Il pane

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Le collane di Fondazione Umberto Veronesi La salute in tavola

Il pane

componente importante di un'alimentazione salutare


La salute in tavola - Il pane componente importante di un'alimentazione salutare

Perchè parliamo ancora di sana alimentazione Diritto di parola Pane quotidiano: se ne dicono tante, ma cosa ci sarà di vero? La storia del pane Il giro del mondo in 80...pani Le forme del pane in Italia, tradizione e curiosità Pane, dieta mediterranea e salute Non si vive di solo pane (sostituti virtuosi e non) Pane amore e…altri ingredienti Dalle materie prime al marketing Il pane detta legge (normative e legislazione) Subito in tavola! Le ricette di Fabrizio Nistri Dubbi in cucina? Le risposte di Fabrizio Nistri


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Le risposte scientifiche alle domande di tutti Informarsi, approfondire, leggere Fondazione Umberto Veronesi

Comitato scientifico

Elena Dogliotti Biologa Nutrizionista Supervisore Scientifico Fondazione Umberto Veronesi Patrizia Vaccino Ricercatrice del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l'analisi dell'Economia Agraria)


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Perchè parliamo ancora di sana alimentazione


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Perché moltissimi alimenti sono alleati preziosi della nostra salute. Perché il cibo va usato bene: può contribuire a farci vivere a lungo, diminuire il rischio di ammalarci oppure contribuire allo sviluppo di alcune patologie. Perché fare le scelte giuste a tavola fa bene a noi e a tutta la famiglia. Perché la dieta mediterranea è ormai Patrimonio dell’Unesco, ma non tutti la conoscono e la mettono in pratica. Perché abbiamo accesso al cibo in modo facile ma non sempre, con la giusta consapevolezza. Perché siamo responsabili di ciò di cui ci nutriamo, tutti i giorni, per tutta la vita. Perché mangiare sano non significa penalizzare il gusto, anzi! Perché se ne parla troppo e non sempre a ragion veduta. Perché la ricerca scientifica è in continua evoluzione e su di essa si costruiscono e modificano le linee guida promosse dai nutrizionisti.

E adesso, buona lettura!


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Diritto di parola


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Quante volte per indicare una persona o un animale mite, innocuo e di buon carattere abbiamo detto: “è buono come il pane!”. Si tratta di uno dei tanti modi di dire che riguardano questo alimento, da secoli sulle tavole di tutto il mondo e parte integrante di diete e culture diverse, che è spesso sinonimo di cibo, sostentamento e di ciò che è necessario per vivere. Oggi il pane, almeno nei Paesi più sviluppati, incontra spesso un atteggiamento ostile. In molti casi viene indicato come un capro espiatorio ed entra nella lista di alimenti da demonizzare, accusati di essere “dannosi” solo perché contengono un particolare nutriente o composto. Le ricerche scientifiche, tuttavia, ci mostrano sempre più chiaramente come sia l’alimentazione nel suo complesso a fare la differenza sul nostro rischio di ammalarci e sulla possibilità di vivere a lungo e in salute. Sono ancora molti gli aspetti da studiare in ambito nutrizionale, ma dei punti fermi sulla prevenzione attraverso gli stili di vita esistono da tempo: è importante evitare il sovrappeso, la sedentarietà, il fumo, limitare estremamente l’alcol e seguire un’alimentazione moderata, costituita prevalentemente da verdure, frutta, legumi, cereali integrali, pesce più che carne, latticini con pochi grassi e poco sale, olio extravergine di oliva e frutta a guscio. Un insieme di alimenti, dunque, ognuno dei quali apporta svariati nutrienti utili, ma che non può essere ridotto a una semplice “lista biochimica” di micro e macronutrienti. Gli alimenti racchiudono anche tradizione, innovazione, gusti personali: cerchiamo dunque di dare loro il giusto valore, non solo perché soddisfano i nostri fabbisogni nutrizionali e ci aiutano a salva-


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guardare la nostra salute, ma anche perché molti di essi, come il pane, possono avere un ruolo positivo sul nostro benessere psicologico.

Elena Dogliotti Biologa Nutrizionista Supervisore Scientifico Fondazione Umberto Veronesi


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Pane quotidiano: se ne dicono tante, ma cosa ci sarà di vero?


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• Il pane fa ingrassare? • Il pane a lunga conservazione è da evitare? • Ho sentito che il glutine di oggi è peggiore di una volta perché infiamma l’intestino: è così? • Ma se mangio la pasta devo per forza evitare di mangiare il pane? • Ho fatto un test delle intolleranze e mi è venuta quella ai lieviti. Devo quindi consumare solo pane non lievitato? • Il pane integrale va bene anche per i bambini?


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• Ho letto che mangiare pane bianco è come mangiare zucchero: è vero? • Se mangio pane integrale assumo più pesticidi? • Mi è stata diagnosticata da poco la celiachia. I prodotti senza glutine sono comunque buoni, l’unica eccezione è il pane. Perché è così difficile imitare quello di frumento? • Sono iperteso e mi hanno detto di ridurre il sale nella dieta. Il pane senza sale o i grissini iposodici però non mi piacciono: ci sono alternative? • Ho sentito parlare di amido resistente: di cosa si tratta? Nei secoli il pane ha cambiato il proprio ruolo sulle nostre tavole: da alimento fondamentale per il sostentamento, tanto da usare il termine “companatico” per indicare tutti gli altri alimenti da consumare in associazione a esso, a fonte di surplus calorico, da limitare o eliminare. Nel 2015 si è così arrivati a un minimo storico di consumo in Italia, circa 85 g pro capite al giorno, in parte sostituito da alternative ritenute più salutari o semplicemente più pratiche come gallette o crackers. Recentemente, complice la pandemia da Covid-19, il pane ha in parte ritrovato il suo significato tradizionale di convivialità e familiarità, facendo aumentare non solo gli acquisti dei prodotti a lunga conservazione, ma anche del pane fresco dei negozi al dettaglio: secondo una ricerca di mercato realizzata


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da AIBI-Cerved, l'85% del pane acquistato in Italia era quello fresco artigianale, con in media 1.500.000 tonnellate prodotte ogni anno. Il difficile periodo di lockdown ha dato più tempo e desiderio di cucinare, anche come tentativo di gestione dello stress, e preparare il pane in casa è stato tra le pratiche più apprezzate. Il pane avrà dunque riconquistato il suo posto sulla tavola degli italiani? Le tendenze di consumo confermano la preferenza per materie prime selezionate, con più attenzione per le farine integrali e per i mix da cereali diversi dal frumento, oltre che per il lievito madre e ingredienti “funzionali”, ma i dubbi che il pane possa far parte serenamente di un’alimentazione sana e preventiva ci sono ancora. Cerchiamo dunque di fare chiarezza su questo alimento, affinché possa essere apprezzato e consumato secondo le esigenze e i gusti di ciascuno.


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La storia del pane


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I cereali accompagnano l’uomo sin dagli albori della civiltà. In particolare il frumento, elemento base per la preparazione del pane, fu tra le prime specie vegetali “domesticate” dall’uomo neolitico, che da cacciatore-raccoglitore si trasformò in agricoltore nella regione della Mezzaluna Fertile (compresa tra gli attuali Libano, Turchia, Iraq e Siria). Il pane dell’uomo neolitico aveva la forma di focaccine, cotte su pietre roventi, ottenute da frumento o farro – monococco e dicocco – macinato grossolanamente e impastato con acqua. La moderna panificazione ebbe origine nell’Egitto dei faraoni. Una curiosa leggenda la fa risalire alle conseguenze di uno straripamento del Nilo, che invase con le sue acque le riserve di farine conservate nei magazzini del faraone. Al di là delle


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leggende, è certo che gli Egizi conoscessero bene il fenomeno della fermentazione dei cereali, con cui preparavano la birra, e il passo fu breve per applicare lo stesso principio alla panificazione. Gli Egizi impastavano il pane con i piedi (lo si vede nei dipinti tombali) e poi, come nella panificazione moderna, mettevano l’impasto a lievitare e successivamente lo dividevano in singoli “pezzi”. Le forme erano molte: rotonde, ovoidali, triangolari, semicircolari. E non potevano certamente essere cotte su pietre roventi o essiccandole al sole: da qui un’altra pregevole innovazione degli Egizi, il forno. Non si esagera se si definisce il pane uno dei componenti delle piramidi: si stima che ogni giorno, per gli 80 anni della costruzione della piramide di Cheope, venissero sfornate 30 tonnellate di pane per nutrire e ricompensare i 30.000 lavoratori all’opera. Dall’Egitto la civiltà del pane si diffuse gradualmente in tutto il bacino del Mediterraneo, verso Greci, Fenici ed Ebrei. Nell’evento cruciale della storia ebraica, l’esodo dall’Egitto, gli ebrei si diressero verso la Terra Promessa sotto la guida di Mosè trasportando sulle spalle le madie con il pane in pasta, del quale fecero delle focacce azzime, senza lievito: da allora questa preparazione è divenuta una tradizione della Pasqua ebraica. Il pane quotidiano presso gli israeliti era generalmente rotondo e non troppo spesso, per consentire ai commensali di spezzarlo con le mani, gesto che divenne proprio dei primi cristiani. In Grecia la panificazione si svolgeva in ambito domestico ed era una prerogativa femminile. Presso i greci l’arte panaria progredì notevolmente e vennero scoperti nuovi tipi di lievito, ad esempio una miscela di miglio con mosto, adatta a essere


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conservata per un anno intero. I Greci divennero ottimi panificatori: producevano più di 70 qualità di pane, arricchito con svariati ingredienti come latte, olio, e soprattutto formaggio e miele. Furono addirittura i primi a compilare un trattato di panificazione verso il 240 a.C. L’arte panaria a Roma si sviluppò verso il II secolo a.C. quando, con l’invasione della Macedonia, i legionari vennero in contatto con il pane che là era prodotto. Tra i prigionieri macedoni, i fornai vennero portati a Roma come schiavi e furono obbligati a insegnare l’arte panaria nelle botteghe dei “pistori”, coloro che pestavano in grossi mortai i semi di granaglie per renderli farina. La più grande innovazione introdotta dai romani fu l’abbinamento del forno e del mulino, che nel frattempo era passato dal grosso mortaio a una macina costituita da due dischi rotanti, a trazione animale, umana o idraulica. All’epoca di Augusto c’erano trecento forni a Roma, e si producevano pani dalle composizioni e forme più svariate. Il pane ebbe indirettamente un ruolo importante anche nell’affermazione del cristianesimo, e tra i primi ad abbracciare questa nuova religione furono proprio gli schiavi dei forni; e il cristianesimo è intriso di simbologie collegate al pane, a partire dal paese di nascita di Gesù, Betlemme, che in ebraico significa ‘casa del pane’, al miracolo della moltiplicazione dei pani, fino all’ultima cena. E il pane conquistò nel Medioevo le popolazioni “barbariche” proprio grazie al Cristianesimo, attraverso la sua liturgia con pane, vino e olio. Con l’affermarsi del feudalesimo, e nei secoli successivi, i signori locali imposero spesso l’uso dei propri mu-


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lini e forni impedendo la libera panificazione: di conseguenza, il pane divenne la scintilla che, in tempi di fame, fece scoppiare numerose rivolte da parte delle masse più povere, come nel caso della Rivoluzione francese del 1789. Nella Francia del XVIII secolo furono anche progettate le prime impastatrici meccaniche, che, unite all’uso del lievito compresso (conseguenza degli studi sulla fermentazione di Louis Pasteur) diedero il via alla moderna produzione industriale del pane. La panificazione artigianale sta riemergendo negli anni recenti, associata alla riscoperta di varietà “storiche” di frumenti locali.


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Il giro del mondo in 80...pani


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A ben guardare sono molte di più di 80 le varietà di pane conosciute nel mondo. Tondo, allungato, in varie forme, altezze e pezzature, il pane è presente un po’ ovunque. Solo in Italia se ne contano più di 150 tipologie, come evidenziato in una pubblicazione del 2002 edita da Slow Food, dalla “Bina” del Trentino al “pane di Monreale” in Sicilia, dalla “Michetta” lombarda al “Moddizzosu” sardo. Nel mondo le tipologie sono ancora più varie: chi ha visitato Expo a Milano nel 2015 ha potuto averne un assaggio, in termini visivi e “degustativi”. La baguette, dalla mollica soffice e crosta croccante, simbolo francese per eccellenza; il pane “chapati” tipico di India, Nepal, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Kenia, Arabia e Caraibi, ottenuto dall’impasto di farine integrali, acqua e sale, che viene cotto su una piastra arroventata e poi arrotolato con diversi ingredienti al suo interno tra cui carne di pollo, verdure o legumi; il “Bauernbrot” in Germania, in cui, a


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un semplice impasto di acqua, farina, lievito e sale, vengono spesso aggiunti semi di girasole o frutta secca; il “Lefse”, in Norvegia, una focaccina impastata con le patate che si mangia come involtino ripieno, dolce o salato, e talvolta prende il posto del panino nell’hot dog; il “Naan”, tipicamente indiano ma comune anche in altre parti del Centro e Sud-Est asiatico, che a differenza del chapati viene realizzato con l’aggiunta di yogurt o latte e cotto in uno speciale forno cilindrico in argilla, il tandoor, che raggiunge i 480°C. Viene servito caldo e spalmato di ghee, un burro chiarificato ottenuto dal comune burro non salato. Lo “Himbasha” è il pane delle feste in Eritrea, leggermente dolce e con un sapore spiccatamente aromatico per l’abbondante aggiunta di semi di cardamomo; il “Pão de queijo” è tipico del Brasile, e ha forma di piccoli panini tondi ripieni di formaggio; il “Bammy” giamaicano è ottenuto mescolando nell’impasto la manioca e cotto su di una piastra rovente e servito a colazione per accompagnare il pesce; lo “Anpan”, in Giappone, è un panino dolce arrotolato pieno di marmellata di fagioli rossi, fagioli bianchi, sesamo e castagne.


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Le forme del pane in Italia, tradizione e curiosità


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La panificazione italiana è estremamente variegata offrendo, grazie a un mix di tradizione e sperimentazione dei panificatori artigiani, prodotti molto differenti tra loro per forma e composizione. In Lombardia uno dei pani più famosi è la michetta milanese. Simili alla michetta, sempre a pasta dura, vi sono altri formati di pane come la rosetta, la ciabatta, il miccone pavese, la busella bergamasca, il baule e la chisolina di Mantova e vari panini all’olio che cambiano nome a seconda di forme, luoghi e tradizioni. Particolare è il pane di Como, pregiato perché richiede una lavorazione lunga e complessa. Molto diffusi sono anche i pani di mais, di riso, di segale, di grano saraceno e di fichi.


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In Emilia Romagna, sono famosi la Coppia, tipica del ferrarese e prodotto IGP, un pane preparato con farina di grano bianco tipo O nato nel Medioevo e dalla forma a croce di S. Andrea, e la Tigella. Quest’ultima è un pane dell’appennino modenese, di piccola pezzatura e forma cilindrica, che veniva anticamente cotto in stampi di pietra. Tipica del Veneto è la Ciopa, un pane realizzato con farina, lievito acido, acqua e sale, ma senza l’aggiunta di grassi. In Trentino è famoso il pane nero, ottenuto dalla farina di segale, mentre nel Friuli sono famosi La Biga Servolana formata da due piccole pagnotte unite tra loro con crosta croccante e mollica compatta e il Grispolenta, un grande grissino più che un pane, tipico delle Alpi Carniche, preparato miscelando farina di mais, farina di grano, acqua, sale, olio, strutto e lievito naturale. A proposito di grissini, il Piemonte ne è la patria: quello fine e croccante è tipico torinese. In Valle d’Aosta, oltre al pane di segale come in Trentino, c’è il pane Micoula: un pane di antica tradizione, molto ricco e nutriente, che oltre alla farina di segale ha tra gli ingredienti quella di grano tenero, uva, uova, zucchero, burro e castagne bollite. Molti sono i pani tipici della Liguria, per esempio le Ciappe di grano, sottili e dorate, i canestrelli croccanti all’olio d’oliva, il pan libretto dalla forma tipica a libro, appunto, o la Cecina, un pane sottile di farina di ceci da gustare appena sfornato. Il classico pane toscano è famoso per essere privo di sale, ma in Toscana vi sono anche altri pani particolari della tradizione, come il pane di farro della Garfagnana IGP e il pane di Neccio DOP della Garfagnana, che ha un 60% di farina di castagne.


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Nelle Marche il filone casareccio, dalla crosta croccante e dorata, è da secoli il pane più consumato nella regione, fatto con farina di grano tenero macinato in mulini a pietra, lievito naturale, sale e acqua. Anche il pane di Chiaserna è tipico delle Marche, ed è fatto con acqua di sorgente e senza sale. Continuando con i pani sciapi, vi è poi l’umbro pane di Terni, mentre ancora più tipico dell’Umbria è il Brustengolo, dalla forma rettangolare, con farina di mais, pinoli, noci, uvetta e mela. Svariati i pani tipici del Lazio, tra cui ricordiamo la Ciriola Romana o Anguilletta, pagnottelle con farina di grano tenero ricche di mollica adattissime alla tradizionale “scarpetta”. Famosissimo dalla Sardegna è il pane Carasau, chiamato anche carta musica per il piacevole “suono” che produce sotto i denti. È


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fatto con farina di grano duro o farina d’orzo ed il suo nome significa “affacciato” e deriva dalla sua breve cottura (appena affacciato nel forno e già cotto). Particolare perché fatto con patate lesse, farina di mais, farina di grano tenero, lievito naturale, acqua e sale è il Parrozzo (Pane rozzo) molisano, mentre famosi in tutta Italia sono il pane di Altamura, tipico pugliese, il primo pane in Italia a ottenere il riconoscimento DOP e IGP realizzato con semola di grano duro rimacinata alta in glutine, con lievito naturale e cotto a legna, e la frisella, un pane a forma di ciambella col buco che viene spesso tostato o ammorbidito in acqua e condito con pomodoro fresco e olio extravergine di oliva. Sempre a marchio IGP è il pane di Matera, con crosta scura e amarognola e mollica gialla a pasta acida. In Calabria vi sono molti pani di tradizione contadina come quello di patate, quello di castagne e il pane Pizzata, fatto con farina di mais e cotto avvolto nelle foglie di cavolo. Raro e in via di estinzione è infine il pane siciliano di Lentini (Siracusa), un tempo preparato esclusivamente dalle donne di casa e cotto a legna in forni pubblici. La sua particolarità è l’aggiunta alla semola di grano duro di una parte di farina di timilia (un grano tardivo coltivato in poche zone della Sicilia) che ne aumenta la conservabilità.


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Pane, dieta mediterranea e salute


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Lo diciamo in tutte…le salse! Il modo in cui ci alimentiamo può incidere sulla nostra salute, per cui vale sempre la pena fare in modo che la sua influenza sia positiva, compiendo le scelte migliori. Le linee guida raccomandano di seguire una dieta ricca di verdure e frutta, con cereali prevalentemente integrali, olio extravergine di oliva come condimento, latticini a basso contenuto di grassi, tanti legumi, pesce, poca carne, soprattutto processata, pochissimi zuccheri, grassi saturi e alcolici. Queste caratteristiche sono tipiche della dieta di tipo mediterraneo, ma anche del famoso “healthy plate” di Harvard che rappresenta in una grafica semplice come dovrebbe essere composto un pasto ideale o l’introito di alimenti giornaliero, ovvero metà piatto composto da frutta e verdura, un quarto da fonti di carboidrati (cereali o derivati come pasta o pane) e un quarto da fonti proteiche scegliendo più frequentemente legumi e pesce di piccola taglia. Il pane può dunque potenzialmente essere presente a ogni pasto, stando attenti a non essere monotoni e a dare preferenza a prodotti integrali e di qualità, oltre naturalmente a modulare le porzioni a seconda delle necessità. Secondo le linee guida la porzione standard di pane corrisponde a 50g, le differenze su quante porzioni poter consumare al giorno sono da ricercare nei fabbisogni energetici di ciascuno. I carboidrati sono infatti la fonte energetica preferita dal nostro organismo. Dovremmo ricavare dal 45 al 60% della nostra energia quotidiana dai carboidrati. Va considerato però che se si è sedentari, ma la quantità di carboidrati nella dieta è elevata, questi vengono “messi in riserva” dopo essere stati


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trasformati in tessuto adiposo. Quanto pane possiamo consumare quotidianamente dipende quindi da molti fattori. Dalle caratteristiche personali come età, sesso, peso e altezza, condizioni di salute, livello di attività fisica, a quelle del prodotto. Secondo le banche dati degli alimenti del CREA possiamo notare delle differenze dei valori nutrizionali tra pane bianco, pane di segale o pane integrale, per esempio, con una differenza in apporti calorici, contenuto di carboidrati, grassi e fibra; ma come sappiamo il pane può avere anche altri ingredienti e ognuno di questi darà il proprio contributo nutrizionale.

L’importanza della fibra

Il motivo per cui i prodotti integrali sarebbero da preferire rispetto ai raffinati risiede nella presenza di fibre, che sono state associate a diversi effetti positivi sull’organismo, come il controllo del peso corporeo, grazie al loro effetto saziante, la prevenzione del diabete per merito dell’azione di rallentamento dell’assorbimento degli zuccheri e quindi della minor


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stimolazione dell’insulina, la riduzione del rischio per alcune forme tumorali e la riduzione del rischio cardiovascolare. Inoltre la presenza in particolare di fibre solubili alimenta la componente benefica del microbiota intestinale, l’insieme dei microrganismi presenti in particolare a livello del colon, a cui è stato attribuito un ruolo importante nel mantenimento della salute di tutto l’organismo.

Proteine vegetali

Le proteine ​​dei cereali rappresentano la maggior parte dell'assunzione di proteine ​​alimentari a livello globale. Sono particolarmente importanti nella dieta dei Paesi in via di sviluppo e il grano rappresenta il più grande gruppo di fonti proteiche vegetali nella dieta occidentale. Sotto forma di pane, il grano è una componente chiave della fornitura di proteine in ​​ Europa, con una tipica pagnotta contenente 8 g di proteine ​​per 100 g. Il contenuto proteico del chicco varia dal 10-15% con maggiore concentrazione nell'endosperma, ovvero la mandorla farinosa costituente la parte preponderante della cariosside, che contiene le proteine di riserva. Sono queste proteine, gliadine e glutenine, dette nel loro complesso prolammine, che conferiscono al grano la capacità di formare, una volta che la farina è miscelata con acqua, un impasto in grado di trattenere i gas di lievitazione, dando origine a quel meraviglioso prodotto che è il pane.”. Mais, riso e grano sono i principali alimenti consumati a livello globale ma, in alcune regioni come l'Africa Occidentale, è ampiamente consumato anche il miglio. Nel sud dell'India, dove è comune la malnutrizione


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proteica dei neonati, riso e miglio vengono consumati regolarmente e in Etiopia si preferisce il Teff, con un profilo aminoacidico simile alle proteine dell'uovo. ​​ Il mais è importante per la sicurezza alimentare globale: nei paesi in via di sviluppo il 25% del mais prodotto è destinato al consumo umano mentre a livello mondiale il 15%. I paesi che ricavano il maggior introito proteico dal mais sono quelli del Centro America (61%), dell'Africa Orientale e Meridionale (45%), delle Ande (29%) e dell’Africa Occidentale e Centrale (21%). Per quanto riguarda l’avena, rispetto ad altri cereali, le proteine sono ​​ di alta qualità e il contenuto e la qualità degli aminoacidi sono paragonabili alle proteine ​​della soia, il legume con la più completa gamma di aminoacidi essenziali. Le proteine dell'avena hanno quantità maggiori dell'aminoacido essenziale lisina rispetto ad altri cereali e ha un contenuto inferiore di prolina e di acido glutammico. Queste caratteristiche determinano il fatto che le proteine ​​dell'avena, una volta digerite, possano essere tollerate da persone con intolleranza al glutine e allergie. Il riso contiene meno proteine rispetto al frumento ma il contenuto protetico cambia in base alla varietà di riso. ​​Mentre le fonti proteiche a base vegetale, prese singolarmente, spesso mancano di uno o più aminoacidi in quantità sufficiente per soddisfare le esigenze nutrizionali umane, le combinazioni di proteine ​​diverse, comprese le combinazioni di cereali e legumi, possono aiutare a superare questo problema nelle diete rigorosamente vegane o vegetariane.


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Il glutine e la “chimica” del pane

A proposito di proteine, in alcuni cereali come il frumento la porzione proteica è prevalentemente rappresentata dal glutine, che fornisce anche le caratteristiche particolari (forza, estensibilità, stabilità durante la lavorazione… vedi capitolo Dalle materie prime al marketing) che si ritrovano negli impasti del pane e poi nei prodotti cotti. Il glutine è un complesso proteico formato da gliadine e glutenine, molto variabili in numero e composizione nelle diverse qualità di frumento. Tali proteine, inerti nelle farine, si attivano in presenza di acqua e grazie all’azione dell’impastamento, formando legami tra loro. Per la lavorazione del pane sono necessari impasti forti ed elastici e queste caratteristiche sono proprio fornite dalla composizione del glutine e dalla sua resa. Il glutine non è presente in tutti i cereali, ma in frumento, grano khorasan, farro, orzo, segale, triticale (incrocio tra grano e segale) bulgur (grano germogliato). Il valore nutrizionale di questo complesso proteico, è basso, manca di lisina, aminoacido essenziale, e le gliadine presentano catene con sequenze ripetitive ricche di glutammina, prolina e serina che sono responsabili delle reazioni avverse osservate in soggetti celiaci. Si stima che in Italia il consumo medio di queste proteine si attesti intorno ai 15-20 grammi giornalieri, visto l’abbondante uso di prodotti derivati dal frumento: una dieta priva di glutine non comporta certo problemi carenziali, ma comporta rinunce e una potenziale pressione sociale e psicologica.


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Perché il glutine possa svilupparsi è necessario mescolare la farina con acqua, con una proporzione tipica di 3:1, e lavorare l’impasto fino alla formazione di una massa viscoelastica. Le gliadine e le glutenine vanno a formare il glutine assorbendo una quantità d’acqua pari al doppio del loro peso: la quantità complessiva di acqua da utilizzare è quindi funzione del contenuto proteico della farina. Mescolare acqua e farina tuttavia non basta: il glutine si forma soltanto lavorando a fondo la miscela, così da fornire l’energia necessaria alla creazione del reticolo proteico. Le glutenine, normalmente ripiegate "a soffietto", si aggregano tra loro mediante legami tra atomi di zolfo, presenti in alcuni aminoacidi, a formare enormi aggregati, e per azione dell'energia meccanica vanno ad allinearsi e distendersi, mentre l'impasto viene stirato e lavorato, per poi tornare alla condizione originaria una volta cessata l'azione diretta (la lavorazione). In questo modo l'impasto torna lentamente alla forma originaria. In sintesi, le glutenine sono quindi responsabili dell’elasticità e della tenacità dell’impasto. La plasticità è dovuta invece alle gliadine, che si disperdono tra le catene di glutenine permettendo loro di scorrere le une sulle altre. Il reticolo tridimensionale si può comunque deformare, man mano che si formano bolle di gas durante la lievitazione. Durante la lievitazione e la conseguente cottura i gas liberati dalla fermentazione e il vapore formato dall’acqua distendono progressivamente il reticolo del glutine. La struttura finale del prodotto viene “fissata” durante la cottura, nel momento in cui il calore coagula le proteine e gelatinizza l’amido


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disperso nella massa. Se il forno viene aperto troppo spesso o la cottura viene interrotta troppo presto, prima che la struttura si fissi, il vapore può fuoriuscire dalla massa che collassa su stessa. Vi sono cereali naturalmente privi di glutine: per questo motivo, se lavorati, danno origine a prodotti molto diversi da quelli classici di panificazione. Questi sono: → riso; → mais, che in realtà può dare una massa di proteine e amido con caratteristiche simili a quelle del glutine, ma ben tollerata dai celiaci; → miglio; → sorgo; → teff. Ovviamente non contengono glutine, pur essendo molto ricchi di proteine e amido, gli pseudocereali: → quinoa; → amaranto; → grano saraceno.


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Non si vive di solo pane (sostituti virtuosi e non)


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Spesso per praticità o per cultura si rinuncia al consumo del pane orientando la scelta verso vari sostituti, dai crackers ai grissini, alle gallette, ai vari formati delle tradizioni regionali (come i taralli, i gioppini...). Non sempre questi prodotti sono migliori dal punto di vista nutrizionale o più adatti per esempio a regimi alimentari ipocalorici: per questo è sempre importante leggere bene le etichette. Oggi le confezioni dei prodotti che acquistiamo hanno l’obbligo di fornire molte informazioni su ciò che contengono: le liste degli ingredienti sono sempre più dettagliate e comprensibili, e inoltre è presente una tabella nutrizionale che permette di fare confronti tra prodotti simili e fare scelte più consapevoli.


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Per quanto riguarda i sostituti del pane, le informazioni da ricercare tra gli ingredienti sono per esempio il tipo di farina utilizzata. I prodotti che si definiscono integrali possono contenere farina integrale (magari solo in minima parte) o un mix di farina raffinata a cui viene aggiunta la crusca o il cruschello. Come si fa a riconoscere un prodotto davvero integrale? Per verificarlo bisogna verificare che tra gli ingredienti sia presente la dicitura “integrale” accanto al nome: per esempio “farina di grano tenero integrale” oppure “avena integrale”. Le etichette di alimenti che dichiarano “multicereale”, “macinato a pietra”, “100% frumento”, “frumento tritato”, “sette cereali” non indicano di solito prodotti fatti al 100% di cereali integrali: in realtà possono anche non contenerne affatto. Anche il colore di per sé non è sempre indicativo.


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Pane amore e ... altri ingredienti


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Il pane è un alimento tradizionalmente molto semplice: deriva infatti dall’impasto, sapientemente dosato e lavorato, di pochi ingredienti: farina, acqua, lievito e sale. Tuttavia, basta dare un’occhiata al bancone di una panetteria, o nei supermercati, per rendersi conto di quante tipologie di pani “speciali” vengano offerti. Al di là dei vari grassi, più o meno salutari, quali olio extravergine di oliva, burro, strutto (aggiunti per dare maggiore morbidezza e gusto al prodotto), spezie, frutta secca e aromi sono spesso presenti nell’impasto. Troviamo quindi pani arricchiti con semi, soprattutto di sesamo, papavero, lino e zucca, con frutta secca ed essiccata, ad esempio noci o uva passa, con spezie, ad esempio coriandolo e cumino, e anche con i più tradizionali pomodoro, cipolla, olive.


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Cosa c'è dentro? Pane comune Contiene solo farina, acqua, sale e lievito. La farinapuò essere di grano tenero tipo 00, 0, 1 e 2 o di grano duro. Pane speciale L'aggiunta di qualsiasi altro ingrediente (come latte, noci, olive...) trasforma il pane comune in “speciale”. A lievitazione naturale Si utilizza la pasta madre, un impasto costituito da farina, acqua, batteri lattici e lieviti. Integrale Il “pane integrale” è fatto con farine che contengono tutte le componenti del chicco: germe di grano e crusca. Confezionato In etichetta si possono trovare molti ingredienti, tra cui additivi, grassi vari, zucchero e alcool (solo in superficie).


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Il panino imbottito

Lo stile di vita contemporaneo spesso ci porta a pranzare fuori casa, talvolta con poco tempo a disposizione, e questo potrebbe creare condizioni sfavorevoli per applicare le buone regole di un’alimentazione preventiva. Non sempre si ha tempo di portare una “schiscetta” da casa ben bilanciata e la soluzione del panino racchiude in sé praticità e appagamento: ma le linee guida che ne pensano? L'alternativa di un panino può essere una buona opzione purché siamo disposti a discostarci dal tema del classico toast o panino imbottito con affettati. Importante la scelta del pane, sia che lo compriamo dal panettiere, confezionato o meglio ancora panificato da noi; le caratteristiche preferenziali sono: farina integrale o semi-integrale, la presenza di cereali diversi dal frumento e l'aggiunta di semi, l'assenza di grassi animali e di olio di palma, che apportano molti grassi saturi, un basso o comunque non alto contenuto di sale (si definisce alto se superiore a 1- 1,2g/100g). Il ripieno del panino lo possiamo variare con fantasia abbinando sempre delle verdure a un alimento prevalentemente proteico: due esempi potrebbero essere un panino ai cereali e semi di lino con melanzane, zucchine e hummus di ceci o un pane di segale con songino, formaggio fresco di capra e pomodori secchi.


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Dalle materie prime al marketing


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Come già detto, il pane, di per sé, è composto da poche materie prime: farina, acqua, lievito e sale. Tuttavia ognuno di questi componenti ha un ruolo molto importante e decisivo per la realizzazione del prodotto finale e per determinare le sue caratteristiche organolettiche. L’ingrediente primario è la farina, normalmente di grano tenero anche se, tradizionalmente nel meridione d’Italia ma ormai diffuso ovunque, è molto impiegata la farina derivata dalla molitura del frumento duro, detta semola. La caratteristica delle farine di frumento, che le rende indispensabili per la panificazione, è la loro capacità di formare, mescolate con acqua e sale, un impasto in grado di rigonfiarsi sotto la spinta dei gas di lievitazione, e di mantenere, a seguito di cottura, la forma ottenuta. Tale caratteristica è dovuta al


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glutine, che si può immaginare come una rete tridimensionale molto elastica, che si viene a formare durante le fasi di impasto a seguito dell’interazione di due classi di proteine tipiche dei frumenti, gliadine e glutenine. Poiché nelle diverse varietà di frumento queste proteine sono molto variabili in numero e composizione, le farine non sono tutte uguali soprattutto a livello tecnologico: ciò che le contraddistingue sono proprio le caratteristiche del glutine, in particolare la forza, espressa dal parametro “W” che ormai compare frequentemente sulle confezioni, la tenacità, l’estensibilità, l’assorbimento idrico, la stabilità dell’impasto durante il ciclo di lavorazione, e molte altre. Per la panificazione si possono usare anche altre farine, ad esempio segale, avena, farro, riso e mais. Nei casi in cui le farine non contengano glutine, es. avena, riso e mais, devono essere miscelate a farina di frumento oppure, come nel caso degli alimenti per celiaci, devono essere sottoposte a trattamenti tecnologici per conferire loro una certa “struttura”, simulando la funzione del glutine. L’acqua gioca un ruolo importante in panificazione, indispensabile, come abbiamo detto, per la formazione del glutine durante l’impasto; anche la sua qualità, in termini di durezza, e la sua temperatura, influenzano il prodotto finito. Il sale è utile a livello tecnologico e, tra l’altro, rende il pane più appetibile e ne rallenta il raffermimento. Il lievito è essenziale in panificazione: i lieviti infatti trasformano i carboidrati, naturalmente presenti nell’impasto, in anidride carbonica, che provoca il rigonfiamento dell’impasto, e acido


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lattico, o alcol etilico. Il discorso sui lieviti meriterebbe un intero capitolo; tuttavia possiamo dire che in panificazione vengono usati essenzialmente lievito di birra e, molto frequentemente da qualche tempo, lievito naturale o “madre”. Si utilizzano anche pasta acida, biga e surrogati chimici, come bicarbonato di sodio e d’ammonio. Il lievito di birra è prodotto dalla coltura di particolari ceppi di microrganismi (Saccaromyces cerevisiae) ed è molto usato perché ha un metabolismo piuttosto rapido che gli permette di usare le sostanze fermentiscibili molto velocemente. Il lievito madre è di preparazione laboriosa, lenta e impegnativa (va continuamente “rinnovato” con aggiunta di farina e acqua), ma dal punto di vista qualitativo e organolettico è molto pregevole. Contiene infatti, oltre a lieviti, anche batteri lattici e quindi sviluppa in lievitazione acido acetico, butirrico e lattico, che esaltano l’aspetto aromatico dell’impasto. La lievitazione è molto più lenta di quella con il lievito di birra, ma è proprio questa maggiore durata che consente agli enzimi proteolitici di lavorare più a lungo, conferendo al prodotto aromaticità, maggiore conservabilità (dovuta all’elevato grado di acidità) e alveolatura minuta e uniforme. I grassi, come detto precedentemente, possono essere aggiunti all’impasto per dare maggiore morbidezza e gusto al prodotto. E poi ci sono i “miglioratori” e i conservanti, additivi utilizzati soprattutto nella panificazione industriale per consentire tempistiche di lavorazione meno rigide e maggiore conservazione del prodotto.


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Il pane detta legge (norme e legislazione)


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La “storica” centralità del pane nei nostri costumi alimentari emerge anche dalla disciplina legislativa, che in Italia trova antica origine a livello nazionale, perché già definita in norme risalenti ancora alla monarchia, e che oggi si propone con disposizioni in parte ancora in vigore dalla fine degli anni ’60. È infatti del 4 luglio 1967 la legge italiana, che ha provveduto a disciplinare la produzione e la commercializzazione del pane (insieme ai cereali, agli sfarinati e alle paste) dettandone, tra il resto, la definizione, i requisiti di composizione e le varie tipologie a seconda degli ingredienti impiegati. Circa 30 anni dopo, vista l’esigenza di un adeguamento alle nuove tecniche di produzione e la necessità di conformarsi ai principi di diritto comunitario, è stato emanato il DPR 502/98 contenente le norme per la revisione della disciplina in materia di lavorazione e di commercio del pane. La legge prevede che “si può definire pane il prodotto da forno ottenuto da un impasto realizzato con farina, acqua e lievito (non sempre vi è l’aggiunta di sale), lavorato in modo adeguato e portato al giusto livello di lievitazione per poi essere cotto totalmente o parzialmente. A seconda del tipo di farina impiegata nella sua realizzazione, la denominazione pane viene poi accompagnata da diciture differenti ed è inoltre possibile miscelare tipologie diverse di sfarinati per comporre un singolo pane che verrà chiamato “pane al…” (ad esempio, pane alla curcuma, ai 4 cereali o ancora il pane al kamut). Allo stesso modo, quando nella produzione vengono impiegati ingredienti in aggiunta a quelli essenziali, la denominazione pane viene accompagnata dalla


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menzione dell’ingrediente (si pensi per esempio al pane alle noci o alle olive). La legislazione accompagna la produzione e commercializzazione del pane affinché la sua denominazione corrisponda a una determinata composizione e indirizzi il consumatore ad un acquisto consapevole. La legislazione è di matrice nazionale, ma si compone anche dei principi dettati in ambito comunitario: la tutela della salute del consumatore, la tutela della sua corretta informazione e la tutela della leale concorrenza. In questo contesto, nel corso del tempo, la normativa sul pane è stata integrata da diversi provvedimenti, che hanno supportato gli operatori del settore nella applicazione della legge e dei principi generali. Ad esempio, recentemente sono state disciplinate le nozioni di panificio, pane fresco e pane conservato in particolare, in questi mesi di fine 2021, sono in corso di esame al Senato due disegni di legge sulla produzione e la vendita del pane, per supportare il consumatore a distinguere il pane fresco artigianale da quello conservato. Vista l’evoluzione delle abitudini di consumo e delle necessità degli acquirenti, lo scopo di questi


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interventi è quello di fare chiarezza rispetto alle differenze fra due processi di produzione che sono finalizzati alla vendita, in un caso di un prodotto destinato a essere consumato nelle ore successive all’acquisto, nell’altro di un prodotto a durabilità prolungata. Altre caratteristiche normate riguardano le modalità di commercializzazione del prodotto, che, infatti, può essere venduto in imballaggio preconfezionato o confezionato sul luogo di vendita su richiesta del consumatore. Le regole volte alla tutela della salute e della corretta informazione dei consumatori sono in continua evoluzione per essere adeguate ai cambiamenti del mercato e dei consumi. La normativa nazionale si inserisce, con la dovuta coerenza, nel più ampio contesto legislativo europeo; infatti, anche al pane si applicano le regole unionali. In questo senso, la normativa nazionale si inserisce nel più ampio contesto legislativo europeo; ad esempio, il Reg. UE 1169/11 regola la disciplina in materia di informazioni generali, obbligatorie e non, mentre il Reg. CE 1924/06 stabilisce le condizioni per l’utilizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute, quelle cioè che valorizzano i benefici che la composizione nutrizionale di un alimento può apportare. Il pane è alimento cardine nelle nostre abitudini e nella nostra cultura alimentare e da sempre è regolato a livello nazionale e a livello comunitario. Si tratta di regole fondate sui principi fondamentali della legislazione alimentare e cioè sulla tutela del consumatore, che deve trovarsi garantito e protetto in termini di sicurezza e corretta presentazione dell’alimento, e sulla tutela del mercato che deve fondarsi su una leale concorrenza fra operatori.


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Subito in tavola! Le ricette di Fabrizio Nistri


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Pane tipo toscano con lievito madre Preparazione del lievito (biga) Ingredienti • 250g farina di grano tenero tipo 1 macinata a pietra (meglio se una farina debole) • 50g lievito madre liquido rinfrescato da 24 ore • 150g circa di acqua a temperatura ambiente Impastate insieme tutti gli ingredienti a mano (per 10 minuti) o in impastatrice (per 5 minuti). Far riposare in un recipiente capiente per 12/16 ore a temperatura ambiente avendo cura di coprire con un canovaccio. Ingredienti impasto • 1000g farina di grano tenero tipo 1 macinata a pietra (meglio se una farina debole) • 350g lievito (biga) preparato precedentemente • 650g circa di acqua a 28/30°C

Sciogliere il lievito (biga) in 2/3 dell’acqua. Aggiungere la farina e iniziare a impastare aggiungendo gradualmente il resto dell’acqua. Impastate insieme tutti gli ingredienti a mano (per 15/20 minuti) o in impastatrice (per 5/10 minuti). Far riposare in un recipiente per 60 minuti.


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Suddividere in pezzi da 600g e arrotondare a forma di palla e infarinare bene. Far lievitare in ambiente per 90/120 minuti su un tagliere di legno spolverato con farina e coprire con un canovaccio. Preriscaldare il forno alla massima temperatura lasciando all’interno la placca. Trasferire l’impasto sulla placca calda e infornare abbassando la temperatura a 200°C. Cuocere per circa 45 minuti senza vapore con forno statico (45 minuti a 180°C per forno ventilato). Sfornare ben croccante e lasciar raffreddare su una griglia.


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Panfrutto con lievito madre liquido Preparazione poolish (biga liquida) Ingredienti • 50g lievito madre liquido rinfrescato da 24 ore • 150g farina di grano tenero tipo 1 di media forza • 50g farina di segale • 250g acqua a temperatura ambiente In un recipiente sciogliere il lievito madre nell’acqua, aggiungere le farine e miscelare a mano o con l’ausilio di una frusta. Far riposare in ambiente avendo cura di coprire il recipiente con della pellicola per 18/20 ore. Ingredienti impasto • 850g farina di grano tenero tipo 1 di media forza • 150g farina di segale • 500g poolish preparata precedentemente • 650g circa di acqua a temperatura ambiente • 10g sale • 100g gherigli di noci • 150g nocciole tostate • 100g mandorle con la buccia • 100g albicocche secche denocciolate • 100g prugne secche denocciolate • 80g cubetti di arancio candito • 150g fichi secchi


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150g uvetta sultanina 25g semi di anice 50g miele 10g sciroppo di malto d’orzo (facoltativo)

In un recipiente capiente inserire le farine, la poolish, lo sciroppo di malto, il miele e 500g di acqua e iniziare a impastare a mano o con l’impastatrice. Quando l’impasto inizia ad avere una buona struttura ed elasticità aggiungere il resto dell’acqua a più riprese. Aggiungere il sale quando si aggiunge l’ultima volta l’acqua. Quando l’impasto risulta ben elastico e asciutto aggiungere i frutti e far incorporare. Far riposare in un recipiente leggermente unto con olio di oliva per 90/120 minuti in luogo caldo comprendo il recipiente con un canovaccio; → rovesciare l'impasto sul tavolo infarinato e suddividere in pezzi da 600g; → arrotondare e lasciar riposare per 15 minuti in ambiente; → filonare e deporre i pezzi su tavole infarinate o nei cestini; → far lievitare in luogo caldo per 60 minuti; → preriscaldare il forno alla massima temperatura; → deporre l’impasto lievitato sulla teglia e inserire in forno; → cuocere a 200°C per circa 45/60 minuti; → lasciar raffreddare il pane quindi coprirlo con un canovaccio e lasciarlo riposare fino al giorno dopo. Tagliare il filone in fette sottili deporre sulla griglia del forno e tostare le fette a 160°C per 10/15 minuti.


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Dubbi in cucina? Le risposte di Fabrizio Nistri


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Come faccio a sapere se l’impasto è pronto?

L’impasto è pronto quando risulta liscio e si stacca perfettamente dalla superficie della macchina impastatrice, o dal tavolo di lavoro se si impasta a mano. Una verifica si può fare prendendo tra le dita un pezzetto di impasto e schiacciandolo fino a formare una sottile sfoglia che deve risultare quasi trasparente senza rompersi.

Come faccio a sapere se il pane è correttamente lievitato?

Per verificare a casa la giusta lievitazione del pane bisogna premere leggermente sulla superficie dell’impasto con le dita: se le impronte scompaiono in pochi secondi il pane è pronto per essere infornato.


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Come faccio a fare il vapore nel forno di casa?

Se il forno di casa non prevede l’immissione del vapore si può prendere una tazzina da caffè, riempirla di acqua, infornare l’impasto, versare la tazzina di acqua sulla superficie inferiore del forno e chiudere rapidamente lo sportello.

Come faccio a sapere se il pane è cotto?

Per cuocere una forma di pane da 500g di pasta ci vogliono 25/30 minuti. Di conseguenza è opportuno impostare una temperatura di cottura adeguata. La temperatura ideale dovrebbe essere di 230/240°C per un forno statico e di 180/200°C per un forno ventilato. Il pane risulta cotto quando stringendolo tra le mani (usate i guanti per non bruciarvi!) oppone resistenza. Si può usare anche uno stuzzicadenti da inserire nella forma, verificando quanta umidità resta sullo stesso passandolo tra le dita.


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Le risposte scientifiche alle domande di tutti


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Il pane fa ingrassare?

Non è mai un singolo alimento a fare “ingrassare”, ma un insieme di fattori tra cui una dieta ipercalorica rispetto ai fabbisogni energetici. Spesso a venire demonizzati sono i carboidrati, che si è abituati a identificare soprattutto con pane e pasta. Le linee guida raccomandano che l’energia quotidiana venga fornita in massima parte proprio dai carboidrati (dal 45 al 60%), in particolare complessi, ovvero per lo più amido, meglio se da cereali integrali perché più ricchi in valore nutrizionale e meno impattanti sulla glicemia. Per questo motivo il pane può essere consumato quotidianamente da tutti, la differenza la farà qualità e quantità del prodotto, sia sulla salute in generale che sul mantenimento di un normale peso corporeo.


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Il pane a lunga conservazione è da evitare?

Quando è possibile è preferibile consumare il pane fresco, perché anche più buono! Ma il pane a lunga conservazione non è da bandire da tavola. Essendo a lunga conservazione ha bisogno di un conservante che impedisca la formazione di muffa e a questo scopo viene solitamente impiegato dell’alcol etilico che viene spruzzato sulla superficie del prodotto prima del confezionamento. Una volta aperta la confezione, evapora quasi totalmente in pochi minuti, ancora più velocemente se il pane viene tostato. Dal punto di vista degli ingredienti, il pane confezionato potrebbe contenere zucchero e oli vegetali, sempre con la funzione di conservare il prodotto. È bene dunque controllare tutte le informazioni sulle confezioni del pane (non tutti sono uguali e di qualità) e di prenderlo in considerazione quando non si riesce ad acquistare il pane tradizionale in un forno di fiducia o, perché no, a farlo in casa.

Ho sentito che il glutine di oggi è peggiore di una volta perché infiamma l’intestino: è così?

Il glutine induce infiammazione della mucosa intestinale, e altri eventi a cascata, solo in chi soffre di celiachia, allergia al grano o intolleranza al glutine, tutte condizioni da diagnosticare mediante esami validati dalla comunità scientifica, eseguiti in strutture ospedaliere o cliniche. Il glutine è una molecola proteica formata da gliadina e glutenina contenuta in buona quantità nel frumento (grano) e in altri cereali simili (farro, orzo, segale, grano khorasan o kamut, triticale, etc.). A seconda del tipo di cereale e delle farine derivate si pos-


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sono avere delle tipologie di glutine leggermente diverse, in quanto cambia la percentuale di gliadine e glutenine che lo compongono, che determinano in parte anche la cosiddetta “forza” della farina, ovvero la capacità di legare l’acqua durante l’impastamento e di intrappolare l’anidride carbonica in lievitazione. Oggi sembrano esserci più casi di malattia celiaca o sensibilità al glutine, ma non è stato dimostrato che questo sia legato esclusivamente ad un maggior utilizzo, per esempio, di farine più ricche in gliadina (la porzione di glutine che determina lo scatenarsi della celiachia in persone geneticamente predisposte) o con più glutine in generale. Le motivazioni possono essere molteplici: nel mondo è aumentato il consumo di frumento e di prodotti derivati, tipici della dieta mediterranea, ma sono aumentate e migliorate anche le indagini diagnostiche, quindi è più facile rilevare questi quadri clinici.

Ma se mangio la pasta devo per forza evitare di mangiare il pane?

No, è tutta una questione di quantità. Ognuno ha i propri fabbisogni energetici, gran parte dei quali (dal 45 al 60%) è soddisfatta dal consumo di carboidrati complessi, di cui fanno parte pane, pasta e cereali in chicco. Nulla ci vieta di suddividere la nostra quota in una parte di pane e una di pasta, moderandole rispetto a quando le consumiamo separatamente. Certo, alcune categorie di persone come i diabetici, e chi è in regime alimentare ipocalorico, dovrà fare ancora più attenzione a limitare le porzioni. Per alcuni, evitare totalmente il pane


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quando si è mangiato il primo può evitare anche il rischio di “lasciarsi prendere la mano” fetta dopo fetta. Alcuni trucchi possono essere quelli di condire i primi piatti con abbondante verdura, in modo che poche decine di grammi di pasta si traducano comunque in un bel piatto colmo. Nel caso del pane, evitare di mettere in tavola più della giusta quantità per ognuno può essere una soluzione, ricordando che il pane ai cereali e quello integrale, oltre a essere da preferire in generale, sono anche più sazianti.


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Ho fatto un test delle intolleranze e mi è venuta quella ai lieviti. Devo quindi consumare solo pane non lievitato?

Le uniche intolleranze “riconosciute” dalla comunità scientifica sono quelle al lattosio e al glutine. Queste condizioni vengono diagnosticate grazie a esami specifici standardizzati che danno un risultato chiaro basato su metodi quantitativi. Molto spesso si incolpa il lievito, a volte dopo aver effettuato prove e test non validati dalla comunità scientifica. In realtà l’intolleranza al lievito non esiste e se la pancia si gonfia la causa deve essere ricercata in altre motivazioni e non nel povero Saccharomyces cerevisiae (nome scientifico del lievito di birra).

Il pane integrale va bene anche per i bambini?

Il pane integrale può essere utile anche per i bimbi per la presenza di fibra, ma per lo stesso motivo non bisogna esagerare con le quantità. Mentre per gli adulti sono raccomandati circa 30g al giorno di fibre, per i bambini, dopo lo svezzamento, la quantità giornaliera raccomandata dalle linee guida è di 0,5g per kg di peso corporeo. Si può quindi iniziare con un pane di cereali misti o con i semi. Può essere poi introdotto del pane integrale dopo l’anno, per esempio a colazione, con della confettura 100% frutta e/o creme di frutta secca, oppure a merenda, in versione salata, con hummus di ceci o come tramezzino con formaggio fresco e pomodoro, o come bruschetta con olio extra-vergine di oliva e origano. La varietà è sempre una cosa buona quando si tratta di alimentazione!


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Ho letto che mangiare pane bianco è come mangiare zucchero: è vero?

Il pane contiene dei carboidrati “complessi”, per lo più amido, che è un composto organico con una struttura costituita da tante molecole di glucosio. Lo zucchero che abbiamo nelle zuccheriere (o nelle bustine del bar) è composto da cristalli di un carboidrato semplice, il saccarosio, formato da due molecole legate insieme: il glucosio e il fruttosio. Zucchero e pane vengono digeriti e assorbiti con modi e tempi differenti nel nostro intestino. In particolare, gli zuccheri del pane vengono scissi un po’ più lentamente, mentre lo zucchero bianco, spesso disciolto in soluzione acquosa è energia pronta all’uso: in pochissimo tempo lo ritroviamo nel sangue. L’impatto sulla glicemia, dunque, è diverso. Quello che può far scaturire questa affermazione è che il glucosio è in assoluto la molecola di zucchero che arriva più rapidamente al sangue se somministrata per via orale: per questo motivo gli viene attribuito un valore di indice glicemico pari a 100. Saccarosio (lo zucchero da tavola) e pane bianco hanno entrambi indice glicemico 70. Bisogna però tenere conto che l’indice glicemico è un parametro riferito solo agli zuccheri contenuti in un determinato alimento e non alle quantità di alimento ingerito, per cui sarebbe più corretto riferirsi al concetto di “carico glicemico” che valuta l’impatto sulla glicemia di un alimento in base alle quantità effettivamente consumate. In ogni caso è innegabile che il pane bianco, rispetto all’integrale o a un pane ai cereali, impatti maggiormente sulla glicemia, per cui


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è comunque consigliabile favorire le tipologie con più fibre che fanno anche molto bene al nostro intestino.

Se mangio pane integrale assumo più pesticidi?

Poiché nell’integrale vengono preservate le parti esterne del chicco è sicuramente probabile che vi siano più tracce di fitofarmaci rispetto ai prodotti raffinati. I prodotti, tuttavia, vengono sempre analizzati per capire se rispettino la legge sui residui. Nella maggior parte dei casi, anche se vengono rilevati dei pesticidi, le quantità sono molto al di sotto dei limiti ritenuti sicuri per la salute (nell’ordine di mille volte più bassi). Nei prodotti biologici ne viene rilevata una quantità ancora minore – anche se ci aspetteremmo di non trovarne affatto. Per questo motivo, in particolare per le persone più fragili (bambini, anziani, persone affette da patologie croniche) potrebbe essere più indicato scegliere pani integrali da farine biologiche.

Mi è stata diagnosticata da poco la celiachia. I prodotti senza glutine sono comunque buoni, l’unica eccezione è il pane. Perché è così difficile imitare quello di frumento?

Il termine glutine deriva dal latino gluten, colla, che già ci fa pensare a qualcosa che amalgama. Il glutine è il complesso proteico per eccellenza del frumento, formato da gliadine e glutenine. Quando la farina di frumento entra in contatto con l’acqua, le molecole che formano il glutine si assemblano tra loro e conferiscono una buona elasticità all’impasto, cosa


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che non accade con le farine prive di glutine. Inoltre, durante l'azione meccanica di impastamento, le fibrille del glutine iniziano a intrecciarsi fra loro, formando una maglia tridimensionale che riesce a inglobare granuli di amido, lipidi, piccole quantità di sali minerali, acqua e bolle d'aria, fondamentali per la lievitazione e la panificazione. Per questo motivo è molto difficile imitare l’effetto del glutine nel pane per celiaci. Vi sono tante alternative che vengono utilizzate sia industrialmente che come opzione casalinga, come la gomma di xantano o altri addensanti naturali usati in associazione tra loro come i semi di chia, di psillio o di lino, le lecitine di girasole e di soia, la gomma di guar o di tara, l’agar agar, la farina di semi di carrube, l’albume o l’aquafaba (acqua di cottura dei legumi).


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Sono iperteso e mi hanno detto di ridurre il sale nella dieta. Il pane senza sale o i grissini iposodici però non mi piacciono: ci sono alternative?

Quando ci si approccia a una dieta iposodica, soprattutto se si è abituati a mangiare “saporito”, l’ideale è andare per gradi diminuendo poco per volta l’utilizzo del sale e sostituendolo con spezie, erbe aromatiche, aglio e cipolla. In Italia, dal 2008, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ccm) del Ministero della Salute, nell’ambito del Programma Guadagnare Salute, ha avviato diverse iniziative per stimare e monitorare il consumo di sale nella popolazione italiana e per favorire cambiamenti delle abitudini alimentari attraverso campagne informative e azioni volte a rendere più facili le scelte salutari. Il Ministero ha infatti stipulato, a partire dal 2009, Protocolli d’Intesa con le associazioni dei panificatori artigianali e le aziende dell’industria alimentare per ridurre il contenuto di sale nel pane artigianale e in alcuni prodotti industriali come pane, gnocchi confezionati, primi piatti pronti surgelati, zuppe e passati di verdure surgelati; queste azioni sono state rafforzate da ulteriori interventi di riduzione del contenuto di sodio che hanno coinvolto numerosi prodotti alimentari. Nonostante questo, si possono riscontrare ancora molte differenze da prodotto a prodotto. Per cui è molto importante leggere le etichette del pane confezionato o “intervistare” il panettiere per acquistare tipologie di pani sempre meno salati, fino ad arrivare a tipologie come quello toscano, il cui il sale non è presente affatto. Oltre a ciò, è bene fare attenzione a tutte le altre fonti di sale: snack salati, alimenti


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conservati sotto sale, salumi, formaggi stagionati, biscotti e altri prodotti da forno. È consigliabile poi ridurre al minimo il sale discrezionale (quello aggiunto da noi al piatto), cercando di insaporire con spezie ed erbe aromatiche, come salvia, rosmarino, basilico, origano, etc. Queste ultime si possono anche aggiungere nell’impasto di un pane iposodico fatto in casa. Insomma, le alternative per soddisfare il palato ci sono, basta sperimentare.

Sono diabetica, devo rinunciare del tutto al pane?

No, si può consumare nelle giuste quantità, meglio se nel contesto di un piatto unico, insieme a fonti di proteine (legumi, pesce, carne o uova), grassi pregiati (olio extra-vergine di oliva) e fibre (tante verdure). Ancora meglio se scegliamo un pane integrale, il cui contenuto di fibre riduce il carico glicemico del pasto. Questo “trucco” permette di rilasciare più lentamente il glucosio nel sangue e di evitare elevati picchi glicemici. Un ottimo esempio di piatto unico con il pane potrebbe essere pane integrale con lenticchie al pomodoro e verdure miste.

Ho sentito parlare di amido resistente: di cosa si tratta?

È la parte di amido alimentare che il nostro apparato digerente non riesce a digerire. Arriva intatto nel nostro intestino e diventa cibo per i batteri del microbiota intestinale. In particolare, favorirebbe la selezione e la crescita di batteri “buoni”. La fermentazione di questo composto produce acidi grassi a catena


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corta, come il butirrato, importanti per la salute delle cellule intestinali. Inoltre, l’amido resistente può ridurre la risposta glicemica post-prandiale, contribuendo a una riduzione del picco glicemico dopo il pasto durante il quale viene assunto. L’amido resistente si trova nelle farine di mais e frumento, nel riso basmati e integrale, nelle patate e nelle banane (il contenuto di amido resistente si riduce con il grado di maturazione). La cottura riduce la quantità di amido resistente, mentre il raffreddamento inverte la tendenza. Mediamente i farinacei che compriamo, come il pane, mantengono un 10% di amido resistente anche dopo la cottura. Ed è maggiormente presente nel pane raffermo! Qui le catene di amilosio e amilopectina, di cui è composto l’amido del pane, si compattano formando dei cristalli. Questi cristalli sono molto simili a quelli che formano l’amido resistente, chiamato amido retrogrado.


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epicentro.iss.it Crea.gov.it Il grande libro del pane Piergiorgio Gorilli, Elena Lipetskaia ed Gribaudo 2018 www.altroconsumo.it


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Fondazione Umberto Veronesi


La salute in tavola - Il pane componente importante di un'alimentazione salutare

Nata nel 2003 su iniziativa del Professor Umberto Veronesi, Fondazione Umberto Veronesi ETS si occupa di sostenere la ricerca scientifica di eccellenza attraverso l’erogazione di finanziamenti a medici e ricercatori qualificati e meritevoli, negli ambiti dell’oncologia, della cardiologia e delle neuroscienze. Al contempo, si impegna a promuovere campagne di prevenzione, di educazione alla salute e all’adozione di corretti stili di vita, affinché i risultati e le scoperte della scienza diventino patrimonio di tutti. Le attività di Fondazione rinnovano ogni giorno la visione del suo fondatore Umberto Veronesi, un medico che ha dedicato la propria vita a sviluppare conoscenze scientifiche innovative per metterle al servizio del benessere dei propri pazienti e della società in cui viviamo.


La salute in tavola - Il pane componente importante di un'alimentazione salutare

Modalità di donazione • Bollettino Postale Intestato a Fondazione Umberto Veronesi c/c postale n.46950507 • Online sul sito fondazioneveronesi.it • Bonifico bancario Intestato a Fondazione Umberto Veronesi IBAN IT52 M 05696 01600 000012810X39 • 5xMILLE Scrivere il codice fiscale di Fondazione Umberto Veronesi 972 98 700 150 nella casella dedicata al "Finanziamento della Ricerca Scientifica e dell'Università" e apporre la firma. • Lascito testamentario Per informazioni lasciti@fondazioneveronesi.it 02.76.01.81.87


La salute in tavola - Il pane componente importante di un'alimentazione salutare

“La salute in tavola”. I consigli alimentari di Fondazione Umberto Veronesi sono pubblicati e scaricabili dal sito www.fondazioneveronesi.it

TESTI A CURA DI Elena Dogliotti Biologa Nutrizionista Supervisione Scientifica Fon-dazione Umberto Veronesi insieme a Patrizia Vaccino Ricercatrice del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l'analisi dell'Economia Agraria), con il contributo di Giorgia Andreis avvocato specialista in Diritto Alimentare partner studio avv. Andreis e Associati, Alessandro Vitale Supervisione Scientifica Fondazione Umberto Veronesi e Francesca Pivari Biologa Nutrizionista Ricercatrice sostenuta da Fondazione Umberto Veronesi RICETTE E CONSIGLI PER UNA CORRETTA PANIFICAZIONE CASALINGA A CURA DI Fabrizio Nistri PROGETTO GRAFICO E ART DIRECTION Gloria Pedotti

I contenuti pubblicati sugli opuscoli della collana “La salute in tavola”, dove non diversamente ed esplicitamente indicato, sono protetti dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore, legge n. 633/1941 e successive modifiche ed integrazioni, e non possono essere replicati su altri siti web, mailing list, newsletter, riviste cartacee e cd rom o altri supporti non indicati, senza la preventiva autorizzazione di Fondazione Umberto Veronesi, qualsiasi sia la finalità di utilizzo. L’autorizzazione va chiesta per iscritto via posta elettronica e si intende accettata soltanto a seguito di un esplicito assenso scritto. L’eventuale mancanza di risposta da parte di Fondazione Umberto Veronesi non va in nessun caso interpretata come tacita autorizzazione.

Edizione 2023


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