Le collane di Fondazione Veronesi - Libertà di sapere. Libertà di scegliere
Tumore al seno Il presente. Il futuro.
Cara Amica, oggi, grazie alla ricerca, il tumore al seno fa molta meno paura di un tempo. Abbiamo raggiunto obiettivi ritenuti impensabili e siamo pronti ad affrontare nuove sfide per trasformare quello che un tempo era una malattia difficilmente curabile, che in Italia vede 55.700 nuove diagnosi all'anno, in una patologia sempre più curabile soprattutto se diagnosticato in fase precoce. Già moltissimo è stato fatto: oggi, l’88% delle pazienti colpite da tumore al seno è viva a 5 anni dalla diagnosi. Questo traguardo è stato reso possibile dai progressi della ricerca medica, ma anche dalle donne che sempre di più hanno imparato a prendersi cura della propria salute partecipando attivamente agli screening e ai controlli periodici per intercettare la malattia, qualora comparisse, nelle prime fasi, quando è più facilmente curabile. Nonostante le buone notizie che provengono dal mondo della ricerca, ricevere una diagnosi di tumore al seno sconvolge, comprensibilmente, la vita della donna e dei suoi familiari. In questo manuale troverete tante informazioni utili su come fare prevenzione e sulle terapie oggi disponibili per affrontare la malattia. Una sezione è dedicata in particolare alle domande più comuni sul tumore al seno. Un supporto e un aiuto a tutte le persone che vogliono saperne di più su questo tema. Buona lettura! Paolo Veronesi Presidente Libertà di sapere. Libertà di scegliere - Tumore al seno
Indice -> Diritto di parola -> Tumore al seno. Le donne hanno bisogno di certezze -> Poche parole per inquadrare la patologia -> Quali sono i fattori di rischio e di prevenzione -> La prevenzione secondaria: i controlli che possono salvare la vita -> Mammografia, ecografia e non solo. Facciamo chiarezza -> Gli esami giusti per ogni età -> Tumore al seno. Le tecniche di intervento più innovative -> Tumore al seno metastatico: un nemico da tenere a bada -> L'impegno di Fondazione Veronesi nella ricerca contro i tumori femminili -> Le risposte scientifiche alle domande di tutti -> Conoscere, comprendere, prevenire -> Informarsi, approfondire, leggere -> Fondazione Umberto Veronesi ETS
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Comitato scientifico che ha partecipato al progetto Lucia del Mastro U.O. Breast Unit, IRCCS-Ospedale Policlinico S. Martino Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università di Genova Paolo Veronesi Presidente Fondazione Umberto Veronesi ETS
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Diritto di parola di Lucia Del Mastro U.O. Breast Unit, IRCCS-Ospedale Policlinico S. Martino; Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università di Genova
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Parlare di tumori è spesso difficile per via di tutte le implicazioni fisiche e psicologiche che queste malattie portano con sé: tuttavia, parlare oggi di tumore al seno è molto più facile rispetto anche solo a 20 anni fa. È uno dei tre tumori, insieme al tumore del collo dell’utero e quello del colon, in cui è possibile fare diagnosi precoce attraverso uno screening, in questo caso basato sulla mammografia. E diagnosi precoce vuol dire maggiori probabilità di guarigione. Negli ultimi decenni la ricerca scientifica ha compiuto progressi incredibili: abbiamo capito che il tumore della mammella non è una sola malattia ma più malattie diverse, che possono e devono essere trattate con strategie diverse, per riuscire ad ottenere il migliore risultato per ogni donna che incontra il tumore al seno lungo la sua vita. Tali conoscenze hanno portato ad un miglioramento dei risultati clinici impensabile fino a pochi anni fa: ora la maggior parte delle donne che si ammalano di tumore al seno ha una concreta speranza di superare la malattia. La ricerca, naturalmente, non si è fermata: l’impegno di medici e scienziati è ora volto a mettere a punto trattamenti per ridurre gli effetti collaterali a lungo termine delle terapie antitumorali. Un esempio tra tutti sono i risultati di una ricerca italiana che, prima al mondo, ha dimostrato la possibilità di proteggere le ovaie dagli effetti tossici della chemioterapia, preservando la
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fertilità, così che le giovani pazienti con tumore possono realizzare una delle gioie più grandi dell’essere donne: diventare madri una volta concluso il percorso terapeutico. Oggi, per una donna, guarire dal tumore al seno non vuol dire soltanto superare la malattia ma anche avere le stesse possibilità e prospettive di vita di una donna che non si è mai ammalata.
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Tumore al seno. Le donne hanno bisogno di certezze
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→Ho sentito parlare di prevenzione anche per quanto riguarda i tumori. È davvero possibile? Anche nel caso di quello al seno? →Tra le mie amiche due si sono ammalate di tumore al seno. Non è stata un’esperienza facile anche perché non sapevano cosa fare, come farsi aiutare. Vorrei essere più preparata nel caso accadesse a me. →Sono entrata da poco in menopausa: è vero che corro più rischi? Come mi devo comportare? →Esiste una correlazione tra tumore al seno e cattiva alimentazione? Se è così, quali sono gli alimenti “buoni” in grado di preservarmi dalla malattia? →So che sono stati fatti tanti passi avanti dal punto di vista medico per quanto riguarda le protesi al seno: cosa succede adesso? →Tumore al seno e tumore alle ovaie: è vero che sono correlati tra loro? →Il caso Angelina Jolie mi ha colpito molto: dovremo quindi tutte sottoporci a un test genetico? →In cosa consistono la mastectomia e la rimozione delle ovaie preventiva?
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→Mi hanno parlato della possibilità di una terapia fatta su misura per me: è davvero così? →È vero che adesso è possibile avere un bambino anche dopo le cure per un tumore al seno? →Ho un seno molto abbondante: ho più probabilità di sviluppare un tumore rispetto a donne con un seno piccolo? →Ho una protesi estetica al seno e mi hanno detto che è inutile sottoporsi a una mammografia perché non si vedrebbe niente. →È vero che la pillola anticoncezionale aumenta il rischio di tumore al seno? E la terapia ormonale sostitutiva? →Mia madre ha avuto un tumore al seno: sono a rischio anche io? →Ho compiuto 40 anni e mi dicono che dovrei fare una mammografia, ma ho paura per i danni delle radiazioni e poi dicono sia un esame doloroso... →L'anno prossimo compirò 70 anni, posso smettere di sottopormi ai controlli?
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Quando un tumore colpisce 1 donna su 8 i dubbi, le incertezze, le paure possono trasformarsi in scelte sbagliate, in azioni incerte e poco razionali, in soluzioni affrettate. Il tumore al seno è, sempre più, al centro di molteplici dibattiti al femminile ed è giusto che sia così. Più le donne avranno le idee chiare e più troveranno risposte scientificamente accurate alle loro domande, più sarà facile sviluppare una “cultura della salute” fatta di ascolto del proprio corpo e di familiarità con l’universo medico che si occupa di prevenzione e diagnosi precoce. Parlarne è giusto, è sano, ma sempre in modo corretto e soprattutto scientifico; è giusto informarsi in prima persona ma facendo attenzione alle fonti da cui provengono le notizie. Meglio non dare troppo credito al passaparola di amici e conoscenti o alle informazioni che si leggono su internet, dove talvolta le fonti non sono serie e si trovano informazioni incomplete, scorrette e contradditorie che hanno il solo risultato di aumentare il senso di confusione e di ansia nella donna. È bene ascoltare i consigli dei medici e dei ricercatori che si sono dedicati allo studio di queste malattie; solo così le donne saranno pronte e preparate ad iniziare in modo consapevole il proprio personale percorso di salute, senza ansie ingiustificate e con la dovuta consapevolezza.
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Poche parole per inquadrare la patologia
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Il seno è un organo costituito da una serie di ghiandole (organizzate in lobuli e in dotti che portano il latte fino al capezzolo), e da una parte di tessuto adiposo. Il tumore della mammella si sviluppa dalla componente ghiandolare. La tipologia più comune di tumore ha origine dalle cellule che rivestono i dotti e prende il nome di “duttale”; rappresenta il 70-80% di tutte le forme di tumore al seno. Il tumore che origina invece dai lobuli è definito “lobulare” ed è assai meno frequente (circa il 10%).
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Entrambi i tipi tumori, duttali e lobulari, nella maggior parte dei casi sono “invasivi”, sono dotati cioè di potenziale metastatico, ma non è infrequente ritrovare la forma “in situ”, che ha uno sviluppo locale e che non dà metastasi. Esistono poi forme più rare, come il carcinoma midollare, il carcinoma papillare, il carcinoma mucinoso e quello cribriforme. Una forma rara di esordio del carcinoma mammario è quello “infiammatorio”: in questo caso la mammella è edematosa, gonfia, rivestita da cute calda e arrossata. I tumori al seno si distinguono anche in base alle caratteristiche molecolari delle cellule maligne. I tumori al seno ormone-dipendenti hanno alti livelli dei recettori per gli estrogeni e/o per il progesterone e, di conseguenza, la loro crescita è stimolata dagli ormoni e il loro trattamento include infatti terapie ormonali, come il tamoxifene e gli inibitori delle aromatasi, che “tagliano i rifornimenti” al tumore in crescita. Altri tipi di tumore al seno si distinguono per l’abbondanza, sulla superficie delle cellule maligne, della proteina Her2, un recettore per fattori di crescita, che in condizioni normali aiuta a mantenere sano il tessuto mammario, controllando la divisione e la riparazione cellulare. Nel 15-20% dei tumori al seno, la proteina Her2 è troppo abbondante e le cellule si dividono troppo e in modo incontrollato.
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Questi tumori crescono abbastanza rapidamente ma per fortuna da diversi anni la scienza ha messo a disposizione dei medici un’arma potente e molto efficace, i cosidetti farmaci intelligenti, come il Trastuzumab (nome commerciale Herceptin): un anticorpo che riconosce in maniera specifica la proteina Her2, bloccandone l’azione e quindi privando il tumore della sua benzina, senza danneggiare le cellule sane. Esistono infine tumori al seno, circa il 10-20% del totale, che non hanno alti livelli né dei recettori per gli estrogeni, né di quelli per il progesterone, né della proteina Her2: sono per questo denominati “tripli negativi”. Non esponendo sulla superficie né i recettori per gli ormoni né la proteina Her2, i tumori tripli negativi non rispondono alle terapie ormonali né ai farmaci intelligenti. Il trattamento terapeutico per i tumori tripli negativi prevede una combinazione di chirurgia, radio e chemioterapia: i ricercatori nei laboratori di tutto il mondo stanno lavorando per trovare terapie più mirate e specifiche anche per questo tipo di tumore, come già avviene per i tumori dipendenti dagli ormoni o positivi a Her2. Quando il tumore si diffonde, le cellule cancerose invadono anche i linfonodi ascellari: da lì possono diffondersi in organi come ossa, fegato, polmoni sia attraverso il sistema linfatico sia tramite la circolazione sanguigna.
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Oggi sempre più donne guariscono: la sopravvivenza a 5 anni è dell’88% e se il tumore al seno viene identificato nelle fasi iniziali e adeguatamente curato si può superare il 90%. Ecco perché la prevenzione è un’arma così importante per tutte le donne. Sono diverse le modalità di fare prevenzione: essere consapevoli dei fattori di rischio, adottare corretti stili di vita, imparare a riconoscere i segnali del proprio corpo ed eseguire con continuità gli esami clinici di controllo consigliati dal medico di fiducia.
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I numeri di una malattia che non conosce confini
In Italia, ogni ora di ogni giorno vengono scoperti 6 nuovi casi di tumore al seno. Sono infatti decine di migliaia di donne colpite da questa patologia nell’arco di un anno e oltre 830.000 le pazienti che convivono con una precedente diagnosi di tumore della mammella. La diagnosi di tumore al seno è tra quelle più frequenti rispetto alle altre forme di tumore: rappresenta un terzo di tutte le neoplasie che colpiscono le donne. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi è pari all'88%: nel 1989 era del 75%. Un grande risultato che dobbiamo a diagnosi precoce e ricerca.
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Quali sono i fattori di rischio e di prevenzione
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I tumori, non solo quello al seno, sono malattie molto complesse: non hanno un’unica causa, ma sono determinati da una combinazione articolata e ancora non del tutto compresa di fattori genetici e ambientali. I primi non sono modificabili mentre sui secondi, che comprendono gli stili di vita, possiamo fare molto per diminuire il rischio di ammalarci.
Fattori di rischio non modificabili
Il più importante fattore di rischio per i tumori in generale, e quindi anche per il tumore al seno, è l’età: più passa il tempo, più aumenta la probabilità che si accumulino nelle cellule anomalie e mutazioni che conducono alla trasformazione tumorale. Oltre il 75% dei tumori al seno, infatti, viene diagnosticato a donne con età superiore ai 50 anni. Vi sono poi fattori genetici che concorrono ad aumentare il rischio individuale. Esistono alcuni geni che, se mutati, possono aumentare, anche di molto, il rischio per una donna di sviluppare tumore al seno nel corso della vita. I più famosi, portati alla ribalta dal caso di Angelina Jolie, sono BRCA1 e BRCA2, che aumentano il rischio di tumore al seno fino all’80% e alle ovaie fino al 50%, anche in giovane età. I ricercatori hanno identificato anche altri geni le cui mutazioni sembrano aumentare il rischio di tumore al seno: ad esempio i geni ATM, p53, PALB2, PTEN. Sono però più rare rispetto alle mutazioni di BRCA1 e BRCA2 e sono associate a un minore
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aumento del rischio. In questi casi si parla di tumori al seno ereditari, perché le mutazioni vengono trasmesse da genitori a figli: i tumori causati da BRCA1 e BRCA2 rappresentano, per fortuna, solo il 5-10% di tutti i tumori mammari diagnosticati. Un altro 20% di tumori viene definito familiare, non è associato a mutazioni genetiche specifiche, come nel caso di BRCA1 e BRCA2, ma si riscontra con una frequenza maggiore in membri della stessa famiglia rispetto alla popolazione generale. I tumori diagnosticati in donne che hanno più di 50 anni e senza altri casi di parenti stretti (madri, sorelle, figlie) vengono definiti sporadici e rappresentano oltre il 75% di tutti i tumori al seno.
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Test genetici per il tumore al seno: quando farli
Il test genetico per la predisposizione al tumore al seno deve essere effettuato solo dopo un colloquio con un genetista e un oncologo: sono gli unici, infatti, che analizzando nei dettagli la storia clinica e familiare di ogni donna possono valutare se sussistono i presupposti per procedere al test genetico. I criteri generali che possono far sospettare la presenza di mutazioni ereditarie collegate al tumore al seno sono i seguenti: 2 familiari con diagnosi di carcinoma al seno al di sotto dei 50 anni di età o 3 familiari di cui almeno uno sotto i 40 anni; presenza di casi in famiglia di tumore al seno maschile; donna in famiglia con tumore al seno in entrambe le mammelle o sia al seno che all’ovaio; presenza in famiglia di una donna con diagnosi di tumore al seno al di sotto dei 35 anni di età. Qualora non sussista nessuna di queste condizioni, non è necessario sottoporsi al test genetico, anzi è sconsigliato; oltre a rappresentare un costo sanitario, l’attesa dell’esito del test causerebbero inutile ansia e stress.
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Ove necessario, il test viene effettuato tramite un semplice prelievo di sangue, dalle cui cellule viene poi estratto il DNA per le analisi genetiche. Un test positivo non significa avere la certezza di sviluppare il tumore, ma permette di fare una stima del rischio individuale più accurata e quindi approntare il programma di sorveglianza con esami clinici su misura per la singola donna.
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Fattori di rischio modificabili: la prevenzione primaria
Sono principalmente legati ai corretti stili di vita, e possono avere un ruolo molto importante, interagendo con i fattori genetici e anagrafici, nell’aumentare o ridurre il rischio di tumore al seno. Un’arma importante a disposizione di tutte le donne, da subito, per influenzare in positivo la salute del nostro seno.
Sana alimentazione
Una dieta troppo ricca di grassi saturi, tipica dei paesi occidentali, è associata a una maggiore incidenza di tumore al seno. Anche un eccessivo peso corporeo costituisce un fattore di rischio: il tessuto adiposo, soprattutto quello viscerale, è metabolicamente attivo e coinvolto nel metabolismo degli ormoni e può influenzare i tumori ormono-sensibili, come alcuni tipi di tumore al seno. Ecco perché è così importante seguire le linee guida per una sana e corretta alimentazione: la dieta mediterranea di una volta, caratterizzata dal consumo di cereali integrali e legumi, frutta e verdura in abbondanza e grassi buoni come quelli del pesce, dell’olio extravergine di oliva e della frutta secca. È preferibile quindi ridurre il consumo di carni rosse e grassi di origine animale a favore di alimenti che svolgono un ruolo protettivo nei confronti del tumore al seno.
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Ad esempio legumi, frutti di bosco, cereali integrali, soia e derivati contengono fitoestrogeni che nelle donne sane aiutano a proteggere dal tumore. Anche gli ortaggi a foglia, sia cotti che crudi, come spinaci, cicoria, bietola e lattuga agiscono regolando gli ormoni e proteggendo dall’insorgenza del tumore al seno.
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Fitoestrogeni e tumore al seno: non sempre nostri alleati
I fitoestrogeni sono molecole presenti in numerosi vegetali: sono così chiamati perché la loro struttura è simile a quella degli estrogeni prodotti dal nostro organismo. In una donna sana, i fitoestrogeni assunti con l’alimentazione competono con gli estrogeni dell’organismo per gli stessi recettori all’interno delle cellule, regolando così l’azione degli ormoni sul seno e agendo come fattori di protezione dal tumore. Sono quindi buoni alleati nella prevenzione del tumore al seno. Per quanto riguarda però chi ha sviluppato un particolare tipo di tumore al seno, positivo agli estrogeni e chiamato quindi ER+, l’argomento è stato a lungo oggetto di studi per il sospetto che i fitoestrogeni potessero esercitare un’azione opposta, favorendo la crescita del tumore anziché prevenirla. Oggi tale ipotetico effetto negativo dei fitoestrogeni contenuti negli alimenti per chi ha avuto diagnosi di cancro al seno è stato smentito, e un’alimentazione varia e completa in cui si consumino regolarmente vegetali contenenti fitoestrogeni sembra essere comunque protettiva. Diverso l’atteggiamento nei confronti dei supplementi a base di fitoestrogeni. La ricerca scientifica non è ancora in grado di dimostrare che assumerli sia sicuro per tutti.
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Il latte vaccino favorisce il tumore?
Della presunta relazione tra latte e tumori se ne sente parlare molto, soprattutto in rete e sui social media: ma cosa dice in realtà la scienza? In generale, dimostrare in maniera chiara l’effetto di un singolo alimento sullo sviluppo dei tumori è molto difficile. Tutti gli studi epidemiologici condotti finora non hanno portato a conclusioni univoche, sebbene per alcuni tumori (prostata e ovaio) sia stata avanzata l’ipotesi di un aumentato rischio collegato al consumo di latte, mentre per il tumore al colon risulterebbe protettivo. In generale al momento non esistono evidenze scientifiche che indichino che un suo consumo moderato aumenti in maniera diretta il rischio di sviluppare un tumore nelle persone sane. Uno dei fattori per cui il latte è stato a lungo indagato è la presenza (se pur variabile) di IGF-1, un fattore di crescita coinvolto anche nella proliferazione delle cellule tumorali. Inoltre il latte contiene lattosio: questo zucchero, una volta metabolizza-
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to in glucosio e galattosio, stimola la produzione di insulina, ormone che se eccessivamente stimolato influenza a sua volta l’infiammazione e la disponibilità, nella donna, di ormoni sessuali, che possono essere implicati nel tumore al seno. Oggi tali sospetti non hanno prodotto dati scientifici che abbiano associato il consumo di latticini con un aumento di rischio di tumore al seno, anche se oncologi e nutrizionisti talvolta, a titolo precauzionale e valutando la singola paziente, preferiscono consigliare alle donne che hanno già avuto un tumore al seno di limitare l'assunzione di latte. In ogni caso, è sempre bene attenersi alle raccomandazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana per il consumo di latte e derivati: 2-3 porzioni al giorno di latte o yogurt, e 2 alla settimana di formaggi, dove per singola porzione si intende: 125 ml di latte o yogurt (a basso contenuto di grassi), 100 grammi per formaggi, 50 grammi per i formaggi stagionati.
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Attività fisica
L’esercizio fisico apporta numerosi benefici al nostro organismo: regola il metabolismo, aiutando a bruciare le calorie in eccesso e a diminuire la massa grassa, tiene sotto controllo la glicemia e il metabolismo degli ormoni e rinforza il sistema immunitario. Analisi di numerosi studi clinici condotti su oltre 4 milioni di donne hanno dimostrato che praticare 1 ora al giorno di attività sportiva riduce del 12% il rischio di sviluppare tumore al seno. Già 30 minuti al giorno di movimento -basta una camminata a passo svelto- sono però sufficienti per godere dei benefici dell’attività fisica sul nostro organismo. Fare attività fisica fa bene anche dopo una diagnosi di tumore al seno: oltre ad aiutare a superare alcuni effetti collaterali delle cure, come dolori articolari e depressione, abbassa del 50-53% il rischio di mortalità per tumore rispetto a uno stile di vita sedentario.
Gravidanza e allattamento
Le donne che hanno avuto gravidanze prima dei 30 anni hanno un rischio lievemente inferiore di sviluppare un tumore al seno dopo la menopausa. Lo stesso accade alle donne che, in giovane età, hanno allattato i loro figli al seno: a partire da una durata di 6 mesi, quanti più mesi si è prolungato l’allattamento, quanto più appare ridotto il rischio.
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Dire no ad alcol e fumo
Recenti studi hanno dimostrato che anche un modesto consumo di bevande alcoliche può aumentare, seppur moderatamente, il rischio di tumore al seno sia in pre- che in post-menopausa. Meglio, quindi, berne il meno possibile. Diverse ricerche indicano che anche il fumo è collegato a un aumento del rischio di sviluppare tumore al seno.
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La prevenzione secondaria: i controlli che possono salvare la vita
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Scoprire un tumore in fase precoce significa aumentare le possibilità di guarigione, con trattamenti efficaci e poco invasivi. Ecco perché, accanto alla prevenzione primaria, è fondamentale la prevenzione secondaria, ovvero sottoporsi con regolarità agli accertamenti prescritti dal proprio medico di fiducia, secondo l’età e la storia personale. Oggi, la sopravvivenza a cinque anni per chi ha il tumore al seno è dell’88% ma se il tumore è individuato in fase inziale, quando ancora non dà sintomi ed è al di sotto di 1 cm di dimensione, e trattato secondo i migliori standard di cura, la percentuale arriva ben oltre il 90% . La diagnosi precoce, quindi, può davvero salvare la vita.
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Conosci il tuo corpo
Ogni donna deve imparare a conoscere il proprio corpo, senza ansie, per individuare eventuali cambiamenti e rivolgersi al medico in caso di segnali insoliti. È utile osservare i seni davanti a uno specchio, con le braccia prima distese e poi alzate, e poi sdraiate supine con un braccio sotto la testa, palpare ciascuna mammella con le dita della mano opposta. L’autopalpazione non sostituisce in alcun modo la visita senologica o l’esame strumentale (ecografia e mammografia). È importante, infatti, che l’eventuale presenza del cancro venga rilevata ancor prima della scoperta attraverso la palpazione.
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Occhio ai sintomi
È il momento di rivolgersi al proprio medico nel caso in cui alla vista o al tatto fossero presenti: →una o più formazioni nodulari; →protuberanze o ispessimenti del seno o della zona ascellare; →variazioni di forma e dimensioni; →secrezione di liquido dal capezzolo non collegabili a gravidanza o allattamento; →infossamenti o rilievi sulla superficie; →cambiamenti di aspetto della pelle, del capezzolo o dell’areola come gonfiori, arrossamenti, oppure sensazione di calore. È bene ricordare che il dolore al seno non è solitamente un sintomo di tumore: è meglio comunque agire prontamente parlando col proprio medico curante o con un senologo, anche per ricevere al più presto rassicurazioni o soluzioni.
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Mammografia, ecografia e non solo. Facciamo chiarezza
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Gli strumenti per effettuare la diagnosi di tumore al seno sono molteplici. Partiamo con la mammografia, ovvero la radiografia della mammella utile per scoprire la presenza di noduli, microcalcificazioni o altri segni indiretti di una possibile neoplasia. Con la mammografia vengono identificate l’85-90% di tutte le neoplasie prima ancora che siano palpabili; gli strumenti più moderni consentono di ottenere una grande sensibilità diagnostica utilizzando il minimo possibile di radiazioni, ad una dose comunque non dannosa. La mammografia è ottimale per l’analisi di un seno adiposo: non è quindi consigliata alle donne sotto i 40 anni (salvo alcune eccezioni, come le donne
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ad alto rischio), che generalmente presentano un seno meno adiposo e più denso e ghiandolare. Negli ultimi anni inoltre, si è sviluppata la tecnica della mammografia digitale, che permette di avere immagini ad alta definizione utilizzando dosi di radiazioni ancora minori rispetto alla mammografia tradizionale (analogica). L’ecografia, invece, usa gli ultrasuoni per rilevare la presenza e la natura di un nodulo, e può discriminare una cisti solida da una a contenuto liquido. È adatta anche per analizzare un seno più denso e ghiandolare, ed è per questo consigliata anche alle donne giovani. Per le diagnosi più approfondite i medici utilizzano l’agoaspirato, un esame durante il quale si preleva un campione di cellule da un nodulo mammario che viene inviato al patologo per ottenere un esame citologico. L’agobiopsia, invece, è una tecnica che consente di prelevare un campione di tessuto intero da una zona ritenuta sospetta, potendo cosi effettuare un esame istologico. Vi è poi la biopsia escissionale, l’asportazione chirurgica totale o parziale di un nodulo effettuata da un chirurgo per essere analizzata in seguito da un patologo con un esame istologico. Infine in alcuni casi, come per esempio per donne a elevato rischio di tumore mammario, con diagnosi in atto o precedentemente operate, è utile anche sottoporsi a una risonanza magnetica con liquido di contrasto. È un esame che utilizza
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campi magnetici, assolutamente non pericolosi per la salute, ed è caratterizzato da elevata sensibilità: può identificare un tumore maligno anche nei casi in cui mammografia ed ecografia non siano in grado di riconoscerlo. Tuttavia, la risonanza magnetica deve essere sempre effettuata parallelamente a mammografia ed ecografia; i risultati infatti, se non integrati dalle informazioni degli esami di screening tradizionali, possono portare anche a errori nella diagnosi e a falsi positivi. La ricerca, anche in diagnostica, non si ferma mai: i medici e gli oncologi stanno mettendo a punto strumenti di indagine sempre più precisi e sensibili per la diagnosi e la prevenzione del tumore al seno. Tra le nuove metodologie vi sono ad esempio la tomosintesi, una sorta di mammografia in 3D utilizzata soprattutto per approfondimenti diagnostici, e l'ecografia automatica 3D, ancora oggetto di studio per valutare la sua efficacia clinica e quindi ancora non utilizzata di routine.
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Tumore al seno: un problema non solo femminile
Accade naturalmente molto meno rispetto all’universo femminile, eppure il tumore al seno colpisce anche gli uomini pur se in una percentuale molto bassa: solo l’1-2% delle neoplasie mammarie totali, per un numero di circa 500 malati ogni anno in Italia. Può considerarsi un tumore della “maturità”, perché gli uomini che ne sono colpiti sono di età compresa tra i 60 e i 70 anni. Il tumore alla mammella maschile è più frequente nelle famiglie in cui sono presenti mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2; proprio la presenza di diagnosi di questo tipo nell’uomo sono una delle condizioni per far sospettare la presenza della mutazione in famiglia da indagare con un test genetico. Anche in questi casi la diagnosi precoce è fondamentale per garantire una buona prognosi: si può presentare con un nodulo, o con sintomi come alterazioni dell'aspetto della pelle, retrazione del capezzolo o perdite dallo stesso. Gli esami sono praticamente gli stessi consigliati alle donne: per le prime indagini viene effettuata la mammografia, l‘ecografia e, se necessario,
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l’agoaspirato, la biopsia e la risonanza magnetica. Un ammonimento quindi anche agli uomini: riservare la giusta attenzione alla propria salute significa non trascurare nessun “segnale” anomalo. Solo così è possibile garantirsi un futuro di benessere per il maggior tempo possibile.
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Gli esami giusti per ogni età
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Quali esami fare e a quale età? Qui di seguito, i consigli di Fondazione Umberto Veronesi per la diagnosi precoce del tumore mammario. Si tratta di indicazioni generali: ogni donna dovrebbe sempre rivolgersi al proprio medico di fiducia per valutare insieme il proprio programma personalizzato.
Dai 25 ai 40 anni
→Autopalpazione del seno (1 volta al mese dopo ogni ciclo mestruale) →Visita senologica ed ecografia mammaria, almeno una volta o secondo le indicazioni del medico curante dopo valutazione del rischio personale.
Dai 40 ai 50 anni
→Autopalpazione del seno (1 volta al mese dopo ogni ciclo mestruale) →Visita senologica, mammografia ed ecografia mammaria ogni 1-2 anni.
Dopo i 50 anni
→Autopalpazione del seno (1 volta al mese) →Visita senologica, mammografia ed ecografia mammaria ogni anno. Mammografia: falsi negativi, falsi positivi e sovradiagnosi Come per tutti gli esami diagnostici, anche la mammografia,
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pur avendo attualmente raggiunto standard di affidabilità molto elevati, non è infallibile. In particolare, possono verificarsi casi di falsi negativi, di falsi positivi o di sovradiagnosi, che sono i principali punti deboli connessi all’utilizzo su larga scala della mammografia. I falsi negativi, ovvero i casi in cui la mammografia non vede un tumore che in realtà è presente, si verificano soprattutto con i carcinomi lobulari, fortunatamente molto meno frequenti dei carcinomi duttali che invece sono in genere diagnosticati precocemente con la mammografia. Eseguire anche l’ecografia del seno può essere una strategia per identificare tumori non visti dalla mammografia. I falsi positivi sono rappresentati da ciò che la mammografia vede nel seno, e che poi a un esame successivo e più approfondito, come la risonanza o l’ago aspirato, risulta non essere un tumore. Tipici casi di falsi positivi sono dovuti a microcalcificazioni, presenza di tessuto fibroso, seno policistico o iperdenso. In questi casi la donna affronta esami di indagine aggiuntivi, come l’ago aspirato, che possono provocare disagi fisici e ansia nell’attesa dell’esito, ma non va incontro a rischi rilevanti per la salute. Più problematica è invece la questione delle sovradiagnosi, ovvero tutti quei casi in cui la mammografia rivela sì la presenza di una massa tumorale, ma di carcinomi in situ, di tumori benigni o che sarebbero eliminati naturalmente, senza causare quindi una vera minaccia per la salute della donna. Attualmente non è ancora possibile stabilire con certezza
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quali tumori non possano evolvere in forme maligne; una volta diagnosticati con la mammografia (e con altri esami di approfondimento), le donne affrontano lo stesso percorso terapeutico, spesso pesante, di chi ha un tumore maligno e invasivo. È anche doveroso dire che standard qualitativi elevati nella realizzazione dell’esame e nell’interpretazione del referto, da parte di medici esperti e con le tecnologie più all’avanguardia, riducono sensibilmente il numero delle sovradiagnosi. La possibilità di incorrere in falsi positivi e nella sovradiagnosi esiste quando ci si sottopone alla mammografia, soprattutto per le donne giovani, tra i 40 e i 50 anni. È giusto che le donne siano correttamente informate affinché possano compiere scelte consapevoli; la mammografia a tutt’oggi resta comunque l’esame più importante per la diagnosi precoce del tumore al seno, che può davvero fare la differenza nell’esito delle cure in caso di malattia.
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Lo screening mammografico del Sistema Sanitario Nazionale
Il Sistema Sanitario Nazionale prevede un programma di screening mammografico gratuito per tutte le donne comprese nella fascia di età di maggior rischio per il tumore al seno: in generale, con cadenza annuale o biennale per tutte le donne tra i 49 e i 69 anni di età, anche se diverse regioni hanno esteso la copertura gratuita anche dai 45 anni e fino ai 65-70 anni. Secondo l’Osservatorio Nazionale Screening, gli ultimi dati, relativi al 2021, mostrano che per quanto riguarda il numero di inviti allo screening siamo tornati ai li-
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velli pre-pandemia, mentre per quanto riguarda la percentuale di donne che aderisce (attualmente pari a circa il 56%) siamo in aumento ma ancora a un tasso inferiore a quello pre-2020 (pari al 60%). Le differenze tra nord, centro e sud Italia sia in termini di inviti che di adesioni, esistenti da ben prima dell’arrivo di Covid-19, permangono: il ritardo causato dall’emergenza è comunque in via di recupero in tutte e tre le aree, con il numero di inviti che al Nord e al Centro ha superato i livelli del 2019 e al Sud è di poco inferiore. Nonostante i dati in progressivo miglioramento, anni, ma ancora troppe sono le donne che trascurano la salute del proprio seno e non eseguono i controlli che potrebbero, invece, fare la differenza.
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Tumore al seno: le tecniche di intervento più innovative
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Ricevere una diagnosi di tumore al seno è sempre uno shock per ogni donna: paura, rabbia, tristezza e sgomento sono emozioni assolutamente normali ma, per fortuna, la ricerca medico-scientifica ha compiuto enormi progressi anche nel trattamento e nelle terapie del tumore al seno. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi sfiora il 90%: la vita dopo un tumore al seno è oggi una realtà nella maggior parte dei casi. Il percorso terapeutico è valutato caso per caso per offrire a ogni donna quello più adatto al suo tipo di tumore e allo stadio della malattia, ma in generale comprende una combinazione delle seguenti opzioni: →Chirurgia →Radioterapia →Chemioterapia →Ormonoterapia →Terapia mirata o ‘target’ o a bersaglio molecolare →Immunoterapia La chirurgia è generalmente applicata in tutti i casi di tumore al seno. Da trent’anni, grazie al lavoro pioneristico di Umberto Veronesi, la chirurgia conservativa della mammella associata alla radioterapia per i tumori in fase iniziale è una realtà consolidata in tutto il mondo. Grazie alla tecnica della quadrantectomia può essere rispar-
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miata la mammella, che un tempo veniva sempre e completamente asportata anche per un tumore di piccole dimensioni. Lo studio milanese sulla chirurgia conservativa ha infatti evidenziato che non ci sono differenze di guarigione tra intervento conservativo associato a radioterapia e mastectomia. Oggi anche i linfonodi ascellari possono essere salvati grazie alla tecnica della biopsia del linfonodo sentinella. Viene prelevato in maniera mirata un solo linfonodo, il primo che può essere raggiunto da eventuali cellule tumorali, e viene esaminato esaustivamente: se questo è sano non vi è necessità di asportare gli altri linfonodi. Lo svuotamento ascellare viene effettuato solo quando il linfonodo sentinella è interessato dalla malattia. Nell’ottica di offrire trattamenti sempre più conservativi, la radioterapia intraoperatoria (nei casi in cui è indicata e possibile) consente con un'unica applicazione di radioterapia durante l’intervento chirurgico di evitare il normale trattamento post-operatorio, che consiste in 30 applicazioni quotidiane. Già migliaia di pazienti hanno beneficiato di questa nuova tecnica. L’utilizzo e la scelta di terapie “farmacologiche” come chemioterapia, ormono-terapia o terapie con farmaci intelligenti dipende dal tipo di tumore della singola paziente. I farmaci chemioterapici più utilizzati sono le antracicline (come la doxorubicina e l’epirubicina), i taxani (paclitaxel e
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docetaxel), i derivati del platino (ad esempio il cisplatino o il carboplatino) o del fluoro (5-fluorouracile e capecitabina), il metotrexate, la vinorelbina e la gemcitabina. Sono spesso utilizzati più farmaci in combinazione: ognuno di loro colpisce un diverso meccanismo alla base della crescita cellulare, e somministrarli insieme consente di aggredire le cellule che si stanno attivamente moltiplicando (principalmente quelle tumorali) in maniera più efficace. Si tratta dell’intervento farmacologico di solito proposto alle donne affette da un tumore al seno triplo negativo, tipologia per cui non disponiamo ancora di terapie ad hoc. I tumori positivi ai recettori ormonali, che quindi vengono stimolati a crescere in risposta agli ormoni, possono invece essere trattati con molecole che contrastino questo specifico meccanismo. Ne esistono diverse (le principali sono il tamoxifene, gli inibitori delle aromatasi, il fulvestrant e gli analoghi del GnRH): ognuna blocca l’azione degli ormoni secondo una diversa strategia, e vengono somministrate soprattutto in base all’età e alla storia di ciascuna paziente. Per quanto riguarda invece i tumori positivi alla proteina HER2, esistono farmaci (detti “a bersaglio molecolare”) rivolti specificamente contro questa proteina, in primis il trastuzumab e il lapatinib. L’immunoterapia è una tecnica recente e promettente, da poco applicata anche nella cura del tumore al seno metastatico, che ha per obiettivo quello di attivare il sistema immu-
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nitario del paziente contro la neoplasia. I bersagli dell’immunoterapia sono i cosiddetti checkpoint immunitari (come la proteina PD-L1 e il suo recettore PD-1). Questi complessi proteici funzionano come un “freno” per il sistema immunitario: "sbloccandoli”, si vuole aumentare l’efficacia della risposta immune contro il tumore. Grazie alla ricerca, dunque, oggi abbiamo tante armi a nostra disposizione per contrastare le diverse forme di tumore al seno, che hanno consentito di aumentare i tassi di sopravvivenza e affrontare la malattia con più serenità.
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Tumore al seno e gravidanza: un binomio possibile
La menopausa precoce è uno dei principali effetti collaterali delle chemioterapie per il tumore al seno nelle giovani donne. Per molti anni, questo ha messo le donne davanti a un bivio; dover rinunciare alla maternità per intraprendere le cure. Ora, grazie ai progressi della ricerca, le giovani pazienti hanno una speranza concreta in più: avere un figlio dopo la malattia. L'arma che gli oncologi hanno a disposizione è un farmaco somministrato mensilmente che protegge le ovaie dalla chemioterapia, preservando quindi la funzione ovarica e la fertilità delle giovani donne. L’Italia è stata in prima linea in questa ricerca, coordinata dalla Dottoressa Lucia del Mastro presso l’Ospedale San Martino-Istituto Tumori di Genova. Un altro, importante traguardo della ricerca riguarda le donne che scoprono il tumore durante la gravidanza: chemioterapia o la ricerca del linfonodo sentinella non arrecano danni al nascituro, anche a distanza di anni.
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Si allontana lo spettro di interruzioni di gravidanza, parti anticipati o il rinvio di cure salvavita dopo la nascita del bimbo: un altro importante passo nella giusta direzione per rendere definitivamente il tumore al seno sempre più curabile e garantire alle donne una vita piena e felice dopo la malattia.
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Tumore al seno metastatico: un nemico da tenere e bada
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La ricerca e la diagnosi precoce hanno permesso di raggiungere risultati un tempo insperati nella cura del tumore al seno: oggi in media l’88% delle donne affette da questa malattia sono vive a distanza di 5 anni dalla diagnosi, un numero che non cambia molto (80%) se invece consideriamo un periodo di 10 anni. L’obiettivo oggi è quindi soprattutto quello di evitare che le ex-pazienti incorrano in recidive, evento che purtroppo oggi riguarda circa un terzo delle donne a cui sia stato diagnosticato un tumore al seno, e di identificare opzioni terapeutiche sempre più efficaci per trattare quella fascia di pazienti (circa il 6-7%) che scoprono il tumore in una fase già metastatica. Due condizioni di cui purtroppo ancora oggi si parla troppo poco, e di cui invece ci sarebbe bisogno di più informazione sia per dare la giusta attenzione alle donne che le vivono tutti i giorni, sia per fare luce sul grosso lavoro che la ricerca sta facendo in questo ambito, con importanti risultati.
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Oggi solo nel nostro Paese sono circa 37 mila le donne con cancro della mammella metastatico. Molte di queste sono giovani: secondo una recente indagine condotta da GFK-Eurisko per Europa Donna, in Italia circa un terzo delle pazienti affette da un tumore al seno metastatico ha meno di 45 anni, circa il 40% lavora e il 50% ha un figlio minorenne. Donne quindi nel pieno della loro vita professionale e familiare, per le quali è assolutamente fondamentale non solo individuare le migliori strategie terapeutiche, ma anche preservare una qualità di vita il più possibile simile a chi non sia ammalata. Il tumore del seno metastatico è una condizione particolare: ancora oggi non consente una completa guarigione, ma con i farmaci a nostra disposizione è possibile renderla una malattia cronica, con la quale convivere anche per diversi decenni dopo la diagnosi. I trattamenti mirati di ultima generazione sono infatti in grado di “tenere sotto controllo” il tumore, arrestandone o rallentandone il decorso. Questa opportunità è legata soprattutto alla possibilità di caratterizzare la malattia di ciascuna paziente dal punto di vista molecolare, e di proporre a ciascuna una terapia “a bersaglio” specifica. Ad esempio nel caso dei tumori al seno ormone-dipendenti a stadio avanzato è possibile ottenere un controllo della malattia affiancando, alla classica terapia ormonale, farmaci come l’everolimus o gli inibitori delle cicline (palbociclib, ribociclib, abemaciclib), rispettivamente un inibitore della proteina mTOR e inibitori delle proteine CDK4/6, tutte coinvolte nella
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crescita delle cellule tumorali. Nel caso invece dei tumori HER2+, è possibile abbinare la chemioterapia a due anticorpi (trastuzumab e pertuzumab) contro la proteina HER2, Tuttavia, la ricerca clinica più recente per i tumori HER2+ si sta orientando verso l'utilizzo di anticorpi coniugati (vedi box dedicato), sempre in abbinamento alla chemioterapia. Per quanto riguarda i tumori metastatici triplo negativi, in Italia è attualmente approvato l'utilizzo dell'immunoterapia con atezolizumab (altri farmaci sono in fase di approvazione). Accanto ai trattamenti per cronicizzare il tumore, sono poi disponibili terapie per fronteggiare eventuali complicanze legate alle metastasi e migliorare quindi la qualità della vita delle pazienti. Ad esempio, nel caso di metastasi alle ossa (una delle sedi più comuni di metastatizzazione del tumore al seno, assieme a polmoni, pleura, linfonodi, cute e fegato) possono venire prescritti farmaci come i bifosfonati o il denosumab, per contrastare il riassorbimento osseo e ridurre così il dolore e il rischio di fratture.
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Il concetto di guarigione
Il concetto di guarigione in ambito oncologico è diverso da quanto intendiamo per altri tipi di malattie ed è estremamente variabile da un tumore all’altro. Questo perché alcune forme tumorali possono ripresentarsi anche dopo anni dalla diagnosi, oppure perché (come nel caso dei tumori metastatici del seno) la strategia non è quella eliminare la neoplasia – un obiettivo non sempre realizzabile – quanto di tenerla a bada e cronicizzarla. In ogni caso, una definizione clinica di guarigione è presente nel volume I numeri del cancro in Italia, 2022 (AIOM- AIRTUM): «Dal punto di vista clinico, la parola “guarito”, si riferisce alla remissione completa di una malattia neoplastica, indipendentemente dalla presenza o assenza di sequele tardive dei trattamenti. […] Un malato di cancro può essere definito “guarito” solo nel momento in cui l’aspettativa di vita è la stessa di quella di una persona dello stesso sesso e della stessa età nella popolazione generale. L’indicatore utilizzato […] è il “tempo per la guarigione”, e per il tumore alla mammella è di 17 anni.»
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È bene tuttavia considerare che, con il passare degli anni, il rischio di ricadute si riduce in modo significativo. Per questo motivo, per convenzione, si ritiene che trascorsi 5 anni senza ricomparsa della malattia ci si possa considerare ragionevolmente tranquilli poiché il rischio di recidive si riduce sensibilmente. Un altro momento convenzionalmente importante sono i 10 anni dalla diagnosi senza recidive, traguardo dopo il quale le probabilità di incorrere in una ricaduta sono generalmente molto basse.
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La rivoluzione del trastuzumab deruxtecan
Lo studio Destiny-Breast04, presentato al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) 2022, è destinato a cambiare profondamente la cura dei tumori metastatici HER2+. Secondo i risultati dello studio, l’utilizzo di trastuzumab deruxtecan nei tumori positivi a HER2 (ma con bassa presenza di questo recettore) è in grado di raddoppiare la sopravvivenza libera da malattia e di migliorare significativamente la sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia standard. Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo coniugato, cioè un farmaco composto sia da un anticorpo in grado di riconoscere il recettore (HER2) a cui viene coniugato (o aggiunto) un chemioterapico in grado di bloccare la crescita del tumore. L’importanza di questo studio risiede non solo nell’innovazione farmacologica, ma anche nel numero delle donne potenzialmente coinvolte. Questi anticorpi coniugati, infatti, si sono dimostrati efficaci non solo per i tumori classificati come HER2+ (circa il 15% di tutti i tumori del seno), ma anche per tumori classicamente ca-
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talogati come HER2+: un risultato sorprendente. L’ipotesi è che una parte dei pazienti HER2- negativi debbano essere in realtà considerati come “HER2-low”, ovvero con una bassa presenza del recettore. Questo potrebbe spiegare l’efficacia degli anticorpi coniugati, offrendo a molti pazienti una nuova soluzione terapeutica. Numerosi studi sono attualmente in corso e i risultati potrebbero apprezzarsi in tempi brevi.
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L'impegno di Fondazione Veronesi nella ricerca contro i tumori femminili
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È uno degli obiettivi cardine per i prossimi anni: offrire un’informazione accessibile e autorevole su molteplici aspetti connessi ai tumori tipici delle donne (quelli di seno, utero e ovaio). I destinatari dell’impegno di Fondazione Umberto Veronesi sono prima di tutto le donne, che hanno il diritto di conoscere più approfonditamente questi tumori ed imparare ad attivarsi in una prospettiva di reale prevenzione: un esempio diretto è questo quaderno, studiato per rispondere all’esigenza di avere risposte chiare e semplici con un linguaggio “alla portata di tutti”.
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La divulgazione scientifica di Fondazione non si ferma alle “dirette interessate”, ma è rivolta all’intero universo femminile perché queste patologie non siano mai dimenticate: la consapevolezza è il primo passo per effettuare prevenzione e diagnosi precoce, la vera arma salvavita. Naturalmente, non ci sarebbero cure efficaci e metodologie di diagnosi precoce sempre più precise senza la ricerca scientifica, che ha cambiato la vita di migliaia di donne. Per questo è importante continuare a lavorare per individuare soluzioni innovative per anticipare il più possibile la diagnosi, trovare nuove terapie, nuovi farmaci, in grado di sconfiggere definitivamente tutti i tipi di tumori femminili. Per raggiungere questi obiettivi, Fondazione Umberto Veronesi: →promuove la prevenzione, indispensabile per iper evitare la malattia o individuarla nelle primissime fasi, e fare informazione sul tema in modo serio, accurato, aggiornato; →sostiene concretamente la ricerca, grazie al finanziamento di borse di ricerca per medici e scienziati che hanno deciso di dedicare la loro vita allo studio e alla cura dei tumori femminili.
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Un grande obiettivo che necessita del contributo di tutti
Basta anche solo una piccola donazione per incrementare i fondi necessari alla ricerca, fondamentale per sviluppare strategie di cura sempre più efficaci e meno invasive e massimizzare così le probabilità di guarigione. Pochi euro si trasformano in grandi prospettive per un futuro sempre più vicino. Visita il sito fondazioneveronesi.it
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Le risposte scientifiche alle domande di tutti
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Ho sentito parlare di prevenzione anche per quanto riguarda i tumori. È davvero possibile? Anche nel caso di quello al seno?
Certo che è possibile! Sono almeno due le possibilità di fare prevenzione di cui siamo direttamente responsabili: sono connesse alle scelte più o meno “salutari” del nostro stile di vita e alla continuità con la quale eseguiamo gli esami clinici di controllo consigliati dal nostro medico di fiducia. Da questi due fattori dipende la nostra salute molto più di quanto si
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pensi. Un’alimentazione povera di grassi e ricca di vegetali e fibre, una vita meno sedentaria, non fumare, limitare il consumo di alcolici: già queste prime precauzioni personali sono in grado di diminuire l’insorgenza di alcune tipologie di tumore, tra cui quello al seno, anche fino al 30%. Nella prevenzione ricopre un ruolo fondamentale la diagnosi precoce: significa sottoporsi con regolarità agli accertamenti prescritti secondo l’età, che contribuiscono ogni anno ad individuare oltre il 30% di tumori che sarebbero invece diagnosticati forse troppo tardi per sperare in una completa guarigione. Per quanto riguarda il tumore al seno questi esami sono l’ecografia, da effettuare ogni 1-2 anni a seconda dell'età, e la mammografia, da eseguire ogni 1-2 anni a partire dai 40 anni di età.
Almeno due tra le mie amiche si sono ammalate di tumore al seno. Non è stata un’esperienza facile anche perché non sapevano cosa fare, come farsi aiutare. Vorrei essere più preparata nel caso accadesse anche a me. Il periodo successivo alla diagnosi di una malattia importante come il tumore al seno è senza dubbio difficile; i rischi sono molteplici. Si può cadere nel panico e deprimersi temendo di non avere più un futuro ma anche passare le giornate su internet cercando risposte e rassicurazioni ovunque. Due atteggiamenti comprensibilissimi è quello più diffuso tra
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le donne (colpisce circa una donna su otto) ma è altrettanto vero che oggi la malattia si supera circa nell'88% dei casi. Una diagnosi di tumore al seno non è quindi necessariamente una “sentenza di morte”, anzi! Agire in modo corretto e tempestivo è invece la soluzione più giusta. Individuare un centro di eccellenza in grado di offrire tutte le possibilità più all’avanguardia e uno specialista al quale affidarsi: questo è il modo migliore per sentirsi più tranquille.
Sono entrata da poco in menopausa: è vero che corro più rischi? Come mi devo comportare? L’incidenza del tumore al seno nelle donne che hanno un’età inferiore ai 35 anni, in effetti, è molto minore rispetto alle donne di età superiore. Il 75% delle pazienti ha un’età superiore ai 50 anni: l’età è in realtà il vero “fattore di rischio” del tumore rispetto al fattore menopausa. Dai 40 anni in poi è bene sottoporsi alla mammografia e ascoltare i segnali del proprio corpo in un momento di grande cambiamento. Si faccia consigliare dal suo medico di fiducia nel caso si sottoponga ad una terapia ormonale per combattere i sintomi della menopausa. Curi il più possibile la sua dieta alimentare e mantenga uno stile di vita attivo che aiuta anche nel tenere sotto controllo il peso.
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Esiste una correlazione tra tumore al seno e cattiva alimentazione? Se è così, quali sono gli alimenti “buoni” in grado di aiutare a proteggermi dalla malattia?
Fortunatamente se ne parla sempre più spesso: dalle nostre scelte alimentari dipende molto della nostra salute, anche per quanto riguarda il tumore al seno. Esistono categorie di alimenti che sono veri e propri “protettori” contro l’insorgere di questa patologia: la soia, i vegetali della famiglia delle crucifere (cavoli, broccoli, etc.), il tè verde, i frutti di bosco, i cereali integrali, contengono fitoestrogeni che, nelle donne sane, proteggono dal tumore. Anche gli ortaggi a foglia, sia cotti che crudi, come spinaci, cicoria, bietola e lattuga agiscono regolando gli ormoni e proteggendo dall’insorgenza del tumore al seno. Una dieta ricca di proteine vegetali aiuta a mantenere bassi i livelli di insulina nel sangue e quindi risulta realmente protettiva. Alimentarsi in modo errato ha come conseguenze l’aumento ponderale, altro fattore che favorisce l’insorgenza del tumore al seno. In più tutti gli esperti consigliano ormai di aumentare il consumo di fibre utili per il loro contenuto di fitoestrogeni e perché riducono l’assorbimento degli ormoni presenti nell’apparato digerente. È possibile alimentarsi in modo molto soddisfacente per il palato e, al contempo, salvaguardare concretamente la propria salute partendo dalla tavola.
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So che sono stati fatti tanti passi avanti dal punto di vista medico per quanto riguarda le protesi al seno: cosa succede adesso?
Oltre ad una politica sempre più conservativa, che lavora quindi sul “minimo danno estetico possibile”, un altro grande passo avanti a livello chirurgico per quanto riguarda il tumore al seno è quello connesso alla ricostruzione della mammella contestualmente all’asportazione del tumore. Questo consente di evitare, quando possibile, un secondo intervento di chirurgia estetica e dal punto di vista psicologico rappresenta un ulteriore sollievo perché è meno forte, da parte delle pazienti, la sensazione di “menomazione” del proprio corpo. Oggi le protesi mammarie possono essere provvisorie, ovvero un seno finto utile per il periodo di rimarginazione della ferita,
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oppure permanenti. Anche le protesi esterne sono create “a regola d’arte” perché la sensazione vissuta dalle pazienti che le portano sia di estrema naturalezza: ormai se ne studia precisamente il peso, è ben bilanciata e si muove quasi come un seno naturale per evitare squilibri nel movimento e problemi di portamento. La protesi viene posizionata all’interno del reggiseno ed è realizzata in modo tale da corrispondere al colore della pelle e alla forma dell’altra mammella. Sono in studio inoltre, anche se attualmente non vengono ancora utilizzate nella routine clinica, tecnologie all’avanguardia volte a ricostruire la mammella su misura della paziente, senza l’impiego di protesi in silicone ma combinando biomateriali, tecniche di stampa 3D e autotrapianto di cellule adipose, per eliminare gli eventuali problemi legati alle protesi e restituendo alle pazienti il seno il più naturale possibile come era prima dell’operazione.
Tumore al seno e tumore alle ovaie: è vero che sono correlati tra loro? Il tumore alla mammella e quello dell’ovaio non sono tra loro correlati. Esistono però alcune donne che possono avere mutazioni genetiche, ereditate da un genitore, che predispongono allo sviluppo sia del tumore della mammella sia del tumore dell’ovaio.
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Queste mutazioni riguardano ad esempio i geni BRCA1 e BRCA2; in questi casi il rischio di avere un tumore al seno può aumentare fino all’80% e quello alle ovaie del 50%. Queste donne appartengono a famiglie dove questi tumori sono particolarmente frequenti e richiedono forme di prevenzione più intensive rispetto alle loro coetanee, fino ad arrivare anche ad interventi chirurgici profilattici, come è stato il caso dell’attrice Angelina Jolie.
La storia di Angelina Jolie mi ha colpita molto: dovremo quindi tutte sottoporci a un test genetico?
Angelina Jolie è portatrice di una mutazione genetica nel gene BRCA1: chi ha questa mutazione ha un altissimo rischio di sviluppare tumore al seno e alle ovaie in giovane età, ed è una mutazione ereditaria che si trasmette nelle famiglie dai genitori ai figli. Le donne che hanno questa mutazione sono considerate a rischio alto. Solo il 5% circa di tutti i tumori al seno è causata da mutazioni in questo o altri geni; la stragrande maggioranza delle donne quindi non è portatrice di specifiche mutazioni. Esistono una serie di condizioni che fanno sospettare non solo una semplice familiarità e quindi un rischio medio, ma una vera e propria ereditarietà con rischio elevato: 2 o più familiari stretti colpiti da tumore, che spesso insorge in giovane età tra i 30 e i 35 anni, presenza di molteplici foci e bilateralità della
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mammella colpita, compresenza di tumore al seno e anche alle ovaie, e casi di tumore al seno nei maschi della famiglia. Solo in questi casi è opportuno eseguire il test genetico; sarebbe inutile e stressante per una donna fare un test di questo tipo se in realtà non ci sono i presupposti per sospettare una ereditarietà.
In cosa consistono la mastectomia e la rimozione delle ovaie preventiva?
La mastectomia e la rimozione delle ovaie consistono nell’asportazione chirurgica di mammelle e ovaie, cioè gli organi che, a causa della presenza di mutazioni genetiche, come quelle nei geni BRCA1 e BRCA2, avrebbero un alto rischio di sviluppare un tumore, mettendo potenzialmente a rischio la vita della donna. Si tratta di una forma di prevenzione, seppur radicale, e di una scelta molto impegnativa sia sul piano psicologico che sul piano fisico: la rimozione delle ovaie infatti, oltre a precludere eventuali maternità, causa anche menopausa precoce, con tutte le sue conseguenze. È bene ricordare che questo tipo di prevenzione ha senso solo per quella piccola percentuale di donne che possiede specifiche mutazioni genetiche e che, in ogni caso, non è indispensabile per una donna positiva al test genetico sottoporsi alla chirurgia preventiva; l’importante è che si sottoponga agli esami clinici di controllo e sorveglianza con una frequen-
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za maggiore rispetto alle donne a rischio normale, mettendo a punto un piano di screening personalizzato col proprio medico di fiducia.
Mi hanno parlato della possibilità di una terapia fatta su misura per me: è davvero così?
Diciamo che è sempre più così: siamo tutti diversi perché caratterizzati da DNA che ci rende individui unici. Per questo anche anche tumori della stessa tipologia presentano caratteristiche molecolari diverse da paziente a paziente. Il futuro più prossimo sarà quello di effettuare scelte terapeutiche non più basate su protocolli standard ma creati “a misura di paziente”: si tratta della medicina personalizzata e di precisione, che pian piano diventerà sempre più il presente della moderna pratica clinica. Da qui nascono soluzioni e tecniche innovative che, pur provate sui numeri, lavorano sul singolo e sulla sua reazione specifica. È un augurio quindi, che si sta traducendo sempre più in realtà.
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È vero che adesso è possibile avere un bambino anche dopo le cure per un tumore al seno? È vero, ed è una delle conquiste più importanti e recenti della ricerca biomedica nel campo del tumore al seno, che in molti casi ora non priva più le donne di una delle gioie più grandi: diventare mamme. È infatti disponibile un trattamento farmacologico-ormonale da assumere durante la chemioterapia e in grado di preservare la fertilità della donna. Ma non è finita qui: in certi casi, ormai sempre più numerosi, è possibile iniziare le terapie anti-tumorali (dopo il primo trimestre) anche se si scopre il tumore al seno in gravidanza, senza rischi di nessun tipo per il nascituro e senza intaccare l’efficacia delle terapie. Una vittoria della ricerca e della vita!
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Ho un seno molto abbondante: ho più probabilità di sviluppare un tumore rispetto a donne con un seno piccolo?
Niente paura per le donne che possiedono un seno abbondante: il rischio di sviluppare un tumore non ha niente a che vedere con le dimensioni del seno. È possibile però che sia meno semplice effettuare l’autopalpazione rispetto a chi possiede un seno più piccolo: non è una “scusa” per non effettuarla, ricordando che comunque non è in alcun modo sostitutiva degli esami medici di controllo come l’ecografia e la mammografia.
Ho una protesi estetica al seno e mi hanno detto che è inutile sottoporsi a una mammografia perché non si vedrebbe niente.
È essenziale che anche le donne con protesi estetiche si sottopongano con regolarità, in funzione dell’età, agli esami di controllo, primi fra tutti la mammografia: è possibile, tuttavia, che in presenza di protesi alcune aree della mammella non siano visibili; in questo caso l’esame deve essere completato con ecografia e, talvolta, con risonanza magnetica. È vero che la pillola anticoncezionale aumenta il rischio di tumore al seno? E la terapia ormonale sostitutiva? Stando alle evidenze oggi a disposizione, effettivamente le pillole contraccettive orali aumentano lievemente il rischio
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di sviluppare un tumore al seno in futuro. Di contro esercitano un ruolo protettivo nei confronti del tumore delle ovaie, dell’endometrio e del colon-retto. E per quanto riguarda la terapia ormonale sostitutiva, utilizzata per alleviare i sintomi della menopausa? Secondo le più recenti ed estese analisi di diversi studi clinici, questa terapia non è associata a un aumento del rischio di sviluppare un tumore al seno. Solo in caso di avvenuta diagnosi di tumore al seno sia la pillola anticoncezionale che la terapia ormonale sostitutiva sono controindicate. In generale, sia la pillola che la terapia ormonale sostitutiva non vanno prese alla leggera, ma neanche demonizzate: possono essere strumenti molto importanti, anche per alleviare dolori e sintomi particolarmente invalidanti. Ecco perché il loro utilizzo e il bilancio rischi-benefici andrebbe valutato caso per caso insieme al medico.
Libertà di sapere. Libertà di scegliere - Tumore al seno
Mia madre ha avuto un tumore al seno: sono a rischio anche io?
Il tumore al seno è quello più diffuso tra le donne: rappresenta il 30% circa di tutte le diagnosi di tumore nel sesso femminile. Tre quarti delle diagnosi di tumore sono definite sporadiche, cioè avvengono in donne che non hanno altri casi di parenti stretti con tumore la seno. Chi sviluppa un tumore al seno e ha un parente stretto, come la mamma e la nonna, che a sua volta ha avuto un tumore al seno ricade nel 20% dei casi definiti familiari: non si tratta di tumori associati a specifiche mutazioni genetiche, che renderebbero le donne portatrici ad alto rischio, ma vengono definite a rischio immediato, leggermente più alto che in donne che non hanno in famiglia nessun caso. In questi casi non è il caso di allarmarsi, ma è ancora più importante scegliere uno stile vita sano e soprattutto effettuare con regolarità i controlli medici periodici.
Ho compiuto 40 anni e mi dicono che dovrei fare una mammografia, ma ho paura per i danni delle radiazioni e poi dicono sia un esame doloroso...
La mammografia è una radiografia e come tale utilizza raggi X: preoccuparsi per l’esposizione a radiazioni è una reazione comprensibile, ma non dobbiamo dimenticare che con gli strumenti moderni, la quantità di radiazioni necessaria per
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svolgere l’esame è molto bassa. Inoltre dai 40 anni, età suggerita per l’inizio della mammografia, il rischio si avvicina a zero e il beneficio che deriva dalla possibilità di identificare un tumore al seno in fase precoce, e curarlo quindi meglio e in modo tempestivo, a fronte del minimo rischio rappresentato dalle radiazioni assunte, rende la mammografia a tutti gli effetti un esame indispensabile per la salute delle donne. La mammografia prevede la compressione parziale della mammella, che deve essere fatta il più progressivamente e delicatamente possibile; ogni donna ha una sensibilità differente, quindi è possibile che per alcune sia una procedura dolorosa, anche se la maggior parte riferisce solo un leggero fastidio o un dolore minimo o assente. La compressione è necessaria per ridurre lo spessore e ottenere immagini più chiare utilizzando basse dosi di radiazioni. È importante tenere a mente che il dolore in ogni caso sparisce dopo pochi minuti e non causa nessun danno al seno.
L'anno prossimo compirò 70 anni, posso smettere di sottopormi ai controlli?
Il principale fattore di rischio per il tumore al seno è l’età: più andiamo in là con gli anni, più aumenta la probabilità di sviluppare un tumore al seno. Il picco di incidenza si situa proprio intorno ai 65-70 anni di età. Proprio per questo motivo, diverse regioni stanno estendendo lo screening mammografico fino ai 75 anni.
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Inoltre da qualche anno si osserva un aumento di casi anche nelle donne sopra i 74 anni, che ormai costituiscono il 35% di tutti i casi di tumore al seno registrati. È quindi importante continuare a sottoporsi ai controlli, secondo le tempistiche indicate dal proprio medico.
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Conoscere, comprendere, prevenire
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Prima di tutto
1 -> Effettuare con regolarità l’autopalpazione, un gesto semplice che può segnalare subito la presenza di formazioni anomale mai riscontrate nelle autopalpazioni precedenti. Per conoscere come deve essere effettuata correttamente l’autopalpazione è sufficiente chiedere al proprio ginecologo di fiducia, ad uno specialista senologo oppure al medico di base. 2 -> Nel caso di formazioni sospette consultare subito il proprio medico di base che potrà consigliare e prescrivere gli esami diagnostici ritenuti più idonei per valutare il reale stato di salute.
È sempre bene
1 -> Occuparsi personalmente della propria prevenzione effettuando gli esami di diagnosi precoce (visita senologica, mammografia ed ecografia al seno) secondo l’età e le indicazioni del medico di fiducia. 2 -> Partecipare allo screening per il tumore al seno: gli screening sono esami diagnostici che le strutture sanitarie locali o regionali mettono a disposizione gratuitamente ad una parte della popolazione. Per il tumore al seno sono generalmente offerti alle donne dai 50 ai 69 anni (con alcune differenze a seconda delle regioni).
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3 -> Programmare uno stile di vita salutare, alimentandosi in modo sano, evitando fumo e alcool, facendo attività sportiva almeno due volte la settimana. Tutto questo si è dimostrato un incredibile “alleato anti-cancro”.
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Informarsi, approfondire, leggere
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fondazioneveronesi.it Portale di Fondazione Umberto Veronesi Tumore al seno. Domande e risposte dalla diagnosi al dopo cura manuale scaricabile gratuitamente su fondazioneveronesi.it osservatorionazionalescreening.it sito dell'Osservatorio Nazionale Screening, ente preposto al monitoraggio degli screening (come quello mammografico) in Italia
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Fondazione Umberto Veronesi
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Nata nel 2003 su iniziativa del Professor Umberto Veronesi, Fondazione Umberto Veronesi ETS si occupa di sostenere la ricerca scientifica di eccellenza attraverso l’erogazione di finanziamenti a medici e ricercatori qualificati e meritevoli, negli ambiti della cura e della prevenzione oncologica. Al contempo, si impegna a promuovere campagne informative, di educazione alla salute e all’adozione di corretti stili di vita, affinché i risultati e le scoperte della scienza diventino patrimonio di tutti. Le attività di Fondazione rinnovano ogni giorno la visione del suo fondatore Umberto Veronesi, un medico che ha dedicato la propria vita a sviluppare conoscenze scientifiche innovative per metterle al servizio del benessere dei propri pazienti e della società in cui viviamo.
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TESTI A CURA DI Chiara Segré, Agnese Collino e Chiara Matilde Ferrari membri Supervisione Scientifica Fondazione Umberto Veronesi ETS PROGETTO GRAFICO E ART DIRECTION Gloria Pedotti
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