OSSIER CAMPANIA EDITORIALE ..............................................13
ECONOMIA E FINANZA
TERRITORIO
BILANCIO REGIONALE......................62 Gaetano Giancane
BENI CULTURALI...............................142 Francesco Maria Giro Giuseppe De Mita
Raffaele Costa
L’INTERVENTO.........................................15 Angelino Alfano Paolo Graziano
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................18 Giovanni Lettieri POLITICA ................................................26 Enzo Amendola Clemente Mastella Pio Del Gaudio Fausto Pepe Pasquale Viespoli UNITÀ D’ITALIA....................................44 Renato Schifani Giorgio Napolitano Mario Cervi ESTERI.....................................................56 Franco Frattini
L’ANALISI ...............................................64 Luigi Cesaro SVILUPPO ECONOMICO ...................68 Giorgio Fiore Luigi Raia Riccardo De Falco Tommaso De Simone DISTRETTI .............................................80 Valter Taranzano Costantino Capone BANDA LARGA .....................................88 Guido Trombetti Vito Merola MADE IN ITALY.....................................94 Maurizio Marinella Santo Versace Giorgio Armani Ferruccio Ferragamo Brunello Cucinelli Renè Caovilla Giorgetto Giugiaro Guido Barilla IMPRENDITORI DELL’ANNO .........124 Lazzaro Luce Pietro Franzese QUALITÀ MADE IN NAPLES ..........130 Salvatore Minucci PROJECT FINANCING......................134 Tonino Mirenda e Antonietta Santoro CONSULENZA .....................................136 Giuseppe Balbi IL MERCATO OCCUPAZIONALE...138 Pierluigi Raviele IL MERCATO ASSICURATIVO.......140 Modestino De Filippis
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RIQUALIFICAZIONE ..........................150 Marcello Taglialatela Carlo Lamura Rodolfo Girardi ABUSIVISMO EDILIZIO....................160 Edmondo Cirielli Mario Landolfi OPERE PUBBLICHE..........................166 Claudia Ambrosino POLI COMMERCIALI.........................168 Giuseppe Scala RICOSTRUZIONI.................................170 Raffaele Matera EDILIZIA.................................................172 Roberto Langone ATTREZZATURE EDILI.....................174 Maria Grazia Della Bianca TRASPORTI ..........................................176 Luigi Melca
Sommario LOGISTICA E TRASPORTI ..............178 Giovanni Cammarota IMPRENDITORI DELL’ANNO .........180 Roberta De Michele Guido, Mariangela e Cristiano Mugnano TOP DESIGN ........................................184 Antonio Mainardi
AMBIENTE
GIUSTIZIA
POLITICHE ENERGETICHE ............186 Stefania Prestigiacomo
RIFORME..............................................202 L’agenda del Governo Maria Elisabetta Alberti Casellati Maurizio Paniz Carolina Lussana Guido Alpa Gianpiero Cipolletta
RINNOVABILI ......................................190 Giancarlo Cattaneo L’EMERGENZA IDRICA....................194 Luigi Rispoli e Sergio Caputo DEPURAZIONE DELLE ACQUE.....196 Vittorio Fortunato SMALTIMENTO DEI RIFIUTI ..........198 Giovanni Romano
CUSTODIA CAUTELARE..................216 Gaetano Pecorella LEGALITÀ.............................................220 Luca Albertario Andrea De Martino Mario Cinque
RESPONSABILITÀ CIVILE ............242 Franco Schiavo FISCO E TRIBUTI ..............................244 Maria Gabriella Marotta NOTARIATO ........................................246 Aniello Calabrese
SANITÀ POLITICHE SANITARIE...................250 Ferruccio Fazio Enrico Garaci Raffaele Calabrò
PRIVACY...............................................232 Francesco Pizzetti Valerio De Martino
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ....260 Paolo e Renato Morrone
ISTITUTI GIURIDICI ..........................238 Francesco Petrella
OFTALMOCHIRURGIA ...................264 Giuseppe De Simone
RICORSI AMMINISTRATIVI ..........240 Pasquale Marotta
GENIUS LOCI ......................................268 Rocco Barocco
CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 11
L’INTERVENTO
Le politiche di rilancio dell’economia partenopea di Paolo Graziano presidente dell’Unione Industriali di Napoli
I
l rilancio di Napoli deve partire da una crescita civile e sociale, prima ancora che economica. La sfida è difficile, ma sicuramente è alla nostra portata se riusciremo ad aggregare intorno a un forte progetto di sviluppo le forze migliori della città, dal mondo dell’impresa fino a quello delle istituzioni. Il nostro progetto punta a far sì che Napoli e il Sud diventino un territorio più vivibile per la cittadinanza, più competitivo per le imprese che vi operano. L’economia dell’area metropolitana di Napoli, con i suoi tre milioni di abitanti, non può non avere una forte ossatura industriale da coniugare con il turismo, la cultura e i servizi. Vogliamo realizzare nuovi cluster, individuare le filiere strategiche, attrarre capitali e nuove aziende, radicare lo strumento del Contratto di Rete. Tra le priorità figurano innanzitutto la rete ferroviaria e la banda larga, asset strategici su cui investire e impegnarsi per assicurare precondizioni ineludibili per lo sviluppo, previste d’altronde dallo stesso Piano per il Sud delineato dal governo. Occorre selezionare degli obiettivi, nella consapevolezza che le risorse sono limitate e vanno pertanto utilizzate su interventi atti a ridurre strutturalmente il divario territoriale. Proporremo un piano per rendere il nostro territorio capace di attrarre nuovi investimenti e generare occupazione sana, duratura ed emersa. Gli investimenti, tuttavia, si fanno lì dove vi sono condizioni favorevoli. Per questo lavoreremo a un piano finalizzato a ridurre le carenze infrastrutturali
così come quelle della formazione, della ricerca, della sicurezza, dell’accesso al credito per le pmi, della gestione delle aree industriali. Affrancato dai nodi strutturali e dai vincoli esterni che richiedono risposte istituzionali, il potenziale imprenditoriale di cui disponiamo saprà esprimere il meglio di sé, ridando linfa all’occupazione e dimostrando che Napoli può finalmente essere parte della storia nazionale come esempio virtuoso di crescita e di sviluppo e non come il territorio delle mille emergenze. La nostra Associazione dovrà essere dinamica e operativa nel campo dei servizi. Vogliamo puntare sull’economia della conoscenza, della creatività, delle competenze, rendendo tendenzialmente pari a zero il tempo di trasferimento del sapere dal luogo in cui esso si forma (università, centri di ricerca, centri di competenza) al luogo in cui esso viene applicato alla produzione creando valore aggiunto. È su questo decisivo passaggio che oggi si gioca gran parte della concorrenza internazionale tra aziende e prodotti. Infine, siamo e saremo sempre di più in prima fila nel rivendicare la lotta all’illegalità, all’abusivismo e alla criminalità pretendendo risultati tangibili. La sicurezza e la legalità rappresentano i principali fattori di attrattività. Inutile discutere se il territorio non è saldamente nelle mani dello Stato. Per dare una prospettiva alle nostre aree coniugheremo con decisione una politica di repressione dell’illegalità, di prevenzione del crimine e di rilancio degli investimenti perchè il benessere sociale sconfigge il malaffare. CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 17
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianni Lettieri
A fianco, Giovanni Lettieri, candidato del Pdl a Napoli per le prossime elezioni amministrative
IL MIO CONTRIBUTO ALLA RINASCITA DI NAPOLI «Valorizzare le meraviglie del territorio in maniera ecocompatibile, rilanciando le potenzialità imprenditoriali». Per Giovanni Lettieri, candidato Pdl alla poltrona di primo cittadino di Napoli, è la strada che la città deve percorrere per inseguire il proprio rilancio. Dicendo basta al fatalismo e puntando sulle nuove generazioni Francesca Druidi
P
er diciassette anni il centrosinistra ha governato Napoli. La tornata elettorale prevista per il 15 e 16 maggio è letta da molti, e in particolare dal Pdl, come un’opportunità concreta per interrompere la continuità della gestione politica della sinistra e scrivere una nuova pagina dell’amministrazione della città. Riuscire nell’obiettivo sortirebbe due effetti: a livello nazionale, il Pdl si assicurerebbe una pedina importante nello scacchiere dei capoluoghi di regione governati dal centro-destra, rispetto a situazioni oltretutto più incerte come quelle di Torino e Bologna, mentre a livello locale una vittoria dello schieramento di maggioranza potrebbe innescare il progetto di rilancio e di crescita della città partenopea. Del resto, a partire
dal riacutizzarsi dell’emergenza rifiuti lo scorso inverno, risulta evidente che Napoli deve operare in qualche modo un’inversione di marcia e affrontare le problematiche che oggi la lasciano al palo, frenandone lo sviluppo. La persona investita dal Pdl del compito di conquistare la poltrona di primo cittadino è Giovanni Lettieri, imprenditore ed ex numero uno degli industriali di Napoli che, nelle ore che hanno preceduto l’ufficializzazione della sua candidatura, ha registrato i pareri avversi alla sua nomina di una parte del tessuto imprenditoriale, ma non si è scomposto, rivolgendo da subito l’attenzione alla definizione del programma elettorale e delle liste. «La politica a Napoli è stata bloccata per troppo tempo dai governi di centro-sinistra che non sono riusciti a imprimere un cam-
biamento reale – afferma – al di là di qualche operazione di facciata, Napoli non ha saputo risolvere i suoi problemi». Per questo, necessita di un piano di rilancio. Il neo candidato invita soprattutto la città ad aprirsi al turismo e agli investimenti; da presidente e ad di Meridie, investment company dedicata prevalentemente alle imprese del Centro-Sud Italia, sa che nessuna opportunità va sprecata, a partire dal piano per il Sud, per migliorare le potenzialità economiche del territorio campano e, nel complesso, meridionale. Quali motivazioni l’hanno spinta a scendere in politica e accettare la candidatura a sindaco di Napoli? «La voglia di dare un contributo alla rinascita di Napoli, una città che ha enormi potenzialità ma che è rimasta CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
In questa pagina, a lato, il porto di Napoli, sotto il centro storico cittadino. Nella pagina a fianco, palazzo San Giacomo, sede del Comune e un’immagine della squadra di calcio del Napoli
immobile per quindici anni. Io sono nato in un quartiere popolare, ho sperimentato sulla mia pelle le difficoltà di chi vuole emergere e so che i tanti giovani della città hanno bisogno di un’opportunità per dimostrare le loro qualità. Dopo aver raggiunto i miei obiettivi in campo imprenditoriale, voglio impegnarmi in prima persona per dare una svolta a Napoli, convincendo i napoletani che si deve uscire dal fatalismo, che non bisogna solo delegare alla politica la progettualità della terza città del Sud, ma che tutti possono scendere in campo per essere artifici del futuro dei propri figli». Qual è stato il suo impatto con il mondo politico in un periodo delicato sia a livello nazionale che locale? «Il centrodestra campano ha la possibilità e la capacità di unire prima di tutto il tessuto sociale della città, che appare ora sfilacciato, ricostruendo un rapporto con le periferie. Il mio 20 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
rapporto con il Pdl napoletano è ottimo, come lo è quello con il presidente Berlusconi e gli esponenti dell’esecutivo: costruiremo insieme il progetto per Napoli a partire da una grande attenzione nella preparazione delle liste e nella selezione dei candidati». Come ritiene che la sua esperienza imprenditoriale possa aiutarla a comprendere le esigenze della città e fornire risposte adeguate? «Dobbiamo pensare a Napoli come un prodotto che ha bisogno di un piano di rilancio. Personalmente, ho fatto questa esperienza proprio in città con Atitech, un’azienda che
dopo la trasformazione di Alitalia sembrava destinata a morire e che, invece, ho rilanciato. Il mio amico Aurelio De Laurentiis ha riportato la squadra di calcio tra le grandi in cinque anni e sono convinto che, con la collaborazione di tutte le forze sane della città, possiamo riportare Napoli in serie A». Su quali priorità del capoluogo partenopeo interverrebbe in primis? «Dobbiamo pensare prima di tutto ai giovani, creando una città pronta ad accogliere i turisti, ma anche gli investimenti. Il doppio binario deve essere quello di sfruttare le meraviglie del territorio in maniera ecocompa-
Gianni Lettieri
Sono convinto che, con la collaborazione di tutte le forze sane della città, possiamo riportare Napoli in serie A
tibile e rilanciare al contempo anche le potenzialità imprenditoriali. Penso al mare: dobbiamo ripensare completamente il waterfront, aprendo la città al mare da Vigliena a Bagnoli. Dobbiamo intervenire sul porto commerciale, che deve essere ripensato e ristrutturato per diventare protagonista nella logistica di tutto il Mediterraneo, ma anche su Napoli Est. Da un punto di vista turistico, è vitale il recupero del centro storico, che è patrimonio dell’Unesco e deve essere interessato a misure di riqualificazione del suo immenso patrimonio». Cosa comporterà per il Meridione l’attuazione del federalismo? «Sono convinto che il federalismo, se attuato in forma solidale, possa essere un’occasione importante per il Mezzogiorno, prima di tutto perché sarà di stimolo alla trasparenza della Pubblica amministrazione. Entreremo in un’epoca di assunzione di
responsabilità forte per la classe dirigente che amministra il Sud e di questo non potranno che giovarsi i cittadini». Ritiene che il piano per il Sud potrà giocare un ruolo importante nella ripresa del Meridione? «L’Italia ha bisogno di uno sviluppo del Meridione, che identifica la parte del Paese che possiede le maggiori possibilità di crescita. Attivando il piano per il Sud, il governo ha dimostrato di voler investire nel Mezzogiorno, nonostante la crisi internazionale: ora dovremo essere capaci di non sprecare questa occasione, mettendo in campo progetti concreti, che attivino la spesa e portino ricadute a breve termine sul territorio in termini di occupazione, ma anche di nuove opportunità per gli imprenditori locali e per gli investimenti esteri, che devono tornare a guardare al sud Italia».
Fare impresa al Sud oggi: quali le maggiori criticità, sfide e prospettive? «Al primo posto metterei la burocrazia. Dobbiamo riscriverla mettendo in campo un sistema di poche, semplici, ma efficaci regole che vengano rispettate da tutti, senza scappatoie. La macchina amministrativa deve essere trasparente ma non ostile, mettendosi dalla parte di chi vuole fare impresa, aiutandolo. In Campania esistono importanti centri di ricerca e atenei in cui si sta formando una generazione di giovani capaci e ambiziosi. L’impresa a Napoli ha l’occasione per ripartire proprio da loro, affinché nessun giovane abbia più la necessità di lasciare la propria città andando ad arricchire, con le sue capacità, le imprese del Nord o degli altri paesi europei». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 21
POLITICA
Armiamoci e partiamo È un monito alla responsabilizzazione quello che anima la candidatura alla guida di Napoli da parte di Clemente Mastella, segretario dei Popolari per il Sud che, ancora a bocce ferme, aveva espresso la volontà di scendere in campo per le prossime elezioni amministrative Francesca Druidi
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È
stato il primo candidato ufficiale alle comunali di Napoli, Clemente Mastella, europarlamentare e segretario dei Popolari per il Sud, che si prepara a un confronto serrato con gli altri nomi in lizza per la poltrona di sindaco della città; candidati di cui, rimarca, «ho massimo rispetto, senza alcun tipo di discriminante». Parlando della sua candidatura a sindaco di Napoli, ha sottolineato come la priorità sarebbe quella di riportare la città alla normalità. Entrando nello specifico, quali misure vorrebbe prendere? «Lo sforzo deve essere quello di far diventare Napoli capitale, facendo in modo che la gente si fermi e che non continui a verificarsi un turismo “a singhiozzo”. Da anni, ad esempio, non esiste più una grande manifestazione che si svolga a Napoli. È una città sì conosciuta, ma sempre più preda di un turismo “mordi e fuggi”, dove il passaggio dei visitatori non contempla una reale sosta in città. Il problema è poi quello dello sviluppo di aree come quella di San Giovanni a Teduccio e di Bagnoli, nelle quali, finora, si è tergiversato per deciderne il destino senza, peraltro, trovare una chiara via di uscita o una scelta indicativa di una direttrice per il progresso economico di queste realtà. Se, prima, poi si
riscontrava una differenza evidente tra centro e periferia, oggi tutto procede in senso peggiorativo, con una specie di “deserto” che si allunga sulla città». Cosa farà la differenza alle urne, in questo momento così caotico e incerto per la politica a Napoli? «La situazione odierna testimonia anche della maggiore complessità del contesto di Napoli: si rilevano difficoltà nella politica in generale e tanto più nel capoluogo campano. Allo stato, sembra che l’unico politico di professione sia io tra i candidati annunciati alla carica di primo cittadino». Ma, secondo lei, cosa vogliono in particolare i cittadini partenopei? «Di solito a Napoli si dice “armiamoci e partite”, uno slogan che porta all’istanza della deresponsabilizzazione. L’obiettivo è, invece, quello di responsabilizzare, me per primo e poi a ruota anche gli altri. Armiamoci e partiamo, muoviamoci è la mia esortazione, applicando una forma di riflessione che induca tutti ad assumersi le proprie responsabilità». Queste elezioni avranno in qualche modo una risonanza nazionale? «Le elezioni locali sono sempre elezioni locali, è ovvio che poi ogni soggetto mutua, dai risultati delle urne a livello territoriale, l’elemento per il quale si incoraggiano oppure si reprimono le scelte nazionali. Credo però che Napoli costituisca un fatto a sé in questa specifica circostanza».
POLITICA
Prosegue il progetto di riconquista Le prossime elezioni amministrative in Campania costituiranno un importante banco di prova per il Pdl, che proverà a strappare altre amministrazioni al centrosinistra. Da Napoli a Salerno, da Benevento a Caserta, tutti i candidati sono già in pista, in attesa di ultimare il capitolo alleanze Leonardo Rossi
S
i va pian piano definendo la griglia dei candidati per le prossime elezioni amministrative in Campania, previste per il 15 e 16 maggio prossimi: due giorni campali per lo scacchiere politico della regione, dal momento che, oltre a comuni popolosi come Pozzuoli, saranno in particolare chiamati al voto quasi tutti i capoluoghi di provincia (Napoli, Caserta, Salerno e Benevento), tutti tra l’altro provenienti da un’esperienza di amministrazione del centrosinistra. Un esame importante insomma per il Popolo della Libertà, che dovrà dare seguito a quel progetto di “riconquista” avviato negli ultimi due anni in ambito comunale, provinciale (vedi Napoli, ma anche Salerno e Caserta) e regionale, con una serie di bandierine azzurre piantate un po’ ovunque. E se il centrosinistra, dal canto suo, propone qualche tentativo di riconferma (Pepe a Benevento e De Luca a Salerno, che potrebbe arrivare addirittura al quarto mandato), il Pdl punta tutto sui volti nuovi.
26 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
A proposito di nomi, il coordinatore regionale Nicola Cosentino ha ricordato recentemente che «con il centrodestra al governo regionale abbiamo dimostrato che era possibile comporre quel giusto ed equilibrato mix di politici e tecnici. Le giunte provinciali 2009 e quelle regionali 2010 sono l’esempio di come la società civile e quella politica possano lavorare insieme. Siamo convinti che la giunta Caldoro continui ad avere bisogno dell’apporto di personalità in settori chiave e delicati della
nostra regione e riteniamo che le personalità chiamate a partecipare possano offrire la loro competenza su materie di forte impatto sociale e nel contempo possano contribuire a rafforzare anche la componente politica». La strategia da perseguire anche alle prossime comunali insomma è chiara, così come il capitolo alleanze: con l’Udc il discorso resta aperto, ma a certe condizioni. «In questa regione – ha dichiarato Cosentino riferendosi al partito di Casini – il suo ruolo è assoluta-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Elezioni amministrative
mente marginale, noi vinciamo anche senza di loro», aggiungendo però che «nei loro confronti abbiamo sempre mantenuto gli impegni, speriamo che si comportino alla stessa maniera e siano ancora con noi alle prossime elezioni». In seguito Cosentino è poi arrivato a minacciare «conseguenze nei governi locali» se l’Udc sceglie, per la corsa alla poltrona di sindaco a Napoli, di andare da solo correndo come terzo polo. L’auspicio del coordinatore regionale del Pdl, insomma, «è di riuscire a presentare la stessa alleanza» che ha portato alla conquista della Provincia di Napoli e della Regione Campania. «Con l’Udc – ha proseguito Cosentino – abbiamo contratto un matrimonio di interesse con
l’obiettivo di cambiare le cose in questa regione e, dunque, se l’Udc cambia idea non è evidentemente colpa nostra, ma lo fa per dare visibilità al partito a livello nazionale, non coltivando, invece, i bisogni della realtà campana». Proprio a Napoli intanto la scelta del Pdl è ricaduta sull’ex presidente degli industriali cittadini, Gianni Lettieri, che se la vedrà, tra gli altri, con il responsabile dell’Agenzia per i beni sequestrati alle mafie, Mario Morcone (Pd), e con l’ex magistrato Luigi De Magistris (Idv), oltre che con Clemente Mastella (Popolari per il Sud), il primo a scendere in pista. E se Napoli viene dal “quasi-commissariamento” della giunta Jervolino, a Caserta da fine 2010 la poltrona di primo cittadino è ve-
ramente vacante: dopo la sfiducia a Nicodemo Petteruti, il centrosinistra ha deciso di presentare l’avvocato Carlo Marino, uscito vittorioso dalle primarie dello scorso dicembre. Il Pdl ha risposto con Pio Del Gaudio, un commercialista che ha già annunciato di voler governare la città con la stessa logica richiesta dalla sua professione. A Benevento sarà invece l’attuale consigliere comunale Roberto Capezzone a opporsi al sindaco uscente, Fausto Pepe: una scelta che, nonostante alcune polemiche interne al Pdl, è stata definita «autorevole» dal deputato Nicola Formichella, che definisce il coordinatore vicario, «in pratica il numero due del partito nel Sannio». A Salerno, infine, è scesa in pista Anna Ferrazzano, già vicepresidente della Provincia, che dopo averla spuntata sulla tentata candidatura di Antonio Cammarota (uomo vicino al ministro Carfagna), ha davanti il compito, ben più difficile, di impedire la rielezione di Vincenzo De Luca, uno dei primi cittadini più amati d’Italia. CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 27
Xxxxxxx EnzoXxxxxxxxxxx Amendola
Un cambiamento per Napoli «Saranno elezioni dai toni molto duri». Così Enzo Amendola, segretario regionale del Pd, ha definito il turno elettorale amministrativo di maggio, che già sta vivendo fasi animate. Andranno al voto Caserta, Salerno, Benevento e soprattutto Napoli, dove la sfida si fa articolata Francesca Druidi
D
iventa forse superfluo sottolineare la rilevanza che le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio avranno nell’ottica di determinare la governance e l’assetto futuri di città centrali del Paese, quali Torino, Milano, Bologna e naturalmente Napoli. Dopo il caos scaturito dalle fallite dimissioni del consiglio comunale del capoluogo partenopeo e dalla “rientrata” caduta della Giunta Iervolino, si stanno a oggi (11 marzo, ndr) definitivamente componendo i tasselli del mosaico dei candidati che concorrono alla non comoda poltrona di primo cittadino di Napoli. Ad aver già commentato ufficialmente la propria posizione è stato il candidato del Pd, il prefetto Mario Morcone, una lunga carriera al servizio dello Stato e dal 2010 direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. La spinta a sciogliere le riserve e scendere in campo Morcone l’ha trovata, come ha avuto modo di dichiarare, nell’amore che nutre per la città. «Ci vogliono per-
sone serie come Morcone, che gode di una stima ampia e riconosciuta per il lavoro svolto», afferma Enzo Amendola, segretario regionale del Pd, che allarga lo sguardo oltre il Vesuvio per commentare anche la situazione negli altri capoluoghi della Campania chiamati al voto. Ha dichiarato che le prossime elezioni amministrative avranno toni molto duri. Su quali nodi si giocherà la partita? «I cittadini chiedono a un sindaco qualità dei servizi, ordine, sicurezza in città e progetti di trasformazione delle periferie. Il Comune di Napoli necessita di un cambiamento nella sua macchina e nella sua burocrazia. Per questo, abbiamo scelto un candidato dall’alto profilo istituzionale e dal basso grado di demagogia. Morcone è una garanzia: il cambiamento che presenteremo in campagna elettorale si realizzerà
giorno per giorno». Ha lanciato un appello al terzo polo e all’Idv per una maggiore unità contro il centrodestra. Quali possibili alleanze si delineeranno? «Il terzo polo a Napoli ha fatto una scelta di autonomia, noi non abbiamo chiesto nessuna alleanza, anche perché in Regione sono in coalizione Pdl. Mi auguro, in caso
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POLITICA
di ballottaggio, che si apra una riflessione, perché molti elettori moderati sceglieranno Morcone e non Lettieri. Anche perché sull’ex presidente dell’Unione degli industriali di Napoli pesano giudizi non morbidi di molti esponenti del terzo polo. L’Idv purtroppo ha scelto una strada solitaria e di testimonianza, alcuni dicono dettata dallo scontro interno De MagistrisDi Pietro. In tutti i casi, la loro scelta di rompere l’alleanza con tutte le forze del centrosinistra è contraddittoria, con il bisogno di unità che molti cittadini progressisti e democratici chiedono per sconfiggere il Pdl». 30 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
La sfida tra Morcone e Lettieri si giocherà su chi sarà ritenuto più capace di guidare una macchina complessa come il Comune di Napoli
Lettieri è il candidato del Pdl per Napoli. Futuro e Libertà propone il rettore dell’Università di Salerno Pasquino. Come valuta queste candidature? «Ricordo con il sorriso una frase di Ciriaco De Mita che definiva Lettieri un “non imprenditore”. Su di lui pesano i giudizi molto negativi della parte più rappresentativa de-
gli imprenditori napoletani e credo anche che avrà l’imbarazzo del sostegno che ha mostrato ai progetti delle passate giunte di centrosinistra. La sfida con Morcone si giocherà su chi sarà ritenuto più capace di guidare una macchina complessa come il Comune di Napoli, e io sono convinto che, in base al curriculum, Morcone sia largamente avvantaggiato».
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In apertura, Enzo Amendola, segretario regionale del Pd. Nella pagina a fianco, il prefetto Mario Morcone, candidato del Pd a sindaco di Napoli. A sinistra, un momento dell'ultimo consiglio comunale della giunta Iervolino. Sotto, l’europarlamentare dell’Idv Luigi De Magistris
Per quali motivi il prefetto Morcone rappresenta l’uomo ideale del Pd a Napoli? «Napoli è un Comune che ha subito pesanti tagli ed è stato dimenticato dal federalismo delle chiacchiere del governo centrale. Per governare una città con tante emergenze, non servono la demagogia o i proclami, di cui De Magistris è esperto, ma persone competenti e conoscitrici della macchina amministrativa, che possano unire il capoluogo, in questo tempo di crisi economica, per una forte riscossa civile. Ci vogliono persone serie come Morcone, che gode di una stima
ampia e riconosciuta per il lavoro svolto. Si potrebbe chiedere a un uomo come Roberto Maroni, distante anni luce dalle nostre posizioni, un giudizio sulla qualità del servitore dello Stato che guiderà il Pd in questa competizione elettorale». Come si profila la situazione a livello regionale per quanto riguarda gli altri capoluoghi? In particolare, Pepe e De Luca si ripropongono a Benevento e Salerno. Quali le loro chance? «Sicuramente rieleggeremo i nostri candidati. Mettiamo in campo due sindaci uscenti Pd che sono riconosciuti, non solo in Campania,
come esempi di ottima amministrazione, tant’è che si collocano sempre tra i primi posti nelle graduatorie di fiducia e gradimento per i cittadini. Benevento e Salerno sono centri modello per i servizi e la qualità della vita. Ma Pepe e De Luca non sono gli unici fiori all’occhiello dei Democratici. Anche a Caserta presteremo un candidato, Carlo Marino, fortemente competitivo. Nella maggior parte dei Comuni della regione, abbiamo tanti giovani amministratori e dirigenti che quotidianamente si impegnano per la collettività. Anche loro costituiscono l’ossatura del Partito Democratico». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 31
POLITICA
Occupazione e legalità per guardare al futuro Pio Del Gaudio, candidato sindaco per il Pdl, illustra le priorità per Caserta: «Il livello dei bisogni si è abbassato. Ma per puntare su sviluppo economico e urbanistico servono risorse dall’alto: non sono un funzionario pubblico ma un commercialista, e ragiono come tale» Riccardo Casini
I
l primo a uscire allo scoperto è stato Carlo Marino, avvocato e vincitore delle primarie del centrosinistra dello scorso dicembre. Poi è stata la volta del commercialista Pio Del Gaudio, già consigliere comunale e segretario cittadino di An, candidatosi sindaco per il Pdl a inizio marzo. Ma in attesa della definizione della griglia di partenza completa per la conquista della poltrona di primo cittadino, a Caserta l’emergenza continua. Non solo rifiuti e criminalità: gli ultimi dati resi pubblici dall’Istat hanno infatti mostrato come il Casertano registri il secondo tasso di occupazione più basso del Paese (38,7%) dopo Crotone (37,3%). Delle priorità per il territorio parla Del Gaudio, che indica da dove è necessario ripartire. L’esperienza del sindaco Petteruti si è conclusa con il commissariamento, anche a causa delle spaccature interne alla sua coalizione. Il centrodestra può puntare realisticamente alla conquista del Co32 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
mune? «Partiamo da una considerazione: il centrosinistra in questi ultimi anni ha governato male, anche a causa di una serie di contraddizioni di fondo di cui l’amministrazione Petteruti ha risentito. Parlo innanzitutto del fatto che la sua giunta non fosse espressione di partiti, ma di un’aggregazione di forze scioltesi e poi riunitesi più volte nel corso degli anni: in questo modo è stato impossibile esprimersi con continuità. Ma si trattava di uno scenario chiaro sin dalle primarie, quando, nonostante la chiara vittoria di Petteruti, alle elezioni si ripresentò comunque anche il suo sfidante: non si è mai trattato, insomma, di una coalizione unita. E oggi quello scenario si ripresenta, immutato». Si spieghi meglio. «A dicembre le primarie hanno espresso un candidato, ma subito dopo il loro esito è stato messo in discussione sia da chi vi aveva partecipato a vario titolo, sia da chi non
aveva ritenuto di parteciparvi. Ripeto, si tratta dello stesso scenario del 2006, uno scenario che, oltre ad agevolarci oggi, ha anche influenzato di conseguenza l’attività politica e amministrativa dell’ultima giunta, sulla quale il nostro giudizio non può che essere negativo». Sulla sua candidatura si è registrata invece una maggiore convergenza? «Al di là di qualche cespuglietto che rivendica posizioni privatistiche, la coalizione di centrodestra è unita. E soprattutto è partita per tempo, esprimendo un candidato con largo anticipo rispetto alle elezioni e mettendo già da prima in campo un’attività programmatica e di ascolto del territorio, sin dal convegno “La città
Xxxxxxx PioXxxxxxxxxxx Del Gaudio
Al centro del programma c’è lo sviluppo delle Pmi nei servizi, nel commercio e nel turismo, un settore dove non sono state sfruttate appieno le opportunità garantite dal territorio
In basso,Pio Del Gaudio, candidato sindaco per il Pdl a Caserta
che vogliamo” dello scorso novembre, che ha visto la partecipazione di oltre 2mila cittadini. Dall’altra parte, invece, il candidato sindaco sta mettendo in campo un’attività personale, nascondendosi dai partiti e prendendo le distanze dalla precedente amministrazione, ammettendone però così implicitamente il fallimento». Torniamo al centrodestra. Un accordo con l’Udc sarebbe in linea con le strategie regionali del Pdl, mentre le dinamiche nazionali ve-
dono il partito di Casini all’opposizione. Quale apporto possono dare le forze centriste nel contesto campano e di Caserta in particolare? Quale sarà il perimetro definitivo della sua coalizione? «Ritengo già assodato che l’Udc governerà insieme a noi, si tratta di una forza che si colloca naturalmente nel centrodestra. Diverso il discorso per altri partiti minori come Forza del Sud e Nuovo Partito Socialista, con i quali è in atto un ragionamento. Lo stesso vale per Alleanza di popolo e La Destra, che a livello locale sembrano però esprimere maggiormente affetti personali e posizioni individualistiche – ovviamente rispettabili – rispetto alle direttive regionali e provinciali, che li vorrebbero alleati con il centrodestra. L’importante è che alla fine la coalizione con tutte le sue componenti si unisca sul mio nome per raggiungere il vero obiettivo, ovvero la vittoria al primo turno». Intanto, secondo i recenti dati Istat, l’occupazione a livello provinciale è al 38,7%, una cifra obiettivamente sconfortante. CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 33
POLITICA
La coalizione è partita per tempo con un’attività di ascolto del territorio
Quali politiche ritenete necessarie per il rilancio dell’occupazione e dell’economia? «I numeri sono impietosi, anche se il dato provinciale è influenzato da alcune aree dove il problema è particolarmente forte. Certo, Caserta è il capoluogo, e per questo deve assumersi le sue responsabilità e garantire opportunità di sviluppo per il territorio. Su questi temi comunque già da un anno registriamo con favore l’attività estremamente intelligente del presidente della Provincia: noi faremo lo stesso, per prima cosa cercando di portare qui imprese intenzionate a investire. Al centro del nostro programma, non a caso, c’è lo sviluppo delle Pmi nell’ambito dei servizi, del commercio e del turismo, un settore quest’ultimo dove finora non sono state sfruttate appieno le opportunità garantite dalle bellezze artistiche del territorio. Ma per giungere a questo obiettivo è necessario creare nuove aree industriali, oltre
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che servirle adeguatamente a livello di infrastrutture». A quali fa riferimento? «La prima, in fase di progettazione, è un’area di 150mila metri quadrati a San Benedetto di Caserta, sulla quale già diverse aziende avevano manifestato l’interesse di insediarsi: purtroppo il percorso è stato interrotto, ma ora va ripreso se vogliamo garantire un futuro alla città. Inoltre, stiamo lavorando a un progetto per un’area di 300mila metri quadrati che immaginiamo di acquisire con il contributo della Regione e della Provincia per realizzarvi uno dei poli attrattivi per turismo ed economia. Non dimentichiamo infine le opportunità e l’indotto che potrebbe portare la realizzazione del Policlinico: al momento vi sono contenziosi in corso, ma si tratta di una scommessa importantissima». In che modo è possibile vincerla? «Chiederemo un intervento da parte del Governo nazionale ripartendo dal protocollo d’intesa che prevedeva la sua realizzazione: si tratta di un iter nel quale il Comune dovrà assumere il ruolo di guida, così come nella riqualificazione delle aree de-
stinate a cave e cementifici dove sarà necessario l’aiuto dei privati tramite project financing, vista la scarsità di risorse. Parlo chiaramente visto che, con tutto il rispetto, non sono un funzionario pubblico ma un commercialista, e sono abituato a ragionare come tale». Prima parlava del convegno “La città che vogliamo”. Quali altre indicazioni sono arrivate dai cittadini? Quali sono le loro priorità per Caserta? «I cittadini ci chiedono, oltre al lavoro, anche sicurezza, normalità e vivibilità, dalla manutenzione delle strade al controllo del territorio: si tratta di cose ovvie, è vero, ma qui, contrariamente a quanto accade generalmente in un contesto di sviluppo economico, il livello dei bisogni si è abbassato. È necessario rispettare questa involuzione, tornare indietro e tappare i buchi, anche in senso letterale. Ma oltre a questo non possiamo non pensare al futuro, con progetti di sviluppo urbanistico che necessiteranno di risorse da Provincia, Regione e Governo. E di certo un sindaco di centrodestra garantirebbe un’eccellente sinergia con questi tre livelli amministrativi».
POLITICA
Lavoro e modernizzazione per il Sannio Roberto Capezzone, candidato sindaco per il Popolo della Libertà a Benevento, attacca il sindaco Pepe e quella che definisce «un’operazione trasversale di trasformismo politico» da parte delle forze di centro. E annuncia il suo programma: «Priorità a cultura, lavoro e sviluppo del territorio» Leonardo Rossi
S
arà Roberto Capezzone il candidato sindaco del Pdl a Benevento. Capezzone, oggi in consiglio comunale ma anche coordinatore vicario provinciale del partito, tenterà di sfilare la poltrona all’attuale sindaco, Fausto Pepe, ricandidato dal centrosinistra senza l’ausilio delle primarie. A fare da terzo incomodo, si profila anche la candidatura di Carmine Nardone, ex presidente della Provincia per i Ds e oggi appoggiato dal terzo polo e in particolare dal senatore Pasquale Viespoli. Una situazione incerta e fluida, insomma, che però non sembra scuotere Capezzone, già entrato in piena campagna elettorale. Capezzone, il centrosinistra ricandida l’attuale sindaco Fausto Pepe. Come giudica il suo primo mandato? «Molte questioni importanti della città sono rimaste irrisolte. In più, nessuno degli impegni che il sindaco aveva assunto all’atto della sua candidatura, e presenti nel suo pro-
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gramma di mandato, è stato rispettato. Anzi, c’è stato un incremento del degrado ed è aumentata la pressione fiscale sui tributi locali: Benevento è la prima città italiana per pressione fiscale, ogni cittadino paga quasi 1.500 euro all’anno di tributi locali. La qualità dei servizi, inoltre, è rimasta ferma a modelli obsoleti mentre c’è la necessità di modernizzare la città e di metterla in rete da più punti di vista, in particolare per quanto riguarda le politiche giovanili, i servizi sociali e l’assistenza agli anziani». Su quali temi si giocherà allora la campagna elettorale? Quali dovranno essere le priorità del prossimo sindaco? «Il piano del lavoro, la modernizzazione della città e i temi della solidarietà sociale. Bisogna mettere in rete la città per i giovani, per creare nuovi modelli e nuove opportunità di inserimento e di formazione culturale, sociale e lavorativa. Benevento ha un tasso di disoccupazione che è quasi
del 30%, circa dieci punti superiore alla media nazionale. Inadatta è stata la politica di Pepe sui lavori pubblici, sulle infrastrutturazioni e sui servizi. Manca un depuratore e l’ampliamento del cimitero non è stato portato a compimento. Inoltre, il piano urbanistico comunale non è giunto all’approvazione». Quali politiche ritenete necessarie per il rilancio del Beneventano? «Ci sono tre diversi livelli di analisi. Il primo riguarda la cultura, la funzione civile di Benevento, la storia e, quindi, la necessità di dare alla città
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Capezzone
In apertura, Roberto Capezzone, candidato sindaco del Popolo della Libertà a Benevento
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C’è la necessità di modernizzare la città, in particolare le politiche giovanili, i servizi sociali e l’assistenza agli anziani
una nuova “veste” culturale e solidale. Il secondo riguarda il lavoro, che significa un nuovo piano commerciale perché (quello attuale è già scaduto), e una nuova politica di sostegno per le piccole e medie imprese. Tutto questo riducendo gli sprechi, anche alla luce della normativa sul federalismo municipale, e indirizzando la spesa in modo virtuoso. L’ultimo punto riguarda il progetto di una grande Benevento, che guarda lontano riacquistando un ruolo primario nel contesto della Campania. Un ruolo che però deve essere anche di costruzione di un
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modello di sviluppo che parte da alcuni temi centrali, come il verde, l’ambiente, i servizi e l’appetibilità del territorio». L’annuncio della sua candidatura è stato accompagnato da alcune polemiche. Sente l’appoggio di tutto il centrodestra? Quale sarà invece il ruolo dei centristi? Quale peso avranno negli equilibri generali? «Sento indubbiamente l’appoggio di tutto il centrodestra cittadino. Per quanto riguarda le forze di centro, l’Udc ha seguito la via terzopolista e oggi appoggia la candidatura di una
figura di estrazione post-comunista. E anche i Popolari Udeur hanno tradito l’aspettativa del loro elettorato, che non è certamente un elettorato di sinistra. È come se si fosse creato un patto trasversale trasformistico, dal momento che il senatore Viespoli, che dice di stare nel centrodestra, alla fine appoggia un candidato post-comunista candidato contro il Popolo della Libertà. Il paradosso è che Popolari Udeur e Udc, che avevano appoggiato Stefano Caldoro, con le armi che gli ha dato il Popolo della Libertà e lo stesso Caldoro, oggi sparano sul Pdl. Si tratta quindi di un’operazione trasversale di trasformismo politico che non risponde alle esigenze della città: Nardone invoca il territorio e le istituzioni, ma la sua candidatura nasconde un patto per il potere». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 37
POLITICA
Alla caccia del bis ma senza primarie In attesa della definizione delle alleanze, la ricandidatura di Fausto Pepe, già sindaco di Benevento, è cosa certa: «Rivendico il merito di aver costruito una nuova idea di città, più moderna e proiettata al futuro, ma che non dimentica coloro che restano indietro» Riccardo Casini
Fausto Pepe, sindaco di Benevento
È
pronto al bis Fausto Pepe, di nuovo in pista per la riconferma a sindaco di Benevento dopo il successo del 2006, quando la sua coalizione vinse al primo turno con il 56,1% delle preferenze. Da allora però molte cose sono cambiate: il suo partito, l’Udeur, ha sposato nel frattempo la causa del centrodestra, anche se, al momento (11 marzo 2011, ndr), un eventuale accordo in città tra il partito di Mastella (oggi Popolari per il Sud) e il Pdl sembra ancora in alto mare. Pepe ha invece deciso da qualche settimana di ripresentarsi, ma non solo: la sua candidatura-bis è già stata confermata, contrariamente a quanto visto in altri comuni campani, senza l’ausilio delle primarie. Sindaco, come si è arrivati a questa decisione?
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«Ci si è arrivati grazie alla convergenza delle forze della coalizione che hanno deciso in maniera concorde di confermare la fiducia nei miei confronti e di garantire la prosecuzione dell’attività amministrativa di una squadra di lavoro che ha dimostrato con i fatti di operare in maniera concreta e condivisa per il bene della città». Quali meriti rivendica all’interno del suo primo mandato? «Il merito di aver costruito una nuova idea di città, più moderna, proiettata al futuro, aperta all’esterno, dinamica e pronta ai cambiamenti di una società in continua evoluzione, ma che non dimentica coloro che restano indietro. Per realizzare tutto ciò è necessario creare un contesto sociale che respinga le disparità tra i cittadini per concentrarsi sulle esi-
genze di chi non ha abbastanza strumenti per seguire un percorso di vita più che dignitoso». Ma cosa è stato fatto finora concretamente in questo senso? «L’amministrazione comunale di Benevento negli ultimi cinque anni di governo ha adottato diverse iniziative per sostenere soprattutto le famiglie più bisognose attraverso il sostegno al reddito, i contributi per i fitti, i centri di ascolto presenti nelle zone più popolose, i buoni per le mense scolastiche e i contributi per l’acquisto dei libri. Benevento, inoltre, vanta il merito di essere la seconda città in Italia ad aver realizzato il market solidale, un progetto realizzato in collaborazione con l’Arcidiocesi e la Provincia di Benevento per sostenere le famiglie in difficoltà». Sviluppo e occupazione sono
XxxxxxxFausto Xxxxxxxxxxx Pepe
Benevento punta all’inserimento nei grandi corridoi europei per diventare una piattaforma di scambi al centro del Mediterraneo
state indicate tra le vostre priorità. Quali misure sono necessarie per rilanciare il territorio? «Benevento si trova in una posizione geografica strategica tra Tirreno e Adriatico, e punta all’inserimento nei grandi corridoi europei, insieme ad altre aree interne della Campania, per diventare una piattaforma di scambi culturali e commerciali al centro del Mediterraneo. È una soluzione che ci trova pronti e che potrà consentire alla città capoluogo e all’intero Sannio di agganciare il treno dello sviluppo». Nel frattempo Salvatore De Toma, membro del coordinamento provinciale della Federazione della Sinistra, si è dissociato dalla scelta di appoggiarla. È una posizione personale o si rischia una spaccatura a sinistra?
«De Toma è stato per qualche mese componente della giunta da me guidata. Poi il venir meno del rapporto di fiducia, in virtù del quale era stato nominato, ha determinato la sua uscita dalla squadra. Oggi, come allora, ripropone il medesimo copione: la sua esternazione, che definisco strumentale, non è condivisa dal resto della Federazione della sinistra e resta dunque, seppur con il rispetto che si può riservare al pensiero di ognuno, un’opinione strettamente personale». Udc e Popolari per il Sud costituiranno probabilmente l’ago della bilancia alle prossime elezioni. Quale peso reale possono avere? Il centrosinistra esclude a priori un’apertura dell’alleanza verso le forze centriste? «Non credo che i rapporti con il
partito di Mastella possano essere ricomposti, dal momento che solo due anni fa una parte del gruppo Udeur fece la scelta di abbandonare la maggioranza consiliare e di passare nel centrodestra. Se quella decisione non avesse trovato la barriera sollevata responsabilmente da alcuni consiglieri comunali che preferirono onorare l’impegno assunto con gli elettori, sarebbe stata pregiudicata la continuità amministrativa con lo stravolgimento del verdetto delle urne del 2006. Per onestà intellettuale devo invece riconoscere all’Udc di aver svolto sempre un’opposizione seria e costruttiva. Fino a oggi, al Comune di Benevento gli esponenti del partito di Casini sono sempre stati tra i banchi del centrodestra. Per il futuro si vedrà». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 39
POLITICA
Autonomia e responsabilità «Occorre lanciare al Pdl una sfida competitiva e lavorare per costruire, dentro il bipolarismo e nell’area di centrodestra, un nuovo polo» dichiara Pasquale Viespoli Elisa Fiocchi
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ell’agosto del 2010 Pasquale Viespoli ha aderito al gruppo parlamentare Futuro e Libertà salvo poi lasciare l’incarico per rivestire, dal 2 marzo scorso, il ruolo di presidente del gruppo Coesione Nazionale a Palazzo Madama in sostegno della maggioranza di governo. «L’obiettivo è ambizioso: accrescere l’attrattività del centrodestra e allargarne i confini» afferma il senatore. «Tra i temi fondamentali? La centralità del Mezzogiorno nelle scelte politiche nazionali». Riavvolgendo il nastro: quali sono state le ragioni della sua rottura con Gianfranco Fini? «Il punto di partenza non può che essere il 29 luglio 2010: la dichiarazione di incompatibilità dell’ufficio di presidenza e l’espulsione, di fatto, di Fini dal Pdl. Un errore politico-strategico tale da legittimare e da rendere inevitabile in Parlamento e non solo, l’organizzazione di un’area politicoculturale fuori dal Pdl. È stata una scelta necessaria per poter rappresentare ed esprimere, nel centrodestra, una destra con sensibilità istituzio-
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nale, cultura di governo, visione nazionale, capace sul piano politico di competere col Pdl, e, rispetto all’azione di governo, di svolgere una funzione di riequilibrio e di moderazione. Quel progetto resta valido: rendere più aperto e dialettico il centrodestra, fare la cosiddetta “terza gamba” oggi, per costruire poi un patto federativo e una nuova alleanza nella riorganizzazione e nella ridefinizione del centrodestra italiano. Da Mirabello all’intesa sulle presidenze delle commissioni parlamentari, dal voto di fiducia di settembre a Bastia Umbra fino alla presentazione della mozione di sfiducia, ha prevalso la linea antagonista, l’antiberlusconismo: si è passati dalla “terza gamba” al terzo polo, dalla maggioranza all’opposizione. A Milano è emersa una linea politica ambigua e confusa perché affermare di voler essere il centrodestra alternativo al Pdl significa essere velleitari o, peggio, condannarsi a un’unica scelta: la subalternità nel terzo polo, che diventa sempre più “terzo” e sempre meno “nuovo”. L’unico collante che teneva insieme in Fli soggetti diversi era la
sintesi rappresentata dalla leadership. Quella sintesi è saltata. Fini ha compiuto una scelta legittima ma inaccettabile, anche perchè sarei ipocrita se non dicessi che rispetto a certi personaggi improvvisamente leader, mi sento alternativo sul piano dell’etica e dell’estetica della politica. Non nascondo neanche che il dopo Milano ha determinato, nell’indifferenza del silenzio reciproco, una lacerazione sul piano umano».
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx LoS Pasquale Dogh vulqanga Viespoli
Si è parlato di compravendita di deputati da parte del Pdl. Come risponde a queste accuse? «La rottura interna al Pdl determinava la fine anticipata della legislatura o non poteva avere che due sbocchi possibili: la ricomposizione della maggioranza elettorale o il “ribaltone”. Alla Camera si è consumato un doppio “ribaltone”: il passaggio di Fli dalla maggioranza all’opposizione; la formazione di una maggioranza altra
In apertura, il senatore Pasquale Viespoli; sopra, Gianfranco Fini
rispetto a quella elettorale, con l’apporto di deputati eletti all’opposizione. Una pagina di vita parlamentare che racconta storie in bilico tra responsabilità e opportunismo. Una vicenda che, in ogni caso, pur in assenza di fenomeni corruttivi, incrina notevolmente il rapporto di credibilità e di fiducia tra i cittadini, la politica e le istituzioni. La scelta più lineare e corretta, quando viene meno la maggioranza, è quella del ritorno alla sovranità popolare. Ma oggi si tratterebbe di una scelta irresponsabile e contraria agli interessi nazionali. In questa fase l’instabilità e l’ingovernabilità rappresentano il peggio, anche rispetto alla “mobilità” parlamentare, purché davvero il governo riesca a governare». Il 2 marzo 2011 è stato nominato presidente del gruppo parlamentare di Coesione Nazionale a sostegno della maggioranza di governo. Quale sarà il ruolo del gruppo al Senato? «Il gruppo si muoverà con autonomia e responsabilità rispetto al governo e alla maggioranza e con attenzione al dialogo nei confronti dell’opposizione, in particolare sulle questioni e sulle riforme di sistema e di interesse nazionale. Non saremo una mera appendice del Pdl, non avrebbe senso né utilità politica». Alla nascita del suo gruppo parlamentare lei ha parlato di «confronto alto e impegnativo per rinnovare il centrodestra italiano». Cosa manca a suo avviso all’odierno centrodestra? E quale sarà l’apporto, in termini di valori e proposte, che il suo gruppo potrà dare? «Al centrodestra manca la dimensione politica, la forza-partito, il rapporto organizzato con le forze sociali,
il radicamento territoriale. Penso che il centrodestra debba aprire una fase ricostituente e affrontare quattro grandi questioni: la questione territoriale, generazionale, istituzionale e la questione valoriale per dare vita a un nuovo “patto nazionale” e rafforzare l’argine culturale al relativismo e alla deriva laicista». L’onorevole Bocchino l’ha accusata di incoerenza a livello nazionale e locale per il suo sostegno alla candidatura di Carmine Nardone a sindaco Benevento. Quali sono le ragioni di questa sua scelta? «A Benevento da tempo lavoro a un patto per il territorio per un’alternativa di governo al centrosinistra al di là di schematismi, antagonismi e vecchie contrapposizioni. Per questo, fin dal mese di giugno 2010 ho dato vita a un forum (“La città oltre le mura. Cultura e dimensione dello sviluppo”) per costruire un’alleanza di programma. I dieci consiglieri che mi hanno seguito fuori dal Pdl hanno costituito una formazione civica “Territorio è Libertà”, che sarà anche la denominazione della lista elettorale. Incoerente e contraddittorio è chi rivendica il valore civico delle amministrative e poi critica quel che sta accadendo a Benevento e che va esattamente in quella direzione». A livello territoriale in che direzione andranno le alleanze con i vari candidati? Su quali basi deciderete di appoggiare l’uno o l’altro candidato? «La vicenda di Benevento è precedente e non coinvolge le scelte del gruppo. Coesione Nazionale si è costituito da così poco tempo che non è stato ancora possibile affrontare le questioni relative alle prossime elezioni amministrative». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 41
BILANCIO REGIONALE
Le forbici della Regione contro gli sprechi Il bilancio 2011 della Regione è forzatamente «rigido», come ammette l’assessore regionale Gaetano Giancane: tra mutui ereditati e tagli alle spese amministrative, si è cercato di intercettare tutti i fondi europei disponibili Riccardo Casini
È Sotto, Gaetano Giancane, assessore regionale al Bilancio
stato approvato a fine febbraio dal consiglio regionale della Campania il bilancio di previsione 2011. Un documento che, nonostante il ricorso alla fiducia e il voto contrario dei gruppi dell’opposizione, è stata definita dal presidente Caldoro «una manovra correttiva che per dimensione e straordinarietà non era mai stata realizzata». Tutti però hanno sottolineato innanzitutto le difficoltà dovute al rientro dallo sforamento del patto di stabilità, primo fra tutti Gaetano Giancane, assessore regionale al Bilancio. «Il rispetto del patto 2009 – spiega – rende impossibile qualsiasi indebitamento, e i 447 milioni di mutui che abbiamo ereditato dal previsionale dello scorso anno restringono ulteriormente i margini di manovra, costringendoci a un bilancio duro e rigido per cercare la copertura necessaria. Inutile caricarlo di altri mutui, insomma, dal momento che siamo già abbastanza appesantiti». Cosa è stato possibile fare allora in termini di investimenti? «Abbiamo puntato tutto sui fondi strutturali europei: d’altra parte fino al 2009 si era speso pochissimo in questa direzione, e oggi per non andare in disimpegno
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abbiamo grandi cifre a disposizione, con l’esigenza tra l’altro di impegnarle tutte entro il 2013. Per il 2011 abbiamo messo a bilancio 1 miliardo e 375 milioni di euro provenienti da questi fondi, e 260 milioni di rinvenienze relativi a progetti della programmazione 2000-2006: di questi ultimi, 200 milioni saranno destinati ai Comuni per il pagamento di mutui, e i restanti 60 milioni alla manutenzione degli acquedotti e degli impianti di depurazione. Complessivamente i fondi europei partecipano comunque per il 75% all’ammontare degli investimenti previsti, che supera i 2 miliardi: ci attendiamo che portino sviluppo e occupazione, innescando un circolo virtuoso che ci consenta in futuro un maggiore impegno nelle politiche sociali». Non dimentichiamo la sanità. «Si tratta quasi di un capitolo a parte, che assorbe circa 10 miliardi dei 18 complessivi del bilancio, anche grazie ai trasferimenti statali (Irap). È un settore nel quale stiamo cercando di razionalizzare, nonostante l’eredità di un debito di almeno
Gaetano Giancane
5 miliardi dal consuntivo 2009, dal quale è necessario rientrare al più presto». Quanti fondi prevedete invece di recuperare con provvedimenti come tagli a consulenze, incarichi esterni e indennità dei consiglieri regionali? «Bisogna distinguere i provvedimenti che avranno un effetto immediato da quelli, come l’accorpamento delle partecipate, che costituiscono una linea di tendenza che rientra nel piano di stabilizzazione approvato dal ministero dell’Economia, e che potranno essere attivati celermente quando verranno nominati gli appositi commissari. Per quanto riguarda i primi, quelli immediati, abbiamo già inserito alcune misure, come i tagli alle consulenze, sull’apporto delle quali stiamo facendo tutti i calcoli del caso: una mia stima è quella di un risparmio di 80-100 milioni di euro, ma ancor più importante dei numeri credo sia stato dare un segnale di inversione di tendenza, di moralizzazione e di etica della politica. Nel caso delle consulenze, ad esempio, è
necessario prima valutare se le competenze richieste sono già disponibili all’interno dell’ente: non parlo di sprechi, accertabili solo dalla magistratura, ma semplicemente di una maggiore oculatezza nelle spese». Nella sua relazione anche il presidente Caldoro ha ricordato come le politiche di sviluppo della Regione sono “sostanzialmente ancorate ai fondi strutturali”. Oltre all’impegno di spesa sui cantieri aperti è possibile prevedere la partenza di nuovi lavori nel triennio 2011-13? «Gli interventi della Regione e le opere che assorbiranno i fondi europei si inseriscono in quelle che sono le linee programmatiche del piano per il Sud: partiamo dal piano d’azione per il lavoro, entrato in vigore da poco, che punta a dare contributi alle aziende che assumono anziché ai disoccupati; ma vanno ricordati anche il programma Jeremie per l’innovazione delle imprese, gli interventi in favore della ricerca scientifica e il piano casa di edilizia sociale e residenziale, che darà nuovo impulso all’attività edile. Devono poi trovare collocazione nel piano per il Sud almeno 12 grandi operazioni per un totale di 1,5 miliardi di investimenti, che speriamo vengano avviati entro il primo semestre del 2011: sono interventi che riguardano ad esempio il porto di Napoli, quello di Salerno, la cantieristica di Torre Annunziata e le linee ferroviarie ad alta velocità. Su questi il presidente Caldoro si sta raccordando con il governo: speriamo di ottenere i finanziamenti necessari e di mettere finalmente in moto un processo di sviluppo che consenta alla Campania di ripartire».
1.375
mln EURO
I fondi strutturali europei messi a bilancio per il 2011
447
mln DEBITI
L’ammontare dei mutui già previsti dal Bilancio 2010
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L’ANALISI
Una realtà più “vivibile” Non si lavora più sul nulla ma su progetti che, quando saranno ultimati, daranno alla provincia di Napoli un sistema molto più avanzato, specie nel recupero dei rifiuti. Il punto del presidente Luigi Cesaro Renata Gualtieri
A Sotto Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli
Sud meno Pil per tutti, lo dicono i dati Eurostat. Il Mezzogiorno resta schiacciato in fondo alla classifica del prodotto interno lordo delle regioni dell’Unione europea. Campania, Calabria e Sicilia, seguite a ruota dalla Puglia, sono circa 35 punti percentuali sotto la media delle 271 regioni Ue. Il capoluogo campano conferma il trend negativo, in occasione della XVII edizione del rapporto di Legambiente, passando dall’89esimo posto del 2009 al 96esimo. Napoli è la città dopo Palermo, tra i centri urbani con più di mezzo milione di abitanti, con la peggiore vivibilità ambientale. Il presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro spiega come si può intervenire per migliorare la sicurezza del territorio e la qualità dell’ambiente e quale è il contributo dell’ente provinciale per lo sviluppo dell’economia locale e il sostegno al sistema delle imprese. Con una priorità su tutte: «Allontanandosi dalla politica assistenzialista della precedente amministrazione che ha prodotto più aspettative che risultati» avverte Cesaro. Il 2010, è stato l’anno in cui al centro è stato posto il tema del lavoro che con i progetti Priorita e Oriento ha interessato oltre 4mila persone. In che direzione si muoverà la Provincia per risolvere questo atavico problema? «Attraverso questi progetti abbiamo preferito affrontare il problema in modo diverso ri-
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spetto al passato, cioè non con la creazione di bacini di disoccupati, bensì lo sviluppo di persone consapevoli di doversi attivare per migliorare la propria qualità di vita e il loro impegno nel mondo del lavoro. Abbiamo trattato 4300 persone e 1700 disoccupati e 2600 inoccupati. L’età media è stata di 39 anni, persone con un basso livello di istruzione e scarsa autonomia economica. I risultati sono stati positivi e questo lo si vede in particolar modo dalla partecipazione che si è rivelata più che sufficiente: in termini orari ad esempio i partecipanti sono stati presenti 64 ore rispetto alle 72 ore totali previste». Quale sarà l’impegno verso il mondo della scuola, considerato il terreno privilegiato per la formazione dei giovani e della società? «Per la scuola abbiamo un bilancio positivo dell’attività del 2010 che è stato il primo anno di impegno reale della giunta provinciale. Abbiamo eseguito e completato lavori di adeguamento funzionale per circa 16 milioni di euro
Luigi Cesaro
Noi ci siamo interessati soprattutto della microcriminalità e della vivibilità del territorio finanziando i comuni che si sono dotati di sistemi di videosorveglianza o che hanno implementato sistemi già esistenti
60%
POPOLAZIONE È la percentuale di abitanti ospitata nella provincia di Napoli dove il territorio metropolitano occupa l’8% dell’intera regione Campania
97% TERRITORIO La percentuale di territorio inibito per legge ad ospitare impianti di discarica
verso tutti gli edifici scolastici che fanno capo alla Provincia, oltre 15.000 interventi di manutenzione ordinaria nei 314 plessi presenti nei 93 diversi comuni della provincia, per un totale di 14 milioni di euro. Nell’immediato sono previsti 28 nuovi interventi per un investimento complessivo di circa 55 milioni di euro e 6 di questi interventi di manutenzione straordinaria per 11 milioni di euro sono già stati aggiudicati e quindi immediatamente operativi. Nel corso dell’anno sono state annesse al territorio 3 nuove sedi. Come Provincia vogliamo mettere fine ad una politica di numerosi fitti passivi di edifici scolastici acquisendoli e migliorando anche il bilancio della Provincia. Il miglioramento della qualità di questi edifici, ad esempio con l’inserimento di nuove palestre, migliora l’humus dove i ragazzi si prepareranno dal punto di vista tecnico». Ha definito la bozza sul piano dei rifiuti “il primo atto concreto di un obiettivo per favo-
rire una soluzione nel territorio campano, in tempi di emergenza rifiuti”. È necessario dunque derogare le leggi che allo stato attuale non consentono l’apertura di nuove discariche? «La passata giunta regionale aveva propagandato di avere lasciato tutta una serie di impiantistiche intermedie, di cui però non si è trovata traccia. Siamo dovuti partire da zero costruendo anche i diversi piani d’ambito, necessari anche alla Regione e per la prima volta è stato presentata una proposta di Piano che è stato commissionato dalla Provincia e su cui si sviluppa quella che sarà la politica provinciale. Divideremo il territorio in ambiti e piuttosto che creare sul territorio un’unica discarica grande, cercheremo di trovare un’impiantistica dedicata in maniera spe- CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 65
L’ANALISI
cifica a piccole parti del terri-
Abbiamo sin qui eseguito e completato lavori di adeguamento funzionale per circa 16 milioni di euro verso tutti gli edifici scolastici che fanno capo alla Provincia
tori, in maniera tale che i cittadini si sentano coinvolti direttamente nella tutela del proprio territorio. Questo si sposa anche con una situazione difficile della provincia di Napoli dove il territorio metropolitano occupa l’8% dell’intera regione Campania, pur ospitando il 60% della popolazione. Con un’ altissima urbanizzazione è difficilissimo quindi trovare lo spazio fisico per ospitare discariche e impiantistica. A questo si va ad aggiungere il fatto che il 97% del territorio è inibito per legge ad ospitare impianti di tal genere è inevitabile che ci sia bisogno di deroghe per poter poi ospitare impianti di discarica di qualsiasi tipo. Non andremo a ricoverare l’immondizia così come viene prodotta ma subirà processi di bio-stabilizzazione che ridurranno la parte umida del 30% e consentiranno di produrre del materiale che, mischiato al terreno, sarà utilizzato per ricomporre le cave e per la ricostruzione ambientale del territorio». Come commenta i risultati ottenuti con i grandi arresti, contro la criminalità organizzata? Resta comunque un’emergenza nella provincia di Napoli?
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«È sotto gli occhi di tutti il ruolo fondamentale che ha avuto il governo nella lotta alla criminalità organizzata. Sono stati inferti colpi fortissimi alle varie famiglie sul territorio ma non bisogna mai abbassare la guardia. Noi ci siamo interessati soprattutto della microcriminalità e della vivibilità del territorio finanziando opere di videosorveglianza attraverso contributi economici ai comuni che si sono dotati di sistemi di videosorveglianza o che hanno implementato sistemi già esistenti. Questa componentistica è utile perché per molte esecuzioni di stampo camorristico sono stati trovati i colpevoli grazie a telecamere poste sul territorio e per la tutela dell’ambiente. Molte sono state utilizzate in punti chiave dove venivano scaricati abusivamente, da persone che facevano carico illecito, i rifiuti speciali. Quindi finanziamo la videosorveglianza per essere in linea con la politica del Governo di tutela e repressione del crimine».
Bene l’export, ma servono politiche più incisive Riprende la corsa delle esportazioni in Campania trainate dall’industria alimentare. Giorgio Fiore indica due strade maestre per sbloccare l’economia: detassare il lavoro e combattere l’evasione fiscale. La riforma dell’articolo 41? «Un manifesto utile, ma per tornare a crescere servono interventi incisivi» Diamante Calabria
G
li ultimi dati diffusi a livello nazionale sull’economia campana non sono confortanti. «Secondo lo Svimez, la riduzione del pil campano è superiore sia al dato nazionale che a quello dell’intero Mezzogiorno e lo stesso discorso vale per i tassi di disoccupazione: si avverte inoltre un forte calo nei consumi, nelle presenze turistiche e nei traffici commerciali, che ha ridimensionato l’attività nel settore dei servizi privati, mentre la spesa corrente delle amministrazioni pubbliche locali, sanità in primis, aumenta, a discapito della spesa in conto capitale – spiega il numero 68 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
uno di Confindustria Campania, Giorgio Fiore –. Anche i dati confindustriali sono preoccupanti: le cinque province campane risultano agli ultimi posti in una graduatoria nazionale messa a punto considerando globalmente una serie di indicatori socio-economici». Come intervenire? «Servono politiche incisive, che possano creare sviluppo nel breve termine. Detassare il lavoro è sicuramente la strada maestra da seguire, perché in Italia abbiamo il più alto carico fiscale d’Europa e un bassissimo livello di attrattività economica dovuto proprio all’elevato costo del
Giorgio Fiore
lavoro. È inoltre necessaria una nuova politica economica che focalizzi il proprio obiettivo sulla battaglia all’evasione fiscale. Il reperimento di risorse dall’evasione fiscale creerebbe un duplice effetto sull’intero sistema industriale italiano: da un lato si potrebbe ridurre sensibilmente la concorrenza sleale, soprattutto nelle piccole e medie imprese, dall’altro si potrebbero premiare le imprese virtuose mettendo a disposizione di queste ultime le risorse finanziare recuperate». Nella classifica stilata dall’ufficio studi di Confartigianato tra le regioni “amiche” dei giovani che vogliono fare impresa la Campania è agli ultimi posti. «La Campania è sempre stata considerata, dati
Come obiettivo di lungo periodo occorrerà provare a spostare la competizione economica internazionale dal terreno dei costi a quello della qualità della manodopera e dei prodotti
alla mano, la regione più giovane d’Italia. Oggi si riscontra un certo impegno delle istituzioni locali, affiancate dalle associazioni imprenditoriali e dalle parti sociali, ad accompagnare una parte rilevante di questi giovani in un percorso di creazione d’impresa. Penso alle misure per i giovani previste dal piano per il lavoro dell’assessore regionale Severino Nappi e al recente progetto promosso da Confindustria Campania e Città della scienza, organo in house della Regione Campania, dal titolo Creative Clusters: un bando rivolto a giovani ricercatori, i cui vincitori saranno guidati in un percorso laboratoriale di creazione di impresa basato sul concetto di economia creativa». Qual è il livello di internazionalizzazione delle imprese campane e come sostenerle? «Secondo i dati Istat sull’interscambio commerciale in Campania, nel 2010 riprendono a correre le esportazioni, mostrando complessivamente un incremento del 16,7% pari a 900 milioni di euro rispetto al 2009. Infatti la Campania risulta essere la prima regione esportatrice del Mezzogiorno,
Giorgio Fiore, presidente di Confindustria Campania
con materiale venduto oltre confine per un valore pari a 6,7 miliardi di euro. Disaggregando questo dato è evidente che il settore trainante è ancora una volta quello dell’industria alimentare, che ha esportato per circa 1,5 miliardi di euro e ha registrato un aumento rispetto al 2009 dello 0,9%. Le istituzioni preposte dovrebbero innanzitutto creare un soggetto unico che razionalizzi tutti gli organismi che attualmente operano per la promozione delle imprese sui mercati esteri; inoltre, dovrebbero lavorare su due obiettivi principali: da un lato l’attrazione di investimenti sul nostro territorio, dall’altro la promozione delle aziende sui mercati esteri». Crede che la riforma dell’articolo 41 della Costituzione possa davvero contribuire al rilancio dell’economia? «Sì, ma il problema in Italia non sono tanto le leggi quanto piuttosto la loro attuazione. Prendiamo la legge sull’autocertificazione: è stata approvata da diversi anni, ma non ha mai trovato applicazione. Servono atti concreti in breve tempo». Gli industriali campani come hanno accolto
900 mln EXPORT
È l’incremento regionale delle esportazioni nel 2010 in euro
6,7 mld MERCE
È il valore in euro della merce venduta oltre confine; la Campania risulta essere la prima regione esportatrice del Mezzogiorno
CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 69
SVILUPPO ECONOMICO
gli interventi del governo per
Si nota un certo impegno da parte di istituzioni locali, associazioni imprenditoriali e parti sociali ad accompagnare i giovani in un percorso di creazione d’impresa
la libertà d’impresa? «La riforma dell’articolo 41 è un manifesto utile, ma per tornare a una crescita superiore al 2% serve di più: l’immediato sblocco dei fondi già stanziati per gli investimenti in infrastrutture e per la ricerca; una vera riforma fiscale che abbatta le tasse a lavoratori e imprese; un forte piano di liberalizzazioni; una razionalizzazione della molteplicità di previsioni legislative e di procedure, con obiettivi di aumento del livello di efficienza degli interventi amministrativi e di effettività dei controlli che non si limiti solo ad assicurare la regolarità formale delle “carte”». In che misura viene esaltata dalla modifica dell’articolo 41 la responsabilità personale dell’imprenditore? «Con questa nuova formulazione sembra si voglia “costituzionalizzare” il criterio secondo il quale i controlli delle pubbliche amministrazioni sulle attività dei privati non si dovrebbero mai svolgere in forma preventiva, ma solo in forma successiva e, quindi, con effetti repressivi o inibitori solo per il futuro. In questo senso la responsabilità dell’imprenditore aumenta».
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La riforma dell’articolo 41 è positiva, ma non basta. Avrà un impatto nel tempo, invece c’è bisogno di misure che abbiano un effetto subito” ha dichiarato Emma Marcegaglia. Quali le azioni necessarie? «Bisogna attivare un’azione di sistema tesa a rimettere liquidità nel sistema economico regionale, introdurre strumenti di fiscalità di vantaggio a favore delle regioni meno sviluppate, agevolare i progetti che prevedono dei partenariati pubblico-privati e, in vista del federalismo, allineare le pre-condizioni necessarie ai vari territori, al nord e al sud del Paese, con un’adeguata infrastrutturazione della rete dei trasporti e della comunicazione digitale, segnatamente nelle zone di insediamento industriale. Inoltre, come obiettivo di lungo periodo, occorrerà provare a spostare la competizione economica internazionale dal terreno dei costi a quello della qualità della manodopera e dei prodotti».
Luigi Raia
Per le imprese progetti dal respiro globale Aziende campane sempre più attive sul mercato internazionale. Ma devono superare, spiega Luigi Raia, «il loro atteggiamento opportunistico e implementare strategie per un reale radicamento nei Paesi esteri» Michela Evangelisti
I
l luogo delle opportunità oggi ha confini globali. Al fianco delle imprese campane che vogliono affrontare la sfida c’è l’Istituto di studi per lo sviluppo economico, ente della Regione Campania. «Forniamo assistenza tecnica in materia di internazionalizzazione nel campo economico-imprenditoriale e in quello socio-culturale – spiega il direttore generale Luigi Raia –. Progettiamo e realizziamo attività di studio, formazione e informazione per enti pubblici e privati, finalizzate all’attuazione di politiche di sviluppo. L’Istituto presta assistenza tecnica agli organismi preposti alla realizzazione di programmi di sviluppo, promozione e comunicazione delle potenzialità locali e delle opportunità derivanti dalle strategie delle organizzazioni internazionali e comunitarie di incentivazione alla cooperazione internazionale; supporta, inoltre, l’amministrazione regionale in azioni di cooperazione interistituzionale nazionale e internazionale». Qual è la situazione delle aziende campane sui mercati internazionali? «Le aziende campane svolgono un ruolo attivo nel settore: ci sono imprese con grado di internazionalizzazione elevato, che hanno sviluppato consolidati rapporti commerciali nei settori dell’eccellenza campana; imprese con media esperienza, prive di strategie ben definite, che si muovono in base alle opportunità di volta in volta offerte dal mercato; infine, altre realtà di piccole dimensioni alle prime armi
nell’export, che mancano di capacità strategiche legate ai processi di vendita e presenza sui mercati internazionali». Quali sono le eccellenze campane più appetibili all’estero? «Le nostre eccellenze configurano un “sistema Campania” che comprende i settori del tessile, dell’abbigliamento-calzaturiero, dell’agroalimentare, dell’agroindustria, delle nuove tecnologie e dell’Ict. I settori agroalimentare e l’agroindustria svolgono un ruolo rilevante sui mercati esteri: la Campania, infatti, è tra le prime tre regioni italiane per produzioni e marchi di qualità riconosciuti dall’Unione europea, è la Luigi Raia, direttore prima regione italiana per esportazioni di con- generale dell’Isve, l’Istituto di studi serve di frutta e ortaggi e la seconda per produ- per lo sviluppo zione di formaggi freschi. Ci sono aziende con un economico della alto profilo internazionale quotate alla Borsa di Regione Campania Londra e altre che, anche se di dimensioni medio-piccole, sono leader a livello europeo nel loro settore, come accade per alcune realtà che producono limoncello». Quali sono i punti chiave legati alla competitività e allo sviluppo dell’economia regionale? «La competitività non può prescindere dal mer- CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 71
SVILUPPO ECONOMICO
L’offerta formativa deve basarsi sul monitoraggio degli specifici bisogni che è chiamata a soddisfare
cato globale. I punti chiave della
17% EXPORT
È l’incremento regionale delle esportazioni registrato nel 2010. Il dato esatto è 16,7%
1,5 mld
ALIMENTARE Il valore in euro delle esportazioni dell’industria alimentare nel 2010
competitività riposano sulla possibilità di espandere il grado di apertura dell’economia campana, realizzare iniziative di internazionalizzazione dell’economia, della cultura e della società locale, garantire il sostegno ai settori del made in Italy che costituiscono il nocciolo duro delle produzioni campane, incentivare i settori nicchia che si sono distinti per investimenti nell’innovazione e nella ricerca, promuovere la cultura dell’internazionalizzazione della pubblica amministrazione». Quali sono quindi le politiche di internazionalizzazione più adeguate al territorio? «Sono quelle che presuppongono una reale percezione dello stesso. Le azioni concrete passano attraverso la realizzazione di progetti di internazionalizzazione dell’economia regionale, che implicano il sostegno ai settori produttivi, alle filiere e ai distretti industriali, l’accompagnamento nell’approccio ai mercati obiettivo, la predisposizione di azioni di marketing delle imprese in collegamento con altre azioni regionali e la presenza di strutture deputate per l’internazionalizzazione. Nel caso della Campania significa tener conto della vocazione del territorio e, quindi, promuovere il patrimonio
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enogastronomico, ambientale e culturale». Quanto conta la formazione per le imprese che vogliono agganciare mercati esteri e quali obiettivi deve centrare per essere efficace? «Lo scenario dei rapporti economici e politici internazionali è in costante evoluzione e determina una crescente esigenza di adeguamento delle competenze delle imprese; la formazione, quindi, svolge un ruolo fondamentale per l’internazionalizzazione delle pmi. L’offerta formativa deve basarsi sulla conoscenza delle criticità del contesto di riferimento e sul costante monitoraggio degli specifici bisogni che è chiamata a soddisfare. Il sistema economico italiano è costituito prevalentemente da piccole e medie imprese che presentano, soprattutto nel centrosud, un atteggiamento opportunistico piuttosto che strategico all’internazionalizzazione: è importante, quindi, che con la formazione si sensibilizzino gli imprenditori a implementare strategie di sviluppo internazionale che prevedano un radicamento nei Paesi esteri».
SVILUPPO ECONOMICO
Una fiera virtuale per le imprese partenopee Dati positivi per Napoli alla voce import-export. La destinazione principale rimane l’Europa ma gli operatori più lanciati trovano in America, Asia e Africa nuovi mercati in forte sviluppo. L’Eurosportello, diretto da Riccardo de Falco, offre alle imprese vetrine importanti e sostegno alla competitività Michela Evangelisti
P Riccardo de Falco, direttore dell’Eurosportello di Napoli
ositivi i segnali che arrivano dalla provincia di Napoli sul fronte degli scambi commerciali con l’estero. Nei primi tre trimestri del 2010 l’interscambio ha superato gli 8,5 miliardi di euro, grazie alla contestuale crescita di importazioni ed esportazioni. L’import, infatti, è passato dai 3,6 miliardi di euro del periodo gennaio-settembre 2009 a poco meno di 5 miliardi nel 2010, registrando un incremento del 36,4%. Con una crescita del 16,4% dai 3,1 miliardi dei primi nove mesi del 2009, l’export napoletano chiude i primi tre trimestri dell’anno a quota 3,6 miliardi di euro, a fronte di una crescita nazionale del 14,3%. «Il tessuto delle imprese campane è costituito principalmente da piccole e medie imprese, tra le quali circa 4.800 sono gli operatori import-export abituali – precisa Riccardo de Falco, direttore dell’Eurosportello di Napoli –. Essi rappresentano circa l’1% del totale delle imprese iscritte a livello regionale, valore di poco al di sotto di quello nazionale, che è pari all’1,7%». Quali sono i settori che hanno il maggior appeal sui mercati esteri e quali sono i
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mercati più facilmente aggredibili? «In linea generale tutti i settori contribuiscono a sostenere l’esportazione campana: dall’agro-alimentare agli articoli farmaceutici e chimico medicinali, dai mezzi di trasporto ai prodotti tessili e dell’abbigliamento. L’Europa rappresenta ancora circa il 58% delle destinazioni finali delle merci regionali. Tuttavia le imprese “export oriented” trovano in aree come l’America, l’Asia e l’Africa nuovi mercati in forte sviluppo». Quali sono i servizi che offrite alle imprese? «L’Eurosportello è un’azienda speciale della Camera di Commercio di Napoli che nasce per favorire l’internazionalizzazione delle imprese e avere un contatto più diretto con le stesse. La mission dell’Eurosportello è
Riccardo De Falco
Il settore della gioielleria e dell’oreficeria, grazie all’originalità e all’alta qualità dei prodotti proposti, ha raggiunto una presenza importante sui vari mercati
quella di sostenere l’ingresso in nuovi mercati coinvolgendo le imprese locali nella partecipazione a fiere all’estero o agli incoming di operatori commerciali provenienti da diversi Paesi. Inoltre è attivo un portale web di fiera permanente denominato “Napoli Virtual Fair”, sul quale ogni impresa può essere presente con una propria vetrina ed essere visitata da qualunque operatore interessato ai suoi prodotti. Inoltre l’Eurosportello è partner della rete europea Enterprise Europe Network, creata dalla Commissione Europea per sostenere la competitività delle imprese europee attraverso finanziamenti, ricerca, innovazione tecnologica e internazionalizzazione». C’è a suo parere nelle imprese campane un potenziale di competitività e internazionalizzazione che andrebbe ulteriormente portato alla luce? «Le imprese campane dell’agroalimentare, ad esempio, hanno un alto potenziale di
competitività basato sia sulla varietà dei prodotti che mettono a disposizione che sulla loro genuinità; anche il settore del tessileabbigliamento può contare sull’originalità e l’alta qualità dei prodotti, che lo fanno diventare uno dei settori portanti della nostra economia; lo stesso penso valga per la gioielleria e l’oreficeria, che con la lavorazione del corallo ha raggiunto una presenza importante sui vari mercati. L’Eurosportello, sempre alla ricerca di nuove opportunità da offrire alle imprese locali, sta organizzando proprio a Napoli per il mese di ottobre 2011 l’edizione annuale della convention mondiale delle Camere di Commercio italiane all’estero, per presentare al meglio le peculiarità che Napoli e la Campania possono offrire a tutto il mondo».
4800 IMPRESE Il numero degli operatori import-export abituali in Campania
8,5 mld SCAMBI
Il valore in euro dell’interscambio commerciale con l’estero della provincia di Napoli nei primi tre trimestri del 2010
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SVILUPPO ECONOMICO
La forza della rete La sfida principale viene dalla globalizzazione. La strategia più efficace? «Piccole e medie imprese devono fare sistema» assicura Tommaso De Simone. E intanto l’export è in ripresa: volano alto la mela annurca e la mozzarella di bufala Michela Evangelisti
C
Tommaso De Simone, presidente della Camera di Commercio di Caserta
resce la voglia di fare impresa. La rilevazione sulla nati-mortalità delle aziende della Camera di Commercio di Caserta evidenzia un netto recupero delle iniziative imprenditoriali. «Qualcosa si muove, non c’è dubbio – ammette il presidente, Tommaso De Simone –. Anche se i segnali sono a tratti incerti, è ineccepibile che, dati alla mano, uno spiraglio di luce si intravede». E se è sin troppo scontato sostenere che, oggi, la sfida principale viene dalla globalizzazione, «la strategia fondamentale consiste nella nostra capacità di fare sistema, di creare una rete perché si ottimizzino i costi e si favoriscano al massimo i ricavi». Il tessuto connettivo dell’economia casertana è costituito dalle piccole e medie imprese, è inimmaginabile quindi che ogni singola realtà possa affrontare da sola la partita del mercato. «In questa ottica stiamo puntando, in particolare, ad incrementare il rapporto con le agenzie formative, in primo luogo con l’Università – spiega –. Intendiamo mettere in campo iniziative promozionali, che nascano da uno studio rigoroso e scientifico delle capacità delle imprese rispetto alle esigenze del mercato, a cominciare dall’innovazione». Quali prospettive si delineano a breve termine per le imprese campane? «Ci sono elementi per sperare ra-
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gionevolmente in una ripresa. Cito, ad esempio, il trend che si sta registrando in un settore tradizionalmente trainante della produzione campana, il calzaturiero. Dopo l’annus horribilis del 2009, le aziende del casertano e del napoletano si avviano a consolidare, secondo le stime più prudenti, la propria presenza sul mercato sia nazionale sia internazionale, con una variazione in positivo di almeno 15 punti percentuali. La partecipazione al Micam di Milano, che si è appena concluso, ha confermato il trend in ascesa. Mi preme segnalare che un autentico successo lo ha registrato una vera e propria perla, realizzata dai nostri designer e maestri artigiani: la scarpa, con borsa coordinata, in cuoio e seta di San Leucio». Quanto è incisiva la presenza delle imprese del territorio sui mercati esteri e quali interventi devono essere messi in atto per favorire l’internazionalizzazione? «La voce export di Terra di Lavoro nel 2010 ha raggiunto i circa 740 milioni di euro, con un più 30milioni rispetto al 2009. Un ruolo importante lo gioca l’agroalimentare. È chiaro che il mercato estero è una risorsa cui dobbiamo guardare con attenzione e impegno crescenti. Nel ribadire che il “fare sistema” delle nostre imprese è la strategia vincente, non dobbiamo trascurare - come in effetti non trascuriamo - l’utilizzo di fiere e manifestazioni estere tra le più importanti, come il Fancy Food di New York e il Sial di Parigi. Più in
Tommaso De Simone
Dopo l’annus horribilis del 2009, le aziende del casertano e del napoletano si avviano a consolidare la propria presenza sul mercato sia nazionale sia internazionale
87 mila IMPRESE
generale, rispetto a questa esigenza, la Cciaa è impegnata ad affrontare uno dei problemi più seri con i quali il nostro mondo imprenditoriale è chiamato a misurarsi: l’accesso al credito. Il sistema bancario, anche alla luce dei paletti, rigidissimi, posti da “Basilea3”, non può dirsi certo un punto di riferimento ideale per le esigenze economiche e finanziarie degli imprenditori. L’ente camerale ha pertanto deciso di disporre, in sede di bilancio preventivo, la somma di circa 2milioni di euro da devolvere a sostegno del credito alle imprese, anche attraverso i confidi». L’agroalimentare della provincia di Caserta ha conseguito risultati positivi per l’export nei mesi scorsi. Quali sono i punti di forza del comparto? «È appena il caso di sottolineare che la protagonista in assoluto è stata la mozzarella di bufala campana Dop. L’oro bianco sta cono-
scendo risultati straordinari, consolidando la propria presenza sui mercati tradizionali e conquistandone di nuovi. Il suo contributo all’export nel 2010 si è attestato intorno al 23%. Non meno importante è stato il supporto della mela annurca, un frutto praticamente unico, che si produce esclusivamente da queste parti. Tutto il comparto, tuttavia, è stato segnato da un trend in crescita: si è passati dai 99 milioni del 2009 ai 104 e passa del 2011 grazie al contributo notevole venuto dai prodotti alimentari in generale. Il nostro compito, in conclusione, è quello di favorire l’esportazione nel suo complesso, che costituisce un volano per l’economia. Lo facciamo nella consapevolezza che ogni politica in tal senso non può prescindere da una realistica e concreta visione delle possibilità offerte dai mercati, che siano alla portata delle nostre produzioni».
Il numero delle aziende attive sul territorio della provincia di Caserta. Il dato preciso è 87.935
6 mila IMPRESE
Le imprese avviate nel 2010 sul territorio, a fronte delle 5.462 che hanno cessato l’attività
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DISTRETTI
Modelli di successo globale
I
I rapporto dell’Osservatorio dei distretti italiani, che la Federazione e i suoi partner hanno presentato lo scorso mese di febbraio, ha evidenziato che è l’export il trampolino di lancio per le aziende. Nel 2010, infatti, per la prima volta dopo diversi anni, i distretti industriali hanno mostrato tassi di crescita nelle esportazioni superiori a quelli di aree non distrettuali (+16% contro 15,6%). Spicca, in particolare, il boom dell’export in Cina, dove i distretti hanno ottenuto performance di gran lunga migliori rispetto ai già buoni risultati del manifatturiero italiano (+81,6% contro +48,8%). È quindi aumentato ulteriormente il ruolo assunto dal mercato cinese: Cina e Hong Kong insieme si collocano ora al settimo posto nel ranking dei principali sbocchi commerciali e assorbono il 4,8% dell’export distrettuale. Le previsioni per il 2011 sono poi ancora più confortanti, il 30,6% delle imprese intervistate prevede un ulteriore incremento, il 64,5% nessuna variazione e soltanto il 4,9% una diminuzione.
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L’evoluzione, chiave di volta dei distretti: prima per affrontare la crisi, adesso per uscirne. «Oggi le aziende si uniscono in reti d’impresa distrettuali, dando vita a una filiera che tutto il mondo ci invidia». La parola al presidente della Federazione distretti italiani Valter Taranzano Renata Gualtieri A commentare questi dati interviene il presidente della Federazione distretti italiani, Valter Taranzano. Quali sono i tratti distintivi che distinguono un’impresa distrettuale e quale potrà essere l’evoluzione del concetto di distretto? «Il tratto distintivo è la collaborazione, il fare parte di un gruppo. Le recenti esperienze dei distretti testimoniano che la necessità di porre in attuazione progetti fortemente innovativi determina una spinta alla collaborazione tra aziende della stessa filiera, a volte collocate al di fuori del
Valter Taranzano
IMPRESE DI DISTRETTO CHE HANNO DICHIARATO UN INCREMENTO DEL FATTURATO NEL 2010 RISPETTO AL 2009 (Valori in % sul totale) Fonte: indagine Centro Studi Unioncamere sulle PMI manifatturiere (20-499 dipendenti), 2010
44,3 41,5
35,5
35,3
proprio territorio distrettuale, che resta comunque la culla di esperienze industriali, di conoscenze tecniche, di specifiche conoscenze manifatturiere che poi fanno la differenza se paragonate alle imprese non distrettuali. Questi sviluppi organizzativi creano un salto dimensionale, sia economico che tecnico, per cui aziende appartenenti a territori distrettuali diversi possono creare la massa critica economica e tecnica che consente di presentarsi sui mercati come player importanti». In questi 12 mesi quali i distretti che hanno reagito in modo più o meno marcato alla crisi? «La chiave di volta dell’uscita dalla crisi è stata l’esportazione di alcuni distretti, cresciuta del 10,5% rispetto al 2009. Il settore della meccanica è tornato a spingere le esportazioni distrettuali, con un incremento del +14,9%, seguito dal settore dell’abbigliamento-moda, protagonista come quello della meccanica, di un buon recupero, con una crescita del +10,8%. L’export dei distretti dell’arredo-casa è, invece, cresciuto del 5,8%, quello dei distretti dell’alimentare-vini del 4,7% e, infine, quello dei distretti hi-tech del 7,4%. Non sono più, dunque, solo i settori ali-
d Su
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A ab arre lim big da en lia me tar m nt e, en o, to
17,7
18
es Im po p rta re tri se ci no ne sp Im or pr ta es tri e ci M ed ia ca m pio ne
32,7
34,3
33,2
mentare e dell’hi-tech a resistere alla crisi, bensì tutti i comparti dell’eccellenza manifatturiera italiana che hanno dimostrato un’importante capacità di ripresa pur nella precarietà della congiuntura». Il concetto di innovazione è strettamente connesso al concetto di distretto? In che modo può facilitarne lo sviluppo? «Senza il dinamismo e l’innovazione dei distretti oggi non saremmo qui a dire che intravediamo un’uscita dalla crisi. Si tratta di un processo che spazia a 360 gradi, da quella territoriale a quella tecnologica, da quella di Il presidente prodotto a quella delle reti d’impresa, fino al- della Federazione l’internazionalizzazione. Guardo i distretti distretti italiani, oggi e penso a cos’erano tre anni fa. Prima era Valter Taranzano impensabile preventivare che le piccole e medie aziende si sarebbero appoggiate a manager professionali per un salto di qualità. Oggi diverse realtà quel salto l’hanno fatto. Hanno abbandonato una visuale ristretta per pensare più in grande. E hanno vinto. Fino a tre CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 81
DISTRETTI
anni fa ogni azienda pensava per conto suo gate all’ambiente e alla sostenibilità, con le uni-
+5,8% EXPORT Impegno finanziario complessivo dell’Italia per le operazioni all’estero nel 2010
+4,7% EXPORT La percentuale di crescita delle esportazioni dei distretti dell’alimentare-vini
anche dentro un distretto. Oggi si riuniscono in reti d’impresa distrettuali, dando vita a una filiera che tutto il mondo ci invidia». Nella ricerca di soluzioni idonee per controbattere la crisi, si è delineata una collaborazione proficua tra nord e sud dell’Italia. Quali gli esempi più validi? «Faccio due esempi. Il distretto Verona Moda alle prese con una crisi in pieno sviluppo e con la necessità di individuare alternative alla delocalizzazione o alla prestazione lavorativa conto terzi di laboratori irregolari - ha fatto “squadra” con i laboratori pugliesi dell’abbigliamento, creando un intreccio di filiere producente per entrambi. Tutto questo non ha fatto altro che rafforzare il nostro made in Italy nel mondo. Altre esempio vincente è il progetto “triangolare” Pordenone-Vicenza-Palermo del comparto meccanico: si sono messe in rete esperienze, competenze e centri di eccellenza per ripensare l’abitazione in base a uno stile di vita rivolto al benessere e al risparmio energetico. Una collaborazione che ha dato vita a progettualità nuove, le-
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versità a fare da interlocutrici». Qual è il modello di distretto ideale e quali sono i fattori competitivi che ne hanno determinano il successo? «I distretti di successo sono quelli che hanno risposto alla crisi perpetuando un modello flessibile, proattivo e, per molti aspetti, inesauribile. Questi distretti rispettano il modello della “tripla A”, ovvero “adattativo, affidabile, alternativo”, attraverso il quale le imprese dei distretti captano i possibili mutamenti della domanda e degli orientamenti del mercato e propongono innovazioni di prodotto o di processo, operando attraverso reti sempre più leggere di cooperazione a livello locale. Se, dunque, la Cina o l’India - per citare i casi più noti - appaiono come importanti attori dello scenario internazionale, i distretti italiani non ne contrastano l’avanzata, ma si propongono come nuovi e affidabili interlocutori. La Cina è, ad esempio, al settimo posto come area di esportazione dei distretti industriali italiani, con probabilità di salire ulteriormente nella graduatoria dei princi-
Valter Taranzano
Il settore della meccanica spinge le esportazioni distrettuali, con un incremento del 14,9%, seguito dal settore dell’abbigliamento con una crescita del 10,8%
pali mercati presidiati. In tutto questo l’export, infatti, resta il fattore competitivo trainante». Avere una coscienza più verde, come nel caso del Distretto Conciario di Solofra quanto valore aggiunto reca al business delle aziende dei distretti? «L’evoluzione dei distretti si è manifestata anche attraverso il cambiamento delle politiche e delle priorità attivate: attenzione alla green economy, progettualità rivolte alla sostenibilità, ricerca di strumenti e certificazioni adeguate, riutilizzo delle materie prime: lo spreco diventa una risorsa. Insomma, si sta facendo strada una coscienza più “verde”, con implicazioni che hanno risollevato il business. Direi che la green economy è stata una rivelazione per molti distretti, passati dalla classica fase del semplice disinquinamento “end of pipe”, all’utilizzo di nuove tecnologie a minore impatto su tutto il ciclo produttivo. Da una fase “passiva” di semplice applicazione di normative imposte dall’esterno, si è progressivamente pas-
sati a una fase “attiva” in cui i distretti hanno incrementato i loro investimenti in politiche ambientali innovative per raggiungere una maggiore efficienza. La tutela ambientale è così transitata dalla sfera dei classici “doveri” a quella del vero e proprio management aziendale, indicando una forte spinta al mutamento della mentalità imprenditoriale. Questo risultato è stato possibile grazie all’affermarsi di una nuova prospettiva: non più settoriale o riferita ai soli impatti finali, ma capace di integrare territorio e produzione, comprendendo tutte le fasi del processo produttivo, dalle risorse primarie alle emissioni finali, prodotti inclusi». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 83
DISTRETTI
Le imprese familiari sbarcano all’estero Dimensione, flessibilità, prontezza e capacità di adattarsi alla tipologia della domanda sono i principali punti di forza del distretto di Solofra. A rivelarlo è Costantino Capone, presidente Camera di Commercio di Avellino Renata Gualtieri
I Costantino Capone, presidente della Camera di Commercio di Avellino
l polo conciario di Solofra ha una specializzazione produttiva basata sulla concia di pelli ovicaprine - si produce il 40% del totale realizzato in Italia - destinate prevalentemente al settore calzaturiero e a quello dell’abbigliamento. Si può ben comprendere, quindi, la rilevanza di questo polo nell’economia irpina in termini occupazionali ed economici. Costantino Capone, presidente della Camera di Commercio di Avellino, fa il punto sull’importanza a livello nazionale e internazionale che questo distretto conciario ha raggiunto. A Solofra si svolge un ciclo integrato di produzione, che comporta anche la gestione di una “filiera corta”. Quanto contribuisce questo fattore a garantire un maggior controllo delle caratteristiche qualitative del prodotto finito? «Il distretto conciario di Solofra si distingue per essere caratterizzato da imprese a gestione familiare dove le funzioni aziendali sono concentrate nella figura dell’imprenditore e i suoi diretti collaboratori/familiari: circa il 74% ha meno di 10 addetti. Presso il distretto si svolge un ciclo integrato della produzione che contribuisce a garantire un maggior
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controllo delle caratteristiche qualitative del prodotto finito e conferisce un’incredibile versatilità delle concerie che sono in grado di modificare, su esplicita richiesta, le loro lavorazioni in tempi brevi». Quali sono i punti di forza e di competitività che differenziano Solofra dagli altri poli conciari? «Il raggruppamento di aziende della filiera in una zona delimitata, un rapporto diretto con il fornitore-acquirente, la concentrazione in azienda del ciclo produttivo e una maggiore flessibilità sono le componenti principali per cui Solofra si differenzia da tutti gli altri poli conciari. Tutto questo permette alle aziende del distretto di far fronte alle richieste del mercato, ma anche di adeguarsi velocemente alle diverse tipologie di domanda, nonché di riconvertirsi con rapidità ed effi-
Costantino Capone
Il ciclo integrato della produzione garantisce un maggior controllo qualitativo del prodotto finito e conferisce un’incredibile versatilità alle concerie
«La fiera Materials, Manufacturing & Technology di Hong Kong, uno dei più importanti eventi al mondo dedicati alla filiera conciaria e all’import- PRODUZIONE export delle pelli, rappresenta La percentuale di pelli ovicaprine un’occasione importante per prodotte rafforzare il percorso di interdel distretto di Solofra rispetto nazionalizzazione intrapreso al totale realizzato dalle imprese irpine, ma anin Italia che per mettere in risalto quelle realtà produttive in possesso del marchio di eco-compatibilità “Distretto conciario CONCERIE di Solofra” rilasciato dalla Camera di ComLa percentuale delle imprese mercio di Avellino». del distretto conciario Questo marchio ha contribuito al rilancio con meno di 10 dipendenti economico-produttivo dell’area? «Il distretto di Solofra è stato l’unico del Sud Italia ad aver ottenuto un riconoscimento prestigioso come l’attestato Emas di ambito produttivo omogeneo da parte del Comitato Ecolabel Ecoaudit, grazie a un progetto specifico promosso e realizzato dalla Camera di Commercio di Avellino. Questo ci ha messo senza dubbio in condizione di conferire autorevolezza al distretto, riposizionandolo in maniera diversa sul mercato e facendo percepire e sedimentare un concetto di eccellenze produttive legate alla qualità e alla tutela dell’ambiente che intercetta la crescente sensibilità ambientale del consumatore. In poche parole, il marchio di eco-compatibilità ha au-
40%
70%
cienza su mercati diversi». Di fronte alla competizione imposta dal mondo globalizzato e la crisi dei mercati quali sono state le difficoltà del distretto negli ultimi anni? «Le difficoltà degli ultimi anni sono in gran parte da ascriversi al confronto avvenuto con altri sistemi produttivi che presentano costi senza dubbio minori, sia per quanto riguarda la forza lavoro che per la gestione ambientale, anche se fortunatamente stiamo registrando un’inversione di tendenza e un recupero in termini di competitività, grazie anche alle strategie di rilancio del distretto e della sua produzione che stiamo mettendo in campo». La presenza delle aziende irpine alla fiera di Hong Kong a fine marzo, quale importanza può avere in termini di promozione nei mercati internazionali e nel mondo della moda?
CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 85
DISTRETTI
mentato la competitività del
Il marchio di eco-compatibilità ha aumentato la competitività delle aziende e della produzione del distretto in un settore strategico per la provincia di Avellino
distretto, delle sue aziende e della sua produzione, in un settore strategico per la provincia di Avellino, dove la filiera conciaria rappresenta l’industria autenticamente endogena del territorio». In che modo l’ente camerale ha favorito il processo di sensibilizzazione delle aziende alle tematiche ambientali? «Attraverso momenti formativi e informativi promossi e destinati ad amministratori e consulenti, nonché incontri di sensibilizzazione destinati a studenti e cittadini sull’importanza di coniugare esigenze produttive e tutela ambientale. Importanti sono anche gli incentivi concessi per l’adozione della certificazione di qualità ambientale Iso 14000, oltre alle tante attività di sensibilizzazione in materia di gestione dell’impatto ambientale e della gestione dei rifiuti speciali da parte delle aziende; infine abbiamo stimolato la nascita della nuova figura dell’energy manager per garantire l’efficienza dei consumi e della ge-
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stione ambientale in azienda». Ritiene necessarie risorse per finanziare progetti di cooperazione tra pubblico e privato e favorire l’innovazione all’interno dei laboratori del distretto? «Sicuramente si tratta della direzione che il settore dovrà intraprendere. In questo senso è necessaria la collaborazione e il supporto degli enti, in particolare della Regione, che dovrebbe premiare il percorso che il distretto ha intrapreso in materia di miglioramento della produzione, in modo da favorire investimenti in termini di infrastrutture, ma anche per stimolare e supportare l’innovazione e la ricerca del settore. È fondamentale lo sforzo congiunto di pubblico e privato in termini di promozione, che deve necessariamente valorizzare le caratteristiche del Distretto e la sua produzione, favorendone la commercializzazione a livello internazionale».
BANDA LARGA
Più copertura del territorio La banda larga costituisce un elemento importante per lo sviluppo dell’economia. La Regione Campania si sta adoperando per abbattere il digital divide di alcune zone non ancora raggiunte da questo servizio. Ne parla l’assessore Guido Trombetti Nicolò Mulas Marcello
N Guido Trombetti, assessore alla Ricerca scientifica della Regione Campania
el 2010 la Regione Campania ha avviato un’attività di raccolta di dati per verificare lo stato dell’arte delle infrastrutture di telecomunicazioni e della copertura in banda larga fornita da tutti gli operatori sul territorio regionale. «L’idea del progetto – spiega Guido Trombetti, assessore regionale alla Ricerca scientifica – non è quella di allargare semplicemente la rete di connessione in fibra ottica, ma di promuovere lo sviluppo di servizi di connettività sul territorio. Sarà sostenuto l’ampliamento dell’attuale copertura dei servizi di larga banda offerti dagli operatori di settore primari ma anche da quelli locali». Qual è attualmente la copertura della regione? «La Regione Campania ha avviato nell’ultimo periodo un grande progetto di innovazione dei servizi al cittadino tutto rivolto ai diritti e ai doveri ispiratori del principio di inclusione in rete che viene anche indicato con cittadinanza digitale. E l’infrastruttura abilitante è prioritariamente quella che rende di-
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sponibile in modo diffuso sul territorio l’accesso alla rete. Tra le linee strategiche del Por Fesr 2007-2013, al progetto “Allarga la rete: banda larga e sviluppo digitale in Campania” è stata data la massima priorità destinando un finanziamento di 50 milioni di euro. La consultazione pubblica conclusasi il 27 gennaio scorso ha dimostrato un forte interesse da parte del territorio. Sono stati catalogati come comuni a digital divide tutti quelli che non hanno ancora oggi alcun servizio di accesso a internet a banda larga, e quelli presso i quali invece il servizio risulta attivo, ma vi sono utenze e aree territoriali comunali per le quali non è stato possibile procedere all’attivazione di tali servizi. Ne sono stati individuati 303 su 551 di cui il 9% nella provincia di Napoli, il 15% in quella di Caserta, il 19% in quella di Benevento e il 23% e il 43% rispettivamente in quelle di Avellino e Salerno. L’analisi più dettagliata è di-
Guido Trombetti
Con la Finanziaria regionale viene istituito un fondo per sostenere la diffusione dell’accesso a internet in modalità wireless nei comuni campani con meno di 15mila abitanti
interventi sulla rete stradale e sugli impianti di illuminazione devono prevedere rispettivamente la realizzazione delle tubazioni per il deposito dei cavi in fibra ottica e la EURO predisposizione per l’alloggiamento dei dispositivi di erogazione Lo stanziamento fondi del progetto del wi-fi. A ulteriore dimostrazione “Allarga la rete: dell’importanza che oggi viene atbanda larga e sviluppo digitale tribuita al problema dell’inclusione in Campania” digitale, con la Finanziaria regionale viene istituito un fondo per sostenere la diffusione dell’accesso a internet in modalità wireless nei COMUNI comuni campani con meno di 15mila abitanti. Il numero di comuni Aree pubbliche verranno dotate di hot spot con campani non ancora raggiunti dal servizio accesso a internet in modalità wireless e senza codi connessione sti per i cittadini. L’azione, che ha come obiettivo in banda larga il potenziamento degli strumenti abilitanti per la connettività di accesso, si integra pienamente con gli interventi previsti nel grande progetto “Allarga la rete” che è invece finalizzato a potenziare la rete regionale internet di trasporto». Al potenziamento della banda larga nei piccoli comuni provvede anche il Governo con un investimento di 154 milioni di euro. Come verranno utilizzati questi fondi? «La Regione sta seguendo molto da vicino il progetto nazionale “Banda larga nelle aree rurali”, predisposto dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e approvato dalla Commissione europea. Il progetto, cui sono destinati oltre 154 milioni di euro, sarà cofinan-
50 mln
303
sponibile sul sito dell’assessorato all’indirizzo www.innovazione.regione.campania.it». Secondo la proposta di legge presentata dai consiglieri regionali Mafalda Amente e Daniela Nugnes del Pdl, gli interventi per opere pubbliche in Campania devono prevedere sistemi per banda larga e wi-fi. Una misura per lo sviluppo della tecnologia wi-fi è contenuta anche nella legge Finanziaria appena approvata dal consiglio regionale. In cosa consiste? «La proposta intende rafforzare e sostenere il piano di innovazione della regione promuovendo adeguate sinergie sul territorio e fissa norme per l’incentivazione e lo sviluppo della banda larga e del wi-fi sul territorio. In particolare, rilevando che circa l’80% dei costi di stesura delle dorsali sono da attribuire alla realizzazione di infrastrutture per l’alloggiamento dei cavi, stabilisce che tutte le opere finanziate dalla Regione relative a
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BANDA LARGA
ziato dall’Unione euro-
Solo ottimizzando gli investimenti e valorizzando, al contempo, le infrastrutture preesistenti sarà possibile assicurare l’accesso ai servizi digitali nel modo più esteso possibile
pea e realizzato nell’ambito dei diversi programmi regionali di sviluppo rurale (Psr) 2007-2013. È un progetto fortemente orientato alla realizzazione di dorsali di collegamento. In Campania è previsto un investimento di 18,2 milioni di euro che verranno impiegati per la realizzazione di infrastrutture di proprietà pubblica volte all’abbattimento del digital divide nelle proprie aree rurali non raggiunte da servizi internet a banda larga. Le amministrazioni campane potenzialmente coinvolte in tale progetto sono 130 circa. Nel progetto “Allarga la rete” si partirà dall’infrastruttura che verrà realizzata per innestare su di essa efficaci servizi a larga banda. Solo ottimizzando gli investimenti e valorizzando, al contempo, le infrastrutture preesistenti sarà possibile assicurare a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni l’accesso ai servizi digitali nel modo più esteso possibile. Soprattutto nelle aree marginali della regione». Entro quanto tempo prevede che verrà effettuata la copertura del 100% della regione
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Campania per quanto riguarda la banda larga? «Se non ci saranno intoppi negli iter amministrativi di un procedimento così articolato e complesso, ma soprattutto se tutti continueranno a sostenere l’iniziativa ritenendola una priorità per il nostro territorio, ci vorranno ancora al massimo tre anni. Trattandosi di interventi realizzati con cofinanziamento comunitario, essi dovranno, in ogni caso, essere completati entro il 2015. Nello stesso periodo verranno avviate altre grandi iniziative per sostenere reali innovazioni in tutti i settori: dalla pubblica amministrazione, al sistema delle imprese, alla sanità. L’obiettivo di promuove i diritti e doveri della cittadinanza digitale contribuirà a far crescere nel territorio la richiesta di connessioni a larga banda. E, forse, proprio il bisogno e la necessità di inclusione sono le ulteriori leve da usare per accelerare la diffusione dei servizi a larga banda».
Vito Merola
Tutti gli interventi per navigare veloce Per ampliare i servizi di banda larga su tutto il territorio campano sono stati coinvolti anche i cittadini in una sorta di consultazione pubblica sul sito della Regione Campania. Vito Merola spiega in cosa consiste il progetto Nicolò Mulas Marcello
T
ra dicembre e gennaio la Regione Campania ha istituito sul suo sito un forum per accogliere le segnalazioni dei cittadini sulla copertura della banda larga su tutto il territorio. Da questa consultazione pubblica è emerso che sono circa 300 i comuni che necessitano di interventi per la fornitura di questo servizio. Alla consultazione pubblica hanno aderito tre operatori di telefonia fissa e mobile nazionali e diversi operatori di connettività internet locali e satellitare. L’analisi è stata effettuata su tutti i dati pervenuti e si sono tenute in considerazione anche le segnalazioni giunte tramite il citato form web (e sottoposte agli operatori nazionali aderenti all’avviso pubblico ai fini della loro valutazione): ciò ha consentito di definire la mappatura particolareggiata della copertura della banda larga del territorio. Tale studio ha evidenziato l’esistenza di aree dove non è garantito l’accesso a servizi di connessione veloce a causa dell’insufficienza e della mancanza di infrastrutture adeguate a sostenere la domanda. «La Regione Campania – spiega Vito Merola, dirigente dei servizi reti della Regione Campania – nell’ambito del Por Fesr 2007-2013, ha previsto per la realizzazione del grande progetto “Allarga la rete: banda larga e sviluppo digitale in Campania” un importo di 50 milioni di euro, finalizzato all’ampliamento dell’attuale copertura dei servizi in banda larga in aree già parzialmente servite da primari operatori e da operatori locali del
settore con la realizzazione graduale della copertura in larga banda in aree attualmente non raggiunte da servizi internet adeguati alle esigenze della popolazione e delle aziende». Si tratta quindi di un progetto finalizzato al potenziamento della rete dorsale regionale di accesso a internet. In particolare per la provincia di Avellino, c’è un altro intervento in cantiere: «L’ente provinciale di Avellino – continua Merola – ha presentato lo scorso luglio, il progetto “Città multimediale” che prevede la copertura wi-fi in zone scoperte e la gestione della piattaforma di accesso wi-fi ai comuni interessati dal progetto. Per maggiori dettagli è opportuno, comunque, contattare direttamente tale ente provinciale». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 91
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Un colosso europeo all’ombra del Vesuvio Da oltre dieci anni Napoli ospita la sede italiana di una grossa multinazionale francese, che opera in un’ottica di sostegno all’occupazione e al rilancio del territorio. Ne parla Lazzaro Luce, amministratore delegato di Derichebourg Multiservizi Riccardo Ceredi
I
Lazzaro Luce, amministratore delegato di Derichebourg Multiservizi, vanta una lunga carriera nel settore dei servizi per le aziende www.derichebourg.com
l territorio campano sta vivendo un processo di forte deindustrializzazione, che ha portato a una caduta verticale del pil. Nonostante il momento poco felice, Derichebourg, gruppo internazionale quotato all’Euronext di Parigi, ha deciso di fare del capoluogo partenopeo la sua sede italiana, in vista dell’espansione sul mercato nazionale. Tradotta in cifre, l’importanza di Derichebourg significa un volume d’affari di oltre tre miliardi di euro e una rete di oltre 40.000 collaboratori in tutto il mondo. Facciamo innanzitutto chiarezza sul gruppo. Com’è composto e in che ambiti è attivo? «Derichebourg opera attraverso tre divisioni:
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Servisair, Derichebourg Ambiente e Derichebourg Multiservizi. La prima, che fattura più di seicento milioni ogni anno, è attiva nell’ambito dei servizi aeroportuali. Derichebourg Ambiente si occupa invece del riciclaggio di beni e attrezzature giunti alla fine del loro ciclo di vita, nonché del recupero di rifiuti domestici e industriali, operando in sette paesi europei e fatturando due miliardi di euro all’anno. Ultima ma non ultima, c’è Derichebourg Multiservizi, che annualmente fattura cinquecentoventiquattro milioni, e ha un amplissimo spettro di attività nel ramo dei servizi». Parliamo nello specifico di Derichebourg Multiservizi. «L’azienda è presente in Italia dal 1999, e fattura su questo mercato circa venticinque milioni ogni anno, lavorando sia con gli enti pubblici che con imprese private. La gamma di prestazioni svolte è ampia e va a interessare, in maniera complementare, gli ambiti di competenza delle altre società del gruppo. Per essere concreti; siamo in grado di offrire servizi di pulizia interna ed esterna, interventi tecnici manutentivi, assistenza aeroportuale, manutenzioni di aree verdi, servizi di igiene ambientale e trattamento dei rifiuti. Infine, offriamo servizi di outsourcing quali la gestione completa degli immobili in global service, il cosiddetto “facility management”». Qual è la vostra mission? «Vogliamo creare valore per il cliente tramite l’erogazione del servizio. Dall’operato della nostra azienda dipende, in misura importante, il giudizio di un visitatore o di un utente delle struttura con cui lavoriamo, e non possiamo rischiare che la qualità di un prodotto o di un servizio possa essere compromessa dal nostro operato. Pertanto, siamo impegnati in un processo continuo di accrescimento della qua-
Lazzaro Luce
524 mln EURO
È il fatturato della Derichebourg Multiservizi. L’azienda è presente in 9 paesi europei e conta 20 mila collaboratori
3,1 mld EURO
È il fatturato complessivo del Gruppo Derichebourg registrato nel 2010. Il gruppo si articola in tre poli: oltre a Derichbourg Multiservizi, Derichebourg Enviroment con servizi per l’ambiente e Servisair per l’assistenza aeroportuale
lità, che contempla aspetti quali la formazione del personale, l’aggiornamento del parco attrezzature e la creazione di strutture dedicate per ciascun appalto». Come si intreccia la sua storia personale con quella dell’azienda? «Ho un’esperienza pluriennale nel settore dei servizi e in passato ho gestito commesse di notevole complessità, fra cui quelle relative ai servizi di supporto alla produzione nello stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano D’Arco. All’inizio degli anni novanta partecipai a un progetto di partenariato europeo, per risolvere i problemi che polveri e residui provocavano alla linee di verniciatura all’interno degli stabilimenti Fiat. In tale occasione, entrai in contatto con il gotha europeo dei servizi di pulizie, conquistando la stima del management del gruppo Derichebourg, tanto da essere scelto, nel 1999, per dirigere la sede italiana dell’azienda». A tal proposito, come si è mossa sul mercato, a partire dalle sue origini, Derichebourg Multiservizi? «Dopo la sua nascita, l’azienda si è fatta notare
in tempi molto brevi. Dapprima è stata acquisita la commessa per la pulizia delle varie aree dell’aeroporto di Fiumicino, poi la gestione dei servizi dell’area ex Olivetti di Pozzuoli. In seguito, abbiamo stipulato un contratto di facility management per le basi della marina militare statunitense in Campania, appalto che è andato ampliandosi nel corso del tempo, ed è tuttora gestito da noi». Lei si è speso in prima persona per far sì che la filiale italiana dell’azienda avesse sede in Campania. Perché? «Per me e per Derichebourg Multiservizi il rapporto col territorio è di primaria importanza. L’azienda, pur gestendo relazioni e affari nell’intero paese, crede molto nella regione Campania ed è in prima fila per sostenerne l’occupazione e lo sviluppo. Oltre agli operatori in servizio nei diversi cantieri, tutte le funzioni di gestione, comprese quelle espletate da specialisti esterni alla struttura, vengono svolte da persone provenienti da questo territorio. Operiamo in un’ottica di investimento sul futuro, cercando di inculcare valori quali il rispetto del lavoro e della persona, senza scordarci l’attenzione verso l’ambiente. La passione per il lavoro è il vero motore verso l’eccellenza, anche in un territorio difficile come il nostro». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 125
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Con la crisi siamo più attenti a ciò che mangiamo Conserve e altre lavorazioni del pomodoro sono una tipicità tutta italiana. Nonostante la flessione imposta dalla crisi, la qualità dei prodotti e la nascita di una cultura alimentare più consapevole fanno ben sperare. Ne parla Pietro Franzese Francesco Bevilacqua
L
a crisi economica ha insegnato agli italiani ad anteporre – quando possono – la loro salute alla convenienza economica, soprattutto in uno dei settori che è maggiormente coinvolto in implicazioni di questo tipo, cioè quello alimentare. A confermare questa tendenza è Pietro Franzese, titolare della Giaguaro Spa. La Giaguaro è una delle aziende più importanti del paese nel segmento delle conserve, appartiene al gruppo Franzese ed è sorta nel 1978 nel cuore della valle dell’Agro Nocerino Sarnese, area a forte vocazione e tradizione nella produzione di conserve di pomodoro. «La nostra esperienza – fa notare Franzese, riprendendo il discorso sulle
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abitudini alimentari degli italiani in tempo di crisi – ci insegna che l’acquirente è maggiormente predisposto a identificare il prodotto con il produttore e con l’immagine che quest’ultimo ha saputo guadagnarsi negli anni e accetta di spendere qualcosa in più purché la qualità del cibo che compra sia assicurata». La Giaguaro ha quindi attraversato la recessione relativamente indenne, secondo Franzese perché «si è ben disposti a risparmiare sulla spesa ma non a rinunciare ai beni di prima necessità, che sono oramai entrati a far parte del paniere quotidiano e soprattutto non a discapito della salute e soddisfazione personale. Per questo si preferiscono prodotti sicuri ad alto valore aggiunto».
Pietro Franzese
In basso, Pietro Franzese, titolare della Giaguaro Spa. A lato, è con i suoi collaboratori www.giaguarospa.com
Nel 2010 infatti, la storica azienda campana ha aumentato le vendite del 15%, compensando gli effetti negativi dell’abbassamento del livello generale dei prezzi. Questo è stato possibile grazie anche a una politica di razionalizzazione che ha consentito una riduzione dei costi aziendali del 6%. Quali sono invece le previsioni per il 2011? «Le aspettative sono molto ambiziose. Si prevede un incremento del livello generale dei prezzi che, accompagnato da un incremento delle vendite legato alla stipula di nuovi contratti, porterà al raggiungimento di un livello di fatturato almeno pari a 140 milioni di euro per la Giaguaro e di circa 220 milioni complessivi per il gruppo Franzese, che si affermerà come principale competitor nazionale nel settore conserviero». Qual è la situazione dei mercati internazionali? «I principali mercati di riferimento sono la Germania, la Francia, l’Inghilterra, il nord Europa e il medio oriente, mentre quelli che offrono maggiori opportunità sono i mercati dell’est Europa, che con l’ingresso nell’Unione Europea sono in fase di forte crescita. Al tempo stesso, si avverte la concorrenza dei paesi in via di sviluppo, come i paesi del sud est asiatico e in particolare la Cina. Con la svalutazione del dollaro, il peso del loro ruolo è cresciuto notevolmente, tanto che i paesi importatori hanno ritenuto necessario acquistare direttamente dalla Cina. Ciò nonostante il made in Italy continua a essere una garanzia per chi acquista e consuma concentrato». Quali sono le caratteristiche fondamentali della vostra produzione? «La produzione è legata alla stagionalità della materia prima, la cui raccolta viene effettuata nel periodo compreso tra la fine di luglio e la fine di settembre. Durante questo lasso di tempo le attività dell’azienda sono molteplici e serrate e permettono di raggiungere risultati notevoli: il sito di Sarno riesce a
trasformare circa 35.000 quintali di pomodoro al giorno, mentre quello di Caivano si attesta sui 70.000 quintali circa». La concentrazione del lavoro in un lasso temporale così ristretto richiede una elevata capacità organizzativa. «E soprattutto spirito di gruppo e grandi sacrifici da parte di tutte le categorie di personale, dalla produzione alla manutenzione. Maestranze di primo ordine, sia lavoratori fissi che stagionali, mettono a disposizione dell’azienda tutta la professionalità che sono in grado di offrire per il buon esito della campagna di trasformazione. Il principio su cui si basa l’intera produzione è l’appertizzazione, metodo utilizzato per prolungare la shelf life dei prodotti mediante il confezionamento della materia prima in contenitori chiusi ermeticamente che successivamente subiscono trattamenti termici di stabilizzazione». Quante conserve riuscite a ottenere con questo metodo? «Dal pomodoro fresco è possibile ottenere diverse tipologie di conserve, dai pomodori pelati interi in scatole di banda stagnata, alla polpa in scatola, alla passata di pomodoro in bottiglia, oltre che diversi semilavorati come la polpa, la passata e il doppio concentrato in fusti asettici da 200 chili. Queste ultime trasformazioni consentono CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 127
IMPRENDITORI DELL’ANNO
I numeri del settore Il 2010 è stato per la Giaguaro un anno nel complesso positivo, contraddistinto dal raggiungimento di un fatturato pari a circa 105 milioni di euro, che la pone ai primi posti nell’ambito dello scenario competitivo nazionale. Tale risultato è stato raggiunto grazie a un incremento delle quantità vendute pari al 15% rispetto al 2009, che ha attenuato in maniera decisa l’effetto negativo determinato dalla riduzione del livello generale dei prezzi. Anche la razionalizzazione dei costi che ne ha permesso un abbattimento pari al 6% ha contribuito al successo, così come l’apertura di tre nuovi impianti realizzati nel 2008 nei pressi dello stabilimento produttivo destinati in particolare al deposito, logistica e uffici. Per il 2011 ci si aspetta un incremento del livello generale dei prezzi accompagnato da un sostanziale aumento del livello delle vendite. Questo farà sì che il livello di fatturato della Giaguaro Spa sia pari ad almeno 140 milioni di euro, mentre l’obiettivo di fatturato per la Effequattro Spa è pari a 80 milioni. Questo porterà a una previsione complessiva del gruppo Franzese di circa 220 milioni di euro, grazie al quale il gruppo si affermerà come principale competitor nazionale nel settore conserviero.
di realizzare delle rilavorazioni invernali per
poi confezionare in un secondo momento i prodotti in diverse tipologie di packaging, dalla scatola di banda stagnata ai brick asettici, al bag in box». Con l’acquisizione nel 2008 dello stabilimento ex Cirio avete ampliato la gamma delle vostre referenze. Quanto ha influito la differenziazione dell’offerta sull’andamento dell’impresa? «Grazie a quella operazione abbiamo non solo incrementato la nostra produzione di polpa di pomodoro in lattina, bottiglie e fusti asettici, ma abbiamo potuto aggiungere alla nostra gamma di prodotti altre referenze, quali sughi pronti, aceto e legumi. A garantirci un costante flusso di vendite di queste novità ha contribuito l’ampia richiesta degli stessi da parte di consumatori che ricercano nei prodotti acquistati garanzie di igiene e di controllo, nonché un considerevole risparmio di tempo. Un altro grandissimo vantaggio, che ha influito positivamente sull’andamento aziendale, è quello di assicurare per ogni referenza un prodotto assolutamente sicuro dal
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Un interno dell’azienda. Sotto, la sede della Giaguaro Spa
Pietro Franzese
+ 15% VENDITE È l’aumento registrato dalla Giaguaro nel 2010, a dispetto del calo dei prezzi
105 mln EURO
È il fatturato registrato dalla Giaguaro nell’anno 2010. Per il 2011 si prevede un incremento, con un fatturato di almeno 140 milioni di euro
punto di vista della qualità nutrizionale». Come scegliete le coltivazioni? «Il processo principale è senz’altro quello di produzione di pomodori pelati in scatole di banda stagnata e tutto comincia ovviamente dalla coltivazione. Partire da una materia prima di qualità significa avere garanzia di successo durante la fase produttiva. Le aziende fornitrici di pomodoro sono selezionate usando come criterio l’utilizzo in campo di metodi di produzione integrata, un sistema agricolo di produzione a basso impatto ambientale che prevede l’uso di tecniche di fertilizzazione, manipolazione dei campi, controllo degli infestanti e difesa dei vegetali. Tecniche alternative rispetto a quelle dell’agricoltura convenzionale e che hanno un basso impatto sull’ambiente, riducendo così i rischi per la salute dei consumatori. Un team di agronomi dell’azienda controlla sin dalla fase di semina che venga rispettato quanto disposto dal disciplinare di produzione integrata». E quando il pomodoro arriva nello stabilimento? «A quel punto il controllo qualità provvede a ve-
rificare i parametri di accettabilità per ogni singolo autotreno conferito. I pomodori vengono poi sottoposti a diverse fasi di lavaggio e cernita, effettuata sia manualmente che mediante l’ausilio di selettori ottici, al fine di allontanare i residui di terra e parti vegetali per poi selezionare i frutti rossi, interi e di calibro omogeneo che saranno sottoposti alla fase di pelatura, con l’allontanamento meccanico delle bucce a seguito di scottatura con vapore. Personale altamente specializzato provvede alla cernita manuale del prodotto prima del riempimento delle scatole; in tal modo si garantisce che il prodotto destinato al consumatore finale rispetti i parametri legislativi e gli standard di qualità prefissati dall’azienda. Durante tutto il processo produttivo, una serie di parametri definiti “critici” viene costantemente monitorata dal “team qualità”, che registra e archivia tutti i dati relativi al processo e al prodotto finito. Durante il confezionamento infine, ogni singola scatola viene ispezionata mediante macchine a raggi X per scongiurare la presenza accidentale all’interno delle stesse di corpi estranei. È un’ultima fase finalizzata a garantire la salubrità e sicurezza del prodotto fornito». Quali progetti avete in cantiere per il futuro? «L’azienda ha in seno diversi progetti: oltre al piano di potenziamento già in corso a Caivano, in via di realizzazione grazie all’ampliamento degli spazi coperti e all’ammodernamento delle tecnologie esistenti, stiamo investendo nel campo della ricerca in collaborazione con l’Università di Fisciano e la Federico II di Napoli su un progetto di tracciabilità dei prodotti. Siamo convinti che la ricerca e l’innovazione siano un importante valore aggiunto in termini di incremento qualità del cibo da un lato – attraverso la ricerca di nuove ricette e grazie all’introduzione sul mercato di prodotti biologici a prezzi competitivi – e di soddisfazione delle richieste sempre più esigenti dei consumatori finali dall’altro, da fronteggiare mediante lo studio di nuove soluzioni di packaging». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 129
Maestranze e tecnologie Una perfetta fusione di produzione artigianale e tecnologie industriali d’avanguardia. Da questo connubio nascono calzature femminili tra le più apprezzate anche tra i grandi nomi della moda. Realizzate con pellami selezionati, come vuole la grande tradizione partenopea. L’esperienza di Salvatore Minucci Eugenia Campo di Costa
L’
alta qualità del made in Italy, soprattutto nel settore moda e pelletteria, è indiscussa e riconosciuta in tutto il mondo. Le qualità dei pellami, le lavorazioni artigianali sono il suo cuore pulsante, un tesoro risposto nelle mani di custodi che nei secoli hanno tramandato tradizione e qualità sfidando la globalizzazione. Nel panorama calzaturiero, spicca da sempre il “made in Naples”: la grande tradizione artigianale della Campania è conosciuta in tutto il mondo proprio per gli elevati standard qualitativi e rappresenta un valore aggiunto nello scenario imprenditoriale nazionale. Tra gli attori che mandano avanti oggi la tradizione calzaturiera partenopea, spicca la Salvatore Minucci srl, azienda costituita nell’anno 2001 da Salvatore Minucci, esponente di 130 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
un’antica famiglia di calzolai napoletani che vanta al suo attivo collaborazioni con le più prestigiose e rinomate aziende del settore. «Il core business aziendale – spiega Salvatore Micucci - consiste nella realizzazione di calzature da donna di elevatissima qualità e complessità tecnica per i più affermati marchi del lusso a livello internazionale. Contemporaneamente, realizziamo una linea propria destinato esclusivamente a pochi e prestigiosi rivenditori italiani». La tradizione calzaturiera campana riveste un ruolo predominante nel panorama nazionale sia dal punto di vista stilistico che tecnico. E lei, con la sua azienda, ha deciso di riportarla alla ribalta, tramandandola anche a nuovi talenti. «Ho ripreso la tradizione della mia famiglia, che
Salvatore Minucci
dal 1960 ha sempre prodotto calzature nel centro storico di Napoli. Gli studi presso il liceo artistico mi hanno permesso di sviluppare un gusto per l’estetica, i colori, le proporzioni che viene naturale sfruttare nel momento in cui devo concepire la calzatura. In effetti l’azienda è diventata oggi anche punto di incontro di giovani stilisti emergenti, che qui possono dare vita alle loro idee».
La produzione viene gestita attraverso un connubio equilibrato tra tradizione e innovazione, tra artigianato e industria, tra memoria e progresso
Il suo perfezionismo ha incontrato il consenso di notissimi marchi di lusso con i quali ha collaborato negli anni e collabora tuttora. «È vero, produciamo per i più importanti nomi del settore, ma la nostra non è solo una produzione in conto terzi. Realizziamo la linea Salvatore Minucci - hand made in Italy con l’utilizzo di materiali pregiati e accuratamente selezionati. Attualmente nel calzaturificio, che si trova ad Arzano, il secondo polo calzaturiero della Campania, vengono prodotte 80 mila paia all’anno, trovano lavoro circa 100 persone e continuamente viene alimentato un bacino di apprendisti per mantenere vivo il patrimonio di competenze che attualmente esiste in azienda. Tutte le fasi di produzione sono effettuate all’interno del nostro opificio, una scelta che ci permette di avere un controllo costante e scrupoloso in ogni momento della lavorazione». Quali sono le caratteristiche della produzione? «La produzione viene gestita attraverso un connubio equilibrato tra tradizione e innovazione, tra artigianato e industria, tra memoria e progresso. La scelta fondamentale di Salvatore Minucci è quella della qualità totale. A questo scopo, vige in azienda una perfetta fusione tra le capacità artigiane delle nostre maestranze e i
processi industriali all’avanguardia. Gestisco la mia azienda come una squadra e grazie all’aiuto del mio Direttore Industriale Luigi Ferrarese e del mio responsabile dell’ Ufficio Stile Ciro Perna siamo riusciti ad ottenere risultati importanti. Credo che questo sia il punto di forza principale e il fattore di successo dell’azienda. Il fatto di seguire internamente ogni fase della produzione ci consente il controllo completo dei processi produttivi che rispettano elevati standard qualitativi. Riusciamo così ad offrire velocità di esecuzione, puntualità nelle consegne ed elasticità produttiva». Usate la stessa metodologia per ogni modello? «Il know how aziendale consente l’applicazione della stessa metodologia produttiva su ogni prodotto messo in lavorazione. I processi di assemblaggio vengono gestiti a “doppia velocità” a seconda dell’incidenza delle operazioni artigiane da eseguire sul prodotto. Alcune linee di produzione, infatti, beneficiano della precisione dei macchinari e sono gestite in modo completamente industriale, altre vengono lavorate “fuori manovia”, completamente a mano».
Salvatore Minucci, a destra, con alcuni collaboratori. In apertura, il calzaturificio di Arzano www.newlucy.it
CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 131
PROJECT FINANCING
Interessi pubblici e privati, uno strumento per conciliarli
P
er superare i momenti di crisi come quello che stiamo attraversando, sono fondamentali fra le altre cose cooperazione e unione delle forze. Non solo fra aziende dello stesso settore oppure fra esse e i loro clienti, ma anche fra soggetti di tipo diverso che collaborano per il bene comune e per ricavare un legittimo guadagno dagli investimenti che effettuano. Questo è grosso modo il principio della finanza di progetto – project financing, per usare il termine tecnico più in voga –, un sistema di finanziamento a lungo termine che viene utilizzato principalmente per la realizzazione di opere di pubblica utilità e coinvolge imprenditori privati, pubbliche amministrazioni e istituti di credito. Per chi si occupa di questo campo, la multidisciplinarietà è un requisito importante; da questo assunto sono partiti il dottor Tonino Mirenda e l’architetto Antonietta Santoro, che fondendo i rispettivi percorsi professionali, nel 2002 hanno fondato a Roma la Sinapsis, sintesi delle esperienze maturate nell’ambito del project management, della gestione dei cicli di progetto, dei servizi di ingegneria e di architettura. «La pluri-
Esiste uno strumento finanziario in grado di garantire benefici pubblici e utili privati. Non si tratta però di una bacchetta magica e, come spiegano Tonino Mirenda e Antonietta Santoro, il suo utilizzo richiede molti accorgimenti Francesco Bevilacqua
disciplinarietà – spiega Tonino Mirenda – ormai non rappresenta più un valore aggiunto, quanto piuttosto un’inevitabile necessità, in quanto riflette la struttura delle iniziative di project financing o di leasing, che a loro volta si compongono di più aspetti: architettonico, ingegneristico, economico-finanziario, legale e amministrativo». Qual è il profilo delle aziende che si cimentano in questo tipo di operazioni? «Si tratta generalmente di imprese di dimensioni medio grandi, fornite non solo delle necessarie qualificazioni di legge per l’esecuzione dei lavori pubblici, ma anche dei requisiti gestionali idonei. Questi soggetti inoltre, possieSotto, il render del progetto della piazza Aldo Moro di Cerveteri (RM) curato da Tonino Mirenda e Antonietta Santoro di Sinapsis, insieme nella pagina a fianco www.societa-sinapsis.com
Tonino Mirenda e Antonietta Santoro
dono sempre uno standing creditizio molto elevato in quanto, soprattutto nelle operazioni di project financing, il partner fondamentale del promotore che diviene concessionario è sempre una banca». Come assistete chi si rivolge a voi? «Operiamo su tutto il territorio nazionale come società di ingegneria e di servizi affiancando le imprese che intendono candidarsi a concessionari di opere pubbliche attraverso la partecipazione a procedure di project financing e di concessione. Curiamo l’integrale ciclo di progetto, dall’elaborazione di analisi e di studi di fattibilità preventiva alla predisposizione della proposta fino al collaudo delle opere da realizzarsi in regime concessorio». Quali sono le criticità che contraddistinguono la finanza di progetto oggi? «La prima difficoltà si incontra nell’individuare e selezionare solo le iniziative fornite di una in-
trinseca sostenibilità, tanto finanziaria quanto tecnico-procedurale. La finanza di progetto infatti consente di realizzare solo un numero limitato di opere, ovvero quelle capaci di ripagare gli investimenti attraverso i flussi di cassa generati dalla gestione. Accade spesso tuttavia, che le pubbliche amministrazioni promuovano iniziative assolutamente incompatibili con i parametri minimi richiesti da un’operazione. Inoltre, nonostante le modifiche in tal senso introdotte dall’articolo 153 del Codice dei Contratti, le procedure che disciplinano le operazioni di project financing sono ancora troppo lente e farraginose. Infine, c’è da rilevare come troppo spesso gli studi di fattibilità proposti dagli enti della pubblica amministrazione siano carenti e insufficienti». Come dovrebbero comportarsi le pubbliche amministrazioni per agevolare l’utilizzo di questa risorsa? «Il futuro della finanza pubblica locale è strettamente connesso alla capacità da parte di enti pubblici virtuosi, intraprendenti e lungimiranti di attrarre i capitali delle banche, unitamente all’esperienza imprenditoriale di imprese di elevato livello. La finanza di progetto ha proprio questo scopo: coniugare l’iniziativa pubblica e le risorse private per realizzare opere utili alla comunità e alimentare un indotto che altrimenti rimarrebbe non sfruttato». L’alleanza con gli istituti di credito quindi è strategica? «Senza il forte coinvolgimento degli istituti di credito, riteniamo che l’attuazione della finanza di progetto non sia oggettivamente possibile. Le risorse proprie, il cosiddetto equity, messe a disposizione dai promotori, in genere non sono in grado di coprire adeguatamente il complessivo fabbisogno finanziario richiesto da un’operazione di project financing, la cui realizzazione rimane quindi vincolata all’adesione delle banche. Le nuove partnership con gli istituti di credito si rendono possibili in presenza di iniziative serie, concrete e soprattutto, praticabili. In ogni caso, la conditio sine qua non consiste nel proporre progetti che siano realmente in grado di remunerare adeguatamente i capitali investiti». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 135
IL MERCATO OCCUPAZIONALE
Sosteniamo i percorsi professionali Il mondo dell’occupazione si sta evolvendo rapidamente ed è importante individuare le caratteristiche che i lavoratori di domani devono possedere per rimanere al passo con i tempi. Pierluigi Raviele della Somec Impianti, analizza il mercato occupazionale e i nuovi percorsi formativi Francesco Bevilacqua
S
Pierluigi Raviele della Somec Impianti di Battipaglia. Nelle altre immagini ambienti operativi dell’azienda www.somecimpianti.com
econdo l’Istat, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia ha registrato nel 2010 un incremento del ventinove per cento; eppure molte imprese lamentano carenza di manodopera specializzata. Secondo Pierluigi Raviele, responsabile della Somec Impianti, azienda attiva nella costruzione e manutenzione di macchine industriali, sono diverse le spiegazioni per questo fenomeno. La prima è il paradosso dell’esperienza almeno triennale che viene richiesta ai diplomati, che è ovviamente impossibile da trovare in un ragazzo al suo primo impiego. Una seconda contraddizione è quella dei mestieri legati alle nuove tecnologie, dove si osserva una carenza di manodopera che provoca conseguenze disastrose per le prospettive di svi-
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luppo. Le cause di tutto ciò? A detta di Raviele, «sicuramente l’inadeguatezza delle politiche pubbliche in materia di istruzione e formazione, ma anche la carenza di educazione al lavoro da parte del nucleo familiare». Quanto incide la precarizzazione del mercato occupazionale nella ricerca di manodopera altamente qualificata? «Moltissimo, proprio per questo l’occupazione e il reinserimento professionale delle persone, soprattutto dei giovani, rappresentano una vera priorità, in particolar modo se si tiene presente che tra di loro molti hanno perduto l’abitudine e la motivazione all’apprendimento; proprio quest’ultima, nel mutevole contesto dell’economia globalizzata, resta una caratteristica fondamentale». Quali sono le caratteristiche fondamentali per il lavoratore del domani? «Per prima cosa è necessario che il dipendente possieda l’attitudine a focalizzarsi sulla propria capacità formativa, imprescindibile per accedere al mondo del lavoro. Nondimeno sono caratteristiche fondamentali il sacrificio inteso come volontà di riuscita, la disponibilità intesa come flessibilità alle condizioni che il mercato richiede e il rispetto inteso come capacita di interrelazione con la sfera lavorativa. In fase di colloquio, verifico sempre da un lato la volontà da parte del candi-
Pierluigi Raviele
L’istruzione permanente e la formazione continua sono oramai divenute indispensabili per sostenere percorsi professionali strutturati in un modo ben più complesso che in passato
dato di porsi dei precisi obiettivi professionali e dall’altro la capacità di privilegiare la componente altruistica, che può svolgere un ruolo essenziale. Il messaggio è quindi questo: non fermarsi mai a una preparazione generale ma valorizzare il proprio bagaglio conoscitivo acquisendo nuovi input; un punto di arrivo deve essere considerato come un punto di partenza». A questo proposito, quale sarebbe un corretto percorso formativo? «L’istruzione permanente e la formazione continua sono oramai divenute indispensabili per sostenere percorsi professionali strutturati in un modo ben più complesso che in passato, che deve fare i conti con i cambiamenti dovuti all’innovazione tecnologica e con le trasformazioni in atto nell’organizzazione del lavoro. È quindi importante stimolare la curiosità dei giovani, spingerli al continuo apprendimento e alla trasmissione di ciò che imparano. L’acquisizione delle competenze chiave, lo sviluppo delle capacità di giudizio, di analisi, di decisione e di soluzione dei problemi e il lavoro di gruppo rappresentano i principi di base della formazione permanente o, come si diceva una volta, dell’apprendistato».
Oltre a responsabilizzarli, come si può attrarre i giovani verso il mondo del lavoro? «Essendo l’unico quantificabile, quello economico rimane l’aspetto maggiormente percepito, ma in un’azienda come la Somec Impianti, dove ogni giorno bisogna confrontarsi con problematiche tecniche inusuali e sempre differenti, lo stimolo maggiore è dato dal confronto tra le competenze tecniche acquisite e i nuovi elementi attraverso cui esprimere il proprio ingegno. Questo ci ha permesso sin dall’inizio di costruire una squadra con un elevato valore aggiunto, capace di risolvere le problematiche autonomamente e allo stesso tempo di auto stimolarsi per il prosieguo della collaborazione». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 139
BENI CULTURALI
Nuove risorse per salvare Pompei «Invocare l’apertura ai privati è inutile se prima non si individuano finalità e obiettivi». Risponde così il vicepresidente e assessore ai Beni culturali della Regione, Giuseppe De Mita, alla proposta dell’Ance di chiamare in soccorso gli imprenditori per risollevare Pompei Paola Maruzzi Numerosi crolli in sei anni, di cui gli ultimi negli ultimi mesi e un giro di turisti che sfiora i 2,5 milioni. Questa la paradossale situazione che fa da sfondo a uno dei siti archeologi più gettonati d’Italia. Sin dalla sua riscoperta, Pompei è sempre stata una città vulnerabile. Ma ora il progressivo disfacimento sembra aver innescato un meccanismo a orologeria. «Difficile dare una soluzione semplice su di un tema così complesso – avverte l’assessore ai Beni culturali della Campania – ma di sicuro occorre un’attività di controllo e manutenzione più puntuale». Non solo. L’auspicio di Giuseppe De Mita è che il restyling coinvolga gli investimenti dei privati, a patto però che le istituzioni pubbliche, cominciando dal governo centrale, facciano da traino. Si è parlato di una task force tra Ance, sopraintendenza e Regione Campania per “salvare Pompei”. A di146 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
stanza di qualche mese si sono fatti passi in avanti significativi ? «Occorre innanzitutto chiarire bene le competenze. La tutela e la manutenzione dell’area archeologica appartengono al ministero per i Beni e le attività culturali, che agisce attraverso la sopraintendenza speciale. Attualmente sono queste le questioni più urgenti, quelle relative appunto alla tutela e alla manutenzione del sito. Sarà stato per l’incertezza della guida del ministero, ma per ora non ci sono
significativi passi in avanti. Per quello che ci riguarda, stiamo promuovendo un forum su Pompei, in modo da coinvolgere tutti gli attori territoriali, sia pubblici che privati, per definire e coordinare le iniziative che attengono alla valorizzazione, alla promozione e al potenziamento dei servizi per i turisti». Il ministro Bondi ha più volte sottolineato l’importanza di istituire una fondazione per gestire gli scavi archeologici. In che modo la Regione dovrebbe pilotare questo incontro virtuoso? «Il problema non è il contenitore, ma il contenuto. Non bisogna commettere l’errore di scegliere un modello senza avere prima pensato alle finalità. Dall’inizio di questa vicenda, quindi dal crollo di novembre, stiamo spingendo affinché il ministero definisca cosa voglia fare. Solo dopo si potrà individuare la modalità migliore di approccio. Credo che l'aspetto più interessante e
L’assessore ai Beni culturali della Campania, Giuseppe De Mita. Nella pagina a fianco, il sito archeologico di Pompei dopo i crolli avvenuti negli ultimi mesi
Giuseppe De Mita
utile sia quello di pensare a modi di gestione del sito più dinamici e flessibili, con l’obiettivo di accrescere i servizi e la qualità. È su questo terreno che va aperta la sfida con il mondo delle imprese. Invocare l’apertura al privato in maniera astratta potrebbe risultare inefficace se prima non si individuano finalità e obiettivi». Come, ribaltando le logiche, si può trasformare in investimento duraturo l’emergenza pompeiana? «I fatti degli ultimi mesi hanno messo in evidenza
come l’attenzione nei confronti di Pompei sia universale. Non stiamo parlando di un bene solo campano, dunque i problemi che pone non possono essere gestiti esclusivamente della nostra regione. L’emergenza non è solo l’effetto di una cattiva gestione, questa sarebbe una visione semplicistica delle cose. Il punto è l’intima fragilità di questo luogo che necessita di un’appropriata attenzione da parte di tutti. Solo accettando questa logica si potranno ottenere risultati per il futuro, in un’ottica di ampio coinvolgimento che metta al centro Pompei, la sua unicità, il suo valore universale». Cosa chiedete alle imprese che, probabilmente, entre-
ranno in contatto con il patrimonio archeologico? «Il mondo dell’impresa, che ha già mostrato sensibilità rispetto a questo sito, come in realtà è avvenuto per altre emergenze archeologiche italiane, deve avvertire pienamente il grado di responsabilità sociale che questo tipo di intervento esige. È questa la strada per coniugare la dimensione economica del settore turistico con quella civile e sociale. Proprio per questo bisogna avere consapevolezza del delicato processo che il turismo mette in moto ed è dovere degli operatori turistici tentare di rispondere all’esigenza di ospitalità in una maniera completa, larga, e con efficienza». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 147
RIQUALIFICAZIONE
Per una nuova identità della periferia Napoli, in cantiere un nuovo modo di fruire i “margini”. Dal recupero di fondi necessari alla riqualificazione del tessuto urbano e alla possibilità di mettere in rete le risorse dei privati. Fa il punto Marcello Taglialatela, assessore regionale all’Urbanistica Paola Maruzzi
«P
ochi interventi di facciata utili alla propaganda politica ma non ai cittadini». Marcello Taglialatela, assessore all’Urbanistica della Campania, analizza in chiave critica le scelte, accumulate in anni di governo del centrosinistra, che hanno segnato un «colpevole» disequilibrio tra centralità e marginalità partenopee. Parlare di restyling è forse riduttivo. Perché, come spiega meglio l’assessore, bisogna «fare un vero e proprio salto qualità», azzerando il luogo comune di Napoli come terra di emergenze. Attraverso quali politiche la Regione sta puntando i riflettori sulle aree periferiche di Napoli? «È stato necessario innanzitutto fronteggiare l’emergenza abitativa. Questo l’obiettivo dell’intervento della Regione che ha sbloccato i fondi del governo stanziati per il comune di Napoli dal lontano
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1994. Parliamo di 170 milioni di euro disponibili da 15 anni, dei quali sono stati spesi solo la metà. È stato firmato il terzo atto integrativo all’accordo di programma tra ministero dei Lavori pubblici, Regione e Comune di Napoli, finalizzato alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e a programmi di recupero urbano. Questo ha scongiurato un taglio dei fondi da parte del governo e prevede tempi contingentati e scadenze assolutamente da rispettare. Il completamento delle opere da realizzare è previsto entro il 2012».
Quale il quadro degli interventi in corso? «Finora ci sono lavori per oltre 100 milioni di euro, di cui circa 63 completati, tutti riferibili a interventi di recupero su immobili di proprietà comunale, dislocati nel centro storico e in periferia. Ci sono cantieri ancora da avviare per oltre 78 milioni di euro. I programmi di recupero dei quartieri Soccavo, rione Traiano, Poggioreale,
Marcello Taglialatela, assessore regionale all’Urbanistica della Campania
Marcello Taglialatela
Le periferie di Napoli sentono forte il carattere di provvisorietà, tipica dei nonluoghi
rione S. Alfonso e Ponticelli, originariamente finanziati per 36 milioni, non sono mai stati avviati. Per il campo Evangelico e Lotto N, ci sono lavori in corso per 16 milioni (da avviare restano opere per 34 milioni). L'unico blocco di interventi andato a buon fine riguarda la riqualificazione urbanistica del rione De Gasperi a Ponticelli, con lavori in corso per tutti i 15 milioni previsti dal finanziamento. Aver tenuto per tanto tempo questi soldi
inutilizzati ha arrecato un danno enorme. Basti pensare che, in lire, l’accordo valeva molto di più che in euro. La Regione, dunque, vigilerà affinché siano rispettati i tempi e con essi i cittadini e le loro aspettative». In che modo potrà essere determinante il contributo dei privati? «È evidente che il contributo assicurato da risorse private può essere decisivo, nella misura in cui si mettono in
campo iniziative attraenti e mirate allo sviluppo, con significative ricadute sotto il profilo occupazionale. Napoli è un grande, potenziale laboratorio, ricco di risorse di ogni genere, all’interno del quale bisogna però saper individuare le priorità per poter poi disegnare linee di intervento idonee all’indispensabile rilancio della città, della sua tradizione, della sua immagine macchiata soprattutto dai più recenti avvenimenti di segno negativo che l’hanno proiettata all’attenzione del mondo intero. E non mi riferisco soltanto ai disastri causati dall’emergenza rifiuti. Un rilancio che, partendo dalla riqualificazione del patrimonio urbanistico, deve estendersi a tutti i settori, economico, sociale, culturale, nell’area occidentale come in quella orientale». Lei ha definito Napoli “un’area metropolitana CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 151
RIQUALIFICAZIONE
bloccata da 20 anni”. Quale prezzo stanno ancora pagando le periferie? «Le periferie, al pari di tanti altri quartieri, compresi quelli più attraenti dal punto di vista culturale, paesaggistico e turistico, scontano ancora i lunghissimi anni di incuria e malgoverno da parte del centrosinistra. Sono aree che sentono forte il carattere di provvisorietà, tipica dei nonluoghi. I disagi si possono “apprezzare” in termini di difficoltà di mobilità e congestionamento del traffico, disomogeneità nella distribuzione dei servizi e delle attrezzature pubbliche e di uso pubblico e in una complessiva dilatazione delle distanze. Ma, soprattutto, è ben visibile un forte senso di incompiutezza. La mancata attuazione di molte delle strade previste dai piani urbanistici si è andata ad 152 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
L'unico blocco di interventi andato a buon fine riguarda la riqualificazione urbanistica del rione De Gasperi, a Ponticelli
accompagnare alla mancata sistemazione di molte aree originariamente destinate al verde e ai servizi. Ciò che ne deriva è dunque una visione urbana frammentata». La riqualificazione non si risolve solo potenziando le infrastrutture. Quali altri fattori devono entrare in gioco per alzare la soglia di vivibilità di alcune periferie partenopee? «Il tema della periferie è complesso e non deve essere affrontato solo attraverso interventi puntuali. È, in primo luogo, fondamentale riuscire a eliminare la dicotomia centroperiferia e dare continuità e
qualità al tessuto urbanizzato, eliminando le discontinuità e le forme di degrado. Ma è altrettanto necessario valorizzare i caratteri dei luoghi e della comunità che li hanno generati e il patrimonio di qualità storica e culturale presente. Bisogna privilegiare, insomma, un’integrazione non solo sociale e di funzioni, ma anche di forme, di configurazioni spaziali. Bisogna assegnare ai margini nuove funzioni centrali che le ricollochino nello sviluppo della città, per esempio attraverso attività culturali, sportive, commerciali, ludiche, direzionali, universitarie e di ricerca».
Carlo Lamura
Le chance inespresse delle periferie partenopee A oriente il Distripark, a occidente il rilancio turistico. Per Carlo Lamura, capogruppo del Pdl a Napoli, due modi per incrociare le opportunità di sviluppo urbano e chiudere la stagione «dei buoni propositi, mai portati a termine» Paola Maruzzi
«I
n vent’anni non c’è mai stata una reale progettualità sul futuro delle periferie. Ma le opportunità ci sono, e vanno tradotte in piani di rilancio». In tema di restyling urbano, per il capogruppo del Pdl del Comune di Napoli bisogna fare un passo indietro. È quindi necessario guardare a quello che Napoli non è più e alla fatiscenza dei “vuoti” industriali, per chiedersi nuovamente di cosa avrà bisogno domani. Due le risposte ipotizzate: una più forte identità commerciale, necessariamente legata al recupero di Poggioreale; poi, la riscoperta turistica delle bellezze naturali, nascoste nelle aree ancora da bonificare di Bagnoli-Coroglio. Pianificato questo, il passo successivo è razionalizzare i possibili fondi, facendo attenzione a non disperderli. Qualche mese fa lei ha denunciato la negligenza dell’amministrazione comunale che ha lasciato in stand by «150 milioni di euro, stanziati nel 1994 per la riqualifi-
cazione edilizia». Come è andata a finire? «Grazie a un’iniziativa di concentrazione tra Comune e Regione e all’intervento del ministro Matteoli, i fondi che rischiavano di essere persi sono stati recuperati. È stato quindi sottoscritto un nuovo accordo. Parte delle risorse verranno impiegate per acquistare interi immobili nella provincia di Napoli, dove si costruisce ancora. Questi saranno destinati ai meno abbienti. Un’altra parte, invece, sarà probabilmente trasferita all'Istituto autonomo delle case popolari o allo stesso comune, che li impiegherà per acquistare o costruire nuovi edifici a uso cittadini disagiati». Qual è lo stato dei finanziamenti destinati alla riqualificazione delle periferie? «Non esistono fondi governativi e regionali ad hoc. Per individuare risorse specifiche, intervenendo su aree strategiche, stiamo verificando se possano entrare in gioco le risorse predisposte dal Piano per il Sud, che il governo sta per varare. Intanto bisogna fare chiarezza
su come impostare il ripristino delle periferie». Passando alla progettualità, in che direzione il Pdl spinge per rendere nuovamente attrattive le aeree urbane degradate? «Indubbiamente verso il tentativo di riqualificare l’immensa area dismessa di Poggioreale. Se fino agli anni Settanta qui sorgevano importanti stabilimenti industriali – per esempio la Cirio e la Manifattura Tabacchi – oggi ci sono solo strutture fati- Carlo Lamura, scenti in stato di semiabban- capogruppo del Pdl Napoli. Nell’altra dono. È necessario quindi, bo- dipagina, il porto nificare e colmare il vuoto: di Bagnoli e l’isolotto attraverso una nuova stagione di Nisida di edilizia abitativa, in linea con
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RIQUALIFICAZIONE
Il turismo non rientra nella dialettica della sinistra, che ama le fabbriche ed è legata a un immaginario da anni Cinquanta
l'incremento dei volumi edifi-
cati voluto dal Piano casa, oppure ripristinando gli opifici che hanno ancora delle potenzialità. Un progetto ancora più ambizioso sarebbe quello di trasformare l'aerea adiacente al porto in un distripark. Credo che l’idea di un parco tecnologico di distretto, in cui finalmente troveranno spazio tutte quelle attività che fanno da corollario all’import-export, significhi dare nuovo smalto a Napoli, portaerei del Mediterraneo. Oggi lo svolgimento delle funzioni portuali - per esempio l’assemblaggio dei prodotti, la movimentazione dei container - soffre a causa degli spazi ristretti». Spostandoci sul fronte periferico occidentale, che pos-
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sibilità si aprono? «Un discorso diverso va fatto per Bagnoli-Coroglio, complessivamente una zona di grande pregio naturalistico, ingiustamente sottovalutata e, da oltre trent’anni, ancora oggetto di bonifica ambientale. Anche qui in passato c’era un grande polo industriale, ma oggi l’intero quartiere andrebbe riscoperto in chiave turistica. Le potenzialità ci sono, ma mancano i progetti di rilancio vero e proprio. Non si sa ancora se verrà costruito un nuovo porticciolo o in che direzione andranno collocate le strutture ricettive che nasceranno». In che senso, per il rilancio di Bagnoli-Coroglio sarà strategico anche il federalismo demaniale?
«Perché permetterà di recuperare le potenzialità turistiche dell'isola di Nisida, la cui fruizione oggi è fortemente limitata. In questo modo si riuscirebbe a ripristinare anche il porto militare, attualmente a uso della Marina americana». Uno scenario che, soprattutto per la periferia occidentale, inevitabilmente richiama le imprese edili. Come cercherete di coinvolgerle? «Sicuramente la riqualificazione passerà anche per l’edilizia residenziale, di cui Napoli ha forte bisogno. D’altronde il primo passo per rivalutare un’area urbana è renderla fruibile e vivibile dai cittadini». Scampia e Secondigliano, periferie criminose. Quali alcuni interventi per riappropriarsi di queste frange autarchiche? «A Scampia dovrebbe proseguire l'abbattimento delle vele. Per entrambi bisognerebbe ripensarne la funzione attrattiva. Per esempio, le ex caserme di Miano potrebbero diventare delle strutture sportive. Insomma, bisogna ricucire gli strappi sociali ed evitare l’isolamento».
Dalla pianificazione urbanistica ai cantieri reali Promuovere il mercato delle costruzioni a Napoli. Questo è per Rodolfo Girardi, presidente dell’Acen, il filo conduttore che stringe insieme ripresa dell’edilizia e riqualificazione delle periferie degradate Paola Maruzzi
I
l presidente dei costruttori edili partenopei mette l’accento sul project financing, dunque sulla possibilità che gli investimenti privati contribuiscano a portare lo sviluppo anche nelle zone degradate delle città. A dare nuovo ossigeno alla filiera, secondo Rodolfo Girardi, sarà l’approvazione del piano casa da parte della Regione, a cui va l’inevitabile apprezzamento degli imprenditori sia per quanto riguarda i processi di semplificazione amministrativa - specialmente per gli interventi di riqualificazione urbana nelle aree industriali dismesse - sia per la possibilità di adegua-
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menti della strumentazione urbanistica, che consentano una maggiore offerta abitativa, specie per le famiglie con reddito basso. «Positiva è la collaborazione fra la maggioranza di governo e l’opposizione che conferma la maturazione di un comune senso di responsabilità, per altro già segnalato sul finire della scorsa legislatura regionale in riferimento alle medesime questioni della politica della casa. È ora auspicabile che si realizzi all’interno delle singole amministrazioni comunali, specialmente laddove più pressante è il deficit di abitazioni, per consentire le necessarie soluzioni urbanistiche a
In apertura, l’intervento di ristrutturazione della palazzina Cosenza, sede del Comitato paritetico territoriale di Napoli. Qui sopra, Rodolfo Girardi, presidente dell’Associazione costruttori edili di Napoli
supporto dei programmi residenziali», sottolinea Girardi. In tema di riqualificazione delle periferie di Napoli, che parte svolge l’Acen? «Il ruolo dell’Acen è diversificato, sia in termini di azioni generali che di strategie a favore degli associati. In fase di pianificazione territoriale l’associa-
Rodolfo Girardi
zione esprime il proprio punto di vista sulle disposizioni normative che riteniamo debbano sempre contemplare la praticabilità finanziaria degli interventi. Sul piano degli investimenti pubblici, collaboriamo con le amministrazioni perché si arrivi all’aggiudicazione delle opere programmate nel più breve tempo possibile e in piena garanzia della concorrenzialità fra imprese. Sul piano degli investimenti privati, infine, sosteniamo e indirizziamo le imprese che manifestano la volontà di intraprendere iniziative su tutto il territorio cittadino e nell’area metropolitana di Napoli». Cosa state facendo per favorire il partenariato pubblico-privato per lo sviluppo locale? «Prima di tutto svolgiamo un totale affiancamento del sistema imprenditoriale, anche con attività specifiche di consulenza. Ma ancora più importante è l’esserci ritagliato un ruolo di prima linea nella rappresentanza e nel dialogo con la pubblica amministrazione che, nel caso della diverse formule di partenariato, è ovviamente molto forte». Questa sinergia cosa ha prodotto? «Per dare degli esempi concreti, solo sul territorio cittadino in questo momento monitoriamo e sosteniamo 56 diverse iniziative. Al centro della stragrande maggioranza di queste c’è un’ampia riqualificazione di aree industriali ormai dismesse.
Nell’insieme queste iniziative realizzeranno 3 miliardi di euro di investimento in un’area che complessivamente misura circa 730 ettari». Quale “marcia in più” devono avere le imprese edili che investono nella riqualificazione delle aree periferiche? «La riqualificazione urbana spesso diviene anche sociale ed economica, per questa ragione le imprese edili devono essere attente alle dinamiche di mercato e avere una forte propensione al rischio imprenditoriale. Altra qualità che non può mancare è la fruttuosa capacità di interlocuzione con i soggetti più diversi: dalla pubblica amministrazione alle banche, passando per i committenti. Fondamentale per questo tipo di società è che siano fortemente capitalizzate e strutturate sotto il profilo delle competenze, oltre che attente agli aspetti legati alla gestione. Ma ciò che risulta premiante più di ogni cosa è operare in qualità. In questo
senso l’Acen, ormai da diversi anni, profonde un notevole sforzo per agevolare e determinare la crescita dimensionale e organizzativa delle imprese iscritte, oltre a svolgere azione di formazione continua per lo sviluppo delle competenze di ogni risorsa umana». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 157
ABUSIVISMO
Demolizioni, la partita non è ancora chiusa «Quella del Pdl è una battaglia parlamentare giusta» afferma l’onorevole Mario Landolfi. «I campani vivono una realtà drammatica e sono stati gli unici tra i cittadini italiani a non aver usufruito dei benefici del condono edilizio del 2003» Elisa Fiocchi
N
el decennio che riguarda l’ultimo condono (1994-2003), sono state registrate nella sola Campania più di 76mila opere abusive, ovvero il 20% delle illegalità edilizie del territorio nazionale. Un dato che si traduce in un abuso ogni cento abitanti. Oggi la situazione mantiene numeri preoccupanti: sarebbero
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65mila gli immobili interessati da una sentenza penale di condanna passata in giudicato, con la sanzione accessoria dell’abbattimento e del ripristino dello stato dei luoghi. Secondo il rapporto “Ecomafie 2009” di Legambiente, nella sola provincia di Salerno si colleziona il maggior numero di casi di abusivismo con 93mila aree che risultano libere al catasto ma che in realtà sono occupate da case senza autorizzazioni. Il fenomeno riguarda principalmente la costiera amalfitana e quella cilentana, tenendo conto anche dell’agro-nocerino-sarnese dove 27mila persone sono state denunciate per abusi edilizi negli ultimi vent’anni. Cancellata dal decreto Milleproroghe la norma che prevedeva la sospensione degli abbattimenti per gli abusi edilizi in Campania, il governo valuta nuove soluzioni per evitare le 60mila demolizioni previste entro il prossimo 31 dicembre. «Non parlerei di sconfitta politica – ha sottolineato il coordinatore vicario
del Pdl Mario Landolfi – ma di rammarico per aver condotto una giusta battaglia finalizzata a riequilibrare la situazione. Questa sconfitta colpisce tutti quei cittadini che avevano sperato in una maggiore comprensione delle istituzioni». In che modo l’amministrazione regionale sarebbe potuta intervenire adeguatamente nei prossimi dieci mesi, evitando le demolizioni? «Il Pdl ha definito “giusta” la battaglia parlamentare volta ad ottenere la moratoria delle demolizioni degli immobili fino al prossimo 31 dicembre perché i campani sono gli unici tra i cittadini italiani a non aver usufruito dei benefici del condono edilizio del 2003. L’allora governatore Bassolino decise infatti di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale impedendo così a tanti proprietari di prima casa di poter sanare e far ritornare nella legalità abusi dettati quasi sempre da necessità o dalle insopportabili lungaggini bu-
Il coordinatore vicario del Pdl Mario Landolfi
Mario Landolfi
I campani sono gli unici tra i cittadini italiani a non aver usufruito dei benefici del condono edilizio del 2003
rocratiche. Parallelamente alla moratoria, ed in ogni caso prima della sua scadenza, la regione avrebbe redatto i nuovi piani paesistici programmando in tal modo il regime vincolistico. Un atto che dal 1970 a oggi non è stato mai prodotto». Lei ha parlato di sconfitta che colpisce tutti i cittadini campani. Quali possibili scenari andranno a delinearsi? «I cittadini campani avevano sperato in un passo deciso da parte delle istituzioni nella di-
rezione della soluzione di un problema spinosissimo, che riguarda non solo i proprietari di immobili da demolire ma anche tanti amministratori, di destra e di sinistra. Ma confido che il discorso non sia definitivamente chiuso». Il presidente di Legambiente Campania, Michele Bonomo, ha definito questa norma sostenuta dal Pdl vergognosa, indecente e irresponsabile. Come risponde? «Vergognoso, indecente ed
mila
DEMOLIZIONI Gli immobii da abbattere fino al prossimo 31 dicembre
mila DENUNCE
Le persone denunciate per abusi edilizi negli ultimi vent’anni nell’agronocerino-sarnese
irresponsabile è chi si trincera ipocritamente dietro un astratto principio di legalità che non tiene conto della realtà. Una realtà drammatica per decine di migliaia di persone». Dopo la cancellazione della norma come ne uscirà il Pdl campano anche in vista delle prossime elezioni amministrative? «Il Pdl è convinto delle scelte fatte e continua la sua battaglia. Aggiungo solo: chi ha coscienza, ci segua». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 161
ABUSIVISMO
Nuove normative paesaggistiche per la Campania
D
opo la cancellazione dell’emendamento Sarro al decreto Milleproroghe, che prevedeva la sospensione degli abbattimenti per gli abusi edilizi, la Regione valuta nuove normative paesaggistiche per tutelare il territorio, e in particolare la costiera amalfitana. «Ci auguriamo che il governo intervenga perchè questa spada di Damocle degli abbattimenti minaccia una serie di persone nella provincia di Salerno» avverte il presidente Edmondo Cirielli, che lancia l’allarme: «Il rischio è che tra 7-8 mesi la regione ridisegni i vincoli e alcune zone antropizzate vengano escluse dalla tutela paesaggistica». Come si spiega l’improvviso dietrofront sull’approvazione dell’emendamento? «La prima volta il governo non ha raggiunto i voti necessari per via di un autentico colpo di mano dell’allora presidente di turno, l’onorevole Bindi, che chiuse la votazione quando c’erano almeno cinquanta deputati del Pdl nell’emiciclo che non avevano ancora raggiunto la
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«No all’abusivismo» dichiara il presidente della provincia di Salerno Edmondo Cirielli. «Ma serve tempo per ridisegnare i vincoli e anche la magistratura si è resa conto che sarebbe un atteggiamento iniquo accelerare sugli abbattimenti» Elisa Fiocchi
postazione: si è trattato di un atto gravissimo, stigmatizzato da tutti. Quando abbiamo ripresentato la norma, il presidente Napolitano ha giustamente fatto notare che erano trascorsi ancora pochi mesi da quando il Parlamento si era espresso negativamente. In ogni caso, l’impegno attuale del governo è quello di assecondare l’amministrazione regionale che chiede qualche mese di tempo in più per rivedere in maniera organica i vincoli». Come cambierà l’assetto edilizio nella provincia di Salerno? «Ci sono alcune zone sulla costa che hanno subìto negli anni vincoli analoghi alla costiera amalfitana, pur avendo un’altra valenza e prospettiva. Come Pdl abbiamo chiesto al governo, che ha inserito ben due volte questa norma, di non fare sanatorie ma semplicemente di concederci del tempo utile a
riorganizzarci». Quali possibili scenari andranno a delinearsi per i cittadini, qualora ripartissero le demolizioni? «Nell’anno 1994/95 ci sono stati due condoni a breve sca-
Edmondo Cirielli
È giusto criticare l’abusivismo, ma non si possono avere due pesi e due misure denza di cui uno valeva anche per le zone sottoposte a vincolo paesaggistico e l’altro no, con il risultato che esistono case a due metri di distanza dove una usufruisce del condono a dispetto dell’altra all’interno di una zona
che non ha più valore paesaggistico perchè è antropizzata. Ciò non significa voler fare sconti agli abusivisti». Sono previsti nuovi summit per proporre eventuali modifiche? «Per quanto riguarda la mia provincia, il problema maggiore lo vive Cava de’ Tirreni, che conta più di duemila famiglie su 60mila abitanti. E non si tratta di una speculazione edilizia ma di abusi di necessità. Ora la situazione è in stand by e l’assessore regionale all’Urbanistica sta lavorando per cambiare il piano paesistico e anche la magistratura si sta rendendo conto che sarebbe un atteggiamento iniquo accelerare sugli abbattimenti. Come ente provinciale abbiamo sollecitato la Regione a riunificare il sistema dei vincoli tenendo conto delle realtà già antropizzate. Il piano casa, approvato dalla giunta regionale da pochi mesi, ha introdotto
un sistema che contrasta il regime vincolistico mediante un sistema premiale che consentirà un urbanistica sostenibile attraverso la tutela paesaggistica e ambientale. L’obiettivo è puntare al recupero di casolari abbandonati, centri storici dismessi e salvare anche il patrimonio rurale che possiede una valenza architettonica». Il presidente di Legambiente Campania, Michele Bonomo, ha definito irresponsabile la norma sostenuta dal Pdl. Come risponde? «Irresponsabile è stata la linea del centrosinistra che ha consentito ogni costruzione senza un controllo adeguato. Tutte le province e il 90% dei comuni erano governati dalla sinistra e in tutto questo tempo non s’è fatto nulla per arginare il problema anche per motivazioni clientelari da tutelare. E in quel periodo dove stava Legambiente? È giusto criticare l’abusivismo, ma non si possono avere due pesi e due misure. Se fra 6-7 mesi la Regione abbatte il vincolo in alcune zone potrà accadere che abitazioni prima demolite possano ottenere l’autorizzazione a essere ricostruite l’indomani. Non è una situazione umanamente sostenibile. Il lassismo del centrosinistra ha scaricato il problema sulle nostre spalle e ora serve una legge regionale per rivedere il sistema paesaggistico e svincolare le zone che sono di fatto in città». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 163
Contro le infrastrutture “al ribasso” In pochi anni è divenuta una società trainante per lo sviluppo di progetti pubblici e privati. Ma nonostante la crescita, la Italstrutture, guidata dalla famiglia Ambrosino, si scontra con l’atavico sistema appaltistico nazionale, di cui denuncia le storture Carlo Sergi
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risi infrastrutture. Un binomio che certamente non avvalla lo sviluppo di un territorio. Secondo Claudia Ambrosino, amministratore unico della Italstrutture di Mercogliano, nell’avellinese, sbaglia chi considera la recessione finanziaria la principale criticità per il settore edile. «Analizzando il quadro campano, mi sento di dire che non sono calati gli investimenti rivolti alle opere pubbliche – sostiene la Ambrosino -. A creare ostaSopra, una veduta dell’Ippodromo dei Pini di Follonica. Sotto, Claudia Ambrosino, Au di Italstrutture coli è un sistema farraginoso, e segreteria@italstrutturescpa. info non sempre logico, alla base dell’assegnazione degli appalti». Per effetto di un ricambio generazionale, l’imprenditrice è dal 2007 a capo dell’azienda di famiglia, già nota nel campo delle opere stradali, fognarie, di edilizia industriale e dei movimenti terra dal 1966, avendo realizzato importanti progetti 166 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
su tutto il territorio nazionale sia per soggetti pubblici, come Anas, il Comune di Ravenna e la Provincia di Napoli, che privati, tra cui anche la Società Italiana Condotte d’Acqua e Tangenziale di Napoli Spa. Perché quello degli appalti è un nodo così difficile da sciogliere? «Attualmente sull’intero comparto edile nazionale sono presenti innumerevoli aziende nate in modo improvvisato, senza alcuna esperienza. Negli ultimi anni, soprattutto a causa della crisi, molte di queste hanno offerto, e continuano a farlo, ribassi di gara eccessivamente elevati, improponibili per tutti quegli attori che, come noi della Italstrutture, hanno come obiettivo primario quello di offrire un prodotto di qualità, conformandosi alle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, previdenziali e assicurative, oltre che a quelle di tutela dell’ambiente». Dunque occorre un cambiamento gestionale del sistema appaltistico? «Per evitare tutto ciò è necessario provvedere a
Claudia Ambrosino
controlli più serrati sul rispetto delle norme e sulla qualità del prodotto finale. I controlli sono necessari soprattutto per la tutela del cittadino, trattandosi per lo più di opere di pubblica utilità». Parlando di Italstrutture, pare di capire che abbia reagito positivamente alla crisi. Lo conferma? «Il bilancio del 2010 è positivo. Abbiamo registrato un incremento della produzione che ha determinato un aumento del fatturato pari al 40% circa rispetto al 2009. Questo risultato incoraggiante è stato favorito anche dall’acquisizione di nuove commesse, come ad esempio i lavori di manutenzione straordinaria relativi alla SS 131 Carlo Felice commissionatici dall’Anas - Compartimento della Viabilità per la Sardegna». Tra i vostri lavori emergono anche alcune opere di riqualificazione. In particolare a Follonica avete collaborato a trasformare un’ex area industriale in un nuovo spazio culturale e artistico. «L’amministrazione del Comune di Follonica ha deciso di ristrutturare, in conformità al Piano di Recupero dell’“Area Ex Ilva”, l’edificio più rappresentativo della “Fonderia Leopolda”, affidando il progetto al celebre architetto Vittorio Gregotti. L’intervento poneva la risoluzione di problemi come il rispetto delle caratteristiche di archeologia industriale e l’utilizzazione funzionale per diversi tipi di spettacolo e manifestazione. Il mantenimento del valore storico archeologico è stato l’obiettivo principale del progetto. L’inserimento di nuovi elementi non avrebbe dovuto intraprendere una “logica mimetica” ma introdurre una dichiarata dialettica tra antico e moderno, garantendo il mantenimento delle caratteristiche storicoculturali oggi presenti». Nel concreto quali interventi avete seguito?
Dall’alto, il recupero dell’area ex-Ilva, sempre a Follonica, e lo staff tecnico-amministrativo della società edile
«Abbiamo realizzato una pavimentazione sopraelevata con finitura in listoni di legno della sala principale, uno spazio di oltre 1000 mq, sotto la quale è stato posto un cunicolo in calcestruzzo che ospita le canalizzazioni e le macchine per il trattamento dell’aria dell’impianto di condizionamento. Sono state messe in piedi, poi, contropareti in legno sufficienti ad accogliere la parte terminale della canalizzazione dell’impianto di condizionamento, per un’altezza di 5 metri. L’opera rientra in una categoria, quella del restauro, non ordinaria per Italstrutture, che si rivolge a interventi prevalentemente di carattere infrastrutturale. Per questo a Follonica abbiamo investito competenze tecniche e risorse artigianali, gran parte di origine campana, tali da poter esprimere una qualità adeguata alla natura dell’intervento». A Follonica, comunque, il vostro operato deve essere stato molto apprezzato, avendo collaborato anche al progetto dell’Ippodromo dei Pini. «Si tratta di un intervento di respiro internazionale, è il terzo impianto in Europa per grandezza, attrezzature, servizi e tecnologie. Gli elementi più importanti del complesso sono certamente le piste per i cavalli. Abbiamo realizzato la pista di allenamento Tonda, per il riscaldamento prima della gara, quella di allenamento, dritta, la pista interna ad anello, che ha una lunghezza di mille metri e la “pista da corsa” ,sempre ad anello che ha una lunghezza di 1400 metri. Il nostro intervento era mirato alla realizzazione di molte delle infrastrutture connesse all’ippodromo. Abbiamo seguito, tra le altre cose, anche i lavori per i parcheggi, che ospitano oltre 2500 posteggi. Portano la nostra firma anche tutti i sottoservizi per l’approvvigionamento e lo smaltimento delle acque, per le telecomunicazioni e per la fornitura dell’energia elettrica». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 167
POLI COMMERCIALI
Dalle ceneri dell’industria rinasce il commercio
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a profonda rivoluzione che ha investito il mondo imprenditoriale degli ultimi anni, unita al peso sempre crescente che ha assunto l'informatica all'interno dei processi produttivi e alla recente crisi di interi settori, ha fatto diventare obsoleti e inadeguati molti poli industriali rendendoli, al contempo, disponibili per un diverso uso. Un gruppo di commercianti napoletani, stanchi dei problemi del centro cittadino, ha quindi pensato a un modo per rilanciare una vecchia zona industriale, facendone un polo commerciale. Giuseppe Scala è uno di quegli imprenditori che, nel 1981, costituirono una società consortile con l’obiettivo di realizzare un centro all’ingrosso fuori dall’area urbana, per tenere viva la tradizione della zona commerciale di piazza Mercato. Perché creare il Centro Mercato Due? «Il centro nasce dalla volontà di un gruppo di operatori commerciali di svolgere la loro attività non più nella zona di Piazza Mercato, divenuta negli anni sempre più caotica e impraticabile, bensì in un contesto meglio organizzato, 168 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
La periferia orientale di Napoli non è solo un luogo degradato. A dimostrarlo, il Centro Mercato Due che oggi rappresenta un nuovo modello di economia e occupazione. Ne parla Giuseppe Scala Riccardo Ceredi
inserito comunque all’interno del tessuto urbano di Napoli. La scelta del sito non fu semplice; l’attenzione ricadde su di un’area in disuso del polo chimico, dove in precedenza sorgeva l’azienda Snia Viscosa, ubicata ad est della città. Oggi l’area, grazie anche al nostro complesso, dà un importante contributo all’economia cittadina». Può descrivere meglio la zona? «Il complesso sorge nel quartiere di S. Giovanni a Teduc-
Sopra, Giuseppe Scala, presidente del consorzio che, dopo lunghe battaglie, ha creato il Centro Mercato Due, una realtà che oggi si estende su cinquantamila metri quadrati www.cm2.it
Giuseppe Scala
30 SOCI
Questo il numero di attori coinvolti nella compagine societaria del centro commerciale che si sviluppa su una superficie di 50mila metri quadrati
cio e occupa un'area completamente pianeggiante compresa tra via Ferrante Imparato, i raccordi autostradali, la residua proprietà della Società Snia e la locale stazione della ferrovia Circumvesuviana. La prerogativa dell’area è quella di essere adiacente alla ferrovia e, allo stesso tempo, in collegamento con la rete autostradale e con la tangenziale di Napoli». È stata un’operazione semplice? «Tutt’altro. Abbiamo passato un periodo di lunghe traver-
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Il centro è stato realizzato nel quartiere di San Giovanni a Teduccio per evidenziare che la periferia orientale della città non è solo un luogo degradato
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sie, dal quale siamo usciti solo grazie a una grande tenacia, ed è stato solo agli inizi degli anni novanta che abbiamo coronato il sogno. Il centro commerciale è stato realizzato nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, anche per evidenziare che la periferia orientale della nostra città non è solo un luogo degradato, come viene spesso descritto, e che con il lavoro di un gruppo di uomini determinati è possibile realizzare dei nuovi modelli di economia e nuova occupazione». Insomma, ne è valsa la pena. «Assolutamente si: oggi questa realtà rappresenta un punto di riferimento per gli operatori commerciali, tanto quelli campani che nazionali. L’impegno profuso per la realizzazione del complesso è stato immane, ma le sfide non sono finite; siamo impegnati per mantenere alto il livello
qualitativo dell’offerta e per sviluppare sempre più le potenzialità del centro». Come è strutturato il centro? «Attualmente il Centro Mercato Due conta oltre trenta soci, e si sviluppa su una superficie di cinquantamila metri quadrati, coprendo svariati settori merceologici, dal commercio di accessori per auto all’abbigliamento, passando per l’arredamento e gli elettrodomestici. Inoltre, nelle aree dedicate agli uffici, pari a circa quattromila metri quadrati, hanno sede aziende attive nel campo dell'informatica, delle telecomunicazioni e della distribuzione commerciale. Il tutto è circoscritto in un'area protetta da un attento servizio di vigilanza e dai più avanzati sistemi di controllo. Non mancano zone verdi, parcheggi e un bar ristorante per soddisfare ogni tipo di esigenza». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 169
TRASPORTI
Si “solleva” il business dell’impiantistica
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on una potenzialità di trasporto che raggiunge anche le 1000 tonnellate, Melca si conferma come uno dei principali attori nel settore delle movimentazioni pesanti. Ciò che Luigi Melca ha creato è un piccolo impero costituito da quattro società. Oltre all’azienda omonima, infatti, nel gruppo napoletano si annoverano anche HTL, GSK e MSTcoop. Melca, 38 anni, è a tutti gli effetti un raro esempio di giovane imprenditoria vincente sul panorama produttivo partenopeo, che ha scelto di restare e investire sul suo territorio d’origine. Oltre ai trasporti eccezionali, il gruppo si conferma leader in servizi come il sollevamento tramite gru, la logistica e l’impiantistica. «Il nostro è un settore di non facile gestione – spiega Luigi Melca -. Senza i dovuti investimenti rivolti al rinnovo costante del parco mezzi difficilmente si può resistere sul mercato». Una logica che durante le crisi possono perseguire soltanto le aziende virtuose, ben capitalizzate e strutturate in maniera tale da attirare la fiducia 176 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
Cresce la realtà societaria creata da Luigi Melca, trainata dai ricavi ottenuti anche grazie al comparto delle rinnovabili e dell’impiantistica elettronica. Un risultato, però, che non deve frenare gli investimenti in ricerca e innovazione, vero motore del gruppo Filippo Belli di committenti, fornitori e istituti di credito. «Il nostro è un progetto imprenditoriale dedito al dinamismo e allo sviluppo armonico delle risorse umane, tecniche ed economiche – sottolinea il fondatore del gruppo -. Per questo siamo divenuti una realtà così significativa sul mercato di riferimento». Cambiano, negli anni, i distretti cui rivolgersi. E attualmente per il gruppo Melca l’energetico pare essere quello maggiormente strategico. Con HTL, infatti, si è reso protagonista nell’ambito dei sollevamenti di componenti di aereogeneratori nei parchi eolici, conquistando in
Luigi Melca
particolare il mercato del Sud Italia. «Quello dell’impiantistica energetica è un ambito dalle significative potenzialità di business – sostiene Luigi Melca -. Non è, però, un settore alla portata di tutti. Occorre una filosofia operativa improntata alla formazione e al rinnovo tecnologico costanti. I problemi che spesso emergono nel sollevamento e nella realizzazione di questi impianti possono rivelarsi estremamente complessi». A proposito di tecnologia, Melca ha orientato su GSK, società rivolta proprio all’impiantistica industriale, il core innovativo del gruppo. «Con GSK si concretizza la nostra anima più “moderna”, tecnologica – spiega il giovane imprenditore -. Abbiamo creato uno staff composto da ingegneri, periti elettronici e informatici, tutti focalizzati sull’individuazione dei migliori sistemi e delle più innovative tecnologie presenti sul mercato». La ricerca, dunque, come motore propulsivo per lo sviluppo aziendale. «L’integrazione tra i vari reparti aziendali ha reso possibili notevoli investimenti e scambi nell’ambito della formazione tecnica, delle attrezzature e delle strumentazioni. Soprattutto, diamo l’opportunità ai nostri committenti di avere un unico interlocutore sia per la fornitura che per la realizzazione di impianti elettrici ed elettronici». Nei piani di sviluppo di GSK, poi, non si trova unicamente il settore industriale. La so-
Il “peso” dell’azienda Sono circa un centinaio le persone che lavorano grazie alle società del Gruppo Melca: Melca Spa, Htl Srl e GSK Srl. Un importante indotto per il territorio campano. Quello dei trasporti eccezionali resta il core business per Luigi Melca. «Il nostro slogan è “movimentiamo il futuro” per rendere l’idea della nostra impostazione innovativa» spiega l’imprenditore. Melca Spa ha al suo interno un parco mezzi con oltre 150 unità, di cui 50 trattori e 100 tra rimorchi e semirimorchi modulari pesanti. La potenzialità di trasporto dei veicoli posseduti raggiunge le 900 tonnellate con possibilità di carico su modulari pesanti, allungabili fino a 45 metri, di componenti singoli fino a 250 tonnellate. L’azienda può quindi provvedere al trasporto di grossi impianti e di macchine operatrici per l’edilizia, l’industria e carichi speciali come carri ferroviari, grosse imbarcazioni da lavoro e carlinghe di aerei. www.melcatrasp.it
cietà ha infatti operato, tramite gare di appalto, su grandi progetti per il terziario e il civile tra cui ospedali, mense aziendali, grandi scuole, uffici direzionali, alberghi e ville residenziali. «In tutti i contesti, lavorativi o non, ormai viene richiesto un affiancamento nella gestione elettronica degli impianti, si pensi soltanto a quelli per il riscaldamento o il condizionamento degli ambienti» spiega Melca. Il livello raggiunto dai tecnici del gruppo ha anche permesso alla società di operare oltre confine, come in Francia e in Belgio. CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 177
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Nuovi materiali per infissi “sostenibili” Nella produzione di infissi, alluminio, legno e pvc, sono i materiali più rispondenti all’attuale politica ecologica. Il punto di Roberta De Michele Belinda Pagano
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n un periodo economicamente difficile come quello attuale, l’esperienza della società Gruppo Navarra fa comprendere come si possa emergere, investendo su diversi fattori determinanti. Il gruppo si posiziona infatti tra i leader italiani nella progettazione, produzione e commercializzazione di porte in massello, in tranciato, in laminato. «Si pensi che attualmente il gruppo si posiziona nel segmento più alto del mercato di riferimento e ha raggiunto l’obiettivo in pochissimi anni». Così esordisce Roberta De Michele, amministratrice della società e titolare di Industria Legno. Ma come è stato possibile in così poco tempo? «Innanzi tutto abbiamo puntato sulla modernizzazione. Proprio recentemente, l’azienda si è arricchita di tre moderni stabilimenti a San Salvatore Telesino, a Benevento, che rappresentano un puro concentrato di tecnologia indirizzata al trasferimento del laminato sui pannelli in Mdf. Tutta la produzione del gruppo è supportata da tecnologie di assoluta avanguardia: a riguardo l’azienda è dotata di un sofisticato impianto automatico di verniciatura all’acqua che risponde alle pressanti richieste di eco-sostenibilità dettate dalle più recenti normative». Ma stare al passo coi tempi non significa solamente essere aggiornati nel parco macchine. Negli ultimi anni l’aumento dei costi energetici e l’elevata emissione di
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CO2 impongono di riservare maggiore attenzione alle problematiche del risparmio energetico. «In quest’ottica l’azienda ha iniziato una produzione di infissi per esterni in alluminio/legno e pvc, in linea con la più attuale politica ecologica. Inoltre l’attenzione minuziosa nella scelta dei materiali, la vasta gamma di modelli e colori, il design raffinato e ricercato degli architetti permettono di soddisfare i gusti e le esigenze di una clientela sempre più difficile: tranciato, massello, laminatino, laccato, simply, decorate e incise, pantografate, sono solo alcune delle linee proposte. La funzionalità delle innumerevoli soluzioni tecniche e salvaspazio completa una proposta commerciale ricca di flessibilità e versatilità». La capacità di coniugare i valori antichi della tradizione artigianale con quelli più moderni dell’innovazione tecnologica emerge poi come il principale punto forza. «I valori antichi sono testimoniati ad esempio dalla lavorazione artigianale del vetro, curato nei suoi
80 mila PORTE
in legno prodotte ogni anno
30 mila MQ
coperti da tutti gli stabilimenti aziendali
Roberta De Michele
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Ogni risorsa umana all’interno di un ambiente di lavoro sereno e accogliente, viene inserita in un percorso di crescita professionale particolarmente dinamico e stimolante
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Sopra il Gruppo Navarra www.centroporteitalia.it
particolari dai maestri vetrai dotati esperienza e competenza. La cura del particolare, inoltre, passa attraverso la realizzazione di incisioni, inserti, applicazioni swarovsky, personalizzazioni varie e dalla capacità di confezionare porte su misura. Dall’altra parte, l’innovazione tecnologica è dimostrata dall’incessante ricerca di materiali moderni e funzionali: il rivestimento melanimico, ad esempio rappresenta uno dei prodotti di punta grazie all’ottima resistenza alle sollecitazioni esterne e ambientali quali graffi, macchie, umidità, ca-
lore, e alla capacità di ricreare il fascino del legno a prezzi molto contenuti. Valida alternativa a quest’ultimo è il rivestimento ligneo in tranciato in grado di evidenziare calore, naturalezza delle venature, tonalità di colore proprie del legno» precisa De Michele. E tradizione artigianale innovazione tecnologica e ricerca dei materiali oggi si accompagnano a una decisa crescita a livello nazionale grazie a un incessante investimento pubblicitario che comprende «campagne promozionali radiofoniche e televisive, partecipazioni a fiere locali e nazionali, esposizioni temporanee presso centri commerciali, cartellonistica stradale, attività di sponsorship con altre aziende, manifestazioni di solidarietà no profit, realizzazione e costanti aggiornamenti dei siti web, convenzioni con enti pubblici e aziende private». Infine, ultimo ma non meno importante aspetto è rappresentato dalla selezione e formazione del personale impiegato «ogni risorsa umana –conclude De Michele - all’interno di un ambiente di lavoro sereno e accogliente, viene inserita in un percorso di crescita professionale particolarmente dinamico e stimolante». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 181
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Valorizziamo gli strumenti della tradizione culinaria Tradizione familiare, produzione artigianale, design, made in Italy sono garanzie di sicura qualità. Così come la gastronomia, anche la produzione di accessori da cucina è un primato tutto italiano. Ne parlano Guido, Mariangela e Cristiano Mugnano Francesco Bevilacqua
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a cucina, si sa, è un campo in cui l’Italia tradizionalmente eccelle. Nulla di strano quindi che il nostro paese si distingua anche in un settore strettamene collegato, cioè quello della produzione di pentole, tegami e padelle, a maggior ragione quando la realizzazione di questi accessori è rafforzata dall’affidabilità e dalla garanzia di qualità assicurate dalla lavorazione artigianale made in Italy. Tutte queste caratteristiche – artigianalità, tradizione, fabbricazione locale – appartengono alla Linea Italia, storica azienda a condu-
zione rigorosamente familiare che da più di cinquant’anni è impegnata nella produzione di accessori da cucina. Da tre generazioni infatti, Linea Italia è andata avanti, sviluppando e migliorando la propria attività, grazie all’usanza di tramandare di padre in figlio le tradizioni artigiane che hanno portato Guido Mugnano a costituire l’azienda nel secondo dopoguerra. «Il nostro punto di forza – raccontano Guido, Mariangela e Cristiano Mugnano, nipoti del fondatore – è stato proprio quello di sfruttare l’esperienza nella realizzazione e produzione di pentolame, diffondendo la tradizione italiana, in particolare quella della nostra
Napoli, in tutte le cucine del mondo. In questo modo, grazie anche alla preziosa partecipazione alle attività aziendali di Francesco e Luigi, siamo riusciti a combinare l’amore e la conoscenza dell’arte culinaria con la ricercatezza del particolare nella progettazione degli strumenti da cucina». Un’azienda artigianale e familiare ha un’impostazione diversa da quella della grande fabbrica. Contrariamente a quanto fanno le multinazionali della grande distribuzione, la piccola impresa tradizionale vuole conquistare le persone attraverso un rapporto di fiducia reciproca rafforzato nel tempo, senza voltare le spalle alla qualità di prodotti
Guido, Mariangela e Cristiano Mugnano
realmente validi. «La gentilezza e la disponibilità – spiega Mariangela Mugnano – hanno creato nel tempo un rapporto fiduciario, rafforzato dalla realizzazione di prodotti di alta qualità. Il qualcosa in più è dato proprio dalla combinazione di tutti questi elementi che fanno parte di quel bagaglio di valori che viene tramandato di generazione in generazione». Naturalmente l’azienda ha continuato a portare avanti l’attività tenendosi al passo con i tempi: «Lo sviluppo tecnologico – fa notare Guido Mugnano – ha indubbiamente modificato e migliorato il ciclo produttivo, ma la logica che continua costantemente a contraddistinguerci è la progettazione e realizzazione di prodotti curati sempre con la stessa attenzione artigianale dei tempi passati. Oggi, grazie all’innovazione tecnologica riusciamo a diversificare maggiormente la nostra gamma prodotti e ad accontentare le richieste più particolari». Un’altra abilità tutta italiana che viene sfruttata nella realizzazione di questo tipo di accessori è quella del design. Così Linea Italia crea i suoi prodotti, dando particolare attenzione all’innovazione e seguendo il passo veloce con le richieste di differenziazione dei nostri tempi. Oggi, ad esempio, con la nuovissima linea home design curata da Cristiano Mugnano, «la forma classica delle padelle è stata arricchita con immagini serigrafate che, in originali mixage di colori, scritture, paesaggi e simboli, trasformano il tradizionale accessorio da cucina in
un vero e proprio oggetto di design». Oltre alla costante spinta innovativa, a rafforzare l’identità del brand campano contribuisce il fatto che tutte le fasi della produzione, dalla ricerca e sviluppo alla progettazione, fino alla produzione e al confezionamento, sono gestite internamente. Inoltre, Linea Italia ha recentemente attivato un’area di e-commerce sul proprio sito che offre la possibilità di procedere all’acquisto diretto di alcune linee di prodotti, accorciando ulteriormente la filiera, diminuendo i costi e consolidando il rapporto diretto con gli acquirenti. Come è giusto che sia poi, la passione, l’esperienza e la perizia che caratterizzano questa tipologia di imprese trovano un riscontro nel successo commerciale dei prodotti realizzati. Linea Italia ha raggiunto il notevole traguardo di tredici mi-
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La forma classica delle padelle è stata arricchita con immagini serigrafate che trasformano il tradizionale accessorio da cucina in oggetto di design
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In queste pagine, immagini di prodotti Linea Italia, azienda di Frattamaggiore (NA) e nuovi modelli Home Design www.lineaitaliasrl.com
lioni di euro fatturati nel 2010 e, anche se il mercato di riferimento resta quello locale – il settanta per cento del fatturato è generato dalle vendite in Italia –, sono diverse le zone in cui l’azienda dei Mugnano è riuscita a rafforzare in maniera incisiva la sua presenza: prevalentemente Europa e Medio Oriente, anche se «le nostre prossime sfide – dice Mariangela – sono i nuovi mercati di Siberia, Australia e Oman». L’obiettivo per il prossimo futuro? «Oggi per aziende come la nostra – concludono i Mugnano – è fondamentale cercare di rafforzare le tradizioni e le peculiarità della produzione artigianale. In poche parole, il punto di forza risiede nel consolidamento e nella promozione del made in Italy». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 183
TOP DESIGN
Il design che arreda «Arredare casa non è sempre un’operazione da destinare a software più o meno interattivi». E se la si vuole rendere intima e accogliente l’apporto di un consulente qualificato è indispensabile. Il punto di Antonio Mainardi Francesco Bevilacqua
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bbandonare il freddo rapporto produttore-consumatore in favore di una relazione basata sulla familiarità, sul gusto e sull’esperienza. È forse questa la caratteristica principale che distingue i piccoli distributori dai marchi della Grande distribuzione organizzata –. Come spiega Antonio Mainardi, portavoce dell’omonimo centro di arredamento di Salerno, operante nella categoria definita top design, «ci sono esigenze che vanno oltre la qualità del materiale o la
Un interno della Mainardi Arredamenti di Salerno www.mainardiarredamenti.com
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possibilità di riavere indietro i soldi mal spesi: le persone vogliono rendere la loro casa intima e accogliente e hanno bisogno di rapportarsi con un consulente qualificato a cui chiedere opinioni e suggerimenti». Il boom economico degli anni 60 ha portato con sé nuove esigenze ma ha condotto anche alla differenziazione della missione di molte aziende del settore dell’arredamento: c’è chi ha scelto di vendere e basta e chi invece ha voluto continuare ad arredare. «La seconda strada è quella imboccata da marchi come
Cassina, Flos, Vitra – prosegue Mainardi – che hanno investito su ricerca, qualità e disegno e ancora oggi sono dei riferimenti sia per gli operatori specializzati che per gli acquirenti, diventati sempre più attenti e istruiti». Non è solo la tutela del consumatore a fare la differenza, quanto le persone disponibili e qualificate che quando ci si affida ai piccoli distributori assistono con passione e competenza il cliente. «D’altronde arredare casa – fa notare Mainardi – non è sempre un’operazione da destinare a software più o meno interattivi». «Il nostro paese ha un grande potenziale, rappresentato dai ragazzi che frequentano le scuole d’arte e le facoltà di architettura e di design – conclude Mainardi –, che può trovare una sponda nelle aziende che producono arredi. L’anello di congiunzione potrebbe essere rappresentato dalla distribuzione indipendente e dalle associazioni di categoria, che da sempre pongono attenzione alla formazione delle risorse umane e ricercano il dialogo con le aziende produttrici».
RINNOVABILI
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nergia e tecnologia rappresentano i fattori strategici necessari per favorire la crescita e lo sviluppo di un paese che guarda al futuro. La grande sfida di questo millennio consisterà proprio nell’ottenere energia senza inquinare e senza consumare i combustibili fossili sempre più rari e costosi sul pianeta. Per farlo bisogna cambiare le modalità di produzione e distribuzione dell’energia, come sostiene Giancarlo Cattaneo, Ad della società RRS, del gruppo Magaldi, specializzata nel fotovoltaico applicato ai tetti dei grandi capannoni industriali esistenti o in costruzione. «Si tratta di passare dal modello che vedeva poche grandi centrali di produzione e una pesante rete di distribuzione dell’energia, a migliaia di auto produttori che scambiano l’energia in eccesso sulla rete» spiega Cattaneo. «In questo modo
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L’Italia pronta alla sfida del fotovoltaico «Coprendo i tetti dei capannoni industriali esistenti nel nostro paese con moduli fotovoltaici si potrebbe soddisfare il fabbisogno interno di energia, senza nessuna forma di inquinamento correlata». Parola di Giancarlo Cattaneo, amministratore delegato di RRS Elisa Fiocchi
si riducono drasticamente gli investimenti in infrastrutture necessarie al trasporto dell’energia, le perdite di energia durante il trasporto (ben 5% del totale trasportato) e il pericolo di black out». L’Italia è fra i paesi europei con maggiore radiazione solare e dunque con la maggior quantità di energia permanente e gratuita disponibile. In che modo è possibile sfruttare al meglio questa peculiarità? «È stato calcolato che solo coprendo i tetti dei capannoni industriali esistenti in Italia con moduli fotovoltaici si potrebbe soddisfare il nostro fabbisogno interno di energia per sempre e senza nessuna forma di inquinamento correlata. L'energia del Sole è una risorsa rinnovabile disponibile a livello locale, non ha bisogno di essere importata da altre regioni del paese o da altre nazioni e gli impianti fotovoltaici che la trasformano
in energia elettrica necessitano di un livello di manutenzione praticamente prossimo allo zero». Dove si collocano i costi maggiori per la gestione di un impianto fotovoltaico?
L’amministratore delegato di RRS Giancarlo Cattaneo www.magaldi.com
Giancarlo Xxxxx Xxxxxxxxxxx Cattaneo
Stiamo esplorando mercati paralleli come l’eolico e l’idroelettrico e sviluppando una nuova tecnologia nel settore del solare termodinamico
«Ad oggi il costo dei moduli fotovoltaici equivale a circa il 70% dell’investimento necessario ma il loro costo per kWp installato decresce velocemente in funzione del progredire delle tecnologie disponibili e delle dimensioni del mercato (sinergie di produzione e di vendita)». Quali agevolazioni sull’utilizzo dell’energia solare sono tuttora in vigore in Italia? «Dal 2005 una legge consente l’ottenimento di incentivi erogati mediante un programma denominato Conto Energia che prevede il riacquisto e la incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fotovoltaico. Il GSE (Gestore dei servizi elettrici) provvede ad erogare gli incentivi e riacquistare l’energia immessa in rete per almeno 20 anni dall’avvio dell’impianto. Tutti gli impianti fotovoltaici realizzati dalla RRS sin dal 2009 sono su tetti di capannoni industriali e tutti hanno raggiunto la totale integrazione architettonica annullando di fatto ogni impatto ambientale e conferendo ai nostri clienti le massime tariffe incentivanti previste dalla legge vigente. Inoltre RRS fornisce ai propri clienti assistenza completa nell’ottenimento dei permessi e dell'inserimento nel Conto Energia nonchè nella gestione dell’impianto per tutta la sua durata attesa». Qual è stato finora il pro-
getto più all’avanguardia realizzato da RRS? «Abbiamo realizzato uno dei più grandi impianti fotovoltaici integrati su tetto d’Italia, della potenza installata di 2 MW, realizzato sulle coperture dello stabilimento Magaldi di Buccino e costituito da 9 mila moduli fotovoltaici integrati architettonicamente su una superficie di circa 18 mila m2. L’impianto garantisce la produzione di oltre 2.300 megawattora (MWh) annui di energia elettrica, evitando ogni anno emissioni in atmosfera per 1,5 milioni di kg. di anidride carbonica. I risultati ottenuti sono sorprendenti sia in termini di produzione che di ritorno dell’investimento, poiché si è ottimizzato sia il rapporto superficie disponibile/energia prodotta, sia la tariffa incentivante ottenuta». La crisi internazionale quali effetti ha avuto sul mercato delle energie rinnovabili? Voi, a tal proposito, quali strategie avete messo in atto per farvi fronte? «La crisi internazionale ha sicuramente compresso gli investimenti e preoccupato gli investitori, ma abbiamo notato che l’evidente diminuzione delle opportunità di reddito in Europa ha fatto convergere sulle rinnovabili numerosi fondi di investimenti come dimostrato dalla veloce espan- CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 191
RINNOVABILI
sione dei mercati connessi alla
produzione dell’energia da fonte rinnovabile. Questo accade nonostante l’incertezza sull’erogazione degli incentivi e il loro veloce mutare nel tempo impediscono una reale programmazione di medio lungo termine e richiedono una continua evoluzione delle condizioni finanziarie e dei prezzi delle materie prime. Eppure i dati macro sono di crescita a due cifre per questo settore. Ecco perchè la nostra azienda sta cercando di sviluppare manager capaci di adattarsi velocemente al mutare delle condizioni per aspirare a una crescita aziendale almeno fino al 2020, data entro la quale si dovrà raggiungere la copertura del 20% del fabbisogno energetico europeo con energia da fonte rinnovabile».
192 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
L’impianto fotovoltaico genererà energia elettrica per almeno quarant’anni. La crisi internazionale ha compresso gli investimenti, ma i dati macro indicano una crescita a due cifre nel settore
In futuro quali nuovi mercati potrebbero interessarvi? «Stiamo già esplorando mercati paralleli al fotovoltaico come l’eolico e l’idroelettrico dove è possibile reimpiegare la professionalità e le esperienze finora maturate e stiamo sviluppando una nuova tecnologia nel settore della produzione di energia elettrica dal solare termodinamico». Quali sono le prospettive e gli obiettivi di RRS per il 2011? «Dopo il primo impianto su tetto da 2 Mega Watt realizzato nel 2009, nel 2010 abbiamo installato altri impianti per oltre 4 MW e in questi primi mesi del 2011 prenotazioni per impianti
su tetto per circa 7 MW da realizzare nei primi 2 quadrimestri dell’anno. Il nostro obiettivo è di installare nel 2011 altri 8 MW di fotovoltaico raddoppiando per il terzo anno consecutivo il nostro installato e il relativo fatturato. L’andamento esponenziale delle vendite e delle realizzazioni si è potuto sostenere finora grazie anche alla consolidata struttura del gruppo Magaldi che con le sue tecnologie brevettate ha sviluppato specifiche competenze nella gestione e realizzazione di grandi impianti per la produzione di energia e vanta oltre 80 ingegneri in organico abituati da tempo a realizzare impianti per centrali elettriche».
Servono investimenti per il servizio idrico Consapevolezza dei problemi e maggiori investimenti per gestire al meglio il servizio idrico integrato nel parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Ne parliamo con Luigi Rispoli e Sergio Caputo, presidente e direttore generale della Consac gestioni idriche spa Nicoletta Bucciarelli
N
el porto di Pollica, nel Cilento, c’è una gigantografia di Angelo Vassallo. Il “sindaco pescatore”, tristemente noto per essere stato ucciso il 5 settembre 2010, brinda fieramente con l’acqua del suo mare. La fierezza di Vassallo deriva dalla purezza dell’acqua cristallina. La limpidezza di quell’acqua si deve in modo particolare all’opera dei depuratori dei vicini Acciaroli e Pioppi, gestiti dalla Consac gestioni idriche. «La cura dell’ambiente è un nostro impegno ma anche quello di molti amministratori locali del Cilento». Afferma Luigi Rispoli, presidente della Consac gestioni idriche. Novecento Km di reti adduttrici e altrettanti di reti interne agli abitati, duecentottanta serbatoi, centoquaranta impianti elettromeccanici, 1000 litri al secondo di risorsa gestita, trentasei depuratori condotti, settantacinquemila utenti in quarantotto comuni, che si triplicano nel periodo estivo: sono questi alcuni dei numeri della Consac gestioni idriche. Già nel 1952 alcuni amministratori locali avevano avuto la percezione, avveniristica per il tempo, che la gestione delle infrastrut194 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
ture legate all’acqua doveva essere svolta in modo associato, in un’ottica più ampia di quella comunale. «Da allora è trascorso mezzo secolo -spiega Sergio Caputo, direttore generale della Consac- ma i problemi gestionali non sono poi cambiati di molto. La zona è territorialmente molto estesa ma la popolazione è limitata. Occorre attrezzare gli impianti per servire il triplo della popolazione residente a causa delle presenze estive, senza che a ciò corrisponda un proporzionale ricavo. È con questa realtà che ha dovuto fare i conti la Consac. L’obsolescenza di gran parte del materiale impiantistico ci pone poi in una situazione di rischio rispetto all’erogazione del servizio. Negli ultimi decenni abbiamo purtroppo registrato una rilevante contrazione degli investimenti nonostante le esigenze di sostituzione e ammodernamento delle reti. Una tubazione idrica ha una durata che dipende dal materiale con cui è costruita, dalla tipologia del terreno e dagli accorgimenti adottati nella sua posa. Oggigiorno esistono reti che potrebbero durare un secolo, ma le nostre sono state realizzate con i materiali disponi-
Luigi Rispoli e Sergio Caputo
bili al tempo della loro esecuzione e che hanno fisiologicamente completato il loro ciclo vitale». «Il problema della scarsità della risorsa idrica -sottolinea il presidente Luigi Rispoli- riguarda molte regioni italiane ma non la nostra area nella quale il problema è principalmente rappresentato dalle perdite idriche che impongono un maggior prelievo di risorsa dall’ambiente. Un secondo ostacolo riguarda la commistione delle acque di falda, di sorgente e delle acque piovane con le acque nere. Ciò
Alcune immagini che testimoniano il lavoro della Consac gestione idriche S.P.A. (SA) www.consac.it
è causa di un appesantimento dei costi energetici e di un maggior sfruttamento degli impianti di depurazione. In questo quadro di difficoltà noi continuiamo comunque a lavorare con fiducia e con l’intento di espandere i servizi ad altri territori e di migliorarli. Un importante riconoscimento al lavoro svolto in questi anni ci viene dall’Autority di settore che ha ritenuto di affidarci la gestione del servizio idrico integrato in tutta l’area parco. La gestione passerà dagli attuali 48 ad 86 comuni. Tra i nostri obiettivi dichiarati c’è la messa in campo di politiche ambientali da realizzarsi sotto il controllo vigile delle amministrazioni locali a cui è stato demandata la costituzione di uno specifico organo di controllo. La qua-
lificazione del territorio come “area protetta” e “Patrimonio dell’Umanità” dichiarato dall’Unesco, impone che ogni attività che incida sull’ambiente sia effettivamente organizzata e gestita in funzione di uno speciale regime di tutela e d’equilibrio idraulico, idrogeologico ed ecologico, utile a creare un naturale sviluppo economico che trovi nell’ambiente e nel turismo le principali possibilità». I depuratori rappresentano una realtà fondamentale nella gestione idrica. «La conduzione dei depuratori -spiega Sergio Caputo- è effettuata al meglio delle condizioni strutturali degli impianti. Registriamo comunque un accresciuto interesse delle amministrazioni locali con le quali, lavorando in sinergia, è stato possibile ottenere risultati veramente confortanti». Per cercare di risolvere i problemi legati alla distribuzione idrica, Caputo sottolinea l’importanza del rispetto del bene comune. «Un contributo fondamentale può essere dato dai nostri utenti con semplici accorgimenti quotidiani. Malgrado infatti l’acqua rappresenti l’elemento base della vita, paradossalmente è anche l’emblema dello spreco e la limitatezza della risorsa impone un utilizzo oculato e una sua diversa considerazione. Ciò consentirà un risparmio sulla bolletta, la continuità dell’erogazione e la tutela responsabile di questa preziosa risorsa. Non si può però pensare che un’imponente dotazione infrastrutturale realizzata in decenni di attività non debba essere sostituita e conservata in condizioni d’efficienza. Corre l’obbligo di segnalare l’urgenza di mettere in campo investimenti consistenti e costanti per rinnovare la rete idrica e limitare il prelievo idrico per la tutela del territorio ma anche per gli alti costi di emungimento che il gestore è costretto a sostenere». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 195
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
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ire che l’emergenza è davvero cessata forse è prematuro. Entro il mese di marzo però sarà pronto il nuovo piano regionale dei rifiuti che dovrebbe consentire alla Campania di rientrare nelle normative europee, evitando così tra l’altro che i fondi strutturali destinati per la regione restino bloccati: Giovanni Romano, assessore regionale alla Programmazione e gestione dei rifiuti, fissa i tempi di marcia, spiegando anche perché l’attenzione mediatica sull’emergenza rifiuti si è da qualche tempo attenuata. Recentemente ha dichiarato “risolto” il problema relativo alle giacenze di rifiuti in strada a Napoli. Come è stato possibile arrivare a questo risultato?
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Un piano europeo e condiviso Giovanni Romano, assessore regionale alla Programmazione e gestione dei rifiuti, illustra l’iter che sta portando alla redazione del documento richiesto da tempo da Bruxelles. E sulla differenziata precisa: «Vi sono almeno 300 comuni virtuosi che hanno standard nordeuropei» Riccardo Casini «Soprattutto grazie al lavoro quotidiano dell’Ufficio flussi della Regione che, scontando le difficoltà causate dalla fragilità del sistema complessivo degli impianti di smaltimento, ha “smistato” i rifiuti giacenti in strada sia a Napoli che in provincia verso discariche e impianti di selezione e tritovagliatura dell’intera Campania: un’attività svolta grazie al paziente lavoro di confronto e di dialogo con le altre Province campane che, per legge, sono competenti alle fasi di smaltimento. Ed è la disponibilità delle Province, accompagnata da misure compensative, che consente di mantenere in equilibrio il sistema aiutando anche gli altri Comuni della provincia di Napoli a eliminare i rifiuti accumulati nelle strade nei giorni di maggiore criticità. L’attività prosegue a ritmo serrato perché il sistema è instabile e dobbiamo evitare che si inceppi».
Dall’altra parte però si registra invece ancora il sovraccarico degli impianti Stir. Come è possibile risolvere il problema? «Uno dei punti fragili del ciclo è proprio questo: alcuni im-
A sinistra, Giovanni Romano, assessore regionale alla Programmazione e gestione dei rifiuti
Giovanni Romano
Trovo assurdo che a Napoli non si proceda ancora alla raccolta dell’umido: è proprio su questo che la differenziata risulta deficitaria
pianti Stir sono in sofferenza a causa delle giacenze di frazione organica che dovrebbe essere smaltita in discarica. Al momento, stiamo conferendo rifiuti organici stabilizzati in Emilia Romagna e stanno riprendendo i conferimenti per la Puglia. Altri protocolli d’intesa sono stati firmati dalla Regione con Lazio, Toscana e Marche. Toccherà alle società provinciali dare attuazione agli accordi e decidere le modalità di svuotamento degli impianti di selezione e tritovagliatura dei rifiuti. Inoltre, per quanto riguarda le difficoltà specifiche del Comune di Napoli, l’amministrazione partenopea si è impegnata a realizzare siti di trasferenza, che saranno utilizzati per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti nel caso in cui si dovessero verificare criticità nei conferimenti presso gli Stir». Secondo un recente rapporto di Legambiente, nel 2009 sono stati 160 i Comuni campani che hanno superato il 50% di raccolta differenziata. Per quali ma-
teriali risulta ancora particolarmente deficitaria? Cosa sta facendo la Regione per incentivarla? «Vi sono in Campania diverse realtà che hanno un buon livello di raccolta differenziata e vi sono almeno 300 Comuni “virtuosi” i cui standard di vivibilità e di attuazione di sistemi adeguati di raccolta dei rifiuti sono competitivi con le più evolute cittadine del nord Europa. Le province di Benevento, Avellino e Salerno superano la media del 50% di raccolta differenziata, ma la media regionale si attesta sul 30% a causa dell’asse CasertaNapoli dove il livello si abbassa notevolmente. Il punto è che in queste due province abitano 3 milioni e 800mila cittadini, più della metà degli abitanti dell’intera regione; e l’attenzione mediatica, puntata esclusivamente su Napoli, fa sì che nell’immaginario collettivo si abbia un’immagine negativa di tutta la Campania. Per questo auspico che l’amministrazione partenopea arrivi, attraverso l’attuazione del piano per la raccolta differenziata già approvato dalla Regione e il cui finanziamento è disponibile, almeno al 50% di raccolta differenziata. Trovo assurdo che, ad esempio, a Napoli non si proceda ancora alla raccolta dell’umido. Ed è proprio su questo che la differenziata risulta deficitaria». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 199
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
A fine 2010 avete avviato una consultazione sul piano regionale di gestione dei rifiuti urbani. Quali spunti avete raccolto? «Stiamo redigendo la versione definitiva del piano, che a breve porteremo a Bruxelles attraverso una larga condivisione con il territorio. Non solo c’è un confronto serrato con il consiglio regionale, attuato anche attraverso la commissione Ambiente, ma abbiamo convocato riunioni con i sindacati e associazioni datoriali, oltre che con le Province che hanno fornito i piani d’ambito per la stesura definitiva. Numerosi e utili sono i suggerimenti ricevuti circa le modalità di organizzazione della raccolta differenziata, il ciclo industriale di lavorazione
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Abbiamo costantemente informato le autorità europee dei progressi fatti inviando tre versioni del redigendo piano man mano che lo stesso andava definendosi
delle materie prime seconde recuperate dalla raccolta e gli interventi per la riduzione della produzione dei rifiuti». Intanto la Commissione europea ha recentemente confermato il blocco dei fondi strutturali per la Campania fino a quando il piano per la gestione dei rifiuti non “sarà effettivamente conforme alle norme Ue”. «Il piano regionale è stato redatto nel pieno rispetto delle direttive europee e delle norme nazionali in materia di rifiuti. In particolare, il provvedimento attua la direttiva europea del 2008 che ha stabilito le priorità
da rispettare nella gestione del ciclo. Invieremo a Bruxelles la versione definitiva del piano entro fine marzo per poter successivamente avviare l’esame da parte del consiglio regionale e le valutazioni stabilite dalle normative. Abbiamo costantemente informato le autorità europee dei progressi fatti inviando tre versioni del redigendo piano man mano che lo stesso andava definendosi. Da parte nostra, quindi, c’è stata la volontà di essere valutati e di agire in modo trasparente ed efficace. Siamo convinti che i nostri sforzi verranno correttamente valutati».
LEGALITÀ
Un contrasto deciso alla criminalità La lotta alla criminalità a Napoli ha inferto anche nell’ultimo anno duri colpi alla malavita. Andrea De Martino illustra tutte le attività che la prefettura del capoluogo campano ha svolto nel 2010 Nicolò Mulas Marcello
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Andrea De Martino, prefetto di Napoli
reare sinergie tra forze dell’ordine e istituzioni per contrastare il crimine organizzato. È questo il lavoro di coordinamento che svolge la prefettura di Napoli attraverso azioni mirate su tutto il territorio. Un impegno che ha portato anche nell’ultimo anno a importanti risultati. «Nell’ultimo trimestre del 2010 – spiega Andrea De Martino, prefetto di Napoli – questa prefettura, ha indirizzato la propria attività all’incentivazione della sicurezza integrata, che prevede, accanto al contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico, la messa in campo di azioni di prevenzione e di inclusione sociale volte al conseguimento di una convivenza ordinata e civile nelle città e nel territorio provinciale». La criminalità sul territorio napoletano è presente in varie forme. Quali sono le principali criticità riscontrate negli ultimi anni? «Lo scenario criminale della provincia di Napoli risulta estremamente fluido e caratterizzato da una competitività esasperata tra sodalizi delinquenziali di matrice diversa. A volte gli scontri armati, peraltro in netta diminuzione, sono la conseguenza di una forzata convivenza di più sodalizi sullo stesso territorio e della mancanza di un’orga-
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nizzazione superiore di gestione strutturale degli interessi criminali complessivi. La maggiore criticità degli ultimi anni - quella sulla quale più si è concentrata l’attività di contrasto - ha riguardato il rischio che, con l’aggravarsi delle condizioni economiche del Paese e la perdita di migliaia di posti di lavoro, potesse crescere la propensione di soggetti in difficoltà ad avvicinarsi al mondo della camorra». Come si è evoluta la criminalità organizzata a Napoli e quali risultati avete ottenuto nel 2010? «L’arresto di Antonio Iovine è solo l’ultimo di una lunga serie di colpi messi a segno dalle forze di Polizia e dalla magistratura napoletana; a loro la mia più viva gratitudine. Quanto al contrasto dell’interferenza della criminalità organizzata nei circuiti economici e produttivi, questa prefettura ha adottato nel 2010 ben 25 provvedimenti interdittivi antimafia. Inoltre, sono stati particolarmente estesi i controlli nei confronti di settori quali quello del ciclo dei rifiuti, la fornitura e trasporto di terra e calcestruzzo, i noli a caldo e a freddo dei macchinari, il servizio mensa, maggiormente esposti a influenze mafiose e nei confronti delle imprese coinvolte a vario titolo negli appalti di lavori e servizi a prescindere dal valore degli stessi. Da rilevare, infine, sotto altro profilo che la Comunità europea, nell’ultimo quinquennio, per garantire sicurezza a Napoli e provincia ha investito la
Andrea De Martino
cifra complessiva di 20.642.692,93 euro. A fronte anche di tale impegno si è registrato un progressivo decremento della delittuosità che, partendo da una percentuale del +0,34% nel periodo 2006-2007, è scesa al 3,47% nel 2007-2008, al 7,38% nel 2008-2009, fino a giungere al 21,82% nel 2009-2010. In particolare, l’esito delle strategie messe in campo ha registrato sistematiche riduzioni dei furti scesi fino al valore del 20,55% tra il 2009 e il 2010 e delle rapine scese al 32,49% tra il 2009 e il 2010». Qual è la percezione di sicurezza della città da parte dei cittadini? «Nel raffronto con il 2009 l’andamento complessivo della delittuosità a Napoli e provincia nel 2010 ha registrato una complessiva diminuzione del 15,69%. Il decremento della delittuosità registratosi nel Capoluogo (12,36%) e nella provincia è indice di un’efficiente strategia di prevenzione generale e di controllo del territorio operato dalle forze dell’ordine e dalle forze armate impiegate sia nei servizi di pattugliamento che in quelli di
Si è registrato un progressivo decremento della delittuosità del 21,82% nel 2009-2010
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PROVVEDIMENTI Il numero di provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalla prefettura nel corso del 2010
vigilanza fissa agli obiettivi sensibili. Risultati tanto positivi, specie tra i delitti così detti predatori, non sono però ancora percepiti dai cittadini in maniera adeguata. Il senso di insicurezza si riduce ma non scompare. Ciò a causa del persistere di fenomeni di disordine urbano, abusivismo, inciviltà, trascuratezza e abbandono in generale che, pur non rientrando nell’ambito penale, producono insicurezza. Nell’ultimo trimestre del 2010 questa prefettura, pertanto, ha indirizzato la propria attività all’incentivazione della sicurezza integrata che prevede, accanto al contrasto del crimine e al mantenimento dell’ordine pubblico, la messa in campo di azioni di prevenzione e di inclusione sociale volte al conseguimento di una convivenza ordinata e civile nelle città e nel territorio provinciale. I CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 225
LEGALITÀ
L’arresto di Antonio Iovine è solo l’ultimo di una lunga serie di colpi messi a segno dalle forze di Polizia e dalla magistratura napoletana
protagonisti sono, da un lato, le forze dell’or-
dine e, dall’altro, i diversi soggetti operanti sul territorio, quali gli enti locali, le associazioni di categoria, le imprese, i soggetti della rappresentanza civile». Quali iniziative sono state avviate recentemente in materia di sicurezza urbana? «In città, abbiamo disposto il controllo di piazza Garibaldi e di via Toledo per contrastare anche il diffuso fenomeno del commercio abusivo di merce contraffatta, che ha pesanti ripercussioni sul decoro urbano e sulla vivibilità quotidiana; le misure messe in campo vedono il coinvolgimento attivo del cittadino perché non alimenti con gli acquisti il circuito illegale della produzione e distribuzione di prodotti contraffatti; ciò nel rispetto del quadro normativo che prevede multe per chi acquista tali beni; in provincia, con la riunioni del Comitato provinciale per la sicurezza pubblica presso la sede di alcuni comuni (ottobre a Pozzuoli, novembre a Casoria con la partecipazione dei sindaci dei Co-
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muni dell’area nord di Napoli, dicembre a Portici alla presenza i sindaci della zona vesuviana) per affrontare in modo organico le problematiche comuni alle diverse aree geografiche; gli incontri tendono anche a coagulare le iniziative con l’adozione di forme associative intercomunali per la gestione di servizi comuni, la presentazione di progetti finanziabili con i fondi del Pon Sicurezza, il ricorso più sistematico all’articolo 54 del Testo unico degli enti locali relativo al potere di ordinanza del sindaco in materia di sicurezza urbana; abbiamo organizzato incontri con le associazioni di categoria per la definizione di un piano di interventi congiunti finalizzato a prevenire le rapine, anche con l’implementazione di sistemi di difesa passiva e l’adozione di misure per la riduzione dell’uso del “contante”; sempre nel capoluogo, con l’avvio dell’iniziativa prevista dal protocollo d’intesa “Mille occhi sulle città”- sottoscritto l’11 febbraio 2010 dal ministero dell’Interno, dall’Anci e dalle associazioni rappresentative degli istituti di vigilanza privata - che prevede la collaborazione degli operatori degli istituti di vigilanza con le forze dell’ordine e la polizia locale per segnalare profili relativi alla sicurezza urbana».
LEGALITÀ
Un bilancio positivo delle attività investigative
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umerosi e importanti sono i traguardi raggiunti dai Carabinieri per quanto riguarda il contrasto alla criminalità organizzata sul territorio partenopeo. Azioni che hanno visto collaborare forze dell’ordine con magistratura, operatori economici, associazioni di categoria e associazioni antiracket. «Questo è il frutto di uno sforzo investigativo – spiega il colonnello Mario Cinque, comandante provinciale dei Carabinieri di Napoli – sostenuto da un’intensa opera di persuasione e di incoraggiamento condotta, con sistematica capillarità, dai presidi dell’Arma sul territorio nei confronti di decine e decine di commercianti e imprenditori vittime del fenomeno (o a rischio di esserlo)». La lotta alla criminalità organizzata è una delle priorità del comando dei carabinieri di Napoli. Qual è il bilancio dell’ultimo anno? «Nel pensare ai risultati più recenti, ovvero a quelli conseguiti nel 2010 e in questi primi mesi dell’anno in corso, mi pare significativo innanzitutto citare le operazioni che hanno portato alla quasi completa disarticolazione di importanti clan del capoluogo e della provin-
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Un impegno costante che ha portato allo smembramento di vari clan del capoluogo campano e della provincia. Questo è il lavoro d’indagine coordinato dal colonnello Mario Cinque, che illustra tutte le attività in cui sono impegnati i Carabinieri Nicolò Mulas Marcello cia. Mi riferisco ai Lo Russo di Miano-Secondigliano, Bianco Iadonisi di Fuorigrotta, Sarno di Ponticelli e Grimaldi di Pianura, LongobardiBeneduce di Pozzuoli, Ascione-Papale e BirraIacomino di Ercolano, Gallo-Cavalieri e Gionta di Torre Annunziata nonché dei D’Alessandro di Castellammare di Stabia. Inoltre, sempre nel 2010, è proseguita, con particolare intensità ed efficacia, l’azione di contrasto ai clan camorristici, attraverso la repressione delle attività estorsive e usuraie. Particolarmente significative le operazioni che hanno consentito l’individuazione e l’arresto dei responsabili di numerosi episodi di estorsione (oltre 150) consumati in danno di operatori economici, imprenditori e commercianti di Ercolano e di altri comuni vesuviani, vittime del racket da numerosi anni. Non di minor conto sono stati i risultati conseguiti nell’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati con beni sottratti alla disponibilità dei clan per un controvalore di circa 130 milioni di euro. Questo settore d’intervento, come è noto, riveste una importanza fondamentale per il conseguimento di risultati che segnino la definitiva sconfitta delle organizzazioni criminali. In tema di risultati devo infine aggiungere che nel 2010 sono stati localizzati e tratti in arresto 19 latitanti di spicco. Tra questi elementi di grande caratura criminale come Onda Umberto e Vargas Pasquale, entrambi inseriti negli elenchi
A sinistra, il colonnello Mario Cinque, comandante provinciale dei Carabinieri di Napoli
Mario Cinque
dei ricercati più pericolosi d’Italia. Lo sforzo condotto nella ricerca dei latitanti aveva consentito di conseguire risultati molto significativi anche nel 2009 con l’arresto di ben 28 latitanti di spicco, 10 dei quali inseriti nei noti elenchi, tra i quali Pasquale Russo, capo storico di una delle organizzazioni camorristiche più temibili della provincia, quella del Nolano, latitante dal 1993, inserito nell’elenco dei “30”, scovato unitamente al fratello Carmine, a sua volta inserito nell’elenco dei “100” e Luigi Esposito, elemento apicale del clan Polverino-Nuvoletta di Quarto Flegreo e Marano di Napoli, latitante dal 2003». Il consumo e lo spaccio di stupefacenti ha visto un aumento negli ultimi anni? «No, non credo che si registri un aumento del fenomeno negli ultimi anni, pur trattandosi di una delle più diffuse e remunerative fonti di guadagno per la gran parte dei sodalizi criminali operanti in questo territorio. L’attività svolta dall’Arma nel settore si rivolge sia al fenomeno del
narcotraffico, importante voce del fatturato cri- L’arresto di Giuseppe Orefice del clan Sarno minale dei gruppi camorristici specializzati nel- di Ponticelli l’importazione di grandi quantitativi di stupefacenti, sia alle “piazze di spaccio”, dove l’azione di contrasto è stata condotta anche con interventi quotidiani nella flagranza del reato. Nel quadro del contrasto allo “spaccio”, gli edifici, le aree condominiali e quelle pubbliche prospicienti le cosiddette “piazze di spaccio” sono periodicamente oggetto di interventi finalizzati alla “bonifica” da ostacoli fissi consistenti in cancellate e in altre tipologie di barriere, intenzionalmente e arbitrariamente frapposti dagli spacciatori e dai gruppi criminali per impedire o rallentare gli interventi delle forze di polizia, con disagio enorme anche ai tanti residenti estranei ai circuiti criminali». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 229
LEGALITÀ
L’andamento della delittuosità a Napoli e provincia evidenzia negli ultimi tre anni un’accentuata e costante tendenza al decremento
Microcriminalità. Quanto è vasto il fenomeno nella provincia di Napoli? «Nonostante l’ampia diffusione della criminalità comune, l’andamento della delittuosità a Napoli e provincia evidenzia negli ultimi tre anni un’accentuata e costante tendenza al decremento, a fronte di una maggiore e più incisiva azione di contrasto da cui ne è conseguito un aumento degli arresti. A riprova di ciò, prendendo come riferimento il raffronto dei dati relativi al 2009 e al 2010, risultano in sensibile flessione gli indici di delittuosità relativi ai reati di maggior allarme sociale (furti: -10%; rapine: -21%), confermando una tendenza ormai su base pluriennale e che nel 2009 rispetto al 2008 aveva già indicato flessioni significative del numero dei furti (-13%) e delle rapine (-28%). L’analisi del fenomeno ha altresì consentito di evidenziare come gli autori dei reati predatori, da cui nessuna area può essere considerata immune, provengano generalmente da quelle zone connotate da un contesto urbano fortemente degradato». Per quanto riguarda i fenomeni di bullismo e criminalità minorile, si può parlare di emergenza? «La criminalità minorile, ovunque essa si manifesti, è un fenomeno che deve essere rite230 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
nuto sicuramente preoccupante. Per quanto riguarda l’area napoletana, ultimamente, si è registrato un aumento di chi delinque, soprattutto nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 18 anni. Si tratta di giovani in prevalenza dediti alla commissione di rapine, scippi, furti e spaccio di stupefacenti, provenienti da famiglie multiproblematiche, vale a dire disgregate, spesso collegate a più ampi circuiti criminali e con un elevato tasso di dispersione scolastica. Pure allarmante, ritengo, sia l’elevato numero dei reati commessi da minori in concorso con maggiorenni, ciò a riprova di un sempre più pericoloso coinvolgimento dei minorenni nella criminalità organizzata e non. Ulteriore motivo di apprensione è costituito dall’aumento dell’aggressività giovanile che non cresce solo nel numero di reati consumati con violenza, ma evolve soprattutto nella recidività da parte dei minori che spesso, agendo in “branco”, non percepiscono la gravità delle azioni delittuose commesse. Tuttavia, il fenomeno delle “baby gang” - per quanto associativo - non ha mai assunto forme strutturate e permanenti tali da affermare l’esistenza di stabili organizzazioni di minori. Non ritengo, comunque, che si possa parlare di una vera e propria emergenza».
PRIVACY
Internet e media invasivi: le nuove frontiere della privacy Nell’epoca degli incontri virtuali e del sorpasso da parte del social network Facebook sul motore di ricerca Google in termini di numero di visite e di contatti, le leggi sulla privacy si trovano ad affrontare una sfida nuova e dai confini sempre più incerti. A fronte di una condivisione di informazioni che non ha precedenti, esistono per il cittadino idonei strumenti di tutela? «I nuovi mezzi di comunicazione a mio parere non rappresentano un rischio, nel senso che chi partecipa ai vari momenti di socialità virtuale lo fa volontariamente, accetta le regole del gioco e non si può dolere di quel che ne deriva – precisa l’avvocato Valerio De Martino –. Nel caso in cui le regole del gioco venissero usate arbitrariamente o violate, la giurisprudenza anche della corte suprema di cassazione ha stabilito che tutti i reati che sono previsti dal codice per la tutela della persona possono essere integrati da condotte poste in essere in via telematica: la diffamazione, l’ingiuria, anche lo stesso stalking. Pertanto, in occasione di condotte di questo genere, vi sono gli strumenti tipici del codice per chiedere la punizione di chi ne è responsabile, previa l’acquisizione della prova da parte della magistratura competente».
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Si chiama “Giuristi per la libertà” il comitato sorto da poche settimane e ideato dall’avvocato partenopeo Valerio De Martino. «Basta con le inchieste che nulla hanno a che fare con le attribuzioni proprie degli appartenenti all’ordine giudiziario» Michela Evangelisti
Ma ci sono situazioni “virtuali” che possono definirsi particolarmente delicate? «Ad esempio il caso che si propone quando, tramite una ricerca condotta con gli appositi motori, si vanno a recuperare notizie attinenti una persona che risalgono al passato e che non siano state compiutamente completate con gli sviluppi successivi da chi li ha posti sul motore di ricerca o da chi ha effettuato la stessa ricerca. Qui si pone un problema di responsabilità del ricercatore e dell’utilizzatore della cognizione: se il web non dà un’informativa completa è dovere e responsabilità personale del ricercatore completare la ricerca con i mezzi ordinariamente a disposizione, ovvero gli archivi dei tribunali e delle pubbliche amministrazioni». Di fronte a una condivisione di informazioni che ha dimensioni globali le categorie giuridiche tradizionali sembrano ormai inadeguate. «Ritengo che, come in tutti i campi del diritto, non ci sia mai una definitività; se agli inizi del ventesimo secolo si poteva svolgere la professione forense o essere partecipi dell’ordine giudiziario ai livelli più bassi con la conoscenza generica dei quattro codici, oggi si richiede agli operatori una competenza di carattere generale sempre più ampia e poi, successivamente, una
L’avvocato Valerio De Martino
Valerio De Martino
specializzazione in uno o più campi. La situazione consente quindi al cittadino, che può avere le normali esigenze di tutela della propria privacy, dignità e immagine, di farlo con gli strumenti già contenuti nei codici e nelle tantissime leggi speciali che operano nel settore. È evidente, però, che l’evoluzione della criminalità informatica imporrà al legislatore di adeguare la propria azione e la propria capacità di produzione normativa in corrispondenza al manifestarsi di nuove ulteriori esigenze. La riprova di questa situazione l’abbiamo con la vicenda internazionale della diffusione dei dispacci riservati, avvenuta tramite attività di hackeraggio». Con riferimento all’inchiesta in corso della Procura di Milano, che vede coinvolto tra gli altri il presidente del Consiglio, il Garante per la privacy ha richiamato l’attenzione dei media sulla necessità di valutare
Realizzare intercettazioni utilizzando il “phishing” era tipico, e temo lo sia ancora, dei regimi illiberali
con scrupolo l'interesse pubblico delle singole informazioni diffuse. Come è possibile demarcare la linea che separa il diritto alla cronaca dal rispetto della riservatezza delle persone? «A me pare che la corte suprema di cassazione già parecchi anni fa abbia emesso una sentenza fondamentale nella quale indicava i limiti entro i quali doveva operare l’informazione giornalistica, ovvero la necessità che la notizia riguardasse persona che svolgesse una funzione pubblica, che fosse attinente a queste stesse funzioni, che fosse veritiera, rappresentata in termini ispirati a decoro e così via. Se questo vale per il cronista a maggior ragione ritengo che valga per chi ha poteri molto più ampi, come la magistratura inquirente e la polizia giudiziaria. Vi è a mio parere un limite invalicabile: i mezzi per la raccolta di notizie in relazione a una persona inquisita devono essere attivati soltanto in presenza di una notizia di reato. Qui si apre un’antica polemica, sollevata dall’avvocatura penale nei confronti della magistratura, accusata di fare non inda- CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 235
PRIVACY
gini ma inchieste. Quando si hanno poteri
così ampi come quelli riconosciuti dal codice di procedura e dalle leggi che lo integrano alla magistratura inquirente, è evidente che l’abuso è estremamente semplice. Non è raro, infatti, trovarsi in presenza di intercettazioni realizzate utilizzando il “phishing”: in sostanza mi metto ad ascoltare tutte le conversazioni, salvo poi, quando sfugge a uno degli interlocutori una parola o un riferimento che posso pensare faccia capo a una certa situazione, recuperarlo e ritenere che quello sia l’indizio di reato. Un modo di procedere di questo tipo è stato, e purtroppo credo lo sia ancora, tipico dei regimi illiberali». Come valuta le problematiche più volte sollevate relative al rispetto della privacy nei luoghi di lavoro, messa in pericolo da dispositivi di controllo? «Ritengo che vi sia, oltre che un limite previsto dallo statuto dei lavoratori, anche, come sempre, un limite di buon senso che il datore di lavoro deve rispettare. È evidente che in uno stabilimento dove vi sia un costante movimento di merci sia in entrata che in uscita la video sorveglianza dei piazzali sia più che lecita. È palese che negli spogliatoi questa attività non va svolta e che, se vi sono motivi per ritenere che anche in aree tutelate si compiano dei reati, la sorveglianza va svolta con l’autorizzazione della magistratura inquirente e con l’intervento della polizia giudiziaria. Credo co-
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munque che questo ambito in Italia sia correttamente disciplinato normativamente e non mi pare che ci siano stati in passato grossi episodi di contestazione». Da poche settimane è sorto a Napoli il comitato “Giuristi per la libertà” da lei ideato. Quali sono i temi legati al rispetto della privacy sui quali porterete avanti le vostre battaglie? «Voglio sottolineare innanzitutto la necessità che si facciano accertamenti legati a eventi che costituiscono di per sé indizi di reato e non inchieste che nulla hanno a che fare con le attribuzioni proprie degli appartenenti all’ordine giudiziario. Nel caso del presidente del Consiglio credo si sia abbondantemente superata l’idea dell’indagine. È grave che ciò sia accaduto al presidente (che ha abbondanti mezzi economici, di stampa e di difesa professionale) ma è ancora più grave che possa verificarsi a carico di cittadini qualunque privi degli stessi mezzi. Anche se le condotte accertate non costituiscono reato, il fatto di averle accertate e di averne consentito la diffusione ha degli effetti devastanti sull’equilibrio personale, familiare e professionale dell’interessato. Questo in un Paese libero è inaccettabile. Mi consta che vi siano poi delle attività eccedenti ed eccessive in termini di intercettazioni; sono stato oggetto in prima persona di episodi di auscultazione e registrazione di telefonate tra il legale e il suo assistito. Le intercettazioni avvengono dopo essere state autorizzate dal magistrato, ma non ho letto di un successivo provvedimento del medesimo di cancellazione e di estromissione delle stesse dal processo in questione. Si tratta quindi di un abuso che c’è stato, è stato perpetuato e scientemente viene mantenuto in vita, pur essendovi le condizioni previste dalla legge per porvi riparo».
NOTARIATO
Dietro ogni firma c’è una garanzia
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olti pensano che dietro il sigillo del notaio vi sia solo burocrazia. Al contrario, ogni singolo atto stipulato richiede prima di tutto un complesso lavoro di indagini, ricerche e approfondimenti, seguiti da una serie di adempimenti estremamente delicati, volti a conferire alle parti coinvolte, e all’intera collettività, la massima garanzia di legalità e sicurezza giuridica». Il notaio Aniello Calabrese ha molto a cuore il ruolo che riveste. Sia personalmente, come notaio che esercita da anni nella sede di Pagani, in provincia di Salerno, sia come rappresentante della categoria, in quanto presidente del Consiglio notarile della provincia e consigliere nazionale. «Bisogna ammettere – precisa – che non sempre i cittadini percepiscono cosa c’è “dietro la firma” di un atto». Come muoversi, allora per avvicinare al cittadino una figura che troppo spesso, forse proprio per discrezione, rischia di apparire distante o distaccata? Calabrese non ha dubbi a riguardo: «Occorre soprattutto impegnarsi a comunicare in modo più diretto ed efficace, per far comprendere al cittadino il complesso e qualificato lavoro che che portiamo avanti, ben oltre
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Il ruolo del notaio è fondamentale. Ma non sempre viene percepito come tale. Aniello Calabrese, consigliere nazionale e presidente del Consiglio notarile di Salerno, spiega perché la sicurezza giuridica è un valore. Da tutelare, ma anche da trasmettere al cittadino Eugenio Greco quella che sembra una “semplice firma”». Cosa caratterizza, sopratutto, la funzione del notaio? «Il ruolo del notaio è duplice: da un lato pubblico ufficiale che svolge, come il magistrato, una funzione per conto dello Stato, e dall’altro libero professionista, con il limite però che la libera professione deve essere strumentale all’esercizio della pubblica funzione. Di conseguenza è fondamentale che il notaio abbia un alto livello di specializzazione in materia civile e commerciale, garantito peraltro da una severissima selezione concorsuale, che premia esclusivamente il “merito”. L’idea che si acceda a questa professione solo per “eredità” è del tutto sbagliata, smentita da tutte le statistiche, per cui solo il 17% della categoria ha un notaio in famiglia. Pur se personalmente provengo da una famiglia di notai, nel mio distretto notarile, quello di Salerno, molti colleghi provengono da famiglie di agricoltori, artigiani e commercianti». Cosa comporta il fatto di essere anche un pubblico ufficiale? «Innanzitutto, la necessità di porsi in una posizione di terzietà e indipendenza. Requisiti garantiti, oltre che dal concorso, da una severa legge professionale e dal continuo controllo interno effettuato dal ministero della Giustizia, che sottopone
Aniello Calabrese, consigliere nazionale e presidente del Consiglio notarile di Salerno e componente del Comitato notarile regionale della Campania acalabrese@notariato.it
Aniello Calabrese
periodicamente a ispezione tutti gli atti e i repertori prodotti dai singoli professionisti. In questo modo, la possibilità per il notaio di essere sospeso o addirittura destituito in caso di comportamento non corretto, esclude di fatto ogni incentivo, anche economico, a privilegiare interessi privati a scapito di quelli pubblici». Come si traduce, nel concreto, il compito di garante del notaio? «Su due livelli, in linea con la duplice funzione di cui si diceva. Da un lato verso il cliente, in termini di legalità, legittimità e stabilità dalle transazioni tra le parti, a tutela in particolare del contraente debole. Dall'altro, verso il sistema economico-giuridico in generale. Essendo inserito nei registri pubblici, infatti, ogni atto rimane a disposizione della collettività e degli eventuali soggetti terzi coinvolti anche indirettamente in una data transazione». Cosa pensa delle proposte di legge che intendono attribuire anche agli avvocati la stipula dei rogiti notarili? «Ogni proposta riguardante le funzioni notarili va attentamente valutata in termini di utilità per il cittadino e la società in generale. Va stabilito, cioè, con estremo rigore se la sicurezza giuridica e la tutela del contraente debole possano essere ugualmente garantiti da altri professionisti. Gli avvocati, peraltro, non hanno la qualifica di pubblico ufficiale, e anche sotto il profilo dei costi le loro tariffe sono di gran lunga superiori
a quelle notarili. Va inoltre considerato che conferendo all’avvocato poteri di stipula, come avviene ad esempio nei Paesi di common law, ciascuna parte dovrebbe pagare il proprio legale, con un raddoppiamento dei costi e conseguente vantaggio per il cliente economicamente più forte, in grado di pagare la prestazione migliore. Alla luce di tutto questo, conviene forse chiedersi se stravolgere la funzione notarile non sia deleterio per l’interesse comune, considerando ulteriormente che, dati alla mano, laddove interviene il notaio il contenzioso è pari 0,003%». Quali doti e competenze sono fondamentali, oggi, per esercitare come notaio? «In primo luogo, è senza dubbio necessaria una notevole cultura giuridica. La nostra attività, infatti, spazia dal diritto civile al diritto commerciale, e in alcuni settori, come ad esempio il diritto societario, il notaio è il massimo esperto. Ma le competenze tecniche non bastano. Occorrono anche personalità e carisma: doti necessarie per porsi al centro della vicenda giuridica da regolamentare, in modo da proporre e far accettare alle parti soluzioni che costituiscano un equo contemperamento degli interessi contrapposti. Ma il requisito più importante, principio guida per ogni notaio, rimane l’imparzialità, ovvero il rifiuto di qualsiasi sudditanza, soprattutto nei confronti del “contraente forte”» A suo parere, quali aspetti della professione necessitano di un ripensamento? «Più che cambiare qualcosa della professione in sé, auspicherei dei cambiamenti nel modo di interpretarla. Serve minore autorefenzialità, minore chiusura in se stessi e, conseguentemente, maggiore vicinanza al cittadino, che deve sempre essere posto in primo piano con le sue esigenze reali. Esigenze che spesso necessitano, per essere enucleate, non soltanto di un’adeguata organizzazione del lavoro di studio, che pure rappresenta un parametro importante, ma anche di un rapporto personale fatto di pazienza, dialogo ed empatia. Certo non di velocità e di fredda efficienza». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 247
POLITICHE SANITARIE
Tagli all’orizzonte per le Asl campane «La riorganizzazione della rete ospedaliera permetterà importanti risparmi senza gravare sul livello di assistenza sanitaria» analizza il consigliere per la Sanità del presidente della regione Campania Raffaele Calabrò Elisa Fiocchi
I
l 31 luglio scade il termine della gestione commissariale delle Asl campane in fase straordinaria iniziata nel 2008 con la legge regionale che ha ridotto a sette le aziende sanitarie locali. Si aprirà così un nuovo capitolo caratterizzato da una gestione ordinaria che comprenderà la nomina di direttori generali con mandato quinquennale. Fino ad allora però, la fase di transizione delle Asl costringe a una rivalutazione degli incarichi al vertice - con conseguenti proroghe - firmati dalla giunta regionale. Per le aziende ospedaliere, l’unico contratto quinquennale attualmente siglato corrisponde a quello di Giuseppe Rosato, confermato per un altro lustro alla guida dell’azienda ospedaliera Moscati di Avellino. Mentre il capoarea dell’assessorato regionale alla Sanità Mario Vasco resta alla guida della Asl Napoli, una delle unità territoriali che il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro ha definito «ingovernabile, un vero e proprio cancro dal punto di vista contabile e dell’offerta dei servizi e dell’organizzazione del personale». Tra i primi provvedimenti per un corretto funzionamento delle Asl e della sanità pubblica campana si punterà alla centralizzazione dei pagamenti e dei contenziosi e all’allargamento dei territori da governare per il raddoppio delle Asl a Salerno e Caserta. La bufera che ha coinvolto medici, infermieri e alcune figure del personale amministrativo dell’azienda ha reso necessaria anche l’introduzione di una serie di misure re256 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
strittive sul personale. «Innanzitutto sono stati previsti alcuni tagli al lavoro straordinario, facendo attenzione a garantire e salvaguardare, comunque, le attività sanitarie» annuncia il consigliere per la Sanità del presidente della regione Campania Raffaele Calabrò. Quali altri provvedimenti saranno applicati nei prossimi mesi in materia di personale? «Si sta procedendo ad una verifica degli stipendi corrisposti al personale dipendente per assicurare che siano equi e adeguati. D’altronde, non possiamo dimenticare che l’Asl non bandisce concorsi per nuove assunzioni, da diversi anni, una limitazione che ha comunque ripercussioni sull’attività dell’azienda. Infine, si sta procedendo ad una rivalutazione del modello organizzativo aziendale, anche in considerazione delle attività che si devono dismettere come previsto dal piano di riorganizzazione della rete ospedaliera imposto dai decreti del commissario ad acta per il piano di rientro». I sindacati si schierano a difesa dei lavoratori e non sono d’accordo con la politica che colpevolizza i dipendenti. Qual è la sua opinione a riguardo? «Nessuno dubita che l’Asl sia un importante punto di riferimento non solo per la cittadinanza napoletana ma dell’intero hinterland, offrendo una vastissima gamma di prestazioni specialistiche. Tuttavia, se in seguito alle verifiche dovessero riscontrarsi sacche di inefficienza, è necessario e doveroso adottare provvedimenti
Raffaele Calabrò, consigliere per la Sanità del presidente della regione Campania
Raffaele Calabrò
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Casi di inefficienza? Doveroso adottare provvedimenti che mettano fine a ogni forma di carenza e spreco
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che mettano fine ad ogni forma di carenza e di spreco». I conti dell’Asl sono critici ma ad aggravarli sono i costi del personale o esistono altri fattori d’influenza? «Come in tutte le aziende di erogazione di servizi, il costo del personale rappresenta la voce predominante della spesa e fattore di rigidità del bilancio aziendale. Di concerto con la pre-
sidenza della Giunta e con gli organismi regionali deputati (società regionale per la sanità, So.Re.Sa) si sta procedendo a una progressiva razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi. Una razionalizzazione che riguarda anche i privati accreditati. Infine si sta lavorando sul fronte del debito pregresso, adottando tutte le misure necessarie per garantire che i pagamenti siano effettuati con scadenze quanto più vicine alla normalità». C’è chi sostiene che le misure apportate per ridurre le spese, ad esempio il turn over bloccato, abbiano generato una spesa superiore a quella ipoteticamente sostenuta se tali misure non fossero state applicate. È d’accordo? «Il blocco del turn over è uno strumento previsto dalla legge per tutte le Regioni sottoposte a piani rientro. Non dimentichiamo che le criticità e le restrizioni presenti sono dovute agli errori commessi nel passato nella gestione della sanità campana. E comunque in Campania, la riorganizzazione della rete ospedaliera, la quale prevede la dismissione e la riconversione di quei presidi che non garantiscono un’adeguata capacità assistenziale né quantitativa né qualitativa e che hanno gravato pesantemente sul bilancio, permetterà importanti risparmi senza gravare sul livello di assistenza sanitaria, rendendolo più moderno e rispondente ai bisogni dei cittadini». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 257
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
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Paolo e Renato Morrone
Diagnosi e ricerca oncologica La diagnostica oncologica per immagini ha superato le tecniche tradizionali grazie all'integrazione con la radioterapia. E a un sistema informativo-informatico per la gestione dei pazienti. Il punto di Paolo e Renato Morrone Giulio Conti
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uando lo sguardo si rivolge al settore sanità, pubblica o privata che sia, l’Italia non può di certo occultare le frequenti gravi inadeguatezze dell’intero sistema, sia in termini di inefficienza che di scarsa accessibilità. Eppure, nonostante il terreno buio su cui si stagliano le statistiche generali, il comparto sanitario del Centro-Sud vanta strutture d’eccellenza riconosciuta su più fronti. Un caso emblematico è il Raggruppamento Polidiagnostico Centro Morrone di Caserta, realtà sanitaria in cui ricerca, sviluppo e innovazione dei processi e dei servizi hanno sempre costituito le leve fondamentali su cui si fondano le strategie e le politiche di sviluppo dell’azienda. Il dottor Paolo Morrone, legale rappresentante delle società afferenti il Centro Morrone, e il dottor Renato Morrone, direttore sanitario, descrivono le dinamiche sottese alla gestione e allo sviluppo delle professionalità, tecnologie e servizi che hanno reso l’azienda sanitaria casertana una delle strutture più avanzate, soprattutto nella diagnostica oncologica per immagini, nell’area del Centro-Sud, con un vantaggio rispetto ad altre realtà simili: l'integrazione della diagnostica oncologica per immagini con la radioterapia. Attraverso quali nuove metodiche la diagnostica oncologica per immagini ha superato le tecniche tradizionali? Paolo Morrone: «Per il conseguimento di risultati diagnostici efficienti, oltre al costante aggiornamento delle professionalità mediche specializzate, è innanzitutto necessario disporre di macchinari d’alto profilo tecnologico. Per
questo, negli ultimi anni, il Centro Morrone ha ulteriormente sviluppato la sua attività nel settore della diagnostica oncologica implementando tecnologie, complesse e all’avanguardia, di ultima generazione. Per potenziare Da destra, Renato l’attività di diagnosi dei tumori cerebrali e Morrone, direttore mammari ad esempio, è stato raddoppiato il sanitario e Paolo Morrone, legale parco macchine di Risonanza Magnetica con rappresentante delle eccezionale risoluzione di contrasto (tessuto società afferenti il normale/tessuto patologico) attivando nel con- raggruppamento polidiagnostico Centro tempo applicazioni avanzate di Spettroscopia, Morrone di Caserta. Diffusione e Perfusione, ed è stato introdotto www.centromorrone.it il Mammografo Digitale Diretto». Quali altre implementazioni per la diagnostica e la radioterapia hanno incrementato l’efficacia dei servizi disponibili? Renato Morrone: «Nell’ultimo biennio, acclarata la sempre maggiore domanda di prestazioni di diagnostica strumentale e di radiote-
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
rapia, il Centro Morrone ha
canalizzato le risorse verso il potenziamento del dipartimento di diagnostica per immagini e di trattamento radioterapico. L’installazione e messa in esercizio di una seconda Rrisonanza Magnetica, di una PET e di una Pet/Tac e di un secondo acceleratore lineare, ha consentito a un gran numero di pazienti che in passato facevano ricorso a strutture ubicate in altre regioni, di ricevere analoga prestazione nell’ambito del proprio bacino d’utenza. La correlazione diagnostica-terapia, avviata con l’integrazione “diagnostica oncologica radiologica e di medicina nucleare-radioterapia”, va nella direzione di fornire una risposta alla sempre crescente domanda di prestazioni oncologiche». Su quali altri aspetti tecnologicamente avanzati possono contare i pazienti? PM: «Sono ormai passati quasi dieci anni da quando abbiamo avviato lo studio, lo sviluppo 262 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
Nelle immagini, sale diagnostiche del Centro Morrone
e la realizzazione di un sistema informativo-informatico per la gestione dei pazienti di radioterapia. Il sistema fornisce un canale unico e facilmente fruibile per l’accesso e l’utilizzo di informazioni cliniche relative al malato oncologico da parte dei vari attori coinvolti nel processo di cura, consentendo loro di seguire il paziente durante tutte le tappe del percorso di cura e assistenza, rendendo di volta in volta disponibili le informazioni sino a quel momento raccolte e permettendo la compilazione di nuove parti informative con nuovi contributi specialistici. È un sistema aperto per la gestione di immagini e dati clinici e l’integrazione dei servizi sanitari che garantisce l’interoperabilità con le reti esistenti e le applicazioni, l’interoperabilità con le apparecchiature diagnostiche, di laboratorio e terapeutiche esistenti, facilità di utilizzo, velocità di realizzo e basso costo». Il Centro Morrone è stato accreditato già nel 2001 quale laboratorio altamente qualificato per la ricerca e l’innovazione. Quali gli ultimi risvolti in tal senso? R.M.: «Tra le principali attività di ricerca, sviluppo e innovazione di prodotti e di processi, il Centro Morrone ha portato avanti molteplici progetti di ricerca. Tra i più rilevanti, sono degni di nota quelli relativi alla produzione di radiofarmaci non convenzionali con isotopi ad emivita lunga per incrementare la sensibilità e la specificità di metodiche diagnostiche innovative. Per quanto concerne poi l’innovazione in campo radioterapico, il laboratorio di ricerca è in marcia per lo sviluppo di modalità esecutive necessarie all’applicazione di nuovi protocolli in radioterapia e per il raggiungimento di nuovi livelli di qualità mediante
Paolo e Renato Morrone
Diagnostica d'eccellenza Il valore d’eccellenza riconosciuto al Centro Morrone è testimoniato dalla sua storia. Nato nel 1955 ad opera del dottor Aniello Morrone, il Centro Morrone è stato tra le prime strutture sanitarie a introdurre le metodiche e le tecniche della diagnostica ortopantomografica e della diagnostica trocostratigrafica telecomandata. È stata tra le prime strutture sanitarie nel Centro-Sud, ancor prima della Sapienza, a implementare la diagnostica per immagini RM con magnete da 1,5T. Negli anni ‘80 ha implementato l’ortopantomografia, la mammografia e lo studio contrastografico del digerente. Quest’ultima tipologia di esame impose l’acquisto e l’installazione di uno dei primi, sul territorio nazionale, trocostratigrafi telecomandati: al tradizionale apparecchio radiologico viene “applicato” un televisore per poter “vedere” in tempo reale il progredire del pasto baritato nelle cavità del segmento di digerente da studiare. Oggi, i servizi di diagnostica clinica per immagini disponibili al Centro Morrone comprendono diagnostica radiologica CR, Risonanza Magnetica, Tac, Pet, Ct-Pet, Spect Scintigrafia, Stratigrafia, Mammografia, Mineralometria Ossea Computerizzata (M.O.C.), Ecotomografia, Ecografia, Ecocolordopplergrafia, Ecocardiografia.
IMRT (Intensity-Modulated Radiation Therapy) e 3DCRT (radioterapia conformazionale tridimensionale) e definizione di class solution in base alle patologie e agli stati di malattia». Su quali fronti è possibile leggere l’innovazione dei progetti in corso? PM: «Tra le molteplici attività promosse e svolte da equipe di professionisti d’alta formazione, il Centro Morrone ha sviluppato e realizzato progetti per lo studio e l’elaborazione di nuovi algoritmi e tecniche risolutive, di metodologie produttive e strumenti di sviluppo
software orientati ai campi applicativi dell’imaging diagnostico. Tali attività vantano collaborazioni con l’Istituto di Fisica della Materia dell’Università La Sapienza di Roma, con il Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Istituto di Neurologia e con la Facoltà di Bioingegneria della Seconda Università di Napoli Federico II, con l’Istituto di Fisica “Eduardo Caianiello” dell’Università di Salerno, e con la GE Medical Systems». La direzione aziendale ha sempre avuto quale obiettivo prioritario la promozione e la diffusione della politica della qualità. In che modo ne perseguite gli effetti? RM: «Il raggruppamento polidiagnostico Centro Morrone vanta un’esperienza ultra cinquantennale nel campo della diagnostica strumentale e per immagini. La direzione generale ha da sempre organizzato l’offerta di servizi sanitari in aderenza alla domanda percepita, avendo cura di studiare, analizzare e pianificare l’offerta sanitaria in aderenza alla specificità della domanda. Questa, divenuta sempre più complessa, ha indotto il management aziendale ad avviare un processo di implementazione quali-quantitativa che ha prodotto la nascita del nuovo complesso polidiagnostico dove il layout, i coefficienti tecnici e organizzativi, le procedure, le metodiche sanitarie e scientifiche, sono state organizzate e implementate per meglio rispondere alle esigenze dei pazienti». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 263
OFTALMOCHIRURGIA
Nuove prospettive per l’oftalmochirurgia L’innovazione tecnologica ha permesso di compiere grandi passi avanti nel settore grazie all’introduzione di laser e tecniche di trattamento rivoluzionarie. Resta netto il divario tra strutture pubbliche e private. Il caso campano nell’esperienza di Giuseppe De Simone Erika Facciolla
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o straordinario progresso tecnologico che caratterizza la nostra epoca sta trovando sempre più applicazioni anche in campo medico. Strumentazioni sempre più sofisticate, tecniche innovative, materiali altamente tecnologici consentono l’adozione di nuove metodiche in grado di ridurre costi e tempi di recupero per i pazienti. Anche l’oftalmochirurgia sta beneficiando di queste evoluzioni non solo nel trattamento dei disturbi visivi più diffusi, ma anche negli interventi di correzione dei principali inestetismi di occhi e volto. Abbiamo parlato di tutto questo con Giuseppe De Simone, specialista in oculistica, chirurgia estetica e plastica, e chirurgia dell’apparato digerente, che da anni opera presso la casa di cura Tortorella di Salerno e il centro diagnostico Cedisa. Quali sono stati i progressi che l’oftalmochirurgia ha registrato nell’ultimo decennio? «Negli ultimi anni l’oftalmochirurgia è stata rivoluzionata dall’innovazione tecnologica e dal diffondersi di vari tipi di laser e facoemulsificatori che permettono di intervenire sulle varie strutture oculari in
maniera precisa e in anestesia topica». Quali sono le principali patologie che affettano l’apparato visivo e che necessitano l’intervento di oftalmochirurgia plastica e ricostruttiva? «L’oftalmochirurgo plastico è richiesto soprattutto per agire in casi di malposizioni palpebrali o paralisi muscolari o per correggere la blefaroptosi, gergalmente detta “palpebra calante”. Questa figura professionale si occupa della rimozione di tumori palpebrali benigni o maligni, strabismi e del miglioramento di esoftalmi da ipertiroidismo. In generale l’intervento è molto richiesto anche per motivi estetici, come l’operazione di blefaroplastica delle palpebre o l’abbassamento del sopracciglio». Quali sono le strumentazioni, i materiali e le attrezzature necessarie per eseguire interventi di oftalmochirurgia? «Le strumentazioni usate sono molto sofisticate e comprendono i laser con diversi tipi di gas, l’argon utilizzato per la retina con cui curiamo la retinopatia diabetica, le trombosi venose, il di-
Il dottor Giuseppe De Simone opera presso diverse strutture convenzionate e nel suo studio di Salerno drgiuseppedesimone@gmail.com
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Giuseppe De Simone
possono contare sulla rapidità di ricovero, la presenza di chirurghi esperti che si devono misurare con la competizione continua e tecnologie avanzate con costi bassissimi». A suo parere, perché la sanità pubblica, in particolare quella campana, non è in grado di offrire un servizio di pari livello della sanità privata? «Il problema delle strutture pubbliche consiste nell’obsolescenza del sistema sanitario dove l’oculistica ambulatoriale è ridotta spesso ad un im-
L’oftalmochirurgo plastico è richiesto soprattutto per agire in casi di malposizioni palpebrali o paralisi muscolari o per correggere la blefaroptosi, gergalmente detta “palpebra calante”
stacco di retina e patologie similari. Con il laser ad eccimeri, ad esempio, agiamo sulla cornea, riducendo o annullando difetti di refrazione quali la miopia, l’ipermetropia o l’astigmatismo». E sul fronte della chirurgia estetica? «Con il laser co2 o erbium yag agiamo sulle rughe perioculari e frontali, allargando il raggio di intervento anche al volto per il ringiovanimento facciale. Con i filler di acido ialuronico o il lipofilling si possono curare gli inestetismi oculari e perioculari sia primari che secondari». Lei opera anche in cliniche convenzionate: quali vantaggi hanno i pazienti che si rivolgono a tali strutture? «I pazienti che si rivolgono alle strutture private
piegato senza strumentazione. Le responsabilità sono quindi esclusivamente politiche, derivanti da anni di gestione che hanno trasformato le asl in fabbriche di posti di lavoro occupati molto spesso da operatori senza alcun titolo o competenza». Cosa auspica per un miglioramento del sistema sanitario campano? «Il paziente campano può già rivolgersi con fiducia alle cliniche convenzionate della regione dove può trovare qualità tecnologica, sicurezza e capacità professionale. In generale, però, nel sistema sanitario sociale le strutture pubbliche e le convenzionate dovrebbero godere dello stesso trattamento anche nei diritti e non solo nell’adeguamento agli standard europei». CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 265
GENIUS LOCI
Rocco Barocco
Vista sull’anima Basterebbe solo il nome per descriverla. La vera anima di Capri, però, si può comprendere solo dai racconti, dal vissuto, dai passi di chi ha un legame indissolubile con questa terra. Un viaggio autentico alla scoperta dell’Isola azzurra con un cicerone d’eccezione, Rocco Barocco Ezio Petrillo
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u uestione di stile, di eleganza, di creatività. Il paesaggio caprese è una fonte continua di ispirazione. L’anima dell’isola azzurra si scopre, però, non solo nella vita mondana e nelle magiche notti in cui si anima la piazzetta. Essa risiede nei sapori, nelle passeggiate nascoste, in una cultura unica e autentica che emerge dai racconti di coloro che hanno un rapporto speciale col territorio. Rocco Barocco ci porta alla scoperta dell’anima di un luogo: l’isola azzurra, patrimonio dell’umanità in tutte le sue molteplici sfumature. La natura, la cucina, l’arte, la cultura, le atmosfere quasi mistiche della grotta azzurra. Attraverso gli occhi dello stilista, si svelano i segreti della perla del mare che funge da guardiano del Golfo di Napoli. Qual è il suo rapporto personale con l’isola azzurra e quali ricordi la legano a Capri?
Lo stilista Rocco Barocco
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GENIUS LOCI
«Il mio rapporto con l’isola azzurra è quello che ho permeato dalla particolare magia che solo Capri possiede. Un ricordo, semplice ma fantastico, è quello di un bagno di notte nella grotta azzurra illuminata dal chiarore della luna. Bisogna soltanto viverle certe cose per poterle capire fino in fondo». Dove accompagnerebbe un suo ospite per fargli apprezzare al meglio l’isola azzurra, magari fuori dai tradizionali itinerari turistici? «Sicuramente all’arco naturale con una passeggiata in discesa verso Pizzolungo, da dove si ha l’impressione di toccare con mano i Faraglioni. Si tratta di uno degli itinerari più affascinanti di tutta l’isola. Lungo il sentiero, in pochi chilometri di costa, si possono ammirare diverse sfumature del paesaggio. Si può osservare tutta la penisola Sorrentina da una prospettiva meno nota e, inoltre, ci si imbatte in pochi turisti. Questo consente di godere in solitudine il pa270 • DOSSIER • CAMPANIA 2011
norama e i profumi, i suoni della natura e del mare. Immancabile, poi una passeggiata in via Krupp, che collega Marina piccola con i giardini di Augusto». Può descriverci uno scorcio, un paesaggio, che le è rimasto particolarmente impresso e che magari l’ha anche ispirato nella sua carriera? «La particolare atmosfera che si respira a Villa Fersen, che spesso ho visitato assieme al mio ospite e amico Roger Peyrefitte». I sapori di Capri. Quali sono i posti in cui ama tornare e “rifugiarsi” per apprezzare al meglio la cucina caprese? «La cucina caprese è ottima in ogni parte dell’isola. I prodotti di questa terra sono famosi in tutto il mondo. Se devo citarle un piatto in particolare, un primo che preferisco sono i ravioli della migliara, magari accompagnati da una caprese a base di mozzarella e pomodori. Ma a Capri sono sensazionali soprattutto i dolci. La torta ca-
Rocco Barocco
prese, penso non abbia bisogno di troppe presentazioni. Ne apprezzo i sapori in special modo con un tocco di gelato alla vaniglia che mi attende quando ritorno dal mare per rifugiarmi al “Piccolo Bar”». C’è un aspetto della cultura di Capri che ha portato con sé nel corso della sua vita? «L’isola azzurra non è solo vita mondana, serate per i vip e mare. È anche e soprattutto cultura. In questo senso, sono molti i tratti di Capri che mi hanno influenzato nel mio percorso di vita. Le varie frequentazioni e reminiscenze letterarie mi sono rimaste dentro più di ogni altra cosa. Ricordo, a tal proposito, le edizioni de La Conchiglia che ben rappresentano questo taglio culturale dell’isola. C’è un filo comune che caratterizza le scelte di questa casa editrice, che è una precisa idea del viaggio, dell’isola, del Sud e del Mediterraneo. Attraverso le sue pubblicazioni, Capri è diventato uno straordinario laboratorio internazionale en plein air di arte
e cultura oltre che meta di un turismo colto e di qualità». Capri ieri e oggi. Qual è l’aspetto che è cambiato di più negli ultimi anni dell’isola? «Nel tempo sono cambiati molteplici aspetti. Sicuramente ciò è dovuto alla diversa frequentazione dell’isola, soprattutto diurna. È di sera, a mio avviso, che gli abitanti si riappropriano completamente dei luoghi, il cui fascino resta immutato». In sintesi, a suo avviso, qual è il segreto che ha reso Capri la perla del mare privilegiata dalle personalità più importanti del mondo? «Non c’è un solo segreto. Ce ne sono tanti. Tra essi sicuramente la sua storicità, le sue dimensioni ridotte, l’indiscutibile magia del mare e la grande abilità con cui i suoi abitanti sono riusciti a conservarne il fascino intatto, nonostante una mole di turisti non indifferente».
Da sinistra, la grotta azzurra, la via Krupp che collega la Certosa di San Giacomo e i Giardini di Augusto con la marina piccola, e la piazzetta di Capri
CAMPANIA 2011 • DOSSIER • 271