Fumo. Domande e risposte per comprendere e scegliere

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I manuali di Fondazione Umberto Veronesi

Fumo

Domande e risposte per comprendere e scegliere


Indice Che cosa si fuma

Che cosa contengono le sigarette? Che cosa sono gli additivi contenuti nelle sigarette? Spesso si sente definire la nicotina una droga. È così? Come agisce la nicotina? Ci sono altre sostanze dannose nelle sigarette? Ho letto che le sigarette contengono anche metalli come nichel e mercurio. È vero? Si sente spesso che fumando si inalano sostanze radioattive come il polonio. Come è possibile? Si associa spesso il fumo all’inquinamento. Perché? Da qualche tempo sono passato alle sigarette fatte a mano. È vero che sono più naturali? Le sigarette light sono meno dannose? Ma i filtri delle sigarette non trattengono le sostanze dannose? Che differenze ci sono tra le sigarette aromatizzate e quelle normali? È vero che sono meno pericolose?


Che differenze ci sono tra sigari e sigarette? Fumo il sigaro, ma non inalo. È vero che corro meno rischi? Il tabacco da masticare è meno dannoso delle sigarette?

Perché smettere

Come si è arrivati a scoprire che il fumo è cancerogeno? È vero che l’industria del tabacco cercò di nascondere i danni del fumo? La maggior parte dei decessi causati dal fumo avvengono in età avanzata. Che ragione c’è di smettere? La nicotina è dannosa? Si associa spesso il fumo al cancro. In che modo sono legati? In che modo il fumo causa il cancro? Quanto tempo è necessario prima che il fumo causi il cancro? Sono un fumatore: che probabilità ho di ammalarmi di cancro a causa del fumo? Il cancro al polmone è la neoplasia più spesso associata al fumo. Perché? Quali sono i sintomi del cancro al polmone? Quali sono i tassi di curabilità del tumore del polmone? Quali altri tumori sono legati al fumo?


Come si riduce il rischio di sviluppare il cancro smettendo di fumare? Perché i fumatori spesso hanno la tosse? Che legame c’è tra fumo e bronchite cronica? Che cos’è la BPCO? Ci sono altre malattie respiratorie legate al fumo? Da quando fumo non sento più gli odori. Perché? Quando fumo, spesso sento il cuore battere più forte. Perché? Che legame c’è tra fumo e malattie cardiovascolari? Che impatto può avere il fumo sulla mia vita sessuale? I messaggi pubblicitari sui pacchetti di sigarette sostengono che il fumo compromette la fecondità. È vero? Ho appena scoperto di essere incinta. Posso continuare a fumare? Ho smesso di fumare quando sono rimasta incinta. Ora sono in menopausa, posso riprendere? Sono un forte fumatore. La sera fatico ad addormentarmi e ho il sonno disturbato. È possibile che ciò sia dovuto al fumo? È vero che il fumo invecchia la pelle? Si dice che il fumo ingiallisca le unghie. È così? Che impatto ha il fumo sulla salute della bocca?


Da quando fumo ho l’alito cattivo. È sufficiente masticare chewing-gum per contrastarlo? Sono un fumatore e spesso consumo alcolici: corro rischi particolari? Dovrò subire un’operazione chirurgica. In che modo il fumo può incidere sugli esiti dell’intervento? Il diabetologo mi ha consigliato di smettere di fumare. Che c’entra il fumo con il diabete? Ho letto che il fumo può peggiorare il decorso della sclerosi multipla. È vero? Il fumo può influire sulla mia malattia renale? È possibile fumare se si soffre di pressione alta? Soffro di cuore. È vero che smettere di fumare è efficace quasi come prendere un farmaco? Sono malato di cancro. In che modo il fumo può incidere sulla malattia? Il fumo può incidere sui farmaci che sto assumendo? Che significa fumo passivo? Anche il fumo passivo provoca il cancro? Quali altri effetti sulla salute ha il fumo passivo? Quali sono livelli sicuri di fumo passivo? Che effetti ha il fumo passivo sulla salute dei bambini?


Ci sono rischi particolari dell’esposizione al fumo passivo in gravidanza? È vero che esiste anche il fumo di “terza mano”? È vero che il fumo di sigaretta ha anche un forte impatto ambientale? Cosa ci guadagno a smettere di fumare? Cosa capita al corpo dopo avere spento l’ultima sigaretta? Fumo un pacchetto di sigarette al giorno. Quanti soldi risparmierei smettendo di fumare? In cosa consiste la diagnosi precoce con TC spirale? Come si può fare diagnosi precoce con un prelievo del sangue? È una tecnica già considerata attendibile?

Decidere di smettere

Sto riducendo il numero di sigarette fumate. Che bisogno c’è di smettere? Il fumo mi aiuta a gestire lo stress. Non credo di poterne fare a meno. Faccio sport, seguo un’alimentazione sana, il fumo è il mio unico vizio. Non credo di aver bisogno di smettere. Fumo da tanti anni. Che senso ha smettere adesso? Ho già smesso di fumare altre volte, ma ho sempre ripreso. Vale la pena provarci un’altra volta?


Mi sto convincendo che è meglio smettere di fumare. Ma sto cercando l’occasione buona per farlo. Mi piacerebbe smettere ma non è il momento giusto. Mi piacerebbe smettere ma credo di non farcela. Sono troppo dipendente. Avrei voglia di smettere di fumare. Ma non voglio prendere peso. Mio marito è un fumatore incallito. È giusto che gli continui a ripetere che il fumo fa male o è controproducente? Ogni volta che parlo con mia moglie della sua abitudine al fumo finiamo per litigare perché assume una posizione difensiva. Che fare? Come posso aiutare un mio caro a decidere di smettere? Ho scoperto che mio figlio adolescente fuma. Come devo comportarmi? Quali sono le argomentazioni più efficaci per convincere mio figlio adolescente a smettere? Ho deciso di smettere di fumare. È vero che sarà come disintossicarsi da una droga? Che cos’è la dipendenza? Anche nel caso della dipendenza dal fumo si possono verificare crisi di astinenza? Come faccio a sapere se sono dipendente dal fumo?


La nicotina è l’unica sostanza che dà dipendenza nelle sigarette? Ho deciso di smettere. Quante probabilità ho di farcela?

Come smettere

Ho deciso di smettere. Da dove si comincia? Ho deciso di smettere. È meglio farlo da solo o rivolgermi al medico? A chi conviene rivolgersi per smettere di fumare? È meglio smettere di colpo o farlo gradualmente? Che cambiamento posso fare nella mia vita per aumentare le probabilità di riuscire a smettere? Sono disponibili terapie per smettere di fumare? Come funziona la terapia sostitutiva con nicotina? Come faccio ad avere la terapia sostitutiva con nicotina? Cosa è meglio: cerotti, chewing-gum o spray alla nicotina? Posso fumare mentre assumo la terapia sostitutiva? Che effetti collaterali devo attendermi? Ma la nicotina contenuta nella terapia sostitutiva causa il cancro come le sigarette? Non diventerò dipendente dalla terapia sostitutiva?


Per quanto tempo dovrò continuare ad assumere i sostituti della sigaretta? Posso assumere la terapia sostitutiva in gravidanza? Quante probabilità ho di farcela con la terapia sostitutiva con nicotina? La terapia sostitutiva con nicotina è rimborsata dal servizio sanitario nazionale? Il mio medico mi ha prescritto il bupropione per smettere di fumare. Che cos’è? Come si assume il bupropione? Posso fumare mentre assumo il bupropione? Che effetti collaterali devo aspettarmi? Quanto dura il trattamento con bupropione? Si può assumere in gravidanza? Lo possono assumere tutti? Posso bere alcolici mentre prendo bupropione? Quante probabilità di smettere ho assumendo il bupropione? Il bupropione è rimborsato dal servizio sanitario nazionale? Per smettere di fumare mi è stata prescritta la vareniclina. Che cos’è? Come si prende la terapia con vareniclina? Quanto dura la terapia con vareniclina?


Posso fumare mentre prendo vareniclina? Posso bere alcolici mentre prendo vareniclina? Che effetti collaterali devo attendermi dalla vareniclina? Ho letto che la vareniclina aumenta il rischio di suicidio. È vero? Posso assumere vareniclina in gravidanza? Tutti possono assumere la vareniclina? Che probabilità ho di smettere assumendo la vareniclina? La vareniclina è rimborsata dal servizio sanitario nazionale? Quale trattamento ha maggiori probabilità di successo tra terapia sostitutiva, bupropione e vareniclina? Ho sentito parlare della citisina. Cos’è? Mi hanno consigliato la sigaretta elettronica per smettere di fumare. In cosa consiste? Il vapore delle sigarette elettroniche contiene sostanze dannose? La sigaretta elettronica è meno dannosa delle sigarette tradizionali? C’è il rischio di sviluppare dipendenza dalla sigaretta elettronica? La sigaretta elettronica pone problemi di fumo passivo? Posso fumare la sigaretta elettronica e quelle tradizionali insieme?


La sigaretta elettronica funziona per smettere di fumare? In che modo si usa la sigaretta elettronica per smettere di fumare? Si può usare la sigaretta elettronica in gravidanza? Ho sentito parlare dei riscaldatori di tabacco. Cosa sono? Il tabacco riscaldato fa meno male delle sigarette? Non vorrei ricorrere a terapie farmacologiche per smettere di fumare. Che alternative ho? Come fare a scegliere il programma giusto? Le strategie non farmacologiche per smettere di fumare funzionano? È vero che si può riuscire a smettere di fumare provando ribrezzo per il tabacco? Una persona che conosco ha smesso di fumare con lo yoga. Funziona veramente? Le terapie alternative sono utili per smettere di fumare? È vero che esistono anche preparati di erboristeria per smettere di fumare? Mi hanno consigliato un libro per smettere di fumare. Funziona? Sto smettendo di fumare, ma mi sento nervoso. È normale? Faccio fatica a concentrarmi e a dormire. Cosa devo fare?


Sto smettendo e ho voglia di fumare una sigaretta. Cosa devo fare? Quanto dureranno i sintomi dell’astinenza? Quando potrò essere certo di avercela fatta? Ho ceduto alla tentazione di fumare una sigaretta. Ho vanificato ogni sforzo?

Fondazione Umberto Veronesi


Fondazione Umberto Veronesi dal 2003 si impegna per sostenere la ricerca scientifica e fornire una corretta informazione in tema di salute e prevenzione. Lo fa oggi attraverso il sito e il Magazine (fondazioneveronesi.it), quaderni e manuali gratuiti, nonché l’iniziativa Sportello Cancro in collaborazione con Corriere.it. Io Vivo Sano - Contro il fumo è un progetto avviato nel 2008 per informare sulla dipendenza dal tabacco e sui danni del fumo di sigaretta. Lo scopo è fornire gli strumenti necessari per compiere scelte consapevoli. Negli anni le mostre itineranti, le attività con le scuole, i workshop e gli incontri con gli esperti sono stati l’occasione di confronto con persone di tutte le età su un tema nonostante tutto ancora sottovalutato e misconosciuto. Il fumo di tabacco resta nel mondo la prima causa evitabile di malattia e disabilità, di vite prematuramente spezzate. Crediamo che trovare risposte chiare, aggiornate e scientificamente corrette alle proprie domande sia la prima difesa per non cadere nella trappola del tabagismo. Ma crediamo anche che sia il primo passo verso una boccata d’aria fresca per chi fuma; per comprendere che smettere può non essere facile, ma è sempre possibile; che ci sono molti mezzi per essere aiutati e moltissimi buoni motivi per liberarsi dal fumo. Fondazione Umberto Veronesi �


Caro Amica, cara Amico, come medico e come ricercatore mi sono da sempre trovato in trincea contro il tabacco. La ragione è semplice: il fumo rappresenta una fra le più immediate cause di malattia. Il tabagismo è una dipendenza diffusissima e dalle conseguenze drammatiche. Se negli ultimi decenni il numero di fumatori in Italia era andato calando, da alcuni anni i dati sono fermi a circa il 20% della popolazione. Ciò in particolare poiché a fronte di un calo nel numero di fumatori maschi vi è stato un marcato incremento delle fumatrici donne, tanto che oggi il tumore polmonare rappresenta, in Europa, la prima di causa di morte per malattie oncologiche anche nella donna. È tanto, soprattutto pensando ai più giovani. I nostri ragazzi infatti hanno il triste primato in Europa per uso di sigarette. Penso che la salute dei più giovani rappresenti la salute del paese intero. Quello che molti interpretano come un gesto di libertà è in realtà la resa incondizionata a una schiavitù che peggiora e abbrevia la vita. Ricordiamolo: il fumo di sigaretta danneggia chi fuma e chi gli sta vicino, compromette lo sviluppo dei polmoni, le funzioni cardiorespiratorie, le performance fisiche e mentali. Il fumo è la causa principale di patologie da cui è difficile - a volte impossibile - guarire, come i tumori del polmone e le bronchiti croniche. Intanto, arrivano nuovi prodotti e nuove modalità per fumare e, con esse, nuovi interrogativi.


Per questo si può fare tanto, e da subito, per stare meglio. Possiamo iniziare a cercare informazioni corrette. Chi fuma può smettere, chi non fuma può non iniziare, e sarà il miglior regalo che possa fare a sé e ai suoi cari.

Paolo Veronesi Presidente


Che cosa si fuma

La parola “tabacco” indicava, nella lingua dei nativi americani incontrati da Cristoforo Colombo, i rotoli di foglie essiccate e avvolte strettamente che questi consumavano, in particolare nel corso di cerimonie religiose e magiche di carattere propiziatorio. I Maya, che per l’involucro usavano le foglie che avvolgono la pannocchia di mais, usavano la parola “sicar”, da cui derivano “sigaro” e “sigaretta”. La tradizione di coltivare e consumare il tabacco – fumandolo anche in pipe di pietra, o inalandone le polveri – era molto diffusa nel continente americano fin dai tempi antichissimi, tanto che i colonizzatori europei ebbero notevoli difficoltà a classificare le diverse specie coltivate in epoca precolombiana un po’ dovunque, dal Cile al Canada. L’approdo in Europa, dove al tabacco vennero attribuite virtù medicinali, avvenne attorno alla metà del 1500, prima in Spa-


gna, poi in Inghilterra e in Francia. Oggi il consumo di prodotti del tabacco è diffusissimo in tutto il mondo, nonostante sia da tempo assodato quanto sia pericoloso per la salute di chi fuma e di chi gli vive accanto. Per un fumatore, conoscere i benefici cui va incontro se riesce a smettere non è sempre sufficiente – poiché è assai difficile abbandonare questa nefasta abitudine – ma è molto spesso un primo utile passo nella giusta direzione. Le risposte alle molte domande raccolte in questo volume intendono proprio fornire tutti gli elementi che possono convincere chi forse ancora tentenna, e dare supporto e aiuto a chi ha già deciso di smettere, ma non è ancora riuscito a concretizzare appieno la propria decisione.


Che cosa contengono le sigarette?


Le sigarette sono così familiari che pensiamo di conoscerne il contenuto. In realtà, si tratta di un prodotto industriale complesso con innumerevoli varianti che spesso il fumatore ignora. Ogni sigaretta è essenzialmente composta da tre elementi. Il più importante è il tabacco. La maggior parte delle sigarette in commercio contiene una miscela di tabacchi essiccati che differiscono non solo per la varietà della pianta, ma anche per il processo di lavorazione: alcuni sono fatti seccare in essiccatoi a temperatura e umidità controllate, altri al sole, altri ancora sono affumicati. Le sigarette possono inoltre contenere tabacco espanso e ricostituito: si tratta degli scarti di lavorazione del tabacco “ricostituiti” in una lamina attraverso un processo fisico e chimico che prevede l’utilizzo di diverse sostanze come l’anidride carbonica e il freon. Il secondo elemento costitutivo delle sigarette è la carta: non è semplicemente un involucro, ma è usata per regolare la combustione e modificare le caratteristiche del fumo. La variabile importante è la sua porosità: più aria riesce a passare attraverso la carta e più i composti del fumo che passano attraverso la sigaretta sono diluiti. L’ultimo è il filtro: i più diffusi sono costituiti di fibre di acetato di cellulosa incollate tra loro con un agente indurente (la triacetina) che permette al filtro di mantenere la propria forma.


Che cosa sono gli additivi contenuti nelle sigarette?


Esattamente come avviene per gli alimenti, anche le sigarette sono il frutto di un processo industriale in cui vengono utilizzate sostanze diverse dalla materia prima ma essenziali per ottimizzare il processo di produzione, migliorare la resa del prodotto, andare incontro ai gusti del cliente. Gli additivi sono le sostanze impiegate a questi scopi. Nel processodi produzione delle sigarette vengono utilizzati additivi per: • facilitare il processo di produzione, per esempio rendendo il tabacco stagionato meno fragile. In questo gruppo rientrano alcuni composti contenenti ammoniaca, anidride carbonica e alcol etilico; • aiutare la combustione: tra le sostanze impiegate ci sono il fosfato di ammonio e quello di sodio, il citrato di sodio e il citrato di potassio. • migliorare il sapore delle sigarette, sia introducendo nuove note sia mascherando quelle spiacevoli. Si va dalla liquirizia, al cacao, dal miele agli estratti di frutta e spezie varie. • mantenere il tabacco umido e flessibile: vengono impiegati zuccheri, glicerina e glicoli; • evitare lo sviluppo di muffe: si usano conservanti; • aumentare la massa del tabacco: si impiegano sostanze chimicamente inerti; • ottimizzare il rilascio di nicotina: si usano composti contenenti ammoniaca. L’utilizzo combinato di questi additivi può inoltre dare risultati secondari: per esempio, l’uso degli umettanti come i glicoli non solo rende il tabacco più flessibile e ne favorisce la con-


servazione, ma fa sì che le particelle di fumo siano trattenute più in profondità nei polmoni. Lo stesso vale per i composti dell’ammoniaca: reagendo con vari composti del tabacco ne rendono il gusto più accettabile e aumentano i livelli della forma “deprotonata” della nicotina, che viene assorbita più facilmente e provoca assuefazione più velocemente.


Spesso si sente definire la nicotina una droga. È così?


Sì, la nicotina è una vera e propria droga. È questo il motivo per cui iniziare a fumare è molto più facile che smettere. Questa sostanza è contenuta nelle foglie del tabacco. A differenza di altre droghe, come la cocaina o l’eroina, non produce danni nel breve periodo, ma ha un’alta capacità di indurre dipendenza, il che la rende vicina a essere la “droga perfetta”.


Come agisce la nicotina?


La nicotina agisce sul sistema nervoso e su quello cardiocircolatorio (è la ragione per cui fumare una sigaretta fa aumentare le pulsazioni cardiache), sulle funzioni endocrine del sistema ormonale e su quelle metaboliche, e raggiunge in pochi secondi il cervello e il cuore. Sono i suoi effetti sul sistema nervoso a fare della nicotina una droga e a rendere particolarmente difficile smettere di assumerla. In particolare la sua somiglianza a una molecola presente normalmente nel nostro corpo: l’acetilcolina. Le cellule del nostro sistema nervoso comunicano attraverso molecole definite neurotrasmettitori: l’acetilcolina è uno di essi. È coinvolta in numerosi processi essenziali al buon funzionamento del corpo che vanno dal movimento dei muscoli al respiro, dal battito cardiaco fino ad arrivare ai processi di apprendimento e alla memoria. Inoltre, influenza altri neurotrasmettitori e ormoni coinvolti nell’umore, nell’appetito, nella memoria e in altri processi fisiologici. Grazie alla sua struttura, quando la nicotina arriva nel cervello mima l’azione dell’acetilcolina. Inoltre attiva aree del cervello connesse al piacere e alla gratificazione. Stimola poi il rilascio di dopamina, spesso definita “molecola del piacere”, che è coinvolta nei processi che danno luogo alla dipendenza da droghe. Questa azione chimica spiega perché una volta iniziato a fumare è così difficile smettere.


Ci sono altre sostanze dannose nelle sigarette?


Si stima che ogni sigaretta contenga almeno 600 ingredienti, che una volta bruciati danno vita a più di 7.000 diverse molecole. Di queste, circa 80 sono ormai riconosciute come in grado di causare il cancro; per molte altre è nota la capacità di causare danni alla salute, tanto che il loro utilizzo è spesso regolamentato. Soltanto a titolo esemplificativo, ecco un elenco di sostanze che si inalano fumando una sigaretta, con la descrizione degli impieghi per le quali sono note: • acetone: è un liquido incolore e infiammabile usato come solvente; • acido acetico: corrosivo, può essere irritante per occhi, polmoni e vie aeree; • acido stearico: presente in natura in vari tipi di grassi, è usato fra l’altro nella produzione di candele di cera e nell’industria cosmetica; • acido cianidrico: è una delle sostanze dalla cui scomposizione deriva il cianuro. È usato nelle armi chimiche, lo conoscevano anche i nazisti che lo impiegarono per produrre lo Zyklon B delle camere a gas; • acroleina: è un liquido incolore, irritante e tossico, usato anche nella produzione di pesticidi; • amine aromatiche: sono anche utilizzate nelle industrie dei coloranti; cancerogene, sono tra i fattori di rischio riconosciuti per i tumori della vescica; • ammoniaca: è un gas incolore, tossico, dall’odore pungente. Trova largo impiego anche in uso domestico come disinfettante;


• arsenico: è un metallo pesante altamente tossico, tanto che è noto dai tempi antichi come veleno; • benzene: è un idrocarburo aromatico, usato anche come additivo per gasolio e solventi industriali. È cancerogeno; • butano: è lo stesso gas usato nei comuni accendini; • cloruro di etile: è un composto chimico usato come componente dei tubi di PVC; • esammina: è un composto chimico che si usa come ingrediente per esplosivi; • formaldeide: è un gas incolore e irritante per le mucose e le vie aeree. È usato anche in diversi materiali e prodotti per la casa, è stato riconosciuto cancerogeno (provoca tumori naso-faringei e probabilmente anche leucemie); • metanolo, o alcol metilico: è usato come reagente e solvente industriale, è noto come additivo illecito (e letale) per sofisticare il vino; • naftalene: è un idrocarburo ottenuto dalla lavorazione del catrame, del carbone o del petrolio. Il suo utilizzo più noto è la produzione delle palline antitarma utilizzate negli armadi. È sospettato di essere cancerogeno e danneggia i globuli rossi. • protossido di azoto (o monossido di diazoto): noto anche come gas esilarante, viene usato come anestetico e per potenziare i motori delle auto da corsa; • toluene: è un idrocarburo aromatico usato come solvente, anche nei processi di stampa e nelle vernici, e come antidetonante nella benzina; ha un’azione nociva sul sistema nervoso, i reni, gli occhi. �


Ho letto che le sigarette contengono anche metalli come nichel e mercurio. È vero?


È vero, le sigarette possono contenere anche tracce di metalli potenzialmente dannosi. È stata accertata la presenza di: • mercurio: è un metallo pesante altamente tossico, inquinante e nocivo anche per l’ambiente; • cadmio: è un altro metallo pesante, fra i più tossici componenti delle batterie; • nichel: è un metallo contenuto in moltissimi materiali, cosmetici, alimenti; può provocare irritazioni e dermatiti, nonché vere e proprie allergie.


Si sente spesso che fumando si inalano sostanze radioattive come il polonio. Come è possibile?


Il polonio 210 è un elemento altamente tossico, con elevata radioattività, ed è effettivamente tra le sostanze presenti nel fumo. Divenne noto al grande pubblico nel 2006 quando fu impiegato per uccidere l’agente dei servizi segreti russi Aleksandr Litvinenko. Secondo alcuni studi, la fonte principale di polonio 210 nel fumo è rappresentata dai fertilizzanti utilizzati nelle piantagioni di tabacco, ricchi di polifosfati contenenti radio, piombo e polonio. Le foglie del tabacco accumulano queste sostanze che col tempo si trasformano gradualmente in polonio 210. Con la combustione delle sigarette il polonio raggiunge l’apparato broncopolmonare, fissandosi soprattutto nelle biforcazioni dei bronchi più piccoli. La presenza di polonio 210 nelle sigarette è nota dagli anni Sessanta, ma solo negli anni Ottanta è diventata di dominio pubblico. Uno studio condotto nel 2011 dall’Istituto superiore di sanità sui 10 principali marchi di sigarette venduti in Italia ha mostrato che non ci sono differenze significative per quanto concerne il contenuto di polonio. Inoltre, ha calcolato che per un fumatore di 30 sigarette al giorno per un anno il rischio biologico derivante dall’esposizione al polonio è paragonabile a quello di 40 radiografie al torace annue, pari a 4 casi di tumori polmonari dovuti direttamente al polonio ogni 10.000 fumatori.


Si associa spesso il fumo all’inquinamento. Perché?


La combustione della sigaretta produce sostanze molto simili a quelle che si trovano in luoghi inquinati. La differenza è che la concentrazione respirata da un fumatore è molto più elevata. Le sostanze principali in comune tra i due fenomeni sono: • il monossido di carbonio: quello dei gas di scarico o delle stufette intossicanti; pericoloso proprio perché inodore, incolore e insapore, è però molto tossico. Nei fumatori è evidente l’effetto sui livelli di ossigenazione del sangue, che non riesce a portare ossigeno sufficiente ai tessuti, causando danno alla pelle, ai capelli, al sistema circolatorio, oltre che affaticamento e prestazioni fisiche limitate; • polveri sottili: sono note per le cronache dell’inquinamento urbano, che ogni inverno preoccupano gli abitanti delle grandi città, e vengono classificate in base alla loro dimensione (PM10; PM2,5; PM1 per esempio, che indicano le sostanze presenti nell’ambiente in forma di particolato con un diametro inferiore rispettivamente a 10, 2,5 e 1 micrometri, ovvero millesimi di millimetro).



Si comincia al liceo La stragrande maggioranza dei fumatori italiani ha acceso la prima sigaretta entro il ventesimo compleanno. Secondo l’indagine Doxa-ISS 2019, circa la metà dei fumatori inizia prima dei 18 anni – con percentuali più alte negli uomini (49,8%) che nelle donne (45,1%) – oppure tra i 18 e i 20 anni (34,2%). Con il passare degli anni il rischio di cedere alla tentazione del primo fumo di sigaretta scende notevolmente, tanto che meno del 18 per cento dei fumatori italiani ha iniziato dopo i 21 anni. E non è tutto: tra i fumatori, l’11 per cento dei maschi e circa l’8 per cento delle femmine hanno iniziato addirittura prima dei 15 anni.


I dati non sono certo rassicuranti e mostrano come i giovani siano tra i soggetti più a rischio di diventare vittime della dipendenza da sigaretta soprattutto perché influenzati da amici e compagni di scuola che fumano a loro volta, ma anche perché fumare dà in qualche modo un senso di emancipazione, o perché altri membri della famiglia fumano.

Ciò che non tutti sanno è che nelle sigarette sono presenti in concentrazioni decine di volte superiori a quelle dei fumi di scarico delle auto. Hanno un effetto irritante a carico delle vie respiratorie (dove restano depositate) e delle mucose, compromettendo le loro funzioni protettive nei confronti degli agenti esterni. Provocano tosse e catarro, interferiscono con lo sviluppo dei polmoni dei bambini. Permangono nell’aria per diversi minuti dopo che si è spenta la sigaretta.


Da qualche tempo sono passato alle sigarette fatte a mano. È vero che sono più naturali?


Quello che attribuisce alle sigarette rollate a mano una maggiore “naturalità” rispetto alle sigarette confezionate è un falso mito che probabilmente nasce dall’idea che i danni del fumo siano derivanti dal processo di produzione delle sigarette tradizionali e non dal tabacco e dalla sua lavorazione. In realtà, il tabacco utilizzato nelle sigarette rollate subisce processi di produzione analoghi a quelli impiegati nelle sigarette tradizionali sebbene gli additivi vengano impiegati in quantità e proporzione diverse per garantire le tipicità fisiche e di gusto del fumo rollato. Un recente studio neozelandese per esempio mostrava come le sigarette rollate a mano contenessero almeno 139 additivi. Il punto a favore delle sigarette rollate è la minore quantità di tabacco in esse contenuta. Tuttavia, spesso il fumatore inala più profondamente per aspirare la quantità di nicotina di cui ha bisogno. Questa è probabilmente la ragione per cui alcuni studi hanno evidenziato una maggiore pericolosità delle sigarette rollate a mano rispetto alle tradizionali.


Le sigarette light sono meno dannose?


No, tanto che dal 2003 sono vietate in Europa le diciture light e simili che suggeriscano una minore pericolosità, perché considerate ingannevoli. L’etichetta light si riferisce in teoria alla quantità di sostanze dannose inspirate dal fumatore. Tuttavia si tratta di un dato poco affidabile. La sua misurazione avviene infatti con una macchina (definita “smoking machine”) che non è in grado di prevedere le modalità di consumo della sigaretta. È stato dimostrato per esempio che il fumatore di sigarette light fa boccate più profonde o che copre con le dita i pori presenti sul filtro, che normalmente avrebbero la funzione di disperdere una parte delle sostanze inalate. Per queste ragioni molti studi hanno dimostrato che nei fumatori di sigarette presentate come “leggere” il dosaggio delle sostanze tossiche nel sangue non è inferiore a quello che si ritrova nei fumatori di sigarette più “forti”, né il loro rischio di ammalarsi nel tempo appare ridotto. Anzi: molte ricerche hanno evidenziato un rischio di ammalarsi di cancro al polmone leggermente maggiore nelle persone che fumano sigarette light. Non sembra inoltre che il passaggio alle sigarette light riduca nel tempo la dipendenza dal fumo.


Ma i filtri delle sigarette non trattengono le sostanze dannose?


I filtri delle sigarette sono realizzati per trattenere soltanto una parte delle sostanze dannose: filtri più efficaci infatti impedirebbero al fumatore di percepire il gusto delle sigarette e ridurrebbero l’apporto di nicotina. Inoltre molte ricerche hanno dimostrato che i filtri attuali hanno scarsa, se non nulla, capacità di proteggere dai danni dal fumo: i danni osservati nelle persone che fumano sigarette con filtro sono infatti sovrapponibili a quelli riscontrati in chi fuma sigarette senza filtro. La ragione probabilmente risiede nel fabbisogno di nicotina innescato dalla dipendenza: allorché il filtro riduce la quantità di nicotina assunta, il fumatore tende a fare boccate più frequenti o a inspirare più profondamente per ottenere un maggior livello di soddisfazione. Proprio quest’ultima abitudine sembra essere connessa alla maggiore diffusione dell’adenocarcinoma rispetto ad altre forme di tumore al polmone. L’adenocarcinoma, infatti, tende a colpire i bronchi più periferici, un’area che il fumo riesce a raggiungere soltanto con boccate più profonde.


Che differenze ci sono tra le sigarette aromatizzate e quelle normali? È vero che sono meno pericolose?


Non c’è alcuna differenza in termini di pericoli per la salute tra sigarette tradizionali e sigarette aromatizzate. Anzi, le sigarette aromatizzate sono potenzialmente più dannose poiché mascherano il cattivo sapore del fumo e ne attenuano i fastidi a carico della gola. L’aroma di mentolo è quello che sembra più efficace nel produrre questi effetti, tanto che è stato osservato che chi fuma sigarette al mentolo tende a inalare più profondamente aumentando l’assorbimento della nicotina e il rischio di dipendenza. Le sigarette aromatizzate sono inoltre considerate particolarmente pericolose per i giovani, dal momento che rendono l’iniziazione al fumo più piacevole. Per questa ragione la loro vendita è stata vietata.


Che differenze ci sono tra sigari e sigarette?


Sebbene sia i sigari sia le sigarette siano composti principalmente da tabacco ci sono notevoli differenze tra i due prodotti. Le più ma croscopiche riguardano le dimensioni e l’involucro: i sigari sono molto più grandi (anche se esistono versioni di dimensioni analoghe a quelle delle sigarette) e sono rivestiti con tabacco mentre le sigarette da carte speciali. La differenza principale, però, è il tipo di tabacco utilizzato: le sigarette, in genere, contengono una miscela di diverse tipologie di tabacco non fermentato; mentre i i sigari sono composti quasi sempre da un unico tipo di tabacco fermentato. La fermentazione è un processo che dura diversi giorni a cui sono sottoposte le foglie di tabacco: avviene a temperatura e umidità controllata e ha lo scopo principale di esaltare l’aroma del tabacco attraverso una serie di reazioni chimiche veicolate da enzimi presenti nella pianta. Queste peculiarità dei sigari fanno sì che siano potenzialmente più dannosi delle sigarette. Infatti i sigari hanno: • una più alta concentrazione di sostanze cancerogene: durante il processo di fermentazione del tabacco per sigari, vengono prodotte alte concentrazioni di nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene. Questi composti vengono rilasciati durante la combustione e sono presenti in quantità maggiore nel fumo da sigaro che da sigaretta; • una più alta quantità di catrame: per ogni grammo di tabacco fumato, c’è più quantità di catrame nei sigari che nelle sigarette; • un più alto livello di tossine: il rivestimento dei sigari (tipicamente foglie di tabacco) è meno poroso di quello delle


sigarette. Ciò fa sì che la combustione del tabacco dei sigari avvenga in maniera meno completa di quella delle sigarette. Come risultato, il fumo da sigaro ha più alte concentrazioni di tossine; • inoltre, le maggiori dimensioni del sigaro e la più lunga durata della fumata comportano generalmente una più alta esposizione a sostanze tossiche. A ridurre in alcuni casi la dannosità del sigaro, d’altra parte, c’è il fatto che la maggior parte dei fumatori di sigari non inala il fumo.


Quando l’italia smise di fumare nei luoghi pubblici A molti fumatori ed ex-fumatori può sembrare che sia passata un’eternità da quando sigari e sigarette potevano fare liberamente la loro comparsa quasi dappertutto, ma in fondo risale appena al 2003 l’introduzione in Italia del capillare divieto di fumare in tutti i locali pubblici o aperti al pubblico, dai treni, ai bar ai ristoranti se non all’interno di specifiche sale riservate. Il primo divieto, introdotto nel 1972 su invito europeo, riguardava la pubblicità dei prodotti per fumatori. Tre anni più tardi fu approvato il divieto di fumare sui mezzi di trasporto pubblico (tranne nelle carrozze riservate ai fumatori) e in alcune categorie di locali pubblici come ospedali, cinema, teatri, musei, università e biblioteche. Il primo tentativo di estendere anche a ristoranti e luoghi di lavoro il bando al tabacco risale al 1986, ma non fu approvato. In compenso nel 1991 su tutte le confezioni fu resa obbligatoria l’indicazione dei pericoli per la salute (con la scritta “Il fumo è nocivo”). Dopo la legge del 2003, fortemente promossa da Umberto Veronesi durante i suoi anni come Ministro della Salute


e approvata dal suo successore Girolamo Sirchia, alcune ulteriori restrizioni sono state introdotte nel 2013 - con l’estensione del divieto alle aree all’aperto di pertinenza di scuole, ospedali e centri di ricerca - e nel 2016, quando sono state introdotte multe per chi fuma all’interno di un’auto in presenza di minorenni o di donne in gravidanza, mentre è ancora in discussione l’adozione su scala nazionale delle misure per combattere il fumo in spiaggia, adottate a livello locale in alcune parti d’Italia. Un’altra misura adottata in anni recenti è quella che impone che i pacchetti di sigarette presentino per i due terzi della loro superficie immagini esplicite sui danni causati dal fumo. Queste misure nate per tutelare il basilare diritto dei non fumatori di non pagare il prezzo della dipendenza altrui hanno prodotto enormi risultati: un’analisi del 2011 dell’ISPO di Firenze evidenziò fra l’altro una riduzione del particolato nell’aria in varie città, dell’esposizione al fumo passivo in casa e un calo di oltre dieci punti percentuali dei casi di infarto del miocardio nelle persone con meno di 60 anni. Fra il 2004 e il 2010 il consumo di sigarette è sceso del 2 per cento l’anno (da 98,9 a 87 milioni di kg) ed è scesa leggermente, del 4,5 per cento, la prevalenza di fumatori. La grande maggioranza dei cittadini, fumatori compresi, apprezza il divieto e molti vedrebbero di buon grado l’estensione del divieto anche a parchi e stadi. �


Fumo il sigaro, ma non inalo. È vero che corro meno rischi?


È vero: non inalare il fumo del sigaro riduce alcuni dei rischi legati al fumo. Infatti, dal momento che quasi tutti i fumatori di sigaro non inalano, il sigaro è in genere associato a un minor rischio di tumori e malattie cardiache e polmonari rispetto alle sigarette. Il rischio è comunque più alto rispetto a quello dei non fumatori. A prescindere dal fatto che inalino o meno, i fumatori di sigaro (come quelli di sigarette), espongono labbra, bocca, lingua, gola e laringe al fumo e ai composti cancerogeni in esso contenuti. Inoltre, quando la saliva che contiene le sostanze derivanti dal fumo viene deglutita, anche l’esofago è esposto alle sostanze cancerogene. Infine, anche il fumo da sigaro, benché non inalato, contiene alti livelli di nicotina che sono assorbiti dal corpo, sia attraverso l’inalazione sia attraverso la mucosa della bocca. In genere un solo sigaro contiene l’equivalente della nicotina contenuta in un pacchetto di sigarette.


Il tabacco da masticare è meno dannoso delle sigarette?


Non esiste una modalità di consumo sicura per il tabacco. Anche il tabacco da masticare contiene sostanze dannose ed è riconosciuto come causa di cancro e altre malattie. A oggi sono stati identificati almeno 28 composti cancerogeni nel tabacco da masticare. I più dannosi sono le nitrosammine, una famiglia di composti presenti in minima quantità anche in alcuni alimenti e riconosciuti come cancerogeni. Come il tabacco contenuto nelle sigarette, anche in quello da masticare sono inoltre presenti polonio 210 e idrocarburi policiclici aromatici. Il tabacco da masticare è stato associato in particolare a cancro della bocca, esofago e pancreas, oltre a malattie cardiache e della bocca. Come tutti i derivati del tabacco, anche il tabacco da masticare, contenendo nicotina, dà dipendenza. Diversi studi hanno osservato che i consumatori di tabacco da masticare hanno livelli di nicotina nel sangue comparabili a quelli dei fumatori. Inoltre, le diverse modalità di assorbimento del tabacco da masticare (che viene assorbito dalla bocca), fanno sì che la nicotina permanga nel flusso sanguigno più a lungo rispetto a quanto avviene nei fumatori.


Un mondo senza fumo è possibile Non sono in pochi oggi a scommettere su quella che fino a poco tempo fa sembrava una mera utopia: ridurre a cifre marginali il numero dei fumatori nel mondo. Per centrare un obiettivo tanto ambizioso, però, servono decisioni coraggiose da parte delle istituzioni internazionali. Dal 2005 è entrata in vigore la Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco. Nel 2019 ne fanno parte 181 Stati, coprendo il 90 per cento della popolazione mondiale. L’accordo resta tuttora una pietra miliare nella tutela della salute pubblica e si basa su sei misure fondamentali a cui tendere: - monitorare l’uso di tabacco e le politiche di prevenzione; - proteggere le persone dall’uso di tabacco; - offrire aiuto a chi vuole smettere; - informare sui pericoli del tabacco; - rafforzare i divieti di pubblicità, promozione e sponsorizzazione per l’industria del settore; - aumentare la tassazione sui prodotti del tabacco.


LA CARTA DEI DIRITTI DEI NON FUMATORI La Fondazione Umberto Veronesi ha dato voce a chi subisce il fumo altrui con un documento pensato soprattutto per i più giovani che sintetizza tutto ciò che un non fumatore può rivendicare. Il fumo passivo ha rischi comparabili con quelli del fumo attivo, ma chi non fuma non ha la libertà di scegliere.

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DIRITTO ALLʼARIA PULITA Tutti hanno il diritto di respirare aria pulita ovunque, soprattutto nellʼambiente domestico. DIRITTO ALLʼARMONIA Tutti hanno il diritto di abitare in un ambiente profumato senza che tende, divani, vestiti e tappeti puzzino di sigarette.

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DIRITTO ALLʼINFORMAZIONE Tutti hanno il diritto di essere informati sui danni estetici e fisici che il fumo di sigaro e sigaretta, attivo e passivo, può provocare.

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DIRITTO AL GIOCO Tutti hanno il diritto di correre, giocare e fare sport senza tossire o avere gli attacchi dʼasma che provoca il fumo anche passivo.

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DIRITTO AL BENESSERE Tutti hanno il diritto di crescere in un ambiente in cui il fumo non impedisca, con le sostanze che diffonde, il regolare sviluppo psico-fisico.

DIRITTO ALLA SALUTE Tutti hanno il diritto di avere polmoni e vasi sanguigni puliti e un cuore ben funzionante. DIRITTO ALLA LIBERTÀ Tutti hanno il diritto di essere liberi da qualsiasi sostanza che crei abitudine, assuefazione e dipendenza come la nicotina. DIRITTO ALLA DIVERSITÀ Tutti hanno il diritto di essere considerati belli, forti e bravi anche senza fumare. DIRITTO ALLA PAROLA Tutti hanno il diritto di criticare chi fuma in loro presenza. DIRITTO ALLʼASCOLTO Tutti hanno il diritto di essere ascoltati se dicono che il fumo dà fastidio.


Perché smettere

Smettere di fumare è la cosa più facile del mondo. Lo so perché l’ho fatto migliaia di volte»: da questo famoso aforisma attribuito all’umorista inglese Mark Twain, all’«ultima sigaretta» della Coscienza di Zeno di Italo Svevo, fino alla risposta folgorante che il noto personaggio televisivo Gianfranco Funari diede a chi gli chiedeva che cosa avrebbe voluto scrivere sulla propria tomba («Ho smesso di fumare!», frase che oggi effettivamente campeggia sulla sua lapide) sono molti nella cultura i segni tangibili del fumo di sigaretta, e dei tentativi più o meno convinti per smettere. Per molti anni il dibattito pubblico sui danni del fumo di tabacco è stato inquinato dalle campagne orchestrate dai produttori di sigari e sigarette, che da un lato tenevano nascosti i risultati dei loro stessi studi, e dall’altro finanziavano scienziati compiacenti e con pochi scrupoli per diffondere sui media il seme del dubbio. Oggi nessuno prova più a mettere in dubbio il fatto che il fumo è non solo in cima alla classifica delle cause di morte evitabile, ma in generale peggiora lo stato di salute favorendo l’insorgenza di numerose malattie e aggravandone i sintomi.


Come si è arrivati a scoprire che il fumo è cancerogeno?


Il legame tra fumo e cancro fu avanzato più volte nel corso della storia, ma solo all’inizio del Novecento si cominciò a studiarlo in maniera scientifica. Già nella Germania nazista, nel 1939, lo scienziato Franz Müller aveva condotto uno studio epidemiologico che mostrava la relazione tra fumo e cancro; quattro anni più tardi una ricerca analoga condotta da Eberhard Schairer e Erich Schöniger dimostrava che il tabacco è legato allo sviluppo di tumore al polmone. Questi risultati, anche a causa delle gravissime violazioni etiche emerse dopo la guerra a carico di molti scienziati tedeschi, furono a lungo ignorati. Ma già dagli anni Cinquanta si cominciarono ad accumulare in altri Paesi prove sulla pericolosità del fumo: il primo a sottoporre alla comunità scientifica uno studio che mostrava come il rischio di cancro aumenta con la quantità di tabacco fumato fu l’epidemiologo inglese Richard Doll. Poco più tardi due scienziati dell’American Cancer Society, Cuyler Hammond e Daniel Horn, realizzarono una ricerca da cui emergeva che i fumatori presentano un rischio di morte del 52 per cento superiore a quello dei non fumatori. Il numero di studi che mettevano in relazione il fumo con il cancro cominciò a crescere, ma, complice una strenua campagna negazionista condotta dall’industria del tabacco, la scienza ha impiegato molto tempo per trovare pieno ascolto quando presentava dimostrazioni via via più a convincenti sulla pericolosità del fumo.


A metà degli anni Sessanta, negli Stati Uniti scese in campo la politica: nel 1964 Luther Terry, il Surgeon General degli Stati Uniti (figura di nomina presidenziale, responsabile della sanità pubblica per il Governo) pubblicò il rapporto “Smoking and Health” in cui si ribadiva che il fumo di sigaretta causa il tumore al polmone. Negli anni Ottanta arrivarono altri rapporti ufficiali da cui emergeva che la nicotina crea dipendenza e in cui si illustravano i legami tra il fumo e i tumori di polmone, laringe, esofago, stomaco, vescica, pancreas e reni e con i danni all’apparato cardiovascolare e a quello respiratorio. È in quegli anni che comincia a diffondersi la pratica di apporre sui pacchetti di sigaretta le etichette informative che leggiamo anche oggi.


Se ne era accorto già Bacone La prima grande attestazione ufficiale degli effetti della dipendenza da nicotina viene in genere datata 1988, con il primo report sul tema prodotto dal Surgeon General, il portavoce del governo federale USA sulle questioni di salute pubblica. In realtà, pur non conoscendo le basi neurobiologiche del tabagismo, c’era chi ne aveva la consapevolezza molto tempo prima. Nel 1623, sir Francis Bacon (il filosofo noto anche con il nome italianizzato di Francesco Bacone) nella Historia vitae et mortis scriveva: “L’uso di tabacco è in grande ascesa e conquista gli uomini con qualche segreto piacere, così che coloro che vi si sono abituati in seguito possono a malapena starne lontani”.


È vero che l’industria del tabacco cercò di nascondere i danni del fumo?


Sì, l’industria del tabacco per quasi mezzo secolo ha messo in atto strategie di comunicazione finalizzate a negare i danni del fumo sulla salute. Molte di queste strategie sono documentate e raccolte nella Legacy Tobacco Documents Library, un archivio sterminato curato dall’Università della California di San Francisco in cui sono raccolti 14 milioni di documenti prodotti dalle principali aziende del tabacco. Dai documenti emerge inequivocabilmente la strategia adottata a partire dalla prima metà del Novecento in cui furono impiegate innumerevoli armi. Per esempio arruolare opinion leader che godessero della fiducia dei cittadini. Fu il caso del dottor Clarence Cook Little, che passò dall’American Cancer Society alla direzione del Tobacco Industry Research Committee. Mentre la comunità scientifica produceva le prime prove della pericolosità del fumo, Little aveva il compito di minarne la credibilità, seminando sistematicamente dubbi su ogni dettaglio degli studi. Frequente fu l’insabbiamento di ricerche, come gli studi che mostravano che le foglie di tabacco assorbono e quindi concentrano il polonio ambientale, che è una sostanza radioattiva: i primi realizzati dall’industria risalgono agli Cinquanta, almeno dieci anni prima di quelli condotti da scienziati indipendenti. Altrettanto frequente fu la produzione di studi, commissionati a scienziati conniventi, finalizzati non tanto a verificare, quantificare e ridurre i potenziali pericoli, quanto a dimostrare l’innocuità del fumo.


Per non parlare degli investimenti in pubblicità rivolte direttamente al pubblico. Furono spesi miliardi di dollari, a partire dal gennaio 1954, quando 448 organi di stampa, tra cui il New York Times, pubblicarono un’inserzione a pagamento in cui si sottolineava la mancanza di unanimità tra gli scienziati sul ruolo del fumo nello sviluppo di tumore al polmone.


La maggior parte dei decessi causati dal fumo avvengono in età avanzata. Che ragione c’è di smettere?


È vero, la maggior parte dei decessi causati dal fumo avviene in età avanzata. Ciò tuttavia è più legato all’allungamento medio della vita che alla scarsa nocività del fumo. Oggi, un italiano vive in media quasi 85 anni (con due anni di vantaggio per le donne). Si stima che il fumo sottragga 8 anni di vita agli uomini e 12 alle donne anticipando la morte intorno ai 75 anni. Inoltre, il dato medio nasconde le migliaia di casi di malattia che si verificano in età precoce. Circa il 15 per cento dei casi di tumore al polmone si verifica prima dei 60 anni e circa uno su cinque tra i 60 e i 70 anni. Infine, il fumo è responsabile di numerosi altri disturbi e patologie che, anche quando non causano direttamente la morte, compromettono la qualità di vita.


La nicotina è dannosa?


Molte ricerche sono state condotte per comprendere i possibili effetti dannosi della nicotina al di fuori dalla dipendenza, ma a oggi la questione è ancora controversa. In passato alcuni studi condotti in condizioni sperimentali (su cellule o modelli animali) avevano sollevato il sospetto che la sostanza potesse favorire lo sviluppo di tumori agendo sulla capacità delle cellule di moltiplicarsi e di alimentarsi attraverso la costruzione di nuovi vasi sanguigni. Tuttavia gli studi sono stati considerati poco affidabili perché utilizzavano quantità elevatissime di nicotina e i risultati non sono mai stati replicati sull’uomo, anche per la difficoltà di isolare un eventuale effetto cancerogeno della nicotina da quello derivante dagli altri componenti del fumo. Tuttavia, esistono prove sperimentali che la nicotina sia in grado di danneggiare il DNA, interferire con il metabolismo delle cellule e facilitare la crescita e la diffusione delle cellule tumorali. Non del tutto chiari sono anche gli effetti della nicotina sul sistema circolatorio: alcune ricerche hanno osservato che essa può avere effetti negativi su alcune cellule del sistema circolatorio e alterare il metabolismo del glucosio, ma altri studi condotti su volontari sottoposti alla terapia sostitutiva con nicotina non hanno osservato alcun aumento del rischio di malattie cardiovascolari. C’è da dire che, per quanto estesa, la durata di queste ricerche quasi mai ha superato i 5 anni, mentre l’assunzione di nicotina per un fumatore si protrae in genere per tempi molto più lunghi.


A oggi è quindi impossibile sapere se la nicotina produca, anche da sola, effetti nel lunghissimo periodo. Sembra però ormai acclarato che qualora esistessero, i danni diretti derivanti dall’uso a lungo termine della nicotina sarebbero inferiori rispetto a quelli prodotti da altre componenti del fumo.

Il prezzo pagato dei più piccoli L’Oms ricorda che il 40 per cento dei bambini al mondo vive con almeno un genitore che fuma e la metà respira regolarmente il fumo altrui in luoghi pubblici. Un quarto delle vittime attribuite al fumo ambientale è costituito da minori, e a ucciderli sono soprattutto infezioni dell’apparato respiratorio contratte nei primi anni di vita.


Il tumore del polmone: 9 cose da sapere L’Associazione internazionale per lo studio del tumore del polmone (IASLC) ha diffuso un breve compendio di informazioni e consigli utili in nove punti, che riportiamo di seguito. 1 Il tumore del polmone è il primo tumore al mondo, che uccide più persone del tumore del seno, del colon-retto e della prostata messi insieme. 2 Anche se il fumo è di gran lunga la principale causa nota di tumore del polmone, chiunque può esserne colpito. 3 L’80-90 per cento dei decessi dovuti al cancro dei polmoni potrebbe essere evitato se le persone non fumassero sigarette. 4 Se fumi, non è mai troppo tardi per smettere. Smettere di fumare riduce il rischio di sviluppare un tumore al polmone. 5 Se ti è stato diagnosticato un cancro al polmone, continuare a fumare interferisce con le terapie. Prima smetti, meglio ne uscirai. 6 La maggior parte delle persone che fuma è dipendente dalla nicotina e potrebbe beneficiare degli strumenti validati per smettere di fumare, e ricevere un utile sostegno nel tentativo di liberarsi delle sigarette. 7 Le terapie approvate dalla comunità scientifica per smet-


tere di fumare includono sostituti della nicotina (gomme, cerotti, inalatori, confetti e spray) e i farmaci bupropione e vareniclina. Ad oggi le sigarette elettroniche non sono strumenti validati per la disassuefazione dal fumo. 8 Diversi studi hanno mostrato che spesso occorrono diversi tentativi e diversi metodi per dire davvero stop al fumo. Se hai già provato, continua a provarci. 9 Non essere imbarazzato, chiedi aiuto al tuo medico per smettere di fumare. Per completare questa sorta di decalogo, si può aggiungere: “Ricorda sempre che tantissimi fumatori sono riusciti a smettere, e tanti smettono ogni giorno, per non aver perso la speranza, e perché dopo tanti pensieri astratti o tentativi vani finalmente scatta qualcosa: presto potrebbe scattare anche per te”. �


Si associa spesso il fumo al cancro. In che modo sono legati?


Il fumo di sigaretta è la prima causa evitabile di cancro. Il fumo causa quasi il 90 per cento dei tumori del polmone ed è inoltre coinvolto nell’insorgenza di almeno altre 15 neoplasie: bocca, cavità nasale e seni paranasali, faringe, laringe, esofago, stomaco, intestino, fegato, cervice uterina, ovaio, vescica, reni, vie urinarie, midollo osseo (leucemia). Si stima che ogni tre decessi per cancro che si verificano nel mondo, uno sia imputabile al fumo.


In che modo il fumo causa il cancro?


I meccanismi attraverso cui il fumo aumenta le probabilità di sviluppare tumori sono diversi. Il più frequente è la produzione di danni a carico del DNA che molto spesso intaccano proprio quei geni che dovrebbero proteggere la cellula dalla trasformazione tumorale (per esempio i geni p53 e FHIT). Alcune delle sostanze contenute nel fumo causano lesioni immediate, altre invece producono lente modificazioni che si accumulano nel corso del tempo. Il fumo, inoltre, riduce la capacità dell’organismo di espellere le sostanze tossiche dai polmoni e dal sangue. Ciò ha diversi effetti, uno dei quali è indebolire il sistema immunitario nel suo ruolo di contrasto al cancro.


Quanto tempo è necessario prima che il fumo causi il cancro?


Occorrono in genere molti anni, in alcuni casi alcuni decenni, perché il danno al DNA prodotto dal fumo porti allo sviluppo di un tumore. Il cancro è infatti una patologia che il nostro organismo conosce bene e che è in parte attrezzato a combattere. Il corpo mette in atto quotidianamente meccanismi a molteplici livelli per evitare che cellule “impazzite” possano proliferare dando luogo a tumori. Tuttavia, i danni indotti dal fumo sono di tale entità da superare la capacità del corpo di difendersi contrastandoli efficacemente. Si stima che per ogni 15 sigarette fumate si verifichi una mutazione a carico del DNA in grado di dare origine a un tumore. Per questa ragione quanto più cresce il numero di sigarette fumate tanto più aumentano le probabilità di sviluppare la malattia.


Sono un fumatore: che probabilità ho di ammalarmi di cancro a causa del fumo?


Prevedere e quantificare il rischio individuale di ammalarsi di una patologia multifattoriale come il cancro è pressoché impossibile. Nel caso del fumo, inoltre, è noto che le probabilità di ammalarsi sono influenzate da un gran numero di fattori, come l’età a cui si è iniziato a fumare, il numero di anni in cui si è fumato, il tipo di sigarette (per esempio se con filtro o senza), il modo in cui si fuma (se e quanto si inspira), perfino l’ambiente in cui si fuma (se all’aperto o al chiuso), più altri fattori di rischio non direttamente legati al tabacco. Sono tuttavia stati sviluppati modelli statistici che possono fornire un’idea approssimativa del rischio personale. Per esempio, una donna di 52 anni che ha fumato un pacchetto di sigarette dall’età di 17 anni ha un rischio di sviluppare un cancro al polmone nei 10 anni successivi di quasi il 3 per cento. Se smettesse di fumare il rischio si dimezzerebbe nel giro di pochi anni. O ancora, un uomo di 68 anni che fuma due pacchetti di sigarette dall’età di 18 anni ha un rischio di tumore nei dieci anni successivi del 15 per cento che scenderebbe a 10 nel giro di un anno se smettesse di fumare. Sembrano numeri piccolissimi, ma non è così: basti pensare che queste due persone se non avessero mai fumato avrebbero avuto una probabilità di ammalarsi di cancro al polmone inferiore all’1 per cento.


Fumo di sigaretta peggio dell’inquinamento da auto Non ci sono solo il traffico e l’inquinamento urbano a peggiorare la qualità dell’aria che respiriamo. Il fumo di sigaretta gioca una parte importante, anche per chi non fuma. Lo hanno dimostrato per esempio alcuni esperimenti condotti dal laboratorio di ricerca sul fumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano che hanno confrontato il fumo di sigaretta con vari tipi di emissioni da motore, e hanno anche verificato “sul campo” che la concentrazione di polveri sottili è più alta in una via pedonale della movida milanese, con dehor affollati di fumatori, rispetto a una via del centro ad alto traffico di auto nell’ora di punta. Alcuni anni fa lo stesso gruppo di ricerca ha pubblicato sulla rivista Tobacco Control un importante studio in cui si dimostrava che tre sole sigarette accese consecutivamente in un box emettono dieci volte più polveri sottili di un motore diesel tenuto acceso per mezz’ora nello stesso spazio.


Il cancro al polmone è la neoplasia più spesso associata al fumo. Perché?


Il polmone è l’organo più sensibile ai danni del fumo. Le sostanze in esso presenti infatti si depositano sui bronchi dove possono danneggiare il DNA delle cellule inducendo una trasformazione tumorale. Anche se non è l’unico fattore di rischio per questa neoplasia, il fumo è responsabile di quasi il 90 per cento dei tumori polmonari. Esistono diverse forme di tumore al polmone. Quelle maggiormente favorite dal fumo sono: • il tumore polmonare a piccole cellule: ha origine nei bronchi più grandi e ha una prognosi peggiore rispetto alle altre forme tumorali; • il carcinoma squamocellulare (detto anche spinocellulare): rientra nella famiglia dei tumori polmonari non a piccole cellule, nasce nelle vie aeree di medio-grosso calibro dalla trasformazione dell’epitelio che riveste i bronchi.


Il rischio di sviluppare la malattia è influenzato: • dal numero di sigarette fumate (più sono, più sale il rischio); • dall’età di inizio dell’abitudine al fumo (più si è giovani, più rischi si corrono); • dalla durata dell’esposizione al fumo (più numerosi sono gli anni di fumo, maggiore è il rischio); • dalla presenza o meno del filtro nelle sigarette. Si stima che il rischio di sviluppare la malattia per un fumatore sia circa 15 volte più alta rispetto ai non fumatori e addirittura fino a 20 volte se si fumano più di 20 sigarette al giorno. Se fino a qualche decennio fa il cancro al polmone correlato al fumo era un fenomeno quasi esclusivamente maschile, negli ultimi anni, come conseguenza dell’aumento delle donne fumatrici a partire dal secondo dopoguerra, si è diffuso anche nel sesso femminile.


Quali sono i sintomi del cancro al polmone?


Come molti tumori, anche quello del polmone spesso non presenta sintomi nelle fasi iniziali. Quando presenti, i sintomi più comuni sono tosse che non passa, o peggiora nel tempo, raucedine, presenza di sangue nel catarro, respiro corto, dolore al petto che aumenta nel caso di un colpo di tosse o un respiro profondo, perdita di peso e di appetito, stanchezza, infezioni respiratorie (bronchiti o polmoniti) frequenti o che ritornano dopo il trattamento.


Quali sono i tassi di curabilità del tumore del polmone?


Nonostante negli ultimi anni si siano rese disponibili nuove terapie, come i farmaci immunoterapici e alcune tecniche innovative la diagnosi precoce, il tumore al polmone ha oggi una prognosi in gran parte sfavorevole. In Italia la sopravvivenza è andata leggermente migliorando, ma molto meno rispetto ad altre forme di tumore. All’inizio degli anni ‘90 circa 10 pazienti con un cancro al polmone su cento erano vivi a cinque anni dalla diagnosi. Oggi sono il 16 per cento. La sopravvivenza è tuttavia notevolmente influenzata dalla forma di tumore e dalle caratteristiche del tumore al momento della diagnosi. A causa della sua scarsa curabilità, il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte per tumore nei maschi (il 27% del totale delle morti) e la terza causa nelle donne, dopo mammella e colon-retto (11% del totale delle morti).


Quali altri tumori sono legati al fumo?


Oltre al cancro al polmone, è stato dimostrato che il fumo può favorire lo sviluppo di altre 15 neoplasie: bocca, cavità nasale e seni paranasali, faringe, laringe, esofago, stomaco, intestino, fegato, cervice uterina, ovaio, vescica, reni, vie urinarie, midollo osseo (leucemia). Sembra inoltre aumentare lievemente anche le probabilità di ammalarsi di tumore al seno.


Come si riduce il rischio di sviluppare il cancro smettendo di fumare?


Così come il tumore per svilupparsi ha bisogno di anni, anche per vedere ridursi in misura significativa il rischio di cancro una volta che si è smesso di fumare è necessario attendere molto tempo. Questo, d’altra parte, vuole anche dire che gli sforzi che occorrono per modificare questa dannosa abitudine producono effetti positivi per molti anni, dal momento che alla lunga il rischio di cancro si riduce drasticamente. Si stima che dopo cinque anni che si è smesso di fumare risulta dimezzato il rischio di sviluppare un tumore della cavità orale, della gola, dell’esofago e della vescica, e addirittura le probabilità di avere un tumore al collo dell’utero tornano a essere del tutto identiche a quelle di chi non ha mai fumato. Dopo dieci anni diventa significativa anche la riduzione del rischio di avere un cancro al pancreas e alla laringe, mentre la mortalità per cancro al polmone si dimezza rispetto a quella di chi continua a fumare. Perché il rischio di cancro al polmone torni agli stessi livelli di chi non ha mai fumato occorrono – bastano – 10-15 anni da ex-fumatore. Inoltre, secondo l’American Cancer Society, se si smette prima di aver raggiunto i 35 anni di età si riducono del 90 per cento le conseguenze negative del fumo. Smettere entro i 50 anni dimezza la mortalità nei 15 anni successivi rispetto a chi continua. Anche per chi ha superato i 60 anni, ad ogni modo, i benefici associati all’abbandono della sigaretta si traducono in un aumento dell’aspettativa di vita rispetto a chi continua. �


Perché i fumatori spesso hanno la tosse?


Il fumo di sigaretta contiene migliaia di sostanze chimiche che irritano le vie aeree e i polmoni. Quando un fumatore inala queste sostanze, il corpo cerca di proteggersi attraverso la tosse, che è un meccanismo fisiologico che serve proprio a espellere le sostanze nocive dai polmoni. Per capire quanto il fumo possa essere dannoso basta pensare a come ha origine la tipica tosse che affligge al mattino i fumatori. Le intere vie respiratorie sono rivestite da minuscole strutture filiformi denominate ciglia. Le ciglia, insieme al muco, hanno il compito di trasportare fuori dall’apparato respiratorio le sostanze nocive (un po’ come avviene a un cantante che si lancia sul pubblico ed è trasportato in cima alle braccia stese). Il fumo, tuttavia, ha effetti che compromettono questa capacità. Ciò fa sì che parte delle sostanze chimiche inspirate rimanga nei polmoni. Durante il riposo notturno, in assenza di fumo, una parte delle ciglia recupera la propria motilità, così al risveglio il corpo cerca di espellere il materiale nocivo accumulato il giorno precedente: per farlo utilizza la tosse. Alla lunga, l’incapacità delle ciglia di funzionare diventa permanente privando l’apparato respiratorio della capacità di espellere le sostanze nocive e rendendole maggiormente esposte anche alle aggressioni di virus e batteri presenti nell’aria. Smettendo di fumare si recupera la funzionalità delle ciglia del naso in un paio di settimane e di quelle dei polmoni i circa tre mesi.


Dieci anni in meno per le donne Nel 2012 la rivista The Lancet pubblicò un articolo che fece scalpore. Era l’analisi dei risultati dell’imponente indagine Million Women Study, che coinvolse, appunto, oltre un milione di donne britanniche con più di 50 anni per studiarne lo stato di salute e gli stili di vita. I dati evidenziavano i vantaggi dello stop al fumo come mai dimostrato prima. Le fumatrici, rispetto alle non fumatrici, perdono in media dieci anni di vita. Ma se si smette si recupera in parte il danno. “Anche se i rischi di fumare fino a 40 anni e poi smettere sono notevoli, i rischi se si continua sono dieci volte maggiori”, hanno scritto gli autori dello studio. “Smettere prima dei 40 anni (ancora meglio molto prima) permette di evitare il 90 per cento dell’eccesso di mortalità correlato al fumo, smettere prima dei 30 ne evita il 97 per cento”. Chi ha continuato a fumare per tre anni consecutivi ha mostrato un rischio di morte tre volte superiore alle non fumatrici nei nove anni successivi, ma chi ha smesso di fumare durante lo stesso arco di tempo ha visto questo pericolo ridursi notevolmente. Insomma: prima si smette e meglio è, ma non è mai troppo tardi per investire in salute.


Che legame c’è tra fumo e bronchite cronica?


La bronchite cronica colpisce circa la metà dei forti fumatori ed è il risultato dell’infiammazione causata dal fumo a danno dei polmoni. La bronchite è infatti un’infiammazione delle mucose dei bronchi. Si presenta con tosse accompagnata da espettorato, o catarro. Si definisce cronica quando i sintomi persistono per più di tre mesi e si presentano in almeno due anni successivi. La bronchite cronica aumenta il rischio di infezioni respiratorie; inoltre comporta un declino accelerato delle funzioni polmonari. Spesso è associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Smettendo di fumare, si riducono i sintomi della bronchite cronica dopo uno-due mesi; per tornare ai livelli di un non fumatore occorrono circa cinque anni.


Che cos’è la BPCO?


La broncopneumopatia cronica ostruttiva, in sigla BPCO, è una malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree per la quale a oggi non esiste una cura efficace. La BPCO è il risultato di due tipi di danno a carico dei polmoni: • la trasformazione a carico dei bronchi più piccoli e dei bronchioli che, come conseguenza del danno ripetuto, riducono la loro capacità di incamerare aria (bronchiolite ostruttiva); • la progressiva distruzione della parete degli alveoli, le sacche in cui avviene lo scambio tra aria ricca di ossigeno e aria ricca di anidride carbonica (enfisema). Questi due fenomeni comportano una riduzione consistente della capacità respiratoria, che può anche portare a morte. La BPCO si presenta in genere con tosse e difficoltà a respirare (dispnea). Spesso la tosse è cronica, più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi può arrivare a limitare le normali attività quotidiane. La BPCO, inoltre, aumenta le probabilità di contrarre infezioni respiratorie di origine virale, batterica o fungina. Il fumo di sigaretta è la principale causa di BPCO, per cui al momento attuale smettere di fumare rappresenta l’unica strategia efficace per rallentare il decorso della malattia. Purtroppo, anche smettere di fumare non restituisce la perduta funzionalità respiratoria, poiché generalmente il danno causato dal fumo è solo in parte reversibile. �


Ci sono altre malattie respiratorie legate al fumo?


È stato dimostrato che il fumo aumenta il rischio di sviluppare l’asma sia nei giovani sia negli adulti. Inoltre, peggiora la malattia quando è già presente e rende meno efficaci i trattamenti. Per le persone asmatiche, continuare a fumare accelera la perdita di funzionalità polmonare. Il fumo aumenta inoltre le probabilità di sviluppare anche malattie polmonari meno frequenti, o rare come la malattia interstiziale polmonare, la bronchiolite respiratoria con interstiziopatia, l’istiocitosi a cellule di Langerhans (o istiocitosi X).


Da quando fumo non sento più gli odori. Perché?


Il fumo può produrre una perdita parziale o totale dell’olfatto (anosmia) in almeno due modi: irritando le cavità nasali e producendo un’infiammazione oppure danneggiando i neuroni deputati al senso dell’olfatto che sono situati nelle cavità nasali. Se il danno ai neuroni non è grave, smettendo di fumare si riacquista completamente, col tempo, il senso dell’olfatto.


Quando fumo, spesso sento il cuore battere più forte. Perché?


L’aumento della frequenza del battito cardiaco è uno degli effetti della nicotina contenuta nelle sigarette. La nicotina è infatti un potente stimolante e la sua azione sul sistema nervoso centrale si ripercuote quasi immediatamente anche su quello cardiovascolare. Quali che siano le modalità di assunzione, la nicotina: • aumenta la frequenza cardiaca; • fa sì che le cellule del cuore si contraggano con più forza a ogni battito; • fa restrigere i vasi sanguigni. Si tratta di fenomeni temporanei che in genere non hanno alcun effetto sulla salute di una persona sana. Possono però essere molto dannosi in presenza di malattie cardiache.


Che legame c’è tra fumo e malattie cardiovascolari?


Ogni sigaretta fumata accresce il rischio cardiovascolare. I fumatori hanno da due a quattro volte più probabilità di andare incontro a una malattia cardiovascolare rispetto ai non fumatori. Tra tutti i decessi causati dalle malattie cardiovascolari, circa uno su cinque è connesso al fumo. Il fumo favorisce le malattie cardiovascolari con diversi meccanismi: riduce la quantità di ossigeno che arriva al cuore, aumenta la pressione sanguigna e il battito cardiaco, danneggia la parete interna dei vasi sanguigni, favorisce la vasocostrizione o gli spasmi delle arterie, accresce la probabilità di sviluppare placche ostruttive e trombi nei vasi sanguigni. Tutto ciò aumenta le probabilità di incorrere in un ictus o in un infarto. Il fumo è da solo sufficiente ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, con un effetto che in presenza di altri fattori il rischio aumenta drasticamente. ll fumo aumenta anche il rischio di aneurisma aortico. Si tratta della dilatazione dell’arteria aorta (all’altezza del torace o dell’addome) che può andare incontro a rottura con esiti spesso fatali. Nei fumatori i decessi per la rottura dell’aneurisma sono sei volte più numerosi che tra i non fumatori. Smettendo di fumare il rischio di malattie cardiovascolari si riduce dopo circa un anno. Dopo 20 anni si riavvicina a quello di chi non ha mai fumato, anche se è ancora un po’ superiore.


Che impatto può avere il fumo sulla mia vita sessuale?


I danni ai vasi sanguigni causati dal fumo si ripercuotono anche sulla salute del pene e in particolare sulla sua capacità di erezione. Il pene è infatti un organo molto vascolarizzato e che dipende per la sua funzionalità proprio da un corretto afflusso di sangue: quando è ridotto, o la pressione è insufficiente, possono presentarsi problemi. Le probabilità di sviluppare disfunzione erettile diventano ancora più alte quando al fumo si associano anche malattie cardiovascolari: in tal caso si stima che soffra di disfunzione erettile il 15 per cento dei fumatori tra i 40 e i 70 anni. Il fumo, oltre a danneggiare i vasi sanguigni, favorisce lo sviluppo di ateromi, placche nelle parete delle arterie. L’elasticità del tessuto erettile, e quindi la sua capacità di dilatarsi, diminuisce nei forti fumatori, che spesso hanno un’erezione molto meno duratura. Il fumo può avere un impatto negativo anche sulla salute sessuale delle donne. Le prove fornite dalla scienza sono per il momento meno solide di quelle disponibili per l’uomo, ma sembra che anche nel sesso femminile i danni ai vasi sanguigni comportino una riduzione dell’afflusso di sangue agli organi genitali; l’apporto di nicotina sembra inoltre influire negativamente sui meccanismi alla base dell’eccitazione sessuale.


Il fumo riduce la fertilità maschile Come confermato da una meta-analisi pubblicata sulla rivista Urology nel 2016, il fumo di sigaretta influisce negativamente sul volume, sulla conta e sulla motilità degli spermatozoi. Ecco un confronto sulla qualità del seme tra giovani uomini fumatori e non fumatori:

Concentrazione spermatozoi (10^6/ml)

FUMATORI Vs NON FUMATORI - 9.72 * 10^6/ml

Motilità totale %

- 3,48%

Morfologia (volume) %

- 1,37%


I messaggi pubblicitari sui pacchetti di sigarette sostengono che il fumo compromette la fecondità. È vero?


Sì, il fumo può ridurre la fecondità sia nell’uomo sia nella donna. Nei maschi il fumo riduce la qualità del liquido seminale: diversi studi hanno mostrato che le sostanze tossiche contenute nel fumo raggiungono lo sperma compromettendo la motilità degli spermatozoi e riducendo la loro capacità di fecondare l’ovocita. Nelle donne il fumo agisce negativamente sull’ovulazione ed è associato a menopausa precoce. Si è calcolato che il fumo riduca di circa il 40 per cento le probabilità di concepimento.


Ho appena scoperto di essere incinta. Posso continuare a fumare?


Smettere di fumare in gravidanza è il più grande regalo che un mamma possa fare al proprio bambino. I pericoli associati al fumo in gravidanza sono infatti molto significativi, e comportano un aumento di rischio di parto prematuro, di aborto spontaneo e di gravidanza extrauterina. Inoltre, il fumo può danneggiare direttamente il bambino: quando si fuma vengono inalate oltre 4.000 sostanze dannose che dai polmoni della mamma raggiungono il flusso sanguigno. Da qui, attraverso la placenta e il cordone ombelicale raggiungono il feto. L’effetto principale riguarda la riduzione dell’apporto di ossigeno, essenziale per la corretta crescita del bambino. Un ridotto apporto di ossigeno può interferire con il corretto sviluppo dei polmoni, inoltre costringe il cuoricino del piccolo a pompare con una maggiore frequenza per sopperire alla carenza di questo elemento essenziale. I danni del fumo si protraggono anche dopo la nascita: la nicotina assunta dalla mamma passa al neonato attraverso il latte materno rendendolo irritabile. Il fumo aumenta inoltre il rischio di morte in culla di almeno il 25 per cento.


Ho smesso di fumare quando sono rimasta incinta. Ora sono in menopausa, posso riprendere?


No. Iniziare a fumare non è mai una buona idea. Farlo dopo l’ingresso in menopausa è pessima. Per tutta la durata della vita fertile la donna gode di un ombrello protettivo contro le malattie cardiovascolari: tutto merito degli ormoni estrogeni che contrastano la formazione delle placche aterosclerotiche e così facendo riducono il rischio di ictus e infarto. Con la fine dei cicli ovulatori e l’ingresso in menopausa si registra un calo degli estrogeni e quindi un innalzamento del rischio cardiovascolare. Il fumo agisce anche su questo fronte facendo crescere la tendenza a sviluppare placche ostruttive e trombi nei vasi sanguigni. Iniziare a fumare dopo l’ingresso in menopausa, quindi, significa esporsi a un aumentato rischio di malattie cardiovascolari proprio quando calano le difese naturali contro di esse.


Sono un forte fumatore. La sera fatico ad addormentarmi e ho il sonno disturbato. È possibile che ciò sia dovuto al fumo?


Sì. La colpa può essere della nicotina e della sua azione sul cervello. In particolare la sostanza contrasta il rilascio dei neurotrasmettitori legati al sonno (per esempio la serotonina) mentre favorisce il rilascio di quelli legati al risveglio (come la dopamina): in tal modo compromette la qualità del sonno. Il suo effetto sembra più forte nelle donne che negli uomini. Inoltre, la frequenza dell’insonnia è legata al numero e al tipo di sigarette fumate.


È vero che il fumo invecchia la pelle?


Ogni volta che si aspira una boccata da una sigaretta i vasi sanguigni più piccoli si restringono e si riduce la concentrazione di ossigeno nel sangue. Ciò ha una ripercussione diretta anche sulla pelle che, privata di ossigeno, tende ad apparire spenta e opaca. Il fumo inoltre causa il rilascio nell’organismo di radicali liberi che ostacolano la produzione di collagene e danneggiano le proteine che contribuiscono alla struttura della pelle. Insieme, questi due fenomeni favoriscono l’invecchiamento della pelle con perdita di elasticità, comparsa di macchie cutanee e la formazione di rughe, soprattutto nella regione intorno alle labbra. Il fumo inoltre provoca un aumento dell’irsutismo (crescita di peli) del volto.


Si dice che il fumo ingiallisca le unghie. È così?


Sì, molti fumatori hanno le unghie e la pelle che le circonda di un colore tendente al giallo. Ciò in genere è dovuto all’accumulo di catrame e nicotina nelle aree delle dita in cui viene tenuta la sigaretta. Non è però l’unico danno che le sigarette possono fare alle unghie. Anche la diminuzione dei livelli di ossigeno nel sangue causata dal fumo può ingiallire le unghie. Inoltre può rallentarne la crescita, renderle secche e fragili, favorire la comparsa di cuticole. Tutto ciò inoltre rende le unghie più suscettibili a infezioni causate da funghi.


Che impatto ha il fumo sulla salute della bocca?


La bocca è la prima tappa del fumo nel suo viaggio verso i polmoni ed è tra le aree del corpo che ne subisce i maggiori danni. Ogni parte della bocca può subire danni dal fumo. I denti ingialliscono e si macchiano, sono più soggetti all’accumulo di placca e carie. Le gengive, a causa dell’aumento di placca e carie e della diminuzione del contenuto di ossigeno nella bocca, sono più soggette a infezioni batteriche che possono dare origine a parodontite, nota anche come piorrea. Si tratta di una grave infiammazione della struttura che sostiene i denti e che si presenta con il ritiro delle gengive, mobilità dentaria fino ad arrivare alla caduta dei denti, che nei forti fumatori è fino a sei volte più probabile. L’osso alveolare, la parte della mascella a cui sono ancorati i denti, ha maggiori probabilità di restringersi, “allentando” i denti nella loro cavità naturale. Ciò va spesso di pari passo con la parodontite, causando appunto la perdita dei denti. La mucosa della bocca può anche andare incontro a leucoplachia, un’alterazione degli strati superiori dell’epitelio che si presenta come una placca bianca, e che può evolvere in cancro della bocca. Nei fumatori sono inoltre più frequenti infezioni del cavo orale come la candidosi. Il fumo, poi, rende più difficile la guarigione delle ferite chirurgiche e aumenta le probabilità di infezioni dell’osso dopo un’estrazione dentaria che, nei fumatori, sono quattro volte più frequenti rispetto ai non fumatori. Infine, è importante sottolineare che l’80 per cento di tutti i tumori maligni della bocca è attribuibile all’uso di tabacco.


Da quando fumo ho l’alito cattivo. È sufficiente masticare chewing-gum per contrastarlo?


L’alitosi è uno dei primi effetti del fumo sulla salute della bocca. Si potrebbe pensare che sia semplicemente il risultato dell’accumulo delle sostanze contenute nella sigaretta sui denti, le gengive, la lingua e le mucose della bocca. In realtà non è così. L’alito cattivo è soprattutto dovuto alla capacità del fumo di modificare l’ambiente all’interno della bocca, in particolare interferendo con la produzione di saliva. Quando si inizia a fumare, il fumo stimola la secrezione di saliva da parte delle ghiandole salivari. A lungo andare, però, questa produzione si riduce, la bocca tende a diventare più secca e diventa l’ambiente ideale per la proliferazione di batteri che causano l’alitosi e secchezza delle fauci. L’uso di chewing-gum e mentine può mascherare il cattivo odore, ma non risolvere il problema. Inoltre, se consumati in eccesso questi prodotti possono erodere lo smalto dentale.


Sono un fumatore e spesso consumo alcolici: corro rischi particolari?


I danni alla salute che il fumo e il consumo elevato di alcolici causano singolarmente si moltiplicano quando le due sostanze sono usate abitualmente insieme. Questo effetto combinato influisce soprattutto sul rischio di sviluppare alcuni tumori. Gli effetti peggiori si hanno sulle probabilità di sviluppare un tumore della bocca. In un fumatore il rischio di ammalarsi di questa neoplasia è circa sei volte più alto rispetto alla popolazione generale. Analoghe sono le probabilità per i consumatori abituali di alcolici. Tuttavia, quando le due abitudini coesistono, il rischio diventa 38 volte più alto rispetto a chi non fuma né beve alcolici. Effetti simili sono stati osservati sul rischio di cancro della gola e dell’esofago.


Le ragioni di questo legame sono ancora poco chiare, ma è probabile che l’alcol stimoli la produzione di sostanze (tra cui enzimi) che amplificano i danni del fumo a carico delle cellule. Per quanto concerne i tumori del cavo orale gli effetti potrebbero essere ancora maggiori a causa della capacità dell’alcol di sottrarre acqua ai tessuti della bocca: ciò fa sì che le sostanze tossiche contenute nel fumo vengano assorbite a concentrazioni maggiori di quanto avverrebbe in assenza dell’alcol. L’uso combinato di fumo e alcol, inoltre, rafforza la dipendenza dalle due sostanze. Non è un caso che circa il 90 per cento delle persone dipendenti dall’alcol siano anche fumatori.


Dovrò subire un’operazione chirurgica. In che modo il fumo può incidere sugli esiti dell’intervento?


L’abitudine al fumo può incidere in diversi modi sull’esito di un intervento chirurgico: • anestesia: la maggior parte dei fumatori ha un aumento delle secrezioni di muco nei polmoni e nella gola. Ciò può restringere le vie aeree quando si è sotto anestesia rendendo più difficoltosa la respirazione; • farmaci: in genere i fumatori rispondono peggio ad alcuni farmaci usati nell’intervento, specie gli anestetici. Ciò spesso rende necessario aumentare il dosaggio; • dolore: dopo l’intervento i fumatori in genere hanno una peggiore tolleranza del dolore e questo comporta l’uso di dosaggi maggiori di antidolorifici; • cuore e polmoni: durante l’intervento i fumatori hanno maggiori probabilità di andare incontro a complicanze cardiache e polmonari. • embolia: i fumatori hanno maggiori probabilità che durante un intervento si formino coaguli di sangue nelle gambe. Questi, raggiungendo i polmoni, possono ostruire una o più arterie dando luogo a un’embolia polmonare, una condizione potenzialmente fatale se non adeguatamente trattata; • risveglio: al termine dell’intervento per i fumatori può essere più difficile ritornare alla respirazione autonoma. Può essere necessario un utilizzo più massiccio di farmaci e in genere serve mantenere la mascherina con l’ossigeno per più tempo; • ferite: il fumo riduce la quantità di ossigeno che raggiunge i tessuti interessati dall’intervento chirurgico. Di conseguenza, le ferite tendono a guarire più lentamente e sono a maggior rischio di infezioni.


Se ci si deve sottoporre a un intervento chirurgico programmato sarebbe bene smettere di fumare almeno 8 settimane prima dell’operazione o comunque il prima possibile. Se questo risulta impossibile, la raccomandazione è quella di evitare di fumare almeno nelle 12 ore precedenti all’intervento.


Il diabetologo mi ha consigliato di smettere di fumare. Che c’entra il fumo con il diabete?


Fumo e diabete hanno più legami di quanto si possa pensare. Tanto per cominciare, il fumo, insieme a fattori genetici e all’obesità, è stato riconosciuto come fattore di rischio per lo sviluppo dell’insulinoresistenza, vale a dire la bassa sensibilità delle cellule all’azione dell’ormone insulina da cui il diabete di tipo 2 può avere origine. Per chi ancora non è diabetico, quindi, il fumo può favorire l’insorgenza anticipata della malattia. Per quanti invece soffrono di diabete, il fumo può aggravare le complicanze della malattia, specie quelle cardiovascolari. Le sostanze tossiche del fumo e il diabete, infatti, agiscono in modo molto simile sull’apparato cardiocircolatorio: sia gli alti livelli di glucosio caratteristici del diabete sia il fumo danneggiano le pareti delle arterie, favorendo la formazione di placche aterosclerotiche. Quando ciò avviene la capacità del vaso sanguigno si riduce producendo molte conseguenze: maggior rischio di ictus, infarto, disfunzione erettile, malattie renali. Si stima che per un diabetico che fumi le probabilità di sviluppare queste complicanze siano doppie rispetto a un malato non fumatore.


Ho letto che il fumo può peggiorare il decorso della sclerosi multipla. È vero?


Sì, il fumo può sia favorire la comparsa della malattia nelle persone già predisposte al suo sviluppo sia peggiorarne il decorso nelle persone che ne sono affette. In particolare, la ricerca negli ultimi decenni ha evidenziato che il fumo: • aumenta il rischio di sviluppare la sclerosi multipla; • può interagire con l’infezione da virus di Epstein-Barr moltiplicando il rischio di sviluppare la malattia; • aumenta il rischio di progressione della sclerosi multipla; • può essere un fattore di rischio per trasformare il decorso clinico della malattia da recidivante-remittente alla forma più grave secondariamente progressiva; • può aumentare i danni a carico del tessuto cerebrale; • favorisce la progressione della disabilità; • aumenta le probabilità di sviluppare anticorpi anti-interferone che rendono meno efficace la terapia.


Il fumo può influire sulla mia malattia renale?


Sì, il fumo è riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio sia per lo sviluppo delle malattie renali sia per la loro progressione. Nelle persone sane il fumo è in grado di indurre cambiamenti nella funzione renale che possono trasformarsi lentamente in una vera e propria malattia. Rispetto ai non fumatori, i fumatori hanno livelli di albumina più alti nell’urina, e hanno una ridotta capacità di espellere la creatinina. Alti valori di albumina e difficoltà di escrezione della creatinina sono i primi sintomi di un cattivo funzionamento dei reni. Questi cambiamenti sono analoghi a quelli che si verificano nelle persone con diabete; sembrano tuttavia in parte reversibili. Nei casi in cui la funzionalità renale non sia definitivamente compromessa, infatti, chi smette di fumare vede rientrare in pochi mesi i valori di albumina e creatinina nell’intervallo fisiologico. Diverso è il caso di chi già soffre di insufficienza renale: in tal caso il fumo contribuisce ad accelerare la progressione della malattia rendendo più probabile la necessità di ricorrere alla dialisi. Ciò avviene in diversi modi. Il fumo: • aumenta la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca; • riduce l’afflusso di sangue nei reni; • aumenta la produzione di angiotensina II (un ormone prodotto nei reni); • restringe i vasi sanguigni nei reni; • forma placche nelle arterie renali. Tutto ciò favorisce la compromissione delle funzioni renali. Il quadro si complica ulteriormente quando sono presenti altre patologie, in particolare il diabete e malattie cardiovascolari.


È possibile fumare se si soffre di pressione alta?


No, poiché se fumare è in generale molto dannoso per la salute lo è ancora di più in chi soffre di ipertensione. Chi soffre di pressione alta ha infatti un maggior rischio di andare incontro a ictus e infarto; perseverare nell’abitudine al fumo lo aumenta ulteriormente. Il fumo causa infatti un aumento immediato dei livelli della pressione e della frequenza del battito cardiaco principalmente agendo sul sistema nervoso centrale. Inoltre aumenta le probabilità di sviluppare forme gravi di ipertensione: l’ipertensione nefrovascolare, causata dalla riduzione dell’afflusso di sangue a uno o entrambi i reni, e la cosiddetta ipertensione maligna, un aumento improvviso della pressione con massima sopra i 180 e minima sopra i 120 millimetri di mercurio. Il fumo, poi, agisce in maniera deleteria su molti altri aspetti legati alla circolazione sanguigna: restringe le arterie e rende meno elastiche le loro pareti, e favorisce la formazione delle placche aterosclerotiche. Tutto ciò si traduce in un rischio molto più elevato di essere colpiti da ictus e infarto.


Soffro di cuore. È vero che smettere di fumare è efficace quasi come prendere un farmaco?


Sì, per chi soffre di patologie cardiache o ha già subito un intervento al cuore, smettere di fumare è l’intervento più efficace per ridurre le probabilità di andare incontro a un aggravamento della malattia. Una ricerca che ha passato in rassegna 20 studi condotti in diversi paesi su pazienti colpiti da malattia ischemica al cuore oppure operati per coronaropatia, per esempio, ha mostrato un calo della mortalità del 36 per cento e una riduzione del 32 per cento degli infarti del miocardio non fatali per coloro che avevano detto basta alle sigarette rispetto a quelli che hanno continuato a fumare, con un vantaggio rilevabile già a due anni dalla sospensione.


Sono malato di cancro. In che modo il fumo può incidere sulla malattia?


Nessuno che abbia ricevuto una diagnosi di cancro dovrebbe continuare a fumare: il fumo riduce la capacità dell’organismo di combattere la malattia, può rendere meno efficaci alcune terapie e aumentare il rischio di complicanze. Per i pazienti che si sottopongono a un intervento chirurgico, il fumo aumenta le probabilità di andare incontro a problemi respiratori durante l’anestesia causando un accumulo del muco nella gola e nei polmoni. Danneggiando l’apparato cardiocircolatorio, rende anche più probabile in verificarsi di ictus e infarto. Inoltre riduce la capacità di guarigione delle ferite allungando i tempi di recupero. Diversi studi hanno mostrato che la radioterapia risulta mediamente meno efficace nei fumatori, mentre sono più frequenti gli effetti collaterali. In chi fuma è più probabile che compaia la mucosite, un’infiammazione estesa del cavo orale che può interferire con la capacità di alimentarsi, peggiora la qualità di vita e può causare infezioni ed emorragie. Anche fatigue (una forma di spossatezza cronica) e polmonite sono più frequenti nei fumatori. Come se non bastasse, alcuni farmaci chemioterapici (per esempio l’irinotecan e l’erlotinib), che nei fumatori raggiungono una minore concentrazione nel sangue, possono risultare meno efficaci. Inoltre, per chi fuma, sono più alti i rischi di complicanze cardiache e polmonari a seguito della chemioterapia. Infine, il fumo aumenta il rischio di sviluppare un secondo tumore, specie nei pazienti che hanno già ricevuto una diagnosi di cancro alla bocca o ai polmoni. �


Il fumo può incidere sui farmaci che sto assumendo?


Il fumo può compromettere l’efficacia di numerose terapie farmacologiche attraverso due meccanismi principali: alterando l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo o l’eliminazione del medicinale (è quella che viene definita farmacocinetica) oppure interferendo direttamente con il suo meccanismo di funzionamento (farmacodinamica). A oggi non esiste una lista completa delle interazioni tra fumo e farmaci, ma è plausibile che il fumo eserciti il suo effetto su una vasta gamma di medicinali. Ecco alcune interazioni note: • beta bloccanti: sono farmaci impiegati per innumerevoli malattie cardiovascolari (dall’ipertensione allo scompenso cardiaco). Nei fumatori si sono dimostrati meno efficaci nel ridurre la pressione sanguigna e controllare il battito cardiaco; • corticosteroidi: usati in molte malattie polmonari. In chi fuma si osserva una minore risposta a quelli assunti per via inalatoria; • contraccettivi ormonali: le donne che fumano e assumono la pillola vanno incontro a un maggior rischio di effetti avversi cardiovascolari (ictus, infarto, tromboembolia); • oppioidi: nei fumatori hanno un minor effetto analgesico; • benzodiazepine: sono impiegati principalmente contro l’ansia. Il fumo riduce l’effetto sedativo e la sonnolenza; • insulina: nei fumatori è stata osservata una riduzione dell’assorbimento e una minore risposta all’ormone a causa della capacità del fumo di indurre insulinoresistenza; • eparina: è un anticoagulante. Nei fumatori l’espulsione del farmaco è più rapida che nei non fumatori, in tal modo si ha una minore efficacia.


Che significa fumo passivo?


Il fumo passivo è quello che viene inspirato involontariamente dalle persone a contatto con i fumatori. Il fumo ambientale è una miscela di gas e di particolato che viene emanata in gran parte dal fumatore quando espira e in misura inferiore dalle sigarette, le pipe o i sigari accesi. Contiene, fra le altre sostanze, nicotina e vari composti cancerogeni come il benzene, il butadiene e il benzopirene. Quest’ultimo è un idrocarburo policiclico aromatico altamente nocivo, lo stesso che si sviluppa durante la carbonizzazione dei cibi cotti alla griglia ed è presente nelle emissioni di scarico dei motori diesel. Inoltre una ricerca italiana pubblicata sulla rivista Tobacco Control ha messo in luce un effetto che si protrae anche oltre lo spegnimento del mozzicone: le polveri sottili derivate dal fumo di sigaretta vengono infatti emesse nell’ambiente anche dai polmoni dei fumatori per circa tre minuti dopo l’ultimo “tiro” di sigaretta.


Anche il fumo passivo provoca il cancro?


Sì, anche per il fumo passivo esistono prove definitive che sia associato allo sviluppo di tumori. Come per il fumo attivo, il rischio più elevato riguarda il cancro al polmone: le persone esposte a fumo passivo hanno una probabilità del 20-30 per cento più alta rispetto ai non fumatori di ammalarsi di questa neoplasia. Negli Stati Uniti si stima che ogni anno circa 3 mila decessi per cancro ai polmoni sono il risultato dell’esposizione al fumo passivo. Inoltre, il fumo passivo è associato a un maggior rischio di sviluppare tumori a carico della laringe, faringe, seni paranasali, cervello, vescica, colon retto, stomaco, seno. Nei bambini aumenta la probabilità di ammalarsi di linfoma, leucemia, cancro del fegato e del cervello.


Quali altri effetti sulla salute ha il fumo passivo?


La convivenza con il tabagismo altrui è rischiosa soprattutto per il sistema respiratorio (aumenta il rischio di sviluppare l’asma e peggiora i sintomi se già se ne soffre) e per quello cardiovascolare. Il fumo passivo, infatti, danneggia rapidamente il cuore, i vasi sanguigni e la circolazione, aumentando nel tempo il rischio di infarto e ictus. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre la metà dei decessi dovuti al fumo passivo avviene per infarto, oltre un quarto per infezioni delle vie respiratorie, poi per asma e tumore del polmone.


Quali sono livelli sicuri di fumo passivo?


Così come per un fumatore non esiste un numero di sigarette che non nuoccia alla salute, allo stesso modo per un non fumatore non esistono livelli sicuri di esposizione al fumo passivo. Il fumo è dannoso anche in piccolissime concentrazioni: per questo tutte le strategie che cerchino di minimizzare i rischi (come separare i fumatori dai non fumatori o cambiare forzatamente l’aria degli ambienti in cui si è fumato) sono sostanzialmente inefficaci. L’unico modo per proteggere i non fumatori è eliminare completamente il fumo dagli spazi chiusi.


Che effetti ha il fumo passivo sulla salute dei bambini?


I bambini esposti al fumo passivo soffrono con maggior frequenza di otiti, attacchi d’asma, tosse e altri problemi respiratori, bronchiti e polmoniti. L’esposizione al fumo subito prima e dopo la nascita è correlata a problemi di sviluppo nel feto e a un rischio aumentato di morte improvvisa nei lattanti (o SIDS, Sudden infant death syndrome). I danni, peraltro, possono perdurare nel tempo, anche fino all’età adulta: uno studio finlandese pubblicato sulla rivista Circulation ha osservato in un campione di adulti cresciuti con genitori fumatori un rischio doppio di sviluppare placche carotidee, che possono portare a gravi conseguenze come trombi e ictus. Diverse ricerche, inoltre, evidenziano la difficoltà di conoscere la reale esposizione dei minori al fumo, in casa o in auto. Soprattutto perché gli adulti tendono a sottovalutare o minimizzare i fatti. Una ricerca condotta all’ospedale pediatrico di Cincinnati, negli Stati Uniti, sui bambini portati in ospedale per problemi respiratori ha mostrato che, stando alle dichiarazioni dei genitori, il 35 per cento dei bambini sarebbe stato esposto a fumo ambientale, ma alla verifica di laboratorio (un test della saliva per rilevare livelli di cotinina, un metabolita della nicotina) il responso è risultato ben diverso: addirittura l’80 per cento dei piccoli pazienti – in altre parole, quattro su cinque – aveva respirato il fumo degli adulti. E conta molto anche l’esempio: un figlio di tabagisti ha il doppio delle probabilità di diventare egli stesso un fumatore. Fra le dimostrazioni più convincenti, una ricerca di un team statunitense che nel 1988 iniziò a seguire un gruppo di ragazzi, per capire come le loro abitudini, dall’adolescenza in


poi, avrebbero influenzato quelle della loro prole. Questi i risultati, pubblicati sulla rivista Pediatrics: dopo 23 anni dall’inizio della ricerca, 314 figli di questi ragazzi avevano almeno 11 anni di età, e il confronto tra figli di fumatori e non fumatori ha mostrato che tra i primi la percentuale di quelli che avevano già provato a fumare era doppia (16 su 100, contro 8 su 100 tra i figli di non fumatori).

Italiani poco consapevoli Secondo l’indagine Doxa-ISS 2019, gran parte della popolazione ancora sottovaluta i rischi del fumo passivo, Molti permettono agli ospiti di fumare in casa: il 20 per cento dei non fumatori e oltre la metà dei fumatori. Sembra però migliorare la consapevolezza, anche nei fumatori: il 50 per cento dice no al fumo in casa, contro il Fonte ISS doxa 2019 40 per cento registrato due anni fa.


Ci sono rischi particolari dell’esposizione al fumo passivo in gravidanza?


Per le donne in gravidanza, l’esposizione al fumo passivo comporta rischi di complicanze perfettamente sovrapponibili a quelli di una fumatrice, se non addirittura, paradossalmente, più alti. Un’analisi realizzata nel 2014 da ricercatori americani ha valutato i dati di oltre 80 mila donne che avevano partecipato a un grande studio negli Stati Uniti (noto come Women’s Health Initiative). I ricercatori hanno concluso che una non fumatrice esposta a fumo passivo prima e durante la gravidanza ha un rischio più alto del 17 per cento di andare incontro ad aborto spontaneo, del 55 per cento di dare alla luce un bambino morto e del 61 per cento di gravidanza ectopica. Rischi che appaiono addirittura più alti rispetto a quelli stimati da diverse ricerche, a cui va incontro una fumatrice. Per le donne che fumano le probabilità di incorrere in queste complicanze sono rispettivamente del 16, 44 e 43 per cento più alte rispetto alle non fumatrici (che non sono state esposte neanche a fumo passivo).


È vero che esiste anche il fumo di “terza mano”?


È stato dimostrato che il fumo di tabacco lascia residui rilevabili nell’ambiente anche per ore, su superfici e materiali di vario tipo, come mobili, tende, tappeti e vestiti. Nella polvere domestica in case di fumatori si trovano tracce di sostanze cancerogene derivate dal fumo, per esempio N-nitrosammine e idrocarburi policiclici aromatici. Un gruppo di ricercatori dell’Università di San Diego, in California, ha dimostrato come con l’analisi di campioni di polvere prelevati all’interno di auto usate fosse possibile identificare correttamente l’82 per cento delle auto prima possedute da fumatori e il 100 per cento di quelle di non fumatori. Studiare gli effetti del fumo di terza mano sull’uomo non è semplice, ma esistono ricerche condotte sugli animali che suggeriscono che possa provocare danni alla salute. Uno studio condotto su topi di laboratorio, pubblicato all’inizio del 2017 sulla rivista Scientific Reports, ha mostrato che quando gli animali vengono esposti a fumo di terza mano (batuffoli di cotone intrisi di fumo all’interno delle gabbie) tendono a pesare meno rispetto a quelli vissuti in gabbie dall’aria pulita. Inoltre presentano una peculiare composizione delle cellule del sangue che li espone a un maggior rischio di infiammazioni e allergie.


È vero che il fumo di sigaretta ha anche un forte impatto ambientale?


Dalla coltivazione alla produzione, dal consumo fino allo smaltimento dei rifiuti, i prodotti del tabacco impongono una pesante tassa all’ambiente. Il bisogno di terreni per la coltivazione del tabacco provoca una deforestazione estesa, al ritmo di 200.000 ettari l’anno nei principali Paesi produttori. Le colture intensive di tabacco prevedono un largo uso di pesticidi e provocano un rapido impoverimento del suolo. Il tutto accade generalmente in Paesi a basso reddito. Si stima che nel mondo due terzi delle sigarette fumate vengano gettate in terra e che ogni anno fra 340 e 680 milioni di chilogrammi di mozziconi finiscano dispersi nell’ambiente. Insieme alla plastica, i mozziconi di sigaretta sono il rifiuto più diffuso sulle spiagge e nelle acque costiere. Contengono fra l’altro sostanze tossiche come nicotina, gas, catrame e condensato, acetato di cellulosa, e addirittura polonio-210. Impiegano da uno a cinque anni per scomparire, anche se non sono del tutto biodegradabili, né tantomeno lo sono gli involucri in plastica dei pacchetti di sigarette, i pacchetti stessi, gli accendini. I mozziconi abbandonati sono inoltre un’importante causa di incendi. Nel 2015 la U.S. Forest Service Southern Research Station ha reso noto che negli USA il numero di roghi dovuti alle sigarette è calato del 90 per cento dal 1980, con un risparmio di 3,5 milioni di dollari. Ciò è dovuto sia alle sigarette autoestinguenti, sia al calo del 14 per cento dei fumatori nello stesso arco di tempo. �


Cosa ci guadagno a smettere di fumare?


Un netto miglioramento delle condizioni di salute e una riduzione del rischio di andare incontro a serie malattie sono di certo le più grandi conquiste per chi smette di fumare: basti pensare che chi smette prima dei 50 anni dimezza il proprio rischio di morire nell’arco dei 15 anni successivi. Ma ci sono innumerevoli guadagni più immediati che derivano dall’abbandonare la sigaretta. Spesso, infatti, non ci si rende conto delle innumerevoli limitazioni a cui costringe il fumo e dei fastidi con cui ci si abitua a convivere. Il fiatone nel salire le scale, il bisogno di uscire a metà di una cena per fumare (non sempre per il piacere, ma troppo spesso per un bisogno causato dalla dipendenza da nicotina), il cattivo odore su vestiti e capelli, l’alito cattivo e i denti ingialliti. Oppure il senso dell’olfatto e del gusto indeboliti. Apparentemente si tratta di piccole cose, ma dopo aver smesso di fumare a molti viene spontaneo chiedersi: “Avevo rinunciato a tutto questo solo per le sigarette?”.


Cosa capita al corpo dopo avere spento l’ultima sigaretta?


Così come l’effetto del primo tiro è immediato (basta appoggiare le dita sul collo e sentire le pulsazioni del sangue che aumentano), anche smettere di fumare fa bene da subito. Ecco cosa succede nel corpo e come cambia il rischio di sviluppare alcune delle principali malattie legate all’uso di tabacco: • dopo 20 minuti: la frequenza del battito cardiaco torna nella norma; • dopo 8 ore: il livelli di nicotina e monossido di carbonio nel sangue si riducono di più della metà e i livelli di ossigeno torno normali; • dopo 24 ore: il monossido di carbonio viene eliminato dal corpo. I polmoni cominciano a espellere il muco e altre scorie derivanti dal fumo. Nel naso migliora la funzionalità dell’apparato muco-ciliare; • dopo 48 ore: non c’è più nicotina nel corpo. Cominciano a migliorare il senso del gusto e dell’olfatto; • dopo 72 ore: la respirazione diventa più facile. I bronchi iniziano a rilassarsi. Ne deriva una maggiore sensazione di energia; • dopo 2 settimane: comincia a migliorare la circolazione; • dopo 3 mesi: tosse, problemi respiratori affanno tendono a migliorare, con l’aumentare della funzione polmonare fino al 10 per cento; • dopo 1 anno: il rischio di malattie cardiache si dimezza rispetto a una persona che continua a fumare; • dopo 5 anni: il rischio di ammalarsi di tumore alla cervice uterina torna ai livelli di chi non ha mai fumato. Quello di sviluppare un tumore del cavo orale, dell’esofago e della vescica


si dimezza; • dopo 10 anni: il rischio di cancro ai polmoni si dimezza rispetto a un fumatore; • dopo 15 anni: il rischio di infarto torna ai livelli di chi non ha mai fumato, il rischio di cancro al polmone si abbassa ulteriormente avvicinandosi ai livelli di chi non ha mai fumato.

Droghe a confronto Un team di esperti diretto da David Nutt dell’Università di Bristol ha ideato un indicatore sintetico per valutare la capacità di una sostanza di arrecare danno a livello fisico o sociale e di indurre dipendenza. I risultati, espressi in forma di punteggio numerico (da 0 a 3), sono stati pubblicati nel 2007 sulla rivista The Lancet. Eroina Cocaina

Tabacco

Costi sanitari prodotti

3,0

2,3

2,4

Dipendenza fisica

3,0

1,3

1,8

Dipendenza psicologica

3,0

2,8

2,6

Danno cronico

2,5

2,0

2,9


Fumo un pacchetto di sigarette al giorno. Quanti soldi risparmierei smettendo di fumare?


Il fumo è un’abitudine non soltanto dannosa, ma anche costosa. Il prezzo medio di un pacchetto di venti sigarette si aggira oggi intorno ai 5 euro. Un fumatore che consumi un pacchetto al giorno manda quindi in fumo ogni anno quasi 1.900 euro. A questa spesa possono inoltre aggiungersi anche costi indiretti legati ai danni alla salute. Secondo le rilevazioni Doxa-ISS, un fumatore medio in Italia accende circa 11-12 sigarette al giorno per una spesa media di 1.000-1.100 euro l’anno.


Gli italiani e il prezzo del tabacco In occasione della Giornata senza fumo 2019, Fondazione Umberto Veronesi ha reso noti i risultati di una ricerca condotta da AstraRicerche su 1.500 italiani fra i 15 e i 65 anni. Più di un terzo dei fumatori intervistati spende almeno 100 euro al mese e un ulteriore 26% tra 70 e i 100. Se messi di fronte alla somma lasciata dal proprio tabaccaio, quasi la metà risulta sorpresa, ritenendola superiore a quando immaginato. Alla domanda “Come impiegheresti questa somma se smettessi di fumare?” la gran parte ha risposto “in un viaggio o una vacanza” (58%).


In cosa consiste la diagnosi precoce con TC spirale?


La TC (tomografia computerizzata) spirale è un esame diagnostico non invasivo che permette di individuare eventuali noduli polmonari di piccolissime dimensioni (nell’ordine dei millimetri) e quindi di intervenire in una fase iniziale del tumore aumentando le probabilità di guarigione. Alcuni studi internazionali hanno documentato una importante riduzione della mortalità per tumore al polmone nelle persone sottoposte a controlli regolari (screening). La comunità scientifica, oggi, si confronta sulle modalità con cui offrire un eventuale screening e su chi possa trarne maggior beneficio. Diversi centri oncologici specializzati hanno avviato programmi sperimentali rivolti a forti fumatori con più di 50-55 anni. Oggi si tende a combinare la TC spirale con la ricerca dei microRNA (si veda la domanda successiva). I due esami combinati sono infatti in grado di ridurre il numero di falsi positivi, uno dei maggiori problemi di questo esame, indicando quali lesioni sono benigne e quali, invece, possono dare problemi.


Come si può fare diagnosi precoce con un prelievo del sangue? È una tecnica già considerata attendibile?


Da qualche anno è stato osservato che, fin dalle prime fasi della sua formazione, il tumore può rilasciare nel sangue microRNA: si tratta di piccoli frammenti di RNA che svolgono un ruolo importante nei meccanismi di crescita tumorale. Riuscire a identificarli consente quindi di riconoscere la malattia in uno stadio molto precoce. Uno studio condotto in Italia nel 2014 e pubblicato sul Journal of Clinical Oncology ha scoperto che un semplice esame del sangue per la ricerca dei microRNA specifici per il tumore al polmone è in grado di identificare la neoplasia fino a due anni prima della diagnosi ottenuta con la TC spirale con un’accuratezza dell’87 per cento. Inoltre l’esame ha consentito di discriminare quali dei noduli identificati con la TC fossero effettivamente tumori, riducendo così il numero di falsi positivi. Ed è proprio questo l’utilizzo che si sta affermando per la ricerca dei microRNA: un impiego combinato con la TC spirale che consenta di giungere a una diagnosi precoce e accurata. Si tratta di approcci sperimentali la cui efficacia è in corso di verifica.


Decidere di smettere

Si dice che per un fumatore decidere di dire basta alle sigarette sia come interrompere una relazione importante. Il rapporto con il fumo è infatti forte, complesso, intimo. E maturare la decisione di smettere è difficile come avviene in alcuni rapporti a cui non si vuole rinunciare, anche si è da tempo capito che fanno più male che bene. Per riuscire a scegliere una volta per tutte una vita senza fumo è necessario superare le trappole psicologiche che inducono a credere che in fondo il piacere che si trae da ogni sigaretta sia più grande dei rischi che si corrono. C’è da prendere coscienza del fatto che i pericoli del fumo non sono numeri astratti, ma che le statistiche riguardano personalmente ciascun fumatore. Bisogna lavorare sulla propria autostima e convincersi della capacità di farcela. E allo stesso tempo non bisogna avere paura né vergogna di chiedere aiuto.


Sto riducendo il numero di sigarette fumate. Che bisogno c’è di smettere?


È vero che la quantità può fare la differenza, in termini di rischi per la salute, e che meno si fuma meglio è, però è altrettanto vero che nessuna sigaretta è priva di rischio. Dati clinici mostrano che fumare anche solo cinque giorni al mese può portare tosse e dispnea, e che anche fumare meno di quattro sigarette al giorno può aumentare il rischio di morte per infarto e altre malattie. Anche con un numero così modesto di sigarette fumate, inoltre, resta più alto della media il rischio di ammalarsi di tumori e malattie respiratorie. A parità di sigarette fumate (anche poche), il rischio sembra essere maggiore per le donne che per agli uomini, specie per il tumore del polmone. Quindi, anche per chi fuma così poco da esitare a definirsi fumatore ci sono buone ragioni per smettere del tutto. Tenendo conto che si ha un’arma in più: rispetto ai forti fumatori, chi fuma poco ha una minore dipendenza dalla nicotina, e quindi un legame più facile da spezzare.


Il fumo mi aiuta a gestire lo stress. Non credo di poterne fare a meno.


Uno dei grandi inganni del fumo è quello per cui si è indotti a pensare che la sigaretta aiuti a gestire lo stress. In realtà è il desiderio di fumare che fa sentire stressati e ansiosi; sensazioni che si alleviano quando si fuma una sigaretta, in virtù quindi di un circolo vizioso. Le ragioni di questo fenomeno stanno tutte nella nicotina, una vera e propria droga che causa dipendenza. La nicotina agisce su un gran numero di meccanismi nel cervello: per esempio stimola il rilascio di dopamina, una sostanza che ha tra i suoi effetti quello di produrre una sensazione di benessere. Nei fumatori la sigaretta diventa un meccanismo di innesco della produzione e del rilascio di queste sostanze, per cui al crescere della dipendenza cresce il bisogno di goderne gli effetti. Nasce da questi meccanismi il bisogno di fumare, che per il fumatore è una condizione di stress costante che si placa solo quando accende una sigaretta. Si tratta tuttavia di un beneficio temporaneo: al ridursi della concentrazione nell’organismo, il meccanismo si mette nuovamente in moto facendo risalire i livelli di stress. È per questo che mediamente i fumatori presentano livelli di stress superiori a chi non fuma. La buona notizia è che dopo tre mesi di astinenza dal fumo il corpo smette di aver bisogno dello stimolo derivante dalla nicotina, e il controllo di questi meccanismi da parte dell’organismo ritorna a uno stato normale.


Faccio sport, seguo un’alimentazione sana, il fumo è il mio unico vizio. Non credo di aver bisogno di smettere.


È sbagliato. Il fumo non diventa innocuo solo perché nel complesso si seguono stili di vita sani. È vero: seguire un’alimentazione sana e svolgere regolarmente attività fisica possono ridurre gli effetti dannosi del fumo sul sistema cardiovascolare e il rischio di cancro rispetto a chi ha un regime alimentare poco attento ed è sedentario. Lo sport può inoltre preservare la funzionalità polmonare. Tuttavia questi elementi sommati insieme non sono sufficienti ad azzerare i rischi di malattia connessi alle sigarette. Per gli sportivi, inoltre, il fumo peggiora, anche drasticamente, le prestazioni fisiche. Anche per chi ha uno stile di vita impeccabile, quindi, è bene smettere di fumare prima possibile. Fra l’altro, lo sport può essere un importante strumento nella lotta contro il fumo: diversi studi hanno infatti osservato che chi si impegna in un’attività sportiva ha maggiori probabilità di riuscire a smettere rispetto a chi è sedentario.


Fumo da tanti anni. Che senso ha smettere adesso?


È vero: quanto più a lungo si è fumato tanti più danni le sigarette hanno già causato all’organismo. Tuttavia è importante tenere a mente che a qualsiasi età – e anche se si fuma da molti anni – vale sempre la pena smettere. Abbandonare la sigaretta produce infatti sia effetti nel lungo periodo sia nell’immediato. Un fumatore che smettesse di fumare a 50 anni dimezza il rischio di morire nei 15 anni successivi. A 65 anni presenta un rischio di morire confrontabile a quello di chi non ha mai fumato. Inoltre, anche in età più avanzata smettere di fumare riduce il rischio di andare incontro a malattie cardiache e cancro. Nel complesso, per chi è più in là con gli anni e ha una più lunga esperienza con le sigarette, sono peraltro gli effetti immediati quelli per cui vale più la pena di smettere: il miglioramento della circolazione e della capacità di respirare, con la maggiore energia che ne deriva, ha un impatto tangibile nella qualità di vita in un periodo in cui ogni limitazione fisica rischia di anticipare la perdita dell’autosufficienza.


Il prezzo conta! Da diverso tempo a questa parte quasi non passa anno senza che si verifichi un aumento del prezzo delle sigarette. I fumatori non se ne abbiano a male, ma molti studi finora condotti hanno dimostrato che il prezzo è la singola misura più efficace per disincentivare l’abitudine al fumo. In particolare, si stima che per ogni aumento di prezzo del 10 per cento si verifica una riduzione del consumo del 4 per cento. Inoltre, è provato che l’aumento di prezzo è particolarmente efficace nell’allontanare i giovani dal fumo: riduce sia la percentuale di ragazzi che iniziano a fumare, sia il numero di sigarette fumate.


Ho già smesso di fumare altre volte, ma ho sempre ripreso. Vale la pena provarci un’altra volta?


Certo. E l’esperienza passata può essere di grande utilità per riuscire a smettere efficacemente, una volta per tutte. Prima di provare di nuovo a smettere di fumare è bene avere un piano e soprattutto analizzare perché in passato non si è riusciti a raggiungere l’obiettivo. Capire quali sono le cose che hanno aiutato e quali invece hanno portato a riaccendere la sigaretta può essere il primo passo per abbandonare una volta per tutte il fumo.


Mi sto convincendo che è meglio smettere di fumare. Ma sto cercando l’occasione buona per farlo.


È una condizione comune a molti fumatori cercare un’occasione che motivi a smettere di fumare. Ma basta pensarci un attimo per rendersi conto che la vita è costellata di buone occasioni. Il primo dell’anno, per esempio. Chi non fa buoni propositi per l’anno nuovo? Cominciare l’anno perdendo la cattiva abitudine del fumo è uno dei più bei regali che ci si possa concedere. È anche comodo: per contare i giorni e poi le settimane e i mesi da quando si è lasciata la sigaretta basta guardare il calendario. Oppure quando si avvicina la primavera: è il momento in cui molti cominciano a pensare a mettersi in forma per l’estate. Adottare un regime alimentare più sano e iniziare a fare attività fisica regolarmente si sposano perfettamente con la scelta di dire addio alla sigaretta. Ne guadagnerà la salute, e ne guadagnerà anche l’aspetto: il fumo, infatti, rende la pelle spenta e opaca. Fa inoltre apparire più stanchi e privi di energia. Smettere entro la primavera, poi, può essere veramente decisivo per chi soffre di allergie che in questo periodo dell’anno danno il massimo dei sintomi, che peggiorano ulteriormente se si fuma. In estate si può cogliere l’occasione dell’inizio delle vacanze, o farlo per le camminate in montagna o le nuotate al mare che saranno meno difficoltose se non si fuma. E così via: scorrendo il calendario non c’è mese in cui non si possa trovare una buona ragione per fumare. Per non parlare delle grandi occasioni della vita. Quando si desidera avere un figlio, poiché il fumo incide sulla fecondità, o nel momento in cui si diventa genitore o nonno, e la motivazione aggiuntiva


per smettere può essere la protezione del piccolo dal fumo passivo, o semplicemente il desiderio di aumentare le probabilità di vederlo crescere per molti anni. O ancora quando si cambia lavoro: diversi studi mostrano che i superiori tendono a vedere con occhio migliore i collaboratori che non fumano. Le occasioni, insomma, non mancano. Basta coglierle. O più semplicemente trovarne una propria.


Mi piacerebbe smettere ma non è il momento giusto.


È vero: non tutti i momenti sono altrettanto adatti per smettere di fumare. In periodi particolarmente stressanti cercare di abbandonare la sigaretta può rivelarsi un boomerang: si rischia di non avere la forza di dare un taglio al fumo, e di compromettere in tal modo la motivazione per smettere. Quindi è bene scegliere con oculatezza il momento per impegnarsi, valutando se in quel periodo ci sono particolari fattori esterni che possono influenzarne il successo. L’importante è che la ricerca del momento giusto non diventi una scusa per rimandare a oltranza, e che una volta presa la decisione di smettere la si persegua fino in fondo.


Mi piacerebbe smettere ma credo di non farcela. Sono troppo dipendente.


La dipendenza da nicotina non è semplice da battere ed è tanto più forte quanto più a lungo e più intensamente si è fumato. Su questo non c’è dubbio, ma basta pensare che ogni anno decine di migliaia di persone smettono di fumare per capire che è possibile farcela. Occorre avere una buona dose di determinazione, e l’ideale è farsi aiutare da un professionista. Temere di non farcela ed essere consapevoli della propria dipendenza non è un male né un segno di debolezza. Anzi: è un primo passo per mettere nella giusta prospettiva il proprio rapporto con il fumo e per prepararsi agli inevitabili sintomi dell’astinenza, come irritazione, stanchezza, scarsa concentrazione.


Avrei voglia di smettere di fumare. Ma non voglio prendere peso.


È vero, quasi tutte le persone che smettono di fumare prendono peso. Tuttavia è importante sapere che non c’è nessun automatismo: se e quanto si ingrasserà dipende più dal modo in cui ci si comporta quando si è lasciata la sigaretta che dagli effetti del fumo. Chi smette di fumare, in media, presenta un aumento di peso pari a +2,6 kg nei successivi 5 anni, sebbene la maggior parte del peso venga acquisito entro i primi tre mesi dalla cessazione del fumo. Circa il 30 per cento di questo incremento deriva dalla perdita degli effetti diretti della sigaretta sull’organismo, in particolare da quelli sul metabolismo basale che lo porta a consumare più calorie. Il rimanente ingrassamento è invece legato al fatto che si tende ad avvertire di più l’appetito. Spesso gran parte di questo aumento di peso nasce dagli spuntini fuori orario con cui si tende a compensare la mancanza della sigaretta, con la gestualità ad essa associata. In molti casi, quindi, la decisione di scegliere per gli spuntini quotidiani alimenti poveri di calorie (come frutta e verdura) può da sola ridurre notevolmente l’apporto calorico aggiuntivo, e con esso l’aumento di peso. Se si riuscisse a cogliere l’occasione per praticare regolarmente attività fisica (bastano trenta minuti al giorno di camminata sostenuta) si potrebbe addirittura scongiurare l’aumento di peso o comunque limitarlo ulteriormente. In ogni caso, anche senza questi accorgimenti, diversi studi mostrano che i chili in più presi nel periodo in cui si è smesso di fumare vengono in molti casi smaltiti nell’arco del primo


anno da non fumatori. È quindi bene concentrarsi sul proprio obiettivo e tenere a mente che quei pochi chili si potranno smaltire con calma e che i benefici dello stop al fumo superano di gran lunga il danno dell’aumento di peso.


Mio marito è un fumatore incallito. È giusto che gli continui a ripetere che il fumo fa male o è controproducente?


Non è semplice convivere con un fumatore e vederlo esporre la sua salute ai danni del fumo. Ed è normale provare frustrazione, e il desiderio di cambiare la situazione. Ma ripetergli a ogni pie’ sospinto che il fumo fa male e colpevolizzarlo non serve. Quasi sempre i fumatori sono ben consapevoli delle conseguenze del fumo. E spesso anche della sofferenza che causano a chi sta loro intorno. Ma è il fumatore che deve prendere la decisione di smettere e deve farlo perché si rende conto che andrà a proprio vantaggio, non solamente per rispondere al desiderio e alle pressioni di qualcun altro. Questo, naturalmente, non significa rassegnarsi e aspettare. Si può fare molto per aiutare un fumatore a maturare la decisione di smettere; e, una volta che ha deciso, per aiutarlo a perseverare. �


Ogni volta che parlo con mia moglie della sua abitudine al fumo finiamo per litigare perché assume una posizione difensiva. Che fare?


Ai fumatori non piace che gli altri ricordino loro i danni del fumo. Lo sanno già che il fumo fa male e hanno scelto di correre il rischio o non hanno avuto la forza di rinunciarvi. Per questa ragione il più delle volte evitano il discorso. Non di rado, però, assumono addirittura un comportamento difensivo e aggressivo. Si tratta di un meccanismo istintivo di auto-protezione che serve a tenere a distanza l’interlocutore. La ragione, spesso, è che parlando del fumo si è toccato un nervo scoperto, una situazione emotivamente calda. È infatti probabile che il fumatore sappia che quel che fa non è saggio, che provoca dei danni alla sua salute e dispiacere ad altri; a volte è affetto da senso di colpa o dalla frustrazione per non riuscire a smettere. In questi casi non è facile instaurare un dialogo sul tema del fumo e la cosa più importante è evitare il conflitto e di colpevolizzare il fumatore.


Come posso aiutare un mio caro a decidere di smettere?


Non c’è un manuale per imparare a sostenere qualcuno nella scelta di smettere di fumare, ma ci sono molti accorgimenti che possono essere usati. Eccone alcuni: • parla di come il suo fumo incide sulla tua vita o sul vostro rapporto: il fumatore è quasi sempre l’ultimo a notare l’impatto della sua abitudine su sé e sugli altri. Dire che la puzza di fumo in macchina ti dà fastidio o che eviti di baciarlo finché non ha lavato i denti è utile a fargli capire che il fumo ha molte conseguenze sulla sua vita e su quella di chi lo circonda. L’importante è non colpevolizzare; • evita la rabbia: è normale che sentire un caro tossire al risveglio o notare il suo affanno mentre sale le scale desti preoccupazione per la sua salute. Ed è frequente che la preoccupazione si trasformi in rabbia e frustrazione. Trasmettere la propria sensazione di preoccupazione è senz’altro più utile che rimproverarlo con rabbia; • aiutalo a capire come la sua vita cambierebbe in meglio senza le sigarette: la ricerca dimostra che nessun fumatore smette se non ha la sensazione di guadagnare qualcosa di più importante della gratificazione che ricava dalla sigaretta. È sorprendente quanto queste motivazioni siano soggettive: c’è chi smette perché non sopporta più il colore dei suoi denti o delle dita, e chi lo fa perché spera di avere una migliore forma fisica. Non importa quale sia la motivazione: individuare quella giusta per il proprio caro e richiamarla può essere molto efficace; • fai capire che può farcela: una delle ragioni per cui in molti non provano davvero a smettere è la paura di non riuscire a


rinunciare alla sigaretta. Si può combattere questa paura facendo capire che lasciare il fumo non è una sfida impossibile; • evita di colpevolizzare: non è facendo nascere sensi di colpa in un fumatore che lo si aiuta a smettere. I sensi di colpa distruggono l’autostima, mentre è proprio la convinzione di avere la forza di farcela ciò che serve quando si ingaggia una battaglia contro il fumo; • aspetta il momento giusto: nessun fumatore - a meno che non sia costretto - smette se non è pronto a farlo. Forzare i tempi non serve.


Ho scoperto che mio figlio adolescente fuma. Come devo comportarmi?


Per prima cosa è bene mettere da parte la rabbia. È vero che ormai anche i ragazzi sanno che il fumo è dannoso, ma la curiosità e la voglia di fare nuove esperienze (specie se appaiono come desiderabili) fanno parte del normale sviluppo di un ragazzo. Inspirare almeno per una volta il fumo di una sigaretta è un’esperienza che quasi la totalità degli adolescenti fa. Ciò naturalmente non significa lasciar passare la cosa come niente fosse, specie se il primo esperimento del fumo si è trasformato in un’abitudine. Ma occorre affrontarla con lo spirito giusto. Più che minacciare punizioni, è bene cercare di conoscere il contesto da cui è scaturito il comportamento. Capire per esempio se è presente una qualche forma di disagio, se il fumo è un’abitudine diffusa nell’ambiente che il ragazzo frequenta, se ha iniziato per imitazione. Si tratta di informazioni importanti per individuare la strategia giusta da mettere in atto e le corde da toccare per indurlo a smettere. E poi parlare serenamente e chiaramente. Spiegare per esempio che la nicotina può generare una dipendenza dalla quale non è facile liberarsi o che le sostanze dannose contenute nel fumo delle sigarette possono essere estremamente nocive.


Quali sono le argomentazioni più efficaci per convincere mio figlio adolescente a smettere?


È difficile convincere un adolescente a smettere di fumare prospettandogli danni alla salute (come cancro o malattie cardiache) che si verificheranno dopo decenni. D’altronde, è noto che buona parte dei fumatori non smette per il timore di danni futuri, ma per una gratificazione attesa nel breve periodo. Ciò è ancor più vero per gli adolescenti. È stato per esempio dimostrato che una delle migliori strategie per indurli a smettere è puntare sulla loro vanità. Può essere quindi utile far capire che il fumo: • rende l’alito cattivo; • lascia cattivo odore sui vestiti e sui capelli; • ingiallisce i denti e le unghie; • causa le rughe; • rende il respiro corto e fa venire la tosse; • riduce l’energia per lo sport o altre attività. Anche puntare sull’aspetto economico può essere utile: dire che il fumo è un’abitudine costosa, prospettare quello che si potrebbe comprare rinunciando alle sigarette (apparecchi elettronici o vestiti, per esempio) può fare molta presa su un ragazzo.


Anche il dna ha il suo peso Da tempo si cercano nella genetica le spiegazioni alle profonde differenze da individuo a individuo nella propensione al fumo, nella difficoltà a liberarsene e anche nella gravità delle conseguenze per la salute. Si è scoperto che il numero e l’attività dei recettori della nicotina sulla superficie dei neuroni dipendono anche da variabili genetiche, così come il metabolismo della nicotina. Alcuni anni fa i ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori di Milano hanno identificato il ruolo di un gene, il cui nome è CHRNA5, nella predisposizione a dipendere dalla sigaretta e nel rischio di cancro polmonare. Si tratta di scoperte interessanti e che si possono rivelare utili in prospettiva per definire terapie più efficaci e una migliore prevenzione.


Ho deciso di smettere di fumare. È vero che sarà come disintossicarsi da una droga?


Purtroppo sì: la nicotina è una droga in grado di dare una forte dipendenza fisica (più della cocaina, per esempio). Il suo effetto dipende dal modo in cui agisce sul cervello. La nicotina, che è presente nella pianta del tabacco, è un alcaloide che una volta assorbito con il fumo della sigaretta entra rapidamente nel circolo sanguigno con il monossido di carbonio e altre sostanze tossiche. In una manciata di secondi raggiunge il cervello: qui interagisce con i recettori nicotinici dell’acetilcolina posti sulla superficie delle cellule nervose e stimola il rilascio di dopamina e adrenalina, neurotrasmettitori associati a sensazioni di piacere, euforia e benessere. In poco tempo, però, i livelli di nicotina scendono bruscamente e si avverte il bisogno di ripetere l’esperienza. La ripetuta esposizione fa aumentare il numero dei recettori nicotinici, che diventano sempre più difficili da soddisfare. Si verifica così un fenomeno detto di “tolleranza”, ovvero il fumatore, per ottenere lo stesso effetto deve assumere dosi crescenti di nicotina. L’improvvisa carenza induce la produzione di un altro neurotrasmettitore, la noradrenalina, che ha l’effetto opposto della dopamina, provoca cioè sensazioni spiacevoli. È l’astinenza. Così si avvia il ciclo della dipendenza.


Che cos’è la dipendenza?


Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) – il testo di riferimento più diffuso fra gli psichiatri a livello internazionale – il disturbo da dipendenza è un insieme di sintomi derivanti dall’uso di una sostanza che l’individuo continua ad assumere anche se ciò gli causa problemi. Ecco i sintomi, che possono essere presenti tutti o solo in parte, e aiutano a capire se la dipendenza è più o meno forte: • assumere la sostanza in quantità o per un tempo superiore alle intenzioni; • volere smettere o ridurre, ma non riuscirci; • impiegare molto tempo per procurare, utilizzare o riprendersi dall’uso della sostanza; • sperimentare l’urgenza (craving) di usarla; • non riuscire a fare ciò che si dovrebbe al lavoro, a casa o a scuola a causa dell’utilizzo della sostanza;


• continuare a farne uso anche se provoca problemi con le altre persone; • rinunciare ad attività importanti, sociali o ricreative a causa della sostanza; • continuare a farne uso anche se è pericolosa; • continuare a farne uso anche se si pensa che abbia provocato o peggiorato problemi fisici o psicologici; • avere bisogno di una quantità crescente di sostanza per ottenere l’effetto voluto; • sviluppare sintomi d’astinenza che passano se si assumono dosi maggiori; Se si verificano due o tre condizioni tra quelle elencate, il disturbo è classificato come lieve, da quattro a cinque moderato, più di sei è grave.


Anche nel caso della dipendenza dal fumo si possono verificare crisi di astinenza?


Sì. Essere preparati alle difficoltà è già un passo importante per riuscire a lasciarsele alle spalle. I malesseri legati alla cessazione dal fumo sono vari ed eterogenei. Sul piano fisico, il corpo si trova a fronteggiare la mancanza di nicotina dopo averne ricevute dosi regolari e quotidiane per molto tempo, spesso decenni. Sul piano psicologico, ci si trova ad affrontare un cambiamento drastico nelle abitudini quotidiane, che spesso coinvolge le relazioni con gli altri, le amicizie, il lavoro o lo studio. Sul piano emotivo per molti fumatori rinunciare alla sigaretta è come abbandonare un’amica di vecchia data. Basta pensare che i sintomi dell’astinenza fisica durano solo pochi mesi, dopodiché l’organismo può fare a fare a meno della nicotina. Eppure molti fumatori riprendono a distanza di tempo, anche di anni, quando cioè un diverso tipo di dipendenza bussa alla porta, quella emotiva, che fa ricorrere al fumo come sistema per stare meglio, per lenire il dolore, placare tensioni piccole o grandi, curare le frustrazioni, esorcizzare la solitudine. I sintomi più frequenti dell’astinenza sono: • insonnia; • irritabilità; • cefalea; • difficoltà di concentrazione; • aumento dell’appetito; • sbalzi d’umore. In genere però le maggiori difficoltà si evidenziano entro le 24 ore dall’ultima sigaretta e il punto più critico si verifica nei


primi quattro giorni. I sintomi dell’astinenza tendono ad attenuarsi dalla prima settimana al primo mese, anche se le sensazioni di malessere possono durare anche per alcuni mesi. Ecco perché oltre a una buona dose di determinazione e disposizione a cambiare aspetti importanti della propria vita è utile chiedere aiuto.


Come faccio a sapere se sono dipendente dal fumo?


Tutti i fumatori sono dipendenti in qualche misura dal fumo. Alcune persone sono in grado di disciplinare la propria abitudine e fumare un numero molto limitato di sigarette, e in casi ancora più rari sono in grado di rinunciare del tutto al fumo per lunghi periodi senza nessuna difficoltà. E la ricerca ha identificato addirittura varianti genetiche che sembrano rendere alcune persone immuni dalla dipendenza da nicotina. Si tratta però di casi sparuti. Per la maggior parte dei fumatori accendere una sigaretta non è una scelta, ma un bisogno fisico o psicologico. Tanto che rinunciarvi causa veri e propri sintomi di astinenza. La gravità della dipendenza è influenzata da molti fattori, ma principalmente dalla quantità di nicotina assunta. Per sapere quanto è forte la tua dipendenza fai il test che segue.


Misura la tua voglia di smettere Quanto è importante per te smettere davvero di fumare? 4 Assolutamente importante

3 Molto importante

2 Abbastanza importante

1 Non molto importante

Quanto sei determinato a smettere? 4 Estremamente determinato

3 Molto determinato

2 Abbastanza determinato

1 Non molto determinato

Perché vuoi smettere? 5 La mia salute ne sta già soffrendo

4 Sono preoccupato per la salute

3 Perché fumare costa troppo

futura

1 Per la salute della mia famiglia

2 Perché spinto da altri

Quanto ritieni che siano le probabilità di smettere? 6 Estremamente alte

5 Molto alte

4 Abbastanza alte

3 Non molto alte

2 Basse

1

Molto basse

Sommare ora i valori delle risposte scelte. Totale = Risultati Da 4 a 6 punti: non hai ancora considerato seriamente di smettere di fumare. Invece questo è il momento giusto! Rivolgiti oggi stesso al tuo medico di fiducia o contatta uno dei centri di aiuto specializzati.


Da 7 a 10 punti: sei sulla buona strada. Stai valutando i benefici di smettere e i rischi connessi al fumo. Non fermarti! Da 11 a 14 punti: la tua motivazione è ALTA. Senti che sei vicino a quel passo, scegli di volerti bene e prosegui. È la strada giusta. Oltre 15 punti: sei pronto per smettere. Ti sentirai subito meglio.


La nicotina è l’unica sostanza che dà dipendenza nelle sigarette?


Purtroppo no, la dipendenza dal fumo è un fenomeno complesso che deriva anche da aspetti sociali e psicologici legati all’uso della sigaretta. Inoltre, le sigarette, così come gli altri prodotti derivati dal tabacco, contengono altre sostanze la cui funzione è migliorare il rilascio e l’assorbimento della nicotina, ma che sono in grado esse stesse di indurre dipendenza. Gli inibitori delle monoamino ossidasi (MAO), per esempio, aumentano i livelli di alcuni neurotrasmettitori nel cervello (per esempio dopamina e serotonina) rinforzando l’effetto della nicotina. Spesso nelle sigarette sono presenti zuccheri e polisaccaridi che aumentano la concentrazione di sostanze come la formaldeide e l’acetilaldeide nel fumo. Quest’ultima, oltre a potenziare gli effetti sul cervello della nicotina, ha la capacità di indurre dipendenza. Ancora, gli additivi alcalini (come i derivati dell’ammoniaca) sono usati soprattutto per cambiare l’acidità del fumo. Ciò si traduce in una maggiore disponibilità di una forma di nicotina (non ionizzata) che è in grado di attraversare con più facilità le membrane biologiche e quindi amplificare i suoi effetti. Molti degli aromi contenuti nelle sigarette hanno poi effetti diretti o indiretti sull’induzione della dipendenza. Il mentolo, oltre a modificare il gusto del fumo, facilita un’inspirazione più profonda e quindi l’assunzione di una maggiore dose di nicotina. Effetti simili esercita anche l’acido levulinico, che in più agisce anche sull’acidità del fumo. Il cacao contiene una sostanza che ha effetti broncodilatatori (la teobromina) e facilita quindi l’assorbimento della nicotina nei polmoni. Gli


aromi possono diventare inoltre essi stessi un rinforzo all’uso della sigaretta: in tal modo il desiderio di fumare nasce anche dalla voglia di sentire nuovamente il buon aroma.


Ho deciso di smettere. Quante probabilità ho di farcela?


È bene saperlo fin da subito: smettere di fumare non è facile, e i rischi di insuccesso sono abbastanza alti. La dipendenza da nicotina è molto forte e interrompere l’assunzione può produrre sintomi che, almeno nei primissimi giorni, possono avere un forte impatto sulla vita quotidiana. Inoltre, anche quando i sintomi spariscono il bisogno di fumare può ripresentarsi. Le probabilità di farcela variano molto da persona a persona: ma tre fattori sembrano più di altri influenzare le possibilità di successo: • quanto a lungo si è fumato; • il numero di sigarette fumate quotidianamente; • l’entità dei sintomi di astinenza che si sperimentano quando si cerca di smettere. In genere, poi, le donne sembrano avere maggiori probabilità di insuccesso. Le ragioni sono ancora da chiarire, ma è verosimile che per una donna sia più complicato uscire dalla dipendenza per ragioni psicologiche e fisiologiche: è più difficile rinunciare a un atteggiamento sociale, al gesto, si temono di più le ricadute sull’umore e sulla bilancia, anche per le pressioni sociali. Secondo il sistema di sorveglianza PASSI 2015-2018, che monitora lo stato di salute degli italiani, oltre un terzo dei fumatori ha provato a smettere nell’anno precedente l’intervista. L’80 per cento ha ricominciato, mentre 9 su cento dichiarano di esserci riusciti e di non fumare da almeno sei mesi.


Come smettere

Dire addio alle sigarette non è facile. Significa combattere con i sintomi dell’astinenza, rinunciare a un’abitudine che ci ha accompagnato per anni, perseverare anche quando le motivazioni si indeboliscono. È ormai chiaro che il fumo non è semplicemente un vizio, ma una dipendenza forte e complessa che chiama in causa fattori biologici e psico-sociali. Come tale va trattato: evitando l’errore di banalizzarlo e senza avere timore di avvalersi del supporto di professionisti in grado di guidare nel lungo percorso di liberazione dal fumo. Scegliendo tra le innumerevoli opzioni che le scienze mediche ormai mettono a disposizione: farmaci sicuri e di provata efficacia, sostituti del fumo, terapie psicologiche e innumerevoli stratagemmi preziosi da mettere in atto ogni volta che viene voglia di una sigaretta.


Ho deciso di smettere. Da dove si comincia?


Se hai deciso di smettere, sei già sulla buona strada. Ma è bene sapere che è una strada tutta in salita e che nulla può essere lasciato al caso. Si racconta che Mark Twain a un certo punto della sua vita disse: “Smettere di fumare è facile, io l’ho fatto migliaia di volte”. Probabilmente lo scrittore americano non lo disse mai, ma la frase resta una delle descrizioni più efficaci del rapporto fra il fumatore e l’oggetto della sua dipendenza, le sigarette. Perché buttar via il pacchetto è uno sforzo che anche un fumatore poco convinto può fare, ma il resto del cammino è la parte più difficile e serve un piano per affrontarlo. Quindi è bene avere in testa fin dall’inizio in che modo lasciarsi alle spalle le sigarette, è necessario essere consapevole di quel che verrà, avere una strategia per fronteggiare le crisi di astinenza e per ricordare, in ogni momento di difficoltà, la ragione per cui si è deciso di smettere. Sembrerà strano, ma mettere a punto un piano per smettere di fumare - e farlo con successo - è come andare in terapia: occorre conoscere se stessi, le motivazioni che hanno portato a iniziare e a continuare, bisogna conoscere i propri punti di forza e i punti deboli. E sulla base di questo decidere come agire. Non avendo timore di chiedere un aiuto, che spesso si rivela determinante.


Ho deciso di smettere. È meglio farlo da solo o rivolgermi al medico?


Numeri alla mano, non c’è dubbio: meglio chiedere aiuto. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, ricevere la consulenza approfondita di un medico aumenta di molto (84 per cento) le probabilità di riuscire a fare a meno del tabacco. In Italia sono circa 6,3 milioni le persone che hanno smesso di fumare senz’altro vero che molti di loro hanno smesso senza supporti né terapie (l’83 per cento di chi ci è riuscito, secondo l’indagine PASSI 2015-2018). Ma non bisogna dimenticare l’ampia fetta di fumatori che invece non ce la fa e che probabilmente ha bisogno di un supporto adeguato.


A chi conviene rivolgersi per smettere di fumare?


Per chi vuole smettere di fumare l’aiuto non manca. Il primo lo si può trovare stampato direttamente sul pacchetto di sigarette. È il riferimento al Telefono Verde contro il Fumo dell’Istituto superiore di sanità. Il numero è l’800 554 088, un servizio nazionale anonimo e gratuito, è attivo tutti il giorni dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 16. Può dare informazioni sulle terapie e i metodi per smettere di fumare, fornire supporto motivazionale o indirizzare verso strutture adeguate. I centri antifumo rappresentano il luogo in cui trovare risposte ai dubbi, anche se non ci si sente ancora pronti a smettere, in cui capire quali possibilità ci sono per migliorare la propria vita, in cui ottenere una valutazione attendibile e personalizzata delle condizioni di salute, della dipendenza dal tabacco e delle soluzioni più utili da adottare, dai farmaci di supporto con corrette indicazioni di utilizzo a una consulenza individuale. I centri antifumo sono inoltre un luogo dove trovare un riferimento in caso di bisogno di supporto o informazioni anche a distanza di tempo. I centri antifumo sono circa 300, sono distribuiti in tutte le regioni e sono attivi presso strutture del Servizio sanitario nazionale (SSN) e dellaLega italiana per la lotta contro i tumori (LILT). L’elenco completo è consultabile sul sito internet dell’Istituto superiore di sanità all’indirizzo http://www.iss.it/fumo/. Chi si accinge a smettere, poi, può rivolgersi anche al proprio medico di famiglia. Il suo aiuto può essere prezioso dal momento che è il sanitario che ci conosce meglio e con cui si è instaurato un rapporto di fiducia di lunga data.


Ci provi dottore Secondo un’indagine realizzata da Doxa e Istituto Mario Negri nel 2013 incontrare un medico che parli ai pazienti di centri antifumo o che suggerisca di contattarne uno è una rarità: succede in poco più di quattro casi su cento. In generale, la relazione medico-paziente dà l’impressione di un’occasione di salute sprecata o sottovalutata quando si parla di prevenzione dei danni provocati dal tabagismo. La stessa indagine mostra che solo 5 fumatori su 100 chiedono l’aiuto del medico quando pensano di smettere e solo 15 fumatori su 100 hanno ricevuto dal proprio medico il consiglio di provare a smettere.


È meglio smettere di colpo o farlo gradualmente?


È uno dei grandi dubbi di chi si accinge a smettere di fumare. Dare un taglio netto eliminando del tutto le sigarette dalla sera alla mattina o ridurre gradualmente, in un lasso di tempo prestabilito, fino a smettere del tutto? La maggior parte delle linee guida internazionali consigliano la prima opzione, tuttavia ridurre gradualmente può avere importanti benefici come rendere meno pesanti i sintomi dell’astinenza e lasciare più tempo, soprattutto per chi è meno motivato. La ricerca scientifica, tuttavia, non ha dato responsi chiari. In passato alcuni studi avevano mostrato un moderato vantaggio dello stop improvviso al fumo. Nel 2019 il Cochrane Tobacco Addiction Group ha revisionato i risultati di 51 studi su oltre 22.000 fumatori che provavano a smettere. Messe a confronto, nessuna delle due tecniche (smettere di colpo oppure gradualmente) ha mostrato un’efficacia superiore: chi intende lasciare le sigarette, dunque, può scegliere il metodo più adatto alla sua situazione. Esistono invece alcune evidenze che mostrano come le terapie di supporto, come i sostituti della nicotina o la vareniclina, possano aiutare nella fase di riduzione chi altrimenti non riuscirebbe ad abbandonare la nicotina. Anche il supporto diretto con un operatore operatore competente, grazie all’attività di counseling, può essere di aiuto nel dire addio alle sigarette.


Che cambiamento posso fare nella mia vita per aumentare le probabilità di riuscire a smettere?


Smettere di fumare è un percorso lungo e laborioso. Piccoli accorgimenti possono renderlo più semplice: • scegli un momento favorevole della tua vita: basta un breve periodo di vacanza per sopportare meglio i “fatidici quattro giorni” di stress. • butta via le sigarette: nascondi i portacenere, regala gli accendini e condividi con tutti la tua decisione di smettere; • cambia abitudini: se bevi regolarmente il caffè prova a sostituirlo con un’altra bevanda non eccitante perché l’associazione caffè-sigaretta non sia più un automatismo; • aumenta la tua attività fisica: cammina, distraiti il più possibile con gli hobby o le attività che preferisci; • aumenta il consumo di frutta e verdura fresche: tieni a portata di mano acqua, caramelle, gomme da masticare per quando ti viene la voglia di accendere una sigaretta. Sono tutti rimedi “temporanei” da adottare finché non “si spegnerà” definitivamente il desiderio di sigaretta; • premiati al raggiungimento di ogni tappa: dopo un giorno senza fumo, dopo due giorni, dopo una settimana, eccetera. Aiuta a tenere alta la motivazione.


Sono disponibili terapie per smettere di fumare?


La dipendenza dal tabacco è riconosciuta come una vera e propria malattia. È classificata tra i disturbi mentali e del comportamento dovuti a sostanze psicoattive, al pari dei disturbi connessi all’abuso di alcol, oppioidi, droghe di vario tipo (dalla cannabis alla cocaina, agli allucinogeni), farmaci che agiscono sul sistema nervoso. Esistono diverse strategie per la disassuefazione dal fumo (farmaci, approcci di natura psicologica, tecniche di medicina complementare), ma non per tutte sono disponibili prove che ne dimostrino l’efficacia. A oggi la gran parte dei programmi anti-fumo prevede l’utilizzo di terapie farmacologiche (terapia nicotinica sostitutiva, bupropione, vareniclina e citisina) abbinate a interventi di tipo psicologico.


Come funziona la terapia sostitutiva con nicotina?


La terapia sostitutiva con nicotina (o NRT, nicotine replacement therapy), come indica il nome, consiste nell’uso di prodotti che rilasciano all’organismo nicotina e hanno lo scopo di rendere più semplice l’abbandono delle sigarette alleviando i sintomi di astinenza legati alla mancanza improvvisa di una sostanza psicotropa così potente. Secondo le linee guida dell’Istituto superiore di sanità, i sostituti della nicotina vanno consigliati in particolare a: • chi fuma almeno 10 sigarette al giorno; • chi ha già provato a smettere e si è scontrato con duri sintomi di astinenza; • chi fuma la prima sigaretta entro mezz’ora dal risveglio. La prima utilità, dunque, è aiutare il percorso dei fumatori con una dipendenza medio-alta e decisi a dire addio alle sigarette. La terapia sostitutiva non riesce a riprodurre l’effetto del picco di nicotina nel sangue di chi aspira da una sigaretta, ma mantiene una concentrazione tale per cui dà più tempo all’organismo per abituarsi ai cambiamenti, per consolidare giorno dopo giorno la motivazione e l’autostima, riducendo il rischio di ricadute. Anche laddove non ci sia un’elevata dipendenza farmacologica alla nicotina, però, avere sottomano una “dose” di riserva può sostenere nel loro proposito quei fumatori che temono particolarmente la mancanza della sigaretta, magari perché hanno già sperimentato fallimenti in passato.


Come faccio ad avere la terapia sostitutiva con nicotina?


I prodotti sostitutivi a base di nicotina sono medicinali da banco, per cui sono acquistabili senza ricetta medica. Si tratta comunque di farmaci, quindi è indispensabile leggere attentamente i foglietti illustrativi, meglio se con il consiglio del farmacista. Per massimizzare le probabilità di riuscita, comunque, è vivamente consigliato rivolgersi a un centro antifumo o a un medico, che può indicare un programma personalizzato, in base al livello di dipendenza accertato e alle caratteristiche cliniche. Il medico potrà anche prescrivere i sostituti della nicotina in associazione ad altre terapie, come il bupropione.


Il diario del fumatore Una volta deciso di provare a smettere, può essere utile tenere traccia di ciò che accade. Come per altre circostanze e problemi di salute che coinvolgono la nostra routine quotidiana, molti specialisti suggeriscono di tenere un diario. Ecco un esempio di informazioni da raccogliere giorno per giorno. Sigaretta 1 Data Ora Luogo Grado di bisogno

1

2

3

4

5

Come mi sento Cosa sto facendo Cosa fare in alternativa Fumata

No

Sigaretta 2 Data Ora Luogo Grado di bisogno

1

2

3

4

5

Come mi sento Cosa sto facendo Cosa fare in alternativa Fumata

No

Sigaretta 3 Data Ora Luogo Grado di bisogno

1

Come mi sento Cosa sto facendo Cosa fare in alternativa Fumata

No

2

3

4

5


Cosa è meglio: cerotti, chewing-gum o spray alla nicotina?


Sono disponibili numerosi prodotti sostitutivi a base di nicotina. Le differenze principali risiedono nel dosaggio e nelle modalità di somministrazione: cerotti, gomme da masticare, spray, pastiglie, inalatori. La scelta del dosaggio dipende essenzialmente dal numero di sigarette fumate. Mentre quella relativa alle modalità di somministrazione dipende dalle preferenze, dalle abitudini e dalle caratteristiche personali. I cerotti si applicano sulla pelle e rilasciano nicotina per via transdermica in modo costante per un determinato lasso di tempo; si possono usare cerotti diversi per quantità di nicotina e per durata di rilascio (da 16 ore, che coprono la giornata intera, ma esistono anche prodotti da 24 ore). Lasciando in circolo una quantità costante di nicotina, evitano le crisi di astinenza più spinte, ma hanno scarsa efficacia contro il craving, cioè il desiderio improvviso di accendere una sigaretta. Possono servire a superare i momenti in cui si è particolarmente tentati dal fumo le gomme da masticare o le pastiglie da sciogliere in bocca. Così come gli spray. La nicotina è rilasciata direttamente sulla mucosa orale e il suo assorbimento è immediato.


Posso fumare mentre assumo la terapia sostitutiva?


Meglio di no. Continuando a fumare, non solo si persevererebbe nell’abitudine al fumo, ma si correrebbe il rischio di assumere un quantitativo di nicotina molto elevato, specie nei casi in cui si utilizza il cerotto transdermico. In alcuni casi, la terapia sostitutiva può essere usata contemporaneamente alla sigaretta per ridurre gradualmente fino a smettere del tutto di fumare. È necessario tuttavia farlo sotto stretto controllo medico.


Che effetti collaterali devo attendermi?


L’utilizzo della terapia sostitutiva può produrre effetti collaterali connessi sia alla cessazione dal fumo, sia alla terapia. Smettere di fumare di per sé può dar luogo ad alcuni sintomi come debolezza, capogiri, mal di testa, tosse e sintomi simil-influenzali. Anche sintomi quali cambiamenti d’umore, insonnia, depressione, irritabilità, ansia, sonnolenza, irrequietezza, nervosismo, incapacità a concentrarsi e disturbi del sonno possono essere correlati ai sintomi da astinenza conseguenti la sospensione del fumo. La terapia può invece dare luogo a reazioni cutanee (nel caso del cerotto), disturbi del sonno fra cui insonnia e sogni anomali, nausea/vomito, mal di testa, capogiro, nervosismo, tremore, respiro affannoso, tosse, mal di gola o gola gonfia, indigestione, dolori di stomaco, diarrea o stipsi, sudorazione, bocca secca, dolore alle articolazioni, ai muscoli, al torace e agli arti, stanchezza o debolezza, palpitazioni. Vista la loro semplicità di utilizzo è bene tenere gli spray fuori dalla portata dei bambini piccoli.


Ma la nicotina contenuta nella terapia sostitutiva causa il cancro come le sigarette?


No. L’aumento del rischio di cancro per i fumatori è legato soprattutto alle altre sostanze contenute nella fumo di sigaretta e non alla nicotina, il cui legame con i tumori è ancora poco chiaro. I prodotti sostitutivi a base di nicotina non contengono le sostanze dannose contenute nelle sigarette; inoltre vengono utilizzati per un periodo di tempo troppo breve (non più di qualche mese) per indurre lo sviluppo di tumori.


Non diventerò dipendente dalla terapia sostitutiva?


Il rischio esiste. La nicotina contenuta nei prodotti sostitutivi ha infatti lo stesso effetto sul cervello di quella contenuta nelle sigarette. Tuttavia il corpo tende ad assorbirla più lentamente rispetto a quella derivante dal fumo; inoltre, una quantità minore raggiunge il cervello. Per questo si tratta di un’eventualità abbastanza rara. Anche se si dovesse innescare una dipendenza da terapia sostitutiva con nicotina, sarebbe meno nociva che continuare a fumare e inoltre più facile da contrastare rispetto a quella legata al fumo.


Per quanto tempo dovrò continuare ad assumere i sostituti della sigaretta?


La terapia sostitutiva con nicotina prevede l’adozione di programmi di disassuefazione con scadenze e dosaggi ben precisi cuciti su misura per ciascun fumatore. In genere, si tratta di programmi a scalare che abituano progressivamente l’organismo a dosaggi sempre più bassi di nicotina. Un programma-tipo per chi fuma più di dieci sigarette al giorno prevede di partire con un dosaggio più elevato per le prime 4-6 settimane. Si passa poi a un dosaggio intermedio per un paio di settimane e al dosaggio più leggero per altre due settimane. In totale, quindi, circa due mesi di trattamento. Che tuttavia può essere proseguito su necessità del fumatore. Senza tuttavia superare i 6-9 mesi.


Come usare questi farmaci Dosi e tempi di utilizzo variano a seconda del livello di dipendenza dal tabacco (valutato in base ai risultati del test di Fagerström). Ecco uno schema adottato dal centro antifumo della Struttura semplice dipartimentale di pneumologia della Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori di Milano. DIPENDENZA MEDIA (TEST DI F. = 0-5)

DIPENDENZA ALTA (TEST DI F. = 6-7)

DIPENDENZA MOLTO ALTA (TEST DI F. = 8-10)

Da 10 mg per due o tre mesi

Per un mese da 15 mg, poi per uno o due mesi ancora 10 mg

Per uno o due mesi da 15 mg, poi da 10 mg per un ulteriore mese; nei casi più difficili si può valutare l’uso di cerotti da 24 ore da 21 mg per il primo mese, poi scalare

8-12 al giorno da 2 mg o 4-6 al giorno da 4 mg per due mesi, poi ridurre gradualmente

12-18 al giorno da 2 mg o 6-9 da 4 mg per due mesi, poi ridurre gradualmente

18 - 24 al giorno da 2 mg, oppure 9-12 da 4 mg per due mesi, poi ridurre gradualmente

10-15 al giorno da 1,5 o 2 mg, o 4-6 da 4 mg per un paio di mesi, poi ridurre gradualmente

15-20 al giorno da 1,5 o 2 mg, o 6-9 da 4 mg per due mesi, poi ridurre nel corso del terzo mese

9-12 al giorno da 4 mg per due mesi, poi ridurre gradualmente

4-6 cartucce al giorno per un paio di mesi, INALATORI poi ridurre gradualmente

6-12 cartucce al giorno per due mesi, poi ridurre gradualmente

12 cartucce al giorno per due mesi, poi ridurre gradualmente

Fino a 20 spruzzi al giorno per un mese, poi a scalare di 1/3 al mese

Fino a 30 spruzzi al giorno per un mese, poi a scalare

Fino a 40 spruzzi al giorno per un mese, poi a scalare

CEROTTI

GOMME

PASTIGLIE

SPRAY

Fonte: modificato da Spegnila! di R. Boffi e D. Barus, BUR-Rizzoli, 2019


Posso assumere la terapia sostitutiva in gravidanza?


Smettere di fumare in gravidanza è importantissimo. E sarebbe meglio riuscire a farlo senza l’uso della terapia sostitutiva. Tuttavia, se si è provato invano a dire addio alle sigarette, in accordo con il proprio medico, è possibile usare la terapia sostituiva con nicotina. È bene cominciare appena possibile e limitare il trattamento a non più di 2-3 mesi; inoltre è meglio optare per le modalità di somministrazione che non prevedano un rilascio continuo di nicotina (chewinggum o spray). I cerotti possono però essere usati qualora si soffra di nausea o vomito. Le stesse regole valgono se si decide di smettere di fumare durante l’allattamento. Anche in questo caso è meglio preferire prodotti che vengono presi più volte al giorno a quelli che rilasciano continuativamente nicotina: la sostanza, attraverso il latte materno, raggiunge infatti il bambino. Per questa ragione, è bene prendere il prodotto subito dopo aver allattato, in modo da esporre il bambino al minor quantitativo possibile di nicotina.


Quante probabilità ho di farcela con la terapia sostitutiva con nicotina?


Per tutte le strategie di disassuefazione dal fumo è impossibile prevedere le probabilità individuali di successo. Smettere di fumare è infatti un obiettivo complesso che chiama in causa molti fattori, oltre all’efficacia degli interventi. I dati a oggi disponibili dicono che chi prova a smettere di fumare facendo ricorso alla terapia sostitutiva ha il 50-70 per cento di probabilità in più di farcela rispetto a chi non usa nessuna terapia. Inoltre, non sembrano esserci differenze in termini di efficacia tra le diverse modalità di assunzione. Ultimo dato: la terapia sostitutiva sembra essere più efficace quando abbinata ad altri approcci farmacologici, come il farmaco bupropione.


La terapia sostitutiva con nicotina è rimborsata dal servizio sanitario nazionale?


No, la terapia sostitutiva, qualunque sia la modalità di assunzione, è a carico del cittadino. Il prezzo dipende dal marchio e dalla formulazione (cerotti, spray, chewing-gum), ma in genere è paragonabile a quello che un fumatore spenderebbe nello stesso arco di tempo per comprare le sigarette.


Il mio medico mi ha prescritto il bupropione per smettere di fumare. Che cos’è?


Il bupropione è un farmaco antidepressivo, utile per smettere di fumare perché agisce sul sistema nervoso centrale, inibendo i recettori della nicotina e stimolando il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che gioca un ruolo cruciale nelle sensazioni di piacere e ricompensa. Il farmaco quindi interferisce con il circuito della dipendenza, aiuta ad attenuare i sintomi dell’astinenza e smorza l’urgenza di fumare. Inoltre ha un effetto anoressizzante sull’appetito e stimolante sul tono dell’umore, che può essere utile agli aspiranti ex-fumatori più esposti alla depressione e all’aumento di peso. Si ottiene con la ricetta medica.


Come si assume il bupropione?


Il trattamento con bupropione inizia, in genere, una settimana prima di smettere di fumare. Il farmaco impiega infatti circa 7 giorni per raggiungere nel corpo le concentrazioni che lo rendono efficace. Stabilita la data di cessazione, si comincia con l’assunzione di un dosaggio di base del farmaco, che, in genere viene aumentato dopo 6-7 giorni. Alla data prefissata è necessario smettere del tutto di fumare e proseguire il trattamento per circa due mesi. Su indicazione del medico, la terapia con bupropione può essere abbinata anche alla terapia sostitutiva con nicotina.


Posso fumare mentre assumo il bupropione?


Fumare mentre si assume il bupropione non è dannoso. Tuttavia, continuare a farlo dopo la data stabilita diminuisce drammaticamente le probabilità di riuscire a smettere. Quindi è bene resistere e se si sperimentano episodi di craving particolarmente forti parlarne con il proprio medico che può valutare se aggiungere al trattamento con bupropione anche la terapia sostitutiva.


Che effetti collaterali devo aspettarmi?


La disassuefazione dal fumo è accompagnata da numerosi sintomi di astinenza dalla nicotina che vanno dall’insonnia all’irritabilità, dalla difficoltà di concentrazione agli sbalzi di umore. Molti di questi possono verificarsi anche mentre si assume il bupropione. Il trattamento ha però anche altri possibili effetti indesiderati, in alcuni casi anche seri. Circa una persona su 1.000 può essere colpita da una crisi convulsiva. Si tratta comunque di un effetto raro che in genere si verifica in chi assume il medicinale a un dosaggio più alto del dovuto o prende altri farmaci: anche per questa ragione è bene consultare il proprio medico prima di iniziare la terapia. L’effetto collaterale più frequente è l’insonnia, che può essere limitata se si assume la prima compressa la mattina al risveglio e la seconda dopo circa 8 ore. In alcuni casi si possono verificare mal di testa, disturbi gastrointestinali, febbre, debolezza, rapido affaticamento, vertigini, prurito, sudorazioni improvvise, eruzioni cutanee, tremore, inappetenza, disturbi visivi. In genere sono passeggeri, ma è bene segnalarli al proprio medico.


Quanto dura il trattamento con bupropione?


La durata usuale del trattamento è di sette settimane. La terapia può essere prolungata, ma è necessario valutare ogni modifica del piano terapeutico con il proprio medico.


Si può assumere in gravidanza?


Sarebbe bene non assumere il bupropione in gravidanza o se si sta cercando di rimanere incinta. Sebbene il risultato non sia stato ancora confermato definitivamente, in alcuni studi è emerso che i bambini nati da madri che assumevano il farmaco in gravidanza avevano un modesto aumento delle probabilità di sviluppare malformazioni, specie cardiache. Il trattamento andrebbe evitato anche se si sta allattando: il farmaco viene infatti eliminato attraverso il latte materno e quindi sarebbe assunto dal bambino.


Lo possono assumere tutti?


Il bupropione è un farmaco antidepressivo e, in quanto tale, deve essere usato con molta cautela. Il medicinale non può essere assunto se si è affetti di epilessia o altre malattie che comportano convulsioni, se si soffre o si è sofferto di disturbi alimentari come anoressia e bulimia, se si ha un tumore cerebrale o malattie del fegato gravi. Particolare cautela deve essere adottata dalle persone che soffrono di depressione, dal momento che la cessazione dal fumo può favorire la comparsa di pensieri suicidari. Esistono molte altre situazioni in cui il farmaco va utilizzato con estrema attenzione: è bene perciò definire la terapia con il proprio medico.


Posso bere alcolici mentre prendo bupropione?


Sarebbe bene limitare il consumo di alcol durante il trattamento. Tuttavia, le persone che sono forti consumatori di alcolici non dovrebbero cercare una disassuefazione repentina dall’alcol: ciò potrebbe portare infatti all’insorgenza di crisi convulsive. Se si ha l’abitudine di bere, è preferibile parlarne con il proprio medico per capire quale sia il comportamento più giusto da tenere durante la terapia con bupropione.


Quante probabilità di smettere ho assumendo il bupropione?


Per tutte le strategie di disassuefazione dal fumo è impossibile prevedere le probabilità individuali di successo. Smettere di fumare è infatti un obiettivo complesso che chiama in causa molti fattori diversi, che influenzano l’efficacia degli interventi. Secondo alcuni studi, chi prova a smettere di fumare assumendo il buproprione ha circa il 60 per cento di probabilità in più di astenersi dal fumo per almeno sei mesi rispetto a chi non usa nessuna terapia.


Il bupropione è rimborsato dal servizio sanitario nazionale?


No, il bupropione è un farmaco di fascia C, quindi a carico del cittadino. Il costo supera i 200 euro per un ciclo di trattamento standard (7 settimane). Una cifra non irrilevante, ma perfettamente sovrapponibile a quella che un fumatore spenderebbe nello stesso arco di tempo per comprare le sigarette.


Per smettere di fumare mi è stata prescritta la vareniclina. Che cos’è?


La vareniclina è un farmaco che agisce sullo stesso recettore cerebrale sul quale agisce la nicotina (per questo è definita un agonista parziale del recettore nicotinico dell’acetilcolina). Da un lato blocca il legame con la sostanza, rendendo meno gratificante l’esperienza del fumo, dall’altro stimola una blanda attività del recettore stesso, favorendo il rilascio della dopamina, così da attenuare i sintomi negativi dell’astinenza dal fumo. Si ottiene con la ricetta medica.


Come si prende la terapia con vareniclina?


Prima di iniziare il trattamento con vareniclina, il fumatore deve stabilire una data in cui smettere di fumare. La data deve cadere nella seconda settimana di trattamento (quindi tra l’8° ed il 14° giorno). Il farmaco è disponibile in due dosaggi contraddistinti dal colore della compressa (bianco per il dosaggio più basso, blu per il dosaggio più alto). In genere un ciclo di trattamento comincia da un dosaggio più basso per aumentare gradualmente fino al momento in cui si spegne l’ultima sigaretta. Si prosegue al dosaggio massimo fino alla fine del ciclo, in genere di 12 settimane.


Quanto dura la terapia con vareniclina?


Un ciclo standard di trattamento con vereniclina dura 12 settimane. Al termine di questo periodo, se si è riusciti a smettere di fumare, si può interrompere la cura o decidere, insieme al proprio medico, di sottoporsi a un secondo ciclo di trattamento per evitare di riprendere a fumare. Chi ha ripreso a fumare durante il trattamento può cercare di ridurre e smettere prima del termine del ciclo e successivamente sottoporsi a un secondo trattamento. Non vanno però superate le 24 settimane di cura.


Posso fumare mentre prendo vareniclina?


Fumare mentre si assume il vareniclina non è dannoso. Tuttavia, continuare a farlo dopo la data stabilita diminuisce drammaticamente le probabilità di riuscire a smettere. Quindi è bene resistere e se si sperimentano episodi di craving particolarmente forti parlarne con il proprio medico che può valutare se aggiungere al trattamento con vareniclina anche la terapia sostitutiva.


Posso bere alcolici mentre prendo vareniclina?


È bene ridurre o eliminare del tutto gli alcolici durante il trattamento con vareniclina. Il farmaco sembra infatti interferire con la capacità dell’organismo di tollerare l’alcol: è quindi più facile ubriacarsi, cresce il rischio di adottare comportamenti insoliti o aggressivi, di non avere ricordo delle cose accadute mentre si era sotto l’effetto dell’alcol.


Che effetti collaterali devo attendermi dalla vareniclina?


La disassuefazione dal fumo è accompagnata da numerosi sintomi di astinenza dalla nicotina che vanno dall’insonnia all’irritabilità, dalla difficoltà di concentrazione agli sbalzi di umore. Molti di questi possono verificarsi anche mentre si assume la vareniclina. Il trattamento ha però anche altri possibili effetti indesiderati, in alcuni casi anche seri, come crisi convulsive, ictus, attacco di cuore, pensieri suicidari, psicosi, alterazione del pensiero o del comportamento. Si tratta, tuttavia, di effetti molto rari. Gli effetti indesiderati più comuni sono infiammazione del naso e della gola, sogni alterati, difficoltà del sonno, mal di testa, nausea.


Metodi a confronto L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato una sintesi di quanto emerso dagli studi condotti finora comparando i diversi approcci antifumo. Ecco come risultano aumentate le probabilità che un fumatore mantenga l’astinenza a sei mesi dall’inizio delle terapie.

Probabilità di smettere per almeno sei mesi

+58%

Vs TERAPIA NICOTINICA SOSTITUTIVA

Vs PLACEBO

+24%

+133%

Vs

Vs VARENICLINA

+94%

PLACEBO

NESSUN INTERVENTO

AUTO-AIUTO

PLACEBO

BUPROPIONE

+98%

Vs TERAPIA DI GRUPPO

AUTO-AIUTO


Funzionano? Terapie a confronto Nel 2013 la Cochrane Collaboration, un’istituzione internazionale che si occupa di revisionare sistematicamente la letteratura scientifica per tirare le fila di ciò che si sa su un dato argomento, si dedicò a una ampia disamina delle terapie per smettere di fumare. Analizzando 267 studi che avevano coinvolto oltre 100.000 fumatori, vennero comparati gli esiti per i diversi rimedi farmacologici. ECCO ALCUNI DEI RISULTATI EMERSI DALL’ANALISI Terapia nicotinica sostitutiva (NRT), bupropione e vareniclina sono più efficaci del placebo.

Bupropione e NRT sono ugualmente efficaci nel confronto diretto.

Vareniclina è superiore a bupropione.

NTR - Bupropione - Vareniclina Placebo Bupropione NRT singole Vareniclina Bupropione

Vareniclina è più efficace dei cerotti, delle gomme e di altre NRT usate singolarmente, ma la sua efficacia è simile a quella di più NRT usate in combinazione.

Vareniclina NTR in combinazione NTR singole


In sintesi, conclude la Cochrane Collaboration: tutti i rimedi disponibili oggi in farmacia (NRT, bupropione e vareniclina) migliorano le probabilità di successo, con un basso rischio di effetti collaterali. Alcune fra le ricerche più interessanti dell’ultimo periodo hanno mostrato i vantaggi dell’uso combinato, in varie soluzioni, di NRT, bupropione e vareniclina, NRT combinati fra loro. Sono informazioni promettenti, che soprattutto indicano che la strada della flessibilità e dei percorsi terapeutici “su misura” per i singoli fumatori è quella giusta. Si raccomanda al tempo stesso di evitare l’autoprescrizione di farmaci combinati, anche per i farmaci da banco come i sostituti della nicotina, e di parlarne sempre prima con un medico.


Ho letto che la vareniclina aumenta il rischio di suicidio. È vero?


Diversi studi hanno riportato casi di depressione, idee suicide e tentativi di suicidio in pazienti in trattamento con il farmaco. Si tratta di un’eventualità rara, ma che non può essere esclusa, anche se a oggi non è chiaro se sia un effetto del farmaco o se sia dovuta alla cessazione dell’assunzione di nicotina. In ogni caso, qualora si sviluppasse agitazione, umore depresso o idee suicidarie bisogna smettere di prendere il medicinale e contattare immediatamente il proprio medico.


Posso assumere vareniclina in gravidanza?


No, la vareniclina non può essere usata in gravidanza né durante l’allattamento. Il modo più sicuro per smettere di fumare in gravidanza è senza l’assunzione di alcun farmaco. Ma se risulta particolarmente difficile, è consigliabile chiedere aiuto al proprio medico che può trovare soluzioni compatibili con l’attesa di un bambino.


Tutti possono assumere la vareniclina?


Se si escludono i minori, le donne in gravidanza e le persone con ipersensibilità alle sostanze contenute nel farmaco, la vareniclina può essere assunta da tutti. Occorre tuttavia osservare particolare cautela se si assumono altri farmaci o si è affetti da alcune patologie (malattie psichiatriche, cardiache, diabete in particolare). Per questo è bene valutare attentamente con il proprio medico la prescrizione della terapia.


Che probabilità ho di smettere assumendo la vareniclina?


Per tutte le strategie di disassuefazione dal fumo è impossibile prevedere le probabilità individuali di successo. Smettere di fumare è infatti un obiettivo complesso che chiama in causa molti fattori, che possono influenzare l’efficacia degli interventi. I dati a oggi disponibili dicono che chi prova a smettere di fumare seguendo un ciclo di trattamento con vareniclina ha il doppio di probabilità di non fumare per almeno sei mesi rispetto a chi non usa nessuna terapia.


La vareniclina è rimborsata dal servizio sanitario nazionale?


Nel 2019 l’Agenzia del farmaco ha riclassificato il farmaco a base di vareniclina in commercio, concedendo la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale per i pazienti adulti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) oppure colpiti da eventi cardiovascolari (per la prevenzione secondaria di ulteriori ricadute).

La salute prima di tutto La tutela della salute delle persone più fragili prevale sulla libertà di comportamento in uno spazio privato. Per questa ragione, dal 2016 in Italia è vietato fumare in auto se a bordo ci sono donne in gravidanza o minorenni. Chi fosse trovato in flagranza di reato rischia sanzioni che vanno dai 25 ai 250 euro. Che però vengono raddoppiate se in macchina sono presenti donne in evidente stato di gravidanza, lattanti o minori di 12 anni. �


Quale trattamento ha maggiori probabilità di successo tra terapia sostitutiva, bupropione e vareniclina?


Terapia sostitutiva, bupropione e vareniclina sono tutti trattamenti efficaci per smettere di fumare. Tuttavia ci sono notevoli differenze tra i diversi approcci. Ha cercato di quantificarle nel 2013 la Cochrane Collaboration, un’istituzione internazionale che si occupa di esaminare con approccio sistematico tutte le ricerche pubblicate nella letteratura scientifica per tirare le somme su ciò che si sa su un dato argomento. Analizzando 267 studi che avevano coinvolto oltre 100.000 fumatori, i ricercatori della Cochrane Collaboration hanno confrontato le tre opzioni farmacologiche contro il fumo. Ecco i risultati principali: • chi smette di fumare con la terapia sostitutiva e con il bupropione ha circa l’80 per cento di probabilità in più di farcela rispetto a chi non usa nessun farmaco; • chi smette di fumare con la vareniclina ha quasi il triplo (2,88 volte) di probabilità in più di riuscirci rispetto a chi non usa nessun farmaco; • chi smette di fumare con la vareniclina ha più del 50 per cento di probabilità in più di avere successo rispetto a chi ricorre alla terapia sostitutiva e al bupropione; • la vareniclina è più efficace rispetto a un singolo approccio di terapia sostitutiva, ma quando vengono abbinate più modalità di erogazione (per esempio cerotto e spray) l’efficacia della terapia sostitutiva è del tutto simile a quella della vareniclina. Se questi sono i punti fermi messi dalla Cochrane Collaboration, c’è da dire che la ricerca continua ad avanzare e diversi studi nell’ultimo periodo hanno mostrato i vantaggi dell’uso combinato delle terapie.


Sono informazioni promettenti che indicano che la strada della flessibilità e dei percorsi terapeutici “su misura” per i singoli fumatori è quella giusta. È bene però evitare l’autoprescrizione di farmaci combinati, anche per i farmaci da banco come i sostituti della nicotina, e di parlarne sempre prima con un medico.


Ho sentito parlare della citisina. Cos’è?


Conosciuta da tempo nell’Est Europa, la citisina è un farmaco disponibile in farmacia come preparato galenico, dal 2015 anche in Italia. Deriva dalla pianta nota come “maggiociondolo”, il Cytisus laburnum e agisce come un agonista parziale dei recettori della nicotina, similmente alla vareniclina. L’interesse per questa molecola cresce e la si sta studiando. I suoi principali vantaggi sono l’elevata tollerabilità e il costo ridotto, che la rende una soluzione utile per chi preferisce rimedi naturali o ha già fallito con altri farmaci.


Mi hanno consigliato la sigaretta elettronica per smettere di fumare. In cosa consiste?


La sigaretta elettronica (o e-cig) è un dispositivo in grado di vaporizzare una soluzione contenente nicotina. Questa può essere inalata come avviene per una sigaretta tradizionale fino a raggiungere l’apparato respiratorio. La sigaretta elettronica fornisce un sapore e una sensazione fisica simile a quella del fumo di tabacco, ma senza la combustione. Il dispositivo è stato inventato in Cina all’inizio del millennio e ha cominciato a diffondersi in Italia intorno al 2010: oggi è usato in maniera più o meno abituale da circa 900.000 di italiani. Esistono molti tipi di sigarette elettroniche, con diverse forme estetiche e differenti soluzioni da nebulizzare, ma tutte sono composte essenzialmente da tre elementi: l’inalatore (la cosiddetta cartuccia, che contiene la soluzione vaporizzata); un atomizzatore (un elemento caldo che vaporizza il liquido); la batteria che serve ad alimentare l’atomizzatore. A seconda dei prodotti e del gusto personale, il consumatore può aggiungere una quantità regolabile di nicotina e scegliere formule aromatizzate.


Il vapore delle sigarette elettroniche contiene sostanze dannose?


Sì, tuttavia a oggi non è noto quanto la loro pericolosità potenziale si traduca in reale danno all’organismo. Il glicole propilenico è l’ingrediente responsabile del “fumo sintetico” che viene rilasciato dalla sigaretta elettronica. È la stessa sostanza impiegata per riprodurre il fumo degli effetti speciali usati per esempio nei concerti rock: è un composto generalmente sicuro, anche se è stato osservato che l’esposizione nel lungo periodo può dare origine a irritazione delle vie aeree, tosse e in, casi molto rari, asma e riniti. Anche la sicurezza degli aromi è poco chiara: sono considerati sicuri se si ingeriscono, ma alcuni irritano le vie aeree e non è del tutto chiaro quali siano i loro effetti una volta riscaldati e inalati. Il diacetile, per esempio, è un aroma molto utilizzato (per esempio nel burro): è sicuro quando ingerito, ma è noto che quando è riscaldato e inalato in grandi dosi per lunghi periodi di tempo può causare bronchiolite. Altrettanto problematico può essere il riscaldamento del glicole propilenico e della glicerina, che possono dare origine a composti potenzialmente dannosi (acroleina, aldeidi). Alcuni studi hanno rilevato sostanze tossiche e cancerogene nei liquidi delle cartucce, e perfino nell’urina, di chi usa sigarette elettroniche. Infine, oltre alle molecole che si sviluppano dalla vaporizzazione del liquido, il fumatore può ingerire sostanze usate nella “costruzione” della e-cig: ceramiche, derivati della gomma e metalli come nichel e argento. In generale, comunque, le sostanze nocive contenute nei liquidi, o prodotte durante il riscaldamento ed emissione del vapore, sono presenti in concentrazioni limitate. Inoltre, l’assenza


di combustione del tabacco fa sì nelle e-cig manchino alcuni dei veleni più pericolosi delle sigarette (come il monossido di carbonio e il benzopirene), anche se nella maggior parte dei casi rimane presente la nicotina, che alimenta la dipendenza e può esporre a danni cardiovascolari. Che conclusioni trarre? Nonostante la presenza di sostanze nocive o potenzialmente nocive, oggi è difficile dare risposte definitive e stabilire gli effetti per la salute umana: occorre infatti considerare la varietà dei prodotti disponibili in commercio e le modalità d’uso, oltre al poco tempo in cui sono state osservate (e quindi la mancanza di studi scientifici di lungo periodo).


La sigaretta elettronica è meno dannosa delle sigarette tradizionali?


I possibili danni della sigaretta elettronica sono ancora oggetto di studio, ma sembra ragionevole che siano molto minori di quelli derivanti dalle sigarette tradizionali, almeno nel breve periodo. La realtà è che non si sa ancora nulla di ciò che accade con un uso prolungato; i prodotti in commercio sono moltissimi e diversi fra loro; di molte delle sostanze presenti nelle sigarette elettroniche si conoscono poco gli effetti per la salute. Ecco perché al momento le autorità sanitarie e gli esperti si dichiarano prudenti e raccomandano di considerare le sigarette elettroniche “non innocue”. Vanno considerati con attenzione i rischi legati a un uso improprio delle sigarette elettroniche, che possono causare intossicazioni acute (ad esempio per ingestione dei liquidi) e malattie respiratorie gravi (alterando i liquidi delle cartucce).


C’è il rischio di sviluppare dipendenza dalla sigaretta elettronica?


In generale il rischio di sviluppare dipendenza da nicotina usando la sigaretta elettronica esiste, se si usano cartucce che la contengono. In Europa la normativa impone un limite alle quantità di nicotina e alla capacità delle cartucce. È bene però sapere che esistono differenze fra i prodotti in circolazione: alcuni dispositivi possono rilasciare quantità particolarmente elevate di nicotina, in formulazioni che consentono di assorbirla rapidamente e senza effetti irritanti.


La sigaretta elettronica pone problemi di fumo passivo?


Ci sono ancora pochi dati sugli effetti per la salute dell’esposizione al vapore delle sigarette elettroniche. In Europa il loro utilizzo è ancora contenuto, ma è stato stimato che una persona su sei è esposta all’areosol degli svapatori. Dopo quattro anni di indagini, il progetto TackSHS, Tackling second-hand smoke and aerosol from e-cigarettes in Europe, ha concluso che nell’aria vengono rilasciati quantità variabili di sostanze che possono provocare provocare alterazioni della funzione polmonare e irritazione a occhi, naso e gola. A scopo precauzionale, quindi, bisognerebbe evitare di usare sigarette elettroniche in luoghi chiusi, soprattutto in presenza di bambini, donne in gravidanza, persone con problemi respiratori.


Posso fumare la sigaretta elettronica e quelle tradizionali insieme?


Fumare la sigaretta elettronica insieme a quella tradizionale non espone a particolari pericoli oltre a quelli legati al fumo. Tuttavia, se si è iniziato a usare la sigaretta elettronica con l’obiettivo di smettere di fumare è bene sapere che continuare a usare le sigarette tradizionali riduce drasticamente le probabilità di farcela.


La sigaretta elettronica funziona per smettere di fumare?


Anche se da diversi anni l’efficacia della sigaretta elettronica per smettere di fumare è sotto la lente della ricerca, a oggi non c’è una risposta definitiva a questa domanda. Gli studi svolti finora sono giunti a risultati contrastanti e che spesso si smentiscono reciprocamente. Nel 2016, per esempio, due ricercatori dell’University of California San Francisco hanno pubblicato sulle pagine della rivista Lancet Respiratory Medicine una revisione di 38 studi condotti in precedenza per tirare le somme su quel che era noto fino a quel momento sull’efficacia delle sigarette elettroniche per smettere di fumare. I risultati sono stati sorprendenti: chi cerca di smettere usando le e-cig ha il 28 per cento di probabilità in meno di riuscirci rispetto a chi non le usa. Lo studio è stato molto criticato poiché giungeva a conclusioni opposte rispetto ad altre ricerche che mostravano invece l’efficacia delle e-cig. Negli stessi mesi la Cochrane Collaboration, un’istituzione internazionale che si occupa di riesaminare con approccio sistematico tutte le ricerche pubblicate nella letteratura scientifica per tirare le somme su ciò che si sa con ragionevole certezza su un dato argomento, è giunta alla conclusione che la sigaretta elettronica ha un’efficacia comparabile a quella dei cerotti alla nicotina. Allo stesso tempo, però, l’organizzazione faceva presente che a oggi non esistono sufficienti prove per affermare con sicurezza che la sigaretta elettronica sia una strategia efficace per smettere di fumare: l’unico dato provato è che le sigarette elettroniche con nicotina funzionano più di quelle senza nicotina. Molto poco, quindi. Altra cosa è invece


l’uso della sigaretta elettronica in alternativa a quelle tradizionali in un’ottica di riduzione dei danni del fumo. In tal caso è ragionevole affermare che la sigaretta elettronica, se sostituita in toto a quella tradizionale, espone a danni molto minori.

E-cig e giovani: un legame pericoloso Le e-cig possono avvicinare i ragazzi al mondo del fumo? Si tratta di una domanda che non ha ancora una risposta definita. Occorre però ricordare che nei giovani il sistema nervoso centrale è ancora in fase di sviluppo, e questa caratteristica li espone maggiormente al rischio di sviluppare dipendenza. In una dichiarazione pubblicata nel 2018, un team di esperti internazionali (Forum of International Respiratory Societies) ha osservato: “Il design, gli aromi, il marketing e la percezione di sicurezza e accettazione hanno aumentato l’appeal delle sigarette elettroniche fra i giovani. Questi prodotti stanno normalizzando il fumo e portando a nuove generazioni dipendenti dalla nicotina”. �


In che modo si usa la sigaretta elettronica per smettere di fumare?


Sin dalla sua comparsa, la sigaretta elettronica è stata considerata un’alternativa meno dannosa alle sigarette combustibili. Ma si sta studiando la sua utilità come strumento di supporto, che possa accompagnare il fumatore che vuole smettere, in maniera in parte simile alla terapia sostitutiva con nicotina. Le sigarette elettroniche infatti possono aiutare a gestire i sintomi dell’astinenza da nicotina e compensare la mancanza della gestualità consueta. Il parere degli esperti non è unanime e, a differenza delle terapie consolidate, ancora non esiste un protocollo standard e di efficacia dimostrata. Sono disponibili però indicazioni di massima sugli elementi che aumentano le probabilità di riuscire a smettere. Il primo elemento è la scelta della sigaretta elettronica. Ne esistono molte in commercio ed è bene trovare quella con cui si stabilisce una migliore affinità. Alcuni fumatori, per esempio, preferiscono quelle che somigliano esteticamente alle sigarette tradizionali, altri quando smettono preferiscono invece non vedere nulla che somigli a una sigaretta. Fondamentale poi è la gradazione della nicotina, che deve essere adeguata al livello a cui l’organismo è abituato dalle sigarette tradizionali. Un altro elemento che sembra aumentare le probabilità di successo sono le modalità di passaggio alla sigaretta elettronica. Deve essere radicale, senza far convivere le e-cig e le sigarette tradizionali. Questo aspetto sembra decisivo ed è anche la cosa più difficile per un fumatore. Qualunque sia l’opinione personale sulle e-cig occorre sempre tenere il motivo per il quale si comincia a utilizzarle. Se lo scopo è quello di liberar-


si dalla dipendenza, è consigliabile porsi l’obiettivo di ridurre le quantità di nicotina, fino a eliminarla del tutto, senza utilizzare contemporaneamente le sigarette tradizionali. Inoltre è utile porsi degli obiettivi temporali e utilizzare il dispositivo per un periodo di tempo definito, ad esempio per qualche mese. Per sicurezza è importante rivolgersi a venditori autorizzati e canali di vendita ufficiali, sia per i dispositivi sia per i liquidi, e non manipolare in alcun modo il contenuto delle cartucce.


Si può usare la sigaretta elettronica in gravidanza?


Meglio di no, dal momento che non è noto quali possono essere gli effetti delle sostanze contenute nel vapore sul feto. Se si sta pensando di usare la sigaretta elettronica per smettere di fumare è preferibile ricorrere a farmaci appositamente studiati come la terapia sostitutiva che può ridurre i sintomi dell’astinenza e il cui utilizzo si è dimostrato sicuro in gravidanza.


Ho sentito parlare dei riscaldatori di tabacco. Cosa sono?


Si tratta di apparecchiature elettriche che scaldano uno stick di tabacco anziché bruciarlo. Fanno parte dei nuovi dispositivi per fumare che le aziende del tabacco hanno introdotto in commercio, anche per proporre alternative alle sigarette laddove le normative antifumo e le preoccupazioni per la salute hanno eroso il mercato negli ultimi decenni. Sono molto noti i nomi commerciali dei prodotti venduti in Italia (iQOS e glo). I riscaldatori, simili a piccole sigarette, sono diversi dalle sigarette elettroniche poiché contengono tabacco, e il loro prodotto non è vapore ma un aerosol che si può definire fumo a tutti gli effetti, anche se “freddo”. I dispositivi, infatti raggiungono circa 350 gradi invece degli 800 delle sigarette, questo fa sì che manchino molti dei prodotti nocivi della combustione tipici delle sigarette.


Il tabacco riscaldato fa meno male delle sigarette?


La presenza del tabacco li differenzia dalle sigarette elettroniche, producono fumo e non vapore. Gli studi condotti non permettono di trarre conclusioni definitive sugli effetti per la salute dei riscaldatori di tabacco. Dalle ricerche indipendenti effettuate finora si può ritenere che contengano meno sostanze cancerogene rispetto alle sigarette (ad esempio acroleina e formaldeide) e meno monossido di carbonio. Significa che passando dalle sigarette ai riscaldatori il rischio di cancro diminuisce? Gli esperti non sono concordi, si potrà valutare a distanza di anni, come è accaduto col tabacco bruciato. Per le stesse ragioni non ci sono evidenze chiare sugli effetti dei fumo emesso, quindi su eventuali rischi da fumo passivo per chi sta accanto a chi le usa. Pertanto si consiglia di evitare di utilizzare riscaldatori in luoghi chiusi, specie alla presenza di persone fragili. È comunque da sottolineare la presenza di nicotina, sostanza tossica e psicoattiva, dannosa per il sistema nervoso e cardiovascolare, responsabile dello sviluppo della dipendenza. Secondo la European Respiratory Society, i riscaldatori del tabacco non possono essere prodotti raccomandati perché “se anche fossero meno dannosi delle sigarette, restano dannosi, danno dipendenza ed esiste il rischio che chi vuole smettere di fumare rinunci per passare al tabacco riscaldato”.


Non vorrei ricorrere a terapie farmacologiche per smettere di fumare. Che alternative ho?


L’aiuto per uscire dalla dipendenza dal tabacco non si trova solo in farmacia. Diversi approcci di natura psicologica, cognitiva e comportamentale hanno mostrato una certa efficacia, da soli o in associazione alle terapie farmacologiche. Tant’è che vengono inclusi fra le risorse riconosciute dalla comunità scientifica per accompagnare chi intende smettere di fumare. Eccone alcuni: • metodi di auto-aiuto (self-help): sono tutte le risorse reperibili in Internet, in formato cartaceo o elettronico, testi, video o disegni che possono migliorare la consapevolezza di chi sta cercando di smettere, fornendo informazioni, consigli e sostenendo la motivazione; • counseling di operatori esperti (psicologi, medici): in un rapporto a due, il consulente accompagna il fumatore e lo aiuta a costruire un proprio percorso di disassuefazione, a capire i punti di forza e di debolezza, ad anticipare e gestire gli ostacoli. L’interazione può essere diretta (faccia a faccia) oppure virtuale, via telefono o internet; • terapie di gruppo: si basano sull’incontro fra fumatori e i loro punti di forza sono lo scambio di esperienze e l’incoraggiamento. Aiutano a scongiurare la sensazione di isolamento nel percorso di abbandono del tabacco e a capire che le difficoltà possono essere condivise. Possono essere organizzati in vari modi, con o senza la guida di un operatore esperto (in genere uno psicologo) con un numero programmato di appuntamenti o con una durata indeterminata. Inoltre, diversi studi hanno evidenziato risultati interessanti ottenuti dagli interventi di gruppo in ambiente di lavoro.


Gli svapatori in Italia

Secondo l’indagine Doxa-ISS 2019, in Italia si contano circa 900.000 di utilizzatori di sigarette elettroniche. Una popolazione ampia e con modalità di consumo molto diversificate.

Quattro svapatori su cinque usano sia la sigaretta elettronica che quella tradizionale.

Il 72,3% usa le sigarette elettroniche con nicotina, mentre il rimanente e-cig che rilasciano solo vapore o aromi.

Come cambiano le abitudini dei fumatori che hanno cominciato a utilizzare le e-cig? (Doxa-ISS 2016)

7,7%

Il 7,7% dichiara di aver smesso di fumare

24,9%

Il 24,9% è tornato alle sigarette tradizionali

15%

20%

17,8%

Circa il 15% fuma entrambe le tipologie di sigarette ma ha diminuito il numero di sigarette

Il 20% ha aggiunto la sigaretta elettronica alle proprie abitudini senza cambiare il numero di sigarette tradizionali fumate

Il 17,8% non era fumatore di sigarette tradizionali e lo è diventato dopo aver iniziato a usare la sigaretta elettronica


Come fare a scegliere il programma giusto?


Molto dipende dalle proprie aspettative, dalle offerte disponibili sul territorio, dal tipo di legame che ancora tiene stretti alle sigarette. In generale è comunque meglio preferire le proposte di centri antifumo, ASL, ospedali o associazioni riconosciute. Data la varietà dell’offerta, però, qualche consiglio generale per non incappare in delusioni può essere utile. L’American Cancer Society ha stilato un breve elenco di regole per scegliere un programma per smettere di fumare. È bene scegliere un programma che: • proponga sessioni di almeno 15-30 minuti; • preveda almeno quattro sessioni; • duri almeno due settimane; • preveda la presenza di un operatore con una formazione specifica nell’area della disassuefazione dal tabacco. Sono da evitare invece le proposte che: • promettono successi rapidi e facili; • prospettano rimedi (pillole, erbe, iniezioni o altro) a base di sostanze non meglio specificate; • propagandano un 100 per cento di riuscita senza effetti indesiderati; • hanno prezzi esagerati; • non forniscono, su richiesta, referenze e contatti di persone che hanno già seguito il programma.


Le strategie non farmacologiche per smettere di fumare funzionano?


L’efficacia degli interventi non farmacologici varia da strategia e strategia. La Cochrane Collaboration, un’istituzione internazionale che si occupa di analizzare in modo sistematico tutte le ricerche su un dato argomento presenti nella letteratura scientifica per tirare le somme, ha esaminato molte delle terapie non farmacologiche. Ecco i risultati principali: • libri e altri materiali di auto-aiuto: l’efficacia di materiali non personalizzati è molto bassa. La capacità di aiutare un fumatore a smettere aumenta se si aggiunge un breve confronto faccia a faccia con un operatore; • counseling individuale: sedute individuali con un operatore esperto aumentano le probabilità di smettere del 40 per cento rispetto a interventi comportamentali più blandi; • colloquio motivazionale: funziona. Più che il numero di sedute, che può variare, è importante la presenza di un operatore adeguatamente formato; • programmi di gruppo: hanno un’efficacia doppia rispetto agli interventi di auto-aiuto, aumentano l’efficacia di interventi farmacologici come la terapia sostitutiva con nicotina; • counseling telefonico: aumenta l’efficacia della terapia farmacologica; • interventi basati su internet: hanno una qualche efficacia, ma solo se sono costruiti su misura sulle caratteristiche individuali del fumatore.


È vero che si può riuscire a smettere di fumare provando ribrezzo per il tabacco?


Alcune tecniche di condizionamento e avversione si basano sul semplice assunto che se si associa uno stimolo sgradevole all’uso della sigaretta si può indurre la capacità di rifiutare il tabacco. In genere l’obiettivo viene raggiunto fumando in modo smodato, tanto da stare male. Si tratta però di un metodo la cui efficacia non è mai stata dimostrata in maniera convincente. Inoltre, può anche essere rischioso: è bene quindi evitare il fai da te e parlarne con un medico.


Una persona che conosco ha smesso di fumare con lo yoga. Funziona veramente?


Lo yoga, così come altre tecniche mente-corpo come meditazione, reiki, mindfulness non hanno dato prove certe di efficacia per smettere di fumare. Tuttavia, ciò non significa che non possano essere di aiuto. Infatti contribuiscono a ridurre l’ansia e l’insonnia e a migliorare la funzionalità respiratoria: possono quindi aiutare più d’uno a ridurre il numero delle sigarette fumate e, per chi ha smesso, a controllare il desiderio di fumare.


Le terapie alternative sono utili per smettere di fumare?


Chiunque abbia fatto capolino nel variegato mondo delle offerte per smettere di fumare sa che esistono diverse terapie alternative o complementari. Quasi mai è stata provata in modo inequivocabile la loro efficacia per smettere di fumare. Tuttavia, sono in genere pratiche non dannose e prive di rischi per chi desideri provarle. Inoltre, anche se non si dispone delle prove di efficacia abbastanza solide da renderle raccomandabili da parte della comunità medica, non è escluso che su base individuale possano apportare benefici. Ecco una sintetica panoramica dei diversi metodi “soft”: • ipnosi: consiste in tecniche verbali di vario tipo, condotte da uno specialista, che mirano a ridurre il desiderio di fumare, rafforzare la motivazione a smettere, migliorare la concentrazione; • agopuntura: si basa su tecniche terapeutiche tradizionali cinesi che utilizzano aghi sottili per stimolare determinati punti del corpo. Mirano in genere a ridurre i rischi di ricaduta in chi ha smesso di fumare, alleviando i sintomi dell’astinenza . Si tratta però di effetti non dimostrati scientificamente; • auricoloterapia: apparentemente simile all’agopuntura, prevede la stimolazione di particolari punti sensibili dell’orecchio con delle clip, da portare per un certo lasso di tempo, anche giorni, con laser oppure aghi. Usata anche in altri tipi di dipendenza, si propone di stimolare la produzione di sostanze in grado di attenuare il malessere dell’astinenza. Anche in questo caso si tratta di una tecnica di efficacia non scientificamente dimostrata.


È vero che esistono anche preparati di erboristeria per smettere di fumare?


L’uso di erbe e preparati erboristici (i cosiddetti fitoterapici) incontra l’interesse dei tanti fumatori che cercano un aiuto ma preferiscono non ricorrere a farmaci. Diverse erbe vengono consigliate per le proprietà rilassanti e leggermente antidepressive come per esempio l’iperico, o la valeriana e il kava-kava, pianta esotica simile a quella del pepe; la melissa e la passiflora utilizzate per controllare gli stati d’ansia e l’insonnia. Altre erbe possono essere consigliate per le proprietà balsamiche, anticatarrali e antitussive, diuretiche. In generale, è comunque raccomandabile non sottovalutare l’effetto farmacologico dei fitoterapici e consultarsi con un medico per verificare il rischio di possibili controindicazioni o interazioni potenzialmente nocive.


Mi hanno consigliato un libro per smettere di fumare. Funziona?


Esistono innumerevoli libri scritti per chi vuole smettere di fumare. La maggior parte di essi lavora su due fronti: la crescita della consapevolezza dei danni del fumo e la motivazione a smettere di fumare. Si tratta, in concreto, di strumenti finalizzati all’auto-aiuto. La loro efficacia generale è molto bassa. Ciò non toglie che possano essere di aiuto per il singolo individuo.


Sto smettendo di fumare, ma mi sento nervoso. È normale?


È normale. Il nervosismo è uno dei sintomi dell’astinenza da nicotina. E può durare diversi giorni (in alcuni casi settimane) dopo l’ultima sigaretta. Per placarlo, si può respirare profondamente, fare una passeggiata, parlare con un amico o concedersi un lungo bagno rilassante in una vasca da bagno piena di acqua calda. Può essere utile pensare a quanto di buono si è guadagnato smettendo di fumare, magari ascoltando musica che possa dare la carica e sollevare il morale. Se l’inquietudine sale, uscire e darsi all’attività fisica è sempre una buona idea. Si tenga poi conto di un dato fondamentale: la sigaretta non aiuta a rilassarsi. Diversi studi dimostrano il contrario. Semplicemente, fumare permette di placare l’agitazione derivata dall’astinenza causata dalle sigarette precedenti, non dall’astensione. Tornare ad affidarsi al fumo non fa che innescare ulteriore frustrazione e rabbia, facendo ripartire il circolo vizioso.


Faccio fatica a concentrarmi e a dormire. Cosa devo fare?


Se si nota una certa fatica a concentrarsi, è importante tenere a mente che si tratta di una situazione temporanea ed è molto utile focalizzarsi sugli aspetti positivi dell’avere smesso di fumare. Alcune tecniche come lo yoga e la meditazione possono essere utili ad allenare le capacità di concentrazione, ma richiedono una certa pratica e dedizione. Quando invece si avvertono problemi a dormire o insonnia vera e propria, è opportuno evitare sostanze eccitanti, soprattutto la sera (caffè, tè, cola), preferendo una tisana o un latte caldo prima di dormire. Fondamentale è anche limitare l’uso di dispositivi elettronici, tablet e smartphone nelle ore precedenti al sonno, e praticare con costanza attività fisica: l’esercizio infatti è un buon alleato del sonno, così come i metodi di rilassamento e le tecniche di immaginazione.


Sto smettendo e ho voglia di fumare una sigaretta. Cosa devo fare?


Può sembrare a volte che il desiderio di fumare diventi intollerabile, e che sia impossibile resistere alla tentazione. Ma è importante restare calmi, sapere che può accadere ed essere preparati. Soprattutto, tenere a mente che il desiderio passa, in genere nell’arco di pochi minuti, durante i quali è importante saperlo ingannare, anche grazie a una serie di trucchi che gli esperti di smoking cessation anglosassoni hanno ribattezzato, in virtù delle iniziali inglesi, la Strategia delle 4 D: • Rimandare (Delay): darsi un tempo limite prima di arrendersi a fumare e dilatarlo il più possibile; se diventa difficile, passare al punto successivo; • Respirare profondamente (Deep breathing): respirare profondamente dieci volte, a occhi chiusi, cercando di rilassarsi il più possibile; • Bere acqua (Drink water): è un’alternativa salutare alla sigaretta fra le labbra, inoltre aiuta a depurare l’organismo e a dare una sensazione di benessere; • Fare qualcosa (Do something else): camminare, ascoltare musica, ballare, guardare un film o iniziare un’attività manuale o intellettiva che tenga impegnati e distragga dall’idea momentanea del fumo.


Quanto dureranno i sintomi dell’astinenza?


L’entità e la durata dei sintomi dell’astinenza variano da persona a persona. La maggior parte di chi smette di fumare ha un picco dei sintomi dell’astinenza nei primi quattro giorni che poi tendono a calare gradualmente fino a spegnersi del tutto nel giro di una decina di giorni. Tuttavia, per i forti fumatori i sintomi possono protrarsi anche più a lungo.


Quando potrò essere certo di avercela fatta?


Impossibile dirlo. Il periodo a più alto rischio di ricaduta per un fumatore che sta cercando di smettere sono le prime settimane. Nel periodo in cui l’astinenza da nicotina si fa ancora sentire può bastare veramente poco per finire nuovamente tra le braccia del fumo. Paradossalmente, però, allontanarsi dalla data dell’ultima sigaretta non mette al sicuro. Anzi: si tende ad abbassare la guardia, le ragioni per cui si è smesso di fumare tendono a sopirsi mentre non succede lo stesso al ricordo del piacere legato alla sigaretta. Così molti fumatori riprendono a fumare dopo mesi o anni dopo aver smesso. È un pericolo da tenere in conto e contro cui non c’è alcuna soluzione se non cercare di tenere viva la motivazione che ha portato a dire addio alle sigarette.


Ho ceduto alla tentazione di fumare una sigaretta. Ho vanificato ogni sforzo?


Certo, sarebbe stato meglio riuscire a resistere, ma non tutto è perduto. Fai come se niente fosse e continua il tuo percorso verso una vita libera dal fumo. Se hai già comprato un pacchetto di sigarette, buttalo senza esitazione, prima che si inneschi nuovamente la dipendenza. Ricorda per quali ragioni hai deciso di smettere e sfrutta questo errore per capire in che modo evitare una nuova ricaduta.


Fondazione Umberto Veronesi


Nata nel 2003 su iniziativa del Professor Umberto Veronesi, Fondazione Umberto Veronesi si occupa di sostenere la ricerca scientifica di eccellenza attraverso l’erogazione di finanziamenti a medici e ricercatori qualificati e meritevoli, negli ambiti dell’oncologia, della cardiologia e delle neuroscienze. Al contempo, si impegna a promuovere campagne di prevenzione, di educazione alla salute e all’adozione di corretti stili di vita, affinché i risultati e le scoperte della scienza diventino patrimonio di tutti. Le attività di Fondazione rinnovano ogni giorno la visione del suo fondatore Umberto Veronesi, un medico che ha dedicato la propria vita a sviluppare conoscenze scientifiche innovative per metterle al servizio del benessere dei propri pazienti e della società in cui viviamo.


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