OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO .......................................09 Giancarlo Innocenzi Botti, Mario Resca, Ambra Redaelli, Guido Carella
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Sergio Gnutti POLITICA ECONOMICA .....................22 Antonio Tajani, L’allarme di Confindustria, Alberto Barcella, Francesco Bettoni Carlo Sangalli, Massimo Garavaglia Antonello Turturiello, Giorgio Papa MERCATO DEL LAVORO...................38 Eugenio Filograna IL PUNTO ................................................40 Roberto Maroni RITRATTI.................................................44 Giorgio Napolitano
ECONOMIA E FINANZA EXPO 2015 .............................................48 Diana Bracco, Michele Molè, Susanna Tradati AGROALIMENTARE ............................55 Filippo Ferrua Magliani, Mario Guidi, Gianni Fava
APPUNTAMENTI.................................172 Salone della proprietà industriale
PRODOTTI ALIMENTARI...................62 Stefano Cioli, Fabio Arrigoni, Francesco Galimberti, Angelo Agostoni, Vincenzo Santoro
MODELLI D’IMPRESA ......................174 Pasquale Quadri, Paolo Maria Rossin, Giuseppe Rovelli, Marco, Federico, ed Eleonora Monti, Remo e Luca Maffeis Palazzoli, Cesare Battaglia, Maurizio Lustro, Danilo Viganò, Giuliano Pontiggia
CREDITO ALLE IMPRESE .................72 Pietro Mulatero, Claudio De Albertis
FOCUS BRESCIA ..............................202 Eugenio Massetti, Giuseppe Battagliola
IMPRESA E SVILUPPO ......................76 FederlegnoArredo, Lucilla Lanciotti e Gian Piero Abbate, Hans Caravati, Andrea Ferrari, Andrea Farace, Giampietro Cerlini, Giovanni Mogna
DIRITTI D’IMPRESA .........................208 Paolo Daviddi, Patrizio Messina
IMPRENDITORIA FEMMINILE.........96 Carlo Sappino, Federica Ortalli, Maria Antonia Rossini Pigozzi, Maria Immacolata Basciu INTERNAZIONALIZZAZIONE .........108 Dario Bellometti EXPORT ..................................................110 Stefano Bertolotti, Maria Cristina Trombetti, Lino Benedetti, Lisa Rampa, Giannantonio Brugola, Franco Colombo, Roberto Ligutti ICT............................................................126 Paolo Angelucci, Massimo Dal Checco, Alessandro Cozzi, Guido Pellegata e Franco Biffoli TECNOLOGIE .......................................138 Mario Mauro e Pasquale Preziosa, Giorgio Fassina, Alvise di Canossa, Marcello Riva, Sergio Vigani, Laura Invernizzi Maggi, Andrea Rottola, Marco Bettega, Claudio Crovetto INNOVAZIONE.....................................160 Giuliano Lupi
6 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
IL SETTORE TESSILE.......................162 Silvio Giani, Marco ed Ezio Aletti MERCATO DELL’AUTO ....................168 Saul Mariani
CONSULENZA.....................................214 Daniela Gralluzzo, Maura Rossetti, Giuseppe Piccioli Cappelli, Roberto Angeleri, Francesco Aldo De Luca
Sommario AMBIENTE
TERRITORIO
SANITÀ
DIFESA DEL SUOLO ........................226 Elisabetta Parravicini, Vincenzo Giovine, Viviana Beccalossi
INFRASTRUTTURE ..........................244 Pietro Rosolen
POLITICHE SANITARIE ...................278 Mario Mantovani
TRASPORTI ........................................246 Carlo Musci
FARMACI..............................................280 Cesare Benedetti, Marcello Fumagalli
EDILIZIA ...............................................250 Odino, Elena e Nicoletta Martini, Luigi Bombarda, Guido Pizzetti, Maria Cucco, Giancarlo Zanini
STRUTTURE SANITARIE................286 Mario Cecchetti
MODELLI ENERGETICI ...................232 Mattia De Vecchi RINNOVABILI......................................237 Claudio Verzola, Angelo Paganoni ECOLOGIA E AMBIENTE................240 Mirko e Giuseppe Busi SVILUPPO ECOSOSTENIBILE............................242 Claudio De Val
MATERIALI ..........................................260 Giovan Battista Moncini ECONOMIA DELLA CULTURA.......262 Alessandro Cattaneo, Pietro Valentino, Vittorio Gregotti LAVORAZIONI ARTISTICHE..........268 Silvia Santa Gobbi INTERNI ................................................270 Gabriella Ravasi, Ianosi Virginio Meris, Rosella Citterio, Roberto Provasi
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 7
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Rendere l’Italia e il Sud più competitivi di Giancarlo Innocenzi Botti, presidente di Invitalia
egli accesi dibattiti sulla crisi economica che ha colpito l’Italia, tutti si preoccupano di indicare adeguate misure per lo sviluppo e la crescita. Una delle strade da percorrere passa dall’attrazione degli investimenti dall’estero, possibilmente a elevato contenuto tecnologico. Per favorirli, l’Italia deve diventare un Paese sempre più accogliente e appetibile, con territori attrezzati, capaci di costituire reti produttive omogenee e distretti competitivi. Quello che ancora manca è, da un lato, la presenza sul territorio di grandi imprese produttive, dall’altro, una nuova cultura, basata sulla semplificazione della pubblica amministrazione, sulla certezza della norma e sull’allentamento del fisco e della burocrazia. Invitalia opera, su mandato del governo, proprio con queste finalità, per accrescere la competitività dei territori, sostenere l’innovazione e la crescita del sistema produttivo. Grazie all’esperienza maturata giorno dopo giorno, abbiamo capito che gli ostacoli e le difficoltà che intralciano l’attrazione di investimenti in Italia, si superano quando si riesce a fare sistema. Ad aiutare il nostro lavoro ci sono gli innegabili punti di forza del Paese: a partire dalla posizione geografica strategica dell’Italia che, trovandosi al centro del Mediterraneo e
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nel cuore dell’Europa, può contare su un mercato complessivo di 800 milioni di consumatori. A questo si aggiunge un modello unico del tessuto imprenditoriale, fatto dalle piccole e medie imprese che sono la struttura portante del nostro Paese, un ampio sistema di ricerca e innovazione e, soprattutto, risorse umane disponibili e altamente qualificate. Sono questi i fattori su cui cerchiamo di attirare l’attenzione degli investitori europei, ma anche dei paesi come la Cina con cui vantiamo relazioni economico commerciali in crescita, ma che ancora si attestano al di sotto delle reali potenzialità. Il gigante asiatico ha inoltre a disposizione uno strumento come il Contratto di sviluppo, che favorisce la realizzazione di progetti d’impresa di rilevanti dimensioni, in particolare nel settore industriale e nelle aree del Mezzogiorno, con incentivi che arrivano fino al 50 per cento dell’investimento
complessivo ammissibile. In questo contesto si inserisce la partnership strategica che Invitalia ha avviato con China development bank, che è stata incaricata dal governo di Pechino di dare attuazione alla “go abroad” policy. La banca di sviluppo cinese intende trasformare la collaborazione avviata con la nostra agenzia, in una più ampia piattaforma di cooperazione, che contribuirà a elevare il volume degli investimenti cinesi in Italia. Così come l’attività continua nei confronti dei Paesi del Golfo, ricchi di risorse e attratti dalla creatività delle nostre imprese. Nondimeno il Giappone, partner privilegiato soprattutto nel settore delle energie rinnovabili in cui l’Italia ha un’innegabile partnership, e con il quale Invitalia, in virtù dell’accordo con la Bank of Tokyo-Mitsubishi, ha favorito l’insediamento di nuove aziende a forte contenuto di innovazione. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 9
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
I Confidi lombardi nell’era del credit crunch di Ambra Redaelli, vicepresidente della Confindustria regionale con delega al credito e ai consorzi fidi urante il convegno biennale della piccola industria a Torino, le parole di Vincenzo Boccia ci hanno investito con una tragica realtà: siamo entrati nel terzo credit crunch dall’inizio di questa lunghissima crisi iniziata nell’autunno del 2008. Moltissimo è stato fatto da allora per tamponare la richiesta di credito da parte delle piccole e medie imprese e per instaurare un proficuo dialogo banca-impresa: è stata aumentata la dotazione del fondo centrale di garanzia, sono stati creati strumenti per la valorizzazione della filiera della garanzia e percorsi di ingegneria finanziaria che, combinando fondi pubblici, garanzia e credito bancario potessero dare la massima efficienza nell’erogazione del credito. Ma, nonostante ciò, siamo appunto entrati nel terzo credit crunch, che ha trovato da una parte le nostre pmi stremate, con la liquidità ridotta all’osso dai mancati pagamenti e spesso in procedura concorsuale, e dall’altra le banche, disorientate dai 139 miliardi di sofferenze che pesavano sui bilanci a fine marzo. In un Paese dove la fiducia, ingrediente insostituibile per gli investimenti, le assunzioni e l’attività di ricerca stanno venendo a mancare, è difficile ricostruire un rapporto che porti allo sviluppo e alla crescita. I confidi, l’ultima barriera a difesa del credito alle piccole imprese, sono oggi indeboliti dagli stessi problemi che affliggono le banche: le sofferenze e le regole di Basilea. Il sistema dei con-
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fidi costituisce certamente un importante strumento di rilancio, ma necessita di una profonda riorganizzazione. In Lombardia, ad esempio, ne esistono circa 40 - un numero superiore persino a quello di paesi come Spagna e Germania - di cui sedici vigilati dalla Banca d’Italia. Le strutture dei Confidi vigilati, gravate da costi organizzativi e di gestione molti elevati, non hanno saputo cogliere fino in fondo l’opportunità delle aggregazioni, che sono state realizzate solo parzialmente. L’avvento della crisi, con il downgrade dell’Italia, ha poi ulteriormente vanificato gli obiettivi che questo status avrebbe concesso. A ciò si aggiunge la necessità di una profonda evoluzione del rapporto banca/confidi. In primo luogo, andrebbero maggiormente valorizzate e condivise le specificità dei due enti finanziari: la prossimità al cliente tipica dei confidi e le competenze di analisi finanziaria specifiche delle banche. In secondo luogo, è mancata in questi anni una reale comprensione di
quanto lunga e pesante sarebbe stata questa crisi, e quante aziende avrebbe lasciato sul campo. Un rapporto più virtuoso e lungimirante nella gestione del deteriorato e un ruolo più forte dei confidi nella gestione della crisi d’impresa, avrebbe forse potuto salvare molte realtà. Siamo ancora in tempo per impostare un nuovo modello e agire sulle debolezze che finora hanno caratterizzato il percorso. Unire i confidi, aggregarli senza disperdere il legame con le associazioni e le imprese del territorio, e creare un nuovo rapporto con le banche rappresentano le sole risposte possibili alla domanda di credito delle nostre imprese. Confidi sani e ben organizzati, consentirebbero, inoltre, di valorizzare tutte le risorse pubbliche disponibili: il fondo centrale di garanzia e il fondo europeo degli investimenti, i fondi regionali e camerali, i fondi strutturali, i fondi messi a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti e i fondi Bei. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 13
L’INTERVENTO
Un incentivo alla managerialità di Guido Carella, presidente Manageritalia
ggi per fare l’impresa servono anche i manager. Non a caso nei giorni scorsi questo assunto è stato fatto proprio anche dal Ministero del Lavoro, che ha proposto attraverso Italia Lavoro, il suo braccio operativo, un finanziamento, quasi 10milioni di euro attinti dal Fondo Sociale Europeo, per favorire innovazione e competitività delle imprese inserendo dirigenti e quadri disoccupati. Una misura fortemente voluta da Manageritalia e Federmanager, le due organizzazioni che rappresentano i dirigenti del settore privato del terziario e dell’industria, che può contribuire a cambiare in meglio la cultura produttiva del nostro Paese. In pratica da oggi e sino alla fine del 2014, le imprese che inseriranno manager, dirigenti o quadri disoccupati, potranno fruire di un incentivo che può arrivare a 28mila euro, a seconda del contratto applicato (contratto da dirigente, ma anche a progetto), delle caratteristiche del manager e dell’azienda. Dunque massima flessibilità e, direi, nessuna scusa, neppure di carattere economico, perché la sinergia tra imprenditori e manager non diventi sempre più realtà. Un vantaggio reale e tangibile per le imprese che possono così aumentare la loro managerialità e competitività. Ma anche per tanti bravi manager disoccupati, che hanno così un aiuto nella ricerca di ricollocazione. E soprattutto per il sistema economico, che ha l’opportunità di crescere e creare occupazione e benessere per tutti. Anche perché, in Italia, le imprese a proprietà familiare sono più dell’80 per cento del totale. E nel 70 per cento dei casi hanno management composto solo da membri della famiglia stessa, contro meno del 30 per cento di quelle francesi e tedesche. Alle imprese e agli imprenditori non resta altro che passare all’azione e, sfruttando questi incentivi, inserire manager in azienda. Manager che grazie a Managerattivo – il servizio di politiche attive nato dal
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Contratto di lavoro dei dirigenti del terziario e affidato da Manageritalia e Confcommercio al Centro Formazione Management del Terziario (CFMT) – si possono trovare pronti a entrare in azienda, forti di una certificazione delle loro competenze e di un percorso di formazione e consulenza che li prepara al meglio per tornare in azione. Un servizio con il quale già da tempo aiutiamo i manager in fase di ricollocazione anche facendoli incontrare con Pmi e imprenditori vogliosi di reagire alla crisi grazie all’aiuto di professionisti della gestione aziendale. Insomma, negli ultimi anni, agendo a livello contrattuale e sviluppando appositi servizi, abbiamo predisposto tutto quanto serve affinché il matrimonio tra imprenditori e manager si compia e sia duraturo e produttivo. A questo punto, grazie anche agli incentivi, sulla base delle competenze e delle esperienze manageriali di cui l’azienda ha bisogno, basta cercare i manager (anche nelle banche dati come quella di Manageritalia). Basta volerlo, crederci e farlo, è così che si riparte. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
L'IMPRESA ITALIANA NEL MERCATO GLOBALE L’imprenditoria lombarda verso i mercati internazionali. Sergio Gnutti della Eural ha scelto di investire nell’evoluzione di un materiale, l’alluminio, ancora “sottovalutato” e capace di conquistare non solo nuovi mercati, ma nuovi settori Renata Gaultieri
i è svolta la tradizionale assemblea annuale di Confindustria, convocata presso la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium parco della musica di Roma. Ad aprire l’assemblea, alla presenza tra gli altri del presidente del Consiglio Enrico Letta, la relazione del presidente Giorgio Squinzi. Dalle parole del numero uno degli industriali italiani, emerge quanto la situazione sia seria. «Ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese vanamente - ha dichiarato Squinzi, perché il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. È questo quello che vogliamo?». Il presidente di Eural Gnutti Spa, azienda di riferimento mondiale nella produzione di semilavorati in alluminio, commentando la dichiarazione di Giorgio Squinzi sottolinea
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come a essere «sull’orlo del baratro» sia non solo il Nord o l’Italia, ma tutta l’Europa, che inesorabilmente va verso la decadenza. Quell’Europa che nel 1968 entrò a far parte del nome dell’azienda, Eural, assieme all’alluminio. Un binomio che da allora ha segnato la storia di questa realtà bresciana. «Fu mio padre a scegliere il nome dell’azienda - commenta il presidente Sergio Gnutti - in quanto all’epoca l’Europa aveva un significato positivo ed era un concetto che richiamava grandi ideali. Rappresentava un punto d’arrivo per lo sviluppo economico, politico e sociale. Questa però si è rivelata una delusione e adesso l’Europa rappresenta soltanto un organismo burocratico completamente assente e comandato dalla Germania». In più la competitività del settore, costituto da aziende energivore, è frenata principalmente dal costo dell’energia, che nel nostro Paese è
diventato insostenibile, rispetto a quanto accade anche all’interno dell’Europa. Le barriere doganali poi portano delle difficoltà nella penetrazione in mercati come la Russia e il Brasile. Tutte le aziende per far quadrare i conti e compensare il calo del mercato interno si rivolgono all’estero, ed è così anche per Eural. «L’unica cosa che la nostra azienda può fare per il Paese spiega Sergio Gnutti - è non delocalizzare ma rimanere in Italia, territorio in cui crediamo fortemente, riconoscendo la potenzialità delle persone che vi sono insediate». Come avviene la penetrazione dell’azienda sui mercati internazionali? «Visto che lavoriamo in un mercato di nicchia è fondamentale internazionalizzare. Stiamo cercando di aprirci ai nuovi mercati, quelli dove eravamo presenti ma non come forza consolidata. Dunque Stati Uniti, Canada, Messico e Bra-
Sergio Gnutti
Sergio Gnutti, presidente di Eural Gnutti S.p.a
IN COPERTINA
170 mln FATTURATO IN EURO CHE RAPPRESENTA IL RICAVO RAGGIUNTO DA EURAL GNUTTI SPA NEL CORSO DEL 2012
sile, che sono i mercati più importanti per la meccanica. E poi India, Cina, Australia, Sudest asiatico e Sud Africa. Tramite studi di mercato ci impegniamo a capire che tipo di meccanica e che percentuale di consumo di alluminio c’è in quei Paesi e, se individuiamo un mercato ricettivo, partiamo con la ricerca di agenti e con le vendite dirette ai centri di distribuzione e alle industrie. Importante per l’internazionalizzazione anche la nostra partecipazione alle fiere: siamo sempre presenti alla Fiera biennale dell’alluminio che si svolge in Germania e abbiamo iniziato a considerare eventi fuori dall’Europa. Le ultime partecipazioni sono state negli Stati Uniti e in Cina e ci stiamo spingendo sempre più verso l’Est europeo». Quali difficoltà si incontrano nei Paesi più distanti anche culturalmente? «Le difficoltà maggiori si incontrano nei Paesi emergenti, dove manca la cultura dell’alluminio, che è un materiale nuovo rispetto ad acciaio e ferro, utilizzati da secoli. Già manca la cultura nei Paesi occidentali più evoluti, figuriamoci sui mercati emergenti, che hanno un utilizzo del metallo nelle forme più grezze e vanno portati verso la conoscenza di leghe più perfor18 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
70% QUOTA DI ESPORTAZIONE DEL PRODOTTO CHE L’AZIENDA È RIUSCITA A INCREMENTARE NEGLI ANNI
I numeri e i primati di Eural Gnutti Una storia che parte da lontano, dal primissimo dopoguerra. Già dal 1947 la famiglia Gnutti era coinvolta attivamente nel settore metallurgico con una delle più grandi realtà industriali nella produzione di estrusi e trafilati in ottone e in parte minore nella produzione di estrusi e trafilati in alluminio, materia che, nonostante la sua giovane età, prese piede molto rapidamente in tutti i settori industriali. «Poi mio padre con mio fratello maggiore Giuliano - spiega il presidente di Eural Sergio Gnutti - si staccò dall’attività di famiglia, mantenendo solo l’alluminio, e arrivò la vera intuizione: fondare la Eural Gnutti Spa. A metà degli anni 70 con il mio ingresso in azienda ho iniziato a spingere molto sulle leghe speciali, perché nel frattempo erano cresciute tante aziende di estrusione di alluminio che si occupavano tutte principalmente di edilizia, e da qui scaturisce la scelta vincente di puntare su mercati di nicchia». Le più grandi soddisfazioni sono arrivate negli ultimi 15 anni: l’acquisizione di nuove linee e nuovi macchinari, l’invenzione e il continuo sviluppo di nuove leghe volute appositamente da partner commerciali di fama mondiale, la conquista di mercati internazionali e il completamento di un grande progetto: essere in grado di gestire tutte le fasi produttive all’interno dell’azienda e poter usufruire di prodotti a magazzino e customizzati. Attualmente sono due le famiglie di prodotti: le barre, che rappresentano il core business aziendale e i profilati in alluminio per applicazioni industriali di altissimo livello tecnologico. Di particolare vanto è l’invenzione e la certificazione internazionale della lega 6026, una lega sperimentata e testata per anni all’interno dei laboratori Eural e diventata una delle più richieste dal mercato mondiale, un vanto per l’azienda. Oggi Eural Gnutti Spa è tra i primi 3 produttori di barra alluminio in Europa e tra i primi 6-7 al mondo. La crescita è sempre stata costante nel tempo. Il primo capannone di Rovato copriva un’area totale di 15 mila metri quadrati, oggi questo colosso dell’alluminio ricopre un’area di 400 mila metri quadrati di cui 70 mila coperti.
Sergio Gnutti
Le automobili sono fatte prevalentemente in acciaio. Se fossero fatte in alluminio avrebbero vantaggi inaspettati
manti, di cui inizialmente non capiranno i vantaggi. L’essere pionieri, però, porterà dei frutti quando prenderà piede l’utilizzo». Come vi siete impegnati dunque a diffondere la cultura dell’alluminio? «Con la ricerca costante sull’applicazione del prodotto e con lo sforzo di diffondere l’alluminio in tutte quelle reti commerciali che non ne conoscevano l’uso. In Italia si riesce in questo intento con le aziende mediopiccole, ma le grandi imprese sono meno aperte alle proposte innovative perché sono legate a settori di ricerca metallurgica che purtroppo mancano di esperienza sul campo. L’ap-
plicazione delle leghe d’alluminio è un concetto nuovissimo, di cui anche le persone che hanno studiato nelle più prestigiose università sanno poco o nulla, quindi è difficile far passare l’alluminio come alternativa, ma è un materiale talmente valido che dovrebbe prendere il sopravvento. Bisogna considerare che l’alluminio nel 1947 aveva un utilizzo di nicchia. Oggi, dopo i ferrosi, è il metallo più diffuso al mondo». Quindi sono già stati fatti parecchi passi avanti. «Quello che è stato fatto è molto ma non abbastanza per riuscire a espandere la cultura e la conoscenza dell’alluminio, materia atos-
sica che potrebbe sostituire in molteplici applicazioni altre leghe oramai superate, molto più costose e decisamente più inquinanti». Quali dunque i vantaggi nell’utilizzo di questo materiale? «Uno dei motivi per cui la scelta dovrebbe ricadere sull’alluminio è la leggerezza, perché pesa il 40 per cento in meno rispetto ai materiali ferrosi o rameosi come bronzo e ottone, poi c’è da considerare il fatto che quando si anodizza ha l’anti corrosione per eccellenza, ha anche buone caratteristiche meccaniche quindi può avere tanti utilizzi ed è di facile reperibilità. L’alluminio deve diventare il primo LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
materiale al mondo anche perché è
il più diffuso sulla crosta terrestre». Quali sono i settori più ricettivi? «Il mercato principale delle barre di alluminio di cui siamo produttori è l’automotive. L’alluminio può però essere impiegato in settori che nessuno ancora immagina; gli italiani stessi non sanno che alcuni prodotti sono fatti in alluminio o i vantaggi che potrebbero derivare dall’utilizzo di questo materiale per realizzare oggetti come i rubinetti, che invece continuano a essere fatti in ottone, inspiegabilmente. Anche le industrie automobilistiche ad esempio non fanno ricadere la loro scelta sull’alluminio perché ci sono degli interessi inattaccabili. Mi augurerei una diffusione a macchia d’olio dell’alluminio per non essere costretto a legarmi a un solo settore. Soltanto diversificando i target, infatti, si è al riparo dalle crisi sistemiche».
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Il nostro mercato principale è l’automotive. L’alluminio può però essere impiegato in settori che nessuno ancora immagina
Quanti gli investimenti in ricerca e innovazione? «Quelli più consistenti sono stati fatti nel reparto produttivo, negli ultimi 6 anni oltre 65 milioni di euro tra la fonderia e l’estrusione. Non è un investimento volto solo all’aumento della capacità produttiva, ma anche all’accrescimento della qualità dei prodotti». Qual è stato l’andamento dell’azienda nel 2012? «Nell’ultimo anno abbiamo sostenuto dei costi spaventosi. Siamo comunque riusciti a chiudere con un piccolo utile. Per il 2013 ci at-
tendiamo una ripresa. Abbiamo accusato l’aumento dei prezzi che è avvenuto in Italia, tra energia e costi ecologici. La responsabilità ambientale di Eural è dimostrata lungo tutto il ciclo produttivo e nel nostro settore siamo un modello di ecologia con certificazioni e impianti di abbattimento all’avanguardia. Sono stati inoltre fatti degli impianti nuovissimi di filtraggio nella fonderia per il rispetto dell’ambiente e delle vigenti normative. Anche l’istallazione di pannelli solari è segno di massima attenzione contro l’inquinamento».
POLITICA ECONOMICA
Misure da prendere con urgenza L’Italia rischia di mancare la ripresa, non solo per l’inefficienza delle infrastrutture e per l’apparato burocratico da rimodernare, ma anche per la difficoltà delle aziende di rilanciarsi Teresa Bellemo
l successo del Canzoniere di Francesco Petrarca è stato tale che per secoli sono circolate edizioni tascabili dove erano raccolte le sue rime più efficaci, soprattutto d’amore, utilizzate dai poeti con scarsa ispirazione. Parimenti, la situazione economica è da tempo talmente stazionaria che potrebbero tornare utili simili breviari di carattere economico, per una scrittura e un’oratoria più rapida. Uno stallo percepito da tempo anche da Confindustria, che nella sua assemblea annuale del 23 e 24 maggio scorsi ha risollevato problematiche ormai annose. Tra le richieste che il presidente Giorgio Squinzi ha rivolto alle istituzioni ci sono la crisi di liquidità e i pagamenti della pubblica amministrazione, questioni enormi che valgono più di 130 miliardi. «Per alleviare il credit crunch di cui soffrono le imprese serve che la Pa metta mano al portafoglio e paghi i propri debiti. Crediti - ha aggiunto - che non sono sovvenzioni e quindi vanno pagati, come fa un normale paese civile». La difficoltà di ottenere non solo finanziamenti, ma anche il pagamento dei propri crediti si ripercuote su tutta l’economia italiana, rendendo im-
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Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi
possibile qualsiasi investimento e allontanando, de facto, la possibilità di una ripresa economica a breve termine e la competitività nei confronti degli altri paesi, sia dell’Ue che quelli emergenti. Il numero uno di viale dell’Astronomia, però, non assolve nemmeno le politiche di rigore imposte dall’Europa. «Le politiche di austerità esagerate hanno fatto degenerare la recessione di vari paesi europei, come l’Italia, trasformandola in una vera e propria depressione economica. Tutto ciò si è tradotto infatti in
un aumento della pressione fiscale sicuramente necessario, che ha però portato anche a un calo dei consumi». Tra il 2007 e il 2013, infatti, il Pil italiano è sceso di oltre l'8 per cento, tornando ai livelli del 2000 e senza nuovi investimenti i valori non possono che peggiorare, dato che è proprio il produttivo Nord ad essere la principale fonte di preoccupazione: «È sull’orlo di un baratro economico e il rischio è che trascini tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. Nes-
L’allarme di Confindustria
Il presidente della Compagnia delle Opere Bernhard Scholz
sun altro paese dell’Eurozona sta vivendo una simile caduta, con l’eccezione della Grecia». Ma la vera emergenza per l’Italia è la situazione giovanile. «Rischiamo di perdere una o due generazioni di giovani - ha detto Squinzi -. Abbiamo raggiunto un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 40 per cento, tanti giovani non trovano lavoro e tanti altri hanno smesso di cercarlo». Una conseguenza anche dell’aumento del costo del lavoro, che negli ultimi otto anni in Italia è cresciuto di 12 punti mentre in Germania è diminuito di 2. Secondo il leader degli industriali «abbiamo bisogno di modernizzazione, anche in questo settore. In Italia non abbiamo più l'apprendistato, che in Germania è importantissimo, devono esserci meno posti di lavoro temporaneo,
ma anche più flessibilità. Non possiamo più permetterci il posto per la vita, la competizione è globale, ognuno deve dare il proprio contributo per rendere imprese più competitive». Su questo punto è d’accordo anche Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, che mette l’accento anche sull’importanza della formazione. «La disoccupazione è un problema ormai diffuso. I giovani hanno delle potenzialità straordinarie ma hanno bisogno di essere formati di più e meglio per sviluppare le loro capacità ed essere sempre più competitivi sul mercato». Per ripartire serve innanzitutto rimediare agli errori del passato. La struttura normativo-burocratica ha bisogno di essere semplificata, perché lo stallo degli ultimi trent’anni
sta alla base della situazione difficile in cui ci troviamo oggi. Ma, secondo Scholz, serve anche qualcosa di più emotivo e meno quantificabile, come la fiducia. «Le imprese possono ancora essere fondamentali per il tessuto economico e per esserlo ancora di più hanno urgente bisogno della riforma fiscale e di quella della pubblica amministrazione. Passaggi cruciali per sbloccare molte situazioni che penalizzano ancora oggi il sistema». Servono dunque provvedimenti rapidi, serve puntare su domanda e competitività, per questo Confindustria ha presentato un programma per l'Italia diviso in due fasi: la terapia d’urto per i primi 90 giorni e una seconda fase di riforme attraverso cui consolidare gli effetti della prima fase. Ma c’è spazio anche per l’ottimismo. Prepariamoci alla ripresa, perché, secondo Squinzi, un cambio di segno potrebbe arrivare anche entro l'anno. «Non possiamo perdere questa opportunità, dobbiamo impegnarci tutti per essere pronti all’appuntamento con la crescita». Il cambio di passo sarebbe un’ottima occasione non solo per il Paese, ma anche per mettere da parte l’idea di dare alla stampa i Petrarchini a tema economico. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 25
POLITICA ECONOMICA
Se il circolo virtuoso si inceppa Per far ripartire i consumi c’è bisogno di una maggiore disponibilità economica, quindi di più occupazione e produzione. Le azioni per un cambio di passo sono note, serve metterle in pratica Teresa Bellemo
dati del primo trimestre 2013 sull’Italia e sulla Lombardia sono negativi in modo preoccupante. C’è il calo della produzione industriale del 2,4 per cento, non solo, ma c’è anche il segno meno degli ordini interni e, per la prima volta dopo diversi trimestri, anche quello degli ordinativi esteri. Per tutti questi fattori le aspettative degli imprenditori lombardi per il prossimo futuro non sono rosee e viene naturale pensare a quali possano essere le conseguenze del Paese se anche la regione più agganciata al resto d’Europa registra queste performance. Una preoccupazione confermata anche dal presidente di Confindustria Squinzi, che ha più volte sottolineato le difficoltà del Nord. Alberto Barcella, presidente degli industriali lombardi, rimarca la forza degli imprenditori: «Non si vogliono arrendere, combattono tutti i giorni sui mercati con grandi sacrifici per cercare di garantire continuità». Ma se non si creano le condizioni per rilanciare la competitività del sistema Paese, il numero delle imprese che non ce la faranno sarà sempre più alto, con la conseguenza di un ulteriore calo dell’occupazione, anche nel 2014. E qui la posta in gioco è la coesione sociale. La produzione industriale lom-
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Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia
barda è in calo. Se anche la regione più produttiva del Paese segna questi numeri, come poter uscire dalla crisi? «Bisogna mettere in campo una serie di iniziative che partano dalla consapevolezza delle difficoltà e della globalizzazione, in modo da creare un nuovo spirito che oggi il nostro Paese non ha. Mi riferisco alla riduzione del costo del lavoro, del cuneo fiscale, degli oneri dell’energia, scelte
indispensabili per riuscire a competere con i partner europei e non con quelli che producono a basso costo. La Lombardia sta vivendo situazioni paradossali: molte aziende varesine vorrebbero trasferire le loro attività produttive in Canton Ticino, e lo stesso vale per i colleghi friulani e la vicina Slovenia. Serve anche una nuova politica europea, diversa rispetto agli ultimi anni. Qualche anno fa l’Italia sarebbe uscita da que-
Alberto Barcella
Dai dati dell’ultima congiuntura lombarda è emerso che il reddito delle famiglie è calato più dei consumi: ciò significa che si è eroso risparmio
sta empasse grazie a una svalutazione monetaria. Oggi questo non si può più fare, ma non è più possibile mantenere l’euro così forte rispetto a yen e dollaro». Il mercato interno continua a collezionare percentuali negative. Come invertire la rotta? «Sicuramente la crisi economica ha ripercussioni sulla vita quotidiana degli italiani. La riduzione dei consumi è dovuta a una minor capacità di spesa a causa dell’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, che attenua le statistiche della prima. Ci sono meno soldi da spendere e più tasse da pagare, quindi i
consumi ne risentono, tanto da costringere le famiglie a utilizzare i risparmi messi da parte negli anni precedenti. Dai dati dell’ultima congiuntura lombarda è emerso che il reddito delle famiglie è calato più dei consumi: ciò significa che si è eroso risparmio. Questo può accadere in un paese ricco come l’Italia o come la Lombardia, ma non può durare all’infinito. Per produrre nuovi posti di lavoro esiste un solo modo: tornare a crescere. Altri metodi, come la staffetta generazionale, sono palliativi che non migliorano la situazione e non aumentano i consumi. Crescendo si crea ricchezza,
poi si può discutere su come distribuirla. Per questo tutti gli sforzi del governo dovrebbero essere concentrati sul favorire le imprese, che non vuol dire fare un piacere agli imprenditori, ma mettere le imprese nella condizione di crescere e di produrre nuovi posti di lavoro». Intanto le banche non accolgono le richieste di finanziamento delle aziende. Il rafforzamento di Confidi potrebbe rappresentare un aiuto? «Per essere competitivi non bisogna agire solo sui costi produttivi, ma anche investire per migliorare le proprie capacità di competizione, ma per investire bisogna avere accesso al credito. Oggi in Italia questo è difficile anche a causa delle politiche di rigore che ottengono risultati opposti rispetto a quelli sperati. Tutte le normative per garantire solidità finiscono per indurre le banche a non prestare denaro perché questo diventa antieconomico per i loro accantonamenti e per il loro patrimonio. E questo è un problema che peggiora le condizioni economiche delle aziende. Questo fenomeno si è esteso purtroppo anche ai Confidi, che sono uno strumento fondamentale per l’accesso al credito, soprattutto per le piccole imprese. Oggi infatti devono rispettare in maniera LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 27
POLITICA ECONOMICA
-2,4% IL CALO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE REGISTRATO NEL PRIMO TRIMESTRE 2013 IN LOMBARDIA
molto più rigorosa che in passato i favorevoli. Ma questo vorrebbe dire può accordare nell’interesse del fuparametri imposti dalla Banca d’Italia, per questo finiscono per avere dei comportamenti molto simili a quelli degli istituti bancari. In questo modo però le aziende si vedono negare anche la cogaranzia del proprio debito e non possono accedere a nessun finanziamento». Fisco, credit crunch, stagnazione dei consumi, pagamenti della pubblica amministrazione, da cosa dovrebbe iniziare, secondo lei, il nuovo governo? «Come dicevo, serve rendere le imprese più competitive. Poi saranno loro a riconquistare quote di mercato e quindi a creare maggior impiego. Questa è l’unica possibilità che resta, altrimenti si continua con un atteggiamento difensivo che può arrivare a spingere davvero gli imprenditori a spostarsi dove ci sono condizioni più 28 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
sì salvare le imprese ma condannare il Paese e non è sicuramente l’obiettivo degli imprenditori». Le sigle sindacali hanno trovato l’accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacale. Ora partirà un tavolo con Confindustria. «Sono soddisfatto perché finalmente si è chiarito un tema annoso che per troppo tempo si è rivelato un intoppo per le relazioni sindacali. La gravità della situazione obbliga imprese e sindacati ad essere pronti a sedersi a un tavolo e a mettere da parte le ideologie di entrambe le parti per trovare soluzioni per la competitività delle imprese, a prescindere anche dagli interventi del governo. Dobbiamo dare un esempio di serietà e responsabilità al Paese e a chi ci governa, dimostrando che in una situazione così grave e difficile ci si
turo delle giovani generazioni». Quali sono i suoi auspici a riguardo? «È arrivato il momento di sfoltire il numero di contratti di lavoro, non è più possibile averne uno per ciascun settore merceologico. Sono superati, ne bastano due o tre che contengano le norme minime di garanzia per i lavoratori e poi la contrattazione salariale dovrebbe essere demandata a livello aziendale, dove davvero si può collegarla alla produttività. Questo rappresenta uno sforzo non solo per i sindacati ma anche per le organizzazioni imprenditoriali. Trovo sia necessario rivedere anche alcune norme scritte decenni fa e che erano adeguate a un determinato contesto storico, ma che adesso finiscono per penalizzare i lavoratori, le imprese e l’economia del Paese».
Francesco Bettoni
Ricette rapide per il rilancio I dati dell’economia regionale languono e gli imprenditori attendono un segnale positivo. Non solo dai mercati, ma anche dalle istituzioni, che devono iniettare fiducia per la ripresa Teresa Bellemo
e solo qualche mese fa si riponeva fiducia in una lenta crescita, i primi mesi dell’anno hanno confermato invece un’ulteriore caduta della produzione industriale lombarda rispetto sia all’ultimo trimestre (-2,4 per cento) che ai primi mesi del 2012 (-3,4). Come se non bastasse, le aspettative degli imprenditori mantengono un trend negativo sostanzialmente per tutte
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Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia
le variabili, a partire da produzione, ordini e occupazione. Si allontana dunque la possibile svolta, rendendo di fatto molto difficile ipotizzare un 2013 che possa chiudersi con un complessivo segno più. Il livello della domanda, di quella interna in particolare, è decisamente basso, per questo si rivelano necessari provvedimenti che possano invertire la tendenza. Secondo Francesco Bettoni, presi-
dente di Unioncamere Lombardia, si potrebbe partire dall’eliminazione o dalla modifica dell’Imu per le attività economiche, ma anche dal blocco del passaggio dell’Iva al 22 per cento e dalla detassazione degli investimenti. Ma «ci sono anche provvedimenti meno onerosi che darebbero da subito aiuti concreti alle imprese, come pagare i debiti delle Pa e semplificare le procedure amministrative. Se non altro, crescerebbe la fiducia delle imprese nella possibilità di uscire da questa lunga e inarrestabile crisi». Anche l’export sta subendo una battuta d’arresto. «È forse il segnale più preoccupante di questi primi mesi dell’anno. Finora proprio l’export aveva consentito alle imprese lombarde di attenuare la caduta produttiva determinata dal forte calo della domanda interna. La quota di export del manifatturiero lombardo è infatti costantemente aumentata, dal 31 per cento del 2007 al 39 di inizio 2013. A pesare sul raffreddamento di questi ultimi mesi sono le difficoltà della domanda dell’Eurozona e della Germania in particolare, nostro principale mercato di sbocco. A risentirne sono quasi tutti i set- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 29
POLITICA ECONOMICA
-3,7% IL CALO DEGLI ORDINATIVI INTERNI ACQUISITI NEL I TRIMESTRE 2013 DALLE IMPRESE LOMBARDE. APPENA SOTTO LO ZERO QUELLI PER L’ESTERO (-0,3%)
tori, a partire dall’abbigliamento e influisce sulla competitività delle dal legno-mobilio fino alla meccanica, che è sempre stata il nostro punto di forza. Qualche spiraglio meno negativo viene dalla filiera agroalimentare, sostenuta dalla qualità dei nostri prodotti. Sembra aumentare progressivamente anche la quota di esportazioni extra-europee, ma c’è ancora molto da fare in questa direzione per tenerci agganciati direttamente ai mercati più dinamici e in crescita». La produzione, dopo un segnale che sembrava positivo a fine 2012, torna a essere negativa. Quanto la concorrenza internazionale influisce in questo dato? «In un’economia davvero globalizzata la concorrenza internazionale
30 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
nostre produzioni. Non possiamo illuderci di competere sul prezzo, i Paesi in via di sviluppo hanno ottime capacità produttive e costi - a partire da quello del lavoro - drasticamente più contenuti. Dobbiamo quindi vendere qualità, idee, conoscenze, tecnologie avanzate, servizi qualificati, consapevoli che le nostre possibilità di crescita sono strettamente correlate alla crescita dei Paesi emergenti e della loro crescente domanda di beni e servizi di qualità. Il nostro problema vero è mantenerci concorrenziali verso competitori avanzati che stanno forse sfruttando più e meglio di noi il capitale umano, la ricerca e l’innovazione. Dob-
biamo investire di più nella filiera della conoscenza, a partire dalla scuola e dalle università, fino ai centri di ricerca e agli investimenti delle imprese». Come sempre, sono le piccole imprese quelle più in difficoltà. Cosa chiedere alle istituzioni su questo fronte? «Non c’è dubbio che i piccoli stiano faticando. Basti ricordare che nel manifatturiero le imprese artigiane stanno producendo un terzo in meno di quanto producevano nel 2005, e in alcuni settori dei servizi e del commercio al dettaglio la situazione è forse peggiore. Il saldo fra nuove imprese e chiusure è in costante diminuzione e i livelli occupazionali sono in forte contrazione. Le ricette possibili sono tante e complesse. Direi in prima battuta che vanno favoriti processi di aggregazione o di rete fra imprese, proprio per raggiungere adeguate soglie funzionali in tema di innovazione e di internazionalizzazione. Se la politica industriale favorisse esplicitamente questi processi di aggregazione anche le micro imprese sarebbero positivamente stimolate. In generale comunque lo snodo fondamentale nel breve periodo è quello di stimolare - anziché frenare - la domanda interna, l’unica in grado di dare ossigeno a migliaia di piccole aziende del commercio, dell’edilizia, dei servizi».
POLITICA ECONOMICA
Meno tasse e più start-up Scongiurare l’aumento dell’Iva e ridurre l’aggravio fiscale per rilanciare le aziende e far ripartire i consumi delle famiglie. Ma anche promuovere la giovane iniziativa d’impresa. È la strada per la crescita secondo Carlo Sangalli Francesca Druidi
alano ancora i consumi in Italia. I dati di Confcommercio segnano un decremento del 4,8 per cento degli acquisti nei primi tre mesi del 2013 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, al netto della variazione dei prezzi. La riduzione della spesa si attesta all’1,4 per cento nelle grandi superfici, mentre tocca il 5 per cento nei piccoli negozi, con preoccupanti ricadute sulla vita dei centri abitati e sull’occupazione del settore. Come rileva Carlo Sangalli, numero uno di Confcommercio, è necessario adottare al più presto misure d’emergenza per rimettere tutte le attività e le imprese
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nelle condizioni di produrre benessere e occupazione. Per questo, la Camera di commercio di Milano, presieduta dallo stesso Sangalli, sta sostenendo di concerto con il Comune in un momento di grave crisi la nascita di nuove imprese e il rafforzamento di quelle esistenti, puntando su accesso al credito, innovazione tecnologica e incentivi a creare nuova occupazione. Si parte dalla sospensione dell’Imu. Come muoversi per risollevare le condizioni produttive delle imprese e incoraggiare i consumi degli italiani? «La prima emergenza è ridare subito ossigeno alle imprese, diminuendo
l’insopportabile pressione fiscale. Sotto questo aspetto, riteniamo necessario sospendere il pagamento di giugno della prima rata dell’Imu sugli immobili strumentali delle imprese, compresi alberghi e negozi, così come annunciato per l’abitazione principale. Da cancellare poi definitivamente il previsto aumento dell’Iva, dal 21 al 22 per cento, che darebbe il colpo di grazia ai con-
START-UP
27mila
AMMONTARE DI NUOVE REALTÀ IMPRENDITORIALI MILANESI A FINE 2011 (DATI DELLA CAMERA COMMERCIO MILANO) 32 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Carlo Sangalli
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, Unione Confcommercio e Camera di commercio Milano
Comune di Milano e Camera di commercio hanno collaborato per la redazione del rapporto “Carta di Milano capitale delle startup” sumi ormai al minimo storico». Nel critico scenario generale, tiene più che nel resto del Paese l’economia milanese. Tra le tendenze, si registra la crescita dell’imprenditoria straniera. Come il tessuto produttivo milanese sta, nel complesso, reagendo alla crisi? «Le imprese milanesi attive sono circa 285mila, il 5,4 per cento del totale nazionale e presentano un tasso di crescita dello 0,41 per cento tra 2011 e 2012, quasi il doppio del dato italiano (+0,24). Milano e
i milanesi, nonostante la situazione economica che continua a rimanere difficile, mostrano una voglia di intraprendere che non accenna a diminuire, un segnale positivo in un momento sfavorevole. Spesso si tratta di auto impiego, proprio per far fronte alla crisi. Ora tocca alle istituzioni rispondere a questi segnali per favorire la tenuta del sistema economico e sostenere la creazione di nuova occupazione, a partire dai giovani». La Camera di commercio di Mi-
lano e il Comune stanno improntando una strategia di sviluppo che guarda all’occupazione, alle nuove start up e alla valorizzazione della creatività. In che modo si può intervenire per favorire nuova imprenditorialità? «Comune di Milano e Camera di commercio hanno messo insieme un comitato di lavoro per la redazione del rapporto “Carta di Milano capitale delle startup”, che è il risultato di un confronto e della partecipazione di giovani imprenditori. A livello di territorio è la prima iniziativa realizzata con queste modalità. Nel testo sono indicati punti di forza di Milano: capitale umano e infrastrutture innovative come università e incubatori. E punti di debolezza, come la mancanza di capitali per le startup. Ma soprattutto la carta propone una serie di iniziative che vanno dalla creazione di un “fondo di fondi”, supportato da enti pubblici e fondazioni del territorio, ai voucher in cofinanziamento, fino al crowdfounding. Ma anche misure che riguardano il sistema territoriale come l’internazionalizzazione e la formazione». Ritiene che la “No tax area” proposta dal presidente Maroni possa essere una soluzione efficace per l’economia lombarda? «Si tratta di una sperimentazione importante e da portare avanti al più presto in accordo con lo Stato. Parliamo di una “No tax area” della durata di tre anni per chi crea valore come start up, imprese che assumono giovani, imprese turistiche, negozi storici e neo professionisti. In questo momento di crisi può contribuire a ridare fiducia alle nostre imprese e a far ripartire il mercato del lavoro sul territorio». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 33
POLITICA ECONOMICA
Far girare liquidità sul territorio Agire in maniera rapida per sostenere l’accesso al credito, liberare gli investimenti e accelerare i pagamenti alle imprese. Massimo Garavaglia, assessore all’Economia della Regione Lombardia, indica le prime misure per la ripresa Francesca Druidi
ccorre scardinare l’impasse creatosi per far ripartire il sistema. E per raggiungere l’obiettivo, l’assessore Garavaglia indica i punti salienti della sua agenda, attraverso una politica tesa innanzitutto a rimuovere gli ostacoli che frenano il tessuto produttivo e gli enti locali. Quali sono le priorità per i prossimi mesi? «Per quanto riguarda il mio assessorato, l’obiettivo principale è rimettere in moto il sistema, facendo girare liquidità, vera esigenza primaria delle aziende. In quest’ottica abbiamo in pista almeno quattro iniziative, di cui la più importante concerne l’acquisto di crediti che le imprese vantano presso la pubblica amministrazione. Si tratta di un’iniziativa dal valore di circa mezzo miliardo di euro, ma della quale probabilmente riusciremo ad ampliare il plafond. Si rivolge a realtà produttive lombarde che vantano crediti nei confronti della Pa, ma stiamo lavorando alla chiusura di accordi per estendere la possibilità di scontare anche i crediti vantati verso altre Regioni. Una seconda iniziativa di peso riguarda l’utilizzo di fondi Bei tramite Finlombarda con l’attivazione di bandi per 150 milioni di euro, estendibili a 300 milioni con l’intervento del sistema bancario in cofi-
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34 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Dobbiamo uscire dallo stallo e, per farlo, vanno sciolti i principali nodi critici: il difficile accesso al credito e la burocrazia
nanziamento. In questo caso, ci si rivolge a investimenti per l’efficienza energetica e per diverse linee di azione con l’intenzione di concretizzare il tutto in tempi relativamente brevi». Altre misure di intervento? «Procederemo poi con iniziative già strutturate, come l’anticipo della Pac in agricoltura, anche se l’Europa storce il naso, e, sul lato puramente economico, il fondo sanitario: strutturiamo l’iniziativa già posta in essere
dalla Regione che consente di pagare già oggi a 60 giorni, con l’obiettivo di arrivare a 45 giorni riducendo ulteriormente i tempi di pagamento in ambito sanitario». L’ultima analisi congiunturale relativa alla Lombardia continua a registrare una situazione fortemente critica per il tessuto produttivo, nonostante le assodate potenzialità della regione. Su cosa occorre puntare per rafforzare la
Massimo Garavaglia
competitività territoriale? «Dobbiamo uscire dallo stallo e, per farlo, vanno sciolti i principali nodi critici: da un lato, il difficile accesso al credito - e già nella scorsa giunta si era intervenuti sui confidi - e, dall’altro, la burocrazia. Sul versante degli enti locali, registriamo un caos inenarrabile conseguente alle azioni legislative confusionarie degli ultimi due anni. È difficile districarsi l’ideale sarebbe fare tabula rasa e ripartire da zero - ma nel frattempo tentiamo di offrire delle soluzioni: in questa direzione opera il patto di stabilità verticale, con il quale la Re-
gione Lombardia attribuisce 210 milioni agli enti locali, frutto di un emendamento al decreto sui pagamenti della Pa che abbiamo portato avanti in Conferenza Stato-Regioni e che è stato accolto dal ministro Delrio. Non si tratta, quindi, di risorse piovute dal cielo ma da un’azione strettamente mirata». Sono previste ulteriori manovre di sostegno agli enti locali? «Vogliamo continuare su questo fronte, lo sblocco della procedura di infrazione può offrire dei margini da usare in modo sensato. La leva giusta è quella di favorire gli investi-
210 mln
LE RISORSE CHE LA REGIONE LOMBARDIA ASSEGNA A PROVINCE E COMUNI IN BASE AL PATTO DI STABILITÀ TERRITORIALE
menti sfruttando il bonus relativo alla chiusura per togliere gli investimenti dal patto di stabilità, senza però trascurare la virtuosità degli enti. Si possono liberare intanto, da subito, gli investimenti effettuati senza debito. E siccome gli enti locali del Nord sotto questo aspetto hanno la possibilità di farlo, è una via da percorrere. Ed è la linea lungo la quale ci muoveremo a Roma». Cosa vi aspettate dal Governo Letta? «Stiamo alla finestra, qualcosa è stato fatto. Mancano però tantissime risorse, dai 10 ai 15 miliardi circa solo per le emergenze, dalla cassa in deroga alle missioni internazionali. Tenendo conto che siamo a giugno, recuperare 15 miliardi in un taglio di spesa significa tagliare su base annua di 30: un obiettivo decisamente complicato. Bisogna riattivare il percorso dei costi standard. La spending review fatta sui consuntivi non ha senso, bisogna agire a livello di preventivo. Se si interviene a valle, si penalizzano sempre le realtà che lavorano bene». Uno degli obiettivi annunciati dalla Giunta Maroni è l’istituzione di un’agenzia di riscossione dei tributi regionali con l’obiettivo di sostituire Equitalia. Come dovrebbe essere strutturata? E quali secondo lei i tempi per un’effettiva implementazione? «Per quanto riguarda i tributi regionali, siamo di fatto operativi, ma non vogliamo limitarci soltanto a questi. Vogliamo, infatti, estendere il servizio agli enti locali che intendano usufruire di questa opportunità, mentre la terza fase prevede anche la riscossione di quote di tributi erariali nell’ottica di trattenere il 75 per cento del gettito fiscale prodotto in regione». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 35
POLITICA ECONOMICA
Sostegno all’economia locale Credito, fondo sanitario, sostenibilità energetica e banda ultra larga. Antonello Turturiello e Giorgio Papa, presidente e direttore di Finlombarda, parlano delle iniziative sviluppate dalla Finanziaria con Regione Lombardia Francesca Druidi inlombarda affianca Regione Lombardia nella exit strategy dalla crisi con una serie di misure orientate alla ripresa. Tra i bersagli principali c’è il credit crunch. È il presidente di Finlombarda, Antonello Turturiello, a ricordare nello specifico le iniziative messe a disposizione delle aziende del territorio dalla finanziaria regionale: «Made in Lombardy è un fondo per lo sviluppo competitivo, la ricerca e l’innovazione; Frim Fesr 2011 è stato pensato per l’innovazione, il trasferimento tecnologico e l’applicazione industriale dei risultati della ricerca; Fondo Seed è riservato al sostegno delle start up; Fondo Artigiano, Frim Cooperazione, “Agevolazioni per l’acquisto di macchinari” e Frim 2011 per lo sviluppo, la crescita dimensionale e il trasferimento della proprietà d’impresa; infine, Credito Adesso per il capitale circolante». In particolare, quest’ultimo si rivolge alle pmi dei settori manifatturiero, costruzioni, servizi alle imprese e commercio all’ingrosso, finanziando fino al 50 per cento di uno o più ordini accettati per la fornitura di beni e servizi, anche ricevuti dall’estero, di importo compreso tra 100mila e 1 milione di euro. «Credito Adesso - prosegue il direttore generale della Finanziaria, Giorgio Papa - si avvale di una rete capillare sull’intero territorio della Lombardia di oltre 5mila sportelli delle banche
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36 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
primis il sostegno al territorio e alla competitività delle imprese», evidenzia Turturiello. «Particolare riguardo è dato al problema dei ritardi degli enti locali nei pagamenti alle imprese, che ne aggrava ulteriormente le difficoltà derivanti dalla congiuntura economica. Finlombarda è - di concerto con la Regione - proprio attualmente impegnata nella strutturaTERRITORIO E SANITÀ zione di una misura che sostenga Le direttrici lungo le quali si sta tutte le imprese che vantano cremuovendo Finlombarda, al fianco diti nei confronti di Province e del governo regionale, sono «in Comuni lombardi». Un altro imaderenti. E, grazie al contributo della Regione, sconta il costo del finanziamento dell’1 per cento per tutte le pmi e del 3 per cento per le imprese del mantovano colpite dal sisma». Non richiede garanzie reali, basta la semplice presentazione dell’ordine o del contratto. Le domande di accesso vanno presentate esclusivamente online all’indirizzo gefo.servizirl.it.
50% L’INIZIATIVA “CREDITO ADESSO” FINANZIA LE PMI FINO AL 50 PER CENTO DI UNO O PIÙ ORDINI E CONTRATTI ACCETTATI PER LA FORNITURA DI BENI-SERVIZI
Antonello Turturiello, Giorgio Papa
L’iniziativa “Credito Adesso” si avvale di una rete capillare sull’intero territorio della Lombardia di oltre 5mila sportelli delle banche aderenti
portante ambito di intervento è quello sanitario: la Regione, fin dal 2007, è, operativa nella riduzione dei tempi di pagamento del sistema sanitario regionale verso le imprese fornitrici, tramite il Fondo socio-sanitario gestito da Finlombarda, «senza costi e oneri aggiuntivi per le aziende sanitarie», aggiunge il direttore Papa. «I risultati ottenuti sono più che soddisfacenti, sia da un punto di vista della riduzione dei tempi di pagamento, attestatisi dopo poco più di un anno di attività a 90 giorni fino agli attuali 60 per tutti i nuovi contratti a partire dal 2011, sia da un punto di vista dell’ottimizzazione della gestione finanziaria e contabile delle aziende sanitarie». Dall’avvio al primo trimestre 2013, il Fondo socio-sanitario ha erogato ben 14,2 miliardi
di euro a 15.269 fornitori e gestito circa 5 milioni di documenti contabili. ENERGIA E INFRASTRUTTURE
La Regione, con il supporto di Finlombarda, ha promosso un progetto pilota che vede la realizzazione di una rete di 19 km di fibra ottica, del valore stimato di circa un milione di euro, al servizio di un cluster di aziende dei Comuni di Concorezzo e Monza. Dopo la fase propedeutica, che ha visto l’adesione preliminare di 210 imprese interessate ad attivare contratti di connessione, la prossima fase prevede l’emanazione di un bando di gara per la realizzazione della rete, che verrà effettivamente costruita e messa a disposizione degli operatori di telecomunicazione e Internet service provider, laddove le adesioni
preliminari raccolte presso le imprese saranno trasformate in contratti per la fornitura di servizi a banda ultra larga. «La creazione di un’infrastruttura in fibra ottica – evidenzia Antonello Turturiello – in territori in cui c’è un’aggregazione di domanda di banda larga tale da consentire un investimento sostenibile dal punto di vista economico-finanziario, minimizzando l’utilizzo di risorse pubbliche, è un modello non ancora sperimentato in Italia, che potrà essere adottato anche da altre Regioni, oltre che “esportato” in altre aree della Lombardia ad alta concentrazione di imprese». Intanto, è nata energialombardia.eu, la nuova piattaforma di analisi strategica per la sostenibilità energetica sviluppata da Finlombarda per conto della Regione. «L’intento – spiega Giorgio Papa – è quello di creare un luogo virtuale dove sia possibile restituire le elaborazioni dell’intero patrimonio informativo della regione in tema di energia raccolto da Finlombarda. La piattaforma punta a mettere a sistema le conoscenze, anche di altri saperi tecnici con cui porsi in costante confronto, così da restituire analisi utili alla migliore definizione e attuazione delle politiche territoriali in tema di energia nella nostra regione». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 37
MERCATO DEL LAVORO
100.000 posti di lavoro senza costi per lo Stato Più incentivi alle imprese e meno barriere all’ingresso nel mercato del lavoro per gli svantaggiati. Le proposte di Eugenio Filograna per creare nuovi posti di lavoro senza oneri per il bilancio pubblico Manlio Teodoro
a riforma Fornero è contro gli svantaggiati. Mi batterò per il ripristino degli incentivi alle imprese per creare da subito 100mila posti di lavoro, senza costi per lo Stato». È determinato Eugenio Filograna del centro studi Ameco di Milano, ex senatore e già responsabile del dipartimento Lavoro di Forza Italia. Definito dal Corriere della sera il “nemico numero uno della disoccupazione”, Filograna si è battuto contro l’abolizione degli incentivi al-
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l’assunzione dei lavoratori svantaggiati: ha presentato memorie alle Camere, ha consultato giuslavoristi e ha scritto al governo, senza esito. Però la sua battaglia continua. «Non ci sono solo gli esodati e i giovani fra le vittime della riforma Fornero, bensì anche i lavoratori svantaggiati. Proprio in un momento di grave crisi le nuove norme sul lavoro hanno modificato l’articolo 13 del decreto legislativo 276 del 2003, togliendo ai lavoratori più deboli e alle imprese uno strumento che poteva aiutare entrambi a fronteggiare
Eugenio Filograna
Il centro studi Ameco ha una sede a Milano e una a Brugherio (MB) www.ameco.it
il momento. Con il vecchio articolo 13 le aziende ottenevano un piccolo risparmio (attraverso la somministrazione) fino al 20 per cento rispetto alla retribuzione del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl), e gli svantaggiati avevano qualche opportunità in più di essere assunti con contratti di almeno sei mesi e corsi di riqualificazione professionale». Che cosa è cambiato con la modifica dell’articolo 13? «Il nuovo testo ha tolto la possibilità di operare in deroga al Ccnl, ossia ha cancellato la possibilità di fare una riduzione sulla retribuzione di questi soggetti. Quindi ora le imprese non hanno più alcun interesse ad assumere persone svantaggiate. Che senso ha un articolo che continua a prevedere la possibilità di assumere svantaggiati con contratti di durata minima di sei mesi senza però offrire più all’imprenditore alcun concreto vantaggio? È evidente che quando l’imprenditore sceglierà chi assumere, scarterà la persona svantaggiata». La risposta di Filograna è quindi la creazione di 100mila posti di lavoro. Ma com’è possibile senza costi per lo stato? «Basterebbe solo ripristinare gli incentivi per l’assunzione degli svantaggiati. Si tratterebbe di consentire di nuovo di derogare alle condizioni del Ccnl, reintroducendo la riduzione del salario prevista dal vecchio articolo 13 – un taglio del resto previsto anche per i contratti di inserimento e apprendistato. Del resto sarebbe un trattamento migliore rispetto a quello riservato a molti Cocopro, partite Iva e stagisti. E ne deriverebbe un beneficio anche per le casse statali: se per gli apprendisti si interviene con i fondi pubblici, nel caso degli svantaggiati il bilancio statale non avrebbe alcun aggravio di spese». Resta da capire la ratio che ha portato alla modifica del precedente articolo 13. «Probabilmente l’obiettivo era evitare forme di abuso nella possibilità di deroga al Ccnl. Tale rischio era comunque stato scongiurato dal recente intervento della convenzione con Italia Lavoro, che aveva
CHI SONO GLI SVANTAGGIATI? norma del decreto legislativo 276 del 2003, rientrano nella categoria degli svantaggiati: i lavoratori che hanno superato i 50 anni di età; i membri di una minoranza nazionale all’interno di uno stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro per migliorare le prospettive di accesso a un’occupazione stabile; i lavoratori senza lavoro da almeno 24 mesi; gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico; i lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello stato membro interessato; chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale (Isced 3).
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chiarito e fissato i paletti operativi, stabilendo al 20 per cento la decurtazione massima al salario. Vi era stato quindi un equo bilanciamento degli interessi fra lavoratori e imprese, con rinunce e vantaggi per entrambi. L’articolo 13 mirava anche a evitare la formazione di un doppio mercato: uno per le professionalità più ricercate gestito dai privati e un altro mercato per i lavoratori meno appetibili, affidato solo al servizio pubblico. Si voleva scongiurare così l’emarginazione delle fasce più deboli e incentivare la loro occupazione. Inoltre, secondo i dettami del regolamento europeo 800 del 2008 è previsto l’obbligo per gli stati membri di predisporre aiuti a favore dei lavoratori svantaggiati attraverso la promozione della loro formazione e incentivi all’assunzione». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 39
IL PUNTO
Il sentiero tracciato del Nord Roberto Maroni ha le idee chiare riguardo la gestione della sua Lombardia. Macroregione, ascolto del territorio e autorevolezza con Roma e Bruxelles, per non essere mai subalterni a nessuno e tornare a contare Teresa Bellemo
a quando Roberto Maroni è governatore della Lombardia quello che prima era il manifesto elettorale è diventato il programma di governo. E per Maroni deve trasformarsi nella «stella polare» della giunta. Su queste basi è già partita la macchina amministrativa e si intravedono i primi risultati. Il Consiglio regionale ha approvato la proposta di legge sui piani di governo del territorio, un provvedimento che riaprirà 3.000 cantieri per un volume d’affari di oltre mezzo miliardo. Inoltre, la giunta ha formulato la moratoria sull’apertura dei grandi centri commerciali e la legge di riforma delle Aler. Quest’ultima, cancellando 130 poltrone, «porterà un risparmio di 3 milioni di euro all’anno. Inoltre, entro giugno approveremo anche la proposta di legge sulla ludopatia, fondamentale per contrastare la piaga del gioco d’azzardo». Roberto Maroni esprime la sua soddisfazione: «Abbiamo fatto tutto questo a tempo di record, in soli due mesi dal nostro insediamento». Quali saranno i cardini della riforma sanitaria? «In Lombardia è stato creato un sistema sanitario capace di compe-
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40 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
tere con i più elevati standard internazionali di qualità ed efficienza, che costa ai suoi cittadini meno di tutti gli altri e che sa offrire migliori servizi e maggiori opportunità. Pur d’eccellenza, fa riferimento a una legge di una ventina d’anni fa e ha comunque bisogno di un intervento di manutenzione straordinaria. A giorni costituiremo una commissione di esperti che metterà mano a una proposta di riforma per migliorarlo ulteriormente. Parallelamente, però, è fondamentale che il governo applichi la riforma sui costi standard approvata dall’esecutivo Berlusconi. Un Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia passaggio che per la Lombardia vorrà dire, ad esempio, avere la possibilità di «A me interessa tutto quello che abolire tutti i ticket sanitari». riguarda la Lombardia. Sulla sicuLa sicurezza è da sempre un rezza, pur non avendo come Retema caro alla Lega. Recente- gione competenze dirette, mente ha espresso la sua preoc- intendiamo impegnarci al mascupazione sul fronte furti e simo lo stesso, anche investendo rapine. Quali provvedimenti in- risorse, come faremo ad esempio tende adottare? stanziando fondi per consentire ai
Roberto Maroni
comuni di potenziare il loro sistema di videosorveglianza. Recentemente ho incontrato il ministro dell’Interno, il prefetto e tutte le altre istituzioni per affrontare l’emergenza in seguito ai fatti di Milano. Scriveremo un nuovo patto regionale per la sicurezza, per il quale ho già indicato tre priorità: creare un sistema informativo comune fra Regione, Polizia locale e Ministero, per ottimizzare lo scambio di notizie; realizzare la piena interconnessione fra le sale operative, stabilizzando un modello già attuato in via sperimentale in alcune realtà; intensificare la collaborazione e il controllo del territorio, per prevenire e frenare i fenomeni criminosi legati all'immigrazione
La Lombardia è più grande di alcuni Stati dell’Unione, è uno dei quattro motori d’Europa e non può essere subordinata alla burocrazia romana
clandestina, aumentati anche in relazione al perdurare della situazione di crisi economica». È passato poco più di un anno dal sisma che ha colpito l’Emilia ma anche molte zone della Lombardia. Oltre alla proroga dei contributi ha in programma altri interventi per far tornare produttivo il territorio? «Ogni mese incontro i sindaci e gli imprenditori dei comuni colpiti dal sisma. Continuerò a farlo finché la situazione non sarà defi-
nita. Ho nominato l’assessore alla Casa, Paola Bulbarelli, mio rappresentante sul territorio proprio per essere aggiornato quasi in tempo reale su problemi e criticità, alle quali stiamo già dando risposte concrete. Oltre alla proroga dei fondi, ad esempio, siamo riusciti a trovare i 30 milioni necessari per riaprire il ponte di San Benedetto Po, importante via di collegamento fra Lombardia ed Emilia. Ci siamo impegnati a cercare in sede di assestamento di bi- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 41
IL PUNTO
lancio anche le somme necessarie per rifinanziare integralmente gli ammortizzatori sociali richiesti dalla aziende del territorio». L’assessore Fava sostiene che il ministero dell’agricoltura sia superfluo. Quali saranno le modalità con cui la Regione si relazionerà con il governo centrale? E in che modo intende rendere la macchina burocratica più snella, riducendo i costi? «La Lombardia è la prima regione agricola d’Italia. La politica agricola viene fatta a Bruxelles, non a Roma, e noi vogliamo avere un rapporto diretto con le istituzioni europee. Abbiamo già iniziato a farlo. Ho mandato l’assessore Fava a incontrare la Commissione europea, perché voglio essere io il referente delle istituzioni europee per l’agricoltura lombarda. Con Palazzo Chigi ci relazioneremo da governo a governo. La Lombardia è più grande di alcuni Stati Ue, è uno dei quattro motori d’Europa e non può essere subordinata alla burocrazia della capitale. Voglio che Roma ci rispetti e ci ascolti. E anche in fatto di riduzione dei costi abbiamo anticipato lo Stato centrale, riducendo di 10 milioni le spese di funzionamento del governo delle Lombardia nei prossimi cinque anni». La macroregione del Nord ha rappresentato uno dei principali punti della sua campagna elettorale. Da cosa intende partire? «Voglio partire da progetti concreti che svilupperemo con il Piemonte, il Veneto e con le altre regioni del Nord. Siamo già al la42 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
voro, in materia di grandi opere, ma anche sviluppo della rete ferroviaria e del trasporto pubblico locale, di programmazione dei fondi strutturali europei 20142020 e di politiche comuni per il sostegno e l’internazionalizzazione delle imprese. Continueremo anche a fare pressione sul governo affinché vengano attribuiti ai territori maggiori competenze e risorse provenienti dalla partecipazione diretta al gettito di tributi erariali riferibili al nostro territorio, in misura non inferiore al 75 per cento delle entrate tributarie complessive. Inoltre, proprio in questi giorni, il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza una risoluzione che impegna la Commissione Ue a elaborare al più presto un piano d’azione per la realizzazione di una strategia macroregionale per le Alpi, in grado di coinvolgere sei Paesi europei e sette regioni del nord Italia. Si tratta di un passag-
gio importante che dà forza al nostro progetto». Quanto e quando potrà essere concretizzata l’idea di moneta complementare? «La moneta complementare - che non è alternativa ma integra l’euro - è una realtà in numerosi paesi d’Europa. Per le imprese, in un momento di crisi, può essere uno strumento utile a contrastare la mancanza di liquidità. Solo in Germania ne esistono almeno una ventina. Il Wir di Basilea, nato negli anni ‘30, ha contribuito alla ripresa post crisi del ’29 ed è diventato addirittura una banca. In Francia, a Nantes, sono due professori universitari della Bocconi a studiare un progetto per l’amministrazione a guida socialista del comune. Noi stiamo valutando le esperienze che già ci sono in giro per l’Europa, per capire se e come introdurre una moneta complementare anche in Lombardia e nella macroregione del Nord».
EXPO 2015
Una straordinaria missione per il Paese La fase operativa dell’Esposizione universale è partita da tempo e tutto il mondo scommette su Milano, 130 i paesi partecipanti, oltre l’80 per cento della popolazione mondiale. Diana Bracco illustra la marcia di avvicinamento al 2015 Renata Gualtieri
S Sopra, Diana Bracco, presidente della società Expo 2015 e commissario generale per il Padiglione Italia
econdo un’indagine promossa dalla Camera di commercio di Milano e dalla società di gestione di Expo 2015, l’indotto economico che l’evento produrrà a Milano e in Italia, tra il 2012 e il 2020, sarà di 24,7 miliardi con un incremento di valore aggiunto stimato in 10,5 miliardi di euro e 199mila persone occupate direttamente o indirettamente. Diana Bracco, presidente di Expo 2015 e commissario generale per il Padiglione Italia, conferma queste aspettative sottolineando come l’Esposizione universale sarà davvero un eccezionale volano anticiclico di crescita economica e occupazionale e una straordinaria opportunità per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo. Expo rappresenta per l’Italia anche un essenziale attrattore di capitali: gli investimenti esteri, infatti, ammontano a oltre un miliardo di euro. Germania e Svizzera hanno già stabilito per i loro padiglioni budget rispettivamente di 40 milioni e 19 milioni di euro, la Russia circa 30 milioni, dai Paesi del Golfo si attendono più di 150 milioni, mentre la Repubblica popolare
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cinese avrà il secondo padiglione più grande del sito espositivo dopo quello italiano. «A questo sostegno internazionale - ricorda Diana Bracco si aggiunge l’entusiasmo del mondo delle imprese, a iniziare dal presidente Giorgio Squinzi e dai numerosi official partner di Expo 2015: da Fiat a Telecom, da Intesa San Paolo a Coop e poi Illy, Accenture, Cisco, Enel, Finmeccanica, Came. Gli investimenti dei primi partner privati di Expo hanno già superato i 250 milioni di euro. Soprattutto in un momento di crisi, in cui l’Italia fatica ad attrarre investimenti, sono risorse eccezionali che porteranno sviluppo e occupazione nel nostro paese: chi ama l’Italia e il suo futuro ama l’Expo». Anche il Padiglione Italia è ormai entrato in fase operativa? «Proprio così. Dopo la presentazione del concept elaborato da Marco Balich, avvenuta alla Triennale di Milano il 20 novembre scorso e il successivo lancio del concorso internazionale di progettazione, poco più di un mese fa abbiamo svelato le forme di “Casa
Diana Bracco
+24,7 mld L’INDOTTO CHE L’EXPO 2015 GENERERÀ TRA IL 2012 E IL 2020 IN ITALIA SECONDO LE STIME DELLA SOCIETÀ DI GESTIONE
20 mln LE PRESENZE TURISTICHE ATTESE PER EXPO 2015: 13-14 MILIONI DALL’ITALIA, 3-4 MILIONI DALL’EUROPA E 3 DAI PAESI EXTRA-EUROPEI
Italia”. La partecipazione è andata oltre le nostre aspettative e il grande lavoro fatto dalla società guidata da Giuseppe Sala, che è la stazione appaltante, è stato ripagato. Il progetto vincitore, realizzato dal raggruppamento Nemesi&Partners di Roma, Proger di Pescara e Bms Progetti di Milano, è bellissimo e rappresenta un’altra dimostrazione che l’Italia ha tutte le caratteristiche per realizzare un’esposizione di successo in grado di far vivere al visitatore un’esperienza emozionante da non perdere». Il Padiglione Italia sarà ispirato all’idea del vivaio. Come sarà possibile far germogliare giovani talenti e creare per loro occasioni di lavoro? «L’idea del vivaio, elaborata da Marco Balich, incarna perfettamente un trinomio fondamentale per il futuro del nostro paese: innovazione, giovani e talento. Queste sono le chiavi per avviare un rinascimento dell’industria. Il padiglione nasce con la vocazione di essere luogo e simbolo dello sviluppo di
nuove generazioni. Uno spazio protetto, di crescita, sviluppo e formazione. Un laboratorio d’idee che aiuti i progetti a germogliare. Un punto di riferimento per i talenti innovatori, capaci di rinnovare il concetto di eccellenza italiana combinando la tradizione con approcci inediti e originali. Al centro della costruzione ci sarà “l’albero della vita”, il simbolo del Paese, della sua industria e delle sue bellezze storiche, paesaggistiche, enogastronomiche: sarà un punto di riferimento per imprenditori e ricercatori». Il presidente Enrico Letta ha dichiarato che l’Expo dovrà avere un futuro anche oltre il 2015. Quale segno lascerà questo evento su Milano e sul Paese? «Ho molto apprezzato l’impegno messo in campo dal premier sin dai primi giorni del suo mandato. Oggi l’Italia sembra aver capito l’importanza dell’Esposizione universale per rilanciare la nostra immagine nel mondo e restituire fiducia nel futuro ai cittadini. La stessa immagine del Padiglione Italia, il vivaio, vuole LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 49
EXPO 2015
Il cibo è nostro punto di forza nel mondo. Ma l’Expo è anche occasione di promozione delle eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche italiane
interpretare questo bisogno di avvenire. Tra l’al- tour del Settecento e dell’Ottocento. Il Paditro, una volta conclusa l’esposizione, il vivaio continuerà a crescere. Insieme alle vie d’acqua, infatti, Palazzo Italia sarà uno dei principali lasciti materiali di Expo 2015 al territorio lombardo. Ma l’Expo lascerà anche un territorio con più infrastrutture, moderno e sostenibile». Quanti visitatori sono previsti? «Si prevedono 20 milioni di presenze. Circa 13 o 14 milioni dall’Italia; 3-4 milioni dall’Europa, soprattutto da Spagna, Svizzera, Regno Unito e Francia; 3 milioni dai Paesi extra-europei, di cui un milione dalla sola Cina. Complessivamente ci aspettiamo un indotto per il settore turistico pari a circa 4,8 miliardi di euro. Il Padiglione Italia sarà proprio una porta d’ingresso in grado di offrire ai visitatori di tutto il mondo la magia di un viaggio lungo la penisola. Grazie al contributo delle Regioni e degli enti locali che popoleranno il Cardo, vogliamo far rinascere a livello globale il desiderio di visitare il Bel Paese. L’obiettivo è quello di far rivivere il mitico grand
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glione Italia sarà anche un flagship store delle nostre eccellenze e un formidabile biglietto da visita per tutto il nostro sistema produttivo». Come potrà interagire l’Expo con il ruolo trainante delle fiere alimentari? E quali le opportunità per chi opera nel settore della ristorazione e del food? «Il tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita” permetterà all’Italia di valorizzare le nostre numerosissime eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche in settori con un alto potenziale di crescita legati proprio allo sviluppo sostenibile, alle energie rinnovabili e, naturalmente, all’agricoltura, all’artigianato e all’industria alimentare. Il cibo made in Italy costituisce uno dei nostri punti di forza in tutto il mondo. Ma l’Expo rappresenta un’occasione di promozione di tutte le numerosissime eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche italiane in settori come le macchine per la movimentazione agricola
Diana Bracco
e quelle per la lavorazione alimentare riconosciute come tecnologie di avanguardia: dall’utilizzo efficiente delle materie prime, agli agro-farmaci, ai fertilizzanti per incrementare le rese agricole di tanti paesi in via di sviluppo, ai medicinali veterinari, ai processi di valorizzazione delle produzioni alimentari e alla loro conservazione». Nel primo giorno degli Expo days si è parlato di spreco alimentare. Come verrà diffuso questo concetto? «L’Expo affronterà le sfide di un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti nell’ottica dello sviluppo sostenibile, attraverso ampie direttrici tematiche che vanno dall’agricoltura e biodiversità alla sicurezza e qualità alimentare, dall’innovazione della filiera agroalimentare alla cooperazione e sviluppo nell’alimentazione, dall’educazione alimentare e stili di vita al cibo e cultura. Tra queste, la questione dello spreco sarà assolutamente centrale».
Come le scuole italiane potranno essere protagoniste della manifestazione? Qual è il ruolo delle giovani generazioni? «Il coinvolgimento dei ragazzi e dell’intero sistema scolastico nell’Expo 2015 è un obiettivo per noi prioritario. Il progetto rappresenta un tassello fondamentale per costruire quella “Expo generation” che dovrà essere più attenta al tema della sostenibilità, più consapevole dei rischi legati a comportamenti alimentari non corretti, e soprattutto più sensibile a cogliere la centralità del tema della nutrizione come sfida cruciale per il nostro secolo. Un’attenta educazione alimentare, così come un utilizzo razionale della risorsa idrica, sono sempre più indispensabili. Su questi temi vanno responsabilizzati tutti i cittadini, partendo proprio dai più giovani. Credo che il programma di educazione alimentare lanciato dal Miur avrà anche a questo riguardo un ruolo importante perché attraverso gli studenti servirà a migliorare i comportamenti delle loro famiglie». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 51
EXPO 2015
Padiglione Italia, vetrina nazionale
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o scorso aprile Diana Bracco, presidente di Expo 2015 e commissario generale per il Padiglione Italia, ha annunciato durante un incontro alla Triennale i vincitori del concorso per la progettazione del Padiglione Italia. La gara se l’è aggiudicata lo studio Nemesi&Partners, che vede alla guida Michele Molè e Susanna Tradari, responsabili della progettazione architettonica con la collaborazione di Proger e Bms Progetti. Ben 68 i progetti arrivati da tutto il mondo per partecipare al concorso internazionale. L’elevata adesione ha garantito la grande qualità del risultato finale. Ora l’Italia ha trovato la sua casa ed è stato compiuto un altro fondamentale passo avanti verso il 2015. Il progetto vincitore interpreterà l’espressione della cultura italiana contemporanea, comprendendo sia il Palazzo Italia, circa 12mila mq calpestabili, sia gli altri padiglioni posti lungo il Cardo, che
«Un flagship store delle eccellenze italiane e uno spazio dove rivivere l’emozione di un viaggio dentro il Bel Paese». Michele Molè e Susanna Tradati, architetti dello Studio Nemesi & Partners, illustrano il progetto del Padiglione Italia Renata Gualtieri
ospiteranno diversi spazi espositivi e istituzionali: un viale che si estende per 325 metri. Quattro blocchi principali, organizzati intorno a un vuoto-piazza centrale collegati tra loro da elementi-ponte che ospitano le macro funzioni principali: area espositiva, auditorium, uffici e sale riunioni. Alla base c’è l’idea di un organismo architettonico il più possibile energicamente indipendente, in cui è garantito al massimo l’equilibrio tra produzione e consumo d’energia. «Il progetto del Padiglione Italia - commenta Michele Molè, fondatore dello studio Nemesi&Partners - è sì un progetto di architettura, ma anche l’immagine di sé e la visione verso il futuro che il nostro Paese vuole trasmettere al mondo. La più grande ambizione che il progetto può concretizzare è quella che i visitatori ritornino dall’Expo con l’emozione di quella visione e la consapevolezza che l’Italia è ancora un modello di bellezza, innovazione, talento». La premiazione del Concorso internazionale di progettazione del Padiglione Italia all’Expo 2015. Nella pagina a fianco, il progetto primo classificato, realizzato dallo Studio Nemesi&Partners con Proger e Bms Progetti Attraverso lo spazio il visita52 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Michele Molè, Susanna Tradati
tore potrà rivivere l’emozione di un viaggio dentro il Bel Paese e il made in Italy rappresenterà un valore aggiunto per la città di Milano. «Quel made in Italy che esprime sofisticazione, cura dei dettagli e armonia dell’insieme, indipendentemente dal fatto che sia rappresentato da un prodotto italiano, un’opera d’arte o altro. «Nel progetto del Padiglione Italia - assicura Susanna Tradati, partner dello studio dal 2008 - faremo il possibile per esprimerlo nel racconto complessivo dell’esperienza spaziale del progetto, in cui architettura e contenuti espositivi dovranno dialogare e contribuire a questa narrazione unica». Il progetto, in risposta al tema “Nutrire il Pianeta, energia per la vita” e al concept del vivaio di talenti, individua nell’idea di comunità il vero motore dell’energia propulsiva di rilancio del nostro Paese, l’Italia. «Dà forma a questa idea - precisa l’architetto Michele Molè - costruendo attorno al vuoto della piazza centrale, luogo di incontro e vita della comunità, i volumi del Padiglione Italia, che si radicano a terra come grandi radici, metafora del ritrovato rapporto con la natura e con la tradizione, e si elevano leggeri verso
Un’architettura-paesaggio, da esplorare e scoprire gradualmente, in un percorso espositivo che è pensato per generare un senso di stupore
l’alto come chiome d’albero, a simboleggiare lo slancio verso il futuro. Ha così origine un’architettura-paesaggio, da esplorare e scoprire gradualmente, in un percorso espositivo che è pensato per generare un senso di stupore». La foresta urbana è legata all’idea di volumi architettonici autonomi, tra loro collegati e organizzati intorno alla piazza centrale. La pelle ramificata dei volumi evoca la dimensione ruvida e sensuale della corteccia d’albero e dei rami di una foresta. Sia l’interno che l’esterno del padiglione saranno parte integrante dell’esperienza che il visitatore vivrà: «Ci piacerebbe - sottolinea Susanna Tradati - che la grande piazza coperta divenisse il cuore spaziale ed emozionale del progetto». La pelle esterna sarà studiata appositamente su misura del progetto ideato che nell’insieme risponderà ai più moderni criteri di sostenibilità energetica, flessibilità e multifunzionalità. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 53
AGROALIMENTARE
Appuntamento col futuro I prossimi anni saranno cruciali per il comparto agricolo lombardo, che dovrà essere pronto a vincere la sfida lanciata dall’Expo, nutrire il pianeta Teresa Bellemo
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L’agricoltura lombarda deve avere un riconoscimento adeguato, altrimenti sarà senza prospettive
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Gianni Fava, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia
Gianni Fava
ambio della guardia in quella che è la regione più agricola d’Italia. Gianni Fava è il nuovo assessore all’Agricoltura della Lombardia e ha già le idee chiare su come intende relazionarsi con Roma e Bruxelles. Se con la Capitale intende avere poco a che fare «perché trovo il ministero delle Politiche agricole un inutile orpello superato da fatti ed eventi», con Bruxelles, invece, le intenzioni sono diverse. «Il nostro vero interlocutore è l’Unione europea e stiamo cercando in tutti i modi di esercitare una forma di relazione diretta tra la Lombardia e le regioni del nord con l’Ue e i suoi organismi». In questo modo sarà più facile, secondo l’assessore, far sentire la voce della zootecnia lombarda, che ha bisogno di vedere più tutelata la propria specificità proprio da quei soggetti che la conoscono più da vicino e la possono difendere realmente. Intanto, i problemi delle aziende agricole sono anche in loco, e vanno dall’ormai nota difficoltà ad accedere ai finanziamenti alla convivenza con un altro primato lombardo, la cementificazione. Quali sono i primi provvedimenti che intende mettere in campo? «Vogliamo sbloccare in tempi rapidi tutte le risorse disponibili perché possano dare linfa a un comparto fondamentale per lo sviluppo del territorio. In particolare, ci soffermeremo sulla possibilità di affrontare una volta per tutte il problema della direttiva sui nitrati, che attanaglia gran parte delle imprese produttive del Nord, e subito dopo le questioni che riguardano la possibilità di erogare finanza in un momento così difficile per il credito alle imprese». La Lombardia è anche la regione a più alta cementificazione. Come coniugare questa realtà e tutte le sue conseguenze con il settore dell’agricoltura? «È una delle priorità del governo Maroni ed è una di quelle a cui rispondere con una serie di atti concreti. In questi giorni ho avuto modo di chiedere ai colleghi che si occupano di altre materie, in particolare del commercio e dell’ambiente, di fare in modo che l’assessorato all’agricoltura possa essere convocato
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in tutte le conferenze dei servizi e possa esprimere un parere in tema di consumo del suolo. La tendenza è quella che ci porta a conservare il suolo come bene primario destinato all’agricoltura e allo sfruttamento agricolo in generale, decisamente in controtendenza con quanto avvenuto in passato. Anche in quello recente». Quali sono le priorità per le aziende agricole lombarde? Come intende snellire la burocrazia, problema particolarmente sentito dal settore? «In questo momento le emergenze sono di mercato, ma non c’è dubbio che l’appesantimento burocratico contribuisca a peggiorare le difficoltà. Credo che il prezzo del latte, dei suini e del riso abbiano raggiunto il livello di guardia. Su queste tre emergenze, se sarà il caso, dovremo intervenire mettendo in campo l’autorevolezza della regione agricola più importante d’Europa per avere dalla grande distribuzione organizzata un riconoscimento adeguato e una remunerazione minima, in assenza delle quali saremo costretti a considerare la nostra un’agricoltura di pura sussistenza e, quindi, senza prospettive. In tema di sburocratizzazione, in questi giorni la nostra direzione generale sta eseguendo una ricognizione su tutta quella burocrazia importata, non necessariamente correlata alle misure comunitarie. Stiamo cercando di capire cosa abbiamo aggiunto di non necessario alla già troppo macchinosa burocrazia europea». L’Expo 2015, il cui tema unificante è molto caro all’agricoltura, può portare nuove idee e nuovi canali per lo sviluppo di questa risorsa? «Per quanto riguarda Expo stiamo attendendo risposte sul versante infrastrutturale, che ritengo possano arrivare presto con il nuovo commissario unico. Successivamente sarà nostro compito valutare dal punto di vista logistico e di impostazione quello che dovrà essere Expo, cioè la vetrina dell’alimentazione mondiale che nel 2015 proietterà Milano al centro del mondo. È un appuntamento importantissimo per noi, al quale guardiamo con molte aspettative». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 61
PRODOTTI ALIMENTARI
L’industria casearia verso export e Gdo Le tendenze contrastanti del mercato interno, complice la crisi dei consumi, spingono i produttori di formaggi a cercare stabilità all’estero. La strategia di diversificazione dei mercati di Stefano Cioli Mauro Terenziano
n fatturato 2012 che ha raggiunto i 57 milioni di euro. E una quota di export del 37 per cento. Due dati che, da una parte, indicano un’azienda casearia in grado di tenere il mercato nonostante la crisi e, dall’altra, il successo che i prodotti made in Italy continuano a riscontrare all’estero. Ed è anche alla luce di questi numeri che Stefano Cioli, presidente di Brescialat – società del gruppo Cioli, agglomerato di imprese i cui interessi spaziano dal
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settore della similpelle all’edilizia, dal tessuto non tessuto al tessile, fino al settore zootecnico e agroalimentare –, ha scelto di valorizzare di più il prodotto destinato oltre confine, anche e soprattutto di fronte a un mercato interno che continua a mostrare un calo della richiesta. «I mercati esteri risentono meno della crisi e inoltre in questi le marginalità sono leggermente superiori a quelle del mercato nazionale e le richieste stabili. Al contrario nel nostro paese registriamo tendenze contrastanti. Ci troviamo
Stefano Cioli
Interni degli impianti produttivi della Brescialat Spa di Chiari (BS) www.brescialat.it
con una quota di mercato che punta sempre più su prodotti di altissima qualità e di nicchia, tuttavia la quota maggiore in momenti di contrazione e crisi economica ci impone pezzature di prodotto inferiori per avere una battuta di cassa adeguata in questi momenti. Pertanto cresce la richiesta di prodotti lavorati da acquistare in piccole quantità: insomma, cala la pezzatura media a favore della bustina di grattugiato». A cambiare non sono solo le abitudini di consumo – alle quali adattarsi – e i paesi sui quali puntare, bensì anche i canali attraverso i quali raggiungere il consumatore finale. «Il nostro core business è rappresentato dai rapporti di fornitura ai grandi distributori dell’Horeca e delle aziende di catering. Attualmente, però, stiamo provando a entrare nella Gdo. Si tratta per noi di un passo importante, anche a fronte di un investimento di 3 milioni di euro in un nuovo impianto che utilizziamo per definire le linee di prodotto porzionato e grattugiato. Questa tecnologia ci permetterà di affrontare al meglio i mercati esteri e di collocare questi prodotti anche sul mercato interno». Accanto all’investimento in nuove tecnologie produttive resta saldo l’impegno nella selezione delle materie prime. Brescialat è associata al Consorzio del Grana Padano e a quello per la tutela del taleggio e quartirolo – l’offerta dell’azienda è concentrata, da una parte, sui formaggi molli – come lo stracchino, la crescenza, il taleggio, il quartirolo, la caciotta, l’italico, il mascarpone –, dall’altra sul Grana Padano. «Questo significa che la nostra produzione sottostà alle medesime normative che regolano i consorzi. Normative che identificano i criteri volti a tutelare standard qualitativi elevati, ai quali gli stessi allevatori devono attenersi per poter immettere il loro latte nel ciclo produt-
140 t
LATTE LAVORATO AL GIORNO DALLA BRESCIALAT SPA. COL QUALE PRODUCE 5-7 TONNELLATE DI FORMAGGI MOLLI E 5-6 DI GRANA PADANO
tivo. A maggiore garanzia del consumatore, inoltre, effettuiamo un ulteriore controllo del latte “a valle” e allo scopo di individuare potenziali fattori di inquinamento abbiamo implementato un sistema di autocontrollo giornaliero sul latte in entrata». Ma la politica della sicurezza di Brescialat non si limita all’autocontrollo. «Abbiamo sottoscritto un accordo di consulenza con l’associazione provinciale degli allevatori e inviamo sui luoghi di produzione del latte tecnici altamente specializzati che effettuano il controllo dei potenziali fattori di inquinamento. Facciamo quindi qualcosa in più di quello che le norme ci imporrebbero: collaboriamo con i nostri allevatori affinché possano migliorare l’efficienza produttiva. Di base ogni allevatore che selezioniamo deve avere standard elevati per poterci consegnare il suo prodotto ed è implicito che seguire queste regole porti a una “selezione naturale”, garantendoci forniture provenienti solo da allevatori in grado di migliorare gli standard qualitativi dei processi produttivi». In conclusione Cioli afferma che: «Nonostante la nostra sia un’azienda piuttosto giovane, con alle spalle solo vent’anni, il nostro sviluppo è stato e continua a essere costante, sia in termini di capacità produttiva sia di fatturato». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 63
PRODOTTI ALIMENTARI
Tiene il consumo di cioccolato Angelo Agostoni fa il punto sull’andamento del mercato dei prodotti a base di cacao. Consumi, tendenze e investimenti necessari per muoversi nei settori professionale, private label e retail Luca Càvera l cioccolato non si rinuncia neppure in tempo di crisi. Nonostante momenti altalenanti, è un prodotto che mostra di risentire poco della contrazione dei consumi che si registra invece a tutte le latitudini e in tutti i settori merceologici. «Attualmente si registrano due principali tendenze. I consumatori che amano premiarsi con un cioccolato premium stanno diminuendo la frequenza di acquisto, ma non sono disposti a compromessi sull’aspetto qualitativo e di gusto. Dall’altra parte, coloro che invece prediligono soddisfare la voglia di golosità con una certa costanza si stanno spostando su prodotti low price per non appesantire eccessivamente il carrello della spesa». È questo il mercato che osserva Angelo Agostoni, presidente di Icam, eccellenza
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Angelo Agostoni, presidente della Icam Spa di Lecco www.icamcioccolato.it
italiana nell’arte cioccolatiera, fra i maggiori produttori di cacao biologico al mondo e secondo importatore italiano di fave di cacao. «La nostra società nel 2012 ha raggiunto un incremento di fatturato di circa il 5 per cento rispetto al 2011. E i primi mesi dell’anno in corso stanno mostrando un mercato vivace, che prevediamo porterà a una conferma del trend di crescita, anche grazie a interventi mirati sulle nostre sources of business». Avere risultati positivi in un momento delicato come questo è già di per sé una gratificazione. «Però non possiamo accontentarci: vogliamo fare ancora meglio. E crediamo sarà possibile anche grazie all’avvio del nuovo stabilimento di Orsenigo, nella Brianza comasca. Oltre a consolidare le posizioni raggiunte – prodotti biologici nel mercato professionale e tavolette di alta qualità per le maggiori insegne della distribuzione italiana e mondiale –, stiamo portando avanti un progetto di riposizionamento del nostro brand». Nella progettazione del nuovo stabilimento la società di Lecco ha coniugato i vincoli della produzione industriale alimentare-dolciaria con esigenze funzionali e di logica costruttiva, che considerassero estetica e contenimento dei consumi. «Il nuovo polo dispone di tecnologiche di ultimissima genera-
Angelo Agostoni
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Il nostro nuovo polo produttivo dispone di tecnologie di ultimissima generazione che coinvolgono l’intero processo di lavorazione
zione che coinvolgono l’intero processo di lavorazione. Ci stiamo concentrando sul tema della sostenibilità ambientale, anche per dare evidenza ai consumatori finali della nostra attenzione, che investe tutte le fasi sella supply chain – dalla coltivazione del cacao alla trasformazione e al packaging dei prodotti. In termini concretamente operativi abbiamo già quasi raddoppiato la produzione rispetto a soli quattro anni fa ed a regime potremo raggiungere un totale di 50mila tonnellate annue di fave di cacao lavorate. Inoltre abbiamo potuto ampliare l’offerta di ricette: tradizionali o sugar free, convenzionali o biologiche e proposte prive di glutine. Poi ovviamente fondenti, al latte, al cioccolato bianco e al gianduia con formulazioni personalizzate e a un’ampia varietà di inclusioni – come nocciole, mandorle, uvetta e cereali». Questa strategia di differenziazione consente a
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Icam di soddisfare anche le necessità di quelle fasce di consumatori sensibili che hanno regimi alimentari particolari per motivi dietetici, salutistici o religiosi. La proiezione internazionale di Icam è ben rappresentata dal fatto che metà del suo fatturato è generato dall’export. «In Europa, il nostro mercato più importante, è sicuramente il Regno Unito. Siamo fornitori di prodotto per la maggior parte delle insegne distributive e dei department store. Anche gli Stati Uniti hanno un peso significativo, grazie alla costituzione nel 2010 della società controllata Agostoni North America. Questa gestisce in particolare la distribuzione di prodotti biologici, sia nel settore professionale (polveri di cacao e coperture di cioccolato), sia nel settore retail, grazie alla proposta di prodotti caratterizzati dai gusti tipicamente italiani (gianduiotti, praline alla nocciola). Stiamo poi ampliando ulteriormente la quota delle esportazioni, rivolgendoci al mercato russo e giapponese dove stiamo individuando importanti opportunità di partnership». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 69
CREDITO ALLE IMPRESE
Strategie mirate per il sistema confidi La prospettiva dei confidi in Italia è rivolta verso percorsi di aggregazione. Per far fronte ai maggiori costi, secondo Pietro Mulatero, la strada delle integrazioni sarà l’unica percorribile per la sopravvivenza di questo sistema di credito Nicolò Mulas Marcello
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confidi sono una componente fondamentale delle politiche a sostegno del credito alle pmi. Con l’introduzione dei criteri di Basilea 3 e la conseguente necessità da parte degli intermediari finanziari di attuare massicci aumenti di capitale, anche i Confidi devono ristudiare strategie di sopravvivenza: «Occorre un processo di aggregazione da parte dei Confidi – spiega Pietro Mulatero, presidente di Federconfidi – per far fronte ai costi per la compliance per tutte le strutture di reporting che Banca d’Italia richiede». Possiamo fare un quadro generale dei confidi in Italia anche alla luce della crisi economica? «Federconfidi ha un portafoglio di finanziamenti in essere di oltre 10 miliardi di euro per le pmi. Questo dato è aggiornato al 31 dicembre scorso ed è una cifra significativa, considerata la situazione del credito che stiamo attraversando. Più in generale invece, per quanto 72 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
riguarda il mondo dei confidi nella sua totalità, alla fine dell’anno scorso i finanziamenti ammontavano a 45 miliardi di euro». Com’è cambiato lo scenario dell’accesso al credito negli ultimi anni? «Ci sono due fenomeni da prendere in considerazione. Da un lato, con Basilea c’è stato un restringimento dei criteri di accesso al credito, legato anche alla patrimonializzazione degli intermediari finanziari sia confidi che banche, che negli ultimi anni hanno dovuto fare massicci aumenti di capitale. Dall’altro, c’è un fenomeno di qualità del credito. Fino al 2010, infatti, la ripartizione delle garanzie rilasciate per finanziamenti a medio e lungo termine rispetto a quelli a breve termine era del 70% per i primi e del 30% per i secondi. Nel 2012 questo rapporto si è invertito radicalmente, il 40% sono i finanziamenti a medio e lungo termine mentre il 60% sono quelli a breve termine, ovvero
Pietro Mulatero
45 mld IL PORTAFOGLIO DI FINANZIAMENTI MESSI A DISPOSIZIONE PER LE PMI NEL 2012 DA PARTE DI TUTTO IL SISTEMA DEI CONFIDI
quelli per pagare le spese. Questo è un ulteriore termometro delle difficoltà delle pmi che hanno chiuso i rubinetti degli investimenti e utilizzano le nostre garanzie e i finanziamenti per restare a galla». Il 6 gennaio scorso, il comitato di Basilea ha deliberato alcuni interventi di modifica dell'accordo di Basilea 3. Qual è l’impatto di queste modifiche sui confidi? «Sicuramente le modifiche deliberate hanno scongiurato un ulteriore peggioramento della capacità dei confidi e delle banche di poter erogare crediti. Tra le novità principali ce n’è una che riguarda proprio il nostro mondo specifico, ovvero l’attenzione riservata al settore delle pmi, che consente la riduzione del fattore di ponderazione della clientela retail. Ciò significa che con questa modifica, a parità di patrimonio, i confidi hanno una capacità di erogazione superiore a quella che avevano prima». Quale quadro si prevede per il futuro per quanto riguarda i confidi in Italia? «Ci sarà un processo di aggregazione e integrazione dei confidi. Se prendiamo in considerazione i costi per la compliance relativi a tutte le strutture di reporting che Banca d’Italia richiede, sono tali e tanti che se i
confidi non si integrano tra di loro, riducendone il numero e aumentando i volumi di garanzia, si rischia di avere un conto economico che non può reggere. Quindi un’aggregazione dei confidi pur mantenendone il fattore della prossimità, cioè la presenza sui territori. La vera scommessa sarà integrare senza perdere la presenza territoriale. Questa è una nostra caratteristica che rispetto al sistema bancario ci dà anche accesso a informazioni che portano a valutare meglio il rischio e l’erogazione del credito. L’altro aspetto importante nel futuro dei confidi è quello di supportare le pmi nei rapporti sempre più complessi nei confronti del sistema bancario. Oggi le banche quando devono erogare un prestito partono non solo da una serie di informazioni che sono indispensabili per l’acquisizione del rating, ma richiedono anche approvazioni di business plan che indichino anche il futuro di quella piccola e media impresa. Informazioni che una pmi spesso ha difficoltà a sviluppare nei modi coerenti con quelli che si aspetta la banca. In questo il mondo dei confidi può dare una mano accompagnando le pmi in questo percorso, agevolandone i processi e accelerandone i tempi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 73
CREDITO ALLE IMPRESE
Più garanzie per le imprese lombarde Occorre un impegno condiviso per rafforzare la capacità del nostro tessuto imprenditoriale di investire attraverso la necessaria disponibilità di credito. Claudio De Albertis illustra le iniziative della Camera di commercio di Milano Nicolò Mulas Marcello
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ell’ultimo anno a Milano un’impresa su sette si è rivolta alle banche. Si parla del 15 per cento di tutto il tessuto imprenditoriale. Il dato emerge da un’indagine dell’ente camerale cittadino realizzata nel 2012 in collaborazione con Ispo. Chi non è riuscito ad avere accesso al credito, ovvero il 37 per cento, si è visto negare il prestito per la mancanza di garanzie, per i ridotti margini economici, insieme all’assenza di un piano economico-finanziario e all’elevato indebitamento. La Camera di commercio ha predisposto diverse azioni per aiutare le imprese. Quali le più significative? «Si tratta di uno dei settori critici su cui stiamo concentrando gli sforzi a vantaggio del sistema imprenditoriale. Ci sono interventi per la capitalizzazione d’impresa, come il “bando patrimonializzazione”, che mette a disposizione un milione di euro per prestiti a tasso zero, contributi a tasso perduto, contributi del 50 per cento del costo di garanzia o interventi come la creazione di Futurimpresa Sgr, che investe in società ad alto potenziale di crescita». Ci sono anche azioni per il capitale di debito. «Sì, attraverso la creazione di fondi di garanzia per il credito alle imprese, come le sezioni speciali per l’internazionalizzazione del Fondo centrale di garanzia con 18 altre Camere di commercio (che hanno messo a disposizione 15,6 milioni) e il ministero dello Sviluppo economico. C’è poi Confiducia, fondo straordinario
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di co e controgaranzia del sistema camerale lombardo e di Regione Lombardia, da 51 milioni, che ha attivato un miliardo di euro contrastando la stretta creditizia. Anche Federfidi Lombardia ha siglato un accordo con il Fondo europeo investimenti sostenuto con 5 milioni dalle Camere di commercio lombarde, costituendo un fondo di garanzia che controgaran-
Claudio De Albertis, membro di giunta della Camera di commercio di Milano
Claudio De Albertis
tisce i confidi a vantaggio delle nuove imprese: sono state concesse garanzie solo nell’area milanese per 14 milioni a copertura di 28 milioni di crediti. Insieme ai Comuni italiani e Unicredit, sosteniamo l’iniziativa “Sblocca crediti”, con cui sono stati dati a 23 imprese contributi per oltre un milione a fronte di crediti vantati nei confronti dei comuni. Il “Bando credito 2012” ha permesso di erogare contributi in abbattimento tasso e a fondo perduto a 263 imprese, di cui 58 attive da meno di 18 mesi». A livello lombardo, è possibile fare un bilancio del flusso dei finanziamenti tramite Confidi nell’ultimo anno? «Secondo la ricerca annuale sui LE RISORSE MESSE A DISPOSIZIONE confidi lombardi condotta dal DA CONFIDUCIA, FONDO STRAORDINARIO Consorzio camerale per il credito e DI GARANZIA DEL SISTEMA CAMERALE LOMBARDO la finanza, di cui fa parte anche la E DI REGIONE LOMBARDIA Camera di commercio di Milano, alla fine del 2011 il flusso annuale di finanziamenti garantiti si aggirava intorno ai 3 miliardi di euro, contro i stema. Tra le conseguenze ci sono: il dowquasi 4 del 2009. Secondo la ricerca, l’anno ngrade del debito sovrano italiano che ha riscorso in Lombardia erano oltre 200mila le dimensionato la capacità dei confidi di mitiaziende che godevano della garanzia dei con- gare la ponderazione del rischio, l’aumento fidi. Di fatto una ogni quattro. Su questi delle sofferenze e i problemi che questo comdati, come dice la ricerca, ha influito senza porta per la loro operatività e per la loro padubbio anche la peculiarità del mercato lom- trimonializzazione, i tempi di liquidazione bardo, caratterizzato da un elevato radica- delle posizioni in sofferenza che si vanno inemento territoriale dei confidi e da una elevata vitabilmente allungando. Il rapporto tra bancapacità di presidio nel tessuto imprendito- che e confidi è da rinforzare, in un’ottica di riale. Un mercato particolarmente interes- maggior collaborazione, ad esempio, coinsante, tanto che vi operano 15 confidi iscritti volgendo i confidi non solo a monte al moall’elenco degli intermediari vigilati di cui 6 mento di concedere la garanzia o a valle al localizzati oltre i confini regionali, ma an- momento dell’eventuale escussione, ma nelcora frammentato, come testimoniano i circa l’intero processo di monitoraggio del credito. 40 operatori ancora attivi sul mercato». In futuro la prospettiva che emerge dalla riQual è il rapporto tra banche e confidi, cerca è che si acceleri il processo di razionacome emerge dalla ricerca del Consorzio Ca- lizzazione del sistema: siamo passati da un merale per il credito e la finanza? mercato con operatori attivi spesso su scala «È un rapporto che risente della situazione di provinciale a una situazione con confidi di dicrisi e dei suoi effetti su tutti gli attori del si- mensione regionale o nazionale».
51 mln
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La cucina italiana fa il giro del mondo Obiettivo: promozione a livello globale. È partito da Milano lo scorso aprile il progetto itinerante di comunicazione e marketing promosso da FederlegnoArredo che toccherà Londra, New York, Mosca e Shanghai per approdare a Eurocucina 2014
ederlegnoArredo, in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2013 a Milano, ha presentato il progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive” un piano di marketing e comunicazione articolato, volto a sostenere il comparto della “cucina italiana” come eccellenza del made in Italy nel mondo.
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UN VIAGGIO LUNGO UN ANNO
Immagini della presentazione del progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive” tenutasi in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2013 (Milano) www.federlegnoarredo.it
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Il progetto prevede un viaggio di dodici mesi che ha preso il via da Milano e, dopo aver attraversato l’Europa, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, si concluderà a Eurocucina 2014, il Salone Internazionale biennale dei Mobili per Cucina. Il programma è articolato in diverse fasi: la prima sarà il Kitchen Road, un tour internazionale che toccherà le più importanti città dei diversi continenti, come Londra, New York, Mosca e Shanghai promuovendo l’ingegno, la creatività e l’eccellenza delle aziende italiane ai più importanti professionisti internazionali del set-
FederlegnoArredo
tore. In concomitanza con il road show inizierà la realizzazione di un libro illustrato, il Kitchen Book, che attraverso le immagini racconterà la cucina come teatro dello stile di vita italiano. Per sensibilizzare ulteriormente il pubblico degli addetti ai lavori, FederlegnoArredo ha inoltre pensato a un premio internazionale, il Kitchen Award 2014, con l’obiettivo di riconoscere merito e visibilità a chi lavora per la qualità del prodotto. Infine a Eurocucina 2014 sarà allestito l’Eurocucina Temporary Show, uno spazio concepito per attraversare l’anima, la tradizione e l’evoluzione del solo ambiente domestico che interpreta autenticamente l’italianità. A ospitare l’esclusiva serata di presentazione del progetto, è stato l’ultimo piano dell’esclusiva Diamond Tower, il nuovo diamante architettonico incastonato nel landscape meneghino nei pressi di Porta Nuova. La prossima tappa, invece, si terrà il 2 luglio a Londra presso la City Hall. UNA NUOVA LEADERSHIP
Attraverso questo progetto, FederlegnoArredo vuole sostenere la leadership internazionale dei produttori nostrani di cucine, in un mercato ormai globalizzato e fortemente concorrenziale che obbliga le imprese a rinnovarsi e strutturarsi per essere più competitive. Non basta più concentrare i propri sforzi sul presidio delle competenze tradizionali, ma nasce l’esigenza di
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“L’Italia che Vive” esprime un concetto di bellezza di sistema, che trova la sua giustificazione nella percezione di un modo di vivere diverso e positivo
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promuovere nel mondo un concetto di made in Italy che si trasforma e si rinnova nell’idea dell’“Italia che Vive”: una nuova filosofia che posiziona nell’immaginario collettivo internazionale l’Italia dell’arredamento come elemento distintivo, del prodotto di design del Bel Paese. Le nostre aziende, infatti, non creano solo cucine di elevato artigianato, tecnologia e design innovativo: realizzano luoghi che, nell’idea alla base della comunicazione studiata all’interno del progetto, sono il teatro della nostra tradizione. Un’espressione, quindi, delle passioni tipiche del carattere italiano, trasmesse dai nostri maestri, che nei secoli si sono posti come un’avanguardia tecnologica e artistica nel mondo. Tradizione e innovazione, dunque, non possono che andare di pari passo, superando l’apparente paradosso con la manifestazione di un’estetica inconfondibile. Non áá resta che ricordarlo al resto del mondo. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 77
IMPRESA E SVILUPPO
Ambasciatori di uno stile unico
áá Quello che il progetto si ripropone,
A margine della presentazione del progetto “Cucina, Anima, Design: L’Italia che Vive”, presentato da FederlegnoArredo in occasione del Salone Internazionale del Mobile 2013 lo scorso aprile a Milano, Giovanni Anzani, Vicepresidente di FederlegnoArredo e Amministratore Delegato di Poliform-Varenna, spiega le ragioni di un’azione più incisiva per sostenere l’immagine della produzione italiana all’estero. «In questo momento di grande trasformazione del settore del mobile e dell’arredo – dice Anzani –, dove il design, che fino a oggi rappresentava la determinante di successo delle aziende italiane nel mondo, è diventato una commodity, dobbiamo compiere una riflessione strategica volta a costruire e sostenere l’immagine del Made in Italy. Dobbiamo diventare ambasciatori di uno stile unico rappresentativo del modo di vivere italiano, che possa affascinare il pubblico straniero così come è successo nel campo della moda, del cibo e dell’arte. Il comparto cucina è quello che soffre di più della mancanza di questo percepito, dove l’innovazione tecnologica dei competitors mondiali vince sull’artigianalità, la tradizione e la storia dei nostri prodotti».
quindi, è rilanciare i nostri imprenditori che da questa tradizione attingono con slancio per raggiungere nuove soluzioni. Questo rappresenta per le imprese della cucina un’opportunità per sostenere la loro competitività a livello globale: non si vuole rappresentare solo l’indiscussa superiorità manifatturiera, ma mostrare soprattutto il potere evocativo generato dalla filosofia del saper vivere, dell’eccellenza gastronomica, che consentono di distinguersi come il paese della moda, del cinema, dell’auto, dei motor yacht, del design, dell’arte, del vino e del cibo mediterraneo. L’“Italia che Vive” esprime un concetto di bellezza di sistema, che trova la sua giustificazione nella percezione di un modo di vivere diverso e positivo. Vuole richiamare i valori del bello, della gioia e del piacere, tanto da far percepire il singolo prodotto di qualità come
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La prossima tappa de “L’Italia che Vive” sarà il 2 luglio a Londra presso la City Hall
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simbolo dell’intero sistema Italia. Roberto Snaidero, Presidente di FederlegnoArredo, Giovanni Anzani presidente di Assoarredo, Claudio Luti Presidente Cosmit e Philippe Daverio, famoso storico dell’arte, hanno preso parte lo scorso aprile a Milano a un’illustre conversazione con Cristina Parodi, sul potere evocativo internazionale del made in Italy. Un’ulteriore testimonianza del valore culturale intrinseco che si può riconoscere anche nelle scelte e nelle competenze della nostra manifattura. I professionisti che lavorano alla “composizione” del cuore domestico, la cucina appunto, danno vita a un’attività che di diritto entra nel novero degli ambiti made in Italy più celebri. Insomma, non si poteva fare a meno di valorizzare come meritano le capacità straordinarie delle nostre imprese di settore: ora si aspettano i frutti dell’“Italia che Vive”, un’operazione di comunicazione resa molto più semplice, data la qualità di cui si fa portavoce.
IMPRESA E SVILUPPO
La ricerca a misura di Pmi Nuovi strumenti per finanziare progetti di innovazione. Dal credito d’imposta per ricerca e sviluppo a minibond e crowdfunding, Lucilla Lanciotti e Gian Piero Abbate illustrano le opportunità che ora si aprono anche per le non quotate Renato Ferretti
e l’innovazione è la chiave dello sviluppo, allora solo le grandi aziende possono sperare di crescere. In generale, infatti, solo chi ha i mezzi economici adeguati ha la possibilità di fare ricerca in modo efficace. La novità è che ora le eccezioni potrebbero moltiplicarsi, grazie ad alcuni nuovi strumenti in grado di permettere anche alle Pmi di finanziare i progetti di innovazione. Da Milano, ne parlano l’ingegner Lucilla Lanciotti e il dottor Gian Piero Abbate dell’azienda Rq, il cui acronimo non a caso sta per Research Qualification e si occupa di consulenza nello sviluppo di progetti tecnologici e organizzativi. «Sono in fase attuativa – dice l’ingegner Lucilla Lanciotti, Ceo di Rq – i capitoli della legge di stabilità relativi alla concessione del Credito di Imposta alle aziende, che investono in ricerca e sviluppo. Sono inoltre finalmente entrati in fase attuativa anche i nuovi strumenti finanziari costruiti per soddisfare le necessità di capitale delle Pmi grazie all’accesso a nuove fonti di finanziamento, del tutto alternative al credito bancario. Operativamente si possono seguire due strade. Le Pmi non quotate possono già accedere al credito, grazie a nuove forme obbligazionarie, attraverso la creazione dei “mini bond”. Questo strumento consente di indirizzare importanti risorse finanziarie, accumulate grazie al risparmio privato, direttamente verso forme di investimento in attività produttive innovative. Parallelamente
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L’ingegner Lucilla Lanciotti, Ceo di R.Q. Srl e manager di rete di linkinnovazione.net
è stato attivato uno strumento finanziario, che è già fenomeno di diffusione mondiale, il “crowdfunding”, uno strumento di raccolta di capitali diretta, che ha strette connessioni col mondo della rete e dei new social media». La partenza ufficiale è prevista nei primi giorni di maggio, quando diventerà operativo il regolamento recentemente pubblicato dalla Consob contenente le modalità di costruzione e gestione delle piattaforme di Equity based Crowdfunding. Tuttavia rimane difficoltoso riuscire a coniugare il lavoro all’in-
Lucilla Lanciotti e Gian Piero Abbate
terno di un’azienda coordinando le varie fasi dello sviluppo di un progetto innovativo, sul quale magari s’investono non solo tempo e denaro, ma sul quale si punta per rimanere sul mercato. Il ruolo degli specialisti all’interno di RQ è proprio questo. «Per ottenere risultati dall’utilizzo degli strumenti sopra indicati – dice Lanciotti – è necessario un insieme di competenze nuove e trasversali. Si profila in più ambiti a livello internazionale la figura del professionista che identifica programmi e strategie per accelerare i processi d’innovazione, ricerca gli strumenti e li rende disponibili all’azienda fornendo assistenza fino al raggiungimento, anche economico, del risultato». Il professionista in questione è l’Innovation Broker. «È una figura professionale nuova – continua Abbate, Ceo di LinkInnovazione e Manager di rete di IBN - Innovation Broker Network, entrambe legate a RQ –, che necessita di specifici e avanzati strumenti informatici e di comunicazione, di un continuo aggiornamento e formazione, di un ambiente
Sono in fase attuativa nuove fonti di finanziamento per le Pmi, del tutto alternative al credito bancario
di relazione per condividere esperienze e opportunità professionali. Per dare una risposta a queste necessità, un elevato numero di Innovation Broker si è raggruppato nella rete Ibn (Innovation Broker Network) organizzata da Link Innovazione Business Network. I partner della rete Ibn, senza alcun investimento, possono sfruttare l’esperienza, i prodotti, il know-how e la formazione messi a disposizione da LinkInnovazione.net». Tra le armi che l’Innovation Broker ha ora a disposizione ci sono altre due forme di incentivi. CROWDFUNDING
Il crowdfunding è un processo di finanziamento collaborativo tramite cui tante per- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 81
IMPRESA E SVILUPPO
sone, in forma indistinta, ripongono la pro-
pria fiducia versando somme di denaro, piccole o grandi, per supportare progetti, iniziative o start-up. «Attualmente – ricorda Lanciotti – si presenta come fenomeno internazionale su piattaforme informatiche in rapida diffusione anche in Italia. Il successo americano di questo fenomeno nell’ultimo anno ha portato difatti il crowdfunding alla ribalta, suscitando l’interesse di giornalisti e addetti ai lavori dei settori della nuova economia digitale e del mondo del fund raising, alla ricerca di nuovi strumenti in un’epoca di crisi. Sono tre le principali forme di crowdfunding. Il reward è un finanziamento di progetti di limitata entità, sottoforma di piccola donazione (in media venti euro per investitore) che non prevede ritorni finanziari,
ma piuttosto “emozionali” (riconoscimenti sociali, gadget e altro). Il lending è invece un finanziamento di progetti più cospicui in forma di prestito, ripagato o meno da interessi a seconda che si tratti rispettivamente della forma tradizionale o del social lending. L’equity, infine, è una forma più complessa e discussa di finanziamento in quanto coinvolge progetti di start-up di elevata dimensione e comporta per l’investitore l’ottenimento di quote di partecipazione e relativi ritorni finanziari legati alla gestione». A oggi in Italia si registrano ventuno piattaforme attive e altre due in fase di lancio. Da novembre ad aprile sono nate cinque nuove piattaforme. «Principalmente – precisa Abbate – le piattaforme italiane appartengono al modello reward-based e al modello donazioni. Solo una piattaforma può essere inserita in qualche modo nel modello equity-based e due nel modello Social Lending. I dati mostrano l’esistenza di un terreno fertile per lo sviluppo delle nuove forme di finanziamento descritte». MINIBOND
Un’altra forma opportunità da cogliere sono i minibond. La norma (Il decreto legge 22 giugno 2012) prevede che le Pmi non quotate possano emettere obbligazioni (minibond, appunto) superando i limiti legali previsti dalla precedente normativa. «Si parla, quindi, di una somma non eccedente il doppio del capitale sociale – spiega Laciotti –, e riserve, o della sottoscrizione da investitori professionali limitatamente alle obbligazioni destinate a essere quotate, ovvero di obIl decreto sviluppo mira a diversificare bligazioni partecipative. gli investimenti, massimizzare il rapporto Dunque, le deroghe al lirendimento/rischio e limitare l’esposizione mite precedente di due volte al rischio bancario il patrimonio netto, sono due: se le obbligazioni sono
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Lucilla Lanciotti e Gian Piero Abbate
Il dottor Gian Piero Abbate, Ceo di Link Srl e manager di rete IBN www.rqsrl.it www.linkinnovazione.com www.eidon-lab.eu
878 Mld LA DISPONIBILITÀ DELLE RISORSE INVESTIBILI IN NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO COME IL CROWDFUNDING
destinate a essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, oppure se le obbligazioni danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni». In termini di trattamento fiscale, il nuovo decreto, per agevolare e stimolare i risparmiatori, ha provveduto a creare un regime fiscale omogeneo per le obbligazioni emesse da società non quotate al pari delle società quotate. «Nello specifico – interviene Abbate –
anche le società non quotate potranno emettere titoli obbligazionari e potranno godere dell’esenzione dall’applicazione della ritenuta sugli interessi e altri proventi corrisposti sulle obbligazioni. Sarà possibile, per le società non quotate, dedurre gli interessi passivi corrisposti sulle obbligazioni secondo le stesse regole previste per le società quotate, ossia nei limiti del 30 per cento del reddito operativo lordo risultante dall’ultimo bilancio approvato, se le obbligazioni sono sottoscritte da investitori qualificati. Il decreto sviluppo, dunque, tramite l’abbattimento dei limiti legali e agevolazioni fiscali notevoli, mira alla creazione di un nuovo mercato che consenta all’investitore di diversificare gli investimenti, massimizzare il rapporto rendimento/rischio, limitare l’esposizione al rischio bancario». Contemporaneamente, secondo Abbate, per le imprese si presenterà una valida alternativa al credito bancario. «Le imprese, difatti, potranno gestire seppur limitatamente costi, tempi e modalità dell’operazione, ottenendo maggiore flessibilità e lasciando inalterata la struttura di proprietà e controllo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 83
Network, il nuovo paradigma del business Alla “mutazione genetica” dei mercati che impongono un modello nuovo, ancora in fase di assestamento, l’unica soluzione per le Pmi sta nella rete d’impresa. L’esperienza di Andrea Ferrari
onti energetiche alternative, controllo di gestione, reti d’impresa: sono tutti temi che parlano la lingua della nuova economia. A conoscerla, Renato Ferretti però, non sono in tanti e le grandi difficoltà che il passaggio del vecchio sistema continua a produrre, forse sono anche imputabili alla confusione tra “idiomi” diversi. Per restringere il campo d’analisi alle Pmi italiane, nonostante la perdita della visione globale, risulta più probabile riuscire a individuare cause e soluzioni, per quanto parziali. A dare un’interpretazione dell’attuale assetto dell’imprenditoria italiana è Andrea Ferrari, che porta la sua esperienza diretta di trasformazione nella gestione aziendale. Ferrari è chief marketing officer della Caldaie Melgari, società cremonese che negli anni ha acquisito importanti quote sul mercato delle centrali termiche, realizzando numerosi impianti industriali. E oggi si apre a ulteriori opportunità, una su tutte: le fonti energetiche alternative, su cui negli ultimi anni l’azienda ha puntato. «Sperare in un "ritorno alle origini" dell'economia – dice Ferrari – è da sciocchi. La crisi non è un "fenomeno passeggero": è un evento che áá
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Andrea Ferrari, chief marketing officer della Caldaie Melgari Srl, di Gadesco Pieve Delmona (CR) www.caldaiemelgari.it
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IMPRESA E SVILUPPO
áá produce una mutazione genetica del mercato. capacità imprenditoriali e il successo conseL'imprenditore che sta alla finestra in attesa che tutto ritorni come d'incanto agli anni '90, è destinato al fallimento». Qual è allora l’approccio auspicabile? «Oggi bisogna saper cambiare il modo di fare business. Le Pmi devono dotarsi di competenze manageriali pur senza abbandonare il loro dinamismo e capire che se una volta potevano permettersi di gestire tutto "da sé", oggi è fondamentale saper fare rete per aprirsi ai mercati esteri (unica possibilità di aumentare significativamente il fatturato), condividere centri d'acquisto e realizzare economie di scala e di scopo. È questa la forza del networking». In cosa deve cambiare la mentalità imprenditoriale per abbracciare il concetto di rete? «La prospettiva è totalmente cambiata e le
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guente è dato dal numero e dal tipo di rapporti instaurati con le altre aziende coinvolte. Quindi è il network a fornire la nuova dimensione del mercato, soprattutto per le Pmi. La necessità di collaborazione tra imprese diverse porta a numerose e continue partnership in cui il cliente non è più solo il consumatore finale, ma viene coinvolto nella realizzazione dei prodotti e dei servizi, anzi è forse all’inizio del processo. In questo modo il legame tra i vari attori si fa molto più stretto. È solo insieme che si può crescere, in dimensione e profondità. E per questo esistono le associazioni di categoria». Come avete operato questa trasformazione all’interno della Caldaie Melgari? «Abbiamo ristrutturato la nostra organizzazione interna secondo un nuovo sistema di controllo di gestione e una razionalizzazione dei ruoli anche sul livello manageriale. La crescita avuta negli ultimi anni è stata così gestita in modo più efficiente di quanto prima fossimo in grado di fare, senza per questo rinunciare all'aumento in termini sia di volume che di margini. La misurabilità e la chiarezza dei propri obiettivi, per quanto ambiziosi, sono il nodo decisivo cui tendere per ottenere i risultati migliori». Qual è, invece, l’aspetto più importante a livello commerciale per la vostra impresa? «Chi si rivolge a noi richiede calore facilmente trasportabile e le centrali termiche
Andrea Ferrari
Andrea Ferrari, al centro, con, da sinistra, Gabriele e Michele Melgari e, seduta, Sonia Cantarelli
mobili sono a oggi la soluzione migliore. Ma domani potrebbero essercene altre. Affezionarsi alle soluzioni che in passato hanno dato soddisfazione è un errore imperdonabile: per quanto ci si senta al sicuro sul piano competitivo la parola d’ordine rimane innovazione, che significa continuare a investire per raggiungere nuove soluzioni. Per questo abbiamo puntato allo sviluppo di nuovi combustibili e sulle rinnovabili». Quali sono stati i risultati più indicativi, che nell’ultimo periodo avete ottenuto con questa impostazione? «Negli ultimi sei mesi siamo rimasti molto soddisfatti soprattutto per i risultati ottenuti da due unità di business. Innanzitutto dall'impiantistica industriale: grazie alla vincita di numerose gare d'appalto con alcuni tra i più grossi gruppi energetici italiani, ci siamo riconfermati loro partner di fiducia per il noleggio del calore e la realizzazione di centrali chiavi in mano. In secondo luogo, grande successo ha riscosso la riqualificazione di generatori di vapore obsoleti. Questa è stimolata sia da una maggiore attenzione alle emissioni e ai consumi, sia dalla propensione delle aziende, oggi, al ricondizionamento totale degli impianti piuttosto che a una loro sostituzione. D'altra parte se ci si affida a mani esperte, riqualificare un generatore di vapore oggi offre gli stessi benefici che acquistarne uno nuovo, ma a costi decisamente inferiori». Sarà questo il prossimo ambito su cui punterete? «Stiamo continuando a investire grosse risorse in formazione e ricerca, proseguendo gli studi sull'applicazione di fonti di energia alternative al settore della caldareria: grazie a
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Riqualificare un generatore di vapore offre gli stessi benefici del nuovo, ma a costi decisamente inferiori
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un gruppo di professionisti e istituti specializzati che abbiamo coltivato attorno a noi, i risultati non mancano. Sentiamo di essere vicini, infatti, alla scoperta di qualcosa di davvero innovativo, che potrebbe riscrivere le regole del gioco per chiunque utilizzi generatori di vapore». Prima accennava all’importanza dei mercati esteri. «Per quanto riguarda noi, procediamo col piano di saturazione del mercato interno. Tuttavia, a causa dell'attuale congiuntura economica, i business in Italia procedono a rilento. Per questo motivo abbiamo appena aperto un'unità all'estero così da garantirci l'accesso al mercato africano, oggi molto interessato ai beni e servizi che siamo in grado di offrirgli. Dopo un'attenta analisi condotta nei primi mesi dell'anno, proprio pochi giorni fa abbiamo costituito una branch sull'altra sponda del Mediterraneo. Grandi cose si prospettano nel nostro futuro, ma per ora ci piace tenere i piedi per terra e muoverci con intelligenza». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 89
IMPRENDITORIA FEMMINILE
Incentivare le start-up
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ulla base della legge nazionale 215/92, ancora oggi pilastro normativo delle azioni tese al riequilibrio tra i generi nell’imprenditoria, ogni anno il Ministero per lo sviluppo economico e i vari enti locali mettono a disposizione fondi speciali per la nascita di imprese avviate da donne attraverso l’attivazione di bandi e la concessione di agevolazioni. Strumenti che, anche nella perdurante stagione di crisi, hanno consentito alla dinamica anagrafica dell’imprenditoria al femminile di mantenersi in linea di galleggiamento. «Se prendiamo ad esempio il Fondo centrale di garanzia - spiega Carlo Sappino, direttore ge-
Carlo Sappino, direttore generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali presso il Ministero dello sviluppo economico
nerale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali presso il Mise - nel 2012 ha consentito l’erogazione di 525 milioni di euro a favore di 7.706 imprenditrici, delle quali 1.296 in Lombardia». Proprio nel 2012 le “imprese rosa” sono aumentate di 7.298 unità con un incremento della base imprenditoriale superiore al totale delle imprese italiane. Nel determinare questo risultato, quanto ha influito il ricorso agli incentivi statali? «L’aumento è successivo alla cessazione di
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L’imprenditoria femminile rappresenta una delle componenti più dinamiche del sistema produttivo. Carlo Sappino illustra le opportunità per svilupparla Giacomo Govoni
operatività della legge 215/92, pertanto dovremmo ritenere che gli incentivi abbiano poco influito. La realtà peraltro è più complessa, perché a livello regionale e locale continuano a operare specifiche misure di aiuto e soprattutto perché le imprese rosa hanno mostrato una buona capacità di sfruttare le potenzialità degli altri strumenti di sostegno alle attività produttive. Peraltro, il numero delle imprese femminili in Italia appare in linea, se non migliore, rispetto a quello dei maggiori Paesi sviluppati: il vero problema è la fragilità delle imprese che devono irrobustirsi e crescere soprattutto tramite l’innovazione e la ricerca». In quali settori e in quali regioni il flusso delle domande per l’avviamento di attività imprenditoriali al femminile risulta oggi più significativo? «Nel 2012 il Fondo centrale di garanzia, principale strumento di intervento gestito dal Mise, ha consentito l’erogazione di 165 milioni di euro di finanziamenti a favore di 2.778 start-up femminili, di cui 626 in Lombardia. Si tratta di imprese operanti per il 48 per cento nel commercio e con un’identica quota del 26 per cento nell’industria e servizi. In Lombardia l’incidenza del settore industriale è più marcata, pari al 32 per cento. Sempre nel 2012, oltre 1.300 sono le neo imprese rosa (oltre il 45 per cento del totale delle imprese beneficiarie) ammesse agli incentivi previsti
Carlo Sappino
Il numero delle imprese femminili in Italia appare in linea, se non migliore, rispetto ai maggiori Paesi sviluppati
dalla Legge 185/00 per la creazione di nuove società composte in maggioranza da giovani tra i 18 e i 35 anni o per l’avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione. Ulteriori 1.000, pari a circa il 25 per cento del totale, sono le beneficiarie delle agevolazioni previste per la zona franca dell’Aquila». Quali requisiti e garanzie vengono richieste a un'impresa femminile che partecipa ai bandi per ottenere finanziamenti? «In linea generale, gli strumenti agevolativi in essere richiamano, ai fini della qualificazione di impresa femminile, i requisiti fissati dalla legge 215/92 che prevedeva l’ammissibilità per le società cooperative e le società di persone costituite in misura non inferiore al 60 per cento da donne; per le società di capitali i due terzi del capitale e degli organi di amministrazione dovevano essere costituiti da donne. Le imprese individuali erano ammissibili se gestite da donne. Le garanzie richieste variano invece sulla base dello specifico strumento di incentivazione. Segnalo, a questo riguardo, che l’intervento del Fondo di garanzia presuppone che le imprese non debbano esibire
garanzie reali per la parte di finanziamento coperta dalla garanzia pubblica». All’interno del Fondo di garanzia, la parte dedicata all’imprenditoria femminile costituisce una sezione speciale frutto di un accordo del marzo scorso fra gli ex ministri Passera e Fornero. Quali sono i punti di forza di questo provvedimento? «La convenzione del 14 marzo 2013 tra il dipartimento Pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’economia prevede la creazione di una sezione speciale del Fondo di garanzia riservata alle imprese femminili, alimentata con 10 milioni di euro versati dal dipartimento, a cui si aggiungono ulteriori risorse messe a disposizione dal fondo. La sezione, che dà luogo anche a una riserva pari al 50 per cento rivolta alle imprese femminili startup costituite da meno di tre anni, offre garanzie alle imprese femminili, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa. È, inoltre, prevista l’adozione di modalità semplificate per la concessione della garanzia in relazione a operazioni finanziarie riferite alle imprese femminili». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 97
IMPRENDITORIA FEMMINILE
2.778 LE NEO IMPRESE A CONDUZIONE FEMMINILE FINANZIATE NEL 2012 DAL FONDO CENTRALE DI GARANZIA
Tra le recenti iniziative varate dal Mise a favore dell'imprenditoria femminile c'è l'istituzione di 105 comitati presenti in tutte le Camere di commercio. Di quali attività si occuperanno e che genere di sostegno forniranno? «Il protocollo di intesa del 20 febbraio 2013, che segue quelli del 1999 e del 2005, sottoscritto tra il Ministero dello sviluppo economico, il dipartimento Pari opportunità e Unioncamere mira a rafforzare le azioni a supporto dell’imprenditoria femminile. La rete dei 105 comitati per l’imprenditoria femminile costituiti presso le Camere di commercio dovrà operare per lo sviluppo della presenza delle donne nel mondo dell’imprenditoria, promuovere indagini conoscitive sulle realtà locali individuando opportunità di accesso delle donne nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria, definire iniziative per lo sviluppo dell’impresa femminile, attivare iniziative per facilitare l’accesso al credito e curare attività di ricerca e studio».
98 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
In tema di sviluppo dell'imprenditoria femminile, quali sono le disposizioni provenienti dall’Europa su cui l’Italia è chiamata a compiere ulteriori passi avanti? «Il sostegno alla crescita e alla diffusione delle esperienze di imprenditorialità femminile è un obiettivo chiave per le istituzioni europee. In particolare, con lo "Small business act” la Comunità europea ha definito alcune azioni concrete per promuovere l'imprenditorialità femminile attraverso attività di tutoraggio e interventi di sensibilizzazione, formazione e sostegno finanziario per la diffusione dello spirito imprenditoriale femminile. Con la relazione della Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere del Parlamento europeo del 2011 sono individuate linee guida e buone prassi per i Paesi membri volte a sostenere le donne imprenditrici. Si richiamano a questo quadro di riferimento europeo le iniziative assunte dal Mise con il protocollo d’intesa e con la sezione speciale del Fondo di garanzia».
Federica Ortalli
Negozi e servizi alla persona vestono rosa Trainata dalla locomotiva Milano, la Lombardia rappresenta il teatro più ospitale nei confronti delle imprese al femminile. «Multitasking per natura, l'approccio delle donne è un valore aggiunto anche in economia» spiega Federica Ortalli di Giacomo Govoni
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n decimo del fatturato femminile italiano si produce a Milano. Lo provano i risultati di una ricerca condotta dalla Camera di commercio milanese sui dati del registro delle imprese al quarto trimestre 2012. Per un tessuto produttivo maschile che nello stesso periodo si contrae dello 0,3 per cento, si segnala invece un incremento della quota di aziende guidate o controllate da donne, in grado già oggi a rappresentare un quinto del tessuto produttivo locale. «A differenza del dato nazionale in calo in un anno dello 0,4 per cento – sottolinea Federica Ortalli, presidente del comitato imprenditoria femminile dell’ente camerale milanese – le imprese femminili nel nostro territorio crescono, registrando un aumento dello 0,7 per cento a Milano e dello 0,3 per cento in Lombardia». Dall’ultima fotografia, si direbbe che il rosa resista meglio alla crisi. «Le imprese femminili a Milano e in Lombardia danno un segnale di ottimismo in questa congiuntura negativa. Milano si conferma capitale dell’imprenditoria femminile non solo per i numeri, ma anche per il tasso di crescita. Infatti, su un totale di quasi un milione e 300mila imprese femminili in Italia, circa 58mila hanno sede a Milano, il 5 per cento del dato nazionale. Inoltre, solo a Milano producono 15 miliardi di euro di fatturato e 39 miliardi in Lombardia, il 20 per cento del fatturato italiano».
In quali settori l’imprenditoria femminile locale si sta affermando negli ultimi anni? «Nel 2012 sul territorio lombardo l’imprenditoria femminile si è afferma soprattutto nei settori del commercio e dei negozi con 46mila imprese, pari al 26,7 per cento di tutte le imprese femminili, nel settore dei servizi, in particolare per la persona (quasi 20mila, 11,3 per cento) e in quello delle atFederica Ortalli, tività manifatturiere con 18mila imprese, il presidente del comitato imprenditoria femminile 10,7 per cento del totale». Tra i dati significativi, spicca la crescita della Camera di commercio Milano della componente straniera. Da quali paesi provengono principalmente e, secondo lei, cosa possono insegnare alle imprenditrici di casa nostra? «In Lombardia abbiamo quasi 12mila imprese femminili straniere. La maggior parte delle im- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 99
IMPRENDITORIA FEMMINILE
12,5% LA PERCENTUALE DELLA COMPONENTE STRANIERA, SUL TOTALE DELLE IMPRESE FEMMINILI PRESENTI IN LOMBARDIA A FINE 2012
prenditrici proviene dalla Cina, con 3.597 unità, 1.103 provengono dalla Romania e 753 dal Marocco. Il lavoro, anche in forma imprenditoriale, diventa un grande elemento d’integrazione multiculturale, ma anche una spinta per le nostre imprese a una maggior qualità nell’offerta dei servizi e prodotti e alla competitività. Oggi anche per l’ingresso di queste nuove imprese straniere non si può più vivere di rendite di posizione». Un aumento della professionalità femminile coincide in genere con un miglioramento della produttività territoriale. In quali ruoli e in virtù di quali capacità ritiene che la donna sia non solo al pari, ma meglio di una figura maschile? «Le donne sono una risorsa di forza lavoro, talento e capacità fondamentale per lo sviluppo. Multitasking per natura, portano l’approccio femminile al mondo, una visione diversa che è un valore aggiunto anche in economia. Le donne possono fare davvero tanto per l’Italia: sono un serbatoio a cui abbiamo attinto finora poco e male. Milano è una città positiva da questo punto di vista: abbiamo un tasso di occupazione femminile su standard europei, intorno cioè al 60 per cento. Tuttavia proprio alla nostra città così “avanti”, ma anche dura nei tempi di conciliazione famiglia/lavoro e nel bisogno di welfare - tocca dare un esempio importante su questi temi. Per questo la Camera di commercio ha dato vita al comitato imprenditoria femminile, 100 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
che da anni incentiva il lavoro femminile e analizza problematiche e ostacoli al suo sviluppo». Come si traduce sul piano operativo l’attività del comitato? «I comitati di imprenditoria femminile in questi anni sono diventati un laboratori di idee, capaci di creare una rete significativa tra loro. Da poco sono stata eletta presidente del Comitato imprenditoria femminile di Milano e mi ha fatto piacere scoprire che questo comitato è stato il primo a nascere nel 2000, in modo pionieristico, anticipando la volontà del legislatore. Le imprese femminili sono imprese, spesso individuali e piccole, con problemi di credito, di innovazione e anche di welfare. Un miglior welfare aiuterebbe quindi a infrangere quel “soffitto di cristallo” che impedisce alle donne di crescere professionalmente al pari degli uomini». Quali nuove iniziative avete in serbo per rilanciare ulteriormente l’imprenditoria femminile milanese? «La Camera di commercio continua a promuovere la leadership femminile e sta preparando nuovi progetti di informazione-formazione per il prossimo biennio in funzione di Expo 2015, evento irripetibile in cui vogliamo coinvolgere il maggior numero di imprese e cittadini possibili. I dati dimostrano, infatti, che l’Expo sarà capace di dare un’importante boccata d’ossigeno alla nostra economia e a tutte le categorie produttive».
IMPRENDITORIA FEMMINILE
Donne, motore d’innovazione In un contesto nazionale a spiccata trazione maschile sia in fatto di strutture di rappresentanza che di governo, la Lombardia, rimarca Maria Antonia Rossini Pigozzi, lancia incoraggianti segnali per un’inversione di rotta Giacomo Govoni
L’
accesso ai vertici delle principali istituzioni pubbliche e private nazionali continua a essere una partita troppo spesso circoscritta al genere maschile. Delle 280 donne che compongono i consigli degli enti camerali in Italia, ad esempio, solo 54 sono riuscite a guadagnarsi il ruolo di membro di giunta e tra i 103 presidenti non vi è alcuna donna. È una delle anomalie più rilevanti che salta all’occhio analizzando la ricerca del Censis, presentata in occasione del convegno “Donne e governance, un’impresa possibile”, svoltosi alcune settimane fa a Roma. «L’incidenza rosa del 10,2 per cento negli organi di governo delle Camere di commercio è ancora bassa - osserva Maria Antonia Rossini Pi102 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
gozzi, presidente del gruppo terziario donna di Confcommercio Milano che ha collaborato allo studio - soprattutto se si pensa che laddove si è applicata la riforma del sistema camerale volta a introdurre condizioni di parità di genere, come a Milano e a Monza Brianza, la presenza di donne è invece cresciuta. E nella giunta della Camera di commercio di Milano ci sono due donne che rappresentano il terziario. Non è poco». La Lombardia è in ogni caso tra le quattro regioni d’Europa più avanzate sul terreno dell’imprenditoria femminile. Quali elementi la rendono più ricettiva nei confronti delle realtà imprenditoriali in rosa? «Direi una combinazione di fattori: le infra-
Maria Antonia Rossini Pigozzi
strutture, le maggiori possibilità di formazione, la collaborazione con le istituzioni europee e locali. Sicuramente un bacino come quello lombardo e milanese offre tutti i tipi di collegamenti possibili e la facilità di spostamenti che ne consegue è un punto a favore della donna, per la quale il fattore tempo nell’organizzazione della quotidianità costituisce una componente essenziale». In quali settori del commercio regionale le imprese femminili si stanno sviluppando maggiormente e verso quali state operando per conquistare quote nei prossimi mesi? «In Lombardia le imprese a guida femminile sono oltre 173mila, con un leggero incremento su base annua pari allo 0,3 per cento. A Milano sono quasi 58mila, con una crescita dello 0,7 per cento, maggiore rispetto alla Lombardia. Di queste, circa l’85 per cento risulta operante nel terziario e quasi una su tre nel commercio. Nel capoluogo lombardo le imprese femminili sono principalmente attive nel commercio, nei servizi alla persona come, ad esempio, la gestione dei servizi per l’infanzia, nelle attività immobiliari e professionali, nell’industria e nella ristorazione. Aggiungo che a Milano vi è stata una significativa crescita di imprenditrici straniere: sono oltre 5.300, salite del 7,5 per cento in un anno. È sulle attività dei servizi che ritengo possano esserci le maggiori opportunità di sviluppo». Cosa manca perché la cultura d’impresa al femminile possa dirsi compiuta? «Vi sono potenzialità ancora in larga parte inespresse per le donne nel mondo imprenditoriale. Soprattutto bisognerebbe dare spazio alla capacità creativa e di esperienza tipica del mondo femminile, tutti ingredienti che possono aiutare nello sforzo di innovazione di un sistema fino a oggi improntato a tempi, modi, stili più propriamente maschili. E poi, diamo finalmente un colpo decisivo agli stereotipi che accompagnano la donna nel suo impegno quotidiano di lavoro». Per sviluppare in futuro un rapporto più stretto tra donne e governance, quali priorità metterebbe sul tavolo del neo-ministro delle Pari opportunità, soprattutto in tema di welfare? «Ritengo che alle donne non vada riservata una
Maria Antonia Rossini Pigozzi, presidente del gruppo Terziario donna dell’Unione Confcommercio di Milano
corsia preferenziale, ma che, a parità di punteggio e di preparazione professionale, non debbano comunque essere discriminate. Un altro punto molto importante per l’imprenditoria femminile è l’accesso al credito: non erogazioni a fondo perduto che si esauriscono in breve, come è stato il caso delle legge 225 per l’imprenditoria femminile, ma prestiti a tassi agevolati. Esulando un po’ dalla domanda, suggerirei al neo ministro per le pari opportunità di pensare non solo alle aziende start up, ma anche alle aziende aperte da tempo, come ad esempio le tante aziende storiche che soffrono per la crisi». Ogni due anni assegnate il Premio europeo terziario donna. Il prossimo appuntamento sarà nel 2014: quali passi avanti auspica possano essere fatti nel frattempo? E che profilo devono avere le vincitrici ideali? «Nel programma futuro vogliamo ridisegnare i parametri del premio. Finora abbiamo scelto donne che, oltre alla positività della loro impresa, si erano molto impegnate per la promozione della donna nella società. Tenuto conto degli ultimi dati sulla criminalità, abbiamo pensato di rivedere il premio menzione speciale che andrà a chi si batte per la violenza contro le donne e contro i bambini. Per noi la vincitrice ideale non è una donna di successo mondano, ma una donna che ha saputo reagire ai momenti difficili e, senza raccomandazioni, ha saputo puntare sulla professionalità e la facilità nel dialogo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 103
IMPRENDITORIA FEMMINILE
Dal pignoramento ai mercati internazionali n 2012 ha che visto il culmine di una forte crisi aziendale. Però anche la nascita di una nuova impresa che ha ereditato dalla precedente un bagaglio di conoscenze al quale il mercato non ha smesso di dare l’adeguato riconoscimento, come dimostrano, a poco più di un anno dalla costituzione della nuova società, i risultati di export e l’acquisizione di nuovi partner. La determinazione di Maria Immacolata Basciu, titolare dell’omonima azienda di Cerro al Lambro, nel milanese, ha saputo risolvere la crisi, impedendo che con il pignoramento da parte di Esatri e la
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La sfida vinta da Maria Immacolata Basciu per non lasciar disperdere il know how di un’esperienza quarantennale di progettazione e costruzione di attuatori oleodinamici rotativi Valerio Germanico
messa all’asta della precedente società, Hico Oleodinamica, andasse perduto anche il know how di un’esperienza quarantennale di progettazione e costruzione di attuatori oleodinamici rotativi. «Nell’ultimo decennio, il ritiro forzato dall’attività imprenditoriale di mio marito, Roberto Leoncavallo, figlio di Enrico fondatore di Hico, e la sopraggiunta crisi economica ha portato la società a chiudere i battenti. Infatti, la scomparsa dal mercato di alcuni partner dai quali attendevamo consistenti crediti ha reso impossibile a nostra volta pagare i fornitori. E così è arrivato il pignoramento». Tuttavia, consapevole del fatto che non è mai venuto meno l’apprezzamento del mercato, la signora Basciu ha voluto scommettere sul passato imprenditoriale della famiglia e oggi ha riportato il bilancio in attivo e ottenuto commesse, oltre che in Italia, anche in Francia, Germania, Olanda, Arabia Saudita e Stati Uniti, acquisendo anche nuovi clienti, oltre a continuare a
Maria Immacolata Basciu, titolare dell’omonima azienda, già Hico Oleodinamica, produttrice di attuatori oleodinamici rotativi, si trova a Cerro al Lambro (MI) basciuoleodinamica@libero.it
Maria Immacolata Basciu
LE RADICI DELLA SOCIETÀ a Hico Oleodinamica viene fondata dall’ingegner Enrico Leoncavallo nel 1969, con la denominazione di Studio tecnico forniture industriali, per evolversi in seguito in Hico e avviando la produzione di attuatori oleodinamici rotativi, denominati Rot. La prima applicazione dei Rot è nel comando di apertura e chiusura delle bussole antirapina di numerose filiali di banche milanesi e poi nelle agenzie distribuite su tutto il territorio nazionale. Dal successo del primo modello inizia in seguito la progettazione e costruzione di altre tipologie di prodotto, impiegate nell’industria meccanica, siderurgica, petrolifera e in varie automazioni. A contribuire allo sviluppo di Hico – dalle cui ceneri è sorta l’odierna Basciu – un parco macchine attrezzato con centri di lavoro orizzontale e macchine a controllo numerico e una selezione di materiali accompagnati sempre da certificati di origine.
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lavorare con quelli storici. Questo ha permesso all’azienda di ripianare i debiti accumulati da Hico negli ultimi anni di attività e soprattutto di collocarsi in una posizione di indipendenza rispetto al credito bancario. «A partire dai tempi della fondazione di Hico, quando la produzione era orientata a una sola applicazione molto specifica, negli anni il nostro mercato si è allargato, conquistando fra gli altri l’edilizia pesante, il settore petrolifero e recentemente anche l’idroelettrico. Nonostante l’azienda abbia dovuto cambiare nome ed essere rifondata, quello che sto facendo non è altro che portare avanti il lavoro iniziato da mio suocero e continuato da mio marito. E lo faccio tenendo a mente un concetto: non rinunciare mai alla qualità del prodotto. Alcuni partner oggi ci ri-
portano in revisione cilindri realizzati quarant’anni fa e questi, sostituito il cuscinetto, sono pronti a essere rimontati negli impianti che li utilizzano». Anche a causa della crisi economica la concorrenza si è fatta più dura e si gioca spesso sul fattore prezzo – a scapito della qualità. «Abbiamo avuto la dimostrazione di stare portando avanti una strategia corretta quando alcuni clienti che ci avevano abbandonato per cilindri proposti a un prezzo inferiore, sono tornati a scegliere il nostro prodotto, riconoscendone la validità tecnologica e riconoscendo soprattutto il valore aggiunto intrinseco, che inevitabilmente si riflette anche sul prezzo del pezzo. Inoltre, prima della costituzione della nuova società, un’impresa piacentina ci aveva proposto di unire le forze per la costituzione di un unico soggetto imprenditoriale. Ma una divergenza non superabile ha impedito al progetto di arrivare a coronamento, dato che ci chiedevano di rinunciare alle nostre scelte in fatto di materiali e forniture per poter portare sul mercato un prodotto più economico – e a torto ritenuto più competitivo. Abbiamo rinunciato a questa proposta, senza così rinunciare alla qualità e i risultati oggi danno ragione alla nostra scelta». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 105
Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network
recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il mercato britannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo si-
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stema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette di offrire tariffe semplici e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume».
Palletways Italia Spa - Via Pradazzo, 7 - 40012 Calderara di Reno (Bologna)
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offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle A quali settori merceologici vi rivolgete? merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i no«Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con stri indicatori di performance». il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il Concessionari per la Lombardia: nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esiMessaggerie del Garda MN genze molto diverse ma è particolarmente competiMessaggerie del Garda BS tivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiMessaggerie del Garda MI (alcuni CAP) ple». Trasporti Marchesi BG Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? Racchetti Mediotrasporti CR - LO - PC - MI (alcuni CAP) «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: EcoSo.Log LC - SO (alcuni CAP) nomy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo Pallet Express MI (alcuni CAP) dell’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni Vallin Autotrasporti MI (alcuni CAP) urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un Vallin Autotrasporti PV (alcuni CAP) Trial MI (alcuni CAP) ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di Vallin Autotrasporti PV (alcuni CAP) rimborso delle spese di spedizione – anche per le merci Fratelli Boffi CO ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto Luoni Franco & C. VA espresso a proporre standard di servizio così elevato». Logistica Nieddu MI (alcuni CAP) Come riuscite a proporre un servizio altamente qualiDinamik Scarl MI (alcuni CAP) tativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra
www.palletways.com
EXPORT
Votati all’export, legati a Brescia Il settore edile, di fatto, rappresenta la domanda trainante per quello idrotermosanitario. Ma per risollevarlo non basta un cambiamento di rotta da parte delle istituzioni. La penetrazione in nuovi mercati rimane cruciale. Il punto di Stefano Bertolotti Renato Ferretti
embrava stranamente stabile, immune alla crisi durissima dell’edilizia. Ma alla fine anche il mercato idro-termosanitario ha ceduto, dopo un paio di anni relativamente tranquilli: e così, a marzo i ricavi dei distributori Its associati ad Angasia hanno segnato un crollo del 17,4 per cento rispetto al marzo dell'anno precedente. Da più parti si sono sollevate richieste per provvedimenti che garantiscano uno sviluppo, un’inversione di marcia. Al coro di chi auspica un cambiamento si aggiunge anche Stefano Bertolotti, amministratore delegato dell’Ivar, azienda con espe-
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110 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
rienza trentennale nel settore. Il discorso di Bertolotti, però, va oltre l’auspicio e si rivolge più direttamente alle aziende coinvolte. «Bisognerebbe sostenere l’attuazione di iniziative volte a stimolare la ripresa del settore edilizio, che, di fatto, rappresenta la domanda trainante per quello idrotermosanitario. Ma è anche necessario investire nella progettazione e realizzazione di prodotti di elevata qualità, che abbiano un valore aggiunto tangibile per i clienti, in grado di riscuotere successo sul mercato». La realtà imprenditoriale dell’Ivar, costituita da un polo industriale con più di 180 addetti, è riuscita a integrare l’intera filiera produttiva in un processo di verticalizzazione decisivo per la competitività e ha ottenuto un aumento di fatturato del 20 per cento. Ma la vera forza della società guidata da Bertolotti, al di là dell’obiettivo prefisso della qualità, è l’export. «L’azienda – dice Bertolotti – conta filiali in 11 paesi oltre all’Italia: Belgio, Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Norvegia, Tunisia e Cina. Il gruppo Ivar impiega più di 350 addetti in tutto il mondo».
Stefano Bertolotti
130 Mln FATTURATO RELATIVO AL 2012 DELL’INTERO GRUPPO IVAR, CHE COMPRENDE FILIALI IN ALTRI 11 PAESI
Quindi il vostro impegno verso l’interna- Stefano Bertolotti, amministratore zionalizzazione è risultato decisivo. e direttore «Le strategie che hanno permesso di penetrare delegato vendite e marketing nuovi mercati sono state cruciali. Ultima nata della Ivar Spa, con sede è la filiale di Baltimora, nel Maryland che per a Prevalle (BS) ora si occupa del mercato compreso tra l’area di www.ivar.it Washington e New York. Entro fine anno inoltre ci sarà l’apertura di una filiale a Sidney, in Australia e il potenziamento del mercato cinese con un’ulteriore società. I paesi che ricoprono le fette più importanti del nostro fatturato sono il Belgio, che costituisce il 36 per cento dell’ammontare complessivo delle vendite, la Russia che si attesta sul 14 per cento ed è in crescita, la Francia contribuisce per il 12 per cento e la Repubblica Ceca, che genera invece un voáá lume pari al 9 per cento di quello totale». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 111
EXPORT
áá
Che differenze ha riscontrato tra i mercati radicati nei diversi paesi in cui siete attivi? «Le differenze esistenti tra le economie e anche la cultura dei paesi in cui Ivar si trova a operare, hanno generato l’esigenza di differenziare almeno parzialmente le strategie attuate. Per quanto concerne i mercati più tradizionali, come ad esempio quello europeo, la strategia di fondo è stata quella di aprire delle filiali commerciali affidate a management locale che attraverso la conoscenza del proprio mercato di riferimento e il coordinamento da parte della casa madre riescono a presidiare con successo i diversi paesi. In merito invece ai paesi emergenti, vi è stato un processo di penetrazione più graduale, attraverso l’iniziale affidamento a soggetti quali gli importatori o i distributori locali. L’orientamento futuro di Ivar è però quello di insediarsi stabilmente anche in questi mercati, ovviamente dopo aver compiuto un’analisi attenta e approfondita degli scenari che dovrà affrontare». Quali crede siano state le altre scelte che vi hanno permesso di crescere nonostante la crisi? «In primo luogo l’orientamento verso la continua ricerca e innovazione dei prodotti, per es-
112 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
sere sempre all’avanguardia nelle soluzioni proposte. Inoltre c’è stata una profonda attenzione nell’organizzazione aziendale, con l’obiettivo di migliorare progressivamente l’efficacia e l’efficienza dell’attività aziendale». Quali sono le ultime novità scaturite dagli investimenti in ricerca e innovazione? «Stiamo investendo da un lato nella realizzazione di soluzioni innovative e dall’altro nel perfezionamento di quelle già proposte sul mercato. In particolare come anticipato anche durante le ultime fiere di settore, sono state lanciate alcune novità. Equicalor link, che permette ai singoli utenti una termoregolazione autonoma nonché una ripartizione delle spese in base agli effettivi consumi, offrendo ad amministratori e Gestori Calore gli strumenti necessari alla raccolta ed elaborazione dei dati. Multi Press Leak, sia in plastica sia in ottone, è, invece, una tipologia particolare di Press-Fit con perdita, che consente di rilevare se il raccordo non è correttamente pinzato già in fase di installazione. Un’altra novità è Legiobox, un dispositivo pensato per regalare comfort e sicurezza nella distribuzione dell’acqua sanitaria, progettato con una specifica attenzione verso la prevenzione della formazione del pericoloso batterio della Legionella.
Stefano Bertolotti
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Le differenze economiche e culturali dei paesi in cui ci troviamo, hanno portato a strategie diverse per ognuno
suo progressivo depauperamento. Per migliorare le aspettative future del territorio bresciano, è necessario che le istituzioni e le associazioni di categoria sostenute dagli imprenditori, operino degli interventi volti al sostegno delle aziende locali, andando a ridurre quelli che sono gli attuali ostacoli al loro sviluppo». Quali le sfide maggiori che attendono l’azienda nei prossimi mesi? «La sfida sicuramente più rilevante che Ivar è in procinto di affrontare è l’ampliamento del sito produttivo, attraverso un ingente investimento pari 5,5 milioni di euro effettuato al fine di realizzare un nuovo capannone in grado di aumentare la capacità produttiva aziendale. Ciò rappresenta, in un periodo di grave crisi mondiale, una scelta che incarna appieno la volontà di Ivar di continuare a crescere e affermarsi fra i leader di questo settore. Nel 2013 l’azienda si auspica il mantenimento e il consolidamento dei risultati conseguiti nel 2012, infatti, la generale contrazione della domanda generata dal persistere di una situazione di crisi in molti paesi, non consente di ipotizzare aumenti consistenti di fatturato».
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Inoltre sono attualmente in cantiere diversi progetti, tra cui i più rilevanti sono relativi ai riduttori di pressione, di cui è stata pensata una nuova tipologia caratterizzata da un livello di qualità più elevato rispetto a quello precedente, e alle valvole di pressione differenziale per il bilanciamento dinamico dei circuiti. I paesi più esigenti, sotto il profilo dell’innovazione, sono quelli localizzati nell’Europa centrale, quali Austria e Germania, ma sono inoltre molto sensibili a questi aspetti anche i paesi scandinavi e più in generale la parte occidentale dell’Europa». Il vostro è un rapporto piuttosto stretto con il territorio: quale futuro vi aspettate per il tessuto produttivo locale? «La scelta di investire nel territorio di appartenenza è alla base della filosofia aziendale, in quanto coerente con i nostri valori di fondo. La situazione critica dell’economia italiana sta avendo conseguenze fortemente negative sul tessuto produttivo locale, portando a un
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 113
EXPORT
La metalmeccanica che esporta entre il fatturato dell’industria a marzo ha confermato un nuovo calo dello 0,9 per cento rispetto al mese precedente (il trend del primo trimestre registra un meno 2,3 per cento), a crescere è solo la ricchezza prodotta dall’export. Se infatti il fatturato sul mercato interno si è ridotto dell’1,7 per cento, sui mercati oltre confine è cresciuto di mezzo punto percentuale (fonte: Istat). Dietro questo mezzo punto percentuale si colloca il successo di molte società che stanno registrando buone performance esportando. Fra queste la Tecnopromec di San Severino Marche, in provincia di Macerata, certificata Iso En 9001:2008 e specializzata nella progettazione e nella realizzazione di linee di produzione industriale non standardizzate ad alto contenuto tecnologico e innovativo. In particolare la società ha messo nero su bianco un forte consolidamento nel mercato americano, con l’acquisizione di importanti commesse in Messico e in Brasile. «Abbiamo aperto il 2013 – afferma Maria Cristina Trombetti, direttrice amministrativa e marketing della società – con la prospettiva di ampliare la nostra rete di vendita anche nei paesi dell’Est e di consolidare quelle oltre oceano. Inoltre nel prossimo biennio puntiamo a rafforzare la nostra presenza in Medio Oriente». Alla luce della sua esperienza positiva in un momento di crisi economica
M Maria Cristina Trombetti della Tecnopromec Srl di San Severino Marche (MC) www.tecnopromec.com
114 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
La vocazione per la ricerca, l’innovazione e la versatilità: High Flexibility Project. Maria Cristina Trombetti presenta le soluzioni automatizzate per le produzioni industriali della lamiera. Senza rinunciare alla personalizzazione Manlio Teodoro
globale, qual è il fattore che può determinare il successo di un’impresa italiana all’estero? «L’industria italiana dovrebbe riorganizzarsi strutturalmente. E soprattutto il nostro settore dovrebbe diventare globale dal punto di vista dei servizi, non dimenticando mai l’anima più autentica dell’imprenditoria nazionale, cioè la capacità di proporre un prodotto di qualità, in grado di rispondere agli standard più elevati richiesti dal mercato. Con importanti investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo, flessibilità e ovviamente nella comunicazione dei risultati, anche con la partecipazione alle fiere più importanti per il settore metalmeccanico – ad ottobre abbiamo portato il nostro made in italy alla fiera di Hannover in Germania e a novembre alla fiera a Milano Rho dove saremo anche nel prossimo anno. Noi siamo riusciti a promuovere la nostra realtà e l’abbiamo fatto nonostante lo svantaggio di trovarci su un territorio fortemente penalizzato per l’attività industriale». Come si sono concretizzati questi investimenti? «Produciamo quotidianamente linee di profilatura non standard destinate alla sicurezza stradale, alle costruzioni, all’energia e ai processi siderurgici. In tutti questi e negli altri settori di riferimento, l’innovazione e la flessibilità sono due condizioni sine qua non. Per questo abbiamo
Maria Cristina Trombetti
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L’industria italiana dovrebbe riorganizzarsi strutturalmente. E soprattutto il nostro settore dovrebbe diventare globale dal punto di vista dei servizi
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dato vita all’High Flexibility Project (Hfp). Questo investe tutte le fasi salienti della produzione dei macchinari: dalla progettazione creativa fino alla realizzazione dell’impianto. Quest’ultimo permette di profilare, tagliare a misura e punzonare nella stessa linea di profilatura e nello stesso momento, portando così a un notevole abbassamento dei tempi e quindi dei costi di produzione. Il processo è automatico per tutti i tipi di prodotti e permette di realizzare fortissimi risultati di business con un solo macchinario e impiegare le proprie risorse per le altre fasi della produzione. Altrettanto importanti sono poi le attività di fidelizzazione, attraverso la cura di tutti gli step della produzione, dello start up, dell’installazione e dei collaudi, delle assistenze e teleassistenze e della formazione del personale». Quanto è importante per voi investire in ricerca e sviluppo? «Nella costruzione degli impianti le scelte di materiali e trattamenti termici avanzati, di componenti all’avanguardia, di soluzioni progettuali avanzate non sono altro che il frutto della nostra ricerca. Lavorando in modalità non standard, poi, la realizzazione di ogni commessa prevede un investimento iniziale in ricerca e sviluppo. Ogni ordine che riceviamo dai nostri partner, infatti, rappresenta anche per noi una richiesta di specializzazione. E questo vuol dire non solo avere le risorse economiche per investire, ma soprattutto avere risorse umane versatili e pronte a intervenire nel dettaglio in tutto le fasi di realizzazione dell’impianto. Da questo punto di vista, la nostra vera attività di ricerca e sviluppo è rappresentata dalle personalizzazioni che i committenti ci chiedono. E cerchiamo di fare in modo che quello che in prima battuta rappresenta un’innovazione entri presto a far parte del nostro know how». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 115
Il segno più arriva con nuovi mercati I nuovi sistemi produttivi di una società specializzata nella forgiatura e lavorazione dei metalli. L’apertura di una sede a Dubai. Lino Benedetti spiega le scelte strategiche che nel 2012 hanno portato a un sensibile aumento di fatturato Luca Càvera
inaugurazione di una nuova filiale a Dubai e l’installazione di una nuova linea di produzione. Sono queste le due mosse, realizzate nel 2012, che hanno il compito di sostenere la crescita – anche di fatturato (più 23,5 per cento rispetto all’anno precedente) – delle Officine Santafede, società specializzata nella forgiatura e nella lavorazione dei metalli per la produzione di flange destinate all’industria petrolchimica. «L’apertura delle Officine Santafede Middle East Branch è stata una decisione strategica nel nostro piano di sviluppo aziendale e che, insieme all’introduzione della nuova linea, composta da pressa e laminatoio, ci permetteranno di rafforzare la posizione sul mercato internazionale e di ampliare il range di produzione». Lino Benedetti della società con base a Primaluna, nel lecchese, sottolinea con queste parole l’impor-
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Le Officine Santafede Srl si trovano a Primaluna (LC) www.officinesantafede.com
116 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
tanza degli investimenti più recenti. «La nostra è una realtà familiare – i soci fondatori sono ancora parte attiva – la cui proprietà ha sempre mantenuto in azienda gran parte dei proventi. Grazie a questa scelta, nei periodi di credit crunch non abbiamo avuto problemi di liquidità e anzi abbiamo potuto affrontare grandi piani di investimento per l’espansione dell’organizzazione». L’attività produttiva delle Officine Santafede si rivolge prevalentemente all’estero. «Il mercato interno, per quanto ci riguarda, soffre della mancanza di investimenti in infrastrutture – noi stessi ci troviamo in una valle montana con spazi stretti e regole edificatorie sempre più stringenti e abbiamo grosse difficoltà a reperire aree che consentano l’espansione sia degli opifici produttivi sia delle aree di stoccaggio esterne. Per questo, anche le poche vendite che facciamo in Italia sono spesso, in ul-
Lino Benedetti
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FATTURATO REALIZZATO NEL 2012 DALLE OFFICINE SANTAFEDE, CHE HANNO COSÌ REGISTRATO UN INCREMENTO DEL 23,5 PER CENTO RISPETTO AL 2011
tima analisi, destinate all’esportazione. Oggi l’export diretto rappresenta circa l’85 per cento del nostro volume di affari e ci vede partner di aziende che si collocano nei principali mercati produttori di energia, come Medio Oriente, Mare del Nord, Sud America e Stati Uniti. In particolare il Medio Oriente è diventato negli anni una delle aree di maggior attività. E l’apertura di un ufficio di rappresentanza in loco vuole dimostrare ai nostri partner locali la volontà di offrire loro un’attenzione e un servizio che solo la presenza diretta può dare. Inoltre, prossimamente, cercheremo di intensificare la nostra presenza nella grande area dell’Estremo Oriente e del Sud Est Asiatico. Infatti anche quell’area offre grandi opportunità di sviluppo». Per potenziare la forza produttiva e le performance dei prodotti, le Officine Santafede, nonostante una produzione prevalentemente di serie per quanto riguarda le dimensioni, hanno costituito un ufficio tecnico al quale sono affidati lo studio e la progettazione di nuovi prodotti – soprattutto quelli destinati alle applica-
zioni sottomarine. «In più, abbiamo avviato già da tempo una collaborazione con il Politecnico di Milano per la messa a punto dei processi produttivi su materiali particolarmente difficili da deformare». Parlando di prospettive future, in conclusione, Lino Benedetti spiega che, benché destreggiarsi nel mercato sia indubbiamente diventato più complicato, perché fattori eterogenei possono influenzarne in modo drammatico lo sviluppo, «i risultati dell’azienda, almeno per quello che riguarda i bilanci dell’ultimo quadriennio, possono essere riassunti da un trend positivo. Nonostante la situazione generale, siamo riusciti ad aumentare sensibilmente il volume delle vendite e il fatturato. Dal punto di vista produttivo poi abbiamo ultimato l’installazione di una nuova linea che ci permette di produrre flange e anelli fino a 3 metri di diametro e 5 tonnellate di peso. Per questo, e anche guardando all’andamento dei settori cui siamo legati – energia, idrocarburi, trattamento acque –, guardiamo al futuro con ottimismo e fiducia». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 117
EXPORT
Nuove frontiere nel settore dei masterbatches a ancora senso parlare di paesi emergenti quando, in molti settori, i Bric e le aree dell’Est europeo garantiscono alle imprese italiane quelle performance che né il nostro mercato nazionale né l’Europa Occidentale riesce a garantire? «Anche se nei paesi cosiddetti emergenti assistiamo a un rallentamento dovuto alla crisi mondiale, non possiamo non riscontrare come i trend di sviluppo rimangano costanti, a differenza di quanto sta accadendo nelle economie “mature”». A fare questa costatazione è Lisa Rampa, direttore generale Rifra Masterbatches, una delle principali aziende italiane nella produzione di masterbatches, che si sta sempre più focalizzando verso l’estero, sia per rafforzare i rapporti esistenti, sia per identificare nuove opportunità. «Per far questo, stiamo lavorando con altre aziende partner per arrivare a una rete di imprese che convogli gli sforzi verso l’internazionalizzazione». Scelta necessaria per un numero sempre crescente di aziende quella di proiettarsi sui mercati che si trovano oltre i confini nazionali. E d’altro canto la stessa Rifra nel 2012 ha registrato un calo di fatturato. «La situazione contingente nel suo insieme, in Italia, si ripercuote immancabilmente anche sui nostri settori industriali di riferimento, in particolar modo sull’edilizia, sull’automotive e sui beni di largo consumo. In più, il dato di maggiore criticità in questa fase è legato all’aspetto finanziario. Dobbiamo basarci solo sulle nostre forze dato che è venuto meno l’appoggio di istituti di credito e istituzioni. Tuttavia, concentrandoci sull’estero non stiamo facendo qualcosa di totalmente nuovo. Al contrario, confermiamo
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Una strategia di diversificazione che, declinata in termini geografici, porta alla scelta obbligata dell’internazionalizzazione per il settore dei masterbatches. Di fronte alla crisi Lisa Rampa guarda ai Bric e alle aree dell’Est Valerio Germanico
la nostra strategia di diversificazione, che se finora era stata solo di settori, adesso lo è anche di mercati in termini geografici». Ovviamente questo non basta. «Per questo la nostra visione è “Completiamo il tuo processo”, che rappresenta la volontà di essere partner nell’affrontare, facilitare e risolvere le problematiche legate ai processi produttivi dei nostri
Dettaglio della produzione di Rifra Masterbatches Spa di Molinetto di Mazzano (BS) www.rifra.it
Lisa Rampa
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Il nostro reparto r&d sta lavorando su prodotti ad alta tecnologia per la colorazione e additivazione dei tecnopolimeri e dei biopolimeri
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clienti. È il nostro modo di fondere le competenze comuni, crescendo insieme. Le odierne dinamiche del mercato comportano necessariamente una maggiore attenzione e un coinvolgimento a tutti i livelli aziendali che permetta di mantenere alto il livello qualitativo del prodotto e dei servizi connessi. Questo è possibile investendo su tutto lo staff attraverso continui interventi specifici di formazione tecnica e culturale. E investendo nella ricerca e sviluppo, che la nostra società ha sempre ritenuto il cuore dell’attività. I progetti sui quali stiamo lavorando sono orientati a realizzare prodotti ad alta tecnologia nell’ambito della colorazione e additivazione dei tecnopolimeri e dei biopolimeri. La scelta di questo indirizzo di ricerca non è casuale, bensì legata a quelle aree di mercato
che, secondo le nostre previsioni, avranno uno sviluppo nel breve e medio periodo». Non è venuto meno neanche l’investimento di Rifra nello sviluppo sostenibile, mantenendo processi e prodotti all’interno dei parametri della moderna green industry. «La nostra attenzione è rivolta a tutta la filiera produttiva: dalla selezione di materie prime a basso impatto ambientale al controllo di processo – limitando le emissioni in atmosfera e trattando adeguatamente le acque reflue –, fino ad arrivare alla conclusione del ciclo del prodotto finito. A dimostrazione del nostro impegno c’è il fatto che siamo certificati fin dal 1994 Iso 9001 e nel 2012 ci siamo dotati di un sistema integrato per la qualità, l’ambiente e la sicurezza che ci porterà nei prossimi mesi alla certificazione Iso 18000 per la sicurezza e Iso 14000 per l’ambiente. Insomma, non abbiamo rinunciato alla nostra filosofia di impresa e quindi, nonostante le difficoltà, l’obiettivo è quello di mantenere e migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi offerti sul mercato, cercando di interpretare al meglio e in anticipo le esigenze sia del mercato interno sia del mercato estero». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 119
EXPORT
Il made in Italy che esporta Per quelle aziende da sempre orientate verso l’internazionalizzazione, i mercati da tenere d’occhio sono la Cina, il Sud America, l’India, il Giappone e gli Stati Uniti. La parola a Giannantonio Brugola Emanuela Caruso
roduciamo il 100 per cento dei nostri articoli in Italia, comprando la materia prima, ovvero l’acciaio, da tutto il mondo, e il 100 per cento dei nostri prodotti viene esportato». Con queste parole, il Cavaliere al Lavoro Giannantonio Brugola descrive l’anima internazionale dell’impresa di cui è presidente, la Brugola OEB Industriale, leader mondiale nella produzione di viti per il settore dell’automotive. «Attualmente, oltre ai quattro stabilimenti concentrati a Lissone, possediamo filiali e centri logistici in varie parti del mondo, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, Germania e Un-
«P Il Cavaliere al Lavoro Giannantonio Brugola, presidente della Brugola OEB Industriale Spa di Lissone (MB) www.brugola.com
gheria. L’intero fatturato che maturiamo ogni anno deriva dall’export e dai paesi che a seconda del periodo trainano il mercato mondiale. Quest’anno ci aspettiamo che il successo delle nostre viti e dei nostri clienti prosegua nei nuovi mercati di Cina e Sud America, così come speriamo che il settore dell’auto del Nord America continui il processo di downsizing, in modo da consentire ai motori di cilindrate più piccole di trovare una maggiore diffusione. Non ancora soddisfatti del nostro raggio d’azione estero, stiamo anche lavorando per arrivare in India, così da cogliere le opportunità di sviluppo tanto di questo paese quanto di alcuni costruttori che proprio là stanno crescendo rapidamente». Quali sono state le strategie operative, commerciali e produttive che hanno permesso alla Brugola OEB Industriale di avere successo e di superare un periodo di crisi come quello attuale? «Il nostro successo è stato costruito passo per passo sin dal 1926, anno in cui mio padre fondò l’azienda. La scelta strategica messa in atto è stata quella di una combinazione prodotto/mercato molto particolare. Infatti, dagli anni 80 abbiamo deciso di dedicarci esclusivamente alla produzione di viti critiche per motori, trasformando così delle semplici viti in prodotti di eccellenza acquistati dalle più rinomate case automobilistiche: Volkswagen, Ford, Renault e GM. Ci hanno aiutato a raggiungere la vetta del successo anche la nostra elevata spe-
Giannantonio Brugola
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PRODUZIONE DELLA BRUGOLA OEB INDUSTRIALE CHE VIENE ESPORTATA IN AMERICA, REGNO UNITO, SPAGNA, GERMANIA E UNGHERIA
cializzazione, che viene messa a servizio del cliente già in fase di progettazione dei motori, e la qualità assoluta di ciò che produciamo». Quanto investe la Brugola OEB Industriale in ricerca, sviluppo e innovazione? «In un settore maturo come quello dell’automotive, l’innovazione rappresenta l’unica arma con cui difendersi dalla concorrenza spietata. Una percentuale sempre maggiore del nostro fatturato viene investita nella ricerca di materiali sempre più resistenti, leggeri e performanti e nell’innovazione dei processi produttivi, poiché più il materiale è resistente, più è difficile da lavorare». Oltre all’accordo stretto con il Gruppo Ford, avete intenzione di siglare altre partnership? «Siamo pronti a cogliere qualsiasi opportunità, quindi non sono da escludersi altre partnership, specialmente se includeranno quei mercati che al momento sono i più difficili da aggredire, per esempio il Giappone, un mercato con volumi
elevati ma con caratteristiche pressoché autarchiche». Quali sono le sue previsioni sul futuro prossimo del settore? «Il settore automobilistico continuerà a crescere, anche perché almeno per i prossimi decenni non ci saranno tecnologie affidabili in grado di risolvere il problema della mobilità individuale senza il motore a scoppio. Credo che per noi del settore la vera sfida sarà sopravvivere al sistema paese, perché ci troveremo a competere con aziende americane e tedesche che hanno il grande vantaggio di poter contare su politiche industriali chiare e definite. Lavorando con i maggiori players dell’automotive potremo continuare ad avere successo solo ragionando e agendo secondo la logica della qualità totale e della leadership di costo, intesa non come prezzo più basso, ma come costo di produzione più basso, ovvero ciò che rende un’impresa leader di prezzo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 121
EXPORT
Estetica, un’industria che punta sull’export Un 2012 segnato da una lieve flessione sul mercato nazionale. Mentre cresce l’export. Franco Colombo spiega quali sono le scelte strategiche che si impongono per le aziende che sviluppano, producono e commercializzano prodotti per acconciatori, settore estetico e cosmetici Mauro Terenziano
econdo il centro studi di Unipro, l’Associazione italiana delle imprese cosmetiche, il 2012 ha segnato la prima flessione nel mercato interno, pari all’1,8 per cento. La flessione, i cui primi segni erano già evidenti nel biennio 2010-2011, è un altro degli effetti della crisi dei consumi, che ha investito, sebbene con percentuali di calo diverse, pressoché tutti i settori merceologici. Si conferma in crescita invece, rispetto al 2011, l’export, che segna un più 7 per cento, con un
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mercato estero che nel 2012 ha fatturato 2.860 milioni di euro. Sulla scorta di questi dati, anche per un’azienda, che ha sempre avuto come mercato principale quello italiano, la Müster & Dikson – che sviluppa, produce e commercializza prodotti per acconciatori e settore estetico, linee di cosmetici, accessori, apparecchi e arredamenti destinati sia all’ambito professionale sia alla Gdo –, potenziare l’estero è oggi una necessità strategica. «Diversificare geograficamente gli sbocchi commerciali – afferma Franco Colombo, amministratore unico della società – è divenuta un’esigenza di bilancio per le imprese. Attualmente lavoriamo con circa settanta paesi. Fra questi, quelli più importanti sono i nostri vicini europei, ma anche alcuni mercati extra euro hanno assunto un ruolo sempre più rilevante – in particolare quelli del Middle East, dell’ex Unione Sovietica e dell’America Settentrionale». Poiché lo stile occupa un posto di primo piano nella scala dei valori dell’universo bellezza & benessere – rappresentando anche agli occhi del consumatore un elemento caratterizzante della professionalità dell’operatore – Müster & Dikson investe grandi risorse nella ricerca e sviluppo per proporre sempre nuove linee di prodotti.
La Müster & Dikson Spa ha sede presso Cerro Maggiore (MI) www.muster-dikson.com
Franco Colombo
StamiKer: dalle staminali una linea innovativa Come ha da tempo certificato la ricerca scientifica, le cellule staminali, tra l’altro, riattivano l’equilibrio idro-lipidico della cute e rigenerano i capelli dalla radice. La costante ricerca dei laboratori Dikson Professional ha permesso di ottenere nuovi eccellenti risultati attraverso trattamenti innovativi a base di cellule staminali vegetali. Queste nuovissime formulazioni, che caratterizzano la recente linea StamiKer, 5 prodotti altamente professionali dedicati a capelli naturali o trattati, ne rigenerano la struttura, riparandone lo stelo; agiscono, inoltre, come coadiuvanti contro la caduta dei capelli, grazie a componenti specifici che esaltano l’efficacia della loro applicazione.
«Tutte le formulazioni cosmetiche sono sviluppate nei nostri laboratori, nei quali, a partire dalla ricerca sulle materie prime più performanti e con ingredienti innovativi, cerchiamo di anticipare le richieste del mercato. Altrettanta cura è dedicata alla ricerca tecnica sugli articoli, gli accessori e gli strumenti elettrici per coiffeur, il mondo professionale e i centri estetici – per i quali abbiamo consolidato da tempo anche la produzione di apparecchiature dedicate ai trattamenti d’avanguardia e di apparecchi abbronzanti. E a completare l’offerta totale della società di Cerro Maggiore c’è
un team di arredatori, designer ed ingegneri che progetta soluzioni professionali d’arredo». Se la ricerca e sviluppo si svolgono in parte ed inevitabilmente in modo indipendente tra le due grandi divisioni della società, a unificare l’azione di Müster & Dikson sono l’innovazione ed il marketing, che spesso si identificano in maniera univoca fra i vari rami d’azienda, vivendo una comunione di strategie e di intenti. «Nonostante la nostra società punti su un’amplissima diversificazione produttiva, che copre tutte le esigenze di questo settore, le nostre divisioni non lavorano a compartimenti stagni. Al contrario la sinergia e la collaborazione vengono stimolate, così come la dinamicità e la capacità di interpretare le tendenze attuali ed anticipare le future – in questo modo siamo in grado di proporre al mercato un prodotto dall’alto valore aggiunto». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 123
ICT
Il rilancio passa dall’innovazione digitale
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ono stati presentati i dati per il mercato Ict del rapporto Assinform 2013. Continua la crisi dell’It tradizionale, che rappresenta oltre la metà del mercato, e chiude il 2012 a -4 per cento; le Tlc registrano un calo del 3,5 per cento. Ma nel global digital market - metodo analitico che amplia il perimetro di lettura dell’Ict tradizionale considerando i nuovi prodotti e soluzioni frutto dell’innovazione data dalle convergenze fra It e Tlc - crescono i segmenti legati al web e al mobile, sia come infrastrutture (tablet +69,1 per cento, smartphone +38,9 per cento, Smart tv +31,9 per cento, Internet delle cose +18 per cento, eReader +16,5 per cento) che come contenuti (+7,2 per cento, di cui e-book +84,6 per cento, musica +29 per cento, editoria online +13,4 per cento, software e soluzioni applicative +2,4 per cento). «Se lo scenario rimane invariato - ricorda Paolo Angelucci - il global digital market nel 2013 scenderà del 3,6 per cento e l’It del 5,8 per cento; se si interviene per avviare un cambiamento strutturale del quadro di riferimento, partendo dall’Agenda digitale il global digital market inizia l’inversione a -1,5 per cento». Tracciato il quadro del settore, quali i dati più incoraggianti e quali quelli più preoccupanti? «Preoccupante è la stagnazione dei consumi e un forte rallentamento degli investimenti, incoraggiante invece la diffusione enorme dei device intelligenti e di tutte le tecnologie collegate. Se andiamo a separare il mercato in due parti, quella relativa ai segmenti tradizionali e quella dei segmenti innovativi, la crescita dei secondi purtroppo ancora non compensa il calo della prima». Quali dunque i segmenti in crescita e 126 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Continua il calo di fatturato del settore It, spinto verso il basso dalla crisi delle componenti tradizionali. Un’inversione di tendenza, secondo il presidente di Assinform Paolo Angelucci, si potrà vedere solo nella seconda metà del 2014 Renata Gualtieri
-3,6% IL CALO DEL GLOBAL DIGITAL MARKET PREVISTO NEL 2013 SE NON SI INTERVIENE CON UN CAMBIAMENTO DEL QUADRO DI RIFERIMENTO
Paolo Angelucci
quelli in calo? «I segmenti in calo sono tutti quelli dell’It tradizionale, i pc sono l’emblema con -20 per cento all’anno. Poi c’è un calo strutturale nei costi dei servizi e non nella quantità. Questi fenomeni sono allineati sull’It e sulle Tlc, dove c’è un calo della componente tradizionale, voce e dati, e un aumento della componente innovativa. I segmenti più in crescita sono quelli dei device intelligenti: tablet, smartphone, televisioni collegate a Internet. Quest’anno noi abbiamo ridisegnato il global digital market proprio per tener presente queste nuove aree». Le imprese italiane come affrontano la sfida del cambiamento e quanto sono sensibili all’innovazione? «Le imprese stanno affrontando il cambiamento solo che lo fanno in un momento di crisi. C’è una sempre maggiore partecipazione al business dei progetti piccoli ad alta velocità di ritorno che però si appoggiano esclusivamente sulle business line. Le aziende dunque procedono per l’innovazione a piccoli passi ma sostanzialmente legati al business. Questo non favorisce la visione a lungo periodo, ma attualmente è l’unica via praticabile.
Ci sono poi aree dove l’innovazione sta entrando, come quella della logistica, in cui il risparmio derivante dall’adozione della tecnologia è tangibile in tempi molto brevi. Dividendo il mercato, la parte tecnologica si rinnova o a fronte di un grosso risparmio oppure a fronte di una reale esigenza di lavoro, quella applicativa è fatta invece di tanti progetti piccoli e veloci». Quali sono le ragioni del ritardo con cui si va affermando l’economia digitale in Italia rispetto al resto del mondo e il continuo calo di fatturato del settore? «In Italia la fibra ottica è meno importante rispetto ad altri Paesi ma il mobile è molto più diffuso; nel nostro Paese c’è un modello di consumo diverso e il problema vero è che favorisce i privati e non le imprese che hanno bisogno della banda larga e della fibra ottica per lavorare. Le ragioni del continuo calo del settore sono l’erosione dei servizi e il rallentamento fortissimo degli investimenti e la somma di questi due fattori è devastante. Si risparmia sul corrente ma non si investe a medio e lungo termine». Quali sono le previsioni per i prossimi mesi? «Noi abbiamo fatto due previsioni. Una statica e una dinamica, però purtroppo a metà anno dobbiamo andare più verso quella statica che verso quella dinamica. Da marzo a oggi non è successo molto se non il fatto che il governo ha promesso di pagare 20 miliardi di debiti arretrati». Cosa si aspetta dal governo, come può essere possibile sfruttare le enormi potenzialità che le tecnologie ancora offrono e quali gli interventi necessari per avviare un cambiamento del quadro di riferimento? «Come prima cosa ci aspettiamo che attui l’agenda digitale e poi chiediamo che velocizzi il cambiamento di cultura della pubblica amministrazione che in questo momento rappresenta un freno all’innovazione che deriva dalle nuove tecnologie. Un altro intervento importantissimo sarebbe una sorta di “Tecno-Sabatini” che permetta alle aziende di fare investimenti immateriali a tassi facilitati e che ci sia un fondo di garanzia e un medio termine facilitato per le aziende che investono in innovazione. Quello che sta languendo in questo momento è la spesa delle imprese che rappresenta il 75 per cento di tutto il settore It in Italia».
Paolo Angelucci, presidente di Assinform, Associazione italiana per l’information technology
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 127
ICT
Milano polo d’innovazione Le imprese milanesi del terziario innovativo non sono in caduta libera come accade a livello nazionale. Massimo Dal Checco, che in Assolombarda ha la delega all’Ict, spiega perché il settore tiene e indica Milano come la culla della rivoluzione digitale italiana Renata Gualtieri
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Massimo Dal Checco, presidente del Gruppo terziario innovativo di Assolombarda
entre il mercato dell’Ict a livello nazionale subisce un crollo notevole, escludendo l’exploit delle vendite di tablet e smartphone, tra le imprese di Assolombarda si nota un vantaggio: nel terziario innovativo, al quale sono iscritte circa 1.300 imprese tra information technology, consulenza ed engineering construction - con circa 53-54mila dipendenti associati - si annoverano le più grandi multinazionali oggi presenti in Italia, dunque la situazione è leggermente a favore rispetto al resto dell’Italia. È un problema di tipologia d’imprese, perché nel mercato soffrono in misura maggiore i più piccoli. «Questo però precisa Massimo Dal Checco, presidente del gruppo terziario innovativo di Assolombarda - non vuol dire che ci troviamo di fronte a un mercato brillante, pur mantenendo lo spirito imprenditoriale positivo che ci contraddistingue». Se si guarda agli ultimi anni, quelli della crisi, è diminuito il numero delle imprese iscritte, ma non il numero dei dipendenti perché le realtà più forti hanno assorbito parte del lavoro.
128 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Quante sono le aziende che guardano all’estero e quali i requisiti necessari per affrontare questa scelta? «Tutte le aziende oggi stanno cercando di trovare sbocchi all’estero perché il fatto di avere un mercato esclusivamente nazionale, essendo in recessione, manderebbe tutte le aziende in crisi. Per fare investimenti all’estero ci vogliono o capitali prodotti dall’azienda o finanziamenti da parte di istituti di credito. Le aziende dell’information technology hanno però un costo del lavoro elevatissimo, perché sono formate da professionisti tutti laureati e con una media salariale alta. L’Irap, che è la tassa sul costo del lavoro, depaupera completamente le risorse del nostro settore e quindi poi si fa fatica ad andare all’estero con capitali propri. Le banche in maniera esplicita penalizzano il settore perché già in calo; questo è inaccettabile perché taglia i ponti per il futuro delle imprese e del nostro Paese». Quali i mercati più interessanti? «Per l’Italia già potrebbe essere interessante il mercato europeo, perché in Europa più si sale, vedi Germania, Olanda e Paesi scandinavi, più
Massimo Dal Checco
1.300 LE AZIENDE DEL TERZIARIO INNOVATIVO (ITC, CONSULENZA, ENGINEERING CONSTRUCTION) ADERENTI AD ASSOLOMBARDA
le tariffe di ciò che viene venduto nel nostro settore crescono. In Italia, oltre al costo del lavoro molto elevato, abbiamo anche tariffe molto basse; già dunque riuscire a vendere servizi dall’Italia al nord Europa è un vantaggio dal punto di vista economico. Ci sono poi Paesi emergenti come l’America latina che in questo momento per molte aziende italiane hanno un grande valore, infatti tutte le aziende quotate dell’Ict italiano sono presenti in quest’area. L’Asia e l’India rimangono più complicate per gli italiani perché sono potenze già forti sul mercato». Di recente si è tenuto a Milano il Festival dell’innovazione. La città ha i requisiti per diventare la culla dell’innovazione e della rivoluzione digitale italiana? «Noi di Assolombarda crediamo molto al fatto che Milano possa diventare polo d’innovazione; infatti abbiamo pensato al dopo Expo creando un progetto, “Nexpo”, con cui utilizzare l’eredità, in termini di spazio e di lascito delle aziende partecipanti all’Esposizione universale, sul territorio, per poterlo sfruttare e far diventare quell’area un polo innovativo, digitale e informativo per la tecnologia, una sorta di laboratorio di lavoro per lo sviluppo di idee in-
54.000 L’INDOTTO OCCUPAZIONALE DELLE AZIENDE CHE FANNO PARTE DEL TERZIARIO INNOVATIVO DI ASSOLOMBARDA
novative. Un’area metropolitana che diventi esempio per il resto d’Italia». Quanto è importante investire in ricerca e innovazione, quante risorse vengono destinate a questo scopo dalle imprese di Assolombarda e come l’Ict può costituire un ambito strategico, alla base dello sviluppo delle economie avanzate? «Mediamente la spesa delle imprese in Ict in Italia è più bassa rispetto alla media europea, ma è così storicamente. Però se guardiamo le imprese di successo che ancora oggi sono presenti sul mercato sono tutte realtà che si sono ingegnate molto sia nell’aprire ai mercati esteri che nell’innovazione di prodotto. L’investimento in innovazione tecnologica è un passaggio necessario per l’internazionalizzazione delle imprese». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 129
ICT
SAP in Cloud, i nuovi provider emergenti Servizi di ERP Cloud per le medie e grandi aziende. Alessandro Cozzi presenta i plus che hanno portato Wiit nel programma Elite di Borsa Italiana e il rapporto con Orizzonte Sgr Luca Càvera
Alessandro Cozzi, Ceo di Wiit Spa di Milano, nella pagina successiva uno dei data center della società www.wiit.it
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er competere, nei prossimi anni, le aziende italiane dovranno scegliere fra due vie. Restare ancorate ai vecchi schemi del “fare in casa” – con limiti di costi, incapacità di accedere a infrastrutture di tipo enterprise, con competenze incapaci di garantire livelli di servizio 24x7. Oppure adottare un modello di servizio efficiente, sicuro e oggettivamente più economico. «Noi crediamo che il vero tema non sarà “se” andare in outsourcing, bensì “con chi” farlo. Scegliere una multinazionale con costi elevati, intrinsecamente lenta e rigida, non adeguata a comprendere e supportare le caratteristiche di media azienda italiana, con conseguente basso livello di servizio? Oppure una media impresa come la nostra, focalizzata al 100 per cento sui servizi di cui le aziende italiane hanno maggiormente bisogno, elastica, veloce, con le migliori competenze certificate e alti livelli di servizio e flessibilità?». È questa l’alternativa secondo Alessandro Cozzi, Ceo di Wiit, società italiana di servizi It outsourcing a valore, con una forte specializzazione nell’outsourcing applicativo delle principali piattaforme internazionali come Sap, Oracle e Microsoft. Inoltre, nel 2012 Wiit è stata certificata Iso 27.001 per la sicurezza nella gestione dei dati ed è la seconda azienda in Italia a ottenere la certificazione Sap Cloud. Con quali performance avete aperto l’anno? «Se è vero che l’economia italiana è in difficoltà, e ciò ha portato anche alcuni nostri competitor internazionali di grandi dimensioni ad abbandonare questo mercato, è anche vero che esistono migliaia di aziende italiane di medie dimensioni dotate di forti valori imprenditoriali per le quali pensiamo di essere il partner ideale. E infatti il primo trimestre 2013 ci ha visti di nuovo in de-
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Alessandro Cozzi
+17%
INCREMENTO FATTURATO REGISTRATO NEL 2012 cisa crescita, anche grazie ai nuovi clienti e quindi le prospettive per il 2013 sono oggi molto buone. Come sempre ad una forte crescita fa anche seguito una crescita del personale. Negli ultimi 12 mesi abbiamo assunto oltre 20 persone e prevediamo un ulteriore incremento, nei prossimi 1224 mesi, di almeno altre 30-40 figure in ambito tecnico, commerciale, di prevendita con ruoli e seniority diversi. È ovvio che un tale trend si affronta solo con una forte attenzione all’organizzazione, ai processi e al controllo attento delle competenze dei collaboratori, della capacità di inserirsi in una realtà dinamica, orientata alla qualità e all’attenzione per i clienti». Nel 2013 Wiit è stata ammessa al programma Elite di Borsa Italiana. Quali prospettive si sono aperte? «Il progetto Elite nasce con l’obiettivo di unire sotto un programma di sviluppo e di successo alcuni degli elementi di maggiore caratterizzazione delle medie aziende italiane: forte visibilità, leadership, crescita ed eccellenza. Sono questi i tratti che ci accomunano al progetto di Borsa Italiana, che ci auguriamo possa aiutarci ad accelerare il nostro piano di crescita aprendo nuove prospet-
CON LA FORNITURA DI SERVIZI DI OUTSOURCING EROGATI DA WIIT SPA ( +33% CONFRONTATO CON IL FATTURATO 2011)
tive in tema di visibilità istituzionale, di accreditamento verso i clienti, di spinta verso l’internazionalizzazione. Compiere questo passo è stata una scelta che abbiamo consumato in poco tempo. Abbiamo visto in Elite un gruppo di aziende di eccellenza con cui condividere un percorso, unite da quegli elementi di unicità che sentiamo profondamente nostri: trasparenza, efficienza, qualità, solidità». Al di là di questo importante evento, come giudica nel complesso il 2012? «È stato un anno estremamente positivo. Siamo cresciuti a doppia cifra, con alle spalle un 2011 che a sua volta era stato un anno di crescita – e la crescita di fatturato ha portato con sé anche un miglioramento ulteriore della marginalità. Il volume degli ordini ha visto per il secondo anno consecutivo attestare la percentuale di vendita su nuovi clienti oltre il 75 per cento, a conferma di un trend positivo dei servizi di outsourcing, di una maggiore visibilità dell’azienda nel pano- ❯❯ LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 131
ICT
Il fondo Ict Orizzonte Sgr entra in Wiit Con un investimento di circa 3 milioni di euro il fondo di investimento Ict Orizzonte Sgr ha rilevato una quota di minoranza di Wiit. Attraverso il fondo Ict, Orizzonte Sgr focalizza la propria politica di investimenti prevalentemente sulla fase di expansion in aziende italiane consolidate, la cui attività sia correlata ai processi di innovazione e che intendono espandere il proprio mercato, lanciare nuovi servizi e prodotti. «La cornice tecnologica oggetto dei nostri investimenti – afferma Carlo Gotta, investment manager di Orizzonte Sgr – è definita dai segmenti di particolare sviluppo che hanno nel web la piattaforma informatica di riferimento. L’ecosistema dei servizi di outsourcing è ormai interessato dall’evoluzione verso il cloud computing, che renderà sempre più evidente la nascita di nuovi scenari di offerta. Nel panorama dei servizi It, in Italia, Wiit rappresenta un caso unico di realtà che riesce a competere nella stessa arena dei grandi player, sottraendo loro clienti e quote di mercato grazie a una fabbrica e una struttura operativa ben ottimizzate, una politica commerciale efficace e un’elevata capacità di scouting di opportunità. Per questo ha tutte le caratteristiche per crescere secondo le proiezioni di business plan. Noi lavoriamo sulla cosiddetta fase di “expansion” e investiamo quindi in progetti di sviluppo. Ci è piaciuto l’atteggiamento del management, che anziché chiederci risorse per arrivare alla fine dell’attuale crisi del mercato, si preoccupa di come dovrà essere l’azienda quando avrà inizio la ripresa del mercato dell’Ict».
Carlo Gotta, Investment Manager di Orizzonte Sgr www.orizzontesgr.it
132 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
❯❯ rama degli outsourcer Sap italiani e di una capacità dell’azienda di esprimere il proprio potenziale di competenze e professionalità. Anche per i servizi di Business Continuity e di Bpo documentale è stato un anno decisamente positivo, con circa il 55 per cento di nuovi clienti che ha adottato un servizio di hosting o virtual private cloud insieme a quello di business continuity e con il 40 per cento che ha avviato il servizio di Bpo documentale integrato con la suite Erp presente in azienda. Soprattutto per la Business Continuity è un segno importante, da un lato, della sempre maggiore consapevolezza della necessità di adottare servizi ad altissimo valore aggiunto a tutela della continuità del core business, dall’altro, è la conferma che gli elevati standard raggiungibili con le migliori tecnologie di mercato sono oggi economicamente alla portata di ogni tipologia di azienda». Da quali soluzioni e ambiti produttivi vi aspettate i maggiori risultati nei prossimi mesi? «Come operatori di servizi di hosting, soprattutto in ambito Sap, notiamo che molte aziende oggi stanno valutando attentamente il passaggio a un modello di outsourcing sia di tipo hosting classico sia di tipo cloud, con soluzioni quindi maggiormente standardizzate e basate su un modello di erogazione di tipo on demand. I mercati che oggi sono più sensibili ai temi di ottimizzazione dei costi e dei servizi sono quello manifatturiero, distribuzione, servizi, prodotti al consumo. Inoltre, sotto i dettami dell’Agenda Digitale delle normative per la Pa Digitale anche il pubblico e la sanità inizieranno a valutare in modo più sistematico tali servizi. Abbiamo in questi settori già importanti referenze attive in Lombardia, regione che tra le prime in Italia ha avviato un processo
Alessandro Cozzi
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I mercati che oggi sono più sensibili ai temi di ottimizzazione dei costi e dei servizi sono quello manifatturiero, distribuzione, servizi, prodotti al consumo
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di rinnovamento e sviluppo». Su quali progetti di ricerca e sviluppo siete concentrati in questo momento? «I servizi di outsourcing si fondano su importanti investimenti in termini di asset strategici da mantenere allo stato dell’arte, processi e competenze. Per questo motivo ogni anno dedichiamo circa il 15-20 per cento all’innovazione delle infrastrutture, all’aggiornamento delle competenze e alla creazione di nuovi servizi a valore. Ci sono diversi progetti su cui stiamo lavorando – e che speriamo di poter presentare presto al mercato prima dell’estate – alcuni dei quali, soprattutto in ambito cloud, riteniamo potranno darci un significativo vantaggio competitivo e, speriamo, un importante
ritorno in termini di fatturato». In termini più generali, quali sono i vostri obiettivi per il medio e lungo termine? «Abbiamo un piano di sviluppo piuttosto ambizioso, ma anche realistico, che porterà Wiit a raddoppiare il fatturato nel giro di 3 anni e di triplicarlo entro i prossimi 5. Per supportare questo programma – sia per linee interne sia attraverso acquisizioni mirate – abbiamo fatto entrare all’interno della compagine societaria il fondo di investimento Orizzonte Sgr che crediamo possa rappresentare un importante veicolo relazionale, finanziario e di supporto alla crescita. Questa sarà possibile solo se alla base vi saranno competenze e risorse di alto livello, con un forte orientamento al servizio e al cliente. In un momento storico come questo siamo veramente contenti e fieri che i nostri servizi – dotati di tanta tecnologia e competenza di processo, tanto apprezzati dai nostri clienti e certificati da aziende internazionali come Sap e Oracle – siano erogati da un team interamente formato da giovani e talentuosi professionisti italiani». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 133
ICT
Informatica, termometro dei mercati Grazie alla sua trasversalità, e all’importanza sempre maggiore che riveste in ogni ambito produttivo, è il settore sentinella sullo stato economico generale. L’esperienza di Guido Pellegata e Franco Biffoli, che illustrano le ultime tendenze Renato Ferretti
orse non si hanno ancora tutti gli elementi per parlare di ripresa. Ma dall'informatica arrivano indizi incoraggianti. L'appoggio che le software house offrono alle aziende può essere trasversale a molti settori, eleggendo così quest'attività a termometro per lo stato di salute del tessuto produttivo in genere. A parlarne con un certo, cauto ottimismo, è Guido Pellegata, direttore commerciale di Sirio informatica e sistemi SpA, insieme al suo Presidente, Franco Biffoli. La diversificazione operata dall'azienda milanese permette di fare un quadro d'insieme piuttosto ampio del mercato
F A lato, Guido Pellegata, direttore commerciale e sotto, Franco Biffoli presidente di Sirio informatica e sistemi Spa www.sirio-is.it
134 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
italiano: dal retail alla sanità, dal manifatturiero alla distribuzione, tra comparti in crescita e altri in crisi. «Ma la produzione di cartone ondulato – dice Pellegata –, su cui operiamo da anni, è aumentata ed è in forte ripresa. Questo vuol dire solo una cosa: si è ricominciato a imballare e quindi a produrre. Non è un caso, quindi, l'ottimo risultato del nostro lavoro all'interno delle aziende manifatturiere, soprattutto quelle che si distinguono per l'elevata qualità dei prodotti». Se si ricomincia a produrre cresce il numero delle imprese disposte a investire in informatizzazione. GUIDO PELLEGATA «Bisogna ammettere di aver chiuso un anno ottimo, con budget in crescita rispetto al precedente, lavorando su tutti i nostri nove mercati distribution, manufacturing, fashion, sanità privata, laundry, converter, project, retail e modernizzazione. Il fatturato è lo stesso dell’anno scorso, ma grazie alla politica dei costi, sempre molto attenta, i margini sono cresciuti». Quali sono le categorie che vi hanno pre-
Guido Pellegata e Franco Biffoli
I SETTORI DI RIFERIMENTO 9,5% modernizzazione rpg/cobol
8,5% fashion
39,4%
miato di più? G.P. «Da una parte la manifattura, che quando si distingue per la qualità non conosce crisi: non subisce gli attacchi dei paesi a basso costo del lavoro e sta ritornando ad avere grandi commesse e ordinativi e quindi dispone delle risorse per l’implementazione informatica, soprattutto l'eccellenza lombarda. Dall'altra, il retail e il fashion, forse ancora grazie al made in Italy, sono in fermento e ci hanno dato molta soddisfazione: abbiamo registrato un aumento del 53 per cento». Qual è il tipo d’installazione più richiesto nei negozi? G.P. «I vecchi registratori di cassa sono in via d'estinzione, ora si usano computer con una piccola stampante fiscale per lo scontrino. In generale si può dire che quanto fatto dalle grandi case anni fa, ora sta diventando comune anche nelle Pmi del settore. Per capire la grande differenza bisogna considerare uno dei nodi del retail e cioè l'approvvigionamento: il magazzino di un negozio è sempre piuttosto contenuto, i prodotti sono soprattutto sugli scaffali dell'esposizione stessa. Le nostre soluzioni quindi hanno il compito tra gli altri di monitorare e registrare le tendenze incrociate, tenendo in considerazione il colore o il tipo di taglio: in assenza di un sistema intelligente che raccoglie precisamente tutte queste informazioni, bisogna affidarsi alla sensibilità dei commessi».
distribuzione a valore
6,4% cartone ondulato e imballi
7,7% altro
28,5% produzione/manutenzione impianti
Quali sono stati invece i comparti più difficili? G.P. «Sicuramente la distribuzione soffre per la riduzione dei consumi. C’è, poi, un po’ di tensione riguardo alla sanità privata, dove a causa della crisi in generale ci si cura di meno, con il risultato di una contrazione non indifferente di prestazioni. Queste imprese, quindi, spendono meno per l’innovazione informatica. Il confronto tra le varie categorie la dice lunga sull'importanza che ha avuto il nostro processo di diversificazione. Se ci fossimo dedicati a un solo settore, adesso dovremmo sperare di aver scommesso su quello giusto, invece, portando l'esempio di questo periodo, il guadagno perso dalla distribuzione arriva dal retail, quello mancato della sanità si equilibra con il manifatturiero. Noi abbiamo individuato i settori merceologici che trainano l'economia, ❯❯ LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 135
ICT
áá settori sui quali abbiamo il giusto know-how tecnologico e innovativo; questi chiedono soluzioni su misura: non è più possibile rivolgersi alle aziende in modo generico». Che ruolo ricopre l'informatizzazione all'interno di un'azienda? FRANCO BIFFOLI «Al di là dei singoli comparti, si può dire che esiste un'Italia a due marce: da una parte ci sono le aziende mal organizzate, che non riescono a difendersi come potrebbero dagli attacchi dei concorrenti esteri, dall'altra ci sono guide imprenditoriali più lungimiranti che investono in modo da rendere la struttura competitiva. In particolare, in Lombardia, in cui siamo presenti con tre sedi, registriamo ottime performance: potendo contare inoltre su una rete di vendita presente su tutto il territorio nazionale, questo fa pensare a una propensione considerevole all’innovazione del nostro territorio».
20.000 IL NUMERO DI CLIENTI DELLA VAR GROUP, IN CUI SIRIO INFORMATICA E SISTEMI SPA CONTRIBUISCE CON 1.500 CLIENTI
136 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
A proposito di organizzazione, come descriverebbe quella di Sirio? F.B. «Il personale è formato da un centinaio di collaboratori e si caratterizza per una struttura interna molto snella: 65 specialisti applicativi, 20 sviluppatori di laboratorio che realizzano le proposte informatiche e poi gli ultimi 10 sono venditori operanti su tutto il territorio nazionale. Gli specialisti applicativi affiancano i clienti e da qui nasce anche il lavoro di modernizzazione dei sistemi perché capiamo cosa serve al cliente mentre lo abituiamo all’uso dei software e dei nostri sistemi in generale. Completa la nostra organizzazione un canale di vendita di oltre 100 rivenditori. Sirio è controllata da Var Group, leader italiano nel mercato dell’It, che con un fatturato consolidato 2012 di oltre 150 ml. e una crescita annunciata del 12 per cento nel segmento mid market per il 2013 si propone alle imprese del made in Italy con un’offerta di tecnologie, applicazioni e servizi mirati alla risoluzione di problematiche specifiche, con ritorni sicuri ed in tempi brevi. Una squadra di oltre mille specialisti che accompagnano le imprese italiane nelle fasi di scelta, realizzazione ed assistenza collegate al progetto It». Quale pensa che sia il vostro maggiore punto di forza? F.B. «La spiccata sensibilità all’evoluzione applicativa e delle esigenze dei clienti è quanto ci ha consentito di conquistare una posizione di riferimento. Oltre al paniere molto ricco, che comprende soluzioni gestionali dedicate ai principali settori industriali, sono molto importanti i costanti investimenti in ricerca e sviluppo il cui reparto è occupato da circa quaranta professionisti. La modularità e la scalabilità della nostra offerta costituiscono un altro aspetto decisivo, oltre alla continua innovazione tecnologica, alla fruibilità anche in modalità cloud e alla nostra certificazione IBM Business Partner. E poi sicuramente l’esperienza e la conoscenza approfondita del mercato chiudono un quadro decisamente incoraggiante».
TECNOLOGIE
Spending review e spesa militare L’acquisto di 90 caccia bombardieri è al centro delle cronache. E delle polemiche. Obiezioni economiche, ma anche tecniche, sono state mosse al progetto internazionale F-35, che vedrà la luce entro il 2015. La posizione del ministro della Difesa Mario Mauro e del capo di stato maggiore dell’Aeronautica Pasquale Preziosa Luca Càvera
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a polemica intorno all’acquisto dei 90 caccia bombardieri F-35, in tempi di austerity, ha riacceso la questione delle spese militari, da molti fronti considerate eccessive o superflue. Per il completamento del progetto F-35 – iniziato nel 1994, la consegna dei velivoli è prevista entro la fine del 2015 –, al quale partecipano anche Regno Unito, Norvegia, Olanda, Danimarca e Stati Uniti, il nostro ministero della Difesa ha previsto una spesa di 13 miliardi di euro, con 16 miliardi di ricavi. Se, anche a fronte di questa cifra, risultano evidenti gli argomenti portati avanti dai contrari – di ordine economico e/o antimilitarista –, quali sono le risposte di istituzioni e vertici militari? La posizione del ministro della Difesa Mario Mauro è chiara: «Sono pronto a dibattere con il parlamento su tutto, ma se l’approccio è: un F-35 in meno per avere trenta asili in più, è un approccio sbagliato, fuorviante e demagogico - ha dichiarato -. Noi andiamo a sostituire 256 aerei con 90 velivoli denominati F-35 non per volontà di potenza, ma perché i nostri Tornado hanno più di trent’anni e io non mi metterei al volante di un’auto che ha più di 30 anni, figuriamoci di un aereo che ha impegni rilevantissimi». Dello stesso avviso si è dichiarato il generale Pasquale Preziosa, capo di stato maggiore dell’Aeronautica. Intervistato da Paolo Salvatore Orrù (intervista ripresa da Radio Radicale Tv) in merito anche alle considerazioni espresse dal generale Fabio Mini, ex capo di stato maggiore delle forze Nato per il Sud Europa – che ha indicato come «superati» gli F-35 anche per gli attuali compiti dell’Aeronautica Italiana –, Preziosa ha risposto: «Rispetto tutte le opinioni, ma sono tali. Non sono analisi. Le analisi vengono compiute a livello Nato e a livello dell’Unione Europa. Invito tutti quanti a leggere quelli che sono i trend
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Mario Mauro e Pasquale Preziosa
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La partecipazione al progetto F-35 non è volontà di potenza, bensì la necessità di rinnovare una flotta aerea che ha più di 30 anni
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di sicurezza e che coincidono» con le caratteristiche degli F-35. Senza entrare nelle questioni tecniche circa l’evoluzione e la validità del progetto, argomento ineludibile resta quello del rinnovamento della flotta. Uscendo dal progetto F35 si aprono due possibilità: si risparmiano risorse ma si rinuncia a una dotazione di difesa aerea adeguata all’attuale scenario – e ai suoi sviluppi futuri –, oppure le risorse sottratte da questo progetto si sposteranno sulla scelta di altri mezzi – vanificando però così gli investimenti fatti dal 1994 a oggi. Spostando poi l’attenzione su una considerazione generale della spesa militare italiana, i dati dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) dicono che, nel 2012, la nostra spesa è calata di circa il 6 per cento rispetto al 2008, passando da 28,16 miliardi a 26,46. E il confronto con la spesa degli altri principali paesi europei, prendendo a riferimento la percentuale
sul Pil destinata alle forze armate, mostra un’Italia sostanzialmente in linea con il comportamento degli altri stati. Va inoltre sottolineato che la nostra spesa si ferma intorno all’1,8 per cento del Pil, a fronte di un impegno del 2 per cento che la Nato richiede ai paesi dell’alleanza nord atlantica. I dati mostrano quindi che è già in atto un processo di riduzione della spesa. E in più, dalla direttiva del ministero della Difesa per la politica militare 2013, emerge la chiara volontà di intervenire sulla spesa in maniera coerente a quanto si sta facendo negli altri rami dello stato, amministrativi e non. E questo non stupisce, dato che leggendo i dati, risulta che – diversamente da quanto accade negli altri paesi – la maggior parte della spesa militare (fra il 65 e il 75 per cento) va in stipendi e previdenza, a dimostrazione che le risorse per armamenti, mezzi e forniture varie pesano in maniera relativa rispetto al totale annuo.
In apertura, Il ministro della Difesa Mario Mauro e, sopra, il capo di stato maggiore dell’Aeronautica Pasquale Preziosa
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 139
TECNOLOGIE
Gli Stati Uniti scoprono le radiocomunicazioni italiane l servizio di radiocomunicazione aeronautica mobile permette la comunicazione tra personale di terra e di volo nell'aviazione. Si tratta di impianti installati negli aeromobili per i collegamenti con le stazioni di terra per la trasmissione di messaggi. Gli utenti sono compagnie aeree, aerodromi e privati. Parliamo dell’andamento e del futuro del comparto con Giorgio Fassina, presidente della Gemelli, una delle realtà più importanti al mondo nel campo delle radiocomunicazioni per l'aeronautica. In un settore come questo ricerca, innovazione e sviluppo sono fattori imprescindibili per proporre un servizio all’altezza delle aspettative.
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Il settore delle radiocomunicazioni per l'aeronautica è un chiaro esempio di eccellenza tecnologica italiana che cresce anche nei mercati esteri, in particolare quello statunitense. Ne parliamo con Giorgio Fassina Lorenzo Brenna
«L'impegno della società è sempre stato costante per il mantenimento dell'alto livello tecnologico raggiunto - dichiara Giorgio Fassina, presidente della società - i programmi di ricerca assorbono circa il 30 per cento del fatturato. Negli ultimi anni la società ha investito nello sviluppo di nuovi impianti di comunicazione con l'intento di realizzare sistemi di avanguardia e con un livello di flessibilità di impiego tali da renderli idonei ad applicazioni su diverse piattaforme. Il nuovo sistema di comunicazione ha portato Gemelli allo sviluppo di una tecnologia completamente nuova, in particolare dovendo passare da sistemi analogici a digitali. In aggiunta a questa linea di ricerca siamo finalmente giunti alla realizzazione di un sistema completamente wireless in grado di gestire le comunicazioni sia terra che a bordo di un numero elevato di operatori». L’azienda lombarda, considerando anche le ristrettezze economiche, realizza macchine e sistemi il più versatili possibili in modo da soddisfare esigenze diverse. «Questo principio è il motivo base delle trasformazioni in atto che, sfruttando nuovi materiali e nuove tecnologie stanno raggiungendo i risultati richiesti - spiega Giorgio Fassina - le difficoltà maggiori, per aziende inserite in con-
Giorgio Fassina
La Gemelli Spa ha sede a Canegrate (MI) www.gemelli-aerocom.com
È in atto una strategia di promozione della tecnologia italiana per acquisire mercati esteri, in particolare gli Stati Uniti
testi quale quello italiano, stanno nella dimensione del mercato. Per questo, sia direttamente che in supporto alle grandi aziende, è in atto una strategia di promozione della tecnologia italiana per acquisire mercati esteri, in particolare gli Stati Uniti». Nel futuro l’attività produttiva della Gemelli sarà sempre più caratterizzata dalla realizzazione automatica delle schede elettroniche, che sono il cuore dei prodotti realizzati. «Possiamo tranquillamente affermare che il futuro è già entrato nella nostra azienda con lo sviluppo dei nuovi sistemi che, pur in costante aggiornamento, manterranno piena validità per i prossimi anni». La Gemelli opera sia sul territorio nazionale che all’estero. Il mercato più florido è attualmente quello statunitense, che ha spinto l’azienda ad aprire una filiale quasi completamente operativa in America. «Il mercato nostrano è quello di maggior impatto - rivela il
presidente della Gemelli - grazie però all’affermazione nel mondo delle grandi aziende italiane del settore sfruttiamo un effetto di trascinamento. Il nostro prodotto viene conosciuto perché utilizzato dai velivolisti nazionali che lo esportano insieme alle loro macchine. Oltre agli Stati Uniti operiamo anche in India, Malesia ed Emirati Arabi». La crisi ha influito anche sull’andamento del settore aeronautico e si ritiene che protrarrà ancora i suoi effetti per qualche tempo. «Abbiamo riscontrato un rallentamento dei programmi, ma soprattutto una sempre maggiore difficoltà nei pagamenti da parte dei clienti. Siamo comunque fiduciosi che gli investimenti fatti ci porteranno ad acquisire ulteriori fette di mercato prospettandoci un futuro ricco di soddisfazioni». La società prevede che il 2013 sarà un anno di transizione con attività legate ai vecchi progetti, in fase di declino, e l'avvio dei nuovi programmi in fase di graduale decollo. Per il prossimo anno, invece, si aspetta una svolta. «Nel 2014, pur nella continuità dei precedenti programmi, prenderanno decisamente avvio le nuove produzioni che ci auguriamo trovino applicazioni in nuovi programmi per i quali attualmente siamo in fase di presentazione delle potenzialità dei nostri prodotti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 141
TECNOLOGIE
Proteggere l’arte
Opere d’arte come quelle di Leonardo hanno un valore economico, artistico e culturale inestimabile. Alvise di Canossa spiega cosa significa spostarle e custodirle «e quanto sottostimato sia il mercato che generano» Renato Ferretti
ustodire qualcosa di molto costoso, magari di fama mondiale, è un compito delicatissimo. Ma chi può prendersi la responsabilità della conservazione, e addirittura dello spostamento, di un’opera il cui valore è inestimabile, e che rappresenta la cultura stessa e la storia del mondo occidentale, come l’Annunciazione di Leonardo da Vinci? In effetti, non sono tanti i professionisti in grado di realizzare trasporti con un livello di tecnologia tale da abbattere le probabilità del potenziale danno incalcolabile. In Italia, le maggiori società che si occupano della conservazione e del trasporto di beni d’arte e di pregio sono Art Defender e Arterìa, che circa quattro anni fa portò a Tokyo il capolavoro di Leonardo, davanti allo stupore e all’ammirazione di oltre 900 mila visitatori. «Quella è stata la prima volta – spiega il presidente delle due imprese, Alvise di Canossa – in cui abbiamo utilizzato sistemi molto complessi, e che ora ormai sono ordinari. Almeno per noi. Quello dell’Annunciazione è stato un trasporto progettato, per quasi otto mesi, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Oltre a disporre tre casse una dentro l’altra, e oltre al nomex della cassa più interna (un materiale resistentissimo e molto leggero con cui vengono costruite le ali degli aerei), la novità stava nei rilevatori che registravano tem-
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Alvise di Canossa
Il dottor Alvise di Canossa, presidente di Arterìa Srl e Art Defender Spa, entrambe con sede a Milano www.artdefender.it www.arteria.it
perature, umidità, accelerazioni verticali e orizzontali sia in volo che a terra. In questo modo si è ottenuto un track record, assai utile per la gestione assicurativa del trasporto». Come siete arrivati a questo livello tecnologico? «Noi investiamo circa 250mila euro l’anno per nuove tecnologie e materiali: le casse, circa 1500 all’anno, vengono prodotte dalle nostre tre falegnamerie, mentre aziende a noi vicine forniscono, su nostra indicazione, alcuni specifici e spesso innovativi materiali per gli imballi. Adesso il nostro esclusivo sistema di controllo satellitare Vector ci permette, nei tragitti Europei, di controllare in remoto temperatura e umidità delle casse, durante il trasporto su gomma. Stiamo lavorando per aumentare le possibilità di questa applicazione anche durante i tragitti aerei. Ci tengo a precisare che abbiamo privilegiato ovunque possibili materiali e prodotti italiani: tanto che in Art Defender ho posto la condizione che tutto fosse italiano, dalle porte corazzate ai sistemi di rilevazione anti intrusione». In cosa differiscono Art Defender e Arterìa? «L’impegno delle due aziende è verso la formulazione di una serie di servizi per la logistica, il movimento, la custodia e la conservazione di beni d’arte, oltre che al mantenimento tramite restauro, per permettere la salvaguardia del patrimonio artistico e culturale, ma anche la protezione del valore di opere d’arte e di beni di pregio. L’obiettivo principale è, ovviamente, la conservazione dello stato migliore. Il gruppo di obiettivi sono sviluppati o nell’una o nell’altra azienda: Arterìa si occupa del trasporto, degli imballaggi, per beni pubblici o privati, delle
I nostri impianti respirano: a seconda delle stagioni cambiano per garantire le condizioni ottimali per ciò che contengono
esposizioni, delle mostre in Italia e nel mondo, mentre Art Defender, invece, fa quello che io chiamo logistica stanziale, cioè tutte le attività connesse alla custodia, alla conservazione dei beni e ai servizi a essi dedicati all’interno degli impianti . Un unico fil rouge in cui però si distinguono anche per gli obiettivi specifici che si pongono». Quest’ultima, quindi, si occupa non solo di conservarlo, ma anche di evitare i furti. «Oggi rubare un’opera d’arte è comunque molto difficile, tra l’altro il Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri è molto efficiente nelle indagini e nei recuperi. Del resto, un’opera conosciuta non ha grandi sfoghi economici, perché non può essere commercializzata, né può essere visibile. D’altro canto, spesso, sia in spazi pubblici, ma soprattutto nelle case private, ci si trova di fronte a opere protette con strumenti di sicurezza piuttosto modesti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 143
TECNOLOGIE
A DIFESA DELLA CULTURA orse il biennio nero per il mercato turistico-culturale tra 2010 e il 2011 è superato. Alvise di Canossa, presidente di Arterìa e Art Defender, non si sbilancia, ma è ottimista. «Il bilancio di Arterìa che abbiamo chiuso nel 2012 è sicuramente migliore anche se non entusiasmante. In Art Defender la complessa compagine sociale ci dà grande tranquillità: sono nostri soci Alleanza Toro, Gruppo Generali, la Fondazione Venezia, l’Unione Fiduciaria delle Banche Popolari, Axa Art, la Compagnia Nazionale Fiduciaria, oltre naturalmente ad Arterìa, mentre entro giugno farà il suo ingresso Banca Sella Patrimoni. È la prima volta che realtà così importanti si uniscono su un progetto industriale di nicchia. In Arterìa il buon risultato è dovuto anche a una forte razionalizzazione della nostra attività che non ha toccato l’occupazione, il personale ha trovato nuove mansioni, nonostante la diminuzione molto forte delle attività espositive. Così abbiamo difeso i nostri tecnici, che solo in Arterìa sono più di cento e le nostre tre falegnamerie, che vantano una produzione di 1500 casse l’anno, con patrimonio di 4000 casse in circolazione. Tengo a sottolineare la componente femminile, con circa il 60 per cento sul totale dei dipendenti».
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Sopra, il trasporto dell’Annunciazione di Leonardo Da Vinci. Nelle altre immagini, fasi di lavoro
Di che installazioni si tratta? «Le modalità di ingresso in un impianto Art Defender, 3500 metri quadrati l’uno, sono molto sofisticate. Oltre ai sistemi di videosorveglianza e di allarme che sovraintendono tutti gli accessi e le aree protette, c’è una procedura biometrica e il riconoscimento palmare, in cui il sistema scandaglia l’immagine del viso e della mano di chi richiede l’accesso. Questi impianti, poi, “respirano”: secondo le stagioni si bilan-
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ciano per garantire le condizioni ottimali per ciò che contengono (la temperatura è sempre tra i diciotto e i venti gradi e l’umidità tra il 50 e il 55 per cento). In più sono dotati di un sistema anti-incendio inusuale per il nostro paese: si avvale infatti di una miscela di gas grazie alla quale le fiamme si spengono da zero a cinque secondi in un raggio di 300 o 400 metri quadrati. Grazie a tutto ciò abbiamo ottenuto una certificazione di sicurezza con un rating del 98 per cento». Che posizione avete all’interno del mercato e con quale raggio d’azione? «Nella movimentazione di opere d’arte e di beni di pregio con destinazione nazionale o mondiale, esistono poche aziende di grandi dimensioni, mentre molte sono quelle che operano a livello locale. Nel mercato internazionale ci vogliono delle reti più funzionali. Arteria è la
Alvise di Canossa
È incredibile come in Italia si continui a non vedere l’enorme volume d’affari che il mercato turistico-culturale potrebbe sprigionare
25 Mln IL VOLUME D’AFFARI IN DOLLARI REGISTRATO A TOKYO DURANTE L’ESPOSIZIONE DELLE OPERE DEL RAFFAELLO
prima azienda italiana, collegata tra l’altro ad Artim, associazione che rappresenta tutte le più importanti società del settore nel mondo. Se calcoliamo un mercato italiano che vale circa 40/50 milioni di euro noi ne fatturiamo circa 20/22. I nostri mercati più importanti sono l’Inghilterra, la Francia, la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti e sta crescendo molto il Brasile. Italia e Giappone, in particolare, hanno sviluppato un accordo tra stati per lo scambio culturale ed è molto forte quello outbound (dall’Italia verso il Giappone). In questo momento, per esempio, abbiamo preso parte a due grandi mostre, una su Raffaello, che è la più grande mostra su questo meraviglioso artista
mai fatta al mondo, con oltre 44 quadri esposti, e la mostra della Veneranda Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana con il Codice Atlantico e il Musico di Leonardo da Vinci». Sembra quasi che tengano in considerazione il valore della cultura italiana più all’estero di quanto non si faccia in patria. «È incredibile come in Italia si continui a vedere questo come un aspetto di poco conto. La difesa della sacralità dell’arte e la fruizione della stessa non dovrebbero essere concetti contrapposti, anche se questa seconda parte dovesse promuovere aspetti di rilevante contenuto economico, specialmente in Italia, dove il turismo culturale è alla base degli ingressi degli stranieri nel nostro Paese. Certamente i valori delle opere trasportate nel mondo sono di parecchie decine di miliardi di euro all’anno, a titolo assicurativo; solo con Arterìa, in Italia e nel mondo, tra il 2008 e il 2009 abbiamo trasportato circa cinque miliardi di euro in valori assicurati, quindi l’attenzione e la qualità dei trasporti deve essere al massimo livello possibile per escludere ogni possibile rischio. Questa grande cura, di converso, permette a tutti i cittadini del mondo di poter fruire della vista di capolavori altrimenti spesso irraggiungibili, come per esempio la mostra di Raffaello a Tokio, visitata ad oggi da oltre 650 mila visitatori. La mostra di Raffaello ha prodotto ad oggi un volume economico di circa 25 milioni di dollari». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 145
TECNOLOGIE
Know how italiano per il trattamento dei gas n incremento di fatturato del 20 per cento nel 2012. E la previsione di confermare o migliorare il trend nell’anno in corso. «Stiamo registrando dei buoni risultati e abbiamo investito tanto per ottenerli, contribuendo anche all’evoluzione del nostro settore con una costante attività di ricerca e sviluppo». Queste parole appartengono a Marcello Riva, presidente della Tecnocryo, società specializzata nella progettazione e produzione di impianti per la manipolazione di gas tecnici industriali e medicali, che vengono poi utilizzati dai principali produttori e distributori di gas nazionali ed esteri. «Un’analisi approfondita delle problematiche inerenti la manipolazione dei gas – prosegue Riva – ci ha portato a selezionare con cura i materiali impiegati e a mettere in atto tutti quegli accorgi-
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I risultati e gli investimenti di uno dei protagonisti internazionali per la produzione di impianti per gas tecnici e medicali. Marcello Riva e l’impegno della sua società sui fronti ricerca, sviluppo e sicurezza Valerio Germanico
menti necessari a evitare di utilizzare apparecchiature con gas incompatibili fra loro. L’ultima innovazione che abbiamo lanciato sul mercato e che si è imposta a livello globale è rappresentata da delle particolari valvole altamente resistenti al contatto con ossigeno – soluzione importante per il settore, dato che si tratta di pezzi che, trovandosi a contatto con l’ossigeno, sarebbero altrimenti ad alto rischio di infiammabilità». I vostri risultati sono il frutto di una stra-
Marcello Riva, amministratore della Tecnocryo Spa di Basiano (MI) www.tecnocryo.it
Marcello Riva
tegia di lungo corso. Quali sono state le scelte fondamentali? «Negli ultimi vent’anni abbiamo rinnovato completamente la nostra tecnologia, migliorando gli standard costruttivi, la sicurezza e l’affidabilità. E questo, insieme all’investimento in R&d ha contribuito a far crescere il nostro marchio, sia nel mercato interno, sia nel resto del mondo. In particolare sono state riconosciute ai nostri impianti le caratteristiche di elevata sicurezza e di risparmio energetico – grazie a un sistema che recupera l’energia del pistone. Se la sicurezza è sempre stata importantissima, assume via via una maggiore importanza anche l’aspetto energetico. Considerando che persino un risparmio minimo sulla singola azione, sull’arco dei dodici mesi, incide positivamente sui costi gestionali». Avete ottenuto delle certificazioni? «Abbiamo le certificazioni Iso di qualità, la 97/23/CE- Ped. Negli anni le abbiamo implementate ottenendone svariate di prodotto, in particolare per impianti installati in Giappone e Korea, dove le normative sono completamente diverse a quelle Europee. Inoltre, il sottoscritto e il nostro team tecnico, sono stati nominati dall’Uni presso ISO per la definizione della norma per le stazioni di riempimento di metano liquido – è una normativa che riguarderà tutto il mondo, dall’Australia alle Americhe». Quali prestazioni offrono i vostri impianti? «Le nostre tecnologie frazionano l’aria, la liquefano, la dividono nelle diverse componenti in virtù del peso specifico. Gli impianti aspirano il fluido criogenico, lo pompano a -196 °C a una pressione che può arrivare sino a 700 bar, lo gassifichiamo con aria ambiente senza apporto di energia. Il gas così ottenuto, poi, finisce in bombola, in modo da poter essere utilizzato per la saldatura, alimentazione , per i servizi medicali, per estrazione di petrolio o per tutte
+25%
PREVISIONE PER LA CHIUSURA DI BILANCIO DELL’ANNO IN CORSO DI TECNOCRYO SPA. LA SOCIETÀ PREVEDE DI MIGLIORARE IL TREND DI CRESCITA 2012 (+20%)
le applicazioni in cui sia richiesto un gas specifico ad alta pressione. Questa è, a larghe linee, la procedura utilizzata per l’ossigeno, l’azoto, l’argon e l’anidride carbonica. Per quanto riguarda il protossido di azoto, che è un gas che si usa per l’anestesia, noi siamo leader nella progettazione e realizzazione di questi impianti, ormai al mondo sono rimaste solo due aziende che producono questo tipo di impianto». La vostra attenzione per la sicurezza vi ha spinti a proporre un manuale di avvertenze e precauzioni d’uso che accompagna le apparecchiature. Quali sono le regole fondamentali? «Ogni prodotto viene collaudato al 100 per cento, ogni singola apparecchiatura viene consegnata con certificato di collaudo e sgrassaggio per uso ossigeno . Ogni pezzo in ingresso viene controllato dimensionalmente prima di essere spedito o montato in altri insiemi. I grandi impianti vengono disegnati in 3D e viene eseguito uno stress analysis e Fem dove richiesto. Il controllo e il calcolo ci hanno permesso negli anni di ridurre al minimo ogni tipo di problema in produzione e presso i clienti». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 147
Razionalizzare la rete erna Rete Italia, la società che detiene la proprietà e la gestione della rete nazionale di trasmissione di energia elettrica in alta tensione, sta effettuando consistenti investimenti per ottimizzare e razionalizzare la rete elettrica. Come specifica Sergio Vigani, presidente del consiglio d’amministrazione della Elettrodotti Cantamessa & Co., società specializzata nella realizzazione di elettrodotti ad alta tensione che trova nella Terna il suo maggior cliente: «Razionalizzare la rete significa costruire nuovi elettrodotti con materiali tecnologicamente più avanzati; demolire i vecchi elettrodotti esistenti; utilizzare materiali innovativi a contenuto impatto ambientale; e favorire interventi mirati al fine di consentire il massimo sfruttamento dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Una rete elettrica ottimale, quindi, comporta vari vanLa Elettrodotti Cantamessa & Co. Spa taggi, tra cui una maggior sicurezza ha sede a Endine Gaiano (BG) del sistema elettrico, un costo miwww.elettrodotticantamessa.it nore del kWh, e un più basso im-
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148 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Investimenti consistenti per ottimizzare la rete, sguardo rivolto verso i paesi esteri e macchinari innovativi per collegare zone di difficile accesso. È questo il futuro della rete elettrica ad alta tensione. A parlarne è Sergio Vigani Emanuela Caruso
patto ambientale degli impianti, aspetto non trascurabile al giorno d’oggi». A fronte di un impegno di tale portata, è facile intuire come la Elettrodotti Cantamessa possa vantare un portafoglio ordini in grado di coprire il medio periodo. «Per capire come si svilupperà il lungo periodo, invece, aspettiamo l’evolversi del piano di sviluppo di Terna. Però, nonostante Terna contribuisca a gran parte della nostra attività, siamo comunque consapevoli che il mercato nazionale non ha sufficiente ca-
Sergio Vigani
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Nel 2012 il nostro fatturato è aumentato di circa il 30 per cento grazie a una programmazione ottimale dei lavori
pienza da consentirci di espandere la nostra quota oltre i livelli attuali, ragion per cui stiamo guardando al mercato estero con sempre maggior insistenza. Speriamo di individuare paesi nei quali poter essere competitivi sia per l’aspetto tecnologico che per quello economico». E anche se il mercato nazionale non presenta grandi margini di sviluppo, non si può dire che gli ultimi anni siano andati male per la Elettrodotti Cantamessa. Infatti, Sergio Vigani spiega che «nel 2012 l’andamento è stato senza dubbio positivo, poiché il fatturato è aumentato del 30 per cento. Un risultato del genere è stato possibile perché la programmazione dei lavori, aspetto fondamentale nel nostro settore, viene fatta con largo anticipo, così da minimizzare tutti i ritardi causati da fattori esterni, quali per esempio tempi di conseguimento delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere e condizioni climatiche. Sono proprio queste ultime che hanno condizionato non poco l’operatività del cor-
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rente 2013, che finora si è caratterizzato per condizioni atmosferiche piuttosto avverse». Aspettando che la stagione volga al meglio, in modo da recuperare produttività durante l’estate, la Elettrodotti Cantamessa si concentra, come sempre, sulla ricerca, lo sviluppo e la messa a punto di nuove tecnologie di lavoro, tanto a livello prettamente tecnico quanto a livello di sicurezza dei lavoratori. «In questo periodo – conclude Sergio Vigani – ci stiamo dedicando alla progettazione di un sistema per la tesatura di conduttori speciali, di grande diametro, su una linea elettrica in montagna, in zone inaccessibili ai normali mezzi d’opera. Nello specifico, stiamo studiando un macchinario argano/freno per lo stendimento dei conduttori che dovrà essere elitrasportabile in 4 pezzi dal peso di circa 5 tonnellate cadauno. Una volta trasportato sarà poi assemblato sul posto. La totalità dell’investimento ammonta a circa 2 milioni di euro e ne prevediamo un consistente utilizzo nel prossimo futuro». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 149
TECNOLOGIE
L’introduzione del cold forming L’evoluzione verso la deformazione a freddo di una società specializzata nella progettazione e costruzione di macchine a elevato contenuto tecnologico. Le scelte di investimento, la strategia di internazionalizzazione e di diversificazione della Invernizzi Presse Valerio Germanico
n processo di internazionalizzazione che ha portato a generare il 90 per cento del fatturato all’estero. Processo accompagnato da una forte diversificazione sia di settore sia geografica. Queste le scelte strategiche che hanno permesso a Invernizzi Presse, specializzata nella progettazione e costruzione di macchine a elevato contenuto tecnologico, di mitigare gli effetti delle cicliche contrazioni dei singoli mercati. La società di Pescate, nel lecchese, ha così collocato le proprie soluzioni – che spaziano da presse da 30 a 3000 tonnellate, con articolazioni a eccentrico, a link-lever, a ginocchiera, per tranciatura fine, presse ad alta velocità con bilanciamento dinamico delle masse, presse transfer – all’interno di applicazioni destinate a settori come automotive, meccanica pesante, produzione di componenti per l’edilizia civile, cosmesi e in generale in tutti quei settori in cui il processo produttivo, o la produzione di componenti, prevede una fase di tranciatura-pressatura. «Nel corso dell’anno 2012 – afferma la titolare Laura Invernizzi Maggi –, nonostante il protrarsi della crisi economica e il generale contesto di mercato sfavorevole, abbiamo incrementato il fatturato di quasi un
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La sede della Invernizzi Presse si trova a Pescate (LC) www.invernizzi.com
150 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
quinto rispetto al 2011. E inoltre abbiamo avviato una collaborazione con un partner commerciale americano, che ha contribuito finanziariamente alla realizzazione di due impianti. Queste presse, che attualmente si trovano negli Stati Uniti, stanno supportando la nostra attività commerciale su quel mercato, dal quale ci attendiamo uno sviluppo significativo». Nel triennio 2010-2012 la società ha sostenuto significativi investimenti per lo sviluppo di una linea di sistemi di presse basate sulla tecnologia dello stampaggio a freddo (cold forming) per la produzione di particolari metallici, in passato prodotti esclusivamente attraverso processi a caldo. «Il progetto ha già dato riscontri positivi in termini di commesse acquisite e trattative in corso, anche grazie alla promozione e all’azione informativa presso la fiera Wire & Tube di Dusseldorf a marzo 2012. La scelta di far evolvere la tecnologia di stampaggio è partita da un’attenta analisi dei vantaggi e svantaggi della lavorazione a caldo. Questa impone una prima fase di riscaldamento del
Laura Invernizzi Maggi
+20% INCREMENTO DEL FATTURATO REGISTRATO DALLA INVERNIZZI PRESSE NEL 2012 RISPETTO AL 2011
materiale, che garantisca la deformazione successiva e che al contempo non ne leda la struttura molecolare, incidendo così sul total production cost. Tutto ciò vuol dire un elevato dispendio energetico e di tempo – anche per il raffreddamento –, un considerevole spazio occupato dalla linea di produzione, a causa delle dimensioni del forno, e costi elevati per mantenere gli impianti in sicurezza. L’adozione della tecnologia cold forming ha permesso di superare questi limiti, oltre a portare dei propri vantaggi. Il prezzo degli stampi è diminuito, mentre ne è cresciuta la durata. Sono stati eliminati i processi di riscaldamento, sbozzatura, tranciatura, trattamento termico, bonifica, decapaggio, sabbiatura-granigliatura e finitura – e ovviamente i relativi costi. Non ci sono più difetti dimensionali ed è migliorata la qualità superficiale del pezzo». A fronte dei numerosi plus, gli unici svantaggi della lavorazione a freddo sono rap-
presentati dalla necessità di una significativa forza cinetica, da una struttura e componentistica molto rigida e poco deformabile e da un montaggio e assemblaggio della pressa che va eseguito in assoluta precisione, con tolleranze ridotte al minimo. «La volontà di concentrare i nostri investimenti sulle attività a elevato valore aggiunto – progettazione e sviluppo di nuovi prodotti – e di non irrigidirci sui costi di produzione, ci ha spinto a esternalizzare molte delle fasi di produzione meccanica delle parti non-core degli impianti. Al contrario, svolgiamo internamente tutte le fasi dell’assemblaggio, in maniera tale da garantirci il controllo diretto della qualità sul prodotto finito». Il punto di forza della Invernizzi Presse è la preparazione dei propri tecnici e la costante e immediata assistenza offerta ai clienti. Tale rapporto di forte collaborazione nasce già dalla fase iniziale di stipula del contratto e prosegue per tutta la durata del progetto. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 151
TECNOLOGIE
Efficienza energetica, infrastrutture e investimenti L’industria dei quadri elettrici di bassa e media tensione rappresenta un settore maturo, sia sul panorama nazionale che internazionale. Il punto di Andrea Rottola, amministratore delegato della Alfaquadri Lorenzo Brenna
el panorama dell’industria elettromeccanica il segmento dei quadri elettrici è espressione di un’eccellenza tecnologica riconosciuta nei principali mercati di riferimento, in Italia e all’estero. Negli ultimi anni le imprese hanno intensificato l’esportazione, puntando su nuovi mercati come Medio Oriente e Asia centrale. Il mercato energetico sta mutando rapidamente, l’evoluzione dell’industria dei quadri elettrici nei prossimi anni mento verso una maggiore flessibilità delle non potrà prescindere dalla diffusione cre- infrastrutture di rete e dagli investimenti nelscente delle fonti rinnovabili, dall’adegua- l’efficienza energetica. In questo panorama Andrea Rottola spiega la funzione della Alfaquadri, dotata di tutte le più moderne attrezzature e con un’esperienza pluridecennale nel campo petrolifero, siderurgico ed energetico. Su quali progetti state lavorando in questo momento? «Mediamente la società investe circa il 5 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. Al momento è in fase di sviluppo il progetto relativo al nuovo quadro di bassa tensione per comando motori a cassetti estraibili. Il progetto tiene conto dei requisiti fondamentali per affrontare i nuovi mercati su cui punta la società. Collegato al nuovo progetto c’è anche l’inserimento in organico di personale, di estrazione elettronica, che permetterà all’azienda di pro-
N Andrea Rottola, amministratore delegato della Alfaquadri Spa di Pantigliate (MI) www.alfaquadri.it
152 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Andrea Rottola
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La scelta di produrre al proprio interno impone, per rimanere nel mercato, un costante adeguamento tecnologico del sistema produttivo
porre un prodotto idoneo ad essere inserito in impianti che adottano sistemi di trasmissione dati secondo i protocolli di comunicazione internazionale». Quali sono stati gli ultimi investimenti in innovazione e tecnologia? «La scelta di produrre al proprio interno impone un costante adeguamento tecnologico del sistema produttivo. In tale ottica abbiamo sostituito le macchine operatrici a controllo numerico con equivalenti di nuova generazione. Per il futuro abbiamo pianificato di sostituire altri macchinari, con equivalenti ma che garantiscano un’affidabilità superiore e un consumo inferiore. Al fine di migliorare le prestazioni è stato lanciato un progetto di monitoraggio di tutti i processi per migliorare la gestione delle informazioni all’interno dell’azienda». L’alto livello tecnico-specialistico del vostro personale è sostenuto da attività di forma-
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zione? «La specializzazione del personale dipende da molteplici fattori. In primo luogo produrre i quadri presso il nostro stabilimento, cioè limitare il più possibile le attività di outsourcing, genera approfondita conoscenza del prodotto e dei requisiti definiti dal cliente. Ciò impone un costante aggiornamento sui componenti proposti dal mercato, con corsi dedicati presso i costruttori di riferimento. Un altro aspetto, che riteniamo fondamentale, è l’affiancamento di personale neo assunto a quello di maggiore esperienza con l’obbiettivo di garantire la continuità di competenze nella realizzazione del prodotto». Quali sono le principali attività di service dedicate? «Da anni seguiamo i committenti in giro per il mondo con attività di assistenza. Principalmente i clienti costruiscono impianti di processo che nel tempo subiscono miglioramenti e modifiche. Alfaquadri, quando richiesto, ha sempre effettuato modifiche e aggiornamenti dei prodotti, sia propri che di altri costruttori. Per fare questo disponiamo di una squadra di tecnici qualificati con opportune certificazioni per operare sia in ambito off-shore che on-shore». Come si colloca la vostra produzione rispetto ai tempi del rispetto ambientale? «Il processo di produzione di Alfaquadri non ha impatti ambientali di rilievo. È comunque áá LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 153
TECNOLOGIE
❝ áá sentita la necessità di adottare uno
Ad oggi il mercato italiano rimane ancora il nostro bacino principale, benché i mercati del Mediterraneo e del middle East siano per noi in crescita costante
schema di gestione ambientale con obbiettivi definiti nel tempo, per questo l’azienda ha deciso, per l’anno prossimo, di intraprendere la strada per acquisire la certificazione Iso 14000». Quali sono oggi gli obiettivi di sviluppo sul prodotto? «La società è nata e si è consolidata sul mercato italiano, mentre ora ci stiamo rivolgendo sempre più ad un mercato internazionale, questo comporta un adeguamento degli standard di prodotto. Oltre ad un adeguamento prestazionale implica anche una notevole flessibilità di configurazione». In quali mercati state registrando le performance migliori e attraverso quali strategie intendete entrare in nuovi? «Ad oggi il mercato italiano rimane ancora il nostro bacino principale, benché i mercati del Mediterraneo e del middle East siano per noi in crescita costante. Prevalentemente ci rivolgiamo a clienti che operano nel settore oil & gas e power. Siamo una piccola impresa, non abbiamo una massa critica tale da poter aprire filiali, questo ci ha portato ad individuare in ogni paese di nostro interesse una controparte locale. La quale, in funzione delle necessità, può essere o puramente di sup-
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porto commerciale o un’unità di post vendita e finitura di prodotti in accordo con le esigenze locali». Nell’ultimo anno, qual è stato l’andamento del vostro business? «L’ultimo anno si è chiuso con risultati di fatturato in linea con i precedenti. L’attività commerciale ha conseguito ottimi risultati. Tali risultati ci permettono di ipotizzare un aumento del fatturato dell’anno corrente di circa il 30 per cento. Una delle criticità più evidenti dello scorso anno è stata la forte discontinuità del carico di lavoro. Altro problema, comune a tutti, la dilazione dei pagamenti da parte della clientela». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Puntiamo ad aumentare il fatturato di circa il 20 per cento in modo continuativo, per garantirci la possibilità di investire più risorse sia in termini di sviluppo prodotti che formazione del personale. Riteniamo che le attività commerciali intraprese all’estero ci possano consentire il raggiungimento di questi obbiettivi, e anche di spostare il fatturato principalmente su clienti esteri».
TECNOLOGIE
Il know how italiano attrae capitali stranieri Un centro di ricerca specializzato nel settore power per l’elettronica recentemente acquisito da un colosso americano. Marco Bettega descrive una società che si è conquistata la posizione di divisione europea per un gruppo da 400 milioni di dollari di fatturato Luca Càvera
ntro fine 2013 prevediamo di raddoppiare il fatturato – che prima dell’acquisizione si attestava sui 6 milioni di euro. Tuttavia l’obiettivo è raggiungere i 50 milioni di dollari entro il quinquennio». Queste le cifre che danno la misura del salto compiuto dalla società amministrata da Marco Bettega, che ha assunto il nome di Bel Power Europe dopo essere diventata una divisione del gruppo statunitense Bel Fuse, colosso dell’elettronica con un fatturato di circa 400 milioni di dollari. «Il nostro ruolo di divisione – spiega Bettega – è quello di sviluppare sistemi per la conversione dell’energia, ovvero quelle tecnologie che permettono di interfacciarsi con la rete elettrica e di conseguenza erogare alimentazione a tutti i prodotti elettronici. I progetti, frutto della nostra attività di ricerca e sviluppo, vengono poi industrializzati e prodotti nei centri produttivi di Bel Fuse, che si occupa anche
«E Bel Power Europe Srl di Camparada (MI) appartiene al gruppo statunitense Bel Fuse www.belfuse.com
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della commercializzazione in tutto il mondo, lasciando l’Italia e il mercato europeo alla nostra gestione». Fino a meno di un anno fa, la vostra società, pur operando già in questo settore, era una realtà a sé. Cosa ha spinto il gruppo americano a scegliere voi come propria base in Europa? «Bel Fuse focalizza la propria attenzione sull’aspetto tecnologico. Il gruppo era alla ricerca di un centro di sviluppo in grado di incrementare le soluzioni front-end dei prodotti. Un’attenta selezione di possibili partners e la valutazione delle nostre potenzialità, ha fatto ricadere la scelta sulla nostra società. Oggi, per quanto riguarda i front-end, siamo noi ad occuparci del 100 per cento di quanto viene poi immesso sul mercato. È da noi che parte l’idea tecnologica e il successivo sviluppo, che ora si è arricchito del know how degli altri centri di sviluppo Bel Fuse». Verso quali applicazioni, in particolare, è destinata la vostra attività di ricerca? «Il nostro sforzo è sempre stato orientato prevalentemente verso due settori: il broadcast e il medicale. Ancora adesso sviluppiamo questi due settori, con la possibilità di instaurare rapporti di partnership con realtà di maggior dimensione ed approcciare mercati sino ad oggi preclusi. Inoltre, abbiamo la possibilità di accedere tramite canali privilegiati ai
Marco Bettega
partner storici di Bel Fuse, ad esempio quelli operanti nel campo delle telecomunicazioni e dell’information technology. Ed è proprio grazie a questo prezioso apporto che la nostra crescita di fatturato sarà possibile». In questo momento su quali progetti siete impegnati? «Stiamo sfruttando le piattaforme esistenti e in fase di studio, che fanno parte del nostro background, per sviluppare insieme a Bel una nuova generazione di prodotti che farà la differenza sul mercato. In questo lavoro, il supporto finanziario, la capacità produttiva e di ricerca e sviluppo del gruppo americano hanno un ruolo fondamentale. Infatti a breve andremo ad ampliare la struttura di ricerca e sviluppo, senza contare l’attivo supporto dei dodici progettisti che si trovano a Westborough, in Massachusetts, e dei cinquantacinque che lavorano nella sede di Hangzhou in Cina. La somma di tutte queste menti e competenze ci colloca probabilmente tra le prime società al mondo per numero di progettisti impegnati esclusivamente nel settore della customizzazione power». Oltre a queste ingenti risorse economi-
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La collaborazione col gruppo americano ci colloca come prima società al mondo per numero di progettisti nel settore front-end
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che e tecnologiche, nonché le risorse umane, cosa vi ha dato una marcia nello scenario dell’attuale crisi? «Nonostante il momento difficile per il mercato e l’economia, italiana e mondiale, quello che ci ha consentito di fare la differenza e arrivare dove siamo oggi, è stata la scelta di focalizzare la nostra attenzione sullo sviluppo di prodotti di nicchia, cercando di sviluppare tecnologie che abbiano le potenzialità di fare veramente la differenza. Anche per questo motivo non siamo voluti entrare nella corsa e rincorsa al prezzo più basso. Al contrario puntiamo sulla qualità e sull’originalità italiana che la recente acquisizione ha dimostrato essere uno strumento valido anche per un gruppo con dimensioni internazionali. Naturalmente sappiamo di avere tantissimo ancora da imparare, però sappiamo anche di poter dare un contributo importante per fare la differenza dal punto di vista tecnologico». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 157
TECNOLOGIE
La risposta al digitale, il book on demand a crescita della lettura digitale è un fatto innegabile. Fermo restando un sostanziale stallo nel numero di lettori generici, in Italia la performance dell’online è testimoniata da vari dati. Secondo un’indagine presentata in apertura dell’ultimo Salone del Libro di Torino dall’Associazione Italiana Editori (Aie) in questo settore le vendite sarebbero passate dal 5,5 per cento del 2012 al 6,3 per cento. Eppure, malgrado questi numeri, il comparto che fa capo alla produzione dei libri in carta, sembra non arrendersi. Anzi. È riuscito a mettere in campo soluzioni sempre più personalizzate e particolari. Ne è un esempio Scs Automaberg, che da anni si occupa della progettazione e realizzazione di soluzioni
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SCS Automaberg si trova a Brusaporto (BG) www.scsautomaberg.com
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La carta stampata risponde alla crescita del mercato della digitalizzazione mettendo in campo nuovi e più flessibili sistemi di stampa. La parola a Claudio Crovetto
Nicoletta Bucciarelli
personalizzate nell’ambito del settore cartotecnico. «Nel nostro settore – spiega Claudio Crovetto, responsabile del dipartimento d’ingegnerizzazione, progettazione e sviluppo – il mercato, dopo una fase d’incertezza dovuta all’avvento della digitalizzazione e alcune innegabili difficoltà, ha saputo reagire mettendo in campo tutta la professionalità disponibile. È riuscito, nonostante una costante dose d’indeterminatezza, a proporre soluzioni innovative. Ad esempio, in opposizione a un crescente aumento dell’uso di mezzi digitali, il mercato ha introdotto nuovi e più flessibili sistemi di stampa digitale, che permettono la personalizzazione del prodotto a livelli sino a pochi anni fa impensabili (book on demand). Direi che la carta stampata ha e avrà sempre una posizione di primaria importanza; la sfida è comprendere quali segmenti del nostro settore saranno da potenziare. Possiamo testimoniare che i prodotti del segmento detto "Finishing" s’impongono sugli altri poiché sono di complemento alla legatoria, al digitale e alla cartotecnica». Il primo trimestre del 2013 ha però fatto registrare una flessione marcata del settore sia in Italia che nel resto dell’Europa. «In ogni caso in seguito abbiamo assistito a una graduale ripresa selettiva di alcuni segmenti che ci fanno ben sperare. Diverso è invece l’andamento registrato in altre aree geografiche che hanno ottenuto un notevole incremento. Prevediamo pertanto un
Claudio Crovetto
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Il trend sarà quello indotto dalle nuove tecnologie applicate al rapporto uomo-macchina, utilizzando comuni sistemi quali iPad o simili
bilancio positivo per il 2013, nel rispetto delle condizioni di economicità». Un bilancio positivo dato soprattutto dalla possibilità di proporre ogni tipo di automazione e movimentazione, fino alle più sofisticate applicazioni nel campo della robotica. «Gran parte del lavoro nel campo dell’automazione – spiega Crovetto - è rivolto alla realizzazione di sistemi automatici atti a sollevare il lavoratore da incombenze scomode e monotone e da lavori ripetitivi e usuranti. Siamo sempre pronti a utilizzare le novità tecnologiche per garantire sistemi automatici efficienti, robusti e duraturi». Tra le novità più importanti la possibilità di conversione di alcune macchine come la TRIM&Perf e la Duplex che, essendo idonee al taglio e alla perforazione della carta, possono essere impiegate con costi contenuti anche in altri settori quali per esempio la tranciatura di materiali plastici. «La conversione è una delle opportunità che la nostra azienda ha intrapreso già da diverso tempo: per ottenere questo è stato fondamentale la costante rielaborazione di esperienze condotte da e con i nostri clienti, che ci hanno spinto a un cambiamento continuo di strategie operative». La ricerca è fondamentale per l’attività dell’azienda. «Ogni anno investiamo circa il 20 per cento del fatturato. Ci concentriamo su una
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continua ricerca di nuovi componenti atti a migliorare i prodotti e a crearne di nuovi. L’attività si concerta con il reparto commerciale e coinvolge anche i collaboratori, incoraggiando la crescita delle abilità personali. Attualmente stiamo sperimentando un nuovo sistema di legatura di fogli provenienti da stampanti digitali e un impianto per il trasporto automatico del semilavorato all’interno dei reparti. Il trend tecnologico più importante dei prossimi anni sarà quello indotto dalle nuove tecnologie, applicate a quello che definiamo rapporto uomo-macchina. L’interazione tra le due parti sarà possibile utilizzando comuni sistemi quali iPad o simili, facilitando di molto l’utilizzo e il controllo delle macchine, anche se poste a notevoli distanze dal luogo di comando. Sarà inoltre possibile facilitare il lavoro dei manutentori, attraverso un dialogo con i dispositivi sempre più facile e intuitivo. È su questi ambiti che dobbiamo sviluppare la nostra ricerca». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 159
IL SETTORE TESSILE
Dall’innovazione alla ripresa Silvio Giani spiega come la verticalizzazione sia alla base dello sviluppo, in uno dei settori più colpiti dalla recessione. La missione è dare nuovo smalto al made in Italy «che continua a essere un valore inestimabile» Renato Ferretti
La Armand Saccal Srl ha sede a Busto Arsizio (VA) www.armandsaccal.it
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apertura dei mercati cinesi ha falcidiato aziende e compromesso quasi del tutto le industrie. Il nostro tessile però continua a essere un punto di riferimento mondiale per la qualità: il made in Italy è un valore, quindi, che almeno in parte riesce a contrastare gli effetti della recessione di settore. Vista la velocità frenetica con cui si muove il mercato, però, resta difficile fare previsioni. Sta di fatto che, se il calo generale è indiscutibile, è altrettanto vero uno sviluppo positivo sulla fascia “alta moda” e lusso. A dimostrazione della forza residua delle produzioni italiane sono alcune aziende, come la Armand Saccal - Omniatess, che continuano a crescere. A svelarne il segreto è Silvio Giani, alla guida dell’azienda insieme ai figli Lavinio, Matteo e Davide, che si occupano della produzione di tessuti per l’industria della pelletteria, calzature, astuccifici, legatoria e arredamento. «Non abbiamo risentito del crollo – spiega – perché, con la dovuta lungimiranza, abbiamo realizzato un programma di verticalizzazione interna, che ha permesso di incrementare il fatturato del gruppo. Complice la storicità del marchio (Tessitura Armand Saccal nasce nel 1928) che garantisce la nostra esperienza, siamo passati a un rinnovo della produzione e a un grado di innovazione che finora ci ha premiati». Il processo di verticalizzazione rimane forse il punto determinante. «L’obiettivo di verticalizzare tutte le produzioni – continua Giani – si è realizzato con l’acquisizione della tintoria Ti.fi.tex Srl di Gallarate, nelle immediate vicinanze dello stabilimento SaccalOmniatess. Avvalendoci di questo gruppo
L’
Silvio Giani
6 Mln INCREMENTO DI FATTURATO DELLA ARMAND SACCAL SRL CHE È PASSATA DAI 3,4 MILIONI DEL 2006 AI 9,4 MILIONI DEL 2012
possiamo collaborare con la clientela, garantendo un servizio molto apprezzato e per tutti vantaggioso sia in termini economici che di tempistica. Inoltre, la ricerca e la realizzazione di tessuti moda innovativi sono portate avanti in stretta collaborazione con gli uffici stile delle grandi aziende: questo ha dato un grande impulso al campionario e ha portato quindi un incremento dell’interesse». Giani non dimentica l’importanza che il marchio made in Italy ricopre nel tessile a livello mondiale. «I tessuti Saccal – spiega – sono completamente realizzati e nobilitati all’interno delle strutture e quindi possono dirsi completamente italiane. Questo per noi ha un valore inestimabile e gioca un ruolo decisivo nella concorrenza internazionale, anche se spesso il marchio stesso è minacciato proprio da quelle aziende italiane che lavorano con materie prime d’importazione per poi realizzare solo il finissaggio».
L’innovazione garantita dalla massima verticalizzazione della Armand Saccal ha investito tutti i piani di produzione. «Sono stati sostituiti tutti i telai di produzione – ricorda Giani –, ci siamo dotati di impianti per il finissaggio interno e sono stati installati nuovi telai jacquard di ultima generazione per diversificare le produzioni e per essere un supporto al progetto innovativo rivolto alle grandi firme del settore moda. I principali prodotti sono i rasi, i gross grain, gli elasticizzati, gli jacquard, i lamè e il moire, tessuto realizzato con un’innovativa tecnologia tanto da farlo chiamare “seta con effetto occhio”. Inoltre, sono in sperimentazione nuove fibre di alta qualità. Abbiamo sviluppato, infatti, qualsiasi tipo di tessuto realizzato con filati di viscosa, nylon, cotone, lino, lana, poliestere, gomma, cupro, plastic e caucciù e ogni tipo di fodera per il mercato della pelletteria e calzatura d’elite.
áá
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 163
IL SETTORE TESSILE
❝ áá Oggi Saccal è in grado di collaborare con
tutte le griffes per realizzare progetti completi sia per quanto riguarda la parte esterna sia per le fodere di qualità di borse, scarpe, astucci, fornendo quindi tutto il necessario per la realizzazione dei prodotti». Nel 2012, per permettere un ulteriore sviluppo dell’attività, la società si è dotata della collaborazione di uno stilista, che con Lavinio Giani ha avviato la realizzazione di nuovi tessuti di altissima fascia commercializzati con il nuovo marchio “Fashion Fabrics”. «Con questo brand – dice Giani – realizziamo prodotti che stanno incontrando grandissimo interesse presso tutte le firme mondiali del comparto pelletteria e calzatura. Con i nuovi tessuti ci siamo aperti ai mercati internazionali potenziando le esportazioni verso i tutti i paesi europei, statunitensi e cinesi: ora l’export si aggira intorno al 15 per cento del fatturato, ma contiamo di raddoppiare questo valore entro fine anno». Giani guarda al futuro del settore e dell’azienda in modo decisamente positivo. «Obiettivo della società è quello di mante-
164 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Realizziamo tessuti moda innovativi insieme alle grandi aziende, con un incremento del campionario e quindi dell’interesse
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nere e sviluppare, con la nuova organizzazione, contatti sempre più stretti con gli stilisti dei principali marchi legati al settore del lusso. Un programma per noi realizzabile anche grazie al potenziato staff di progettazione e di gestione di produzione e finissaggio: alle maestranze con esperienza trentennale verranno quindi affiancate nuove figure professionali. Stante la struttura familiare e il supporto di collaboratori qualificati, tutte le decisioni possono essere assunte in termini di assoluta tempestività e quindi di immediata realizzazione. Grazie a queste premesse, la crisi e la mancanza di politiche di sostegno alle imprese, non saranno di particolare ostacolo alla realizzazione dei nostri programmi: confidiamo infatti di aumentare il volume d’affari di un altro 20 per cento, anche grazie allo sviluppo del programma “Fashion Fabrics”».
MERCATO DELL’AUTO
Correre il rischio di arrivare primi Uno stile che non “rallenta” mai. Tratti distintivi di un’automotive che vince le sfide del mercato con eccellenza tecnologica, fascino e potenza. Un modello d’impresa, di successo, perpetuato dalla famiglia Mariani e da uno tra i più competitivi gruppi di concessionarie del Nord Italia Federico Pimazzoni
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Saul Mariani
a velocità, la grinta, la potenza, lo stile, la sicurezza. Tratti distintivi per un imprenditore vincente. Prerogative essenziali per un’auto di successo. Trame di un fil rouge che lega la famiglia Mariani alle case automobilistiche più prestigiose. Land Rover, Bmw, Mini, ma soprattutto Jaguar. Veri e propri diamanti su quattro ruote che hanno permesso al gruppo Mobility, capitanato da Saul Mariani, di affrontare le avversità di un mercato in cui nessun obiettivo è scontato. Le concessionarie italiane devono riorganizzarsi al fine di fronteggiare le nuove esigenze dei consumatori. E alcune realtà, proprio come il gruppo Mobility, hanno i mezzi e le energie per reagire e adattarsi alle nuove condizioni del mercato, cogliendo anche le opportunità che ogni crisi libera. «Alcune nuove iniziative – dice Mariani – ci stanno aiutando a consolidare il fatturato. Del nostro gruppo fanno parte cinque società (Lario Bergauto Spa, Lario Srl, Mariani Auto Srl, Mi Auto Srl e Remarket SpA) i cui diversi marchi trattati rispondono alle esigenze di un pubblico abbastanza eterogeneo. Operiamo su tre aree: il mercato premium con Jaguar, Land Rover, Bmw, Mini, l’alternative premium con Honda, Su-
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Il gruppo Mobility ha sedi a Milano, Cesano Maderno e Seregno (MB) www.mobility.it
baru, Toyota , Mitsubishi e Kia, e infine i veicoli usati. Tutte le aree presentano luci e ombre, anche in base al ciclo di vita dei prodotti e alla loro idoneità al nostro mercato». L’ELEGANZA INTRAMONTABILE DEL GIAGUARO
Una delle grandi attese della famiglia Mariani riguarda il marchio Jaguar. «Jaguar è in una nuova fase di vita – spiega il titolare della concessionaria milanese –, e nei prossimi anni vedrà un ritorno anche nelle cilindrate più piccole, pur sempre con un’impronta di sport e lusso: la nuova Jaguar F Type (da 340 a 495 cavalli) che presentiamo in questo mese esprime questo nuovo corso nel modo migliore. Tra le caratteristiche di quest’auto rileverei la sofisticata tecnologia dei motori Jaguar: la nuova generazione 3.0 V6 Supercharged sono potenti e raffinati. Erogano una potenza specifica estremamente elevata, fino a 127 Cv per litro, assicurando prestazioni elevatissime. Grazie al raffinato e compatto li- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 169
MERCATO DELL’AUTO
mitatore della pressione di alimentazione del sionaria Land Rover di Via Lario a Milano, e nelcompressore e a una valvola a farfalla del gas secondaria, le curve della coppia salgono vertiginosamente lungo un’ampia gamma di regimi del motore. Un intercooler con raffreddamento ad acqua riduce la temperatura dell’aria di aspirazione per una maggiore potenza ed efficienza, mentre un innovativo sistema di bilanciamento dei pesi controrotanti anteriori e posteriori contribuisce a garantire scorrevolezza e raffinatezza».
l’ultimo mese abbiamo completato invece il nuovo spazio in centro città dedicato a Jaguar e Land Rover. Questo spazio presenta anche un “brand store” innovativo, dove si potranno ammirare le novità dei due marchi in un’atmosfera da club, e dove anche altre aziende potranno presentare i loro prodotti in iniziative di co-marketing». IL GRUPPO
INVESTIMENTI
Forti di un’esperienza di quasi sessant’anni, il gruppo non ha avuto timore di continuare a investire. «Oggi non esiste la formula perfetta per il successo – continua Mariani –, i risultati sono sempre più frutto di una forte professionalità, fatta di collaboratori preparati, una nostra importante ricchezza, e di un’organizzazione rivolta veramente al cliente. Servono poi importanti investimenti che devono essere continui nel tempo. Alla fine dell’anno, abbiamo rilevato la conces-
120 Mln IL FATTURATO DEL GRUPPO MOBILITY ALLA FINE DEL 2012, CON 5.000 VENDITE E OLTRE AI 35.000 PASSAGGI IN ASSISTENZA 170 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
L’attività della famiglia si estende nelle province di Milano, Lecco, Bergamo, Monza Brianza e Sondrio con dodici impianti. «Tutti completi delle tre "S" (sales, service e spareparts) – specifica Mariani – che non possono mai mancare presso una concessionaria con ambizioni di realtà leader nel proprio territorio di competenza. Al business dell'auto nuova si aggiunge quello delle vetture d'occasione, gestite dalla Remarket Spa, che opera a fianco di case automobilistiche e noleggiatori, gestendo importanti volumi. Il Gruppo comprende oggi circa 200 collaboratori e opera con grande attenzione nei confronti dei clienti e del personale. Quello che cerchiamo è un approccio etico, perseguendo un ideale per cui il vero valore dell'azienda è rappresentato dal portafoglio clienti e dal patrimonio umano».
Saul Mariani
Jaguar è in una nuova fase di vita e nei prossimi anni vedrà un ritorno nelle cilindrate più piccole, pur sempre con un’impronta di sport e lusso
IL MERCATO DELL’USATO
I risultati conseguiti sul fronte dell’usato ne fanno una risorsa che aggiunge così un altro segmento al target dell’impresa guidata da Mariani. «L’usato rappresenta per noi un asset importante: al centro di Grumello del Monte, che si sviluppa su un’area di oltre 10mila metri quadrati, si aggiungerà entro l’anno una seconda piattaforma dedicata all’usato, a Seregno, dove saranno esposte oltre 100 vetture usate. Il nostro sito dedicato all’usato, remarket.it, ha avuto un anno ottimo e ci ha regalato molte soddisfazioni. In particolare, la missione di remarket è di fornire solo veicoli usati di alta qualità, certificati nella loro origine e con una storia assistenziale». IL POST VENDITA
Al di là della qualità delle vetture, Mariani ricorda quanto gli acquirenti oggi siano attratti e fidelizzati grazie una serie di servizi collaterali post-vendita. «Spesso ricordo ai miei collaboratori che i nostri clienti ci scelgono non perché siamo i più convenienti, ma perché siamo sul mercato dal 1955 e offriamo una garanzia di serietà soprattutto nel post-vendita: non ci interessa la vendita di breve periodo ma creare un rapporto di servizio che sia continuo nel tempo
e trasparente. Nel post-vendita, dove abbiamo dodici officine specializzate, stiamo offrendo sempre più il servizio pneumatici e proponiamo contratti di manutenzione che permettono di affrontare la vita della vettura con una maggiore serenità». La storia dell’azienda offre ancora un esempio cui l’attuale guida è legata. «Partito come commissionario di vendita esclusivo, l’attività di Renato Mariani ha seguito il processo di progressiva motorizzazione degli italiani. Proprio in virtù di questo La Mariani Auto ha acquisito nel tempo sempre più spazio sul territorio. Ma è dalla fine degli ottanta, nel giro di pochi anni, che arrivano i mandati di concessione per Honda (prima concessionaria ufficiale in Italia), e tutti gli altri marchi maggiori». Per il suo titolare, il futuro del gruppo, invece, è un’incognita cui guardare con ottimismo. «Jaguar e Land Rover sono tra i pochissimi marchi a essere in crescita, sia nelle quote di mercato che nel gradimento dei clienti. Da parte nostra la promessa è crescere insieme a questi marchi offrendo un pacchetto di servizi all’altezza della clientela più esigente. Il prossimo passo sarà l’apertura del Centro di eccellenza Service in Via Mecenate, che sarà un programma pilota per l’Italia». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 171
Proprietà industriale, un patrimonio sotto tutela
Un’opportunità di incontro dedicato alle imprese per trovare risposte ai problemi legati alla costruzione e alla protezione efficace di marchi, brevetti e design in ottica nazionale e internazionale. Ne parla Cesare Galli Mauro Terenziano
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Salone della proprietà industriale
l prossimo 30 settembre, al Palacassa di Fiere di Parma, si terrà la seconda edizione del Salone della proprietà industriale. Sulla base dei buoni risultati raggiunti l’anno passato e della costante richiesta proveniente dal mondo delle imprese, anche per il 2013 Senaf organizzerà un’intera giornata di incontro con i migliori professionisti per una consulenza specifica in materia di marchi e brevetti, offrendo anche importanti opportunità di formazione, convegni e seminari di aggiornamento sui problemi più attuali e concreti per gli operatori economici. Dalla scelta degli strumenti più opportuni per affrontare, e prima ancora per prevenire, la contraffazione, ai finanziamenti che si possono ottenere per registrare e implementare marchi, brevetti e design. Fino all’opportunità di sviluppare e allargare la propria attività avvalendosi di questi diritti. Come spiega l’avvocato Cesare Galli, presidente del comitato scientifico del Salone e fra i principali esperti internazionali in tema di proprietà industriale: «È un evento che vuole dare alle imprese la possibilità di ritrovarsi assieme a professionisti e istituzioni per confrontarsi in merito a come costruire, utilizzare, valorizzare e tutelare al meglio la proprietà industriale. Questo è un vero e proprio patrimonio per le imprese, che spesso non sono neanche consapevoli di possederlo e di poterne ricavare utili e protezione per il proprio business e che per questo purtroppo viene spesso sottovalutato». Il Salone della proprietà industriale occuperà
un’intera giornata fra convegni e seminari di base, tra cui il primo Ip Summit & Forum italiano, con la possibilità di ascoltare e interrogare direttamente i più grandi esperti sui temi di maggior interesse e attualità per le imprese. «Oggi più che mai – prosegue Galli – a fare la differenza in termini di competitività sul mercato sono il patrimonio delle idee di cui un’impresa è proprietaria e la sua capacità di proteggerlo, impedendo che sia saccheggiato da chi sfrutta parassitariamente i frutti del lavoro altrui. Gli strumenti per difendersi sono brevetti, modelli, marchi, segreti industriali, denominazioni di origine. E funzionano, purché li si utilizzi con determinazione e professionalità, evitando il fai da te e facendosi assistere da veri esperti». Gli imprenditori che sceglieranno di partecipare avranno risposte chiare e gratuite a precisi interrogativi: perché e come devo proteggere il mio marchio e/o depositare il mio brevetto? La mia idea è brevettabile? Come tutelare l’idea prima del brevetto? Hanno copiato il mio brevetto, cosa fare? Come la concorrenza può aggirare il mio brevetto? Che valore hanno il mio marchio o il mio brevetto? Se un dipendente inventa, di chi è l’idea? Come posso proteggere lo stile e la forma dei miei prodotti? Come posso usare marchi, design e brevetti per sostenere il mio business nei paesi emergenti? «Inoltre, saranno presenti decine di espositori di tutti i servizi che riguardano la costruzione, la protezione e la gestione di un portafoglio efficace di privative industriali: dagli studi in grado di seguirne la registrazione in tutto il mondo ai legali specializzati per difenderli e gestire la relativa contrattualistica, ai consulenti che posOggi più che mai a fare sono assisterli nell’ottenimento di finanziamenti per la brevettazione e per la differenza in termini la successiva attuazione industriale e la di competitività è il patrimonio valorizzazione di questi titoli. Accanto delle idee di cui un’impresa a questi esporranno anche i referenti è proprietaria e la sua capacità di aziende che sulla proprietà industriale hanno costruito il loro successo di proteggerlo imprenditoriale».
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In apertura la prima edizione del Salone della proprietà industriale www.senaf.it
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Tecnologia della luce Un biennio d’oro per la Clay Paky presieduta da Pasquale Quadri, società italiana specializzata nell’illuminotecnica per grandi eventi di livello internazionale. Un resoconto sull’impegno nell’attività di ricerca e sviluppo e sulle prospettive Luca Càvera
n fatturato più che raddoppiato in appena un biennio per un’azienda che ha come mission la manipolazione di ogni caratteristica della luce, attraverso la progettazione e costruzione di tecnologie – come fari e attrezzature – per la creazione di scenari ricchi di fascino e di emozione. Le applicazioni? Tournée musicali di grandi artisti, show televisivi e grandi eventi mediatici. Come afferma Pasquale Quadri, presidente di Clay Paky: «Nel mercato del lighting l’elemento trainante è il prodotto e quindi diventa strategico investire ingenti risorse nella ricerca e sviluppo, procedendo sempre con un approccio multidisciplinare che abbraccia insieme illuminotecnica, elettronica e meccanica». A contribuire al risultato, oltre al livello raggiunto dai sistemi dell’azienda di Seriate, in provincia di Bergamo, ha contribuito anche l’apertura verso un più ampio orizzonte di mercati – favorita in questo da una diversa organizzazione della distribuzione –, in particolare verso quelli di Nord America, Germania e Giappone.
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In apertura, Eurovision Song Contest 2013. A fianco Pasquale Quadri, presidente e fondatore della Clay Paky Spa di Seriate (BG). Nella pagina a fianco, stand fieristico dell’azienda www.claypaky.it
Pasquale Quadri
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Su quali direzioni si concentra soprattutto la vostra attività di R&d? «Le grandi direttrici dell’innovazione tecnologica sono due: il ricorso a sorgenti luminose a grande efficienza – che trasformino l’energia elettrica assorbita in luce senza dissiparla in calore – e la sostenibilità ambientale. Quindi innanzitutto si parte dai materiali ai quali vanno aggiunte le potenzialità della micromeccanica di precisione e un’elettronica molto robusta, studiata appositamente. Per essere sempre all’avanguardia sul fronte della ricerca, abbiamo avviato diverse collaborazioni con partner industriali del nostro territorio: specialisti nello stampaggio delle plastiche, nella lavorazione meccanica dei metalli, nel trattamento superficiale dei materiali, nell’elettronica di precisione e altri. Tuttavia, alla luce dei nostri recenti risultati di fatturato e di volumi produttivi diventerà conveniente integrare nella nostra struttura alcune delle competenze strategiche finora date in outsourcing». Quale delle due direttrici vi impegna maggiormente e con quali risultati?
INCREMENTO DI FATTURATO REGISTRATO DA CLAY PAKY SPA NEL 2011-2012. PASSANDO DAI 32 MLN DEL 2010 A 72 ALLA FINE DEL 2012
«Stiamo lavorando in entrambe le direzioni, con investimenti significativi. Per esempio, ci siamo concentrati nel campo del solid state lighting, cioè nelle sorgenti luminose a Led, e nei prossimi due anni prevediamo di immettere sul mercato una decina di prodotti assolutamente nuovi. E, poi, abbiamo appena lanciato un programma aziendale di ecosostenibilità che coinvolgerà non solo la R&d ma tutti i reparti aziendali. Il nostro obiettivo è essere i primi nel settore ad affrontare questo tema in modo strutturato e serio. Il nostro è un programma di lavoro molto ampio che avrà un impatto non solo sui prodotti, ma anche sulla struttura produttiva, sui metodi di lavoro, sulla formazione del personale e, speriamo, anche sul territorio». Come avete fatto fronte ai cambiamenti del mercato? «Negli ultimi due anni abbiamo più che rad- áá LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 175
MODELLI D’IMPRESA
❯❯ doppiato i volumi – e il fatturato – e di conse- denza nello show business sono anche quei paesi
Sopra, il concerto evento per i 50 anni di carriera dei Rolling Stones. Sotto, lo Sharpy, uno dei prodotti di maggior successo di Clay Paky Spa
guenza abbiamo assunto nuovo personale. Però il nostro è un mercato ciclico, dove i risultati sono soggetti a oscillazioni imprevedibili. Il ricorso ai contoterzisti rimane quindi un’opportunità interessante, che aggiunge flessibilità al sistema, assorbendo le fluttuazioni positive e negative e consentendoci tempi rapidi di reazione. Situazioni simili accadono anche in altri settori e la capacità di adattarsi alla domanda è un requisito fondamentale di successo, spesso in contrasto con la necessità di investimenti crescenti. Ecco perché un altro requisito fondamentale di ogni attività industriale è l’internazionalizzazione che genera volumi più stabili». Da quali paesi e ambiti dello show business prevedete arriveranno i maggiori risultati nei prossimi mesi? «Quelli che fanno ten-
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che in questo momento stanno attraversando una fase positiva: Stati Uniti, Brasile, Russia, Cina, Germania e Regno Unito. La nostra presenza in questi paesi è forte e i prodotti sono molto apprezzati – anche perché con la nostra attenzione alla qualità, ai dettagli costruttivi e al design riusciamo a mantenere alta l’attrattiva del made in Italy. Però sono anche economie molto evolute, in cui è obbligatorio dare ai partner non solo un ottimo prodotto, ma anche un servizio impeccabile. Proprio il servizio è uno degli assi strategici della nostra evoluzione e ha importanza pari a quella dell’innovazione». Quali sono invece le prospettive per il mercato italiano? «La situazione non è semplice e occorre restare al passo coi tempi per mantenersi competitivi, specie con i concorrenti stranieri. Per quanto ci riguarda, prossimamente lavoreremo per l’Expo di Milano. Non dimentichiamoci che i nostri partner italiani sono fra le società di spettacoli più creative al mondo, e in quanto tali possono sperare in una ripresa».
Non esiste la sicurezza di serie B utti i lavoratori sono uguali e bisogna garantire loro la massima sicurezza». Per questo motivo l’unica scelta possibile è non cedere a compromessi tra prezzo e qualità e assicurare i massimi standard. È l’idea alla base delle scelte che Paolo Maria Rossin ha operato all’interno della sua Indutex, azienda che realizza indumenti a protezione chimica, biologica e da radiazioni. In questo campo la ricerca della qualità passa at-
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Paolo Maria Rossin si addentra nel mondo della sicurezza in cui non si possono accettare compromessi con i costi. Invece la scelta dei massimi standard è meno scontata di quanto si creda. Ma non paga Renato Ferretti
traverso molti fattori, tra cui la scelta dei materiali ricopre sicuramente un ruolo decisivo: è proprio in questo si distingue la filosofia dell’azienda milanese, che ha deciso, nonostante la crisi, di non abbassare i prezzi di produzione per poi scegliere materie prime senza i requisiti necessari. Una scelta in controtendenza, dunque, quella di Rossin, che finora ha consolidato le esportazioni in tutto il mondo sia in ambito civile sia militare. «Una scelta – ribadisce Rossin – che non è affatto scontata in un momento di difficoltà diffusa dove spesso la tentazione è quella di spostare la competizione sul fattore prezzo. Molti nostri concorrenti hanno ceduto, invece, arrivando addirittura a realizzare
Paolo Maria Rossin, titolare della Indutex Spa che ha sede a Corbetta (MI) www.indutexspa.com
Paolo Maria Rossin
99,9% IL GRADO DI EFFICIENZA DEL TAPPETO STICKY MAT DELLA INDUTEX CONTRO GLI AGENTI BATTERICI E NELLA RIMOZIONE DELLE POLVERI
una versione low cost di un prodotto, come se ci fossero lavoratori che meritano un livello di sicurezza diverso. Per noi si tratta di una filosofia impensabile. Per questo motivo produciamo tutto in Europa, sia materie prime che indumenti, e non produciamo né importiamo niente dalla Cina. Inoltre utilizziamo solo materie prime italiane. In questo modo, nel medio e lungo periodo, abbiamo ottenuto importanti vantaggi sulla qualità del prodotto, difficilmente ripetibile dalla concorrenza, soprattutto in quei segmenti di mercato dove la protezione della persona è prioritaria rispetto al risparmio economico. I materiali che
usiamo, provengono da produttori europei e americani, mentre l’assemblaggio avviene in Italia e nelle nostre due filiali in Tunisia e Romania. La scelta di delocalizzare parte della produzione, nasce dalla necessità di contenere i costi, mantenendo al contempo la qualità del prodotto». Finora, quindi, il mercato ha premiato la vostra strategia. «Ci ha permesso di attraversare la crisi mantenendo pressoché inalterate le posizioni, il fatturato si attesta sui 20 milioni di euro, e ci ha proiettato oggi più che mai verso il futuro, con lo sviluppo di nuovi materiali. Non possiamo che essere ottimisti: proseguiamo, quindi, sul cammino della ricerca e dell’innovazione». Quali sono le ultime novità nate dal vostro lavoro di ricerca? «Xtreme è l’ultimo prodotto, che oso definire rivoluzionario. Si tratta di un materiale áá LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 179
MODELLI D’IMPRESA
áá che abbiamo sviluppato grazie ai laboratori in- completa. Stiamo continuando il lavoro, initerni, la cui caratteristica più significativa è la sua universalità. Questa consente una permanenza finora impensabile in situazioni estreme. Ultimamente poi abbiamo messo a punto il tappeto adesivo Sticky Mat». In cosa consiste? «È un tappeto per il controllo della contaminazione (con efficienza antibatterica) è specificatamente disegnato per ridurre l’entrata, in ambienti a contaminazione controllata, ospedali e aree mediche, di polveri provenienti dalle calzature e di particolati che possono contribuire ad aumentare la contaminazione particellare e microbiologica. Il tappeto combina l’azione meccanica dell’adesivo, che trattiene le impurità presenti sulla suola delle calzature o sulle ruote dei carrelli di servizio, con l’azione antibatterica del biocida ad ampio spettro Proxel Xl 2, che agisce principalmente su spore batteriche, funghi e lieviti. L’efficienza di rimozione delle polveri è quasi
ziato da alcuni mesi, per sviluppare una nuova generazione di materiali ancora più polifunzionali e protettivi, adattabili alle esigenze dei committenti. L’attività di ricerca portata avanti dal nostro reparto ricerca e sviluppo si avvale della collaborazione di enti specializzati e laboratori di analisi, che sottopongono i nostri prodotti a test e prove finalizzati alla certificazione dei materiali e delle proprietà dei nostri indumenti». Qual è il budget di cui può disporre il reparto ricerca? «Non ne abbiamo uno fisso. Questo perché la ricerca costante di nuove soluzioni da proporre al mercato rappresenta il perno attorno al quale verte la nostra attività. Lo sviluppo dei materiali e la progettazione, sono, infatti, strettamente connessi alla produzione. L’elaborazione del materiale è per la maggior parte a nostro appannaggio: si tratta di un impegno considerevole ed è la giusta combinazione di
Paolo Maria Rossin
vari polimeri che fa sì che si ottenga un effetto barriera ai diversi agenti nocivi». Quella della sicurezza è una voce spesso trascurata a bilancio dalle aziende: ha registrato delle differenze in questo periodo di crisi? «Le grandi aziende e i grandi gruppi per la verità mantengono alto il loro livello di attenzione continuando a investire in sicurezza, mentre le aziende più piccole talvolta si spostano su prodotti qualitativamente Molti concorrenti realizzano una versione low inferiori per ridurre i costi. Questo cost del prodotto, come se ci fossero ovviamente non vale per tutti: il lavoratori che meritano un livello settore farmaceutico, ad esempio, ci continua a dare grandi soddisfadi sicurezza diverso zioni; bene anche l’alimentare rivolto ai grandi gruppi. L’altro nostro core business è il settore della prima emergenza: vigili del fuoco, eserciti e protezione civile. Settori su cui in- logica e chimica (Nbc), l’azienda è approdata tendiamo ulteriormente consolidarci». alla protezione Nucleare biologica chimica raIl vostro è un prodotto presente in molti diologica (Nbcr) e alla linea dedicata ai cosidsettori, quindi, e che esportate in tutto il detti Chemical Warfare Agents, indumenti mondo. che proteggono dalla contaminazione degli «La qualità è quel comun denominatore alla agenti utilizzati nella guerra chimica». base delle nostre convinzioni, grazie alla quale Quali le aspettative sul futuro? esportiamo in Europa, America e con acqui- «Le strategie su cui Indutex basa la propria lorenti come la Boeing o la Cia. Forniamo capi, gica consentono alla società di guardare con sia a uso civile, destinati all’industria chi- fiducia al resto del 2013. Quello che ci premica, farmaceutica, petrolchimica, nucleare e figgiamo è cercare di mantenere il trend poaerospaziale, che a uso militare, rivolti alle sitivo, in linea per quest’anno a quello del Forze armate italiane e dalla Protezione civile. 2011 in cui, dopo anni difficili, abbiamo reIn oltre trent’anni di attività, la produzione si gistrato un aumento di fatturato. Per il è evoluta costantemente, ampliandosi e ri- 2013, intendiamo consolidare tale andavolgendosi ad ambiti diversi: dagli articoli a mento e le nostre quote di mercato. Inoltre, marchio Topguard, finalizzati alla protezione stiamo riponendo molta attenzione ai paesi chimica, passando per quelli realizzati con la emergenti, in quanto potrebbero fornirci seconda generazione di tessuti non tessuti importanti occasioni per implementare il che garantiscono la protezione Nucleare, bio- nostro business».
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LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 181
Impresa, una visione di lungo periodo Anche nel 2013 il consumo di acciaio in Europa si è dimostrato in calo. Per questo, per chi produce linee di taglio per nastri metallici, è necessario puntare sempre di più sulla qualità del prodotto. Ne parliamo con Giuseppe Rovelli Matteo Grandi
e previsioni relative al consumo di acciaio in Europa indicano anche nel 2013 una flessione pesante; - 4 per cento nel primo trimestre, - 2,7 per cento nel secondo, con un leggero recupero solo nell'ultima parte dell'anno. Eppure, in controtendenza con questi dati, troviamo un andamento generale positivo per la Fimi, tra le prime cinque aziende manifatturiere nella produzione di linee di taglio per nastri metallici con più di 900 installazioni di linee complete e singole macchine in tutto il mondo. «Un andamento – spiega il direttore generale Giuseppe Rovelli – che possiamo commentare
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182 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Fimi Spa si trova a Viganò (LC) www.finimachinery.com
Giuseppe Rovelli
Valore d’impresa La Fimi festeggia quest’anno i cinquant’anni d’attività. Cinquant’anni di entusiasmo, e determinazione. «Si tratta – racconta Giuseppe Rovelli – di un risultato reso possibile dal valore dell’impresa famigliare. In questi decenni abbiamo vissuto e condiviso moltissimi punti di svolta. Potrei citare ad esempio la scelta vincente di una collaborazione con un ufficio tecnico in Germania che ci ha aperto la strada a un mercato che è ancora oggi il più importante per noi, quello tedesco, e che ci ha insegnato una metodologia di lavoro vincente unita alla creatività italiana. Un altro momento importante è stato l’inizio della partnership con Ssab per lo sviluppo di nuove tecnologie. Non ultimo, considero molto significativo anche il periodo che stiamo attraversando; un momento difficilissimo per l’economia mondiale e per il nostro mercato di riferimento in particolare. Eppure, anche questo è un momento formativo perché, come sottolinea Einstein, è dalla crisi che nasce l’inventiva, così come le grandi scoperte e le grandi strategie».
come positivo soprattutto se si tiene presente la congiuntura globale che in modi diversi nei vari paesi ha comportato e comporta un forte rallentamento nella produzione e consumo di acciaio a livello mondiale. Nel complesso abbiamo avuto una crescita rispetto al 2011 caratterizzato da una vendita d’impianti numericamente inferiore ma più complessi e importanti. Le previsioni che possiamo fare per il 2013 sono pertanto positive, anche se bisognerà mettere in campo tutte le risorse possibili per mantenere la competitività, la qualità del nostro prodotto e della nostra tecnologia». Tra le categorie che si rivolgono prevalentemente alla Fimi i centri di servizio e i grossi gruppi produttori di acciaio e alluminio. «Questi ultimi possono permettersi in questo periodo una visione a lungo termine con investimenti per impianti di alta qualità. Mi riferisco alla Thysenkrupp in Germania, alla SSAB e Rautarrukki nei paesi Scandinavi, alla
TISCO e Baosteel in Cina». Fimi esporta quindi più dell’80 per cento del proprio prodotto all’estero. «Per globalizzarsi bisogna avere una visione e in funzione di essa crearsi degli obiettivi a medio e lungo termine: la presenza sul mercato mondiale non si conquista con l’improvvisazione». La Fimi sta quindi dimostrando di portare avanti asset e strategie altamente competitive. «Gli asset sono parte integrante di ogni reparto dell’azienda permettendo l’eccellenza di ognuno di essi: dalla capacità e cura costruttiva espressa dalle nostre maestranze di officina, all’ufficio ricerca sviluppo e ingegneria, al servizio post vendita, fino ad arrivare all’organizzazione commerciale basata su una struttura d’intelligence tecnica e analisi evoluta e competente. I paesi con feed back migliori sono in questo momento Europa, Turchia, Cina, India; quelli un po’ più complessi Russia e Brasile». Un impegno all’estero che richiede investi- áá LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 183
MODELLI D’IMPRESA
❝ áá menti costanti in innovazione tecnologica. «Per noi, ogni impianto, ogni richiesta specifica è una sfida che ci sprona a innovare e migliorare continuamente la tecnologia. Ultimamente - spiega Rovelli - ci siamo concentrati sul processo di spianatura e di eliminazione delle tensioni interne residue e sul taglio dei materiali alto resistenziali che implicano distribuzione e trasmissione di forza altrimenti non raggiungibili con catene cinematiche tradizionali, insieme a soluzioni tecniche per ottenere un bilanciamento di velocità ottimale nella spianatura di delicate leghe di alluminio o di acciaio inox per i settori aerospaziale, auto-motive, militare e delle costruzioni pesanti civili e cantieristiche». Settori che richiedono sempre una qualità altissima dei prodotti. «La qualità è raggiunta grazie al costante lavoro di ricerca portato avanti giorno dopo giorno in partnership con i clienti principali che, attraverso le loro capacità di previsione e anticipo delle tendenze di mercato riescono a intuire i nuovi prodotti e di conseguenza i nuovi processi di produzione. Si tratta di un lavoro di analisi che coinvolge tutte le nostre risorse, sia a livello tecnico che di marketing e fino ad ora questa metodologia ci ha dato ragione. L’aspetto di partnership 184 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Ci stiamo concentrando su soluzioni tecniche per ottenere un bilanciamento di velocità ottimale nella spianatura di delicate leghe di alluminio o di acciaio inox
non si limita alla firma del collaudo ma continua in modo costante anche negli anni successivi, condividendo anche i momenti difficili». Affianco a questo c’è per Fimi la continua ricerca nel migliorare le qualità dei materiali siano essi acciaio o alluminio o rame. «Soprattutto in termini di resistenza alla rottura e alla corrosione e in termini di leggerezza. Vogliamo infatti che i nostri prodotti diventino sempre più materiali di uso comune e ridurre l’impatto ecologico. Gli sforzi in tutti i settori per far progredire continuamente questi risultati sono la sfida di oggi e di domani e determineranno in maniera significativa il nostro futuro». Un futuro che può anche contare sulla lunga esperienza dell’azienda che quest’anno ha raggiunto i cinquant’anni d’attività. «Abbiamo la consapevolezza e la certezza di aver creato un team aziendale che lavora quotidianamente in un clima di “amicizia operativa” e di “condivisione di energie” che permette nelle difficoltà di affrontare e anticipare gli eventi senza scompensi o incertezze. Questo – conclude Rovelli - è il vero segreto che ci ha consentito di andare avanti tutti questi anni».
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Metalmeccanica, il contributo all’aeronautica Dal 2009 il comparto metalmeccanico ha subìto un’importante flessione. Per questo molte aziende del settore si sono rivolte a industrie differenti. Il caso dell’Aviometal
l 2012 si è chiuso con un calo della produzione metalmeccanica del 6,3 per cento e se si guarda più indietro, ai livelli della grande recessione del 2008-2009, la diminuzione Marco Tedeschi è stata ancora più marcata: - 29,9 per cento. E le previsioni per il 2013 non fanno sperare in una rapida inversione di tendenza. Un quadro gene- Aviometal si trova ad Arsago Seprio (VA) rale in cui l’Aviometal di Arsago Seprio, Varese, www.aviometal.com si riconosce perfettamente. L’azienda, dopo un inizio come supporto per il settore aeronautico, si è specializzata nella distribuzione di semilavorati in leghe di alluminio e altri metalli non ferrosi e pannelli a nido d'api, operando in diversi settori come l'industria dei trasporti, la cantieristica, e importanti comparti dell’industria elettronica e della meccanica generale. «Gli ultimi 5 anni – spiega il presidente, dottor Marco Monti che insieme ai figli Federico ed Eleonora gestisce l’attività - hanno registrato un andamento altalenante a causa della crisi e dell’incertezza che si è creata nei mercati mondiali. Dopo il 2008, annus horribilis in cui abbiamo visto calare notevolmente il fatturato, dal 2009 la situazione è tornata sui livelli più consoni alla no-
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Marco, Federico ed Eleonora Monti
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Negli ultimi anni stiamo portando avanti un rilancio del settore aeronautico, in cui sono necessarie competenze e certificazioni estremamente precise
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stra realtà, intorno ai 30 milioni di euro. L’insicurezza e l’incertezza dei mercati, sommata a tutte le problematiche politiche e sociali che hanno investito tutta l’Europa negli ultimi anni, non ci permette di fare previsioni realistiche di medio periodo. Purtroppo anche il 2013 si chiuderà con una piccola diminuzione del fatturato». L’azienda, nata con la propensione al settore aeronautico, negli anni si è dovuta specializzare in altri settori. «Negli anni ‘70 e ’80 le aziende aeronautiche hanno intrapreso un percorso che le ha portate verso una richiesta di certificazioni molto rigide e particolari alle quali, purtroppo, ci si è adeguati con un certo ritardo. Oggi invece siamo una delle poche realtà italiane in ambito distributivo a poter vantare la certificazione aeronautica Iso 9120 e quindi a poter affrontare e rispondere a qualsiasi richiesta specifica del mercato. È proprio per questo che negli ultimi anni stiamo tentando un rilancio anche in questo settore, in cui sono necessarie competenze e certificazioni che non tutti possono vantare». Una strategia che ha portato a puntare di nuovo sul settore aeronautico. «La complessità del settore ci induce a essere presenti attraverso associazioni o consorzi come il Distretto Aeronautico Lombardo, strutture che ci assicurano una notevole visibilità e un respiro internazionale altrimenti inaccessibili. Negli anni appena trascorsi abbiamo avuto un proficuo rapporto con una delle realtà del nostro territorio e l’obiettivo è quello di estendere, per quanto possibile, questo rapporto con altre aziende del settore aeronautico italiano». Per Aviometal il territorio di Varese e Milano ri-
copre un’importanza significativa. «Si tratta – spiega il dottore Federico Monti – di uno dei mercati più importanti sia per la prossimità col cliente, sia per l’elevata densità di imprese in questa zona. È anche l’area con più concorrenza, ma i nostri punti di forza come la gamma ampia e profonda e la presenza sul territorio da oltre 60 anni ci permettono di essere attori di prim’ordine». L’azienda sta pertanto puntando sul consolidamento della posizione attuale, sullo sviluppo di un sistema di Crm, sull'efficienza organizzativa e sull'utilizzo di nuove tecnologie. «In ogni caso – conclude la dottoressa Eleonora Monti - è molto difficile in questo momento fare delle previsioni precise relativamente allo sviluppo del settore. La strategia conservativa, ma non passiva, è quella di consolidare le quote di mercato, migliorare il servizio e confermarsi tra i leader della piazza italiana. Il progetto di un nuovo sistema gestionale è partito e, anche se ancora nelle fasi iniziali, prevede lo sviluppo di un sistema che permetta di proiettarci nel futuro sia sotto l’aspetto dell’evoluzione tecnologica, sia perché è un ottimo strumento per razionalizzare e migliorare i processi interni e ridurre sprechi e quindi costi. Si tratta di un progetto ambizioso, al quale stiamo affiancando uno studio dei processi aziendali tramite la logica del Lean Management, ma che, una volta terminato, aprirà molte possibilità di sviluppo all’azienda». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 187
MODELLI D’IMPRESA
Made in Italy? Una filosofia di lavoro l made in Italy risente delle difficoltà del Paese e di un calo evidente dei consumi interni, ma conferma la competitività del settore manifatturiero perché c'è una capacità molto elevata di competere sui mercati globali». È questa l'analisi che il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi ha espresso sul made in Italy. Un made in Italy che l'azienda Palazzoli di Brescia ha sempre difeso come una vera e propria bandiera. Palazzoli è da più di un secolo presente nel campo dell'industria elettrotecnica con i suoi sistemi elettrici d’autore. Malgrado le difficoltà riscontrate sul mercato interno, l'azienda sta affrontando positivamente il 2013. Merito soprattutto dei preventivi investimenti esteri. «Gli investimenti compiuti in Medio Oriente e in Inghilterra dal 2000 in poi – spiega il pre-
«I La Palazzoli Spa si trova a Brescia www.palazzoli.it
190 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
Con la crescita del fatturato estero hanno mitigato il blocco del mercato italiano. Ottenendo inoltre un posto in prima linea in opere del porto di Dubai, della London Underground e del Rigassificatore di Rotterdam. La parola al Cavaliere del Lavoro Luigi Moretti Nicoletta Bucciarelli
sidente, Cavaliere del Lavoro ingegnere Luigi Moretti - hanno prodotto nell’ultimo biennio i loro effetti positivi sull’attività complessiva della Palazzoli, che controlla oggi anche le società Lewden di Londra, CGD di Glasgow e Stral di Brescia specializzata, quest’ultima, nell’illuminazione scenografica per esterni. Una crescita del fatturato estero di oltre il 30 per cento, anno su anno, ha mitigato, almeno in parte, gli effetti del blocco delle iniziative collegate al mercato italiano e in particolare alle infrastrutture, che restano pressoché sospese dal 2010. Sono state vinte le gare per la realizzazione delle strutture di alimentazione del porto di Dubai e parte di quelle della London Underground e nella seconda metà del 2012 del Rigassificatore di Rotterdam. Queste sono referenze interessanti non solo per il mar-
Palazzoli
chio Palazzoli, ma per tutto il made in Italy che deve essere sempre più concepito come un'indubbia filosofia di lavoro». Per quanto riguarda l'ultimo periodo Palazzoli ha perseguito gli obiettivi di consolidamento per ridurre gli effetti della congiuntura negativa. «In questa direzione, la quota del mercato italiano è cresciuta per Palazzoli sia nel 2011 che nel 2012 di circa il 15 per cento. Un secondo obiettivo è stato il rinnovamento e la specializzazione dell'offerta. Negli ultimi due anni Palazzoli ha lanciato tre nuove linee di prodotto. La linea di quadri, in resina termoindurente, Tais Cube, le cassette in alluminio Unibox e un intero catalogo di prodotti Atex. La linea Tais Cube, che sta riscuotendo un significativo consenso dalla clientela, è stata realizzata con la collaborazione del Designer Isao Hosoe e concorre oggi a vari riconoscimenti del design industriale quali il Compasso d’Oro, Red Dot, IF e Good Design Awards americano». Premesse positive per continuare ad affrontare un anno che si conferma negativo per l'economia italiana. «Il lancio delle nuove linee di prodotto ci permette di contare su un 2013 in crescita, anche in attesa di uno sblocco delle non poche commesse già definite in Italia. Contiamo molto sulla specializzazione che abbiamo raggiunto nel settore delle gallerie stradali e ferroviarie». Specializzazioni raggiunte grazie all'intervento dei tecnici. «Nel 2012 sono state dedicate a questo scopo oltre 20.000 ore,
La linea Tais Cube, che sta riscuotendo un significativo consenso dalla clientela, è stata realizzata con la collaborazione del Designer Isao Hosoe
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mentre per la ricerca e lo sviluppo è stato impegnato oltre il 6 per cento del fatturato dell’ultimo biennio. Il risultato è stato, tra l’altro, la definizione di cinque nuovi progetti con altezza inventiva tale da ottenere cinque brevetti internazionali che si affiancano ai 19 attivi già depositati a nome della società. Le referenze oggi presenti a catalogo superano le seimila. Dopo aver definito per anni lo stato dell’arte della sicurezza nelle connessioni elettriche, oggi la nostra attenzione è nuovamente rivolta verso un passo avanti tecnico nella connessione in bassa tensione. L’obiettivo è essere sul mercato nel 2015». Nel 2014 Palazzoli celebrerà i centodieci anni dalla sua fondazione. «Abbiamo quindi la responsabilità – conclude l'ingegnere Luigi Moretti - di mantenere intatta l’eccellenza, tutta italiana, della nostra offerta di prodotti e di servizi. Un primato naturalmente non facile da difendere, ma sicuramente stimolante per tutto il nostro staff che opera sia in Italia che all’estero per lo sviluppo dei nuovi mercati». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 191
MODELLI D’IMPRESA
Il confronto con le multinazionali ffermarsi in un settore dominato dalle multinazionali. È questo l’obiettivo raggiunto da una società lombarda di Trescore Cremasco specializzata nella produzione, a partire da prodotti derivati principalmente dalla cellulosa, di ausili assorbenti per incontinenti, assorbenti igienici femminili, pannolini per bambini e più di recente prodotti per l’igiene personale e lo skin care: Silc. La seconda generazione alla dirigenza della società, artefice della riorganizzazione che ha dato un’impronta manageriale alla gestione, è stata in grado di traghettare, in poco più di un decennio, l’azienda da un fatturato di 54 miliardi di lire agli attuali 88 milioni di euro. «Anche il livello di indipendenza della nostra produzione è
A Due momenti della produzione della Silc Spa di Trescore Cremasco (CR) www.silc.it
Un processo di riorganizzazione manageriale in grado di superare le vecchie logiche dell’imprenditoria padronale e impostare le basi per la crescita e l’internazionalizzazione. L’esperienza di Cesare Battaglia ai vertici di Silc Valerio Germanico cresciuto – afferma l’ad Cesare Battaglia –. Infatti siamo passati da un conto terzi che copriva il 70 per cento della produzione ad appena un 5 per cento, riuscendo così a dare maggiore spazio sul mercato ai nostri brand». Insieme a Battaglia a far parte della direzione generale sono anche un altro Ad, Antonio Ogliari e Amelio Arcelloni, in qualità di presidente. «La nostra è nata come un’azienda familiare, tuttavia a partire dal 1996, abbiamo scelto di abbandonare un’impostazione accentrata, occupandoci ciascuno di un’area specifica della gestione dell’azienda – che a sua volta, nelle diverse sottoaree è seguita da dirigenti e quadri specializzati. E riteniamo che questo modello abbia contribuito a sostenere le nostre strategie di mercato». Sebbene negli anni scorsi la società fosse attiva anche sui mercati esteri – Germania, Francia, Regno Unito e Grecia –, via via quello di maggiore concentrazione è diventato il domestico. «In Italia oggi abbiamo circa l’84 per cento delle nostre quote di mercato
Cesare Battaglia
+11%
– continua Battaglia –. Questo dato, che corrisponde a una nostra scelta precisa, ha più ragioni. Una riguarda il fatto che fino a poco meno di dieci anni fa il nostro core business era rappresentato solo da pannolini per bambini, assorbenti per signore e ausili per l’incontinenza. L’esportazione di questa categoria di prodotti è eccessivamente onerosa, a causa dei costi di trasporto. E infatti è con le nuove linee di prodotti – salviettine e cosmetici – che abbiamo iniziato un vero e proprio processo di internazionalizzazione, in particolare versi i paesi extra Cee – per esempio, Russia e area Mena. Altra ragione che ci ha spinto a restare ancorati al mercato interno è la concorrenza con le multinazionali del settore, quindi anziché disperdere le risorse a pioggia su paesi lontani, abbiamo preferito concentrare le forze. Questo ci ha permesso anche di sviluppare prodotti specifici per le caratteristiche richieste dal mercato italiano e oggi, nel nostro settore, siamo l’azienda indipendente più grande». Le scelte nette del management di Silc hanno riguardato anche i canali di distribuzione. «Per quanto riguarda gli assorbenti femminili, benché presenti in tutte le principali catene della Gdo, deteniamo delle quote importanti nel canale di-
INCREMENTO DI FATTURATO REGISTRATO NEL 2012 DA SILC SPA (RISPETTO AL 2011). RISULTATO TRAINATO SOPRATTUTTO DALLE PERFORMANCE SUL CANALE FARMACIE
scount. Si tratta di un risultato che viene da lontano, dagli anni in cui molte aziende trascuravano il discount. Diversamente, è stato proprio guardando ai risultati di questo canale all’estero che abbiamo scelto di puntarvi e siamo riusciti a guadagnare la fiducia del consumatore con un soddisfacente rapporto fra qualità e prezzo. La scelta, oggi che il canale discount sta crescendo – anche a svantaggio della Gdo –, si è rivelata così lungimirante». Importanti anche gli investimenti, costantemente attestatisi in quasi il 10 per cento del fatturato. «Le principali voci di investimento sono state le macchine per le linee produttive, le strutture, ma anche laboratori e know how, nonché sulle persone. Oggi nel nostro stabilimento produttivo – in conformità alle norme Iso 9001:2008, 14001:2004, 27001:2006, 13485:2012, 22716:2007, Ohsas 18001:2007, Pefc, Emas 1221:2009, autorizzazione ministeriale decreto Pmc 54/2007/off.270 – lavorano circa 320 addetti, ai quali si sommano oltre 80 agenti nelle diverse divisioni». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 193
La ricostruzione libica: una grande opportunità na crescita del Pil del 121,9 per cento. È questo il dato che emerge dalla recente missione del Fondo monetario internazionale in Libia. Riportato nel dossier “Med and Gulf executive briefing – Oltre l’instabilità. Prospettive politiche ed economiche della nuova Libia”, redatto dall’Istituto per gli studi di politica internazionale, è il documento stesso a dare la giusta dimensione a questo numero, dato che nel 2011, a causa della guerra civile, il Pil dello stato nord africano aveva subito un tracollo del 59,7 per cento. Ciò che ha permesso questo rimbalzo è stata la ripresa dell’estrazione degli idrocarburi, insieme forza e debolezza del paese, che ha nel settore energetico la pressoché unica fonte di ricchezza. Nonostante la disposizione, nel 2012, di destinare ingenti investimenti alla ricostruzione – 68,5 miliardi di dinari libici (circa 55 miliardi
U
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La Libia rappresenta oggi il mercato mediterraneo con le maggiori potenzialità di sviluppo nel medio termine. L’architetto Maurizio Lustro spiega perché possa essere considerata la risorsa più prossima per riequilibrare l’attuale carenza di domanda del mercato europeo Luca Càvera
di dollari americani) –, l’instabilità ha impedito l’avvio dei lavori su larga scala, che però si prevede decolleranno nel medio termine. Una delle imprese italiane che prevede importanti prospettive dall’aggancio alla rinascita libica è la Kolges di Bergamo, che ha alle spalle oltre quarant’anni di esperienza nel mercato dell’esportazione di beni strumentali verso i paesi in via di sviluppo. «I nostri interessi sono sempre stati concentrati nell’area mediterranea e
La Kolges Srl ha la propria sede a Bergamo www.kolges.com
Maurizio Lustro
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Nel paese nord africano, entro breve tempo e certamente nel corso del prossimo anno, prenderanno l’avvio importanti opere pubbliche
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mediorientale – afferma l’architetto Maurizio Lustro, amministratore unico della società –. Però adesso stiamo iniziando anche a guardare verso altri mercati. Infatti, uno degli obiettivi del prossimo futuro è rappresentato dall’implementazione del trading verso i paesi asiatici, del Sud America e dell’Est europeo». I rapporti di Kolges con la Libia risalgono agli anni Settanta e si sono mantenuti e consolidati nel tempo, superando anche le turbolenze recenti. «Nonostante i grandi mutamenti politici e sociali, la nostra è una delle poche aziende, non solo italiane, a essere ancora accreditata presso le autorità libiche. Ed è proprio di questi giorni la conferma di un’importante fornitura a un ente di stato di veicoli attrezzati per gli imminenti lavori di bonifica. Questo conferma un fattore fondamentale: cioè che la Libia rappresenta oggi uno dei mercati più promettenti per il nostro paese, che è tuttora il primo partner commerciale. La recente svolta democratica, pur con tutte le difficoltà che ne sono seguite, nel prossimo futuro porrà la Libia come il paese verso il quale dovrà indirizzarsi, con attenzione, l’imprenditoria italiana». Sulla base di queste considerazioni, Kolges si sta indirizzando, con il proprio ufficio commerciale locale, alla creazione delle premesse che consentiranno alle imprese italiane inte-
ressate di intrattenere rapporti commerciali e industriali con il mondo nord africano. «Oggi, accanto alle tradizionali necessità di materie prime, commodities e manufatti, la Libia avverte l’opportunità, anzi la necessità di essere, per così dire, accompagnata in un processo di modernizzazione che non può che passare attraverso la crescita di servizi, innovazione e ricerca. Emerge così l’urgenza di addestrare il personale locale nei più disparati ambiti e la nostra società sarà presente in questa rivoluzione che vedrà il popolo libico protagonista delle proprie fortune – abbiamo già predisposto scuole di formazione professionale per diversi ambiti». Da quanto detto, risulta ancora una volta confermato che la Libia rappresenti oggi uno dei mercati mediterranei con maggiori potenzialità di sviluppo e una risorsa per riequilibrare l’attuale carenza di domanda del mercato europeo. «La mia costante e attuale frequentazione mi consente di affermare – conclude l’architetto Lustro – che entro breve tempo e certamente nel corso del prossimo anno, prenderanno l’avvio importanti opere pubbliche nelle quali Kolges è pronta a svolgere un ruolo primario, forte della propria esperienza e della profonda conoscenza di quel mondo, certo complesso e tuttavia affascinante». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 195
MODELLI D’IMPRESA
Dalla filiera lombarda al mercato globale i sono istruzioni generiche che tutte le Pmi italiane tentano di seguire: investimenti in ricerca, internazionalizzazione, filiera corta e reti d’impresa le più citate. L’obiettivo è sempre quello di evitare i colpi della crisi economica, eppure non sono molte le imprese in grado di tradurre in strategie vincenti queste linee di massima. In cosa consiste la differenza misurabile tra l’operato di chi non resiste alle recessione e chi invece cresce? Prova a rispondere Danilo Viganò, con Cristina Modolo fondatore della bergamasca Blutek, azienda che progetta e realizza compressori a vite: una di quelle Pmi con un aumento di fatturato a doppia cifra. «Pur avendo investito molto in termini di ricerca e sviluppo – dice Viganò –, il 2012 si è chiuso con un rialzo del fatturato di più del 20 per cento rispetto al 2011. Come previsto, i compressori a vite standard hanno registrato un andamento di vendite stabile nel corso del 2012. Per questo, la scelta di concentrare i nostri sforzi maggiori sui prodotti personalizzati, specialmente nel settore Oil&Gas, è stata per noi vincente». Dunque avete preferito curare meno la standardizzazione del prodotto. «Offriamo sia prodotti standard che personalizzati, ma per noi lo speciale è standard. La nostra forza sta nella soluzione completamente personalizzata, laddove i compressori standard non riescano a soddisfare le necessità del cliente. La maggior parte delle macchine sono costruite su specifiche richieste e i prezzi variano in base al
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Danilo Viganò insieme a Cristina Modolo, soci della Blutek con sede a Stezzano (BG) www.blutekcompressors.com
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Danilo Viganò porta l’esempio di una piccola impresa in grado di conquistare i mercati asiatici e mediorientali, con un prodotto realizzato solo in Lombardia. «L’obiettivo da prefiggersi è anticipare le richieste del mercato» Remo Monreale
grado di personalizzazione del prodotto. Queste riguardano la configurazione del sistema di raffreddamento, la pressione di lavoro, la portata e le caratteristiche elettriche e di protezione (norme Atex). In alcuni casi le macchine sono progettate e realizzate come componenti di un sistema finito. Su quali prodotti in particolare puntate? «Abbiamo disegnato una linea di compressori a vite lubrificati da 2.2 a 480 kW e non lubrificati da 37 a 480kW che vengono prodotti e distribuiti nel mondo con marchio Blutek. Parallelamente mettiamo a disposizione l’esperienza per
Danilo Viganò
c
Concentrare i nostri sforzi sui prodotti personalizzati, specialmente nel settore Oil&Gas, è stata una scelta vincente
fornire soluzioni su misura per ogni applicazione dove sia richiesto l’impiego di aria compressa, dall’industria petrolchimica ed estrattiva fino al settore medicale e quello alimentare. Attualmente stiamo ottenendo la validazione come fornitore certificato da parte delle maggiori società energetiche e petrolifere mondiali». Quali sono i mercati internazionali dove siete riusciti a imporvi finora? «Siamo molto presenti in Europa, Medio Oriente, Paesi Arabi e Asia. Per rafforzare la nostra presenza nei Paesi Arabi apriremo a breve una sede commerciale e produttiva negli Emirati Arabi. Seguirà poi l’apertura di un ufficio di rappresentanza in Malesia per seguire al meglio tutte le richieste provenienti dall’Asia. Stiamo partecipando a diverse fiere mondiali per consolidare la nostra presenza a livello internazionale, specialmente nel campo petrolchimico e stiamo inoltre iniziando una forte azione di marketing nel Sud America». Eppure siete ancorati al vostro territorio. «Tutti i componenti, eccetto il gruppo vite, sono stati prodotti nel nostro territorio, dove esistono realtà industriali altamente specializzate. È mo-
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tivo d’orgoglio essere riusciti a realizzare un prodotto in cui il 75 per cento del valore del costo dei componenti è realizzato in Lombardia. La parte più impegnativa è stata individuare una nuova rete di fornitori, questi hanno dato un contributo prezioso al successo del progetto». Come descriverebbe il vostro impegno in ricerca e sviluppo? «La nostra mission aziendale è sempre stata quella di anticipare le richieste del mercato e ci siamo sempre riusciti. Siamo sempre stati all’avanguardia nell’ambito dell’aria compressa e la nostra missione è continuare a farlo per dare al mercato soluzioni innovative. Per questo stiamo terminando la validazione sul campo di un compressore a vite non lubrificato di media potenza (37 kW) disegnato e prodotto da noi. L’introduzione nel mercato inizierà verso la fine del 2013 ma abbiamo già ottenuto numerose manifestazioni d’interesse e importanti richieste perché il prodotto è una novità assoluta a livello internazionale. Stiamo inoltre sviluppando una serie di compressori centrifughi di nuova concezione in grado di soddisfare le richieste del mercato che fino ad ora sono rimaste inascoltate».
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 197
Macchine industriali, rischi e sicurezza Giuliano Pontiggia analizza la situazione italiana della tutela dei lavoratori che operano a stretto contatto con macchine industriali. Ed evidenzia come nonostante un sistema normativo all’avanguardia esistano ancora carenze importanti nella pratica quotidiana Valerio Germanico
n base alla nostra esperienza possiamo affermare che il 99 per cento delle aziende sta affrontando la questione della sicurezza delle macchine in modo troppo spesso errato e nella totalità dei casi incompleto o comunque carente, con potenziali rischi per l’impresa e i lavoratori. Esiste una questione di approccio al problema sicurezza». È questa l’affermazione di Giuliano Pontiggia, direttore commerciale delle aziende Pontiggia con base ad Alzate Brianza ed Orsenigo, di cui fa parte SLM, società specializzata nelle attività di tutela dei lavoratori a contatto con macchinari e che ha elaborato e messo a punto un proprio sistema di gestione, battezzato “Sem-
«I
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Giuliano Pontiggia, direttore commerciale del gruppo omonimo di Alzate Brianza (CO) www.gruppopontiggia.it
Giuliano Pontiggia
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Le norme per la sicurezza esistono e sono valide. Però c’è un problema di risorse e di cultura nell’applicazione delle norme
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preanorma” (che ha l’ambizione di diventare il brand assoluto di riferimento per la sicurezza macchine). «Il giusto approccio – prosegue Pontiggia –, che rimane una condizione a tendere, è il frutto di profonde riflessioni, approfondimenti, confronto costante. Questo sforzo, finora, è stato concentrato in attività economicamente più interessanti, forse più comode, più facili da affrontare, con minori rischi oggettivi. I rifiuti sono la seconda voce di spesa in Italia – e quindi di business per qualcuno. Occuparsi come impone la legge della sicurezza di un trapano a colonna e di chi lo utilizza può diventare un incubo etico ed economico. Aiutare le aziende a fare “sicurezza macchine-uomo” è una specializzazione nella specializzazioni in ambito sicurezza. Probabilmente la più scomoda, delicata, problematica. Noi ci occupiamo solo di questo». Quindi non è un problema di norme. «Le norme esistono. La legge italiana è tra le migliori al mondo. Purtroppo vedo un problema di risorse e di cultura nell’applicazione delle norme che, in quanto tali, sono soggette a interpretazione. E poi, le norme in materia di sicurezza sono un percorso virtuoso concretamente al servizio dei lavoratori. Paradossalmente potrei dire che noi applicheremmo queste leggi anche se non fossero tali – magari andando oltre, come già coraggiosamente facciamo». La crisi ha influito sulla volontà/possibilità delle imprese di investire sulla sicurezza?
«Oserei dire di no. Non nella misura in cui si potrebbe pensare superficialmente. Di fatto la crisi ha fatto e farà selezione. Se andassimo ad analizzare le aziende che hanno maggiore successo, molto probabilmente vedremmo che sono aziende molto ben organizzate, in cui si fa efficienza anche attraverso la sicurezza. Nel caos non si fanno utili e il rischio incidenti aumenta in maniera esponenziale. Vedo però la necessità di un aiuto concreto da parte dello stato – un aiuto che produrrebbe un ritorno economico, come accade sempre quando si innescano circoli virtuosi. Troppo spesso l’accedere a finanziamenti e agevolazioni pubbliche sembra un percorso ad ostacoli orchestrato ad arte per scoraggiare i più». Come funziona il vostro sistema di gestione? «Attraverso l’applicazione precisa e puntuale della legge, sempre e costantemente. Senza invasività e con un impatto economico limitato al minimo possibile. Con il sistema Sempreanorma accompagniamo le aziende verso una gestione áá LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 199
MODELLI D’IMPRESA
áá consapevole e puntuale della sicurezza delle macchine. Il nostro è un Modello Organizzativo di Gestione, certificato e brevettato, operante secondo schemi logici pre-impostati, che permette alle aziende di attivare e seguire un percorso di monitoraggio dei dispositivi di sicurezza installati sulle macchine in ottemperanza alle disposizioni di legge (decreto legislativo 106 del 2009). È uno strumento che, in modo semplice ed efficace, fa da tramite fra la legge e l’applicazione». Vi rivolgete a settori industriali specifici? «Parliamo a tutte le aziende, di produzione e non, purché abbiano un macchinario. Naturalmente la cultura della sicurezza, in assenza di regole assolute, non può che basarsi sulla profonda conoscenza della materia specifica, le cui fondamenta sono una superspecializzazione e un atteggiamento, il nostro, che va oltre un’interpretazione a tutti i costi difensiva della legge, per
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Abbiamo messo a punto un modello di gestione che permette di attivare e seguire un percorso di monitoraggio e miglioramento
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arrivare alla vera tutela del lavoratore e degli addetti alla sicurezza». Parlando dell’andamento del gruppo, come valuta l’ultimo anno? «Positivamente. Tre delle nostre sei aziende sono in fase di start up. Sono tutte realtà nate negli ultimi anni e specializzate in attività profondamente diverse: certificazioni, illuminazione pubblico-industriale, assemblaggi meccanici – finalizzazione e sintesi delle attività storiche del gruppo. E tutte hanno mostrato un trend sostenuto di crescita. Il “segreto” nel nostro caso è avere una visione a medio termine che riesca a essere allo stesso momento visionaria, molto realistica, autocritica, coraggiosa. E un gruppo di lavoro interno di qualità, affiatato e in dialogo aperto e costante con il mondo. Quest’anno inoltre festeggiamo il 50° d’attività e gli 80° del fondatore, mio padre Antonio. La crescita ha un valore assoluto solo quando è radicabile nel tempo e nel territorio a beneficio diretto e indiretto di tutta la comunità». Cosa vi aspettate dai prossimi mesi e quali sono i vostri obiettivi? «I dati e le proiezioni ci confortano. Allo stato attuale le uniche vere e significative criticità che vediamo sono l’accesso al credito e le insolvenze sempre più frequenti da parte dei clienti, che vanno a minare i bilanci in modo potenzialmente molto allarmante. Nonostante questo, l’obiettivo fondamentale resta quello diventare il punto di riferimento in Italia della sicurezza delle macchine, quindi promuovere il sistema Sempreanorma, seguire il maggior numero di aziende e riuscire ad avere sotto controllo un numero di macchine che superi il milione di unità».
Cambio della guardia sotto la Loggia Dopo il risultato elettorale, il sindaco Emilio Del Bono promette i primi cambiamenti: maggior riguardo verso i temi ambientali e sociali. «Attenzione alle scelte avverte l’ex primo cittadino Adriano Paroli - perché oggi non ci sono margini di errore» Paolo Biondi
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I progetti della nuova giunta
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opo una combattuta campagna elettorale la vittoria del ballottaggio bresciano è andata al candidato del Pd Emilio Del Bono. Il neo sindaco ha promesso un cambio di rotta nel fare politica: «Sarò sindaco di tutti ha affermato - e come ho sempre fatto starò tra la gente cercando di dare risposte anche quando sarebbe più facile tacere». Le leve sulle quali Del Bono ha agito per ottenere i voti dei suoi concittadini sono stati l’ambiente e i servizi sociali, due punti forti del programma con cui si è presentato: «Faremo il bilancio di previsione – ha dichiarato – e fin da subito prevederemo la bonifica per la scuola Deledda». Un problema, quest’ultimo su cui si è discusso molto negli ultimi mesi. «C’è necessità di rivedere il piano di governo del territorio - ha spiegato il primo cittadino -, puntiamo sulla rigenerazione urbana, basta con il consumo del suolo, i grandi centri commerciali. Laddove non si sono ancora costituiti dei diritti rivedremo la destinazione delle aree». Sulla stessa lunghezza d’onda il vicesindaco, Laura Castelletti, «sapremo meritarci la fiducia che abbiamo ricevuto», mentre il futuro assessore Federico Manzoni ribadisce che «la vittoria è frutto del grande lavoro fatto in questi cinque anni. Nessuno di noi però si illude di avere la strada in discesa». Dal canto suo il sindaco uscente Adriano Paroli, si dichiara dispiaciuto ma pronto a stringere la mano al vincitore. «Ho la certezza - ha sottolineato - di aver fatto quello che si doveva fare nel migliore dei modi. Questi cinque anni sono stati scanditi da decisioni che hanno salvato la città». Per quanto riguarda ciò che non ha funzionato, secondo l’ex sin-
VINCE L’ASTENSIONISMO l partito dell’astensionismo è il vero vincitore a Brescia così come in altre zone d’Italia. Mai un calo così netto tra i votanti si era registrato nella città di Brescia. Solo due su tre aventi diritto (141mila) si è presentato alle urne. Una disaffezione alla politica del 20% rispetto alle elezioni del 2008 che si traduce in 30mila elettori in meno. Questo dato fa riflettere e rispecchia l’umore di tutti gli italiani ed è la risposta della gente alle questioni politiche che tengono banco rispetto alle mancate riforme. Il calo dei votanti si registra anche in tutti i 15 comuni della provincia alle urne per il rinnovo dell’amministrazione. Ma con percentuali diverse. Peggio di Brescia solo Offlaga (-24% rispetto a 5 anni fa) e Travagliato, dove i votanti sono calati del 21%. In calo del 17% a Milzano, del 16 a Manerbio, del 14 a Trenzano, dell’11 a Toscolano e del 13 per cento ad Agnosine e Quinzano.
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daco: «Le larghe intese, i nostri elettori non le hanno capite. Sbagliando, dico io che delle larghe intese sono un sostenitore». Si è quindi trattato di «un voto politico - secondo Paroli - che ha premiato la sinistra. Perché anche il Pd si è lacerato sulle larghe intese e su una serie di passaggi successivi, ma poi è accaduto quel che misteriosamente accade sempre in questo partito: si è ricompattato. Noi, invece, la stiamo pagando molto in termini di consenso. Ma era giusto avere fiducia in questo governo». L’auspicio dopo le fatiche della campagna elettorale è «che l’opposizione diventata maggioranza sia cresciuta, perché oggi non ci si può permettere di sbagliare nemmeno una volta». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 203
FOCUS BRESCIA
Occorre governare il cambiamento Serve uno sforzo straordinario per eliminare costi e vincoli che imprigionano il mercato del lavoro. A sostenerlo è Eugenio Massetti, il quale illustra le ricette per impostare un concreto rilancio dell’economia Nicolò Mulas Marcello
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o stato di salute delle imprese artigiane non è buono e tante sono vicine al collasso. Il momento economico rimane molto difficile e restano pochi i segnali incoraggianti. L’ultimo rapporto di Confartigianato Lombardia, intitolato “Un nuovo inizio. Dalla resistenza al cambiamento”, è una riflessione su come quello che prima era definito un “momento di crisi” possa essere visto oggi come una fase economica più ampia di fronte alla quale porsi in un modo nuovo da affrontare con strumenti più idonei. «Gli strumenti necessari - spiega Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia - sono il credito, l’internazionalizzazione, le reti d’impresa. Resta una forte e positiva incidenza sociale dell'artigianato sul tessuto territoriale di Brescia: 3 imprese ogni 100 abitanti e 7 imprese ogni 100 famiglie. Le imprese attive nell’artigianato danno lavoro a 97mila addetti: il 22,6 per cento sul totale dei lavoratori attivi». Quali sono i comparti che ancora oggi sono frenati dalla crisi economica e quali invece hanno riscontrato segnali positivi? «Tutti, tranne quelli che esportano; ma anche per loro, dipende dal settore e dall’attività. Nonostante la crisi, Brescia rimane una realtà unica dove le imprese, al primo trimestre 2013, sono 37.031: il 30,5 per cento delle 121mila totali. Ma rispetto al 2012 abbiamo perso altre 972 imprese. Il settore più penalizzato resto quello delle costruzioni, che ha subìto un ulteriore calo del 4,1 per cento rispetto all’anno precedente. Una qualche dinamica positiva è rappresentata solo le attività di supporto alle funzioni di ufficio e di altri servizi alle imprese, ma
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in una fase in cui la crisi sembra non finire mai la pressione fiscale a livelli record, continua a gravare in maniera così consistente sulle imprese, soprattutto quelle del terziario di mercato e dell’artigianato, non solo penalizzando le loro potenzialità di crescita, ma mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza».
Eugenio Massetti
Con la disoccupazione giovanile verso il 40%, dobbiamo incrementare le occasioni di lavoro, non ridurle
Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia
In che modo Confartigianato supporta le imprese del territorio? «Con attività politico-sindacali, con servizi, assistenza fiscale, consulenza e fornitura di energia tramite il nostro consorzio Cenpi che garantisce un risparmio del 15 per cento sulle bollette e, nella sola Brescia, a tutto il 2012, ha
fatto risparmiare gli artigiani, oltre 1,1, milioni di euro: mille euro a impresa. Ma il supporto, sempre più spesso, passa anche dall'ascolto, dalle nuove problematiche che mi riportano gli artigiani nel loro percorso quotidiano e spesso questo supporto diventa persino psicologico. La crisi forse non passerà più e all’interno di questa dimensione dobbiamo governare il cambiamento. Il nostro compito è quello di essere al fianco di questi imprenditori coraggiosi, supportandoli concretamente nelle loro esigenze quotidiane, affiancandoli nel loro percorso di sviluppo, combattendo perché possano ottenere migliori condizioni in cui operare e aiutandoli a trovare strumenti efficaci per rinnovare ogni giorno quel “saper fare” che ci ha resi una realtà unica al mondo». Cosa si prevede per l’immediato futuro e quali interventi sono necessari a livello nazionale per rilanciare le imprese? «Serve uno sforzo straordinario per eliminare costi e vincoli che imprigionano il mercato del lavoro. Soprattutto in tempi di crisi, è indispensabile abbattere il costo del lavoro, a cominciare proprio dall’apprendistato e dai contratti a termine. Bisogna ridurre e semplificare le leggi sul lavoro. Con la disoccupazione giovanile che sta veleggiando al 40 per cento, dobbiamo incrementare le occasioni di lavoro, non ridurle. Qualche mese fa, in occasione delle elezioni politiche, abbiamo lanciato un “Manifesto per la crescita” che Confartigianato Imprese Unione di Brescia ha stilato raccogliendo le principali istanze degli artigiani. Un documento che include parecchi interventi concreti, molti dei quali a costo zero, che possono rimettere in moto l'economia, ridando ossigeno alle imprese artigiane. Perché la crisi è strutturale e il nuovo governo italiano deve spingere l’Europa a un radicale cambiamento: porre fine alla stretta del credito, procedere alla riduzione del cuneo fiscale che pesa sul lavoro, accompagnare le imprese, anche le più piccole verso una vera internazionalizzazione e attuare le tanto proclamate riforme istituzionali per eliminare la cappa che soffoca le imprese e il lavoro. Solo allora, forse, prenderemo il treno della ripresa». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 205
FOCUS BRESCIA
Obiettivi condivisi per un concreto rilancio L’accesso al credito, il costo e la flessibilità del lavoro e la burocrazia asfissiante. Queste sono le prioritàper Giuseppe Battagliola a cui occorre porre un immediato rimedio per rilanciare lo sviluppo delle imprese bresciane Nicolò Mulas Marcello
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Giuseppe Battagliola, presidente della Compagnia delle opere di Brescia
a crisi economica continua a mordere il tessuto imprenditoriale italiane, e Brescia non fa eccezione. Qui il 75,8 per cento degli imprenditori ha fatto ricorso al patrimonio personale pur di tenere in piedi la propria azienda. La congiuntura negativa attanaglia molti comparti e soprattutto la meccanica e l’edilizia. «I settori che sono ripartiti meglio – spiega Giuseppe Battagliola, presidente di Compagnia delle opere di Brescia – sono quelli che hanno sfruttato la loro produzione made in Italy e hanno abbracciato mercati nuovi e in crescita». È possibile fare un quadro generale dell’imprenditoria bresciana alla luce di questa lunga crisi economica? «Il quadro che emerge è quello di una provincia che più di altre ha risentito di questo contesto socio-economico negativo poiché la crisi ha colpito di più le aree economicamente più sviluppate del nostro Paese. In particolare, il limite di mercato di alcune delle nostre aziende ha maggiormente evidenziato le loro difficoltà, mentre quelle che hanno differenziato la loro proposta su diversi mercati, distribuendo il rischio, hanno supportato in modo migliore il periodo difficile». Quali sono i settori che ne continuano a risentire e
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quali invece hanno evidenziato segnali positivi? «I settori che ancora risentono della situazione difficile sono quelli legati al mondo della meccanica, con particolare riferimento all’indotto dell’automobile, e dell’edilizia. Sono ripartiti meglio, invece, quelli che hanno sfruttato la loro produzione made in Italy e hanno abbracciato mercati nuovi e in crescita». In che modo la Compagnia delle opere supporta le imprese del territorio? «Conoscenza, consapevolezza e coraggio, sono gli obiettivi ai quali la Compagnia delle Opere, con iniziative ed eventi, ha contribuito a infondere negli imprenditori la fiducia, sostenendoli, ancora di più, in questo particolare momento storico». Cosa si prevede per l’immediato futuro e quali interventi sono necessari a livello nazionale per rilanciare le imprese? «Molte e conosciute sono le priorità: il problema dell’accesso al credito per ogni impresa, il costo e la flessibilità del lavoro, la burocrazia che frena lo sviluppo e altro ancora. Ma il problema non è conoscere cosa è necessario, ma che effettivamente si faccia. Con senso di responsabilità e consapevoli che siamo all’ultima spiaggia».
DIRITTI D’IMPRESA
L’IMPRESA TRA RISCHI E SOLUZIONI Per le aziende in difficoltà economica il mercato offre poche alternative a quella dell’aggregazione. Paolo Daviddi, partner dello studio Norton Rose, spiega come evitare di far naufragare un progetto di rilancio industriale Renata Gualtieri
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a crescita aziendale tramite acquisizioni rappresenta una soluzione possibile oggi e una strategia senz’altro percorribile per quelle realtà che hanno meno risentito della situazione di profonda crisi che caratterizza il panorama economico italiano e hanno ancora risorse da dedicare agli investimenti. Questo ancora di più nel caso di investitori esteri che oggi vedono l’Italia come un fertile terreno di caccia. «Non dimentichiamo - sottolinea l’avvocato Paolo Daviddi, partner dello studio legale Norton Rose - che le società italiane eccellono non solo nei settori tradizionali della moda, dell’arredamento e del design ma anche in diversi settori industriali e tecnologici di nicchia. Opportunità interessanti possono essere quindi essere colte a condizioni appetibili, cosa che solo pochi anni fa non sa-
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rebbe stata neppure immaginabile. Per le realtà italiane in situazione di crisi o di tensione finanziaria, in assenza di supporto dal sistema bancario e con uno stato a volte latitante, il mercato offre oggi ben poche alternative a quella dell’aggregazione all’interno di poli industriali più forti». Cosa fare e cosa, invece, evitare oggi in un’operazione di merger and acquisition? E quali i rischi principali che questo tipo di intervento comporta? «Oggi più che mai un accurato lavoro di due diligence rappresenta una protezione fondamentale alla quale nessun acquirente può permettersi di rinunciare. Le società target sono nella larga maggioranza delle realtà che in un modo o nell’altro soffrono di patologie che devono essere individuate in anticipo e risolte tempestivamente. Le operazioni di ac-
Il legale consiglia il cliente nelle diverse fasi delle operazioni per soppesare i pro e i contro delle diverse possibilità
quisto di società in difficoltà avvengono spesso per un prezzo simbolico o comunque molto contenuto il che giustifica in un certo senso l’assunzione di un maggiore rischio da parte degli acquirenti. Nella realtà dei fatti farsi carico di situazioni problematiche non preventivamente individuate - e che per essere sanate richiedono investimenti non previsti può far naufragare qualsiasi progetto di rilancio industriale e determinare contraccolpi significativi anche per il risultato economico dell’acquirente». Il compito del legale è fondamentale in questo tipo di operazioni. Qual è in concreto il suo ruolo? «Evidenziare i rischi e rappresentare le soluzioni. Consigliare il cliente nelle diverse fasi delle operazioni aiutandolo a soppesare attentamente i pro e i contro delle diverse possibilità. Specialmente i clienti non italiani hanno bisogno di una costante attenzione per poter interpretare e gestire le caratteristiche del mercato legale italiano. Si pensi solo agli aspetti giuslavoristici che presentano complicazioni inimmaginabili per investitori
provenienti da paesi dove il sistema giuridico L’avvocato Paolo è strutturato in maniera estremamente di- Daviddi, partner dello studio legale versa ed è più flessibile». Norton Rose Quali fattori occorre tenere in considerazione quando l’operazione straordinaria coinvolge anche un’impresa straniera? «La scarsa conoscenza non solo degli aspetti normativi ma anche della mentalità degli imprenditori italiani rappresenta a volte un ostacolo insormontabile. Bisogna avere capacità e familiarità nel dialogare con investitori non italiani che non conoscono le peculiarità che caratterizzano le diverse tipologie di società italiane e le diverse sfumature del panorama legislativo domestico. Assistere un cliente non italiano in un’operazione di acquisizione richiede uno sforzo e un impiego di risorse molto più intenso rispetto a quello che esige l’assistenza a un cliente domestico. La possibilità di poter contare su un team di legali strutturato e specializzato in diversi settori - societario, bancario, giuslavoristico, proprietà industriale per menzionarne solo alcuni - costituisce un vantaggio competitivo notevole per acquisire i clienti non italiani. LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 209
DIRITTI D’IMPRESA
Inoltre, le operazioni più complesse coinvolgono necessariamente gruppi presenti in diverse nazioni e contare su un network unico rende molto più rapidi ed efficienti i processi di acquisizione. Mai come oggi il concetto di “one stop shop” è apprezzato dalle grandi realtà internazionali». Dal punto di vista giuridico il panorama normativo offre uno scenario chiaro per affrontare questo percorso o ci sono lacune? Come si potrebbe migliorare o rendere più snello l’iter? «Sono ormai abituato a convivere con i pregi e i difetti del nostro ordinamento che sicuramente presenta peculiarità assolutamente estranee alla mentalità degli investitori non italiani. Difficile immaginare un metodo per rendere l’iter di acquisizione più snello o efficace senza pensare a una riforma che dovrebbe andare a toccare aspetti non solo giuridici ma anche e soprattutto sociali del nostro ordinamento». Quali le operazioni più interessanti che avete seguito negli ultimi tempi? «L’acquisizione di Mcs Italia, proprietaria dei marchi Mcs e Mcs “We the people”, da parte del fondo Emerisque brands. Mcs è tra i principali operatori dell’abbigliamento casual di 210 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
lusso con una storia di successo costruita nel corso degli ultimi 25 anni, grazie all’abilità di interpretare il lifestyle americano attraverso la moda italiana. Altra operazione è stata l’acquisizione di Rotair Spa da parte di Elgi equipments ltd, società indiana quotata alla borsa di Mumbai e attiva nel settore dei compressori e delle attrezzature industriali. Con questa operazione Elgi equipments ltd amplia la propria presenza in Europa. L’acquisizione è avvenuta tramite una società controllata al 100 per cento costituita in Italia, Elgi compressors Italy. Infine, vorrei ricordare l’acquisizione di Xenon private equity V, che ha perfezionato il proprio investimento in Matica system, società leader nella progettazione, produzione e commercializzazione di sistemi per la personalizzazione ed emissione di card e documenti di sicurezza, quali passaporti, carte di credito e tessere di riconoscimento. L’investimento in Matica - volto a consentirne il rafforzamento, la ristrutturazione e l’espansione - è avvenuto tramite un aumento di capitale pari a circa 10 milioni di Euro. Le acquisizioni di Elgi, Matica, Emerisque brands sono state assistite da un team Norton Rose guidato da me».
FORMAZIONE E CARRIERA La figura del consulente legale d’impresa ha seguito le trasformazioni degli scenari economici e delle prospettive di mercato. L’avvocato Patrizio Messina indica le competenze necessarie oggi per questa figura professionale Renata Gualtieri
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a crisi finanziaria scoppiata nel 2007 ha generato nel lungo periodo, ripercussioni sull’economia reale e sulla produttività delle imprese, che hanno avuto non poche difficoltà nell’accedere al credito bancario e nel reperire fonti alternative di finanziamento. Il legislatore durante questi anni è intervenuto con diversi provvedimenti normativi. Da ultimo, con il decreto sviluppo sono stati introdotti a favore delle imprese nuovi strumenti di finanziamento, tra cui i minibond e le cambiali finanziarie, il ricorso ai quali da parte delle imprese sarebbe difficile se non impossibile senza l’assistenza di un legale d’impresa che sia formato anche nella prospettiva di dover affrontare e applicare misure e strumenti sempre più orientati ai mercati e slegati da una dimensione domestica dell’economia d’impresa. «La formazione offerta dalla Luiss business school, attenta all’evoluzione del mercato e degli
strumenti che vengono messi a disposizione dell’economia e della finanza, riesce - spiega l’avvocato Patrizio Messina, responsabile scientifico del master “Consulente legale d’impresa. Prospettive nazionale e internazionali” - attraverso un continuo lavoro di aggiornamento dei docenti, a soddisfare le esigenze che gli studenti saranno a loro volta chiamati ad affrontare per le imprese». Nel percorso formativo, lo studente di quali Patrizio Messina, responsabile professionalità si può avvalere tra i docenti? del master «I docenti coinvolti sono affermati professio- scientifico in consulente legale nisti che, nel corso della loro formazione e car- d’impresa riera, hanno sempre coniugato l’attività presso la Luiss School professionale con attività di studio e ricerca e Business e partner che hanno acquisito elevati livelli di specializ- dello Studio Orrick, zazione. Si tratta non solo di avvocati che la- Herrington & Sutcliffe vorano presso primari studi legali ma anche di consulenti che svolgono la propria professione presso le più importanti imprese sia del settore privato che di quello pubblico. La scelta di avere docenti di diversa estrazione professio- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 211
DIRITTI D’IMPRESA
Tra i docenti del master non ci sono solo avvocati, ma anche consulenti delle più importanti imprese del settore privato e pubblico
nale è dettata dalla consapevolezza che chi in- ché fiscali, al fine di valutare gli effetti che le tende acquisire una formazione post-graduate per diventare consulente legale delle aziende deve conoscere le tematiche professionali e tecniche confrontandosi con legali che affrontano quotidianamente quel tipo di problematiche e anche con avvocati che vedono le stesse questioni da un altro punto di vista». Come è cambiata questa figura professionale? E quali competenze tecniche sono necessarie per diventare consulenti legali delle aziende? «Il ruolo del consulente legale d’impresa è sempre più caratterizzato dalla capacità di fondere conoscenze diversificate. Chi intende svolgere la professione di consulente legale d’impresa deve, prima di tutto, acquisire una solida base formativa di tipo giuridico-economico: solo questa e un’approfondita conoscenza delle categorie civilistiche può permettere al singolo professionista di affrontare le tematiche aziendalistiche e di individuare la soluzione più adeguata all’impresa». Oltre alle conoscenze del diritto, quali tematiche concorrono a formare un legale d’impresa? E quanto è importante che il professionista conosca le dinamiche aziendali interne? «Oltre alle competenze nel settore legale, è necessario che ogni consulente legale d’impresa abbia competenze economico-finanziarie non-
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scelte economico-legali potrebbero avere sull’impresa e, quindi, la loro adeguatezza rispetto alle esigenze della stessa. Per queste stesse ragioni, la conoscenza delle dinamiche interne a un’azienda è estremamente rilevante». Nel corso del master ci sono anche momenti di valutazione dei docenti da parte degli stessi studenti. Quali spunti interessanti possono emergere? «Nel corso del master, gli studenti sono chiamati a valutare, tramite apposite schede, i docenti. Dalle valutazioni emergono le specifiche e concrete esigenze dei partecipanti e, soprattutto, cosa gli studenti si aspettano di acquisire durante la loro partecipazione al corso». Come avviene l’attività di supporto al placement lavorativo dei frequentatori del master? E quante aziende italiane si sono dimostrate negli anni interessate a inserire nel loro organico queste figure? «L’attività di supporto al placement lavorativo si svolge in primo luogo coinvolgendo nell’attività di docenza i professionisti che lavorano presso quegli stessi studi legali e quelle imprese che sono da subito interessate al recruitment degli studenti che prendono parte al master. Inoltre, al termine del corso, queste stesse aziende offrono la possibilità di svolgere uno stage iniziale con concrete possibilità di continuazione del rapporto di collaborazione professionale».
CONSULENZA
Cresce la domanda di management consulting Le aziende italiane, rispetto alle realtà europee, si dimostrano in ritardo con l’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. «Urge un adeguamento in grado di colmare il gap». La parola a Daniela Gralluzzo Nicoletta Bucciarelli
econdo quanto emerge dal rapporto 2010/2011 stilato da AssoConsult, l’Associazione federativa Imprese di Consulenza di Confindustria, «la contrazione del mercato ha toccato in misura più rilevante le grandi società, mentre le società di minori dimensioni sembrano aver retto la crisi. In generale, il settore del Management Consulting italiano resiste alla crisi». Un quadro in linea con la tendenza che sta registrando Dale Consulting, società
S Daniela Gralluzzo è amministratore della Dale Consulting di Saronno (VA) www.daleconsulting.it
che si propone come partner nel mondo della consulenza direzionale, dei servizi tecnologici e dell’outsourcing. «La nostra società – racconta l’amministratore Daniela Gralluzzo – offre software integration, realizzazione di prodotti, gestione di servizi applicativi e fornitura in outsourcing di servizi. Servizi importanti in quanto le aziende italiane sono oggi fortemente in ritardo con l’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT); urge un’evoluzione e un adeguamento in linea con le aziende europee. Ritengo che ci debba essere una svolta in tal senso capace di colmare quel gap che ci separa dal tessuto imprenditoriale straniero e che quindi non ci permette di varcare i confini dei nostri sistemi». Come avete affrontato gli ultimi anni di crisi? «Essendo una società di consulenza, siamo riusciti a rimanere in linea con l’andamento degli scorsi anni grazie ad un’oculata politica di costi. La leggera flessione rispetto al fatturato dell’anno precedente (-5 per cento) è causata dal fatto che a seguito della crisi economica che stiamo vivendo oramai da qualche anno, le aziende si riservano di stanziare budget, pari a quelli degli anni precedenti, a favore della consulenza. Nonostante ciò per gli anni a venire prevediamo, in base agli in-
Daniela Gralluzzo
dicatori di mercato analizzati, una crescita sostenuta anche grazie alla maggiore selezione che le aziende oggi fanno sugli operatori del settore. Nel corso dell’anno appena concluso abbiamo avuto inoltre un ritorno degli investimenti fatti precedentemente nel campo della formazione». Fra le vostre soluzioni Ict, qual è la più avanzata? «Dal momento che oggigiorno tutto ruota intorno a politiche mirate alla riduzione dei costi, ad una ottimizzazione dei tempi di lavoro, a un miglioramento dell'efficacia nella gestione delle informazioni mi sento di affermare che tra le soluzioni e i servizi offerti dalla Dale Consulting la più “gettonata” è rappresentata dal nostro DockingStore, soluzione proprietaria di Archiviazione Documentale Sostitutiva interamente costruita su piattaforma Alfresco». Quale ruolo ha assunto oggi, sulla base della vostra esperienza, l’archiviazione digitale sostitutiva? «In un mondo dove le informazioni aziendali sono destrutturate e disponibili su supporti o in formati diversi, dove ogni anno circa l'8 per cento dei documenti cartacei viene smarrito e circa il 15 per cento viene classificato in modo scorretto (fonte Gartner Group) ritengo che l’archiviazione digitale sostitutiva sia di importanza strategica per tutte le aziende data la mole di dati che oggi vengono trattati. Ricordiamoci, tra l’altro, che oggi c’è l’obbligo richiesto da parte della Pubblica amministrazione della fatturazione elettronica che impone anche la conservazione sostitutiva dei documenti». Quali aree d’intervento sono maggiormente sviluppate? «Realizziamo e gestiamo in outsourcing progetti che ci vengono affidati, realizziamo
8%
15%
LA QUOTA DI DOCUMENTI CARTACEI CHE, MEDIAMENTE, SI STIMA VENGA SMARRITA OGNI ANNO
LA QUOTA DI DOCUMENTI CARTACEI CHE OGNI ANNO VIENE CLASSIFICATA IN MODO SCORRETTO
prodotti “su misura” disegnati ad hoc sulle esigenze espresse, gestiamo e manuteniamo applicativi». Esistono altre aree d’intervento che non fanno ancora parte del vostro business e sulle quali state lavorando? «Oggi stiamo guardando con interesse (sicuramente in ritardo rispetto ai competitor) i social collaboration come strumenti utili per incrementare il business. Penso siano dei mezzi fondamentali per comunicare e oggi, qualsiasi azienda presente sul web, deve servirsi di questi strumenti perché capaci di diffondere rapidamente e in maniera capillare l’immagine dell’azienda stessa e di chi ci lavora. Dedichiamo parte dei nostri investimenti anche, anzi soprattutto direi, all’attività di R&D consapevoli del fatto che l’innovazione tecnologica permette di migliorare i prodotti e i servizi offerti, di crearne di nuovi, o di migliorare i processi di produzione. ❯❯ LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 215
CONSULENZA
I BENEFICI DEL DOCKINGSTORE l DockingStore è il sistema di archiviazione digitale creato da Dale Consulting. «I benefici derivanti dal suo utilizzo sono moltissimi – spiega l’amministratore Daniela Gralluzzo -. Ne sono esempio l’eliminazione dei costi d’affitto di spazi per la conservazione della carta; l’eliminazione dei costi dei materiali di consumo; la riduzione dei costi di manutenzione dei sistemi di stampa; la rintracciabilità in tempo reale di tutti i documenti; la riduzione del tempo per la ricerca dei documenti; la flessibilità di gestione dei documenti, essendo essi digitali; la trasmissione telematica dei documenti; la possibilità di creare flussi documentali (workflow); l’aumento della produttività del personale. L’impiego di risorse umane in altre attività a maggior valore aggiunto; l’integrazione delle immagini dei documenti con i dati gestionali e la sicurezza degli accessi e controllo delle attività sui documenti archiviati».
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Su quali progetti si concentra la vostra partnership con il mondo universitario? «La collaborazione instaurata oggi con i principali atenei del territorio italiano ci permette di entrare in contatto con persone che rappresentano il futuro del nostro lavoro. Siamo alla ricerca continua di competenze e valori che siano in linea con i nostri diktat aziendali. In particolare, attraverso le Università, e quindi, attraverso le eccellenze segnalate dalle stesse, svolgiamo attività di re-
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cruiting al fine di inserire le risorse nel nostro organico e all’interno dei nostri progetti». Quali gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Tra i nostri obiettivi di medio e lungo termine rientrano sicuramente la volontà di mantenere una posizione competitiva sul mercato evolvendo dal punto di vista qualitativo la gamma dei prodotti/servizi offerti. L’evoluzione a cui mi riferisco consiste nel continuo aggiornamento e sull'accrescimento della cultura professionale. In sostanza garantiamo, per ogni elemento del ciclo di sviluppo, l'adeguamento continuo alle crescenti esigenze qualitative del mercato. Sono ottimista per quanto riguarda il futuro delle società di consulenza. In particolare ritengo che la Dale Consulting, che oggi s’impegna a verticalizzare sempre di più le proprie conoscenze/competenze, abbia tutte le carte in regola per poter competere con i grandi colossi della consulenza».
CONSULENZA
Verso una nuova cultura d’impresa La crisi ora incide sulla cultura della sicurezza e sul rispetto dell’ambiente. La soluzione? Secondo Giuseppe Piccioli Cappelli risiede in una maggiore informazione e nel miglioramento dei rapporti con gli enti territoriali Emanuela Caruso
a crisi economica ha influenzato notevolmente l’approccio con cui le aziende si relazionano alla sicurezza sui luoghi di lavoro e al rispetto dell’ambiente». Giuseppe Piccioli Cappelli, amministratore unico della società di consulenza Ecosphera, aggiunge che: «Sempre più spesso, notiamo come venga considerato più importante l’aspetto economico piuttosto che l’obiettivo reale per cui un servizio viene offerto e messo in pratica. Il perché è
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presto detto: certi adempimenti e doveri imposti dalle normative sono visti come un peso e un obbligo». Trovandosi a operare in tempi di crisi, quindi, è facile intuire come il ruolo della Ecosphera, specializzata in consulenza ambientale, sicurezza sul lavoro, qualità, energia e formazione professionale, si stia velocemente cambiando. «Non dobbiamo più fare soltanto da supporto alle aziende nell’adempiere alle pratiche, nel gestire i rapporti con la pubblica amministrazione e nel risolvere i problemi; dobbiamo invece trasmettere una nuova mentalità basata sulla cultura della sicurezza dei lavoratori e sul rispetto dell’ambiente». Su quali altri nodi focali vi trovate a dover intervenire? «Sicuramente sull’informazione. Per noi è fondamentale informare in maniera ade-
2 mln FATTURATO MEDIO DELLA ECOSPHERA REGISTRATO NEL CORSO DEGLI ULTIMI TRE ANNI
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Giuseppe Piccioli Cappelli
Giuseppe Piccioli Cappelli, amministratore unico della Ecosphera Srl di Palazzolo sull’Oglio (BS) www.ecosphera.net
guata i nostri clienti dal punto di vista normativo, così da fargli comprendere appieno i motivi per cui un servizio viene erogato e fargli presenti le conseguenze a cui andranno incontro nel caso in cui si rinunci allo stesso servizio. Inoltre, informare il cliente significa anche permettergli di attuare alcune attività in totale autonomia». Con quali settori lavora maggiormente la Ecosphera? «Le aziende con cui interagiamo di più sono quelle appartenenti ai settori gomma-plastica e galvanico; tuttavia, l’esperienza maturata nel tempo, la competenza del nostro personale qualificato e la costante formazione dello stesso ci consentono di operare all’interno di qualsiasi settore produttivo e di adattarci a ogni specifica esigenza dell’utenza». Ritiene vi siano aspetti su cui il legislatore dovrebbe intervenire? «Ci sono vari ambiti legislativi in cui sarebbe opportuno e doveroso intervenire, ma credo che l’aspetto cruciale da migliorare sia quello dei rapporti tra enti territoriali e aziende. Queste ultime spesso vedono gli enti e gli organi di controllo come figure avverse, a causa delle normative, delle prescrizioni e delle sanzioni che esse impongono e che a volte possono risultare eccessive. Dal canto loro, gli enti non riescono
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Dobbiamo trasmettere una nuova mentalità basata sulla cultura della sicurezza dei lavoratori e sul rispetto dell’ambiente
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a comprendere le reali dinamiche delle realtà aziendali, perciò emanano leggi talvolta complicate e gravose da applicare e rispettare. Bisognerebbe adottare un approccio basato sul dialogo tra ente e azienda, così da affronatre e risolvere insieme le problematiche che di volta in volta si presentano». Quali obiettivi vuole raggiungere la Ecosphera nel corso di questo 2013? «Il traguardo minimo che intendiamo raggiungere è il mantenimento del fatturato maturato negli ultimi anni. Inoltre, a seguito dell’accordo Conferenza Stato Regioni, vogliamo incrementare il servizio offerto attraverso l’erogazione di nuove tipologie di corsi, caratterizzati da grande flessibilità sia a livello di ore che a livello di esigenze del cliente». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 221
DIFESA DEL SUOLO
Occhio vigile sul rischio idrologico Un monitoraggio costante delle acque superficiali e sotterranee, spiega Elisabetta Parravicini, rassicura il territorio lombardo sul comportamento di tutti i principali corpi idrici Giacomo Govoni
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on il via libera al decreto ministeriale 56/2009, che ne regola i criteri tecnici su scala nazionale, quattro anni fa in Lombardia si sono avviate le operazioni di monitoraggio dei corpi idrici. Un’attività che l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha svolto su «una rete di acque superficiali costituita da 355 stazioni sui fiumi e 44 sui laghi», spiega il presidente Elisabetta Parravicini. In questo modo si è potuto misurare lo stato qualitativo delle acque superficiali lombarde e classificarle secondo specifici indicatori che torneranno utili anche in chiave di futuri interventi di sorveglianza idrica. Quali dati significativi emergono dai rapporti? «Dalle campagne di monitoraggio 2009-2011 è emerso che lo stato ecologico va da buono a sufficiente per il 56 per cento dei corsi d’acqua, mentre sale all’80 relativamente ai laghi/invasi. Non raggiungono la sufficienza i laghi di Lugano, Castellaro, Comabbio, Varese e Mantova. Arpa si occupa inoltre del monitoraggio delle acque 226 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
sotterranee, assegnando la percentuale più elevata ai punti che evidenziano un impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche scadenti. Dai monitoraggi del 2011, il 2 per cento dei punti monitorati risulta in classe 1, il 20 per cento in classe 2, il 12 in classe 3, il 35 in classe 4 e il 28 in classe 0». Le ultime ondate di maltempo hanno riacceso i riflettori su alcuni sorvegliati speciali come lago Maggiore e Olona. Qual è il loro attuale livello di sicurezza e, nel complesso, quali soluzioni sono allo studio per contenere la minaccia dei corpi idrici? «Legato alla sicurezza, è fondamentale il sistema di monitoraggio in tempo reale che Arpa garantisce su tutti i principali corpi idrici. In particolare, in accordo con la Protezione civile, nell’ultimo anno sono state installate nuove stazioni idrometriche sia sull’Olona che sul lago Maggiore. A livello di pianificazione Arpa, a supporto di autorità di bacino del Po e con la direzione generale territorio, urbanistica e difesa del suolo della Regione, è in atto uno studio per la map-
patura delle aree allagabili dei laghi. Tutti i dati di monitoraggio idrologico rilevati da Arpa sono pubblicati su idro.arpalombardia.it». Quali sono le altre aree sensibili presenti sul territorio regionale e su quali avete interventi in corso? «In Lombardia vi sono 26 fenomeni franosi controllati dal centro di monitoraggio geologico di Arpa attraverso reti costituite da sensori che trasmettono il dato in tempo reale al Cmg. Vi sono poi altri 30 fenomeni finora monitorati da Province, Comuni e Comunità montane, che purtroppo al momento non hanno più la capacità econo-
Elisabetta Parravicini
A sinistra, Elisabetta Parravicini, presidente dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. A fianco, una panoramica del fiume Adda
72 mln IL CONTRIBUTO ORDINARIO DI FUNZIONAMENTO FISSATO DALLA REGIONE PER FINANZIARE IL PIANO DI ATTIVITÀ 2013 DI ARPA
mica per proseguire in questa attività. Arpa quindi, ha censito queste reti e ha proposto alla giunta regionale di prenderle in carico e adeguarle ai nostri standard qualitativi, attraverso l’upgrade tecnologico di apparecchiature e sistemi di trasmissione dati». In quali attività di tutela si traduce la legge regionale che regola la gestione del vostro bacino idrografico? «La legge regionale 26/2003 introduce il Piano di gestione del bacino idrografico, con il quale vanno individuati misure e interventi per assicurare la tutela qualitativa e quantitativa dei corpi idrici. Le principali attività
di Arpa consistono nel monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, nel controllo degli scarichi industriali e degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane, nel controllo dei fenomeni di contaminazione delle acque sotterranee e nella generale attività di supporto tecnico-scientifico, anche per tematiche specifiche, come quella dei nitrati». A livello informativo, quali servizi offrite a privati e aziende che vogliono costituirsi parte attiva nell’azione di salvaguardia dell’ambiente? «Quanto alla qualità delle acque, si sta predisponendo un database regionale che sarà
consultabile dal sito internet dell’agenzia. Arpa è inoltre presente con attività specifiche sul territorio: è, ad esempio, tra i sottoscrittori dei contratti di fiume Olona, Lambro, Seveso e Mella. Più in generale, aziende e cittadini possono segnalare i casi di emergenza ambientale al numero verde 800.061.160, contattare l’Urp e interagire direttamente con i direttori dei dipartimenti provinciali». Come vi raccordate con le istituzioni locali? «Ogni criticità sul territorio viene affrontata attraverso incontri con sindaci e assessori come avvenuto nel caso del fiume Olona o del dissesto idrogeologico della Valcamonica. Dallo scorso anno è anche attiva la scuola per l’ambiente rivolta alla formazione di funzionari degli uffici comunali; sempre ai Comuni viene inviata due volte al mese una selezione delle segnalazioni normative regionali, nazionali e comunitarie, così come la “newsletter del presidente” informa mensilmente i sindaci sulle ultime relative alle attività di Arpa e alle iniziative in corso». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 227
DIFESA DEL SUOLO
Gestire il territorio per macroaree Mappare in maniera capillare il territorio lombardo, superando l’ottica locale per quanto concerne l’assetto idrogeologico. Vincenzo Giovine sottolinea la centralità della pianificazione nella tutela dell’ambiente e dei cittadini Giacomo Govoni
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A destra, il lago di Como. Nel riquadro, Vincenzo Giovine, presidente dell’Ordine dei geologi della Lombardia
ompare anche la Lombardia tra le regioni destinatarie dell’ordinanza emanata poche settimane fa da Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, in relazione agli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia e le regioni limitrofe un anno fa. Un provvedimento che dei 195 milioni di euro stanziati complessivamente a livello nazionale, ne destina 16 alla microzonazione sismica, cioè alla minuziosa classificazione del territorio italiano in base al reale rischio sismico. «Su questo fronte – precisa Vincenzo Giovine, presidente dell'Ordine dei geologi regionali – la Lombardia si trova in posizione avanzata rispetto al panorama nazionale. Già l’80 per cento dei comuni della regione è dotato di studi di microzonazione eseguiti da geologi, in quanto strumento previsto dai Pgt comunali prima ancora di questo stanziamento». La sfida dei prossimi mesi sarà dunque rendere ancora più capillari le indagini, perché «situazioni evidenziatesi in occasione del sisma che ha
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colpito il mantovano nel 2012 richiedono un maggior approfondimento per individuare specifiche criticità locali». Quanto al rischio idrogeologico, invece, come si colloca la Lombardia nel confronto con il dato nazionale? «La Lombardia è all’avanguardia anche in fatto di gestione del territorio e del rischio idrogeologico. Dopo il disastro della Valtellina del 1987, è stata avviata una proficua collaborazione tra geologi e istituzioni per la pianificazione territoriale. Se dunque, in media, si ipotizza un rischio idrogeologico per l’80% del territorio nazionale, per la Lombardia possiamo parlare di percentuali decisamente inferiori. Certo il territorio italiano, relativamente giovane, è in continua evoluzione, quindi si presenteranno nuove situazioni da tenere sotto controllo». Da dove provengono le insidie più grosse? «A livello regionale le aree più vulnerabili si trovano nelle provincie di Sondrio, Bergamo e Brescia e nell'area del-
l’Oltrepò Pavese. Gli eventuali rischi, però, gravano soprattutto sulle infrastrutture, mentre abbiamo tutti gli strumenti per anticipare e ridurre al minimo i pericoli per le persone». Alcuni mesi fa Legambiente ha sollecitato un’azione nazionale di difesa del suolo che
Vincenzo Giovine
rilanci la funzione dei bacini idrografici. Qual è la vostra posizione al riguardo? «I geologi italiani hanno sempre sottolineato l’importanza di ragionare sull’assetto del territorio non esclusivamente a livello locale e specifico, ma per macroaree, come sono appunto i bacini idrografici. La maggior parte dei rischi proviene dalle alluvioni, fenomeni per cui è concettualmente sbagliato fare pianificazioni locali, senza considerare la totalità del bacino. Quindi i geologi lombardi condividono sostanzialmente l'impostazione di Legambiente. Del resto è del 15 maggio scorso la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del presi-
dente del Consiglio dell’8 febbraio 2013, con il quale è stato approvato il piano di gestione del distretto idrografico padano. Un provvedimento che accoglie in pieno il concetto di prevenzione e pianificazione del territorio per macroaree». Rispetto a quali eventi calamitosi la professionalità di un geologo può far la differenza ai fini di una rapida messa in sicurezza del territorio colpito? «In realtà è sbagliata l’idea del singolo geologo dotato di capacità eccezionali, che può intervenire nell’emergenza o in fase preventiva estraendo il classico coniglio dal cilindro. Quando interviene su un territorio colpito, il geologo
deve muoversi secondo procedure definite, prima per mettere rapidamente in sicurezza la zona e poi, eventualmente, attivare un efficace monitoraggio. Lavorando invece per la prevenzione dei rischi, l'efficacia è garantita dal lavoro in team, insieme con altre professionalità. Quest'anno ricorre il cinquantenario del disastro del Vajont, causato proprio dal fatto che furono ignorate le condizioni geologiche del contesto in cui si collocava l’opera. Oggi, con le norme che abbiamo, una situazione simile non sarebbe più possibile». Avete da poco inaugurato il centro studi dell’Ordine dei geologi della Lombardia. Come implementerà la sfera d’azione della vostra attività? «Tra le funzioni principali del nuovo centro studi ci sarà proprio quella di fornire un sostegno tecnico e una collaborazione fattiva alla Regione nello sviluppo di nuovi strumenti per la salvaguardia e tutela del territorio. Per esempio sviluppando analisi tecniche ed elaborando linee guida su tematiche specifiche. A questo si aggiungono compiti formativi per garantire aggiornamento e l’adeguato livello professionale degli iscritti, borse di studio per incentivare lo studio della geologia e promozione di studi e attività divulgative. Insomma, il centro studi avrà la funzione di braccio operativo dell'ordine, affiancando gli iscritti nei vari ambiti della professione». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 229
Chi ben pianifica aiuta la prevenzione La fitta trama della rete idrografica lombarda richiede un controllo costante ed efficace. Viviana Beccalossi illustra le azioni in corso sul territorio Giacomo Govoni
P
er caratteristiche geografiche e idrogeologiche, la Lombardia necessita di particolare attenzione in diverse zone. Dalla dorsale montuosa alpina e prealpina, interessata da fenomeni franosi e valanghe, alle aree di pianura, spesso minacciate da esondazioni o alluvioni. «Anche se non parlerei a priori di rischio generalizzato – osserva Viviana Beccalossi, assessore regionale al territorio, urbanistica e difesa del suolo - una corretta pianificazione degli interventi è la miglior garanzia per assicurarne la massima efficacia». Tenendo presente che si parla di un territorio compreso nel reticolo idrografico del Po, il più esteso bacino fluviale italiano e pertanto di non facile gestione. A inizio mandato ha affermato che difesa del suolo e interventi idrogeologici saranno al centro dell’azione amministrativa regionale.
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Quali aree destano oggi maggiori preoccupazioni? «La difesa del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico rappresentano temi sensibili, come le cronache nazionali spesso testimoniano. Regione Lombardia intende potenziare e dar continuità a un programma di interventi sul territorio, basandosi sia su nuovi investimenti sia sulla manutenzione delle opere esistenti. Sapendo quanto uno sviluppo urbanistico attuato senza pianificazione abbia inciso, anche di recente, sull’aumento del rischio idrogeologico». Dove avete già avviato interventi di contenimento del rischio idrogeologico? E quante risorse movimentano? «Ci sono zone su cui da tempo stiamo concentrando i nostri interventi. Mi riferisco ad esempio alla Valtellina, alle dighe del Panperduto sul Ticino, al lago di Como e al lago d’Idro, così
come all’annosa questione delle esondazioni del Seveso alla periferia nord di Milano. Penso poi alla grande attenzione con cui stiamo affrontando la riforma di Aipo, l’agenzia interregionale che, sovrintendendo al fiume Po, si occupa in pratica di tutte le acque lombarde. Le risorse, pur in un periodo di gravi ristrettezze anche per l’ente pubblico, vanno cercate nel nostro bilancio e dalla messa a regime dei canoni di polizia idraulica. In questo momento siamo in piena realizzazione del programma straordinario di interventi per la riduzione del rischio idrogeologico, finanziato per 70 milioni di euro dal Ministero dell’ambiente e per 140 milioni dalla Regione, con 163 cantieri interessati». Lo scorso autunno la precedente giunta ha apportato integrazioni alla normativa regionale per la gestione dei corsi d’acqua lombardi. Come si rifletteranno sulle
Viviana Beccalossi
Viviana Beccalossi, assessore al territorio, urbanistica e difesa del suolo della Regione Lombardia
210 mln L’AMMONTARE DELLE RISORSE CONTENUTE NEL PIANO DEGLI INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO, IN VIA DI REALIZZAZIONE IN LOMBARDIA
scelte edificatorie che assumerete in futuro? «Prendo l’esempio concreto delle piene del Seveso che puntualmente recano disagio al quartiere di Niguarda a Milano. Abbiamo sottoposto al territorio e alle amministrazioni interessate un progetto per la realizzazione di vasche di laminazione che evitino l’arrivo delle piene a valle. Il Comune di Senago, interessato dagli interventi, ci ha proposto un’idea alternativa. La mia posizione è stata chiarissima: sospendere le procedure sul progetto originario e far valutare dai tecnici di Aipo quello del Comune. Se la soluzione risultasse migliorativa, sarò la prima a farla mia. Mi aspetto valga lo stesso principio anche in caso opposto. Sono convinta che tutte le scelte su questi argomenti debbano dipendere meno dalla politica e più dagli oggettivi riscontri dei tecnici».
Ha assicurato il suo impegno anche nell’aggiornamento del piano territoriale regionale. Quali nuove specifiche dovrà avere sul fronte della sicurezza idraulica? «La revisione del Ptr, pensata per facilitare il recepimento e l’utilizzo degli indirizzi generali adottati dalla Regione nella pianificazione provinciale e comunale, aggiorna le modalità attuative, facendo tesoro dell’esperienza di pianificazione di questi ultimi anni. Con dei punti fermi: se si costruisce su un’area soggetta a esondazioni, si avranno problemi, così come se lo si fa in prossimità delle sponde di un corso d’acqua o sotto una frana. Casi che sembrano paradossali, ma con cui abbiamo fatto i conti nel passato e che non vogliamo si ripetano in futuro». In materia di polizia idraulica, pochi mesi fa sono stati modificati i canoni per l'oc-
cupazione delle aree del demanio idrico. Cosa cambia per gli utenti? «Le somme introitate dalla Regione con i canoni per le operazioni di polizia idraulica sono l’unica fonte di finanziamento per gli investimenti riguardanti le opere di difesa del suolo, sia in montagna che in pianura. Canoni che devono essere ragionevoli e sostenibili, ma che vanno pagati, pur nella consapevolezza che in questo periodo a nessuno fa piacere pagare un’imposta, soggetta peraltro a un altissimo tasso di evasione. È giusto però comprendere che si tratta di denaro impiegato esclusivamente per mettere in sicurezza il territorio e quindi la vita dei cittadini. Il mio impegno personale sarà verificare la possibilità di ridurre il canone a chi paga troppo, ma nel contempo garantire che chi deve onorarlo, proprio perché nell’interesse di tutti, lo faccia». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 231
MODELLI ENERGETICI
L’energia flessibile Mattia De Vecchi sulle nuove opportunità di controllo del consumo e sull’efficientamento energetico. «Ora tutti possono monitorare e intervenire sul rapporto approvvigionamento/tariffe. In qualsiasi momento» Renato Ferretti
l risparmio energetico è un tema che i consumatori, a tutti i livelli, non possono più ignorare. Le proposte si moltiplicano, soprattutto per quanto riguarda le famiglie e le piccole realtà imprenditoriali. Tutt’altra faccenda, però, sono le soluzioni possibili rivolte ai grandi centri produttivi o commerciali. Il
I
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gruppo Innowatio si occupa proprio degli “energivori”, ma in questo caso parlare di risparmio è riduttivo: la complessità della materia cresce all’aumentare delle dimensioni. Infatti, per spiegare quali sono le attuali possibilità tecnologiche e strategiche nel campo, uno dei soci fondatori del gruppo bergamasco, Mattia
De Vecchi, preferisce usare la parola efficientamento, che dà un’idea più precisa delle molte attività necessarie per raggiungere l’obiettivo finale. «I nostri obiettivi – dice De Vecchi – sono la fornitura di servizi d’avanguardia per la gestione del portafoglio energetico e l’ottimizzazione dei consumi (elettricità, gas, energia pro-
Mattia De Vecchi
Il gruppo Innowatio ha sede a Bergamo www.innowatio.it
dotta da fonti tradizionali e rinnovabile). Le nostre attività si rivolgono ai grandi consumatori d’energia e vanno dalla contrattazione continua sui mercati nazionali e internazionali delle forniture per conto della clientela, ai servizi di efficientamento energetico, prendendo in carico anche i più diversi adempimenti normativi e fiscali». De Vecchi ci tiene a evidenziare l’assenza di conflitti d’interessi all’interno dell’azienda. «Operiamo – spiega – per conto della clientela con un approccio esclusivo, coerente e in totale indipendenza dai fornitori operanti sul mercato “tradizionale”, proponendo la remunerazione dei nostri servizi secondo la formula del profit/saving sharing: esclusivamente sulla base della condivisione dei vantaggi effettivamente conseguiti». Il gruppo, che conta quasi cento collaboratori e ha appena chiuso il 2012 con un fatturato di quasi 700 milioni di euro, si compone di più società controllate, tra cui De Vecchi punta l’attenzione su Youtrade e Yousave. CONTRATTAZIONI CONTINUE
Obiettivo principale dell’attività di Youtrade è analizzare i
Ora è possibile commisurare gli approvvigionamenti ai fabbisogni, alle tariffe di mercato più convenienti
fabbisogni energetici della clientela e costituirli in portafogli specifici ottimizzabili costantemente, in ragione della variabilità dei consumi e dei prezzi, attraverso continue contrattazioni sui mercati internazionali. «Questa capacità – afferma De Vecchi – si traduce per la clientela nella possibilità di passare a una gestione dinamica delle posizioni, che permette di commisurare costantemente gli approvvigionamenti ai fabbisogni, per di più fruendo delle tariffe di mercato più convenienti (e potendo avvalersene in qualunque momento). Offriamo un servizio
di gestione del fabbisogno energetico, che comprende l’approvvigionamento dell’energia necessaria a soddisfare il consumo previsto del cliente, e servizi per la gestione del portfolio energetico costruiti sulle esigenze del singolo cliente/consumatore. Tale gestione si realizza attraverso la partecipazione del cliente al portfolio complessivo. Youtrade assiste pertanto il consumatore nelle scelte mirate alla razionalizzazione della propria fornitura ottimizzandone giorno per giorno le posizioni sul mercato, in una chiara e trasparente condivisione di obiettivi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 233
MODELLI ENERGETICI
VERSO UN’ALTRA EROGAZIONE a rigidità con cui le grandi aziende erano costrette per l’approvvigionamento di energia, è ormai superata. Mattia De Vecchi spiega le nuove opportunità tecnologiche sviluppate dall’azienda bergamasca. «Abbiamo sviluppato un servizio di DemandResponse, un articolato programma di azioni per modificare la curva di carico elettrico in risposta ai cambiamenti tariffari generando quindi un risparmio nella bolletta finale. Le possibili modulazioni di ogni carico sono determinate a seguito di un audit approfondito con cui si determinano i carichi maggiormente idonei per il Demand Response, i limiti inferiori di modulazione di ogni carico, le conseguenze per l’ambiente in termini di variabili, l’energia risparmiata per ogni modulazione. Così, i risultati dell’audit permettono al cliente di modulare i carichi secondo le proprie strategie e necessità».
L
Seguendo questo ragiona-
mento, il grande consumatore si svincola così da logiche di fornitura che spesso rappresentano vere e proprie scommesse irreversibili prese da un anno all’altro, e può entrare in una logica dinamica, in cui ogni giorno è possibile rivedere le proprie decisioni per fruire dell’energia che serve, a condizioni migliori.
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NUOVI PROGETTI PER L’EFFICIENZA ENERGETICA
Spiegando l’attività della controllata Yousave, invece, De Vecchi si addentra nello specifico di quello che definisce efficientamento. «Yousave è accreditata come Esco (Energy Service Company), e cioè come società che opera riorganizzazioni per una migliore efficienza energetica e riduzione
del consumo a parità di servizi finali. Tutto questo acquisendo la responsabilità di risultato nei confronti del soggetto per cui svolge il servizio». Con Yousave, Innowatio opera lungo l’intera filiera dell’efficientamento: dall’assessment energetico, che consente di raccogliere i dati e gli elementi necessari a elaborare gli interventi, al telemetering, che permette di monitorare e controllare i consumi, fino alla creazione di procedure per l’uso razionale dell’energia, per citare alcune funzioni. «Tutti
Mattia De Vecchi
5 TWh FABBISOGNO ENERGETICO DEI CLIENTI, GESTITO DAL GRUPPO INNOWATIO, SU CIRCA 1.500 PUNTI DI EROGAZIONE
Innowatio – continua De Vecchi – abbiamo anche un incubatore tecnologico per il gruppo, in cui si sviluppano sempre nuove soluzioni, in considerazione dell’evoluzione normativa di settore e delle necessità dei mercati. Prendiamo il caso per esempio delle smart grids. Queste sono reti elettriche intelligenti che ricevono energia da molti punti, perché il cliente finale è anche produttore oltre che consumatore, e sono in grado di otL’AVANGUARDIA ENERGETICA timizzare le risorse esistenti, Innowatio offre un servizio oltre che l’integrazione di sienergetico a tutto tondo. «In stemi di controllo in molti più
gli interventi – specifica De Vecchi – prevedono il finanziamento parziale o totale della soluzione, con contratti di tipo “saving sharing”, e cioè con gli oneri d’investimento che si ripagano con i risparmi ottenuti in tempi predefiniti. Inoltre gli esperti di Yousave sono in grado di affiancare il consumatore di energia passo dopo passo, accompagnandolo in un cammino virtuoso e innovativo che porta all’eccellenza».
punti della rete stessa: in questo modo si bilanciano le fluttuazioni tra la domanda e l’offerta di energia. L’obiettivo del progetto di Innowatio è offrire agli utenti della smart grid un servizio di Demand Side Management che tramite azioni sui carichi permette di configurare l’utente sul miglior assetto energetico tenendo in considerazione i segnali di prezzo provenienti dal mercato elettrico. Innowatio ha quindi sviluppato e testato un sistema in grado di recepire informazioni dai mercati energetici e informazioni dal campo (affluenza di persone, illuminazione naturale, informazioni meteorologiche, ecc.) di generare le configurazioni ottimali dei carichi dell’utente, di attuare le configurazioni determinate e di monitorare l’attuazione di queste configurazioni al fine di determinare il risparmio ottenuto. Tale obiettivo viene raggiunto attraverso l’ottimizzazione del funzionamento dei carichi da cui è composto il consumo dell’utente al fine di ottenere il minor costo energetico complessivo». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 235
ECOLOGIA E AMBIENTE
Green economy, si parte dal taglio degli sprechi Un quadro del settore raccolta rifiuti italiano. Di fronte a una situazione di mercato non facile i fratelli Mirko e Giuseppe Busi hanno reagito con l’avvio di una serie di progetti di riorganizzazione industriale Luca Càvera
el 2012 la raccolta differenziata, in Italia, ha raggiunto quota 33 per cento, contro la media europea del 42 per cento (fonte: elaborazione dati rapporto annuale “L’Italia del riciclo” promosso da Fise Unire e dalla fondazione per lo sviluppo sostenibile). «A rallentare il processo è anche la minore disponibilità di risorse in mano ai Comuni, che messi nelle condizioni finanziarie adeguate, potrebbero dare certamente un impulso importante, con un vantaggio sia per l’ambiente sia per le imprese che offrono servizi per il settore ecologico». Questa l’opinione di Giuseppe Busi, che insieme al fratello Mirko amministra Bte e le altre aziende della Holding Busi Group. Una realtà costituitasi ufficialmente nel 2003 ma che, grazie all’esperienza delle ditte che l
N
240 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
a compongono, opera già sul mercato a 360 gradi, nel settore delle attrezzature per l’ecologia e la raccolta rifiuti, vantando un know how accumulato in oltre 40 anni di attività. Il gruppo è formato da Bte Spa, Meccanidraulica Spa, Almec Srl e Proeco Srl, occupando circa 250 dipendenti suddivisi nelle varie sedi. «Gli ultimi sono stati certamente anni di crisi – prosegue Mirko – . Abbiamo registrato cali vistosi dei volumi e nel 2012 il fatturato consolidato della Holding ha avuto una flessione del 20 per cento. Tuttavia per il 2013 siamo ottimisti grazie agli investimenti portati avanti nell’ul-
timo biennio – abbiamo puntato sulla riorganizzazione e la riduzione degli sprechi». Nel 2011 è partito il progetto Revolmec, che ha riguardato la società Meccanidraulica, che produce attrezzature scarrabili e caricatori per autocarri. «Abbiamo eseguito il relayout industriale della linea di produzione gru e scarrabili – dice Giuseppe –, recuperando marginalità di prodotto e abbattendo le scorte con un aumento della capacità produttiva del 25 per cento a parità di risorse impiegate». L’anno scorso, invece, è stato avviato il progetto Boost, che ha riguardato l’azienda principale,
Mirko e Giuseppe Busi
Il gruppo Busi comprende diverse società specializzate nel settore delle attrezzature per l’ecologia e la raccolta dei rifiuti. La principale è la Bte Spa di Paitone (BS) www.btenet.it
35 mln
FATTURATO DEL GRUPPO NEL 2012, CHE HA REGISTRATO UNA FLESSIONE DEL 20% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE. FLESSIONE CHE NON HA FERMATO GLI INVESTIMENTI
Bte. Questo ha previsto il relayout industriale della linea di produzione dei container scarrabili, con il risultato di portare a un aumento della capacità produttiva del 30 per cento. «Inoltre – afferma Mirko –, abbiamo investito in un robot di saldatura automatico a doppia postazione e lavorato sul miglioramento della sicurezza e delle condizioni generali di lavoro in modo da ridurre gli sprechi e soprattutto gli infortuni sul lavoro». Gli investimenti del gruppo – che comprende anche Proeco srl, azienda di produzione del gruppo, e la Almec srl, che si occupa di elettronica – si sono orientati anche
sulla ricerca e sviluppo e la promozione attraverso la partecipazione alle fiere di settore. «Al di là della progettazione – aggiunge Giuseppe – che è sempre stata attenta al cambiamento, le maggiori innovazioni di solito vengono sviluppate sulla base di richieste specifiche dei nostri committenti. In questo momento siamo impegnati sulla tematica delle energie rinnovabili e stiamo progettando un compattatore con impianto fotovoltaico – che fra qualche mese sarà presentato alla fiera Ecomondo di Rimini –. Inoltre dal 2011 i nostri prodotti sono verniciati con smalti ad acqua idrosolubili e quindi a bassissimo impatto ambientale». Questa politica ha consentito al gruppo un importante consolidamento sul mercato europeo, in particolare francese. Prosegue Mirko: «Bte è oggi protagonista del settore a livello italiano e francese, perché producendo
principalmente container scarrabili, multibenne e compattatori scarrabili – e quindi prodotti voluminosi – i costi di trasporto sono alti. Come Meccanidraulica, che fa impianti scarrabili e gru in kit, invece, spingiamo sull’estero, dato che l’azienda ha una gamma di prodotto che si spedisce più facilmente. A livello di mercati, comunque, per noi il più difficile è quello tedesco. Diversamente, i maggiori volumi sono destinati ai mercati per noi consolidati (Australia, Olanda, Belgio, Francia, Svizzera) ed emergenti: Sud Africa, Nord Africa, Brasile,Vietnam. In ogni caso, prima di ogni nuova espansione geografica sondiamo il terreno, partecipando alle fiere e dialogando con i rivenditori locali sui quali ci basiamo per la fase iniziale di penetrazione – cerchiamo di avere sempre un minimo di volumi prima di aprire delle sedi all’estero». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 241
INFRASTRUTTURE
Il motore dell’Alta Velocità i sono ambiti di attività che, nonostante la crisi, sono tutt’altro che fermi, anzi. La recessione però colpisce in modo più subdolo e per certi aspetti risulta più difficile agire. È il caso del settore ferroviario, per gran parte legato alle Ferrovie di Stato, un’azienda tra le più grandi in Italia che, come tutte le imprese pubbliche, fatica a pagare i fornitori. I risultati negativi della situazione sono ben immaginabili, ma anche
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Pietro Rosolen fa un quadro dell’attuale settore ferroviario: in tanti anni di rapporti con il “Pubblico” questo è uno dei momenti più complicati, causa la scarsa liquidità e l’aumento della richiesta di specializzazione Remo Monreale
in questo campo l’iniziativa imprenditoriale riesce a trovare spazio per tentare la ripresa. Pietro Rosolen, amministratore della milanese Ferlog, è uno di quelli che ha cercato di affrontare il mer-
La Ferlog ha sede a Milano
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cato con nuove soluzioni adatte alle esigenze attuali del comparto. «Abbiamo sempre servito chi opera nel settore ferroviario – dice Rosolen – soprattutto dal punto di vista logistico, facendo trasporto su strada dei materiali necessari. Nell’ultimo periodo abbiamo lavorato soprattutto per le Frecce di Trenitalia, con cui abbiamo ridotto il raggio d’azione e puntando più sull’efficienza e la velocità di reazione agli stimoli del mercato. Da qualche tempo abbiamo puntato anche sulla diversificazione del business con la nascita di una nuova società consortile, operante a livello nazionale, che si occupa di prestare attività di manodopera a servizio del ciclo logistico negli impianti ferroviari. L’attività più impegnativa sta nella revisione dei treni dell’Alta Velocità, che seguiamo sotto la guida del costruttore Ansaldobreda». Un’attività che ha inciso in modo positivo sulla Ferlog. «La richiesta di personale da
Pietro Rosolen
parte del Gruppo Ferrovie dello Stato dedicato alla movimentazione di magazzino e alla logistica sta crescendo – spiega Rosolen – a ritmi piuttosto soddisfacenti, direi nell’ordine del 15-20 per cento annuo dal 2010 a oggi: il fatturato è cresciuto costantemente fino ad assestarsi su livelli di buona soddisfazione e confidiamo prosegua allo stesso modo. Abbiamo migliorato i nostri servizi raggiungendo ottimi livelli, il problema principale è la liquidità, ma siamo fiduciosi che anche il settore pubblico, che assorbe il 90 per cento della nostra attività, torni ad avere le possibilità economiche del periodo precedente alla crisi». Rosolen ha dovuto affrontare, poi, anche il rincaro dei carburanti. «Data l’eccezionale gravità dell’attuale situazione – continua l’amministratore di Ferlog –, una delle leve a disposizione è stata quella del massimo contenimento dei costi, attraverso l’acquisto del carburante all’ingrosso e successivo stoccaggio in cisterna aziendale, la contemporanea installazione sui mezzi che ne erano sprovvisti di serbatoi maggiorati per aumentarne l’autonomia di funzionamento e concentrare i rifornimenti direttamente in azienda, investendo in formazione del personale di condotta con dei corsi dedicati a sviluppare una tecnica di
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Lavoriamo soprattutto per le Frecce: abbiamo ridotto il raggio d’azione, puntando sull’efficienza e sulla reattività agli stimoli del mercato
guida più parsimoniosa, investendo in software funzionali alla razionalizzazione e all’ottimizzazione del traffico veicolare». L’azione logistica di Ferlog risulta decisiva nel panorama delle attività ferroviarie. «Nel giro di un’ora infatti – continua Rosolen - possiamo fornire pezzi di cui hanno urgente bisogno. Questo rappresenta un’ottima risorsa. Il nostro parco veicolare è molto differenziato, per cercare di incontrare tutte le esigenze. Abbiamo inoltre mezzi che sfruttano il sistema satellitare per la tracciabilità di ogni trasporto».
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Il lavoro profuso dalla Ferlog ora aspetta solo di avere un riscontro in termini di marginalità. «Dal lato trasporto – conclude Rosolen – il mio augurio è che gli investimenti effettuati fino a ora incrementino gli effetti che inizino a dare i loro frutti. Riguardo alla manodopera, invece, auspico che gli investimenti in formazione continua del personale che già sono in essere e che proseguiranno anche in futuro, in un’ottica di acquisizione di competenze sempre più qualificanti e specializzate, si traducano quanto prima in nuove opportunità di lavoro».
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 245
TRASPORTI
Muovere l’elettromedicale Carlo Musci spiega le difficoltà, e le competenze necessarie, dietro al trasporto degli apparecchi elettromedicali altamente tecnologici. Un compito di grande responsabilità dove a volte è necessario “rivedere” la struttura degli edifici Remo Monreale
a cura, il grado di responsabilità e le competenze specifiche che regolano il trasporto di macchinari altamente tecnologici, pongono l’attività in un mercato di nicchia poco conosciuto. Questo è sicuramente un elemento di grande distinzione rispetto alla logistica più tradizionale e forse un elemento determinante per rimanere saldi nel mercato, nonostante
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La Musci Traporti ha sede a Senago (MI) www.muscitrasporti.com
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il vortice della crisi: non a caso gli operatori nel campo godono di una situazione certamente migliore rispetto ai colleghi dei trasporti più consueti. Ma non solo. «Un portafoglio clienti con nomi di livello internazionale può fare la differenza». Forse, in questo aspetto riassunto da Carlo Musci, c’è un punto di forza ancora più determinante. Musci è il titolare dell’omonima azienda che si oc-
cupa principalmente di movimentazione e trasporto di apparecchiature elettromedicali. «Il trasporto – dice Musci –, ma soprattutto la movimentazione di apparecchiature delicate, richiede una particolare cura e l’impiego di attrezzature specifiche: furgoni allestiti per il corretto bloccaggio e la protezione, camion con sponda idraulica e gru, sollevatori in grado di trasportare i prodotti lungo scale. Un altro punto a nostro favore è la certificazione Iso 9001 conseguita nel 1997, che ha rafforzato l’immagine aziendale». Per dare un’idea del lavoro complesso dietro ai risultati ottenuti, Musci ricorda una consegna all’Ospedale San Raffaele di Milano «in cui abbiamo portato un’apparecchiatura per la risonanza magnetica – continua il titolare dell’azienda milanese –, prima con un’autogru, dal braccio lungo quaranta metri, necessario per superare un edificio e posizionare il macchinario all’interno di un
Carlo Musci
cortile. Dopo abbiamo movimentato l’apparecchiatura attraverso vari corridoi, ma l’operazione è stata portata a termine solo dopo aver abbattuto alcune pareti». Ma Musci non si occupa solo di trasporto. «Curiamo la gestione magazzino per prodotti e ricambi. Ci occupiamo della presa, consegna e posizionamento all’interno dei locali medici. Per questo effettuiamo sopralluoghi all’interno degli edifici per valutare le modalità di inserimento delle apparecchiature». Particolarmente importante è la fase del sopralluogo all’interno dei locali, attività di partnership svolta per conto delle aziende clienti. «Una volta note le caratteristiche dei prodotti da movimentare – spiega Musci – verifichiamo se l’automezzo idoneo a eseguire il trasporto è in grado di raggiungere il luogo deputato allo scarico delle merci. Successivamente prendiamo visione del luogo dove è previsto che sia alloggiata l’apparecchiatura e verifichiamo che le vie di accesso, le porte, le scale, i montacarichi e quant’altro abbiano le dimensioni adeguate a consentire il transito delle apparecchiature e delle relative attrezzature di movimentazione». Ora però le difficoltà maggiori sono legate più al rap-
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Effettuiamo sopralluoghi all’interno degli edifici per valutare le modalità di inserimento delle apparecchiature
porto con il mercato. Nonostante sia un’attività meno colpita dalla crisi, anche Musci registra nuove sfide. «Da qualche anno a questa parte – confessa Musci – le difficoltà maggiori sono dovute alla crisi finanziaria, che ha imposto nuovi standard economici a cui ci siamo allineati, trasformando le difficoltà in nuove opportunità». I prossimi obiettivi della Musci sono chiari, ma il suo titolare si dimostra cauto nel dare un giudizio su quello che potrebbe essere il contesto economico tra un anno. «Per prevedere quello che
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succederà da qui a un anno, e di conseguenza calcolare delle prospettive, bisognerebbe avere la sfera di cristallo. Una cosa è certa, le aziende clienti sempre più si stanno spingendo verso i mercati emergenti che garantiscono ancora dei buoni margini: l’internazionalizzazione giocherà un ruolo fondamentale. Gli obiettivi, di conseguenza, non possono che essere rafforzare il contatto con i clienti attuali, aumentando le quote di fatturato sui clienti già acquisiti. Poi rimane l’eterna sfida: conquistarne di nuovi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 247
EDILIZIA
Una nuova essenza per l’edilizia n accordo appena siglato per una futura joint venture con un’azienda senegalese, per un progetto di costruzione nel paese africano di edifici residenziali, con l’impiego di tecnologia europea. Questo uno degli ultimi obiettivi centrati dalla Martini Prefabbricati, principale società operativa del gruppo Martini di Medole, in provincia di Mantova. «Sul tavolo ci sono altre proposte e alcune trattative sono già in fase di definizione – spiega Elena Martini, titolare della società –, ovviamente tutte orientate verso paesi lontani. In questa situazione economica è inevitabile che gli orizzonti si allarghino. È nota la crisi in cui si trova l’edilizia nel nostro paese e il settore della prefabbricazione in cemento armato non fa certo eccezione. Immobilismo di mercato, concorrenza feroce,
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«Non intendiamo più avviare azioni e progetti solo in base a stringenti logiche di business, ma vogliamo riscoprire il piacere di costruire per la collettività» Odino Martini, insieme alle figlie Elena e Nicoletta, presenta gli obiettivi della Martini Prefabbricati Valerio Germanico
costi per le materie prime, scarsa predisposizione del sistema bancario a collaborare e investire, un sistema fiscale rigido e un impianto burocratico poco accorto alle esigenze delle piccole e medie industrie hanno creato negli ultimi anni gravi situazioni di stallo. E aggiungiamo il modo in cui è stata data applicazione alla procedura di concordato preventivo, che ha distrutto migliaia di piccole imprese, mettendole in ginocchio a causa dei crediti non rientrati». Interpretando questi dati, quali sono soluzioni da adottare? «Non esistono strategie precon-
fezionate – afferma Odino Martini, fondatore del gruppo –. Si deve scegliere se sopravvivere e rischiare di soccombere, o se vivere. Con le mie figlie e i miei collaboratori, ho scelto la seconda opzione. Abbiamo sempre cercato di lavorare con una programmazione di investimenti a medio e lungo termine coerente, per precorrere i tempi e anticipare così le difficoltà delle varie congiunture economiche. In questo abbiamo anche puntato sulla diversificazione delle tipologie di intervento. I centri commerciali, i parcheggi e il residenziale sono il nostro cavallo di batta-
Odino, Elena e Nicoletta Martini
La Martini Prefabbricati Spa ha sede a Medole (MN) www.martiniprefabbricati.com
150mila
base a stringenti logiche di bu-
METRI CUBI È LA PRODUZIONE ANNUA DI CALCESTRUZZO DEL GRUPPO MARTINI, CON CUI COPRE siness, ma vogliamo riscoprire la vera essenza dell’edilizia: il I MERCATI DI NORD E CENTRO ITALIA, BALCANI, piacere di costruire per la colEMIRATI ARABI UNITI, SENEGAL glia, ma negli anni la differenziazione produttiva ci ha permesso di partecipare anche alla costruzione di ospedali, edifici scolastici e universitari, sedi istituzionali, alberghi, carceri». E ovviamente si guarda anche all’estero. «Per questo passaggio di status – prosegue Elena Martini –, da nazionale a internazionale, la Martini Prefabbricati ci siamo affidati a professionisti italiani e stranieri in grado di recepire la mission dell’impresa e tradurla, attraverso la conoscenza della cultura locale, nella realtà economica del paese. L’idea è stata quella di ottimizzare l’importante bagaglio di conoscenza accumulata negli anni e trasferirla nelle realtà emergenti. Le esperienze in corso in Serbia – paese in forte sviluppo che ha bisogno di dotarsi di nuove infrastrutture – e negli Emirati Arabi Uniti – dal-
l’aggressiva espansione edilizia – ci hanno dato molti stimoli a procedere su questa strada». Gli Emirati Arabi Uniti sono un importante punto di riferimento per il gruppo, soprattutto per la divisione Hydra Bagni, che ha inaugurato uno stabilimento in Oman e uno in Qatar, entrambi dedicati alla realizzazione di cellule bagno secondo i dettami dell’automatismo produttivo. «Già nel 2008 – specifica Odino Martini –, a Indija, nei pressi di Belgrado, abbiamo avviato ex novo uno stabilimento, intervenendo in una nuova realtà economica e contribuendo alla sua crescita. La nostra è stata una presa di coscienza del fatto che un’impresa come la nostra ha l’obbligo morale di assumere un fondamentale ruolo sociale. Per questo non intendiamo più avviare azioni e progetti solo in
lettività». In conclusione, il fondatore del gruppo costata come tutto questo non si sarebbe potuto realizzare senza le potenzialità delle risorse umane presenti in azienda. «Molti dei collaboratori sono al mio fianco da più di vent’anni. Persone che non si sono tramutate in semplici “macchine da lavoro”, bensì in professionisti che hanno capito quanto sia importante mettere del proprio nel lavoro che si svolge ogni giorno. Inoltre posso contare sulla competenza e sulla passione delle mie figlie, Elena e Nicoletta, architetto e urbanista la prima, avvocato la seconda, che sono diventate in pochi anni punti cardini dell’organigramma aziendale, consentendomi di pensare e organizzare il futuro con maggiore tranquillità e potendo così confidare nella continuità familiare della mia azienda». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 251
ECCELLENZE EDILIZIE
L’edilizia punta sul recupero Nuove soluzioni per l’abbattimento acustico e una strategia per l’export. È questo il piano strategico che Giancarlo Zanini ha messo in campo in attesa della ripresa del settore delle costruzioni Valerio Germanico
econdo Giancarlo Zanini, presidente del consiglio di amministrazione di Project for Building (Pfb), società che produce articoli per l’edilizia in plastica riciclata e in gomma riciclata – fra i quali innovative soluzioni per l’abbattimento acustico –, la crisi delle costruzioni non è uniforme su tutto il territorio nazionale e anche in questo momento si rivelano differenze sostanziali fra Nord e Sud. «Nel Settentrione la crisi ha rallentato parecchio il mer-
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cato immobiliare, questo a causa di uno sviluppo che non è stato correttamente monitorato nel tempo. E gli effetti di questa situazione si sono riverberati sul settore edile. Il Sud, invece, ha affrontato uno sviluppo più lento e meno costante nel tempo, dunque oggi ha ancora molto da dare al nostro mercato». Il riciclo delle materie plastiche, sempre più utilizzate nel settore edile, è al centro delle strategie produttive dell’azienda di Mornico al Serio, in provincia di Bergamo, che è riuscita a trasformare il problema del recupero e dello smaltimento di questi materiali in un’opportunità di crescita e innovazione. Zanini, presidente anche del Cda della
controllata Bdm Riflex, società di riciclaggio di rifiuti plastici, spiega che, nonostante le due situazioni del mercato interno: «Sicuramente non ci si può aspettare una svolta immediata. Tuttavia, giunti a questo punto, la previsione è quella di una lenta ripresa, magari a partire dalla prossima primavera. Intanto bisogna iniziare a fare leva su quegli aspetti, non soltanto economici, ma anche culturali, che potrebbero contribuire a rilanciare il comparto. Fra questi certamente si collocano la riclassificazione degli edifici, la necessità di piani di sviluppo controllati e un’attenzione particolare alla qualità delle nuove costruzioni». In attesa che il mercato riparta,
Giancarlo Zanini
Giancarlo Zanini, presidente del consiglio di amministrazione di Project for Building, Mornico al Serio (BG) www.projectforbuilding.com
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Bisogna iniziare a fare leva su quegli aspetti, non soltanto economici, ma anche culturali, che potrebbero contribuire a rilanciare il comparto edile
infatti, è necessario incentrare la gran parte delle forze verso direzioni alternative. Anche perché il bilancio 2012 della società è stato segnato da un calo di fatturato superiore al 20 per cento, dovuto a una forte diminuzione delle commesse. «Come ci aspettavamo, il 2013 non si è aperto in modo migliore. Tuttavia abbiamo adattato il nostro budget alla perdita subita nel corso dell’anno precedente e speriamo di non subire un ulteriore calo. A dare un contributo pensiamo potrà essere la nuova linea di prodotti per l’abbattimento acustico, che sta dando ottimi risultati e questo dovrebbe essere l’anno della sua affermazione sul mercato. Per questo Pfb incentrerà i propri sforzi dei prossimi mesi
nella promozione del materassino acustico Damproll. Si tratta di un prodotto dalle elevatissime qualità che non ha ancora preso piede nel mercato italiano: l’assenza di un’adeguata normativa che imponga una soglia di abbattimento acustico, cosa che in altri paesi è già presente da anni, fa sì che in Italia i costruttori non prendano abbastanza in considerazione il fattore dell’isolamento acustico». Prima di concludere Giancarlo Zanini presenta le altre sfide, i progetti e gli investimenti che attendono l’azienda nei prossimi mesi, fra questi lo sviluppo dell’export. «Se nel 2011 le nostre esportazioni rappresentavano una quota del 5 per cento sul fatturato, oggi stiamo lavo-
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rando per incrementare questa voce di bilancio. Abbiamo modificato l’assetto aziendale, in maniera tale da cercare di instaurare rapporti commerciali con il resto dell’Europa nel più breve tempo possibile. Ci troviamo a confrontarci con realtà molto differenti fra loro, e di conseguenza gli approcci cambiano da paese a paese. La chiave dell’inserimento sono i contatti locali, che attraverso la loro esperienza sul campo possono indicarci la strada per arrivare nel modo migliore al consumatore. I feedback più significativi dovrebbero provenire dal mercato turco e mediorientale, anche se non si precludono i principali mercati del continente come quelli mitteleuropei».
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ECONOMIA DELLA CULTURA
Cultura e sostenibilità, il futuro dei Comuni Economia della conoscenza e green economy sono due parole chiave che ben sintetizzano le prospettive dei Comuni italiani, tra sfide e spending review. Ne parla Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia e presidente reggente dell’Anci Francesca Druidi
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na definizione di politiche culturali, capaci di produrre effetti concreti in termini di benessere, integrazione e crescita per il tessuto sociale ed economico di un territorio, appare oggi quanto mai centrale nella governance a livello comunale. Alcune interessanti riflessioni sul ruolo svolto dalla cultura all’interno dei processi di sviluppo delle città emergono dal IX rapporto Civita “Citymorphosis Politiche culturali per città che cambiano”. In base alla ricerca, non solo soltanto le grandi città a registrare un significativo dinamismo in termini di politiche culturali, ma anche realtà urbane di dimensioni più contenute. In questo scenario, a fare la differenza sono sempre più la valorizzazione dell’identità, la capacità di fare rete e la propensione all’innovazione e alla sostenibilità ambientale ed energetica. A offrire la propria esperienza di primo cittadino di Pavia, commentando le potenzialità dell’industria culturale italiana, è 262 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
il presidente reggente dell’Anci Alessandro Cattaneo. In questo momento di grave carenza di risorse per gli enti locali, come la cultura può essere un importante fattore di rilancio del territorio? «Viviamo nella nazione con il maggior patrimonio culturale al mondo e anche la città che am-
ministro è ricca di cultura e di storia. Si dice sempre quanto possa essere importante il fattore “cultura” per lo start up del territorio e, in termini concreti, molti stanno puntando in questa direzione. Nel mio caso, a Pavia, puntiamo in modo deciso sulle nostre ricchezze come il Castello Visconteo, sede di
Alessandro Cattaneo
importanti mostre a livello nazionale, l’Università, il Ticino e la storia dei Longobardi, di cui siamo stati capitale. L’indotto è notevole, sia sotto il profilo turistico, sia nella creazione di nuovi posti di lavoro, e non posso dimenticare quanto la cittadinanza stessa si senta coinvolta in un sano spirito di appartenenza. La cultura rafforza i legami con il territorio e getta ponti verso il futuro». Dare risalto alla dimensione culturale è una strategia che le realtà urbane stanno facendo propria in maniera piuttosto trasversale, come dimostra il IX rapporto Civita. Come si stanno muovendo i Comuni italiani sul fronte della valorizzazione integrata delle proprie eccellenze? «La prima cosa che mi viene da pensare è come questa deva-
stante crisi economica, paradossalmente, ci stia spingendo verso nuovi lidi alla scoperta di strategie moderne e positive. Non solo green economy, ma anche economia della conoscenza con i centri urbani protagonisti attivi di una rinascita culturale. Il rapporto Civita testimonia chiaramente che la strada intrapresa è quella giusta. Certo, porre all’attenzione di tutti l’importanza della cultura e del suo indotto non è cosa semplice, perché occorrono grandi investimenti, ma i risultati sono sotto gli occhi di ognuno a dimostrare quanto il fine giustifichi i mezzi». La cultura si intreccia inevitabilmente ad altri importanti asset di sviluppo, prima di tutto il turismo. In che modo vanno migliorate le sinergie? «Gli asset sono diversi e portano benefici a livello economico, lavorativo e sociale. Riuscire a convogliare tutti i principali soggetti nella crescita non è, comunque, cosa facile perché, ad una prima valutazione, qualche attore può mostrare delle resistenze che rientrano nell’ambito fisiologico delle cose. Poi, però, prevale il buon senso da parte di tutti e, lo dico per esperienza personale, il “fare rete” è un modus operandi che paga: attenzione alle problematiche esposte da ognuno, dialogo aperto a tutti e determinazione nelle scelte, questa la ricetta vincente». L’Anci ha avviato l’Osservatorio nazionale smart city: anche l’evoluzione urbana intelligente e sostenibile è un significativo orizzonte per i Comuni italiani. Quali sono
le prime esperienze più interessanti su questo fronte? E quali le principali criticità? «Smart city è un progetto Paese voluto da Anci che si rifà ai bandi smart cities europei, ai quali hanno partecipato Napoli, Genova, Firenze, Bari, Venezia e Torino. Si tratta di un piano nazionale di interventi coordinati che permettano ai Comuni di sprigionare le loro potenzialità: parliamo di innovazione nella mobilità, scuola, energia, cultura e nelle infrastrutture digitali. Tutti i comuni aderenti si stanno mobilitando dallo scorso anno nell’ottica di politiche locali più “smart”, attraenti e intelligenti. Il rovescio della medaglia consiste nel fatto che le amministrazioni sono chiamate a maggiori responsabilità con risorse sempre minori e ciò rende ancora più difficile l’evoluzione delle linee strategiche da adottare».
Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia e presidente reggente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani
LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 263
ECONOMIA DELLA CULTURA
Quando la cultura produce valore Alle politiche culturali delle città italiane serve un cambio di passo in termini di programmazione, integrazione pubblico-privato e sinergie con altri settori. Lo spiega il docente Pietro Valentino, esaminando gli esiti del rapporto Civita Francesca Druidi
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na via concreta e tangibile per uscire dalla crisi parte dalle città, dal ruolo strategico delle politiche culturali all’interno del tessuto urbano per favorire qualità della vita e benessere della comunità. A indagare queste dinamiche, considerando un campione di 12 medie e grandi città italiane ed europee, è stato il nono rapporto dell’associazione Civita, intitolato “Citymorphosis Politiche culturali per città che cambiano”. Pietro Antonio Valentino, docente di Economia urbana presso l’Università di Roma “La Sapienza” e curatore del rapporto insieme a Marco Cammelli, spiega le enormi potenzialità per il territorio italiano di un dialogo più efficace tra economia e cultura. Con quali modalità la cultura diventa oggi un fattore cruciale nei processi di sviluppo delle città? «Si possono individuare essenzialmente due modalità in cui la cultura viene impiegata. Innanzitutto, rientra nei processi di trasformazione in quanto fattore centrale per la riqualifi-
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Pietro Antonio Valentino, docente di economia urbana presso l’Università La Sapienza
cazione delle aree urbane. Come emerge dall’esperienza internazionale – da esempi come Parigi, Londra, San Francisco, Melbourne – è, infatti, attraverso i grandi interventi di natura culturale che prendono avvio fenomeni di rigenerazione urbana. La cultura può, inoltre, assumere una funzione di sviluppo economico nel momento in cui è utilizzata per sostenere il reddito delle città. Il modo più banale in cui si esplicita l’associazione cultura-economia è il turismo culturale. In realtà la cultura, modificando la qualità dei luoghi, diventa un luogo di attrazione anche per
altre attività economiche. Sotto questo profilo, infatti, quando riesce ad accrescere identità e coesione, la cultura riesce ad agire sull’incremento della produttività, aumentando le forme di cooperazione e riducendo i conflitti». L’Italia non sa adeguatamente valorizzare il suo patrimonio. Quali sono gli elementi in cui il nostro Paese è più carente? «L’aspetto quantitativo è per noi penalizzante. La forte capacità attrattiva dell’Italia, infatti, ha creato una sorta di rendita di posizione. Da qui, una certa staticità nell’offerta culturale del nostro Paese, contraddistinta da
Pietro Valentino
scarsa innovazione. Un secondo elemento di criticità è rappresentato dall’incapacità o dalla mancanza di forme di programmazione integrata tra soggetti pubblici: Stato, Regione, Province e Comuni tendono a muoversi in modo eccessivamente autonomo. I grandi progetti che investono su infrastrutture culturali (teatri, musei, auditorium) per ottenere impatti economici forti, sono necessariamente investimenti a lungo termine. Questi richiedono stabilità decisionale e orientamento bipartisan all’accordo; elementi che spesso scarseggiano nei contesti italiani. Il terzo fattore problematico è la debole integrazione del pubblico con i privati, visti come un nemico o, al contrario, come risolutori di tutti i problemi. Serve
una visione attenta e complessiva per mettere in atto le forme di partecipazione più efficaci». Prendendo in esame i casi virtuosi italiani, come ad esempio Forlì e Mantova, quali strategie nel rapporto tra città e cultura risultano particolarmente efficaci? «Queste realtà hanno elaborato una strategia a lungo termine basata sulla cultura. Hanno poi inserito le attività culturali in un programma più ampio di rivitalizzazione urbana, non lasciandole separate. In terzo luogo, hanno saputo coinvolgere altri soggetti, oltre quelli pubblici, tra cui le fondazioni bancarie, nella realizzazione di questi progetti, come ad esempio il Festivaletteratura di Mantova o la programmazione dell’at-
tività del complesso di San Domenico a Forlì. Si tratta di città capaci di riunire questi aspetti con successo, senza mettere in contrasto amministrazione centrale e Comune. In generale, l’industria culturale italiana - soprattutto privata - ha una produttività che non è inferiore a quella degli altri paesi. Resta però tuttora un deficit linguistico: produrre cultura esclusivamente in lingua italiana significa oggi restringere il mercato in maniera significativa. Dobbiamo sempre tenere ben presente il fattore linguistico». Il capoluogo lombardo si conferma un polo creativo all’avanguardia. Su cosa Milano deve puntare per rafforzare ulteriormente il proprio brand? «Milano si posiziona meglio rispetto al gruppo di attività culturali che nascono e si sviluppano con la rivoluzione informatica. In questo senso, il capoluogo lombardo è predominante in Italia, ma ancora debole se rapportato all’Europa. Queste attività andrebbero perciò potenziate e maggiormente integrate con le altre attività culturali: l’uso della tecnologia informatica per la comunicazione e la diffusione delle conoscenze del patrimonio culturale e artistico potrebbe conferire a Milano un valore aggiunto e renderla più competitiva sul mercato europeo. La cultura è forte quando riesce a trasmettere valori, esperienze e conoscenze da un ambito all’altro».
A sinistra, un incontro del Festivaletteratura di Mantova
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ECONOMIA DELLA CULTURA
La tradizione della modernità È il primo tassello di quello che potrebbe diventare un imponente archivio dell’architettura milanese. Vittorio Gregotti dona la sua documentazione al Comune di Milano, che lo esporrà entro la fine del 2013 Francesca Druidi
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ltre 800 progetti di interventi di architettura, urbanistica, paesaggio, disegno industriale e grafica, realizzati a Milano e non solo, potranno entro la fine del 2013 essere a disposizione dei milanesi, degli studiosi e dei turisti e visitatori che approderanno in città, anche grazie a Expo 2015. È il prestigioso archivio che lo Studio d’architettura Gregotti Associati ha voluto donare al Comune di Milano; un patrimonio il cui valore è stato quantificato in 2 milioni e 800mila euro. «Un grazie vero e di cuore a Vittorio Gregotti – ha dichiarato la vicesindaco con delega all’Urba266 • DOSSIER • LOMBARDIA 2013
nistica, Ada Lucia De Cesaris in occasione dell’annuncio da parte del Comune lo scorso 24 maggio – si tratta di una donazione straordinaria, un contributo alla cultura e alla storia dell’architettura». Dietro alla donazione si profila però un progetto più ampio e ambizioso, illustrato dallo stesso fondatore dello Studio, Vittorio Gregotti. Dove conduce l’idea di donare il suo archivio alla città di Milano? «La mia ambizione sarebbe quella di raccogliere gli archivi dei più significativi architetti, milanesi o che hanno operato a Milano, costruendo la più importante tradizione
Vittorio Gregotti
UN REGALO PER MILANO ecine di migliaia di pezzi, tra cui plastici, foto, corrispondenza e circa 44mila disegni progettuali originali, testimonieranno l’attività svolta dallo Studio d’architettura Gregotti Associati a livello nazionale e internazionale dal 1953 al 2002. «Siamo orgogliosi di poter ospitare la preziosa documentazione dello Studio Gregotti, che testimonia il successo della creatività del grande architetto, in Italia e dovunque all’estero – ha dichiarato l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno –. I segni della sua opera fanno già parte della storia e della vita di Milano». Nel capoluogo lombardo, Vittorio Gregotti è stato, infatti, autore di numerosi progetti, tra i quali la realizzazione del polo universitario della Bicocca, del Teatro Arcimboldi e del recupero dell’intero quartiere ex industriale. Suo anche il progetto della ristrutturazione della sede storica del Corriere della Sera. L’archivio sarà inizialmente ospitato nella Sala Sforzesca del Castello, dove sarà inventariato dal Casva (Centro di alti studi sulle arti visive), ed entro la fine del 2013 sarà visitabile gratuitamente (previo accredito).
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culturale della modernità italiana in architettura. Si tratterà, individuato uno spazio adeguato di cui stiamo discutendo con il Comune, di operare - attraverso un’apposita commissione di storici e critici dell’architettura - una scelta che permetta di organizzare un archivio capace di descrivere principi ed evoluzione dell’architettura moderna lombarda, raccogliendo testimonianze, oggi sovente disperse, e rendere la raccolta disponibile ai futuri studiosi». Del materiale che sarà in esposizione al Castello, a quali documenti e progetti lei è più legato dal punto di vista professionale e umano? «I progetti della carriera del nostro studio sono più di 800 in sessant’anni di attività. Di solito, l’affetto è dedicato ai primi progetti giovanili e agli ultimi. Personalmente, sono affezionato ai progetti del centro culturale di Belém a Lisbona, al nostro edificio di Berlino, al piano regolatore del Comune di Torino, al centro storico della periferia della Bicocca di Milano, al teatro di Aix-en-Provence, allo stadio di Marrakech, ma potrei nominarne molti altri». Cosa vorrebbe che recepisse il futuro visitatore del suo archivio? «Solo l’idea di quanto valga la tradizione della modernità».
Sopra, l’architetto Vittorio Gregotti. In apertura, il progetto dell’area Bicocca. A sinistra, il teatro Arcimboldi a Milano
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© Photo Luisa Pilotti
Le fonderie del lusso La qualità artigianale anche all’interno di produzioni industriali è uno dei grandi meriti che sono riconosciuti al made in Italy. Il punto di Silvia Santa Gobbi sulle necessità dell’export nel mondo delle lavorazioni artistiche Renato Ferretti
on l’arrivo dell’euro e l’apertura delle porte alla Cina senza l’introduzione di dazi doganali adeguati, si è subito capito il bisogno di uscire dall’Italia e dalla “vecchia Europa”». Trovare nuovi sbocchi, intrecciare rapporti con culture e nazioni emergenti è la grande risorsa che Silvia Santa Gobbi attribuisce alla sua Stilars. Nata all’inizio degli anni sessanta, la fonderia artistica bresciana ha affrontato il durissimo periodo degli ultimi quattro anni ben consapevole del potenziale dei
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suoi prodotti. «Per nostra fortuna – continua Gobbi – il made in Italy è ancora di per sé un valore aggiunto: abbiamo il vantaggio di essere riconosciuti nel mondo come rappresentanti del buon gusto, conoscitori dell’arte e studiosi del bello. Non a caso, i nostri clienti esigono che su tutti i pezzi sia presente il nostro logo e la scritta made in Italy: per loro la provenienza aiuta nella vendita, e determina la principale caratteristica di un prodotto “non per tutti”. Quando i clienti visitano la nostra sede produttiva, si stupiscono nel vedere che, nono-
Silvia Santa Gobbi
stante siamo legati a una produzione di tipo industriale, la nostra è una fonderia artistica: all’interno dell’azienda ogni pezzo, dai posacenere agli specchi, dai casalinghi ai complementi d’arredo, passa più volte fra le mani dei nostri collaboratori, prima di arrivare alla fase finale». L’impegno nel processo d’internazionalizzazione della Stilars ha riscattato l’azienda dal periodo di crisi in cui si era ritrovata nel 2009. «Aver creato una nuova rete di clientela in tutto il mondo – dice Gobbi – è senza dubbio il nostro merito più importante. Non ci siamo mai fermati, in questi ultimi anni ho spesso messo i cataloghi in valigia per andare in luoghi dei quali non conoscevo prima l’esistenza o magari ritenuti poco sicuri. Grazie ai fondi stanziati dalla Regione Lombardia e dalla Camera di Commercio di Brescia, abbiamo avuto la possibilità di partecipare a molte fiere internazionali: in Russia, Ucraina, Azerbaijan, Kazakistan, Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, Sud Africa, Giappone, Stati Uniti, Francia, Germania, Taiwan, Arabia Saudita e molti altri. Questi paesi sono oggi i nostri maggiori mercati di riferimento. Viaggiare significa conoscere nuove realtà e capire, soprattutto attraverso i racconti delle persone con le quali si entra in contatto, cosa possiamo offrire a questi mercati». Anche per la guida che Gobbi esprime, si è resa d’obbligo una razionalizzazione interna alla fonderia. «La crisi ci ha para-
dossalmente aiutato a migliorare la produzione – spiega la titolare dell’azienda bresciana –, a capire dove fossero gli sprechi, quali i “rami” da tagliare, cosa fosse necessario implementare e su cosa puntare. Improvvisamente non c’è stata più la corsa al produrre, ma siamo stati costretti a guardare l’azienda dall’interno, cercando di migliorarci per soddisfare le nuove richieste ed esaudire i desideri dei mercati emergenti». Passando all’aspetto più strettamente tecnico, Gobbi illustra le risorse e le possibilità peculiari della sua attività. «Noi acquistiamo l’ottone in pani, e dai nostri stabilimenti esce il prodotto finito: la conoscenza delle numerose fasi del processo produttivo e il poter contare su personale responsabile e con esperienza consolidata, sono senz’altro tra le armi vincenti.
L’esperienza ci garantisce una conoscenza delle lavorazioni indiscutibile. Questo è il punto di partenza per continuare a migliorarci, non solo dal punto di vista della qualità: tra i prossimi obiettivi c’è anche lo studio di nuovi sistemi per un’ulteriore ottimizzazione dei costi. In più dobbiamo adeguarci alla tecnologia senza, però, perdere di vista la manualità, l’esaltazione del particolare, il buon equilibrio fra le esigenze interne e le richieste del cliente finale: quello che proponiamo deve rimanere un prodotto esclusivo. In altre parole, il nostro più grande obiettivo è raggiungere l’alta modernità della produzione, senza dimenticare le nostre origini di azienda a gestione familiare, affidandoci all’istinto e alla fantasia nelle creazioni, ma senza lasciare spazio all’improvvisazione».
La Stilars Snc ha sede a Casto (BS) www.stilars.it
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INTERNI
Profili fatti a mano Una bottega che da oltre un secolo porta avanti un lavoro d’eccellenza dove maestri artigiani riescono a dare vita a progetti originali: dagli arredi per abitazioni a quelli per alberghi, show room, barche da diporto. Ne parla Gabriella Ravasi Valerio Germanico
n’impresa che, pur avendo raggiunto dimensioni importanti, ha mantenuto il carattere artigianale, continuando a svolgere al suo interno tutte le fasi della lavorazione. È questo uno degli elementi che hanno permesso alla Tappezzeria Ravasi di Merate, di conservare vivo lo spirito della piccola bottega. Fondata agli inizi del Novecento, un’evoluzione compiuta a ca-
U Gabriella Ravasi, titolare della tappezzeria Ravasi Srl di Merate (LC) www.tappezzeriaravasi.it
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vallo fra gli anni Settanta e Ottanta, le ha permesso di raggiungere le dimensioni attuali, con la creazione di un laboratorio completo e con l’ambizione di potersi inserire nel mondo dell’arredamento d’interni con la creazione di sedie, divani, poltrone, letti e tende di ogni forma e dimensione. Per condurre in porto quest’opera è stato determinante l’impegno dei titolari Gabriella Ravasi e Guido Lamperti, ma anche
di tutte le figure professionali presenti in azienda. «Con il contributo di tutti siamo riusciti a garantire l’ottimizzazione dei tempi, dei costi di lavorazione». L’unicità e la cura del dettaglio sono la forza dell’azienda. In che modo si svolge concretamente il lavoro? «L’unicità è rappresentata dal lavoro sartoriale a mano, su misura, eseguito completamente dai nostri collaboratori, che riescono a dare vita a progetti originali per le richieste di ogni committenza: dagli arredi per abitazioni private di città o di vacanza a quelli per alberghi, show room, barche da diporto. Per i divani e le poltrone, per esempio, si parte da una fase di progettazione della struttura – che viene realizzata in legno di pioppo –, si prosegue con il posizionamento delle molle incordate a mano. Questo è stato studiato per dare il miglior comfort possibile, grazie anche all’imbottitura tradizionale, sapientemente calibrata e che può spaziare dalla pura lana
Gabriella Ravasi
alle piume, dal crine vegetale del Marocco a quello di origine animale. Per la ricopertura vengono selezionati i tessuti più esclusivi, spesso rielaborati, impunturati e impreziositi da ricami. Ancora un altro esempio. Le ricoperture di letti e tende divengono vere e proprie opere d’arte, grazie alla presenza di ricamatrici di altissimo livello, capaci di trasformare i tessuti con finiture a mano, impunture e accostamenti, ogni volta unici». Quali sono gli stili che preferite? «Cerchiamo di interpretare esigenze, pensieri e forme d’arredo che contemplano dalle tendenze più moderne a quelle più tradizionali, riuscendo a garantire l’unicità e la fattura magistrale di ogni singolo elemento d’arredo, nel rispetto dello stile prescelto. Abbiamo impostato
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L’unicità è rappresentata dal lavoro sartoriale a mano, su misura, eseguito completamente dai nostri maestri artigiani
l’attività su una filosofia ben precisa: essere al servizio della creatività per dar vita a opere d’arredamento altrimenti irrealizzabili. Un supporto importante è stato certamente la collaborazione con gli architetti e gli interior designer che hanno fatto la storia dell’arredamento d’interni». Quale risposta ha dato il mercato alla vostra proposta di elevata qualità del prodotto? «La nostra è una realtà consolidata da lungo tempo e quindi necessariamente affermata. Nel 2012 e rispetto agli anni scorsi il nostro fatturato si è mantenuto stabile, con la soddisfazione
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però di un leggero incremento, raggiunto soltanto grazie a una maggiore profusione di impegno e capacità di adattamento alle varie richieste. Questo non esclude però che stiamo avvertendo anche noi il morso della crisi. Registriamo un consistente calo di domanda, sia su mercati esteri sia in quello interno – anche in quei settori medio-alti che sono il nostro mercato di riferimento. E purtroppo l’attuale andamento economico europeo e italiano dà poche speranze di proiezioni positive per aziende artigianali come la nostra, salvo ovviamente una sostanziale inversione di tendenza». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 271
INTERNI
Dar forma al punto vendita Gli effetti della crisi sugli investimenti delle attività commerciali e sull’interior design. Ianosi Virginio Meris presenta un bilancio in controtendenza e indica la strategia portata avanti nonostante le difficoltà oggettive Mauro Terenziano
inori consumi, minori introiti, minori investimenti. È questo il quadro che emerge dall’esperienza di chi ha oggi fra i propri committenti i gestori di spazi commerciali come hotel, ristoranti, gelaterie, bar, pub, villaggi turistici e punti vendita, indipendentemente dalle diverse categorie merceologiche. «Quello
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che stiamo registrando è la chiusura di numerose imprese del nostro settore – anche grandi imprese. Noi tuttavia siamo ancora sul mercato e nonostante un’innegabile flessione nel numero delle commesse, continuiamo a offrire lo stesso livello di servizio che garantivamo negli anni precedenti l’attuale crisi economica – livello caratterizzato da standard qualitativi ele-
vati sia per quello che riguarda la selezione dei materiali, sia per la progettualità e l’esecuzione dei lavori». A parlare è Ianosi Virginio Meris, titolare della A.B.I. Arredamenti di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo, impresa specializzata nella progettazione, produzione e montaggio su misura di numerose tipologie di spazi commerciali – eseguite con l’ausilio di tecnologie all’avanguardia di proprietà dell’azienda. E se tutti i settori hanno subìto in questi anni delle oscillazioni nel fatturato, A.B.I., nel corso del 2012, è riuscita a centrare un incremento, grazie soprattutto al potenziamento della rete commerciale e al contributo del mercato estero, rappresentato da Germania, Svizzera, Malta, Spagna, America, Colombia e Qatar. «Questo non ci impedisce di lamentare condizioni di lavoro non sempre ideali, a causa principalmente dei tempi di consegna dei lavori sempre più stretti e del rispetto nei pagamenti da
Ianosi Virginio Meris
Allestimenti commerciali realizzati dalla A.B.I. Arredamenti di Comun Nuovo (BG) arredamenti@abi-srl.com
parte dei committenti – fattore che ci crea non poche difficoltà. Tuttavia i risultati raggiunti in termini economici ci hanno permesso di incrementare la qualità e il servizio». Gli arredi vengono realizzati utilizzando materiali diversi, sempre scelti in base alle loro caratteristiche peculiari. «Per le strutture – prosegue Meris Ianosi –, interamente realizzate dalla nostra falegnameria, impieghiamo listellare o multistrato, per i rivestimenti selezioniamo essenze pregiate, per poi completare il tutto con decorazioni in acciaio, marmo, granito, agglomerati e materiali innovativi. Inoltre garantiamo ai nostri committenti un ulteriore servizio di assistenza cantieristica, intesa come presenza tecnica e professionale per ogni adattamento elettrico e idraulico, in grado anche di valutare ogni problematica, esigenza, ubicazione, funzionalità e tipologia di esercizio per quanto riguarda le scelte tecniche di progetto, naturalmente tenendo
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Per i rivestimenti selezioniamo essenze pregiate, per le decorazioni acciaio, marmo, granito, agglomerati e materiali innovativi
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sempre in considerazione le necessità imposte dalla destinazione d’uso e il gusto sia dei committenti sia del target al quale si rivolge la struttura». Recentemente è stato potenziato il parco macchine di A.B.I. Arredamenti con un centro di lavoro di ultima generazione. «Aver investito su tecnologie innovative non vuol dire però che abbiamo abbandonato la nostra passione per l’artigianalità, dato che per raggiungere determinati livelli qualitativi il ruolo di una mano dotata dell’adeguata
esperienza rimane fondamentale». Gli obiettivi di Ianosi Virginio Meris si confermano quelli di un costante miglioramento della produzione. Come afferma egli stesso in conclusione, infatti: «Crescere e lavorare con serenità ci permette di guardare avanti e ambire a nuovi orizzonti e mercati, in grado di assicurarci performance costanti nel tempo. Confidiamo pertanto di continuare su questa strada con partner e collaboratori che condividano i nostri medesimi obiettivi». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 273
POLITICHE SANITARIE
Un sistema che premia l’efficienza L’assessore Mario Mantovani ha le idee chiare, riformare il settore continuando la staffetta tra pubblico e privato, che negli anni si è rivelata efficace e vicina ai bisogni dei cittadini Teresa Bellemo
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a sanità per la Lombardia è diventata una pedina fondamentale sia a livello economico che qualitativo. Con i conti in pareggio in un momento di forte difficoltà per l’amministrazione della cosa pubblica, viene spesso presa ad esempio dalle altre regioni in un’ottica di miglioramento dei servizi ai cittadini e di riduzione della spesa. Mario Mantovani, vicepresidente regionale e assessore alla Sanità, ha intenzione di proseguire questo percorso rendendo però più facile la vita dei pazienti lombardi, nonostante la riduzione delle risorse. Un obiettivo che passa per una maggiore efficienza, una riduzione delle liste d’attesa e la valorizzazione delle tante eccellenze, senza perdere mai di vista il dialogo e il confronto con gli enti locali e i soggetti pubblici e non pubblici attivi sul territorio. L’assessore inoltre rilancia: «Dobbiamo provvedere al riordino delle reti d’offerta, dando particolare attenzione alla prevenzione e all’ottimizzazione di risorse e strutture». Sia lei che Maroni avete voluto sottolineare che il riordino non consisterà in una riduzione di fondi ma in una riorganizzazione in base alle esigenze. Però la Regione ha a disposizione 225 milioni di euro in meno. «Procederemo da una parte chiedendo qualcosa in più a chi ha di più e in questo senso stiamo studiando una rimodulazione dei ticket sanitari. Dall’altra abbiamo già iniziato a lavorare con il ministero, ho incontrato il ministro Lorenzin nei giorni scorsi affinché le realtà virtuose come la nostra siano premiate e non penalizzate dal governo. La Lombardia rispetto ad altre regioni
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continua ad avere il bilancio in pareggio sul fronte sanitario. Chiediamo pertanto più rispetto e maggiore equità di fronte a riduzioni, tagli e trasferimenti ridotti». Uno dei punti su cui si è soffermato di più è la riduzione dei tempi d’attesa. Quali sono le problematiche più grandi per i cittadini e di cosa ha bisogno il sistema per funzionare meglio? «Quando una persona vive l’esperienza della ma-
Mario Mantovani, vicepresidente della Regione Lombardia e assessore alla Sanità
Mario Mantovani
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Non si tratta né di ridurre né di accorpare, ma di trasformare i servizi in base ai bisogni emergenti
lattia ha diritto ad avere in tempi ragionevoli una risposta. Vogliamo per questo ulteriormente lavorare per la riduzione dei tempi di attesa. Procederemo quanto prima alla sperimentazione di nuove forme di collaborazione con il privato accreditato e all'individuazione di ulteriori modalità di lavoro con i professionisti prescrittori, proprio per accelerare i tempi di risposta». Rimaniamo sul tema dei bisogni dei cittadini. La riorganizzazione della rete ospedaliera e delle Asl non creerà delle difficoltà? «La sfida è continuare a garantire una sanità d’eccellenza, pur in un quadro economico ed organizzativo in notevole mutamento. Per un cittadino è importante sapere che sul proprio territorio sia garantita la presenza di strutture all’avanguardia, capaci di rispondere con immediatezza ed efficacia alle principali patologie e problematiche. Non si tratta dunque né di ridurre né di accorpare, ma di trasformare i servizi in base ai bisogni emergenti. Sono per questo nati dei gruppi di lavoro con i direttori generali che avranno il compito di valutare la situazione lombarda nelle varie province e formulare le prime proposte, anche in base alla loro diretta esperienza». Secondo i sindacati le 1.400 assunzioni programmate per il 2013 non sono indice di aumento dell’occupazione, ma una sostanziale copertura dei 3.500 posti di lavoro persi tra il 2011 e il 2012 in questo settore. «Regione Lombardia, in un periodo che tutti sappiamo complesso dal punto di vista occupazionale,
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ha deciso di investire importanti risorse per continuare a garantire occupazione e mantenere alti i livelli di professionalità. Mi sembra un risultato importante che le parti sociali e soprattutto gli operatori e le loro famiglie apprezzeranno». La faccenda del San Raffaele costituisce un fronte molto caldo. Come intende muoversi? «Il San Raffaele è una delle realtà di cui andiamo orgogliosi. Regione Lombardia ha recentemente garantito, grazie anche all’impegno dell’assessore Aprea, i livelli di occupazione salvaguardando famiglie e utenti. Una struttura da tutti riconosciuta e apprezzata potrà dunque proseguire il suo lavoro a livello lombardo ed a livello nazionale». La Lombardia è un esempio per questo settore in Italia. Quali sono secondo lei i punti più facilmente emulabili a livello nazionale, in un ottica di razionalizzazione delle risorse? «La nostra esperienza ci dice che la collaborazione tra pubblico e privato accreditato ha garantito in questi anni, attraverso regole e controlli certi, un sistema virtuoso per il cittadino che si è visto garantire la libertà di scegliere dove curarsi. Si tratta di un’esperienza che intendiamo proseguire, rivedendo quelle modalità come le funzioni non tariffabili che avevano creato qualche problema. Rafforzeremo così il sistema che ad oggi continua ad essere un punto di riferimento non solo per l’Italia ma per l’intera Europa. E la ricerca sarà il perno su cui far leva per una sanità eccellente».
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FARMACI
Cambia l’offerta farmaceutica Cesare Benedetti descrive la trasformazione ancora in atto nel settore, dove continua l’innovazione e la ricerca qualitativa dei prodotti da banco. Ecco com’è cambiato il servizio offerto dalle farmacie Renato Ferretti
un cambiamento profondo quello che la farmacia ha subito negli ultimi anni. Un cambiamento che ha imposto alle case produttrici un’inversione di rotta nelle strategie e nella ricerca: si pretende, infatti, una qualità sempre più elevata dei cosiddetti prodotti da banco. E il motivo per cui il reddito dei farmacisti, nonostante tutto, continua a essere ai primi posti della classifica stilata dal Ministero dell’Economia, sta anche nella capacità di seguire il mercato dimostrata proprio dalle aziende farmaceutiche. Il gruppo Zeta Farmaceutici, della famiglia Benedetti, si occupa di dare un servizio il più possibile completo, orientandosi in particolare alla ricerca e alla confezione di farmaci generici, integratori e cosmetici di standard elevati. «Ci sentiamo obbligati ora più che mai – spiega Cesare Benedetti, presidente del Gruppo Zeta – a un processo di ricerca che dia qualcosa di più rispetto a quanto si può trovare, per esempio, in una profumeria. Fermo restando che uno dei nostri cardini sta nell’efficacia dei prodotti, questi devono comunque garantire un risultato migliore. In caso contrario non sarebbe giustificata la loro posi-
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zione in farmacia. In questo modo permettiamo all’offerta del farmacista di rispondere onestamente ai requisiti che la sua professione pretende. Insomma siamo al servizio del farmacista». Cosa significa? «Dare un servizio completo anche sacrificandosi: basti considerare, infatti, che i nostri margini sono ridotti all’osso proprio per
20.000 ANALISI EFFETTUATE SU TUTTE LE MATERIE PRIME, QUATTRO VOLTE L’ANNO, DAL GRUPPO ZETA FARMACEUTICI
Cesare Benedetti
Il farmaco è come il pane, è un bene di cui la società non può fare a meno: la farmacia è quindi un punto di riferimento
dare più possibilità ai nostri prodotti di uscire effettivamente dal punto vendita, cioè di essere realmente competitivi. Forse in questo sta tutta la nostra natura veneta: noi mettiamo il lavoro davanti a tutto, crediamo nell’azienda e i nostri utili sono reinvestiti in azienda. In altre parole crediamo nel lavoro. Non siamo imprenditori che cercano solo i guadagni alla chiusura del bilancio e fanno di tutto per ottenerli. Il cinismo non ci appartiene». Secondo lei, in che modo sta cambiando il settore a livello economico? «Bisogna rimanere in sintonia con il mercato pur mantenendo l’etica del mondo farmaceutico. In un certo senso, bisogna cercare di capire quanto vale nel mercato la qualità ga-
rantita da un’azienda farmaceutica, ricordando che il farmaco è come il pane, serve alla società: il farmacista è quindi un punto di riferimento. È questa evoluzione econo- Cesare Benedetti mica che seguiamo sia in Marco Viti, sia in insieme all’Amministratore Zeta Farmaceutici. Per esempio, con il mar- delegato Ida Filiaci chio Marco Viti, il cui stabilimento si trova e alla figlia Marta, in Brianza, produciamo sia i generici, sia una che ha da poco assunto la carica di serie di integratori tutti differenziati in base Ad assieme alla madre alle esigenze. Così facciamo in modo che i www.zetafarm.it farmacisti rendano il servizio che devono con la massima offerta possibile». Su cosa state puntando per il prossimo futuro con il marchio Marco Viti? «Con questo marchio ci orientiamo più sugli integratori che non sui cosmetici, e abbiamo fatto molti investimenti sulla parte produt- LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 281
FARMACI
UN MARCHIO DA SALVAGUARDARE arco Viti fonda l’omonima ditta nel 1933 importando e vendendo lanolina, una sostanza naturale che funge da eccipiente per le creme. Il suo mercato, dal chimico diventa ben presto quello farmaceutico. L’azienda passa di mano in mano, producendo farmaci generici sempre più apprezzati, finché non è ceduta alla Carlo Erba, nel 1990. «In quel periodo – ricorda Cesare Benedetti, attuale titolare del marchio – l’immagine della Marco Viti, riguardo quelli che potremmo definire i prodotti poveri di servizio alla farmacia, era molto importante soprattutto nel Nord. Ma a quel tempo, l’obiettivo per cui si era strutturata la Carlo Erba era molto differente rispetto a quello che l’organizzazione della marco Viti si era preparata a perseguire. Così nel 1993 viene venduta all’azienda inglese Boots, che voleva aggredire il mercato italiano. Per sette anni la Boots ha commissionato al mio gruppo, la Zeta Farmaceutici, i prodotti da fare nello stabilimento brianzolo. Nel 2000, però, anche la Boots decide di non investire più sul marchio, per una questione di margini eccessivamente bassi: non abbiamo voluto perdere una realtà così importante e per questo abbiamo deciso per uno sforzo economico considerevole e l’abbiamo comprata: in questo modo abbiamo salvato il marchio, lo stabilimento e tutto il personale che lì lavorava ormai da decine d’anni».
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tiva, ottenendo tutte le garanzie e certificazioni. Il grosso della nostra attività è orientato a forme farmaceutiche d’avanguardia, come per esempio le capsule molli per prodotti che non sono medicinali: penso all’olio di fegato di merluzzo o al paracetamolo, sostanze non ad alto valore, quindi, come invece di solito sono impiegate le capsule molli. Uno dei prodotti di punta del marchio è la linea Massigen, che integra il fabbisogno dell’organismo per le diverse attività: per lo sportivo (un integratore ad hoc pre e uno post attività), per lo studente, per l’anziano che ha bisogno di recupero, e altri. Sono tutti prodotti che sono illustrati nel punto vendita attraverso espositori di varie dimensioni, forme e colori, in modo che il consumatore possa subito notare il prodotto di qualità che il farmacista ha deciso di proporgli. Per fare certi investimenti bisogna avere una struttura adatta: di certo
Cesare Benedetti
non faremo le capsule molli che abbiamo in mente con le stesse linee del Massigen. Il prossimo passo sarà usare la tecnologia che abbiamo acquisito spostandola verso il farmaceutico». Cosa vi permette di ottenere i vostri risultati in termini di standard qualitativi? «La qualità che forniamo ai nostri clienti è indiscutibile, perché operiamo in regime di Gmp (acronimo di Good Manufacturing Practice, cioè buona pratica di fabbricazione) in tutti i segmenti produttivi del gruppo. Ciò comporta un elevatissimo standard qualitativo, obbligatorio per la produzione farmaceutica, ma che seguiamo anche negli altri settori produttivi: cosmetici, integratori, dispositivi medici». Tutto questo sembra suggerire un certo investimento in ricerca. «Abbiamo fatto molti investimenti per raggiungere il massimo grado di qualità, circa il sei per cento del nostro fatturato va alla ricerca: mi piace pensare che i nostri farmacisti acquistino da noi perché convinti della validità del nostro lavoro. La ricerca e l’attività di controllo hanno un’importanza per noi capitale: tra Ctf (cioè laureati in chimica e tecnologie farmaceutiche) e farmacisti, sono dieci i professionisti che si dedicano a tempo pieno a quest’ambito e portano avanti i singoli progetti. I processi che riusciamo a sviluppare, sempre in conformità con le direttive del Ministero della Salute, sono sempre innovativi e complessi. Parte della nostra attività comprende la cosmesi, e in quel caso lo sforzo è concentrato sul garantire, oltre all’efficacia del prodotto, un alto profilo di sicurezza e una spinta all’innovazione per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più sofisticato».
Un elemento decisivo è eliminare i gap comunicativi: i nostri venditori rispondono solo a noi senza altre mediazioni
Quali sono stati gli ultimi risultati del gruppo? «Ci possiamo ritenere fortunati, perché negli ultimi cinque mesi siamo cresciuti del 15 per cento, in controtendenza rispetto al resto del tessuto industriale in Italia. Sono convinto che merito di questo dato sia nella mancanza di mediazione tra noi e i nostri 125 venditori: dipendono direttamente da noi e quindi non ci sono altre figure intermedie che interpretano quello che viene detto loro dai venditori, e magari in base a un loro tornaconto. In questo modo abbiamo eliminato qualsiasi gap al livello comunicativo, di cui si può ben immaginare l’importanza, in campo commerciale». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 283
FARMACI
Chimica e biotecnologia, congiunzioni possibili Crescono le vendite di farmaci generici in Italia. Siamo tuttavia ancora lontani dai numeri dei mercati esteri. Marcello Fumagalli, general manager dell’Associazione italiana dei produttori di principi attivi per farmaci generici, presenta potenzialità e prospettive del settore Luca Càvera
ra settembre 2012 e lo scorso marzo è stato registrato un incremento del 25 per cento nelle vendite dei farmaci generici (fonte: dati di Assogenerici, elaborati dall’Adnkronos Salute). Anche se già nei mesi precedenti era stato registrato un aumento delle vendite, un impulso ulteriore è stato dato da una norma, introdotta nell’agosto 2012, che ha imposto ai medici l’indicazione del principio attivo sulle ricette. Oltre all’intervento legislativo, certamente anche il ridotto potere di acquisto delle famiglie ha favorito il superamento della diffidenza da sempre registrata nel nostro paese verso i farmaci generici. «Tuttavia – commenta Marcello Fumagalli, general manager di CPA, Associazione italiana dei produttori di principi attivi e intermedi per il mercato dei farmaci generici –, siamo ancora lontani dalle percentuali che si registrano nel resto dell’Europa e negli Stati Uniti, dove il generico occupa un’elevata quota del mercato». E non è un caso infatti che il 95 per cento dei principi attivi prodotti dalle aziende che aderiscono a CPA sia destinato all’export. «Per i nostri associati, il primo mercato di riferimento è quello statunitense – continua Fumagalli –. Seguono Regno Unito e Germania, Nord Europa, poi c’è una quota di fatturato ricavata nel resto del mondo e alla fine arrivano paesi come Italia, Francia e Spagna, in cui il
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Marcello Fumagalli, general manager di CPA, Milano www.cpa-italy.org
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farmaco generico si è affermato piuttosto recentemente – si è affermato, ma non ha ancora “sfondato”. Come possono già indicare questi dati, a livello globale ci viene riconosciuto un’expertise potente. Se sono numerose le società chimico-farmaceutiche estere che ci affidano la produzione in custom manufacturing dei principi attivi che poi saranno introdotti nei loro prodotti, in alcuni casi abbiamo anche avuto modo di dimostrare che la
Marcello Fumagalli
nostra eccellenza va oltre la mera capacità produttiva. Infatti spesso ci viene affidato lo sviluppo delle nuove molecole e quindi seguiamo tutto l’iter: dall’origine della fase sperimentale fino alla preparazione del prodotto, affrontando le diverse fasi cliniche che permettono a una molecola di arrivare all’immissione in commercio». Nonostante il riconoscimento dei mercati esteri e delle agenzie del farmaco, un freno allo sviluppo del settore è da attribuire a un apparato burocratico nazionale che se non si può dire ostacoli le imprese, di certo non le favorisce. «È ovvio che come in tutti i settori fortemente regolamentati, le imprese hanno oneri importanti da rispettare. E sono oneri che accettiamo di buon grado perché ci permettono di lavorare in un ambito e con un riconoscimento che ha dato sempre rilievo ai produttori italiani. Non possiamo dire lo stesso per gli oneri burocratici italiani, che appesantiscono il lavoro dei nostri associati con tempi autorizzativi lunghissimi o interpretazioni estremamente particolari che vanno a decremento della fluidità dell’operare quotidiano. Inoltre, va detto che in Italia esistono imposizioni normative che nel resto del mondo non esistono e soprattutto che non esistono a livello europeo». Altro problema con cui si scontra il mondo chimico-farmaceutico è anche il pregiudizio diffuso rispetto alle tematiche del rispetto ambientale. «Abbiamo ben presente quelle che sono le problematiche e ormai da anni, con risultati importanti, si tende a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e delle sintesi chimiche. Inoltre, con l’emergere della green chemistry, sono state introdotte diverse tipologie di vie di sintesi, che “mimano” quanto accade in natura. Ciò è possibile attraverso la biocatalisi ed è per questo che è stato incen-
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EXPORT LA QUASI TOTALITÀ DEI PRINCIPI ATTIVI PER FARMACI GENERICI PRODOTTI IN ITALIA SONO DESTINATI AI MERCATI ESTERI: STATI UNITI, REGNO UNITO, GERMANIA
tivato lo studio delle sintesi enzimatiche. Con la biocatalisi, siamo riusciti a migliorare l’aspetto relativo alla purezza dei prodotti, alla diminuzione drastica dei prodotti di scarto, all’abbattimento dei consumi energetici. Ma non sono solo queste le nuove frontiere della chimica-farmaceutica. «Oggi il nostro settore non si ferma più al “farmaco” come risultato di una sintesi chimica, bensì guarda al farmaco biotecnologico, alle congiunzioni possibili fra chimica e biotecnologia. E l’imprenditoria chimica sta cercando di guardare lontano nel tempo, per valutare l’introduzione nelle aziende di un “know how” molto specifico, come quello che si configura nelle biotecnologie». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 285
STRUTTURE SANITARIE
Per un sistema sanitario più sostenibile Tra le priorità che il ministro Lorenzin ha messo in evidenza c'è la volontà di intervenire con una nuova politica di prevenzione per la sostenibilità del Ssn. Il punto di Mario Cecchetti della casa di cura La Quiete Marco Tedeschi
l nostro Ssn resta uno dei migliori al mondo. Ma i tempi cambiano e oggi il Ssn, si confronta con altre grandi sfide assistenziali. Tra le priorità da affrontare c'è sicuramente una nuova politica della prevenzione nella convinzione che un investimento in interventi di prevenzione, purché basati sull’evidenza scientifica, costituisca una scelta vincente, capace di contribuire a garantire, nel medio e lungo periodo, la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale». Sono queste le parole che il neo ministro alla Salute Beatrice Lorenzin, ha voluto ribadire in apertura del suo intervento programmatico davanti alle Commissioni sanità della Camera e del Senato. Decisamente in linea con le parole del Ministro è la direzione della casa di cura La Quiete di Varese. «Come casa di cura – spiega il dottor Mario Cecchetti – riteniamo che in futuro la medicina preventiva abbia un ruolo preponderante nella sanità. Per questo abbiamo investito personale e capitali nella formazione di equipe dedicate e attrezzature d’avanguardia come ecografi tridimensionali, MOC, mammografo
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La Casa di cura La Quiete si trova a Varese www.laquietevarese.it
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digitalizzato utili nello studio preventivo dei tumori mammari, dei genitali femminili e dell’osteoporosi. Il laboratorio analisi è stato dotato di nuove apparecchiature e attualmente risulta completamente autonomo per la maggior parte delle procedure analitiche. Si è puntato sulla chirurgia mininvasiva con acquisto di nuovi strumenti per interventi in videolaparoscopia, artroscopia di polso, ginocchio, spalle, anca, possibilità di chirurgia vertebrale mininvasiva per ablazione di ernie discali e stabilizzazione di fratture vertebrali, posizionamento di stent vascolari e disostruzioni arteriose».
Mario Cecchetti
La casa di cura La Quiete è presente sul territorio da circa un secolo. «Da alcuni anni la parte ambulatoriale è convenzionata con il sistema Sanitario Nazionale per le branche di diagnostica per immagini (Radiologia Tradizionale, TC, RM, Ecografia), laboratorio analisi, cardiologia, oculistica neurologia e ginecologia. La Quiete nasce nel 1919 come uno dei più importanti centri europei per la diagnosi e la cura del diabete. Poi si è progressivamente specializzata nella terapia medicochirurgica di tutte le malattie interne». Un centro polispecialistico che fa affidamento su tecnologie avanzate. «Abbiamo a disposizione – prosegue il dottor Cecchetti - Tac ed Rmn di ultima generazione e garantiamo assistenza medico specialistica continuativa con possibilità di usufruire di una terapia sub intensiva interna e di un posto letto ospedaliero presso la terapia intensiva nel caso ci fossero particolari necessità. Avendo a disposizione plurime figure specialistiche, ci siamo impegnati nel fornire all’utenza nuovi servizi che sembrano riscuotere ottimi interessi. Da poco è stato aperto l’ambulatorio odontoiatrico, stiamo proponendo il servizio di dietologia
Abbiamo a disposizione Tac e Rmn di ultima generazione e garantiamo assistenza medico specialistica continuativa
strettamente legato a programmi mirati di prevenzione cardiovascolare supportato da assistenza psicologica con specialisti indirizzati verso l’ipnosi». L'alto grado di specializzazione ha portato alla nascita di progetti importanti. «In collaborazione con i maggiori centri di ricerca nazionali, siamo stati inseriti nel “Progetto Gondola” per la cura di pazienti affetti da malattia di Parkinson e stiamo sempre più sviluppando il servizio di Fkt e recupero funzionale post infortunio di sportivi professionisti». Collaborazioni importanti che riguardano anche la Regione Lombardia. «La clinica - conclude il dottor Cecchetti - collabora da circa un anno con la regione sul progetto sociale di assistenza e cure intermedie su malati per i quali si rende necessario ricovero per periodi 15-30 giorni a scopo di impostare terapie che possano successivamente essere assunte a domicilio». LOMBARDIA 2013 • DOSSIER • 287