. Se le difficoltà a mangiare sono collegate alla sensibilità agli odori, può essere utile mangiare cibo lasciato raffreddare a temperatura ambiente o assaggiare piatti nuovi. Per aumentare l’apporto calorico si possono aggiungere alla dieta alimenti ad alto contenuto energetico (compatibilmente con la sensazione di nausea e vomito): burro negli alimenti caldi, oppure panna o gelato da aggiungere a dessert o frutta, per esempio. Consumare spuntini fuori pasto può essere un’altra strategia.

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Tumore del polmone


Dopo la diagnosi

Una delle categorie di alimenti che i pazienti con cancro fanno più fatica a mangiare sono i cibi proteici: anche in questo caso, qualche accorgimento può aiutare ad assumere una quantità sufficiente di proteine. La carne e il pesce, per esempio, possono essere sminuzzate in altri piatti più graditi; il formaggio può essere usato grattugiato o, optando per quelli morbidi, spalmato su pane o frutta; le uova, sode e tritate, possono essere aggiunte a salse e insalate, e si può inoltre scegliere la pasta all’uovo o dolci a base di uovo, come crema, zabaione o biscotti. Altre possibili strategie possono essere: fare una colazione abbondante (o comunque sfruttare il momento della giornata in cui si ha più appetito); lasciare che siano gli altri a cucinare; fare frequenti spuntini durante tutta la giornata; non bere durante i pasti ma tra un pasto e l’altro; provare a fare attività fisica prima dei pasti. Inoltre, ma solo dopo aver consultato il proprio medico, si può ricorrere ad appositi integratori pensati per assicurare il giusto nutrimento all’organismo.

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Dopo la diagnosi

5.04

Ancora prima di fare la chemio ho una sensazione di nausea. Come è possibile? La nausea e il vomito sono tra gli effetti collaterali più comuni a cui vanno incontro i pazienti che si sottopongono a chemioterapia. Anche se il problema non si presenta con tutti i farmaci chemioterapici, la gran parte di essi esercita un’azione stimolante su una particolare area del sistema nervoso che controlla queste reazioni. Nausea e vomito possono presentarsi nelle ore immediatamente successive al trattamento (in tal caso vengono definiti acuti) o, in alcuni casi, uno o più giorni dopo essersi sottoposti alla chemio (ritardati): in tal caso il disturbo può durare anche diversi giorni. In alcune persone, tuttavia, possono insorgere ancora prima che cominci il trattamento (nausea anticipatoria): a stimolarli può bastare la vista dei luoghi dove si esegue la chemio, il loro odore o perfino il semplice pensiero di doversi sottoporre alla terapia. Normalmente, i pazienti in trattamento chemioterapico ricevono una terapia per prevenire la nausea e il vomito. Il trattamento viene in genere somministrato prima dell’inizio della chemio, ma in alcuni casi è necessario proseguire l’assunzione dei farmaci a casa, in maniera continuativa o al bisogno. Nel caso di nausea anticipatoria, è possibile assumere terapie specifiche (per esempio farmaci ansiolitici) per prevenire il disturbo. Possono rivelarsi utili anche alcuni trattamenti non farmacologici come le tecniche di rilassamento.

5.05

Da qualche giorno ho uno strano bruciore alla bocca che mi rende difficoltoso mangiare. È il caso di parlarne con il medico? Sì, è necessario riferire il disturbo al proprio medico curante. Potrebbe trattarsi infatti di mucosite, un danno del tessuto che riveste il cavo orale, che in alcuni casi può estendersi all’intero tubo digerente. Si presenta con bruciore alla bocca, riduzione o perdita della percezione del gusto, fino alla comparsa di dolore a causa di ulcerazioni nella bocca. È una

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Tumore del polmone


Dopo la diagnosi

possibile conseguenza della chemioterapia o della radioterapia e tende a presentarsi qualche giorno dopo l’inizio del trattamento. Nei casi più lievi, il problema si risolve spontaneamente dopo qualche settimana dal termine del ciclo di trattamento tuttavia è un sintomo da non sottovalutare, poiché, oltre a rendere difficoltosa l’alimentazione, il danno a carico delle mucose può facilitare la comparsa di infezioni. Le strategie di prevenzione cominciano con una corretta igiene orale: lavare i denti sempre dopo i pasti utilizzando uno spazzolino morbido e un dentifricio dal sapore delicato. In caso di protesi dentarie è importante disinfettarle e toglierle durante la notte. Può essere presa in considerazione anche l’esecuzione di interventi come la rimozione del tartaro prima dell’inizio del trattamento. In alcuni casi possono essere utili sciacqui con soluzione salina o bicarbonato o con appositi collutori: sarà comunque cura del team curante consigliare eventualmente questa strategia e il prodotto da utilizzare. In genere il trattamento della mucosite è limitato al controllo del dolore (con sciacqui con soluzioni che contengono antinfiammatori o anestetici oppure con l’assunzione di farmaci per via sistemica) e alla gestione delle infezioni con appositi farmaci. Esistono inoltre alcuni accorgimenti che possono prevenire le complicanze della mucosite o aiutare ad alimentarsi anche quando il disturbo è particolarmente intenso: mantenere idratate le labbra, evitare cibi caldi o piccanti, e preferire cibi e bevande freschi e semiliquidi (yogurt, gelati, budini). Utile anche il miele, che, creando un sottile film sulla mucosa orale, può dare un sollievo abbastanza duraturo.

Non riesco più a dormire bene. Cosa posso fare?

5.06

I problemi del sonno sono molto frequenti nei pazienti con tumore del polmone. In alcuni casi si presentano come difficoltà a prendere sonno, in altri con risvegli ripetuti durante la notte, altre volte ci si sveglia troppo presto al mattino o, in altre circostanze, anche se si è dormito con regolarità durante la notte, ci si sente comunque stanchi e assonnati di giorno.

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Dopo la diagnosi

Le cause possono essere innumerevoli: dalla tosse che interrompe il sonno, alle difficoltà respiratorie che non consentono un sonno ristoratore o causano risvegli notturni, dal dolore ai disturbi dell’umore, fino ad arrivare al nuovo stile di vita imposto dalla malattia che obbliga, per esempio, una riduzione delle attività quotidiane o la necessità di riposarsi durante il giorno. I disturbi del sonno possono avere un enorme impatto nella qualità di vita e incidere sulla capacità di affrontare positivamente la malattia. Per questa ragione vanno sempre riferiti al medico che ne valuterà la causa e proporrà, quando possibile, soluzioni. In alcuni casi può trattarsi di misure comportamentali (andare a dormire e svegliarsi alla stessa ora, evitare riposi diurni, usare la camera da letto solo per dormire), in altre potranno essere prescritti appositi farmaci; può inoltre essere utile anche il sostegno di uno psico-oncologo.

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Tumore del polmone


Dopo la diagnosi

Mi capita spesso di avere la febbre. Significa che la malattia si sta aggravando?

5.07

La febbre è un disturbo frequente e non significa necessariamente che la malattia stia progredendo; ciononostante è un sintomo che non va sottovalutato. Le cause della febbre nelle persone affette da tumore possono essere diverse. Può essere dovuta alla presenza di un’infezione legata o meno ai trattamenti che si stanno assumendo. In genere, in questi casi la febbre tende a presentarsi con valori alti, è spesso associata a brividi e a sintomi quali tosse, mancanza di fiato, dolori osteoarticolari, disturbi urinari. In questi casi oltre a un trattamento dei sintomi, il medico può optare per una terapia antibiotica. La febbre può essere anche una conseguenza della stessa malattia: il tessuto tumorale o le cellule del sistema immunitario che vengono richiamate attorno al tumore, possono infatti rilasciare sostanze che causano un aumento della temperatura. In questi casi si tratta in genere di una febbricola che si presenta soprattutto nel pomeriggio-sera e può protrarsi per molti giorni, anche settimane. Il trattamento è in genere sintomatico e prevede la somministrazione di antinfiammatori, antipiretici o cortisonici. Un’altra potenziale causa della febbre nei pazienti oncologici sono i trattamenti per combattere la malattia, in particolare la chemioterapia. In questi casi può trattarsi di una reazione immediata al trattamento ma anche di una conseguenza a lungo termine, risultato della tossicità dei farmaci chemioterapici sulle cellule del sangue. La chemio può infatti danneggiare o distruggere i globuli bianchi, causandone una carenza che può aumentare il rischio di contrarre infezioni. In questi casi può essere necessario un trattamento antibiotico per prevenire le infezioni, oltre alla somministrazione di sostanze che stimolino la produzione dei globuli bianchi da parte del midollo osseo.

Dalle ultime analisi del sangue risulta una marcata anemia. È grave?

5.08

Sia il cancro sia i trattamenti antitumorali possono causare anemia. L’anemia è la conseguenza di una riduzione del numero di globuli rossi

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Dopo la diagnosi

che non sono più sufficienti per fornire la quantità di ossigeno necessaria per soddisfare tutti i bisogni dell’organismo. Ciò causa, tra i vari sintomi, spossatezza, respiro corto, accelerazione del battito cardiaco, capogiro, incapacità a concentrarsi. L’anemia è una condizione molto diffusa nei pazienti con tumore del polmone e la sua presenza non implica un peggioramento della malattia. Tuttavia dovrebbe essere curata sia per riuscire a mantenere la qualità di vita, sia perché in presenza di ridotti valori di emoglobina (la proteina che trasporta l’ossigeno e che viene usata come uno degli indicatori per valutare la presenza di anemia) si può essere costretti a sospendere le cure anti-tumorali. Il trattamento dell’anemia comprende due strategie complementari. La prima è fornire tempestivamente al corpo i globuli rossi mancanti attraverso una trasfusione. Si tratta di una strategia impiegata nei casi di anemia più severa o quando, già in presenza di sintomi, si osserva un progressivo peggioramento del disturbo. La trasfusione dà benefici immediati, percepibili già nell’arco delle 24 ore successive al trattamento. Tuttavia non ha effetto duraturo. Per questo, quando possibile si opta per la seconda strada: la somministrazione di sostanze (i cosiddetti fattori di crescita come l’eritropoietina) in grado di stimolare il midollo osseo a produrre più globuli rossi. L’azione dei fattori di crescita comincia a essere evidente in 2-3 settimane dall’inizio del loro utilizzo. In alcuni casi il medico può prescrivere anche l’assunzione di ferro.

5.09

Ho un cancro al polmone. Nessuno vuole dirmi quanto mi resta da vivere. Per quanto sia la domanda che quasi tutti i malati affetti da cancro si pongono, non è possibile fare previsioni sull’aspettativa di vita del singolo paziente: la sopravvivenza dipende dallo stadio della malattia, dal tipo di tumore, dalla risposta al trattamento, da eventuali altre patologie concomitanti. Inoltre esiste sempre un qualche evento che può “sparigliare” le carte, in negativo o in positivo: una complicanza inattesa o l’arrivo di una terapia sperimentale che può completamente cambiare il corso degli eventi, per esempio.

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Dopo la diagnosi

Pur con estrema cautela, ci si può affidare alle statistiche per avere un’indicazione di massima. In tal caso, i dati dicono che circa 55% dei pazienti con un tumore del polmone di stadio 1 vive almeno 5 anni dopo la diagnosi; la percentuale scende al 35% per quelli che hanno ricevuto una diagnosi di cancro allo stadio 2, al 15% dello stadio 3, fino al 5% dello stadio 4. Anche in questo caso, però, è necessario fare delle precisazioni: innanzitutto, non tutti i tumori del polmone sono uguali. Inoltre, le statistiche ritraggono una realtà del passato e non possono tenere conto dei più recenti progressi della ricerca. E il tumore al polmone è una delle patologie che più ha beneficiato di questi avanzamenti, prima con l’avvento di farmaci a bersaglio molecolare e poi, ancor più di recente, con la cosiddetta immunoterapia. Questi trattamenti hanno rappresentato una svolta nel trattamento della malattia, anche se non sono utilizzabili in tutti i malati.

È possibile guarire completamente da un tumore del polmone?

5.10

Nonostante i progressi terapeutici compiuti negli ultimi anni, oggi solo una piccola parte dei pazienti guarisce completamente dal cancro del polmone. Dal punto di vista statistico, si considera guarita una persona che si sia ammalata di cancro e abbia un’aspettativa di vita sovrapponibile a quella di chi non ha mai sviluppato la malattia. Si stima che raggiunga questo obiettivo circa il 10% di chi sviluppa un tumore del polmone con una percentuale più alta nella popolazione femminile (8% dei maschi contro il 13% delle donne). Esiste comunque un’ampia fetta di pazienti che ha una lunga aspettativa di vita e sempre più spesso l’obiettivo è “cronicizzare” il tumore. Attualmente in Italia vivono circa 130mila persone che hanno ricevuto una diagnosi di tumore del polmone. Circa il 40% di essi ha ricevuto la diagnosi più di 5 anni fa: in particolare, il 17% tra 5 e 10 anni, il 9% da 10-15 anni, il 7% da 15-20 anni, il 9% da più di 20 anni.

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Dopo la diagnosi

5.11

Cos’è la riabilitazione polmonare? A cosa serve? Come si fa? La riabilitazione polmonare è un programma destinato ai pazienti con problemi respiratori il cui scopo è preservare o recuperare il massimo possibile di funzionalità respiratoria. È un intervento che è in grado di aumentare la capacità respiratoria, ridurre la dispnea (la difficoltà a respirare, chiamata anche “fame d’aria”), aumentare la capacità di attività fisica, prevenire le complicanze dopo l’intervento chirurgico e, in definitiva, migliorare notevolmente il senso di benessere e la qualità di vita. Si tratta di un programma multidisciplinare che in genere viene eseguito in ambulatorio, ma che, anche dopo la fine del ciclo di sedute,

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Dopo la diagnosi

è necessario proseguire in autonomia a casa per mantenere i benefici ottenuti. Può coinvolgere diversi professionisti (lo specialista in terapia respiratoria o il fisioterapista, l’infermiere, il medico, in alcuni casi possono essere coinvolti anche lo psicologo o il dietologo) e consiste in diverse attività che vengono modulate sulla base delle caratteristiche del paziente. Una componente immancabile di un programma di riabilitazione polmonare è l’attività fisica, in particolare l’allenamento delle gambe, con camminate o sedute di cyclette, e quello delle braccia, con appositi esercizi finalizzati a rafforzare soprattutto i muscoli delle spalle coinvolti sia nel movimento delle braccia che nella respirazione. Un’altra importantissima parte dei programmi di riabilitazione polmonare è costituita dalla cosiddetta ginnastica respiratoria: si tratta di una serie di esercizi che hanno lo scopo di allenare i muscoli respiratori e far apprendere al paziente tecniche di respirazione più efficienti, capaci di preservare la funzionalità polmonare. Alcuni esercizi possono inoltre essere finalizzati a favorire l’espulsione delle secrezioni bronchiali e prevenirne l’accumulo. A questo scopo possono essere utilizzati appositi dispositivi.

A chi devo rivolgermi per fare la riabilitazione polmonare?

5.12

Una prima parte della riabilitazione polmonare viene in genere eseguita in ospedale nei primissimi giorni dopo l’intervento chirurgico per l’asportazione del tumore. In questa fase lo scopo della riabilitazione è soprattutto contrastare gli effetti provocati dall’intervento chirurgico sulla funzione respiratoria (per esempio le difficoltà respiratorie collegate al dolore legato all’operazione), prevenire gli effetti provocati dalla permanenza a letto e facilitare il recupero dell’autonomia. Al momento delle dimissioni il team curante può prescrivere ulteriori sedute di riabilitazione che potranno essere eseguite nello stesso ospedale o in altre strutture dedicate. Finché si è sottoposti a trattamento oncologico, è l’oncologo il riferimento e pertanto sarà lui a valutare l’opportunità di prescrivere un ciclo di riabilitazione polmonare, che in genere consta di 10 sedute. In alternativa può richiederlo anche il medico di famiglia.

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Dopo la diagnosi

5.13

Nonostante le cure a cui mi sono sottoposto sembravano aver prodotto buoni risultati, il cancro ha ripreso a diffondersi. Cosa succede adesso? In molti pazienti con cancro del polmone purtroppo è frequente una ripresa della malattia, che può avvenire sia dopo aver terminato un ciclo di trattamento sia nel corso dei trattamenti stessi. In questi casi, l’equipe medica potrà valutare insieme al paziente l’inizio di un nuovo ciclo di trattamenti (trattamento di seconda linea) che comprende altri farmaci che possono avere buone probabilità di controllare la malattia per un periodo di tempo anche discretamente lungo. I risultati ottenuti dai trattamenti impiegati come “seconda linea” variano da paziente a paziente e non è detto che tutti rispondano alla terapia. Talvolta alla seconda linea possono seguire ulteriori linee di trattamento, ma ogni prosecuzione della cura necessita un’attenta valutazione dei benefici attesi in rapporto agli effetti collaterali dei trattamenti che possono determinare un grave peggioramento della qualità di vita.

5.14

Il cancro è tornato ancora una volta. Io sono molto stanco: non so se ho la forza di affrontare un nuovo ciclo di cure. Il cancro è una malattia sfibrante, sia per il paziente, sia per le persone che gli stanno vicino. La disponibilità di diverse terapie consente di continuare a combattere la malattia con successive linee di trattamento guadagnando prezioso tempo di vita. Di fronte a una ripresa della malattia è giusto interrogarsi sulla prosecuzione dei trattamenti, soppesare i benefici e i rischi correlati alle cure, interrogarsi se scegliere una strada che privilegi il prolungamento dell’aspettativa di vita o una che ne preservi la qualità accettando l’idea di avviarsi verso la fine della vita. Sono scelte completamente personali: non esiste un modo giusto e uno sbagliato di affrontare questa fase della malattia.

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Dopo la diagnosi

È comunque importante parlare con il proprio team curante, non solo per conoscere cosa realisticamente ci si possa attendere dai trattamenti, ma anche per decidere insieme in che modo convivere con il cancro in queste fasi della vita.

Cosa sono le cure palliative? Significa che sto per morire?

5.15

Le cure palliative sono interventi il cui scopo non è curare il cancro ma preservare o migliorare la qualità di vita del paziente e della sua famiglia. Anche se possono essere impiegate in tutte le fasi della malattia, è vero che ci si riferisce alle cure palliative soprattutto quando i trattamenti disponibili non hanno la capacità di incidere in maniera sostanziale sul decorso della malattia. Ciò non significa, tuttavia, che la morte sia imminente. Per una parte importante dei pazienti, anche quando i trattamenti non sono più efficaci a combattere il cancro, l’aspettativa di vita non è trascurabile e le cure palliative sono lo strumento affinché il tempo rimasto venga goduto al meglio. Nel complesso le cure palliative consistono infatti in un insieme di interventi finalizzati ad alleviare sia i sintomi fisici della malattia (per esempio il dolore o la nausea) sia quelli psicologici (dalla sensazione di rabbia alla depressione alla paura). In genere, nel nostro Paese, le cure palliative vengono erogate in regime di assistenza domiciliare integrata (ADI), dopo una valutazione da parte del servizio competente della Asl che interviene su richiesta del medico curante.

Il medico mi ha proposto un intervento chirurgico anche se eravamo d’accordo che avremmo sospeso i trattamenti e cominciato le cure palliative. Perché?

5.16

Le cure palliative comprendono tutte le strategie mediche, chirurgiche, farmacologiche finalizzate a migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Tumore del polmone

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Dopo la diagnosi

In quest’ottica anche la chirurgia può essere una strategia efficace. Si può infatti ricorrere a un intervento chirurgico per asportare il tumore primario o metastasi che diano sintomi in grado di incidere sulla qualità di vita. La chirurgia non è l’unica terapia antitumorale che può essere impiegata a scopo palliativo. In alcuni casi si può decidere di usare la radioterapia per controllare il dolore o per prevenire fratture connesse per esempio a metastasi ossee; si possono applicare stent o drenaggi per favorire la respirazione o liberare i polmoni da liquidi; usare trattamenti laser per “bruciare” piccole masse tumorali che impediscono la respirazione; in alcuni pazienti si può ricorrere anche alla chemioterapia. In tutti questi casi, naturalmente, la decisione di ricorrere a tali procedure è sempre il frutto di un’attenta valutazione del rapporto tra benefici attesi in termini di qualità di vita e rischi.

5.17

In questa fase della malattia sono preoccupato soprattutto dal dolore. Esistono terapie efficaci? Il dolore è uno dei sintomi più frequenti quando si è affetti da tumori avanzati, tuttavia sono disponibili numerosi farmaci che permettono di controllarlo e ridurre al minimo il suo impatto sulla qualità di vita. Negli ultimi anni, inoltre, si sta diffondendo l’idea che il dolore sia un sintomo da trattare sempre, senza attendere che diventi poco sopportabile. Quello al dolore oncologico è un approccio progressivo: la terapia ha inizio con la somministrazione di farmaci antidolorifici leggeri per passare, gradualmente, a medicinali più forti se e quando sarà necessario. Se il dolore è intenso fin dall’inizio, però, si somministra subito un analgesico forte. I farmaci impiegati possono essere divisi in due categorie: gli analgesici leggeri e gli oppioidi. Nella prima categoria rientrano farmaci di utilizzo comune: i farmaci antinfiammatori non steroidei (o FANS) che hanno proprietà antifebbrili, antinfiammatorie e analgesiche. La seconda categoria può essere ulteriormente articolata in oppioidi deboli (codeina, tramadolo) e forti (buprenorfina, fentanil morfina, idromorfone, metadone,

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Dopo la diagnosi

ossicodone). Negli ultimi anni si sono rese disponibili formulazioni di oppioidi forti ad azione immediata (per esempio formulazioni in spray nasale) particolarmente indicati per il trattamento del dolore episodico intenso (definito anche breakthrough cancer pain), una tipica manifestazione del dolore oncologico caratterizzato da picchi di dolore temporanei ma particolarmente gravi.

La malattia non è più curabile, ma ho bisogno di assistenza che è impossibile ottenere a casa. Cosa devo fare?

5.18

Se le cure domiciliari, anche specialistiche, non sono sufficienti a garantire una gestione ottimale del paziente è possibile richiedere l’erogazione delle cure palliative in regime cosiddetto residenziale, vale a dire il ricovero in strutture dedicate (definite hospice). In tutte le regioni italiane sono presenti hospice e l’accesso è consentito sia per l’aggravamento delle condizioni cliniche sia per l’impossibilità dei caregiver a garantire l’assistenza necessaria. L’accesso all’hospice avviene su richiesta del medico di famiglia o del team curante; la permanenza è gratuita.

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L’impatto psicologico

I

l cancro è una malattia che influenza in modo particolare le relazioni del paziente con la famiglia e gli amici, ma il tumore del polmone, in particolare, può compromettere le relazioni, specie se viene vissuto come una colpa. Inoltre alcune manifestazioni fisiche possono influenzare il tino dell’umore e devono essere curate in modo appropriato.

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L’impatto psicologico

6.01

Ho appena ricevuto una diagnosi di cancro al polmone. È stato come se il mondo mi fosse cascato addosso: non riesco a pensare ad altro. Lo shock è spesso la prima reazione a cui si va incontro quando si riceve una diagnosi di cancro. È normale: le certezze, la routine, le aspettative che avevano caratterizzato la vita fino a quel momento vengono completamente cambiate dalla malattia. Molte persone nelle fasi iniziali fanno fatica ad accettare il responso dei medici al punto da fingere che non stia accadendo: è una reazione istintiva, che in qualche modo serve a proteggerci mentre prendiamo gradualmente consapevolezza della nuova condizione. Per altre persone, al contrario, la malattia diventa fin da subito un pensiero fisso accompagnato da dubbi e paure sul futuro. “Cosa succederà ora?”, “Quante chance avrò di guarire?”, “Riuscirò ancora a lavorare?”, “Come farò con i bambini?”. Non c’è niente di strano: il cancro è una presenza ingombrante che costringe a ridisegnare la propria vita. Ed è fisiologico che di fronte a una notizia di questa entità la nostra attenzione si concentri su di essa. Tuttavia, nonostante le paure e le preoccupazioni, è necessario che gradualmente il pensiero della malattia venga ridimensionato e si recuperi lo spazio per le altre componenti della vita come il lavoro, la famiglia e gli interessi. Se non si riesce a farlo e il pensiero della malattia prende il sopravvento può essere utile rivolgersi a uno specialista, che potrà aiutare a comprendere e gestire emozioni nuove e complesse.

6.02

Ho ricevuto una diagnosi di cancro del polmone. Devo dirlo ai miei figli? Sì. Sebbene si sia tentati di proteggere i propri figli nascondendo loro la diagnosi di cancro, è importante parlare della malattia. Il cancro non è qualcosa che si può nascondere facilmente, né è giusto farlo. Inoltre, i bambini di qualsiasi età di solito percepiscono quando qualcosa non va e notano un cambiamento nella routine familiare. Se

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L’impatto psicologico

non viene detta la verità sulla malattia, possono spaventarsi e diventare ansiosi e usare l’immaginazione per spiegare i cambiamenti intorno a loro. Sentendosi esclusi, potrebbero sentirsi inoltre colpevoli o puniti. Di certo parlare con i figli della malattia può essere molto difficile: per questo è importante scegliere bene il momento e le parole. Ciascuno conosce i propri figli, che quasi sempre sono molto diversi tra loro per carattere, sensibilità, fragilità. Occorrerà trovare la giusta strada per ciascuno di essi. Tra i fattori da tenere in considerazione c’è di certo l’età, che influenza in maniera determinante la loro capacità di comprensione della situazione e le reazioni. Non esiste un manuale su cosa dire: l’importante è essere chiari, onesti, fiduciosi. Per quanto sia difficile, è fondamentale essere calmi e composti. Ciò non significa che sia necessario essere freddi: anzi, far trasparire le emozioni, anche piangere, è un modo per far capire ai bambini che possono fare altrettanto e non chiudersi in se stessi. È anche importante far capire in che modo la vita familiare subirà cambiamenti, pur rasserenandoli che non verranno fatte mancare le attenzioni e rassicurandoli sul fatto che quello che sta succedendo non è colpa loro.

Da quando ho ricevuto la diagnosi di tumore mi sono chiuso in me stesso e ho allontanato famiglia e amici.

6.03

Non è raro che di fronte a una diagnosi di cancro si rifugga dai rapporti personali. Lo si fa per molte ragioni: per paura che confrontarsi con gli altri renda in qualche modo più reale la malattia; perché si ha l’impressione di essere commiserati dagli altri; perché non si vuole caricare di un peso la famiglia o perché si ha il timore di non essere compresi; perché si è arrabbiati o si ha paura di mostrare la propria vulnerabilità oppure semplicemente perché si ha bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare la diagnosi. Ciascuno gestisce una diagnosi di cancro a modo suo. Non c’è niente di male se nelle prime fasi ci si prende un po’ di tempo. Tuttavia, rendere parte di questa esperienza le persone a noi care può essere di grande aiuto. La famiglia, gli amici e i colleghi possono essere

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L’impatto psicologico

fonti di supporto e aiutare sia a far fronte emotivamente alla malattia sia nella gestione pratica della vita di tutti i giorni. Non bisogna poi dimenticare che, sebbene non direttamente colpite dalla malattia, anche le persone vicine soffrono e spesso provano le stesse emozioni del malato: rabbia, paura, senso di colpa. Affrontare insieme queste emozioni e prepararsi ai cambiamenti può essere d’aiuto.

6.04

Sono stato operato per un tumore in stadio iniziale. Per i medici la malattia non c’è più, ma io ho paura che ritorni. Al termine del trattamento, una delle preoccupazioni più comuni di chi è stato colpito da un tumore è che la malattia si ripresenti. La paura delle recidive è del tutto normale. Vivere con l’incertezza non è mai facile. In realtà, benché tendiamo a dimenticarcene, l’incertezza è la normale condizione in cui viviamo anche quando siamo sani. La paura delle recidive tende a ridursi con il passare del tempo dalla fine del trattamento, ma non è qualcosa che si può eliminare. Si può però ridurre il suo impatto e anche contribuire a far sì che il cancro non si ripresenti o che, se dovesse ricomparire, venga riconosciuto precocemente, quando è più curabile. Per esempio, anche se è impossibile prevedere cosa succederà in futuro, la maggior parte dei tumori ha un modello abbastanza noto di recidiva. Parlare con il proprio medico di questo timore e conoscere le caratteristiche del tumore può aiutare a controllare l’incertezza; inoltre è utile per riconoscere eventuali sintomi precoci o, al contrario, non preoccuparsi inutilmente per sintomi poco significativi. Seguire le visite di controllo concordate è un ulteriore elemento che può aiutare ad avere il senso di controllo, senza tuttavia cedere alla tentazione di sottoporsi a visite a ogni piccolo malessere per il timore che la malattia possa essere tornata: il medico sa bene qual è la periodicità corretta e indicherà eventuali segnali a cui prestare attenzione. Infine, anche abitudini sane e corretti stili di vita possono aiutare. Un’alimentazione equilibrata, attività fisica regolare, non fumare né bere

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L’impatto psicologico

alcolici, sono strategie che possono ridurre le probabilità di comparsa di alcuni tumori così come delle recidive. Aiutano inoltre a sentirsi meglio sia fisicamente sia emotivamente.

Non riesco a smettere di pensare al fatto che se mi sono ammalato è solo colpa mia. Sapevo quanto il fumo faccia male, ma non ho mai smesso.

6.05

È vero: aver fumato può aver contribuito alla comparsa del tumore, dal momento che il fumo è la principale causa di cancro del polmone. Ma in molti tumori esiste una componente derivante dai comportamenti personali, tanto che questa sensazione di colpa è comune a tante persone colpite dal cancro. È normale chiedersi cosa si sarebbe potuto fare in modo diverso per prevenire il cancro o rilevarlo in una fase più precoce e curabile. “Se avessi avuto una dieta più corretta mi sarei ammalato di cancro?”; “Se non avessi ignorato quel dolore, avrei potuto evitare la chemio?”; “Se non fossi stato così pigro da rimandare l’appuntamento col dottore avrei scoperto la malattia ai primi stadi?”

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L’impatto psicologico

Ogni malato di cancro potrebbe porsi queste domande. Infatti, l’insorgenza di molti tumori è legata in una certa misura a comportamenti personali, e nel caso del tumore del polmone il rischio legato al fumo è particolarmente significativo. Tuttavia il cancro è una malattia in cui entrano in gioco anche altri elementi: la genetica, l’esposizione a fattori di rischio ambientale e, in parte, anche il caso. A oggi, infatti, non è del tutto chiaro il motivo per cui alcune persone si ammalano di cancro mentre altre no. Il fumo aumenta notevolmente il rischio di una persona di sviluppare cancro dei polmoni, ma molti fumatori non sviluppano la malattia. Inoltre, tra il 10% e il 15% delle persone a cui è stato diagnosticato un cancro dei polmoni non ha mai fumato. Al di là delle presunte responsabilità personali, è bene concentrare le proprie energie sul futuro e su ciò che si può fare per contribuire a cambiare il decorso della malattia. A cominciare proprio dal fumo, smettendo di fumare se non lo si è ancora fatto (o non ricominciando) in modo da ridurre le possibilità di sviluppare un altro cancro, ridurre le complicazioni associate al trattamento e migliorarne i benefici.

6.06

Quando parlo della mia malattia, mi guardano come se me la fossi cercata. Come faccio a far capire agli altri che non è colpa mia? Purtroppo è vero: l’idea che le persone che si sono ammalate di cancro dei polmoni abbiano sviluppato la malattia perché hanno fatto scelte sbagliate nella vita è molto diffusa. Si chiama stigma: è la pratica di marchiare negativamente una persona o un gruppo di persone e, in questo caso, porta a pensare che i pazienti meritino in qualche modo la malattia perché se la sono cercata. Per chi lo subisce, lo stigma può avere un impatto molto pesante causando sensi di colpa, ritrosia a rivelare la propria malattia per paura di essere giudicati con conseguenti ritardi nella diagnosi, isolamento e aumento dello stress, in una fase già molto difficile della propria vita. Lo stigma è molto difficile da combattere, dal momento che si basa

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L’impatto psicologico

su idee fortemente radicate: per esempio quella di considerare il fumo una semplice cattiva abitudine e non una dipendenza; oppure quella di pensare che il fumo sia l’unica causa del cancro del polmone e non uno dei fattori che possono favorire la sua insorgenza (insieme alla genetica, all’esposizione a contaminati come il radon o l’amianto, etc.), seppure il più importante in termini statistici. Soprattutto, si basa sull’equivoco che la malattia sia una sorta di pena da espiare per le proprie colpe. È necessario un lungo lavoro di informazione, che da qualche anno si sta compiendo in tutto il mondo, per superare queste idee.

È stato difficilissimo ma, dopo aver fumato per anni, molto tempo fa sono riuscito a dire addio alle sigarette. Eppure mi sono ammalato lo stesso. Mi sento preso in giro.

6.07

Smettere di fumare, spezzando la potente dipendenza dalla nicotina, è un risultato straordinario che consente di ridurre drasticamente il rischio di sviluppare il tumore del polmone; una riduzione che è tanto più consistente quanto più precocemente si è riusciti ad abbandonare il fumo. Tuttavia, dire addio alla sigaretta non rende immuni dalla malattia. È possibile infatti che il fumo avesse già danneggiato il tessuto polmonare, creando le condizioni per lo sviluppo del cancro. In tal caso, nonostante si sia abbandonato il fumo, l’organismo non è riuscito a ripararne i danni e contrastare l’avanzare della malattia. Non si può neanche escludere che il tumore non sia in alcun modo connesso al fumo, ma che dipenda da altri fattori. Inoltre è impossibile sapere se la malattia sarebbe insorta prima, nel caso in cui non si fosse lasciata l’abitudine al fumo. C’è poi un altro aspetto da considerare. Sebbene ridurre il rischio di cancro del polmone sia uno dei più grandi vantaggi che possono derivare dalla cessazione del fumo, abbandonare la sigaretta offre ricompense immediate sul benessere e la qualità di vita: si respira meglio, vanno via la tosse e la congestione nasale tipica del fumatore, migliorano le funzioni cardiovascolari, si recuperano gusto e olfatto, camminare diventa più facile e l’energia fisica aumenta.

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L’impatto psicologico

6.08

Ho sentito parlare della chemioterapia come di un’esperienza terribile. Ora che tocca a me, ho molta paura. È perfettamente normale essere ansiosi per la chemioterapia. È un trattamento di grande efficacia per molti tumori, ma anche aggressivo e con importanti effetti collaterali. Sono legati a quest’ultimo aspetto molti dei timori associati a questa forma di trattamento, al punto che alcuni pazienti hanno più paura dei disturbi arrecati dalla chemioterapia che del tumore stesso. Talvolta, questi timori possono portare a rimandare le cure o cercare trattamenti alternativi, che quasi mai sono efficaci. Tuttavia, i timori legati alla chemioterapia sono in gran parte ingiustificati e sono un ricordo degli effetti collaterali pesantissimi che

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L’impatto psicologico

la chemio aveva in passato. Oggi, il più delle volte, non è più così. La chemioterapia moderna usa farmaci o combinazioni di farmaci più efficaci e meno tossici rispetto a quelli utilizzati fino ad alcuni anni fa. Ai trattamenti anti-tumorali sono associati altri medicinali che contrastano gli effetti collaterali della chemio e la rendono più tollerabile. Ciò consente oggi a molti pazienti in trattamento di continuare a svolgere almeno in parte le attività lavorative e sociali e di conservare una buona qualità di vita, sebbene possa essere necessario rallentare i ritmi e concedersi un maggiore riposo. Quasi sempre, poi, il malessere connesso alla chemioterapia è temporaneo e tende a risolversi nell’intervallo tra un ciclo di trattamento e l’altro.

La mia malattia sta coinvolgendo molto anche la mia famiglia. Ciò mi fa stare male.

6.09

L’esperienza del cancro ha un effetto enorme sulla vita familiare: ne altera il consueto funzionamento e ridisegna i ruoli e i rapporti tra i membri della famiglia. Chi è affetto da cancro spesso fatica ad assolvere i compiti consueti nella vita familiare e non di rado può necessitare dell’aiuto e dell’attenzione del partner o dei familiari nella gestione della malattia e delle normali attività quotidiane. Ciò può portare il malato a sentirsi un fardello per gli altri, un elemento di disturbo delle normali dinamiche familiari o un ulteriore elemento di stress all’interno delle vite dei propri cari. È normale provare senso di dispiacere per i condizionamenti causati alle altre persone della famiglia, ma il senso di colpa è ingiustificato. Il primo scopo della famiglia è il supporto reciproco tra i suoi membri. Occorre però prestare attenzione a che il carico indotto dalla malattia non sia eccessivamente pesante per i familiari. Per comprendere se è possibile farcela da soli o se è necessario chiedere aiuto, è bene parlarne francamente, senza il timore da parte del malato di sentirsi colpevole o da parte dei familiari di non adempiere al proprio ruolo di supporto. A volte, anche un semplice aiuto nella gestione della casa o nell’organizzazione delle impellenze legate alla malattia può fare la differenza.

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L’impatto psicologico

6.10

Negli ultimi tempi ho difficoltà a respirare ed è qualcosa che mi fa andare nel panico. Cosa posso fare? Uno dei sintomi più comuni del cancro dei polmoni, in particolare nel carcinoma polmonare in stadio avanzato, è la mancanza di respiro, nota anche come dispnea. Si stima che ne soffra tra il 50% e il 90% dei malati. La dispnea è un sintomo con ricadute fisiche e dal forte impatto psicologico, dal momento che il paziente si sente come se stesse lottando per ogni respiro. Molti pazienti, specie nelle fasi più avanzate della malattia, la descrivono come un’esperienza angosciante. La mancanza di respiro è molto soggettiva e non sempre la sua gravità percepita rispecchia fedelmente la reale mancanza di ossigeno. Ciononostante peggiora notevolmente la qualità di vita. Il trattamento della dispnea dipende molto dalle sue cause, non sempre facili da identificare. Nei casi più lievi, semplici accorgimenti possono migliorare la condizione, come per esempio fare esercizi di respirazione, mangiare pasti più piccoli e frequenti, utilizzare un ventilatore con aria fresca sul viso. Se misure come queste non sono sufficienti per controllare la mancanza di respiro, potrebbe essere necessario un ulteriore trattamento che contrasti i sintomi e che intervenga sulle cause. In ogni caso, la dispnea è sempre un sintomo di cui parlare al proprio medico.

6.11

Mi sento perennemente stanco e non riesco a fare nulla. È normale? I malati di cancro soffrono molto frequentemente di una sensazione di forte spossatezza persistente, debolezza fisica e senso di affaticamento mentale. Viene definita fatigue e non ha niente a che vedere con la stanchezza naturale: può essere dovuta alla malattia, essere un effetto collaterale dei trattamenti o essere connessa a uno stato depressivo, anch’esso associato alla malattia. Alcuni pazienti, con un periodo di adeguato riposo, riescono a recuperare le energie: in tal caso si parla di fatigue acuta; altri non riescono

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L’impatto psicologico

a recuperare le energie neppure dopo un periodo di riposo: in questo caso si definisce cronica. La fatigue è un sintomo che deve essere sempre riferito al proprio medico, anche perché può avere un pesante impatto sulla qualità di vita: rende difficili anche le attività più semplici, comporta fatica a concentrarsi al punto da rendere impossibile la lettura di una rivista o di un libro o la partecipazione attiva a una conversazione. Anche per questo, può causare irritabilità e nervosismo. Purtroppo non esiste un trattamento che consenta di controllarla in maniera efficace e definitiva. In alcuni casi si può intervenire sulle sue cause: per esempio quando è connessa alla presenza di anemia si può ricorrere a trasfusioni di sangue o alla somministrazione di appositi farmaci; in altri casi si può intervenire sui sintomi depressivi sia con appositi farmaci sia con interventi di supporto psicosociale come la terapia di gruppo e la psicoterapia individuale. Anche l’attività fisica può aiutare, in particolare l’esercizio aerobico (per esempio camminare o andare in bicicletta), sia durante sia dopo il trattamento. Ci sono infine piccoli accorgimenti nella gestione della vita quotidiana: per esempio dedicarsi ai compiti più importanti nel momento della giornata in cui ci si sente più in forze, passeggiare all’aria aperta, rispettare orari regolari per il sonno. Nessuno di questi interventi è risolutivo, ma nell’insieme queste strategie possono fornire un importante aiuto.

Anche se non ho mai fumato mi sono ammalato di cancro del polmone. Come è possibile?

6.12

Il cancro del polmone, come quasi tutti gli altri tumori, è una malattia multifattoriale. È vero che il fumo rappresenta il principale fattore di rischio, ma non è l’unico, e il legame tra dipendenza dal tabacco e insorgenza del tumore non è lineare: non tutti i fumatori si ammalano di cancro. Allo stesso modo, anche chi non ha mai fumato può sviluppare la malattia, tanto che si stima che tra il 10% e il 15% dei pazienti con cancro al polmone non abbia mai acceso una sigaretta.

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L’impatto psicologico

Le cause del cancro al polmone nei non fumatori non sono completamente note. Di certo gioca un ruolo la genetica: il tumore che compare nei non fumatori ha infatti specifiche caratteristiche genetiche (per esempio alterazioni nel gene EGFR). Si tratta di alterazioni che non necessariamente compaiono alla nascita, ma possono svilupparsi nel corso della vita. È possibile poi che si sia stati esposti ad altri fattori di rischio, per esempio contaminanti ambientali come asbesto, gas radon, metalli pesanti, gas di scarico, inquinamento atmosferico. E c’è anche il fumo passivo. Si tende a dimenticarlo, ma semplicemente vivere o lavorare con un fumatore aumenta il rischio di malattia di circa un terzo.

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D

imostrare il nesso tra cancro al polmone e fumo di sigaretta ha richiesto molti anni di studi e la costanza di alcuni scienziati, perché l’industria del tabacco ha cercato in ogni modo di “inquinare le prove”. Ancora oggi, le strategie di marketing e i nuovi prodotti hanno come bersaglio i più giovani, meno consapevoli dei possibili danni.

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Una storia di scienza e di propaganda

7.01

In che modo i fattori sociali incidono sul rischio di ammalarsi di cancro del polmone? Il cancro del polmone è una delle neoplasie che più risente dell’influenza degli aspetti sociali. Diverse ricerche hanno ormai stabilito che le persone con un basso livello di istruzione e un basso reddito, e quelle che svolgono lavori non specializzati o sono disoccupate hanno maggiori probabilità di ammalarsi. Inoltre, quando ciò avviene, tendono a riceve la diagnosi in una fase più avanzata e quindi più difficile da curare. Si tratta di un aumento del rischio di grande entità (può essere fino a 3 volte più alto rispetto alle classi più agiate) che dipende soprattutto dal fatto che questa parte della popolazione è maggiormente esposta ai fattori che più incidono sulla comparsa della malattia: case meno salubri, città o zone di residenza più inquinate, lavori che comportano il contatto con sostanze pericolose. Soprattutto, in questa fascia di popolazione è più diffusa l’abitudine al fumo, che rappresenta il singolo fattore di rischio più importante per il cancro del polmone.

7.02

Come si è arrivati a scoprire che il fumo è cancerogeno? La possibilità che ci fosse un legame tra fumo e cancro è apparsa più volte nel corso della storia, ma solo all’inizio del secolo scorso questo rapporto cominciò a essere studiato in maniera scientifica. I primi a farlo in maniera sistematica furono, a cavallo degli anni ‘30 e ’40, alcuni ricercatori della Germania nazista, ma i loro risultati, anche a causa delle gravissime violazioni etiche emerse dopo la guerra a carico di molti scienziati tedeschi, furono a lungo ignorati. Dagli anni ’50, anche in altri Paesi si cominciarono ad accumulare prove della pericolosità del fumo. Il primo a sottoporre alla comunità scientifica uno studio che mostrava come il rischio di cancro aumenta con la quantità di tabacco fumato fu l’epidemiologo inglese Richard Doll. Pochi anni più tardi, due scienziati dell’American Cancer Society, Cuyler Hammond e Daniel Horn, realizzarono una ricerca da cui emergeva che i fumatori presentano un rischio di morte del 52% superiore a quello

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dei non fumatori. Il numero di studi che mettevano in relazione il fumo con il cancro cominciò a crescere finché, negli anni ’60, anche le istituzioni cominciarono a prendere posizione. Uno spartiacque fu il rapporto “Smoking and Health” pubblicato dal Surgeon General degli Stati Uniti (figura di nomina presidenziale, responsabile della sanità pubblica per il Governo) Luther L. Terry, nel 1964. Il documento, che aveva analizzato più di 7.000 ricerche sul tema, concludeva che il fumo è causa certa di cancro del polmone e della laringe nei maschi e probabilmente causa di cancro del polmone nelle donne (all’epoca, a causa del basso tasso di donne fumatrici, il legame era più difficile da dimostrare) e che inoltre era la più importante causa di bronchite cronica. Da allora gli studi si sono moltiplicati: è stata dimostrata la capacità della nicotina di creare dipendenza, è stato chiarito l’impatto del fumo sul rischio di sviluppare molti altri tumori oltre a quello del polmone, e la sua capacità di incidere anche su malattie diverse dal cancro (per esempio quelle cardiovascolari).

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Una storia di scienza e di propaganda

7.03

È vero che l’industria del tabacco cercò di nascondere i danni del fumo? Sì, l’industria del tabacco per quasi mezzo secolo ha messo in atto strategie di comunicazione finalizzate a negare i danni del fumo sulla salute. Molte di queste strategie sono documentate e raccolte nella Legacy Tobacco Documents Library, un archivio sterminato curato dall’Università della California di San Francisco in cui sono raccolti 14 milioni di documenti prodotti dalle principali aziende del tabacco. Dai documenti emerge inequivocabilmente la strategia adottata a partire dalla prima metà del Novecento. Per esempio furono arruolati opinion leader che godessero della fiducia dei cittadini. Fu il caso del dottor Clarence Cook Little, che passò dall’American Cancer Society alla direzione del Tobacco Industry Research Committee. Mentre la comunità scientifica produceva le prime prove della pericolosità del fumo, Little aveva il compito di minarne la credibilità, seminando sistematicamente dubbi su ogni dettaglio degli studi. Frequente fu l’insabbiamento di ricerche, così come la produzione di studi commissionati a scienziati conniventi, finalizzati non tanto a verificare, quantificare e ridurre i potenziali pericoli, quanto a dimostrare l’innocuità del fumo. Per non parlare degli investimenti in pubblicità rivolte direttamente al pubblico. Furono spesi miliardi di dollari a partire dal gennaio 1954, quando 448 organi di stampa, tra cui il New York Times, pubblicarono un’inserzione a pagamento in cui si sottolineava la mancanza di unanimità tra gli scienziati sul ruolo del fumo nello sviluppo di tumore del polmone. Nel 1972 fu addirittura prodotto un documentario di propaganda teso a contestare il legame tra fumo e cancro. Dopo un anno, tra quanti lo avevano visto, la percentuale di persone convinte che le sigarette causassero tumore del polmone era scesa dal 74,9% al 57,1%.

7.04

Ed è vero che lo stesso copione si ripropose più tardi per il fumo passivo? Sì, anche se con minore spettacolarità, le strategie adottate per decenni per negare i danni del fumo “di prima mano” sono state riproposte

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a partire dagli anni ‘80 anche per il fumo passivo. L’industria del tabacco aveva ben chiara una cosa: riconoscere che il fumo danneggia anche chi ne è esposto suo malgrado avrebbe aperto la strada all’adozione di divieti al fumo negli ambienti chiusi. Ciò si sarebbe ripercosso negativamente sul consumo di tabacco e sugli affari. Il copione, dunque, si è ripetuto: negare i danni del fumo passivo, reclutare scienziati pagati per sostenere le tesi dell’industria e screditare i colleghi che sottolineavano i danni del fumo passivo furono i primi passi. Tuttavia, man mano che le prove scientifiche diventavano più difficili da contrastare fu necessario cambiare strategia: si passò così alla minimizzazione del rischio. Una politica riassunta bene da una frase attribuita a un dirigente di un’azienda del tabacco: “I non fumatori possono pure credere che il fumo passivo sia un rischio per la salute, ma un rischio al pari della guida di un’auto o dello spalare la neve”. Contemporaneamente si cercò di stringere alleanze con i soggetti economici coinvolti, come le imprese nel settore ristorazione e divertimento, lavorando sull’idea che il divieto di fumo nei locali avrebbe allontano clienti e che quindi sarebbe stato vantaggioso per entrambi perseguire una politica comune. Naturalmente, non mancarono poi le azioni di lobbying per impedire l’adozione di misure antifumo, o quanto meno di minimizzarne l’impatto.

Spesso si dice che il cancro del polmone, senza il contributo di alcuni fattori di rischio ambientali sarebbe un tumore raro. È così?

7.05

È vero. Fino a circa un paio di secoli fa il tumore del polmone era quasi sconosciuto alla scienza, tanto che addirittura molti medici pensavano che non fosse possibile che un tumore potesse insorgere nel tessuto polmonare. È difficile disporre di dati sulla reale diffusione del tumore del polmone in passato, tuttavia diverse ricerche hanno utilizzato i resoconti delle autopsie per tracciare una storia della malattia. Si stima che nella seconda metà dell’Ottocento, nei Paesi occidentali non più dell’1% dei tumori osservati durante le autopsie fosse a carico dei polmoni. Lentamente, la percentuale cominciò a salire nel corso dei primi anni del Novecento: già alla fine della

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Prima Guerra Mondiale, il tumore al polmone rappresentava il 10% di tutte le neoplasie; alla vigilia della Grande Depressione del 1929 si era già prossimi al 15%. E la crescita è proseguita negli anni successivi. A causare questo incremento proprio in quegli anni furono due eventi. Il primo fu la grande rivoluzione industriale che cambiò drasticamente lo stile di vita di milioni di persone, che dalle campagne si trasferirono in città per lavorare nella nascente industria che offriva condizioni di lavoro tutt’altro che salubri. Soprattutto, però, sul finire dell’Ottocento cominciò a diffondersi la pratica del fumo. Il fumo di sostanze in grado di avere effetti stimolanti (se non di alterare la coscienza) era diffuso dalla notte dei tempi, ma fino ad allora era una pratica estemporanea, limitata a specifiche circostanze (per esempio rituali) e a ristrette cerchie della popolazione. Sul finire dell’’800, grazie anche ai nuovi strumenti di produzione industriale delle sigarette, il fumo diventò un’abitudine popolare e quotidiana. Bastarono pochi decenni perché gli effetti sull’aumento della diffusione del cancro del polmone diventassero evidenti.

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Da più parti leggo che l’inquinamento dell’aria ha un impatto minimo sulla diffusione del cancro del polmone, la cui prima causa è il fumo di sigaretta. È corretto?

7.06

È vero. Tuttavia, anche se è di gran lunga inferiore a quello del fumo, il contributo dell’inquinamento atmosferico all’insorgenza del cancro del polmone non è per niente trascurabile. Rispetto al legame con il fumo di sigaretta, quello tra inquinamento e cancro del polmone è più sfumato e di più difficile definizione. La ricerca ha però posto dei punti fermi. Innanzitutto, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha incluso l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili (il cosiddetto particolato) tra le sostanze di classe 1, ovvero quelle sicuramente cancerogene per l’uomo. Poi, si sa che il rischio di cancro del polmone dovuto all’inquinamento dipende dalla dose a cui si è esposti. Nonostante ciò, non esistono livelli di inquinamento completamente sicuri e anche le persone che vivono in aree con livelli di inquinamento inferiore ai limiti massimi di norma hanno comunque un lieve aumento del rischio di cancro del polmone. Il rischio è molto più basso (dell’ordine di decine di volte più piccolo) rispetto a quello connesso al fumo. Tuttavia, visto l’elevato numero di persone esposte all’inquinamento atmosferico, su scala globale il suo impatto è piuttosto importante: per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per ogni 100 morti dovute a cancro dei polmoni, 8 sono addebitabili all’inquinamento (71 al fumo).

Quali sono invece i lavori più rischiosi?

7.07

I lavori più a rischio sono quelli in cui, per il tipo di attività e per la sua mansione, il lavoratore è maggiormente esposto ad agenti cancerogeni. L’Istituto Nazionale per le Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail) aggiorna periodicamente apposite liste delle sostanze e delle attività capaci di dare origine a una malattia di origine lavorativa.

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Nel caso del cancro polmonare, i lavori per cui esistono prove più forti sono quelli che comportano un’esposizione ad arsenico, amianto, cadmio, cromo, nichel, diossine, radiazioni ionizzanti, radon, idrocarburi policiclici aromatici, silice, fuliggine, catrame. E poi l’esposizione nell’ambito delle fonderie del ferro e dell’acciaio, dell’industria della gomma, della produzione dell’alluminio, del coke; quelle connesse all’attività di verniciatore, quelle che espongono al fumo passivo o alle emissioni di motori diesel. Un lungo elenco in cui possono ricadere molte attività lavorative, anche comuni. Tanto che si stima che in Italia la percentuale di tumori dei polmoni attribuibili a un’esposizione professionale sia compresa tra il 10 e il 15% per i maschi e tra il 2 e il 5% per le femmine. Il numero di casi, in termini assoluti, si aggira intorno ai 4.000 all’anno. In genere le esposizioni nei luoghi di lavoro sono molto complesse, dal momento che possono comportare la combinazione di più sostanze; il rischio di malattia può essere inoltre influenzato dall’interazione dell’esposizione lavorativa con attività personali come il fumo o il consumo di alcol. Il rischio poi è fortemente condizionato dal rispetto, da parte dell’azienda, delle misure di legge finalizzate alla tutela della sicurezza del lavoratore sul luogo di lavoro.

7.08

Un tempo era considerato normale fumare in ospedale o perfino a scuola. Come è possibile? È vero. Fino alla metà degli anni ’70, in Italia, era consentito fumare praticamente in ogni luogo. Soltanto nel 1975 venne approvata una legge che introduceva il “divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico”. In particolare, il divieto si applicava alle corsie degli ospedali, alle aule delle scuole, ai mezzi di trasporto, ai locali chiusi come cinema, teatri, biblioteche, musei. Un passo avanti enorme che, dopo pochi mesi, subì però una brusca frenata che ben chiarisce quanto fossero scarse la sensibilità ai danni del fumo e la tutela dei non fumatori in quegli anni. Fu infatti approvata una circolare che conteneva precisazioni sull’applicazione della legge precedente, ponendone dei limiti sostanziali: per esempio, nel caso delle

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corsie degli ospedali, la circolare spiegava che il divieto si applicava soltanto ai locali destinati alla degenza dei malati e che quindi non valeva per le sale di attesa; per la scuola il fumo era vietato soltanto nei locali adibiti esclusivamente all’insegnamento (dunque nelle aule) ma si poteva tranquillamente fumare nei corridoi, nei bagni, sulle scale, negli ingressi, negli uffici e in “ogni altro locale chiuso nel quale non si tenga lezione a studenti di ogni ordine e grado”. Lo stesso approccio fu adottato per tutti gli altri luoghi oggetto di divieto e fu chiarito che dall’interdizione erano “esclusi i bar, i ristoranti, le sale da tè e in genere tutti i pubblici esercizi”.

Oggi, nella gran parte dei luoghi è vietato fumare. Come si è arrivati a questo risultato?

7.09

Dopo i primi importanti divieti adottati nel 1975, per quasi vent’anni in Italia non ci fu nessun ulteriore passo avanti nelle politiche di contrasto al fumo. Se ne ricominciò a parlare negli anni Novanta, quando furono adottate diverse norme che vietarono la pubblicità televisiva del fumo (un divieto che si andava ad aggiungere a quello in vigore dal 1962 sugli altri mezzi di comunicazione), limitarono il contenuto massimo consentito di catrame nelle sigarette, introdussero l’etichettatura dei pacchetti di sigarette con messaggi relativi al contenuto di sostanze potenzialmente tossiche e con la scritta «nuoce gravemente alla salute». Nel 1994 fu introdotto il divieto di fumo in alcuni luoghi di lavoro per proteggere dall’esposizione al fumo passivo alcune classi di lavoratori già sottoposti a un rischio lavorativo (l’amianto); l’anno successivo il divieto di fumo fu esteso ai locali della pubblica amministrazione, ma solo nelle aree aperte al pubblico. La svolta arrivò tuttavia nel 2003 con la cosiddetta legge Sirchia (legge 16 gennaio 2003 n.3), un provvedimento epocale soprattutto perché capovolse l’approccio al fumo nella legislazione italiana. Fino ad allora, il divieto al fumo era considerato un’eccezione riservata ad alcune specifiche attività o luoghi; con la legge Sirchia, il fumo veniva vietato in tutti i luoghi chiusi, salvo che in locali riservati ai fumatori e negli spazi privati.

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Oltre che un nuovo approccio normativo, la legge rappresentò un forte cambiamento culturale: per la prima volta il diritto alla salute dei non fumatori prevaleva sul diritto al fumo dei fumatori. Da allora il divieto al fumo si è ampliato ed è stato esteso anche all’aperto nei pressi delle scuole, e perfino in un luogo privato come la macchina se sono presenti donne in gravidanza o bambini.

7.10

Che regole valgono per le sigarette elettroniche? La legislazione sulle sigarette elettroniche è ancora in divenire e in alcuni casi ambigua. In un primo momento, questi prodotti sono stati

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equiparati in toto alle sigarette tradizionali: valeva dunque la stessa normativa “in materia di divieto pubblicitario e promozionale, nonché di tutela della salute dei non fumatori”. La sigaretta elettronica non era utilizzabile in nessun luogo chiuso, salvo che in locali riservati ai fumatori.Poco dopo, tuttavia, l’equivalenza tra sigaretta elettronica e tradizionale è caduta, così come il divieto di “svapare” in tutti i luoghi chiusi. Il divieto di fumo è stato limitato alle scuole (sia al chiuso sia all’aperto) e ai centri per l’impiego e quelli di formazione professionale. Tuttavia la legge consente ai datori di lavoro di vietare l’uso delle sigarette elettroniche all’interno della propria azienda. Questo fa sì che in molti luoghi (esercizi commerciali, mezzi di trasporto, uffici) l’uso della sigaretta elettronica non sia consentito né ai lavoratori né agli avventori.

Le stesse regole descritte per le sigarette elettroniche valgono anche per i “riscaldatori di tabacco”?

7.11

Le sigarette a riscaldamento di tabacco (IQOS, GLO) hanno fatto la loro comparsa in Italia nel 2014 proponendosi come una sorta di alternativa “più sana” rispetto alla sigaretta tradizionale. Gli studi oggi disponibili hanno in effetti dimostrato che questi dispositivi – che non bruciano, ma si limitano a riscaldare il tabacco – espongono il fumatore a un numero più ridotto di sostanze chimiche dannose, anche se non sono del tutto innocui. Inoltre anche queste “sigarette” contengano nicotina, con tutti i rischi ad essa associati. Per quanto riguarda la regolamentazione all’uso dei riscaldatori di tabacco, al momento non esiste una specifica normativa, ma dal momento che si tratta di prodotti da tabacco (a differenza delle sigarette elettroniche) è ragionevole pensare di applicare ad essi le stesse norme osservate anche per le sigarette tradizionali. Questo orientamento discende anche dal divieto di pubblicità, confermato dal ministero della Salute nel gennaio 2020 proprio sulla base dell’analogia tra sigarette normali e prodotti per il riscaldamento del tabacco.

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7.12

Perché i giovani sono un target privilegiato per l’industria del tabacco? L’industria del tabacco non può fare a meno dei giovani per sopravvivere. Come tutte le imprese, ha bisogno di nuovi clienti per prosperare, ancor più in un periodo in cui la maggiore attenzione ai danni del fumo ha portato molti fumatori di vecchia data a lasciare la sigaretta. Non solo: ogni anno l’industria del tabacco perde circa 8 milioni di clienti che muoiono per cause connesse al consumo di sigarette. Convincere i giovani a iniziare a fumare consente dunque di rimpiazzare i clienti persi e garantirsi una rendita per molti anni a venire sfruttando la dipendenza innescata dalla nicotina. Non solo: diverse ricerche mostrano che è difficile che si inizi a fumare dopo i 18 anni, mentre può essere molto attraente per i ragazzi e ragazze durante l’adolescenza. Questa età rappresenta dunque una finestra di opportunità unica per le aziende, che cercano di sfruttarla con miliardi di dollari di investimenti e strategie di marketing indirizzate a ragazzi sempre più giovani. “Quanto più i ragazzi sono giovani quando iniziano a usare il tabacco, tanto più è probabile che diventino consumatori regolari e meno è probabile che smettano” scrive l’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo le cui stime almeno 40 milioni di ragazzi tra i 13 e i 15 anni hanno già iniziato a fumare.

7.13

In che modo l’industria del tabacco cerca di attrarre i giovani clienti? L’importanza di conquistare nuovi clienti nelle fasce più giovani della popolazione ha portato negli anni l’industria del tabacco a escogitare svariate strategie di marketing, spesso difficili da riconoscere e diversificate nei diversi Paesi del mondo, a seconda dei mercati e delle normative vigenti. Nulla è casuale: l’introduzione di essenze e aromi è finalizzata a rendere più piacevole l’esperienza del fumo ai clienti più giovani, target a cui strizza l’occhio anche il packaging; la disponibilità di pacchetti con

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un numero ridotto di sigarette, così come il tabacco sfuso, vanno incontro alla ridotta disponibilità economica; l’incentivazione della diffusione dei distributori automatici ha lo scopo di ridurre ulteriori ostacoli nell’accesso al fumo (per esempio, il controllo sull’età o l’imbarazzo dei primi acquisti). Numerosi anche gli strumenti di promozione: si va dal cosiddetto product placement, una forma di pubblicità indiretta all’interno di contenuti come film o trasmissioni televisive, al merchandising con i loghi dell’azienda, dalla sponsorizzazione di eventi sportivi al sostegno a iniziative scolastiche. Molti Paesi vietano alcune di queste pratiche: per esempio, la Direttiva 2014/40/UE, recepita in tutta Europa a maggio 2016, ha vietato la vendita dei pacchetti da 10 o delle confezioni di tabacco da arrotolare contenenti meno di 30 grammi di tabacco; ha posto il divieto di additivi che rendono più “attrattivo” e “più nocivo” il prodotto del tabacco e di aromi caratterizzanti. Sono state inoltre messe in campo misure finalizzate a contrastare gli effetti delle pratiche di marketing dell’industria del tabacco (per esempio l’apposizione messaggi sui pacchetti di sigarette). Tuttavia, le strategie delle aziende spesso riescono a bypassare i divieti. L’Italia è uno dei Paesi con una delle più stringenti regolamentazioni in tema di protezione dei minori dal fumo. Ciononostante, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, all’età di 15 anni fuma tutti i giorni circa il 13% dei ragazzi, a 13 anni fuma l’1,9%, a 11 anni lo 0,9%.

È vero che le strategie di promozione del fumo si stanno diffondendo anche sui social network?

7.14

Sì, molte aziende del tabacco sfruttano l’opportunità rappresentata dai social network per promuovere i propri prodotti. Il modello impiegato è spesso quello che ricorre agli influencer, persone molto seguite sui social network, arruolate affinché pubblichino hashtag e fotografie che alludono in qualche modo al loro marchio e ai loro prodotti. In tal modo le aziende possono raggiungere allo stesso tempo diversi obiettivi: riescono a eludere le leggi e le policy dei social network che vietano la pubblicità dei derivati del tabacco; portano i loro prodotto nei contesti maggiormente frequentati

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dai più giovani; realizzano una promozione del prodotto più autentica e con una maggiore forza di attrazione. Dopo la denuncia di diverse inchieste giornalistiche e studi scientifici, e la presa di posizione delle organizzazioni che si impegnano nel contrastare il fumo, alcuni social network hanno vietato anche questa forma di pubblicità. Si tratta, tuttavia, di un fenomeno molto difficile da arginare a causa della sua natura elusiva: diversi osservatori hanno già denunciato che, anche se in maniera più velata, con foto allusive, sfide interattive (challenge) e hashtag criptici, la promozione del fumo sui social network continua.

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Lavoro e diritti

G

razie a battaglie condotte da numerose associazioni di pazienti nel corso degli anni, i malati di cancro hanno diritto a specifiche tutele in ambito lavorativo sia per sottoporsi alle cure sia per recuperare le forze. Alcune di queste tutele si estendono anche ai caregiver che non sono sempre (o non soltanto) i coniugi.

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Lavoro e diritti

8.01

Che impatto avrà la malattia sulla mia situazione economica? Ho diritto a percepire lo stipendio se non posso lavorare? I lavoratori dipendenti che hanno necessità di sospendere il lavoro a causa di una malattia - e quindi anche i malati di cancro - hanno il diritto di assentarsi per il periodo necessario per le cure e a percepire la retribuzione o un’indennità di malattia commisurata alla retribuzione. Nel settore privato l’indennità di malattia viene pagata dal quarto giorno successivo all’inizio della malattia fino a un massimo di 180 giorni per ciascun anno solare. Per i lavoratori del pubblico impiego il periodo massimo di assenza retribuita è di 18 mesi, mentre il trattamento economico si modifica nel tempo: k dall’inizio della malattia fino al 9° mese compreso: intera retribuzione; k dal 10° al 12° mese di assenza: 90% della retribuzione; k dal 13° al 18° mese di assenza: 50% della retribuzione. I lavoratori hanno inoltre diritto all’anzianità di servizio per tutto il periodo di assenza per malattia. Esistono però sostanziali differenze tra i diversi contratti collettivi nazionali di lavoro: è pertanto essenziale verificare le tutele garantite dal proprio contratto. L’assenza per malattia deve essere comunicata tempestivamente al datore di lavoro, indicando anche l’indirizzo presso il quale si è a disposizione per eventuali controlli medico-fiscali.

8.02

Sono un lavoratore autonomo: che tutele ho? La tutela dei lavoratori autonomi costretti a sospendere il lavoro per cancro è più limitata rispetto a quella riservata ai lavoratori dipendenti e cambia notevolmente a seconda dell’ente previdenziale di appartenenza. Se iscritti alla gestione separata Inps, i lavoratori hanno diritto a un’indennità di malattia per circa due mesi l’anno ed eventualmente all’indennità di degenza ospedaliera. La sua entità dipende dal reddito percepito nell’anno precedente e oscilla tra gli 11 e i 22 euro al giorno.

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Lavoro e diritti

Diverso è il caso dei liberi professionisti iscritti a specifiche casse previdenziali professionali: è bene rivolgersi all’ente previdenziale di appartenenza per ottenere informazioni dettagliate. Per i lavoratori autonomi, salvo rare eccezioni, non sono previste agevolazioni nel pagamento di tasse e contributi previdenziali, che devono essere comunque versati allo Stato e all’ente previdenziale di appartenenza.

Non voglio lasciare il lavoro, ma spesso sto troppo male per finire il turno. Posso chiedere un orario ridotto?

8.03

Le persone affette da tumore che vogliano continuare a lavorare dopo la diagnosi possono richiedere una riduzione dell’orario di lavoro per renderlo più confacente alle attuali condizioni fisiche o per conciliare il

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Lavoro e diritti

lavoro con i trattamenti. La riduzione dell’orario di lavoro è temporanea e può essere ripristinata la precedente modalità lavorativa non appena le condizioni di salute lo consentiranno. Alla riduzione di orario corrisponde un adattamento proporzionale dello stipendio. È possibile articolare il nuovo orario di lavoro in diversi modi: k lavorando con orario pieno solo in alcuni giorni della settimana, del mese, o dell’anno (part-time verticale); k lavorando tutti i giorni con orario ridotto (part-time orizzontale); k combinando le due precedenti modalità (misto). Per richiedere il passaggio dal full-time al part-time per ragioni di malattia è necessario ottenere l’accertamento delle condizioni di salute da parte dalla commissione medica della Asl. Inoltre, i malati di cancro che avessero difficoltà a svolgere il proprio lavoro in orario notturno possono richiedere al datore di lavoro un’esenzione dall’attività lavorativa in questa fascia oraria. In tal caso è necessaria un’apposita certificazione, rilasciata dal medico competente, che dichiari la non idoneità al lavoro notturno.

8.04

Non voglio lasciare il lavoro, ma la sede di lavoro è molto lontana: è vero che ho diritto al trasferimento alla sede più vicina a casa? Il diritto di trasferimento per i malati oncologici dipende da due condizioni: il riconoscimento di uno stato di handicap “grave” e la possibilità per il datore di lavoro di dislocare il lavoratore in una sede più vicina al suo domicilio. Se esistono queste condizioni, è dunque possibile fare richiesta di trasferimento al proprio datore di lavoro. In nessun caso, invece, il lavoratore con tumore può essere trasferito dalla sede attuale senza il suo consenso. Nel caso in cui la persona con cancro (e con un’invalidità riconosciuta) risulti vincitore di concorsi pubblici, ha diritto di precedenza nella scelta della sede di lavoro più vicina al suo domicilio tra quelle disponibili e alla precedenza nella scelta della sede nel caso di trasferimento.

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Lavoro e diritti

In questo periodo gli spostamenti per recarmi al lavoro mi costano una grande fatica. Posso richiedere di lavorare da casa?

8.05

Sì, laddove è possibile, i lavoratori malati di cancro possono richiedere al proprio datore di lavoro di svolgere la propria attività da casa. In tal caso, il cambio nelle modalità di lavoro deve essere formalizzato in un accordo scritto in cui vengano chiaramente indicate le attività da svolgere, le modalità di svolgimento, le mansioni, gli eventuali rientri e le modalità di ritorno alle precedenti tipologie di lavoro.

Svolgo mansioni molto faticose, ma non vorrei lasciare il lavoro. Posso chiedere un cambio di mansioni?

8.06

I lavoratori affetti da cancro possono richiedere di essere assegnati a mansioni adeguate alla propria capacità lavorativa. Il cambio di mansioni può essere richiesto più volte in caso di aggravamento delle condizioni di salute. Anche nei casi in cui il lavoratore venga assegnato a mansioni inferiori, mantiene comunque il compenso corrispondente alle mansioni di provenienza. Tuttavia, nei casi in cui non fossero disponibili mansioni compatibili con le condizioni di salute del lavoratore, il datore di lavoro può risolvere il rapporto di impiego.

La malattia ha ridotto la mia efficienza e temo che il datore di lavoro voglia licenziarmi. Cosa posso fare?

8.07

I malati di cancro sono tutelati dal licenziamento nel periodo immediatamente successivo alla diagnosi. Esiste infatti un periodo di garanzia (periodo di comporto) in cui il lavoratore malato ha diritto a conservare il posto e a non essere licenziato. La durata dal periodo di comporto varia in relazione alla qualifica, all’anzianità di servizio e al proprio contratto.

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Lavoro e diritti

Per il lavoratore, al termine del periodo di comporto, è spesso possibile richiedere un periodo di aspettativa non retribuita per motivi di salute e di cura. Le modalità di concessione e la durata dell’aspettativa variano in funzione del proprio contratto.

8.08

Dopo il rientro al lavoro, posso godere di permessi per curarmi? Tutti i lavoratori che abbiano ottenuto il riconoscimento dello stato di “handicap in situazione di gravità”, possono usufruire di 3 giorni al mese (o 2 ore al giorno) di permesso lavorativo retribuito. Nei casi in cui sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 50% si ha diritto a 30 giorni all’anno (anche non continuativi) di congedo retribuito per cure mediche. I giorni di congedo straordinario per cure sono esclusi dal computo dei giorni di malattia previsti dal proprio contratto. Alcuni contratti del pubblico impiego, inoltre, prevedono che per patologie gravi che richiedano terapie salvavita (per esempio la chemioterapia) i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital e i giorni di assenza per sottoporsi alle cure siano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia e siano retribuiti interamente. Ciò ha come effetto il prolungamento del periodo di comporto e il mantenimento per un più lungo periodo dello stipendio.

8.09

La malattia ha ridotto la mia capacità di lavoro e il mio reddito si è molto ridotto. Ho diritto a qualche sostegno? Alcuni lavoratori che, a causa della malattia, hanno subito una riduzione della capacità lavorativa hanno diritto a percepire l’assegno ordinario di invalidità. Ad averne diritto sono soltanto i lavoratori: k affetti da malattie che hanno ridotto la capacità lavorativa a meno di un terzo;

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k iscritti all’Inps (o ad alcuni fondi pensioni sostitutivi e integrativi) da almeno cinque anni; k con anzianità contributiva di almeno cinque anni, di cui almeno tre anni versati nel quinquennio precedente alla domanda. L’ammontare dell’assegno, che è compatibile con il prosieguo dell’attività lavorativa, dipende dall’entità dei contributi versati all’ente previdenziale. L’assegno ha validità triennale e, su domanda del beneficiario, può essere confermato per tre volte consecutive, dopodiché diventa definitivo.

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Al raggiungimento dell’età pensionabile l’assegno si trasforma in pensione di vecchiaia. Il periodo in cui si è percepito l’assegno è valido ai fini della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, anche se non sono stati versati contributi. La domanda per accedere all’assegno ordinario di invalidità deve essere presentata all’Inps corredata certificazione medica attestante la riduzione della capacità lavorativa.

8.10

Non riesco più a lavorare, ma sono giovane per la pensione. È previsto qualche sostegno? Quando la malattia ha provocato l’incapacità assoluta e permanente di svolgere l’attività lavorativa ma si è troppo giovani per andare in pensione, è possibile richiedere la pensione di inabilità. Il lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato malato di cancro ha diritto all’assegno ordinario di inabilità se: k l’infermità fisica o mentale è tale da provocare l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualunque attività lavorativa; k è iscritto all’Inps da almeno cinque anni; k ha un’anzianità contributiva di almeno cinque anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di cui almeno tre anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la domanda di pensione.

8.11

Non ho lavoro e temo che non sarò mai assunto a causa del cancro. Come comportarmi? La legge prevede tutele speciali per le persone disoccupate per cui sia stata accertata la disabilità (come nel caso dei malati di tumore). È previsto infatti l’obbligo per le imprese e gli enti pubblici di assumere persone con invalidità superiore al 46%. Il numero è stabilito sulla base delle dimensioni dell’impresa o dell’ente. Per accedere a questa tutela, dopo la visita per l’accertamento dell’invalidità, è necessaria l’iscrizione nelle liste speciali del collocamento

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obbligatorio. Sebbene esistano queste particolari protezioni, il rapporto di lavoro può essere risolto qualora venga accertata l’impossibilità del lavoratore di assolvere alle sue mansioni a causa del suo stato di salute, e non siano presenti all’interno dell’azienda mansioni adeguate.

Ho perso interesse per il lavoro, e mi mancano pochi anni all’età pensionabile. C’è qualche agevolazione previdenziale?

8.12

La legge tutela i malati che devono o preferiscono avere un’uscita anticipata dal mondo del lavoro. Tuttavia, la possibilità di andare in pensione in anticipo è legata alla presenza di una determinata percentuale di invalidità. Se l’invalidità è superiore al 74% il malato avrà diritto all’accredito di 2 mesi in più di contributi all’anno per ogni anno di lavoro effettivamente svolto in condizioni di invalidità, fino a un massimo di 5 anni che serviranno per anticipare la pensione.

Ho diritto a sgravi fiscali per le spese connesse alla malattia?

8.13

La legge riconosce a tutti i cittadini vantaggi fiscali per le spese mediche e di assistenza. Può trattarsi di: k detrazioni, ossia della sottrazione di una quota delle spese sostenute dall’ammontare delle imposte; k deduzioni, cioè la sottrazione delle spese dal reddito imponibile, con potenziali vantaggi sull’applicazione delle aliquote fiscali. Gli sgravi comuni a tutti i cittadini sono: k la detrazione delle spese mediche in misura del 19% per la parte eccedente la franchigia minima di 129,11 Euro; k la deduzione dei contributi previdenziali versati per colf/badanti fino a un ammontare di circa 1.500 Euro. In aggiunta a questi, il malato di cancro può avere diritto ad altre agevolazioni fiscali:

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k deduzione del 100% dal reddito imponibile di tutte le spese mediche (ma solo in caso di invalidità certificata); k deduzione dal reddito imponibile dei contributi previdenziali e assistenziali versati all’Inps per assumere una badante; k detrazione del 19% dall’imposta sul reddito imponibile delle spese per la retribuzione della badante (riservata a chi è in condizioni di invalidità; sono inoltre previsti limiti di reddito per il contribuente e di quota detraibile); k detrazione delle spese sostenute per l’acquisto di una parrucca dietro presentazione di un’apposita certificazione.

8.14

Come viene attribuita l’invalidità civile ai malati di cancro? A tutti i malati di cancro lo Stato riconosce una percentuale di invalidità civile definita sulla base delle caratteristiche della malattia: k 11% per neoplasie a prognosi favorevole con modesta compromissione funzionale; k 70% per neoplasie a prognosi favorevole con grave compromissione funzionale; k 100% per neoplasie a prognosi infausta o probabilmente sfavorevole nonostante asportazione chirurgica. Per ottenere il riconoscimento dell’invalidità è necessario innanzitutto che il medico curante (il medico di famiglia o l’oncologo) invii all’Inps il certificato medico che attesta la presenza della patologia, le terapie in atto e lo stato obiettivo di salute del paziente. Entro 30 giorni, il malato dovrà inviare all’Inps la domanda di riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap.

8.15

Chi ha diritto all’indennità di accompagnamento? L’indennità di accompagnamento può essere richiesta quando la malattia comporta problemi di deambulazione o una incapacità di svolgere in autonomia le normali attività della vita quotidiana. Viene

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inoltre riconosciuta, seppur soltanto per il periodo richiesto dalle cure, nei casi in cui ci si sottopone a chemioterapia, poiché si tratta di un trattamento debilitante. L’indennità di accompagnamento viene erogata per 12 mensilità; l’importo ammonta a circa 520 Euro e non è vincolato a limiti di reddito. L’indennità viene inoltre sospesa in caso di ricovero in un ospedale pubblico o convenzionato. Per ottenere l’indennità di accompagnamento è necessario presentare domanda presso la propria Asl allegando la documentazione medica che attesti l’impossibilità di camminare o la necessità di assistenza continua. Ogni anno il titolare dell’indennità o un suo delegato deve presentare una dichiarazione in cui dichiara che non è ricoverato gratuitamente in istituto, utilizzando il modulo che l’Inps invia direttamente al domicilio dell’interessato. Nella dichiarazione è richiesto, infatti, di specificare che non vi sia ricovero in istituti di lungodegenza o in cliniche per la riabilitazione, con retta interamente a carico di enti pubblici.

Non riesco a svolgere molte attività difficili da delegare. Come fare?

8.16

Gli impegni connessi ai trattamenti, la fatica, il malessere possono rendere molto difficile gestire la vita quotidiana per una persona affetta da tumore. Se per la maggior parte delle attività ci si può avvalere dell’aiuto di una persona, alcune non possono essere delegate: andare in banca, vendere un’immobile o un’auto sono tutte attività che richiedono la presenza fisica della persona interessata. Esistono però due strumenti giuridici che possono rivelarsi molto utili: k la procura notarile, un semplice atto redatto da un notaio attraverso cui vengono conferiti a una persona di fiducia poteri di rappresentanza. La procura può essere generale se conferita per gestire tutti gli interessi o speciale se conferita per compiere un solo atto. In tal caso decade nel momento in cui l’atto per cui è stata rilasciata è concluso. Il malato può comunque sempre curare personalmente i propri interessi;

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k la nomina di un amministratore di sostegno, una procedura più articolata che conferisce a un’altra persona poteri più ampi rispetto alla procura notarile; allo stesso tempo limita la possibilità per il malato di compiere alcuni atti. La nomina dell’amministratore, dopo apposita richiesta, viene effettuata dal giudice tutelare che stabilisce quali sono gli atti che l’amministratore può compiere in nome e per conto del malato e quelli che il malato può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore. Il malato può sempre svolgere in autonomia gli atti non compresi nel decreto di nomina. Il giudice stabilisce anche la durata della nomina dell’amministratore di sostegno.

8.17

Ho bisogno dell’auto per muovermi in città: ho diritto a qualche agevolazione? Le persone in terapia anti-tumorale hanno il diritto di ottenere dal comune di residenza il contrassegno di libera circolazione e sosta che consente di avere libero transito nelle zone a traffico limitato e nelle zone pedonali e il diritto di sosta nei parcheggi riservati ai disabili (a strisce gialle) o, in mancanza di questi, la sosta gratuita nei parcheggi a pagamento. Il contrassegno è nominativo e può essere usato solo quando l’auto è al servizio del malato. Per fruire di questo diritto è necessario fare apposita richiesta al comune di residenza allegando la documentazione che attesti la malattia. La sua durata dipende dalle condizioni di salute e può arrivare fino a cinque anni (rinnovabili all’occorrenza). I malati di tumore, se in possesso di un’apposita certificazione medica, sono anche esonerati dall’obbligo di indossare le cinture di sicurezza qualora queste arrecassero fastidio o dolore.

8.18

Esiste qualche forma di tutela per i caregiver? Chi si prende cura (caregiver) di persone affette da cancro all’interno della famiglia ha diritto a godere di 3 giorni di permessi retribuiti al mese,

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NON SOLO PER IL CONIUGE

Il congedo retribuito non è fruibile esclusivamente dal coniuge, ma può essere concesso anche ad altri familiari del malato (fruibile comunque da un solo familiare alla volta) secondo il seguente ordine di priorità: ͮ coniuge o la parte dell’unione civile (solo se conviventi); ͮ genitore biologico o adottivo (anche se non convivente); ͮ fratello o sorella (solo se conviventi); ͮ parente o affine entro il terzo grado (solo se convivente). Il diritto passa al familiare della categoria successiva (per esempio dalla 1 alla 2) solo nel caso in cui le persone indicate nella categoria precedente manchino, siano decedute o abbiano patologie invalidanti.

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a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno. Possono usufruire di questi permessi in primo luogo il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto, i genitori, i parenti o affini fino al 2° grado (figli, nipoti, suoceri, cognati, generi/nuore). Se queste figure familiari mancano, la priorità passa a parenti e affini di 3° grado (zii e nipoti, bisnonni e pronipoti). Inoltre, nei casi in cui sia stato riconosciuto al malato un handicap grave, il caregiver ha diritto a non svolgere un lavoro notturno e ha la priorità rispetto agli altri lavoratori nel chiedere il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale. Nel caso in cui la sede di lavoro sia lontana da casa, ha anche il diritto, quando ciò sia possibile, di chiedere di essere trasferito alla sede di lavoro più vicina al suo domicilio. Inoltre non può essere trasferito senza il suo consenso.

8.19

In questa fase ho bisogno di costante assistenza per lunghi periodi. La mia partner può avere permessi retribuiti? La legge prevede una tutela particolare per i coniugi di persone affette da gravi malattie. I lavoratori dipendenti congiunti di un malato grave hanno diritto a godere di uno o più periodi di congedo straordinario retribuito fino a un massimo di 2 anni nell’arco della vita lavorativa. I congedi sono retribuiti con un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione percepita cioè quella percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo (comprensiva del rateo per tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi, eccetera) e sono coperti da contribuzione figurativa ai fini pensionistici. In alternativa, il lavoratore ha diritto a un congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari: durante questo periodo conserva il posto di lavoro, ma non percepisce l’indennità e non gli è permesso svolgere altri lavori.

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Dalla diagnosi al dopo cura Realizzazione: Agenzia Zoe – www.agenziazoe.it Coordinamento scientifico: Daniela Ovadia Coordinamento editoriale: Fabio Turone Testi di: Donatella Barus, Alessandro Vitale, Cristina Ferrario, Alessia De Chiara, Antonino Michienzi Progetto grafico e impaginazione: Simone Scarsellini © 2021 Fondazione Umberto Veronesi Via Solferino 19, 20121 Milano www.fondazioneveronesi.it Supervisione scientifica: Alessandro Vitale, Donatella Barus, Chiara Segré (Fondazione Umberto Veronesi) All rights reserved È vietata la riproduzione dell’opera o di parte di essa, con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’editore. Tutti i diritti di copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge. Finito di stampare nel mese di maggio presso: Leaderform S.p.A. - Via Molina 14 - 37060 Sona (VR)


Il tumore al polmone è la prima causa di morte per cancro nei paesi occidentali, e in Italia, ogni anno, viene diagnosticato a circa 40.000 persone. Questo libro intende fornire risposte chiare, accessibili e scientificamente corrette alle domande più frequenti su sintomi, diagnosi, terapia e gestione della malattia, facendo anche il punto sulle novità chirurgiche, farmacologiche e diagnostiche in corso di sviluppo. Descrive anche le sofisticate strategie messe in campo dalle industrie del tabacco per seminare dubbi sui rischi legati al fumo, e ritardare l’adozione di misure adeguate di sanità pubblica; strategie che oggi puntano ad attrarre i più giovani verso il consumo di prodotti del “nuovo fumo”, come sigarette elettroniche e riscaldatori del tabacco.

“Ogni limite della scienza è una sfida a superarlo per migliorare la vita, se non la nostra quella dei nostri figli e delle generazioni future.” Umberto Veronesi


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