OSSIER CAMPANIA L’INTERVENTO.........................................13 Giorgio Fiore Stefano Caldoro
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Paolo Graziano IL FUTURO DELL’UNIONE ...............22 Antonio Tajani Alberto Quadrio Curzio Emmanuele Francesco Maria Emanuele Sergio Ginebri Andrea Goldstein Gregorio De Felice DONNE PER LO SVILUPPO ............42 Sandra Cioffi Marta Catuogno Stefania Brancaccio Annamaria Colao Maria Gabriella Gribaudi RITRATTI ................................................52 Giorgio Napolitano
ECONOMIA E FINANZA
TERRITORIO
FINANZA ................................................58 Giuseppe Attanà Stefano Catalano Alberto Giovannini
TRASPORTI .........................................120 Luigi Melca
INNOVAZIONE ......................................68 Angelo Majorano TECNOLOGIE ........................................70 Domenico Prisco MODELLI D’IMPRESA .......................72 Giuseppe Scardamaglia Raffaele Servillo IL MERCATO DEL GIOCO .................78 Assunta Menna Vincenzo Sorrentino INFORMATICA .....................................84 Michele Palmese INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGY .86 Giuseppe Mocerino IL MERCATO DELL’AUTO ................90 Antonio Padolecchia e Mario Fiore Rachele De Rosa SERVIZI ALL’IMPRESA ....................94 Carlo Balnelli PRODOTTI ALIMENTARI ..................96 Salvatore di Mauro SHIPPING ............................................100 Francesco Nerli Paolo D’Amico Francesco Saverio Lauro Federico Barlozzetti Michele Bottiglieri NAUTICA ...............................................116 Antonio Palumbo
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BANDA LARGA ..................................122 Guido Trombetti Antonio Pescape’ EDILIZIA ...............................................130 Gennaro Micillo Domenico Di Palo Giovanni Buonanno Achille Finamore RESTAURO ..........................................144 Giuseppe Valentino ARREDI SACRI ...................................148 Ruggiero Serpone TURISMO .............................................152 Renzo Iorio Giuseppe De Mita Costanzo Iannotti Pecci
Sommario AMBIENTE ED ENERGIA
GIUSTIZIA
SANITÀ
TUTELA DEL TERRITORIO ............160 Corrado Clini
SISTEMA GIUDIZIARIO ...................182 Le proposte del governo
FORMAZIONE .....................................192 Adelfio Elio Cardinale
POLITICHE ENERGETICHE ...........164 Gianni Chianetta Simone Togni Andrea Clavarino
RIFORMA FORENSE ........................184 Maurizio De Tilla Francesco Caia
RICERCA SCIENTIFICA ...................196 Franco Mandelli Umberto Veronesi Tonino Pedicini Nicola Mozzillo
GESTIONE RIFIUTI ............................174 Gaetano Salerno SERVIZI ECOLOGICI .........................178 Giuseppe Di Gennaro
L’INDUSTRIA FARMACEUTICA ..206 Arturo e Pio De Meo RIABILITAZIONE .............................208 Cristina Bianchi CASE DI CURA...................................210 Francesco Ciccarelli
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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO
I prossimi passi verso lo sviluppo di Giorgio Fiore, Presidente di Confindustria Campania
e statistiche più accreditate ci consegnano quest’anno anno un Mezzogiorno in recessione. La crisi della Campania, in particolare, assume una dimensione nazionale a causa della desertificazione del sistema produttivo e del forte indebitamento degli enti locali. Sulla base di queste considerazioni abbiamo promosso, insieme a Cigl, Cisl, Uil, Ugl e il Coordinamento Pmi, la realizzazione di un patto anti-crisi con la Regione Campania. Tra gli interventi prioritari abbiamo segnalato la realizzazione di una cabina di regia per le politiche di sviluppo e le crisi industriali, il pagamento dei debiti della Pa verso le imprese, un sistema di monitoraggio della spesa, un piano di riforme settoriali, la realizzazione delle infrastrutture. La realizzazione di un’adeguata infrastrutturazione, dal punto di vista ambientale (gestione rifiuti), energetico (distribuzione energia) e dei trasporti, risulta prioritaria in quanto pre-condizione per lo sviluppo del sistema economico di un territorio. Purtroppo, al riguardo, il sud non solo è stato defraudato dei fondi Fas destinati a tale scopo, ma ha visto anche la rifinalizzazione su tali interventi delle risorse europee, con il risultato di allargare il divario con il nord. Oltretutto, dopo ben 30 anni trovare nel piano strategico nazionale delle infrastrutture ancora la Salerno-Reggio Calabria ci lascia indignati, tanto più che in questo caso si tratta di un’opera di competenza del governo centrale, quindi, non soggetto alle più volte rimarcate inefficienze delle amministrazioni regionali. Per rilanciare lo sviluppo non servono interventi episodici bensì un “New deal”: una visione diversa del futuro, basata su aspettative quanto più vicine possibili alla realtà. Intendo dire che nel prossimo futuro il Paese sarà caratterizzato da un minore livello di consumi, ma non per
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questo dobbiamo aspettarci un Paese più povero se riuscirà a “produrre” maggiori “contenuti” diretti a un miglioramento della qualità della vita e a una maggiore mobilità sociale. Penso alle numerose ipotesi di sostituzione del Pil con indicatori del progresso reale atti a misurare il benessere dei cittadini, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e privati, la sostenibilità intesa come la capacità di assicurare in futuro lo stesso capitale economico, umano e ambientale. Il “New deal” coinvolge anche le imprese naturalmente, la cui competitività si dovrà basare sul costo complessivo del sistema Paese; esse dovranno ragionare su modelli diversi di contrattazione perché diversi sono i contesti territoriali, diverse sono le tipologie di aziende. Le tutele dei lavoratori non vanno eliminate, ma bisogna trovare il modo per estenderle a chi non è occupato. Non è pensabile una soluzione del problema giovanile senza politiche che si concentrino sulla fase della transizione scuola-lavoro per renderla più fluida possibile, magari prevedendo la totale esenzione fiscale sulla retribuzione. Così come non è ipotizzabile un continuo allungamento dell’orario lavorativo in quanto le più antiche teorie economiche dimostrano che risulta controproducente a causa del naturale calo di rendimento e dunque di una produttività minore. Sarebbe rivoluzionario, invece, riuscire a trovare il modo di agevolare le imprese nell’ottica di una maggiore turnazione così da soddisfare anche una maggiore offerta di lavoro, sulla scia del modello adottato in Germania. Io credo che gli italiani abbiano risposto con grande senso di responsabilità ai sacrifici richiesti dall’attuale governo, un intervento choc che andava fatto. Adesso occorre uno stesso choc, ma con l’adozione di misure improntate allo sviluppo del Paese e soprattutto del Mezzogiorno. CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 13
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO
L’agenda della Regione di Stefano Caldoro presidente della Regione Campania
anità, gestione dei rifiuti, infrastrutture e legalità rappresentano le quattro priorità su cui lavorare. Riguardo al primo, abbiamo invertito la rotta. I risultati conseguiti in questi mesi sono il segnale che la strada intrapresa è quella giusta. Dobbiamo proseguire su questo percorso, che coniuga rigore e qualità dei servizi. Stiamo ottenendo risultati straordinari grazie agli interventi messi in campo: piano dei pagamenti, riassetto della rete ospedaliera, riduzione della spesa farmaceutica e dei costi delle spese di funzionamento, nomine dei manager delle Asl e degli ospedali. La nostra organizzazione sta portando a una buona sanità. Non sarà facile questa fase, ma riusciremo con il tempo a dare ai campani le giuste risposte a garanzia del diritto alla salute. Per quanto concerne il secondo punto, il trasferimento all’estero dei rifiuti non è un elemento d’orgoglio. Scontiamo oggi i gravi ritardi del passato, ma ora la regione deve dotarsi di un sistema di smaltimento rifiuti completo, fatto di discariche, poche ma necessarie, di impianti intermedi e di termovalorizzatori. Non lo diciamo noi, ce lo prescrive l’Europa, e al momento non ci sono alternative valide. Solo con la collaborazione di tutte le istituzioni, ognuna per i propri compiti, sarà possibile arrivare alla totale autosufficienza del sistema.
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L’altra priorità riguarda l’intermodalità. Per il potenziamento e lo sviluppo dei porti di Napoli e Salerno abbiamo in programma investimenti per circa 700 milioni di euro complessivi. Sono in corso di valutazione da parte dell’Unione europea due grandi progetti per il sistema logistico integrato dei due porti, per un finanziamento complessivo di circa 500 milioni di euro dei nuovi fondi Por Campania 2007-2013. Infine la legalità. L’Agenzia nazionale dei beni confiscati certifica che fino a settembre 2011 in Campania sono stati confiscati oltre 1.700 beni. Questi numeri rappresentano il segno del nostro impegno concreto nel contrasto alla criminalità organizzata, ma anche una grande sfida: dare ulteriore impulso a un’economia virtuosa e solidale, restituendo i beni confiscati a tutta la comunità. A tal fine la Regione, attraverso la fondazione Pol.i.s. e il commissario antiracket e antiusura, effettua un’attività di monitoraggio quantitativo e qualitativo sui beni confiscati, affiancando i Comuni e creando una rete di rapporti sul territorio tra le associazioni e le cooperative. La Regione ha finanziato la ristrutturazione di più di 50 beni confiscati, alcuni dei quali sono già un modello di riferimento importante a livello nazionale delle buone pratiche di riuso sociale. È necessario proseguire su questa strada e non abbassare mai la guardia. CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 15
VAGH IN COPERTINA LINDABS
RIMETTIAMO IN MOTO L’ECONOMIA DEL TERRITORIO PARTENOPEO Progetti di riqualificazione urbana. Infrastrutture. Export e aggregazione. Un nuovo approccio al tema del lavoro. Risoluzione delle criticità rappresentate da contrazione del credito e ritardi nei pagamenti da parte della Pa. Sono alcune delle possibili traiettorie di sviluppo per il capoluogo campano. A illustrarle è il presidente dell’Unione industriali di Napoli Paolo Graziano Francesca Druidi
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artirà a febbraio la produzione della nuova Panda nello stabilimento di Pomigliano d’Arco. Napoli inaugura il suo 2012 con una notizia positiva per guardare con più ottimismo a un anno le cui previsioni sul protrarsi della congiuntura economica non sono proprio benauguranti. Obiettivo fondamentale, per il numero uno degli industriali partenopei Paolo Graziano, è quello di gettare le basi per una ripresa solida e duratura, che permetta alle realtà produttive di crescere favorendo l’occupazione. Dalle parole del presidente dell’Unione Industriali di Napoli si delinea l’immagine di una città che non vuole arrendersi all’evidenza della crisi, ma che intende reagire attraverso l’opportunità di realizzare interventi strategici per il territorio, tra cui il
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completamento della metropolitana. Ma un simile progetto di rilancio non sarà realmente percorribile senza una decisa politica per il Meridione nel suo complesso, capace di sviluppare innovazione e infrastrutture materiali e immateriali. Si è dichiarato d’accordo con la proposta del presidente Caldoro, ossia la creazione di un fondo nazionale di garanzia per far fronte al restringimento del credito. Identifica ulteriori soluzioni per intraprendere la risalita? «Sono assolutamente d’accordo con i principi che hanno ispirato il governatore. Nei limiti delle compatibilità con la normativa europea, la creazione di un fondo di garanzia nazionale, dove concentrare le risorse al momento non utilizzabili a causa del patto di stabilità, mi sembra un’ottima idea. Il presi-
dente Caldoro intende così anche alleviare la situazione di tantissime imprese creditrici di una pubblica amministrazione inadempiente. La crisi, a Napoli come nell’intero Mezzogiorno, è aggravata dal fatto che le aziende si trovano spesso in una morsa dalla quale non si può sfuggire. Le restrizioni del credito, in tante circostanze, sono motivate dalle perduranti difficoltà finanziarie di realtà produttive fornitrici di prodotti e servizi a Stato ed enti territoriali. Se i pagamenti sono rimandati di mese in mese, di anno in anno, è inevitabile che le imprese entrino in crisi. Il paradosso è che all’origine dei problemi c’è proprio quello Stato che dovrebbe, al contrario, rimuovere gli ostacoli allo sviluppo dell’attività economica. Né è possibile giustificarsi sempre con la necessità di ottemperare al patto di stabilità, uno strumento
IN COPERTINA
Il Gruppo Fiat ha scommesso sul futuro di Pomigliano e non lo ha fatto certo a costo zero
che andrebbe reso più flessibile: quando non è più possibile sfrutnon può frenare gli investimenti che creano sviluppo. La creazione di un Fondo di Garanzia potrebbe porre un argine alle dinamiche recessive, permettendo di liberare risorse fondamentali per dare ossigeno a chi lavora e produce». Turismo ed esportazioni garantiscono buone performance in regione. Su quali leve, nello specifico, occorre puntare per alimentare lo sviluppo di Napoli? «Il turismo non può che riprendere la sua marcia, considerando che negli ultimi anni ha risentito enormemente dei danni d’immagine connessi alla vicenda rifiuti. Occorre coniugare la congiuntura con la prospettiva. Gli imprenditori devono poter essere sentiti quando si programmano gli eventi. Non devono essere messi a conoscenza di nuove importanti manifestazioni, potenzialmente in grado di richiamare consistenti flussi di turisti, solo a ridosso degli eventi stessi, 18 • DOSSIER • CAMPANIA 2012
tare l’opportunità. La politica del comparto deve, inoltre, essere orientata ad assicurare un mix di nuove strutture e servizi in grado di superare la stagionalità. Napoli, dal turismo congressuale a quello culturale, ha tutte le carte in regola per incrementare considerevolmente arrivi e soprattutto presenze, superando la prassi del “mordi e fuggi” di chi giunge a Napoli solo come tappa di passaggio per recarsi in costiera o nelle isole». Per quanto riguarda l’export? «Naturalmente, oltre al turismo, occorre sviluppare politiche che facilitino il consolidamento e l’espansione dell’industria manifatturiera. Sotto questo profilo, bisogna lavorare molto per accrescere i livelli di internazionalizzazione. Non solo incrementando le esportazioni, ma estendendo le presenze produttive oltre confine, anche in joint venture, e incentivando le aggregazioni tra le imprese».
Napoli vuole guardare alla ripresa anche con alcuni grandi interventi strategici, tra cui la metropolitana e il programma di riqualificazione Naplest. Quanto occorrerà perché questi progetti possano realisticamente vedere la luce, data la contrazione degli investimenti? «Si tratta di progetti diversi. La metropolitana rappresenta un intervento fondamentale per la viabilità della città, supportato da finanziamenti pubblici. Naplest è l’esempio concreto di come l’imprenditoria privata possa costituire un volano per lo sviluppo del territorio. Anche nella zona orientale, peraltro, le aziende possono completare le loro iniziative soltanto se le istituzioni provvedono a crearne i
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Paolo Graziano
A sinistra, la presentazione della nuova Panda a Pomigliano lo scorso dicembre alla presenza dei ministri Passera e Fornero, e del presidente e dell’ad Fiat Elkann e Marchionne
presupposti. Paradossalmente anche chi, in tempo di crisi, ha idee, coraggio e capitali per investire, rischia di essere frenato ogni volta dall’interfacciarsi con la parte pubblica. Al momento, non è chiaro l’impatto dei tagli sui tempi delle opere in atto. L’Unione degli industriali cercherà di favorirne il miglior esito attraverso un costruttivo e costante confronto con chi governa il territorio». Pomigliano, dove Fiat produrrà la Panda, resta un centro produttivo e un tassello importante per il tessuto economico e sociale del territorio. Cosa pensa del modello Pomigliano e del contratto di primo livello Fiat? Che segnale danno per il futuro delle relazioni industriali in Italia?
«Il Gruppo Fiat ha scommesso sul futuro di Pomigliano e non lo ha fatto certo a costo zero, ma investendo intorno al miliardo di euro. Aumenteranno le retribuzioni. Verranno salvaguardati i livelli occupazionali, ben oltre quanto si temesse fino a qualche anno fa. Se, a fronte di tutto questo, si chiede maggiore flessibilità, in modo da poter competere con altre aree che presentano costi di produzione notevolmente più contenuti dei nostri, come si fa a rispondere con i soliti preconcetti ideologici? Il futuro delle relazioni industriali italiane potrà essere positivo proprio se la questione verrà affrontata con il livello di consapevolezza che, non solo Fiat, ma quasi tutte le più grandi organizzazioni sindacali,
hanno dimostrato nella vicenda Pomigliano». Il mercato del lavoro resta un nodo critico. È possibile rilanciare l’occupazione? «Credo sia giusto rivedere un approccio al problema che, finora, ha finito con il penalizzare i giovani e chi sta fuori dalla fabbrica, azienda o ufficio che sia, favorendo i garantiti all’interno del “castello”. In tal senso, ritengo opportuno ipotizzare misure che contrastino la degenerazione della flessibilità in precarietà, consentendo all’impresa più autonomia nei percorsi “in uscita”. Occorre magari una flessibilità più mirata in ingresso e certamente una flessibilità più ampia in uscita. Siamo l’unico paese europeo ad avere CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 19
VAGH IN COPERTINA LINDABS
La metropolitana rappresenta un intervento fondamentale per la viabilità della città
tutele come quella dell’articolo 18. diretti a contrastare il fenomeno si lare che divide le due Italie. A oltre Non credo però che il rilancio dell’occupazione si riduca a un problema di rigidità persistente nella normativa che regola il mercato del lavoro. Bisogna agire su tanti fronti, dalla ricerca e innovazione all’accelerazione di opera pubbliche strategiche e possibilmente di impatto sovra-regionale, dalle liberalizzazioni di ampi settori economici e professionali alla costruzione di sempre più moderni percorsi formativi». Criminalità organizzata. Cosa è stato fatto e cosa resta da fare? «Tanto è stato fatto. Tanto resta ancora da fare. Gli interventi
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sono tradotti, negli ultimi anni, nell’arresto di migliaia di componenti delle organizzazioni malavitose e di centinaia di latitanti considerati altrettanti capi clan. Ma la migliore azione contro la criminalità resta quella di promuovere le condizioni foriere di sviluppo. Per farlo, occorre che nel Mezzogiorno una migliore qualità nella gestione della cosa pubblica si accompagni a un più efficace e selettivo utilizzo delle risorse. Bisogna prendere atto che l’unica strada seria per recuperare livelli di competitività adeguati consiste nel superamento del gap ormai seco-
centocinquant’anni dall’unificazione, sarebbe anche ora» Cosa cambia nelle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno con il Piano di azione e coesione che coinvolge Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna? «La prima valutazione è sicuramente positiva. Indirizzare le risorse su infrastrutture strategiche, dalle grandi arterie come la NapoliBari all’innovazione tecnologica il cui presupposto è la banda larga, significa aiutare il Sud in uno sforzo complessivo di modernizzazione dell’intero Paese».
IL FUTURO DELL’UNIONE
Più coesione tra Stati In un momento economicamente difficile come quello che stiamo vivendo, i Paesi europei dovrebbero unirsi ancora di più. Sergio Ginebri illustra lo scenario attuale Nicolò Mulas Marcello
causa della crisi finanziaria le divisioni tra i membri dell’Europa si stanno accentuando. Ma la realizzazione di un’Europa con strumenti veri di politica economica, capace di rilanciare la crescita e che sappia davvero parlare e agire con una voce unica per affrontare le sfide globali, non può attendere, soprattutto in un periodo in cui i disequilibri economici tra stati membri mettono a rischio tutta l’Unione. Senza programmi di sviluppo che aiutino anche i paesi con maggiori difficoltà, i pericoli non verranno allontanati. Occorre pertanto, come sottolinea Sergio Ginebri, professore di Economia politica presso l’Università Roma 3, una maggiore coesione: «Solo se i paesi ritroveranno le ragioni e lo spirito del processo politico che li ha visti progressivamente unirsi negli ultimi sessanta anni, la crisi europea potrà trovare una soluzione».
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L’Europa con la sua moneta unica è in realtà più divisa che mai. Un mese fa si era paventata la drammatica possibilità di ritornare alle monete nazionali. Pericolo scampato? «Il pericolo non è scampato. Siamo ancora in mezzo alla tempesta finanziaria. Ma annidata nella crisi finanziaria ve ne è un’altra che ha a che fare non con la finanza ma con le bilance dei pagamenti dei paesi dell’Unione europea. Negli ultimi dieci anni si sono accumulati dei rilevanti disequilibri tra importazioni ed esportazioni nazionali. Gli investitori finanziari, ma anche gli analisti economici, pensavano che quegli squilibri si sarebbero automaticamente riassorbiti, così come avviene, per esempio, negli Stati Uniti, quando uno degli stati accumula un disavanzo commerciale rispetto agli altri. Gli eventi di questi ultimi mesi ci hanno dimostrato che non è così. Quando una unione
Sergio Ginebri
A sinistra, Sergio Ginebri, professore di Economia politica presso l’Università Roma 3
Negli ultimi dieci anni si sono accumulati rilevanti disequilibri tra importazioni ed esportazioni nazionali
monetaria non è associata a una forte unione politica, i disequilibri economici nel commercio tra stati mettono a rischio l’unione monetaria stessa». Sulla Tobin Tax i paesi europei sembrano avere posizioni discordanti. L’Inghilterra è contraria, Francia e Germania invece sembrano favorevoli, anche se con modalità differenti. Perché la Tobin Tax spaventa i mercati? «Questa tassa spaventa soprattutto l’industria della finanza, cioè le imprese impegnate in quel settore di attività. Non è casuale che il paese che più intensamente si oppone a una tassazione delle transazioni finanziarie sia il Regno Unito, dove esiste il centro finanziario più sviluppato e potente in Europa. È interessante notare, tuttavia, che nel Regno Unito le transazioni finanziarie sono già tassate. Esiste da tempo, infatti, un’imposta di bollo sugli scambi azionari che può essere considerata una sorta di tassa tipo Tobin. La presenza di quella forma di prelievo non ha certo troppo ostacolato lo sviluppo del London Stock Exchange». Secondo lei la Bce non dovrebbe subordinare la concessione di nuovo credito alle sole banche che dovessero usare quelle risorse per rilanciare l’accesso al credito alle imprese? «Le banche stanno continuando a finanziare le imprese, soprattutto grazie alle risorse messe a disposizione dalla Bce. Il disordine finanziario in Europa è tale che spesso famiglie e imprese hanno costi di finanziamento inferiori a quelli degli Stati». Per controbilanciare il potere di Francia e Germania, l’Italia non potrebbe tentare di promuovere una zona di cooperazione con Spagna, Portogallo e Grecia, creandosi così un blocco mediterraneo potrebbe valorizzarci? «Temo che la crisi europea possa trovare una soluzione solo se i paesi ritroveranno le ragioni e lo spirito del processo politico che li ha visti progressivamente unirsi negli ultimi sessant’anni. Un maggior coordinamento tra i paesi mediterranei può essere utile solo in questa prospettiva. Dalla crisi economica e finanziaria dell’Europa si esce solo con un’Europa più unita politicamente». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 35
XXXXXXXXXXX IL FUTURO DELL’UNIONE
Bric, conoscerli per interagirvi L’Italia deve compiere un grosso sforzo per recuperare il terreno perso nei confronti di Brasile, India, Cina e Russia, protagonisti della crescita economica a livello mondiale. Lo evidenzia Andrea Goldstein Francesca Druidi
o ha sottolineato di recente anche la Commissione europea: i paesi Bric - Brasile, Russia, India e Cina - sono quelli che mostrano i più incoraggianti tassi di incremento del Pil, soprattutto in una visione di lungo periodo. Le dinamiche dell’economia internazionale dipendono, dunque, sempre più spesso da questi soggetti, non più definibili banalmente come emergenti. Andrea Goldstein, senior economist presso l’Ocse, nel suo volume “Bric. Brasile, Russia, India, Cina alla guida dell’economia globale” (edito da Il Mulino, che sarà presentato a Napoli il 26 gennaio presso la Sala delle Assemblee del Banco di Napoli), ne delinea luci, ombre e prospettive. Quali sono i fattori comuni che maggior-
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mente determinano il vantaggio competitivo dei Paesi Bric? «Lo slancio dei Bric deriva dal fatto che dispongono di mercati interni importanti, pur essendo ormai aperti all’economia internazionale. La Cina è un grande paese manifatturiero, il Brasile lo è in ambito agricolo, la Russia ha beneficiato di prezzi elevati per il petrolio e le materie prime. Sono Paesi caratterizzati da peculiarità distintive, che presentano però alcuni elementi comuni, quali le dimensioni del mercato interno, una rapida riduzione della povertà accompagnata dalla crescita dei ceti medi, oltre a notevoli investimenti in capitale umano. Va, in particolare, sottolineato nei Bric il ruolo giocato dallo Stato e dalle politiche pubbliche in generale, non solo nella produ-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Andrea Goldstein
zione di beni e servizi ma anche nell’indirizzare il processo di crescita». In che modo oggi questi Paesi influenzano e indirizzano la geopolitica mondiale? «Incide soprattutto la domanda di materie prime, in particolare energetiche. A ciò si aggiunge la necessità per i Bric di controllare, da una parte, il proprio territorio e, dall’altra, le rotte commerciali. Ha il suo peso anche l’ideologia: Russia, Cina, Brasile e India ciascuno per i propri motivi, anche di natura storica – sentono di avere diritto a giocare un ruolo indipendente e autonomo sulla scena internazionale. Non sono, inoltre, più disposti a seguire precetti e condizioni che vengono sviluppati e imposti altrove, nello specifico in Occidente. Si tratta, in ogni caso, di situazioni piuttosto diverse sotto il profilo politico-istituzionale: due sono democrazie più o meno consolidate, uno resta un paese autoritario, l’altro è una dittatura». Tra Brasile, Russia, India e Cina, ai quali si aggiunge sempre più spesso il Sudafrica, è netta la predominanza della Cina o c’è un altro paese che, in prospettiva, presenta migliori condizioni di sviluppo? «Nuovi Paesi stanno emergendo, ma la Cina attualmente mostra i volumi economici maggiori. Non è priva di vulnerabilità, ma sembra in grado di superarle grazie a meccanismi che le permettono costantemente di crescere. Un grande interrogativo riguarda, ad esempio, le possibili implicazioni che potrebbero sorgere per il modello di sviluppo cinese, fortemente dipendente dalle esportazioni, dal deterioramento e dal proseguimento della crisi nel Vecchio Continente. Stim (acronimo di Sudafrica, Turchia, Indonesia e Messico) e Civets (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sudafrica) identificano nuove formule che fanno riferimento a quei paesi dotati di prospettive interessanti, ma dalla taglia economica più ridotta rispetto ai Bric, quali Indonesia e Messico». Con quale “Bric” l’Italia intrattiene rapporti più proficui allo stato attuale e con quale interlocutore dovrebbe invece averne, considerando le caratteristiche dei soggetti in gioco?
«Negli ultimi anni, in particolare negli ultimi tre del Governo Berlusconi, l’Italia ha deciso di fare una scelta precisa di politica internazionale, allineandosi con le posizioni russe. Una scommessa che si è rivelata miope, perché non ha prodotto risultati positivi. Anzi, pensiamo all’inasprimento dei dazi imposti dai russi sui vini italiani piuttosto che su quelli francesi. C’è, dunque, la necessità di una presenza più articolata dell’Italia nei paesi Bric. Ce lo chiedono gli imprenditori che devono essere accompagnati nel loro processo di internazionalizzazione. E ce lo chiedono gli stessi Stati, richiedendo al nostro Paese una presenza continua, regolare e di alto livello. Bisogna pertanto riprendere il filo delle visite ufficiali, garantendo un adeguato trattamento ai Bric in Italia». Quali strategie, in generale, dovrebbe adottare l’Italia per interfacciarsi in maniera più efficace con questi Stati traendone così dei benefici per il proprio tessuto economico, produttivo e politico? «È fondamentale innanzitutto, e non solo in ottica Bric, rinverdire il trend negativo legato all’immagine dell’Italia, rafforzandola presso le nuove generazioni. In questo senso, le ambasciate e gli istituti di cultura italiana all’estero possono fare molto. La conoscenza assolve sempre un ruolo determinante. Per questo, sarebbe opportuno infoltire la schiera di giornalisti italiani inviati oggi nei paesi Bric, che risulta meno numerosa rispetto ad altre nazioni europee».
Sopra, Andrea Goldstein, senior economist presso l’Ocse. Nella pagina a fianco, in alto, i leader di India, Russia, Cina, Brasile e Sudafrica
14% PIL
Percentuale del prodotto interno lordo mondiale rappresentato dai paesi Bric
42% ABITANTI
Percentuale della popolazione mondiale che vive nei paesi Bric
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XXXXXXXXXXX IL FUTURO DELL’UNIONE
Mediterraneo, rotta di sviluppo Nel 1995 fu avviato dall’Unione europea il progetto del partenariato euromediterraneo. Oggi, il “Mediterraneo allargato” costituisce un’area di riferimento promettente per l’Italia. Ne parla Gregorio De Felice Francesca Druidi
evoluzione dell’area mediterranea rappresenta un’occasione per l’Europa come via d’uscita dalla crisi economica e come mercato di sviluppo per il futuro. «L’Italia è il paese europeo che vanta le più intense relazioni commerciali con l’area mediterranea – conferma Gregorio De Felice, responsabile del servizio studi di Intesa Sanpaolo –. Il valore dell’interscambio è raddoppiato tra il 2001 e il 2010, superando 63 miliardi di euro; il Mezzogiorno copre, da solo, quasi il 30% del totale nazionale». In quali settori produttivi si concentrano per il Meridione le migliori opportunità offerte dai paesi della sponda sud del Mediterraneo? «Sul piano settoriale, Sardegna e Sicilia sono in posizione chiave per i prodotti energetici; Puglia e Campania rivestono un ruolo importante nel manifatturiero, la metallurgia, l’agroalimentare, l’abbigliamento e calzature. Sono evidenti le opportunità che possono scaturire da più intense relazioni, non solo commerciali ma anche d’investimento e finanziarie, tra l’Italia e i paesi dell’area mediterranea. Non mi riferisco soltanto ai consistenti fabbisogni infrastrutturali e di beni capitali di questi stati. Penso anche alle necessità di potenziamento delle nostre infrastrutture portuali e retro-portuali, per tener testa all’aumento dei volumi del commercio marittimo interno o in transito nel
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Mediterraneo e, ovviamente, alla crescente competizione». Perché il “Mediterraneo allargato” non è ancora sufficientemente considerato come ambito di crescita? «È vero. Ed è una circostanza abbastanza singolare considerando che, se si prendono come riferimento i quindici anni che ci separano dall’avvio del Processo di Barcellona, la crescita del Pil nell’area mediterranea è stata in media superiore al 4% annuo, a fronte del 2% o poco più registrato nell’Unione europea. Anche per i prossimi anni, malgrado la crisi internazionale ancora in corso e la caduta del Pil in atto in alcuni paesi arabi colpiti da una profonda crisi politica, è attesa per i Mena una crescita media attorno al 5%, tre punti circa al di sopra di quella prevista per l’area euro». E quali sono le criticità che si possono ancora incontrare su questo fronte? «I maggiori rischi sono legati all’evoluzione della situazione politica e all’incertezza circa il modello di sviluppo economico che, alla fine, risulterà prevalente. Se, in un quadro di
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gregorio De Felice
63mld SCAMBI
Valore dell’interscambio tra Italia e area mediterranea
4% PIL Percentuale di aumento annuo del Pil nell’area mediterranea dal 1995, anno dell’avvio del Processo di Barcellona
progressiva democratizzazione dell’area, si affermeranno indirizzi di politica economica volti ad accrescere il grado di apertura dell’economia, incentivare l’integrazione internazionale, diversificare la struttura produttiva, potenziare le infrastrutture e migliorare il clima imprenditoriale, il profilo della crescita non potrà che innalzarsi ulteriormente». Allargando lo scenario, il pericolo è che nell’Eurozona le attuali misure improntate al rigore finiscano per frenare eccessivamente la crescita degli Stati. Come favorire, invece, questo processo? «È necessario bilanciare l’austerità fiscale e il controllo dei conti pubblici con politiche che favoriscano la crescita economica e la creazione di nuova occupazione, a vantaggio soprattutto dei giovani e delle aree meno sviluppate d’Europa. I cittadini europei devono convincersi che la costruzione del mercato unico e l’adozione dell’Euro rappresentano un’opportunità di sviluppo, non solo una serie di vincoli e sa-
È necessario bilanciare l’austerità fiscale con politiche che favoriscano la crescita economica e l’occupazione
crifici. Negli ultimi anni, l’ideale europeo si è molto affievolito. Occorre una vera e propria “Maastricht per la crescita”, che faccia sì che le politiche per l’innovazione, la competitività, l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, non si fermino a semplici enunciazioni. Occorre disegnare una roadmap credibile, rafforzata da un sistema di sanzioni per i paesi che non la rispetteranno». La crisi delle banche si proietta direttamente sull’erogazione del credito. Come valuta la situazione del sistema bancario italiano? Quali sono le prospettive per il primo semestre 2012? «Le autorità di controllo sul sistema bancario in Europa hanno il difficile compito di assicurarne la solidità, cercando di limitare gli effetti della crisi del debito sovrano sull’economia reale. Richiedere un rapido aumento del grado di patrimonializzazione delle banche, in un momento in cui il mercato appare poco disposto ad accogliere altri aumenti di capitale, rischia tuttavia di ridurre i margini a disposizione degli intermediari per sostenere il mercato dei titoli pubblici ed espandere il credito alle imprese e alle famiglie. Ed è ovvio che, in una fase delicata come quella attuale, entrambi gli obiettivi sono funzionali a garantire tassi più bassi sul debito e ad attenuare le spinte recessive già in corso. In particolare, per il primo semestre di quest’anno prevediamo una leggera contrazione dell’attività economica, che non potrà non risentire degli effetti delle manovre di bilancio adottate nel corso del 2011. Il quadro dovrebbe migliorare nel secondo semestre, anche grazie alle misure che il governo adotterà e perché ci attendiamo una riduzione del livello dei tassi sul debito italiano». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 39
DONNE PER LO SVILUPPO
La scommessa rosa della Campania L’imprenditoria femminile come leva di sviluppo per il rilancio del sistema produttivo. Turismo, servizi e imprese pubbliche, questi i settori “osservati speciali” da parte di Sandra Cioffi, responsabile sul territorio per la Fondazione Bellisario Andrea Moscariello
alta l’aspettativa nei confronti dell’imprenditoria femminile per rilanciare il sistema produttivo del Mezzogiorno. Non stupisce, dunque, se anche la Fondazione Bellisario, l’organizzazione creata da Lella Golfo con lo scopo di imporre all’attenzione il contributo delle donne al progresso economico, sociale e civile del Paese, si sia ora insediata anche a Napoli. È l’onorevole Sandra Cioffi, la prima ad aver presieduto in Regione la Commissione delle pari opportunità e già membro del Comitato nazionale dell’imprenditoria femminile, ad aver assunto il ruolo di responsabile territoriale per conto della fondazione. «L’idea di scommettere sul nostro territorio mi stimola perché la Campania non ha nulla da invidiare in termini di competenze e professionalità femminili». Resta comunque ripida la strada da percorrere. La Campania è la regione del Sud con il più alto numero di società controllate dalle amministrazioni pubbliche, ben 99, la cui presenza delle donne all’interno dei Cda sfiora appena il 4%. «Il nostro obiettivo è raggiungere la quota del 30% entro il 2015. L’impegno profuso da Lella Golfo per l’approvazione della legge sulle quote rosa costituisce in
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Sandra Cioffi, coordinatrice per la Campania della Fondazione Bellisario
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tal senso una svolta epocale che rompe il tabù della partecipazione femminile alla gestione del potere economico. La legge porterà importanti contributi al sistema produttivo locale. Le quote, poi, saranno obbligatorie non solo nelle Spa ma anche negli enti territoriali». Sul fronte dell’imprenditoria privata si parte già da una base solida. Il 30% delle aziende campane sono gestite da donne e vantano una mortalità inferiore rispetto a quelle maschili. «Turismo, cultura, agricoltura, enogastronomia e servizi alla persona sono settori su cui puntare». Il “dream team” con cui lavorerà la sede campana della Fondazione può contare su alcune coordinatrici di prestigio. Tra queste anche Stefania Brancaccio, cavaliere del lavoro e affermata imprenditrice, Anna Maria Colao, tra le prime 100 scienziate europee e Maria de Lia, capo avvocatura della Regione Campania per il gruppo giuridico. «I primi, importanti risultati potremo raccoglierli solo tra qualche anno. Una cosa però è certa, sin da subito dobbiamo impegnarci, insieme a Napoli e all’intero territorio, per favorire il diffondersi di una cultura delle alleanze tra le diverse generazioni. Soprattutto, dobbiamo
Sandra Cioffi
DAL TURISMO UNA GRANDE OPPORTUNITÀ Anche l’Associazione italiana donne dirigenti d’azienda guarda alla Campania con ottimismo, ma occorrono maggiori integrazioni tra pubblico e privato affinché il territorio possa superare i suoi deficit a mia nomina alla presidenza della delegazione campana di Aidda è arrivata in un periodo molto critico per la nostra società». Esordisce così Marta Catuogno (nella foto), che prende in mano le redini della sede campana dell’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda. «Fin dall’inizio del mio mandato, mi sono posta come primario obiettivo quello di “fare rete”, nel senso più ampio del termine, mettendo in comunicazione imprese, istituzioni e associazioni, realizzando sinergie al fine di conseguire obiettivi condivisi comuni». Catuogno, tra le più affermate imprenditrici napoletane nel settore ricettivo, sottolinea come il turismo in particolare «debba rivestire un ruolo fondamentale nei piani di rilancio del Paese, cosa non
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difficile da realizzare considerato il patrimonio storico-artistico che possediamo, a cui però bisognerebbe affiancare una buona organizzazione, un coordinamento delle risorse e una cura dell’immagine del nostro sistema raggiungibile anche attraverso i “grandi eventi”». Secondo la numero uno di Aidda Campania, «il peso dell’imprenditoria femminile nel settore turistico è limitato ma in via di sviluppo, anche grazie alle attività che le associazioni femminili portano avanti nel quotidiano, cercando di favorire la nascita e la crescita di nuovi progetti d’impresa. Il settore turistico dovrebbe investire in nuove sinergie tra pubblico e privato, attuando una programmazione congiunta sul territorio, unendo e sviluppando forze economiche e compe-
tenze tecniche degli operatori del settore – conclude –. In Campania il comparto ha tutte le potenzialità per diventare un motore per la crescita economica».
fare in modo che i talenti delle donne campane non vengano più sprecati». Secondo l’onorevole Cioffi, infine, occorre dare importanti segnali. «Stiamo studiando nuovi incentivi, anche regionali, per le donne che vogliono fare impresa e garantire maggiori servizi alla persona, come asili nido e assistenza per anziani. Tutto ciò per permettere alle donne di affrontare con più serenità il lavoro. Tra l’altro, proprio i servizi alla persona possono rappresentare un settore su cui puntare, anche dal punto di vista imprenditoriale. La Campania deve porsi come obiettivo strategico l’incremento dell’occupazione femminile e giovanile, anche attraverso un utilizzo “giusto “ dei fondi comunitari, troppe volte sprecati. Dobbiamo intraprendere un percorso, speriamo, di crescita, che vedrà coinvolta la nostra regione e tutte quelle donne che con le loro competenze potranno rendersi protagoniste dello sviluppo del Mezzogiorno». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 43
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Più occasioni alle imprese Favorire l’export migliorando le infrastrutture. Questo, in sintesi, il quadro di Stefania Brancaccio per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale. Perché i prodotti italiani sono ancora tra i più richiesti all’estero Eugenia Campo di Costa
da oltre trent’anni direttore generale di una delle realtà più floride del Mezzogiorno. Stefania Brancaccio, già cavaliere del lavoro, presidente del gruppo Piccola industria di Confindustria Caserta e vicepresidente vicario del comitato regionale Piccola Industria, è alla guida della Coelmo, società produttrice di gruppi elettrogeni industriali e marini. Con tre stabilimenti in Campania, uffici di rappresentanza in Europa e Medio Oriente e distributori nei maggiori paesi del mondo, Coelmo ha una produzione che supera le 2.000 unità annue, più di 100 persone occupate fra dipendenti e indotto, tra cui un’alta percentuale di personale femminile, un fatturato annuo di 20 milioni di euro. Un esempio di imprenditoria lungimirante, nata e cresciuta in un settore di nicchia e in un territorio particolarmente difficile, dove l’occupazione femminile è ai livelli più bassi in Europa. Può fare un quadro dell’attuale situazione del suo comparto e della strategia imprenditoriale adottata dalla Coelmo per non perdere terreno in un mercato sempre più difficile e competitivo? «La crisi economica certo non induce previsioni rosee: i dati relativi a produzione, fatturati e ordini, relativi alle aziende italiane in generale, non solo quelle del Sud, prevedono un calo già nell’immediato futuro. Ciò che in questo momento, almeno per quanto riguarda la mia azienda, permette di mantenere un certo
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ottimismo, è la voce export. Gli ordini provenienti dai mercati stranieri non hanno subìto grandi contraccolpi e circa il 60% della nostra produzione è destinato proprio a quei paesi esteri che continuano a trainare l’industria italiana, in diversi comparti». Rispetto a vent’anni fa lo scenario economico si è ampliato e diversificato. Oggi ci sono nuovi mercati emergenti, altri paesi hanno aumentato la domanda di prodotti “made in Italy”. Chi, secondo lei, potrà offrire le migliori opportunità nel prossimo futuro? «Indubbiamente l’Africa, per lo sviluppo che sta attuando. Lo dimostra anche il fatto che in tutto il territorio africano si è già ampiamente insediata la Cina. L’Italia, purtroppo, rispetto ad altri paesi industrializzati, fatica a fare impresa e così l’affacciarsi sul bacino del Mediterraneo, che specialmente per il Sud sembrava essere scontato, è stato in realtà un’occasione persa. La nostra grande difficoltà, oltre che di politica industriale, è quella infrastrutturale: i porti italiani non sono adeguatamente attrezzati, le infrastrutture sono obsolete e questo ovviamente implica un ritardo del
Stefania Brancaccio
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Ciò che in questo permette alle imprese di mantenere un certo ottimismo, è la voce export
nostro paese rispetto ad altre realtà estere». Il sostegno all’imprenditoria femminile è fondamentale nella sua esperienza. Lei è stata infatti anche presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile presso la Camera di Commercio di Caserta, dove ha aperto uno sportello di consulenza per la creazione di imprese al femminile. Quale l’impatto di questo progetto? «Può sembrare un paradosso ma mi sono sempre battuta per la diversificazione di genere. Mi spiego meglio: sono convinta che se non c’è differenza non c’è uguaglianza e che le donne debbano rimarcare la loro femminilità e le loro esigenze, ben differenti da quelle degli uomini. Credo che, al di là delle leggi o delle quote rosa, il vero sostegno che possiamo dare alle donne sia quello di permettere loro di ri-
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disegnarsi, creandosi un lavoro, in proprio, grazie al quale possano gestire al meglio il loro tempo. Nel periodo in cui fui presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile presso la Camera di Commercio di Caserta, notai come l’impostazione della legge 215 sull’imprenditoria femminile fosse di per sé sbagliata: la legge prevedeva la creazione di imprese al femminile con la redazione di business plan e con la premiazione di quei progetti che avrebbero poi previsto un incremento del lavoro. Cioè, secondo la ratio della norma, risultava che chi poteva presentare un progetto era chi in realtà sapeva già come fare impresa». Quindi crede che non siano state create reali occasioni per le donne che vogliono fare impresa? «Di fatto sono stati promossi quei progetti che “dietro le quinte” era evidente che avessero un’organizzazione maschile. Molte realtà sono nate come imprese al femminile, ma spesso erano rette dalle figlie o dalle mogli di esperti imprenditori. Secondo me, in effetti, è fallito l’intento di aiutare la donna a realizzare un’attività indipendente partendo realmente da zero».
In apertura, Stefania Brancaccio, direttore generale di Coelmo
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Lo sviluppo comincia dalla ricerca I fondi per la ricerca scientifica non mancano in Campania, anche se i ricercatori più giovani si scontrano con una certa difficoltà di accesso alle risorse. Il punto di Annamaria Colao Eugenia Campo di Costa
a Campania continua a investire sulla ricerca. Nonostante lo sforamento del patto di stabilità, sono state rese disponibili ingenti risorse e, sul territorio, sono presenti centri di assoluto rispetto, che vedono coinvolti numerosissimi giovani. «La ricerca è la massima espressione di fermento intellettuale e innovazione della società – afferma la Annamaria Colao, professoressa di Endocrinologia all’Università Federico II e ricercatrice presso il Dipartimento di endocrinologia e oncologia molecolare e clinica –. Certamente è auspicabile che il numero di giovani ricercatori, stabilmente impiegati in ricerca, aumenti. Ma è anche necessario che la ricerca diventi produttiva. In altre parole, che trovi spazi per la creazione di prodotti che siano anche esportabili al mercato e non restino soltanto prodotto di pubblicazione scientifica, che pur è necessaria per la valutazione del valore del centro di ricerca stesso». Quali sono i punti di forza della ricerca scientifica in Campania e in quali aspetti, invece, emergono i gap maggiori? «Le risorse, da sole, non forniscono idee. La preparazione scientifico-tecnologica è indispensabile perché le idee, che sono la base dei progetti e dei relativi prodotti di ricerca, si formino. Nella nostra regione fortunatamente abbiamo la possibilità di formare giovani in atenei di tutto rispetto per i prodotti di ri-
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Sopra, Annamaria Colao, professoressa di Endocrinologia all’Università Federico II e ricercatrice presso il Dipartimento di endocrinologia e oncologia molecolare e clinica
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cerca. Questo è senza dubbio un punto di forza per il territorio campano, tuttavia i gap maggiori li riscontro nella possibilità per i giovani ricercatori di accedere ai fondi di ricerca». Quindi i giovani, pur se ben preparati, faticano a mettere in pratica le loro idee? «Il nostro paese tende a essere ancora ancorato al concetto che un progetto di ricerca che si rispetti deve avere origine in centri dove esistano capiscuola già precedentemente finanziati. Benché ciò sia comprensibile, poiché centri accreditati hanno l’esperienza sufficiente per essere considerati attendibili, bisognerebbe avere il coraggio di riservare parte delle risorse per giovani che posseggono idee e propongono progetti ben articolati e documentati, pur non appartenendo a gruppi già consolidati. Gli Stati Uniti possono essere considerati pionieri per questa metodologia: ed è per questa possibilità che molti nostri giovani ricercatori si recano lì per effettuare ricerche, spesso molto valide e produttive, che non hanno avuto possibilità di eseguire in Italia». Quali i punti su cui si potrebbe cementificare maggiormente il rapporto tra università e imprese del settore sanitario? «Tutte le università oggi hanno istituito collaborazioni concrete e sempre più costanti
Annamaria Colao
con le imprese sia nel settore diagnostico che terapeutico, chirurgico o farmacologico, per restare nell’ambito biomedico che è il mio settore. Le industrie sono molto più avanti delle Università nella fase di brevetto di un prodotto o della organizzazione di team dedicati alla partecipazione di bandi per finanziamento in ricerca scientifica. In Università, generalmente, i ricercatori sono lasciati soli nella fase della produzione del progetto scientifico, pertanto talvolta progetti importanti non raggiungono la soglia per un finanziamento più per inadeguatezza della esecuzione burocratica che per la solidità dell’ideazione progettuale stessa. Ciò comporta una perdita di rientro economico per le Università che deriva direttamente dal numero di brevetti. È auspicabile che i grandi atenei si organizzino per fornire il supporto organizzativo, burocratico e amministrativo ai ricercatori in modo da ottimizzare il recupero di finanziamenti». Parlando, nello specifico, del suo campo di intervento, su quali progetti si concentrerà il suo gruppo di lavoro nel 2012?
«Ho la fortuna e il privilegio di poter contare sul contributo di varie collaborazioni, perché il loro numero è una variabile, essendo soggetta all’inclusione di studenti che partecipano alla stesura delle loro tesi, e ai giovani ricercatori che poi trovano collocazione in altri gruppi di ricerca in Italia o all’estero. Al momento, ci stiamo concentrando molto sulla ricerca di bersagli molecolari per il trattamento di alcuni tumori rari in campo endocrino, sul ruolo della vitamina D come fattore equilibratore del sistema immunitario, cardiovascolare e oncologico e sulle patologie endocrine associate a obesità grave. Altro tema su cui stiamo lavorando è la medicina di genere, in particolare sulle modifiche endocrino-dermatologiche nei pazienti sottoposti a terapie oncologiche. Le patologie endocrine hanno una particolare distribuzione in accordo al genere, e questo è un aspetto della medicina che sta diventando sempre più importante. In fine, stiamo lavorando sull’importanza della nutrizione nella prevenzione delle patologie umane, in particolare in un recupero della dieta mediterranea». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 47
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Anche la storia nella lotta alla camorra Il suo contributo, tramite la ricerca storica, ha reso più noto lo scenario criminoso napoletano. Maria Gabriella Gribaudi scatta la fotografia di una camorra cittadina infiltrata nei traffici commerciali e, sempre più spesso, coordinata da donne Andrea Moscariello
na città difficile, ferita nel suo profondo, ma non per questo inerme. Napoli è una grande signora, dalle anime contrastanti. Da un lato un patrimonio artistico, imprenditoriale e commerciale invidiabile. Dall’altro, la grande ombra della criminalità organizzata. Lo sa bene Maria Gabriella Gribaudi, scrittrice e docente di Storia contemporanea presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli Federico II. Nel suo percorso di ricercatrice, si è impegnata affinché anche la camorra potesse essere analizzata sotto una prospettiva storica, analizzandone le evoluzioni sociali e strutturali. E, soprattutto, ha potuto studiarne l’impatto sullo sviluppo della città di Napoli. A Napoli la crisi ha spinto molte persone a “rifugiarsi” nella realtà economica illegale, sommersa. Lei cosa osserva? «Questa è sempre stata una città problematica. E ora, con la crisi occupazionale che stiamo vivendo, pensiamo solo ai casi di Enia e Fincantieri, moltissimi ragazzi che hanno perso il lavoro finiscono nella trappola dell’illegalità». Dunque il lavoro nero. «Ricordiamoci che la camorra dispone di grandissimi capitali e moltissime delle sue attività
U Maria Gabriella Gribaudi, docente di Storia contemporanea
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coinvolgono migliaia di lavoratori. Basti osservare il mercato del falso, della contraffazione, il cui giro d’affari è ben più ampio di quello che potremmo pensare. E anche quello è lavoro, per chi lo crea, per chi lo smercia, per chi lo commercializza». Anche la stretta creditizia ha una sua incidenza? «Certamente. Il problema del credito si riversa su uno scenario in cui la camorra, lo sappiamo, vanta enormi quantità di denaro liquido. È facile quindi che le persone o le aziende finiscano in questa rete». Le mafie, oggi, sono perfettamente infiltrate nel mondo finanziario. Quali sono i rischi? «Il problema, e questo lo sanno i magistrati meglio di tutti, sta in quella che viene definita come la cosiddetta “zona grigia”, vale a dire tutto quell’insieme di infiltrazioni, di sistemi, in cui è difficile identificare i colletti bianchi coinvolti. È vero, il mondo finanziario e del business è una preda per la criminalità organizzata, ma io farei un distinguo sulla città di Napoli». Sarebbe a dire? «Il quadro napoletano, rispetto a quello delle
Maria Gabriella Gribaudi
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Se la ricerca storica riuscisse a ricostruire le reti dei finanziamenti camorristici, sarebbe un risultato molto utile per la città di Napoli
altre province campane, è differente. Mentre a Napoli, ormai, ci confrontiamo soprattutto con le “gang”, è al di fuori della città, a partire dal Casertano, che troviamo la “camorra imprenditrice”, quella cioè che gestisce la concorrenza di mercato con la violenza, che cerca di aggiudicarsi gli appalti tramite infiltrazioni negli ambienti politici e amministrativi, con tutta una rete di funzionari e tecnici che collabora con essa. Nel capoluogo, invece, il controllo avviene più a livello di strada, sul “piccolo”. Ecco perché a pagarne le conseguenze è anzitutto il piccolo commerciante. Il commercio, con la contraffazione, è il polmone della camorra napoletana, assieme ovviamente alla droga». Nei suoi studi lei ha evidenziato anche il ruolo delle donne all’interno dei clan camorristi. Quanto potere hanno? «Sullo scenario napoletano ci sono parecchie donne camorriste, molto influenti peraltro. Pensiamo ad alcuni esempi noti a tutti come le sorelle Giuliano o Maria Licciardi, che sta scontando la 41bis. Il quadro è ben diverso rispetto a quello che accade, per esempio, in Sicilia,
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dove troviamo soprattutto uomini. A tal proposito abbiamo svolto un lavoro di ricerca con alcuni colleghi siciliani da cui è emerso proprio questo contrasto. In Sicilia avviene un controllo sessuale molto più elevato. La mafia prevede ritualità e patti in discrasia con la camorra napoletana, molto più flessibile». Che ruolo può avere la ricerca storica su queste tematiche nel sostenere lo sviluppo sociale e culturale di Napoli? «Purtroppo non sono molto ottimista su questo fronte. Ma non perché la ricerca non sia utile, anzi, il fatto è che, come sappiamo tutti, mancano le risorse. Sul tema della camorra, poi, si fa molta fatica a reperire documentazione, i primi a essere in difficoltà, in tal senso, sono i magistrati. Un conto è focalizzarsi, per esempio, su un singolo caso di omicidio. In quel caso si raccolgono le prove, si analizzano i fatti, le eventuali testimonianze. Altra storia, invece, è scoprire ad esempio se una determinata attività o catena commerciale viva grazie ai soldi provenienti dalla camorra. In tal senso, se la ricerca, anche storica, riuscisse a ricostruire queste reti, sarebbe un risultato molto utile per la città di Napoli». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 49
FINANZA
La funzione sociale dell’industria bancaria «Il progetto dell’Euroarea deve diventare credibile, non limitato a un’unica moneta», sostiene Giuseppe Attanà. «E in Italia il debito pubblico deve trovare tassi più ragionevoli» Elisa Fiocchi
ssiom Forex, l’associazione che annovera più di 1.500 soci in rappresentanza di circa 450 istituzioni finanziarie, opera promuovendo e favorendo la crescita professionale degli operatori finanziari, attraverso la formazione, la divulgazione degli aspetti tecnici e delle pratiche di mercato, e l'analisi, lo studio e la ricerca di tecniche, strumenti relative ai mercati finanziari. Secondo il presidente Giuseppe Attanà, la fiducia mostrata e gli stimoli forniti dalla Banca centrale europea verso il sistema bancario sono evidenziati da una politica monetaria assai espansiva. «Oggi sono dunque le banche chiamate a svolgere la loro parte, tramite un’azione politica caratterizzata da lungimiranza e da valori etici profondi». Le banche europee hanno ottenuto quasi 500 miliardi di nuovi fondi. Qual è dunque, oggi, il vero rischio per il sistema bancario e finanziario? «Il vero rischio sarebbe a mio avviso quello di voler ripercorrere strade e modelli passati, senza rendersi conto dell’indispensabile funzione so-
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ciale che l’industria bancaria è ora chiamata a svolgere, con grande senso di responsabilità e con rinnovata professionalità. In realtà non vi sono soluzioni che possono essere realizzate da singole componenti della società, siano esse la classe politica, le banche, il modo dell’industria o le parti sociali. Occorre ricercare unità di intenti e obiettivi comuni, in modo da trovare un’unione che rappresenti effettivamente la forza». Quanto influisce la fiducia dei cittadini italiani sui titoli di Stato per aumentare l’aspettativa dei mercati mondiali nel nostro Paese? «Poiché quella che stiamo da lungo tempo attraversando è, per molti aspetti, una “crisi di fiducia”, la “fede” dei cittadini italiani verso il proprio Paese ha sicuramente molta rilevanza per i mercati. Ciò soprattutto per il fatto che, all’atto pratico, il risparmio privato in Italia è molto rilevante ed è dunque realmente in grado di conferire elevata sostenibilità al debito pubblico, a differenza della situazione finanziaria di gran parte dei paesi dell’Eurozona (e non solo), i quali non dispongono di tale rilevante potenzialità. L’effetto della domanda interna dunque sarebbe
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Il risparmio privato in Italia è molto rilevante e realmente in grado di conferire elevata sostenibilità al debito pubblico, a differenza di gran parte dei paesi dell’Eurozona
sicuramente in grado di influenzare positivamente la percezione del rischio da parte degli investitori esteri, in quanto renderebbe il nostro debito meno dipendente dalla componente estera, che attualmente detiene in portafoglio quote importanti di titoli di stato italiani. Ciò porterebbe inoltre benefici effetti sulle condizioni economiche di collocamento del nostro debito». Quali nuovi scenari aprono il 2012 in riferimento alle nuove regolamentazioni e ai mercati in cerca di stabilità? «Sembra crescere la coscienza, sia a livello di regulators che di classe politica europea, che le diverse nuove regolamentazioni in corso di applicazione (sia quelle che riguardano i ratios patrimoniali per le banche, sia quelle sui vincoli di liquidità), sebbene assolutamente corrette sotto il profilo tecnico, rischiano di mettere in serio pericolo la ripresa economica internazionale. Tali regole, infatti, inducono concretamente le banche a contrarre l’erogazione di nuovo credito, sia per evitare rischi di dover aumentare il fabbisogno di capitale regolamentare sia per limitare i rischi di liquidità derivanti dall’espansione degli impieghi.
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È dunque possibile e auspicabile che, almeno per talune di queste regolamentazioni, il “timing” di applicazione venga opportunamente rivisto, in modo da scongiurare il rischio che per ricercare una soluzione di alcuni problemi non si vada in definitiva a determinare il sorgere di situazioni ancora più critiche». E quali previsioni ci sono per favorire nuova crescita nel nostro Paese e ridurre i rendimenti dei Btp? «In qualche modo questi due temi hanno dei punti di connessione tra loro. Va senz’altro detto che la crescita economica del nostro Paese dipende in buona misura dai nuovi provvedimenti, di carattere strutturale, che il governo in carica sta cercando di attuare con grande tempestività e in un contesto certamente non facile. Si tratta dunque di riforme importanti, quale quella del lavoro, e di progetti ambiziosi per quanto riguarda le infrastrutture. D’altra parte una condizione necessaria affinché le iniziative per la ripresa economica trovino un suolo fertile, che favorisca la loro attuazione, è senz’altro quella che il nostro debito pubblico possa trovare collocazione a tassi
Sopra, Giuseppe Attanà, presidente di Assiom Forex
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sarà ancora necessario razionalizzare sensibilmente i costi, in modo da compensare, almeno parzialmente, i minori ricavi derivanti da una situazione economica che si prospetta non facile per i prossimi più ragionevoli, compatibili con una sua graduale riduzione. Tale condizione dipende ormai peraltro dalla manifestazione di una forte e inequivocabile volontà politica europea, che renda il progetto dell’Euroarea credibile, non limitato a un’unica moneta, bensì a una politica fiscale ed economica veramente unitaria». Ha affermato che l’assenza del rischio di liquidità associato alle banche italiane è totalmente cancellato, grazie alla garanzia dello Stato. Quale futuro attende le aziende di credito italiane? «Il sistema bancario internazionale, compreso dunque quello italiano, necessita ancora di rilevanti evoluzioni. La funzione dell’industria bancaria, per sua stessa natura, svolge un ruolo centrale per quanto riguarda la ripresa economica nelle varie aree geografiche e nei vari comparti economici e determina conseguentemente la sostenibilità di tale ripresa nel tempo. Da un lato dunque occorrerà ripensare in qualche misura al ruolo che le banche svolgono all’interno di una società in costante mutamento a livello globale, in modo da adeguare l’offerta di servizi e di credito in base alle mutate esigenze. Da un altro lato 60 • DOSSIER • CAMPANIA 2012
anni». Il prossimo congresso di Assiom Forex si terrà in febbraio. Quali saranno i temi al centro del dibattito? «Il momento dominante dell’evento è da sempre rappresentato, come noto, dall’intervento del governatore della Banca d’Italia, che in questa edizione del nostro congresso coincide con la prima vera uscita mediatica di Ignazio Visco. Il discorso del governatore, tradizionalmente, spazia a 360 gradi sui temi di maggiore importanza e attualità, che vanno dall’andamento dell’economia internazionale e domestica, alle nuove regolamentazioni, al sistema bancario e alla crescita economica. Su tutte queste materie non sono mai mancati spunti di riflessione di elevato interesse e suggerimenti concreti di grande rilevanza per l’economia e per i mercati in generale. A fianco di questi argomenti verranno trattati, nel corso dei lavori dell’associazione, alcuni argomenti specifici, di carattere tecnico, che riguardano la tassazione delle attività finanziarie e i mercati emergenti, nonché le aspettative circa il futuro dell’euro, trattate da autorevoli esponenti del mondo bancario».
FINANZA
Nuove e interessanti occasioni d’acquisto
Alcuni segnali d’inversione di tendenza si sono già visti. Come, nelle aste di dicembre, il vistoso crollo dei rendimenti per i titoli a breve scadenza Elisa Fiocchi
er i mercati finanziari, il 2011 è stato un anno difficile, l’aumento dell’avversione al rischio da parte degli investitori internazionali ha comportato un progressivo alleggerimento delle esposizioni nei confronti dei paesi europei c.d. periferici». Stefano Catalano, direttore Finanza di Dexia Crediop, analizza l’andamento dei flussi stranieri sui mercati italiani e le prospettive finanziarie del nostro Paese per l’anno 2012. Quali ripercussioni si sono verificate sul mercato italiano? «Il Ftse Mib ha perso oltre il 25% nel corso dell’anno (tra i peggiori indici azionari mondiali) e lo spread del Btp nei confronti del Bund decennale ha raggiunto 528 bp. Certo che sull’andamento del rischio Italia pesa il timore di un sistema finanziario troppo esposto al debito, ma l’analisi dei fondamentali dovrebbe essere sempre fatta. In questo senso,
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Stefano Catalano, direttore finanza di Dexia Crediop Spa
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ad esempio, è utile fare un rapido paragone tra l’Italia e la Spagna: mentre l’Italia ha rispettato puntualmente gli obiettivi concordati con Bruxelles, la Spagna ha sforato di quasi due punti il deficit promesso. Inoltre, ad oggi, la Spagna deve dimostrare di saper intraprendere la strada del rigore come fatto dall’Italia. Nonostante ciò, i mercati continuano ad usare per Italia e Spagna due pesi e due misure e lo spread tra Btp e Bonos si è addirittura allargato». Come giudica invece il sistema istituzionale italiano nei titoli di stato? «Nel contesto attuale, il supporto del sistema istituzionale all’offerta di titoli di Stato è limitato da una serie di fattori strutturali. La difficile situazione sul fronte della liquidità non agevola importanti campagne d’investimento. Le difficoltà delle banche italiane nell’accesso al mercato dei capitali, e in ogni caso a costi di funding ben più alti dei rendimento dei titoli di Stato, rende non opportuno aumentare la propria esposizione. In tema di rifinanziamento del debito pubblico, la vera risorsa per l’Italia è la ricchezza netta delle famiglie. Quest’aggregato, anche se in calo rispetto al recente passato, sfiora i 9mila miliardi di euro a fronte di un debito pubblico di 1.900 miliardi di euro. In via proporzionale, la ricchezza detenuta dalle famiglie italiane rappresenta 8,3 volte il reddito disponibile. Tale rapporto è pari a 8 per l’Inghilterra, 7,5 per la Francia, 7 per il Giappone, 5,5 per il Canada e 4,9 per gli Stati Uniti». Come vede le prospettive per il 2012? «La semplice considerazione che gli investi-
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tori preferiscono, in mercati così volatili, le scadenze brevi dimostra una rinnovata fiducia nei confronti del debito sovrano italiano. Nel breve periodo è difficile attendersi lo stesso trend. Molte cose dovranno accadere sia dal punto di vista delle riforme italiane sia da quello europeo. Anche se investire su titoli italiani è apparentemente più rischioso rispetto a sei mesi fa i rendimenti attuali offrono delle interessanti occasioni d’acquisto: i Btp sulle scadenze medie e quelli legati all’inflazione, con la prospettiva di un ciclo economico appesantito dalla recessione e con un’inflazione al 3%, continuano a essere uno dei temi di maggiore interesse per i risparmiatori italiani». Qual è stato finora il ruolo della Banca centrale europea nelle politiche di finanziamento? «Dexia Crediop è autonoma nella raccolta dei mezzi finanziari necessari alla propria attività. Il programma 2011 è stato completato secondo le previsioni e nel periodo 20082011 la banca ha raccolto sui mercati, una provvista a medio e lungo termine di oltre 2 miliardi di euro rispetto alle necessità commerciali nello stesso periodo. La raccolta è stata realizzata anche attraverso un pro-
gramma di emissioni destinate direttamente al pubblico degli investitori privati grazie al quale i risparmiatori italiani hanno avuto un’ampia scelta di durate e di cedole. Per ciò che riguarda la raccolta a breve termine, in una difficile situazione di mercato per la liquidità, l’accesso alle operazioni della Banca centrale è una risorsa importante per Dexia Crediop come per le altre banche italiane. Inoltre, l’elevata qualità creditizia degli attivi in portafoglio rende la gran parte del bilancio della banca potenzialmente utilizzabile in operazioni con la Banca centrale». Nell’ambito della finanza pubblica e dell’attività di project financing in quali direzioni si muove Dexia Crediop? «Nel project financing la banca ha organizzato il finanziamento di alcune delle più importanti operazioni a oggi realizzate in Italia: nel settore delle infrastrutture di trasporto, si ricordano la linea 5 della metropolitana di Milano e la Strada dei parchi; nel settore dell’edilizia pubblica strumentale, il nuovo ospedale di Legnano. Dexia Crediop è stata, inoltre, una delle prime banche a strutturare operazioni per il finanziamento di progetti di energia eolica, fotovoltaica e derivante da rifiuti». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 63
FINANZA
Servono norme per la crescita «La soluzione del problema dei debiti pubblici è diventata un elemento inestricabile del generale piano di rinnovamento della società europea, che ormai anche l’opinione pubblica ritiene improcrastinabile». Alberto Giovannini illustra gli scenari possibili Nicolò Mulas Marcello
Europa cresce poco e gli Stati sono indebitati. Il problema però non è solo la crisi economica, ma una serie di norme a livello centrale che non incentivano la crescita. «Il più importante fattore ostativo – spiega Alberto Giovannini, amministratore delegato di Unifortune – è la relativa ignoranza dei leader nazionali su come gestire un programma di riforma di dimensioni così vaste: quali priorità, quali best practices adottare, come gestire la transizione». I problemi del debito sovrano europeo, in
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particolare quello italiano, sono riconducibili alla sfiducia dei mercati sulla sostenibilità della spesa pubblica oppure le ragioni sono altre? «Il sentimento sull’Europa è in questo momento molto negativo. La percezione è che il nostro continente non riesca a generare crescita per via di una zavorra di norme che scoraggiano lo spirito di iniziativa economica e il risk-taking. Questo difetto è molto evidente per via del contrasto con la Cina, che macina cresce a ritmo del 10% all’anno ed è diventata la seconda economia mon-
Sotto, da sinistra, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy e il presidente del Consiglio italiano Mario Monti
Xxxxxxx AlbertoXxxxxxxxxxx Giovannini
diale, e con gli Stati Uniti, che ora stanno crescendo circa al 3% e mantengono una posizione di preminenza come luogo di eccellenza di imprenditorialità e di innovazione tecnologica. Il problema fiscale è purtroppo un retaggio del passato, e forse anche un riflesso di quell’approccio sbagliato che molti paesi hanno avuto verso il mondo produttivo, accumulando come risultato i costi pubblici, di un sempre crescente interventismo statale, che però non ha prodotto ricchezza. La soluzione del problema dei debiti pubblici diventa quindi un elemento inestricabile del generale piano di rinnovamento della società europea, che ormai anche l’opinione pubblica ritiene improcrastinabile». Parliamo della manovra Monti. Le misure finora prese sono solo il primo passo per gestire questa difficile situazione. Ma quali misure occorre adottare per non soccombere ai mercati finanziari? «Le misure finora adottate sono state necessarie per mettere in sicurezza i conti pubblici, ma certo non sono disegnate per stimolare la crescita. Rimane il fatto che l’attività economica potrebbe aumentare se il risultato di queste misure è quello di diminuire l’incertezza circa la sostenibilità dei conti pubblici. Idealmente, il governo potrebbe considerare, oltre a una riforma complessiva del nostro impianto normativo volta a incoraggiare l’attività economica, anche operazioni in conto capitale per diminuire la dimensione dello stato patrimoniale del settore pubblico». Molti sostengono che l’Europa dovrebbe essere il motore principale dal quale far scaturire le riforme economiche necessarie a far sviluppare il sistema economico europeo e mondiale. Ma le frange protezioniste all’interno di molti paesi europei impediscono questo sviluppo. Cosa occorre fare? «A mio parere il più importante fattore ostativo è la relativa ignoranza dei leader nazionali su come gestire un programma di riforma di dimensioni così vaste: quali priorità, quali “best practices” adottare, come gestire la transizione. Se i governi avessero idee ben
chiare su questi problemi, le frange protezioniste in ciascun paese sarebbero fortemente indebolite. Nel caso opposto, esse possono presentare argomenti, convincenti per l’opinione pubblica, che fanno leva sulla relativa ignoranza del governo. È importante notare che Mario Monti ha lavorato molto sul problema della liberalizzazione volta a incoraggiare l’iniziativa economica, in occasione di una rapporto presentato al presidente della Commissione europea Barroso». Qual è il suo outlook per il 2012? Ci sono strategie che saranno particolarmente proficue? E quali invece vivranno delle difficoltà penalizzate da un minor ricorso alla leva finanziaria tipica dell’industria? «L’uso della leva finanziaria da parte dei gestori è funzionale al livello di rischio obiettivo e, come ormai tutti sanno, fortemente inferiore alla leva finanziaria delle banche. Inoltre, la leva finanziaria lascia inalterato il rapporto rischio/rendimento: quindi eventuali minori ricorsi alla leva finanziaria non alterano, di per se, l’attrattiva relativa dei fondi d’investimento. Detto questo, nell’anno che è appena iniziato lo scenario di normalizzazione renderebbe attraenti quasi tutti comparti a rischio, in particolare high-yield, e azionario, mentre penalizzerebbe significativamente quei settori, come i governativi tedeschi, l’oro e il franco svizzero, che hanno rappresentato un rifugio a fronte delle paure di collasso finanziario. Tuttavia mi aspetto ancora incertezza fino alla metà dell’anno».
Alberto Giovannini, amministratore delegato di Unifortune
10% CINA
L'indice di crescita annuale della Cina
3%
STATI UNITI La percentuale di crescita degli Stati Uniti nell'ultimo anno
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INNOVAZIONE
Innovazioni nella filiera dell’elettrotecnica Un servizio a trecentosessanta gradi che va dalla vendita di migliaia di prodotti di materiale elettrico alla collaborazione con gli operatori per la fornitura di consulenze e servizi specifici. Angelo Majorano descrive la sua strategia per il settore elettrico Amedeo Longhi
na crescita costante che prosegue dal 1947, quando l’azienda è stata fondata per rispondere alle esigenze degli operatori del settore elettrico nel napoletano. Oggi la Majorano è un’importante realtà del territorio che ha sviluppato la sua attività in più direzioni, comprendo integralmente la “filiera” dell’elettrotecnica, dalla distribuzione di materiale, sono decine di migliaia le referenze a magazzino, fino a un servizio personalizzato e adatto a ogni esigenza. «Il contatto continuo e diretto con la clientela è fondamentale – spiega il presidente Angelo Majorano – e proprio per questo abbiamo istituito un catalogo on-line capace di offrire un servizio immediato». È importante per voi l’attività di aggiornamento tecnico e normativo. Come la portate avanti? «Appare evidente che il nostro è un settore in cui questo aggiornamento è assolutamente indispensabile. Precisato ciò, ritengo opportuno tracciare una distinzione fra le attività di commercializzazione e quelle relative all’ambito industriale, in quanto gli approcci attraverso i quali affrontare questi due settori sono differenti. Nel primo caso infatti, sono i nostri par-
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In basso Angelo Majorano presidente della TMS Cabine Spa di Napoli www.majorano.it www.tmscabine.it
tner commerciali, le multinazionali del settore, ad aggiornarci su tutti gli aspetti tecnici e normativi dei prodotti e il nostro compito si limita a mantenere sempre elevati la qualità e il livello del servizio offerto. Nel secondo caso invece, dove siamo noi a essere produttori – e faccio riferimento in particolare alla divisione produttiva TMS Cabine – , dobbiamo sempre tenere sotto controllo tutti gli aspetti tecnici e normativi del processo e del prodotto». Quali sono i settori in cui lavorate di più e in cosa si differenziano in termini di prodotti e servizi? «A parte i comparti tradizionali come quelli relativi a cavi e cabine, il settore dell’illuminazione è quello in cui negli anni l’azienda ha effettuato i maggiori investimenti sia in termini di strutture – sono ben otto i nostri show room presenti sul territorio –, sia in termini di risorse umane». Com’è cambiato nel tempo il settore? «La progressiva riduzione del tessuto industriale del Centro-Sud d’Italia, in particolare della provincia di Napoli, ci ha costretto negli anni a rivedere la composizione della gamma offerta, puntando sempre di più verso prodotti destinati alle applicazioni civili e al settore terziario, come l’illuminotecnica e il networking». Qual è attualmente la situazione del vostro mercato di riferimento?
Angelo Majorano
«Il settore del materiale elettrico non è stato risparmiato dalla crisi globale. Anzi, rispetto al passato si è assistito, come è avvenuto nel 2009 e per la prima volta da decenni a questa parte, a un andamento del mercato che, rispetto al dato del PIL, ha fatto segnare valori inferiori rispetto a quelli nazionali. Non consola il fatto che la forte espansione della
Il settore dell’illuminazione è quello in cui negli anni l’azienda ha effettuato i maggiori investimenti sia in termini di strutture, sia in termini di risorse umane
nicchia legata alle energie rinnovabili ne abbia parzialmente risollevato le sorti, anche perché l’andamento altalenante e transitorio dello stesso fa sì che il “sentimento” generale sia comunque gravato da una certa dose di sfiducia già per l’anno che sta iniziando». Può fornirci qualche notizia in più riguardo all’attività del ramo dedicato alla produzione delle cabine, la TMS? «Questa nuova iniziativa imprenditoriale si è concretizzata nella TMS Cabine Spa. Questa esperienza tiene conto delle interessanti prospettive di crescita nel settore delle energie rinnovabili ed è nata da un’idea particolare: integrando le competenze edili e quelle elettromeccaniche, abbiamo ritenuto infatti che ci fosse la possibilità di avviare una nuova iniziativa nella produzione di prefabbricati per cabine elettriche. Le cabine, costruite, allestite e collaudate totalmente nel nuovo stabilimento di Valle di Maddaloni (CE), grazie a importanti investimenti a livello progettuale e produttivo, all’elevato grado di competenza tecnica dei collaboratori e non ultimo a una rete vendita capillare e dinamica, hanno fatto sì che in pochi anni la TMS si collocasse, sin d’ora, tra le realtà più significative e innovative dell’intero scenario nazionale». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 69
TECNOLOGIE
L’automazione industriale e i suoi processi Affrontare le problematiche relative al settore dell’impiantistica industriale ed essere costantemente al passo con l’innovazione tecnologica nel settore elettrico. Domenico Prisco descrive la sua “via” verso l’automazione industriale Manlio Teodoro
L’ Da sinistra, Domenico, Flora e Giovanni Prisco, soci della New Tecno Sapri Srl, Napoli www.tecnosapri.it
automazione industriale è ancora un processo in divenire per molte realtà produttive. Introdurre nuovi sistemi e impianti tecnologici in processi finora basati sul controllo umano richiede investimenti importanti, ma anche la consulenza di specialisti in grado di individuare la soluzione migliore per le esigenze di progetto o specifiche richieste di computo metrico. «La nostra società – spiega Domenico Prisco, socio della New Tecno Sapri – è nata realizzando lavori di impiantistica elettrica industriale, per poi evolversi e specializzarsi nei sistemi di automazione. Abbiamo così iniziato a occuparci della programmazione dei più importanti Plc (Programmable Logic Controller) richiesti dalle aziende, come Siemens e Allen-Bradley. Inoltre
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sistemi di supervisione e monitoraggio Protool per la realizzazione dei pannelli operatori». Qual è il vostro core business? «Il nostro impegno è sempre stato quello di affrontare le problematiche relative al settore dell’impiantistica industriale e di essere costantemente al passo con l’innovazione tecnologica nel settore elettrico. Con particolare attenzione per l’automazione, i sistemi di controllo automatico, quelli di sicurezza e per le telecomunicazioni. Oltre che progettare e realizzare nuovi impianti, offriamo anche i servizi di trasformazione, ampliamento, modernizzazione e manutenzione, sia ordinaria che straordinaria degli impianti, oltre a essere in grado di trasferire intere linee di produzione già esistenti». Lavorate più con il settore pubblico o con quello privato? «Lavoriamo, per scelta, più con il settore privato. Al settore pubblico ci siamo affacciati in più occasioni, senza tuttavia trarne alcun vantaggio. Dal nostro punto di vista esistono delle differenze sostanziali fra queste due tipologie di committenza, sia dal punto di vista tecnico che da quello commerciale. Nelle gare d’appalto abbiamo assistito alla proposta di offerte molto basse – che inevitabilmente si sono aggiudicate l’appalto – che per noi sono irraggiungibili. Evidentemente esistono imprese che riescono a fare questi prezzi, tagliando su costi – quali la specializzazione dei tecnici e i costi fissi aziendali – che noi non possiamo tagliare a danno della professionalità». Con quali tipologie di aziende lavorate
Domenico Prisco
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Ci siamo specializzati nella realizzazione di sistemi di automazione e nella programmazione dei Plc
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maggiormente? «Collaboriamo con aziende appartenenti a parecchi settori industriali. Dalle aziende siderurgiche a quelle metallurgiche, oltre che con aziende che lavorano nell’indotto dell’edilizia producendo tonti in cemento armato. Abbiamo collaborato anche con aziende che lavorano per il comparto Fiat, sia locali – e facenti parte dell’indotto dello stabilimento di Pomigliano d’Arco –, sia torinesi». Avete ottenuto delle certificazioni? «Siamo certificati Uni En Iso 9001:2000, riconoscimento ottenuto dall’ente indipendente Uniter, accreditato Sincert. Abbiamo inoltre adottato una politica per il raggiungimento di una serie di obiettivi, come aumentare la competenza e la consapevolezza della mansione di ogni singolo dipendente, soddisfare i requisiti contrattuali e le necessità della committenza, dando evidenza del raggiungimento degli standard qualitativi di rilievo». Il mondo dell’edilizia si trova in profonda crisi. Questa ha raggiunto anche voi tramite
le aziende partner? «Purtroppo sì. Negli ultimi due anni abbiamo assistito a un brusco calo nella richiesta di nuovi lavori e nella costruzione di nuovi impianti. Tuttavia la situazione di crisi, per quanto ci riguarda non è limitata al settore delle costruzioni. Anche il settore automotive è in uno stato di crisi e per di più la nostra azienda è ancora in attesa di riscuotere i crediti per l’esecuzione dei lavori svolti per l’indotto Fiat. Riceviamo ancora richieste di intervento da un’azienda che lavora in appalto nell’impianto di Pomigliano, tuttavia siamo prudenti, non avendo ancora riscosso il compenso per i lavori precedenti». Quali sono le strategie o gli interventi che potrebbero sanare questa situazione? «Attualmente, intraprendere una strategia che si basi solo sull’iniziativa delle aziende vorrebbe dire rischiare molto e ottenere, probabilmente, pochissimo. Di fatto esistono aziende che avendo avuto buoni risultati negli anni scorsi, riescono a sopravvivere con le proprie forze, autofinanziandosi nell’attesa che il mercato riprenda slancio. Altre però, per varie ragioni, non si trovano nella posizione di poter resistere e quindi sono costrette a chiudere. Nel complesso tutte le piccole imprese si trovano in pericolo». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 71
MODELLI D’IMPRESA
La meccanica napoletana si affaccia a nuovi mercati Imporsi nel Meridione, contando sulle proprie forze e sulla professionalità. Questa è la testimonianza che dal 1986 porta avanti Promec, fornendo soluzioni meccaniche e supporto al mondo ferroviario e aeronautico. L’esperienza di Giuseppe Scardamaglia Marco Tedeschi
econdo un’indagine dall’Istituto SWG per la Confederazione Nazionale degli Artigiani il 78% delle piccole e medie imprese ritiene la stretta creditizia attuale decisamente peggiore rispetto a quella già nera del 2008 e 2009. A dimostrarsi in apprensione sono gli imprenditori di tutte le aree del paese, con punte acute al Sud Italia (83%). È per questo motivo che risulta particolarmente attuale il messaggio dell’ingegnere Giuseppe Scardamaglia, titolare della Promec di Caivano. «Ciò che conta non è avviare un’attività, ma riuscire a portarla avanti con perseveranza», afferma Scardamaglia. Questo il senso che anima un’azienda come la Promec, realtà del napoletano che dall’86 si è affermata nel settore aeronautico e successivamente in quello ferroviario. Qual è il vostro settore di competenza? «La PROMEC S.r.l. nasce nel 1986 con l’obiettivo di operare nel settore produttivo della meccanica di precisione e nel mercato della progettazione e realizzazione di attrezzature speciali. Le produzioni di maggior rilievo sono quelle della meccanica per rotabili ferroviari, con particolare specializzazione nella costruzione dei carrelli ferroviari completi e progettazione di attrezzature di produzione e collaudo. Il mercato di riferimento dei primi anni è stato prevalentemente quello aeronautico con clienti come Alenia, Alitalia,
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L’ingegnere Giuseppe Scardamaglia è titolare della Promec di Caivano (NA) www.promecsrl.eu
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Officine Aeronavali, Vulcanair. A seguire c’è stata poi l’apertura verso il settore ferroviario nata dall’occasione di progettare e realizzare linee di attrezzature per la costruzione di carrelli ferroviari, in particolare quelle per i carrelli portanti e motore dell’ETR500-Freccia Rossa nonché l’impianto di pressatura per il loro collaudo finale, per la SOFER di Pozzuoli prima e per AnsaldoBreda poi. Il mercato ferroviario, oggi è diventato il riferimento principale della produzione e dei servizi di ingegneria offerti dall’azienda. Esiste comunque una stabile presenza nell’aeronautico e nel petrolchimico. La carta vincente dell’azienda che ha caratterizzato i primi anni è risultata essere la capacità di governare e integrare tecnologie meccaniche differenti, come idraulica, pneumatica, fino a sconfinare nell’elettronica e l’automazione industriale». Come ha affrontato Promec l’attuale crisi? «L’internazionalizzazione è stata la strategia su cui abbiamo puntato. L’ulteriore elemento chiave, in cui PROMEC ha creduto, è stato l’investimento in sperimentazione e innovazione con il mirato intento di raggiungere margini di competitività tecnologica su scala internazionale e potersi confrontare con concorrenti leader mondiali nei settori come quello delle attrezzature speciali. I risultati non sono mancati, siamo riusciti a chiudere commesse di fornitura di attrezzature speciali di collaudo carrelli anche con paesi del Far East come TAIWAN».
Giuseppe Scardamaglia
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Abbiamo una commessa a Taiwan per la fornitura di due presse per il collaudo dei carrelli ferroviari
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Come è strutturata oggi la Promec? «L’azienda si avvale di uno staff di 50 elementi composto da ingegneri, tecnici e operatori altamente specializzati con consolidata esperienza nei settori della meccanica, idraulica, pneumatica, elettronica e dei sistemi di controllo. Puntiamo molto sulla tradizione ingegneristica aziendale in grado di prendere in carico le esigenze di progettazione e produzione dei clienti; proprio dove i concorrenti tendono a perdere terreno o cedono a fronte di difficoltà tecniche. Di solito preferiamo lavorare sui “problemi complessi” dei clienti e prediligiamo le commesse difficili. Ad oggi la realizzazione dei carrelli ferroviari finiti, ad esclusione dei soli trattamenti termici, avviene totalmente all’interno dell’azienda. Tutte le fasi di lavorazione sono eseguite nello stabilimento PROMEC dotato di reparti di taglio, saldatura, lavorazione meccanica, sabbiatura, verniciatura, allestimento, collaudo dimensionale, controlli non distruttivi, collaudo finale sotto pressa». In tutti questi anni come è cambiato il mercato di riferimento dell’azienda? «Di anni ne sono trascorsi molti, l’azienda è cresciuta in infrastrutture, forza lavoro e competenze, con un ritorno tangibile in termini di espansione del proprio mercato. Ciò che ha sostenuto la crescita in questi anni, garantendo competitività e stabilità, è stato il profondo credo nelle capacità tecniche e nello sviluppo delle pro-
prie competenze, affiancando un mirato piano di investimenti in tecnologie ed attrezzature. Promec è stata la prima azienda al sud a dotarsi di macchine computerizzate DEA per il controllo tridimensionale della propria produzione meccanica. Sotto tali presupposti, negli anni trascorsi PROMEC si è affermata presso clienti di rilievo nel settore ferroviario nazionale, presso i vari stabilimenti Ansaldobreda in Italia, Keller e Firema. A seguire c’è poi stata l’espansione vero le principali aziende di trasporto ferroviario come TRENITALIA, per la quale siamo qualificati fornitori ufficiali e recentemente presso la nuova compagnia di trasporto ferroviario NTV S.p.A. di Montezemolo, Punzo, Della Valle e Sciarrone, per la quale abbiamo fornito innovativi sistemi di collaudo per carrelli. Il passo successivo è stato l’accesso al mercato internazionale con compagnie come Bombardier Transportation e ZF Germania». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 73
MODELLI D’IMPRESA
La forza dell’imprenditoria partenopea ell’imprenditoria immobiliare l’intuizione e il dinamismo sono caratteristiche che si possono rivelare molto preziose, in particolar modo in un’ottica di diversificazione produttiva e gestionale delle opere realizzate. La situazione attuale – pesantemente condizionata dalla grave crisi economica – suggerisce prudenza e cautela, ma spesso i maggiori successi commerciali si ottengono reagendo in maniera energica e propositiva, puntando sugli investimenti e individuando la sintesi perfetta fra la pianificazione razionale degli stessi e l’istinto intuitivo tipico dell’imprenditoria italiana. Una valida sintesi di tutte queste caratteristiche è personificata in Raffaele Servillo, fondatore e titolare dell’omonimo gruppo immobiliare, operante nella progettazione architettonica su grande scala. «Nella mia carriera di imprenditore ho sempre evitato – per quanto possibile – di ricorrere a finanziamenti e aiuti pubblici. L’autonomia imprenditoriale si è sempre rivelata una scelta vincente, assecondata anche da una saggia parsimonia e da una spiccata inclinazione agli investimenti». Quali sono le caratteristiche del Gruppo
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Razionalizzare le competenze tramite la creazione di un gruppo; un’organizzazione societaria funzionale ma complessa, che può tuttavia rivelarsi compatibile con una gestione familiare dell’impresa, come dimostra la storia imprenditoriale di Raffaele Servillo Lodovico Bevilacqua
Servillo? «Il gruppo ha diversificato le sue prerogative commerciali in un’utile ottica di razionalizzazione. Esistono tre società, che hanno competenza gestionale per le principali attività del gruppo stesso, ovvero lo svolgimento dell’attività immobiliare vera e propria, la conduzione dei supermercati di nostra costruzione e gestione e – infine – la direzione del prestigioso albergo Rama Palace Hotel, di proprietà del gruppo e attiguo al ristorante Luna Rossa». Quale percorso evolutivo hanno subito le tre società del gruppo? «Differente per le diverse caratteristiche delle at-
Raffaele Servillo, fondatore del Gruppo Servillo di Casalnuovo di Napoli. Nelle altre immagini, alcune opere realizzate e gestite dal Gruppo www.servillo.it
Raffaele Servillo
tività svolte, simile in merito alla mentalità che ne ha condizionato la gestione, informata dalla mia visione imprenditoriale. Si tratta di un’attitudine all’impegno e alla dedizione, che punta molto sull’apporto fresco ed energico dei miei sei figli, coinvolti in maniera sempre più attiva e propositiva nel business familiare, garantendo entusiasmo, professionalità e competenze specialistiche in progettazione architettonica e negli ambiti commerciale e amministrativo. Questa sintesi generazionale, unita alla coesione familiare, hanno contribuito in larga misura ai successi commerciali più recenti». Quali caratteristiche peculiari presenta la vostra attività? «Una su tutte: la gestione diretta delle opere che realizziamo. Dall’individuazione dell’area di edificazione alla gestione della struttura, passando naturalmente per l’edificazione della stessa, il
nostro gruppo rimane protagonista. Con il vantaggio di informare le attività della nostra mentalità e attitudine imprenditoriale. I supermercati Servillo – anche per la natura del servizio che offrono – hanno sempre avuto come principale e irrinunciabile obiettivo la soddisfazione del cliente, da perseguire tramite una politica di competitività e convenienza, sia a livello economico che a livello di prodotti offerti. La grande concentrazione di ipermercati nell’area di Casalnuovo ha reso questo segmento commerciale estremamente competitivo, ma l’ampiezza della gamma dei nostri prodotti – con un grande privilegio nei confronti della gastronomia locale – la convenienza dell’offerta e la professionalità e cortesia dello staff ci hanno consentito di raccogliere la preferenza di tantissimi clienti, fidelizzati grazie alla qualità del servizio proposto». La poliedricità del vostro gruppo è tornata dunque utile nella gestione dell’albergo, un’attività certamente differente da quella della distribuzione? «Senza dubbio sì. Esiste tuttavia un punto di contatto fra le due attitudini gestionali, ovvero la convenienza della proposta commerciale, dal momento che l’hotel è fonte attrattiva per i principali attori del sistema business che gravita intorno le numerose aziende presenti nel territorio campano. Per quanto riguarda la realizzazione dell’albergo, il merito va destinato a Vanni e Giuseppe Servillo, rispettivamente architetto e geometra, ideatori delle avanguardistiche forme contemporanee che caratterizzano gli arredi e le scelte architettoniche innovative e sorprendenti». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 75
IL MERCATO DEL GIOCO
Cambia l’assetto organizzativo della distribuzione dei giocattoli Nella vendita all’ingrosso la capacità produttiva dipende dallo spazio disponibile per l’esposizione, ma anche da una riorganizzazione distributiva. La parola ad Assunta Menna Manlio Teodoro
l calo dei consumi generalizzato si è fatto sentire anche sotto le feste natalizie. L’osservatorio di Federconsumatori ha registrato cali consistenti per arredamento ed elettrodomestici (–24%), abbigliamento e calzature (–18%), turismo (–8%), profumeria e cura personale (–7%). Un arretramento meno vistoso, ma avvertito, ha investito la spesa per i doni per i più piccoli, infatti anche la vendita di giocattoli ha registrato un calo del –3%. Assunta Menna, amministratore delegato della Menna Spa, società di distribuzione all’ingrosso di giocattoli, commenta così questo dato: «L’ultimo è stato certamente un Natale all’insegna del risparmio, tuttavia non abbiamo registrato il crollo delle vendite che è stato riscontrato da altre categorie commerciali. Sicuramente le fa-
I La Menna Spa, ha sede a Nola (NA) www.mennagiocattoli.it
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miglie hanno dato un taglio a molte spese voluttuarie, la sostanziale tenuta del settore dei giocattoli forse è stata una sorta di compensazione. Se si guarda qual è stato l’unico settore in attivo, quello dell’elettronica di consumo – quindi computer e dispositivi mobili –, con un +1%, si può forse dire che la volontà di acquistare beni non di prima necessità ha resistito anche negli acquisti che premiano i bambini». Menna Giocattoli è passata, negli anni, da piccola società specializzata nella vendita all’ingrosso a essere uno dei principali distributori della regione. «I nostri partner, all’inizio, erano principalmente piccoli negozianti non specializzati soltanto nella vendita di giocattoli, al contrario si trattava di attività che si ponevano nei confronti del mercato come una sorta di bazar, in quanto nei loro punti vendita proponevano un assortimento variegato di prodotti. In questa fase la nostra azienda era ancora situata nel centro urbano. Questo era un limite per il nostro sviluppo, perché da una parte rallentava i tempi di consegna e l’erogazione dei servizi collegati, dall’altra non ci permetteva di avere a disposizione un’area sufficiente per la nostra attività. La redditività di un’impresa dipende strettamente dai metri quadri a disposizione, per questo il trasferimento della nostra sede operativa presso il Cis di Nola – polo commerciale del Sud Italia –, con 2200 metri quadrati di capacità produttiva, ha apportato significative modifiche all’assetto commerciale e gestionale della nostra impresa, consentendoci un vastissimo
Assunta Menna
assortimento di prodotto, ma anche e soprattutto un grande numero di servizi accessori che solo grandi strutture perfettamente organizzate sono in grado di garantire. La precedente tipologia organizzativa era poco efficiente e imponeva costi di gestione troppo alti in rapporto anche all’utilità che tale organizzazione apportava all’azienda. Abbiamo così adottato politiche innovative di pianificazione ed espansione commerciale, decidendo di effettuare un ulteriore investimento per trasferire la distribuzione presso un capannone tre volte superiore rispetto al precedente (più di 6000 mq), innovando il nostro modo di lavorare puntando sull’aspetto informatico, logistico e sull’introduzione del self service. Attraverso il servizio logistico si garantisce ampiezza all’assortimento in quanto vi è un numero di categorie di prodotti diversi. Ma la vera rivoluzione è stata l’introduzione del selfservice, che ha eliminato le figure intermedie che prima si interfacciavano con il nostro par-
Il budget per le azioni pubblicitarie è in aumento. A questo si affianca una strategia di marketing mix
tner. Il nostro cliente adesso sceglie la merce, esposta come in un grande supermercato del giocattolo e procede direttamente all’acquisto presso le casse». Questi cambiamenti hanno alleggerito i costi di gestione e ridotto i tempi di distribuzione. «Una delle sfide che abbiamo cercato di vincere in questi anni è stata quella di decongestionare la concentrazione delle vendite nell’ultimo periodo dell’anno, ovvero abbiamo cercato di destagionalizzare le vendite. Il nostro calendario commerciale è oggi scandito in sei campagne di vendita: Carnevale, Pasqua, tempo libero e giochi all’area aperta, mare, scolastica, Natale ed Epifania». Il gruppo Menna, nell’affrontare le continue e nuove sfide che il mercato impone, ha iniziato nel 1995 a diversificare la sua consolidata esperienza distributiva a nuovi settori merceologici. Infatti, in breve tempo, ha ottenuto degli eccellenti risultati nel settore dei casalinghi, fiori artificiali, articoli natalizi, gadeget e altro ancora, mettendo in risalto il know how della sua struttura organizzativa. L’evoluzione sotto il profilo CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 79
IL MERCATO DEL GIOCO
della distribuzione agli esercenti non è stata l’unico cambiamento che la Menna Giocattoli ha apportato al sistema di business. «Pur conservando la nostra posizione di distributori all’ingrosso, abbiamo deciso di avviare una rete di punti vendita al dettaglio sotto l’insegna “8 Volante”, oggi presente con tredici punti vendita in tutta Italia. Questi negozi offrono un mix merceologico che spazia dai giocattoli agli abiti di Carnevale, dagli addobbi natalizi agli articoli per il mare e ai prodotti per la scuola. Abbiamo ottenuto eccellenti risultati con questa catena e prevediamo di ampliarne la diffusione attraverso il franchising, che ci permette di favorire lo sviluppo della rete e per operare in campo commerciale in maniera moderna e competitiva. Tutti i punti vendita lavorano in continuo collegamento con l’azienda madre, che garantisce loro, in qualsiasi momento, il riassortimento immediato delle referenze che mancano». La rete di “8 Volante” è riuscita a raggiungere una posizione esclusiva in un mercato altamente selettivo. «Grazie alla sinergia avviata con il gruppo di acquisto Fantastiko, all’importazione diretta e a rapporti privilegiati con i produttori, la catena può offrire ai clienti una gamma ampia e profonda, a
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Abbiamo innovato il nostro modo di lavorare puntando sull’aspetto informativo, logistico e sull’introduzione del self-service
prezzi assolutamente competitivi in tutte le fasce di prodotto, da quella alta e di marca al gadget economico. La qualità del servizio passa anche dalla garanzia sul prodotto – esclusivamente a norma Cee – all’assistenza sul punto vendita, dal servizio confezione regalo in tutti i periodi dell’anno, all’organizzazione di corsi e attività di animazione instore in collaborazione con le migliori marche». Altrettanto determinante è la rapidità di reazione alle sollecitazioni del mercato, che consente alla catena di proporre sempre nuovi prodotti in sintonia con le campagne pubblicitarie dei produttori e con una domanda in rapida evoluzione. «È per questo motivo che il budget stanziato per le azioni pubblicitarie è in costante aumento. A questo si affianca una strategia di marketing mix che abbina la diffusione del brand attraverso mezzi istituzionali a campagne di comarketing, direct marketing, promozioni mirate sul punto vendita e produzione di materiale di merchandising. Inoltre organizziamo eventi e manifestazioni che coinvolgono in maniera diretta i principali consumatori dei punti vendita “8 Volante”: i bambini».
IL MERCATO DEL GIOCO
Si uniscono i “leader” del settore gaming n Italia, nel 2011, il gioco ha rappresentato quasi il 6% del Pil. Soltanto l’anno scorso, gli italiani hanno investito quasi 80 miliardi di euro nei prodotti e servizi di questo settore, spostando verso le casse dell’erario ben 8 miliardi di entrate fiscali. Il 40% del giro d’affari è generato dagli apparecchi di intrattenimento elettronici, le cosiddette slot machine. Tali numeri permettono agli operatori del settore larghi margini di manovra per investimenti in innovazione, tecnologia e diversificazione dell’offerta. Sull’onda di questi riscontri di mercato, sta per nascere, dalla fusione di 21 aziende del settore, quello che sarò il terzo gruppo industriale, a livello italiano, per fatturato e numero di apparecchi gestiti – il progetto vedrà confluire in Bet&Slot Spa aziende attive in comparti diversi – dalle slot machine al gioco online e alle scommesse sportive. Ne parliamo con Vincenzo Sorrentino, direttore generale della Games Service, una delle aziende promotrici dell’iniziativa. Su quali presupposti e con quali prerogative vi state muovendo nella costituzione di questo nuovo soggetto? «Il presupposto è quello di unire le forze delle 21 aziende che confluiranno nel progetto per raggiungere migliori performance e posizionarci fra le prime società del settore. Stimiamo che con un parco macchine di circa 6mila apparecchiature, la Bet&Slot potrà raggiungere
I Vincenzo Sorrentino, direttore generale della Games Service Srl di Napoli www.gamesservice.it
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Gli italiani si confermano grandi giocatori. Anche con la crisi, nel 2011, il gioco ha generato un giro d’affari di 80 miliardi di euro. Il punto di Vincenzo Sorrentino alla vigilia della costituzione del terzo gruppo italiano del settore Manlio Teodoro
un fatturato annuo di 150 milioni di euro l’anno, con un volume di affari di circa 400 milioni. Ognuna delle 21 aziende, distribuite in tutta Italia, affiderà la gestione degli apparecchi da intrattenimento alla nuova società, che si avvarrà di un sistema di gestione messo a punto da una delle aziende partecipanti al progetto – la Sarda Giochi. Questo consentirà un controllo di tipo scientifico su un numero così alto di apparecchi e ne aumenterà la redditività e la qualità del servizio». Bet&Slot aprirà la strada a investimenti in nuovi mercati e tipologie di gioco. Verso quali intendente orientarvi? «L’avanzamento tecnologico ha permesso lo sviluppo di molte e nuove tipologie di gioco, tutte, stimiamo, destinate a crescere nei prossimi anni – in particolare mi riferisco al gioco online. Questo comparto, per certi versi appena nato, ha enormi margini di crescita e sarà questo sicuramente uno degli obiettivi che andremo a colpire prossimamente. Buona parte del futuro del gioco in Italia e in Europa passerà attraverso Internet. Inoltre, si stanno affacciando al nostro mercato le maggiori compagnie europee nel settore del gaming. Una delle ambizioni del progetto è anche quella di candidarci come partner di queste compagnie». È corretto affermare che gli italiani ricorrano al gioco soprattutto nei momenti
Vincenzo Sorrentino
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La tecnologia ha permesso lo sviluppo di nuove tipologie di gioco, tutte destinate a crescere, in particolare quelle del gioco online
di difficoltà economica? «Il nostro è un popolo con una forte propensione al gioco. Fra i ruoli di un operatore c’è anche quello di informare il giocatore informazione affinché il gioco resti una parentesi ludica e non un’aspettativa di cambiamento della propria condizione di vita sociale ed economica. Tuttavia, dobbiamo osservare che in un momento di crisi grave, la speranza legata alla vincita al gioco può influire in generale aumentando una tendenza. Questo riguarda evidentemente quei giochi dove il montepremi potrebbe effettivamente cambiare la condizione economica del vincitore. Ma questo non si può estendere certamente agli apparecchi da intrattenimento, che offrono una vincita limitata». Attraverso quali norme il legislatore potrebbe intervenire nel settore del gioco per una maggiore tutela di esercenti, produttori e giocatori? «Manca ancora una legislazione organica. Per
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esempio, a parità di fiscalità, nel Centronord la redditività per apparecchio e 2-3 volte superiore alla nostra. Inoltre, nel nostro territorio c’è il problema della criminalità. Con l’associazione di settore Assotrattenimento abbiamo chiesto più volte una legge organica sul gioco. Infatti, se da una parte esiste un sistema che riconosce soltanto il concessionario come titolare della raccolta, dall’altra, abbiamo l’indotto. Questo è formato da migliaia di partite Iva che con investimenti e mezzi propri lavorano sul campo. Una misura che certamente contribuirebbe a inibire i fenomeni di illegalità potrebbe passare attraverso una riformulazione del calcolo per il prelievo fiscale. Concedendo una sorta di credito di imposta e permettendo così una più efficace programmazione degli investimenti ai gestori degli apparecchi, questi ultimi, oltre a caricarsi dei rischi, ne assumerebbero anche la responsabilità legittima e legale e si disincentiverebbe così l’offerta di giochi illegali». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 83
INFORMATICA
Componenti informatici, la qualità arriva dalla Cina Nel settore informatico, i paesi asiatici continuano a rappresentare una delle maggiori forze in gioco per innovazione, prezzi e capacità produttiva. Il commento di Michele Palmese Emanuela Caruso
e per molti settori merceologici parlare di prodotti realizzati, importati o ideati nei paesi asiatici è sinonimo di scarsa qualità sia in termini di materiali che in termini di processi produttivi, per altri ambiti del mercato, non c’è forza maggiore della capacità innovativa e produttiva di Cina, Korea e Giappone. È il caso specifico del settore informatico, nel quale i paesi dell’Asia continuano a innovare con articoli e sistemi d’avanguardia. Stringere partnership e contatti con i produttori asiatici diventa, quindi, una strategia essenziale per qualsiasi impresa del ramo informatico che miri a distinguersi dalle altre. Lo sa bene la società Focelda Spa, sita a Napoli e specializzata nella distribuzione di prodotti informatici a 360°. «Da oltre vent’anni, importiamo prodotti dalla Cina – spiega Michele Palmese, amministratore unico dell’attività – e così facendo riusciamo non solo a comprare a costi più bassi, ma anche a immettere sul mercato prezzi più aggressivi, andando a competere direttamente con i produttori di articoli informatici. Oggi circa il 40% del nostro fatturato e marginalità proviene dalle importazioni e dai rapporti con la Cina». La Focelda ha creato un apposito marchio per i prodotti importati dalla Cina: Adj. Quali sono le sue peculiarità principali? «Il marchio “Adj” distribuito oggi dalla Adj International Srl, è dinamico, giovane, al passo con i tempi e riflette l’“italian style”. Offre un’ampia gamma di prodotti di accessoristica e una linea di
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pc composta da quattro linee principali, home, office, pro e server, e caratterizzata dall’unione di innovazione tecnologica unita sempre ad una estetica. Il marchio “Adj” è in grado di coprire a 360 gradi tutte le varie fasce del mercato e segue una politica di visual merchandising che prevede una colorazione diversa per ogni singola linea di prodotti. Gli articoli trattati sono rivolti tanto al mercato enterprise quanto a quello consumer». In trent’ anni di esperienza, la Focelda si è resa distributrice di importanti aziende. Quali sono e che tipo di vantaggi nascono da queste partnership? «In tanti anni di attività, abbiamo imparato a scegliere per l’azienda partner affidabili e competenti, sia tra i fornitori che tra i produttori, e oggi vantiamo rapporti diretti con società quali Lg, HP, Canon, Samsung, Toshiba, Msi, Brother, Symantec, Nec, Netgear, Logitech, TP-Link, BenQ, Acer, Cooler Master e altri ancora. Con loro stringiamo accordi diretti e questo ci permette di avere protezione sui prezzi per poi riposizionarli in caso di calo dei costi, di ottenere in anteprima tutte le novità di
Michele Palmese, amministratore unico della Focelda Spa di Napoli, tra i figli Giovanni e Alessandra. Nelle altre immagini, esterno e un interno della sede storica di Napoli www.focelda.it
Michele Palmese
La nostra azienda distribuisce i prodotti importati dalla Cina attraverso il giovane e innovativo marchio Adj
mercato ed essere all’avanguardia con un magazzino sempre innovativo». Quali sono i problemi che affliggono il vostro settore e come la Focelda ha cercato di farvi fronte? «Gli ostacoli più duri da superare per un’azienda che si occupa del commercio di prodotti informatici sono rappresentati dalla concorrenza spietata e dalla bassa marginalità che ne deriva. A questi si aggiungono, poi, problemi di pagamento, il quasi impossibile accesso dei clienti al credito e di conseguenza la difficile individuazione di possibili acquirenti. Per far fronte a tale situazione, in particolare negli ultimi anni, ci siamo attrezzati con servizi finanziari personalizzati che offriamo alla clientela, assicurazione del crediti per i pochi fortunati e dilazioni di pagamenti». Quale altro punto di forza contraddistingue l’attività? «Sicuramente, la cultura d’impresa con cui da sempre la famiglia Palmese gestisce e organizza il lavoro, la filosofia aziendale che guida la Focelda Spa si basa su alcuni importantissimi punti car-
dine, quali l’espansione continua, che ci ha permesso di formare uno staff di circa 50 persone preparate, e l’apertura, oltre alla sede storica di Napoli, di filiali e Cash&Carry a Roma, Bari e Firenze divenendo così la prima azienda del Centro-Sud. Servizi personalizzati, fidelizzazione della clientela, magazzino sempre rifornito, rapporto personale con i clienti, consegne rapide e immediate, pagamenti puntuali ai fornitori, magazzini sempre attrezzati e un sito web sempre aggiornato da cui ricaviamo circa il 50% degli ordini complessivi: sono questi i nostri punti forza». In qualità di esperto, qual è il suo parere sul nuovo regolamento stilato dall’AGCOM con l’avvento del Governo Monti in relazione allo sviluppo delle reti del futuro, tra cui fibre ottiche, web e banda larga? «Questo nuovo regolamento non presenta grandi vantaggi per i piccoli imprenditori in quanto l’accesso al credito per grossi investimenti è riservato solo alle grandi società. La conseguenza? Noi dovremo accontentarci solo delle briciole».
40% FATTURATO È la percentuale di fatturato che la Focelda Spa deve alla partnership e al commercio con la Cina
15 mila ARTICOLI
Sono i prodotti in pronta consegna di cui dispone la Focelda Spa
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INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGY
Un terreno fertile per lo sviluppo tecnologico “Low cost country”: la Campania ha le potenzialità e le risorse per essere competitiva nel mondo per lo sviluppo di soluzioni ICT per le imprese e le pubbliche amministrazioni. Il punto di Giuseppe Mocerino Valerio Germanico
are impresa nel Mezzogiorno italiano è notoriamente più difficile che in altri territori. Il pregiudizio pesa anche più della realtà concreta, che però si sta impoverendo anche a causa della fuga delle personalità e delle competenze che potrebbero essere il primo passo verso un cambiamento di rotta. Infatti, se da una parte il territorio meridionale offre sicuramente minori appigli di partenza, ha il vantaggio di essere una sorta di “low cost country”, determinata da una forte disponibilità di ingegneri e di giovani e brillanti tecnici, da un basso turn over del personale e da un costo della vita inferiore rispetto ad altre città italiane come Roma e Milano.
F La Netgroup Srl, ha sede a Marigliano (NA) www.netgroup.it
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È per queste ragioni che Giuseppe Mocerino, presidente di Netgroup, azienda di Information & Communication Technology di Marigliano, oltre vent’anni fa ha scelto di non uscire dalla propria regione, ma di puntare sulle competenze locali. «L’attività è stata avviata, insieme ai soci Salvatore Gesuele e Michelangelo Esposito, senza alcun contributo pubblico, ma basandosi esclusivamente sulle proprie capacità professionali e imprenditoriali. Abbiamo creduto in noi stessi avviando un piano di sviluppo che prevedeva la valorizzazione dei giovani talenti presenti sul territorio. Il mercato ci ha dato ragione e siamo stati in Italia il secondo Isp (Internet Service Provider) in assoluto». Netgroup ha accumulato negli anni significative esperienze nell’ideazione, realizzazione e gestione di sistemi di comunicazione e nella proposta di soluzioni informatiche innovative per l’industria e la pubblica amministrazione. «Lavoriamo con aziende italiane ed estere, fra le più importanti: Telecom Italia, Finmeccanica, Alenia, Enel, Nato, Us Navy. Poi ci sono gli enti pubblici, tra cui la Consip (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici), ai quali è dedicata una nostra divisione. In generale, le aree di intervento spaziano dai sistemi per la difesa alle telecomunicazioni, dai trasporti all’infomobilità, dai sistemi per l’Information & Communication Technology a quelli per l’ambiente.
Giuseppe Mocerino
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Lavoriamo con aziende italiane ed estere. Le aree di intervento spaziano dai sistemi per la difesa alle telecomunicazioni, dai trasporti all’infomobilità
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Siamo partner certificati dei maggiori player mondiali del settore informatico, come Microsoft, Oracle, Ibm, Sap. Inoltre i nostri specialisti sono in possesso di abilitazioni e certificazioni sulle principali piattaforme di sicurezza informatica e di controllo dati. Offriamo soluzioni di Crm (Customer Relationship Management) orientate al supporto tecnico, al commercio elettronico e alla gestione di reti commerciali o in franchising, soluzioni in ambito Srm (Supplier Relationship Management) per la gestione delle richieste di approvvigionamento e web self service e inoltre soluzioni di Internet Collaboration, come la gestione di cataloghi multimediali e document management». La competitività, sotto il profilo delle capacità professionali e di “offerta architetturale”, ma anche sotto quello dei costi e dei margini, consente oggi alla società campana di presentarsi come un interlocutore qualificato in tutti i settori dei servizi di telecomunicazioni informatiche per il cittadino e le imprese.
«La nostra azienda è costantemente impegnata nella sperimentazione di nuove soluzioni. Per questo stiamo definendo accordi tra il nostro centro di ricerca e sviluppo interno e alcuni poli universitari italiani ed esteri. Crediamo che sia necessario rinsaldare il connubio tra università e mondo del lavoro, ci sono straordinarie risorse all’interno dell’università che vanno valorizzate – e alle quali va data la possibilità di crescere senza dover per forza “fuggire” all’estero. Su questo fronte, attualmente stiamo lavorando a diversi progetti che riguardano l’applicazione dei sistemi di tracciabilità a radiofrequenza (Rfid) in ambito aerospaziale, militare e nell’automotive. Stiamo anche sviluppando soluzioni di tracciabilità nel campo agroalimentare mediante l’utilizzo di nanosensori, che stiamo brevettando a livello internazionale. Credo che nella nostra regione ci sia lo spazio per sviluppare progetti a elevato valore aggiunto, catalizzando le tante energie positive presenti nel Meridione d’Italia». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 87
XXXXXXXXXXXXXXXXX IL MERCATO DELL’AUTO
Calano le vendite del nuovo, tiene l’usato Il mercato dell’automotive ha vissuto un 2011 particolarmente difficile. In negativo e a due cifre la flessione delle immatricolazioni di nuove auto. Hanno registrato un lieve incremento solo le usate. Antonio Padolecchia e Mario Fiore spiegano in che modo concessionari e case automobilistiche stanno impostando la strategia di rilancio Manlio Teodoro
l 2011 è stato un anno critico per la vendita di auto. Rispetto al 2010, le automobili immatricolate sono calate del –10,88%, con poco più di 1,7 milioni di nuove unità, un dato che riporta il mercato a una situazione che non si registrava da oltre un ventennio. Nel dicembre 2011 le vendite sono addirittura crollate a – 15,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (fonte ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). Le ragioni di questa situazione vanno ricercate certamente nella crisi economica, ma anche nei costi di ge-
I La Amb, Selezione Auto e Minimax ha sede a Napoli www.mercedesnapoli.it
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stione sempre più alti. Fra questi, in testa si posiziona il prezzo dei carburanti, ma non sono da sottovalutare le spese per assicurazione e tasse. Come spiega Antonio Padolecchia, responsabile di un gruppo di concessionarie, Amb, Selezione Auto e Minimax – che dirige insieme al socio Mario Fiore – già legale rappresentante di Mercedes-Benz Italia a Napoli sino al 1994: «Anche le previsioni per il 2012 non sono incoraggianti. Il mercato ideale, per l’Italia, dovrebbe procedere attorno ai 2,2 milioni di unità immatricolate ogni anno. Ma siamo lontani da
Antonio Padolecchia XxxxxxxeXxxxxxxxxxx Mario Fiore
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Bisogna mettere in conto che la fetta più grossa dei consumatori si orienterà sempre più verso il mercato dell’usato
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questa quota. Il mercato dell’auto, in Italia, vale ancora una buona parte del prodotto interno lordo. Ma, fatta eccezione per la fascia delle auto di lusso, bisogna mettere in conto che la fetta più grossa dei consumatori si orienterà sempre più verso l’usato. Già il 2011 si è chiuso con 4,5 milioni di immatricolazioni di auto usate, registrando un aumento, seppure contenuto (+0,6%) rispetto al 2010». Le concessionarie Amb e Selezione Auto sono state le prime nel Sud Italia a essere selezionate dalla Mercedes-Benz per iniziare il lavoro di promozione del comparto usato selezionato, programma di vendita denominato First Hand. «Il programma – dice Mario Fiore – comprende vetture provenienti in prevalenza dal remarketing della Mercedes-Benz. Queste, dopo aver superato una serie di controlli severi e accurati, vengono poste in vendita con una garanzia sino a tre anni. Le auto di First Hand rappresentano
quindi ottime occasioni per chi è interessato a cambiare auto comprando una vettura praticamente nuova e a un prezzo estremamente conveniente. Nell’attuale situazione di mercato il programma si traduce in un considerevole vantaggio anche per noi concessionari». Per venire ulteriormente incontro alla situazione del mercato, le concessionarie del gruppo hanno avviato una serie di programmi per assistere l’automobilista nei servizi assicurativi, nel leasing e nei finanziamenti. «Il nostro programma assicurativo – spiega Antonio Padolecchia – comprende polizze annuali e pluriennali di incendio e furto con compagnie vantaggiose. E inoltre offriamo un programma di integrazione e prolungamento della garanzia del costruttore. Per l’acquisto esistono differenti formule di finanziamento, dal classico con rate mensili a tasso fisso, al finanziamento Balloon – con maxirata finale e mini rate mensili –, fino al finanziamento plus. Un’altra opportunità è quella del leasing, una soluzione “su misura” per chi vuole guidare una vettura Mercedes-Benz pagando solo un canone mensile che include diversi servizi. Il leasing è indicato soprattutto per professionisti, agenti di commercio e imprenditori, per i vantaggi economici e fiscali di cui questo prodotto finanziario è caratterizzato». Il gruppo affonda le proprie origini nel 1968, quando l’organizzazione Mercedes-Benz per Napoli era basata su una filiale diretta dell’importatore generale dell’Italia della MercedesBenz Autostar. «Negli anni Ottanta – racconta Antonio Padolecchia – la casa madre ha rilevato la filiale e a questa si è affiancata la concessionaria Selezione Auto. In seguito la filiale è stata sostituita dalla concessionaria Amb. Entrambe le due concessionarie assorbirono gran parte delle risorse umane della precedente organizzazione. L’ultima concessionaria del gruppo a essere fondata è stata Minimax, lanciata in occasione dell’uscita del marchio Smart».
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AUTONOLEGGIO
Cresce il noleggio auto nel settore turistico La flessione economica non scoraggia gli operatori turistici che sfruttano le nuove opportunità del mercato differenziando l’attività in servizi complementari come il noleggio di auto. Il caso della Hertz Sorrento illustrato da Rachele De Rosa Erika Facciolla
ispetto al trend in continuo ribasso che negli ultimi anni ha caratterizzato il mercato dell’auto – evidenziato, peraltro, dal forte calo delle immatricolazioni di nuovi veicoli - il settore dell’autonoleggio continua a registrare volumi di mercato interessanti. In molti casi l’autonoleggio è diventato un servizio turistico a tutti gli effetti: la possibilità di noleggiare un mezzo di trasporto, infatti, rappresenta un grande vantaggio per chi viaggia poiché garantisce una sostanziale libertà di movimento tra una meta e l’altra a prezzi abbordabili. È per questo motivo che molti operatori turistici hanno iniziato ad allargare a questa attività il panel di servizi offerti soprattutto alla clientela ‘leisure’, con possibilità di crescita molto interessanti nelle località turistiche più gettonate. Il caso dei fratelli De Rosa è emblematico: albergatori di Sorrento, nel 1992 decidono di investire anche nel settore dell’autonoleggio con risultati da subito apprezzabili. Nasce così la società Mi.ra, concessionaria del marchio Hertz, che inizia la propria attività nelle sedi di Sorrento e Salerno. Nel corso degli anni, quella che sembrava un’attività turistica secondaria, diventa una realtà sempre più impe-
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Rachele De Rosa della Hertz Autonoleggio di Sorrento (NA) www.hertzsorrento.com
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gnativa. Oggi, la Mi.ra è operativa su gran parte del territorio campano con cinque sedi e dispone di un parco auto di circa novanta unità. Ci dice tutto Rachele De Rosa, responsabile della Hertz Sorrento. Quali sono i punti di forza della vostra attività? «Innanzitutto l’affiliazione al marchio Hertz, leader nel settore, che è sinonimo di garanzia ed affidabilità, senza contare la varietà e la costante manutenzione del nostro parco auto, la flessibilità nel capire e soddisfare le aspettative della clientela, sempre più informata ed esigente». Quali, invece, le criticità che il settore evidenzia e come vengono affrontate? «Uno dei punti deboli di questo settore è la stagionalità del lavoro; in alcuni mesi si registrano picchi elevatissimi, mentre nei mesi invernali il volume di noleggi diminuisce notevolmente. È importante quindi una gestione programmata della disponibilità di flotta, con formule di noleggio presso terzi nei momenti di maggior bisogno e l’assunzione di personale stagionale». E per quanto riguarda il territorio campano? «Bisogna considerare l’alta intensità di traffico sulle strade della costiera e la difficoltà nel trovare parcheggio che talvolta disincentiva il noleggio dell’auto. Sono frequenti, purtroppo, i casi in cui clienti che hanno noleggiato presso altre stazioni Hertz, una volta arrivati nelle nostre zone, preferiscono riconsegnare l’auto perché stressati dal traffico oppure a causa dell’elevato costo dei parcheggi».
Rachele De Rosa
È importante una gestione programmata della disponibilità di flotta, con formule di noleggio presso terzi nei momenti di maggior bisogno
In base alla vostra esperienza, si possono tracciare delle differenze tra il target straniero e quello italiano? «Gli italiani, rispetto agli stranieri, sono meno propensi all’utilizzo del mezzo a noleggio. Ciò dipende dal fatto che in Italia abbiamo un maggior numero procapite di autovetture, mentre all’estero si usufruisce prevalentemente dei mezzi pubblici. Inoltre, bisogna considerare che in Italia, fino a pochi anni fa, vi è stata una scarsa tendenza all’utilizzo della carta di credito, metodo di pagamento necessario per qualificare il cliente ed avere una garanzia del pagamento». Come sta evolvendo il mercato dell’autonoleggio nella realtà in cui opera la vostra azienda? «Negli ultimi anni abbiamo riscontrato un incremento dell’utilizzo di auto a noleggio da parte della clientela locale e soprattutto del noleggio “one –way”, cioè la possibilità di noleggiare la vettura in un posto e rilasciarla presso un’altra sede Hertz. Incremento dovuto anche al fatto della ca-
renza di collegamenti diretti tra Sorrento e le grandi infrastrutture internazionali». Negli ultimi anni si è verificato un incremento del servizio di noleggio con autista, quale impatto ha sul vostro business? «Il servizio di noleggio con autista si rivolge ad un target di clientela diverso, più esclusivo. Credo piuttosto che questo servizio possa diventare un’attività complementare rispetto alla nostra, utile a raggiungere nuove fette di mercato sia nel segmento business che leisure». Quali sono i vostri obiettivi e gli investimenti previsti per il nuovo anno? «Il clima di incertezza non consente di programmare investimenti a lungo termine. Mantenere il volume di business raggiunto nel 2011 sarebbe già un traguardo significativo. Non potendo aumentare le tariffe, per rimanere competitivi sul mercato, uno dei nostri obiettivi primari è la riduzione dei costi e l’ottimizzazione dell’utilizzo della flotta». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 93
SERVIZI ALL’IMPRESA
Proteggere e gestire i crediti d’impresa L’assicurazione dei crediti è fondamentale per un’azienda che vuole tutelarsi e crescere. E le nuove generazioni di imprenditori se ne stanno rendendo conto. Ne parliamo con Carlo Balnelli, amministratore della società CMS Marco Tedeschi
L’
esigenza fondamentale di ogni azienda, soprattutto in un periodo di flessione economica come quello che stiamo attraversando, è proteggere i propri crediti commerciali dal rischio di insolvenza. Per tutelarsi le aziende sono sempre più portate a rivolgersi a società che rappresentino una risposta concreta al rischio di mancato pagamento ma che al tempo stesso, permettano di sviluppare il fatturato in tutta serenità. Coface è uno dei leader nell’Assicurazione dei crediti. Con 6.600 dipendenti, è presente in 67 Paesi attraverso sedi, filiali e succursali e fornisce servizi a più di 135.000 imprese in oltre 100 nazioni anche attraverso i partner del network CreditAlliance. Dal 2006 Coface è controllata, dal gruppo bancario francese Natixis. In Italia è presente con Coface Assicurazione e Coface Italia e opera su tutto il territorio nazionale in maniera capillare, grazie ad una rete di 63 agenti generali, proponendo una vasta gamma di soluzioni nell’Assicurazione dei crediti e delle Cauzioni. L’Agenzia Generale per la Campania di Coface Assicurazioni è la società CMS – Credit Management Services. L’amministratore Carlo Balnelli, con trentennale esperienza nel settore dell’assicurazione dei crediti commerciali, racconta la sua esperienza. Come vede l’approccio delle imprese campane verso l’utilizzo dell’assicurazione dei crediti? «In generale le imprese sono stimolate verso l’acquisizione del servizio di assicurazione dei
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Carlo Balnelli
Siamo pronti a lanciare sul mercato un software che consentirà l’estrapolazione dei dati di aziende da siti importanti
crediti, più da eventi negativi, come i mancati pagamenti, piuttosto che da una corretta gestione del credito. Spesso ci si imbatte in aziende, anche piuttosto grandi, dove la gestione del rischio credito è nulla o totalmente inefficace. Devo dire però che le nuove generazioni di imprenditori sono molto più sensibili all’utilizzo di questi servizi». Le aziende campane che utilizzano i vostri servizi di Assicurazione dei crediti in quali settori operano? «La Campania ha diversi settori di attività molto importanti, l’agro-alimentare, il conserviero, il tessile, l’abbigliamento, il calzaturiero, la concia, la tecno meccanica e tanti altri importanti anche se minori. Le principali aziende di questi settori, così pure le medio piccole imprese, sono nostri assicurati». Ci potrebbe spiegare in breve in che consiste il servizio di assicurazione dei crediti commerciali di Coface Assicurazioni? «Sono 3 i punti focali: la protezione del credito in caso di mancati pagamenti, la gestione del credito, affidamenti e monitoraggio della clientela e il back office e gestione dei sinistri in loco». Potrebbe illustrarci meglio quest’ultimo punto? «A differenza di tutte le altre polizze, quella dell’assicurazione credito, inizia quando si sottoscrive. L’assicurato ha bisogno di essere formato nei minimi dettagli, necessita di assistenza immediata sulle valutazioni dei clienti sia italiani che esteri, e deve conoscere i dettagli delle insolvenze dei suoi clienti e il relativo risarcimento». Quali altri servizi offre la compagnia? «Sono molto importanti le informazioni commerciali a livello locale e internazionale, il recupero del credito stragiudiziale e legale e i servizi di marketing. Possiamo dire che distinguiamo queste tre attività dando anche ri-
lievo al marketing. Quando parliamo di assicurazione del credito significa che andiamo ad assicurare una transazione tra un assicurato e un suo cliente. Prima di questo però un’azienda deve cercare i clienti, quindi c’è sotto un marketing evoluto». Cioè? «Siamo pronti a lanciare sul mercato un software che consentirà l’estrapolazione dei dati di aziende da siti importanti, che pubblicizzano dati aziendali. Oggi ad esempio tramite paginegialle.it o infoimprese.it, si cercano le aziende di una categoria e quei dati che abbiamo ricercato e che ci servono dobbiamo stamparli. Il nostro software consentirà di salvare questi dati in modalità digitale per essere usufruibili in maniera immediata sia per fare una campagna mail che una campagna fax. Il lancio del software è previsto ad Aprile». E per quanto riguarda le informazioni commerciali? «Sono uno degli elementi indispensabili alla buona conoscenza dei clienti. Dato che Coface è presente in tutti i paesi, grazie alla nostra società è possibile ottenere informazioni commerciali a livello mondiale». L’altro aspetto riguarda invece il recupero del credito. «Da sempre Coface è uno dei leader a livello mondiale in questo settore. Personalmente ho una trentennale esperienza in questo campo e da dieci anni ricopro il ruolo di consigliere nell’A.N.C.I.C., ovvero l’Associazione che raggruppa le maggiori case di Informazioni Commerciali e Recupero Credito in Italia».
In apertura, Carlo Balnelli, amministratore delegato della CMS, Credit Management Services, di Napoli www.coface.it
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PRODOTTI ALIMENTARI
Nuove tecniche di pesca incrementano i consumi Migliaia di tonnellate di prodotti ittici essiccati e salati arrivano ogni anno nei mercati italiani. Collocandosi, dopo la lavorazione, fra i banchi della grande distribuzione e le cucine dei ristoranti. Salvatore di Mauro spiega com’è cambiata negli anni l’industria del pesce e dove punterà in futuro Manlio Teodoro
l nostro paese è uno dei mercati europei più importanti per i prodotti ittici. Una famiglia su due consuma pesce almeno una volta alla settimana, di queste un 55% preferisce il fresco, il 23% congelato e surgelato, il 18% conserve di pesce e il 4% pesce affumicato o secco (fonte Uniprom – Stoà). In tutti i casi, vengono preferiti pesci che richiedano minime operazioni di pulitura. Dal Nord Europa, ogni anno, importiamo circa 3mila tonnellate di stoccafisso e, fra salato ed essiccato, oltre 6mila tonnellate di baccalà (fonte Norge). Questa enorme quantità di pesce è assorbita in realtà da poche regioni, infatti i principali mercati italiani sono la Calabria, la Campania, la Liguria, la Sicilia e Veneto, oltre alle province di Ancona e Livorno. Nel territorio napoletano, una delle imprese più antiche specializzate nell’importazione e nella trasformazione di baccalà e stoccafisso è la Jolly Fish, giunta ormai alla quarta generazione. Come spiega il titolare, Salvatore di Mauro: «Abbiamo ormai una lunga tradizione di lavoro artigianale per garantire l’individuazione delle migliori qualità di pesce per consentire, al momento della trasformazione, la stessa qualità del prodotto fresco. Nel corso della storia della nostra impresa, abbiamo visto cambiare totalmente le tecniche di pesca.
I Salvatore di Mauro, titolare della Jolly Fish Group, Nola (NA) Nelle altre immagini momenti di lavoro in azienda www.jollyfish.it
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Oggi esistono delle navi che possono congelare al loro interno il pescato o anche iniziare la lavorazione a bordo. Per esempio, il pesce che noi trattiamo viene sempre sgolato a bordo, mentre le altre procedure iniziano a terra. Qui viene aperto, svuotato, decapitato e pulito. L’operazione dello sventramento richiede una certa accuratezza, dato che fegato, uova e interiora vengono ancora oggi utilizzate». La profonda conoscenza e competenza nel settore e i consolidati rapporti con i produttori di pesce congelato e surgelato e delle produzioni internazionali – di stoccafisso, baccalà, acciughe e aringhe – hanno permesso alla Jolly Fish di affermarsi tra le principali aziende del mercato ittico, operando, in sinergia, con i più importanti attori del settore e rispondendo alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. La nostra azienda, offrendo le migliori qualità alle più vantaggiose condizioni commerciali, si propone come valida partner per le moderne organizzazioni che operano nei canali della Gdo e della ristorazione commerciale e collettiva. Dallo scorso anno abbiamo inserito nel nostro core business anche i
Salvatore di Mauro
Oggi esistono navi che possono congelare al loro interno il pescato o anche iniziare la lavorazione a bordo
surgelati, oltre ad aver attivato una partnership con uno dei leader tra i produttori nazionali di verdure, per completare la gamma dei prodotti richiesti da un mercato altamente competitivo». Questa scelta è il frutto di una precisa strategia di sistema, dato che pesce e verdure surgelate rappresentano la fetta più importante dei prodotti del banco frigo. «I nostri impianti e le attrezzature per la lavorazione e trasformazione, il confezionamento e la conservazione dei prodotti ittici sono certificati in base alle normative sulla qualità (Iso 9001:2000) e alle normative ambientali (Iso 14001:1996). Abbiamo dedicato particolare attenzione alla logistica e alla conservazione di prodotti freschi il più a lungo possibile, nel rispetto della natura, con speciale attenzione alla salute del consumatore. I nostri responsabili di produzione hanno adattato, sviluppato e perfezionato tecnologie innovative per la conservazione del pesce e, oggi, è possibile offrire prodotti con una durata di 15 giorni in confezioni di peso variabile fra 200 g e 15 kg, che
garantiscono la massima genuinità e salubrità». In conclusione, Salvatore di Mauro riassume così gli obiettivi futuri per lo sviluppo dell’impresa: «Nei prossimi anni avremo successo se realizzeremo modelli attuali di creazione, comunicazione e distribuzione dei valori attesi dai nostri mercati-obiettivo. Quindi, l’arma vincente per il futuro sarà la disponibilità di informazione e la capacità di gestire al meglio le esigenze dei nostri partner, offrendo sempre nuovi e rilevanti vantaggi commerciali. Investiremo su un’attività di comunicazione che avrà il compito di evidenziare i nostri vantaggi competitivi, valorizzando, in questo modo, i prodotti offerti non soltanto per il prezzo, ma per il valore aggiunto di acquistare da un’azienda che basa la sua attività su un progetto di filiera. Per questo motivo abbiamo in progetto, già a partire dal 2012, la produzione di nuovi prodotti, per i quali abbiamo pianificato nuovi marchi e un nuovo packaging». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 97
SHIPPING
Trasporto merci, il Sud fa meglio Archiviato il 2011, per Assoporti è tempo di bilanci. E il presidente Francesco Nerli fa un quadro a tutto tondo del sistema italiano. Bene il Mezzogiorno, con Gioia Tauro in testa, peggio fa il Nord, dove a guadagnarsi i primi posti della classifica sono i porti liguri di Genova e La Spezia Tiziana Bongiovanni
associazione porti italiani rappresenta i maggiori porti nazionali e tra i suoi scopi primari si propone di contribuire all’affermazione di un’organica e razionale politica portuale. Il presidente è Francesco Nerli. I porti italiani sono regolati da una legge di riforma che risale al 1994 che ha introdotto la gestione privata delle operazioni all’interno dello scalo, pur lasciando alle autorità portuali i delicati e fondamentali compiti di gestione delle concessioni delle aree, di controllo degli standard di sicurezza sul lavoro e sul naviglio, nonché la promozione dei servizi e dell’organizzazione. Facciamo il punto sullo stato attuale dei porti, sulla pianificazione degli interventi nel settore e sulla questione della sicurezza. Presidente, di cosa hanno bisogno oggi i porti italiani? «Nel corso del tempo sono stati eseguiti interventi programmatici che non possono essere considerati un piano strutturato di cui, invece, avremmo bisogno. Per consentire alle autorità portuali di svolgere pienamente il loro ruolo a supporto dello sviluppo del sistema-paese, riteniamo necessario un quadro strategico nazionale coerente con quello della logistica. Sono poche e semplici le misure che da tempo l’associazione richiede: l’avvio
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Sopra, Francesco Nerli, presidente di Assoporti
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di un’effettiva autonomia finanziaria per le autorità portuali e il rafforzamento del loro ruolo; la semplificazione delle procedure, interventi finalizzati a favorire la competitività delle imprese che operano in porto e che investono nelle relative infrastrutture. Occorre pensare a importanti interventi come gli escavi; alle opere di difesa foranea; ai collegamenti ferroviari tra i terminal, le aree e i parchi di manovra portuali; alle connessioni stradali e ferroviarie “di ultimo miglio”. Per garantire, invece, opere di grande infrastrutturazione (terminal, banchine, aree di deposito) che portano a investimenti commerciali è importante concretizzare iniziative di partnership pubblica-privata tali da generare un reddito che può ripagare l’investimento del capitale e l’utilizzo del bene demaniale attraverso il canone concessorio all’autorità portuale».
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Nerli
Come si distribuisce il trasporto merci e passeggeri nei porti italiani? «Non è superfluo fornire prima i numeri che aiutano a capire cosa rappresenta, quantitativamente, il complesso dei porti che associamo: si tratta di 39 porti marittimi, distribuiti sulle coste di ben 12 delle 15 regioni che si affacciano sul mare. Un’analisi del traffico merci e passeggeri riferito al 2010, mostra una ripresa rispetto all’anno precedente in tutti i segmenti di traffico merci, mentre il trend negativo permane solo per numero dei passeggeri trasportati, ad eccezione della crocieristica. Nel settore portuale nazionale, il volume totale dei traffici ha registrato un incremento pari al 9,9% con 388,8 milioni di tonnellate. In particolare, il traffico delle merci solide (69,2 milioni di tonnellate movimentate) ha registrato un aumento del 16,9%, mentre meno decisi appaiono gli incrementi registrati nelle merci liquide, il cui volume di traffico (157,3 milioni di tonnel-
late) fa rilevare un 5% rispetto al 2009 e nei teu movimentati che con 9,7 milioni hanno conseguito un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. Un moderato calo si osserva anche nel movimento passeggeri con una riduzione di circa il 3,4% rispetto al 2009, per un totale di 42 milioni di unità imbarcate e sbarcate negli scali italiani». Da nord a sud dell’Italia, quali sono i porti che movimentano più merci? «Per movimentazione di teus, il Mezzogiorno, con oltre 4,8 milioni di teus, rimane la macroarea in cui si concentra il più elevato traffico di container nonostante una flessione del 6,6%, con Gioia Tauro che si conferma il principale hub italiano con oltre 2,8 milioni di teus movimentati. Va segnalata, invece, la difficile situazione degli altri due hub, Cagliari (576.092) e Taranto (581.936) che hanno mostrato entrambi una flessione del 22% rispetto al 2009. Di contro, il porto di Napoli con un incremento del 3% ha pre- CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 101
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sentato una movimentazione di oltre 532mila teus e, quindi, una performance analoga a quella di questi hub. Segue il Nord Ovest con Genova e La Spezia che con un volume totale di traffico rispettivamente di 1,7 e 1,2 milioni di teus, si confermano secondo e terzo scalo nazionale in questo segmento. A distanza si trova il Nord Est in cui il traffico di 855mila teus è distribuito nei porti di Ravenna, Venezia e Trieste. L’analisi al 2010 dei dati sul traffico dei teu mostra un mutamento della geografia nazionale dei porti che realizzano la movimentazione dei container, che salvo Gioia Tauro, si sta spostando lungo l’arco alto tirrenico. Gli ultimi dati non ufficiali che si riescono a evincere da comunicazioni e articoli di stampa ci dicono che i porti liguri di Genova e La Spezia hanno raggiunto complessivamente quota 3,16 milioni di teu e che il movimento contenitori nel porto di Venezia, nel periodo gennaio-novembre 2010, ha segnato un +16,9% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, superando quota 415mila teus». 102 • DOSSIER • CAMPANIA 2012
E per quanto riguarda il traffico passeggeri? «Anche per il traffico passeggeri è maggiore la concentrazione nella macroarea Mezzogiorno che, però, con poco più di 27 milioni di passeggeri trasportati ha registrato un calo del 5,6% rispetto al 2009 particolarmente accentrato nel porto di Napoli (-14,5%). Seguono poi il Centro, con Civitavecchia, che vanta un primato nel Mediterraneo, il Nord Ovest e il Nord Est che presentano un andamento sostanzialmente stabile rispetto al 2009. Per quanto concerne le crociere il 2011 è stato un anno positivo. Infatti, i movimenti crocieristi nei porti italiani sono stati circa 11 milioni per una variazione annua superiore al 16%». L’Italia è un sistema-paese basato sul trasporto su gomma. Cosa pensa della possibilità, a suo tempo propugnata da Berlusconi, di creare la cosiddetta autostrada del mare? «L’ideazione delle autostrade del mare, percorsi alternativi alle strade d’asfalto, rappre-
Francesco Nerli
sentano una buona opportunità per un paese dalla particolare configurazione geografica come l’Italia. Queste rotte, collegando i porti più attrezzati e più importanti per il traffico merci, decongestionerebbero le strade. Ma sicuramente le carenze infrastrutturali, soprattutto di connessione ferroviaria e di “ultimo miglio”, influiscono moltissimo sulla loro mancata realizzazione. A questo fine, sarebbe necessario rifinanziare l’Ecobonus, cosa che non è stata fatta dal precedente governo». Dopo la tragedia della Costa Concordia si torna a parlare in generale di sicurezza della navigazione. I porti sono sicuri? «I porti italiani si sono adeguati al nuovo scenario di security nato dopo i fatti terroristici
del 2001. Grazie a una spiccata capacità progettuale sono stati realizzati diversi interventi in ambito telematico, nelle infrastrutture, nella comunicazione. Progetti da cui ripartire per disegnare una nuova fisionomia del sistema e attraverso i quali si potranno attivare una serie di processi virtuosi, che, attraverso l’innovazione, daranno significativi risultati in termini di valore aggiunto, occupazione e cultura d’impresa. Un altro aspetto importante è la safety, ovvero la sicurezza e la salute dei lavoratori, tema verso il quale il sistema dei porti italiani ha manifestato grande sensibilità, destinando risorse ed elaborando protocolli d’intesa con tutti quei soggetti che si occupano di questo aspetto sul territorio». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 103
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Italia ai vertici mondiali per qualità e formazione Nonostante alcuni aspetti da migliorare, l’industria della navigazione italiana vanta numeri di tutto rispetto che pongono il nostro paese in testa alle classifiche internazionali. Per Paolo D’amico, presidente di Confitarma, il merito va agli investimenti fatti dagli armatori Tiziana Bongiovanni
aolo D’Amico è presidente della Confederazione italiana armatori (Confitarma), che rappresenta l’industria armatoriale italiana associando circa 160 imprese, che operano attraverso oltre 220 società di navigazione in tutti i settori del trasporto di merci e passeggeri, nonché nei servizi ausiliari del traffico. Una realtà che quest’anno ha festeggiato i 110 anni di storia e chi si conferma essere, ora come allora, al servizio della tutela e dello sviluppo delle imprese mercantili italiane. Presidente, in questo periodo il drammatico caso della Costa Concordia naufragata di fronte all’Isola del Giglio rinvia primariamente e inevitabilmente al tema della sicurezza in mare. Quali sono i mezzi che adottate per evitare tali disgrazie? «In merito alla Costa Concordia le inchieste in corso chiariranno cosa sia accaduto e le relative responsabilità. Al momento non posso far altro che esprimere la mia più sentita solidarietà ai familiari delle vittime, nonché grande apprezzamento per tutti coloro hanno lavorato per le operazioni di soccorso. Mi
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rendo conto che queste affermazioni potrebbero sembrare retoriche, ma tengo a sottolineare che la sicurezza in campo navale è in continuo sviluppo e le normative per tutto ciò che concerne stabilità, standard costruttivi, equipaggiamenti, comunicazioni, formazione del personale e, naturalmente, misure di contrasto alla pirateria sono numerose, sia a livello internazionale, che nazionale. La loro applicazione ha portato a standard di sicurezza molto elevati anche in conseguenza del fatto che le navi sono sottoposte a controlli continui. Non bisogna però dimenticare l’incidenza del fattore umano nella gestione di questi processi». Riguardo il problema della pirateria, può essere più preciso? «L’Italia ha fatto di recente un importante passo avanti per la difesa attiva dei nostri equipaggi e delle nostre navi grazie alla legge 130 dell’agosto 2011 e al successivo protocollo d’intesa con il Ministero della Difesa, che consente agli armatori italiani di imbarcare nuclei militari di protezione a bordo delle navi che operano nelle aree più a ri-
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schio. Mancano ancora alcuni passaggi normativi per completare il quadro di riferimento complessivo, ma stiamo lavorando in tal senso». Nel trasporto passeggeri c’è stato un boom delle navi da crociera. Però questo trend potrebbe sgonfiarsi. È così? «A dire il vero alla fine del 2011 sono stati circa 19 milioni nel mondo i turisti che hanno scelto la crociera come vacanza: si tratta di un aumento del 111%. In particolare, il traffico crocieristico vede i porti italiani ai primi posti in Europa con oltre 10 milioni di movimenti di passeggeri l’anno. Tra l’altro i porti della Campania - Napoli in primis - si confermano tra le eccellenze nel set-
tore delle crociere sulle rotte del Mediterraneo, con circa 1,3 milioni di passeggeri e si prevede che questo trend positivo continuerà anche nei prossimi anni. Di fatto, nonostante un momento così delicato, il settore testimonia una forte vitalità rispetto agli altri comparti del turismo nazionale». Ma più in generale, come si è evoluta l’attività degli armatori negli ultimi anni? «Negli ultimi 13 anni gli armatori italiani hanno rinnovato la flotta ordinando nuove navi per un valore complessivo superiore ai 35 miliardi di euro. Grazie a questi investimenti, oggi la marina italiana ha superato i 18 milioni di tonnellate di stazza, collocandosi all’undicesimo posto nella graduatoria mon- CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 105
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diale; in particolare, in comparti come quello dei traghetti roll-on/roll-off merci, è da anni ai vertici delle classifiche internazionali. Possiamo contare su una flotta giovane e al passo con i più elevati standard. Non solo, l’innovazione rappresenta un volano anche per la formazione, infatti, l’elevato livello tecnologico e la grande specializzazione raggiunta dalle navi, ha imposto la presenza a bordo di professionisti altamente qualificati». Ma qual è il punto di forza preciso della cantieristica italiana? «Gli aspetti ambientali relativi alla costruzione e alla gestione delle unità. Non potendo competere con il basso costo che caratterizza la manodopera dei mercati asiatici, è necessario dare il via a politiche di sostegno all’innovazione, uniche armi che possiamo mettere in campo anche con il supporto di una concreta strategia politica europea. Il caso Fincantieri è abbastanza indicativo». Quali tipi di politiche di sostegno all’innovazione intende? «Innanzitutto è di vitale importanza mantenere l’attuale architettura normativa del settore, che si basa sul registro internazionale, istituito nel 1998, per sostenere la competitività della bandiera nazionale e per salvaguardare l’occupazione dei marittimi italiani. Poi occorre lavorare per diminuire i costi derivanti da oneri burocratici inutili e quindi dannosi per la competitività delle imprese armatoriali. Altra emergenza per il settore è, infatti, l’eccessiva burocrazia che rappresenta un determinante fattore di debolezza, soprattutto in mercati che rispondono a logiche sopranazionali. Però per quanto riguarda i traffici tra porti nazionali, purtroppo, da due anni il mancato rinnovo degli sgravi contributivi al cabotaggio con le isole minori non ha consentito il mantenimento di questi benefici in capo agli operatori italiani in un mercato ormai liberalizzato formalmente a livello comunitario, ma comunque nella sostanza esposto alla concorrenza di tutte le altre marinerie». Poi c’è il nodo delle infrastrutture, che lei all’ultima assemblea di Confitarma ha 106 • DOSSIER • CAMPANIA 2012
Negli ultimi 13 anni gli armatori italiani hanno rinnovato la flotta ordinando nuove navi per un valore complessivo superiore ai 35 miliardi di euro
sottolineato. «Sì, noi stiamo un po’ ovviando a questa mancanza di infrastrutture terrestri con sistemi navali». Comunque lo shipping italiano finora è stato in grado di fronteggiare bene la crisi economica mondiale. «Sì, l’ha fatto con grande decisione, grazie anche agli investimenti ed al rinnovamento della flotta effettuati nel periodo pre-crisi. La situazione economica internazionale sta attraversando una fase veramente complessa ed è molto difficile fare previsioni. Di certo, si tratta di una crisi che riguarda anche il sistema politico dell’Ue e la sua incapacità di reagire unitariamente agli attacchi della speculazione finanziaria globale. Oggi ci muoviamo in un contesto internazionale drasticamente mutato rispetto a quello precedente la crisi dei mutui Subprime, basti pensare ai cosiddetti Paesi Bric, sempre più forti e determinanti per tutti gli equilibri economici intercontinentali. Già adesso la quota del commercio mondiale in capo a questi Paesi rappresenta circa il 13% del totale, con un peso predominante della Cina, con circa l’8,5%». E voi come vi muoverete? «Siamo pronti a raccogliere la sfida globale anche in forza di una flotta che, dalle cisterne alle portarinfuse secche, dai traghetti di media/elevata capacità alle unità da crociera e a tutti gli altri tipi di navi, è stata quasi completamente rinnovata ed ha, per il 64%, meno di 10 anni. Credo che oggi, vista l’opera di consolidamento e riorganizzazione svolta in questi anni, l’armamento italiano sia più attrezzato e competitivo che mai».
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Servono regole comuni Per uno dei settori economici più globalizzati si rende necessaria una legislazione condivisa dalla maggior parte dei Paesi. Ne è convinto Francesco Saverio Lauro, che lamenta una giurisprudenza poco chiara in Italia e fa luce su incidenti in mare e sicurezza sulle imbarcazioni Tiziana Bongiovanni
rancesco Saverio Lauro, già presidente dell’Autorità portuale di Napoli, è avvocato esperto di diritto marittimo. Ogni anno il suo studio organizza la conferenza “Shipping and the law” alla quale partecipano i big dello shipping internazionale e insigni giuristi come Francesco Berlingieri, il professore che ha avuto un ruolo fondamentale nell’uniformare la giurisprudenza marittima. Avvocato, in generale, il diritto marittimo italiano ci tutela o lascia a desiderare? «La nostra legislazione in merito, sotto alcuni punti di vista, è altalenante. Ad esempio le pene in caso di inquinamento sono ridicole rispetto a quelle della Francia. Oltralpe le multe possono arrivare fino a 15 milioni di euro, da noi fino a 80mila. Se si passa davanti alla costa francese non va in mare neanche un litro di olio. Sul problema delle immissioni di zolfo del combustibile navale c’è una disparità anche esagerata fra paesi. In un porto si può utilizzare un certo combustibile, in un altro no, rendendo i costi di navigazione proibitivi».
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Quindi di cosa ci sarebbe bisogno? «Per lo shipping, che è uno dei settori più internazionalizzati del mondo, ci sarebbe bisogno di uniformità e chiarezza con organismi che facciano valere regole comuni». E ancora? «Puntare sullo short sea shipping, cioè sui trasporti marittimi di cabotaggio europeo. Il trasporto via mare è molto meno inquinante del trasporto su gomma, senza contare che toglieremmo dalle strade un numero enorme di autocarri, diminuendo significativamente traffico e incidenti». Dopo la tragedia avvenuta all’Isola del Giglio, è d’obbligo una domanda sulla questione. «Si tratta di un’imperdonabile serie di gravi colpe del comandante: dall’assurdo “inchino” al mettersi in salvo durante le operazioni di abbandono di passeggeri ed equipaggio ancora in corso, ma anche di atti dolosi, se è vero che Schettino ha nascosto per ore alla Capitaneria quanto stava avvenendo. Sapremo la verità perché ogni cosa è registrata nella scatola nera della nave: le conver-
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sazioni, la rotta, tutto». Il comandante si è giustificato dicendo che lo scoglio su cui ha urtato la nave non era segnalato dalle carte. «Impossibile, non esistono scogli non segnalati. Potrebbero esistere relitti non segnalati, ma non scogli». La nave potrà essere recuperata? «Sì, in ogni caso dovrà essere rimossa. Nonostante abbia subìto gravi danni, credo proprio che verrà “rigalleggiata” e riparata, visto che è assicurata per quasi mezzo miliardo di euro. Le preoccupazioni per l’ambiente sono in questo caso eccessive, non si tratta di una petroliera spezzata in due: qui l’impatto ambientale potrà essere ridotto al minimo. La tragedia è per le numerose vittime che, tuttavia, potevano essere assai di più se il comandante non fosse riuscito a incagliare la Concordia sugli scogli evitando che colasse a picco». Questo apre uno squarcio sugli incidenti in mare. «È vero, però gli incidenti in mare stanno dimi-
nuendo di numero e gravità. Trent’anni fa, quando ho iniziato, la flotta italiana era molto più anziana. Anche il settore mercantile si è rinnovato perché il nostro paese ha introdotto una politica di esenzioni fiscali per consentire agli armatori di competere con le bandiere estere». Poi c’è un altro pericolo negli oceani: la pirateria. Recentemente sono state sequestrate due navi di due società napoletane, Fratelli D’Amato e Perseveranza. Appena dopo ne è stata catturata una terza, l' Enrico Ievoli. «Dai nuclei militari che proteggeranno le nostre navi ci aspettiamo un deterrente per evitare ulteriori episodi di pirateria. La procedura però, non è ancora completa: mancano gli accordi con gli Stati per consentire l’imbarco e lo sbarco dei team di militari armati e urge definire apposite regole di ingaggio. È importante la convenzione con la Marina in quanto i militari hanno anche funzione di polizia giudiziaria e ciò assicura la massima legalità nell’uso delle armi ed è efficace nell’assicurare i pirati alla giustizia».
In apertura, Francesco Saverio Lauro, avvocato esperto di diritto marittimo
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Criteri selettivi per i finanziamenti In un settore che ha fortemente risentito della crisi dei mercati finanziari, anche il credito ha ricalcato l’andamento negativo. In forte frenata le compravendite, mentre le banche prestano molta attenzione ai progetti da finanziare Tiziana Bongiovanni anca Imi, la banca d’investimento del gruppo Intesa Sanpaolo, è uno dei principali operatori finanziari italiani. Federico Barlozzetti è attualmente responsabile del desk di Shipping finance per la Divisione finanza strutturata. Il desk svolge prevalentemente attività di finanziamento per la costruzione o acquisizione di navi, siano esse nuove o di seconda mano, ristrutturazione di debito, servizi di advisory. Tra i principali clienti, le maggiori società amatoriali dell’area campana (Cafima, Rbd, Bottiglieri Navigazione, D’Amato, Perseveranza, Grimaldi). Qual è l’andamento del comparto nella fase storica attuale? «La combinazione degli effetti derivanti da un mercato molto depresso, insieme a una ridotta liquidità del sistema finanziario, impone criteri di selettività nella scelta dei progetti finanziabili. Dal punto di vista degli armatori sembra che i valori nave non siano ancora arrivati a un livello tale da giustificare nuovi investimenti, ancora di più alla luce dello scenario previsto per i prossimi anni. Infatti, si assiste a una notevole e generalizzata riduzione di nuovi ordini presso i cantieri. Tale riduzione ha spinto in alto i prezzi delle navi e le società che hanno continuato a ordinarle, seguendo il trend di prezzo, oggi si trovano in difficoltà. Anche il livello dei noli attuale, protrattisi a livelli bassi da circa fine 2007, ha avuto un forte impatto sulle disponibilità finanziarie delle società. Questo effetto, abbinato a un mercato bancario molto prudente e a uno scenario macroeconomico incerto, ha frenato l’attività di compravendita, sia per le nuove navi che per le second-hand».
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Quindi la crisi ha inciso nei finanziamenti verso la cantieristica navale. «Sì, la crisi ha inciso profondamente». La cantieristica napoletana ha difficoltà particolari rispetto a quella italiana? «No, il mercato dello shipping è un settore globalizzato, nel quale le difficoltà che possono vivere gli imprenditori dell’area campana non sono diverse da quelle che sta sperimentando il settore in generale». Avete messo in campo degli strumenti per andare incontro ai vostri clienti? «Oggi, viste le difficoltà in cui versa il comparto, lo strumento principale per andare incontro ai clienti è la flessibilità, che gli istituti di credito dovrebbero mostrare nei confronti delle aziende in difficoltà. Le banche italiane, diversamente da molti istituti stranieri che seguono un approccio molto pragmatico, tendono ad avere una relazione costruttiva e, laddove si possa comunque ravvisare una via di uscita, cercano di andare incontro alle esigenze delle società con problemi di liquidità». Cosa distingue il servizio di shipping finance di Banca Imi rispetto a quello di altre banche? «Il servizio è gestito da professionisti che operano nel settore della finanza navale, in Italia e all’estero, da oltre 15 anni. Il settore navale è ciclico, con periodi che tendenzialmente si ripetono ogni 4/6 anni. È importante quindi avere una certa esperienza ed avere vissuto diverse fasi, siano esse positive o negative, per potersi rendere conto delle dinamiche e dei meccanismi del settore stesso. Ritengo che l’esperienza sia una delle caratteristiche che maggiormente distingue Banca Imi nel settore navale».
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Lo shipping è sempre più votato all’ambiente Una flotta di undici imbarcazioni. Navi bulk carriers che trasportano carbone, minerali di ferro e cereali su rotte internazionali. Potendo contare su un’esperienza consolidata dal 1850. La parola al comandante Michele Bottiglieri Emanuela Caruso
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a nostra attenzione verso il tema dell’ambiente è stata fin dall’inizio dell’attività molto alta». Il comandante Michele Bottiglieri, introduce quello che rappresenta uno dei punti focali della Michele Bottiglieri Armatori, società di navigazione fondata nel 2008 dal comandante Michele Bottiglieri, armatore da più di trent’anni. «Per essere certi di garantire ottima qualità tanto dal punto di vista organizzativo e
Il comandante Michele Bottiglieri è titolare della Michele Bottiglieri Armatore Spa di Napoli m.bottiglieri@miboship.it
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gestionale quanto dal punto di vista della tutela verso l’ambiente, la nostra impresa ha ottenuto la certificazione Iso 9001 e Iso 14001, finora la più importante in materia di rispetto e sicurezza dei vari ambienti in cui ci troviamo a operare». L’esperienza della famiglia Bottiglieri nel settore armatoriale parte nel lontano 1850. In più di 150 anni come si sono evolute l’attività e le tipologie di imbarcazioni utilizzate? «L’originaria impresa di famiglia fu avviata a Torre del Greco dal mio bisnonno Giovanni, che iniziò a solcare i mari con una piccola flotta di imbarcazioni coralline, ovvero di barche dedicate alla pesca del corallo. L’iscrizione della prima nave di proprietà nel registro Immatricolazioni dell’Autorità Portuale di Torre del Greco avviene qualche anno dopo la fondazione dell’attività e a essa seguono le acquisizioni di tre golette oceaniche e al-
cune navi a vapore. Successivamente, entrambe le guerre mondiali mettono a dura prova la flotta Bottiglieri, che perde prima sette e poi otto navi. Si raggiunge una svolta importante negli anni 40, quando il principio fordista della produzione in serie viene applicato all’ingegneria navale, facendo nascere le imbarcazioni da trasporto della categoria Liberty, mezzi di notevole stazza, robusti, innovativi e soprattutto dotati di grande autonomia, riuscivano infatti ad attraversare l’Atlantico o il Pacifico senza dover fare rifornimento. All’era delle Liberty è successa quella dei piroscafi, delle navi a vapore moderne e delle motonavi. Nel corso degli anni, inoltre, l’azienda, di cui la base operativa era stata spostata in Grecia, ad Atene, torna in Italia. Oggi, l’impresa di famiglia è giunta alla quinta generazione di armatori». Quante navi possiede la Michele Bottiglieri Arma-
Michele Bottiglieri
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Le nostre navi trasportano carbone, minerali di ferro e cereali in tutti i paesi del mondo
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tori e quali sono i mercati e le destinazioni seguite al momento? «Attualmente, la Michele Bottiglieri Armatori possiede cinque navi di proprietà di ultima generazione e sei navi a noleggio, per un totale flotta di undici imbarcazioni. Sono tutte navi bulk carriers e trasportano carbone, minerali di ferro e cereali Nel 2011 il totale di merci trasportate è stato di circa 6 milioni di tonnellate. Le rotte seguite sono internazionali e toccano il suolo italiano pochissime volte. Al momento, lavoriamo prevalentemente con la Cina, l’India, l’Australia, l’America Latina e l’America Setten-
trionale. In questo periodo la Cina effettua controlli molto rigidi sulle caratteristiche delle navi in entrata e in uscita dai suoi porti ed anche per garantirci un posto su questi mercati ci siamo dotati di certificazioni che testimoniano il nostro rispetto nei confronti dell’ambiente e il rispetto e la sicurezza nei vari ambienti di lavoro». Quali prospettive prevedete per il 2012 e, più in generale, per il futuro del vostro settore? «Il settore armatoriale, così come quello dello shipping e quello della cantieristica navale, è afflitto da una profonda crisi economica e ge-
stionale che si protrae ormai dal 2009. Il mercato è fermo, lo Stato italiano non provvede a erogare né incentivi alla ripresa né tantomeno agevolazioni e investimenti, e la Fincantieri sta attraversando un periodo di grande difficoltà: sono questi gli elementi che hanno disorientato e colpito duramente le società del nostro settore. Per il 2012 e gli anni a venire si prevede una situazione uguale, che potrà essere migliorata solo tramite finanziamenti, aiuti economici, maggiore produzione di navi e, di conseguenza, maggiori possibilità per gli armatori di metterle in mare».
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NAVI Sono le imbarcazioni che formano la flotta della Michele Bottiglieri Armatori Spa. 5 le navi di proprietà di ultima generazione e 6 quelle a noleggio
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Megayacht che rispettano l’ambiente Il made in Italy vince ancora nel settore del lusso. Nel 2011 il prestigioso premio Green Star Plus Platino del Rina è stato assegnato al superyacht Prima realizzato in un cantiere navale napoletano. La parola ad Antonio Palumbo, artefice del progetto Valerio Germanico
l Rina, importante ente di classificazione, ha assegnato nel 2011 il riconoscimento Green Star Plus Platino ai cantieri Palumbo di Napoli, per la realizzazione del superyacht Prima. Il premio è stato ricevuto da Antonio Palumbo, amministratore dell’omonima società, a Montecarlo e consegnato dalle mani del principe Alberto di Monaco e in presenza del re Juan Carlos di Spagna. La targa riporta la designazione di “migliore barca ecologica” realizzata nel 2011. Questo prestigioso risultato, ottenuto grazie al lavoro e all’impegno dei progettisti e delle maestranze che operano presso il golfo partenopeo, ha avuto come ingredienti base la fantasia e la passione tipiche del made in Italy, che
I Antonio Palumbo, amministratore unico della Palumbo Spa, Napoli www.palumbo.it
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permettono alle imprese nazionali di mantenere ancora le vette nelle classifiche internazionali dei prodotti di lusso. Antonio Palumbo illustra retroscena e progetti attuali e futuri della società da lui guidata. Quali sono i segreti che vi permettono di valorizzare le eccellenze italiane in fatto di progettazione e realizzazione di superyacht? «Per valorizzare le eccellenze presenti nel nostro contesto territoriale e insieme agevolare il rinnovamento e la creatività italiana, occorre non avere paura della concorrenza. Anzi cercare di ottenere da questa continue sfide, nuovi stimoli per progetti innovativi che diano un ritorno anche sul medio e lungo periodo. I cantieri Palumbo cercano di rinnovarsi anche con l’apporto dei giovani, la
loro presenza in azienda riesce a riportare in equilibrio le condizioni attualmente critiche in cui si trova l’industria in generale». Quindi anche in tempi di crisi il made in Italy riesce a mantenere una specificità di successo. «Il made in Italy vince ancora nel settore del lusso perché chi lo produce mantiene vive la fantasia e la passione che sono fondamentali per essere competitivi. Ovviamente a queste devono aggiungersi gli investimenti, sia nelle infrastrutture sia nelle risorse umane, creando un’organizzazione capace di ottimizzarsi ed eliminare le disarmonie all’interno dei processi produttivi. Noi abbiamo puntato su un team di giovani ingegneri e tecnici che stanno dando tanto all’azienda. La nostra espe-
Antonio Palumbo
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Prima rappresenta il più grande megayacht mai costruito da un cantiere del Centrosud con impianti tecnologici e domotici avanzatissimi
rienza ci dice che questa è la strada giusta per avere successo anche in un momento di difficoltà economica come questo». Cosa ha significato per voi ottenere il riconoscimento Green Star Plus Platino? «È stato il momento in cui gli sforzi compiuti in oltre quarant’anni di attività hanno trovato il loro coronamento. Un’ulteriore emozione è stata quella di ricevere il premio dal principe Alberto e dal re Juan Carlos. Entrambe le personalità hanno anche visitato con attenzione lo yacht vincitore, Prima, interessate a conoscere i dettagli tecnici del progetto e della costruzione. La targa Rina Green Star Plus Platino si è aggiunta alla classificazione Abs, che già riconosceva il nostro impegno ecologico».
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Sulla base di quali parametri vi è stato assegnato il riconoscimento? «La classe di notazione si basa su un indice di performance ambientale che copre tutti gli aspetti di impatto della nave sull’ambiente, soprattutto le emissioni di carbonio. Per ottenere tale notazione occorre attenersi agli studi progettuali approvati dal Rina e alla realizzazione di impianti per l’eliminazione degli inquinanti. Tale sistema sicuramente ha portato un impatto di innovazione che attribuisce a un’imbarcazione un grande valore aggiunto. Inoltre, Prima rappresenta il più grande megayacht in assoluto mai costruito da un cantiere del Centrosud con questo tipo di impianti tecnologici e con domotica avanzatissima. Lungo 54 metri e largo 10, Prima dispone complessiva-
mente di 13 cabine, i cui interni hanno uno stile di arredamento particolarmente elegante e al tempo stesso funzionale e moderno». Quali sono i prossimi progetti? «Stiamo costruendo uno yacht di 60 metri e uno di 40 che rientrano nella linea di progettazione Columbus Yacht – la stessa di Prima –, con scafi interamente in acciaio e alluminio. Entrambe gli yacht sono stati commissionati da una società monegasca. Il successo di essere riusciti a portare il nostro lavoro a così alti livelli è la dimostrazione che a Napoli è possibile raggiungere tali traguardi e che le eccellenze ci sono e sono forti. Il nostro orgoglio è anche quello di aver fatto ritornare a lavorare qui molti artigiani che per lavorare si erano dovuti spostare al Nord». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 117
BANDA LARGA
Al via la cablatura del territorio La Commissione europea ha appena dato il via libera ai fondi stanziati dalla Regione per la diffusione della banda larga. I progetti sono pronti e le operazioni prenderanno il via a breve. E per l’assessore Trombetti gli obiettivi restano quelli fissati: «A interventi conclusi il gap si ridurrà dall’attuale 6,2% al 3,6%» Michela Evangelisti
a Regione Campania ha svolto di recente una rilevazione pubblica per individuare i Comuni con deficit di rete a banda larga. «La popolazione non servita si attesta tra l’8 e il 9%, dato in linea con il quadro nazionale – commenta l’assessore ai Sistemi informativi e informatica, Guido Trombetti –. È una situazione che stiamo monitorando. Purtroppo è noto che tutta l’Italia è in forte ritardo rispetto agli obiettivi dell’Agenda digitale europea per quanto attiene alla diffusione della banda larga, come ha scritto l’Agcom». La giunta regionale ha previsto tra i suoi obiettivi prioritari un investimento infrastrutturale da 150 milioni di euro per la diffusione della
L Guido Trombetti, assessore regionale alla Statistica, sistemi informativi ed informatica
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banda larga sul territorio, approvato solo di recente dalla Commissione europea. «In previsione dell’attuazione di tale progetto nel 2011 abbiamo avviato la ricognizione dell’esistente e dei fabbisogni e abbiamo predisposto un piano di interventi operativi che riguardano l’intero territorio – prosegue l’assessore –. Inoltre, ci stiamo coordinando con tutti gli altri soggetti coinvolti nel processo di diffusione della banda larga, anche per evitare inutili duplicazioni. Quest’azione di integrazione ha provocato dei lievi ritardi nella tabella di marcia prevista. In particolare è stata complessa l’integrazione delle azioni regionali con il Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale 2007-2013. A questo
punto siamo pronti per partire». Il ministero dello Sviluppo economico ha avviato, tramite la propria società in house Infratel, il quarto bando di gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione di infrastrutture costituite da impianti in fibra ottica. Quali sono le vostre aspettative? «In Campania sono stati previsti 23 milioni di euro per le infrastrutture di rete. L’intervento è stato concordato con il Mise, definendo 92 interventi per la realizzazione di 600 chilometri di nuove dorsali in fibra ottica. Saranno interessati circa 80 comuni campani. L’intervento consentirà di abbattere il gap di copertura territoriale in larga banda di 2,6
punti percentuali: passeremo dall’attuale 6,2% al 3,6% a conclusione dell’intervento. Ma la stesura delle fibre da sola non basta. Occorre adeguare le centrali di interconnessione, ma serve anche un modello di gestione. E la Regione ha pronto il progetto con il quale non solo completare la cablatura del territorio, ma anche rendere funzionante l’intera infrastruttura realizzata in modo integrato con un piano di sostenibilità, prevedendo servizi che facciano comprendere il senso e il valore di un così importante intervento infrastrutturale». Qualche mese fa aveva auspicato una copertura del 100% del territorio regionale entro i prossimi tre anni: conferma questa pre-
visione? «Il trascorrere del tempo ci impone di operare a doppia velocità. Dobbiamo tener conto di due esigenze: quella di completare la copertura del territorio regionale, favorendo l’intervento degli operatori nelle aree a totale difetto di mercato, ma dobbiamo altresì prevedere un potenziamento infrastrutturale che permetta un’adeguata diffusione della Rete di nuova generazione (Ngn). Il grande progetto approvato in Commissione prevede entrambi gli interventi, con modelli applicativi diversi, che saranno completati entro giugno 2015, data che ci siamo fissati come limite per l’utilizzo dei fondi europei 2007/13. Bisogna considerare comunque che con l’accordo
con il Mise per le aree rurali si otterrà un primo forte impatto, valutato in una riduzione di circa il 40% del digital divide». Quali ricadute concrete sulla qualità della vita dei cittadini e sulle imprese si aspetta da questo sviluppo? «L’indagine della Banca mondiale del 2009 ha mostrato una forte e significativa correlazione tra il tasso di crescita di una Nazione e il tasso di penetrazione della banda larga. Il Piano di azione per la ricerca, lo sviluppo, l’innovazione e l’Ict approvato dalla Regione ha fissato tra le sue priorità proprio la banda larga, come volano per il rilancio del territorio e sostegno a un insieme integrato di servizi rivolti a cittadini e imprese. Tra i servizi CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 123
BANDA LARGA
internet evoluti che possono far crescere l’economia c’è il cloud computing. Con esso tutte le aziende, soprattutto le piccole, anche quelle artigiane, potranno dotarsi di servizi informatici capaci di reggere la competizione senza enormi investimenti. Pochi, potenti, funzionanti ed ecocompatibili centri di calcolo a servizio di molti. A patto che esista un’infrastruttura di rete internet adeguata e capace di offrire a tutti le stesse opportunità. Analogo discorso per le pubbliche amministrazioni». Cosa intende? «Con il cloud computing tanti Comuni potrebbero innalzare il loro livello di informatizzazione senza dover investire in tecnologie e risorse umane specialistiche. Ma la rete è anche la leva per politiche di forte cooperazione tra le amministrazioni, per condividere informazioni e snellire i procedimenti, promuovendo pro124 • DOSSIER • CAMPANIA 2012
cessi di effettiva dematerializzazione capaci di semplificare la vita di tutti i giorni. Certificazioni on line, fascicolo sanitario elettronico, ricetta elettronica, iscrizioni e concorsi on line, fascicolo del fabbricato, catasto, sono solo alcuni degli esempi di servizi integrati da attuare». La lotta al digital divide non passa solo attraverso l’implementazione delle infrastrutture immateriali di comunicazione. Quali altri passaggi sono fondamentali? Quali impegni devono assumere i destinatari degli interventi? «Lo sviluppo delle infrastrutture è una grande opportunità, ma solo se tutti sapranno coglierla nel modo giusto e se i processi saranno adeguatamente governati. Gli interventi pianificati sulla sola larga banda vogliono principalmente sostenere il settore delle telecomunicazioni in aree ter-
ritoriali a digital divide. Saranno incoraggiati gli investimenti da parte dei principali operatori e gli operatori, da parte loro, dovranno investire sulla propria rete di trasporto per garantire nelle aree oggetto degli interventi lo stesso livello di servizi di quelli presenti nelle aree oggi già coperte. Parte dei costi connessi al completamento della rete internet nelle aree individuate sarà sostenuta dalla Regione, per una più equa distribuzione delle opportunità in tutto il territorio. Il piano regionale si aspetta, come ritorno per il territorio, che sarà garantita la fornitura di servizi di accesso a internet nelle nuove aree a prezzi di mercato comparabili a quelli già applicati nelle aree coperte dalla banda larga. Ma soprattutto si aspetta di aver dato a tutti i cittadini e imprese campani pari opportunità di accesso alla cittadinanza digitale regionale».
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Antonio Pescape’
Digital divide, un ritardo da colmare Molti bei progetti, ma pochi fatti. Si può sintetizzare così la situazione italiana sulo sviluppo delle reti informatiche ad alta velocità. Gap, che se superato, porterebbe vantaggi considerevoli soprattutto alle imprese. Il punto del professor Antonio Pescape’ Michela Evangelisti
ul piano del tasso di penetrazione della banda larga l’Italia non fa bella figura in Europa e nemmeno a livello mondiale. «Gli indicatori e gli studi sono molteplici, ma tutti concordano sul ritardo italiano e sul fatto che negli ultimi anni la situazione non solo non è migliorata, bensì è ulteriormente peggiorata» commenta Antonio Pescape’, docente all’Università Federico II di Napoli. Se la situazione economica mondiale ha fatto la sua parte, in Italia incide anche il problema culturale. Quali sono ora i passi da compiere? «Il primo e più importante è quello di considerare, definitivamente, le reti di comunicazione a banda larga come
S
delle infrastrutture fondamentali per lo sviluppo del Paese e quindi trattarle, non solo dal punto di vista degli investimenti, ma anche da quello della gestione, della pianificazione e dello sviluppo, allo stesso modo di altre infrastrutture come quelle stradali o di distribuzione elettrica o idrica. Fatto questo, indipendentemente dal contesto politico e dalle relative politiche economiche e di sviluppo, è indispensabile definire un’agenda digitale in cui la parte relativa allo sviluppo delle infrastrutture sia punto focale. E non è un problema di finanziamenti. Siamo un Paese che ha speso, e molto di più in passato, su opere che sicuramente impattano molto CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 125
BANDA LARGA
Antonio Pescape’, docente del Dipartimento di informatica e sistemistica dell’Università Federico II di Napoli
meno sullo sviluppo dell’intera nazione». Il piano nazionale banda larga si pone l’obiettivo di azzerare il digital divide in Italia, consentendo l’accesso alla banda larga a tutta la popolazione oggi esclusa. Crede si tratti di una svolta importante? «Sicuramente. É importante poter contare su investimenti in infrastrutture a banda larga, ma è altrettanto importante poter contare su cifre e tempi certi, nonché sulla continuità di intenti e obiettivi. Lo sviluppo dell’infrastruttura di rete è un processo complesso che necessita di continuità e attenzione da parte di chi amministra un Paese moderno. Interventi spot non servono, servono politiche di lungo periodo e una forte e rinnovata attenzione verso la tecnologia e l’innovazione».
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Cosa prevede, dunque, per i prossimi anni? «Se dovessi formulare delle previsioni guardando al passato, più o meno recente, non potrei che essere cauto e dire che, se non si adotteranno politiche decisamente diverse e soprattutto concrete, rischiamo di avere assistito a un’ulteriore bella promessa. E poi non serve solo investire in infrastruttura ma bisogna anche investire nello sviluppo e nella diffusione di servizi digitali, soprattutto relativi alla pubblica amministrazione, in modo da generare un effetto virtuoso servizi/infrastruttura in cui gli uni hanno bisogno dell’altra». Quali sono le peculiarità della situazione campana e quali strategie specifiche sarebbero più utili? «In Campania da diversi anni si sta prestando un’attenzione
molto forte allo sviluppo dell’infrastruttura a banda larga. Sono stati effettuati diversi studi e analisi legati, da un lato, alla definizione puntuale delle aree oggetto di intervento, dall’altro sui modelli di intervento. Con un approccio aperto al territorio sono state fatte nel tempo diverse consultazioni pubbliche per realizzare delle mappature accurate dei territori in digital divide e sono stati pubblicati i risultati. Insomma, è stato fatto tutto il necessario per partire. Ma ora è importante partire». Quale impatto concreto potrebbe avere la banda larga sulla produttività e l’innovazione del territorio? «L’impatto, sia della realizzazione sia della messa in opera degli interventi, sarà enorme e fondamentale per le aree produttive e per i cittadini della
Campania. Ma, a mio avviso, non partire e accumulare ulteriori ritardi avrà effetti molto negativi per l’economia di tutta la regione. Ritardi difficilmente colmabili considerando il quadro di investimenti attuali e prevedibili nei prossimi anni». Si parla tanto di diffusione della banda larga ma meno della sua qualità: a che punto siamo in Italia? Ci sono progetti di ricerca di rilievo? «Il punto relativo alla qualità è di assoluta importanza. Possiamo fare un parallelo con le etichette nutrizionali dei prodotti che ogni giorno acquistiamo al supermercato: noi tutti non siamo solo attenti al tipo di prodotto da acquistare, ma vogliamo conoscere la tipologia e la qualità degli elementi componenti. Tant’è che le etichette nutrizionali e l’indicazione sulla composizione dei prodotti sono obbligatorie. Nel caso delle connessioni a banda larga quindi non è solo importante la diffusione sul territorio ma anche la qualità di tali connes-
sioni. Ci sono diversi progetti, di ricerca e non, che intendono fornire informazioni sulla qualità delle connessioni che acquistiamo dai provider. Agcom, con il progetto “Misura internet”, ha realizzato un semplice applicativo che gli utenti possono scaricare e installare sui propri pc per misurare la qualità della propria connessione. Anche il mondo della ricerca sta facendo molto in questo contesto, sia in Italia sia a livello internazionale. Con il mio gruppo abbiamo sviluppato due progetti. Il primo si chiama “Hobbit” e, in maniera indipendente e fornendo la possibilità di aggiungere in modo semplice nuovi parametri da misurare, è simile al progetto di Agcom. Il secondo, in collaborazione con il Georgia Tech di Atlanta, si chiama “Bismark” ed è relativo a un software da mettere sui router adsl al fine di monitorare la qualità della connessione». Il digital divide, infine, non è solo un problema di infrastrutture: quali altre “tipologie” di dd pesano
maggiormente in Italia e come agire per superarle? «Esattamente: il digital divide infrastrutturale non è l’unico divario digitale da colmare. C’è un elevato numero di cittadini del nostro Paese “fuori” dalla rete e che non utilizzano pc, mentre utilizzano comunemente un telefono cellulare e/o guardano regolarmente la tv. É arrivato il momento di recuperare questa parte di popolazione. Sia perché si tratta, a mio avviso, di un obbligo di un Paese moderno: avere cittadini non in grado di interagire con la rete oggi significa avere una parte della popolazione non in grado di affrontare il presente ma soprattutto il futuro. Sia perché si creerebbe un mercato che non c’è, fatto di un elevato numero di utenti nuovi. Immagino iniziative in grado di alfabetizzare concretamente, ad esempio con pc e connessioni residenziali a ogni famiglia con giovani e attualmente senza connessione. Non è mai troppo tardi. Come il nome della trasmissione televisiva che insegnò a leggere e a scrivere a migliaia di italiani». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 127
EDILIZIA
Il settore edile campano, un sistema da ripensare e imprese campane sono state tra le più colpite dalla crisi economica che ha investito il mondo dell’edilizia in questi ultimi anni, anche a causa delle particolari caratteristiche del settore edile e delle costruzioni locali. Problemi atavici come un diffuso ricorso al lavoro nero o irregolare, la mancanza di una normativa adeguata atta a tutelare le aziende che operano nel rispetto delle leggi, e i ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione
L
Gennaro Micillo, titolare della General Costruzioni Srl di Quarto (NA) www.generalcostruzioni.org - info@generalcostruzioni.org
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L’edilizia campana prova a rimettersi in moto, nell’attesa che possano essere sbloccate quelle risorse a disposizione delle Amministrazioni locali che potrebbero dare nuova linfa all’economia regionale. Gennaro Micillo analizza criticità e prospettive del settore Guido Puopolo
hanno messo a dura prova la tenuta del sistema, come sottolinea il dottor Gennaro Micillo, titolare della General Costruzioni Srl, società di Napoli, specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di opere pubbliche e private. «Basti pensare che nell’ultimo biennio oltre duemila aziende sono state cancellate dal Sistema Cassa Edile, con disastrose conseguenze anche da un punto di vista occupazionale. Un altro punto che, a mio parere, penalizza il settore è rappresentato dal “nanismo dimensionale” che affligge le nostre aziende, visto che circa il 93% delle imprese edili presenti sul territorio conta meno di dieci dipendenti». A questo proposito, in che modo la crisi ha inciso sulle vostre strategie gestionali, operative e commerciali? «La General Costruzioni nasce e si caratterizza per una
matrice sostanzialmente “familiare”, fortemente legata al territorio di appartenenza. La struttura di vertice è costituita dai noi fratelli Micillo, che partecipiamo quotidianamente e attivamente alla “vita” dell’azienda, occupandoci degli aspetti amministrativi, gestionali e operativi dei cantieri, affiancati da un congruo numero di operai e di tecnici fidelizzati da oltre venti anni di esperienze vissute in comune. Per far fronte alla difficile congiuntura economica abbiamo provveduto al potenziamento del management e degli organici tecnici e amministrativi, e soprattutto all’informatizzazione del sistema gestionale, introducendo un apposito software che permette di controllare i principali centri di costo». Crede che la recessione economica possa favorire anche la penetrazione di inge-
Gennaro Micillo
Siamo un’azienda con una matrice sostanzialmente familiare, fortemente legata al territorio di appartenenza
renze illegali o criminali nel tessuto produttivo locale? «Purtroppo il problema delle infiltrazioni illegali nei lavori pubblici è una caratteristica sin troppo pubblicizzata nella regione Campania. A questo proposito il nostro Gruppo si è sempre distinto per posizioni nette di denuncia del fenomeno malavitoso, partecipando anche in maniera at-
tiva e propositiva all’attività di un’associazione Antiracket locale. È evidente che il livello di guardia oggi debba essere ulteriormente alzato, anche perché, per la malavita, dotata di enormi disponibilità economiche, la scalata alle imprese in crisi è oggi ancora più semplice». Quali sono, attualmente, le opere più importanti su
cui state lavorando? «Attualmente siamo impegnati nella realizzazione di importanti interventi nel settore AZIENDE stradale ed edilizio, che tradiA tanto ammonta zionalmente rappresentano il il numero delle imprese cancellate core business dell’azienda. dal Sistema Cassa Stiamo ultimando il potenziaEdile nel solo 2011 mento del nuovo Tribunale di Torre Annunziata, che dovrebbe essere consegnato nell’ultimo trimestre del 2012, mentre stiamo completando un importante intervento sull’Autostrada A3 Napoli-Salerno per conto della società Autostrade Meridionali, relativo alla realizzazione di un nuovo sistema di rampe in ingresso e uscita dalla tratta autostradale per la zona Barra/Ponticelli, del sistema dei cunicoli interrati per l’accesso degli operatori ai caselli, del complesso degli edifici di servizio e dell’impiantistica di supporto, compresa quella di segnalazione e di controllo in
2000
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Competenza e organizzazione La General Costruzioni srl, società del Gruppo Micillo , nasce nel 1979, con lo scopo di realizzare lavori pubblici e privati nel settore edile. Da allora ha operato, con successo, nel campo dell’edilizia residenziale, dell’edilizia civile e industriale e delle opere pubbliche attraversando in maniera brillante i tanti cicli economici del settore, grazie al know-how posseduto, alla consistente disponibilità di attrezzature, mezzi d’opera e macchinari d’avanguardia, alla operatività di maestranze altamente specializzate, alla solidità finanziaria e, soprattutto, all’estremo impegno sempre profuso nel proprio operato. La General Costruzioni Srl è oggi costituita da una holding gestionale che detiene partecipazioni in diverse società del Gruppo, che individuano le principali divisioni e iniziative di investimento effettuate. La struttura di gruppo consente all’azienda un elevato grado di articolazione e di efficienza organizzativa, grazie alla focalizzazione di ogni partecipata su specifici aspetti dell’attività. Al tempo stesso la presenza di una struttura di vertice garantisce il coordinamento ottimale e lo sfruttamento delle sinergie interdivisionali. Le attività svolte sono supportate da un'organizzazione tecnica e gestionale strutturata per la realizzazione di opere di qualsiasi tipologia, natura e consistenza e di qualsiasi difficoltà operativa ed esecutiva, facendo dell’azienda un partner affidabile per i propri committenti, capace di offrire un servizio completo sotto ogni aspetto.
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remoto dei sistemi automatici Telepass. Abbiamo intrapreso una serie di interventi di risanamento e di recupero di fabbricati di edilizia popolare per conto dello Iacp della provincia di Napoli, in una zona fortemente degradata quale il quartiere Scampia. Per conto del Comune di Napoli siamo in procinto di avviare i lavori per la realizzazione di un importante collettore di gronda nella zona alta della città, che contribuirà ad ammodernare ed efficientare il sistema fognario della città e a ridurre notevolmente ataviche problematiche di allagamento e di dissesto idrogeologico di una delle zone di maggior prestigio e importanza urbanistica. Nel 2012 daremo infine avvio alla costruzione del cimitero di Nola, attraverso il meccanismo del project finance». A suo parere, su cosa occorrerà fare leva per rendere più agevole, sicuro e burocraticamente più accessibile
il sistema legato all’appalto pubblico? «Questo è un tema complesso e non facilmente distinguibile, almeno per quanto riguarda la Campania, da più generali aspetti di policy regionale. Il sistema “appalto pubblico”, per un’impresa come la General Costruzioni, non può che avere un interesse notevole e preponderante, a due condizioni: l’accesso al credito presso il sistema bancario e il rispetto dei tempi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione. Purtroppo tali prerogative sono drammaticamente venute a mancare negli ultimi due anni. Se il mancato rispetto della prima condizione può ricondursi alla crisi economica mondiale che ha interessato e posto addirittura in discussione il sistema bancario, per la seconda le ragioni reali sono da ricercarsi nello sforamento del patto di stabilità sul disavanzo regionale e nelle ferree implicazioni
Gennaro Micillo
sull’attuazione dei programmi di spesa, a seguito delle quali sono sorti problemi in tema di dilazione dei tempi di decisione politica di conferma dei fondi, di allungamento delle procedure amministrative, di ripetuta messa in discussione del quadro programmatico, di mancata indicazione delle effettive di-
sponibilità di cassa. Problemi che hanno interessato nella stragrande maggioranza dei casi appalti già in corso». Quali soluzioni potrebbero essere adottate per ovviare a questa situazione? «Personalmente ritengo che la “leva” per superare lo stallo con cui anche le imprese più organizzate oggi devono con-
vivere, potrebbe essere appunto la revisione del Patto di Stabilità economica imposto dall’Unione Europea, laddove esso determini un concreto sblocco nella spesa delle risorse già a disposizione delle Amministrazioni locali, che ammontano a circa 3 miliardi di euro per opere pubbliche immediatamente cantierabili, come tratte ferroviarie, strade e autostrade, hub aeroportuali, messa in sicurezza delle scuole pubbliche, interventi nell’edilizia residenziale pubblica. Risorse che potrebbero dare occupazione a 20.000 lavoratori, con una traduzione in salari di circa 450 milioni
Stiamo completando un importante intervento sull’Autostrada A3 Napoli-Salerno per conto della società Autostrade Meridionali
EDILIZIA
di euro che darebbe una grossa Penso, ad esempio, a opere di stri prossimi investimenti?
Da sinistra, Franco, Massimiliano, Gennaro e Mario Micillo, rispettivamente project manager, commercial director, finance e administrator manager e human resources director
boccata di ossigeno a un’economia e a un settore che, dal 2008, è rimasto sostanzialmente immobile». Quali prospettive riponete, invece, sul fronte delle opere private? «Il settore delle opere private è essenziale per la General Costruzioni. Nel futuro dovremo confrontarci con un nuovo mercato delle costruzioni, direttamente legato ai processi di vita delle popolazioni, influenzato dalla crescita delle popolazioni straniere, dalle trasformazioni dei nuclei familiari, e dalle esigenze dei single e delle giovani coppie. Ritengo inoltre che per “cavalcare” la crisi occorra sviluppare proprio quei settori che solitamente le fasi di grande sviluppo non prendono in considerazione.
riqualificazione e di rivalorizzazione delle periferie cittadine, per rispondere alla crescente richiesta di spazi, per ricomporre la frammentazione urbana, e restituire valore creando servizi, sistemi ambientali e nuove forme di aggregazione sociale. Mi auguro davvero di poter impiegare e valorizzare le mie risorse e le mie energie imprenditoriali in un efficace piano di ristrutturazione del patrimonio edilizio e nel recupero di residenze civili pubbliche e di apparati industriali dismessi e inutilizzati». Quale bilancio può trarre, anche in termini di fatturato, in seguito all’attività del Gruppo nel corso del 2011? «Nonostante la situazione di difficoltà con cui siamo costretti a convivere siamo molto soddisfatti dei risultati conseguiti nell’ultimo anno, durante il quale abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati, anche in termini di fatturato, grazie soprattutto all’avvio di un processo di miglioramento e di efficientamento dell’intera struttura aziendale sopra descritto». Quali sfide attendono il gruppo nel corso del 2012 e dove si concentreranno i vo-
Nel futuro dovremo confrontarci con un mercato delle costruzioni legato ai processi di vita delle popolazioni
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«Crediamo molto nelle innovazioni, nell’ingegnerizzazione dei processi costruttivi e nell’ottimizzazione dei sistemi attraverso l’uso della tecnologia, anche perché lo scenario che si prospetta per il futuro affida ruoli importanti ai servizi e all’alta tecnologia applicata. Intendiamo investire anche nel settore della bioedilizia, favorendo soluzioni abitative volte al risparmio energetico e alla riduzione dell’inquinamento, senza tralasciare l’importanza di modelli innovativi come il facility management e il global service, soluzioni che incrementeranno e renderanno ancor più interessanti, per il mondo delle imprese, i comparti delle manutenzioni e delle installazioni. Prevediamo infine grossi investimenti verso i nuovi processi di partenariato pubblico-privato e verso le nuove multiutilities e multiservices». Nel futuro crede sia possibile ampliare ulteriormente la vostra Holding? «L’impegno e la prerogativa del gruppo è quella di “affrontare” il mercato a 360 gradi, incrementando ulteriormente il nostro bagaglio di conoscenze e di esperienze. Riteniamo che le giuste sinergie vadano appunto ricercate nell’attuale struttura di Holding, ma non per questo escludiamo possibili sviluppi e ampliamenti della Holding in settori diversi da quelli attuali».
EDILIZIA
Chi sceglie di non partecipare agli appalti Il settore pubblico e le leggi vigenti permettono anche a imprese non qualificate di vincere gli appalti di opere particolari e ad alto valore tecnico come quelle del ramo stradale. Domenico Di Palo chiarisce i motivi per cui molte società del settore decidono di non operare più nel pubblico Emanuela Caruso
rmai da qualche anno, in alcuni specifici settori, come quello delle costruzioni e delle pavimentazioni stradali, si è diffusa la tendenza ad allargare gli appalti pubblici a un gran numero di imprese, qualificate e non, facendo così aumentare tanto la concorrenza quanto i ribassi sui costi. A dare la possibilità a qualsiasi azienda di proporsi in gara e vincere l’appalto nonostante non sia dotata delle giuste caratteristiche è la legge, che con normative poco chiare e poco rigide sta contribuendo alla stagnazione del mercato. A fronte di tale situazione, alcune imprese hanno deciso di non operare più nell’ambito pubblico e tra queste anche il Gruppo Rudit, che proprio del settore delle costruzioni e pavimentazioni stradali ha fatto il suo core business. «Se la legge – commenta Dome-
O
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nico Di Palo, amministratore della società – consentisse di partecipare alle gare d’appalto solo a chi dispone delle attrezzature, degli impianti e delle attitudini tecniche specifiche per una determinata opera, nel nostro ambito a competere saremmo solo sette o otto aziende in tutto e a una realtà come la nostra che produce materia prima, ma che soprattutto fornisce materiali, converrebbe provare a vincere l’appalto. Invece, data la situazione corrente in cui si iscrivono alle gare centinaia di imprese, di cui molte potrebbero avvalersi del nostro aiuto come fornitori, allora al Gruppo Rudit non conviene più tentare di conquistare la commessa, perché si giocherebbe la possibilità di offrire il servizio di fornitura agli aggiudicatari». Il Gruppo Rudit, attivo da più di quarant’anni, è composto da varie aziende, ognuna delle quali specializzata in un
campo produttivo particolare. «Grazie alle varie società del gruppo e alla sinergia tra esse operiamo nel settore della produzione di materiali da costruzione, occupandoci sia dell’estrazione che dell’effettiva
Il Gruppo Rudit ha sede operativa a Roccarainola (NA) www.rudit.it
Domenico Di Palo
Il Gruppo Rudit si occupa sia della fornitura di conglomerati bituminosi e cementizi che della produzione di inerti calcarei
realizzazione dei conglomerati; nel ramo dei trasporti; e nell’ambito dell’estrazione di materiali calcarei, in quanto titolari della concessione necessaria per questo tipo di attività». In tanti anni di lavoro e grazie a questa importante diversificazione aziendale, la Rudit ha assistito a tutte le evoluzioni più importanti del settore, adeguandosi ai cambiamenti attraverso strategie vincenti e intelligenti investimenti. «L’ultimo investimento di una certa rilevanza portato avanti dall’impresa – spiega ancora Domenico Di Palo – ha riguardato la produzione di materiali bituminosi e ci ha portato ad adottare prodotti, quali ad esempio combustibili a basso tenore di zolfo, in linea con le nuove normative sulle emissioni di polveri in atmosfera». E sempre a dimostrazione di quanto la società abbia a cuore l’ecosostenibilità e la tutela dell’ambiente, il Gruppo Rudit è sostenitore dei materiali ecocompatibili, che pian piano sostituiranno gli attuali. «Nonostante ragionare in termini di tutela dell’ambiente sia ancora molto difficile per un settore come il nostro e in merito non si ricevano direttive precise dalle amministrazioni, è però ben chiaro il bisogno di trovare soluzioni alternative ai conglomerati bituminosi e cementizi, che de-
rivando dagli inerti estratti da montagne e colline del nostro paesaggio sono destinati a esaurirsi. Ecco allora che sono state sviluppate apposite tecnologie, come la rigenerazione in sito dei manti superficiali stradali, per sfruttare materie rinnovabili, tra le quali al momento si annoverano i materiali di risulta e i materiali derivanti da manti ammalorati, ovvero dalle operazioni di demolizione di una strada». In un mondo competitivo come quello in cui si trova a operare il Gruppo Rudit, la società può contare su un importante valore aggiunto capace di farle mantenere una buona posizione sul mercato e di garantirle continue commesse. «Ciò che ci consente di essere sempre competitivi – continua il signor Di Palo – è l’attività di produzione di materia prima, ovvero di materiale calcareo, che non solo rappresenta la base dei conglomerati bituminosi e cementizi, ma che vede numerose applicazioni in altri svariati settori, tra i quali quelli farmaceutico, della gomma e del vetro. Potendo offrire alla clientela anche gli inerti, che uniti ai leganti cemento e bitume, formano i vari conglomerati, possiamo quindi vantare una marcia in più rispetto agli altri competitor». Tra le opere portate a termine di recente dall’impresa possono essere citati i lavori di collegamento della galleria tra Pozzano e Vico Equense, i lotti dell’alta velocità nella tratta Napoli-Salerno, e i collegamenti delle zone metropolitane della città di Napoli. CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 137
Dove non arrivano i mezzi tradizionali Ci sono molti cantieri, soprattutto nel settore delle costruzioni e della riqualificazione edile, in cui i tradizionali mezzi d’opera hanno difficoltà a lavorare. La soluzione è rappresentata da macchinari progettati per specifiche esigenze di utilizzo. Li descrive Giovanni Buonanno Amedeo Longhi
l tragico episodio del terremoto dell’Irpinia del novembre 1980 segnò l’inizio di un cammino di crescita tecnica e commerciale per un’azienda del territorio, la Tek.Sp.Ed., proprietaria del marchio“Bunker” che fornì il suo determinante contributo. «Per operare in condizioni come quelle generate dal sisma – spiega Giovanni Buonanno, responsabile comunicazione e marketing – , occorrevano delle macchine particolari, studiate appositamente per la riqualificazione e il consolidamento statico delle strutture danneggiate. Il macchinario che proponemmo e che attualmente produciamo
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fu la B1 una piccola pompa manuale per iniezioni di boiacche cementizie, idonea per consolidare ed impermeabilizzare murature, iniettare micropali, ecc. Successivamente la gamma si è ampliata? Il successo della B1, l’esperienza, gli investimenti nella ricerca e sviluppo, sono ciò che hanno permesso alla bunker di raggiungere un significativo posizionamento nel settore della produzione di sistemi di pompaggio per l’edilizia. Una vasta offerta di attrezzature, che comprende pompe miscelatrici a vite e pistoni per intonaci, malte e miscele cementizie fluide, pompe
Giovanni Buonanno, responsabile comunicazione e marketing della Tek. Sp. Ed. di Casandrino (NA) www.bunker-teksped.com www.youtube.com/user/bunkerteksped
a vite per calcestruzzo, impianti e macchine per spritzbeton, mescolatori-trasportatori di impasti per sottofondi. Ultimamente la gamma si è arricchita con nuovi prodotti per la produzione ed il pompaggio di cemento cellulare e sottofondi autolivellanti. Può fare qualche esempio di cantieri a cui avete partecipato?
Giovanni Buonanno
c
Alcuni dei nostri modelli sono sviluppati per cantieri in cui gli spazi operativi sono ristretti e le tradizionali macchine non sono in grado di lavorare
Potrei citarne vari, dato il contesto quello della Torre EuroSky a Roma è sicuramente uno dei più interessanti. Un cantiere dove abbiamo fornito le B100, piccole ma produttive pompe per calcestruzzo utilizzate per lo spritz beton applicato alle pareti dello scavo che circondano l’ampia platea di fondazione. I lavori per la Torre – progetto all’avanguardia, che la porterà a essere una
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delle più alte del Paese – sono ancora in corso e sono partiti naturalmente dalla realizzazione delle fondamenta, per cui le nostre macchine hanno prestato il loro contributo. In quell’occasione è stata utilizzata la B100, che rappresenta in un certo senso il nostro orgoglio dal momento che è la più piccola pompa per calcestruzzo sul mercato e siamo i soli a produrla. Si tratta di una pompa in grado
di pompare calcestruzzo con inerti fino a 25 mm, la B100, è ideale nei cantieri di difficile accesso in cui le grosse pompe non riescono ad accedere. È costituita da una pompa e da una centrale idraulica e questo consente di spostarla e manovrarla agevolmente. La B100 è stata recentemente impiegata anche in un importante lavoro di restauro di un pregiato palazzo nel centro storico di Salerno, un fabbricato alto più di ventisei metri; Un altro esempio interessante è quello dei lavori di ripristino nel Porto di Napoli, agenti corrosivi della salsedine marina hanno creato un forte degrado alle strutture delle due pensiline del molo, ciascuna di quattromila metri quadrati, per il risanamento è stata utilizzata la nostra intonacatrice S8 EV, ideale per la spruzzatura della malta cementizia tixotropica “Emaco formula tixo” prodotta dalla Basf.
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L’altezza a cui la B100 è in grado di pompare il calcestruzzo
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EDILIZIA
Il general contractor, una nuova via C per l’edilizia Dinnanzi alla stagnazione del settore privato delle costruzioni, per rimanere a galla occorre trovare la giusta strategia aziendale. Proporsi nel ruolo di general contractor, ad esempio. Achille Finamore descrive le dinamiche del mercato partenopeo Adriana Zuccaro
Da destra, Achille, Giacomo e Antonio Finamore della Finamore Costruzioni Srl di Napoli. Nelle altre immagini, alcuni recenti lavori portati a termine dall’impresa www.finamorecostruzioni.it
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ome evoluzione del servizio “chiavi in mano”, un numero crescente di imprese di costruzioni sceglie l’attività di “general contractor”. Le ragioni sono innanzitutto legate ai cambiamenti del mercato, agli sviluppi normativi sulla responsabilità d’impresa, alla concorrenza locale ed estera, al gioco ai ribassi delle aziende che lavorano nel settore pubblico e alle oscillazioni dei costi che un progetto troppo spesso subisce durante il corso della sua realizzazione. Per questi e per altri motivi analizzati dal geometra Achille Finamore, direttore tecnico e gestionale della Finamore Costruzioni di Napoli, proporre la società come general contractor può contrastare il trend negativo del settore dell’edilizia sia in termini di operatività che di redditività. Soprattutto quando l’attività principale dell’impresa, come nel caso della Finamore, è l’allestimento di filiali e sportelli del sistema bancario. È previsto un approccio particolare per questo tipo di realizzazioni? «Come per ogni tipo di progetto edilizio, anche nel caso dell’allestimento di filiali e sportelli bancari è necessario avvalersi di staff tecnici specializzati in architettura, ingegneria e impiantistica. Così infatti la Finamore è in grado di proporre ai suoi principali clienti un servi-
zio di progettazione, coordinamento, esecuzione lavori e manutenzione conforme alle complesse normative vigenti che regolano la materia, garantendo oltremodo la copertura operativa su tutto il territorio nazionale. I principali clienti sono difatti Intesa Sanpaolo, Credem e Cariparma. Ultimamente ci siamo specializzati anche nell’allestimento di sale da gioco di grosse dimensioni che utilizzano apparecchiature di ultima generazione quali le VLT (Videolottery). In entrambi i settori ricopriamo il ruolo di general contractor, quindi siamo interlocutori unici della committenza, garantendo qualità, tempi di realizzazione e costi certi». Alla luce della riduzione delle commesse pubbliche e private, come sta cambiando il vostro mercato di riferimento? «Non abbiamo inteso proporci per il mercato pubblico in quanto, dopo la partecipazione a gare d’appalto in cui i ribassi superano il 40%, rileviamo che è praticamente impossibile realizzare le attività se non attraverso espedienti e/o manovre che non ci riguardano e che non intendiamo adottare. Purtroppo però anche il nostro mercato di riferimento, ovvero quello privato, si sta adattando all’allarmante situazione generale del Paese e già si iniziano a vedere sconti che fino a pochi anni fa erano inimmaginabili».
Achille Finamore
Ottimizziamo tutti i processi lavorativi, verifichiamo punto per punto l’avanzamento del cantiere e ognuna delle fasi di cantierizzazione, tenendo sotto controllo ogni capitolo di spesa
Come la Finamore concorre a rilanciare il settore delle costruzioni e, quindi, il volume d’affari della società? «Ottimizzare è la nostra parola d’ordine, l’unica linea guida che portiamo avanti. Ottimizziamo tutti i processi lavorativi, verifichiamo punto per punto l’avanzamento del cantiere e ognuna delle fasi di cantierizza-
zione, tenendo sotto controllo ogni capitolo di spesa. Solo in questo modo riusciamo a essere competitivi e a rimanere in un mercato che, nostro malgrado, sembra doversi definire “alla deriva”». È possibile invertire un trend così negativo con l’innovazione? «Assolutamente si. Ritengo infatti che sia deleterio rimanere legati alle vecchie metodologie e abitudini, soprattutto in un mercato nazionale dove la concorrenza è sempre più aggressiva, e dove anche nel settore dell’edilizia privata si intravede l’arrivo di aziende straniere. Innovare, stare al passo con i tempi, migliorare i processi produttivi, ottimizzare le risorse umane attraverso la formazione e puntando sulla crescita professionale all’interno dell’azienda, sono i percorsi pos-
sibili per migliorare il proprio business». Il settore costruzioni ha sempre costituito un segmento importante dell’economia italiana. Cosa rappresenterebbe la sua ripresa nel mercato partenopeo? «Ritengo personalmente che una congrua riqualificazione del territorio, da attuare con azioni congiunte tra imprese e istituzioni, potrebbe essere il volano di una forte ripresa occupazionale, di tutto il comparto dell’edilizia partenopea e del rilancio economico e sociale della città. Uno sbocco occupazionale e una ripresa del settore non può però non passare dal riassetto urbanistico della zona di Fuorigrotta comprendente la ristrutturazione completa dello stadio San Paolo, oltre che da Bagnoli, da troppi anni ormai al centro di accesi dibattiti».
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Nuova vita agli immobili storici Tecniche di restauro classiche, che si basano, più che sull’utilizzo di macchinari, sulla manualità, la professionalità e l’esperienza di personale specializzato. Giuseppe Valentino spiega come restituire al paese il suo patrimonio artistico Lodovico Bevilacqua
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n un paese dallo sconfinato patrimonio artistico come l’Italia, la tutela, la cura e la conservazione dello stesso devono costituire una priorità a livello normativo e richiedono altresì un grado di professionalità e specializzazione estremamente elevato. La ristrutturazione di eleganti palazzi e antichi monumenti spesso costituisce una vera e propria urgenza e, al di là del recupero di un importante patrimonio storico e architettonico, consente il riscatto di importanti spazi all’interno delle città, da destinare ad utilità pubblica o privata. Spesso oppressa da un intricato dedalo di norme e consuetudini burocratiche, l’at-
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tività di restauro richiede una duplice attitudine, come spiega Giuseppe Valentino, fondatore e titolare della omonima ditta. «La nostra professionalità si declina ormai non solo nella competenza esecutiva e operativa che garantiamo nello svolgimento dei nostri lavori, ma anche nella gestione dell’aspetto amministrativo del restauro stesso, aspetto che non risparmia difficoltà e contrattempi». Una garanzia di qualità che è affidata in buona parte all’esperienza maturata sul campo, in una storia aziendale ormai rilevante. «La Valentino nasce come ditta individuale nel 1972, mutando poi la sua forma costitutiva nel 1993 in
Giuseppe Valentino
società a responsabilità limitata. Da sempre impegnati nell’ambito dei lavori pubblici, ci siamo specializzati nel restauro dei monumenti e la qualità dei nostri lavori ci ha permesso di guadagnare fiducia e riconoscimenti da parte di molti Enti pubblici con cui abbiamo avuto modo di collaborare». Come sottolineato in precedenza, un’attività del genere sottende una grande padronanza di utilizzo dell’apparato normativo che regola le attività di restauro, recupero e conservazione degli immobili di interesse storico soggetti a tutela a norma delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali. Afferente allo stesso ambito è la conoscenza dei parametri necessari all’acquisizione delle commesse per questi lavori. «L’esecuzione delle opere di restauro viene decisa tramite l’istituzione di gare d’appalto; è naturale che – per la nostra società – si tratti di una fase preliminare molto importante, tanto da suggerirci di creare un ufficio amministrativo dedicato, con la funzione di reperire e gestire i contratti e le gare di appalto stesse». Parte dell’aspetto burocratico dell’at-
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La professionalità dei nostri operai – dei veri e propri artigiani – deriva da anni di esperienza nell’attività di restauro manuale
tività è costituito dalla gestione dei rapporti con le amministrazioni locali. Molto spesso si tratta di questioni relative all’adeguamento dei monumenti restaurati ai parametri di abitabilità e sicurezza vigenti. «Si tratta di un capitolo molto complesso e delicato, dovendo i monumenti – in molti casi – ospitare un nutrito numero di utenti – solitamente turisti». Relativamente alla fase del restauro vero e proprio – momento centrale dell’esecuzione dell’opera – le credenziali della Valentino sono ormai conosciute e apprezzate in tutto il Centrosud. «La cura e l’attenzione con cui allestiamo e gestiamo i nostri cantieri sono diventati una garanzia per gli enti appaltatori; la professionalità dei nostri operai – dei veri e propri artigiani – deriva da
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anni di esperienza nell’attività di restauro manuale». Niente viene trascurato nell’arco dell’esecuzione di un’opera. «L’organizzazione e l’efficienza sono le chiavi per eseguire lavori di qualità; gestire al meglio le differenti fasi di un restauro, razionalizzando i tempi e garantendo quei parametri di competenza e sicurezza richiesti, sono le nostre prerogative». La Valentino si distingue anche per la metodologia di intervento – oltre che per l’efficacia. «Al contrario di molte altre ditte del settore, utilizziamo tecniche di restauro classiche, che per ottenere il consolidamento e la riqualificazione della struttura si basano – più che sull’utilizzo di macchinari – sulla manualità, la professionalità e l’esperienza dei nostri operai specializzati».
Geremia, Antonio e Giuseppe Valentino della Valentino Giuseppe Srl con sede in Afragola (NA). Nelle altre immagini, alcune fasi di restauro monumenti valentinogiuseppesrl@libero.it
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ARREDI SACRI
Allestire i luoghi di culto rispettando il passato La progettazione e realizzazione di arredi e paramenti sacri fra tradizione e innovazione tecnologica. Cambiano gli strumenti e si mantengono vive le forme classiche dell’artigianato napoletano. Ne parla Ruggiero Serpone, erede di un laboratorio dalla storia secolare Manlio Teodoro
nche in un settore fortemente tradizionale come quello degli arredi sacri, legato ad antiche tradizioni artigianali, tramandate di padre in figlio, stanno assumendo un ruolo sempre più importante le nuove tecnologie. Sia per quanto riguarda la promozione di impresa – con l’impiego dei moderni supporti informatici – che nella progettazione e realizzazione. Si è così instaurato un binomio fra la conservazione delle tecniche classiche e l’utilizzo di nuovi strumenti. È questo, per esempio, il percorso che sta svolgendo la Serpone, un opificio che dal 1820 realizza ricami artistici, fusioni in bronzo, lavori in marmo e legno per paramenti sacri, confezioni per il clero e inoltre restauri di opere d’arte e vetrate. «Il nostro laboratorio artigianale – spiega il dottor Ruggiero Serpone ,coadiuvato dal padre Diego e dal fratello, il dottor Paolo– ha sempre cercato di mantenere vivo l’artigianato sacro napoletano, che dal Settecento fino ai nostri giorni, ha prodotto opere di notevole importanza, oggi collocate in tutto il mondo. Oggi, a fianco di questo saper fare antico abbiamo unito il disegno
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computerizzato, con il quale progettiamo collaborando con architetti e designer specializzati nella realizzazione di paramenti e arredi sacri». Negli scorsi decenni la spinta verso il modernismo si è orientata non solo a un rinnovamento degli strumenti di lavoro, bensì anche a una progettazione di linee “innovative” per i nuovi centri di culto che spesso hanno generato una reazione di perplessità nei fedeli. «La nostra impresa ha sempre puntato sul tradizionalismo della cultura artigiana e sulla conservazione e tutela del patrimonio artistico esistente. Il rinnovamento estetico per noi è stato indirizzato semmai verso una maggiore presenza di statue e riferimenti iconografici legati alla vita di Cristo e della Madonna, in linea con l’orientamento attuale degli esperti del settore, sia ecclesiastici che laici. Lo stesso papa è intervenuto su questo argomento, promuovendo un ritorno all’uso di paramenti tradizionali. In parecchie nuove chiese, anche progettate secondo uno spirito moderno – come quelle di Vairano Scalo, Mugnano di Napoli e la cappella dell’ospedale di Pisa, abbiamo cercato e trovato un equilibrio fra arredi moderni e classici, con l’utilizzo di mate-
Ruggiero Serpone
riali tradizionali artigianali come marmo, rame sbalzato a mano, legno e statue restaurate, qualora preesistenti, provenienti dagli stessi edifici di culto nel caso di ristrutturazioni». Alla Serpone sono stati commissionati lavori sia in Italia, sia all’estero, anche in ambiti non religiosi. «Fra le nostre realizzazioni ricordiamo il restauro di dipinti in parecchie chiese italiane, i lavori sull’organo a canne – risalente al Settecento – della chiesa della Nunziatella di Napoli, l’arredamento della cattedrale di Abidjan in Costa d’Avorio, del paliotto in argento cesellato a mano dell’arciconfraternita di san Giuseppe a Malta. Inoltre la realizzazione della stola donata ai concelebranti da Giovanni Paolo II in occasione del suo giubileo sacerdotale e il restauro degli arredi e dei dipinti della chiesa della Sindone. In ambito laico, l’arredamento della sala del trono della reggia di Caserta, l’arredo urbano della città di Napoli in occasione del summit G7 e della conferenza Onumondiali di nuoto Roma ‘09».
Paradossalmente, anche queste attività sono state toccate dalla crisi economica. «La nostra azienda, benché impegnata in un’attività assolutamente particolare, è soggetta alle medesime logiche cui sottostanno le altre imprese nazionali. E per questo la crisi ha influito anche nel nostro settore. Noi siamo soprattutto sfavoriti nell’esportazione all’estero, poiché ci troviamo a competere con una quotazione dell’euro sopravvaluta che frena l’export. Inoltre, gli istituti bancari hanno, a mio parere, mal gestito la legge 488/92, creando molteplici problemi occupazionali nelle imprese meridionali. Quella che doveva essere una grande opportunità è divenuta un boomerang. Oggi non viene assicurato un facile accesso al credito, né tantomeno la rinegoziazione per ulteriori investimenti. L’Istituto nazionale per il commercio estero non è strutturato per favorire lo sviluppo delle Pmi, che invece potreb-
In apertura, udienza da Papa Benedetto XVI in occasione del 60° di sacerdozio. Le Casule indossate dai Cardinali sono realizzate dalla Serpone. In questa pagina, Giovanni Paolo II per il 195° anno dalla fondazione Serpone, da sinistra Paolo e Diego Serpone con la moglie Adriana di Stasio e, ultimo a destra, Ruggiero Serpone
bero avere un ruolo fondamentale. Al contrario, le attività delle aziende italiane all’estero hanno una burocrazia elevatissima, che favorisce soltanto le grandi imprese. Le stesse associazioni di categoria non tutelano gli interessi dei propri iscritti per quanto riguarda lo sviluppo nazionale e soprattutto internazionale delle piccole e medie imprese». Vale la pena sottolineare, poi, come l’azienda abbia scelto di investire sull’area di Napoli Est, al contrario di molte altre realtà imprenditoriali. Inoltre, ha sottoscritto una quota della costituenda Banca Più Napoli Est (BCC). «È importante dare un contributo affinché quest’area possa avvicinarsi a un futuro più produttivo, coinvolto nei piani di sviluppo del territorio. Abbiamo ridato lustro alle officine Pattison dove fu costruita la prima ferrovia in Europa Napoli –Portici». Per il 2012, la Serpone si concentrerà soprattutto nella promozione capillare dei “progetti Chiesa e Louvre”. «Grazie alla nostra presenza sul territorio italiano e ai nostri referenti all’estero, mettiamo a disposizione gratuitamente la nostra esperienza tecnica secolare, anche per trovare i fondi necessari alla manutenzione del patrimonio artistico e culturale».
In alto, da sinistra, restauro piviale (chiesa San Nicola alla Carità, Napoli); realizzazione della chiesa nuova di Vairano Scalo www.serpone.com
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TURISMO
Campania, cresce l’interesse degli stranieri L’organizzazione razionale e funzionale dei servizi di accoglienza è, secondo l’assessore regionale Giuseppe De Mita, la vera priorità per un sistema turistico competitivo e maturo Renata Gualtieri
sperienza di successo per la Campania al World travel market di Londra, uno degli appuntamenti fieristici più importanti al mondo per il settore turistico.
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«Nell’ambito del mercato turistico inglese – precisa l’assessore regionale al Turismo Giuseppe De Mita – sono le risorse naturali, termali, culturali, artistiche, archeologiche - principalmente Pompei, Ercolano, area flegrea - ed enogastronomiche della Campania a essere apprezzate e richieste. Quello inglese resta un mercato di grande interesse per l’Italia in generale e per la Campania nello specifico. È quanto emerge anche dai dati diffusi dall’Enit. Gli arrivi di turisti britannici, per il primo semestre 2011, sono risultati essere pari a 1.078.000, facendo registrare un incremento del 3% rispetto allo stesso periodo del 2010. Tra le destinazioni turistiche, la Campania risulta essere al quinto posto dopo Lombardia, Lazio, Veneto e Toscana. Secondo i dati di Bankitalia nel primo semestre dell’anno è proseguita la crescita dei flussi turistici in regione specie nella componente internazionale. Come
giudica dunque lo stato di salute del turismo in regione e cosa dicono i dati più recenti? «Seppur lentamente stiamo uscendo dal cono d’ombra degli anni scorsi e da quella condizione di galleggiamento che pure abbiamo registrato. È vero che tiene molto la componente internazionale, probabilmente attirata da una politica di prezzi calmierati, soprattutto nell’alberghiero». È sul terreno dell’organizzazione razionale e funzionale dei servizi di accoglienza che ci si dovrà impegnare per il futuro? «I servizi dell’accoglienza rappresentano la vera priorità nella strategia complessiva messa a punto dall’assessorato al Turismo. È all’azione di implementazione ed arricchimento della dotazione di servizi dell’accoglienza, che è improntato il disegno di legge di riordino del turismo recentemente approvato dalla giunta regionale su mia proposta. È così che avviamo di fatto l’organizzazione dei si-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe De Mita
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Il valore del progetto Terre d’aMare è nel suo carattere sperimentale
stemi turistici locali in Campania». Si è deciso di puntare nuovamente sul turismo scolastico anche alla luce dei risultati più che lusinghieri registrati lo scorso anno. Quale il contributo per gli istituti scolastici di primo e secondo grado che scelgono il territorio regionale come meta dei propri viaggi d’istruzione e quali i risultati attesi? «Il contributo che eroghiamo è pari a un massimo di 3.000 euro per gli istituti della Campania e di 3.500 per gli istituti delle altre regioni italiane e dei Paesi dell’Unione europea. I risultati che ci attendiamo per il 2012, sulla base delle richieste che abbiamo avuto, sono davvero importanti. Contiamo di avere nel corso dell’anno circa 60.000 studenti che parteciperanno a un viaggio d’istruzione in Campania».
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Sono circa 30.000 i turisti che nei mesi di luglio e agosto hanno utilizzato le tre linee Cilento-CapriSalerno che rientravano nel progetto “Terre d’aMare. Come giudica l’operazione anche in termini di costi? «Al di là dei numeri, che sono tra l’altro lusinghieri, il valore di questo progetto risiede nel suo carattere sperimentale. Per la prima volta in Campania si è immaginato un programma di promozione turistica che mettesse insieme il servizio di trasporti con le attività di valorizzazione territoriale attraverso un dialogo costante tra costa e aree interne in una delle zone emergenti del turismo campano, il Cilento. Da segnalare anche il costo contenuto dell’intera operazione. L’organizzazione razionale e funzionale dei servizi di accoglienza rappresenta la vera priorità per dare vita a un si-
stema turistico regionale competitivo e maturo». Quali le manifestazioni fieristiche a cui la Regione parteciperà nel corso del primo semestre del 2012 e a quali esigenze di promozione territoriale rispondono? «Di concerto con le organizzazioni di categoria e gli operatori abbiamo individuato le manifestazioni fieristiche alle quali partecipare, rispondendo così alle esigenze di promozione territoriale in maniera mirata, secondo quelle che sono le necessità di mercato e con l’obiettivo di incrociare la domanda turistica indirizzata alla Campania e alle sue principali filiere turistiche. Puntiamo molto sul momento di ritorno di ciascuna fiera attraverso i fam trip e i press tour, avendo già riscontrato nel corso del 2011 l’efficacia di questi strumenti».
A sinistra, Giuseppe De Mita, assessore al Turismo e vicepresidente della Regione. A destra, i Faraglioni di Capri
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TURISMO
Serve un’offerta più competitiva «È necessario agire subito per rilanciare in modo coordinato la promozione turistica del Paese, oggi eccessivamente frammentata e delegata di fatto totalmente alle Regioni». Così il presidente di Federturismo, Renzo Iorio Renata Gualtieri circa sei mesi dalla sua elezione, il presidente Renzo Iorio può fare un bilancio della sua attività rispetto al programma presentato. Tanti gli obiettivi su cui si è concentrata la sua attenzione, tra questi il principale è stato fare in modo che la Federazione non fosse una rappresentanza di corporazioni, ma un organismo propositivo per il sistema Paese. «In questa direzione – precisa – sono andate anche le nostre proposte e i nostri suggerimenti circa il rilancio del settore». Ha inoltre cercato di avviare lo sviluppo di progetti trasversali con altri settori di Confindustria puntando in particolare sulla valorizzazione del patrimonio enogastronomico e storico-culturale. L’Expo del 2015 rappresenta poi una grande opportunità per l’industria turistica e Confindustria sta dando il proprio contributo di idee e competenza con il progetto speciale “Expo 2015” guidato da Diana Bracco, in cui il turismo e l’attrattività dei territori hanno un ruolo centrale. A questo pro-
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Sopra, Renzo Iorio, presidente Federturismo Confindustria
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posito è stato ad esempio da poco lanciato “Lezioni di Expo”, un progetto pilota di consolidamento della destinazione Italia nell’ambito del turismo scolastico, realizzato insieme al Touring club italiano, Federalimentare, Museimpresa, Fai e con la collaborazione di Trenitalia. «L’esigenza fondamentale resta tuttavia quella di dare corpo al Piano nazionale del turismo, che possa finalmente attirare l’attenzione del governo sul settore e consentire alle imprese di orientare coerentemente i proprio investimenti». Bilancio negativo per il turismo nel 2011. Cosa la preoccupa di più? «La crisi finanziaria internazionale e la recessione economica hanno inciso sull’andamento del mercato turistico in Italia nel 2011. Secondo l’indagine Ciset- Federturismo Confindustria, il comparto fino ad aprile sarà sostenuto soprattutto dalla presenza straniera. Si prevedono, infatti, una stabilità degli arrivi dall’estero rispetto al semestre primaverile 2010-
2011 (+0,2%) e un aumento modesto delle presenze (+0,5%). Il forte calo degli arrivi e dei pernottamenti domestici (rispettivamente dell’1,5% e dell’1,7%) sarà invece la causa principale della prevista contrazione del fatturato totale (1,6%), trainato dalla flessione della domanda italiana e della sua capacità di spesa. È quindi necessario agire subito per rilanciare in modo coordinato la promozione turistica del Paese, oggi eccessivamente frammentata e delegata di fatto totalmente alle Regioni con una spesa annua che si aggira intorno ai 320 milioni e che potrebbe essere limitata a 150 milioni di euro, al pari di quanto investono annualmente i nostri maggiori concorrenti diretti, Francia e Spagna». Buone le performance di Puglia e Campania. Come vede il futuro turistico del Mezzogiorno e cosa occorre per consolidare la crescita? «Negli ultimi anni i flussi turistici nel Mezzogiorno sono cresciuti più che nel resto del Paese, ma nonostante questo, la pre-
senza dei turisti stranieri è ancora scarsa e la stagionalità è molto elevata. Nell’ambito territoriale è la Puglia a registrare il risultato migliore. Nel 2011 sono stati più di 13 milioni i turisti che hanno deciso di trascorrere una vacanza nella regione: in particolare tedeschi, ma anche olandesi, austriaci, svizzeri e spagnoli che in un anno sono cresciuti del 49%. Perché il Sud recuperi posizioni è necessario: una più forte integrazione tra i territori in cui le diverse motivazioni del viaggio (balneare, ambientale, termale, culturale, enogastronomico) lavorino in sinergia realizzando un’offerta della vacanza completa e competitiva sotto l’aspetto economico; una maggiore capacità di attrazione degli investimenti; una promozione unitaria del territorio sul mercato internazionale». Il turismo costituisce un asset fondamentale per l’economia del Paese sia in termini di contributo al Pil (10%) sia di forza lavoro e occupazione. Quali le immediate misure di rilancio del settore? «Il turismo rappresenta oggi
uno dei rari settori maturi in cui il nostro Paese può ancora esprimere ampia crescita di valore aggiunto e occupazione. Per questo è giunto il momento che il governo torni a pensare allo sviluppo varando subito riforme vere e strutturali. Oltre alla promozione serve, però, un piano strategico nazionale del turismo che possa accompagnare lo sviluppo del settore attraverso investimenti pubblici e privati. Tra le priorità su cui agire subito c’è l’ammodernamento delle infrastrutture, perché l’accessibilità di un’area contribuisce in modo determinante alla qualificazione dell’offerta turistica, orientandone i flussi. Serve equità fiscale e regole del gioco chiare e rispettate, che non penalizzino la crescita e la dimensione industriale del settore». Secondo lo studio Mckinsey-Dag sulle potenzialità dell’online, grazie a internet e al fortissimo impatto che esso ha avuto sullo sviluppo dell’innovazione, negli ultimi 15 anni in Italia sono stati creati 700.000 posti di lavoro “digitali”. Quanto incide oggi il web sull’organizzazione dei
viaggi e che ruolo rivestono le tecnologie per lo sviluppo del sistema italiano? «Le tecnologie e i nuovi servizi rivestono un ruolo fondamentale per la crescita e l’efficienza del sistema turistico italiano. Negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno trasformato l’industria del turismo, modificando i comportamenti dei consumatori e innovando la catena del valore del settore, hanno cambiato l’interazione tra domanda e offerta dei servizi turistici, imponendo anche ai grandi operatori una revisione delle politiche dei prezzi. Per competere sui mercati internazionali, gli operatori italiani devono compiere un salto tecnologico, dotandosi di infrastrutture e competenze, per poter offrire prodotti e servizi secondo le modalità richieste dal mercato. La chiave di volta per rilanciare l’industria turistica italiana è razionalizzare l’informazione, far viaggiare l’informazione nelle giuste direzioni, sfruttando le potenzialità del web, puntando allo sviluppo di un turismo interattivo». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 155
GESTIONE RIFIUTI
Proteggere l’ambiente, valorizzando i rifiuti l tema dei rifiuti e del loro corretto smaltimento continua a monopolizzare l’attenzione pubblica soprattutto in virtù di quel che sta accadendo in realtà difficili come quella napoletana, dove l’emergenza è tutt’altro che rientrata. Tanto in ambito domestico quanto industriale, è fondamentale che l’opinione pubblica venga sensibilizzata e spronata all’adozione di comportamenti adeguati che non aggravino il problema dell’inquinamento ambientale e consentano di ridurre al minino l’impatto negativo che l’azione umana ha sul territorio. Ciò vuol dire incrementare la raccolta differenziata, potenziare i servizi di raccolta porta a porta ed evitare che scarti di varia natura e derivazione possano finire nelle falde acquifere. In particolare, gli oli esausti e i rifiuti di origine vegetale e naturale devono essere opportunamente trattati e smaltiti, sia dalle aziende produttrici che dai singoli cittadini. Basti pensare che in Italia vengono utilizzati circa 280 milioni di chilogrammi di olio vegetale che ogni
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La corretta gestione dei rifiuti è fondamentale per preservare la salute di ambiente e cittadini. La cultura della sostenibilità dilaga, ma le criticità sono ancora tante, soprattutto in alcuni territori. Gaetano Salerno fa il punto della situazione Erika Facciolla
anno ‘restituiamo’ all’ambiente soprattutto sottoforma di residuo di fritture, quindi ricchi di sostanze inquinanti e potenzialmente dannose per la flora, il sottosuolo, la fauna e le acque (Fonte: Asagroup). Per non parlare degli oli di derivazione industriale, ancora più nocivi e pericolosi, il
cui smaltimento è regolato da rigidi protocolli e normative in continua evoluzione. Le aziende preposte alla gestione di questi speciali rifiuti rivestono, in tal senso, un ruolo chiave: dal loro operato dipende, infatti, la salute dell’ambiente e di intere comunità. Un caso emblematico è
Gaetano Salerno, presidente della Mi.So. Srl di Caivano (NA) www.misosrl.it
Gaetano Salerno
Il prossimo settore da conquistare è quello della raccolta dell’olio vegetale esausto derivante dalle utenze domestiche
fornito dalla Mi.So di Caivano, azienda partenopea specializzata nel recupero di rifiuti di origine animale e vegetale, in particolare di oli esausti, grassi di cottura e sottoprodotti animali. L’attività della Mi.so prosegue da generazioni nel pieno rispetto delle normative vigenti, sempre incline ai cambiamenti e alle novità tecnologiche disponibili e particolarmente attiva sul territorio con diverse iniziative di sensibilizzazione pubblica. Nonostante le difficoltà intrinseche della realtà napoletana, la crisi economica e l’incertezza persistente dei mercati, il presidente Gaetano Salerno ci parla con soddisfazione dei risultati ottenuti finora dalla sua azienda. Quali sono le innovazioni
tecnologiche e metodologiche più recenti che hanno consentito alla vostra azienda di evolversi ulteriormente? «La nostra prerogativa è essere sempre attenti alle innovazioni tecnologiche che il settore propone e alle modifiche tecniche da apportare ai macchinari già esistenti. Anche l’investimento rivolto all’acquisizione di nuovi macchinari è notevole, il tutto con l’obiettivo di migliorare la qualità del luogo di lavoro. È per anche per questo motivo che siamo dotati di un laboratorio interno dedicato alla ricerca e sviluppo». Trova che il mercato italiano debba compiere ulteriori passi “culturali” relativamente alla gestione e al riutilizzo dei sottoprodotti di origine animale e degli oli
vegetali esausti? «In questo settore, relativamente alla situazione italiana, si è fatto tanto e tanto si deve ancora fare se si pensa che moltissimi prodotti che lavoriamo fino a poco tempo fa venivano abbandonati o etichettati come rifiuti non riutilizzabili. La cultura del recupero dei prodotti nell’ambito domestico, ad esempio, è una leva su cui stiamo puntando molto e che presenta ancora ampi margini di sviluppo e miglioramento». Nella vostra regione sono noti a tutti i problemi relativi alla gestione dei rifiuti e ai rapporti tra aziende del settore e popolazione locale. Avete trovato problemi o reticenze da parte della comunità? «Effettivamente è sempre CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 175
GESTIONE RIFIUTI
difficile parlare con la citta- zione della pubblica ammi- dove raccogliamo moltissime dinanza del problema della gestione dei rifiuti; visti i fatti di cronaca passati, la preoccupazione e le riserve da parte della comunità sono tante e in un certo senso comprensibili. Ma fortunatamente la situazione sta nettamente cambiando e un primo segnale in tal senso è già stato lanciato dall’attiva-
nistrazione rispetto al problema della raccolta differenziata che sta iniziando a funzionare con ottimi risultati. È anche per questo motivo che noi stessi siamo attivi nella promozione e sensibilizzazione diretta dell’opinione pubblica sulle questioni ambientali, soprattutto in ambito scolastico
Seguiamo le innovazioni tecnologiche che il settore propone e le modifiche tecniche da apportare ai macchinari già esistenti
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adesioni». In particolare, quali sono i gap, le criticità, le reticenze che più vi sono di ostacolo? «Le maggiori difficoltà vengono soprattutto dal difficile dialogo con le amministrazioni e dalla scarsa conoscenza del settore. A nostro parere, inoltre, occorrerebbe un maggior numero di tecnici preposti». Dal punto di vista della normativa su quali aspetti potrebbe insistere maggiormente il legislatore al fine di consentire uno sviluppo più ampio ed ecologicamente sostenibile del vostro settore? «Negli ultimi anni il legislatore ha effettivamente ampliato la normativa, consentendo indirettamente uno sviluppo dei prodotti e l’allargamento del mercato di utilizzo. Quello che auspichiamo è una maggiore presenza delle nostre associazioni in fase consultiva, cioè nel momento tesso in cui tali norme vengo discusse e definite dalle istituzioni coinvolte». Tornando all’operato di Mi.So., quali sono le strategie che consentono uno svolgimento eco-sostenibile della vostra attività industriale? «Il nostro intero ciclo produttivo è orientato all’ecosostenibilità: basti pensare che tutto ciò che produciamo viene immesso nuovamente nei cicli produttivi industriali e agricoli, con percentuali di
Gaetano Salerno
Due direttrici L’attività dell’azienda Mi.So. di Caivano è articolata in due diverse direttrici: l’attività di raccolta e quella di trasformazione dei rifiuti di origine animale e vegetale recuperati. Per quanto riguarda l’attività di recupero, l’azienda si avvale di una rete capillare ed efficace e di un vasto parco mezzi attrezzati in modo da soddisfare tutte le esigenze per il ritiro e il trasporto di rifiuti speciali, siano essi solidi o liquidi. Gli oli e i sottoprodotti vengono classificati, raccolti, stoccati e avviati agli impianti per la fase di trattamento, riutilizzo o smaltimento a norma di legge. L’attività di trasformazione di questi particolari rifiuti si avvale di un adeguato stabilimento nel quale si procede allo stoccaggio e alla lavorazione per la produzione di composti come farine, grassi, oli vegetali, oleine, strutto, sego colato.
recupero altissime». Quali settori industriali, in particolare, investono sui vostri servizi? «Operiamo soprattutto nei settori industriali delle carni e nell’alimentare in genere, come macelli, salumifici, centri commerciali, salumerie, ristoranti, pizzerie. alberghi». Quali sono stati i risultati più importanti conseguiti nel corso del 2011? «L’anno 2011 per il nostro settore può ritenersi un buon anno, anche se ci aspetta un futuro di instabilità ed incertezza visti gli scenari internazionali ancora indefiniti. Ci conforta il fatto che nel corso del 2011 I risultati abbiamo conseguito ottimi risultati in termini di fatturato, con percentuali in positivo, e realizzato un’ulteriore patrimonializzazione della società grazie
alla diversificazione nel nostro stesso settore in prodotti affini ai nostri». In quali direzioni orienterete i vostri prossimi investimenti? «Ci siamo già attivati per completare la filiera logistica e produttiva per la trasformazione e produzione in energia elettrica e termica. Sicuramente contiamo di incrementare il ventaglio di servizi proposti e la raccolta di olio vegetale esausto soprattutto tramite il “porta a porta”». Quali sono i mercati o i target che intendete conquistare negli anni a venire? «Il prossimo settore da conquistare – visto il trend di forte espansione a cui stiamo assistendo - è quello della raccolta dell’olio vegetale esausto derivante dalle utenze domestiche. Bisogna però
vincere la reticenza della gente e convincerla a non buttare l’olio di frittura nel lavello domestico (che poi equivale a gettarlo direttamente in mare) e sensibilizzare l’opinione pubblica in maniera adeguata. Questa è la principale sfida che intendiamo affrontare». Alla luce di queste considerazioni, quali sono le aspettative che riponete nel 2012? «L’aspettativa principale è consolidare ciò che è stato fatto nell’anno precedente. L’obiettivo è quello di cui abbiamo già parlato, cioè produrre in maniera autonoma energia elettrica e sensibilizzare le famiglie al problema dell’inquinamento dei mari, incentivandole ad assumere comportamenti sempre più virtuosi e responsabili». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 177
Il recupero è la base dello sviluppo sostenibile I servizi ecologici integrati si fondano sul recupero dei materiali da riciclo. Ma per concretizzare la tutela ambientale sono fondamentali anche comunicazione e collaborazione. L’analisi di Giuseppe Di Gennaro Adriana Zuccaro
er superare le criticità che gravitano intorno alla tutela ambientale occorre interpretare i concetti fondamentali dello sviluppo sostenibile e l’interdipendenza tra ambiente, economia e società. L’atteggiamento ecologista si fonda per questo su uno specifico presupposto: «La realizzazione di opere concrete di tutela dell’ambiente passa imprescindibilmente dal recupero di materiale riciclabile». La prerogativa del Gruppo Di Gennaro Spa Servizi Ecologici Integrati espressa nelle parole di Giuseppe Di Gennaro, funge da caposaldo all’esperienza e alla dedizione di ben quattro ge-
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nerazioni che hanno condotto la società da una pionieristica attività di recupero della carta, all’attuale posizione di leader nel settore del recupero di materiale riciclabile: carta, cartone, plastica, metalli, legno e vetro, diventando principale piattaforma campana di riferimento per i consorzi di filiera facenti capo al Conai (Corepla, Comieco, Cial, Cna, Coreve, Rilegno), per il consorzio Polieco e per il Conapi. Quali strategie occorre mettere in atto per una maggiore sensibilizzazione della coscienza ecologica e la realizzazione di un progetto capillare fondato sulla riciclabilità dei materiali? «L’utilizzo di canali mediatici e
imprenditoriali attenti al macrotema “ambiente”, ha dimostrato che un’attenta strategia di comunicazione può diffondere l’esigenza della tutela ambientale. È quindi cresciuta nel tempo la consapevolezza collettiva secondo la quale il recupero di materiale riciclabile è imprescindibile. A testimonianza di ciò una particolare attenzione viene rivolta alle campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e in particolar modo dei bambini, allo scopo di educarne la coscienza ecologista». Attraverso quali “partnership” culturali, istituzionali e operative il Gruppo Di Gennaro porta avanti le campagne di sensibilizzazione? «Affinché anche le giovani e gio-
Giuseppe Di Gennaro
Raccolta, trasporto e selezione dei rifiuti recuperabili attraverso un unico operatore, evita sprechi e ottimizza i processi di lavorazione
In apertura, Giuseppe Di Gennaro, amministratore delegato del Gruppo Di Gennaro Spa Servizi Ecologici Integrati di Caivano (NA) e una fase di selezione di rifiuti in plastica. Qui, altre fasi di recupero rifiuti www.digennarospa.it
vanissime generazioni prendano coscienza della responsabilità che le lega alle attività di salvaguardia dell’ambiente, il Gruppo utilizza sinergie con importanti realtà operanti nel panorama della tutela ambientale come Legambiente, organizzando anche visite guidate per le scolaresche affinché, visitando i nostri impianti, possano verificare tangibilmente le lavorazioni del riciclo». Quali attività concorrono al recupero dei materiali da riciclo? «Dovendo sintetizzare i principali campi di attività possiamo senza dubbio scorrere un elenco sufficientemente esaustivo che ha inizio con il recupero e la preparazione per il riciclo di rifiuti solidi provenienti da lavorazioni industriali, in particolare plastica e carta. Avviene
inoltre la gestione di rifiuti provenienti da raccolta differenziata quali carta, plastica, multimateriale, rifiuti ingombranti, metalli e vetro. Il ciclo operativo può concludersi o deviare verso ulteriori attività con il trasporto da e verso terzi di materiale in attesa di lavorazione. Nello specifico, poi, per il recupero della carta, si può procedere con la triturazione e la distruzione di documenti riservati ad esempio, per banche e assicurazioni, o con un dinamico processo di smistamento del materiale destinato al trading nazionale e/o internazionale della carta». Quali sono le attività integrate del settore servizi ecologici? «Partendo dalla selezione del materiale raccolto che avviene attraverso l’utilizzo di una tecnologia avanzata nel nostro sta-
bilimento produttivo sito a Caivano, è stata realizzata l’integrazione totale del circuito di riutilizzo. In questo modo raccolta, trasporto e selezione dei rifiuti recuperabili attraverso un unico operatore, come ciò che rappresenta e organizza il nostro Gruppo societario, evita sprechi e ottimizza i processi di lavorazione, raggiungendo anche un contenimento dei costi complessivi del servizio». Come si relaziona il gruppo con i soggetti che commissionano un servizio? «L’azienda è in grado di offrire soluzioni specifiche e personalizzate per ogni tipo di esigenza progettando, laddove è necessario, interventi ad hoc. Il gruppo è dotato, infatti, di un consistente parco di automezzi, autocompattarori, compattatori e container, che possono essere installati direttamente presso le unità locali in cui viene prodotto il materiale riciclabile. In ogni caso, l’obiettivo finale è sempre l’ottenimento di un “must” ambientale sintetizzato nella cultura del recupero». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 179
SISTEMA GIUDIZIARIO
Il difficile percorso di riforma La dibattuta liberalizzazione delle professioni, l’introduzione della mediaconciliazione obbligatoria nel processo civile per i contenziosi più corposi, l’attesa legge anticorruzione, il decreto legge “svuota carceri” sono solo alcuni dei temi al centro del lavoro del ministro Paola Severino Francesco Bevilacqua
ra le priorità del Governo Monti, c’è la riorganizzazione del sistema giudiziario italiano. La riforma riveste grande importanza dal punto di vista politico, tecnico e normativo, ma anche da quello mediatico. Non sono pochi, infatti, gli aspetti oscuri che, secondo i rappresentanti degli operatori del settore, adombrano il processo riformistico. Uno dei punti più dibattuti è quello relativo alla riorganizzazione delle professioni, tanto che il ministro Paola Severino ha ritenuto opportuno fornire chiarimenti: «Non è all’esame alcun provvedimento di abolizione degli ordini, né degli esami di Stato», ha detto, aggiungendo che l’obiettivo è «una
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migliore qualificazione dei professionisti: vogliamo la liberalizzazione delle professioni ma vogliamo professionisti di qualità». Fra i rappresentanti che si sono confrontati con il nuovo Guardasigilli, il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, ha ribadito che l’avvocatura «è disponibile a individuare in tempi rapidi le soluzioni più efficaci per migliorare l’efficienza della giustizia e per varare la riforma della professione forense, se queste siano tali da rafforzare e non indebolire l’accesso alla giustizia e la tutela dei diritti dei cittadini. Allo stesso tempo, continuerà a opporsi al varo di provvedimenti che rischiano di compromettere questo risultato». Fra le ultime proposte scaturite
Le proposte del governo
Lo scopo del decreto “svuota carceri” proporre una soluzione a un altro annoso problema del sistema giudiziario italiano, quello del sovraffollamento delle strutture carcerarie
A destra, il ministro Paola Severino
dal confronto fra i rappresentanti di governo e l’avvocatura, la possibilità di svolgere il tirocinio in parte durante i corsi universitari e l’ampliamento dei posti da notaio, unitamente a una revisione dei criteri e una riduzione dei tempi per la revisione delle piante organiche. Nell’ambito della riforma del processo civile, l’obiettivo prioritario di Severino è lo snellimento della giustizia, in particolare rispetto ai contenziosi più numerosi e farraginosi, come quelli relativi a liti condominiali e sinistri stradali. Il ministro assicura che entro marzo la mediazione civile sarà resa obbligatoria e l’attività dei tribunali guadagnerà in termini di efficienza. Non sono dello stesso parere gli avvocati italiani: il presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura, Maurizio De Tilla, la definisce «inutile e una grande speculazione a spese dei cittadini», rilevando il sostanziale fallimento di questa misura a circa nove mesi dalla sua introduzione. Un altro punto a cui Paola Severino attribuisce grande importanza è quello relativo alla lotta alla corruzione, che si propone di portare avanti attraverso un provvedimento che «inasprisca le pene in materia di
abuso di ufficio e imponga procedure trasparenti, un percorso cadenzato con tempi certi, controllando che le regole vengano rispettate». Per tutelare la libera concorrenza e favorire la ripresa economica - è questo l’obiettivo di fondo di molte delle novità proposte dalla riforma - Severino suggerisce di introdurre «una fattispecie di reato presente in molti altri ordinamenti europei, con la quale si punisce il comportamento del dirigente d’impresa che si fa dare o promettere somme di denaro per favorire fornitori o contraenti della stessa impresa. Anche in questo caso si viola il principio di libera e leale concorrenza». Proporre una soluzione a un altro annoso problema del sistema giudiziario italiano - quello del sovraffollamento delle strutture carcerarie - è, infine, lo scopo del decreto “svuota carceri” proposto dal ministro, che prevede l’estensione dell’utilizzo della detenzione domiciliare per i detenuti che hanno un residuo di pena di 18 mesi e il fermo nelle camere di sicurezza dei commissariati per non oltre 48 ore per chi deve essere processato per direttissima sono le due proposte principali del provvedimento. CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 183
RIFORMA FORENSE
Le rivendicazioni degli avvocati na delegazione dell’Organismo unitario dell’avvocatura è stata ascoltata in audizione in Commissione Giustizia del Senato, dove ha ribadito la netta contrarietà a interventi sulla giustizia civile, nello specifico il decreto legge 212 del dicembre 2011, che limitano l’accesso alla giustizia, comprimono i diritti dei cittadini, violano la Costituzione. Il presidente dell’Oua entra nello specifico analizzando i punti critici: «La norma che prevede nella prima udienza l’applicazione da parte del giudice di una sanzione per la parte che non partecipa senza giustificato motivo alla mediaconciliazione obbligatoria è illegittima e incostituzionale. Basta considerare che la parte ha il diritto di non partecipare a una procedura di mediaconciliazione, come è un diritto della parte convenuta non partecipare al processo. Come si può sanzionare l’esercizio di un diritto? Il menzionato d.l. n. 212/2011 prevede altresì la presentazione di una istanza per la trattazione delle cause pendenti da oltre tre anni davanti alle Corti di appello e alla Corte di Cassazione. L’istanza, necessaria per impedire l’estinzione del processo per tacita rinunzia, deve essere sottoscritta personalmente dalla parte. Anche qui si continua ad alimentare sospetti verso gli avvocati, disattendendo il rapporto fiduciario che imporrebbe la sottoscrizione dell’istanza da parte del solo avvocato, al quale è spesso affidato un mandato ampio che comprende la rinuncia e la conciliazione della vertenza». Ma, secondo il presidente De Tilla, vi è di più in quanto ci sono i presupposti di illegittimità del decreto legge. In particolare, punta il dito sull’articolo 12 che «viola palesemente gli articoli 3 e 24 della Costituzione. Con la nuova norma, per le cause fino a mille euro dinanzi al giudice di pace, non solo non si prevede la presenza
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Elementi di incostituzionalità nelle ultime disposizioni del governo ed eccessivi rischi per la professione sono alcune delle criticità che Maurizio De Tilla rileva, avanzando delle proposte in merito, nella situazione dell’avvocatura italiana Francesco Bevilacqua
necessaria di un avvocato, ma si limita anche il rimborso delle spese di causa, per la parte vittoriosa, al valore della domanda giudiziaria. Si tenta così di “strozzare” i processi che riguardano multe e sanzioni amministrative costringendo i cittadini a subirne le conseguenze. Il che non rientra nel principio di equità più volte sbandierato dal Governo Monti». Che valutazione può dare dello strumento della mediaconciliazione obbligatoria? «Ribadisco che la mediaconciliazione obbligatoria contravviene a principi elementari di diritto perché preclude l’immediato accesso alla giurisdizione e determina un notevole aumento dei costi a carico del cittadino. L’errore è ritenere che i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie costituiscano un’alternativa alla giurisdizione ordinaria che non funziona. L’obiettivo da perseguire dovrebbe essere quello di un “sistema plurale” di tutela dei diritti, all’interno del quale il cittadino possa scegliere liberamente tra
Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell'Avvocatura
Maurizio De Tilla
diversi metodi di risoluzione. L’Oua ha indicato alcuni strumenti idonei per migliorare l’efficienza della giustizia: più consistenti risorse economiche e materiali da gestire senza sprechi, assunzione di uno o più manager per gestire l’azienda giustizia nei grandi e medi uffici giudiziari; applicazione generalizzata del metodo Barbuto che ha consentito “prassi virtuose” negli uffici giudiziari dove è stato applicato, maggiore produttività del lavoro giudiziario accompagnata da un numero maggiore di magistrati togati e della istituzione dell’assistente del giudice, individuazione di una nuova figura di giudice laico, diffusione su tutto il territorio nazionale del processo telematico e dell’informatizzazione degli uffici giudiziari». In che modo la crisi economica e politica sta gravando sul mondo dell’avvocatura? «Il capo dello Stato ha inviato un messaggio alla VII Conferenza nazionale dell’avvocatura, organizzata dall’Oua, rivolgendosi così agli avvocati: “Per l’individuazione e la realizzazione dei necessari interventi normativi e organizzativi, secondo criteri ispirati solo all’interesse generale, il contributo dell’avvocatura è certamente essenziale in ragione del
L’errore è ritenere che i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie costituiscano un’alternativa alla giurisdizione ordinaria che non funziona
fondamentale ruolo di tutela dei diritti dei cittadini che a essa affida la Costituzione, ruolo che impone anche la pronta definizione di un organico e condiviso progetto di riforma dell’ordinamento forense”. A tal proposito, va sottolineato che tutte le componenti dell’avvocatura si sono impegnate a collaborare con il legislatore e l’esecutivo allo scopo di rendere la macchina giudiziaria più efficiente, economica e agibile. L’avvocatura è però molto preoccupata per l’attuazione di norme già approvate che scardinano la funzione dell’avvocato, in particolare laddove si preannunciano provvedimenti in evidente contrasto con i principi della carta costituzionale, del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti dell’uomo, a tutela della libertà dei cittadini e dell’indipendenza dell’avvocatura. Essa è disponibile a cooperare per il superamento della crisi economica, le cui cause sono principalmente riferibili a quel “capitalismo parassitario e speculativo” che affligge da tempo i rapporti civili ed economici del nostro Paese».
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RIFORMA FORENSE
Ritiene che l’avvocato come figura professionale sia in pericolo alla luce di come si sta evolvendo il percorso riformistico? «Le professioni vanno modernizzate ma non con decreto, senza consultazione con le categorie e senza dibattito parlamentare. L’articolo 10 della legge di stabilità dice che gli ordinamenti professionali saranno riformati con regolamento governativo e decreto presidenziale, stravolgendo principi radicati nel nostro ordinamento giuridico. La riforma delle professioni non ha nulla a che vedere con le cause della crisi economica, l’assurdo è che più di due milioni di professionisti vengono individuati da una certa stampa come appartenenti a una “casta di privilegiati”. Alcuni editorialisti invocano “criteri comunitari” che non conoscono: l’Europa non chiede di liberalizzare il mondo delle professioni parametrandolo alla concezione anglosassone, si parla impropriamente di “eliminazione degli ostacoli all’accesso e all’esercizio della professione”. Ciò non può certamente
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riguardare gli avvocati che già sono fortemente liberalizzati e sono oltre 230mila». Quali sono, quindi, per voi i punti più critici? «Per contrastare interventi legislativi che si susseguono con ritmi incalzanti l’Oua ha rivolto un appello a tutte le professioni. Il punto è che il meccanismo scelto per innovare gli ordinamenti è quello della “delegificazione”, ammesso nel nostro ordinamento ma con il limite insuperabile che un regolamento non può abrogare una legge. È, quindi, completamente viziato l’articolo 10 della legge di stabilità, con la successiva modifica, laddove stabilisce che alcune norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dell’entrata in vigore del regolamento governativo. Alla palese incongruenza e irragionevolezza (art. 3 Cost.) si unisce il contrasto con gli articoli 24 e 32 della Costituzione per la compromissione di diritti fondamentali ivi previsti. Non va, infine, trascurato il rilievo che le novelle legislative in atto e “in fieri” sono affidate alla decretazione di urgenza e a leggi delega modificate con maxi emendamenti approvati con la fiducia, senza consultazione e senza dibattito parlamentare. Sotto tale profilo risulta palese la violazione non solo dell’iter ordinario di produzione legislativa, ma anche di quello previsto per la decretazione d’urgenza».
RIFORMA FORENSE
Bilancio di fine mandato A giorni prenderanno il via le operazioni di rinnovo del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli. Francesco Caia, presidente uscente, fa il punto sulla situazione dell’avvocatura campana e nazionale, anche alla luce delle recenti riforme Amedeo Longhi ediaconciliazione, liberalizzazione, modifiche apportate alla disciplina del processo civile. Queste misure, penalizzanti per gli avvocati e per i diritti dei cittadini, si innestano in un contesto di generale crisi economica che ha coinvolto a pieno tutti i liberi professionisti. «In questa difficile fase per il nostro Paese, ci aspettavamo solidarietà e sostegno da parte della politica, dato il nostro impegno per la crescita della società e per la tutela dei diritti», confessa Francesco Caia, presidente dell’Ordine degli avvocati. «Speravamo di essere ascoltati almeno nella nostra richiesta di poter vedere finalmente approvata la legge per la riforma del nostro ordinamento professionale, ma i nostri sforzi sono stati vani». In occasione dell’imminente rinnovo del consiglio dell’Ordine, può fare un bilancio del mandato che si sta apprestando a concludere? «È difficile tracciare un bilancio dell’attività svolta nel biennio appena trascorso; lo faranno i colleghi che ho avuto il privilegio di rappresentare. Io posso solo dire di aver dedicato ogni minuto della mia giornata a fronteggiare gli attacchi a un’avvocatura che, pur colpita, non è stata sconfitta e combatterà per la difesa dei diritti, in primo luogo dei più deboli. In coincidenza con il mio mandato, l’avvocatura, non solo quella napoletana, ha vissuto e sta vivendo un periodo critico, a causa dell’adozione di misure normative
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Francesco Caia, presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli
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che tendono a marginalizzare il nostro fondamentale ruolo sociale. Inoltre, alle difficoltà insite nell’esercizio della nostra attività se ne sono aggiunte altre che rischiano di mettere a repentaglio il senso stesso della professione forense». A cosa si riferisce, in particolare? «L’avvocatura è stata bersagliata da misure ingiustamente punitive per l’attività professionale e per gli stessi diritti che siamo chiamati a difendere. Attraverso una campagna capziosa e tesa alla tutela di centri di potere economico e finanziario, si sta cercando di proporre un’immagine negativa degli avvocati e degli ordini professionali, stravolgendo la realtà e mettendo a repentaglio la tenuta di valori fondamentali dello Stato democratico, come quello dell’autonomia e indipendenza dell’avvocatura. Queste difficoltà sono amplificate nel nostro territorio, dove dobbiamo misurarci con una realtà in cui il tasso di legalità resta basso e gli ostacoli per un’efficace tutela dei diritti sono notevoli. L’impegno mio e di tutto il Consiglio è stato intenso, totalizzante e purtroppo segnato da momenti di amarezza. Eppure, anche nelle difficoltà ho potuto ritrovare nei colleghi quello spirito di condivisione profonda, di lotta per la giustizia, di tensione civile, che da sempre contraddistinguono l’avvocatura napoletana, oltre alla grande dignità professionale e alla comune voglia di far fronte ai problemi senza cedere a sentimenti di rassegnazione». Quali sono le priorità su cui si dovrà concentrare il nuovo presidente? «È difficile stabilire il piano delle priorità in una situazione come questa. Perché, da un lato, c’è la necessità di far fronte ai problemi più urgenti dell’avvocatura e del mondo della giustizia; dall’al-
Francesco Caia
L’impegno formativo non si può esaurire con l’acquisizione di un sapere specialistico, ma deve essere vissuto nella quotidiana pratica delle aule di giustizia
tro, la prioritaria di cercare di garantire il normale e qualificato svolgimento della professione forense. Oggi, non diventare, ma restare avvocato in Italia è molto arduo. Coloro che rappresentano la classe forense sono chiamati a stare sempre in allerta, poiché gli attacchi provengono anche da quelli che - se davvero si guardasse al bene comune - dovrebbero essere gli “alleati”». Quali misure ritiene importante adottare per far sì che il funzionamento del sistema giudiziario non sia più un ostacolo allo sviluppo del tessuto imprenditoriale napoletano e, in generale, delle zone d’Italia critiche da questo punto di vista? «Da sempre abbiamo chiesto che la giustizia del nostro territorio potesse funzionare in modo ordinario, con un adeguato stanziamento di risorse. Non servono strumenti eccezionali ma, pur ragionando in termini di ottimizzazione dei mezzi, bisogna considerare la giurisdizione come uno dei valori prioritari ed irrinunciabili del nostro Paese». Qual è la situazione dell’avvocatura napoletana? Attraverso quali iniziative si dovrebbe promuovere o riqualificare la figura professionale dell’avvocato, specialmente presso i giovani che si apprestano a intraprendere questa carriera?
«L’avvocatura napoletana vive in modo esponenziale la situazione critica in cui versa oggi la classe forense. Il quadro che si presenta dinanzi a un giovane che vuole intraprendere la professione non è idilliaco. Non so in base a quali parametri si tenda a presentare l’avvocatura come una casta: in realtà gli avvocati non hanno una posizione privilegiata. La gavetta è lunga e difficile e il cammino di formazione, su cui noi molto lavoriamo, non termina mai. Per intraprendere questa strada bisogna essere consapevoli e disposti a fare sacrifici. Occorre puntare su studio e cultura. L’impegno formativo non si può esaurire con l’acquisizione di un sapere specialistico, ma deve essere vissuto nella quotidiana pratica delle aule di giustizia e nella volontà di accrescere il proprio bagaglio culturale, per giungere a una reale maturità giuridica e acquisire gli abiti di pensiero necessari per l’esercizio della professione. Questa non può essere una scelta di ripiego, poiché richiede spirito dinamico, solida preparazione e profondo zelo. Eppure, anche oggi penso che un giovane non possa avere un sogno più bello e più grande di quello di dedicare la propria vita alla difesa dei diritti. Non c’è un ideale più alto per cui valga la pena di lottare». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 189
RICERCA SCIENTIFICA
Il più grande istituto tumori del Mezzogiorno L’efficienza, l’etica e la trasparenza sono, secondo il direttore generale dell’Int di Napoli, Tonino Pedicini, i valori che rendono il Pascale uno dei centri di riferimento per la cura e lo studio delle neoplasie nel nostro Paese Renata Gualtieri
Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli si è posizionato ai primi posti nella regione Campania, per le migliori performance in termini di contenimento dei costi, di efficacia gestionale e economica. «Ciò è stato reso possibile – sottolinea il direttore generale Tonino Pedicini – oltre che per la presenza di eccellenze nell’ambito sanitario, anche per l’implementazione e il costante rispetto di processi e procedure aziendali tese al raggiungimento di equilibri economico-finanziari-patrimoniali, che consentono il mantenimento di elevati stadard di efficacia ed efficienza gestionale ed economica. Gli utili conseguiti negli anni 2007-2010 (per un totale di circa 15.300.000 di euro) hanno di fatto reso possibile il ricorso all’autofinanziamento per il graduale rinnovo tecnologico. Per la prima volta in Campania una struttura ospedaliera dà conto ai cittadini del suo operato e dei risultati conseguiti con l’uso delle risorse pubbliche. Cosa è contenuto nel fal-
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Tonino Pedicini, direttore generale dell’Istituto nazionale tumori “Fondazione Pascale” di Napoli
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done di 90 pagine redatto dall’Istituto dei tumori di Napoli? «L’Istituto dei tumori di Napoli descrive in maniera semplice e trasparente la sua attività, non limitandosi ai soli aspetti finanziari e contabili, ma anche agli effetti del proprio operato sulle diverse categorie di persone che hanno un diritto riconosciuto, o interesse, a conoscere quali ricadute, o effetti, l’ente produce nei propri confronti. Che cos’è il Pascale, chi e come vi lavora, come spende i soldi elargiti da questo o quell’ente pubblico e privato». Quale vuoto va a colmare questa attività di rendicontazione e, possiamo dire, che questo primo numero di bilancio sociale diventerà la base per un lavoro più puntuale nel prossimo anno? «Il processo di rendicontazione sociale avviato dall’Istituto va a colmare quel vuoto derivante dalla lettura del solo bilancio di esercizio che potrebbe risultare di difficile interpretazione per chi voglia individuare in maniera più diretta, i collegamenti tra le macro-attività dell’istituto, le risorse messe a disposizione e le ricadute in termini assistenziali. Questo primo numero di bilancio sociale diventerà la base per un lavoro più puntuale nel prossimo anno. I valori forti dell’efficienza, dell’efficacia e dell’eticità, che hanno già reso il Pascale uno dei migliori istituti per la cura del cancro nel nostro Paese, ricevono dalla trasparenza un nuovo forte impulso che, sono
Tonino Pedicini
sicuro, lo renderà ancora più amato e tutelato dai cittadini della Campania». Quali le prossime sfide in termini organizzativi e clinici? «I programmi per il prossimo futuro sono imperniati sull’ammodernamento delle tecnologie e delle strutture, sul miglioramento dell’offerta clinco-assistenziale e sull’ulteriore qualificazione delle attività di ricerca applicabile alle pratiche diagnostico terapeutiche. Nei prossimi mesi sarà installato e attivato il ciberknife, sistema robotico utile nel trattamento di alcune patologie oncologiche che consentirà
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Sarà attivato il ciberknife, sistema robotico utile nel trattamento delle patologie oncologiche, che consentirà un’altissima precisione nell’irradiazione dei tessuti
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un altissimo precisione nell’ irradiazione dei tessuti, sostituendo, in alcuni casi, la terapia chirurgica tradizionale. La diagnostica per immagini e la radiologia interventistica saranno potenziate con una ulteriore Tac a 64 strati ed un moderno angiografo digitale. Per i chirurghi sarà presto disponibile un apparecchio per eseguire la chirurgia robotica che consentirà un ulteriore sviluppo delle tecniche video endoscopiche permettendo approcci chirurgici a bassissima invasività. Nel campo dell’assistenza, tra gli obiettivi aziendali 2012 sono stati inseriti: la revisione, l’attuazione e il monitoraggio di 7 percorsi clinico organizzativi e assistenziali relativi ai tumori a maggiore frequenza di ricovero. Parallelamente a
questi obiettivi saranno sviluppati i sistemi informativi aziendali anche in un ottica di riduzione del rischio clinico e di supporto informatico agli utenti. Infine una forte attenzione sarà dedicata al miglioramento delle condizioni di accoglienza dei nostri utenti». Dopo “Batti il cancro”, “I buoni battono il cancro”, e “Una mano alla ricerca” promossa con Animu e 12 artisti napoletani del teatro, dello spettacolo e della televisione. Quali le prossime collaborazioni previste e quali gli obiettivi di queste campagne? «L’obiettivo di queste campagne è quello di far passare due messaggi: la prevenzione e la solidarietà, attraverso gli slogan “Solo se lo conosci lo combatti il cancro”, una malattia di cui non bisogna avere paura, e “la ricerca può andare avanti soltanto con il sostegno di tutti noi”. Più che al ricavato della vendita del calendario puntiamo a fare in modo che sempre più gente devolva il proprio 5 per mille al Pascale. Quest’anno il primo a raccogliere l’invito a sostenere la ricerca è stato il maestro pizzaiolo Gino Sorbillo, che ha inserito nel suo menù la pizza Pascale. Chiunque l’acquista devolve un euro alla ricerca. In primavera ha promesso che porterà un forno nei viali dell’istituto e distribuirà pizze agli ammalati. Inoltre, stiamo cercando di organizzare al Pascale un concerto degli Almamegretta». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 201
RICERCA SCIENTIFICA
Un centro d’eccellenza nel panorama nazionale «Strumentazioni d’avanguardia per la ricerca, diagnostica e terapia». Nicola Mozzillo, direttore del Dipartimento melanoma e tessuti molli dell’Istituto nazionale dei tumori di Napoli, si sofferma sui punti di forza della struttura Renata Gualtieri
l Dipartimento melanoma e tessuti molli dell’Istituto nazionale dei tumori di Napoli “Fondazione Pascale” oggi opera alla frontiera delle più avanzate acquisizioni nella diagnosi e nella terapia del melanoma. «Sul fronte della diagnostica precoce – ricorda il direttore Nicola Mozzillo – ha dotato oltre 100 farmacie della regione di un sistema fotografico, in grado di trasmettere in tempo reale le immagini per la diagnosi di un neo sospetto al nostro Centro, che dispone oltre che della dermatoscopia in epiluminescenza, anche della microscopia con focale, in grado di fornire risultati sovrapponibili a un esame istologico». La terapia chirurgica è uno dei punti di forza, che si fonda su una delle maggiori casistiche europee e, tra le dotazioni strumentali di ultima generazione, impiega l’elettrochemioterapia. La terapia medica utilizza le più aggiornate terapie a base di anticorpi monoclonali e vaccini sulla
I Nicola Mozzillo, direttore del Dipartimento melanoma e tessuti molli e vicedirettore scientifico dell’ Istituto nazionale dei tumori di Napoli “ Fondazione Pascale”
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base di diagnosi geniche. Sono necessari investimenti in nuove tecnologie per migliorare la qualità dei servizi offerti ai pazienti? «In controtendenza rispetto alla generale scarsa dotazione tecnologica del sistema sanitario, l’Istituto investe considerevolmente sulle tecnologie per il melanoma, che è una delle patologie di punta della Fondazione Pascale. L’ultimo progetto riguarda l’adroterapia per il trattamento del melanoma oculare. Per il resto il Dipartimento melanoma dispone di strumentazioni d’avanguardia che coprono i campi della ricerca, della diagnostica più sofisticata e della terapia, potendo così offrire una risposta completa ad ogni esigenza». Quali i progetti di ricerca sono attualmente in corso presso l’Istituto per rendere possibile lo sviluppo di trattamenti innovativi? «Il Dipartimento è capofila di numerosi trials medici e chirurgici, in collaborazione con le
Nicola Mozzillo
di una chirurgia a lungo temuta per i suoi effetti devastanti sul fisico e sulla psiche». Quali sono i punti di forza della struttura per quanto riguarda il melanoma? «Il Dipartimento per il melanoma è l’unica struttura di tal genere nel panorama nazionale e raggiunge livelli d’eccellenza per la monotematica implementazione di molteplici specialità: dai ricercatori di base, ai genetisti, ai clinici, ai patologi, ai medici nucleari, ai radiologi, ai radioterapisti, realizzando una task force con un’unica missione. Si viene a conseguire così quella massa critica di competenze che consente un continuo trasferimento d’innovazioni dai banchi della ricerca al letto del paziente e di feedback inverso che garantisce le proposte terapeutiche più La terapia chirurgica si fonda su una delle avanzate». maggiori casistiche europee e, tra le Ritiene che ci siano novità interessanti in campo nazionale e dotazioni strumentali di ultima generazione, non in termini di nuove terapie e impiega l’elettrochemioterapia risultati raggiunti nel campo della diagnosi e cura del melanoma? «Sul fronte della diagnosi, oggi siamo in grado di definire una lepiù prestigiose istituzioni mondiali o da solo. sione sospetta con la precisione del microscoStudi di genomica e d’immunologia per pio, senza necessariamente dover prima openuove terapie mediche, si affiancano a inve- rare. La terapia del melanoma ha fatto stigazioni su nuove tecnologie chirurgiche. registrare per oltre un trentennio una deluL’area medica è concentrata su indagini che dente stagnazione. Ma negli ultimi anni riguardano gli anticorpi immuni modulanti e stiamo assistendo a un’entusiasmante progli inibitori dei meccanismi della prolifera- gresso sia nelle conoscenze di genetica che zione tumorale. La chirurgia conduce ricerche nelle terapie che hanno abbandonato la pista intese a rendere l’intervento più efficace con delle chemioterapie con i loro pesanti effetti il minor danno possibile; l’applicazione di collaterali, per imboccare la strada di filoni innuove tecnologie come l’elettrochemioterapia novativi sulla scorta delle nuove acquisizioni. La e la revisione sperimentale di procedure chi- chirurgia è diventata meno devastante ma più rurgiche, una volta ritenute irrinunciabili, ragionata, efficace e rispettosa dell’immagine stanno radicalmente modificando l’immagine corporea e della qualità della vita».
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L’INDUSTRIA FARMACEUTICA
Il comparto farmaceutico cresce con la ricerca a crisi economica in atto non ha risparmiato neanche il settore farmaceutico. Su scala nazionale sono infatti tantissime le aziende operanti in questo campo che sono state costrette a chiudere i battenti, incapaci di rinnovarsi e di adattarsi alle mutate esigenze del mercato. Solo una politica lungimirante, fatta soprattutto di investimenti nel campo della ricerca e dell’innovazione, ha infatti consentito alle imprese più virtuose di sopravvivere a questo particolare momento storico, come dimostrato dall’esperienza della New Fa.Dem. Farmaceutici e Chimici Srl, storica realtà campana specializzata nella produzione di prodotti galenici, specialità medicinali, cosmetici, tinture, erbe ed estratti, ma anche nella produzione e nella distribuzione di materie prime destinate al settore farmaceutico. «È vero», conferma Arturo De Meo, che insieme al fratello Pio oggi porta avanti l’attività avviata nel 1939 dal loro nonno, il fondatore del Laboratorio Farmaceutico De Meo.
L Arturo e Pio De Meo, titolari della New Fa.Dem. L’azienda ha il suo stabilimento produttivo a Giugliano (NA) www.newfadem.it
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Una tradizione consolidata in campo farmaceutico e una spiccata propensione all’innovazione hanno reso la New Fa.Dem una realtà capace di affermarsi anche oltre i confini regionali. Arturo e Pio De Meo illustrano criticità e prospettive del settore Guido Puopolo
«Se in questi anni non avessimo puntato con forza sulla ricerca e sullo sviluppo tecnologico, probabilmente non saremmo stati in grado di proseguire in questa esperienza». Il punto di forza dell’azienda può essere infatti individuato proprio nella continua ricerca di materie prime innovative, di origine naturale e quindi sicure dal punto di vista tossicologico, con un interesse sempre crescente verso prodotti salutari ed efficaci, atti a garantire il benessere fisico delle persone, come spiega Pio De Meo. «All’interno del nostro stabilimento di Giugliano, in provincia di Napoli, disponiamo di laboratori dotati di attrezzature tecnologiche d’avanguardia e di linee produttive moderne, risponderti alle più stringenti normative del settore, che ci permettono di offrire al consumatore finale un prodotto sicuro e di altissima qualità. In particolare - sottolinea il dottor De Meo - con la prima autorizzazione con Decreto Ministeriale del 2000 e con successivi rinnovi l’ultimo avvenuto nel 2010 Decreto Ministeriale N° 29/2010/V dell’8 Settembre 2010, abbiamo ottenuto l’autorizzazione alla produzione di specialità medicinali rispettivamente per uso umano e per uso veterinario, un riconoscimento che ha
Arturo e Pio De Meo
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Se in questi anni non avessimo puntato con forza sulla ricerca e sullo sviluppo tecnologico, probabilmente non saremmo stati in grado di proseguire in questa esperienza
dato un ulteriore impulso alla nostra attività». In questi anni sono diversi i prodotti che hanno contribuito a fare della New Fa.Dem un punto di riferimento per il settore farmaceutico, come testimoniato dall’avvio di alcune partnership di grande prestigio: «In particolare in campo cosmetico abbiamo introdotto un prodotto veramente rivoluzionario, denominato Antrox, rivolto prevalentemente alle donne. L’Antrox, infatti, come dimostrato da diversi studi clinici, è assolutamente efficace nel prevenire e attenuare la formazione delle rughe, grazie alla presenza, nella sua formulazione, di particolari principi attivi che agiscono a livello della cute, idratandola e donandole elasticità, in modo da eliminare le cosiddette “zampe di gallina”. Antrox – ricorda Pio De Meo - è stato lanciato sul mercato nel luglio del 2009 ed è attualmente distribuito da Bracco, leader internazionale in campo farmaceutico, con la quale abbiamo stretto un accordo di collaborazione esclusiva. Lo stesso vale per un farmaco da noi brevettato per la cura delle emorroidi, distribuito in Italia solo da Bracco, e che stiamo proponendo anche al mercato estero, sulla base di accordi con diversi Paesi europei ed extrauropei, tra cui Germania, Malta, Svezia, Porto-
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gallo, Ucraina, Spagna, Francia, Russia, per un totale di oltre 40 nazioni. Ad arricchire il patrimonio di conoscenze dell’azienda di Giugliano contribuiscono anche significative collaborazioni col mondo universitario e accademico, come evidenzia Arturo De Meo: «Abbiamo istituito una joint venture con il Cnr di Napoli, l’Università di Salerno, l’Università di Messina e alcune aziende del Nord Italia per la messa a punto di nuovi brevetti. Questo è per noi un progetto molto impegnativo, anche sotto il profilo economico, ma, come detto in precedenza, siamo convinti che questa sia l’unica strada percorribile per continuare a essere protagonisti in un mercato sempre più esigente e competitivo come quello farmaceutico». Tutto ciò permette ai fratelli De Meo di guardare al futuro con rinnovato ottimismo: «Come tutti anche noi abbiamo risentito della negativa congiuntura che sta attraversando la società. Per quel che ci riguarda siamo però riusciti a superare la fase più acuta della crisi in maniera brillante, ed è per questo che siamo motivati a continuare a lavorare per la messa a punto di prodotti sempre più innovativi ed efficaci per la salute, il benessere e la bellezza delle persone». CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 207
RIABILITAZIONE
I ritardi della Pa mettono in ginocchio la sanità campana Le aziende campane, soprattutto quelle che operano nella sanità, sono sull’orlo del fallimento, per le inadempienze della Pubblica amministrazione. Il quadro della situazione tracciato dalla dottoressa Cristina Bianchi Guido Puopolo
l ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione continua ad essere una piaga per migliaia di imprese italiane. A rinnovare l’allarme è la Cgia di Mestre, che ha recentemente quantificato il mancato pagamento dei debiti delle Pa con un costo per le imprese pari a circa 10 miliardi di euro l’anno. E tra le Amministrazioni più carenti da questo punto di vista ci sono quelle del settore sanitario. Basti pensare che, sempre secondo questo studio, attualmente il debito contratto dalle Aziende Ospedaliere ammonta a circa 40 miliardi di euro, una cifra enorme, accumulatasi negli anni proprio in seguito ai ritardi con i quali la sanità salda i propri fornitori. Una situazione con cui è costretta a confrontarsi quotidianamente la dottoressa Cristina Bianchi, amministratrice della Casa di Cura Stazione Climatica Bianchi, storica struttura sanitaria fondata a Portici nel 1929 da suo nonno, il professor Vincenzo Bianchi, e attualmente riconosciuta come un punto di riferimento per
I La dottoressa Cristina Bianchi, amministratrice della Casa di Cura Stazione Climatica Bianchi di Portici www.clinicabianchi.it
tutto il Sud Italia nel campo della riabilitazione neurologica. «Stiamo affrontando una vera e propria emergenza, con moltissime imprese che, soprattutto nel Mezzogiorno, sono in ginocchio a causa delle inadempienze della pubblica amministrazione». Quali ripercussioni ha una situazione del genere nella vostra attività? «Noi imprenditori della sanità privata convenzionata siamo ormai diventati i principali finanziatori della regione Campania. Una casa di cura come la nostra ha la responsabilità dei suoi pazienti, a cui deve garantire il vitto e soprattutto le cure adeguate e la somministrazione dei farmaci. Le multinazionali farmaceutiche, però, scaduto il termine di tolleranza di 60/90 giorni, pretendono giustamente di essere pagate. E così il mancato incasso delle fatture costringe le aziende a ricorrere a prestiti bancari per poter continuare la loro attività, in un circolo vizioso che sta provocando una vera e propria carneficina. Senza dimenticare che ciò finisce per favorire la criminalità organizzata che, sfruttando anche il momento di crisi generale, grazie alle enormi risorse economiche di cui dispone, può facilmente infiltrarsi nelle strutture sanitarie locali». A suo parere, quali soluzioni potrebbero essere attuate per porre fine a questa situazione? «La soluzione a questo annoso problema è nelle mani del Governo, che è chiamato a recepire in tempi brevi la Direttiva Europea contro i ritardi dei pagamenti della Pa. Questa prevede infatti sanzioni, tanto per le imprese private quanto per
Cristina Bianchi
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Noi imprenditori della sanità privata convenzionata siamo diventati i principali finanziatori della regione Campania
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quelle pubbliche, che non adempiano ai loro obblighi entro 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura. Attendiamo ora che alle parole l’esecutivo faccia seguire i fatti». Per quel che riguarda la sua struttura, quali strategie sono state adottare per riuscire a superare questa congiuntura negativa? «Io sono una persona combattiva, e sono fermamente intenzionata a portare avanti questa esperienza, iniziata con mio nonno e proseguita da mio padre. Da sempre tendiamo a privilegiare la qualità del servizio rispetto alla quantità, perché per noi i pazienti non sono dei semplici numeri, ma persone che necessitano di cure e attenzioni adeguate». Quali patologie, nello specifico, vengono trattate all’interno della Casa di Cura Bianchi? «Siamo specializzati in attività di riabilitazione neurologica, ortopedica, geriatrica e psichiatrica. La funzione complessiva della Casa di Cura è quindi basata su competenze multidisciplinari, che hanno lo scopo di risolvere, per quanto possibile, i problemi che
le patologie trattate dovessero presentare sia sul piano diagnostico che su quello terapeutico o riabilitativo». La tecnologia ricopre ormai un ruolo fondamentale in campo medico. Siete dotati di particolari strumentazioni all’interno della vostra struttura? «Per formulare diagnosi appropriate è fondamentale disporre di attrezzature idonee. Siamo dotati di attrezzature all’avanguardia, tra cui possiamo ricordare, ad esempio, un macchinario per eseguire risonanze magnetiche da 1,5 tesla adatto ai pazienti con patologie vascolari, oltre che uno strumento in grado di individuare tutti i tumori cerebrali. L’attrezzatura diagnostica è comunque propedeutica all’operatore, in quanto ci vuole poi personale istruito e qualificato che sia in grado di gestire detti macchinari». Quali sono, infine, le sue aspettative per il futuro? «Mi auguro che il quadro generale sopra descritto possa migliorare al più presto, in modo da poter continuare a garantire un servizio alla comunità che, da oltre ottant’anni, rappresenta l’orgoglio della mia famiglia».
10 mld EURO
È l’ammontare del mancato pagamento alle imprese da parte delle Pa
40 mld EURO
È il debito accumulato dalle aziende sanitarie in seguito ai ritardi nei pagamenti delle Pa
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CASE DI CURA
Un esempio positivo nella realtà campana Difficoltà e disagi rappresentano da tempo un dato strutturale del sistema sanitario campano. Ma ci sono anche realtà in controtendenza. Il caso della Casa di Cura Privata Villa dei Fiori nelle parole di Francesco Ciccarelli Lucrezia Gennari esta critica la situazione del settore Sanità in Campania. «Il Piano di Rientro dal debito sanitario fallimentare sta producendo un impoverimento dell’offerta e uno smantellamento progressivo dei servizi con ricadute assistenziali negative sui cittadini». Lo affermano in una nota recente i segretari generali della Fp Cgil regionale e di Napoli, Antonio Crispi e Salvatore Massimo. «La cartina di tornasole di questa drammatica situazione che espone i cittadini, ma anche i lavoratori, a rischi incommensurabili - si legge - è rappresentata dalla condizione in cui versano i servizi di emergenza ospedalieri e territoriali, in particolare il Pronto Soccorso e il 118». Crispi e Massimo denunciano che «l’impossibilità di visitare i pazienti giunti in Pronto Soccorso su letti e barelle, perché non disponibili, la difficoltà a ricoverare i pazienti che stazionano per ore e per giorni in attesa di un ricovero, l’indisponibilità di posti letto per acuti e la presenza di barelle in Medicina di Urgenza, rappresentano da tempo un dato strutturale del sistema di emergenza sanitaria». Episodi sconfortanti, che dipingono un quadro estremamente critico del settore in Campania. D’altro canto, però, esistono anche situazioni positive, realtà ben strutturate che, nonostante le ataviche problematiche, ogni giorno si sfidano e combattono per offrire un servizio adeguato, investono per migliorare i servizi, le tecniche, le metodologie. La Casa di Cura Privata Villa dei Fiori, situata
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ad Acerra, in provincia di Napoli, proprio in una provincia dove negli ultimi tempi si sono registrate notevoli difficoltà in varie strutture sanitarie, rappresenta ad oggi un esempio positivo. Una struttura moderna, estesa su 22.000 metri quadri di superficie di cui 8.000 coperti, suddivisa in due unità assistenziali: l’area Medico Chirurgica e l’area Riabilitativa con complessivi 248 posti letto. «La struttura è nata nel 1962 dalla lungimiranza di un gruppo di medici specialisti, napoletani e locali, con l’intento di offrire all’interland napoletano interventi specialistici di chirurgia e ginecologia » afferma il Presidente del Consiglio di Amministrazione, ingegner Francesco Ciccarelli. «In questi quasi cinquant’anni di lavoro - commenta - abbiamo fatto molti passi avanti, in tutti i sensi: clinici, strutturali e organizzativi. Oggi, grazie a un processo di innovazione portato avanti costantemente nel tempo e alimentato da nuove idee, metodologie e iniziative, siamo una struttura moderna e all’avanguardia nelle diverse prestazioni che forniamo». Il settore medico, seguito da personale ad alta competenza professionale e accreditato con il Ssn, offre servizi di medicina generale, cardiologia, angiologia e oncologia, terapia intensiva cardiologica, rianimazione e un raggruppa-
Nelle immagini, alcuni interni della Casa di Cura Privata Villa dei Fiori di Acerra (NA) www.villadeifioriacerra.it
Francesco Ciccarelli
mento di ostetricia e ginecologia con patologia neonatale e terapia intensiva neonatale. «In ambito chirurgico – aggiunge Ciccarelli - eseguiamo nelle nostre sei sale operatorie interventi di chirurgia generale, plastica, chirurgia cardiologica interventistica, chirurgia vascolare, urologica, oculistica, otorinolaringoiatrica, ortopedica e traumatologica». La struttura è fornita di pronto soccorso, medico - chirurgico -
ginecologico con relativa astanteria con circa 40.000 accessi l’anno. «Sin dal 2005 – sottolinea Ciccarelli - la struttura, insieme soltanto ad un’altra in Campania, è stata regolarmente autorizzata al “Pronto Soccorso”, e si è completato in questi giorni tutto un iter che ha prodotto l’inserimento della Villa dei Fiori Srl nel circuito pubblico dell’emergenza della Asl Na2 di appartenenza quale presidio di emergenza urgenza di secondo livello». E i servizi? «Disponiamo di un avanzato laboratorio di analisi cliniche, di una diagnostica per immagini con radiologia tradizionale, ecografia, Tac, Rmn che esplicano anche per esterno numerose prestazioni». A tutto ciò, si aggiunge un servizio di farmacia con UMACA (unità manipolazione allestimento chemioterapia antiblastica). Nell’ambito della riabilitazione, infine, la Casa di Cura Privata Villa dei Fiori offre servizi ambulatoriali, domiciliari e in regime di ricovero. «Disponiamo inoltre di due camere per la terapia iperbarica e gestiamo percorsi di riabilitazione cardiologica-respiratoria, neurologica, ortopedica e uro-ginecologica ed operiamo anche nella psicomotricità, logopedia, terapia occupazionale, musicoterapica, psicoterapia e fisiokinesiterapia». Il tutto è portato avanti con notevoli sforzi, derivanti dalle innumerevoli difficoltà causate dai ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione e dalla limitatezza di un budget assolutamente al di sotto delle richieste che la struttura dovendo assicurare pronto soccorso è tenuta in ogni caso a soddisfare. CAMPANIA 2012 • DOSSIER • 211