EDITORIALE Irene Pivetti
Le imprese, la prima trincea della legalità di Irene Pivetti Presidente onorario della Camera dei deputati
on il decreto anticrisi, orientato a consentire alle imprese di far fronte alla contrazione del mercato e alla flessione della domanda tenendo costante il tasso di occupazione, quel che si è in realtà cercato di offrire non è solo un contributo alla tenuta del sistema economico ma anche all’opera, sempre da rinnovare e sempre perfettibile, di contrasto all’illegalità. E ciò è tanto più vero, anche e soprattutto, là dove questa guerra si combatte nelle sue forme più aggressive e violente, e cioè quelle in cui violazione della norma di legge significa sottostare all’altra norma non scritta, e sempre draconiana, della criminalità organizzata. Perché sono le imprese la prima trincea della legalità. Sono loro il primo campo di battaglia, il
C ❝
Se è vero che legalità è il pane da mangiare, e certamente lo è, legalità è anche e soprattutto la percezione seria del proprio valore, del senso della propria giornata sapendo che, alzandosi al mattino, si cambierà in meglio qualcosa del mondo intorno a noi
❞
10 • DOSSIER • CALABRIA 2009
terreno conteso fra sviluppo, crescita, lavoro da un lato e sopraffazione, negazione, abbattimento dall’altro, quella scelta non sempre espressa, ma sempre presente, fra chi crede e vuole una società che fa diventare uomini, e rende in ultima analisi gli uomini migliori, anche attraverso la fatica del lavoro e una società che nega se stessa. E oggi le imprese ne sono consapevoli, ed esercitano un protagonismo come forse mai nella storia industriale italiana, moltiplicando iniziative deterrenti nei confronti dei cedimenti, delle concessioni alle logiche dell’illegalità, minandone i punti di forza più sicuri, primo fra i quali l’omertà e la solitudine. Si legge in questo senso la decisione dei mesi scorsi di Confindustria Sicilia di espellere le aziende che sottostanno al racket e non denunciano. E sempre nella stessa direzione muove il volume L’isola civile di Serena Uccello e Nino Amadore, giornalisti de Il Sole 24 Ore, uscito in questi giorni, un inno alla determinazione di fare impresa in modo trasparente. Ma altrettanto esprime la stessa forza di resistenza attiva alle pressioni illecite anche il codice etico votato da Unimpresa, che anch’esso offre alle imprese piccole e medie consigli, suggerimenti e supporto concreto per fare fronte alle condizioni critiche e alle minacce, un vero e proprio decalogo difensivo. E questa non è solo una misura preventiva, ma anche una chiara indicazione di tipo teorico, strategico dovremmo dire, sulle priorità di intervento. Perché buona parte del contrasto al-
EDITORIALE
l'illegalità si gioca anche su questo piano, tutto politico in verità, di mettere le imprese in condizione di crescere, aiutarle a creare occupazione con una seria politica di incentivi, favorirne l’infrastrutturazione tecnologica, ottimizzare i processi produttivi per abbattere i costi, offrire loro un’efficiente rete di servizi, dai trasporti alla forniture energetiche, dalle formule contrattuali per i collaboratori al credito. E questa è anche la premessa per un secondo livello di consapevolezza, che si gioca tutto all’interno delle imprese stesse, e cioè la dignità che il lavoro conferisce. Perché se è vero che legalità è il pane da mangiare, e certamente lo è, legalità è anche e soprattutto la percezione seria del proprio valore, del senso della propria giornata sapendo che, alzandosi al mattino, si cambierà in meglio qualcosa del mondo intorno a noi. Per questo legalità è soprattutto lavorare. Tenere occupate le mani e la mente come se nulla dovesse più distoglierle dal fatto che comunque servono a qualcuno, servono la comunità, e senza di noi qualcosa mancherebbe alla qualità della vita, alla vita stessa, dei nostri concittadini, dei vicini, delle persone che ci attraversano la strada. Perché è il lavoro che cambia il mondo, che si tratti della divisione dell’atomo o di un nuovo tipo di apriscatole, perché l’una cosa come l’altra hanno un effetto certo sul benessere di centinaia di migliaia di persone e di famiglie, rasserenate e facilitate nello svolgimento di
incombenze quotidiane, troppo modeste magari per essere oggetto di riflessioni teoriche, e tuttavia maledettamente condizionanti il benessere, e dunque la serenità, e dunque la lucidità e l’indipendenza di giudizio, delle persone delle famiglie delle città dei paesi del nostro tempo. Lavoro dunque è libertà, è dignità insieme a volontà realizzata, e lavoro è la prima azione di contrasto all’illegalità, più efficace di qualsiasi indignata manifestazione o convegno di denuncia. Certo, interventi concreti, come sa chiunque abbia dovuto prendere prima o poi decisioni di una qualche rilevanza, sono impegnativi, talvolta costosi, e non sempre premiati dal successo immediato, richiedono persistenza nel rischio, applicazione e pazienza. Ma anche per questo siamo in un momento favorevole, perché la grande tornata elettorale si è esaurita, e per almeno un anno nessuno dovrà affannarsi a scaldare gli animi e mietere consensi. Facciamo tesoro di questa occasione. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 11
Le leggi inutili indeboliscono quelle utili di Santo Versace deputato Pdl
I
l sistema istituzionale della Repubblica italiana, fondato sul cosiddetto bicameralismo perfetto, si è tramutato in un freno all’efficacia dell’azione di governo. Nel quadro normativo disegnato dalla Costituzione, un ruolo importante rivestono i regolamenti parlamentari. Attraverso di essi si disciplina l’iter legislativo che però, con le riforme al regolamento della Camera introdotte nel 1997, è diventato ancora più lento.
❝
A guardare quanto accaduto dalle scorse elezioni politiche sino a oggi, si deve riconoscere che il ricorso ai decreti legge è stato l’unico rimedio possibile per ottenere provvedimenti legislativi in tempi adeguati alle urgenze del Paese. Ciò è avvenuto, sicuramente, per colpa di un sistema istituzionale farraginoso e pieno di regole inutili che costringono il legislatore a un defatigante percorso a ostacoli. D’altronde, le regole in vigore sono figlie di un “furore legislativo” che non conosce il pari in altri Paesi dell’Occidente.
Occorre intervenire in profondità sul regolamento della Camera, se si vuole restituire senso all’attività parlamentare
❞
La nostra produzione legislativa è abnorme ed è fatta di tante leggi e leggine, ognuna delle quali disciplina un singolo aspetto di un fenomeno, o di una attività, o di un rapporto giuridico. La conseguenza di questa parcellizzazione della normazione è che il nostro sistema legale è ormai compreso e applicato solo da una minoranza di specialisti, che sono gli
unici in grado di seguire la continua modificazione della legislazione vigente nelle singole materie. Ma ciò che è più grave è che questa produzione legislativa è il frutto di procedure parlamentari che sono le più inutilmente lente, complesse e costose dell’intero Occidente. In questa situazione, occorre intervenire in profondità sul regolamento della Camera, se si vuole restituire senso all’attività parlamentare e dignità ai parlamentari stessi che oggi, con le regole barocche che governano la Camera, sono di fatto estromessi da ogni decisione e spesso ridotti soltanto a premere un pulsante per rispettare le direttive della parte politica cui appartengono. Dalla proclamazione dei risultati delle elezioni politiche a oggi sono stati approvati, in sede legislativa, salvo poche eccezioni, solo provvedimenti provenienti dal governo. Per restituire senso al lavorio di tanti parlamentari che saprebbero dare un apporto qualificato al processo legislativo, occorre fare in modo che i tempi della discussione e della votazione delle proposte di legge di iniziativa dei singoli parlamentari abbiano tempi ragionevoli e siano in ogni caso poste all’ordine del giorno delle commissioni e dell’assemblea, senza che ciò sacrifichi le corsie preferenziali che, a oggi, consentono ai provvedimenti del governo di essere affrontati nei tempi resi necessari dalle esigenze della cosa pubblica o dalle urgenze del momento. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 15
ONORE AL MERITO Per un rinnovamento delle elite
LAVORIAMO PER UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE Maggiore rispetto dell’etica e del merito. Nuove regole e niente clientelismi. Se la Calabria vuole guardare al suo futuro a testa alta, è necessario che tutti collaborino per creare una nuova classe dirigente capace e responsabile. Gli imprenditori sono pronti. E lanciano il loro appello alla politica Sarah Sagripanti
16 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Dall’alto Filippo Callipo, amministratore delegato della Giacinto Callipo Conserve Alimentari Spa, da sempre impegnato nel sociale, e Giuseppe Gaglioti, imprenditore edile, attuale presidente della Camera di commercio di Cosenza CALABRIA 2009 • DOSSIER • 17
ONORE AL MERITO Per un rinnovamento delle elite
l costo del non merito nel nostro Paese è ancora molto alto». Con queste parole Luca Cordero di Montezemolo richiamava l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni su un tema fondamentale per la crescita economica e sociale del nostro Paese: quello del merito. L’occasione era la presentazione del terzo rapporto Generare classe dirigente, un’iniziativa realizzata dalla Luiss insieme all’associazione Management Club per riflettere sul ruolo che la classe dirigente può e deve avere nel guidare l’Italia oltre la crisi. Secondo la ricerca, molti dei problemi oggi irrisolti in Italia ruotano attorno alla debolezza della nostra classe dirigente, che non è in grado di avviare e guidare un cambiamento troppo a lungo atteso della società civile e della politica del Paese. Se questo discorso vale in generale per l’Italia, forse è ancor più valido per territori storicamente difficili come la Calabria, una regione problematica dal punto di vista economico e afflitta da problemi come la criminalità, il clientelismo e le inefficienze istituzionali a tutti i livelli, dove fa fatica a instaurarsi un sistema di selezione delle elite che sia basato effettivamente sul merito e non sulla cooptazione. Eppure la Calabria che lotta per una diversa idea di sviluppo c’è. È quella di imprenditori come Filippo Callipo, alla guida di una delle aziende tra le più importanti della regione e da sempre impegnato sul fronte del sociale, della lotta alla criminalità organizzata, dello sviluppo del territorio. Qualche anno fa, in seguito a un attentato intimidatorio nei confronti del suo stabilimento, Callipo reagì con fermezza, dichiarando la sua volontà di rimanere, nonostante tutto, in Calabria. Oggi, a distanza di qualche anno da quell’esperienza, anche lui si schiera
I
c
Gli imprenditori dovrebbero avere il coraggio di seguire la strada della meritocrazia e della legalità, ma gli interessi economici spingono spesso a scegliere per il proprio vantaggio
d
18 • DOSSIER • CALABRIA 2009
con chi chiede una classe dirigente rinnovata, di spessore, capace di essere regista del cambiamento e della modernizzazione della Calabria. «La svolta per la nostra terra potrebbe verificarsi solo con un radicale rinnovamento della classe dirigente – spiega – , e le regole del gioco devono mutare completamente, basandosi sulla meritocrazia. Questo rinnovamento può partire solo da una politica sana, che vuole riappropriarsi della legalità». E con parole forti lancia la sua accusa: «Da dieci anni ribadisco che i problemi calabresi dipendono dalla classe dirigente, quella che ho definito “la mafia con la penna”, più dannosa di quella con la pistola”». Della stessa opinione è Giuseppe Gaglioti, noto imprenditore edile calabrese e attualmente alla guida della Camera di commercio di Cosenza. «Il sistema politico, lo dico senza cedimenti ad antipatie o simpatie verso questo o quel partito – dichiara –, ha responsabilità veramente rilevanti, per la scarsa propensione alla trasparenza,
ONORE AL MERITO L’ESPERTO Nuove forze politiche capaci di dettare regole meritocratiche al sistema. Ecco da dove arriveranno secondo il professor Mario Caligiuri
I
l nostro sistema educativo è estremamente scadente, come dimostrano tutte le indagini internazionali. Sia le elementari che le università nel corso degli ultimi anni sono state utilizzate come aree di “compensazione sociale”, ovvero luoghi dove allocare occupazione senza selezionarla in modo adeguato, producendo costi e guasti che sono sotto gli occhi di tutti». A parlare è Mario Caligiuri (nella foto), docente di pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria, che recentemente ha pubblicato il libro La formazione delle elite. Il libro parte dall’assunto che è indispensabile ripartire dalle classi dirigenti per migliorare le prestazioni della democrazia. Ma quali sono le strategie per venire fuori da logiche di privilegio e introdurre sistemi di meritocrazia veri? Il professor Caligiuri sa da dove si debba partire: «Occorre rinnovare regole che oggi sono insufficienti, inesistenti o smaccatamente di favore e che generano una scorretta allocazione
delle risorse pubbliche. Il problema reale, però, è che il sistema politico, necessario per avviare qualsiasi altro cambiamento, ha un’opportunità di ricambio estremamente ridotta». Se, insomma, non si inizia da un rinnovamento della classe politica, altri cambiamenti saranno difficili da ottenere. Le possibilità però esistono e per il futuro, Caligiuri intravede due scenari possibili: «Il primo è un rinsavimento generale e l’emergere all’interno del sistema politico di esponenti più responsabili rispetto alle necessità di cambiamento strutturale del Paese». Ma questa possibilità, secondo il professore, è difficile che si concretizzi. «La seconda ipotesi, più probabile ma ugualmente difficile, è quella di una sollecitazione esterna da parte di quei gruppi sociali che hanno un ragionevole interesse a modificare il sistema». Nel libro il professor Caligiuri ipotizza, riprendendo la lezione gramsciana, che questo blocco sociale si identifichi nei giovani laureandi e laureati e
alla lealtà dei comportamenti, al rispetto delle regole, da quelle etiche a quelle codificate. Chiaramente, ciò non giova al processo necessario per formare una nuova classe dirigente». Dal canto loro, gli imprenditori calabresi dovrebbero scendere in campo per chiedere e pretendere una svolta, ma secondo Filippo Callipo, ciò potrebbe avvenire solo a partire da una «grande presa di coscienza» a tutti i livelli, che porti a investire, anche in azienda, sul valore del merito e non sulla “raccomandazione”, a valorizzare i talenti e puntare sull’innovazione. Invece, purtroppo, gli interessi sono spesso troppi alti e non tutti sono disposti a rinunciare ai propri privilegi. «Gli imprenditori dovrebbero avere il coraggio di seguire la strada della meritocrazia e della legalità – commenta –, ma gli interessi
nei piccoli e medi imprenditori. «I primi perché, una volta usciti dall’Università, saranno risorse pregiate, per le quali il Paese avrà investito tempo e soldi, e avranno serie difficoltà anche solo ad entrare nel mercato del lavoro. I secondi, perché le Pmi rischiano di essere soffocate dai meccanismi della globalizzazione».
economici spingono a scegliere troppo spesso per il proprio vantaggio». E aggiunge: «Chi realmente soffre in Calabria sono gli imprenditori mediopiccoli, che non hanno colluttazioni con la politica, subiscono la pressione delle banche e sono oppressi dalla ‘ndrangheta». A lui fa eco Giuseppe Gaglioti, che commenta: «Il sistema imprenditoriale ha annoverato e annovera troppi imprenditori senza scrupoli i quali, mirando alla massimizzazione degli utili, dimenticano l’obbligo di formare, di dare l’esempio ai dirigenti di domani, di rispetto delle regole. E questo non è, certamente, buon esempio per tanti giovani proiettati verso livelli di responsabilità dirigenziali». Al sistema politico e a quello imprenditoriale, si aggiungono le responsabilità di quello formativo e universiCALABRIA 2009 • DOSSIER • 19
❯❯
ONORE AL MERITO Per un rinnovamento delle elite
❯❯ tario. La formazione è infatti strate- rappresentatività delle classi dirigenti.
c
Molti dei problemi irrisolti ruotano attorno alla debolezza della classe dirigente, che non è in grado di avviare e guidare un cambiamento della società civile e della politica
d
20 • DOSSIER • CALABRIA 2009
gica nel generare una classe dirigente competente, responsabile e preparata, come ha dichiarato lo stesso Montezemolo: «Abbiamo l’obbligo di mettere i giovani nelle migliori condizioni per crescere. I dati dimostrano che nei giovani c’è voglia di pensare al cambiamento e all’interno della nostra università l’impegno in tal senso è altissimo». Meno ottimista sulla forza del nostro sistema universitario, ma non sulle sue potenzialità inespresse, Giuseppe Gaglioti: «La scuola e l’università, dopo lo spartiacque del 68, non hanno saputo recuperare livelli accettabili di formazione, sia a livello dei discenti, sia a livello dei docenti. Questi elementi concorrono alla scarsa
È necessario che l’università esca dai propri ambiti, interagisca con il territorio aprendosi al dibattito e divulgando conoscenza e risultati delle ricerche». Le potenzialità, dunque, ci sarebbero tutte, ma purtroppo non riescono a esprimersi sul territorio: la carenza di domanda di professioni di qualità, infatti, spinge i giovani di talento a emigrare nelle regioni del Centro Nord, come dimostra il recente rapporto Svimez sul Mezzogiorno d’Italia. Anche in Calabria, quel prezioso humus di nuove leve e giovani cervelli, da cui dovrebbe nascere il futuro della regione, spesso fiorisce lontano da casa, vinto dalle leggi di un mercato senza competizione.
ONORE AL MERITO
Contro quella cultura della “segnalazione” che frena le imprese Secondo Umberto De Rose, uno dei maggiori freni alla competitività delle aziende calabresi è la mancanza della cultura del merito. Per questo occorre aprirsi a manager preparati e capaci di garantire risultati effettivi Sarah Sagripanti
Umberto De Rose, presidente di Confindustria Calabria
na classe dirigente deve essere capace e preparata. Per questo suggerirei alla politica di dedicare maggiori risorse economiche a programmi idonei a preparare i nuovi manager a una sfida innovativa. Per aiutare il Sistema a uscire dal profondo degrado e arretratezza in cui si trova». Con queste parole Umberto De Rose, presidente della Confindustria calabrese, sprona le istituzioni ad agire per lavorare insieme al futuro della regione. Da dove crede che occorra partire? «Parto dalla considerazione che i manager, pubblici e privati, presentano considerevoli deficit per quanto riguarda le competenze specifiche, situazione che ormai dai più viene definita “ignoranza dei manager”. Senza l’acquisizione di capacità da utilizzare nello svolgimento dei propri ruoli il manager non può ben operare, sia che lo faccia a favore dello Stato che delle aziende private. Propongo quindi di orientare e formare sempre di più i manager. Spingere perché possano assumere specifiche competenze». Quale consiglio darebbe, in questo senso, a un giovane calabrese? «Proseguire il più possibile gli studi, possedere una solida cultura generale, conoscere le lingue e l’informatica, affinare una cultura imprenditoriale, formare una propria capacità critica e una mentalità aperta alla mobilità e al cambiamento. Ne consegue che scuola dell’obbligo, università, scuole di specializzazione e aziende devono avviare un ragionamento comune per giungere a un risultato inequivocabile: riqualificazione,
U
aggiornamento, maggiori risorse, più preparazione, giusta valutazione dei meriti». Crede che l’apertura delle imprese calabresi alla classe manageriale possa contribuire alla loro competitività? «È la sola risposta che si può dare se si vuole superare il gap culturale, sociale e di preparazione che l’attuale nostra classe dirigente presenta in rapporto con quella europea e globale. Noi imprenditori dobbiamo cambiare registro. Non si può più fare affidamento sul manager che proviene dalla “segnalazione”. Dobbiamo affidare le nostre aziende a dirigenti la cui valutazione sia direttamente collegata ai risultati che riuscirà a conseguire, e non effettuare la loro scelta secondo i noti criteri che tengono conto della simpatia o delle conoscenze». Quali le strategie per formare e dare spazio ai manager del futuro? «Il manager deve essere competente e preparato. Questo è compito della formazione. Le aziende e il sistema confindustriale devono spingere, pretendere ed esprimere l’urgenza di introdurre nella formazione più severità, considerazione del merito, riqualificazione dei programmi, aggiornamento dei cicli scolastici, adattamento alle più significative e moderne innovazioni. I manager devono essere in grado di proporsi nelle aziende e le aziende devono favorire il loro inserimento. Devo affermare che in Confindustria Calabria stiamo cercando di diffondere questa nuova cultura, che oscura il “non merito” e favorisce l’inserimento nelle aziende di persone qualificate e preparate». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 21
ONORE AL MERITO Lella Golfo
Più opportunità e ruoli dirigenziali alle donne a competitività di un Paese dipende, in buona parte, dalle qualità specifiche della sua classe dirigente. I giovani di oggi, il futuro sistema di domani, si ritrovano imbrigliati in un contesto in cui la meritocrazia, la cultura della competizione, il ricambio generazionale, la valorizzazione dei talenti vengono relegati in secondo piano. Fortunatamente inizia prendere piede l’atteggiamento giusto, figlio della convinzione che l’opportunità di conquistare buoni risultati dipenda dalla qualità delle intelligenze creative capaci di generare strategie e garantire un valore aggiunto al sistema. Occorre, dunque «una classe dirigente all’altezza delle sfide del proprio tempo», come sottolinea Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario. Una ricerca della Luiss e di Management Club ha definito la mancanza di una classe dirigente forte e autorevole come una delle cause del ritardo del nostro Paese. Quali sono le responsabilità del sistema formativo, di quello imprenditoriale e della politica nel non aver saputo creare questa classe dirigente?
L
22 • DOSSIER • CALABRIA 2009
«Una classe dirigente all’altezza delle sfide del proprio tempo può nascere soltanto dal funzionamento integrato di politica, scuola e imprenditoria. Non esistono ricette miracolose o estemporanee in un mondo “glocale”. Deve essere l’intero sistema a girare nel verso giusto, altrimenti anche i buoni risultati di una delle sue componenti rischiano di essere vanificati dalla scarsa integrazione delle altre. La responsabilità maggiore della politica è ragionare sempre in una prospettiva di breve termine, di capitalizzazione immediata del consenso elettorale, rimandando continuamente quelle riforme che, seppur dolorose nel breve, darebbero slancio al Paese nel lungo periodo, consentendo la formazione e l’emersione di una classe dirigente “costretta” a fare i conti con aspettative pubbliche più elevate. La scuola dovrebbe seguire in maniera più netta la linea della meritocrazia e della sana competizione, investendo fortemente su formazione di alta qualità e ricerca. Per le università calabresi questi obiettivi devono diventare prioritari, altrimenti corrono il rischio di restare isolate dal mondo e di sfornare laureati senza appeal per il mercato del lavoro.
È tempo di lavorare per la creazione della futura classe dirigente. Capace di generare innovazione, pensiero strategico e capacità di governo. Lella Golfo, deputata del Popolo della Libertà e presidente della Fondazione Marisa Bellisario, scuote gli animi. «Politica, scuola e imprenditoria imparino a collaborare» Giusi Brega
Lella Golfo, deputato Pdl, è presidente della Fondazione Bellisario. A destra le vincitrici di una delle edizioni del premio Bellisario
ONORE AL MERITO
Quanto agli imprenditori locali, dovrebbero cercare di investire di più nell’innovazione». Qual è il ruolo della classe politica in questo contesto? «La classe politica deve dare di sé un’immagine irreprensibile, fondata su competenza, efficacia e qualità delle risposte offerte ai problemi del Paese e del Mezzogiorno in particolare. Il Sud non cresce economicamente, non brilla per inventiva industriale né per progresso civile e costituisce un freno per il rilancio del sistema nazionale. Le colpe sono in larga parte della politica, che non ha mai affrontato la questione di petto, scaricandone la soluzione sulle generazioni successive. Oggi il Pdl ha i numeri e la forza politica per sciogliere anche questo nodo storico, ed è questo il ruolo che deve svolgere. Ciò implicherà, necessariamente, un rinnovamento della classe dirigente. Sarà un percorso graduale, naturale, iscritto nella logica delle cose. Se il Sud migliora anche le aspettative pub-
bliche dei cittadini meridionali miglioreranno e cominceranno a essere più esigenti con la classe politica locale e nazionale e ciò indurrà a elevarne la qualità e a rinnovarla». Ritiene che le donne possano dare un loro specifico contributo a questo rinnovamento, soprattutto in Calabria? «Oggi scontiamo una bassa presenza di donne in politica, nelle università, alla guida delle imprese. Un maggiore equilibrio farebbe bene a tutti, perché uomini e donne sono diversi ma complementari. Io ho presentato in Parlamento due proposte di legge, una per l’istituzione di un’authority delle pari opportunità nelle nomine in enti pubblici e società a partecipazione statale, l’altra per il riequilibrio dell’accesso ai vertici delle società quotate in borsa. Sto cercando di aprire le porte delle “stanze dei bottoni” anche alle donne e questo varrebbe moltissimo nella prospettiva di creare una nuova classe dirigente, perché coinvolgerebbe nelle
c
La Calabria ha bisogno di riforme strutturali, di una buona amministrazione della cosa publica, di trasparenza e fatti concreti
d
❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 23
ONORE AL MERITO Lella Golfo
❯❯ scelte di rilievo quella metà delle in- sta contro la politica. Ne sa qualcosa
c
La classe politica deve dare di sé un’immagine irreprensibile, fondata su competenza, efficacia e qualità delle risposte offerte ai problemi del Paese e del Mezzogiorno
d
24 • DOSSIER • CALABRIA 2009
telligenze, delle risorse e delle energie del Paese finora estromessa e inietterebbe un po’ di meritocrazia nei criteri di scelta della classe dirigente». Recentemente Luigi De Magistris ha parlato della necessità di una nuova classe dirigente per il rilancio della regione. Come commenta? «Di solito chi parla in questi termini di “nuovismo” lo fa perché crede di essere predestinato a incarnarne lo spirito. Quello di una competente classe dirigente è un problema serio per la Calabria. Ma non accettiamo lezioni dal magistrato De Magistris che certamente non è un esempio da imitare, e che ha pensato bene di trovarsi un posto sicuro al Parlamento europeo dopo aver lanciato negli anni scorsi una campagna giudiziaria massimali-
il presidente Loiero rinviato a giudizio nell’ambito dalla famigerata inchiesta “Why not”, avviata proprio da De Magistris. Purtroppo questa storia ammorberà l’aria della prossima campagna elettorale regionale, con un centrosinistra diviso in una guerra fra bande a colpi di carte bollate. La Calabria ha bisogno di riforme strutturali, di una buona amministrazione della cosa pubblica, di trasparenza e fatti concreti. Sarà nostro compito, da qui alla prossima tornata elettorale, ricordare ai cittadini calabresi tutte le responsabilità politiche di cinque anni di governo del centrosinistra, in primis lo scandalo della sanità, senza perderci in polemiche e rivalità interne che gli elettori non comprenderebbero».
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Cambiare si può e noi abbiamo il dovere di farlo no dei mali che affligge il nostro Paese è proprio la diffusa convinzione che tutto sia difficile, e forse anche inutile. Invece capita di verificare che una forte determinazione porta a risultati importanti, anche immediati. Cambiare si può ma a patto di sapere come e per ottenere cosa. Altrimenti siamo alle chiacchiere da politicanti, al vociare da comizianti». Con la solita verve e l’innata determinazione Renato Brunetta porta avanti le sue battaglie. La prima in ordine di tempo, è stata quella contro l’assenteismo e l’improduttività negli uffici pubblici. E chi immaginava che i primi provvedimenti presi in tal senso, e tra l’altro in tempi velocissimi, avessero fatto guadagnare al nuovo ministro antipatie e impopolarità – specialmente da parte della categoria messa sotto accusa – è rimasto deluso. Tanti, e sempre di più, sono gli italiani, anche tra gli stessi impiegati della pubblica amministrazione, che condividono le sue battaglie. Ma quella contro i fannulloni è stata solo la prima battaglia, subito seguita da innovazioni e premi del merito e della produttività. E i risultati, stando alle cifre ufficiali, si vedono: il dimezzamento delle assenze per malattia, una migliore qualità dei servizi, più vaste reti per consentire ai cittadini di en-
U
La rivoluzione continua. E non si ferma alla lotta agli sprechi e ai fannulloni della pubblica amministrazione. Ma punta a riorganizzare l’intero settore dell’impiego statale. Questo l’impegno di Renato Brunetta. Che si è mosso in questa direzione come nessun ministro della Funzione pubblica mai aveva osato fare
trare in contatto con lo Stato e la sua amministrazione. Soddisfatto per questo primo successo incassato, Renato Brunetta, come da lui stesso più volte annunciato, si prepara ad altre e non certo facili battaglie di moralizzazione della pubblica amministrazione e di lotta agli sprechi, a partire da quella ai manager pubblici, di cui intanto ha già fatto mettere in rete rendendoli visibili a tutti i compensi di 23mila di loro. Ma chi si cela in privato dietro il Marilena Spataro volto di questo moderno Catone? A svelarlo è lo stesso ministro. E le sorprese non mancano. All’interno di questo esecutivo, lei si è dimostrato sinora uno dei ministri più attivi, capace di proporre iniziative concrete che hanno alimentato un incessante interesse e dibattito nell’opinione pubblica. Da dove nascono tanta decisione e determinatezza nel battersi contro gli sprechi e le inefficienze presenti nello Stato e nei vari livelli della pubblica amministrazione? «Dal fatto che è necessario e dalla sensazione che è possibile farlo solo adesso, all’inizio dell’attività di questo governo, senza perdere tempo e senza lasciarsi imbrigliare dalle mille resistenze corporative. Lo ha capito l’opinione pubblica. Lo hanno capito i colleghi». Nel febbraio di quest’anno un ❯❯
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 27
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Renato Brunetta
IL PROGETTO RIPAM Selezione e formazione ad alti livelli per riqualificare le pubbliche amministrazioni
I
l progetto, operativo dal 1994, ha come obiettivo quello di migliorare la qualità del personale degli enti locali attraverso la selezione, formazione e immissione di nuovi quadri, laureati e diplomati, reclutati con procedure di corso-concorso. Il progetto comporta diversi vantaggi: garantisce una rigorosa selezione del personale da formare; offre corsi di formazione che prevedono una intensa attività teorico-pratica, propedeutica all’inserimento in ruolo e rende disponibile personale con conoscenze e capacità operative adeguate a svolgere in modo qualificato la propria attività professionale nell’ente di destinazione in diverse aree (amministrazione generale, contabilità e finanza, territorio e opere pubbliche e servizi sociali). Le amministrazioni locali e regionali possono
aderire secondo due modalità: mettere a concorso i posti, deliberando di utilizzare le procedure Ripam, e delegando al Formez lo svolgimento delle attività di selezione e formazione del personale da assumere oppure richiedendo l’assegnazione di personale già formato, attingendo alle graduatorie degli idonei relative a bandi di concorso già conclusi. Il Formez bandisce periodicamente bandi pubblici articolati in diversi corsi di reclutamento a seconda delle aree professionali e delle qualifiche dei posti messi a concorso. Tra i candidati che presentano domanda e che sono ammessi a sostenere le prove attitudinali e di verifica delle conoscenze tecniche, sono selezionati, da apposite commissioni, i partecipanti ai corsi di formazione in numero superiore di circa il 30%
rispetto ai posti messi a concorso. I partecipanti, che ricevono una borsa di studio, frequentano il corso di formazione relativo all’area professionale e alla qualifica per le quali hanno concorso. I corsi di formazione sono realizzati dal Formez e hanno una durata di 700 ore, si articolano in lezioni, esercitazioni e stage applicativi. Al termine dell’attività formativa sono effettuate le prove finali a opera delle stesse commissioni esaminatrici che hanno proceduto alla selezione iniziale, integrate nella composizione da uno o più docenti dei corsi di reclutamento. I candidati primi selezionati, in numero pari ai posti messi a concorso, scelgono in ordine di graduatoria la sede di destinazione e sono nominati vincitori attraverso un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri.
❯❯ sondaggio pubblicato da Affarita- luto contrastare apertamente il fe-
170 LE AMMINISTRAZIONI LOCALI DI PICCOLE, MEDIE E GRANDI DIMENSIONI CHE HANNO ADERITO AL PROGETTO RIPAM
320mila LE DOMANDE DI PARTECIPAZIONE COMPLESSIVAMENTE PERVENUTE AL FORMEZ
1.812 LE PERSONE CHE HANNO COMPLETATO LA FORMAZIONE D’AULA CON UN RAPPORTO ALLIEVI FORMATI/AMMESSI PARI A CIRCA L’84%
28 • DOSSIER • CALABRIA 2009
liani l’ha promossa a “ministro più amato dagli italiani”. Al di là di questa investitura, da quali segnali comprende giorno dopo giorno, nel quotidiano, che il suo impegno è apprezzato e fa scuola? «I sondaggi sono utili, sarei un bugiardo se dicessi di non leggerli o che non mi fanno piacere, ma non si governa in base ai sondaggi. Si fa quel che si ritiene giusto e lo si spiega in modo da attendere un risultato positivo. Il segnale più importante me lo hanno dato, fin dall’inizio, i tanti dipendenti pubblici che si sono avvicinati per dire che avevo ragione e dovevo andare avanti. Alla faccia dei tanti propagandisti che mi dipingevano quasi come un orco». Perché nessuno fra i ministri della Funzione pubblica che l’hanno preceduta ha saputo o vo-
nomeno dell’assenteismo e della scarsa produttività di alcuni dipendenti pubblici, difendendone di fatto i privilegi acquisiti? «Ci hanno provato, ma con minori risultati. Hanno fallito perché hanno tentato di tenere assieme capra e cavoli: la copertura nei confronti del consociativismo inefficiente e la speranza di portare efficienza a favore del cittadino. Alla fine si sono dovuti rassegnare e attendere la fine dell’esperienza». Dall’introduzione delle “faccine” per giudicare l’operato degli uffici pubblici alla realizzazione dei tornelli per contrastare l’assenteismo. Da dove trae ispirazione per idee così “visibili” e innovative, capaci di produrre da subito effetti concreti nei comportamenti e nelle abitudini degli italiani?
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
c
Le idee vengono parlando con i diretti interessati, sia cittadini che dipendenti e con gli operatori economici. Ascoltando le idee, valutando le soluzioni tecnologiche e, alla fine, producendo una sintesi politica arrivano le riforme e le soluzioni concrete
d
«Come spiegavo prima, serve comunicare, raccontando pubblicamente quel che si va facendo. Le idee vengono parlando con i diretti interessati, sia cittadini che dipendenti, e con gli operatori economici. Ascoltando le idee, valutando le soluzioni tecnologiche e, alla fine, producendo una sintesi politica». In occasione del primo congresso del Pdl tenutosi a Roma, lei è salito sul palco del Palafiera visibilmente commosso e ha parlato di una “rivoluzione moderata” in corso. Cosa ha potuto spingerla a un simile aperto entusiasmo e cosa rappresenta per lei essere uno degli artefici di questa “rivoluzione”? «No, non sono salito commosso, non è che piangessi alla partenza da casa. Mi ha commosso l’accoglienza molto calorosa, la sensazione che il lavoro fatto ogni giorno, chiuso in una stanza
con i miei collaboratori, aveva fatto breccia nel cuore dei nostri amici. Quella che ho chiamato “rivoluzione” è una grande occasione per il governo e per gli italiani». Lei vive sotto scorta ininterrottamente da venticinque anni in seguito alle minacce ricevute dalle Brigate rosse nel periodo in cui offriva consulenze al ministero del Lavoro. Come ha influito e sta influendo questa condizione di limitata libertà sul suo modo di agire, di pensare, di vivere la quotidianità anche al di fuori degli impegni istituzionali? «Non influisce per niente. Vivo sotto scorta, e non è piacevole, ma non ho mai pensato alle minacce ricevute o al delirio di chi le ha concepite. In quanto alla mia vita privata, si chiama così perché è privata. E desidero che resti tale». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 29
SCENARI POLITICI Cronaca azzurra
La dirompente forza di una politica che mira al cuore dei problemi na regione sempre più azzurra, come il suo cielo. A confermare l’avanzata del Pdl in Calabria arriva il risultato a sorpresa della Provincia di Crotone, da sempre roccaforte della sinistra, che con il voto del 6 e 7 giugno scorso è passata a sorpresa al centrodestra. Un risultato che secondo il neoeletto presidente di questa giunta provinciale, Stanislao Francesco Zurlo, detto Stano, si percepiva già nell’aria, ma che non era completamente scontato. «Anche se – dice – una volta andati al ballottaggio, abbiamo capito che la grande sorpresa si poteva verificare; essendosi ormai il voto liberato, in tanti avrebbero potuto scegliere la novità e il cambiamento». «È stata una soddisfazione immensa – continua il presidente – per il riconoscimento di fiducia e di speranza che un territorio intero, che vive momenti di estremo disagio, ha voluto riporre sulla mia persona e sulla coalizione di centrodestra che rappresento». Ma quali sono state le strategie e i programmi che hanno permesso al centrodestra di ottenere questa vittoria? «Ci siamo presentati all’elettorato proponendo un reale cambiamento e la volontà di uscire da vecchie logiche che hanno portato la nostra provincia a essere isolata e tagliata fuori per troppo tempo dal resto d’Italia», risponde in merito
U
30 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Stano Zurlo. Che sui programmi sottolinea come, in questi cinque anni in cui amministrerà, intenda mantenere gli impegni assunti in campagna elettorale, dedicando innanzitutto una grande attenzione al turismo e all’agricoltura, oltre che alla viabilità e alla manutenzione delle scuole, ai servizi sociali e ai servizi alla persona: «In questi campi useremo la fantasia e ci ispireremo a iniziative che sono state fatte altrove, applicandole in base alle nostre peculiarità. Intanto intendiamo intervenire nell’immediato su questioni delicate e fin troppo trascurate nel tempo, quali la bonifica ambientale, le infrastrutture, la strada statale 106 e l’aeroporto». Infine sarà necessario, secondo il neopresidente, porsi all’attenzione del governo nazionale, ma senza più ricorrere a modalità lamentose e orientate a richieste di carattere assistenziale, come troppo spesso è avvenuto in passato, bensì con la dignità di chi è consapevole di essere titolare di diritti per il cui riconoscimento bisogna combattere. Per una roccaforte di sinistra che vacilla rovinosamente, come appunto la Provincia di Crotone, c’è n’è un’altra in Calabria di centrodestra che si rafforza ulteriormente, ed è quella di Catanzaro, dove Wanda Ferro del Pdl lo scorso anno non solo bissava il successo del suo predecessore Michele
Un programma per ottenere risultati concreti e il sostegno del Pdl che in breve tempo ha saputo conquistare la fiducia di buona parte dei calabresi. Sono queste le carte vincenti che hanno portato alla guida della province di Catanzaro e di Crotone Wanda Ferro e Stano Zurlo. Che qui esprimono la loro soddisfazione Esmeralda Caserta
Sopra Stanislao Francesco Zurlo, presidente della Provincia di Crotone. Avvocato e imprenditore agricolo, ha iniziato la sua attività politica con Alleanza nazionale. Nel 95 è stato eletto consigliere provinciale, per una legislatura, e per due volte, nel 97 e nel 2006, è stato consigliere comunale di Crotone
SCENARI POLITICI
Traversa, dimessosi nel 2008 per candidarsi in Parlamento, ma incassava un successo elettorale eclatante, vincendo al ballottaggio con il 60,1% dei voti contro il suo avversario del Pd, Pietro Amato. Un successo questo che si può interpretare anche come una vittoria per tutte le rappresentanti del gentil sesso calabrese, se si pensa che la Ferro è la prima donna nella storia della Calabria a essere diventata presidente di una Provincia. «Segno che anche da noi sta cambiando qualcosa nella sensibilità collettiva nei confronti del femminile. Rispetto alla politica di vent’anni fa sicuramente c’è stato un cambio di rotta: al tempo della mia esperienza di assessore al comune di Catanzaro eravamo in tre le donne in giunta, ed era già una percentuale accettabile, ma qualche anno prima, per
c
È stata una soddisfazione immensa per il riconoscimento di fiducia e di speranza che un territorio intero, che vive momenti di estremo disagio, ha voluto riporre sulla mia persona
ben tre volte, due da consigliere comunale e una da consigliere provinciale, mi trovai ad essere la sola donna eletta» ricorda al riguardo la presidente. Che a proposito del suo attuale impegno in Provincia e delle politiche messe in campo in questo primo anno di mandato tiene a precisare come abbia puntato a dare continuità al lavoro del suo predecessore. «Michele Traversa – spiega – mi ha consegnato un testimone imbarazzante, per essere stato il miglior presidente che la Provincia di Catanzaro abbia mai avuto». Per quanto riguarda poi alcune materie quali la depurazione, i rifiuti, il dimensionamento scolastico, le deleghe regionali, i danni alluvionali e i tagli generali della spesa, la giunta Ferro, appena insediata, si è mossa tempe- ❯❯
d
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 31
SCENARI POLITICI Cronaca azzurra
PROVINCIA DI CATANZARO ELEZIONI DEL 13 E 14 APRILE 2008 Al ballottaggio del 28 Aprile 2008 Wanda Ferro, candidata per il Pdl della coalizione di centrodestra, è stata eletta presidente della Provincia di Catanzaro ottenendo 980.705 voti, corrispondenti al 60,1% contro i 53.681 (39,9%) del suo sfidante della coalizione del centrosinistra, Pietro Amato.
PROVINCIA DI CROTONE ELEZIONI DEL 6 E 7 GIUNGO 2009 Al ballottaggio del 21 e 22 giugno Francesco Stanislao Zurlo, candidato della coalizione del centrodestra, è stato eletto presidente della Provincia di Crotone con 32.409 voti, pari al 52,03%. Ubaldo Schifino, lo sfidante del raggruppamento di centrosinistra, si è fermato a 29.875 voti, pari al 47,96%.
❯❯ stivamente con misure d’urgenza, vista turismo come risorsa e occasione di la necessità di risolvere una serie di problemi in corso legati a questi ambiti, mentre altri provvedimenti, di più ampio respiro e di lungo corso improntati a una visione politica e amministrativa orientata a definire contenuti fortemente innovativi, sono in atto: «Oltre a mantenere alta l’attenzione sulle strade e sulle scuole provinciali, puntiamo molto sul sociale e sulla crescita collettiva della nostra comunità in ogni settore» precisa la presidente. «Abbiamo approvato la prima stesura del piano territoriale di coordinamento provinciale, che è lo strumento destinato a scrivere il futuro della nostra terra, stiamo approvando il sistema turistico locale, che sarà il volano per l’affermazione definitiva del
32 • DOSSIER • CALABRIA 2009
sviluppo, infine per la prima volta abbiamo previsto la delega all’identità provinciale, che ho trattenuto tra quelle di mia competenza. Un impegno a riscoprire tutte le tradizioni che uniscono i comuni della nostra provincia in grado di creare una rete culturale che aumenti l’attrazione della nostra terra». In futuro, poi, la Ferro pensa di focalizzare la sua attenzione sull’osservatorio provinciale sulla sanità: «Si tratta – spiega – di uno strumento innovativo che caratterizza questa legislatura, perché ogni ente, quindi anche la Provincia, deve poter intervenire sui problemi che interessano la salute dei cittadini con un’azione di sorveglianza e di controllo». Rispetto al successo elettorale incas-
Wanda Ferro, presidente della Provincia di Catanzaro. Ha iniziato la sua attività politica nel 94 come socio fondatore del primo circolo di Alleanza nazionale in Calabria; dal 97 al 2001 è stata consigliere comunale di An a Catanzaro e nel 2004 consigliere provinciale
SCENARI POLITICI L’OPINIONE Irrobustire il tessuto produttivo, utilizzare i fondi europei nei settori chiave e migliorare le infrastrutture. Sono questi gli ingredienti per dare nuova linfa alla regione secondo Sergio Abramo di Federico Massari
S
e la Calabria vuole rimanere al passo con il resto del Paese, deve utilizzare i finanziamenti europei di cui dispone. Questo in sintesi il pensiero di Sergio Abramo (nella foto), ex primo cittadino di Catanzaro e attualmente consigliere regionale. Soprattutto in relazione ai settori chiave dello sviluppo come la ricerca, l’innovazione e l’ambiente. «Sono convinto – sottolinea Abramo – che la nuova Calabria debba partire da qui. In questi campi le nostre università detengono un ruolo chiave. E potrebbero rappresentare una ricchezza per lo sviluppo della regione». Ma non è finita qui. Il consigliere regionale azzurro è un fiume in piena. Riprende fiato e affonda il colpo: «Alla Calabria occorre una nuova classe dirigente al pari di quella che oggi guida il Paese. E questo è ciò che il centrosinistra, in quattro anni di governo, non ha saputo dare». Qual è la situazione della Calabria in questo momento? «Partirei dalla questione storica e pur sempre drammatica che contraddistingue la situazione calabrese, che è quella dell’occupazione. In Calabria si concentra ancora una
c
Ormai il centrodestra rappresenta meglio di ogni altro partito le istanze e le attese della gente, che sono soddisfatte attraverso la politica del fare e ricorrendo a un linguaggio diretto alla risoluzione dei problemi
d
delle più alte percentuali di disoccupazione giovanile. Quanto poi è emerso dal rapporto Svimez la dice lunga sullo stato di cose in cui vive la mia regione: -31% nell’edilizia, un lavoratore su due in agricoltura è in nero, pur se il settore fa segnare un -0,8%. C’è un utilizzo sbagliato dei finanziamenti europei, ma anche nazionali e regionali». Faccia un esempio. «Il turismo, che in Calabria dovrebbe essere uno dei settori trainanti, è ancora un turismo di tipo familiare e ha ritmi che al di là dei mesi estivi, non produce né reddito né, tantomeno, occupazione. Ciononostante si continuano a dare fondi europei per la costruzione di nuovi alberghi». Qual è la sua ricetta per arginare queste falle? «La Calabria deve fare i conti soprattutto con se stessa. E li deve fare irrobustendo il proprio tessuto produttivo. Si tratta di realtà produttive di gran livello, che però raramente riescono a inserirsi nei mercati che contano e, quindi, a dispiegare le loro grandi potenzialità. Per questa ragione la Calabria deve dotarsi di infrastrutture moderne come l’autostrada A3 e la
SS106. Anche il Ponte sullo stretto è una opportunità che non dobbiamo perdere. Di contro, il porto di Gioia Tauro non riesce a esprimere tutte le sue capacità di produrre sviluppo e occupazione, mentre potrebbe essere il volano non solo in quell’area, ma nell’intera Calabria. Così come l’area di Lamezia Terme, che potrebbe essere un punto di rilancio produttivo, non solo per la zona catanzarese, ma per l’intera fascia di territorio che va dalla costa tirrenica a quella ionica».
sato dal Popolo della Libertà a livello di amministrazioni provinciali in tutta Italia, Wanda Ferro e Stano Zurlo concordano nel riconoscere che si tratta di una vittoria dovuta alla maggiore credibilità che ha caratterizzato, su tutti i piani di governo, il centrodestra in campo amministrativo. Secondo la presidente della provincia di Catanzaro, questo dato e il sempre maggiore ridimensionamento della sinistra denotano chiaramente come il tempo degli slogan e della demagogia a buon mercato stiano per tramontare definitivamente: «Il centrosinistra, in ambito nazionale, dovrà fare una riflessione che è utile a tutti coloro che aspirano a una semplificazione della politica e a un bipolarismo compiuto: bisogna stare tra la gente e
non sopra la gente, pensare ai problemi e non soltanto evidenziarli, trovare una precisa identità e non ragionare sul fatto che l’unione tra le forze politiche serva soltanto a fare una somma algebrica. Mi auguro comunque che non vadano alla deriva nell’interesse della nostra stessa classe politica, perché occorre sempre un’opposizione forte che sia da stimolo alla nostra crescita futura». Un’analisi, questa della Ferro, in tutto condivisa anche da Stano Zurlo, che, facendo eco alla collega, aggiunge: «Ormai il centrodestra rappresenta meglio di ogni altro partito le istanze e le attese della gente, che vengono soddisfatte attraverso la politica del fare e ricorrendo a un linguaggio diretto alla risoluzione dei problemi». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 33
LA POLITICA DEL FARE L’impegno per la Calabria
La vera leadership è nella lungimiranza e nel coraggio delle scelte Prevedere prima di provvedere è regola di buona amministrazione. Questa la linea guida del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti che fa degli interessi della collettività «il fine ultimo di ogni sua azione amministrativa». E punta a creare una classe dirigente «che sa guardare al di là delle logiche di schieramento» Giusi Brega
l Sud ha enormi risorse che si traducono in un elevato potenziale di crescita economica. Ma oggigiorno sconfiggere l’arretratezza del Meridione d’Italia vuole anche dire sconfiggere un certo modo di fare politica e di gestire la cosa pubblica. Lo sa bene il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti, considerato uno dei più amati primi cittadini d’Italia in virtù della sua capacità di amministrare la città senza mai perdere di vista «l’interesse della collettività». Una collettività che vuole e deve essere coinvolta nei processi decisionali che la riguardano, forte della certezza di essere amministrata da una classe politica locale che fa della progettualità uno «strumento operativo di azione». Che, insieme alla lungimiranza e «al coraggio delle scelte», ha permesso a Reggio Calabria di «diventare una delle metropoli del Mediterraneo».
I
34 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Fino a pochi decenni fa si diceva che la buona amministrazione fosse prerogativa del centrosinistra. Che cosa è cambiato? «La lotta di classe, che ha caratterizzato il dopoguerra fino alla prima metà degli anni Novanta, è stato il seme che ha consentito alla sinistra di governare e amministrare per quasi mezzo secolo. Ma quando la società italiana, sulla spinta del cambiamento che ha riguardato l’occidente industrializzato, si è accorta dell’incapacità della sinistra nel progettare e gestire i nuovi processi avviati dalla globalizzazione, ha preferito le politiche liberiste al vecchio stato sociale, divenuto ormai anacronistico. È
Giuseppe Scopelliti, sindaco di Reggio Calabria
LA POLITICA DEL FARE
c
Saper scegliere significa non farsi condizionare dalle vecchie logiche della politica, guardare a interessi che non siano diversi da quelli della collettività
cambiato proprio il modo di concepire le strategie politiche e dello sviluppo italiano nel contesto del mondo postindustriale». Lei è tra i sindaci più amati d’Italia, forte della sua capacità di coinvolgere direttamente i cittadini nelle scelte comuni. Quanto la politica della progettualità e della programmazione è importante per la buona gestione di un Comune? «In tutti questi anni è stato il cittadino a dare forza al nostro progetto con suggerimenti, ma anche attraverso la critica costruttiva. Nelle assemblee popolari, negli incontri con i rappresentanti delle as-
d
sociazioni di categoria, con gli ordini professionali, con il mondo culturale abbiamo avuto la pazienza di ascoltare, di confrontarci anche con quanti, rispetto ai nostri programmi, avevano una concezione radicalmente diversa del problema che si andava ad affrontare. È vero, inizialmente ha rappresentato un punto di debolezza ma in seguito si è rivelato un vero punto di forza. Infatti, la città non era abituata ad assistere a vari processi di preparazione e progettualità che oggi le hanno consentito di raggiungere il prestigioso conferimento di “Città metropolitana” e, nel tempo, di diventare una delle metropoli del Mediterraneo». ❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 35
LA POLITICA DEL FARE L’impegno per la Calabria
c
❯❯ Tra le doti di un buon amministratore, lei ha
segnalato “il coraggio di fare delle scelte serie”. Quali sono le scelte coraggiose che auspica per la sua regione? «Saper scegliere significa non farsi condizionare dalle vecchie logiche della politica, guardare a interessi che non siano diversi da quelli della collettività. Alcune scelte, a volte, sembrano impopolari, poi quando ci si convince della loro efficacia e della loro bontà, ricevono forza dal consenso della gente. Potrei fare decine di esempi, ma preferisco far riferimento alle capacità che mi hanno consentito di innescare un processo culturale virtuoso che oggi fa parte del nuovo modo di pensare dei giovani della mia città. La regione può uscire dall’isolamento in cui l’attuale classe politica ha contribuito a relegarla solo se ha il coraggio di cambiare, di mettere da parte interessi settoriali, di puntare su una classe dirigente che sa guardare al di là delle logiche di schieramento». Lei ha detto che si aspetta che il governo presti maggior attenzione a tutti i sindaci e a tutte le amministrazioni locali, specie quelle del Mezzogiorno. Nella fattispecie, come dovrebbe tradursi questo atteggiamento? «Oggi noi sindaci del Mezzogiorno chiediamo che la stagione federalista sia contraddistinta da scelte che dovranno partire dal basso, quindi dai territori».
36 • DOSSIER • CALABRIA 2009
La città non era abituata ad assistere a vari processi di preparazione e progettualità che oggi le hanno consentito di raggiungere il prestigioso conferimento di “Città metropolitana”
d
LA POLITICA DEL FARE
Una virtuosa tra i fannulloni Nell’immaginario collettivo tra i politici italiani ci sono molti fannulloni, tanto da richiedere a gran voce l’intervento del ministro Brunetta. Ma c’è anche chi, come Angela Napoli, lavora per ridare ai cittadini fiducia nelle istituzioni Giusi Brega
Angela Napoli, eletta in Calabria nelle liste del Pdl, è la deputata più attiva in Parlamento, secondo una classifica elaborata dall’osservatorio di Cittadinanzattiva, Controllo cittadino e Openpolis sulla base dei dati del primo anno di attività delle Camere
oco presente, poco attivo, poco propositivo. Questo l’identikit del parlamentare medio italiano. Nulla a che vedere con la “cultura del fare” tanto cara al premier. In questo contesto, la deputata del Pdl Angela Napoli, si distingue per il suo impegno, tanto da risultare «la più attiva del Parlamento» con le sue svariate proposte di legge inserite nei disegni governativi. Approvata la sua proposta istitutiva della Commissione parlamentare antimafia, altre sono già in discussione. «Disposizioni in materia di organizzazione del servizio sanitario nazionale, stato giuridico degli insegnanti, modifiche del codice penale in materia di violenza sessuale, istituzione del ruolo di complemento dei magistrati onorari, disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione» specifica l’onorevole. Tanto da fare, quindi, e soprattutto, farlo bene. Lei è risultata essere la più virtuosa tra i parlamentari. Quanto è importante dare un’immagine di una classe politica attiva e operosa in un’epoca in cui la fiducia dei cittadini nei politici è messa continua-
P
mente a dura prova? «L’essere risultata la più attiva tra i deputati italiani mi riempie d’orgoglio per la nostra Calabria. I cittadini perdono la fiducia nelle istituzioni, e in particolare verso il mondo politico, perché per lo più gli eletti si disinteressano dei vari problemi. Nel politico in genere prevale la cura del proprio “orticello” piuttosto che l’interesse per il bene comune, sanando ciò che incide negativamente sulla vita quotidiana dei cittadini. Occorrerebbe essere attivi e accettare anche il sacrificio della propria privacy. Ma, soprattutto, bisognerebbe svolgere la propria attività politica in modo credibile, allontanando ciarpami, veleni e corruzioni». Il Parlamento sta smarrendo la sua funzione propositiva: in un anno, 61 ddl presentati dall’esecutivo trasformati in legge (90%), a fronte dei solo 7 di iniziativa parlamentare (10%). A cosa è dovuta questa tendenza? «Non v’è dubbio che chi è chiamato in Parlamento a rappresentare e risolvere le istanze dei cittadini non sempre viene posto nelle condizioni di svolgere correttamente tale ruolo. Spesso il deputato diventa protagonista solo se riesce a “pigiare” i bottoni in aula un elevato numero di volte o a essere attivo sul territorio di residenza. Sicuramente la pesante situazione ereditata dal governo Berlusconi, congiunta con la crisi internazionale e le numerose calamità naturali abbattutesi sull’Italia, hanno imposto una serie di interventi legislativi e non, tali da richiedere attività pragmatica che ha portato a sminuire la funzione propositiva del Parlamento. Tuttavia, se è pur vero che le proposte di iniziativa parlamentare approvate sono minime rispetto a quelle proposte dal governo, è altrettanto vero che queste ultime hanno assorbito molte delle prime». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 37
CONFINI PIÙ SICURI Francesco Nitto Palma
L’Italia non sarà più un porto franco per i clandestini È stato approvato al Senato il pacchetto che introduce una serie di nuove norme come il reato di immigrazione, l’istituzione dei volontari per la sicurezza, il prolungamento della permanenza nei centri di identificazione ed espulsione degli extracomunitari e l’inasprimento del 41 bis per i reati di mafia. La legge sulla sicurezza spiegata dal sottosegretario all’Interno Francesco Nitto Palma Federico Massari
urante i primi giorni di luglio è stato varato il nuovo pacchetto sicurezza, passato al Senato con 157 voti favorevoli. La normativa simbolo del ddl, è sicuramente quella riguardante il reato di immigrazione clandestina. Da oggi l’extracomunitario che arriverà in Italia senza permesso di soggiorno potrà essere trattenuto nei Cie fino a 180 giorni contro i 60 del recente passato. «Non erano sufficienti per procedere alle identificazioni e quindi al rimpatrio di chi clandestinamente entrava nel nostro Paese», commenta il sottosegretario Palma, che aggiunge: «I clandestini non rischiano l’arresto, ma un’ammenda che andrà da 5mila a 10mila euro o l’espulsione immediata». La norma renderà inoltre possibile denunciare i clandestini all’autorità
D
38 • DOSSIER • CALABRIA 2009
giudiziaria. Tempi duri anche per coloro che affitteranno stanze a stranieri non in regola: questi rischiano fino a tre anni di reclusione. Sempre secondo il pensiero del sottosegretario, il nuovo pacchetto sicurezza introduce importanti novità anche in materia di lotta alla mafia. «Le norme del 41 bis sono state inasprite – conferma il senatore –. Aumenterà a quattro anni la durata del carcere duro per chi è accusato di mafia e sono state stipulate nuove norme anche per contrastare le infiltrazioni mafiose negli enti locali». Ma c’è di più. Per quanto riguarda il racket, il senatore sbroglia una vecchia matassa:
Francesco Nitto Palma. Nel 2008 è stato rieletto senatore come capolista del Pdl in Calabria ed è stato nominato sottosegretario al ministero dell’Interno nel quarto governo Berlusconi
CONFINI PIÙ SICURI
«Da ora in poi gli imprenditori dovranno denunciare le richieste di pizzo: pena l’esclusione dal novero delle aziende autorizzate a partecipare a gare d’appalto». Da oggi non sarà più così semplice per un extracomunitario entrare in Italia? «Consentiremo di entrare regolarmente alla gente nel nostro Paese, di lavorare regolarmente se, a sostegno di questa regolarità di lavoro, possiamo porre in essere tutti gli strumenti idonei per l’integrazione. Ma nel contempo cerchiamo di reprimere con il rigore necessario, a favore dei cittadini italiani, qualsiasi forma di illegalità. Forse è il caso di ricordare che entrare clandestinamente in un Paese è un comportamento assolutamente illegale in qualsiasi parte del mondo. Adesso tutto questo è illecito anche in Italia». Come gestirete l’emergenza di colf e badanti che sarebbero fuori norma, secondo la nuova legge? «Su questo punto esiste una notevole attenzione da parte del governo. Attualmente c’è un dibattito in corso tra il ministero del Lavoro e il ministero dell’Interno. L’idea è quella di procedere mediante il riconoscimento di una posizione di fatto che è stata negli anni espressa dalle colf e dalle badanti, così da cercare di arrivare a una disciplina che impedisca il più possibile qualsiasi forma di accanimento repressivo nei confronti di
RONDE Associazioni di volontari potranno segnalare alle forze dell’ordine situazioni di pericolo. Saranno disarmate, iscritte in elenchi e formate prioritariamente da ex agenti
STOP AI WRITER Carcere fino a tre mesi per chi imbratta beni di interesse storico. Fino a sei mesi se si sporcano immobili o mezzi pubblici. Ammenda per chi vende bombolette di vernice ai minori
queste categorie». Dario Franceschini ha recentemente affermato che il nuovo provvedimento sulla sicurezza è il prezzo che il governo paga alla Lega ed è un danno per il Paese. Cosa ne pensa di queste dichiarazioni? «Io ricordo ancora quando durante il governo Prodi, il ministro dell’Interno Giuliano Amato, emanò il decreto sicurezza dopo la morte della signora Giovanna Reggiani. Forza Italia, An, Lega e Pd, raggiunsero un accordo che saltò a causa della contrarietà della sinistra radicale. E non se ne fece sostanzialmente più nulla. Sicuramente in quel caso l’allentamento sulla sicurezza dei cittadini italiani fu un prezzo che il Pd pagò ai suoi compagni di avventura della sinistra radicale. Per quanto concerne invece il nostro provvedimento, non credo che il governo stia pagando un prezzo alla Lega. Si tratta di un provvedimento che è rivolto verso la sicurezza dei cittadini. Se sarà o non sarà un danno per il Paese lo dimostreranno i fatti. Se penso che, secondo le parole di Franceschini e del Pd, l’accordo intercorso tra il governo italiano e quello libico era privo di contenuto, ribadisco a lor signori che da circa un mese e mezzo non si registriamo più sbarchi. Se tanto mi da tanto, penso che Franceschini stia facendo solo della propaganda». Anche il Vaticano si è dichiarato contrario a questo pacchetto sicurezza, definendolo una “legge che porterà dolore e che demonizzerà lo straniero”. «Diciamo semplicemente che si sono espressi tutti. Io dico solo che questo decreto è assolutamente in linea con la nostra Costituzione. Ne è prova il fatto che il capo dello Stato lo ha firmato. Quello che importa delle leggi è la sintonia con l’impianto costituzionale. Ciò che ritengo fondamentale è che mediante questa norma si interviene in maniera seria, su importanti fenomeni che in passato sono stati troppo spesso tralasciati, lasciando che si sviluppassero all’interno della popolazione italiana. Popolo che non è mai stato razzista, neanche quando c’erano le leggi razziali. Occorre doverosamente ricordare che gli italiani hanno protetto gli ebrei: una passata legislazione demagogicamente buonista ha portato all’intolleranza». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 39
L’ISTRUZIONE DEL FUTURO Giuseppe Pizza
La scuola secondo Gelmini Niente bluff solo merito e serietà Una serie di provvedimenti per affrontare problemi vecchi e nuovi che non potevano più attendere. Pena il totale sfacelo del sistema scolastico italiano. Il sottosegretario alla Pubblica istruzione Giuseppe Pizza fa il punto dell’attuale situazione indicando i terreni su cui questo delicato ministero si andrà in futuro a confrontare Marilena Spataro
na riforma della scuola, quella voluta dal ministro alla Pubblica istruzione Maristella Gelmini, che appena varata ha suscitato un’ondata di proteste da parte di alunni e genitori, ma che alla prova dei fatti sta dimostrando di possedere tutti i requisiti necessari per incidere positivamente e a tutto campo sulle politiche scolastiche. «Gli ambiti in cui i nuovi provvedimenti hanno dispiegato i loro maggiori effetti sono quelli dell’importanza e della serietà degli studi e della riorganizzazione dell’intero sistema scolastico» spiega il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza. A conferma di questo ritrovato rigore arrivano, peraltro, i dati relativi alla chiusura dell’anno scolastico e ai risultati degli esami di maturità. «I nuovi provvedimenti sulla valutazione finale degli alunni introducono una maggiore re-
U
42 • DOSSIER • CALABRIA 2009
sponsabilizzazione dei docenti e del consiglio di classe, chiamati a decidere se ammettere o meno l’alunno alla classe successiva dopo un’attenta valutazione del percorso scolastico e della capacità dello studente, non trascurando, però, una puntuale e tempestiva informazione delle famiglie sugli esiti di apprendimento dei giovani studenti». Il sottosegretario tiene a ribadire come con la nuova normativa si torna a una scuola del rigore, della serietà e della chiarezza. «Tale attenzione è confermata anche dal processo di riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali e dei Licei».
Giuseppe Pizza è attualmente sottosegretario a Istruzione università e ricerca. Ex democristiano, alle elezioni del 2008 ha aderito alla coalizione guidata dal Pdl
L’ISTRUZIONE DEL FUTURO
Ad oggi si è potuto riscontrare qualche cono d’ombra in questa riforma su cui occorrerà intervenire con aggiustamenti? «È indubbio che la complessità del processo richiederà interventi di aggiustamento e di riallineamento delle norme, basti pensare allo stretto collegamento tra modifiche degli ordinamenti, formazione iniziale e in servizio degli insegnanti e revisione delle classi di abilitazione. Tuttavia si può dire che in questo primo anno di legislatura l’obiettivo di dare alla scuola maggiore rigore e trasparenza nel raggiungimento degli obiettivi è stato perseguito adeguatamente. Questo può costituire la premessa per un avvio efficiente del prossimo anno scolastico». Da più parti si teme che i tagli di spesa previsti dalla riforma per la razionalizzazione del sistema della scuola possano in qualche modo influire negativamente sulla qualità dei servizi scolastici. È vero? «Mi sembra opportuno fare riferimento alla ricerca Ocse, che fotografa una scuola che così com’è non è adeguata alle necessità del Paese e sottolinea un confronto con le altre nazioni europee per molti aspetti impietoso. L’Ocse auspica un’azione riformista e suggerisce provvedimenti urgenti. Mentre da più parti si paventa che il taglio delle ore comporti un taglio della qualità della didattica, l’Ocse ci dimostra che un numero eccessivo di ore di insegnamento non è sintomo di qualità, e come, invece, non ci sia alcun legame tra numero di ore svolte in classe e qualità della didattica». La recente riforma sul federalismo fiscale e quella della scuola come si intrecciano tra loro? ❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 43
L’ISTRUZIONE DEL FUTURO Giuseppe Pizza
5,7%
È LA PERCENTUALE DI BOCCIATI QUEST’ANNO AGLI ESAMI DI MATURITÀ. TREMILA IN PIÙ RISPETTO ALLO SCORSO ANNO
❯❯ «L’approvazione della legge sul federalismo fi-
scale costituisce un passaggio importante e decisivo, andava rapidamente e concretamente attuato l’articolo 119 della Costituzione relativo all’autonomia finanziaria di regioni, province, città metropolitane e comuni; un’esigenza sentita dalla maggior parte delle forze politiche, consapevoli che il successo della nuova configurazione istituzionale passa necessariamente per una rapida e coerente responsabilizzazione finanziaria di tutti i livelli di governo. Per quanto riguarda la scuola, il decentramento istituzionale ha implicazioni dirette e rilevanti sui criteri e sulle modalità di finanziamento della “funzione” istruzione. Implicazioni, peraltro, da più parti rilevate immediatamente dopo la riforma del 2001, quando fu chiaro che questa non avrebbe potuto decollare senza la rapida attuazione del suddetto articolo 119 che detta i principi del federalismo fiscale». Cosa cambia nello specifico nei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali? «Vorrei sottolineare in primo luogo la grande coerenza che collega sistemicamente le funzioni istituzionali e le competenze dei diversi livelli di governo desunti dall’articolo 117 della Costituzione e le modalità di finanziamento delle spese correlate all’esercizio di dette funzioni. La legge sul federalismo fiscale al comma 2 dell’articolo 8 si preoccupa, inoltre, di inserire un elemento di flessibilità in materia di istruzione: gli esiti del confronto istituzionale tra Stato e regioni, attualmente ancora in corso, saranno “automaticamente” classificati come livelli essenziali di prestazione e, dunque, saranno finanziati nelle forme e con gli strumenti previsti. Sempre in materia di istruzione, infine, il comma 3 dell’articolo 8 precisa che nelle spese per garantire i livelli essenziali delle prestazioni sono com-
44 • DOSSIER • CALABRIA 2009
prese, tra le altre, le spese per lo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di istruzione attribuite alle regioni dalle norme vigenti». Quanto al gap, sia a livello di strutture scolastiche che di didattica, tra il Nord e il Sud del Paese, come state agendo per colmarlo? «Il divario territoriale del Paese indubbiamente si riflette anche sul sistema scolastico. D’altra parte appare inevitabile che ciò accada, considerate le diversità economiche e socio-culturali dei contesti in cui le scuole operano nelle diverse parti del Paese. Il ministero utilizza da più anni le risorse dei Fondi strutturali europei allo scopo
L’ISTRUZIONE DEL FUTURO
2007
2008
Esami di terza media studenti non ammessi
2,1%
4,4%
2008
2009
2009 Fonte: www.istruzione.it
32.164
2006
31.830
15.630
respinti e non ammessi
41.941
Maturità
di ridurre tale divario e di migliorare la qualità del servizio scolastico con un insieme di interventi programmati a favore delle scuole delle regioni meridionali». Finora cosa è stato realizzato grazie ai finanziamenti europei? «Attraverso il sostegno comunitario sono stati compiuti molti passi avanti in direzione della riduzione delle criticità legate all’eterogeneità socio-economica dei contesti territoriali. Anche per il periodo 2007/2013, l’utilizzo di tali fondi è finalizzato a ottenere consistenti miglioramenti della qualità della scuola nei suoi diversi aspetti: preparazione del personale, qualità dell’offerta formativa, delle infrastrutture, degli strumenti didattiche e dei laboratori. Con il programma autorizzato dalla Commissione europea per il periodo 2000/2006 è stato effettuato un investimento piuttosto consistente pari a 830 milioni di euro, ancorché sottodimensionato rispetto al fabbisogno. Tuttavia le risorse sono state utilizzate completamente e proficuamente e si possono registrare risultati positivi». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 45
SICUREZZA SUL LAVORO Antonio Gentile
I risultati arrivano con prevenzione e chiarezza d’intenti Il governo non concede sconti sulla sicurezza. Ma è necessario l’impegno di tutti, dalle Regioni alle associazioni di categoria, per contrastare il fenomeno degli incidenti sul lavoro. È questa l’opinione del senatore Antonio Gentile, che lancia un appello ad essere «ancora più coesi», per affrontare la questione dei lavori ad alto rischio Sarah Sagripanti
ra le tante percentuali in negativo che hanno segnato l’andamento dell’Italia nel 2008, ce ne sono alcune che invece di diffondere pessimismo, rappresentano un segnale di speranza, seppure nella drammaticità del fenomeno. Sono le cifre degli incidenti sul lavoro, che diminuiscono progressivamente, seguendo un andamento in atto già da alcuni anni. In linea con il dato nazionale, anche la Calabria nel 2008 ha visto calare il numero di incidenti, anche di quelli mortali. «Un risultato positivo, che arriva a conferma di una seria politica di prevenzione», commenta Antonio Gentile, senatore calabrese del Pdl e membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle morti bianche. Nel 2008 i dati Inail hanno segnato il minimo storico per quanto riguarda gli infortuni e le morti bianche. Secondo lei a cosa è dovuto questo risultato? «Credo che si sentano gli influssi di una seria politica di prevenzione, basata sulla persuasione e sul rapporto franco e leale con le imprese e le parti sociali. Il ministro Sacconi è un riformista di assoluto valore che privilegia la strada del dialogo a quella
© Arena Foto / GIACOMINOFOTO / Fotogramma
T
46 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Antonio Gentile, senatore del Pdl, è nato a Cosenza. È membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle morti bianche e della Commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia
© Michael Flippo - Fotolia.com
SICUREZZA SUL LAVORO
TREND INFORTUNISTICO 2001-2008 Tutte le attività (industria, agricoltura, servizi) Fonte: dati Inail, Rapporto annuale 2008
49
47,4 47
45,3
45
43,9
43
43,1 41,7 40,4
41
39,3
39
37,4 37 2001
1.120 INFORTUNI I casi registrati lo scorso anno in Italia su 875mila infortuni complessivi, per una flessione del 7,2%
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
della repressione pura. Direi che il problema va affrontato nella sua complessità. Il governo sta scegliendo la via della defiscalizzazione del lavoro e dell’alleggerimento del suo costo, ma ha fissato paletti insormontabili nel rispetto della normativa vigente». Crede che l’Italia sia sulla strada giusta per combattere il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche? «I dati ci dicono di sì e ci inducono a sperare in una ulteriore riduzione. C’è da dire che il problema va affrontato sia per quanto riguarda gli aspetti di legalità che di tutela della legge 626/96. In materia di sicurezza c’è la necessità di essere ancora più coesi affrontando de visu la questione relativa ai cantieri e ai lavori ad alto rischio». Nonostante i dati positivi, il fenomeno resta
sempre rilevante. Dove risiedono le cause primarie: nel sistema normativo, nella mancanza di cultura o in cos’altro? «Non credo che ci sia un problema normativo, visto che la 626 e le sue modificazioni sono l’esempio di un’impalcatura legislativa robusta. C’è una questione di sottocultura che alligna in alcuni settori del Paese, ma c’è anche da consapevolizzare il modello concertativo tra imprese e sindacato, che non ha dato i risultati sperati. Occorre rivedere la visione stessa del lavoro, inteso come cessione di un’opera e non, invece, come partecipazione attiva ad un processo di produzione». Quali sono, quindi, gli interventi normativi più importanti realizzati dal governo e quali quelli che ancora devono essere realizzati sul tema? «Nel pacchetto anticrisi si ribadisce la centralità del lavoro, così come sono state reiterate misure positive per le imprese. Credo che la strada scelta sia quella giusta». Qual è il compito della Commissione d’inchiesta cui lei fa parte e cosa è stato svolto finora? «La commissione nasce dalla volontà di essere vigili su una serie di situazioni in itinere; il presidente Tofani (Oreste, ndr) sta sviluppando una attività intensissima per raggiungere risultati fino a ieri insperati. Il ruolo della commissione è anche quello di verificare in maniera attenta l’attività esercitata dalle Regioni sui protocolli che le grandi imprese attuano in materia. Non è una commissione pletorica e sta lavorando intensamente con unitarietà di intenti e senza divisioni artificiose». Tutelare la sicurezza dei lavoratori è ancora più difficile laddove si sommano fenomeni di illegalità. Come occorre muoversi per supportare le imprese e garantire contemporaneamente legalità e sicurezza? «Ho molta stima di Confindustria e del suo presidente nazionale, Emma Marcegaglia. Ho visto che l’associazione in regioni come la Sicilia ha scelto una linea intransigente su questo terreno. Nella mia terra, in Calabria, non è stato fatto altrettanto. Si parla a sproposito di legalità in molti casi e poi, magari, si fa finta di non sapere che ci sono imprenditori contigui alla criminalità. È troppo facile prendere le distanze dopo. Confindustria può essere la giusta chiave, insieme alle altre associazioni che tutelano le imprese, per contrastare l’illegalità». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 47
CONTROCANTO Dorina Bianchi
Per un Pd moderno e riformista Tra Marino e Franceschini scelgo il secondo i sono certi temi sui quali, al di là di bagarre politiche o contrasti di partito, talvolta il nostro Parlamento raggiunge un accordo bipartisan. La responsabilità professionale dei medici è uno di questi. In Italia ogni anno sono sempre più frequenti le denunce di pazienti nei confronti di medici accusati di malpractice nello svolgimento della loro attività. Non esistono dati certi, ma il fenomeno contribuisce ad aggravare la già fortemente intasata giustizia italiana. In queste settimane è all’esame del Senato uno schema unificato di disegno di legge su questa materia. L’obiettivo è rendere più veloce ed efficiente il contenzioso. Insieme a Laura Bianconi e al relatore Michele Saccomanno, entrambi del Pdl, il testo porta la firma della senatrice Dorina Bianchi, capogruppo del Pd in Commissione sanità del Senato. Qual è la principale novità che si propone di introdurre il disegno di legge? «La responsabilità medica attualmente presuppone la condotta colposa del medico per imperizia, negligenza, imprudenza in rapporto causale con il danno, ossia per lesioni o morti. Tale reato, o sanzione penale, comporta il risarcimento del danno. Il paziente può agire in sede
C
56 • DOSSIER • CALABRIA 2009
civile o penale. La novità di questo disegno di legge è di prevedere un’autonoma responsabilità delle strutture sanitarie, nella persona del legale rappresentante, per carenze o inefficienze organizzative, eccetto i casi di condotte colpose del medico. L’ipotesi è quella dei danni provocati da fenomeni di disorganizzazione dell’ospedale, come mancanza di strutture, di personale, mancato monitoraggio dei rischi o degli eventi avversi». Le responsabilità, quindi, ricadrebbero sulle strutture sanitarie e non sul singolo medico? «No, in caso di colpa la responsabilità rimane del singolo medico. Ma subentrano anche responsabilità delle
Medico calabrese e senatrice del Pd. Dorina Bianchi, capogruppo del partito in Commissione sanità, punta su un accordo bipartisan per la responsabilità professionale dei medici. E riflette sul futuro del suo partito, in vista della nomina di ottobre alla segreteria nazionale. Dove conferma Franceschini Sarah Sagripanti
❯❯
Dorina Bianchi, medico neuroradiologo, è nata a Crotone. Senatrice del Pd, è capogruppo del suo partito in Commissione sanità
CONTROCANTO Dorina Bianchi
❯❯ strutture. Queste, al momento del- settimane che hanno seguito la pro-
I candidati scesi in campo per la segreteria del Pd sono tutti autorevoli, forse la candidatura di Marino è troppo settoriale. Io preferisco Franceschini
58 • DOSSIER • CALABRIA 2009
l’accettazione di un paziente, devono non solo erogare cure, servendosi dei propri dipendenti, ma hanno obblighi connessi alla sicurezza dei macchinari, a un organico sufficiente, a una corretta vigilanza sui rischi». I contenziosi aperti dai pazienti per casi di malpractice in Italia sono tantissimi, e la maggior parte si concludono con un’assoluzione per il medico. Quali sono secondo lei le motivazioni che spingono tanti pazienti a un’azione giuridica? «Credo che i contenziosi siano in aumento in virtù di una mancata comunicazione tra medico e paziente. Basterebbe migliorarla perché questi diminuiscano. C’è inoltre una grande facilità degli avvocati nell’intraprendere queste cause e ciò comporta due conseguenze. Da una parte sono pochissimi i pazienti realmente risarciti, con tempi lunghissimi, e ciò va a discapito di chi ha subito un danno oggettivo. Dall’altra aumenta la cosiddetta medicina difensiva: per evitare il rischio di un percorso giudiziario, i medici ricorrono spesso a indagini inutili o gravose per i pazienti». In questo momento la sanità calabrese vive un momento di forte bufera. Crede che in futuro si possa arrivare a una sua gestione virtuosa? «Nella sanità calabrese ci sono criticità fortissime, ma anche molte buone esperienze che andrebbero valorizzate. Bisogna però avere la coscienza e la forza di chiudere ciò che va chiuso, di cambiare le realtà non solo con dei tagli, ma con delle ristrutturazioni. Occorrono cambiamenti all’interno della sanità pubblica e privata. È un lavoro che andrebbe fatto in Calabria, ovviamente con una supervisione a livello centrale». Parlando invece di politica, nelle
posta delle candidature nazionali alla segreteria del partito, il dibattito è stato molto acceso. Perché ogni volta che ci si avvicina alle primarie scoppiano polemiche all’interno del partito? «Il confronto fa parte della dialettica di un partito. Bisogna considerare che il Pd viene fuori da una sconfitta elettorale, da un passaggio di segreteria da Veltroni a Franceschini, che nonostante il breve periodo ha lavorato bene. I candidati scesi in campo sono tutti autorevoli, forse la candidatura di Marino è troppo settoriale. Io preferisco Franceschini». Si dice che con queste candidature il partito abbia perso l’occasione di scegliere il nuovo. Perché non sono emersi i giovani che pure erano presenti nella campagna elettorale di Veltroni? «Non sono molto d’accordo sulla necessità di scegliere i giovani, perché il segretario di partito deve avere esperienza politica. Al di là della “moda” dei giovani, è però vero che ci deve essere un ricambio generazionale. Mandare avanti i giovani non vuol dire gettarli improvvisamente dalla periferia alla segreteria del secondo partito nazionale italiano, che si propone di essere governativo. La componente giovanile deve essere in equilibrio nel partito, senza arroccamenti di posizione. I capolista di molte circoscrizioni italiane sono stati dei giovanissimi, voluti dallo stesso Veltroni. Eppure questa scelta non è stata premiata. Dobbiamo lavorare molto sui contenuti: uno di questi è sicuramente la necessità di non avere una società immobile. Su questo faccio un esempio: quando sono stata eletta la prima volta, avevo 34 anni e mi dicevano che ero troppo giovane».
DIRITTI DEL CONSUMATORE Ugo Ruffolo
Solo con la consapevolezza il consumatore può tutelarsi da truffe e raggiri Norme in grado di tutelare i diritti del cittadino. E che mettano le aziende di fronte alle loro responsabilità. In questo ambito, secondo l’autorevole parere dell’avvocato Ugo Ruffolo la nostra legislazione più che carente, è poco incisiva Marilena Spataro
on c’è telespettatore in Italia che non riconosca in lui uno strenue difensore dei consumatori e dei cittadini contro abusi commerciali e truffe di ogni genere. È Ugo Ruffolo, avvocato, docente universitario di Diritto civile a Bologna presso la facoltà di Giurisprudenza, e ospite permanete in qualità di esperto della trasmissione Mi manda Raitre il programma televisivo che dagli inizi degli anni 90 si occupa di diritti dei consumatori. E se oggi Ruffolo è un personaggio famoso tra il grande pubblico è grazie alle sue illuminanti consulenze settimanali fatte negli studi della fortunata trasmissione in onda su Raitre. E per rendersi conto della sua esperienza di avvocato nel campo della difesa dei diritti dei consumatori basta andare a vedere le tante attività di consulenza e di difesa svolte negli anni a favore di alcune fra le principali associazioni di consumatori. Da qui sono derivate importanti pronunce giudiziali che hanno fatto storia, sia
N
DIRITTI DEL CONSUMATORE
L’AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA per quanto riguarda l’inibizione di condizioni generali di contratto abusive sia di comportamenti imprenditoriali scorretti e lesivi di interessi “collettivi” e “diffusi” dei consumatori. È su questi temi, di cui costantemente e da anni si occupa, che interviene l’avvocato Ruffolo in uno sguardo a trecentosessanta gradi. Quali sono le principali norme e leggi che disciplinano la materia inerente la responsabilità sociale d’impresa? «Sono quelle sulle società quotate in borsa, quelle in materia di intermediazione creditizia e quelle che disciplinano le Sim. Rispetto al passato sono potenziate le responsabilità delle intermediazioni finanziarie, infatti, la Consob, altri organi di vigilanza e la stessa Banca d’Italia sono autorità sempre più presenti in tal senso. Anche l’autorità garante
Oggi ci sono regole di bilancio che presiedono più al corretto comportamento della società rispetto ai creditori sociali che non al corretto comportamento della società rispetto agli investitori. Abbiamo dei bilanci che si possono anche controllare, ma di fatto riguardano la tutela dei creditori della società
per la concorrenza del mercato è sempre pù partecipe. Tutte queste autorità riescono a ricoprire un ruolo più incisivo che in passato, ma di norme specifiche che davvero disciplinino in maniera particolarmente incisiva questo tipo di responsabilità non ce ne sono. Al massimo in futuro con la class action indirettamente talune responsabilità d’impresa potrebbero avere una sorta di controllo giudiziale intenso. In concreto oggi esistono solo le azioni collettive dei consumatori che sono molto incisive, ma al di là di questo c’è ben poco. Le stesse azioni a favore dei risparmiatori sono relativamente inadeguate in relazione alla incidenza economica che possono avere sui consumatori i comportamenti scorretti. Tuttavia quando questi non sono patologici è abbastanza facile riuscire a censurarli, quanto ai comportamenti più “allegri”, c’è da dire che purtroppo essi sono sempre coperti dalle discrezionalità amministrative, dalle logiche di gruppo e da una serie di situazioni che non aiutano in materia di tutela del consumatore». Come è cambiato negli ultimi anni il concetto di responsabilità d’impresa in Italia e quali aspetti comprende oggi? «La responsabilità d’impresa verso i consumatori oggi è maggiore e più incisiva, essa guarda la responsabilità da prodotto difettoso e da vendita al consumatore, inoltre anche le azioni collettive esperibili da parte dei consumatori si collegano alla responsabilità d’impresa. Questo è per quanto riguarda il modo di censurare i comportamenti produttivi o distributivi scorretti, per quanto riguarda, invece, il discorso dei ri-
a class action, già presente da decenni negli Stati Uniti e da molti anni anche nei maggiori Paesi europei, consente ai cittadini – siano essi consumatori o utenti di un servizio – di promuovere cause collettive per ottenere il risarcimento di danni contro il comportamento illecito di un’azienda. Le principali discipline adottate nei vari paesi sono due: quella americana e quella europea. Secondo la prima ogni danneggiato è legittimato ad agire e il giudice è chiamato a decidere in primo luogo sulla sua ammissibilità e successivamente sul merito. Invece, il Parlamento europeo ha stabilito che sono autorizzati ad agire in giudizio per conto di un gruppo di persone danneggiate dalla condotta del convenuto, solo gli enti legittimati, quali ad esempio associazioni dei consumatori o autorità pubbliche indipendenti. In Italia, la prima approvazione da parte della Camera dei deputati del disegno di legge sulla class action è del 2004, il provvedimento, però, si arenò in Senato. Dopo altri tentativi, la discussione sulla class action è stata inserita nel ddl sviluppo approvato lo scorso luglio e la sua approvazione definitiva riapre alla possibilità per i consumatori e per gli utenti dei servizi pubblici di fare causa comune in tribunale, se ne esclude, però, la retroattività. La nuova disciplina entrerà in vigore non prima del gennaio 2010.
L
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 61
DIRITTI DEL CONSUMATORE Ugo Ruffolo
I sistemi di certificazione volontari sono strumenti utili al consumatore, ma è anche facile che siano mere etichette, esiste infatti tutta una zona grigia in cui i controlli sono quasi simulazioni, per cui le etichette e i relativi controlli servono spesso a dare una imbiancata di bontà all’impresa, che non a tutelare il consumatore
sparmiatori ci si trova in concreto di ditori sociali che non al corretto fronte a una minore possibilità di tutela incisiva, delle norme in tal senso esistono, ma esse riescono a censire solo i rapporti patologici, insomma le smagliature molto gravi, ma non concretamente gli interessi economici degli investitori, peraltro non facilmente tutelabili, con una sorta di controllo veramente capace di far corrispondere l’interresse di chi investe con l’interesse e con i comportamenti della società d’impresa; inoltre c’è anche da tener conto che gli investimenti sono necessariamente polverizzati, il che di certo non aiuta». Come si redige un bilancio sociale d’impresa e quali informazioni di pubblico accesso deve necessariamente contenere? «Oggi ci sono regole di bilancio che presiedono più al corretto comportamento della società rispetto ai cre-
62 • DOSSIER • CALABRIA 2009
comportamento della società rispetto agli investitori. Abbiamo dei bilanci che si possono anche controllare, ma che di fatto riguardano la tutela dei creditori della società. Sotto questo profilo gli investitori sono tutelati relativamente, nonostante siano proprio loro quelli che partecipano al rischio, mentre, al contrario, i creditori sociali hanno interesse al mantenimento del loro patrimonio e non al guadagno della società. Abbiamo tutele sufficienti sul mantenimento del patrimonio a favore dei creditori sociali, che tradizionalmente sono innanzitutto le banche e i fornitori; sono meno tutelati invece i risparmiatori che, investendo, diventano azionista o socio delle società. Il rischio maggiore che l’azionista può correre è determinato da eventuali comportamenti patologici degli amministratori, ma
L’avvocato Ugo Ruffolo è professore ordinario di Diritto civile all’Università di Bologna. Ha prestato attività di consulenza e difesa, nonché attività arbitrale, sia per alcune delle maggiori imprese italiane sia per le pubbliche amministrazioni
DIRITTI DEL CONSUMATORE
per sconfinare in comportamenti patologici in genere ce ne vuole». Quali sono gli strumenti a disposizione dei consumatori o della società civile, nel caso in cui si venga meno a questi obblighi? «Sono quelli delle società quotate in borsa oppure quelli più generici a tutela dei consumatori sociali, quale quello sulla bontà del prodotto o sulla correttezza della produzione o della vendita». I sistemi di certificazione volontari sono strumenti utili al consumatore per distinguere un’azienda impegnata sul fronte della qualità, della trasparenza e della responsabilità, rispetto a una che invece non lo è? «Sì, ma è anche facile che siano mere etichette, esiste infatti tutta una zona grigia in cui i controlli sono quasi simulazioni, essendo essi a maglie molto larghe, le etichette e
20.246 CONCILIAZIONI Gestite dalle camere di commercio nel 2008. Le controversie hanno fatto registrare un incremento del 45% rispetto alle 14.051 del 2007
i relativi controlli servono spesso più a dare una patina, come una imbiancata di bontà all’impresa, che non a tutelare il consumatore. Esistono poi quei consorzi che conferiscono il marchio solo alle imprese che si sottopongono a rigorosi controlli, in tal caso si fa un bene al produttore, sia al consumatore». Quanto è diffusa secondo lei tra gli italiani la coscienza dei propri diritti come consumatori?
«Non è ancora abbastanza diffusa, ma è sempre più ampia. Certo bisogna riconoscere che un consumatore americano ha sicuramente più coscienza dei propri diritti rispetto a un consumatore italiano. C’è, però, da sottolineare che le associazioni italiane dei consumatori possono fare cose che alle americane non è concesso fare, come ad esempio promuovere le azioni collettive, sia riguardo alle clausole vessatorie sia al fine di bloccare comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori da parte delle imprese. Queste azioni necessitano di un impulso maggiore da parte delle associazioni dei consumatori che non sempre in Italia sono totalmente rappresentative. Adesso si aspettiamo che sia completata la disciplina legislativa sulla class action che a livello di tutela individuale potrebbe avere un impatto senz’altro più specifico». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 63
IL GIRO D’AFFARI Valori assoluti in milioni di euro, stima 2007
5.733
Impresa e appalti pubblici
Il controllo di questo settore è un business sempre più fiorente. Le continue indagini per infiltrazioni nella realizzazione di opere infrastrutturali ne sono un esempio
5.017
Estorsione e usura In Calabria sono quasi inesistenti le attività imprenditoriali estranee al pagamento del pizzo. Confesercenti ha calcolato che un commerciante su due lo paga
27.240
Traffico di droga La ‘ndrangheta detiene il monopolio del traffico di droga grazie all’asse con i narcos sudamericani e colombiani
2.938 Traffico di armi Secondo il rapporto Dia 2008, in Calabria le famiglie attive nel traffico di armi sono quelle lametine Cerra-Torcasio-Gualtieri e Giampà. In provincia di Catanzaro operano le cosche Pane-Iazzolino e Ferrazzo
64 • DOSSIER • CALABRIA 2009
‘NDRANGHETA HOLDING COSÌ LE COSCHE FANNO AFFARI CON TUTTI Europa continentale, Messico, Stati Uniti e Australia. Sono solo alcuni dei Paesi in cui la criminalità organizzata calabrese fa sentire il suo peso. Un peso che, se tradotto in cifre, è equivalente alla somma della ricchezza nazionale prodotta da Estonia e Slovenia
73
Sono le cosche attive nella sola provincia di Reggio Calabria; seguono Catanzaro con 21 e Cosenza con 17
4,4
Il quantitativo di pasticche sequestrate dalla polizia australiana all’interno di un’indagine che ha portato alla criminalità organizzata calabrese
13.785
Sono le denunce effettuate tra il 1999 e il 2005 nella regione. Tra queste 1.900 per estorsione, 7.962 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti e 523 per associazione a delinquere e di stampo mafioso
Fonte: Elaborazione Eurispes su dati Istat CALABRIA 2009 • DOSSIER • 65
DOSSIER LEGALITÀ Antonio Girone
La criminalità non è solo un problema del Sud Le mafie hanno cambiato pelle. Non più solo droga, appalti e riciclaggio, ma vere e proprie infiltrazioni nel mondo della finanza e della Pubblica amministrazione. Dissolvere questi scenari è il compito della Dia e di Antonio Girone. Che avverte: anche al Nord i sodalizi criminali possono produrre gravi danni Agata Bandini
a mafia è un fenomeno umano che ha avuto un inizio e avrà una fine”. Sono parole di Giovanni Falcone, simbolo indimenticato e vittima della lunga guerra tra lo Stato e Cosa nostra. Parole che oggi il generale Antonio Girone, dal 2008 a capo della Direzione investigativa antimafia, condivide e tiene a ricordare. Non solo come testimonianza di un capitolo feroce della storia italiana, ma anche come spunto e incoraggiamento per tutti coloro che continuano a lottare contro un fenomeno che sempre più allunga la sua ombra anche al Nord. E tuttavia, assicura Girone, non c’è reale pericolo che si crei nelle regioni settentrionali quella stessa stretta del sistema mafioso sui cittadini che da decenni blocca lo sviluppo del Sud. «L’azione di contrasto contro la criminalità mafiosa – spiega il generale – ha conseguito negli anni un costante e progressivo successo, sia in sede nazionale che internazionale. Anche di recente, nei confronti delle principali matrici mafiose, sono stati portati a segno qualificati progetti investigativi che hanno ulteriormente inciso sul potere territoriale ed economico di tali sodalizi, operanti anche al Nord». Questo non signi-
L
66 • DOSSIER • CALABRIA 2009
fica però che le proiezioni mafiose al Nord non possano creare danni anche gravi. Ma su questo Girone è ottimista: «Per quanto il percorso sia ancora impegnativo – ammette – a fronte della pervasività dei sodalizi e la loro attuale operatività transnazionale, credo che l’influenza criminale sarà sempre meglio contrastata». Le organizzazioni mafiose hanno sempre allungato i loro tentacoli nel Nord Italia. Ma a quando si può far risalire questo “sconfinamento”? «Le proiezioni mafiose al Nord esistono da diversi decenni e sono correlate a diversi fattori, come i flussi migratori provenienti dal Sud, lo sviluppo economico delle aree settentrionali, che facilita alcuni mercati illegali e costituisce, per la ricchezza diffusa, un polo attrattivo per le attività di riciclaggio. Va poi considerata la dispersione, per effetto delle misure di sorveglianza speciale e della detenzione carceraria, di soggetti di spicco delle consorterie mafiose in altre regioni, che gli stessi hanno poi prescelto come territorio di elezione. Da non dimenticare i fattori mimetici connessi al territorio, anche sotto il profilo demografico e l’esi-
130 MILIARDI
E' il fatturato in euro delle mafie in Italia. La grande holding costituita da tutte le criminalità italiane sfiora un utile di 70 miliardi
1,8
MILIONI È il numero di italiani a cui la mafia dà lavoro: il 27% degli abitanti della Calabria, il 12 dei campani, il 10 dei siciliani e il 2 dei pugliesi. Solo un cittadino su dieci risiede al Sud
DOSSIER LEGALITÀ
stenza di grandi metropoli, che costituiscono sempre un contesto attrattivo per le presenze criminali». Quando si è infiltrato nel tessuto economico e sociale settentrionale il sistema delle cosche? «Le numerose investigazioni della Dia e delle forze di Polizia dimostrano che i sodalizi mafiosi al Nord e al Centro hanno superato la fase caratterizzata da delitti essenzialmente incentrati sul narcotraffico, arrivando a infiltrarsi progressivamente nell’economia, attraverso vere e proprie imprese mafiose. Ormai da diversi anni, infatti, l’impegno dell’antimafia è rivolto non solo alla disarticolazione delle associazioni mafiose, ma anche al monitoraggio della dimensione economica delle presenze criminali, attive soprattutto nell’edilizia, nel commercio, nella grande distribuzione e nei trasporti». Quali sono le regioni del Nord a più alta “densità mafiosa”? «Considerando parametri come il numero di inchieste in corso e la qualità dei loro riscontri, quali la caratura criminale dei sodalizi rilevati e i dati su attività specifiche come il traffico di stupefacenti,
Antonio Girone, Generale dell’arma dei Carabinieri, dal 2008 è direttore della Dia, Direzione investigativa antimafia
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 67
DOSSIER LEGALITÀ Antonio Girone
particolare attenzione andrebbe rivolta al territorio di Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. Oltre che nei mercati leciti, inoltre, nel 2008 le infiltrazioni mafiose hanno cominciato a toccare anche alcuni segmenti della Pa locale, mentre il riciclaggio dei proventi illeciti, tradizionalmente operato attraverso acquisizioni immobiliari, sta assumendo profili sempre più sofisticati, anche grazie all’uso di società di intermediazione finanziaria attive a livello europeo. In tutto il Nord comunque, pur con diversa intensità, si percepisce l’influenza di presenze mafiose qualificate. Appare significativa, inoltre, l’operatività in quest’area dei sodalizi stranieri, a fronte di una minore competitività con le organizzazioni mafiose nazionali più radicate e tipiche delle regioni del Sud». Mafie italiane, mafie internazionali. Quali sono in questo momento le organizzazioni criminali più attive e con una più alta percentuale di attività illecite al Nord? «Per quanto riguarda le mafie tradizionali “endogene”, la più diffusa al Nord è la ‘ndrangheta calabrese, seguita dalla camorra. Indagini recenti, tuttavia, hanno evidenziato una specifica presenza di Cosa nostra sul territorio lombardo, correlata in parte al ruolo di alcuni latitanti di spicco nelle attuali trasformazioni del tessuto associativo siciliano. Sul più fluido contesto delle cosiddette “mafie allogene”, è certificato il ruolo significativo delle consorterie albanesi e nigeriane per il traffico di stupefacenti e la prostituzione». Ci sono divisioni territoriali nette e precise? «I meccanismi operativi delle proiezioni mafiose fuori dal territorio di origine sono profondamente diversi da quelli che caratterizzano i sodalizi-madre nelle regioni del Sud. In particolare, nella maggioranza dei casi non si registrano tentativi di stabilizzare il controllo territoriale di stampo mafioso secondo suddivisioni in zone di influenza. La perpetrazione di alcune classiche condotte di tipo mafioso, come estorsione e usura, prefigurano tuttavia una possibile evoluzione in questo senso». Esistono “cartelli”? «Come dicevo, al di fuori della regione di origine, non potendo contare su uno stretto controllo del territorio, le strutture mafiose appaiono più autonome e disponibili ad adattarsi a diverse collaborazioni criminali. Più che di cartelli, quindi, parle68 • DOSSIER • CALABRIA 2009
VALORI DEI SEQUESTRI E DELLE CONFISCHE 1992-2008 ORGANIZZAZIONI
SEQUESTRI
SEQUESTRI
CONFISCHE
Cosa Nostra Camorra ‘Ndrangheta Crim. Org. Pugliese Altre
1254,024 1735,924 169,112 64,797 184,519
1759,42 1022,979 239,112 68,929 173,747
559,456 606,439 64,608 63,245 84,438
Totali
3408,377
3264,188
(art. 321 cpp)
(lex575/65)
(lex575/65)
1378,186 (In milioni di euro)
rei di sinergie delittuose, in cui le diverse matrici esprimono ciascuna la propria funzione all’interno di un comune progetto di attività illecita». In quali settori si concentra in questo momento l’attività economica della mafia nel settentrione, in particolare il riciclaggio di denaro? «Lo spettro delle attività connesse al riciclaggio mafioso è in continua evoluzione. Insieme ai classici interessi mafiosi già ricordati, l’esperienza investigativa ha permesso di rilevare un certo interesse verso il settore del gioco lecito e verso il circuito delle cosiddette “truffe carosello”, anche intraco-
In alto, l'area utilizzata per l'occultamento di rifiuti pericolosi a Lazzaro, nel comune di Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria
DOSSIER LEGALITÀ
c
La mafia più diffusa al nord è la ‘ndrangheta calabrese, seguita dalla camorra. Indagini recenti, tuttavia, hanno evidenziato una specifica presenza di Cosa Nostra sul territorio lombardo
d
20,5 MILIARDI Il fatturato in euro dell’attività delle ecomafie in Italia
258 CLAN
Attivi nell’ecomafia. Complessivamente gestiscono 134,7 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 9 pericolosi
200 MILIONI
Il 22 luglio scorso i carabinieri dei Ros e la Guardia di Finanza hanno sequestrato a Roma beni per 200 milioni di euro. Sono stati messi i sigilli anche allo storico Café de Paris di via Veneto
munitarie. Un indicatore interessante del riciclaggio è dato dalle cosiddette “operazioni finanziarie sospette”, di competenza della Dia dal 1991. Come si evince dalle segnalazioni della Banca d’Italia, nel 2008 il numero di tali operazioni al Nord è stato molto elevato, per quanto in percentuale molto minore, per quanto attiene i profili mafiosi, rispetto alla situazione rilevata al Sud». E le classiche attività illegali, quanto spazio trovano nel settentrione? «Trova larghissimo spazio il traffico delle sostanze stupefacenti, dove domina la ‘ndrangheta, anche
per il suo intenso legame con i grandi cartelli sudamericani della cocaina. In generale, comunque, la ricaduta economica del narcotraffico rappresenta una delle principali leve del potere mafioso e delle sue capacità di destabilizzazione degli assetti finanziari internazionali. In questo senso, il ministro dell’Interno ha affidato alla Dia il compito di partecipare a tutti gli sforzi di individuazione e repressione dei flussi di riciclaggio connessi al narcotraffico di matrice mafiosa». È quantificabile il loro giro d’affari? «Diversi osservatori hanno tentato di definire quantitativamente il peso dell’economia mafiosa sullo sviluppo, attraverso la proiezione di diversi indicatori, tra i quali in primis il valore stimato dei flussi delittuosi e le ricchezze sequestrate in via giudiziaria e nei procedimenti di prevenzione. Tuttavia, i diversi modelli di ricerca operativa utilizzati danno origine a una tale fluttuazione di risultati da rendere tali valutazioni solo orientative». Quanto pesa l’economia mafiosa sul libero sviluppo economico del Nord? «L’influsso negativo della mafia sullo sviluppo delle aree meridionali è noto, e può avere effetti non meno gravi al Nord. La tendenza delle imprese mafiose a operare fuori dai canoni della libera concorrenza hanno l’effetto di alterare i meccanismi di funzionamento del mercato, provocando la fuoriuscita di imprese sane. Il risultato è un progressivo impoverimento del territorio». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 69
DOSSIER LEGALITÀ Nicola Gratteri
Stessa ferocia, nuovi reati dalle ‘ndrine delle origini al business globale È la mafia più globalizzata. La meno conosciuta. La più violenta. Ha superato Cosa Nostra per ricchezza e capacità di riprodursi in ogni dove. La ‘ndrangheta calabrese è spregiudicata e fa affari con tutti, dagli Usa all’Africa, trattando cocaina, diamanti, armi e rifiuti. Secondo Nicola Gratteri, sostituto procuratore distrettuale antimafia di Reggio Calabria «i contadini sono diventati manager in giacca e cravatta che rafforzano la loro influenza nell’indifferenza generale» Concetta S. Gaggiano
uisburg, 15 agosto 2007. Quella passata alle cronache come la “strage di ferragosto” ha segnato anche un punto di non ritorno per la ‘ndrangheta, una delle mafie più antiche e radicate sul territorio. «Duisburg è stato un grande errore. Non solo l’evento ha costretto le polizie di mezza Europa a interessarsi della ‘ndrangheta, ma l’efferatezza della strage e il fatto che la stampa internazionale abbia scritto, detto e filmato l’episodio ha fatto sì che il mondo occidentale si accorgesse della pericolosità di questa organizzazione». Nicola Gratteri è uno che sa cos’è la ‘ndrangheta – «da piccolo giocavo a calcio con le stesse persone che, molti anni dopo, ho fatto arrestare e condannare all’ergastolo» dice – e ancor di più conosce ciò che è successo in quella cittadina della Germania dell’Ovest, perché da pm della Direzione distrettuale antimafia di Reggio
D Sopra, Nicola Gratteri; nella pagina accanto, l’associazione calabrese “Ammazzateci tutti” manifesta contro la criminalità a Reggio
70 • DOSSIER • CALABRIA 2009
DOSSIER LEGALITÀ
250 MILIONI
Secondo il XI rapporto di Sos Impresa, è la cifra che passa ogni giorno dalle mani di imprenditori e commercianti a quelle dei mafiosi
32
ISTANZE Calabria ha coordinato le indagini sul caso. Una vita passata a combattere e catturare i latitanti, a sgominare famiglie e traffici illeciti, coordinando importanti inchieste sulla criminalità organizzata calabrese. Gratteri parla di una mafia dinamica, fluida quasi, capace di infiltrarsi nei cinque continenti, ricalcando lo stesso identico e semplice modello organizzativo con cui è nata in Calabria. «Ci sono “locali” (l’unità fondamentale di aggregazione mafiosa su un territorio che, quasi sempre, coincide con un paese o con il rione di una città, ndr) nel Centro e nel Nord Italia, in Europa, in Australia. Dovunque essi si trovano fanno affari e comprano tutto ciò che è in vendita». Ma qual è il business principale? «Sicuramente il traffico di cocaina, a cui segue il riciclaggio, perché l’obiettivo principale della ‘ndrangheta non è arricchirsi, ma giustificare la ricchezza attraverso immobili e beni di lusso o facendo grandi investimenti». Quali sono i fattori che determinano l’estremo dinamismo e la pericolosità della ‘ndrangheta? «Innanzitutto il fatto di essere quasi leader in Europa; qui fa i migliori accordi con i cartelli colom-
biani. È l’organizzazione più potente che ci sia perché non c’è il pericolo dei collaboratori di giustizia. Altri fattori sono la mole di soldi liquidi di cui dispone e il fatto di essere molto più credibile e affidabile di altre organizzazioni». Da Duisburg a oggi cosa è cambiato nell’immaginario collettivo? «Duisburg è stato il loro più grande passo falso, perché li ha resi visibili agli occhi dell’opinione pubblica. La collettività ha preso coscienza che la presenza oppressiva della ‘ndrangheta in Calabria così come nel Nord Italia, in Europa, in America Latina e in Australia tarpa le ali al progresso e allo sviluppo economico e culturale perché la ‘ndrangheta non compra solo terreni, fabbriche, alberghi ma si preoccupa anche di pilotare certa informazione soprattutto quando si parla di appalti e piani regolatori». Le intimidazioni sono frequenti, maggiori di quelle che vengono alla luce. Si sono succeduti diversi schieramenti politici al governo regionale, nonostante ciò poche situazioni sono cambiate. «Intanto la ‘ndrangheta moderna non ha idee né di
Il comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura ha accolto in Calabria 32 istanze nel 2008 erogando fondi per 3.301.446,77 di euro
202 OMICIDI
Verificatisi in Calabria tra il 1999 e il 2008 Fonte: Eurispes Calabria
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 71
DOSSIER LEGALITÀ Nicola Gratteri
destra né di sinistra, ha come unica ideologia quella
40,4% È la percentuale dei calabresi che ha individuato nelle pene poco severe e nelle scarcerazioni facili le principali cause della diffusione della criminalità organizzata Fonte: Centro Documentazione Calabria
di saltare sul carro del vincitore per ottenere favori dal potente di turno. Negli ultimi quindici anni abbiamo avuto quattro governi, due di destra e due di sinistra, ma dal punto di vista normativo non ci sono state grosse rivoluzioni per arginare il fenomeno mafioso. Ci sono stati dei piccoli passi, ma si tratta sempre di leggi di emergenza e piccole modifiche; le mafie, però, non sono un’emergenza come lo è stato il terrorismo a suo tempo, ma durano ormai da secoli e allora bisogna avere il coraggio, la libertà e la volontà di studiare e modificare i codici e gli ordinamenti giudiziari in modo proporzionato e proporzionale alla pericolosità di queste organizzazioni». Per sconfiggere la criminalità organizzata è sufficiente solo inasprire le pene oppure si devono combattere gli stereotipi, sensibilizzando la società civile? «Bisogna fare entrambe le cose: le modifiche normative servono per velocizzare e informatizzare i processi; inasprire le pene e far scontare interamente il carcere ai mafiosi è un ottimo deterrente perché gli ‘ndranghetisti non si ravvedono; non meno importante è investire nell’istruzione e nella cultura per diffondere messaggi positivi e far sì che i ragazzi scelgano le aule scolastiche anziché la strada o gli ambienti familiari dove si nutrono di cultura mafiosa». Lei ha scritto tanto sulla ‘ndrangheta indagandone tutti gli aspetti. Cosa vuole mettere in
72 • DOSSIER • CALABRIA 2009
luce con l’ultimo libro Cosenza: ‘ndrine sangue e coltelli. La criminalità organizzata in Calabria? «Con Antonio Nicaso e Valerio Giardina siamo riusciti a dimostrare, attraverso una ricerca negli archivi del tribunali di Cosenza e Catanzaro, che la malavita esisteva già alla fine dell’800, contrariamente a chi pensa che il fenomeno ‘ndrangheta in provincia di Cosenza sia nato negli ultimi venti anni. Ci sono autori molto bravi che hanno scritto tantissimo e bene sulla ‘ndrangheta, ma i libri scritti finora partono dalla seconda metà del 900 calabrese, mentre mancava un libro che ci potesse spiegare la ‘ndrangheta dalle sue origini. Noi pensiamo di aver colmato questo vuoto».
DOSSIER LEGALITÀ
Così vinceremo il braccio di ferro con la ‘ndrangheta Da sempre relegata ai margini della società civile, ora la Calabria è stanca. Stanca che il mondo abbia una visione distorta di lei e dei suoi abitanti. È ora di cambiare strada. Jole Santelli si fa portavoce di questa trasformazione economica, politica e comunicativa Lara Mariani
na terra segnata. Anzi peggio, etichettata. Una terra conosciuta quasi solamente per i problemi eternamente irrisolti: la criminalità organizzata, la crescita zero, la costruzione della Salerno-Reggio Calabria che non finisce mai. Eppure la Calabria è anche altro. Meglio, è soprattutto altro. Il problema è che sinora è sempre stata utilizzata la ricetta sbagliata, sia a livello politico che comunicativo. «Pensavamo prima a sconfiggere la criminalità e poi a risanare l’economia e non siamo arrivati da nessuna parte». Sono chiare e concise le parole di Jole Santelli, vicepresidente della I Commissione affari costituzionali, della presidenza del Consiglio e degli interni. «È ora di cambiare strada». Perché la ‘ndrangheta dilaga dove non c’è sviluppo economico, là dove la gente è costretta dal bisogno. La priorità della politica deve essere quella di liberare i calabresi. «Prima incentiviamo l’economia, prima portiamo ricchezza e prima riusciremo a debellare la criminalità organizzata. Magari cambiando anche l’immagine che la Ca-
U
Eletta nel 2008 nelle liste Calabresi del Popolo della Libertà, Jole Santelli ricopre l'incarico di vicepresidente della I Commissione affari costituzionali, della presidenza del Consiglio e degli interni ed è membro di diversi organi parlamentari
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 73
DOSSIER LEGALITÀ Jole Santelli
labria dà di se stessa al resto del mondo».
I successi recenti nelle operazioni di lotta alla criminalità organizzata lasciano sperare che in Calabria presto avrà la meglio la società civile e lo Stato. Ma quanto tempo sarà ancora necessario prima di slegare l’immagine della regione da “terra di ‘ndrangheta”? «Molto si deve fare, ma molto dipende anche dagli organi di stampa. Non si capisce perché, ma la nostra regione fa notizia soltanto in negativo. E non solo a causa della ‘ndrangheta. L’immagine che il pubblico ha della Calabria è quella di una terra ai margini della società civile. Ad esempio abbiamo un tesoro ambientale enorme, ma si parla di noi solo quando si dice che i calabresi lo danneggiano. Si parla di noi solo quando una ruspa si imbatte in un nido di tartarughe e distrugge tutte le uova. Ma la notizia vera, cioè che il 70% delle tartarughe marine del Mediterraneo viene a deporre le uova sulle coste calabresi, non la dà nessuno». L’ostacolo da superare è quindi “il far notizia in senso positivo”? «È l’unico modo per dare uno stimolo a coloro che vivono e lottano continuamente in e per la Calabria. Non devono sentirsi soli, ma capire che il resto degli italiani e il resto d’Europa è con loro, non contro di loro. E affinché questo accada ci deve essere un consistente sforzo da parte delle istituzioni, non solo attuando misure di sicurezza, ma anche incoraggiando una gestione diversa dell’informazione». Perché questo accanimento di immagine nei confronti della Calabria? «La nostra è sempre stata considerata una terra problematica. Non è mai stata compresa fino in fondo e come tutte le realtà non capite è stata spesso lasciata indietro. Forse è anche colpa di noi calabresi, per via del nostro carattere troppo simile a quello dell’orografia della nostra terra, chiuso e introverso. Se noi per primi riusciremo ad aprirci, troveremo anche la disponibilità degli altri». Secondo lei sarà difficile svincolarsi dal-
74 • DOSSIER • CALABRIA 2009
l’etichettatura, oppure è una prospettiva che può realizzarsi anche nel breve periodo? «La Calabria è un teatro a cielo aperto. Tutte le epoche storiche vi sono rappresentate, incorniciate da un contesto non solo marittimo, ma anche e soprattutto montano. Però non è una terra da amore a prima vista, anzi è una terra da scoprire. Con la realizzazione del film “Vorrei vederti ballare” abbiamo cercato di fare proprio questo: mostrare le bellezze sconosciute e sviluppare le tematiche ambientali attraverso una storia d’amore romantica, con un retrogusto
155 CLAN LOCALI
Sono attualmente le famiglie criminali operanti in Calabria secondo le forze dell’ordine. Definiti cosche o ‘ndrine, affiliano circa 6.000 persone dedite ad attività illegali
DOSSIER LEGALITÀ
IL CINEMA CALABRESE CAMBIA VOLTO
V
orrei vederti ballare” è l’opera prima del giovane regista Nicola Deorsola. I primi ciak si sono svolti all'università di Arcavacata in provincia di Cosenza e l’intera pellicola è stata girata in Calabria esaltando le location dei parchi naturali del Pollino e della Sila, della città di Cosenza, di Isola Capo Rizzuto e della costa tirrenica cosentina. Protagonisti principali sono l’attrice cosentina Adriana Toman e Giulio Forges Davanzati. Attorno ai due giovani un cast importante: Alessandro Haber, Gianmarco Tognazzi, Franco Castellano, Giuliana De Sio e Paola Barale. Per gli artisti e le maestranze coinvolte “Vorrei vederti ballare” è anche un sogno che si realizza nel cuore della Calabria, finalmente teatro di una storia normale e non set di storie più o meno oscure. Protagonista del film è l’amore, ma anche problematiche tipicamente giovanili, come l’anoressia e il rapporto spesso difficile tra genitori e figli, trattate però con estrema delicatezza. E a emergere è soprattutto la voglia di riscatto di una regione che ha da esprimere tanta positività.
Jole Santelli è stata sottosegretario al ministero della Giustizia sia nel secondo che nel terzo governo guidato da Silvio Berlusconi. Rieletta per un secondo mandato alle elezioni politiche del 2006 è stata riconfermata alla Camera dei deputati alle successive elezioni del 2008
anni Ottanta. Volevamo semplicemente dimostrare che si può condurre una vita normale anche in Calabria. E speriamo di esserci riusciti». Oltre all’aspetto puramente comunicativo c’è qualcosa a livello politico di ancora incompiuto e immediatamente necessario? «Lo sviluppo del territorio è ancora incompiuto. La politica deve decidere una volta per tutte quale percorso di sviluppo la regione dovrà seguire. Personalmente ritengo che la Calabria debba concentrarsi soprattutto sul turismo e su tutto ciò che è alta ricerca, utilizzando il grande
c
Far notizia in senso positivo è l’unico modo per dare uno stimolo a coloro che vivono e lottano continuamente in Calabria e per la Calabria. Non devono sentirsi soli, devono capire che il resto degli italiani e il resto d’Europa è con loro, non contro di loro
d
bagaglio intellettuale che possiede. Dobbiamo semplicemente individuare i nostri punti forti e muoverci immediatamente per valorizzarli». Al di là dell’immagine che compare esternamente, gli stessi calabresi come percepiscono la loro situazione? «Purtroppo i calabresi la percepiscono con rassegnazione e con poca rabbia. Sanno che in generale c’è poca attenzione nei confronti della loro terra. Io credo che la Calabria abbia bisogno di sentire che lo Stato c’è e che è uno Stato amico che investe sulle sue risorse. Il dramma di questa terra è quello di essere sempre stata la colonia di una colonia, sempre dominata. Invece ora i calabresi devono sentire di poter prendere in mano il proprio destino». Quindi serve anche un cambiamento di mentalità? «Sicuramente i calabresi devono cambiare atteggiamento, ma serve anche uno Stato propositivo che decida di investire sul futuro della regione. Il governo può fare tanto, ma sono convinta che il futuro della Calabria si giochi sulle amministrazioni regionali e sul deciso cambio generazionale della classe politica». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 75
AGROALIMENTARE Luca Zaia
Il futuro dell’agricoltura passa dai giovani In controtendenza con la congiuntura economica, il Pil relativo al comparto agricolo si dimostra tenace. Il ministro Luca Zaia non ha dubbi. «Il settore può fare da traino all’economia». Ma occorre investire in innovazione, qualità e aggregazione. E sostenere i giovani che vogliono tornare alla terra Giusi Brega
agricoltura calabrese, per numero di aziende e addetti, continua a rappresentare uno dei settori cardine dell’economia regionale. Tuttavia, si tratta pur sempre di un comparto che deve ritrovare una sua dimensione, per ritornare a essere protagonista attivo e fornire il suo contributo allo sviluppo e alla rinascita della Calabria. Le profonde trasformazioni e innovazioni dei sistemi di produzione introdotti dalle imprese del settore, l’esigenza di tutelare le tradizioni e i prodotti tipici, la necessità dei consumatori di essere informati sulla sicurezza alimentare e sui sistemi di produzione, impongono a questo comparto una revisione degli strumenti di azione e programmazione politica. In quest’ottica, il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia si è attivato per ridare al comparto «il ruolo che merita» per permettergli di «svolgere una funzione di primo piano nell’economia». Un mondo agricolo «forte e competitivo» in grado di dare «un contributo determinante allo sviluppo». Ministro, quali sono i maggiori problemi che
L’
86 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Luca Zaia, ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali
AGROALIMENTARE
si trova ad affrontare il comparto e quali le linee strategiche da seguire per superarli? «La crisi finanziaria ci ha permesso di riportare al centro del dibattito i valori dell’agricoltura e dell’economia reale, dimostrando che il primo settore può fare da traino, in un momento in cui l’unico Pil in controtendenza è proprio quello agricolo. Siamo in prima linea per garantire la sicurezza alimentare ai nostri cittadini, con la lotta alle frodi e sofisticazioni, che ci ha visto intensificare il nostro sistema di controlli, promuovendo una sinergia tra le diverse forze dell’ordine. Ci siamo battuti in sede europea per portare a casa oltre 4 miliardi e 300 milioni di euro da investire in innovazione, qualità e aggregazione e in sostegno ai giovani che vogliono tornare alla terra». A questo proposito, sembra che i giovani abbiano voglia di tornare a lavorare la terra. «Stiamo assistendo a un cambiamento culturale: prima si diventava agricoltore per tradizione familiare, ereditando un pezzo di terra. Ora si sceglie questa professione, con maggiore consapevolezza e
preparazione, con anni di studio alle spalle, e magari anche una laurea. Certo, rimangono grosse difficoltà, prima fra tutte l’eccessivo costo dei terreni. Il nostro compito è quello di sostenere l’imprenditoria giovanile con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Abbiamo previsto, ad esempio, premi per le quindici migliori esperienze imprenditoriali giovanili in agricoltura, aiuti per i progetti migliori di ricerca da parte di piccole e medie imprese condotte da giovani imprenditori agricoli, borse di studio per giovani agricoltori che frequentino master universitari. Dobbiamo rassicurare le nuove generazioni che la terra oltre che costituire un’opportunità può offrire un futuro e anche molte soddisfazioni». Quali sono i prossimi punti della sua agenda? «Da quando sono al governo tutti i nostri sforzi sono concentrati a difendere il made in Italy. Sono convinto che la strada delle denominazioni sia quella migliore per difendere i nostri prodotti di qualità. Ma dobbiamo legare sempre più i nostri prodotti al territorio, salvaguardandone la loro specificità: la ricchezza delle tipologie costituisce il punto di forza della nostra economia. Un altro obiettivo è il confronto con il mercato, contribuendo alla creazione di una filiera tutta italiana. Nello stesso tempo siamo impegnati ad accorciarla, riducendo i passaggi, questo permetterà anche di contenere i prezzi al consumo». Tutelare i consumatori e produttori. Quali sono in concreto le iniziative in tal senso? «Mettiamo al primo posto la salute dei nostri cit-
9,12% OCCUPATI
Il peso occupazionale dell’agricoltura in Calabria, quasi 5 volte quello del Nord, il triplo di quello medio italiano
600 MLN DI EURO
È la somma stanziata dall’Unione europea a favore dell’agricoltura calabrese in virtù del Por 2007-2013
❯❯
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 87
AGROALIMENTARE Luca Zaia
❯❯ tadini, che significa poter scegliere prodotti rico-
noscibili, con informazioni trasparenti. Per questo ci siamo battuti per varare il disegno di legge per il rilancio della competitività del settore agroalimentare, che prevede proprio l’obbligatorietà dell’origine in etichetta. È importante educare i consumatori a scegliere prodotti di qualità, legati al territorio e alla stagione. E questa operazione deve iniziare dalle scuole, coinvolgendo ragazzi e genitori. Stiamo promuovendo diversi progetti per distribuire frutta e verdura fresche di stagione nelle mense scolastiche, che stanno riscuotendo parecchio successo. Grazie al nostro impegno, l’Europa ha aumentato le risorse destinate all’Italia per attuare questo programma, da 9 milioni e mezzo di euro a oltre 15». Difesa dell’identità del territorio. Lei ha esortato gli italiani a consumare i prodotti del nostro Paese e di stagione. Come è stato accolto questo invito? «Gli italiani hanno aderito numerosi a questo invito. Hanno capito che i prodotti italiani non solo sono più buoni, ma anche più genuini e sicuri, perché sono immediatamente rintracciabili. Stiamo incentivando il consumo di prossimità, promuovendo i prodotti a chilometri zero e di stagione, che sono un grande aiuto per l’agricoltura locale permettendo nel contempo di tagliare sui prezzi finali. Abbiamo 4.500 produzioni tipiche e 178 prodotti di qualità che ci pongono al primo posto in Europa. Il valore aggiunto del nostro made in Italy è proprio la qualità, che ha reso unico il nostro patrimonio agroalimentare nel mondo». Insieme a Bossi e Tremonti sta portando avanti un progetto in tal senso. Come procede? «Siamo impegnati a varare in tempi brevi una riforma che dia terreni demaniali ai giovani agricoltori. Recupereremo terreni coltivabili che giacciono inutilizzati. Dobbiamo superare il gap costituito dai prezzi della terra, per consentire ai ragazzi che hanno la passione e le competenze necessarie di poter svolgere questo mestiere. Chi ama la terra e la conosce deve avere l’opportunità di avviare la propria azienda agricola. Recuperando questa terra riusciremo non solo ad aumentare la competitività della nostra agricoltura ma anche migliorare e qualificare il comparto occupazionale».
88 • DOSSIER • CALABRIA 2009
AGROALIMENTARE
In terra calabra fiorisce l’agronomia mondiale Reggio Calabria capitale internazionale del settore agrario. Per tre giorni la città ha ospitato il prestigioso convegno biennale organizzato dal Ciosta. Un’occasione per discutere di innovazione responsabile in agricoltura e trovare soluzioni pratiche da adottare a livello internazionale Lorenzo Berardi
Il professor Gennaro Giametta, presidente del Ciosta per il biennio 2007-2009 e, sopra, un momento del convegno internazionale tenutosi a Reggio Calabria nel giugno scorso
al 17 al 19 giugno scorso, Reggio Calabria ha ospitato alcuni dei massimi esperti internazionali di agronomia. L’occasione per vedere riuniti oltre trecento ospiti provenienti da 40 Paesi è stata l’ultima edizione del convegno biennale organizzato dal Ciosta (Commission internationale de l’organisation scientifique du travail en agriculture). Si tratta di un’organizzazione che unisce al proprio interno agronomi provenienti da ogni parte del mondo in cerca di risposte concrete, pratiche e condivise in materia di agricoltura. Nella sede del convegno svoltosi presso la facoltà di Agraria dell’Università Mediterranea sono state presentate quattrocento relazioni che hanno già segnato il futuro per addetti ed esperti del settore. Come sottolinea l’attuale presidente del Ciosta, il professor Gennaro Giametta, reggino d’adozione, l’obiettivo dell’organizzazione è «il miglioramento dell’agricoltura in termini di produttività e qualità, in primis». Un miglioramento che si raggiunge inevitabilmente puntando sull’innovazione responsabile dell’agricoltura. Quella appena svoltasi a Reggio è stata una intensa e stimolante tre giorni in cui, come ricorda Giametta, «Reggio Calabria è stata al centro del mondo agricolo con centinaia di studiosi venuti da tutto il globo per parlare di innovazione e tecnologia». Nell’appuntamento reggino si è discusso anche di robotica agricola e innovazione. Un altro tema fondamentale del convegno Ciosta 2009 è stata la questione della sicurezza sul lavoro, argomento centrale di ogni
D
aspetto inerente alla modernizzazione dell’agricoltura mondiale. Il tutto senza dimenticare il tema della forestazione che rappresenta un fenomeno importante e di rilievo nel bacino del Mediterraneo, eppure finora mai affrontato in maniera così approfondita. In questo senso, l’ateneo reggino ha saputo fare da apripista a futuri studi, che sappiano trattare il tema dell’innovazione tecnologica del settore. Non va dimenticato, infatti, che il 70% del territorio calabrese è ancora coperto da foreste, a fronte di appezzamenti agricoli di dimensioni assai più ridotti della media italiana ed europea. Secondo il professor Giametta i dati e gli studi presentati nella tre giorni reggina rappresenteranno anche un «ritorno pratico per le aziende che potranno quindi usufruire dei risultati delle ricerche». Vantaggi economici e qualitativi per la produzione, insomma. Ma il Ciosta 2009 è stato anche un’occasione e un biglietto da visita per la città, la sua provincia e tutta la Calabria. Per questo, accanto ai momenti di approfondimento scientifico e tecnologico nella sede del convegno, non sono mancate le esperienze sul campo per la delegazione proveniente dai quattro angoli del globo. E per rimarcare le preziose radici dell’agroalimentare calabrese sono state offerte degustazioni gastronomiche dei prodotti tipici di questa terra, affiancate alle escursioni guidate dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato nel territorio dell’Aspromonte. Una risorsa da non disperdere, al pari di un’agricoltura oggi più che mai determinata a trovare nuove ed eco-responsabili strade da percorrere. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 89
AGROALIMENTARE L’eccellenza regionale
Lotta alle frodi e più trasparenza per il consumatore Una ricetta chiara per difendere il proprio patrimonio agroalimentare. Confagricoltura e Coldiretti Calabria chiedono una maggiore informazione al consumatore, lotta alla contraffazione alimentare e un’attenta valorizzazione delle risorse del territorio. Puntando su un maggiore associazionismo fra produttori Lorenzo Berardi agroalimentare calabrese punta sulla qualità e sulla riconoscibilità dei propri prodotti. Gli operatori del settore sono decisi a incrementare la lotta alle contraffazioni e alle frodi alimentari, così da presentarsi in maniera più trasparente ai consumatori. Ma in un quadro di diminuzione generalizzata dei consumi, che investe anche l’ortofrutticolo, Confagricoltura e Coldiretti regionali chiedono anche maggiori garanzie per tutelare e valorizzare una risorsa che è parte importante dell’economia e dello sviluppo calabrese. «L’ortofrutta regionale – ricorda Giovanni Iannuzzi, direttore di Confagricoltura Calabria – ha avuto un buon andamento di mercato per le primizie. Ma quando nel mercato subentra il prodotto proveniente da altri Paesi, Spagna in primis, arriva un momento di stagnazione». Ed è proprio l’arrivo di prodotti provenienti da altri Paesi a prezzi più contenuti che fa soffrire l’agroalimentare calabrese. Un settore le cui filiere nella maggior parte dei casi possono ancora contare su di una dimensione agricola che dovrebbe dare un valore aggiunto. Le produzioni più rile-
L’
90 • DOSSIER • CALABRIA 2009
vanti restano quelle tradizionali, dalle pesche nettarine, alla cipolla rossa di Tropea passando per il peperoncino di Soverato senza dimenticare i frantoi. «L’elemento di maggiore criticità sull’olio d’oliva è il prezzo – riconosce Pietro Molinaro, presidente di Coldiretti regionale –. Il problema è il basso prezzo su tutta la tipologia dei prodotti, dall’extravergine al biologico, anche se negli ultimi mesi c’è stata un’inversione di tendenza». Coldiretti chiede l’obbligatorietà dell’origine del prodotto nelle etichette perché la presenza negli scaffali di tanti oli a tanti prezzi ge-
In alto a sinistra, Giovanni Iannuzzi, direttore di Confagricoltura Calabria e, nella pagina a fianco, Pietro Molinaro, presidente di Coldiretti regionale
AGROALIMENTARE
3,8
DIMENSIONE MEDIA IN ETTARI Dimensione media in ettari per superficie agricola utile (Sau) delle aziende agricole calabresi a fronte dei 5,9 ha di media nazionale (dati Inea)
nera confusione nei consumatori. «Il ministro Zaia ha detto che al di sotto dei 3 euro a bottiglia non si può trattare di vero olio d’oliva extravergine e io sono d’accordo – afferma Molinaro –. Occorre una migliore informazione al consumatore e una maggiore trasparenza nelle etichette per consentire una scelta più informata e consapevole». La trasparenza delle etichette renderebbe inoltre più semplice lo smascheramento delle frodi alimentari. «Purtroppo oggi etichettare un prodotto estero come “italiano” è divenuta una consuetudine – sostiene Iannuzzi –. La provenienza andrebbe specificata meglio, non solo marchiando il prodotto come “italiano”, ma anche identificandolo con la Regione, la località e l’azienda ortofrutticola di provenienza». Oltre a questo, gli agricoltori calabresi chiedono anche verifiche più attente sui prodotti alle dogane. «Oggi i controlli non sono su tutta la merce che transita, ma solo a campione, per cui nei mercati generali arrivano articoli contraffatti – prosegue il leader di Confagricoltura –. Meno male che i Nas lavorano bene e riescono ancora a intercettare prodotti di provenienza, di qualità e di si-
curezza dubbia soprattutto per l’uso di prodotti vietati in Italia come fertilizzanti o antiparassitari». Proprio per tutelare la sicurezza del consumatore e informare adeguatamente i produttori sulle normative vigenti, di recente Confagricoltura ha stabilito un accordo di massima con il Servizio fitosanitario regionale con l’obiettivo di diffondere i risultati dei controlli per la qualità e la sicurezza delle produzioni alimentari. E in merito a sinergie e collaborazioni con le istituzioni, Coldiretti si aspetta un impegno ben preciso da parte della Regione: «Chiediamo alle isti- ❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 91
AGROALIMENTARE L’eccellenza regionale
❯❯ tuzioni di non alimentare la confusione nel set-
tore, come è avvenuto in passato e spesso in buona fede – afferma Molinaro –. Alcuni anni fa, per esempio, Regione e assessorato all’Agricoltura hanno svolto attività promozionali sul made in Calabria senza riuscire a fare un’adeguata selezione a monte delle aziende promosse». No dunque a chi si presenta in maniera ingannevole rischiando così di svalutare un intero settore. «Chiediamo alla Regione – prosegue – di investire di più nei controlli e nella tutela anche a scapito della stessa promozione. Se mancano risorse per tutto, diminuiamo gli investimenti in pubblicità e destiniamone di più ai controlli». Maggiori verifiche a monte che permetterebbero di arginare un flusso di prodotti di dubbia provenienza spesso spacciati per calabresi. Non a caso di recente sono avvenuti importanti sequestri di falsi salumi di Calabria Dop. L’ennesima battaglia vinta di una guerra alla contraffazione per la tutela dei prodotti agroalimentari calabresi che si annuncia ancora lunga. Oltre a sollecitare le istituzioni nella lotta ai falsi alimentari e nella valorizzazione delle tipicità locali gli addetti all’agricoltura calabresi sanno che permangono alcuni problemi storici e strutturali da risolvere. Primo fra tutti la scarsa propensione all’associazionismo dei produttori, come conferma Giovanni Iannuzzi: «A oggi abbiamo solo il 20% del prodotto agricolo regionale che è aggregato e questo crea ulteriori problemi perché diventa più difficile collocare il prodotto o avviare ragionamenti con la grande distribuzione o i mercati regionali perché loro non vogliono trattare con una pluralità di soggetti. Molte grandi aziende calabresi nel tempo hanno stabilito contatti personali con la grande distribuzione, ma questo oggi ci indebolisce, privandoci di forza contrattuale». Una debolezza che si affianca all’incremento dei costi di produzione. In questo campo, le difficoltà incontrate dagli agricoltori calabresi sono note: costi eccessivi dovuti a fattori della produzione in costante aumento, dai concimi al gasolio sino agli antiparassitari. «Tutti questi aumenti – ricorda Iannuzzi – si riflettono sulla capacità dell’azienda di rimanere sul mercato con aumento dei fattori
92 • DOSSIER • CALABRIA 2009
di produzione sino al 30-40% di anno in anno». A tutto questo va aggiunta la lontananza della Calabria dai principali mercati ortofrutticoli italiani con un costo dei trasporti rilevante nei bilanci aziendali. «Le infrastrutture restano carenti – conferma il presidente –. Per alcuni mercati del Nord è più facile e veloce fare arrivare i prodotti ortofrutticoli dalla Spagna che dalla Calabria. Per noi persino raggiungere il porto di Bari, che potrebbe rappresentare un ottimo canale di trasporto, seguendo la statale Jonica resta un’impresa». Per ovviare a questi inconvenienti logistici e ridurre al tempo stesso i passaggi di filiera così da abbassare i prezzi nella vendita al consumatore, Coldiretti propone la strada degli agrimercati locali o farmer market. «Su questo punto in Calabria siamo già partiti e su altro stiamo lavorando – assicura Pietro Molinaro –. Per il futuro puntiamo ad avere nostri punti vendita diretti anche all’interno della grande distribuzione come
In alto, un agrimercato organizzato da Coldiretti regionale nel catanzarese e, nella pagina a fianco, produttori di cipolla rossa di Tropea
AGROALIMENTARE
L’OLIVA RESTA REGINA Secondo i dati dell’Istituto nazionale di economia agraria (Inea) un terzo della produzione agroalimentare calabrese vendibile nel biennio 2006-2007 è stato coperto dall’olivicoltura
34% 16% 11% 2%
Peso dell’olivicoltura sul totale della produzione vendibile regionale nel biennio 20062007 Percentuale dell’agrumicoltura sul totale della produzione vendibile regionale nello stesso periodo Quota coperta della zootecnia calabrese fra 2006 e 2007 (8% carne e 2% latte) Percentuale sia della produzione vendibile vitivinicola che cerealicola calabrese nel biennio considerato
ci garantirebbe la legge 59/1963». La strada degli agrimercati convince i cittadini e comincia a incontrare anche il plauso delle istituzioni locali, dopo anni di scarso appoggio all’iniziativa. «Stiamo seminando bene – afferma Coldiretti – e siamo ottimisti sul fatto che il nostro lavoro stia cominciando a dare i suoi primi frutti». Meno ottimista sul tema è la posizione di Confagricoltura. «I farmer market negli Usa esistono da 40 anni e hanno assorbito l’1% della produzione ortofrutticola nazionale – conclude Giovanni Iannuzzi – . Non è con gli agrimercati che si risolvono i problemi delle grandi aziende ortofrutticole nazionali. Purtroppo i problemi strutturali che incontriamo oggi restano, perché gli agrimercati non andranno mai ad assorbire una quota rilevante delle produzioni e del mercato». Il chilometro zero, insomma, non basta. Perché è soprattutto dando nuovo impulso alle esportazioni che l’agroalimentare calabrese può continuare a dare slancio all’economia regionale. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 93
CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali
Vorrei una Calabria dove fare impresa non sia più un miracolo Una regione da sempre in affanno. Alla ricerca di una visione di medio-lungo periodo che possa tracciare le linee strategiche di un progetto di crescita e di sviluppo. Renato Pastore, presidente di Confindustria Cosenza riflette sulle potenzialità di un territorio che ha ancora molta strada da percorrere Daniela Rocca
96 • DOSSIER • CALABRIA 2009
utti gli indicatori economici evidenziano un sostanziale peggioramento dell’economia della regione Calabria, a conferma dell’andamento negativo già registrato nel 2008. I settori che evidenziano una più accentuata congiuntura negativa sono l’agricoltura, l’industria manifatturiera e delle costruzioni. «Questo dato in particolare ci preoccupa perché l’edilizia è uno dei settori trainanti dell’economia della nostra provincia», evidenzia Renato Pastore, presidente degli Industriali di Cosenza. In Calabria è aumentata anche la cassa integrazione ordinaria che a fine 2008 aveva un saldo di circa +20%, mentre si è ridotto il ricorso agli interventi straordinari, -19%. «Va però sottolineato – puntualizza il presidente – che le ore di cassa integrazione straordinaria, circa 2,2 milioni, sono di gran lunga superiori a quelle ordinarie, 430mila. In particolare nella provincia di Cosenza, dove è stata massiccia la richiesta di cassa integrazione, essa si è più che triplicata». Colpisce soprattutto il fatto che aumenti la disoccupa-
T
zione e, nello stesso tempo, s’impenni oltre la media nazionale il tasso di crescita delle imprese. «Più che una vocazione all’imprenditorialità, questo è segno evidente che, in mancanza di opportunità lavorative la necessità spinge a creare iniziative in proprio, in particolare nel commercio», chiosa Pastore. Come supportare il tessuto produttivo locale, per favorire i processi di modernizzazione del territorio e le opportunità di sviluppo? «Alla base di tutto c’è la necessità di precostituire le condizioni “normali” per qualsiasi territorio e più precisamente: realizzare infrastrutture degne delle altre parti del Paese come le reti stradali, ferroviarie, di telecomunicazioni e per l’energia elettrica. Basti guardare cosa accade nella autostrada Salerno Reggio Calabria. Nel tratto calabrese, circa 300 chilometri, praticamente la metà è a senso unico per i cantieri in corso e il tempo di percorrenza è quasi triplicato. I finanziamenti per la famigerata SS106 “strada della morte”, sono stati bloccati e poi revocati. La rete ferroviaria, per detta degli
CONFINDUSTRIA
RIDURRE IL PESO DELLE TASSE La leader degli industriali Emma Marcegaglia chiede al governo di affrontare in maniera rapida e chiara il tema della pressione fiscale che grava sulle imprese e sui cittadini
L
a pressione fiscale sulle imprese va abbassata». Non usa mezzi termini la presidente di Confindustria per chiedere al governo di abbassare le imposte che gravano sul sistema produttivo italiano. «Lo diciamo da sempre. In Italia c’è una pressione fiscale alta in generale, che in questo anno è addirittura aumentata, ma soprattutto siamo il Paese in cui il peso delle tasse sul lavoro e sul capitale è il più alto». Con queste parole la numero uno di viale dell’Astronomia commenta i nuovi dati Eurostat che attestano i record negativi raggiunti in Italia in materia di pressione fiscale sulle imprese e sui cittadini. «In questi anni – evidenzia – le imprese hanno contribuito molto all’incremento generale del gettito tributario. Nel 2007, a parità di aliquote, il gettito Ires è aumentato del 27% rispetto al 2006 e di quasi l’80% rispetto al 2004». Marcegaglia non nasconde le difficoltà di un’inversione di rotta. «È essenziale» dice «e a maggior ra-
gione in un momento difficile come questo, che ci sia un domani». E riguardo al dl fiscale anticrisi proposto da Tremonti sottolinea: «La detassazione degli utili reinvestiti, il bonus occupazione, l’aumento della compensazione crediti e debiti di imposta, l’accelerazione dei pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese, sono tutte cose che chiediamo da tempo. Auspichiamo e siamo fiduciosi che possano trovare una concretizzazione. Se vogliamo parlare di competitività e di ripartenza dell’economia, quello della pressione fiscale è un problema molto serio». Marcegaglia ha, inoltre, sottolineato che «c’è un problema di limiti di bilancio, però è anche vero che nel medio termine dobbiamo ragionare per abbassare il peso delle tasse, un elemento di non competitività molto forte». Su questo terreno ci sono richieste e segnali immediati. «Noi chiediamo che le imprese che continuano a fare il loro mestiere, investendo in tecnologia e innovazione, abbiano un premio fiscale. Questo sarebbe un segnale molto forte».
stessi dirigenti delle ferrovie, è a livelli del primo Novecento e, ovviamente, l’Alta velocità si ferma a Napoli. Nelle aree industriali spesso non è disponibile l’Adsl e, quando c’è, presenta disservizi che esasperano coloro che hanno necessità di tale servizio per le attività industriali e commerciali. La richiesta di forza elettromo-
trice che non sia per utenza domestica, superate alcune soglie viene soddisfatta in tempi biblici, in una regione che è esportatrice di energia elettrica». Parlando invece di legalità e sicurezza, quali sono le priorità per la Calabria? «È ovviamente necessario garantire la legalità e la sicurezza ai cit-
OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITÀ ECONOMICA, 2008 valori assoluti in migliaia
· Agricoltura Centro nord Mezzogiorno
461 434 895
Italia Calabria 54
· Industria 5.451
Centro nord Mezzogiorno
1.504 6.955
Italia Calabria 109
· Servizi 11.011
Centro nord Mezzogiorno
4.543 15.555
Italia Calabria 432
Fonte: Istat
tadini e alle imprese. Su questo argomento faccio solo un rilievo sul fatto che troppo frequentemente, e non è solo il caso della Calabria, questori e prefetti vengono sostituiti dopo pochi mesi. Mi chiedo come questo carosello di nomine consenta agli stessi di svolgere quell’attività di conoscenza e controllo del territorio, CALABRIA 2009 • DOSSIER • 97
CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali
GIUSEPPE GATTO Burocrazia, legalità e credito. Sono i tre fronti sui quali si è mossa Confindustria Catanzaro. E anche i tre elementi chiave per guardare al futuro
È
necessario invertire la cultura imprenditoriale consolidata indirizzando le scelte sulle opportunità di investimento utili e strategiche al territorio. E consolidare i rapporti con la scuola e con le università», afferma Giuseppe Gatto, numero uno degli Industriali di Catanzaro. «Il nostro problema storico è la cronica incapacità di spesa. Abbiamo avuto decenni di assistenzialismo, adesso i finanziamenti a pioggia non li vogliamo più. Desideriamo camminare con le nostre gambe, perché crediamo di esserne capaci», puntualizza. Dal suo osservatorio privilegiato di imprenditore e presidente degli Industriali, quali sono i fattori che più frenano lo sviluppo del territorio? «Oltre alla criminalità organizzata, c’è la burocrazia, che non è solo un problema del nostro territorio ma del Paese. Sul fronte del credito, poi, la situazione non è rosea. In questo momento di piena crisi globale, al Sud la difficoltà creditizia si avverte di più per un duplice aspetto che rappresenta anche uno dei freni più importanti dello sviluppo. In primo luogo i mancati pagamenti della Pubblica amministrazione, determinante per la vita delle piccole aziende; in secondo luogo la presenza della criminalità organizzata che ha assunto una veste, per così dire, imprenditoriale, alla quale non manca liquidità che, evidentemente, arriva da altre fonti di finanziamento. Infine c’è
98 • DOSSIER • CALABRIA 2009
il gap infrastrutturale e, mettiamola come un’autocritica, una mancanza di cultura imprenditoriale che è consolidata». Quali sono secondo lei i fronti sui quali lavorare prioritariamente? «Dobbiamo aggregarci, accrescere la nostra cultura di impresa, provare a internazionalizzare le nostre aziende verso i mercati europei perché, nonostante il mondo sia globalizzato, la nostra regione ha una posizione che ci avvicina maggiormente ai Paesi del Mediterraneo, piuttosto che a quelli dell’Europa. Dobbiamo capire che i rafforzamenti aziendali e le crescite dimensionali sono necessari, considerando che ci confrontiamo con un mondo globalizzato. Per quanto riguarda il credito e la capacità di sviluppo, attraverso i Confidi, noi contiamo di aiutare le Pmi in difficoltà. Dobbiamo incidere sulla progettualità politica e istituzionale. Questo è un nostro dovere». A suo parere in che modo la zona franca di Lamezia Terme potrà incidere nello sviluppo della provincia? «L’area di Lamezia è una grandissima risorsa e tutti gli insediamenti produttivi potranno beneficiare dell’esenzione parziale delle imposte. Alleggerendo il carico di imposte che grava sulle imprese, riusciremo ad attrarre anche investitori che, oggi, sono fuori dalla Calabria e dall’Italia. Lamezia ha l’aeroporto internazionale, l’autostrada, la stazione ferroviaria e il porto di Gioia Tauro, tutto nel raggio di pochi chilometri. La zona franca sarebbe una grandissima risorsa».
20% RICORSO CIG
A fine 2008 è aumentato del 20 per cento il ricorso alla cassa integrazione ordinaria nella regione Calabria
-19% RICORSO CIGS
Nello stesso periodo, il ricorso agli interventi straordinari è sceso del 19 per cento. Le ore di Cigs ammontano però a circa 2,2 milioni, mentre le ordinarie sono 430mila
che per essere efficace richiede un maggiore radicamento soprattutto nei territori ad alto tasso di inquinamento criminale. E infine è importante evitare i ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione che nei casi delle Asl calabresi raggiungono anche i due o tre anni». Secondo lei questa lentezza contribuisce al diffondersi del fenomeno dell’usura? «Tali ritardi nei pagamenti certamente contribuiscono ad alimentare il fenomeno. Inoltre, per quanto attiene il credito alle imprese, questo ha, in aggiunta alle difficoltà straordinarie di questi tempi, una difficoltà di erogazione da parte delle banche per il cosiddetto “rischio Calabria”. Con l’aggravante che i tassi di interesse praticati nella
CONFINDUSTRIA
ANTONELLA STASI Aprire ai mercati dei servizi, aumentare gli investimenti nelle nuove tecnologie, incentivare la ricerca e l’innovazione nel digitale e nelle tecnologie del futuro
S
ono molteplici le potenzialità inespresse della regione Calabria. Prima fra tutti la possibilità di interconnettere la Calabria con il bacino del Mediterraneo. Dietro questa visione c’è l’ambizione di essere riferimento naturale dei Paesi in crescente sviluppo del nord Africa, perché solo chi riuscirà a svolgere questa funzione di interconnessione terrestre e marittima Sud-Nord, potrà davvero essere centrale nella dimensione europea». Sono le parole di Antonella Stasi, presidente di Confindustria Crotone. «E poi è fondamentale lavorare per lo sviluppo di una “cultura imprenditoriale” del turismo, che consenta di trasformare l’ingente patrimonio di bellezze naturali, storiche e culturali in “materia prima”, esclusiva ed inimitabile. Si soffre la carenza di una strategia politica turistica sia regionale che locale
regione sono superiori al resto del Paese di quasi il 4%, come certifica la Banca d’Italia nel suo rapporto annuale. Riuscire a togliere questi “macigni” sulla strada dello sviluppo delle nostre imprese garantirebbe migliori opportunità per le stesse e le condizioni per attirane di nuove dal resto del Paese». Una delle critiche più diffuse nei confronti della Calabria è quella di essere in qualche modo schiava dell’assistenzialismo, mancando il dinamismo imprenditoriale. A suo parere è una valutazione reale o uno
e soprattutto di una strategia che attui un’immagine turistica unitaria della regione. L’affermazione di un’efficace ed efficiente industria dell’accoglienza, che diventi risorsa economica, questa è sicuramente la più grande risorsa inespressa della nostra regione. E ancora, l’energia: la Calabria con Crotone può diventare un punto di riferimento nazionale nel settore delle energie rinnovabili, valorizzando, con il supporto alla ricerca, all’innovazione e al trasferimento tecnologico, la presenza sul territorio dei principali players del settore e qualificando e innovando il tessuto produttivo locale». In un territorio in cui il sistema manifatturiero è carente, i collegamenti strutturali sono inesistenti e inefficienti, per questo, continua Stasi «bisogna aprire i mercati dei servizi, aumentare gli investimenti nelle nuove tecnologie,
stereotipo da sfatare? «Nel contesto che ho illustrato, fare impresa è già un miracolo e sfido chiunque a dire che vogliamo assistenzialismo, quando ciò che per altri è intervento ordinario, in Calabria deve essere richiesto con le suppliche e spesso non viene nemmeno dato. Poi ovviamente la debolezza del sistema industriale gracile e di piccole dimensioni non favorisce lo sviluppo di grandi iniziative necessarie alla crescita del tessuto industriale regionale. C’è da chiedersi se sia facile creare impresa quando i grandi gruppi
incentivare la ricerca e l’innovazione nelle tematiche digitali e nelle tecnologie del futuro». In questo senso va la nascita del Parco scientifico e tecnologico “Pst Kr”, che secondo la guida degli Industriali crotonesi ha rappresentato da parte della provincia di Crotone «una forte volontà di riscatto verso un mondo industriale che l’aveva abbandonato». «Il desiderio espresso – conclude Stasi – è proprio la voglia di lasciarsi alle spalle la vetustà delle fabbriche chimiche e di poter avere aziende innovative e tecnologicamente avanzate che puntino a crescere all’insegna del binomio R&S. Il Parco ha la capacità e la possibilità di dare un contributo importante al sistema di crescita dell’economia territoriale e potrebbe rappresentare un importante strumento per lo sviluppo socio-economico e del sistema industriale».
ANDAMENTO DELL’OCCUPAZIONE
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
valori assoluti in migliaia
640 6600 630 6550 620 6500 610 6450 600 6400 590 6350 580 6300 570 I 2006
III 2006
Calabria
I 2007
III 2007
I 2008
IV 2008
Mezzogiorno
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 99
CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali
17 mila
FRANCESCO FEMIA Puntare sull’internazionalizzazione delle imprese. Una grande opportunità di business nel Mediterraneo alla luce del nuovo spazio economico euromediterraneo che si andrà a definire nel prossimo anno
L’
apertura dell’area di libero scambio nel Mediterraneo del 2010 è un appuntamento molto importante che Confindustria Reggio Calabria non intende perdere: «Abbiamo imprenditori che sono vera espressione di un’economia sana e pulita. Ci sono aziende che vanno supportate», spiega Francesco Femia, numero uno degli industriali reggini. E questo è il suo obiettivo per contribuire al decollo di Reggio e della sua provincia. Punto di partenza di questo percorso di internazionalizzazione è stato la Grecia, con molte aziende che hanno stretto affari con le imprese elleniche. Poi l’interesse si è spostato sulla Tunisia e sul mercato maghebrino. E il presidente Femia non intende fermarsi e punta all’appuntamento di settembre con Shangai. «Credo purtroppo che non ci sia grande volontà di cambiare le cose: troppa burocrazia per esprimere ogni iniziativa e questo alimenta il fenomeno mafioso e di conseguenza la crescita di economie illegali che da questo stato di cose trova la linfa», continua amareggiato. «Viviamo in una terra meravigliosa. Il turismo, l’agricoltura sono i settori trainanti della nostra economia, ma non ci sono i fondi per favorire l’ammodernamento delle strutture. Del recente bando per l’industria, stiamo ancora aspettando che siano emanati i decreti», prosegue. «Si parla sempre di assistenzialismo, ma al Nord ci sono infrastrutture adeguate che qui non abbiamo: la nostra autostrada è un “colabrodo”, per raggiungere Roma ci vuole il triplo del tempo. Per non parlare della rete ferroviaria. Come facciamo a vincere una gara presso una struttura romana a mille chilometri di distanza? Le iniziative varate dal governo non sono sufficienti, ma bisogna essere ottimisti. E noi lo siamo».
100 • DOSSIER • CALABRIA 2009
PIL PRO CAPITE Quello della Calabria è pari a 17.285 euro, contro i 30.680 del CentroNord e i 26.276 della media nazionale (Svimez giugno 2009)
industriali e quelli finanziari, gli istituti di credito e le assicurazioni, non hanno nessuna sede, non dico in Calabria, ma nemmeno nel Mezzogiorno. A parte Melfi e Termini Imerese, poli produttivi della Fiat, non esistono al Sud e in particolare in Calabria, altri poli produttivi». Crede che la presenza di grandi poli industriali potrebbe supportare lo sviluppo del territorio? «Non è un caso che l’insediamento della Fiat in Basilicata abbia determinato un balzo enorme del Pil della regione, che è in pratica, oramai, fuori dalle aree disagiate dell’Europa. Sono questi poli che spesso favoriscono lo sviluppo delle piccole
imprese che, non dimentichiamolo, rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo italiano. In Calabria esistono fior di imprenditori che nonostante le oggettive condizioni di svantaggio operano quotidianamente con determinazione e voglia di fare, ma sono distanti dai mercati ricchi e vivono in un territorio con uno dei redditi per abitante più basso d’Europa, circa 15mila euro. Naturalmente, se manca l’occupazione, il bisogno spinge la domanda verso il “posto pubblico” e non verso la creazione d’impresa». L’utilizzo dei fondi comunitari e il federalismo istituzionale-fiscale, possono essere strumenti decisivi per un’in-
CONFINDUSTRIA
DOMENICO ARENA Gli investimenti strutturali sono alla base dello sviluppo. Soprattutto le infrastrutture rappresentano una soluzione non più procrastinabile
G
6,6% PRESTITI BANCARI
Nel primo trimestre del 2009 il tasso di crescita dei prestiti bancari concessi alle imprese calabresi è diminuito, attestandosi al 6,6% (Banca d’Italia marzo 2009)
8,5%
TASSO D’INTERESSE Sui prestiti a breve termine verso la clientela residente in Calabria: in diminuzione rispetto al trimestre precedente (9,45%) ma superiore al dato nazionale (Banca d’Italia marzo 2009)
versione di tendenza? «Certamente i fondi comunitari potrebbero contribuire a colmare quel gap di infrastrutture descritto in precedenza. Anche il federalismo potrebbe fare molto in questa direzione perché quando le decisioni sulla distribuzione delle risorse sono prese dal governo centrale le problematiche locali vengono viste in maniera molto più sfumata. Un esempio per tutti. I fondi Fas, Fondi per le aree sottosviluppate, tolti al Mezzogiorno e in particolare alla Calabria, per finanziare la cassa integrazione a favore delle aree del Nord, in regime di federalismo fiscale non sarebbero spariti così facilmente. Questo sempreché i politici e le istituzioni locali siano poi in grado di utilizzare tali risorse con progetti adeguati e, ove non fossero in grado di farlo, venissero mandati a casa dal loro elettorato. Purtroppo la capacità di valutare l’operato della nostra classe politica e prendere decisioni conseguenti al momento del voto, non mi sembra una caratteristica della nostra gente». Ricerca e innovazione sono due tasselli fondamentali per lo sviluppo. A suo parere, nella provincia, tra le aziende
li imprenditori che vivono questi difficili momenti di grandi incertezze, con i mercati nazionali, europei e mondiali in piena recessione, sanno bene che il disegno federalista può segnare la differenza tra la possibile crescita del Sud o il suo definitivo collasso», afferma Domenico Arena, presidente di Confindustria Vibo Valentia. «Se il federalismo porta con sé efficienza e responsabilità nelle scelte, premi per le amministrazioni virtuose e sanzioni per i cattivi amministratori che portano al dissesto finanziario gli enti, se permette alla Calabria di diventare realmente Regione d’Europa rendendo ai suoi cittadini servizi che meritano di essere definiti tali, allora gli imprenditori non temono il federalismo», puntualizza. Il presidente Umberto de Rose ha detto che la regione è ricca di risorse che se fossero sfruttate in maniera più razionale, si avrebbe uno sviluppo per tutti. «Credo che la promozione e condivisione delle politiche di gestione, tutela e sviluppo delle risorse naturali e paesaggistiche quale fondamentale supporto del comparto turistico, sia una delle potenzialità inespresse del territorio», continua. La naturale vocazione turistica di Vibo e della sua provincia è oggettiva e inconfutabile. «Bisogna recuperare le risorse finanziarie peraltro già individuate e rimuovere tempestivamente gli impedimenti burocratici e amministrativi, per l’avvio degli investimenti a tutela della erosione delle coste», spiega. «È necessario definire in maniera concreta e chiara un piano strategico complessivo del settore turistico che crei un sistema integrato di gestione delle acque adeguato a gestire anche le fasi di picco delle presenze turistiche e infine non trascurare l’ambiente che con il settore turistico è strettamente legato. Gli investimenti strutturali sono alla base dello sviluppo, le vie di comunicazione in primis rappresentano non solo per la provincia di Vibo, ma per tutta la regione, una soluzione non più procrastinabile per accelerare la crescita».
e le istituzioni esistono sinergie sufficienti su questi fronti, oppure occorre fare di più e meglio? «La nostra provincia ha la fortuna di essere la sede di una delle migliori università italiane, l’Università della Calabria, con un bacino di circa 35mila studenti. Sinora la gran parte dei nostri laureati ha trovato occupazione al Nord con un ingente danno economico per la regione.
Infatti, la formazione dei giovani è stata nel corso degli anni a carico delle famiglie calabresi che si sono assunte l’onere di mantenere i ragazzi e spesso, specie nei primi anni, questi giovani che si insediano al Nord, dove la vita è certamente più cara, godono di una integrazione economica inviata dalle loro famiglie. Insomma, indirettamente, la Calabria finanzia le regioni del Nord». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 101
IL FUTURO DELLA PROFESSIONE Ordine dei Commercialisti
Non solo consulenti fiscali ma professionisti ed esperti a tutto tondo Una collaborazione sempre più stretta con gli enti pubblici. E una riflessione approfondita sulle nuove funzioni professionali. Sono queste le urgenze dei commercialisti di Reggio Calabria secondo il presidente locale dell’ordine, Carmelo Stracuzzi Paolo Nobilio
a ormai diversi anni in tutte le professioni si assiste a un progressivo e crescente processo di specializzazione interna. E la categoria dei dottori commercialisti, in questo, non fa eccezione. «A lungo, nell’immaginario collettivo, la figura del commercialista è stata vista come esclusivamente legata a dichiarazione dei redditi e tasse in generale – spiega Carmelo Stracuzzi, presidente dell’ordine di Reggio Calabria –. Una visione del tutto errata, anche se è vero che l’attività fiscale costituisce una parte importante della nostra sfera professionale». Accanto a questo, però, sono molti altri i rami di specializzazione a cui un commercialista, grazie alla sua competenza giuridico-economica, può dedicarsi: «Dalla programmazione aziendale al controllo di gestione, fino all’attività di supporto ai tribunali e la revisione per enti pubblici e privati». Un campo di interessi variegato, ma non per questo meno approfondito. Anzi, come nota Stracuzzi, «è anche
D
110 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Carmelo Stracuzzi, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Reggio Calabria
grazie al crescente riconoscimento di queste diverse professionalità se la nostra categoria, oggi, appare in forte evoluzione». Quali sono le maggiori urgenze della categoria, al momento? «Il nostro Consiglio nazionale sta ben lavorando per creare nuove opportunità professionali per la categoria, come nel caso delle cessioni di quote delle Srl ad esempio. Sulle conciliazioni societarie siamo in attesa di ricevere alcune novità normative che ci vedano protagonisti, sulla base delle nostre specifiche
IL FUTURO DELLA PROFESSIONE LA PAROLA AL PRESIDENTE Redditi 2008, i dati non rispecchiano la realtà. E Claudio Siciliotti rilancia: «Puntiamo sul redditometro» dati recentemente diffusi dal ministero dell’Economia sono la riprova che le denunce dei redditi degli italiani non fotografano il loro reale tenore di vita». Così il presidente nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili, Claudio Siciliotti (nella foto), ha commentato il recente rapporto sulle dichiarazioni fiscali del 2008. «Va comunque tenuto presente – ha però aggiunto – che nel nostro Paese esistono molti, anzi troppi regimi di imposizione sostitutiva e che i redditi cosi tassati non finiscono nel reddito complessivo da indicare in dichiarazione. La lotta all’evasione di massa si fa proprio alzando il reddito medio dichiarato dagli italiani». E il mezzo più idoneo a questo fine, secondo il presidente, è il redditometro, «che mette a confronto empiricamente e in maniera personalizzata la capacità di spesa e il tenore di vita dimostrato dai contribuenti con quanto in concreto dichiarano al fisco». Uno strumento che però, conclude, «per essere più efficace richiede comunque aggiornamenti e adeguamenti, a cui la categoria è pronta a collaborare con la massima disponibilità».
I
competenze giuridico-economiche». Reggio Calabria ha da poco ospitato il convegno nazionale dell’Adc, l’associazione nazionale della categoria. Quali sono stati i principali temi di discussione? «Si è discusso soprattutto delle nuove funzioni del commercialista alla luce del decreto legislativo 231/01 e del ruolo che la nostra professione potrebbe assumere nell’affrontare e gestire il quadro normativo. Sono stati evidenziati due punti di vista: quello professionale esterno, inteso come fattore interpretativo e propositivo del decreto verso la clientela, e quello professionale interno, inteso come gestione degli incarichi ottenuti dalla clientela». A che punto è il processo di creazione di sinergie con gli enti locali? «Il nostro ruolo all’interno degli enti locali è diventato in effetti insostituibile, anche in relazione all’attività di collaborazione con
50% LA PERCENTUALE
di contribuenti italiani che nel 2008, secondo il ministero dell’economia, ha dichiarato al fisco di guadagnare meno di 15mila euro l’anno
la Corte dei conti. Appare invece ancora anacronistico che enti così importanti come le Regioni ancora non si avvalgano, nel controllo dei conti e di bilancio, della nostra professionalità, sottoponendosi all’esame di organi di revisione specializzati, a tutto vantaggio e garanzia della collettività». In una realtà come Reggio Calabria, quali sono le problematiche che vengono più spesso presentate a un commercialista? «La crisi economica internazionale ha colpito anche la nostra economia, che già versava in uno stato di estrema difficoltà. Oggi le imprese ci chiedono soprattutto di supportarle nei rapporti con le banche, che oppongono crescenti ostacoli alla concessione del credito, in tutte le sue forme, per le imprese in difficoltà di liquidità. Un atteggiamento, questo, che i recenti provvedimenti del governo, a partire dai Tremonti bond, si spera riescano a modificare». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 111
ECONOMIA DEL TURISMO Perla di Calabria
Tropea, la preferita dagli stranieri Ma bisogna potenziare mobilità e trasporto La Costa degli dei è uno dei punti di forza del sistema turistico calabrese. Sistema rilanciato dalla legge di riordino del settore e che, sostiene l’assessore regionale al Turismo, Damiano Guagliardi, «vanta numerose attrattive ma è ancora debole nelle infrastrutture» Francesca Druidi
mmonta a 2.241 milioni di euro la spesa turistica regionale relativa al 2007. Ma l’effetto della negativa congiuntura economica generale non risparmia nemmeno il settore turistico calabrese. Nel 2008 si interrompe l’andamento crescente nel numero delle presenze, segnalando una contrazione dell’1,9%. La provincia di Vibo Valentia mostra però una situazione in controtendenza rispetto al resto del territorio: registra, infatti, il 46,8% delle presenze estere con un aumento degli stranieri dello 0,3%. A commentare questa tendenza è l’assessore al Turismo regionale Damiano Guagliardi, guardando alle prospettive di sviluppo del comparto innescate dall’approvazione nel 2008 della legge regionale sul Riordino dell’organizzazione turistica della Calabria. La provincia di Vibo Valentia presenta uno scenario turistico diverso rispetto ad altri centri. Merito di Tropea e delle altre località della Costa degli dei che risultano tra le più visitate della Calabria.
A
118 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Sopra, l’assessore al Turismo regionale Damiano Guagliardi. A lato, scorci di Tropea
«Nell’ultimo decennio, nella provincia di Vibo Valentia e soprattutto sulla Costa degli dei, è cresciuta sia la ricettività di qualità che il relativo movimento. Complessivamente, se si considerano le strutture alberghiere cinque stelle lusso, cinque stelle, quattro stelle, e le Rta (residenze turistico alberghiere, ndr), i posti letto sono quasi 23mila, che rappresentano il 50% circa dei posti letto complessivi della provincia». Si può parlare di turismo di alta fascia o, in ogni caso, esistono i presupposti per questa tipologia di turismo? «Sicuramente si formano le basi per un posizionamento nel turismo di alta fascia. Le località che fanno da traino sulla Costa degli dei sono Ricadi, ❯❯
1.769 VIII Rapporto sul turismo in Calabria
milioni Valore aggiunto del turismo calabrese (dato 2007)
2.241 VIII Rapporto sul turismo in Calabria
milioni Spesa turistica in Calabria (dato 2007)
Il turismo internazionale in Calabria Spesa dei viaggiatori stranieri CALABRIA
MEZZOGIORNO
I numeri
ITALIA
In base ai dati diffusi nella pubblicazione della Banca d’Italia relativa all’economia della Calabria nel 2008, la spesa dei turisti stranieri è aumentata costantemente nel decennio 19972007, presentando tassi di incremento superiori a quelli medi del Mezzogiorno e nazionali. La crescita media annua si attesta attorno al 5,3% rispetto a un incremento del 4,3% nel Mezzogiorno e dell’1,7% in Italia. Sempre in base all’indagine della Banca d’Italia, il 37,2% delle spese dei turisti stranieri è rappresentato dalla spesa per l’alloggio; tra il 2002 e il 2007 essa è in rialzo del 9,6% medio annuo. Nello stesso periodo, risultano stabili l’incidenza delle spese per acquisti (25% circa) e quella per trasporto (15%), mentre diminuisce quella per ristoranti e bar (dal 33,1 al 17,7%).
Dati annuali, variazioni percentuali
20
10
0
-10
-20 2006
2007
Fonte: Banca d’Itlaia, indagine sul turismo internazionale in Italia Cfr. la sezione: Note metodologiche
ECONOMIA DEL TURISMO Perla di Calabria
❯❯ con oltre 7mila posti letto di qualità, Pizzo e Par-
ghelia, sui 3mila posti letto, seguite da Nicotera, Zambrone e Tropea, con oltre mille posti letto. Il 67% delle presenze complessive dei clienti stranieri alloggia in strutture di categoria elevata». Quali strategie di marketing territoriale occorre attuare per richiamare in particolar modo i flussi turistici stranieri? «La Calabria vanta numerose attrattive naturali, culturali e artistiche, ma risulta debole nella dotazione di infrastrutture. La sua raggiungibilità dalle aree che generano turismo, di conseguenza, passa soprattutto attraverso l’uso del trasporto aereo, la cui convenienza risulta determinata dal fattore tempo e dal fattore costo. La nascita delle compagnie low cost ha determinato grossi cambiamenti sui principali fattori del trasporto e apre per il futuro scenari ancora non del tutto definiti. È fondamentale, quindi, potenziare questo tipo di interventi». Oltre al segmento balneare, esistono altri “turismi“ capaci di generare un impatto economico significativo? «Azioni specifiche saranno indirizzate al turismo sociale, per la terza età, per i diversamente abili. Su questo stiamo già lavorando con la collaborazione di realtà affermate nel settore e di tour operator. Ma puntiamo anche sul turismo scolastico, quello di montagna, degli sport invernali, del turismo religioso e culturale, dell’enogastronomia, delle tradizioni popolari e delle minoranze linguistiche». Quali sono gli obiettivi del settore per il futuro? «Innanzitutto completare l’iter di attuazione della legge regionale di riorganizzazione turistica, con la costituzione dei Sistemi turistici locali, e approvare il Piano regionale triennale sullo sviluppo turistico sostenibile, già in via di realizzazione, il quale è propedeutico all’approvazione e pubblicazione dei bandi Por finalizzati alla crescita del comparto. Sarà importante concentrarsi, infine, sulla formazione turistica e sulla messa in rete del nuovo sistema regionale di settore, potenziando i servizi di trasporto e di mobilità turistica che, allo stato attuale, risultano inadeguati».
120 • DOSSIER • CALABRIA 2009
BUONE INIZIATIVE Con il centro ippico Valle dei Mulini, cresce il valore aggiunto al turismo e al tessuto economico ilancio estremamente positivo per la prima edizione del concorso ippico Provincia di Catanzaro “Valle dei Mulini”, svoltosi dal 23 al 28 giugno presso l’omonimo centro ippico di Catanzaro. Un evento che ha posto la città al centro della scena equestre nazionale, raccogliendo notevoli consensi dagli addetti ai lavori, ma anche dai cavalieri di prim’ordine che vi hanno partecipato, tra cui Roberto Arioldi, Juan Carlos Garcia, Filippo Moyersoen e Bruno Chimirri, quest’ultimo calabro di nascita. «Il sondaggio effettuato dal comitato organizzatore del Concorso – spiega Amalia Laino, show director del concorso e dirigente amministrativo della Provincia di Catanzaro – ha registrato voti altissimi di gradimento dei cavalieri nei confronti del centro, del campo di gara e di prova, oltre che del servizio di accoglienza. Le attività locali hanno vinto la difficile sfida della ricettività alberghiera e della ristorazione. Un segnale di buon auspicio per il sistema turistico calabrese». La manifestazione, nonostante fosse alla sua prima edizione, è apparsa già solida, ben avviata e oliata, generando un importante ritorno per la provincia, ma anche per tutta la regione, sul fronte dell’immagine e dell’indotto turistico. «L’impianto equestre è già proiettato al futuro: le dimensioni della struttura, 55mila mq, ci consentono di valutare la possibilità di inserire la prossima edizione del concorso nel circuito internazionale, offrendo un’ulteriore opportunità di attrazione turistica. Inoltre, l’amministrazione provinciale sosterrà la scuola di equitazione del centro a crescere un vivaio di cavalieri». Il centro Valle dei Mulini rappresenta, inoltre, il completamento dell’operazione di riconversione di un’area degradata in spazio pubblico, che ha avuto inizio nel 2004 con l’apertura del Parco della Biodiversità. Un Parco di 60 ettari, nel quale è inserito il centro ippico, che ospita anche aree di gioco, il museo storico militare e il centro di recupero degli animali selvatici. «Una valvola di sfogo per il tessuto sociale catanzarese».
B
GRANDI RIFORME Niccolò Ghedini
Un percorso verso modelli istituzionali più efficienti e moderni Una serie di situazioni d’emergenza non hanno impedito al governo di andare avanti con la propria agenda. Rispettando la tabella di marcia delle riforme della giustizia e costituzionali. Niccolò Ghedini indica i futuri passi da compiere in questa direzione Marilena Spataro
e riforme della giustizia in campo civile e penale procedono velocemente, nel rispetto del calendario previsto dall’attuale esecutivo. Sebbene siano stati tanti gli eventi negativi e gli imprevisti – primo tra tutti il terremoto in Abruzzo – che l’attuale esecutivo ha dovuto affrontare, sono state comunque varate una serie di misure su materie importanti per trovare risposte a problemi vecchi e nuovi che ormai non potevano più attendere. Basta ricordare in merito la recente riforma sul processo civile che darà risposte ai tempi biblici del giudizio in questo ambito, contribuendo attraverso l’informatizzazione degli uffici giudiziari e delle cancellerie anche allo smaltimento della enorme mole di processi pregressi. Altra importante legge varata proprio in questi giorni, con l’approvazione da parte del Senato del ddl sulla sicurezza, è quella che introduce una serie di nuove misure con cui si affrontano in termini radicali i problemi della sicurezza mettendo in campo politiche che disciplinano materie che spaziano dall’immigrazione alla criminalità organizzata e a tanti altri ambiti concernenti l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini. Inoltre, con la recente approvazione della legge sul federalismo fiscale è stato compiuto un primo, importante passo nella direzione delle riforme costituzionali, anch’esse nell’agenda degli impegni che il governo si è assunto davanti agli italiani. È l’opi nione di Niccolò Ghedini, avvocato penalista di lunga esperienza e deputato del Pdl, che ha portato con sé sugli scranni di Montecitorio la passione e la professionalità che da sempre lo animano nell’esercizio della professione forense, rendendolo uno dei giuristi più 126 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Niccolò Ghedini è giurista, avvocato penalista e deputato del Pdl
© Paolo Tre A3 / CONTRASTO
L
GRANDI RIFORME
IL FEDERALISMO FISCALE stimati e ascoltati di questa legislatura. «In tema di giustizia – spiega il deputato azzurro – il provvedimento che si intende varare sulla separazione delle carriere dei giudici renderà indispensabile anche il varo di un’importante riforma d’interesse costituzionale che va a incidere sulla struttura del Csm, il quale peraltro non ha dimostrato uno straordinario funzionamento nel corso di questi anni: attuare il giusto processo e dare maggiori garanzie al cittadino, questi sono i punti cardine in materia di giustizia su cui lavorare adesso». Pensa che riuscirete a mantenere l’impegno di varare le riforme costituzionali e dell’ordinamento in questa legislatura? «Assolutamente sì. Il governo ha già varato parecchie riforme pur essendoci stato nel corso di quest’anno un forte impegno per far fronte alla crisi economica e a gravi emergenze quale quella del terremoto in Abruzzo e a causa delle quali si sono dovute posporre alcune attività legislative. Del resto il processo civile aveva delle urgenze ben maggiori rispetto alla riforma costituzionale, quindi credo che sia stato giusto tenere le attuali scansioni temporali. Su questi temi il ministro Alfano e il governo stanno comunque lavorando in maniera molto intensa e credo che prima della fine delle attività estive si riuscirà a portare un testo agli operatori del diritto su cui confrontarsi e su cui discutere in modo da poterlo poi presentare al consiglio dei ministri quanto prima». Di recente il premier ha rilanciato il tema della riduzione del numero dei parlamentari. Secondo lei riuscirà ad avviare anche questa riforma? «Nel corso della legislatura 2001-2006 avevamo varato un provvedimento che prevedeva il taglio dei parlamentari, il quale però è stato affondato dal centrosinistra con il referendum. Noi riproporremo questa modifica puntando a una maggiore diminuzione dei deputati e dei senatori, che il presidente Berlusconi vorrebbe portare, a quanto mi pare di capire, rispettivamente a 400 e a 200. Certamente far partire nell’immediato una simile riforma, anche per l’evidente difficoltà di dover poi riformulare verosimilmente il sistema elettorale, particolarmente per quanto riguarda il Senato, non è facile. Si potrebbe trattare quindi di una riforma che andrà a regime nei prossimi anni, in ogni caso è fortemente voluta. Quanto al resto c’è già molto da fare con quello che è già in corso: abbiamo, infatti, da completare la riforma sul federalismo fiscale». Rispetto alle leggi che in qualche modo vanno a modificare gli assetti istituzionali, intravede all’orizzonte qualche ostacolo? «Penso vi sia una maggioranza abbastanza coesa nell’attuale governo, quindi non vedo difficoltà all’orizzonte». Quali sono i vantaggi giuridici e politici che dalla prevista riforma costituzionale deriveranno al sistema e all’organizzazione dello Stato? «Da un punto di vista pratico si esalterebbe la terzietà del giudice e la sua indipendenza e al contempo si esalterebbe anche l’autonomia
La legge n. 42 sul federalismo fiscale è entrata in vigore il 21 maggio scorso. Il disegno di legge n. 1.117-B, collegato alla manovra finanziaria, in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione era stato approvato in via definitiva dal Senato nella seduta del 29 aprile 2009 con 154 voti favorevoli, 6 contrari e 87 astenuti. Principi fondamentali del federalismo fiscale sono, da una parte, il coordinamento dei centri di spesa con i centri di prelievo, che comporterà automaticamente maggiore responsabilità da parte degli enti nel gestire le risorse; dall’altra parte, la sostituzione della spesa storica, basata sulla continuità dei livelli di spesa raggiunti l’anno precedente, con la spesa standard. Il federalismo fiscale per diventare operativo necessita di una serie di provvedimenti che si snodano nell'arco di 7 anni: 2 anni per l’attuazione e 5 di regime transitorio.
❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 127
GRANDI RIFORME Niccolò Ghedini
❯❯ del pubblico ministero che avrebbe una maggior indipendenza dal
Il processo civile aveva delle urgenze ben maggiori che non la riforma costituzionale, quindi credo che sia stato giusto tenere le attuali scansioni temporali
128 • DOSSIER • CALABRIA 2009
giudice stesso; credo che questo potrebbe essere un passaggio molto importante per la garanzia dei nostri cittadini e dal punto di vista politico si riuscirebbe a raggiungere un risultato di completezza tra l’art. 111 del 99, cioè quello relativo al giusto processo, in combinato con l’art. 24 e l’art. 3 della Costituzione; dettami questi ultimi di particolare valore in quanto voluti dai padri costituenti». Tra le forze dell’opposizione intravede oggi qualcuna che possa dare un contributo costruttivo in direzione di queste riforme o pensa che sarete costretti ad andare avanti da soli? «Con l’Unione democratici di centro sembra vi siano degli spazi di dialogo e sarebbe auspicabile che con loro si trovasse un tavolo di ragionamento. Con l’Italia dei Valori assolutamente questo è impossibile e, ormai, mi sembra sia lo stesso anche per quanto riguarda il Partito democratico».
POLITICHE GIUDIZIARIE Nico D’Ascola
Auspico che l’avvocatura sia una sentinella contro derive antigarantiste Non sempre le politiche repressive aiutano a combattere la criminalità. Che solo un impegno profondo dei magistrati può contrastare efficacemente. Mentre il diritto alla difesa va preservato da fughe di notizie e processi mediatici. L’avvocato Nico D’Ascola riflette su queste materie di viva attualità Mara Nicolò
e recenti riforme in campo penale oltre a puntare a un giusto processo stanno introducendo una serie di provvedimenti finalizzati a una maggiore e più incisiva lotta alla criminalità organizzata. Provvedimenti questi ultimi, che in territori come la Calabria, dove esiste una delle più pericolose e potenti organizzazioni mafiose, potrebbero costituire un ulteriore strumento per combattere questa terribile piaga della società. Ma, secondo Nico D’Ascola, docente universitario di diritto penale e avvocato penalista di lunga esperienza, non si deve dare per scontato che ulteriori misure restrittive e inasprimenti di pena siano realmente efficaci nel contrastare le organizzazioni mafiose. «L’attuale legislazione antimafia – spiega l’avvocato –, ora integrata dagli “aggiustamenti” apportati con l’ultima riforma in campo penale, è talmente ricca, complessa e capillare, basti pensare all’ampiezza delle misure patrimoniali, che l’unico problema, sul piano della sua reale efficacia, è costituito dalle capacità che la magistratura dovrà dimostrare affinché questi strumenti legislativi trovino concreta e soddisfacente attuazione». Un aspetto particolarmente controverso e su cui riflettere riguarda poi la richiesta di un ulteriore ampliamento dei poteri della pubblica accusa: «in tal caso il rischio è costituito dallo sbilanciamento del processo penale che deve rappresentare un autentico punto di equilibrio tra le esigenze investigative e le garanzie per l’imputato. Reclamare un ennesimo “giro di vite” determinerebbe il pericolo di una schiacciante prevalenza delle esigenze
L
130 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Nico D’Ascola è un noto avvocato penalista e docente di diritto penale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria
POLITICHE GIUDIZIARIE
repressive» aggiunge l’avvocato D’Ascola. Che qui analizza alcuni dei più importanti provvedimenti in materia penale messi in campo in questa legislatura. A suo parere il ddl in corso di approvazione al Senato sulle intercettazioni nella parte in cui disciplina la pubblicazione degli atti processuali è un provvedimento utile al fine di evitare situazioni pregiudizievoli alla persona indagata e al suo diritto alla difesa? «Indubbiamente il disegno di legge sulle intercettazioni, in corso di approvazione al Senato, risponde alla avvertita esigenza di disciplinare una materia troppo spesso segnata da abusi e violazioni di diritti e libertà fondamentali, non solo del singolo cittadino, ma anche di estesi segmenti della collettività. Restando strettamente nell’ambito dei limiti al diritto di cronaca, è evidente come l’incontrollata fuga di notizie pregiudichi il corretto esercizio del diritto di difesa e lo stesso interesse pubblico alla conoscenza di fatti che meriterebbero di essere conosciuti a condizione che ne sia garantita, cosa impossibile nelle fasi iniziali del processo, la veridicità e la completezza. Nel contesto di simili esigenze, pertanto, si impone la necessità di non intendere la libertà di stampa come un valore assoluto e autoreferenziale, sganciato da controlimiti ed estraneo al doveroso giudizio di bilanciamento con altri diritti, altrettanto fondamentali e costituzionalmente tutelati». Pensa che la spettacolarizzazione del caso giudiziario incida negativamente sul corretto svolgimento del processo e sull’accertamento della verità? «La diffusione delle ipotesi investigative attraverso i media, già le qualifica, agli occhi della pubblica opinione, come assunti privilegiati, se non addirittura come la verità. Ciò invero costituisce un evidente danno processuale per l’imputato che sarà chiamato a confutare non una ipotesi, per quanto rispettabile, ma ancora da verificare, bensì una sorta di anticipata sentenza di condanna. Non può peraltro sottacersi che in taluni casi la notorietà del personaggio coinvolto determina, oltre ad una moltiplicazione di curiosità anche voyeuristiche, gravi danni all’immagine, alla credibilità e dunque alla dimensione professionale del personaggio stesso. In casi estremi è la stessa immagine dell’Italia a risentirne. E ciò accade, lo ripeto ancora una volta, sulla base di fatti non ancora verificati e tali, quindi, da non poter seriamente formare la pubblica opinione, che ne può risultare, semmai, fuorviata o peggio strumentalizzata». Quale il ruolo che l’avvocatura può giocare per permettere che le riforme in ambito penale si attuino sulla base delle reali esigenze della nostra società? «L’avvocatura è chiamata a svolgere una funzione di ❯❯
NUOVE MISURE ANTIMAFIA Il pacchetto sicurezza del 2 luglio 2009 contiene ulteriori misure per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata. Si parte da un giro di vite sul regime di carcere duro per i boss previsto dal 41 bis, che aumenta di 4 anni. Altra misura è l’obbligo da parte degli imprenditori di denunciare i tentativi di racket; se non lo fanno vengono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto. Per prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti il prefetto può disporre accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate. Si introduce la responsabilità degli organi amministrativi e si stabilisce che con decreto del ministro dell’Interno, su proposta del prefetto, può essere sospeso dall’incarico chiunque – direttore generale, segretario comunale o provinciale, funzionario o dipendente a qualsiasi titolo dell’ente locale – abbia collegamenti con la criminalità organizzata. Nasce l’albo nazionale degli amministratori giudiziari per l’amministrazione dei beni sequestrati alla criminalità e si intensificano i controlli sul trasferimento di valuta per contrastare il riciclaggio.
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 131
POLITICHE GIUDIZIARIE Nico D’Ascola
❯❯ centrale importanza. L’acquisizione di un ruolo culturalmente di-
La diffusione delle ipotesi investigative attraverso i media già le qualifica, agli occhi della pubblica opinione, come assunti privilegiati, se non addirittura come la verità
132 • DOSSIER • CALABRIA 2009
verso è tuttavia subordinata alla condizione che la classe forense abbandoni la ristretta prospettiva particolaristica legata al caso concretamente trattato e si elevi ad autentica garante dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini. In tal modo si assicurerebbe quella indefettibile funzione di controlimite al potere investigativo e punitivo dello Stato, necessaria affinché l’affermazione di responsabilità penale e la sanzione che ne consegue non risultino arbitrarie e prive di ogni legittimazione. Come è ovvio, ciò implica che l’avvocatura non si perda nelle velleitarie astrazioni di un garantismo ignaro degli effettivi problemi sociali, ma divenga, al contrario, una “sentinella” di situazioni devianti realmente capace di arginare inaccettabili derive antigarantistiche del sistema punitivo. Questa mia ultima affermazione acquisisce poi un rilievo ancor più decisivo se si considera che proprio l’ordinamento penale, la riforma del quale è oggi posta al centro dell’impegno legislativo, costituisce il prisma attraverso il quale è possibile apprezzare compiutamente il tasso di reale liberalità di un intero sistema politico e, quindi, il fondamentale standard di garanzie che esso assicura a ciascun cittadino».
POLITICHE GIUDIZIARIE
I criteri fondanti di una scienza giuridica equa e moderna La tutela dell’ambiente e la completa affermazione dei diritti delle donne. Queste le priorità su cui i moderni sistemi giuridici devono confrontarsi. Senza dimenticare che le leggi, per essere giuste, devono essere anche umane. Ne parla l’avvocato Nino Marazzita Esmeralda Caserta
na società, la nostra, che muta a ritmi frenetici, e dove i bisogni sociali e la condizione esistenziale mutano con la stessa rapidità. Cambiamenti che comportano per tutti i sistemi giuridici la necessità di adeguarsi alle nuove situazioni che storicamente si vanno determinando. Secondo l’avvocato Nino Marazzita, uno dei più famosi penalisti italiani, giurista e studioso di fenomeni sociali, tra i sistemi giuridici dei Paesi occidentali, il nostro è quello che oggi vive le maggiori difficoltà nel mantenere il passo coi tempi, in contrasto con una antica tradizione risalente al diritto romano. Infatti, in parallelo con i mutamenti economici e sociali emergono nuovi diritti e nuovi doveri e con essi la conseguente necessità di dar vita a diverse e ben più complesse figure giuridiche. «È importante che il legislatore oltre a determinare l’ambito dei diritti, si occupi di rendere i cittadini responsabili di fronte ai loro doveri, investendoli del compito di innalzare con i loro comportamenti il livello della legalità» commenta il giurista. Quanto alle materie prioritarie su cui intervenire per stabilire nuovi criteri di tutela giuridica, l’avvocato ne individua due di indiscussa attualità: l’attenzione verso l’ambiente e una nuova politica nei confronti delle donne, che le veda finalmente al centro di una vera e propria rivoluzione culturale. «Intorno al mondo femminile – sottolinea – occorre predisporre un sistema di maggiore protezione,
U
ma anche e soprattutto di più grande attenzione, che non si manifesti solo con la repressione per i reati di stupro e di stalking, ma attraverso una diversa cultura che ne favorisca a trecentosessanta gradi la loro affermazione nella famiglia, nel mondo del lavoro e nel sociale in termini di pari valore e dignità rispetto agli uomini. Sono convinto che una simile rivoluzione contribuirebbe a determinare una diminuzione anche dei reati sessuali che vedono come vittime quasi sempre le donne». Sui criteri che dovrebbero guidare il legislatore nello svolgimento della sua attività è indispensabile fare riferimento all’etica e alla logica, «principi dai quali non è possibile prescindere in quanto intrinsecamente connessi con lo stesso concetto di diritto. Anche se ormai purtroppo quando si formulano le leggi a prevalere è quasi esclusivamente il criterio del profitto, come se questo fosse l’unico bene fondamentale della nostra società». Ma oltre alla logica e ai valori etici la norma giuridica per essere giusta deve contenere anche una buona dose di umanità. «Come sottolineato da giuristi e filosofi di tutti i tempi» fa notare Marazzita, ricordando come il codice penale del nostro Paese, così come riformato 15 anni, presenta una disattenzione che si ripercuote sull’indagato e soprattutto sulla vittima. L’auspicio del giurista è che un’eventuale, nuova riforma, tenga conto principalmente di questo aspetto, ponendovi, perciò, rimedio. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 133
DIRITTO PENALE L’opinione
Ridurre gli errori e le carcerazioni ingiuste è possibile Per rendere più giusto il processo penale occorrerebbero poche ma innovative modifiche. Ne è convinto Vincenzo Adamo, penalista cosentino. Che, oltre a sottolineare come la difesa debba disporre al più presto di maggiori poteri in sede investigativa, evidenzia quale via la procedura penale dovrebbe imboccare per tutelare al meglio i cittadini Massimo Ghirardo
nvestigare per garantire un corretto svolgimento del processo e arrivare così a una sentenza veramente giusta. Fino a qualche tempo fa questo era un ruolo ricoperto esclusivamente da Pubblici ministeri e forze di polizia. Con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, però, anche la difesa, per adempiere in modo compiuto al proprio dovere, può svolgere un’attività investigativa. Un’innovazione finalizzata a rendere paritario il dibattimento di fronte al giudice terzo. Ma non sono solo queste le evoluzioni che ci sono state in quest’ambito del diritto. «L’avvocato penalista, dall’introduzione del nuovo codice di procedura penale a oggi, ha sempre più assunto la funzione del consulente legale specializzato, che accompagna il proprio assistito nell’evoluzione del procedimento penale sin dal principio, soprattutto per quei reati che vengono comunicati all’indagato già nella fase delle indagini preliminari con un sequestro, un’ispezione o altra attività di indagine volta alla ricerca della prova». A
I
134 • DOSSIER • CALABRIA 2009
parlare è Vincenzo Adamo, penalista in Cosenza e consulente di alcune società di rilevanza nazionale, che ha alle spalle un numero considerevole di processi importanti che si sono celebrati nella provincia cosentina. «Con l’introduzione delle norme che disciplinano le indagini difensive – continua – l’avvocato penalista è portato a vestire in molti casi la figura dell’investigatore, anche attraverso la collaborazione di consulenti tecnici e di collaboratori specializzati per le varie fasi del procedimento». Oggi, dunque, il penalista può svolgere indagini parallelamente al Pubblico Ministero. Ma quest’ultimo potrebbe decidere di procedere nelle sue investigazioni in silenzio, fino a quando lo ritiene opportuno. Quali possibilità ha in questi casi la difesa? «Il sistema ha previsto che la Pubblica Accusa, soprattutto per reati di criminalità organizzata e altri di pari gravità, possa posticipare la comunicazione dell’indagine in corso nel rispetto dei termini fissati dal codice di procedura penale. In questi casi
Vincenzo Adamo, avvocato penalista. Nel suo studio di Cosenza lavorano, anche occupandosi di altri settori, tre avvocati e tre collaboratori Tel. 0984 39.34.55 vinc.adamo@virgilio.it
DIRITTO PENALE
PRESUNTI COLPEVOLI Secondo una recente ricerca svolta dall'Associazione Antigone, che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti, sono 63.460 i carcerati italiani, ben 20mila in più rispetto alla capienza regolamentare. Di questo numero, solo 30.186 stanno scontando una condanna passata in giudicato. Gli altri 33.274 sono in custodia cautelare ancora con la presunzione di innocenza. Il rapporto di Antigone, poi, punta il dito contro i pochi fondi investiti per gestire le carceri: nonostante il costo medio giornaliero di un detenuto sia di 157 euro, poco più di 3 euro sono destinati ai pasti e circa 5 alla salute. Per quantoriguarda il personale penitenziario, i poliziotti in organico sono 42.268, ma quelli che lavorano effettivamente per l'amministrazione penitenziaria sono 39.482.
c
Ritengo che alcune riforme possano garantire una maggiore efficacia della giustizia penale. Ad esempio servirebbe che le misure cautelari, specialmente quelle personali, venissero decise da un collegio e non da un giudice monocratico, come accade oggi con il Gip
d
la parità tra accusa e difesa subisce una grave menomazione che però viene giustificata, secondo il Legislatore, dal particolare disvalore sociale dei reati che sono oggetto di indagine. Il risultato di questa disparità si manifesta nel numero elevato di errori giudiziari che si registrano in queste materie, proprio dove la difesa ha pochissima possibilità di intervento». In questo senso, crede sarebbe necessario rivedere il principio di segretezza delle indagini e aprire una discussione seria che metta il legislatore nella possibilità di garantire la presenza concreta del difensore in tutti i procedimenti investigativi? «Ritengo che alcune riforme possano garantire una maggiore efficacia della giustizia penale. Mi riferisco, per esempio, alla necessità che le misure cautelari, specie quelle personali, vengano decise da un collegio e non da un giudice monocratico, come accade oggi con il Gip. Credo sia assolutamente necessaria anche l’introduzione dell’obbligo di assu-
mere l’interrogatorio dell’indagato prima del suo arresto quando l’indagine è stata tenuta segreta senza partecipazione alcuna della difesa. Basterebbero quindi poche ma significative riforme finalizzate a ridurre al minimo il numero degli errori giudiziari e delle carcerazioni sofferte ingiustamente dai cittadini». In ambito penale, quanto è importante il “feeling” che si crea tra l’avvocato e il proprio assistito? «Per quanto mi riguarda è fondamentale. Soprattutto nell’interesse del cliente è bene che ci sia sempre un saldo rapporto fiduciario tra assistito e legale. Anche perché si tratta di un rapporto potenzialmente lungo, visto il percorso medio che alcuni procedimenti hanno, a volte anche con esiti ribaltati nei successivi gradi di giudizio. Per concludere, unitamente a questo aspetto, oggi la scelta dell’avvocato penalista deve essere ponderata anche tenendo in considerazione le capacità tecniche del legale, dalle quali non si può prescindere se si vuole ottenere un buon risultato». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 135
DIRITTO PENALE Il ruolo della magistratura
Ricercare la verità è ancora possibile? La magistratura italiana è sotto esame. Possono, politica e corporativismo, inquinarla al punto da compromettere il corretto svolgimento dei procedimenti giuridici? Gino Perrotta, affermato penalista, dipinge un Paese sempre più distante dall’ideale di uno Stato di diritto Andrea Moscariello
a politica giudiziaria prevale sul rispetto delle regole? Secondo l’avvocato Gino Perrotta, patrocinante in Cassazione ed esperto in diritto penale, la risposta giusta è quella affermativa. «Storicamente, ogni qualvolta una società attraversa una crisi profonda come quella che stiamo attraversando, la magistratura assume una funzione di supplenza andando a occupare quegli spazi che, di solito, sono di competenza di altri organi dello Stato – sostiene il penalista cosentino -. La magistratura si sente naturalmente investita della salvaguardia dei valori sociali. Naturalmente ciò porta il giudice a lasciarsi coinvolgere eccessivamente dai problemi e ad agire seguendo quella che nell’ambiente definiamo politica giudiziaria». Avvocato Perrotta, questo ostacola il corretto funzionamento del processo penale? «È necessario che la magistratura si liberi da ogni condizionamento di politica giudiziaria e privilegi la prospettiva delle attività poste in essere nel processo per affermare il primato delle regole. Oggi persino i diritti fondamentali del cittadino ven-
L
136 • DOSSIER • CALABRIA 2009
gono interpretati in modo diverso». In quali ambiti soprattutto? «Basti pensare al tema della libertà, a quello della segretezza delle comunicazioni. È sufficiente verificare quanti procedimenti per ingiusta detenzione vengono svolti ogni giorno nelle Corti di Appello italiane per dimostrare come sia effimero il concetto di libertà in molti magistrati. Non è più accettabile che la legge sia lo strumento che pone il magistrato al riparo da qualsiasi possibilità di arbitrio». Quali soluzioni proporrebbe? «Anzitutto, deve funzionare la responsabilità intesa come meccanismo di controllo del magistrato. Negli Stati Uniti la libertà dei giudici funziona perché c’è un forte senso di responsabilità, e se uno di questi sbaglia deve smettere di esercitare la profes-
L’avvocato Gino Perrotta, dal suo studio di Paola, in provincia di Cosenza, segue le evoluzioni del processo italiano e sostiene l’importanza di riformare la magistratura
DIRITTO PENALE
L’avvocato Perrotta circondato dallo staff del suo studio Tel. 0982 58.75.86 studioperrotta@hotmail.com
LEGGE E CIVILTÀ, LA LEZIONE DI ETTORE GALLO La filosofia di Gino Perrotta è ispirata dal pensiero di un grande giurista del nostro tempo, il professor Ettore Gallo, il quale sosteneva che «se la civiltà di un popolo si misura dai principi che informano il diritto processuale penale, dobbiamo convenire che vista dalla prospettiva del nostro processo, la civiltà del nostro Paese dovrebbe rice-
10 ANNI
Questo è il record, negativo, legato alla durata di un processo penale. Un primato tutto italiano. La tempistica rappresenta uno degli elementi più discussi della Giustizia italiana. E pensare che negli Usa, la durata media del processo, oscilla tra i sei e gli otto mesi
vere un giudizio di livello piuttosto basso. La verità di siffatto assioma è insita nel riconoscimento di una stretta dipendenza fra diritto processuale penale e politica giudiziaria del sistema di potere vigente, sicché sembra giusto assumere quello come espressione della politica penale di un regime, e in definitiva poi della sua civiltà».
sione. In Italia sembrerebbe avvenire il contrario, visto che se un magistrato sbaglia può diventare anche un eroe nazionale». Secondo lei per quali motivi? «Perché in Italia il controllo sui magistrati è svolto dalla stessa magistratura. Ma il C.s.m. non è idoneo a svolgere tale compito, vuoi per il forte corporativismo dei magistrati, vuoi per la loro eccessiva politicizzazione». Un altro punto su cui si discute riguarda il reclutamento stesso dei giudici. Quali sono a suo parere le falle più significative in tale ambito? «Un membro della Cassazione, che per molti anni è stato componente della commissione esami, mi raccontava che chiedendo a un candidato che cosa lo spingesse a fare il concorso in magistratura si è sentito rispondere “se è per questo, ho fatto anche il concorso alle poste”. Praticamente abbiamo dei
magistrati che vengono arruolati con un concorso identico a quello che viene fatto per mettere nella pubblica amministrazione un qualsiasi impiegato. Ciò non è plausibile in uno Stato che vuole essere Stato di diritto. È dunque necessario un concorso che riesca a selezionare i soggetti per capacità, preparazione e forte senso di equilibrio». In definitiva, qual è l’obiettivo, etico e giuridico, che la magistratura deve perseguire? «La ricerca della verità. È la prerogativa fondamentale del processo penale. Ma un recupero dell’efficienza appare necessario da parte di tutti. Da parte del legislatore, che deve ispirarsi a un modello processuale che ponga al centro di esso l’individuo e il rispetto dei suoi diritti. Degli uomini di governo, i quali devono fornire i mezzi per lo svolgimento delle indagini e la celebrazione dei processi. Del giudice, che deve avere sempre la consapevolezza di svolgere una funzione essenziale per la convivenza civile e pacifica di un popolo che, a sua volta, deve ricercare la verità dei fatti e giudicarli attraverso la “sovranità popolare espressa dalla legge”. Per finire penso anche alla classe forense, che deve affrontare il proprio compito con umiltà, preparazione e con la consapevolezza che la difesa di ogni individuo è sempre e soprattutto difesa della libertà». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 137
CULTURA GIURIDICA Garanti della democrazia
Nessun dubbio sulla costituzionalità del lodo Alfano Il prossimo 6 ottobre la Corte Costituzionale si pronuncerà sul lodo Alfano. Secondo Annibale Marini, presidente emerito della Corte, la legge 124/2008 non presenterebbe alcun elemento incostituzionale, avendo risolto i rilievi mossi al precedente lodo Schifani Alice Maltoni
un anno di distanza dalla sua approvazione parlamentare, la legge 124/2008, meglio nota come “lodo Alfano”, torna al centro del dibattito politico. Il testo dal titolo “Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato” ha passato l’esame delle Camere il 22 luglio 2008. Secondo il Guardasigilli Alfano, il nuovo provvedimento si differenzia dal lodo Schifani – che lo anticipò sui contenuti – divenendo, quindi, compatibile con quanto indicato nella sentenza della Consulta, che aveva abrogato il precedente lodo per alcune incompatibilità costituzionali. Le modifiche apportate dal lodo Alfano riguardano proprio i punti che non convinsero la Corte: il termine di legislatura per la sospensione dei processi e la possibilità di proseguire con le azioni civili di risarcimento. Nonostante queste assicurazioni, nel settembre dello scorso anno il pm milanese Fabio De Pasquale ha sollevato il dubbio di costituzionalità del nuovo lodo e da qui è partita la richiesta di pronunciamento sulla sua costituzionalità. La legittimità del lodo che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato sarà dunque esaminata il prossimo 6 ottobre dalla Consulta, presieduta da Francesco Amirante. «Il precedente lodo Schifani era stato investito di tutta una serie di rilievi di costituzionalità che riguardavano alcuni articoli della Costituzione come il 3 e il 24. Di tutti i rilievi che sono stati presentati, la Corte ne ha discussi solamente 4. Per tutto il resto, la Corte ha detto espressamente che il consentire alle più alte cariche dello Stato di
A
140 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Nato a Catanzaro, Annibale Marini ha presieduto la Corte Costituzionale dal novembre 2005 al luglio 2006. Oggi ne è presidente emerito ed è professore emerito di Diritto civile presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata
CULTURA GIURIDICA
svolgere il proprio compito con serenità era un valore costituzionale». A parlare è il giudice calabrese Annibale Marini, che ha presieduto la Corte Costituzionale dal novembre 2005 al luglio 2006 e ne è oggi presidente emerito. Dal lodo Schifani con la sua parziale illegittimità costituzionale a quello Alfano. C’è la possibilità che la Corte muova rilievi di costituzionalità a questo nuovo testo? «A seguito dei rilievi fatti nel 2004 dalla Corte, si è già deciso di modificare il lodo Schifani in alcuni suoi punti arrivando così al lodo Alfano. Le sezioni unite della Cassazione, e la Corte Costituzionale in misura ancora maggiore, possono sì cambiare parere, ma sempre in maniera molto cauta e con attenzione. La giurisprudenza della Corte può cambiare quando ne cambiano tutti i componenti oppure le condizioni che avevano legittimato la pronuncia precedente al netto di una valutazione più attenta, insomma non è condannata all’immutabilità. Ma perché si verifichi questo diverso pronunciamento deve sempre intercorrere un certo periodo di tempo, altrimenti cade la certezza del diritto. Se una pronuncia della Corte può essere contraddetta da una pronuncia successiva, allora il sistema non funziona come dovrebbe». Quindi lei sostiene che i punti di questa nuova legge da alcuni ritenuti non costituzionali abbiano già passato l’esame dei giudici costituzionali? «I profili che vengono oggi tenuti in considerazione erano già stati presentati in precedenza e la Corte li aveva rigettati o esplicitamente o implicitamente in occasione del lodo Schifani. Penso per esempio alla violazione del principio di eguaglianza che era pregiudiziale a tutto. La Corte può benissimo ritornare su una propria decisione, ma questa decisione è stata presa cinque anni fa». Chi può sollevare questioni di costituzionalità in Italia? «Da noi non esiste il ricorso diretto alla Corte. Sono i giudici che sollevano le questioni di costituzionalità. E un giudice è liberissimo di ritenere che anche una legge approvata tenendo conto dei rilievi della Corte possa essere incostituzionale. Il potere dei giudici di rivolgersi alla Corte è libero e insindacabile e quindi i giudici possono riproporre una questione che viene dichiarata più volte manifestamente infondata. A mio avviso, però, nel caso del lodo Alfano la questione dovrebbe ritenersi esaurita. Se si esamina la decisione della Corte soffermandosi sui parametri di costituzionalità, si nota come siano stati tutti affrontati». ❯❯
SUPER PARTES La Corte Costituzionale, le sue funzioni fondamentali e la sua composizione furono previste dall’assemblea costituente nel 1948. Il suo compito è quello di vigilare sul rispetto della Costituzione da parte di tutti gli organi dello Stato. L’articolo 134 della Costituzione cita tra le funzioni di questo organismo quello di giudicare “sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi” ma anche “sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni” oltre che “sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione” nei casi di alto tradimento e attentato alla Costituzione. La funzione riguardante il giudizio sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo, fu aggiunta nel 1953. Ma è solo nel 1955, a sette anni dall’entrata in vigore della Costituzione, che viene però completata la prima composizione della Corte, che si insediò nel palazzo della Consulta e si diede la prima organizzazione. La Corte è composta da quindici giudici. Cinque sono nominati dal Presidente della Repubblica, cinque dal Parlamento in seduta comune tramite un’elezione a maggioranza qualificata e cinque dalle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrativa (tre giudici vengono eletti dalla Corte di Cassazione, uno dal Consiglio di Stato e uno dalla Corte dei Conti).
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 141
CULTURA GIURIDICA Garanti della democrazia
❯❯ Quali sono i tempi tecnici con cui la Corte Costituzionale
c
Il potere dei giudici di rivolgersi alla Corte è libero e insindacabile e quindi i giudici possono riproporre una questione che viene dichiarata più volte manifestamente infondata
d
142 • DOSSIER • CALABRIA 2009
può dichiarare l’infondatezza o la manifesta infondatezza? «La giustizia costituzionale è forse l’unica in cui è applicato il principio della ragionevole durata del processo. Le questioni sono sollevate e decise con una rapidità sconosciuta a tutte le altre giurisdizioni. La decisione della Corte può essere immediata, ma ovviamente è coperta dal segreto poi occorre la motivazione che stende il relatore e deve essere approvata dal Collegio prima di essere depositata e resa pubblica. Tutto questo iter gode di una rapidità ancora maggiore di quella usuale. A volte, la Corte sceglie di diramare un comunicato stampa immediato il giorno stesso del proprio pronunciamento, dichiarando di aver accolto o ritenuto infondata la questione così da evitare ogni fuga di notizia. Trattandosi di un caso di grosso richiamo mediatico e di rilevante significato politico, credo che la costituzionalità del lodo Alfano potrebbe seguire questo percorso. Dal momento in cui è discussa la questione in pubblica udienza al momento in cui viene depositata la sentenza passano tre mesi. In questo caso possiamo essere certi che la sentenza sarà depositata entro il mese di dicembre di quest’anno».
CREDITO A difesa dei risparmiatori
L’anatocismo praticato anche sui conti pubblici Una tombola per le banche, una bancarotta per cittadini e imprese. La denuncia dell’avvocato Fernando Scarpelli, esperto del settore, che invoca l’intervento della Corte dei Conti e lancia anche una sfida agli istituti di credito Giorgio Palma
er formazione culturale diffido delle istituzioni finanziarie spesso dietro rivoluzioni, trame di Stato, crisi economiche». Non usa giri di parole Fernando Scarpelli, avvocato esperto di contenzioso bancario e consumeristico che opera sull’intero territorio calabrese. Il suo studio, un vero e proprio “laboratorio artigianale” del diritto, è stato negli anni il punto di incontro di professionalità di varie discipline. «La mia diffidenza nei confronti del mondo finanziario – spiega – ha origine dall’incontro con il professor Giacinto Auriti, giurista e monetarista di straordinaria lucidità e uomo di elevata statura morale, che mi spiegò lo stretto legame tra banche, moneta e usura». La dinamica di questo legame, continua l’avvocato, è semplice: «L’usura bancaria praticata con l’anatocismo ha vessato non solo le famiglie e le piccole e medie imprese ma anche tutti quegli Enti pubblici che intrattenevano rapporti di tesoreria con le banche». Avvocato, ha citato anche gli Enti pubblici. Ci spieghi meglio. «Dopo le pronunce della Cassazione in tema di nullità dell’anatocismo bancario, invitai i responsabili di Regioni, Province, Comuni, Aziende sanitarie, a procedere nei confronti delle banche, che gestiscono il servizio di tesoreria, alla rideterminazione dei debiti. Le convenzioni, che disciplinano il servizio, sono
P
144 • DOSSIER • CALABRIA 2009
predisposte dalle banche stesse e ricalcano sostanzialmente le condizioni economiche praticate alla clientela ordinaria. Semplificando: sulle anticipazioni di cassa erogate in favore dell’ente, si praticano tassi, prezzi, commissioni, da capitalizzare trimestralmente, con effetti moltiplicatori sul debito dell’ente e quindi in danno dei cittadini». E qualcuno le ha dato ascolto? «Mostrarono interesse nel 2004 il Presidente Anci e, nel 2007, il Presidente della Regione Loiero, che mi affidò al suo assessore al Bilancio. Ma, alla fine, non se ne fece nulla».
L’avvocato Fernando Scarpelli nel suo Studio legale di Cosenza Tel. 0984 31.330 fernando.scarpelli@tin.it
CREDITO
COS’ È L’ANATOCISMO BANCARIO L’anatocismo bancario ossia la trasformazione degli interessi scaduti in capitale, che come tale è produttivo di interessi, è stato valutato con sfavore nelle legislazioni di tutti i tempi e, anche quando qualche ordinamento giuridico, nostro o di altro Stato, antico o moderno l’ha consentito, non sono mancate le cautele atte a temperarne e a restringerne la portata e gli effetti. Una pratica che favorisce quindi il creditore a disca-
1999 RIMBORSO
Lo possono chiedere coloro che hanno avuto il conto corrente “in rosso” prima del 1999, Si può chiedere il rimborso anche di un conto corrente già chiuso, purchè non siano ancora trascorsi dieci anni dalla chiusura
pito del debitore. Questa prassi, pur se vietata dall’art. 1283 del Codice Civile, è stata comunque adottata dal mondo bancario italiano. Gli istituti di credito potevano praticarlo perché tale comportamento era stato avallato dalla giurisprudenza, almeno sino alla nota sentenza della Corte di Cassazione del 2004, n. 21095 che ha affermato l'illegittimità, anche per il passato, degli addebiti bancari per anatocismo.
Lei cosa suggerisce di fare? «È necessario oltre che obbligatorio – trattandosi di danno erariale - l’intervento della Procura presso la Corte dei Conti». Come possono le banche restituire il debito? «Manca la volontà politica, non le forme. Penso, ad esempio, all’erogazione di mutui a tassi Bce. Ma il vero salto di qualità sarebbe la costituzione di una banca regionale, cui affidare tutte le tesorerie. Le fusioni bancarie degli ultimi anni hanno creato giganti dai piedi d’argilla. Meglio di questi, infatti, hanno retto all’onda d’urto proprio le piccole banche, legate al territorio e all’economia reale. Il tema centrale è quello della potestà legislativa regionale concorrente in materia bancaria e delle conseguenti possibili sinergie tra Enti locali, imprese e banche locali. Già adesso sono apprezzabili i risultati conseguiti dai consorzi di garanzia fidi di varia natura, ma ben altro potrebbe essere ottenuto mobilitando quel patrimonio di enti territoriali che le nostre amministrazioni utilizzano spesso con stili da satrapie orientali. Si tratta di ripensare un modello in cui le banche locali siano i terminali intelligenti del processo, gli Enti locali garantiscano i fidi grazie al pa-
trimonio e magari qualche istituto di credito dalle maggiori capacità programmatiche eserciti un ruolo di coordinamento delle banche locali. Potrebbe essere la giusta via per mobilitare le risorse di cui oggi c’è bisogno». Quali iniziative adotta a difesa degli utenti del sistema bancario? «I dati sullo stato dell’indebitamento generale di famiglie e imprese sono certamente allarmanti. Lo prova l’aumento vertiginoso delle sofferenze bancarie, che ai primi di luglio sono state stimate in circa 30 miliardi di euro, e il parallelo aumento delle procedure esecutive. Il mio intervento può assumere rilievo nella fase fisiologica del rapporto utente-banca, così come in quella patologica, quando occorre difendere il cliente dall’aggressione della banca e ripararlo dai consequenziali effetti pregiudizievoli qual è la segnalazione alle centrali dei rischi creditizi, spesso compiuta in assenza dei presupposti di legge. Tale circostanza è foriera di risarcimento dei danni patrimoniali e non, sia per le persone fisiche che per le imprese. Con riferimento a queste ultime può assumere un significativo profilo la fattispecie del “danno aziendale”, relativo alle perdite di chances, ai mancati investimenti e alle correlative remunerazioni, al recesso illegittimo dai rapporti bancari in essere. Il tenore del mio intervento è tanto più intenso, quanto più significativa è l’illegittimità della condotta della banca, che nel disciplinare le condizioni applicate al rapporto contrattuale, può giungere ad applicare tassi oltre i quali si configura il reato di usura». Da queste pagine vuole lanciare una sfida? «La proposta è rivolta al mondo bancario che, a corto di liquidità, ha fatto ricorso alla patrimonializzazione a spese della collettività. Ora tocca alle banche impegnarsi in una moratoria dei debiti verso le imprese e le famiglie. Ciò determinerebbe un apprezzabile incremento della fiducia, indispensabile per la ripresa economica e finanziaria del Paese, e l’affermazione delle ragioni del Diritto su quelle del Mercato, che deve essere uno spazio giuridico, prima che economico, con regole, arbitri e sanzioni certe. Tale spazio giuridico deve diventare l’espressione dell’indipendenza dei popoli, per preservare la quale, ammoniva Thomas Jefferson, terzo presidente americano: “Non dobbiamo consentire ai nostri governanti di imporci debiti perpetui. Dobbiamo sempre esercitare la nostra scelta, tra economia e libertà, tra profusione ingannevole e certa servitù”». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 145
PRINCIPI DEL FORO Alberto Panuccio
Il comune obiettivo di un moderno sistema giuridico Approvata la riforma sul processo civile ora occorre avviare un serio dibattito sulla recente normativa. Come? Secondo il presidente dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria Alberto Panuccio, trasmettendo a questi organi gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla legge delega Cinzia Anghelone
n importante passo avanti nell’ambito della riforma della giustizia è stato compiuto con la recente approvazione dei provvedimenti di modifica del processo civile. Seppure nell’insieme giudicata positivamente, la nuova normativa è, però, ritenuta dall’avvocatura ancora imperfetta e in certe sue parti lacunosa. «Più che di riforma ritengo che si possa parlare di modifiche, alcune positive e altre negative», commenta a caldo il presidente degli avvocati di Reggio Calabria Alberto Panuccio, facendo eco ai suoi colleghi di molte altre province italiane. Quali aspetti di questa riforma reputa maggiormente positivi? «Personalmente assegno il maggior rilievo proprio alla delega legislativa, caratterizzata da tempi brevi di durata e dal confronto con il Parlamento, attraverso la trasmissione degli schemi dei decreti legislativi per l’acquisizione dei pareri preventivi delle commissioni competenti. La mia proposta è che gli schemi siano trasmessi anche al Consiglio nazionale forense, al Consiglio superiore della magistratura, ai Consigli degli ordini forensi, affinché ciascuno, nell’autonomia della propria funzione e del proprio ruolo, e in un rapporto di cooperazione, contribuisca a dare il proprio apporto sulla base di esperienze dirette e concrete. Importanti indicazioni in tal senso possono essere tratte dai protocolli elaborati dagli “osservatori della giustizia civile”, che hanno tenuto a Reggio Calabria nelle giornate del 30 e 31 maggio l’assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile, sul tema specifico: un ufficio modello,
U
150 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Alberto Panuccio è avvocato civilista e presidente dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria
PRINCIPI DEL FORO
LA PAROLA AL PRESIDENTE Occorre una vera riforma dell’ordinamento professionale di Daniela Rocca isogna prendere atto che circa un milione e mezzo dei processi viene affidato ai giudici onorari. Si tratta perlopiù di avvocati che hanno delle incompatibilità limitate. Per questo, ritengo che occorra ripensare il ruolo di questa forma aggiuntiva di giustizia». Per Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura italiana, è arrivato il tempo del confronto. Per questo l’Oua ha formulato un progetto per istituire la figura del giudice laico. «Una figura caratterizzata da accesso per concorso, ma anche da un trattamento economico e contributivo adeguato alle sue funzioni, del tutto equiparabili a quelle del giudice togato». Si tratterebbe in sintesi di un giudice professionalizzato, però con durata limitata. «E con un collegio etico formato da magistrati – continua De Tilla –, da avvocati e anche da rappresentanti degli ordini professionali per garantire la tenuta formativa e quella deontologica. Insomma, nella giustizia avremmo il giudice togato e il giudice laico». Tra gli altri aspetti, l’Oua chiede il riconoscimento dell’avvocatura come soggetto costituzionale – «una via che bisogna necessariamente percorrere» –, mentre non condivide la proposta del filtro in Cassazione inserita nella riforma del ministro Alfano. «Non si può abolire surrettiziamente il giudizio per cassazione. L’articolo 107 della Costituzione, al 7° comma, prevede l’impugnativa in cassazione di ogni decisione per violazione di legge e non si può fare una legge che confonde i concetti giuridici di infondatezza e inammissibilità, e finisce per abrogare nella sostanza la norma costituzionale».
B
un modello di ufficio giudiziario». Quali delle nuove norme consentiranno tempi più rapidi per la giustizia civile? «Ce ne sono alcune, che però andrebbero esaminate punto per punto. Solo per fare qualche esempio abbiamo l’elevazione della competenza del Giudice di pace; le norme che riducono le questioni di competenza, ponendo dei paletti nei termini e modalità di deducibilità dalle parti e di rilevabilità di ufficio da parte del giudice e semplificando le forme delle relative decisioni; la riduzione di molti termini processuali in materia di riassunzione dei processi dopo gli eventi interruttivi o la cancellazione della causa dal ruolo; la norma sulla semplificazione della sentenza, che consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti con riferimento a precedenti conformi; l’introduzione del “procedimento sommario di cognizione”, argomento che ha suscitato varie critiche, ma che personalmente accolgo con favore; la fissazione del “calendario” del processo, e altro. Comunque, in via generale, si può affermare che un reale acceleramento di tutti i processi potrà ottenersi con una riforma organica, con il completamento e il rafforzamento degli organici dei magistrati, del personale amministrativo e dei mezzi, accompagnati dall’effettiva introduzione in tempi brevi del processo telematico». Quali sono state fino a oggi le ricadute dei processi lumaca sulle dinamiche economiche e sociali del Reggino? «È difficile calcolare le ricadute negative, che, pur esistendo, nella realtà rimangono sommerse; ritengo che il male peggiore sia la sfiducia rispetto ai valori della giustizia che si è diffusa a causa dell’incepparsi dei meccanismi processuali». Da questa riforma pensa che al riguardo deriveranno al riguardo dei vantaggi sul vostro territorio? «Temo che con questi o con analoghi accorgimenti processuali non è da attendersi un reale accorciamento dei tempi del giudizio nel suo svolgimento complessivo; nessun provvedimento concreto è stato adottato per il grado di appello, ove i processi continuano a giacere a lungo. Se non si rafforzano gli organici delle corti d’appello, i processi accelerati in primo grado sono destinati a finire nell’imbuto stretto passando da un grado all’altro». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 151
STUDI LEGALI La forza del team
Per emergere e affermarsi serve fare gioco di squadra Etica professionale, aggiornamento e grande impegno. Una sfida che continua negli anni con l’obiettivo di lasciare una scia di onestà professionale. Un concetto di difficile applicazione oggi. Ma in cui l’avvocato Giacomo Iaria continua a credere Federica Poggi
l Mezzogiorno italiano vive in uno stato di difficoltà che tarpa le ali al suo sviluppo da decenni. Questa situazione tocca anche il sistema giudiziario locale, gravato ancora da troppe carenze. Un contesto che rende problematica qualsiasi attività intrapresa al Sud, soprattutto per chi lavora nell’ambito forense. In questo senso, chi si trova a praticare la professione in Calabria, oltre agli ostacoli comuni in tutto il territorio nazionale, deve fare i conti con la sensazione di operare in una terra che è tanto generosa e ospitale quanto povera di risorse e di servizi nel campo giuridico. È con questo complesso di elementi sfavorevoli che lo studio Iaria-Romeo ha dovuto fare i conti nel corso della sua storia. La situazione era particolarmente grave soprattutto quando lo studio mosse i suoi primi passi per un'idea del più anziano del gruppo, Giacomo Iaria. Ma, nonostante le difficoltà, a oggi lo studio si è ricavato uno spazio importante nell'ambito della giurisprudenza calabrese, a partire dal campo del diritto penale. Questo grazie anche a una forte coesione familiare, nel senso letterale del termine, tra i quattro componenti: gli avvocati
I
158 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Giacomo Iaria e Santo Iaria, e le colleghe Raffaella Romeo e Claudia Romeo. E Giacomo Iaria oggi racconta come la sua missione professionale stia dando frutti importanti. Avvocato, come nasce il suo studio legale? «Da un’idea mia e dell'avvocato Raffaella Romeo. Con l'aiuto della famiglia e di mia madre soprattutto, Teresa Amadeo, ora scomparsa, abbiamo deciso di mettere a frutto l'esperienza maturata durante il periodo di praticantato svolto presso gli studi degli avvocati Michele Priolo e Alessio Romeo. Investire le nostre competenze in uno studio legale rappresentava per noi una sfida difficile e stimolante». Di quali settori del diritto vi occupate maggiormente? «Io coordino le risorse che lavorano nell'area penale. Ho una particolare predilezione per le questioni processuali esecutive e penitenziarie. Nel
L’avvocato Giacomo Iaria coordina le risorse che lavorano nell'area penale. Ha una particolare predilezione per le questioni processuali esecutive e penitenziarie
STUDI LEGALI
IL TEAM DELLO STUDIO settore civile, l'avvocato Raffaella Romeo, dopo un'accurata specializzazione nel settore dell'infortunistica stradale, ha curato, attraverso la frequentazione di corsi di aggiornamento e il conseguimento dei relativi attestati, un'esperienza approfondita nel campo del diritto di famiglia, vera palestra dove il diritto si coniuga ai valori familiari attraverso soluzioni giuridiche che non elidono, né trascurano, i notevoli impatti emotivi dei rapporti coniugali e genitoriali. Tale lavoro è coadiuvato dall’avvocato Maurizio Vazzana, che cura gli interessi di una grossa società, per conto dello studio Romeo, specializzato in questioni giuslavoristiche ed esperto informatico e dalle Dottoresse Caterina Puglisi e Maria Rodà». Avete instaurato anche una rete di collaborazioni con altri studi legali del territorio calabrese. «In un progetto di marketing, che colloca al primo posto l'efficienza molteplice dello studio al servizio delle esigenze della clientela secondo un approccio che privilegia il rapporto con la singola persona, il nostro studio ha costruito nel tempo reali e reciproche collaborazioni con studi legali nel comprensorio Jonico e Tirrenico, al fine di coprire zone non sempre agevolmente raggiungibili,
Lo studio è cresciuto con l'esperienza sul campo e l'apporto di tutti i collaboratori. Quasi subito si è unito al gruppo l'avvocato Santo Iaria, ora pilastro dello studio, che seppe far fruttare il suo ruolo, trasformandosi in essenziale perno organizzativo. Attorno all'avvocato Santo Iaria, specializzato nella tutela dei diritti degli extracomunitari, ruota un lavoro silenzioso. Dalla puntualità di questo operato dipende la “sopravvivenza” di numerosi potenziali detenuti. L'avvocato Iaria è coadiuvato dalla preziosa e puntuale collaborazione dell’Avv. Francesca Claudia Romeo, di un giovane dottore, Maurizio Demetrio e dalla dottoressa Paola Valeriani che partecipano alla stesura di numerosi atti processuali. Lo studio si avvale di una giovane e volenterosa segretaria, Giusy De Leo, nonché del delegato allo smistamento della corrispondenza Bruno Iaria.
come quella del catanzarese e quella del cosentino. Ma anche su Roma e Milano, centri nevralgici per il diritto, sono in corso progetti di collaborazione presente e futura in vista di associazioni con altri studi legali, sulla scorta di una probabile condivisione di competenze professionali». Come vede il futuro dello studio legale? «Continua la sfida, per noi. È il compito quotidiano grazie al quale speriamo di lasciare, negli anni, una scia di onestà professionale. Un concetto, quest’ultimo, di difficile applicazione al mondo d'oggi. Ma in cui noi continuiamo a credere». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 159
RIFLESSIONI Processi più veloci
Impariamo a tutelarci dalla lentezza del sistema giustizia Ogni cittadino ha diritto a un giudizio certo e che abbia tempi rapidi. Lo dice la Corte Europea. E anche il diritto italiano, tramite la Legge Pinto, che prevede un risarcimento per chi è vittima delle lentezze giudiziarie. Lo spiega il civilista Tommaso Ricci, avvocato in Catanzaro Michele Borghi
164 • DOSSIER • CALABRIA 2009
na giustizia lenta, che sconta ancora troppa burocrazia e una cronica mancanza di risorse. E che, ormai, genera un sentimento di insicurezza diffusa nei cittadini. Troppo spesso, infatti, passano anni prima di giungere alla fine di un processo. E «quando tale situazione viene prospettata al proprio assistito – spiega Tommaso Ricci, avvocato civilista – purtroppo quest'ultimo si convince del fatto che non sempre conviene comportarsi correttamente, perché questo sistema tende a favorire coloro i quali non vogliono rispettare la legge o tentano di rinviare sine die i propri obblighi». Per tutelare i diritti dei cittadini dagli esasperanti tempi processuali però esiste la Legge Pinto. Di cosa si tratta e come funziona? «La Legge Pinto è stata emanata nel 2001 al fine di risarcire il danno derivante dalla durata eccessiva di un procedimento sia civile che penale. Ciò in conseguenza della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che prevede, tra gli altri, che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole in un equo processo. A proposito del termine “ragionevole”, il principio dettato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è quello secondo il quale il giudizio di primo grado debba durare non più di tre anni, senza mai superare il termine di cinque anni. Lo stesso principio ha stabilito che un procedimento in secondo grado non debba durare più di due anni e, infine, in Cassazione, non più di un anno». Come si chiede l’equa riparazione? «Bisogna proporre un ricorso, con il patrocinio di
U
RIFLESSIONI
UNA LEGGE POCO CONOSCIUTA La materia dell’equa riparazione è una questione è in costante evoluzione. Solo successivamente ad una pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite del dicembre 2005 è stato riconosciuto il diritto all'equa riparazione anche in favore degli eredi di quel soggetto che, prima dell'entrata in vigore della Legge Pinto nel 2001, era stato parte in causa in un giudizio del quale si lamentava l'eccessiva durata. E ancora, mentre inizialmente il cittadino che chiedeva l'equa riparazione doveva provare sia il danno patrimoniale e sia quello morale, a partire dal gennaio 2004, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito il principio che il danno non patrimoniale è una “conseguenza normale” della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo. Da ciò ne è derivato che tale tipo di danno non necessita di alcuna prova e il giudice deve riconoscerlo e liquidarlo ogniqualvolta non ricorrono circostanze particolari. Infine, a partire dall'agosto 2005, sempre la Cassazione a Sezioni Unite, ha modificato il precedente orientamento e ha dichiarato che anche le persone giuridiche hanno diritto a una riparazione pecuniaria del danno non patrimoniale causato dalla durata irragionevole di un processo, affermando che l'esistenza del danno può essere ravvisata anche nello stato di incertezza e di disagio che la durata eccessiva del processo determina nei soci e nelle persone preposte alla gestione dell'impresa.
Nella pagina a sinistra, l’avvocato Tommaso Ricci e il suo staff nello studio legale di Catanzaro Tel. 0961 74.46.46 riccistudiolegale@libero.it
un avvocato, nei confronti del Ministero della Giustizia dinanzi alla Corte di Appello territorialmente competente. Ad esempio chi intende chiedere l'equa riparazione per un processo svoltosi nel Distretto di Catanzaro dovrà rivolgersi alla Corte di Appello di Salerno». Non esiste il rischio che anche questo ricorso si impantani nelle lungaggini burocratiche della giustizia? «Sì. Per quanto concerne i tempi di definizione del ricorso per l'equa riparazione la Legge Pinto ha stabilito un termine di sei mesi dal momento del suo deposito. Tuttavia, a causa dei sempre più numerosi ricorsi, tale termine oramai non viene più rispettato. Per esempio, dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro attualmente, in relazione ai ricorsi depositati qualche giorno fa, l'udienza di discussione viene fissata a novembre-dicembre 2010. A onor del vero, serve sottolineare come Catanzaro sia l'unica Corte di Appello Italiana che attrae a sé i ricorsi in materia di equa riparazione provenienti da due diversi Distretti, quello di
Reggio Calabria e Potenza». Quante probabilità ci sono di essere rimborsati? «Alla luce della mia esperienza, se effettivamente il procedimento è durato oltre i termini ragionevoli e il ricorrente non ha contribuito con il suo comportamento processuale alla durata eccessiva, la liquidazione dell'equa riparazione viene senz'altro riconosciuta tranne in casi molto rari. Per quanto concerne i tempi di pagamento, devo segnalare che il Ministero della Giustizia da circa due anni a questa parte è diventato quasi intoccabile: con la finanziaria del 2007 e con la legge n. 181 del novembre 2008 quasi tutti gli ordini di accreditamento presso le vari sedi della Banca d'Italia, tesoriere del Ministero, sono stati dichiarati impignorabili, rendendo pertanto vani i tentativi di esecuzione a mezzo di pignoramento presso terzi. Pertanto il cittadino italiano che ha ottenuto la liquidazione dell'equa riparazione subisce un ulteriore sopruso da parte della giustizia italiana in quanto, pur avendo un titolo esecutivo, non ha modo di aggredire il patrimonio del Ministero ed è costretto ad attendere, anche per due o tre anni, che quest'ultimo si decida a pagare spontaneamente. Non è un caso se lo Stato Italiano, proprio per l'eccessivo ritardo nel procedere alla liquidazione delle somme a titolo di equa riparazione, è stato più volte condannato dalla Corte di Giustizia Europea». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 165
NOTARIATO Vicino al cittadino
Legalità e chiarezza sono due valori che vanno tutelati Vicini al cittadino, soprattutto nelle situazioni difficili. A stretto contatto con l’evoluzione normativa, economica e istituzionale. Il presidente del Consiglio notarile di Catanzaro, Giulio Capocasale, traccia il ritratto della professione. E della sua funzione sociale Daniela Panosetti
l Sud, purtroppo, la crisi non è una novità, ma una situazione quasi endemica. E tuttavia, è innegabile che le imprese, da qualche tempo, stanno soffrendo di una maggiore carenza di liquidità. E al notaio spetta aiutarle e consigliarle, indirizzandole verso la soluzione più giusta, nel rispetto più rigoroso di garanzie e legalità». È quanto emerge dalla riflessione di Giulio Capocasale, presidente del Consiglio notarile di Catanzaro. Che analizza lo stretto legame tra la professione e il territorio. E ricorda quanto, soprattutto nelle realtà difficili, il ruolo del notaio sia importante e prezioso, per la tranquillità sia delle imprese che dei singoli cittadini. Quella di Catanzaro è una realtà complessa. Quanto incide questo sul ruolo del notaio, per definizione “legato al territorio”? «Sicuramente il legame col territorio caratterizza in generale la figura del notaio e gli consente di “avere il polso” della situazione, rendendolo un forte punto di riferimento per i cittadini. La nostra poi, contrariamente a quanto si possa pensare, è una provincia piuttosto tranquilla. È vero che il quadro economico non è molto avanzato, ma proprio per questo è per certi aspetti più genuino, meno “scaltro”. Soprattutto all’interno, gli affari sono ancora molto legati a una contrattazione di tipo agricolo. Le zone costiere, invece, risentono maggiormente di aspetti commerciali e turistici e, dunque, di dinamiche di più ampio respiro». Da qualche anno il notariato cura con particolare attenzione la
A
170 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Il notaio Giulio Capocasale, presidente del Consiglio notarile di Catanzaro, Crotone, Lamezia Terme e Vibo
NOTARIATO
LA PAROLA AL PRESIDENTE di Paolo Piccoli*
l notariato è un’istituzione dello Stato, una magistratura
I
“tra consenzienti” che garantisce sicurezza, efficienza, risparmio, velocità di esecuzione, mediazione giuri-
dica e culturale. Un’istituzione essenziale, che con la propria attività assicura tranquillità sociale e sviluppo economico equilibrato. Come giuristi di prossimità sul territorio costituiamo riferimento costante per cittadini, famiglie e imprese. Con i magistrati condividiamo lo spirito etico della regola giuridica: l’imparzialità e la decisione conforme a legge. Siamo dalla parte del cliente, ma in ogni caso sopra le parti. Sosteniamo l’idea che la crescita del Paese debba coniugarsi con il rafforzamento della sicurezza giuridica e che un abbassamento dei controlli che ci sono affidati aprirebbe falle pesanti nel sistema della certezza dei diritti. La pesantissima crisi dei subprime ha evidenziato tutti i rischi legati a una logica degli affari volta alla sola massimizzazione del profitto, facendo tramontare anche un altro mito, quello dell’infallibilità dell’individuo nell’adottare decisioni corrette nell’arena del mercato. A tutto questo il notariato oppone la “rule of law”, il primato della legalità, per tenere a bada lo strapotere degli interessi economici e riaffermare i valori, con la consapevolezza di costituire un punto di equilibrio tra cultura giuridica e moderna analisi economica. Consapevole di essere parte dello Stato per la delega che gli è conferita, il notariato, dunque, è pronto a fare la propria parte. *Presidente del Consiglio nazionale del notariato
comunicazione al cittadino. Quali iniziative sono state attuate a livello locale? «Questo è un punto che ci sta molto a cuore. Perché molta gente, ancora oggi, non sa qual è davvero il ruolo del notaio e spesso addirittura ne è intimidita, quasi fosse una figura fuori dalla realtà, inavvicinabile, mentre al contrario è al suo servizio, impegnato a tutelare i suoi interessi. Per questo, anche nel nostro distretto ci siamo impegnati a divulgare e diffondere i diversi strumenti approntati a livello nazionale a uso del cittadino, come i manuali per il mutuo sicuro o la guida alla compravendita e al preliminare. Anche se in realtà consigliare il cittadino, dargli spiegazioni, tranquillità e certezze è quello che ciascuno di noi fa ogni giorno». Tra le novità normative degli ultimi anni, quali hanno inciso maggiormente sulla professione? «La domanda è semmai: quali norme non hanno inciso sul notariato? Ogni normativa che entra nel campo giuridico è dirompente per la nostra attività. Perché il notaio è davvero in trincea, deve applicare le nuove leggi quasi prima di leggerle, senza neppure il tempo di “digerirle”. Basti pensare alle recenti disposizioni sulle certificazioni energetiche dei fabbricati. Sono appena entrate in vigore, e già sono decine i costruttori che hanno richiesto chiarimenti su come applicarle. Senza contare poi le esigenze complesse dell’economia moderna, che ci impongono grande accortezza nella contrattazione e negoziazione, anche in termini di controllo antiriciclaggio». A questo proposito, di recente il Consiglio nazionale del notariato è stato riconosciuto come intermediario autorizzato a raccogliere e trasmettere a Bankitalia le segnalazioni di operazioni sospette. Cosa ne pensa? «Credo che l’utilità di questa misura sia soprattutto preventiva, nel senso che mette un ulteriore strumento deterrente nelle mani del notaio nel raccomandare al cliente massima chiarezza e trasparenza quando enuncia i propri rapporti giuridici. Perché di fronte a una qualsiasi irregolarità, noi abbiamo l’obbligo di segnalare. Del resto, come professionista il notaio è da tempo tenuto all’adempimento di tali obblighi». Un compito importante, soprattutto in situazioni dove, purtroppo, l’illegalità ha un’influenza forte sulla vita dei cittadini. «Certamente. Anche se poi, in effetti, difficilmente tali situazioni ci vengono sottoposte, perlomeno non in modo da poterle rilevare. Perché persino nella cultura malavitosa è ben chiaro che il notaio, in quanto pubblico ufficiale, quasi un’emanazione dello Stato, non può tacere di fronte ad attività sospette. Così come il giudice non può non condannare, il notaio non può non denunciare. Per questo, anche chi è in mala fede non osa fare pressioni. Perché sa che troverebbe di fronte un baluardo insormontabile». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 171
INFRASTRUTTURE Autorità portuale
Gioia Tauro è uno dei porti più sicuri d’Europa “Safety e security: innovazione e tecnologia” è il seminario tenutosi di recente presso l’Autorità portuale di Gioia Tauro, quale piano formativo per le imprese. «La sicurezza sul lavoro è un valore fondamentale». A ribadirlo, l’ingegnere Giovanni Grimaldi, presidente dell’ente portuale calabrese Adriana Zuccaro
e all’inizio degli anni Settanta dello scorso secolo, il porto di Gioia Tauro era stato progettato, ma mai portato a termine come polo siderurgico, il 1994 lo inaugurava invece come porto polifunzionale. Oggi è il più grande terminal per transhipment del Mediterraneo e il principale scalo commerciale marittimo dell’area metropolitana di Reggio Calabria: una potenzialità da monitorare costantemente, una risorsa che si traduce in sviluppo territoriale. Per questo, a ridosso di una congiuntura economica e finanziaria difficile quanto mai attuale, l’importanza dell’economia portuale, quindi della gestione dei controlli e della sicurezza, è stata espressa anche durante il seminario “Safety e security: inno-
S
178 • DOSSIER • CALABRIA 2009
INFRASTRUTTURE
AEROPORTI In attesa della convocazione della conferenza dei servizi, 4 milioni di euro già stanziati aspettano di essere destinati a nuovi scali per l’aeroporto di Reggio Calabria
c
Ogni impresa dovrebbe essere chiamata a rafforzare i sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro. Per questo, lo scalo di Gioia Tauro ha investito mezzo milione di euro per dotare l’intero perimetro del porto di cinque telecamere di fabbricazione israeliana
d
A sinistra Giovanni Grimaldi, presidente dell’Autorità portuale di Gioia Tauro. Nelle altre foto due immagini dello scalo
er incrementare il numero di compagnie aeree operanti nell’aeroporto dello Stretto (nella foto), il governo ha concesso 4 milioni di euro, che la burocrazia ha però immobilizzato in un lungo stand-by. L’attesa è purtroppo legata alla conferenza dei servizi che il presidente della Regione, Agazio Loiero, avrebbe dovuto indire fin dal 2008. Non esita a manifestare una seria preoccupazione per i bilanci in passivo della Sogas, la società che gestisce l’aeroporto reggino, il giovane consigliere comunale del Pdl, Daniele Romeo. «Questo ritardo produrrà effetti nefasti sul futuro dell’aeroporto e rappresenta, peraltro, la conferma della distanza esistente tra la giunta regionale e gli interessi della città di Reggio Calabria». L’immobilismo in cui è ob-
P
bligata la gestione aeroportuale blocca infatti lo sviluppo turistico e tutte le attività ad esso connesse: un’ulteriore dipartita dai già difficili tentativi di ripresa economica non solo cittadina. A sottolineare l’inerzia della Regione Calabria è stata l’amministrazione comunale reggina attraverso i resoconti dell’assessore Enzo Sideri e del consigliere delegato, Monica Falcomatà. Ma nell’attesa che Loiero convochi la conferenza dei servizi, è stata aperta una nuova rotta estiva per l’aeroporto di Verona, che sarà raggiunto due volte la settimana da Air Italy. Sul piatto, ci sono inoltre altri fondi che porterebbero l’aeroporto dello Stretto a ricevere 16,72 milioni di provenienti da Enav, società nazionale di assistenza al volo, dalla Regione Calabria e dal governo.
vazione e tecnologia”, tenutosi di recente presso l’Autorità portuale di Gioia Tauro. «Con lo scopo di rafforzare i sistemi di sorveglianza, lo scalo ha investito mezzo milione di euro per dotare l’intero perimetro del porto di cinque telecamere di fabbricazione israeliana». Lo ha reso noto Giovanni Grimaldi, presidente dell’ente portuale calabrese che ha sottolineato come oggi il porto di Gioia Tauro sia «uno tra i porti più sicuri d’Europa, tanto da essere scelto quale gate di imbarco delle attrezzature che dai Paesi dell’Unione Europea sono stati portati in Cina per le Olimpiadi dello scorso agosto». Il seminario, parte integrante di un piano formativo settoriale per le imprese portuali e retroportuali, ha avuto come obiettivo la dis-
seminazione sociale di una cultura della sicurezza, fondamentale valore del lavoro, espresso nella congiunzione di prassi efficaci e gestioni sicure. «È essenziale che ai tavoli di confronto per l’adeguamento delle leggi 272 e 271 al Testo unico 81 sulla sicurezza sul lavoro, ci si impegni perché queste vengano tra loro integrate – asserisce l’ingegnere Grimaldi – per definire ruoli e compiti che individuino le responsabilità per la prevenzione e per le misure da apportare in caso di incidente». Da parte sua, l’Autorità portuale di Gioia Tauro si è attivata per la costituzione del Comitato d’igiene e sicurezza, che «è ora necessario mettere in funzione a pieno regime», ha precisato il presidente dell’ente portuale. CALABRIA 2009 • DOSSIER • 179
ARCHITETTURA Mario Occhiuto
Destinazione Shangai La creatività calabrese alla conquista del Dragone Dalla terra tra i due mari, all’antica Cina, un’arte infusa di valori universali. L’architetto Mario Occhiuto è il vincitore del concorso di progettazione per i padiglioni espositivi dell’Expo 2010 di Shangai. Un orizzonte creativo diretto in spazi dalle mille contaminazioni Adriana Zuccaro
pesso le diverse culture dell’antichità affondano le loro radici in principi comuni. Scoprire innumerevoli affinità tra due territori lontani, così come l’Italia e l’immensa Cina, suscita stupore. Durante le sue traversate dirette a Oriente, Mario Occhiuto, architetto calabrese di fama internazionale, si stupisce ancora. «Ho ritrovato nel feng shui non poche somiglianze con l’architettura del periodo greco e romano. La forma e le sue funzioni non perdono mai la dipendenza dal contesto in cui si creano e che le circonda». I legami instaurati dall’architetto Occhiuto con la Cina sono numerosi, sempre più stabili. Ha recentemente inaugurato una nuova sede del suo studio professionale a Pechino, la stessa città in cui è stato comple-
S
180 • DOSSIER • CALABRIA 2009
tato il 4C Building, che ospiterà gli uffici del ministero dell’Ambiente cinese, considerato irreprensibile icona della sostenibilità architettonica. L’italianità essenziale di cui l’arte di Occhiuto è infusa la ritroviamo straordinariamente contaminata anche nel progetto in corso d’opera del giardino di Tianjin, sublime veicolo di altre espressioni artistiche italiane quali la scultura di Mimmo Paladino. E mentre la Calabria, patria dell’architetto, affida a Zaha Hadid il progetto del waterfront reggino, il concorso di progettazione per i padiglioni espositivi del World Expo 2010 a Shangai ha battezzato Mario Occhiuto come unico vincitore. «Un progetto che permette di ottenere un vero risparmio di energia non solo applica le tecnologie e i materiali adeguati allo scopo, ma è
❝
Il giardino di Tianjin, straordinario omaggio alla Venere botticelliana, custodisce all’interno opere di chiara italianità, in un concerto artistico sublimato dalla flora cinese
Nella pagina precedente e qui, in alto, differenti panoramiche esterne e interne del giardino di Tianjin progettato dall’architetto Occhiuto
pensato in termini di ecosostenibilità fin dal primo schizzo». E fu così, Shangai. Quali sono gli aspetti della sua arte che trovano perfetta combinazione con il territorio cinese? «Fin dal primo contatto con la Cina, è stato tutto un continuo e affascinante processo d’appren-
dimento. Ancora prima del progetto del giardino di Tianjin, ho elaborato un masterplan per una nuova città satellite nella periferia della capitale. Pensare a una città dalle molteplici implicazioni fino al singolo edificio, è stata un’esperienza che mi ha molto legato al Paese, permettendomi di scoprire gli usi e costumi locali e dandomi
❞
anche la possibilità di elaborare un progetto unico dalle dimensioni inaspettate per una mente europea. Un progetto che in sé racchiude il desiderio millenario, soprattutto per un architetto, di essere protagonista della fondazione di una città. In tutti i miei lavori in Cina il comune denominatore è sempre stato lo scam-
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 181
››
ARCHITETTURA Mario Occhiuto
›› bio tra gli elementi della cultura deve porre al centro dell’intelocale e la mia matrice mediterranea, cercando di individuare, attraverso la mia esperienza, la migliore soluzione possibile in termini di progettazione. Evito architetture formaliste e avulse dal contesto e dalla cultura, per proporre invece progetti con una identità nuova, ispirata a concetti del “saper costruire”di antica memoria». Quali sono per lei gli elementi che trasformano un edificio ben strutturato in una vera e propria opera d’arte? «In architettura, dove esiste il primato dell’utile sull’inutile, la bellezza deve essere intesa come valore etico. L’architettura, infatti, è l’unica arte applicata alla vita, nel senso che è pensata in funzione della vita e, nello stesso tempo, la contiene. Per questo motivo è l’arte che prediligo. Il progetto architettonico, oltre che essere ben pensato dal punto di vista strutturale e formale,
resse i diritti fondamentali dell’uomo come individuo. Penso al diritto alla casa, come luogo della vita e dell’amore, del riposo; al diritto alla scuola, come spazio del pensiero e della formazione; al diritto al lavoro, come luogo in cui si estrinseca l’essere parte di una collettività; al diritto alla sanità con ospedali che siano dimore della speranza e non luoghi del dolore. Ed è solo attraverso la concretizzazione di questi e di tanti altri diritti che il progetto assume un valore, statuto di vera e propria opera d’arte». La Calabria è una regione particolarmente legata al proprio territorio. Quali piani di valorizzazione urbanistica e architettonica suggerirebbe alle amministrazioni locali? «La Calabria è innanzitutto una regione che amo. Un territorio ricco di risorse ambientali e paesaggistiche, pieno di tradizioni e
SHANGAI: EXPO 2010 L’esposizione universale che si terrà il prossimo anno a Shangai metterà a confronto esperienze diverse e nuovi approcci all’habitat umano, con lo scopo di incoraggiare e promuovere strategie di urbanizzazione e di sviluppo sostenibili. All’interno dell’Expo è stata creata la Urban best practices area (Ubpa) dove verranno esposte le esperienze più significative in ambito urbano. La Ubpa avrà un’estensione di circa 15 ettari e ospiterà 49 progetti scelti tra progetti di città e regioni di tutto il mondo. L’architetto Occhiuto è il vincitore del concorso di riqualificazione degli ex fabbricati industriali che fungeranno da padiglioni espositivi all’interno della Ubpa. Il progetto di Occhiuto, rigorosamente ecocompatibile, conserverà i fabbricati nella loro struttura e forma ma li rivestirà con un involucro di grandi lastre di cotto traforato che fungerà da corpo illuminante e schermante.
ARCHITETTURA
❝ Qui e nella pagina precedente, immagini dell’esterno dei padiglioni espositivi per l’Expo 2010 di Shangai. Sono ex fabbricati industriali riqualificati dall’architetto
di culture diverse, pervaso di storia e di antichità, ma in cui lavorare è diventato veramente difficile. Non bastano più i piani, non bastano le programmazioni, non bastano i contributi e gli incentivi: quello che serve realmente? Il rinnovo e la formazione di una nuova classe dirigente che sia in grado di guidare i processi di sviluppo sostenibile del territorio puntando sulle forze sane dell’imprenditoria e delle professioni e bloccando le speculazioni che purtroppo, negli anni, hanno deturpato luoghi bellissimi. La
gente di Calabria paga gli errori sedimentati da un tempo immutato e abita la regione all’ultimo posto nella graduatoria d’Europa. Dal punto di vista dello sviluppo urbano, la flessibilità delle norme urbanistiche che ormai consente alle amministrazioni locali di determinare e dirigere il governo del territorio si trasforma, a causa dell’inadeguatezza della classe dirigente, da punto di forza a elemento di debolezza per i processi di crescita. In alcune città della Calabria si assiste, ancora oggi, a fenomeni di specula-
Ogni singolo elemento che compone i padiglioni dell’Expo di Shangai si configura come parte di un progetto di risparmio energetico e di utilizzo di materiali riciclati e riciclabili
❞
zione edilizia altrove impensabili. Sarebbe quanto mai opportuno puntare sul recupero dell’esistente, sulla riqualificazione fisica e sulla rigenerazione sociale di intere aree cittadine. I Comuni dovrebbero curare gli interessi della collettività e chiamare al lavoro architetti competenti, capaci di ridare vita a brani di città di elevatissima qualità estetica. Bisognerebbe dare più importanza e attenzione al progetto, elemento centrale dello sviluppo delle città, e all’esecuzione dei lavori, controllandone in ogni momento la qualità». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 183
AMBIENTE Tra divieti e opportunità
Al servizio della difesa di un patrimonio comune Il diritto dell’ambiente è un tema caldo, ma non ancora abbastanza conosciuto. E la complessità delle norme viene spesso vissuta solo come una serie di divieti, limiti e imposizioni. Non certo come un’occasione di valorizzazione. Cambiamo prospettiva attraverso lo sguardo dell’avvocato Giuseppe D’Ippolito Elena Ricci
192 • DOSSIER • CALABRIA 2009
l diritto ambientale è un argomento complesso. Purtroppo, in questo contesto i cittadini non si sentono affatto protagonisti, anzi, si ritengono soggetti passivi destinati soltanto a rispettare imposizioni che giungono dall’alto. «Questa situazione - spiega l’avvocato d’Ippolito - si genera a causa del loro mancato coinvolgimento nei vari processi decisionali, e a causa della mancata diffusione di adeguate informazioni. Invece, per ottenere il rispetto delle regole e di conseguenza una migliore qualità della vita, tutti i soggetti devono essere coinvolti», prendendo consapevolezza del loro ruolo, in un contesto che appartiene a tutti noi. Le parole dell’avvocato Giuseppe d’Ippolito fanno luce proprio sui diritti e i doveri di noi fruitori, consumatori, ma anche protettori del “bene ambiente”.
I
Esercitare la professione di avvocato nel campo ambientale è, per certi versi una novità, richiede una vera e propria specializzazione? «Il diritto ambientale è destinato ad essere argomento sempre più presente nell’attività professionale di un avvocato civilista che in tal senso deve garantire una vera e propria specializzazione professionale. Oggi sono quasi esclusivamente gli enti a fare ricorso alla figura del consulente legale ambientale. Spesso i cittadini dimenticano che anche loro sono titolari di veri e propri diritti, alcuni addirittura di rango costituzionale, che possono essere attivati a tutela dei loro interessi e ragioni. E dove non operano diritti soggettivi veri e propri, come la tutela della salute e dell’integrità fisica, ad esempio, operano quasi sempre interessi legittimi la cui violazione abilita al ricorso ai Tribunali amministrativi. Insomma dalla decisione di realizzare una discarica, un acquedotto, un depuratore, un inceneritore; dall’imposizione delle tasse sui rifiuti, sulla depurazione, e così via, nascono diritti e obblighi per tutti: dagli enti locali ai singoli cittadini, tutti azionabili nelle sedi giudiziarie competenti, per ottenere il rispetto delle regole e per una migliore qualità della vita».
In queste pagine, l’avvocato Giuseppe d’Ippolito, e la collaboratrice “storica” dello studio d’Ippolito, Mirella Serratore, nella reception
AMBIENTE
L’IMPEGNO PROFESSIONALE E SOCIALE
Avvocato, quali sono i principi costituzionali che ispirano la protezione dell’ambiente? «Nella prima parte della Costituzione, dedicata ai Principi Fondamentali, vi è l’art. 9 che afferma che la Repubblica tutela il paesaggio. L’interpretazione evolutiva fornita dalla Corte Costituzionale, ha portato, in combinazione con il disposto dell’art. 32 (Tutela della salute), a dilatarne il significato fino a ricomprendervi anche la tutela del-
l’ambiente. Con un’importante sentenza del 2004 relativa all’art.117, poi, sempre la Corte Costituzionale ha qualificato la “tutela dell’ambiente” non come materia in senso stretto, ma come “valore costituzionalmente protetto” alla cui salvaguardia concorrono sia la competenza dello Stato che quella delle Regioni e degli enti locali». La legislazione ambientale è una materia complessa che intreccia varie norme non sempre
Giuseppe d’Ippolito è avvocato, docente universitario e giornalista pubblicista. Il suo impegno sui temi della salvaguardia ambientale risale agli anni ottanta, con l’incarico di consulente giuridico dell’Assessore all’Ambiente della provincia di Milano. Da allora i diritti dei cittadini e l’ecologia hanno sempre e costantemente costituito il suo impegno professionale e sociale. Su tali temi ha partecipato a gruppi, comitati, commissioni e tavoli di lavoro presso vari enti e istituzioni tra le quali il Dipartimento della Funzione Pubblica, il Ministero dello Sviluppo Economico, il CNEL, l’Unioncamere, il Ministero dell’Ambiente. Docente presso le Università di Roma La Sapienza, di Cosenza e di Salerno. Autore di numerosi testi e articoli, collabora con il network radiofonico nazionale Ecoradio e con Beppe Grillo di cui è il legale di fiducia. È stato chiamato come esperto a far parte, per un biennio, dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Calabria ed è presidente della sezione regionale della Calabria dell’Albo nazionale dei Gestori Ambientali. L’avvocato d’Ippolito vive in Calabria, a Lamezia Terme, dove da oltre 25 anni è titolare di un affermato studio legale con recapiti a Roma e Milano. Lo studio oltre ad essere specializzato in diritto ambientale e diritto dei consumatori si occupa in generale di civile e amministrativo. Studio Legale d’Ippolito Via Garibaldi, 43 88046 Lamezia Terme CZ Tel. 0968 27.721 Fax 0968 22.989 Mail: segreteria@studiodippolito.it
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 193
AMBIENTE Tra divieti e opportunità
Il decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, doveva essere la raccolta, la sintesi e il coordinamento della gran parte di quella miriade di norme, di ogni ordine e grado, che disciplinano la materia ambientale in Italia. Questo libro ritaglia, all’interno dei 318 articoli e allegati tecnici, tutte le competenze che il nuovo decreto prevede nello specifico per gli enti locali. Nel contempo però vengono riportati tutti i pareri che, contro il decreto, sono stati elaborati dalla Commissione Unificata Stato-Regioni. Nonché le prime proposte di modifica formulate dal governo successivo, all’esame del Parlamento. I richiami alla disciplina previgente e le note critiche aprono e chiudono ogni capitolo. Un utile strumento di lavoro, quindi, che riporta fedelmente la disciplina vigente ma che dà conto del dibattito meglio, dello scontro- in corso dall’epoca della preparazione del decreto e destinato ad indirizzarne le future modifiche. Non “una questione ambientale” quindi, ma le “diverse questioni ambientali”. G.d’Ippolito, L'Ambiente Contestato, Gli Enti Locali e il Decreto Ambientale, Rubbettino Editore, 2007, p.226, € 22,00
Informazione pubblicitaria
LE QUESTIONI AMBIENTALI
chiarissime e difficilmente in- così via dicendo, era ed è, forse, terpretabili in maniera univoca. Come si dovrebbe provvedere a livello legislativo per colmare questo gap, e quale ruolo può svolgere un avvocato specializzato in diritto ambientale? «Ho dedicato il mio ultimo libro proprio ad analizzare il tentativo compiuto dal legislatore di raccogliere in un testo unico, il decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, tutte le norme in materia ambientale. Il decreto è stato oggetto di numerose critiche da parte degli enti locali e, comunque, è ancora in parte inattuato e in parte oggetto di continue rivisitazioni con modifiche e aggiornamenti. L’intento di semplificare forse non è stato raggiunto. Ma organizzare uniformemente la disciplina di acqua, aria, suolo e sottosuolo e di una miriade di comportamenti umani e azioni amministrative, con il sommarsi di principi tratti da discipline diverse quali il diritto, l’economia, l’ingegneria, la chimica, la biologia, la meccanica, la medicina e
194 • DOSSIER • CALABRIA 2009
una missione impossibile. Per questo il ruolo svolto dall’avvocato, specializzato in questo settore, è indispensabile, per districarsi in un groviglio di norme e prescrizioni che regolamentano non solo l’operato di enti e istituzioni, ma influiscono in modo significativo sui diritti e sugli interessi collettivi e individuali di ogni cittadino. Inoltre tutte le norme sono sempre più spesso oggetto di interpretazioni varie da parte dei giudici e solo un avvocato riesce correttamente a valutarle dando le indicazioni più opportune». In che modo è stata recepita dagli operatori economici calabresi la legislazione ambientale? «È evidente che la complessità delle norme viene vissuta principalmente come una serie di divieti, limiti e imposizioni. Al contrario, se prendiamo consapevolezza del fatto che la tutela ambientale riguarda gli interessi di tutti noi, se correttamente praticata, la ricerca di standard maggiormente
Nelle foto, l’avvocato Giuseppe d’Ippolito nel suo studio di Lamezia Terme e un’immagine delle coste calabresi, principale risorsa ambientale della regione
AMBIENTE
rispettosi di tali principi può diventare, per tutti gli operatori economici, un fondamentale elemento di distinzione e valorizzazione del proprio operato sul mercato, anche a fini competitivi. Alcune aziende hanno iniziato a capirlo e si rivolgono sempre più spesso a consulenti in grado di indirizzarli al meglio. Gli enti pubblici, invece, fanno ancora fatica a recepire la tutela am-
bientale come un servizio, probabilmente il servizio principale, in favore dei propri cittadini». Parliamo invece dei cittadini. Spesso si sentono più che altro “danneggiati” dagli interventi ambientali. Basti pensare al posizionamento di un inceneritore che desta sempre grandi polemiche. Secondo lei manca una sufficiente comunicazione con il pubblico in questo senso? «Mai come in questo settore i cittadini si sentono più sudditi che protagonisti, perché spesso non sono informati e neanche coinvolti nei vari processi decisionali. E così più che per le scelte sugli inceneritori o sulle discariche (che meriterebbero politiche di larghissima condivisione) i cittadini sono solamente chiamati quando si tratta di provvedere al pagamento della tassa sulla spazzatura o sulla depurazione. Ma agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi si può sempre. Non dimentichiamo che in Italia dal 1986 qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili presso gli uffici della pubblica amministrazione e può ottenerne una copia. La giurisprudenza dei TAR ha poi specificato che si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo spettante ai cittadini medesimi in quanto tali e attivabile indipendentemente da interessi o motivazioni particolari. Più ovvie sono le possibilità di ricorso avverso tasse e tributi vari applicati illegittimamente. Ricordo che la Corte Costituzionale con
un’importante sentenza del 2008 è intervenuta nel rapporto enticonsumatori stabilendo il principio, che, se nel Comune di residenza non sono attivi depuratori per le acque reflue, la quota della bolletta destinata alla depurazione non deve essere pagata dai cittadini». Lei ha lavorato presso l’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Calabria ed è Presidente della sezione regionale della Calabria dell’Albo nazionale dei Gestori Ambientali. Alla luce di queste esperienze come crede sia destinata a evolversi la figura del consulente legale ambientale? «Dipende molto dalla crescita della coscienza civica e del senso di cittadinanza attiva. Allo sviluppo di entrambi i fattori il lavoro di un consulente legale può contribuire molto. Le esperienze professionali presso strutture pubbliche, mi hanno dato modo di approfondire da una parte la complessità dei processi decisionali degli enti locali e dall’altra la difficoltà di far recepire al grande pubblico degli operatori privati la necessità di rispettare un sistema che appare sì come un insieme di divieti e di prescrizioni ma anche di opportunità, ma dal cui funzionamento dipende non solo il benessere, ma anche la salvaguardia della salubrità e dell’integrità fisica di tutti i cittadini. E la possibilità di restituire ai nostri discendenti, nel modo più integro possibile, ciò che abbiamo ricevuto in prestito dai nostri avi». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 195
RICERCA SCIENTIFICA Umberto Veronesi
Sconfiggiamo il cancro con nuove tecniche e scienziati eccellenti Farmaci in grado di frenare l’azione delle cellule staminali tumorali. Diagnosi precoce. Uno stile di vita sano guidato da una corretta alimentazione. In occasione del quindicesimo compleanno dell’Istituto europeo di oncologia, il fondatore e direttore scientifico Umberto Veronesi delinea le speranze più concrete per combattere i tumori Francesca Druidi
i cura meglio dove si fa ricerca. A questo principio si ispira da sempre l’Istituto europeo di oncologia che, nato nel 1994 per volontà di Umberto Veronesi ed Enrico Cuccia, celebra nel 2009 i suoi primi 15 anni di vita, scanditi da numeri importanti: oltre 45mila giornate di degenza, 12mila interventi chirurgici e 120mila visite ambulatoriali eseguite. Significativi sono stati i risultati ottenuti innanzitutto sul fronte organizzativo e gestionale. Lo Ieo ha, infatti, lanciato il modello di un nuovo ospedale – a capitale privato, ma di servizio pubblico e senza fini di lucro –, dove per statuto tutti gli eventuali utili sono reinvestiti in ricerca. «Un ospedale con una gestione economica rigorosa e orientata all’efficienza, propria delle imprese – spiega Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’istituto milanese – dove tutti gli aspetti della
S
208 • DOSSIER • CALABRIA 2009
gestione del paziente sono integrati tra loro: la ricerca, la clinica e i processi amministrativi». Il costante orientamento alla centralità del paziente ha, inoltre, portato a progressi clinici fondamentali con «trattamenti sempre più conservativi e quindi rispettosi anche degli aspetti relativi alla qualità di vita del paziente. Abbiamo dimostrato che si può curare il cancro senza mutilare, che le cure anticancro non devono essere per forza devastanti e che il principio del “minimo efficace”, piuttosto che quello del “massimo tollerabile”, si applica anche alla radioterapia e alla chemioterapia». La ricerca molecolare ha ricevuto nella
Sopra, il chirurgo e ricercatore Umberto Veronesi, fondatore e direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia. Da aprile 2000 a giugno 2001 ha ricoperto l’incarico di ministro della Sanità
RICERCA SCIENTIFICA
166 MLN DI EURO
Cifra complessiva investita dagli attuali 20 soci dello Ieo a partire dall’anno della fondazione
struttura un grande impulso, ottenendo risultati determinanti a partire dalla scoperta del primo farmaco molecolare per la cura della leucemia promielocitica, nel 1998, fino agli ultimi studi sulle cellule staminali tumorali. Stando ai vostri studi, quali sono gli orizzonti più promettenti nella lotta contro il cancro? «L’esame delle cellule tumorali circolanti, effettuato su un semplice prelievo di sangue del pa-
ziente, permette di valutare l’aggressività del tumore offrendo una fotografia dello stato della malattia. Ad esempio, la presenza e la persistenza di cellule tumorali circolanti in prelievi di sangue eseguiti nel tempo sullo stesso paziente, indicano una patologia più aggressiva e più resistente ai farmaci. Ciò permette di elaborare una terapia maggiormente mirata ed efficace per ogni paziente, evitando anche trattamenti inutili. L’obiettivo futuro della ricerca è quello di riuscire a individuare, fra le cellule circolanti, le staminali tumorali, cioè quelle cellule che, in virtù delle loro caratteristiche e in quanto resistenti alle terapie farmacologiche, sono responsabili dei processi di metastasi. La scoperta più recente riguardante le staminali tumorali consiste proprio nel fatto che queste cellule, grazie a una particolare modalità di rimediare al danno genomico, riescono a evadere il processo fisiologico dell’invecchiamento e della morte, alimentando quindi all’infinito il tumore. Sulla base di questa osservazione, i ricercatori hanno trovato il metodo per eliminare queste cellule, bloccando appunto il loro sistema di riparazione del menoma. Ora la ricerca si dedicherà all’identificazione di farmaci capaci di attivare un meccanismo di autodistruzione delle staminali tumorali, trasformandole in cellule in grado di invecchiare. Questi farmaci permetteranno di intervenire a uno stadio abbastanza precoce del tumore, anticipandone così la sua evoluzione». Come si svilupperà nello specifico il progetto “Mortalità zero” dello Ieo? «L’idea del progetto è nata in seguito ai risultati di un precedente studio condotto dall’istituto, effettuato su quasi mille donne alle quali era stato diagnosticato un tumore solo strumentalmente, prima ancora che fosse clinicamente palpabile: il 99,3% delle pazienti, operate con la chirurgia radioguidata, sono guarite. Su queste basi, abbiamo ❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 209
RICERCA SCIENTIFICA Umberto Veronesi
❯❯ deciso di intraprendere il nuovo studio “Morta-
lità zero”: diecimila donne sane con più di 40 anni saranno controllate per un periodo di 10 anni, durante il quale verranno sottoposte ogni anno a due ecografie, una mammografia e, per quelle più a rischio, una risonanza magnetica. L’obiettivo è verificare se, spingendo al massimo la prevenzione tramite tutte le indagini strumentali a disposizione, si può arrivare ad azzerare la mortalità. Il fattore decisivo per conseguire questo risultato è appunto quello della diagnosi precoce, perché quanto più il tumore è piccolo tanto maggiore è la speranza di sopravvivenza». Quanto, in definitiva, uno stile di vita corretto e appropriato è in grado di prevenire l’insorgenza dei tumori? «È soprattutto grazie agli stili di vita e alla diagnosi precoce che siamo riusciti a invertire la tendenza della mortalità per le forme tumorali più diffuse, ottenendo un miglioramento della qualità di vita del paziente oncologico, trattato sempre più spesso per una malattia ancora nello stadio iniziale. Questo perché il cancro è una malattia soprattutto “ambientale”, intendendo con questa parola l’ambiente interno ed esterno alla cellula. Nella maggior parte dei casi, la malattia si sviluppa per effetto di fattori ambientali collegati agli stili di vita individuali. Di questi, la ricerca ne ha individuati con certezza alcuni che sicuramente incidono sulla formazione dei tumori: alimentazione, fumo, alcuni virus, esposizione a sostanze cancerogene note». Come intervenire? «Sulle sostanze cangerogene, all’origine del 4% dei tumori di origine ambientale, ci si è già attivati da tempo, e ormai molte sostanze pericolose sono bandite da anni. Gli agenti infettivi sono responsabili di un altro 10%: ecco perché già si stanno diffondendo le vaccinazioni contro virus cancerogeni conosciuti, quali l’Hpv o l’epatite B. Il rischio più consistente deriva da ciò che mangiamo, in quanto per il 35% dei tumori le cause sono di tipo alimentare. È, quindi, da evitare l’iperalimentazione e vanno limitati i grassi di origine animale. Infine, un fattore assolutamente controllabile, anzi eliminabile, è il fumo di sigaretta, che è responsabile addirittura del 30% delle morti per cancro nel mondo. Non si fa abba-
210 • DOSSIER • CALABRIA 2009
c
Abbiamo dimostrato che si può curare il cancro senza mutilare, che le cure anticancro non devono essere per forza devastanti e che il principio del “minimo efficace”, piuttosto che quello del “massimo tollerabile”, si applica anche alla radioterapia e alla chemioterapia
d
12.370
RICERCA SCIENTIFICA
Numeri in crescita
7.163
9.897
d
697
5.711
In soli 15 anni lo Ieo si è affermato come punto di riferimento nel panorama oncologico europeo e mondiale. Fattore indicativo è l’incremento del numero degli interventi chirurgici effettuati
1994
1998
2000
2004
2008
Fonte Istituto europeo di oncologia
85% SANITÀ PUBBLICA
Percentuale dei pazienti dell’Istituto seguita e curata in convenzione con l’assistenza sanitaria pubblica
stanza nella lotta al fumo: troppi giovanissimi iniziano a fumare, troppi adulti smettono e poi riprendono. È la sigaretta l’emergenza sanitaria più importante dei prossimi dieci anni». Quali sono, secondo lei, le priorità sulle quali occorre intervenire nell’ambito del sistema ospedaliero italiano? «Gli ospedali italiani, nel loro complesso, sono obsoleti e spesso gravati da una gestione onerosa, proprio perché costruiti con sistemi antiquati. Da anni, sostengo che l’ospedale italiano deve trasformarsi e il cambiamento deve essere radicale: culturale e strutturale. Innanzitutto, bi-
sogna abbandonare la logica dei posti-letto come indice di qualità. La chirurgia oggi tende a interventi conservativi e piuttosto mirati, che possono essere eseguiti in regime di day hospital, riducendo di conseguenza il periodo di degenza a due o tre giorni. L’instaurazione di un’organizzazione ospedaliera “duale”, dove a strutture dedicate alle cure intensive se ne affiancano altre di accoglienza alberghiera, snellirebbe ulteriormente il problema della disponibilità dei posti letto. Altro punto fondamentale: la diagnostica va distaccata dalla terapia e portata interamente sul territorio. Il problema medico più urgente è, infatti, la tempestività della diagnosi. La vera necessità è un’organizzazione territoriale adeguata, che sappia identificare rapidamente e in modo accurato le patologie importanti, da indirizzare per la terapia ai centri ospedalieri specializzati. Se le visite specialistiche e gli esami diagnostici fossero effettuati da una rete di grandi e attrezzati poliambulatori di zona, gli ospedali potrebbero dedicare più tempo, uomini e risorse alle attività di ricovero e agli interventi chirurgici. Tale gestione renderebbe inoltre più agevole, da parte del personale ospedaliero, il rispetto del principio fondamentale dell’umanizzazione della cura. L’ospedale deve, infatti, essere il luogo dell’accoglienza, della speranza, dell’attenzione, della lotta al dolore e alla sofferenza. La dignità della persona è il suo valore fondamentale». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 211
MALASANITÀ Il caso Calabria
Vogliamo una sanità senza sprechi e clientelismi La sanità calabrese sembra avviata al commissariamento. «È una risposta forte a una crisi che pare irreversibile» afferma Michele Traversa, deputato del Pdl. Per Maria Grazia Laganà Fortugno, parlamentare Pd, risanare è meglio che imporre un’autorità da Roma. Per entrambi la priorità è tagliare la spesa, preservando la salute dei cittadini Francesca Druidi
osta al severo vaglio dalla trasmissione televisiva Report e ormai in pratica soggetta a commissariamento da parte del governo, dopo che il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio il 30 giugno scorso ha confermato l’avvio dell’iter procedurale. È la sanità calabrese, il cui scenario critico e deficitario non cessa di scuotere gli animi della politica regionale e non solo, rinfocolando polemiche e discussioni che investono anche il governo centrale. I numeri, del resto, parlano chiaro: è stato rilevato un debito pregresso ereditato dalla gestione del servizio sanitario regionale tra il 2001 e il 2007 quantificato in circa 2,2 miliardi di euro, con una posizione finanziaria netta pari a 1,6 miliardi. Freddi dati che celano sperperi, disfunzioni e inadempienze. Elementi che hanno minato nelle fondamenta il sistema sanitario regionale. «La situazione è grave – commenta Maria Grazia Laganà Fortugno, parlamentare del Pd – ma de-
P
216 • DOSSIER • CALABRIA 2009
finirla momentanea è improprio. La Calabria è, infatti, sofferente sul fronte sanitario da parecchio tempo. È una questione che si trascina da anni, denunciata più volte da mio marito Francesco Fortugno». Nodo cruciale della vicenda è l’impugnazione, da parte del governo, della legge 11 del 30 aprile scorso approvata dal Consiglio regionale della Calabria, sulla copertura del disavanzo di gestione del servizio sanitario imputabile al 2008, che includeva l’accordo con lo Stato per il rientro dei disavanzi dei precedenti esercizi. Ma il Consiglio dei ministri ha definito la legge incostituzionale in quanto vi si stabilivano unilateralmente interventi per il ripiano del disavanzo, senza tener conto delle disposizioni del governo. Questa decisione ha scatenato la dura reazione del presidente regionale Agazio Loiero, che ha parlato di accanimento nei confronti della Calabria e di volontà di coprire i danni provocati dalla giunta regionale di centrodestra quando gui-
2,2 MLD
Ammontare del debito pregresso riveniente dalla gestione del servizio sanitario calabrese tra il 2001 e il 2007 in base ai dati forniti dall’amministrazione regionale
98,2 MLN Disavanzo di gestione dell’esercizio consolidato del servizio sanitario per il 2008 calcolato dal Consiglio regionale nelle legge del 30 aprile scorso poi impugnata dal CdM
MALASANITÀ Sotto, Maria Grazia Laganà Fortugno, parlamentare del Pd e membro della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali; Michele Traversa, deputato del Pdl
dava la Regione. «L’advisor Kmpg incaricato dal governo – spiega l’onorevole Laganà Fortugno – ha specificato nella propria indagine che l’80% del debito va riferito al periodo 2001-2005 e, quindi, attribuito alla passata legislatura. Ma non si tratta di scaricare le responsabilità da un partito all’altro. Già allora si protraeva uno scenario problematico. Oggi serve soprattutto buon senso da parte di tutti». Anche i rettori degli atenei calabresi hanno invitato le forze politiche regionali a una comune assunzione di responsabilità circa la situazione di grave deficit in cui versa la sanità. «I problemi sono davvero tanti e una soluzione in tempi brevi è obiettivamente difficile – replica Michele Traversa –. La politica non può rimediare in un attimo a disfunzioni e anomalie di cui non è l’unica colpevole, ma può dare un segnale di svolta». Per il parlamentare, ex presidente della Provincia di Catanzaro, chi governa deve rinunciare a interpretare la sanità
c
Per troppo tempo la sanità è stato un buco nero, una voragine all’interno della quale è confluito un fiume di denaro pubblico. È ora di dire basta
d
come un serbatoio elettorale. «Per troppo tempo la sanità è stato un buco nero – prosegue –, una voragine all’interno della quale è confluito un fiume di denaro pubblico. È ora di dire basta, mettere fine agli sprechi e assicurare, attraverso una gestione più corretta, un servizio finalmente efficiente». Una possibile soluzione, secondo Maria Grazia Laganà Fortugno, va trovata in un tentativo di risanamento che non può comunque prescindere da un sacrificio collettivo. Senza però trascurare il bene princi- ❯❯ CALABRIA 2009 • DOSSIER • 217
MALASANITÀ Il caso Calabria
❯❯
pale, ossia il paziente. «Dobbiamo tutti recitare un mea culpa – dichiara la vedova Fortugno – riconoscendo alla Calabria grandi e onesti professionisti. Intelligenze che, nell’ambito della migrazione sanitaria, ritroviamo negli ospedali del Nord perché costrette a trasferirsi». Il commissariamento sembra ormai essere il capitolo successivo della travagliata storia della sanità calabrese. «In una situazione dove resistono incrostazioni di decenni, interessi particolari e una difficoltà oggettiva a intervenire con successo da parte della politica – afferma Michele Traversa – il commissariamento mi sembra una risposta dirompente, ma adeguata alla gravità della situazione. Certo, se la politica avesse la forza, i mezzi e la determinazione per girare pagina, si eviterebbe un provvedimento che resta 218 • DOSSIER • CALABRIA 2009
sempre drammatico per le istituzioni calabresi». La decisione presa dal governo Berlusconi ha incontrato naturalmente l’accesa opposizione del presidente Loiero, che incassa la solidarietà della Conferenza dei presidenti delle Regioni, le quali mettono sotto accusa l’atto unilaterale dell’esecutivo su un tema delicatissimo come quello delle competenze e delle risorse nella sanità. «Purtroppo, i segnali di questi ultimi anni non lasciano altra scelta – ribatte Traversa – e la reazione delle altre Regioni mi sembra votata a tutelare i privilegi di una casta, piuttosto che a risolvere la questione della sanità». A preoccupare i rettori delle università calabresi è l’insediamento di un commissario che non risponderà di fatto ai cittadini, ma a chi lo ha incaricato di riportare in pareggio i bi-
MALASANITÀ
CRESCE LA SPESA SANITARIA Nel triennio 2006-08, la spesa sanitaria in Calabria è aumentata in media del 5,1% In particolare, ha registrato nel 2008 un aumento del 2,2%. Si tratta di un dato calcolato sulla base dei conti consolidati di Aziende sanitarie locali (Asl) e Aziende ospedaliere (Ao) rilevati dal Sistema informativo sanitario (Sis) e presentati nella pubblicazione della Banca d’Italia relativa all’economia della Calabria nel 2008. L’analisi evidenzia anche l’incremento delle singole componenti della spesa sanitaria:
Aumento gestione diretta spesa sanitaria Aumento spesa ospedaliera convenzionata Aumento enti accreditati Aumento spesa farmaceutica Aumento medicina generale
6,1% 4,9% 3,7% 1,2% 0,2%
Spesa delle strutture sanitarie regionali nel 2008 3,3 mld euro Spesa sostenuta in favore residente regione 3,6 mld euro
227 EURO
Valore annuo pro capite per la spesa in farmaci rimborsati dal Ssn. La Calabria è la regione che spende di più in base al rapporto 2008 dell’Osservatorio sul farmaco
lanci. «Un commissariamento imposto dall’alto – commenta Laganà Fortugno – rischia comunque di non apportare alcun evidente vantaggio se colui che sarà nominato non avrà sufficiente conoscenza del territorio e della problematiche calabresi. Conoscenza che identifica l’aspetto più importante in questo contesto». Traversa esclude che il commissariamento debba essere inteso come una strategia politica
o un abuso nei confronti della Calabria e dei calabresi: «Il commissariamento segna la fine di un sistema di potere o, perlomeno, ne incrina fortemente la struttura. Penso a quanto è emerso in questi anni sulle forniture degli ospedali, ai reati di cui la cronaca è piena da anni e mi convinco sempre più che occorre un momento di rottura». Ma come si può agire per far tornare in salute il sistema sanitario regionale? «È importante – afferma l’esponente dei democratici – trovare le persone giuste capaci di operare, carte alla mano, i tagli più opportuni, tenendo in considerazione le esigenze di pazienti e cittadini, ma anche la dignità professionale dei medici e tutelando ad ogni modo le fasce più deboli della popolazione, soprattutto in vista dell’introduzione del federalismo fiscale». Il cambio di rotta necessario è netto. «Serve – conclude il deputato azzurro – una gestione meno clientelare e più impermeabile alle sollecitazioni di chi nella sanità vede un business e non un servizio pubblico. Sarà determinante operare scelte magari impopolari ma coraggiose, che abbiano come unico obiettivo la salute e i malati». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 219
CORSIE ALL’AVANGUARDIA Coe di Germaneto
Per la cura dei tumori non servono più i viaggi della speranza È l’integrazione il fondamento del Centro oncologico di eccellenza gestito dalla Fondazione Tommaso Campanella. Integrazione tra ricerca, assistenza e didattica. Tra il Centro e altri istituti nazionali e stranieri. Tutelando la salute dei pazienti e frenando la migrazione sanitaria. Spiega come il presidente della Fondazione, Anselmo Torchia Francesca Druidi
una sinergia tra la Regione Calabria e l’Università Magna Graecia di Catanzaro ad aver reso possibile l’avvio del Centro oncologico di eccellenza (Coe), gestito dalla Fondazione Tommaso Campanella. La Fondazione, ente costituito dai due soci pubblici, mantiene le finalità di servizio pubblico, ma è dotata di personalità giuridica di diritto privato. «Ciò si traduce in una maggiore flessibilità e autonomia nell’organizzazione, nell’assistenza e nella ricerca – spiega Anselmo Torchia, che presiede la Fondazione – nello spirito di un’innovazione ormai indispensabile in un sistema sanitario chiamato ad affrontare sempre nuovi bisogni e a garantire prestazioni di qualità ai cittadini». La struttura architettonica del Centro favorisce anche fisicamente la connessione virtuosa tra ricerca e assistenza. Quali sono i progressi
È
220 • DOSSIER • CALABRIA 2009
raggiunti? «I vantaggi sono molteplici. La caratteristica basilare è l’integrazione tra attività di assistenza e di ricerca, quest’ultima garantita dagli apporti e dalle competenze universitarie. La continuità e l’efficacia dei trattamenti antitumorali sono spesso limitate dagli effetti collaterali o dalla coesistenza di patologie associate. Per questo, un istituto monospecialistico non risulta perfettamente adeguato. Nel Coe, questa importante problematica è affrontata attraverso l’integrazione delle strutture del Centro con il sistema di eccellenza scientifico-assistenziale in settori di-
Sopra, l’avvocato Anselmo Torchia, presidente della Fondazione Tommaso Campanella. In alto a destra, la sala rianimazione e terapia intensiva e una sala chirurgica del Centro oncologico di eccellenza, situato nel Campus universitario di Germaneto
CORSIE ALL’AVANGUARDIA
4.942 Numero dei ricoveri in regime ordinario, day hospital e day surgery registrati nel 2007 dal Centro oncologico di eccellenza, in aumento rispetto al dato del 2006 (4.180 ricoveri)
6.000 Numero dei ricoveri in regime ordinario, day hospital e day surgery registrati nel 2008 dal Coe di Germaneto, mostrando un rialzo del 25% rispetto al 2007
175mila Numero relativo alle prestazioni ambulatoriali erogate nel corso del 2008 dal Coe, in crescita rispetto alle 87.398 del 2006 e alle 133.563 del 2007 (+30%)
versi dall’oncologia del Policlinico universitario». Questo cosa comporta? «La possibilità di accedere a risorse complementari diagnostiche e terapeutiche assicura l’impiego di solide competenze mediche, chirurgiche e scientifiche in svariati settori, permettendo che il trattamento oncologico avvenga nelle migliori condizioni per il paziente e, quindi, con la massima efficacia. Nella medesima struttura architettonica si garantisce un’organizzazione pienamente dedicata al servizio del paziente oncologico, senza aggravi burocratici o logistici e senza ostacoli per l’unione dei saperi necessari per lo sviluppo di nuove conoscenze in oncologia. La presenza di attrezzature all’avanguardia, a partire dalla Pet, l’unica in Calabria, aumenta la capacità di risposta del Coe alle esigenze della popolazione calabrese». Con l’attività del Coe si è riusciti ad arginare il fenomeno della migrazione sanitaria? «Si tratta di un dramma non solo sul fronte dei costi in capo al servizio sanitario regionale, ma anche sotto il profilo di valori umani ed effetti sociali. L’opportunità di curarsi in modo adeguato nella propria terra rappresenta l’obiettivo primario della nascita del Coe. La capacità di fornire un servizio di qualità in Calabria significa la certezza di affermare la persona nella sua interezza, garantendone il benessere fisico, psicologico, morale e sociale complessivo. Il Coe ha dato e sta dando risposte a tale dramma con volumi di attività in costante crescita, che si traducono in una minore migrazione sanitaria per tali patologie». Quali sono le maggiori sfide oggi?
c
La capacità di fornire un servizio di qualità in Calabria significa la certezza di affermare la persona nella sua interezza, garantendone il benessere fisico, psicologico, morale e sociale complessivo
d
«L’interazione e il trasferimento tra ricerca di base e clinica, insieme alle loro applicazioni mediche, identificano lo scopo primario del Centro. La ricerca deve non solo produrre conoscenza, ma soprattutto essere applicata. Ottimizzare e rendere visibile una struttura a rete tra queste componenti è la sfida più importante sotto il profilo medico, scientifico e assistenziale. L’organizzazione del Coe, con un consiglio di amministrazione dotato di funzioni di indirizzo e controllo, un direttore generale e uno scientifico, consente di improntare la propria azione a criteri di efficacia, efficienza ed economicità». Il futuro del Coe appare però incerto. Può fare previsioni in merito? «Prevedere cosa la politica decida di fare è veramente difficile. Senza dubbio, il Coe persegue la trasformazione in Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) e ha tutte le carte in regola per ottenerla. È importante sottolineare come questo proposito non costituisca lo scopo per il quale il Coe è nato, ma rappresenta un obiettivo che riconoscerebbe, anche formalmente, ciò che già si sta facendo in termini di ricerca, assistenza e cura del paziente oncologico». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 221
I LUOGHI DELLA SANITÀ Case di cura
Risposte adeguate ai bisogni di salute La trentennale attività sanitaria della casa di cura Villa Elisa racconta un’evoluzione strutturale e prestazionale di eccezionale efficienza. Dalla ginecologia alla chirurgia oculistica, dalla radiografia al laboratorio analisi, ogni reparto è descritto dal dottor Giuseppe Depino, fondatore e direttore generale Adriana Zuccaro
222 • DOSSIER • CALABRIA 2009
ettere al mondo un figlio, sottoporsi a un intervento chirurgico, aver bisogno di un’analisi clinica o radiologica, tenere a freno le patologie tipicamente senili, sono tutte esigenze sanitarie che lo staff medico della casa di cura Villa Elisa affronta con professionalità e competenza ormai da più di trent’anni. Era infatti il 1976 quando, per iniziativa del dottor Giuseppe Depino e della moglie, la dottoressa Fortunata Megale, si inaugurava quella stessa struttura sanitaria che oggi si annovera tra i principali punti di riferimento della sanità calabrese. Incontrare il dottor Depino, fondatore nonché direttore generale di Villa Elisa, significa essere travolti dalla straordinaria vitalità umana e professionale di chi ha scelto di ambire traguardi sempre più impegnativi ma tutti orientati al medesimo obiettivo: prendersi cura della salute dei pazienti. Dottor Depino, quali sono stati i principali cambiamenti che la casa di cura Villa Elisa ha registrato fino ad oggi? «Villa Elisa nasce inizialmente come clinica ostetrica-ginecologica strutturata su una superficie di 2 mila mq. A seguito di progressivi ampliamenti, negli attuali 4,5 mila mq trovano collocazione i nuovi e moderni servizi. Già dal 1980 lavora in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale oggi accreditata per le attività di Ostetricia/Ginecologia, Neonatologia, Oculistica, Laboratorio Analisi, Radiologia e Risonanza Magnetica. Inoltre, in regime privato, svolge le attività di Chirurgia Generale e Urologia». Come è strutturata la casa di cura? «La struttura oggi dispone di 78 posti letto di cui 25 a pagamento; le stanze sono dotate di ogni comfort quali aria condizionata, bagno in camera, tv, letto per accompagnatore. Le medesime dotazioni sono valide anche per le degenze di corsia. Le
M
In alto, la hall d’ingresso della casa di cura Villa Elisa. A sinistra, sala operatoria di oculistica. In basso, il dottor Giuseppe Depino, fondatore e direttore generale della casa di cura. A destra la consolle dell’angiografo digitale
I LUOGHI DELLA SANITÀ
Villa Elisa è un centro di alta tecnologia e di apparecchiature innovative applicate alla diagnostica strumentale per immagini; è un polo medico-diagnostico in cui il miglioramento continuo della qualità realizza pienamente la centralità del paziente
unità mediche che lavorano come dipendenti o con rapporto libero professionale, sono venticinque. Gli standard qualitativi raggiunti dalla struttura, certificata ISO 9001:2000, sono assicurati e supportati da un’attività di audit interno ed esterno per garantire i migliori risultati». Quali sono le linee guida che definiscono l’iter organizzativo e gestionale di Villa Elisa? «L’organizzazione della casa di cura risponde ai più moderni standard del settore. Tutta l’azienda è certificata dal DNV Italia per la qualità, secondo le norme Vision 2000, già dal 2003 ed è soggetta alle verifiche periodiche finalizzate al miglioramento continuo. Inoltre, si è avviato il percorso di controllo e gestione del rischio clinico, il Risk Management, per assicurare agli utenti e operatori una maggiore sicurezza». Quali sono i servizi sanitari maggiormente richiesti dai vostri pazienti? «Storicamente la struttura si identifica come importante “punto nascita” del territorio della piana di Gioia Tauro. La presenza del reparto di neonatologia, diretto fin dalla fondazione della casa di cura dalla dottoressa Megale, caratterizza quindi la struttura come centro di secondo livello, consentendo anche l’assistenza alla nascita di prematuri dalla trentaduesima settimana in su. Occorre inol-
tre sottolineare che dal 1996, al reparto di eccellenza rappresentato dalla ginecologia-ostetricia, si é affiancato il reparto di chirurgia oculistica, affidato al dottor Mancini, chirurgo di fama nazionale. Detto reparto è diventato un vero punto di riferimento per l’intera provincia e regione; l’equipe interviene su cataratta e sostituzione del cristallino fino al trapianto di cornea». A quale livello di tecnologizzazione è giunta Villa Elisa nel corso degli anni? «Nelle evoluzioni registrate da Villa Elisa, sistemi adeguatamente tecnologizzati sono sempre stati
CALABRIA 2009 • DOSSIER • 223
I LUOGHI DELLA SANITÀ Case di cura
Il percorso di informatizzazione cui Villa Elisa è stata sottoposta ha incentivato l’attività di laboratorio e di diagnostica, l’introduzione della cartella clinica elettronica e il totale cablaggio in fibre ottiche
presenti, perché ritenuti fondamentali all’operati-
vità medica e all’erogazione di servizi sanitari. L’informatizzazione di tutti i settori, dal magazzino alla contabilità, dall’attività di laboratorio alla diagnostica per immagini con digitalizzazione delle stesse, fino alla cartella clinica elettronica, è stata accompagnata dal cablaggio in fibre ottiche di tutta la struttura, con la presenza di terminali PC in tutti gli ambienti di lavoro. Per quanto riguarda la parte sanitaria certamente il servizio che più ha risentito dell’innovazione tecnologica è la diagnostica per immagini che annovera RMN, TAC spirale, angiografo digitale, mammografo, tavoli radiologici ed ecografi di ultima generazione». Quale reparto può essere definito di eccellenza tecnologica? «Villa Elisa è oggi un concentrato di alta tecnologia e di apparecchiature innovative in ogni reparto, ma è la diagnostica per immagini, in particolare, che ha vissuto una maggiore spinta tecnologica, in cui la lotta alle liste di attesa e il miglioramento continuo della qualità realizzano pienamente la centralità del paziente. Il primo gioiello di produzione General Electric, entrato in funzione da pochi mesi, è la Tac Multislices da 16 immagini al secondo; con questa Tac è possibile esplorare, in poco tempo, tutto il nostro organismo, ricostruendo, grazie ai suoi sofisticati programmi informatici, ogni minimo dettaglio delle strutture ossee e dei tessuti densi. Altro tesoro della diagnostica
224 • DOSSIER • CALABRIA 2009
I LUOGHI DELLA SANITÀ
Nella pagina precedente dall’alto, il reparto di neonatologia, una camera di degenza e la Tac di ultima generazione. A sinistra, studio ecografico, sala operatoria e l’accettazione del poliambulatorio Tel. 0966 94.31.71 www.cdc-villaelisa.it
è rappresentato dalla risonanza magnetica da 1 tesla, apparecchiatura adatta non solo a indagini nella patologia, ma anche ad applicazioni di ricerca sulla funzionalità di organi e tessuti. L’altissima risoluzione e l’elevato contrasto delle immagini consente diagnosi più accurate, permettendo di cogliere lesioni organiche e disfunzioni d’organo anche di piccola entità. Non ultimo, l’angiografo digitale fondamentale nella diagnostica operativa». Quali sono le caratteristiche pregnanti da cui una casa di cura non può prescindere? «Ogni casa di cura è una società di servizi sanitari che, in quanto tale, non può sussistere in assenza del rapporto fiduciario con il paziente/utente. Il principale obiettivo è sempre la soddisfazione di quest’ultimo che, a Villa Elisa, perseguiamo impegnandoci ogni giorno, un passo alla volta, a migliorare. In quest’ottica si inserisce l’aggiornamento della classe medica secondo gli standard ECM. Talvolta i corsi, i congressi e le conferenze si svolgono direttamente in sede con la presenza di relatori esterni». Quali sono i punti di forza che rendono Villa Elisa una casa di cura di eccellenza? «Il sistema organizzativo e la manutenzione continua della struttura sono certamente due capisaldi della qualità dei servizi: senza di essi i risultati sarebbero certamente meno soddisfacenti. Inoltre, considerata la possibilità di rispondere a un bacino d’utenza non particolarmente esteso, la “piccola struttura” cui Villa Elisa si identifica, rende più umano il rapporto utente/casa di cura, favorendone pertanto l’accessibilità. Per questo credo che, la presenza sul territorio di strutture come Villa Elisa, possano contribuire a bloccare il flusso di pazienti che ogni anno emigra in altre regioni per ottenere risposte adeguate ai bisogni di salute». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 225
I LUOGHI DELLA SANITÀ Strutture in regione
Qualità e rispetto del paziente: i principi della nostra sanità La Casa di cura Caminiti ha una storia antichissima, radicata al territorio. Una struttura legata ai grandi nomi di scienziati come Rocco e Renato Caminiti. La parola all’Amministratore unico Mietta Caminiti, al vertice di un’azienda votata a prestare aiuto ai bisognosi Dina Olivieri
la più antica Casa di cura della Calabria. Fu fondata nel 1919 da Rocco Caminiti, ordinario di Chirurgia Generale all’Università di Napoli, e resa immortale dall’opera del figlio, Renato Caminiti, ordinario di chirurgia toracica presso l’Università di Messina, grande scienziato che prestò la sua attività in tutta la Calabria e oltre, fino alla data della sua morte, avvenuta 12 anni fa. Oggi sua moglie, Amministratore unico della Casa di cura, Mietta Caminiti, racconta cosa vuol dire tenere alto il nome di questa eredità, a capo di una struttura privata accreditata con servizio sanitario nazionale che si configura come un vero e proprio ospedale e rappresenta una delle eccellenze del sistema sanitario calabrese. Moderna ed efficiente, divide i propri servizi tra due principali macrospecializzazioni: chirurgia generale e ortotraumatologia. Come si colloca la Casa di cura nell’insieme del sistema dei servizi sanitari della Calabria? «Oggi, come struttura in attesa di accreditamento
È
226 • DOSSIER • CALABRIA 2009
definitivo, la Casa di Cura Caminiti si pone sul territorio come un qualsiasi altro ospedale pubblico. Ricovera malati che si presentano con l’impegnativa del proprio medico di famiglia, per effettuare interventi chirurgici di varia natura, che comprendono tutta la chirurgia generale, dall’ambulatoriale alla day surgery, la chirurgia oncologica e i nuovi interventi per il trattamento dell’obesità patologica; l’ortopedia si sviluppa con la chirurgia della spalla e della mano, dalle protesi d’anca a quelle del ginocchio. I nostri sono tra i migliori medici del territorio: a capo del reparto di chirurgia generale il professore Riccardo Mazzitelli, chirurgo di fama nazionale, e alla guida del
Sopra, i chirurghi della Casa di cura Caminiti, da sinistra il Dott. Pietro Simonetta e il Prof. Riccardo Mazzitelli. A destra in alto, la sala di riabilitazione. Sotto, la zona della terapia subintensiva
I LUOGHI DELLA SANITÀ
90
ANNI DELLA STRUTTURA La Casa di cura Caminiti dispone di 73 posti letto. Di recente realizzazione i settori di Radiologia, Diagnostica per immagini, Tac, Ecografia, Angiografo, Mammografo Ortopantomografo, Analisi cliniche e FKT
reparto di ortopedia il dottor Pietro Simonetta, che annovera, tra i suoi collaboratori, il figlio Roberto, esperto nell’artroscopia di spalla e di ginocchio, al quale affluiscono numerosi giocatori della Reggina calcio». Perché un paziente dovrebbe preferire la vostra Casa di cura? «Perché le nostre prestazioni sono efficaci, efficienti e di alta qualità: la qualità delle prestazioni deriva, oltre che dall’elevato grado di preparazione e di professionalità del nostro personale medico e paramedico, dalle nuove tecnologie disponibili nella nostra struttura (ad esempio le nuove colonne laparoscopiche ed artroscopiche
a 3 ccd, i nuovi bisturi a radiofrequenza ed ultrasuoni, gli strumenti di anestesia low-flow). Tutto questo per offrire al paziente, nella propria terra, esperienze e tecnologie pari a qualsiasi altro ospedale del Nord Italia. Dal punto di vista alberghiero offriamo un’ospitalità basata su comfort e cordialità verso il malato che è sempre al centro dei nostri obiettivi. Questa è la tradizione della nostra famiglia che è stata tracciata dall’opera di Rocco e Renato Caminiti. Questo è il principio del fare sanità: aiutare tutti, malgrado una situazione di difficoltà economica che ormai viviamo da anni». Quali sono le difficoltà a cui si riferisce? «L’abbattimento tariffario sulle prestazioni e un numero di ricoveri annuo ristretto rispetto alle nostre potenzialità. Questo si traduce in minori risorse economiche da investire nella struttura. Si aggiungano a ciò gli sproporzionati ritardi nei pagamenti delle prestazioni erogate che ci costringono a ricorrere a prestiti bancari con tassi di interesse onerosi per ottemperare alle spese correnti dell’azienda. Molte altre ancora, ma non è certo questa la sede per discuterne. Sono comunque tutte difficoltà legate a provvedimenti che mirano, come si è letto nei mesi scorsi sui giornali locali, ad agevolare il settore pubblico, ma di certo non nell’interesse del malato». In che modo il team opera per garantire l’accoglienza umana delle persone? «Conosciamo i nostri malati per nome, accogliendoli sempre come persone nel rispetto della privacy. L’assistenza è meticolosa, integrata con terapie ormai informatizzate e personali. Il grado di soddisfazione del paziente è un cardine del nostro operato e per questo esso è invitato a compilare, alla fine della sua degenza, un questionario nel quale esprimere le proprie opinioni e i propri suggerimenti. Tramite il questionario ci vengono riferite anche le richieste più particolari, ci viene data una valutazione sul comportamento degli infermieri e sul corretto andamento della terapia». Cosa c’è nel futuro della Casa di cura? «Migliorare sempre, nel segno della tradizione Caminiti. Nonostante le numerose difficoltà, la nostra azienda ha cercato di fornire all’utenza il massimo della cordialità abbinata alla più alta professionalità. I nostri progetti sono ambiziosi, e ancora segreti». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 227
SPECIALISTI Riabilitazione
Come si può recuperare la funzionalità motoria e neurologica Recuperare le proprie facoltà. Dopo traumi o patologie. Ne parlano Ernesto Cupolillo, Legale Rappresentante del Centro di Riabilitazione S. Chiara di Paola, e Antonio Alessandro, Direttore Sanitario Eugenia Campo di Costa
icominciare a correre, muoversi, parlare. Dopo un incidente, un trauma o una patologia più o meno invalidante. Quello della riabilitazione è un percorso importante e delicato che accompagna il paziente a rimpadronirsi di quelle capacità motorie o neurologiche, spesso date per scontate, che improvvisamente possono risultare compromesse. Un recupero graduale, che a poco a poco permette di migliorare la qualità della vita, ritrovando almeno in parte le funzionalità perdute o, se non altro, alleviando disturbi cronici e pertanto inguaribili. La riabilitazione è una disciplina complessa, articolata su più livelli: dal recupero motorio e fisico nel caso di incidenti, eventi traumatici e malattie reumatiche, a quello neurocognitivo in seguito a ictus e patologie del sistema nervoso periferico. Il percorso rieducativo richiede sforzi, impegno e pazienza a chi lo intraprende, e tanta passione e professionalità da parte di chi lo guida. Per ogni paziente viene studiato un programma su misura, che permetta in tempi più o meno brevi il raggiungimento dell’obiettivo, a seconda della particolare storia personale e clinica. Il Centro di
R
230 • DOSSIER • CALABRIA 2009
Riabilitazione S. Chiara in Viale dei Giardini a Paola, garantisce da sempre tutto questo: percorsi personalizzati, cura del paziente, preparazione e professionalità. Tanto che, nel 2005, ha conseguito la certificazione ISO 9001: 2000. Dottor Alessandro, quali sono le patologie su cui intervenite più spesso nel Centro di Riabilitazione S. Chiara? «Oltre al recupero motorio dopo traumi, incidenti, fratture e patologie reumatologiche ci occupiamo della rieducazione del paziente vittima di
Sopra, veduta esterna del Centro di Riabilitazione S. Chiara a Paola. In alto e nell’altra pagina, operatori al lavoro e lo staff del Centro di Riabilitazione Tel. 0982 61.02.25 www.clinicasantachiara.it
SPECIALISTI
patologie neurologiche quali ictus, sclerosi multipla, trauma cranico, malattie del sistema nervoso periferico. In particolare, stiamo incrementando notevolmente l’assistenza ai malati di Parkinson. Il morbo di Parkinson, si sa, è una malattia degenerativa e progressiva. Tuttavia, grazie a un approccio multidisciplinare e tecniche moderne, possiamo rallentare con successo il progresso della malattia, e favorire notevolmente il reinserimento del paziente nella vita familiare e sociale». Quali tecniche vengono utilizzate per la riabilitazione dei malati di Parkinson? «Nel nostro centro i pazienti vengono seguiti con programmi terapeutici e trattamenti consolidati e innovativi, sia in regime di ricovero che ambulatoriale. Nello specifico, l’intervento più consono su un paziente affetto dal morbo di Parkinson è l’esercizio in palestra con chinesi attiva. Le moderne strumentazioni, quindi, lasciano spazio soprattutto al rapporto equipe – paziente, con esercizi mirati alla stimolazione muscolare, dettati naturalmente dal protocollo riabilitativo». Un altro disturbo piuttosto frequente è quello legato a disfunzioni del pavimento pelvico. Si può intervenire anche in questo senso?
30 POSTI LETTO
La Clinica S. Chiara può ospitare i propri pazienti in stanze disposte su due piani. Possiede inoltre due palestre per gli esercizi di rieducazione
54
GLI OPERATORI L’equipe è composta di fisioterapisti, logopedisti, terapisti della neuro-psicomotricità, terapisti occupazionali, operatori tecnici dell’assistenza
«Certamente. In questo caso si lavora non solo con gli esercizi in palestra, ma anche con interventi manuali e sondine, sollecitando sia attivamente che passivamente il lavoro degli sfinteri». Come si articolano le terapie? «La riabilitazione è affidata a un team composto da 14 fisioterapisti. Le terapie, la loro organizzazione e pianificazione giornaliera e non, sono affidate a un medico fisiatra che stabilisce per ogni paziente e per il suo particolare caso specificità e durata dei trattamenti. In riferimento alla diagnosi e alla prescrizione medica, gli operatori dell’area riabilitativa provvedono alla rieducazione potenziale dell’utente. L’equipe che opera presso la struttura è composta, oltre che da fisioterapisti, da logopedisti, terapisti della neuro-psicomotricità, terapisti occupazionali, operatori tecnici dell’assistenza (OTA)». Dottor Cupolillo, nella vostra professione, l’aggiornamento riveste un ruolo fondamentale. Che importanza ha per voi la formazione? «Aggiornarsi e crescere professionalmente significa poter offrire risposte sempre più competenti e vantaggiose per la salute del malato, il suo recupero, la guarigione. Per poter offrire sempre personale qualificato e terapie all’avanguardia, tutto il team medico frequenta corsi di formazione per il miglioramento delle proprie competenze. L’aggiornamento riguarda anche gli strumenti utilizzati: l’impiego di tecnologie innovative nella riabilitazione garantisce ai pazienti una convalescenza più veloce, efficace e duratura. La struttura ha ottenuto nell’anno 2008 l’accreditamento come provider per organizzare corsi per crediti ECM, Educazione Continua in Medicina». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 231
DIAGNOSTICA L’unione fa la forza
I Laboratori Riuniti: un nuovo spazio studiato per dare diagnosi complete L’elevata accessibilità unita alla capacità di dare risposte rapide a tutte le richieste di diagnostica sanitaria, hanno fatto sì che lo studio radiologico Perri e il laboratorio di analisi Bilotta, storiche realtà sanitarie di Cosenza, diventassero un riferimento unico per l’erogazione di servizi di diagnostica medica: i Laboratori Riuniti. Ne parliamo con il dottor Giovanni Perri e la dottoressa Maria Carmela Bilotta Eugenia Campo di Costa
244 • DOSSIER • CALABRIA 2009
ecniche di radiologia a bassissimo dosaggio e programmi dedicati per gli esami pediatrici. Sono le peculiarità dello studio radiologico dottor Antonio Perri & C. che dal 2001 sfrutta attrezzature di altissimo livello. Fondato nel 1956 dal dottor Antonio Perri e dal dottor Lorenzo Diano, nel 1991, con il ritiro dall’attività professionale del dottor Diano, lo studio vede l’ingresso nella sua gestione anche del dottor Giovanni Perri, specializzato in radiologia diagnostica. Diversi gli esami che è possibile effettuare presso la struttura: dalla mammografia, alle ecografie, agli esami specifici per bambini. Lo studio Perri coniuga la sua attività con quella del laboratorio di analisi cliniche Lab, fondato nel 1977 dal dottor Nicola Bilotta e attualmente diretto dalla
T
DIAGNOSTICA
La decisione di unire il laboratorio di analisi LAB e lo studio radiologico Perri deriva dall’identità di vedute, di metodo, di accoglienza, di competenza che caratterizza i due centri diagnostici
Sopra, la dottoressa Maria Carmela Bilotta. Nell’altra pagina, Francesco Bilotta, ideatore dell’unione tra LAB e Studio Perri, e il dottor Giovanni Perri
26
ESPERTI collaborano nella nuova sede unificata di LAB e Studio Perri. 11 fanno parte dello studio radiologico, e 15 del laboratorio di analisi. Si offre così all’utenza un servizio completo, velocizzando anche i tempi
dottoressa Maria Carmela Bilotta. Il Lab eroga analisi cliniche di laboratorio, in particolare tutte le prestazioni relative ai settori di Ematologia, Chimica clinica e Tossicologia, Microbiologia e Sieroimmunologia. Le due strutture condividono oggi un’unica sede, nel centro di Cosenza, in via Falcone. Dottor Giovanni Perri, il vostro studio sfrutta strumentazioni all’avanguardia. Ce ne può parlare? «Per la mammografia ci avvaliamo del sistema di digitalizzazione con la maggiore risoluzione spaziale disponibile al mondo. Le ecografie vengono effettuate con apparecchiature di ultimissima generazione, come l’elastosonografia che consente la caratterizzazione non invasiva dei noduli della tiroide e della mammella, dei linfonodi, delle lesioni muscolo tendinee, dell’utero, della prostata e di tutta la patologia nodulare in genere. Particolare attenzione viene inoltre riservata a tutti gli esami pediatrici partendo dall’assunto che i bambini non sono adulti in miniatura e quindi necessitano di accoglienza e cure specifiche. Altro settore basilare della nostra attività riguarda l’attenzione alla salute della donna con esami che spaziano da tutti i tipi di ecografia, alla mammografia con tecnica ad altissima risoluzione e con un innovativo sistema di compressione che rende l’esame molto più confortevole, alla den-
sitometria ossea (MOC) per la prevenzione e il monitoraggio della osteoporosi». Dottoressa Maria Carmela Bilotta, quali tratti caratterizzano il LAB? «Sicuramente la competenza nell’esecuzione dei prelievi nei soggetti più difficili e in età pediatrica, l’accoglienza attenta al paziente, il confronto continuo tra i medici del laboratorio e i medici di medicina generale e specialistica e la capacità di rispondere a richieste in urgenza con esami di monitoraggio ormonale, di emocromo o altro segnalato dal Medico richiedente. Negli ultimi anni, ci siamo concentrati sullo svolgimento di test infettivologici, di prove per malassorbimenti, patologie endocrine e metaboliche in bambini e adolescenti, sull’attivazione di un servizio per il monitoraggio di terapie anticoagulanti. Per assicurare la validità dei risultati analitici, LAB partecipa da almeno quindici anni a circuiti nazionali e internazionali di controllo di qualità interlaboratorio (Proficiency test) per la gran parte delle indagini eseguite all’interno della struttura». Perché avete deciso di coniugare LAB e Studio Radiologico Perri nei Laboratori Riuniti? «Questa iniziativa è stata presa da Francesco Bilotta, amministratore del LAB, ideatore, promotore e fautore di questa unione professionale. La decisione deriva dall’identità di vedute, di metodo, di accoglienza, di competenza che caratterizza i due centri diagnostici. LAB e studio radiologico Perri, insieme, potranno offrire un servizio sempre più completo alla propria utenza. La nuova sede avrà una superficie complessiva di circa 1000 mq, e sarà totalmente priva di qualsiasi barriera architettonica sia all’esterno che all’interno. Conterà un totale di 26 collaboratori, 11 per lo studio radiologico e 15 per il laboratorio». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 245
ANALISI Indagini cliniche
La buona sanità è quella preventiva Risorse professionali e tecnologie d’avanguardia sono i presupposti operativi che guidano il laboratorio analisi cliniche Ricci & C. di Cosenza. Le attività e gli obiettivi perseguiti, raccontati dal direttore tecnico, il professore Luigi Maria Greco Adriana Zuccaro
uando si rende necessario formulare una diagnosi, programmare un intervento chirurgico, verificare l’efficacia di una terapia, a sostenere il medico e la sua esperienza c’è, dietro le quinte, l’importante attività dei laboratori di analisi. Luoghi in cui uomini e macchine lavorano intorno a una moltitudine di particelle, infinitamente piccole ma altrettanto determinanti per la salute di ognuno, il cui studio costituisce la base per ogni progresso medico e scientifico. Per questo, a Cosenza, lo staff di medici specializzati e le importanti tecnologie del laboratorio di analisi cliniche Ricci, sono costantemente impegnati all’esecuzione di indagini concorrenti al miglioramento del servizio sanitario regionale. A descrivere le dinamiche operative e gli obiettivi professionali del centro analisi, il professor Luigi Maria Greco, direttore tecnico del laboratorio Ricci. Professor Greco, quali sono stati i cambiamenti a cui ha assistito e contribuito nel corso della sua carriera medica? «Rivesto il ruolo di direttore del laboratorio analisi cliniche Ricci & C. da quattro anni dopo una trentennale attività laboratoristica quale primario della U.O.C. di Microbiologia e Virologia del P.O. dell’Annunziata di Cosenza. Le numerose novità diagnostiche e applicative si riferiscono soprattutto alle conoscenze e alle applicazioni nel campo dell’ormonologia, della genetica e della microbiologia. Lo studio di quest’ultima branca e, specificamente, della disciplina virologica a essa afferita, in virtù delle
Q
246 • DOSSIER • CALABRIA 2009
scoperte registrate dalla biologia molecolare, è stato notevolmente approfondito sia dal punto di vista sperimentale che applicativo consentendo il raggiungimento di conoscenze e ricadute terapeutiche fino a poco tempo fa inimmaginabili. In tal campo, la mia personale operatività medica è stata sostenuta e concretizzata con l’attivazione di un centro servizi di virologia, primo in Calabria, e con l’esecuzione di numerose indagini epidemiologiche effettuate su tutta l’area regionale. Ho inoltre proposto test diagnostici che hanno reso possibile l’individuazione di patologie virologiche prima solo sospettate o sconosciute». Quali sono i punti di forza del sistema organizzativo del laboratorio Ricci? «Il laboratorio Ricci è strutturato in diversi settori operativi che coprono totalmente le possibilità diagnostiche nei campi di ematologia, coagulazione, chimica clinica, ormonologia, infettivologia, paras-
Professore Luigi Maria Greco, direttore tecnico del laboratorio analisi cliniche Ricci & C. lab.ricci@alice.it
ANALISI
sitologia, allergologia e intolleranze alimentari. Lo staff è composto da biologi specialisti in patologia clinica, da tecnici di laboratorio biomedico specializzati e dal personale amministrativo ed esecutivo. Accreditato alla Regione Calabria come laboratorio generale di base con settori specializzati in chimica clinica, tossicologia, microbiologia (batteriologia, virologia, micologia) e sieroimmunologia, il laboratorio analisi cliniche Ricci è convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, certificato UNI EN ISO 9000:2001». Quali sono le patologie più diffuse per cui i pazienti si rivolgono al vostro laboratorio? «Considerata la vastità del bacino di utenza, le patologie reali o supposte che spingono i pazienti al ricorso di test diagnostici, sono numerose, diverse per incidenza e gravità. Certamente le più diffuse sono le sindromi dismetaboliche, quelle ormonali,
250 MILA
È il numero di prestazioni cliniche erogate dal Laboratorio Ricci & C. nel 2008. Rispetto all’anno precedente, ha registrato un incremento del 30%
24 ORE
È il tempo d’attesa previsto per il ritiro dei referti dopo il prelievo. Per i referti urgenti non batteriologici la consegna avviene solo dopo 3 ore
quelle neoplastiche e quelle ematologiche. In riferimento a questa ultima tipologia patologica, le microcitemie sono di certo le meno rare. Dati statistici pongono in luce anche un’altra realtà clinica, quella in cui spesso si presentano, probabilmente per la tendenza prevenzionale da parte dei medici curanti, pazienti paucisintomatici. Ciò rafforza il concetto che una buona sanità deve innanzitutto svolgere un ruolo preventivo». Quali sono le caratteristiche pregnanti cui un laboratorio analisi non può prescindere? «Un laboratorio moderno non può prescindere da un alto livello di automazione e di una informatizzazione spinta. Ambedue queste tecnologie sono, infatti, largamente presenti nel laboratorio che dirigo. Il settore meno automatizzato è volutamente quello della microbiologia relativamente al quale non è l’automazione a dimostrarsi necessaria ma la cultura specifica e un iter diagnostico logico variabile da caso a caso, quindi poco automatizzabile. Nonostante la tecnologia rappresenti un importante valore di controllo e diminuzione del possibile errore umano, credo tuttavia che il rigoroso accertamento delle operazioni automatiche attraverso calibrazioni giornaliere e il saggio di campioni a concentrazioni note relativamente a ogni analita testato, rimangano procedure cui un laboratorio non può sottrarsi». Di cosa necessita la sanità in Calabria per colmare le carenze che attualmente lamenta? «La sanità in Calabria purtroppo non risponde a criteri ottimali. Infatti, se da una parte è carente rispetto alle reali necessità della popolazione, d’altra parte, paradossalmente, accumula ogni anno deficit economici rilevanti. Tutto ciò si verifica, evidentemente, a causa di una reale mancanza di programmazione basata su dati epidemiologici. Per questo l’obiettivo del laboratorio Ricci è di fornire una completa e qualificata assistenza specialistica nel campo della medicina di laboratorio e di concorrere a evitare il ricorso ai ricoveri ospedalieri impropri, causa prima dell’elevato costo della sanità pubblica calabrese. Inoltre, considerata l’alta tecnologia e informatizzazione della struttura, lo scopo è di fornire dati epidemiologici aggiornati relativi alle varie patologie concorrendo così, in collaborazione con le strutture sanitarie regionali, a dettagliare una mappa epidemiologica, ancora oggi mancante, che consenta la programmazione di una politica sanitaria mirata all’eliminazione di quei tanti sprechi che in Calabria ancora persistono». CALABRIA 2009 • DOSSIER • 247