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OSSIER Opera Certificata n° A052548

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Golfarelli Editore Anno VI - n°1 - gennaio 2010

www.golfarellieditore.it



OSSIER

CAMPANIA EDITORIALE

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FINANZA Banco di Napoli

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STRUMENTI FINANZIARI Limiti e opportunità Fideiussione Il ruolo delle banche

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Raffaele Costa

L’INTERVENTO Angelino Alfano Ferruccio Fazio

PRIMO PIANO IN COPERTINA Gianni Lettieri

12

PRODOTTI FINANZIARI Derivati

84

LEGGE ELETTORALE Paolo Romano

16

ECONOMIA E IMPRESE Andrea Montanino

86

LA FORZA DELLE DONNE Mara Carfagna

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CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali

90

DIGITALE TERRESTRE Paolo Romani

26

TRASPORTI Gianni Punzo Firema

98

FISCALITÀ DI VANTAGGIO Erminia Mazzoni

30

POLITICHE AGRICOLE Nunzia De Girolamo

34

OBIETTIVO FORMAZIONE Pasquale Viespoli Sergio Trevisanato

38

L’INCONTRO Sandra Lonardo

44

POLITICHE PER L’INFANZIA Clio Napolitano, Marco Dallari

48

LA PROVINCIA E LE BIG CITIES 52 Censis

ECONOMIA E FINANZA STRATEGIE PER IL SUD Claudio Scajola

56

STRUMENTI PER L’IMPRESA 58 Prestito Partecipativo Ammortizzatori sociali PROCESSI AZIENDALI Criteri e metodi

62

CONSULENZA D’IMPRESA Temporary management Controllo di gestione Il ruolo dei consorzi Le alternative al fallimento

64

CANTIERI APERTI Borsa italiana

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ETICA E IMPRESA Angelo Ferro

126

104

RIFLESSIONI Una consulenza etica

130

MADE IN ITALY Giorgio Guerrini

108

L’INDUSTRIA DEL GIOCO Alberto Giorgetti

132

ARTIGIANATO Mestieri da difendere

110

APPALTI PUBBLICI Assistenza alle imprese

136

CAPITALISMO FAMILIARE Pina Amarelli

114

SICUREZZA SUL LAVORO Normative vigenti

138

GESTIONE D’IMPRESA Le nuove generazioni Rapporto con i dipendenti Processi di verifica Processi di aggregazione

REALIZZAZIONI Consulenze tecniche

140

FISCO E TRIBUTI Nuovi adempimenti

122

IUS & LEX

COPERTURE ASSICURATIVE 124 Il ruolo del broker

CRIMINALITÀ La lotta in cifre

146

MISSIONI ALL’ESTERO Giuseppe Vallotto

150


Sommario

GIUSTIZIA TELEMATICA Renato Brunetta

156

CONTROVERSIE Mediazioni possibili

INSOLVENZE Prevenzione del debito

158

IL VALORE DELL’ATTO 178 Giancarlo Laurini, Paolo Piccoli

ENERGIA E AMBIENTE

CRISI D’IMPRESA Piani consulenziali

160

SANITÀ

INQUINAMENTO COSTIERO 208 Ciro Lembo, Arpac

162

DEFICIT SANITARIO Giuseppe Sagliocco

184

DIRITTO FALLIMENTARE Mutamenti in atto

164

FARMACI Aifa

188

DOPO IL FALLIMENTO Esdebitazione

TUTELA DEL CONSUMATORE 166 Iniziative

176

DIPENDENZE 192 Michele Sforza, Valentina Cosmi

FINANZA PUBBLICA Tullio Lazzaro

168

CHIRURGIA PLASTICA Rocco Carfagna

196

PROCESSO BREVE Il disegno Ghedini

172

AUMENTO DEI CONTENZIOSI 200 Paolo Maggi

174

CREDITI SANITARI Gestione

202

ACCORDI COLLETTIVI Indennità di fine rapporto

MEDICINA IPERBARICA Ossigeno terapia

204

ODONTOIATRIA Estetica dentale

FOTOVOLTAICO Francesco Starace Investimenti

206

212

POLITICHE ENERGETICHE 216 Stefano Saglia, Alessandro Clerici

TERRITORIO RIQUALIFICARE GLI SPAZI Bagnolifutura

220

MERCATO IMMOBILIARE Nomisma

226

PROGETTAZIONE Agevolazioni e vincoli

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RIQUALIFICAZIONE Ostacoli e opportunità

232

TUTELA DELL’AMBIENTE Certificazioni

234

ARCHITETTURA URBANA Riflessioni

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IN COPERTINA

È TEMPO CHE IL SUD SI RISVEGLI l suo nome in questi giorni è sulla bocca di tutti, per via della possibile corsa alla presidenza della Regione Campania per il centrodestra. Considerato un ottimo candidato da più parti, Gianni Lettieri, timoniere dell’Unione degli industriali di Napoli è l’uomo che ha riportato dopo anni di assenza il capoluogo campano in Borsa con Meridie e ha salvato l’Atitech, una delle più grandi aziende della regione, da chiusura quasi certa agevolandone l’acquisto da parte di una cordata da lui stesso guidata. Un talento industriale che potrebbe essere messo al servizio della gente, come ha recentemente sottolineato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Della sua possibile candidatura il presidente Lettieri non vuole parlare. La sua attenzione va alle imprese campane che, nella particolare congiuntura economica di questi ultimi mesi, hanno dovuto fare i conti con la recessione. Unindustria Napoli non ha fatto mancare loro il suo appoggio, elaborando strategie per attenuare

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Nella foto, Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio regionale della Campania

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Il sistema Italia si sta rialzando, ma il Sud stenta ad agganciare la ripresa. Plaudendo agli imprenditori che hanno saputo dimostrarsi attivi in chiave anticongiunturale, il presidente degli industriali Gianni Lettieri è convinto che per arrivare a una svolta occorre un nuovo «approccio manageriale alla gestione delle risorse». Ed esorta: «Rilanciare Napoli per rilanciare l’intero Mezzogiorno» di Giusi Brega

l’impatto della crisi sulle imprese del territorio. L’Unione industriali partenopea ha proposto fin dall’ottobre del 2008 «una moratoria delle rate dei mutui dovute dalle piccole e medie imprese alle banche», come conferma lo stesso Lettieri che ricorda anche la sottoscrizione con l’Abi locale di un protocollo d’intesa nella primavera del 2009. Il progetto è stato poi rilanciato a livello nazionale dal governo: a dimostrazione dell’efficacia dello strumento ipotizzato, «finalizzato ad assicurare una boccata d’ossigeno ad aziende valide dal punto di vista strutturale, ma alle prese con fatturati improvvisamente calati del 20% e oltre». Tutto questo nell’ottica di portare Napoli, la Campania


Gianni Lettieri

PER LA RINASCITA DEL SUD

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e l’intero Mezzogiorno a una svolta: cambiare modo di condurre la cosa pubblica, «adottando un approccio manageriale alla gestione delle risorse» seppur limitate. Per farlo, occorre «imparare a dialogare seriamente con il mondo dell'impresa produttiva. Recependone istanze e proposte in tempo utile». Come valuta la condizione delle imprese locali? «I numeri parlano chiaro. Stando a una recente indagine della Banca d’Italia, più di un quinto delle aziende della regione ha chiuso il 2009 in perdita, con cali del fatturato generalizzati, specie nei comparti del made in Italy, e qualche eccezione positiva, in particolare

nell’ambito dell’industria alimentare. La crisi si farà sentire con tutta probabilità anche per buona parte del 2010, i primi timidi segnali di ripresa economica si avvertono quasi esclusivamente nell’Italia del Centro-Nord». La moratoria è sufficiente? «Naturalmente no. È evidente che, come ogni altra situazione complessa, la crisi va affrontata con una serie di misure articolate, tenendo conto anche della specificità della situazione meridionale. E non mi riferisco solo al divario socio-economico tra Sud e resto del Paese. Sembra paradossale, ma in diverse regioni del Sud le imprese sono costrette a fronteggiare la congiuntura negativa con una fi

itardi storici e gap strutturali. Le ragioni delle perduranti difficoltà dell’impresa nel Sud sono note. Ma tutto questo, avverte Cristiana Coppola, vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno, non deve in alcun modo essere una ragione per gettare la spugna. Anzi. Occorre che amministrazioni e operatori guardino negli occhi le proprie responsabilità. E agiscano con decisione per mutarne il verso. «Il Meridione – spiega l’imprenditrice – soffre di divari storici nelle infrastrutture di trasporto e nei servizi ai cittadini e alle imprese e di condizionamenti pesanti nell’esercizio dell’attività d’impresa derivanti dal funzionamento della pubblica amministrazione e dalla presenza oppressiva della criminalità organizzata». Ma questa condizione di “eccezione” ha anche rappresentato, per certi versi, una sorta di fattore evolutivo, abituando gli operatori del Mezzogiorno ad adattarsi meglio e in modo più inventivo di altri alle situazioni difficili e ai cambiamenti. «Ne sono prova – spiega Coppola – i risultati dello studio Check Up Mezzogiorno, secondo il quale il 47,3% delle imprese meridionali ha cambiato la propria strategia nel periodo 2000-2006». In altre parole, conclude, «un’azienda su due si è mantenuta attiva adattandosi e anticipando le richieste del mercato. Per questo ho fiducia che il sistema produttivo del Sud saprà rispondere a questa e altre sfide».

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IN COPERTINA

GLI EGIZIANI INVESTIRANNO A NAPOLI

«S

iamo pronti a investire nelle vostre imprese». Così hanno dichiarato l’ex ministro dell’Economia egiziana Ahmed Sakr Ashour e il direttore dell’Egyptiana abroad investment Ibrahim Fawzy nel corso di un incontro avvenuto lo scorso dicembre presso la sede dell’Unione industriali di Napoli, promosso dall’Associazione di Palazzo Partanna e dalla Confcredito. Ad ascoltare questa importante dichiarazione di intenti c’era una delegazione di imprenditori egiziani e una selezionata presenza di industriali napoletani guidata dal presidente Lettieri. Tra gli altri partecipanti all’incontro, c’erano anche Carmine Caputo, presidente della Sezione industria alimentare dell’Unione industriali Napoli, il presidente del Confidi Regione Campania Giuseppe Calcagni e il parlamentare Felice Iossa. Nel corso della giornata gli imprenditori egiziani hanno voluto visitare sia lo stabilimento Atitech di Capodichino sia quello dell’Ansaldo Breda e si sono dichiarati interessati a sviluppare iniziative congiunte con queste due realtà produttive di Napoli. L’ex ministro Ahmed Sakr Ashour ha messo in risalto il forte interesse degli egiziani anche per alcuni comparti dell’agroalimentare e per apprendere il know how per lo sviluppo di aziende tessili operanti nel paese africano. Gianni Lettieri ha accolto con favore la disponibilità manifestata dalla delegazione, assicurando che, nei primi mesi del 2010, una rappresentanza degli industriali partenopea restituirà ben volentieri la visita recandosi in Egitto con lo scopo di definire e perfezionare gli accordi di collaborazione nati sul tavolo di lavoro.

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scalità di svantaggio. L’incidenza dell’Irap in Campania, Abruzzo, Molise, Puglia e Sicilia è molto elevata, in quanto le aliquote sono state aumentate per fare fronte al grave deficit di bilancio nel settore della sanità. L’aliquota al 4,82%, invece che al 3,90% standard, sta contribuendo pesantemente al calo di occupati nelle regioni meridionali. In tre anni sono stati persi quasi 250mila posti di lavoro, 4,75%, contro il -1,33% rilevato nelle altre regioni del Sud non colpite dall’addizionale, ovvero Basilicata, Calabria e Sardegna. Abbiamo cercato anche in questo caso di ottenere almeno una sospensione biennale dell’addizionale, ma le esigenze di equilibrio del bilancio pubblico hanno impedito che la proposta venisse recepita in Finanziaria».

Come accelerare la ripresa dell’economia in Campania? «Napoli è fondamentale per l’economia campana. Un rilancio di Napoli contribuirebbe a trainare la ripresa della regione e dell’intero Mezzogiorno. Purtroppo, negli ultimi anni è accaduto il contrario. Anche quando, nel 2006, il Pil di Salerno cresceva di oltre i tre punti percentuali, quello di Napoli calava dello 0,6%. Insomma, la congiuntura negativa del capoluogo non è cominciata con la crisi finanziaria internazionale, ma molto prima. Nasce dall’immobilismo istituzionale, che frena la realizzazione di progetti dalle potenzialità straordinarie, sia in termini di investimenti per la città che di occupazione. Parliamo di diversi miliardi di euro, di decine e decine di migliaia di opportunità di lavoro».


Gianni Lettieri

Eppure lei continua a scommettere sul territorio. «Con Meridie Investimenti, di cui sono presidente e amministratore delegato, abbiamo fatto da capofila nell’operazione Atitech, società specializzata nella manutenzione di aerei che era a rischio di chiusura. Grazie a questa operazione abbiamo salvaguardato un patrimonio produttivo e di conoscenze e offerto una nuova prospettiva a centinaia di lavoratori. A Calitri, nell’Avellinese, stiamo inve-

stendo su un impianto di produzione di batterie al litio per impianti fotovoltaici e per le future auto elettriche e che, a pieno regime, occuperà 600 lavoratori». Resta comunque ottimista per il futuro? «Come deve esserlo un imprenditore. Le nostre sono state scelte strategiche, siamo convinti che saranno premiate dei risultati. Più in generale, sono convinto che Napoli e la Campania abbiano ancora molte

frecce al loro arco. Basterebbe saper trasformare i problemi in opportunità. Nelle grandi aree metropolitane, ad esempio, le aree deindustrializzate sono state riconvertite. Che si trattasse di servizi, terziario innovativo o industria leggera, si è riusciti a renderle ancora più produttive di quanto non fossero all’epoca dei capannoni e degli stabilimenti manifatturieri. Da noi, in zone come quella orientale di Napoli, i capannoni ci sono ancora. Abbandonati, dismessi da anni. Vi è degrado, dunque, ma vi sono anche spazi recuperabili, aree su cui è possibile impiantare nuove iniziative. Con il vantaggio di poter fare tesoro di esperienze altrui e non ripeterne gli errori. L’importante è attivarsi. E per farlo occorre un approccio nuovo nel governo del territorio, pragmatico e ispirato a logiche manageriali». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 15


LEGGE ELETTORALE

La dis-parità in rosa della legge C elettorale regionale

on queste regole non si garantisce niente a nessuno». Tanto meno la parità delle donne che vogliono lanciarsi nell’agone politico per tentare la scalata a via Santa Lucia. Senza infingimenti, Paolo Romano, capogruppo Pdl in Consiglio Crea «pie illusioni nell’opinione pubblica» la regionale, guarda la nuova legge eletnuova legge elettorale campana. Parola di torale campana per quello che è. Paolo Romano, capogruppo Pdl in Consiglio «Gli strumenti individuati dalla legge garantiscono alle donne solo ed regionale. Per il quale, nel Pdl «le donne, la esclusivamente la partecipazione, ofparità, le pari opportunità l’hanno conquistata frendo loro solo e soltanto qualche da tempo e non c’è iniziativa politica che non possibilità in più di accesso ai banchi del Consiglio regionale, ma nessuna le veda presenti o protagoniste» certezza». Federica Gieri Insomma legge specchietto delle allodole in rosa che sposterà ancora più in alto l’asticella dell’uguaglianza politica tra uomini e donne. La legge di Bassolino prevede la doppia preferenza a patto che uno dei due candidati sia donna; il divieto per uomini e donne a non superare in Consiglio la quota dei due terzi e la ripartizione degli interventi televisivi al 50% tra i candidati di sesso diverso. «Le pari opportunità in politica si costruiscono innanzitutto sul terreno culturale – avverte il capogruppo azzurro –, e in particolare sul terreno della partecipazione attiva alla vita di partito. Il Popolo delle Libertà è un soggetto politico relativamente giovane e nonostante ciò ha voluto puntare proprio su questo aspetto. Contrariamente, si sa, i contentini elargiti tanto per gettare un po’ di fumo negli occhi all’altra metà del cielo, finiscono solo col mortificare le donne e, soprattutto la loro intelligenza, che insieme al rigore e

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Paolo Romano

ODISSEA DI UNA LEGGE arzo 2009, il Consiglio regionale approva. Maggio 2009, Palazzo Chigi impugna. Dicembre 2009, la Consulta respinge. Nove mesi, dunque, una sorta di parto cesareo per la legge elettorale “rosa” della Campania, forse la più ‘discussa’ tra le non poche approvate (ma molte bocciaste da Palazzo dei Marescialli) sotto il lungo, tormentato regno di don Antonio Bassolino. Pomo della discordia, le pari opportunità di genere. Che il centrosinistra ha voluto garantire con una norma che prevede la possibilità, per l’elettore, di votare anziché uno, ben due candidati anche se, pena l’annullamento della seconda preferenza, uno dovrà essere di genere diverso dall’altro. Uno uomo e l’altro donna o viceversa. Una norma che ha spaccato le coalizioni che in Aula ha visto i suoi sostenitori, primo fra tutti il Pd, spuntarla per un soffio. Tra dubbi di illegittimità e perplessità sulla reale efficacia della stessa. Efficacia, rafforzata intanto dall’obbligo imposto alle forze politiche di inserire nelle liste elettorali regionali almeno un terzo di candidate. Che si trattasse di qualcosa in più di una forzatura, però, non è saltato all’occhio solo e soltanto dei consiglieri di centrodestra. Tant’è che, tempo un mese dalla sua controversa approvazione in Consiglio regionale, il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto non ha avuto esitazioni: se tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, come recita l’articolo 3 della Costituzione e se è vero che, come recita l’articolo 40 della stessa Carta, il voto è e deve essere assolutamente libero, il vizio di costituzionalità dovrebbe apparire evidente anche ai profani. Ma non agli ermellini che, come sottolineerà poi il capogruppo campano del Pdl Paolo Romano, «di fronte al Lodo Alfano enunciano che le legge deve essere uguale per tutti, mentre di fronte a questa evidente forzatura, transeat».

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alla capacità di impegno, è spesso di gran lunga superiore a quella di tanti maschietti che giocano a fare i femministi dell’ultima ora». La Consulta ha dato via libera al provvedimento impugnato dal governo. Su quali basi poggiava il ricorso del governo da voi sostenuto? «Il governo, direi legittimamente, aveva ravvisato la violazione di alcuni articoli della nostra Carta costituzionale a partire dall’articolo 3 che pone l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e dell’articolo 48 che sancisce l’assoluta libertà di voto. Obbligare, dunque, l’elettore a votare in un certo modo pena l’annullamento del proprio voto, come accade con la doppia preferenza di genere che ti vede abolita la seconda espressione di voto nel caso in cui è dello stesso genere della prima, equivale, nella migliore delle ipotesi, a una forzatura. Credo che il governo

abbia fatto bene a impugnare la legge: quanto meno ciò è servito a fare chiarezza e a dare, al di là delle libere opinioni di ciascuno di noi, certezza del proprio voto agli elettori». Come leggete il semaforo verde della Consulta? «Non volendo entrare nel merito delle polemiche relative a presunti conflitti tra i poteri dello Stato, non posso tuttavia non riflettere su un fatto: nel caso del lodo Alfano, i cittadini sono tutti uguali davanti alle leggi o almeno davanti a una norma ordinaria, legge o decreto che sia. Nel caso della nostra legge elettorale, siamo sempre tutti uguali, ma le donne un po’ di più degli uomini. E questo giustificherebbe la diversità di trattamento. Ora, non voglio parlare di due pesi e due misure, ma mi si lasci almeno la libertà di nutrire qualche legittima perplessità». Tra le due anime del Pdl, An e

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LEGGE ELETTORALE

FI, verso questo legge si sono regi- competizione elettorale complessa candidati sia rosa. Non credo di sbastrate diverse sfumature. In quali aspetti e perché? «Si è trattato di una diversità di vedute sugli strumenti per favorire l’accesso delle donne all’assemblea legislativa regionale. Negli anni trascorsi quello del listino bloccato, legato al candidato presidente, è stato ben accetto da tutti, a partire dal presidente Bassolino che oggi lo rinnega. Anche diversi esponenti provenienti dalle fila di An gli hanno voltato le spalle. Noi che proveniamo invece dall’esperienza di Forza Italia, riteniamo che il listino riconosce ai partiti un legittimo ruolo, richiedendo loro anche una responsabilità nelle scelte. Il fatto è che, a differenza di ciò che succede nel nostro partito in cui le donne sono da sempre partecipi e protagoniste dell’attività politica, altrove, salvo poche eccezioni, questo non è accaduto. Dunque, le donne non hanno ancora maturato quell’esperienza necessaria ad affrontare una

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e dura come quella regionale. Per questo riteniamo che prevedendo un listino di almeno sei donne si possa garantire con certezza l’accesso al Consiglio Regionale ad almeno sei donne. Con la battaglia a favore del listino abbiamo forse perso un po’ di visibilità, ma ne abbiamo guadagnato in coerenza e reale trasparenza politica». A marzo si vota. Il Pdl colorerà di rosa la sua lista? Quali saranno i criteri selettivi? «Il problema, almeno per il Pdl, si pone relativamente poiché in questi anni abbiamo dimostrato non solo di saper valorizzare l’impegno delle donne, ma anche e soprattutto di saperle aiutare, in un contesto nazionale e regionale difficile, a superare le tante difficoltà di un retaggio culturale che in molti altri partiti, soprattutto della sinistra, ancora nn è accaduto. La nuova legge elettorale regionale stabilisce che almeno il 30% delle presenze nelle liste dei

gliarmi, ma questa quota la supereremo abbondantemente. Il criterio di scelta, poi, non sarà diverso da quello generale. Conterà la capacità, la voglia di fare, l’entusiasmo, la condivisione dei valori e delle idee che il progetto politico del Popolo delle Libertà incarna”. Cosa occorre per tagliare il traguardo di una vera parità istituzionale? «Francamente non sono tra quelli che crede che la parità istituzionale si possa conquistare attraverso l’imposizione di leggi elettorali. Le pari opportunità non si calano dall’alto. Il discorso va dunque affrontato a monte, nei partiti, favorendo democraticamente la partecipazione all’attività politica prima che istituzionale alle donne. La politica è un impegno civile alto, un’attività più che nobile e non saranno le poche mele marce della politica nostrana, a demotivare l’altra metà del cielo, che poi è la più bella».





LA FORZA DELLE DONNE

A partire dal reato di stalking fino al progetto “Italia 2020”, Mara Carfagna ha dimostrato di avere molto a cuore il futuro delle donne in Italia. Da quando ricopre il ruolo di ministro delle Pari opportunità, si è fatta portavoce di tutti coloro che ancora non vedono riconosciuti i loro diritti

Con decisione verso un mondo migliore

guardo attento, ma deciso. Determinata, ma che si lascia anche andare a sorrisi inaspettati. Mara Carfagna, Nike Giurlani pur essendo una delle ministre più giovani del nostro governo, non si è mai tirata indietro di fronte alle avversità, ai problemi e agli scontri. A testa alta e con grande volontà, da quando ha assunto l’incarico di ministro delle Pari opportunità, non si è fermata un attimo, dimostrando di credere fino in fondo nel suo ruolo e nella reale possibilità di passare dalle parole ai fatti. Sempre attiva nel promuovere iniziative di sensibilizzazione Mara Carfagna, e di tutela, ha anche cercato di creare ministro per le Pari opportunità un dialogo con gli altri Paesi, in particolare per difendere i diritti delle donne. Recentemente si è recata a Londra, invitata dal governo inglese, per visitare il Croydon Rape Crisis Centre, il centro di crisi per le vittime di stupro e il Croydon Women’s Aid, il rifugio per le vittime di violenza domestica. In questa occasione ha incontrato il ministro delegato per le Donne e l’uguaglianza del Regno Unito, Maria Eagle, alla quale ha proposto «una strategia comune, fatta di collaborazione e sinergie internazionali, per portare il problema della violenza

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contro le donne all’attenzione di tutti i governi del mondo» affinché «non siano soltanto le donne ad occuparsene». I due ministri si sono anche confrontate sui rispettivi progetti: il “Piano antiviolenza” italiano e il “Together we can end violence against women and girls: a strategy” britannico, per trovare una sinergia di intenti. Un altro importante impegno che va ad aggiungersi a quelli già presi e ai tanti risultati già ottenuti dal ministro. Primo fra tutti l’istituzione del reato di stalking. In concomitanza della “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”, celebrata lo scorso 25 novembre, il ministro Carfagna ha voluto stilare un primo bilancio dopo un anno di iniziative a tutela del mondo femminile. «Grazie al nostro governo – ha ricordato – ora le donne italiane hanno degli strumenti in più per difendersi, nuove leggi che tutelano la loro sicurezza. Il principale di questi strumenti è il reato di stalking, creato lo scorso febbraio, che ha già liberato oltre quattromila donne italiane dai loro incubi quotidiani fatti di persecuzioni, violenze, soprusi. Le denunce sono state in media diciassette al giorno, e ben 723 persone, uomini ma anche donne,


Mara Carfagna

STOP ALL’OMOFOBIA l ministro per le Pari opportunità si è fatta portavoce di un’importante campagna di sensibilizzazione, quella contro l’omofobia, che spesso genera comportamenti violenti e discriminatori nei confronti delle persone omosessuali. «Capita ancora troppo spesso che gli omosessuali vengano giudicati non in quanto persone capaci come altre di aiutare e di amare il prossimo, ma in base a un aspetto privato: il loro orientamento sessuale». Ma l’omofobia, come ha sottolineato con forza il ministro «è una malattia dalla quale si può guarire». Questo il motto presente nei volantini, negli opuscoli e negli spot per la televisione e il web. La campagna di comunicazione «è la prima mai realizzata da un governo italiano e vuole contrastare le violenze e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale», e ha un’importanza fondamentale nell’attesa che si arrivi ad una legge al riguardo.

I

sono finite agli arresti». Riguardo a questo reato inoltre «sono state introdotte aggravanti per i reati di violenza sessuale, che hanno raddoppiato la pena per i partner e per gli ex compagni, eliminato i benefici premiali come gli arresti domiciliari per chi si macchia di colpe tanto gravi e istituito la difesa gratuita per le vittime». Sul fronte della violenza sulle donne, insomma, l’obiettivo del ministro Carfagna è quello di mantenere il livello di sicurezza sempre alto, perché «non bisogna dimenticare che la violenza sessuale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ancora nell’anno 2009 è la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 15 e i 44 anni». Per questo motivo è stato anche potenziato il numero verde antiviolenza 1522, cercando innanzitutto

di dargli maggiore visibilità. Il messaggio deve essere chiaro: «Chi viola una donna deve pagare senza sconti, Chi viola una donna deve e chi è vittima deve denunciare senza pagare senza sconti e chi reticenze». A quanto pare, però, qualè vittima deve denunciare cosa è già cambiato visto che le viosenza reticenze. Non lenze sessuali sono calate del 7% e che «sempre più donne si rivolgono al bisogna infatti 1522 per chiedere aiuto, denunciare, dimenticare che la riconquistare il loro futuro». Perché violenza sessuale, come ha sottolineato il presidente secondo l’Organizzazione della Repubblica, Giorgio NapoliMondiale della sanità, tano, le violenze contro le donne sono “crimini contro l'umanità”. ancora nell’anno 2009 è Ma purtroppo l’umanità continua ad la prima causa di morte essere minacciata anche da orribili nel mondo per le donne atti barbarici perpetuati nei confronti tra i 15 e i 44 anni di bambine e adolescenti, vittime di mutilazioni ai genitali femminili. Anche su questo fronte, Mara Carfagna si è impegnata molto, perché questo

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LA FORZA DELLE DONNE

tipo di abusi possono essere contrastati. Occorre però una collaborazione da parte degli immigrati in Italia. A questo scopo, il ministero ha creato un numero verde, al quale risponderanno le forze di polizia, che registreranno e faranno presente alle autorità le segnalazioni che perverranno. Questo strumento «rappresenta un aiuto concreto per denunciare eventuali

Un’altra battaglia nella quale ha creduto fermamente fin all’inizio il ministro Mara Carfagna è stata quella contro le difficoltà che le donne incontrano ogni giorno nel mondo del lavoro. A tale scopo il ministro per le Pari opportunità, insieme al collega del Welfare Maurizio Sacconi, ha recentemente presentato un piano d’azione per l’inclusione delle donne

abusi», spiega il ministro, ed è necessario «perché questo terribile fenomeno culturale è presente anche nel nostro Paese». In molti ne sono all’oscuro «ma come ministero stiamo finanziando progetti di contrasto e sensibilizzazione, mandando in onda uno spot rivolto principalmente ai genitori immigrati e ora anche attivando un numero di assistenza telefonica».

nel mercato del lavoro attraverso misure concrete. “Italia 2020” è il nome del progetto sulla diffusione dei nidi familiari, il potenziamento dei servizi di cura, la creazione di albi di badanti e babysitter appositamente formate. Ma include anche un sostegno economico a chi lavora da casa tramite telelavoro e degli sgravi fiscali sul lavoro delle donne del Mezzogiorno. «Il governo ha già stanziato 40 milioni di

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euro – spiega Mara Carfagna –, che presto arriveranno in Conferenza unificata per la distribuzione, dal momento che saranno le Regioni a gestirli, attraverso bandi pubblici». L’Italia, continua, deve infatti impegnarsi per colmare «il gap occupazionale e salariale tra uomo e donna. È importante sostenere e aiutare le donne che hanno bisogno di lavorare e di dedicarsi, al contempo, alla famiglia». Creare una società nella quale sia effettivamente possibile parlare di parità e di integrazione è sicuramente un aspetto fondamentale dell’impegno del ministro e di tutta la società, ma come ha sottolineato il ministro, i mali che colpiscono le donne, fin da giovanissime, sono molti e occorre una maggior attenzione nell’individuarli. L’attenzione del ministro si è infatti anche concentrata sui casi di disturbi alimentari, che rappresentano la prima causa di morte per malattia delle ragazze tra i 12 e i 25 anni. «Le statistiche ci dicono che almeno il 3% della popolazione soffre di anoressia o bulimia nervosa, oltre 200mila donne nel nostro Paese sono colpite da questo genere di disturbi – commenta – si tratta di una vera e propria emergenza che, oltre ad essere affrontata dal parlamento, va prima di tutto riconosciuta nelle nostre case o tra le persone che frequentiamo». I sintomi di un malessere psicologico spesso sono evidenti, ma il problema è che vengono sottovalutati. Per combattere queste situazioni di disagio, per aiutare figli, sorelle e amiche, il ministero per le Pari opportunità ha creato la piazza virtuale TimShell, nata con l’intento di favorire una sana alimentazione e di prevenire e combattere i disturbi del comportamento alimentare.



FISCALITÀ DI VANTAGGIO

Un veicolo di sviluppo per il Mezzogiorno Un efficace federalismo solidale può dotare il Sud dell’autonomia tributaria. Un fondamentale requisito affinché le politiche di fiscalità agevolata non siano in contrasto con la regolamentazione comunitaria, ma diventino motore di crescita del Meridione. Lo sostiene con forza l’europarlamentare Erminia Mazzoni Francesca Druidi

importante – afferma Erminia Mazzoni, presidente della commissione Petizioni e componente della commissione Sviluppo regionale del Parlamento europeo – è maturare la capacità di guardare alle occasioni finanziarie che ci offre l’Europa non nell’ottica della spesa ma dell’investimento, capovolgendo i nostri costumi». Come sottolinea l’europarlamentare, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Ue sta rafforzando la partecipazione dei governi nazionali alla fase di elaborazione delle strategie: per l’Italia è l’occasione di porre l’accento sulla priorità di azioni mirate al Meridione. «Se ci muoviamo con i giusti tempi e nei modi opportuni, possiamo centralizzare l’area del nostro Mezzogiorno rispetto alle linee europee», spiega Erminia Mazzoni, che ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere di superare la posizione rigida che considera la fiscalità di vantaggio incompatibile con il divieto comunitario di aiuti di stato.

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Sopra, Erminia Mazzoni, presidente della commissione Petizioni e componente della commissione Sviluppo regionale del Parlamento europeo. Nella pagina a fianco, una veduta di Napoli e un’immagine del Parlamento europeo di Strasburgo

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Quali sono i punti cardine dell’interrogazione? «Un approccio politico serio alla nuova questione meridionale non può più agganciarsi alla chimera della programmazione emergenziale, ma deve dimostrare il coraggio di investire sul capitale umano, impreziosendolo in un contesto di sviluppo. In questo, l’Europa assume più che mai un ruolo determinante. Negli anni, la Commissione europea ha fatto passi in avanti verso un’interpretazione meno rigida dell’art. 87 del Trattato, che stabilisce l’incompatibilità della fiscalità differenziata con il divieto di aiuti di stato. Tale percorso è stato agevolato da alcuni, ormai celebri, interventi giurisprudenziali che hanno impegnato la Corte di Giustizia in una lettura più elastica dell’articolo citato, per poter vestire lo stesso abito su realtà diverse come Irlanda, Spagna e Portogallo. Si è costruita un’articolata disciplina che distingue in primo luogo tra fiscalità di vantaggio strutturale e congiunturale».


Erminia Mazzoni

Il binomio federalismofiscalità di vantaggio individua la cifra dell’unica exit strategy possibile per eludere il rischio di politiche assistenzialiste e fornire strumenti di incentivo

In che modo? «A quest’ultima viene riconosciuta una corsia preferenziale e può essere sempre consentita per periodi limitati e per aree, geografiche ossia economiche, definite. Quella strutturale deve avere a suo presupposto l’applicazione su un’area geografica dotata di autonomia tributaria. Su questo impianto ho costruito il mio intervento per chiedere alla Commissione, in attesa della messa a regime dell’organizzazione in forma federale dello Stato, che realizzerà il presupposto dell’autonomia tributaria regionale necessario all’autorizzazione della fiscalità di vantaggio strutturale, di ritenere sussistente nelle regioni del Mezzogiorno italiano quel requisito di emergenzialità utile a disporre per esse un regime di

fiscalità differenziata. Sul punto ho richiamato a conforto il punto 37 della risoluzione del parlamento europeo 2005-2165 che, grazie all’intervento dell’allora europarlamentare Paolo Cirino Pomicino, sostiene “un approccio più efficiente alla concessione di aiuti regionali, che si concentri sugli investimenti nelle infrastrutture e sugli aiuti orizzontali nelle regioni svantaggiate o meno sviluppate dell’Unione, compresa l’introduzione di condizioni fiscali vantaggiose per periodi transitori non superiori a cinque anni”. La mia interrogazione è ora in attesa di essere messa in calendario per la discussione in Aula». Fiscalità di vantaggio e federalismo tracciano le strade migliori per affrontare la “questione meri-

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FISCALITÀ DI VANTAGGIO

Un approccio politico serio alla nuova questione meridionale non può più agganciarsi alla chimera della programmazione emergenziale, ma deve dimostrare il coraggio di investire sul capitale umano, impreziosendolo in un contesto di sviluppo dionale”? «Il binomio federalismo-fiscalità di vantaggio è, a mio avviso, la cifra dell’unica exit strategy possibile per eludere il rischio di politiche assistenzialiste e fornire strumenti di incentivo. Il federalismo solidale, cui si sta dando attuazione attraverso la decretazione, costruisce un sistema regionale responsabile ed efficiente, ma sempre in una cornice di garanzia nazionale. La fiscalità differenziata consente di utilizzare la leva fiscale per sostenere lo sviluppo e affrontare i nodi storici del nostro 32 • DOSSIER • CAMPANIA 2010

Sud: carattere distributivo della spesa, opacità degli investimenti e impiego delle risorse da parte della criminalità. Il contributo viene erogato normalmente in via preventiva e sulla base di una progettazione. È dunque una promessa, l’incentivo fiscale è successivo e presuppone l’avvenuta realizzazione di un’utilità». In Campania sono tre le zone franche urbane: Napoli, Mondragone e Torre Annunziata. Questo strumento produrrà ricadute positive sull’intera regione? «Le zone franche urbane indivi-

duano una forma di fiscalità differenziata. Il problema che intravedo è che se le agevolazioni fiscali non vengono distribuite su aree omogenee si rischia, in mancanza di un piano di sviluppo regionale, che esse si trasformino da incentivo all’investimento in quelle zone in stimolo al trasferimento da aree limitrofe per lucrare sul vantaggio fiscale senza creare nuova economia». Ritiene efficace il piano per il Sud varato dal governo? «È importante che il governo abbia ritenuto necessario un piano per il Sud, ma siamo ancora in attesa di conoscere gli interventi specifici contemplati dal programma nazionale. La Banca del Mezzogiorno, che nasce all’interno del piano e poi transita nella finanziaria, può diventare strumento efficace per il Sud solo laddove, nella fase costitutiva, si chiarisca che la raccolta a tassi agevolati e gli investimenti possono e devono essere realizzati interamente nelle aree del sud Italia». Su quali priorità si deve muovere il Mezzogiorno? «Il cambiamento, ma considerando le premesse sulle quali si sta costruendo il prossimo appuntamento elettorale, preferisco passare alle successive. Innanzitutto il metodo: ciascuna regione dovrà darsi un assetto di piano, perché l’improvvisazione genera sperpero e apre le porte all’ingresso della criminalità. Come suggerisce l’Ue, il Sud dovrà acquisire una sua soggettività ed essere oggetto di strategie d’area che tengano conto delle specificità di ciascuna regione, valorizzandola nel quadro d’insieme. Rimangono centrali le azioni tese alla valorizzazione del capitale umano, all’ammodernamento delle infrastrutture, alla lotta alla criminalità».


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POLITICHE AGRICOLE

Filiera corta il circuito virtuoso dell’agricoltura Favorire l’utilizzo di prodotti di filiera corta. Ampliare le possibilità di vendita diretta. E tutelare le specificità delle aree a produzione agricola tradizionale e biologica. Va in questa direzione il ddl presentato dal deputato Nunzia De Girolamo. Che assicura «genuinità dei prodotti e risparmio nei prezzi» Giusi Brega

mercati per la vendita diretta degli agricoltori sono una forma di commercio che assicura un prezzo equo per i prodotti di alta qualità, che rafforza il legame del prodotto con il territorio e che sensibilizza il consumatore ad una scelta consapevole riguardo agli aspetti qualitativi ed ambientali. In questo contesto si inserisce il ddl che ha come prima firmataria la deputata Nunzia De Girolamo sugli incentivi alla produzione e alla vendita diretta dei prodotti agricoli locali, tradizionali e biologici. «La proposta – sottolinea l’onorevole – intende incentivare lo sviluppo del fenomeno su tre fronti: favorire l’utilizzo di prodotti alimentari di filiera corta, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas serra, ampliando le possibilità di vendita

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diretta e dettando norme quadro uniformi su tutto il territorio nazionale; tutelare la specificità delle aree vocate alla produzione agricola tradizionale e biologica e più genericamente i suoli agricoli; favorire una maggiore redditività dell’agricoltura». Quali sono i vantaggi della filiera corta? «Il percorso medio degli alimenti dal produttore alla nostra tavola ha superato i 2mila chilometri. Una filiera corta significa meno costi di trasporto, meno inquinamento e, quindi, prezzi più bassi al consumo e maggiore controllo del prodotto. Senza dimenticare che l’utenza consumerebbe un bene coltivato nelle proprie zone, con la certezza di avere sulle tavole sicuramente un prodotto più genuino».

Uno dei problemi che assillano il mondo agricolo italiano è la scarsa redditività con la crescita dei prezzi al consumo a fronte della riduzione dei prezzi alla produzione. In che modo il ddl, una volta diventato legge, andrà ad intervenire in tal senso? «Il Parlamento europeo ha confermato che i mercati per la vendita diretta degli agricoltori assicurano un prezzo giusto per i prodotti di alta qualità, il legame con il territorio e l’aspetto qualitativo e ambientale del prodotto. Senza intermediazioni e tanti passaggi il prezzo del prodotto dovrebbe essere molto più basso di quello praticato generalmente nei supermercati. Non abbiamo calcoli precisi, anche se in alcuni casi si abbatte il costo del 30%, visto che il prodotto passa direttamente dal pro-


Nunzia De Girolamo

Nella prima pagina, la parlamentare Nunzia De Girolamo, componente della direzione nazionale del Popolo della Libertà e coordinatrice provinciale del partito a Benevento

duttore al consumatore». Farmer market e gruppi di acquisto. Qual è l’andamento del fenomeno nel nostro Paese? «Si contano esperienze interessanti in Alto Adige, Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia. La regione Toscana ha messo a disposizione del territorio oltre 3 milioni di euro per avviare 36 iniziative, tra cui 16 mercati e 14 spacci con apertura quotidiana. La Sicilia ha stanziato 1 milione di euro per l’allestimento dei banchi espositivi mobili e delle attrezzature connesse in 42 mercati contadini. A Roma, il sindaco Alemanno ha avviato iniziative sperimentali, che hanno avuto enorme successo, e progetta di realizzare quattro strutture di vendita diretta, anche al fine di ridurre di almeno il 30% i prezzi per il consumatore finale. La Regione

Il percorso medio degli alimenti dal produttore alla nostra tavola ha superato i 2mila chilometri. Una filiera corta significa meno costi di trasporto, meno inquinamento, prezzi più bassi e maggiore controllo del prodotto

Lazio ha approvato, nel dicembre 2008, una legge di promozione e tutela di questi prodotti. Da un recente rapporto sugli acquisti dei prodotti alimentari direttamente dalle imprese agricole emerge che nel 2008 un italiano su due ha acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo, con incremento dell’8% del valore delle vendite, per un totale stimato in 2,7 miliardi di euro. Tra le motivazioni di acquisto spicca la genuinità, per il 63%, seguita dal gusto con il 39% e dal risparmio, 28%. Esistono enormi spazi di crescita nei confronti di quei consumatori, e sono il 44%, che non effettuano acquisti direttamente dai produttori perché non sanno a chi rivolgersi o dove andare. La mia proposta di legge vuole incentivare il consumo di prodotti alimentari provenienti da filiera produttiva corta, promuovere la produzione e l’offerta di alimenti biologici e di qualità e tutelare il paesaggio rurale, i terreni agricoli e le produzioni agricole tradizionali. E per incoraggiare l’utilizzo di tali prodotti, all’articolo 3 della proposta ho previsto che gli appalti e le convenzioni pubbliche per i servizi di mensa o di ristorazione collettiva, banditi da amministrazioni o da enti pubblici, anche territoriali, contenessero clausole preferenziali in favore dell’utilizzazione dei prodotti alimentari da filiera corta con chiara tracciabilità». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 35




OBIETTIVO FORMAZIONE

Un fattore strategico per la competitività Formare per migliorare le aziende e i lavoratori. Tre i fattori chiave: la dimensione delle imprese, la collocazione territoriale e i costi, come sottolinea il senatore Pasquale Viespoli Nike Giurlani

a formazione quest’anno sarà al centro dell’interesse di Stato, Regioni e Parti Sociali. Le imprese italiane dal 1999 al 2005 hanno raggiunto dei valori vicini a quelli europei, ma si può cercare di ottenere dei risultati migliori. Le imprese più grandi e situate al Nord sono le più sensibili all’argomento, ma, come ha sottolineato il sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli, tenendo conto delle ricerche condotte da Isfol, si è registrata

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«un’evoluzione nei comportamenti delle imprese, soprattutto le più piccole». Il Mezzogiorno e, in particolare la Campania, deve compiere degli importanti passi in avanti in tema di formazione, occupazione e crescita. L’Italia è uno dei paesi europei dove si fa meno formazione professionale. Se in Europea la media è di 60 imprese su cento, nel nostro Paese il dato si assesta al 32%. Come mai questa situazione?

In basso, Pasquale Viespoli, sottosegretario al Lavoro

«Questi dati fanno riferimento all’ultima indagine comparata a livello europeo sulla formazione nelle imprese (Continuing vocational training survey) condotta nel 2005. Si tratta di un dato migliore rispetto a quello del 1999, quando la percentuale italiana non raggiungeva il 24%, rispetto a una media europea pari al 62%. Dal 1999 al 2005 si è registrata quindi una crescita di otto punti percentuali. Le informazioni relative ad altri indicatori armonizzati a livello europeo sembrano tuttavia avvicinare maggiormente le imprese italiane ai valori medi europei, in particolare se si ragiona in termini di lavoratori e non di imprese. In questo senso, il 29% dei lavoratori dipendenti delle imprese private italiane ha partecipato a corsi di formazione interni o esterni, rispetto a una media europea del


Pasquale Viespoli

LE LINEE GUIDA PER LA FORMAZIONE Il 2010 sarà per i giovani e per gli adulti inattivi l’anno della formazione. Stato, Regioni e Parti sociali giocheranno un ruolo cruciale per orientare la spesa dedicata alla formazione l 2010, come ha più volte ribadito Maurizio Sacconi (nella foto), ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, deve essere per il mondo del lavoro l’anno della formazione. A tale scopo Stato, Regioni e parti sociali sono chiamati a condividere le fondamentali linee guida per orientare la spesa dedicata alla formazione degli inoccupati, dei disoccupati e dei cassaintegrati, in relazione ai caratteri discontinui e selettivi della ripresa che indurranno l’allungamento del periodo di inattività o la transizione verso un’altra occupazione di molti lavoratori. La formazione deve, quindi, risultare quanto più tarata sui fabbisogni professionali dei settori e delle imprese e sulle concrete esigenze delle persone interessate in funzione della loro occupabilità. Le azioni ipotizzate sono: una abina di regia nazionale per una rilevazione tempestiva su base regionale e settoriale dei fabbisogni di competenze attraverso, per esempio, organizzazioni di categoria, consulenti del lavoro, agenzie del lavoro e enti bilaterali; l’mpiego diffuso del metodo di apprendimento “per competenze” in luogo di quello “per discipline separate” o “scola-

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33%. In generale, l’indagine conferma l’esistenza in tutta Europa, di una forte correlazione tra dimensione d’impresa e propensione alla formazione: con la dimensione aumenta anche la percentuale di imprese formatrici. Questo è vero anche in Italia, dove si passa dal 25,6% nel segmento di imprese con 10-19 addetti, al 96,7% in quelle con almeno 1.000 addetti. La struttura dimensionale delle nostre imprese non può, però, essere richiamata come unica causa della minore propensione all’investimento in formazione. Anche la collocazione territoriale ha la sua influenza, così come il “fattore costi”. In ogni caso va evidenziato che le ricerche Isfol registrano un’evoluzione nei comportamenti delle imprese, soprattutto le più piccole». Perché ancora il 50% delle im-

sticistico” e rivalutazione dell’istruzione/formazione tecnico-professionale; l’accesso degli inoccupati a tirocini di inserimento, corsi di istruzione e formazione tecnico superiore (Ifts), contratti di apprendistato, privilegiando l’apprendimento nell’impresa; la formazione degli adulti attraverso accordi di formazione-lavoro per il rientro anticipato dei cassaintegrati. Programmi di formazione nei luoghi produttivi di beni o servizi anche se inattivi o nei centri di formazione professionale che garantiscono riproduzione di contesti produttivi nonché congrui periodi di tirocinii all’interno dell’impresa. Impiego dei lavoratori inattivi quali tutori nell’ambito di attività formative tecnico-professionali; rilancio del contratto di inserimento per gli over 50; infine, l’ccreditamento su base regionale di “valutatori” indipendenti in grado di certificare le effettive competenze dei lavoratori comunque acquisite, in modo da rafforzare la trasparenza e la migliore informazione nel mercato del lavoro, da accrescere la capacità di offerta sul mercato del lavoro, da migliorare l’incontro tra domanda e offerta e da stimolare la ricerca delle più utili attività formative.

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OBIETTIVO FORMAZIONE

prese e dei lavoratori italiani è al termini generali è importante sotdi fuori del sistema dei Fondi interprofessionali? E perché invece è importante aderire? «La percentuale di adesione è altissima tra le grandi imprese e nelle regioni del Nord, mentre decresce nelle aziende più piccole e nelle regioni del Sud. Allo stesso modo la percentuale di adesioni sono più elevate nei servizi, più basse nei settori caratterizzati dalla piccola dimensione produttiva. In

Il 2010 sarà un anno complicato che dobbiamo attraversare cercando di fare della crisi un’occasione e un’opportunità di riforme e di cambiamento

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tolineare il risultato già ottenuto: in poco più di cinque anni dalla loro effettiva operatività, i Fondi hanno raggiunto la maggior parte dei lavoratori potenzialmente interessati, riuscendo a coinvolgere un vasto segmento di imprese in attività formative. Ai fondi paritetici è stata data la possibilità di sviluppare iniziative di intervento straordinarie, anche diverse da quelle tradizionali, di sostegno finanziario alla formazione. Per ogni impresa può, quindi, essere molto importante inserirsi in un circuito che sta articolando e ampliando le proprie funzioni e prerogative». Qual è il livello di formazione in Campania? Cosa si può fare per migliorare la situazione? «I dati della Campania, in tema di lavoro, occupazione e crescita, sono drammaticamente eloquenti e impongono un radicale rinnovamento. E’ indispensabile decen-

trare, coordinare, lavorare sulla “domanda”, rafforzare il sistema dei “bonus” e delle “doti” e infine qualificare l’offerta». Che cosa prevede in questo 2010 che, tra l’altro, è stato designato dall’Ue l’anno della lotta alla povertà e dell’esclusione sociale? «Il 2010 sarà un anno complicato che dobbiamo attraversare cercando di fare della crisi un’occasione e un’opportunità di riforme e di cambiamento, con attenzione prioritaria al Mezzogiorno, ai giovani, a un modello di welfare più inclusivo».


Sergio Trevisanato

Non c’è sviluppo senza formazione n Italia «la transizione dalla scuola al lavoro è lunghissima» fa presente il presidente Isfol, Sergio Trevisanato. Bisogna quindi cambiare la nostra mentalità, aprendoci agli standard europei nei quali gli studenti tra i 15 e i 19 anni hanno già accumulato delle esperienze lavorative all’interno di aziende. Per portare avanti questo tipo di strategia occorre potenziare il sistema di formazione tecnico professionale secondario e terziario, affinché si istauri una «una forte interrelazione tra capitale umano di tipo specialistico e sviluppo economico». Scuola, università e imprese devono collaborare a stretto contatto, per creare una sinergia vincente in grado

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La crescita delle persone e dell’Italia dovrà passare attraverso una rivalutazione del ruolo della formazione, a partire già dalle scuole secondarie, come spiega Sergio Trevisanato, presidente di Isfol. «L’investimento in capitale umano è fondamentale per accrescere la competitività del sistema paese»

di portare l’Italia al pari degli altri Paesi europei. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi sottolinea che serve un rilancio e una profonda rivisitazione della formazione in Italia. Qual è la realtà italiana rispetto agli altri Paesi europei? «L’Italia, in ambito europeo e internazionale, soffre di un ritardo storico determinato dalla sottovalutazione della formazione per il lavoro come fattore di crescita delle persone. Gli altri paesi hanno sviluppato un sistema di formazione tecnico professionale secondario e terziario, alternativo alla Nike Giurlani formazione liceale e universitaria e fortemente interagente con il mondo del lavoro. Al contrario in Italia la

Sergio Trevisanato, presidente di Isfol


OBIETTIVO FORMAZIONE

transizione dalla scuola al lavoro è sone di creare impresa. Oggi, con lo lunghissima, oltre 11 anni, e l’inserimento nella vita attiva dei giovani è sempre più procrastinato nel tempo. Gli studenti italiani tra i 15 e i 19 anni non svolgono, durante gli studi, alcuna attività lavorativa, a differenza di quanto accade nella maggior parte dei Paesi dove gli studenti di questa fascia di età che lavorano raggiungono valori anche superiori al 40%. Nel nostro Paese, perfino a seguito dei percorsi formativi più lunghi e di alto profilo, si moltiplicano i tempi di precarietà e cresce un rapporto ibrido e parziale con il mondo del lavoro». La formazione ha una valenza anche in termini di sviluppo economico? «Lo sviluppo economico dei territori ha sempre poggiato sulla formazione e sulla capacità delle per-

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sviluppo delle tecnologie e con i processi di globalizzazione e delocalizzazione, l’investimento in capitale umano è fondamentale per accrescere la competitività del sistema paese. Se, come suggerisce Bankitalia, il rendimento degli investimenti in istruzione è per i singoli cittadini meglio di qualsiasi fondo comune di investimento, non è difficile dedurre che ciò avrà effetti positivi sullo sviluppo economico dei territori. È innegabile, infatti, che nelle regioni del Nord, dove la formazione professionale ha una sua storica consistenza e l’istruzione tecnica e professionale è scelta dalla maggioranza dei giovani, esista una forte interrelazione tra capitale umano di tipo specialistico e sviluppo economico».

Nel 2008 l’indicatore utilizzato per il benchmark della strategia di Lisbona, relativo alla fascia d’età dei 25-64enni coinvolti in attività di apprendimento permanente, ha raggiunto il 6,3%. È un valore ancora basso rispetto all’obiettivo fissato a Lisbona del 12,5% entro il 2010. Obiettivo comunque fallito anche a livello di media europea. Che cosa occorre fare secondo lei per invertire questa tendenza? «Abbiamo un sistema della formazione degli adulti che soffre di un’eccessiva frammentazione delle fonti normative e di finanziamento, mentre bisogna acquisire una prospettiva di “lifelong learning”. Il recente Rapporto de Rita sollecita proprio la necessità di un salto anche culturale per adeguare le politiche di formazione per gli adulti ai canoni dell’apprendi-


Sergio Trevisanato

mento permanente. Occorre accompagnare le persone nelle fasi di transizione da lavoro a lavoro con politiche attive, che siano in grado di coniugare i fabbisogni del sistema produttivo locale con il riconoscimento delle competenze acquisite da ciascuno in qualsiasi luogo e modo. Bisognerà individuare un quadro di riferimento nazionale per la valutazione degli esiti degli apprendimenti, formali e non formali e della certificazione degli stessi». Quant’è importante secondo lei creare un dialogo tra scuole e lavoro e università e lavoro? «Negli ultimi anni si sono approntati seri tentativi, anche con sperimentazioni regionali, di coniugare studio e lavoro a partire dagli strumenti introdotti dalle leggi 30 e

zione parta da quello che i giovani fanno sul lavoro e non viceversa. L’alternanza è una modalità di realizzazione del sistema educativo ma anche una modalità didattica e di orientamento estremamente efficace, in grado di motivare allo studio e favorire l’accelerazione dei processi di apprendimento. La seconda è che il lavoro deve essere formativo. Le imprese devono diventare soggetti attivi con la responsabilità di intervenire sulle modalità formative. E questo, considerando la natura del sistema delle imprese italiane, costituito prevalentemente da piccole imprese, dovrà essere sostenuto da una governance territoriale capace di creare rete tra diversi soggetti, istituzionali e non. La terza è che,

53 del 2003. In particolare, mi riferisco all’apprendistato anche per le alte qualificazioni e all’alternanza scuola-lavoro. Strumenti che possono funzionare solo a certe condizioni. La prima è che la forma-

anche per effetto dell’aumento delle fonti di informazione e delle sedi di formazione, si studi congiuntamente un percorso comune di avvicinamento, fatto di nozioni e cultura del lavoro».

Con lo sviluppo delle tecnologie e con i processi di globalizzazione e delocalizzazione, l’investimento in capitale umano è fondamentale per accrescere la competitività del sistema paese

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L'INCONTRO

a tre mesi è lontana dalla Campania, da quando il Gip della Procura di Napoli le ha imposto il divieto di dimora in Campania e nelle zone limitrofe in seguito all’inchiesta su presunti condizionamenti attraverso l'Arpa regionale. Ma Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio regionale della Campania, non si dà per vinta. Da Roma continua a seguire le vicende della sua regione e annuncia che non si tirerà indietro qualora le fosse chiesto di ricandidarsi. E, in attesa che la magistratura si esprima, ha deciso di scrivere un libro sulla sua storia. Senza polemica e senza rimorsi. Ma con una provocazione: «Nella prossima vita voglio essere meno onesta. Paga di più». Come ha vissuto in questo periodo di lontananza? «In maniera serena, malgrado tutto. Serena e determinata. Il tempo è galantuomo e la verità verrà fuori. Io sto scontando una pena ancor prima di un processo e di una condanna. Il nostro ordinamento parla di presunzione d’innocenza, fino al terzo grado di giudizio. Non certo di presunzione di colpevolezza. Per questo giudico quanto mi sta capitando un precedente pericoloso. Oggi è toccato a me, domani potrebbe capitare ad altri. Malgrado ciò, continuo ad avere fiducia nella magistratura e sono certa che sarà fatta giustizia. Sicuramente soffro per i tempi troppo lunghi della giustizia. Ma voglio guardare avanti. Ho dato l’anima per la mia regione. Ho svolto il mio ruolo di presidente del Consiglio regionale con grande scrupolo. Di questo vado fiera. In

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Sono innocente e lo dimostrerò Confinata nell’esilio romano a seguito delle indagini sul caso Arpac, Sandra Lonardo Mastella si dice «serena e determinata». Fiduciosa che «giustizia sarà fatta», non si preclude una ricandidatura al Consiglio regionale. E lancia un monito: «Donne campane, il futuro della regione è nelle vostre mani» Giusi Brega

questi anni ho cercato di ridare dignità e prestigio a un’Istituzione per anni rimasta in ombra, schiacciata dallo strapotere dell’esecutivo, mortificata da una giunta dirigista, centralista, autoreferenziale». Pensa di aver commesso qualche errore? «Nessuno è infallibile. Solo chi non fa

non sbaglia. Per operare al meglio mi sono affidata a persone esperte. Non ho guardato alla loro appartenenza, ma alle capacità professionali e mi sono mossa senza pregiudizi di parte. Con questo criterio ho scelto il mio consulente giuridico e persino il segretario generale. A dispetto delle supposte pratiche clientelari ho scelto


Sandra Lonardo

Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio regionale della Campania, tiene una conferenza stampa dopo la revoca degli arresti domiciliari nella sua villa di Ceppaloni

come primi collaboratori delle persone di diversa fede politica, guardando all’interesse comune. Non a caso rivendico il merito di aver fatto ordine all'interno di un Consesso dove erano state seppellite parole e comportamenti come rigore, trasparenza amministrativa, efficienza, puntualità, correttezza nei rapporti istituzionali, capacità di ascolto, attenzione reale ai bisogni dei singoli territori, specialmente quelli più distanti delle aree interne da sempre penalizzati perché più deboli elettoralmente». Se tornasse indietro, rifarebbe tutto? «Sinceramente non lo so. Se all’inizio avessi accettato di scendere a compromessi forse oggi non mi troverei in questa situazione. Ma certe cose uno se le porta dentro e non si può cam-

biare. Per questo rivendico con forza le tante cose fatte. In questa legislatura abbiamo approvato leggi di sistema, grandi riforme attese da decenni. Potrei farne un elenco lungo da qui a Benevento. Tutto questo, anche per merito mio, della mia determinazione, a costo di essere considerata una stacanovista rompiscatole». Continua a svolgere attività politica? «La passione per la politica non si cancella. Intanto continuo a esercitare il mio ruolo istituzionale, resto il presidente del Consiglio in carica. Ho soltanto delegato alcune funzioni perché, con senso di responsabilità, non ho voluto bloccare i lavori. Avrei potuto farlo, ma non l’ho fatto, per rispetto dell’Istituzione che rappresento».

Cosa può anticipare del libro che sta scrivendo? «Sto raccogliendo appunti, ricordi, migliaia di attestati di amicizia, di stima e di solidarietà da parte di tante persone che nemmeno conosco. Racconterò quello che mi è capitato. Vorrei far sapere a tutti, in particolar modo a chi mi ha giudicata troppo in fretta, chi è davvero Sandra Lonardo Mastella. Lo farò senza enfasi e senza rancori, ma con il cuore di una donna ferita sì, vinta mai. È una cosa che devo a me stessa, a mio marito, ai miei figli, alla mia famiglia, ai miei amici, oltre che ai tantissimi che credono in me, che mi sostengono, che mi danno la forza di non mollare. Tanta gente è rimasta colpita dalla mia vicenda kafkiana. Sono vittima di tante millanterie e di una serie di caCAMPANIA 2010 • DOSSIER • 45


L'INCONTRO

Voglio guardare avanti. Ho dato l’anima per la mia regione. Ho svolto il mio ruolo di presidente del consiglio regionale con grande scrupolo. Di questo vado fiera

lunnie rivoltemi da personaggi inattendibili. Molti di loro sono stati già smentiti dai fatti. Racconterò anche questo». Perché dice questo? «Perchè non conosco le ragioni per le quali sono stata accusata. Quel che so è che sto subendo una condanna preventiva. Sto espiando una pena prima ancora di un processo e di una condanna. Nonostante tutto sono fiduciosa. Ci sarà certamente un giudice a Berlino». Ha mantenuto dei legami con chi l’ha sostenuta? «Mantengo legami con chi ha a cuore la mia stessa passione e con chi immagina che la politica debba servire a risolvere i problemi reali della gente: il lavoro, la casa, la salute, un ambiente più tutelato, il rispetto dei diritti, dei doveri e delle regole». Criminalità, degrado, le città campane agli ultimi posti nelle classifiche sulla qualità della vita. Come commenta questa realtà? «Ho letto una serie di interviste a donne campane di diversa estrazione politica, sociale, culturale e professionale. Le loro risposte mi hanno colpito. Tutte, nessuna esclusa, hanno ripetuto che occorre che la politica si impegni affinché la Campania diventi finalmente una regione normale. I cittadini campani hanno bisogno di normalità. Come insegna la triste esperienza dei rifiuti, bisogna abban46 • DOSSIER • CAMPANIA 2010

donare la stagione dei troppi e infiniti commissariamenti. Ognuno deve fare il suo dovere: così si combatte e si vince la camorra. C’è bisogno di cultura, di conoscenza, di vera formazione professionale. Sono queste le uniche armi per sconfiggere il degrado e la criminalità». Quali risorse occorre mettere in campo per il rilancio? «La Campania deve esprimere le sue migliori energie, umane e professionali. Le donne possono dare un contributo determinante. Ad esempio, se i fondi europei fossero stati gestiti da una donna, si sarebbe certamente evitato il grande sciupio di questo decennio. Miliardi buttati al vento. Il vero grande scandalo politico! Tanti soldi, spesi male e addirittura rimasti nei cassetti di Bruxelles per mancanza di una seria programmazione e un’efficace capacità di progettare e di coinvolgere nelle scelte gli operatori e i rappresentanti dei territori».

Quali sono le condizioni perché lei possa ricandidarsi? «Se mi verrà chiesto di misurarmi e di dare il mio contributo, non mi tirerò indietro. Tra l’altro, la nuova legge elettorale, con due preferenze obbligatoriamente alternate consente finalmente alle donne di votare donna. Le sfide non mi spaventano, ci sono abituata. Farò la mia battaglia politica, anche se temo di non poter competere ad armi pari perché sono costretta lontano dalla Campania. Ma non sarà certo questo a fermarmi. Sto pensando di sperimentare nuove forme di comunicazione. In ogni caso, dovranno essere i cittadini campani a decidere il mio destino politico, non altri. Anche per questo non mi sono dimessa. Perché avrei dovuto implicitamente ammettere colpe che non ho? Sono una persona perbene e lo dimostrerò. Ci vorrà del tempo, ma accadrà».



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STRUMENTI PER L’IMPRESA

Gli ammortizzatori sociali non sono esauriti La cassa integrazione guadagni straordinaria e la mobilità in deroga nuovi strumenti per salvaguardare la forza occupazionale e favorendo il risanamento industriale. Sergio Di Meo, consulente fiscale, illustra i requisiti necessari per ottenere questi sostegni, e i vantaggi che ne derivano Eugenia Campo di Costa

IIl dottor Sergio Di Meo nel suo studio di Aversa. Nella pagina accanto, da sinistra, la dottoressa Anna di Meo, esperta in consulenza fiscale tributaria, il ragioniere Rolando Di Meo e il dottor Sergio Di Meo - studioassociatodimeo@legalmail.it

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n sostegno alle imprese in difficoltà. Che risentono della crisi economica. La cassa integrazione guadagni straordinaria garantisce al lavoratore un reddito sostitutivo della retribuzione. Nonostante molte aziende, da qualche anno, siano ricorse ai trattamenti di Cigs e mobilità previsti dalla normativa, spesso non riescono a portare a termine nei tempi consentiti dalla normativa stessa i programmi finalizzati alla gestione della crisi. «In questi casi – spiega il dottor Sergio Di Meo, consulente fiscale specializzato in consulenza del lavoro e aziendale , si rende necessario prorogare i limiti consentiti mediante concessioni di Cigs/mobilità “in deroga” alla normativa». Bisogna tenere conto del fatto che la crisi ha colpito soprattutto le micro aziende con forza occupazionale al di sotto dei 15 dipendenti, e quindi non soggette all’applicazione degli ammortizzatori sociali ordinari. Queste aziende comunque, secondo il dettato degli ammortizzatori in deroga, sono potenziali destinatarie della Cigs/mobilità in deroga. In che cosa consiste esattamente l’applicazione degli ammortizzatori sociali in deroga? «L’applicazione degli ammortizzatori sociali in deroga trova riscontro normativo nell’art. 2, comma 36, della legge 20372008, nell’art. 19 della legge 272009 e nell’art. 7 ter della legge 33/2009. Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali assegna, attraverso la normativa vigente, quota parte dei fondi disponibili direttamente alle Regioni che diventano attori principali nella gestione dell’ammortizzatore in quanto cofinanziano per il 30% l’importo erogato alle singole aziende».

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Ammortizzatori sociali

30% DALLA REGIONE

È la percentuale dell’importo erogato alle singole aziende. Parte dei fondi disponibili per gli ammortizzatori sociali viene infatti assegnata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali direttamente alle singole Regioni

A quali soggetti possono essere applicate la Cigs e la mobilità in deroga? «Si applicano a tutte le aziende che non possono fare ricorso alla Cigs e alla mobilità previste dalla L. 223/91 e quindi alle imprese industriali con meno di 15 dipendenti, imprese commerciali con meno di 200 dipendenti, imprese di settori merceologici non compresi nella L. 223/91, nonché alle aziende che, pur avendo i requisiti richiesti dalla L. 223/91, avendo già goduto degli ammortizzatori sociali ordinari,

non abbiano portato a termine i programmi finalizzati alla gestione della crisi per cui si rende necessario prorogare i limiti consentiti». Che tipo di procedura si segue per la concessione della Cigs in deroga? «All’accordo sindacale aziendale con motivazione richiesta Cigs in deroga, segue la richiesta di concessione Cigs indirizzata alla Regione e a Italia Lavoro, quindi la convocazione dell’azienda e OO.SS. da parte della Regione per la sottoscrizione dell’accordo di concessione di Cigs in deroga». Quali vantaggi comportano gli ammortizzatori sociali in deroga? «I vantaggi per le imprese sono indubbiamente rilevanti, soprattutto per le piccole imprese che, in caso di crisi, non potendo applicare nessun ammortizzatore sociale, si trovano costrette a licenziare la manodopera in esubero. La salvaguardia occupazionale è certamente al centro della normativa degli ammortizzatori in deroga ma è indubbio che i benefici siano soprattutto dell’azienda che, grazie all’applicazione della normativa in deroga, può predisporre un piano di risanamento industriale senza intaccare la forza occupazionale e, soprattutto, può risparmiare retribuzioni e contributi dovuti». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 61


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CONSULENZA D’IMPRESA

Non rinunciamo alla competitività Le realtà aziendali criticamente compromesse possono avvalersi di un proficuo appoggio consulenziale definito temporary management. A descriverne le dinamiche, Mauro Napoli e Giovanni Patriciello, amministratori di Studioazienda, società di consulenza direzionale con sede a Salerno Adriana Zuccaro ono ormai noti a tutti i cambiamenti radicali subiti negli ultimi anni, dal contesto competitivo d’impresa, influenzato sempre più da innovazioni nella gestione delle informazioni che se da un lato hanno creato un ambiente sempre più “globale”, dall’altro hanno inciso in maniera determinante sulla velocità di tali mutamenti. «Il ciclo di vita dell’impresa risulta estremamente contratto: la gestione delle fasi di implementazione di un nuovo progetto, di consolidamento del mercato di riferimento o della perdita di posizioni all’interno dello stesso, fino ad arrivare a processi di veri e propri turnaround, risulta talvolta talmente compressa da spiazzare la struttura organizzativa e operativa delle aziende coinvolte». Il resoconto offerto dai dottori Mauro Napoli e Giovanni Patriciello, amministratori di Studioazienda, società di consulenza direzionale e temporary management che da dieci anni opera al fianco delle pmi nazionali, pone l’accento sull’imprescindibile dipendenza tra imprenditoria e oscillazioni di mercato. «Al fine di formulare strategie e piani d’azione per la concreta “sopravvivenza” aziendale – afferma il dottor Napoli –, occorre pervenire alla consapevolezza delle criticità del settore produttivo di appartenenza, del sistema finanziario e dell’inadeguatezza dell’organizzazione interna dell’impresa». A tali premesse, cui va aggiunta la necessità di operare in tempi ristretti, segue l’impossibilità di adottare sia soluzioni di inter-

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nalizzazione di figure manageriali idonee perché troppo costose o sovradimensionate nel breve termine rispetto alla struttura organizzativa interna, sia soluzioni di consulenza pura. «L’approccio consulenziale identificato come temporary management si rivela infatti adeguato quando emerge la necessità di individuare una figura professionale che sia in grado di supportare l’imprenditore e i consulenti nella defini-

In foto, da sinistra, i dottori Giovanni Patriciello e Mauro Napoli, amministratori di Studioazienda, società di consulenza direzionale e temporary management di Salerno - studioaziendasa@alice.it


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Temporary management

Le cause del crollo di un’impresa possono essere diverse e a volte concorrenti. In via generale è comunque possibile classificare due grandi classi di cause, quelle dovute a motivi di mercato e quelle dovute a carenze interne all’azienda

zione delle strategie – spiega il dottor Patriciello –, di eseguire direttamente le strategie attraverso la redazione e l’esecuzione di piani operativi ad hoc, di coinvolgere attivamente l’intera organizzazione dell’impresa al fine di far assimilare sul campo il modello creato e di gestire l’esecuzione del piano in un’ottica di visione fornitore-cliente e non dipendente-datore di lavoro». Quali sono allora gli strumenti preventivi che Studioazienda propone per il concreto rilancio finanziario delle imprese collassate? «Per formulare efficaci piani di ripresa e adottare validi strumenti, bisogna innanzitutto valutare la volontà di continuare da parte dell’imprenditore, quindi l’effettiva coscienza del management circa la situazione aziendale e l’effettiva disponibilità dello stesso nel voler affrontare concreti processi di cambiamento – evidenzia Napoli – . Occorre inoltre valutare la credibilità dell’imprenditore rispetto agli attori coinvolti nel processo di risanamento, ciò anche in base alle risorse che lo stesso sia disposto ad affiancare a quelle eventualmente messe a disposizione da terzi finanziatori. Naturalmente è poi importante redigere piani semplici, facilmente controllabili nella loro attuazione e ben scadenzati nel tempo riguardo ai risultati da conseguire». Di fatto, sulla base dell’estrema mutevolezza che caratterizza il contesto competitivo attuale, «gli uomini d’azienda – interviene Patriciello – hanno mai, come oggi, bisogno di coniugare al meglio grande flessibilità personale per adattarsi

all’assenza di schemi e modelli predefiniti, alta abilità esecutiva e realizzativa abbinata a una maggiore capacità decisionale, ma soprattutto attitudine a una visione trasversale degli eventi al fine di reinterpretare le minacce di un’economia mutevole in nuove opportunità d’affari». Per mettere in atto politiche aziendali che siano in grado di ridare forza competitiva alle pmi notoriamente più colpite dalla crisi «non esiste una “ricetta” standard – asserisce il dottor Napoli – in quanto le cause del crollo di un’impresa possono essere diverse e a volte concorrenti. In via generale è comunque possibile classificare due grandi classi di cause, quelle dovute a motivi di mercato e quelle dovute a carenze interne all’azienda». Continua Patriciello: «tuttavia in entrambi i casi, l’inerzia del management e l’incapacità di reagire prontamente ai cambiamenti dell’ambiente competitivo sono gli elementi che accomunano il verificarsi di tali crisi e il carattere di successiva irreversibilità delle stesse». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 65


FINANZA

Una banca radicata nel territorio Dal rinvio rata al conto insoluti. Dall’estensione degli anticipi fatture al rafforzamento del capitale. Sono molti gli strumenti a sostegno delle imprese messi a punto dal Banco di Napoli che Giuseppe Castagna, direttore generale dell'isituto quantifica: «In Campania tra agosto e novembre abbiamo concesso 359 moratorie» Federica Gieri

rima ancora della moratoria Abi-Governo sul credito, c’era il Banco di Napoli. Con il gruppo Intesa Sanpaolo che, dopo una serie di incontri tecnici, ha messo a punto, insieme a Confindustria, una sorta di road map a sostegno delle Pmi. Una strategia legata al territorio che si è concretizzata in un plafond da circa 400 milioni euro e che è stata suggellata da una convenzione tra Giovanni Lettieri, presidente dell’Unione degli industriali di Napoli, Corrado Passera, ceo di Intesa Sanpaolo e Giuseppe Castagna, direttore generale del Banco di Napoli. Mezzi a cui le imprese hanno fatto e stanno facendo ricorso. «Prima dell’accordo di Napoli – spiega Castagna – eravamo a 1.000 richieste di cui il 98% accolte. Da dicembre, se ne sono aggiunte altre 500. Siamo arrivati, quindi, a 1.500 richieste sull’intero territorio del Banco di Napoli, compreso tra Puglia, Campania, Basilicata e Calabria. In particolare, in Campania, tra agosto e novembre, abbiamo concesso 359 moratorie. Inoltre, nelle quattro regioni in cui siamo presenti, abbiamo accolto 343 domande di anticipazione crediti di cui 110 nell’area di Napoli e Campania». Come si traduce in concreto il patto tra

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DOMANDE Sono le richieste di moratoria del credito arrivate al Banco di Napoli da imprese della Campania

Giuseppe Castagna, direttore generale del Banco di Napoli, anche a capo della direzione regionale Campania, Puglia, Calabria e Basilicata di Intesa Sanpaolo. In alto, interno del Banco di Napoli


Banco di Napoli

gli industriali e il Banco? «Abbiamo messo a punto alcune linee d’intervento. La prima si articola nel rinvio della rata e nel conto insoluti. Con il rinvio rata, si cerca di evitare che le imprese siano obbligate a destinare la loro liquidità, abbastanza scarsa, per rimborsare il sistema bancario. Con il conto insoluti, diamo, invece, la possibilità di non addebitare gli insoluti sul conto corrente dell’azienda. Anziché addebitarli in conto, drenando quindi liquidità, li mettiamo tutti in un conto speciale e diamo trenta ulteriori giorni al cliente per recuperare liquidità. Abbiamo, inoltre, previsto l’estensione degli anticipi fatture: i crediti di norma incassati a 90-120 giorni, noi diamo l’opportunità di estendere i relativi finanziamenti fino a 270 giorni». E sulla patrimonializzazione, siete intervenuti?

Storicamente la difficoltà di accesso al credito è un fatto radicato e quindi, in un momento di crisi, emerge in modo più evidente

«Certamente, perché, purtroppo, a questa situazione si è aggiunta la complicazione dell’applicazione di Basilea 2 che, in un ciclo economico difficile, ha un effetto negativo. A questo proposito, abbiamo pensato di dare la possibilità di rafforzamento del capitale così da migliorare i rating attribuiti e quindi le possibilità di erogare credito con Basilea 2. Ciò avviene con un affiancamento di capitale a medio termine quando i titolari delle aziende decidono di intervenire con un aumento di capitale. Siamo in grado di molti- CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 75


FINANZA

Degli strumenti messi a punto quello di gran lunga più richiesto è il rinvio rate. Ciò denota anche una certa adesione del cliente solo quando, in effetti, vede una difficoltà oggettiva. Ci farebbe molto piacere se fosse più utilizzato anche il rafforzamento patrimoniale perché potrebbe sostenere la programmazione del cliente»

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plicare, da uno a quattro volte, l’eventuale aumento di capitale con appunto un affiancamento di un multiplo di finanziamento a medio termine che può arrivare fino a dieci anni». Dei tre strumenti messi a disposizione quello più richiesto dalle imprese? «Di gran lunga il rinvio rate. Ciò denota anche una certa adesione del cliente solo quando, in effetti, vede una difficoltà oggettiva. Siamo disponibili ad andare avanti su questa strada, ma ci farebbe molto piacere se fosse più utilizzato anche il rafforzamento patrimoniale perché potrebbe sostenere la programmazione del cliente. E, quindi, la necessità di rafforzare patrimonialmente le piccole e medie aziende, purtroppo in gran parte sottocapitalizzate, approfittando del fatto che la banca è disponibile a moltiplicare questo investimento. Su questo siamo molto indietro, le adesioni sono del l’ordine del 6%-7%». Malgrado gli accordi siglati a tutti i livelli, le industrie lamentano comunque difficoltà di accesso al credito. Perché? «Storicamente la difficoltà di accesso al credito è un fatto radicato e quindi, in un momento di crisi, emerge in modo più evidente. Se, invece, analizziamo i dati che riguardano, ad esempio, la riduzione degli investimenti (17%/-18% anno su anno), quella delle esportazioni (fra - 20% e -30%) o del Pil 2009 (5%/-6%) e poi li paragoniamo alla riduzione dell’utilizzo degli accordati del credito, osserviamo che, su base nazionale, è dell’1,5% e in Campania è addirittura +0,1%. Certo sono dati molto contenuti, ma fanno capire che forse, alla base delle richieste, c’è più un motivo psicologico che effettivo. Se la banche


Banco di Napoli

Nella pagina a fianco, via Toledo, sede storica del Banco di Napoli

avessero voluto accompagnare la riduzione del credito nei termini della riduzione dei numeri economici, avrebbero dovuto fare una scelta molto più forte. Ci deve, però, essere un’attenzione particolare per le imprese piccole che vanno aiutate anche attraverso accordi migliori con i confidi e le associazioni di categoria che possono dare una maggiore valenza alla garanzia del cliente». Per sostenere la ripresa, molte imprese chiedono un proroga dei provvedimenti sul credito e, in certi casi, un allargamento delle maglie. È ipotizzabile? «I termini sono confacenti a quella che noi speriamo possa essere un inizio di ripresa. L’accordo vale fino a giugno 2010 e, siccome la moratoria dura un anno, si arriva sino alla prima metà del 2011. Siamo perciò in linea rispetto a dei tempi di crisi che ormai molti considerano possa terminare nel secondo semestre 2010». La “testa” di Intesa Sanpaolo non è in

Campania. Ciò richiama il problema della territorializzazione dei centri di decisione che rispondono a logiche estranee alle aspettative locali. È anche il vostro caso? «Come Gruppo ci siamo voluti dare una presenza territoriale caratterizzata dai 23 brand che in giro per l’Italia contraddistinguono le nostre banche locali di cui il Banco di Napoli è la più importante. Abbiamo una struttura tale per cui è impossibile non dedicarsi completamente all’area in cui si risiede. Ad esempio, non possiamo fare finanziamenti fuori dalle aree di nostra competenza e tutto quello che raccogliamo lo dobbiamo impiegare qui. Questa è la garanzia implicita al fatto che al di là di alcune strutture di governance, che un grande gruppo deve avere centralizzate, per tutta la parte operativa, commerciale e di business, l’autonomia è assoluta e garantita dal fatto che tutta la nostra attività si debba concentrare nelle quattro regioni sulle quali operiamo». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 77


CONFINDUSTRIA Nuovi strumenti a tutela dei cittadini, straordinari progetti di modernizzazione e il rilancio della cultura tecnica come rimedi per risalire la china e tornare a competere con le economie mondiali


L’impegno degli industriali

L’università punta sulla microelettronica n modo per mettere in contatto i giovani con il mondo del lavoro grazie a un’iniziativa patrocinata da Confindustria Campania. Neapolis Innovation Campus è un progetto che fa da ponte tra le aziende del territorio e le università, offrendo la possibilità agli studenti di approcciarsi e confrontarsi con l’universo lavorativo. E dà, inoltre, l’opportunità alle imprese di scoprire le potenzialità di chi una volta laureato cercherà un impiego in base alle

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Aziende campane leader mondiali nel settore della tecnologia aprono le proprie porte agli studenti delle università. Come ogni anno anche nel 2010 parte il progetto Neapolis Innovation Campus con lo scopo di far maturare esperienza ai laureandi Nicolò Mulas Marcello

conoscenze maturate sui banchi degli atenei. L’iniziativa è promossa da Confindustria Campania e cinque università del territorio: Università degli Studi di Napoli Federico II, Università degli Studi di Salerno, Seconda Università degli Studi di Napoli, Università degli Studi del Sannio e Università degli Studi di Napoli Parthenope. L’obiettivo è quello di dare seguito al percorso di studi attraverso la reale interazione con il mondo che poi dovrà accogliere i laureati, ovvero quello del lavoro, e nello specifico in settori altamente specializzati come quelli della tecnologia. Un’iniziativa pensata per facilitare le scelte professionali degli studenti dei corsi di laurea tecnico-scientifiche. L’opportunità offerta è quella di svolgere uno stage di due mesi presso i siti di STMicroelectonics e Numonyx di Napoli, aziende che sono leader mondiali nello sviluppo e nell’offerta di soluzioni basate

su semiconduttori e ogni tipo di applicazione microelettronica. La convenzione, che è stata firmata nel 2006 tra Confindustria Campania, gli atenei della regione e STM, prevede la collaborazione tra questi enti in merito alla specializzazione negli ambiti di packaging & modeling, mechatronics, system level & riconfigurable system design, telecoms for automotive e post-silicon tecnology. Aree estremamente specialistiche che vantano in Campania un particolare sviluppo anche a livello internazionale. Ed è per questo che le aziende campane cercano anche attraverso questa iniziativa di appassionare i laureati o laureandi a un mondo dove la ricerca è alla base del progresso tecnologico. La promozione delle attività che si svolgono nel tirocinio si basa su criteri di una formazione superiore, collaborazione scientifica di ricerca e consulenza. Come si legge nell’accordo: «Confindu- CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 91


CONFINDUSTRIA

stria Campania riconosce che

STM e le università campane hanno le conoscenze e le competenze adeguate per promuovere l’innovazione nelle aziende associate a Confindustria Campania nelle aree di specializzazione del Neapolis Innovation». La promozione di questo tipo di progetti è dunque utile a nella specializzazione degli studenti e dei laureati, che potranno poi sfruttare le competenze acquisite all’interno delle aziende e metterle a frutto in successive esperienze lavorative. E proprio in tema di ricerca e innovazione arrivano buone notizie per gli studenti campani che hanno inten-

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In un momento di crisi economica investiamo nella creazione di un rapporto forte tra mondo dei saperi e dell’impresa. E’ un nuovo modo di fare formazione, una formazione di qualità che guarda in primis al mercato perché le imprese della rete partecipano nel definire i temi degli interventi

zione di sviluppare progetti in questa direzione. L’assessore alla Ricerca e all’innovazione della Regione Campania Nicola Mazzocca ha recentemente presentato un progetto di finanziamento denominato “Sviluppo di reti di eccellenza tra Università” che prevede lo stanziamento di un bando di 50 milioni di euro. L’obiet-


L’impegno degli industriali

NEAPOLIS INNOVATION CAMPUS Un’iniziativa pensata per i giovani. Un’opportunità per entrare nel mondo del lavoro e sperimentare il lavoro di squadra attraverso due mesi di stage resso STMicroelectronics e Numonyx di Napoli (sede di Arzano) saranno ospitati circa 20 stagisti per volta, divisi in 3 periodi dell’anno per un totale di 60 stagisti all’anno. Le aziende metteranno a disposizione degli stagisti tutor, spazi dedicati, e tutto il software e l’hardware necessario. Lo stage prevederà lo svolgimento delle attività in gruppi di lavoro ben strutturati per una maggiore coesione tra partecipanti e per favorire lo sviluppo dei progetti. Ogni ciclo di stage si concluderà con una relazione e una breve presentazione dell’operato da parte di ciascuno studente. La selezione degli stagisti avverrà a cura delle Università Campane. Per quanto riguarda le tematiche dello stage gli argomenti sono mol-

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teplici: open source per information technology, sviluppo software per la business intelligence, Linux e altri sistemi operativi in sistemi embedded, materiali e tecnologie innovative “post silicio”, attività di laboratorio elettronico, modellizzazione di board e applicazioni relative, sistemi e memorie flash, software applicativi per sistemi elettronici e Linguaggi avanzati per lo sviluppo di sistemi elettronici. Le sessioni del campus saranno tre: la prima andrà dal 3 febbraio al 21 aprile, la seconda dal 5 maggio al 28 luglio e la terza ed ultima dall’ 8 settembre al 24 novembre. Ogni sessione si concluderà con una presentazione indivi-

tivo è quello di finanziare circa tremila progetti di ricerca universitaria tramite borse di studio, dottorati, stage, master, ecc., e prevede inoltre la realizzazione di una serie di reti tematiche tra università. Sarà la volontà degli atenei di cooperare su cinque settori considerati strategici per l’innovazione: salute e tecnologie, ambiente e agroalimentare, tecnologie abilitanti, tecnologie industriali e scienze socio economiche. «È un intervento innovativo – afferma l’assessore – che permette alle imprese di avere un ruolo centrale nella definizione dei temi sui quali si dovranno formare le risorse umane». Le imprese

duale. I termini di consegna della documentazione sono: 20 gennaio per la prima sessione, 21 aprile per la seconda e 28 luglio per la terza. Gli studenti dei corsi di laurea magistrale delle facoltà tecnico-scientifiche potranno svolgere attività di stage anche in periodi non necessariamente coincidenti con le sessioni del campus.

avranno la possibilità di decidere di avere un ruolo più attivo nella rete cofinanziando gli interventi. Il tetto massimo fissato per il finanziamento di ciascun intervento è di 5 milioni di euro. «In un momento di crisi economica – continua Mazzocca – investiamo nella creazione di un rapporto forte tra mondo dei saperi e dell’impresa. È un nuovo modo di fare formazione, una formazione di qualità che guarda in primis al mercato perché le imprese della rete partecipano nel definire i temi degli interventi. Ed è la rete o il partenariato a selezionare le risorse umane che dovranno essere assegnatarie di borse di stu-

dio, di stage o altre azioni». Inoltre il finanziamento relativo alla formazione ed alla valorizzazione del capitale umano viene gestito in modo integrato perché l’intervento prevede di coordinare azioni diverse come gli stage, i tirocini e le borse di studio. Si tratta, dunque, di un intervento innovativo perché accanto alle consuete forme di scambio fra gli attori della rete di eccellenza si prevede anche l’integrazione. Un progetto insomma che potrebbe dare nuova linfa alle attività universitarie e consentirebbe agli studenti più brillanti di farsi notare senza dover necessariamente andare all’estero. CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 93


CONFINDUSTRIA

L’economia casertana all’ombra del Partenone Le imprese casertane puntano al mercato greco con l’appoggio della Camera di Commercio Italo-Ellenica. Un’occasione di rilancio per l’economia campana che sulla carta presenta ottime prospettive per il futuro Nicolò Mulas Marcello

l Comitato dell’Internazionalizzazione istituito dal presidente di Confindustria Caserta Antonio Della Gatta e guidato dalla dottoressa Angela Renga, tra le sue iniziative ha gettato le linee guida per un interscambio commerciale con la Grecia. Un paese, quello ellenico, che offre un mercato interessante per l’Italia sia per affinità geografiche e storico-culturali, sia per quanto riguarda la complementarità tra i vari comparti dei sistemi produttivi. In merito all’interscambio economico il saldo è sicuramente favorevole al nostro Paese; l’Italia rappresenta, infatti, il primo paese cliente e il secondo fornitore della Grecia e i principali prodotti di importazione sono macchine e attrezzature industriali, mezzi

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di trasporto, prodotti industriali, minerali e combustibili, i prodotti agro-alimentari e il tessile-abbigliamento; mentre per quanto riguarda le esportazioni i maggiori settori sono quelli industriali, agro-alimentari, minerali, combustibili e quelli chimici. La Grecia presenta una popolazione di circa 11,5 milioni di abitanti concentrati soprattutto nella capitale Atene dove risiedono quasi 4 milioni di individui. Un mercato che per la sua conformazione e vicinanza può rivestire un ruolo importante per una politica di scambi. Un’opportunità concreta quindi per gli industriali casertani verso quel mercato, avvalendosi anche del supporto dell’ente camerale italoellenico che si è reso disponibile alla promozione degli interessi commerciali bilaterali

tra Italia e Grecia. «Tra i settori strategici su cui puntare a rafforzare l’export campano – sostiene Angela Renga – ci sono sicuramente i comparti tessileabbigliamento, l’orafo, agroalimentare, arredamento, i prodotti per l’edilizia e la meccanica industriale e impiantistica». Importante fattore è rappresentato dai fondi strutturali comunitari per un ammontare di oltre 24,3 miliardi di euro, che nel quadro del IV Piano di Supporto Comunitario 2007-2013, verranno destinati in Grecia alla realizzazione di opere nelle aree periferiche del paese. Molti sono gli spunti emersi dal meeting avvenuto il 6 no-


L’impegno degli industriali

vembre scorso presso Confindustria Caserta, al quale è intervenuta la referente della Camera di Commercio ItaloEllenica, Sabrina Brevetti. Tra essi innanzitutto l’attivazione di un canale di informazione che tenda a mettere in luce tutte le opportunità, azioni e attività che verranno intra-

prese in questa direzione con particolare attenzione agli appuntamenti fieristici di prossima realizzazione e all’approfondimento di formule di show-room e spazi comuni da condividere in loco. Soddisfazione per la qualità degli interventi e le modalità operative individuate è stata

CASERTA SBARCA IN GRECIA Scambi commerciali della Regione Campania con la Grecia (dati in migliaglia di euro)

Esportazioni Importazioni 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000

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espressa da Angela Renga che ha affermato: «È stata mia intenzione raccordare la partecipazione di una nutrita delegazione di imprenditori di Terra di Lavoro alla Country Presentation che Confindustria nazionale ha organizzato il 3 dicembre, in collaborazione con “Invest in Greece”, l’agenzia nazionale per la promozione degli investimenti in Grecia ed il supporto dell’Ambasciata di Grecia in Italia». Una delle finalità perseguite dal comitato internazionalizzazione di Confindustria Caserta è appunto quella di seguire con particolare attenzione le attività intraprese dagli organi nazionali, favorendo le attività territoriali, regionali e internazionali che possano venire incontro alle esigenze degli imprenditori che intendono addentrarsi nei mercati esteri. CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 95


CONFINDUSTRIA

Prospettive di rilancio nel Sannio Un’opera di ristrutturazione del sistema imprese ben mirata su cui basare il rilancio dell’economia. Secondo Confindustria e Ance con l’aiuto concreto della Regione e delle banche si può uscire dalla crisi Nicolò Mulas Marcello

ar sentire la voce di chi sta affrontando una difficile congiuntura economica con la volontà di uscire dalla crisi e di proporsi per un nuovo sviluppo. È questo lo scopo del documento intitolato “Dalla crisi allo sviluppo” che il presidente di Confindustria Benevento Cosimo Rummo e il presidente Ance di Benevento Silvano Capossela hanno presentato per illustrare alcune proposte, rivolte dal mondo industriale ai rappresentanti del Sannio nel Parlamento europeo, in quello italiano, nel Consiglio regionale, oltre ai vertici delle istituzioni e degli enti locali. «Il documento non intende prevaricare il ruolo di chi è chiamato istituzionalmente a fare programmazione territoriale – sostiene Cosimo Rummo – ma prevede di strutturare un progetto integrato, di breve, medio e lungo termine». L’obiettivo è

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Sopra, Cosimo Rummo, presidente di Confindustria Benevento

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quello di fornire un contributo concreto da parte del sistema imprese all’attività di programmazione, rendersi portavoce delle aziende ed evidenziare gli interventi indispensabili su cui basare un rilancio dell’economia provinciale. La crisi interessa tutti i comparti in modo trasversale ed è per questo che serve avviare, secondo Confindustria e Ance, un dialogo con la Regione e tutto il sistema bancario. La Regione deve assicurare attenzione alle programmazioni territoriali, garantire la finanza di sostegno e rivedere la percentuale di risorse proprie e dell’Unione europea destinate al Sannio. Il sistema bancario invece deve offrire il proprio supporto nella realizzazione delle pro-


L’impegno degli industriali

SERVIZI E-LEARNING La tecnologia al servizio delle imprese. Un modo per semplificare il lavoro e offrire servizi in modo più comodo e diretto

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grammazioni e delle iniziative sul territorio. «Molte imprese – prosegue Rummo – hanno la necessità di accelerare l’intervento sulle infrastrutture. Si hanno ancora problemi di allacciamento, di collegamenti, di reti per le varie forniture (elettricità, gas, telefonia, acqua, etc.) che condizionano la loro operatività». Nel documento sono stati definiti anche gli strumenti per gestire l’emergenza, ovvero gli ammortizzatori sociali, la flessibilità e il costo del lavoro. È stato ricordato, inoltre, che devono essere agevolati tutti i progetti di formazione e occorre investire in ricerca e innovazione. Confindustria ed Ance individuano, infine, alcuni settori di eccellenza sui quali puntare per rilanciare il

sistema industriale provinciale: polo agroindustriale, polo delle energie, turismo e residenzialità, polo aeronautico, oltre ovviamente, all’appoggio di Confindustria-Ance alle iniziative già in atto quali il polo logistico e il distretto di eccellenze del settore Ict. Apprezzamento per i contenuti del documento ed il metodo proposto da ConfindustriaAnce, è stato espresso dai rappresentati politici e dalle istituzioni che lo hanno definito “coraggioso”. Tutti hanno dato la loro ampia disponibilità a sedersi attorno a un tavolo e a individuare in maniera imminente pochi ma strategici interventi per il governo della crisi e soprattutto per il rilancio socio-economico della provincia.

l gruppo Servizi innovativi e tecnologici di Confindustria Salerno a partire da febbraio fino ad aprile, attiverà un servizio di sperimentazione gratuita di servizi di e-learning dedicato a tutti gli associati che ne faranno richiesta. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla collaborazione di alcune aziende aderenti al Gruppo tra cui Mo.M.A., Metoda, Public Image, Selefor, Rem, Serea, Senza Nome, Consulteq, Sicis e Pixel, le quali hanno messo a disposizione le proprie tecnologie e competenze. Il progetto è volto a proseguire nel processo di divulgazione e promozione dell’innovazione delle imprese locali oltre alla creazione di collaborazioni tra aziende già avviato da anni attraverso la realizzazione del Premio Best Practices per l’innovazione. L’obiettivo è quello di diffondere sia tra le aziende consociate sia sull’intero territorio la cultura delle nuove tecnologie applicate ai servizi conferendo ad esse un valore aggiunto e semplificare i rapporti di comunicazione. Un’opportunità che sfrutta le moderne tecnologie, contiene costi e riduce i tempi di realizzazione dei servizi. L’utilizzo delle piattaforme digitali serve tra l’altro a promuovere l’attivazione di sinergie e partnership e la creazione di reti d’impresa come reti virtuali e community interattive con lo scopo di favorire occasioni di business e rafforzare il sistema produttivo locale. Questa sperimentazione gratuita oltre ad offrire un modo nuovo e più veloce di interazione tra più imprese contemporaneamente, tende a promuovere anche occasioni di scambio e di confronto per migliorare le proprie strategie. Le aziende associate interessate ad aderire alla sperimentazione potranno richiedere entro fine gennaio 2010 l’attivazione di due password nominative per 2 dipendenti o collaboratori aziendali. Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi alla segreteria del gruppo Servizi innovativi e tecnologici. Inoltre, sul sito web di Confindustria Salerno saranno indicate le modalità di partecipazione alla sperimentazione e sarà disponibile il relativo modulo di adesione.

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TRASPORTI

La rivoluzione del ferro parte dal Mezzogiorno Nel 2011 arriva Ntv, il Nuovo Trasporto Viaggiatori che rivoluzionerà gli spostamenti delle persone e delle merci. «Le officine Ntv nell’Interporto Campano saranno un nodo strategico per il Mezzogiorno e un esempio di eccellenza tecnologica», come sottolinea Gianni Punzo Nike Giurlani

er tutti coloro che per spostarsi scelgono il treno, c’è un’importante novità e si chiama Ntv, Nuovo Trasporto Viaggiatori. Questo società ferroviaria, nata in Italia nel 2006, costituisce il primo operatore ferroviario privato ad alta velocità dell'Unione europea. Fondata da Luca Cordero di Montezemolo, l’azienda ha tra i suoi soci Diego Della Valle, Giuseppe Sciarrone e Gianni Punzo. Quest’ultimo è il presidente dell’Interporto Campano e proprio qui sorgerà il centro nevralgico per la manutenzione dei treni dell’Ntv un «investimento che è senza dubbio tra i più rilevanti effettuati in questo periodo in Campania e nell’intero Mezzogiorno». Ma non solo. L’impianto di Nola infatti fornirà lavoro a «300 persone altamente specializzate». I lavori per la realizzazione delle officine di manutenzione dei treni ad alta velocità proseguono in modo parallelo a quelli necessari per avviare il servizio commerciale dei treni. Per entrambi è confermata la data di maggio 2011? Da quali fasce di utenza Ntv si aspetta o comunque si propone di conquistare quote significative di mercato?

In apertura il presidente dell’Interporto Campano, Gianni Punzo. A destra render delle officine di manutenzione di Nola e alcuni soci fondatori di Ntv

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«La società Ntv inizierà il servizio di trasporto ferroviario di persone nel 2011 e nella stessa data sarà avviato il servizio commerciale dei treni. Ai lavori, affidati a imprese napoletane di primissimo livello, è stato dato il via da Claudio Scajola, ministro per lo Sviluppo economico, lo scorso ottobre. In questo momento centinaia di operai lavorano nel cantiere per rispettare i tempi di consegna di questa grande opera che sarà l’unico impianto del genere in Italia». Le officine si occuperanno anche della manutenzione dei treni ad alta velocità delle Ferrovie dello Stato? Quali saranno le ricadute positive per la regione e il territorio correlate alla costruzione della struttura di Nola?


Gianni Punzo

«L’impianto di Nola consisterà nella realizzazione di una serie di postazioni, edifici e capannoni per lo svolgimento delle attività di manutenzione solo ed esclusivamente sui 25 treni Alstom Agv, denominati Italo e che costituiscono la flotta di Ntv. Le officine Ntv nell’Interporto Campano saranno un nodo strategico per il Mezzogiorno e un esempio di eccellenza tecnologica. Ntv ha investito a Nola 90 milioni di euro, un investimento che è senza dubbio tra i più rilevanti effettuati in questo periodo in Campania e nell’intero Mezzogiorno, per di più in un momento in cui gli investimenti al Sud si contano sulle dita di una mano. Inoltre, nell’impianto di Nola a regime, si darà lavoro a 300 persone altamente specializzate e l’Interporto diventerà un centro nevralgico con ricadute positive sull’indotto di tutta l’area». Con un sistema ferroviario più competitivo sarà possibile pensare per l’Italia a uno scambio e a un passaggio di merci e persone più legato al trasporto su ferro e meno vincolato e dipendente dall’automobile? «Interporto Campano considera prioritario il trasporto ferroviario e l’intermodalità, intesi

come interscambio tra tutte le quattro modalità. Nel 2009 è stata costituita una società dedicata, Interporto Servizi Cargo, che, attraverso l’attività di Impresa Ferroviaria, ha come obiettivo sviluppare un Network Ferroviario Nazionale privato, collegando le più importanti realtà interportuali e portuali del Paese. Siamo convinti, infatti, che solo con l’introduzione della concorrenza nel mercato ferroviario, sia cargo che passeggeri, sarà possibile raggiungere quei livelli di qualità del servizio che gli utenti chiedono al trasporto ferroviario e che possono consentire il riequilibrio del traffico merci sulle medie e lunghe distanze tra strada e rotaia e il decongestionamento dei centri urbani». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 99


TRASPORTI

Trasporto ferroviario in viaggio verso il futuro Si chiama Tri, Treno regionale innovativo, la nuova frontiera del trasporto ferroviario. Espressione della tecnologia made in Italy rivolta alla competizione sui mercati stranieri. A realizzarlo è l’azienda campana Firema presieduta da Gianfranco Fiore. Uno degli attori principali del distretto ferrotranviario regionale Francesca Druidi stato presentato in occasione di Mobilitech 2009, forum internazionale sull’innovazione tecnologica per lo sviluppo della mobilità e del trasporto, Tri, il Treno regionale innovativo di Firema, già costruttore del MeNeGhino dell’Atm milanese e del Tsr sulla rete delle Ferrovie Nord così come del Metrostar della linea Circumvesuviana. «Lo sviluppo dell’Alta Velocità – commenta il presidente di Firema Gianfranco Fiore – genera un ampliamento del bacino di utenza negli spostamenti e nello sviluppo delle realtà servite. Il Sistema ferroviario regionale assume, di conseguenza, un ruolo strategico fondamentale per l’integrazione della rete e il soddisfacimento delle esigenze di mobilità». Non a caso, la filosofia di Firema è sempre stata quella di «pensare globalmente per agire localmente», coinvolgendo le Pmi locali delle regioni in cui opera, ossia Campania, Lombardia, Basilicata e Umbria. Quanto è importante nell’industria ferrotranviaria una forte sinergia che integri istituzioni, esercenti e costruttori? «Firema ha da sempre attribuito grande valenza a un processo integrato tra istituzioni, enti scientifici, esercenti e industrie, focalizzato sulla crescita sinergica del settore ferroviario, man-

È In apertura, Gianfranco Fiore, presidente di Firema; nella pagina a fianco, da sinistra, la sede Firema di Caserta e il Metrostar della linea Circumvesuviana

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tenendo e difendendo l’elevato contenuto tecnologico del made in Italy. Chiaramente presentarsi sui mercati con un sistema integrato facilita la sostenibilità dei progetti completi e costituisce un’opportunità per progetti parziali». Negli ultimi anni l’azienda ha conosciuto una significativa crescita. Con quali leve strategiche è più efficace affrontare la competizione in un mercato in costante evoluzione come quello del trasporto ferroviario? «In effetti l’azienda ha registrato una crescita importante, anche sul fronte delle risorse umane, passate dalle 681 unità del 2005 alle attuali 833, in linea con il piano industriale definito e attuato progressivamente negli ultimi anni. Ciò ha consentito di sviluppare prodotti


Gianfranco Fiore

flessibili, suddivisi in piattaforme secondo le diverse tipologie, che oggi costituiscono oggetto di ordini concreti da parte di numerosi clienti e manifestazioni di interesse per potenziali nuove acquisizioni. Leve strategiche per una vera competitività sono da ricondurre all’elevata affidabilità dei prodotti, che consentono ai relativi committenti di svolgere un regolare servizio commerciale. Il consolidamento tecnologico del prodotto esistente è, quindi, la base per concepire altre nuove architetture innovative, che possano trarre vantaggio dalla continua attività di ricerca e sviluppo, coerentemente elaborata per soddisfare l’evoluzione del complesso quadro normativo, e che comprendano le esigenze del contesto ambientale quanto l’elevato grado di comfort per il passeggero. L’obiettivo di Firema è, quindi, quello di coniugare la politica di sviluppo del prodotto a quella di investimenti specifici, per una costante crescita tecnologica, capitalizzando gli elementi qualificanti dei prodotti forniti e di prossima consegna ai clienti». Quale sarà il treno del futuro? «Sulla base delle linee guida indicate, è stato impostato l’ultimo nascituro della casa, il Treno regionale innovativo, quale treno del futuro in termini di tecnologia impiegata, che trae le sue

50 mln RISORSE

Ammontare dell’investimento effettuato da Firema a oggi per diversi interventi, tra cui linea automatizzata e attrezzature

7%

INVESTIMENTI Percentuale del fatturato che Firema investe, di cui buona parte in ricerca e sviluppo

peculiarità dai treni consolidati nelle diverse versioni elettriche e diesel, rese compatibili attraverso elementi innovativi intelligenti, che risponderà sicuramente alle diverse ma contestuali esigenze tra istituzioni, enti esercenti e utenti finali. Solo attraverso un’azienda fortemente integrata è però possibile raggiungere tali risultati, agendo dalla motivazione interna alla cultura, dai sistemi tecnologici alle relazioni commerciali». Guardando ai mercati internazionali, verso quali paesi e progetti si concentrerà l’azione di Firema nel prossimo futuro? «Lo sviluppo del Tri politensione è finalizzato prevalentemente all’affermazione di Firema sui mercati esteri. Inoltre, gli elettrotreni a scartamento ridotto “Metrostar”, sviluppati in collaborazione con AnsaldoBreda per la Ferrovia circumvesuviana, sono stati recentemente venduti in Brasile per la rete metropolitana di Fortaleza. Sempre dal Brasile si ravvisa un concreto interesse per i treni a scartamento ridotto a trazione diesel, oggi in fase di sviluppo per le ferrovie della Sardegna. Questi suscitano peraltro anche l’interesse di altre ferrovie a scartamento ridotto, in particolare in alcuni Paesi in via di sviluppo dell’Africa. Il già citato MeNeGhino, progettato interamente da Firema CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 101


TRASPORTI

Nelle immagini a fianco, la linea automatizzata Firema

Il Treno regionale innovativo è il treno del futuro in termini di tecnologia impiegata, che trae le sue peculiarità dai treni consolidati nelle diverse versioni elettriche e diesel, rese compatibili attraverso elementi innovativi intelligenti

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per Atm Milano e costruito in collaborazione con AnsaldoBreda, costituisce il treno metropolitano più moderno del mondo e verrà prossimamente proposto in diverse gare all’estero. Sempre nell’ambito del trasporto urbano, l’azienda sta sviluppando una nuova piattaforma di Tram, da proporre sia in Italia che all’estero. Questo nuovo sviluppo si basa sulle esperienze fatte sulle commesse acquisite in passato: oltre a numerosi tram in Italia, Firema ha fornito anche i veicoli per Manchester, Oslo, Birmingham e Copenhagen, apportando nuove e mirate tecnologie alle caratteristiche premianti dei “tram di una volta”». La Campania sta realizzando la metropolitana regionale, oggetto di attenzione anche da parte di media come il Financial Times. E già oggi ospita altre realtà importanti sempre nell’ambito del comparto ferrotranviario. Cosa rende la regione così competitiva in questo settore? «Questo tema è stato oggetto a dicembre di un importante evento, Campania Chain Railway System a cui abbiamo partecipato recentemente. La filiera campana si è sviluppata con grande attenzione e attraverso attività sinergiche tra istituzioni, esercenti e costruttori. I risultati sono stati raggiunti con una forte integrazione dell’indotto costituito dalle Pmi campane, un ampliamento culturale e integrato con il mondo scientifico e di formazione delle risorse umane su linee strategiche di project management e supply– chain, dagli enti esercenti ai costruttori fino alle stesse piccole e medie imprese. Tali condizioni hanno permesso di raggiungere in Campania un grado di eccellenza, individuando un modello esportabile anche in altre regioni, secondo politiche di integrazione e sviluppo che possono raggiungere una connotazione nazionale e non solo».



MADE IN ITALY

Le piccole imprese crescono un’agenzia per lo sviluppo Riconoscere e valorizzare il contributo delle piccole e medie imprese italiane. Questo l’obiettivo promosso da Giorgio Guerrini che potrebbe presto diventare realtà grazie alla creazione di un’agenzia per le Pmi. Uscire da questo momento di crisi si può, ma occorre cambiare strategia: stop al «modello multinazionale» Nike Giurlani

n un Paese come l’Italia dove le Pmi sono pari al 98,2% delle imprese italiane, l’approvazione della direttiva comunitaria relativa allo Small Business Act rappresenta un importante passo in avanti. La norma prevede, fra l’altro, l’istituzione di un’agenzia per le micro e piccole imprese. Questa esigenza era già stata sottolineata dal presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini in quanto rappresenta un valido strumento per «rilevare esattamente le caratteristiche e le aspettative dei piccoli imprenditori italiani». Puntare sul made in Italy non significa solo investire sulla qualità, ma anche valorizzare una «caratteristica peculiare del nostro sistema produttivo» grazie alla quale «potremo risalire la china e confermare il primato mondiale delle produzioni italiane». Lei si è fatto promotore dell’iniziativa per la creazione di un’agenzia per le Pmi. Quale lo scopo? «L’agenzia avrebbe il compito di elaborare proposte per favorire lo sviluppo delle aziende

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Giorgio Guerrini

In apertura, il presidente nazionale Confartigianato Giorgio Guerrini

con meno di 50 dipendenti e di predisporre un rapporto annuale sulla micro e piccola impresa. Il nostro obiettivo consiste nel dedicare finalmente la necessaria e concreta attenzione a una realtà produttiva che in Italia è rappresentata da 4.223.639 micro e piccole aziende, pari al 98,2% delle imprese italiane, che danno lavoro al 59,3% degli addetti e realizzano il 43,9% del valore aggiunto e il 39,4% degli investimenti». Quale potrebbe essere il ruolo dell’agenzia in un frangente di crisi come quello attuale? «Quello di rilevare esattamente le caratteristiche e le aspettative dei piccoli imprenditori italiani. Penso, ad esempio, alle esigenze in materia di credito, di ricerca, di innovazione e sostegno all’occupazione. Vorremmo voltare pagina rispetto a politiche industriali “a taglia unica”, basate sul modello multinazionale e che non tengono conto del fatto che la stragrande maggioranza delle imprese italiane è di piccole dimensioni». Le Pmi potranno essere l’elemento trai-

nante per uscire dalla crisi? «La ripresa sarà molto selettiva. Pertanto occorre puntare al rilancio del made in Italy che da sempre è sinonimo di qualità. Sono convinto che se sapremo difendere questa caratteristica peculiare del nostro sistema produttivo e delle nostre Pmi, su cui poggia la nostra capacità competitiva, potremo risalire la china e confermare il primato mondiale delle produzioni italiane. Ovviamente sono determinanti gli interventi del governo per restituire fiducia agli imprenditori. Ma, al di là di questo, rimangono fondamentali la tenacia e la determinazione con cui le nostre aziende si stanno impegnando a superare le difficoltà. Il nostro Osservatorio congiunturale rileva che nei mesi scorsi, proprio durante la fase più acuta della crisi, un terzo delle piccole imprese con meno di 20 addetti ha adottato comportamenti “offensivi”, impegnandosi a gestire l'ingresso in nuovi mercati, a effettuare investimenti in formazione del personale, innovazione tecnologica e a introdurre miglioramenti nei processi produttivi». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 105


MADE IN ITALY

Occorre voltare pagina rispetto a politiche industriali “a taglia unica”, basate sul modello multinazionale, che non tengono conto del fatto che la stragrande maggioranza delle imprese italiane è di piccole dimensioni

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Che ruolo dovranno giocare le banche? «Il sistema bancario deve imparare a dare fiducia ai piccoli imprenditori, a considerare il nostro settore decisivo per creare reddito, occupazione, nuova imprenditorialità. Per accompagnare le nostre aziende fuori dalla crisi serve una politica creditizia adeguata e compatibile con le potenzialità e le esigenze di sviluppo delle piccole imprese. Ma, soprattutto, la strada più efficace per “dare credito” ad artigiani e piccole imprese consiste nel potenziamento delle garanzie erogate dai consorzi Fidi». Che cosa pensa del progetto di legge sullo Statuto delle imprese? «Il progetto di legge ha l’obiettivo di attuare i principi europei dello Small Business Act, ponendo le micro e piccole imprese al centro dell’iniziativa politica e delle strategie di sviluppo del Paese. Auspico un iter parlamentare rapido per restituire fiducia a cittadini e imprenditori». Qual è la situazione riguardo alla lotta per il riconoscimento e la tutela del made in Italy? «Confartigianato è stata sempre in prima linea per valorizzare il nostro patrimonio manifatturiero e per consentire ai consumatori di riconoscere l’origine e la qualità dei prodotti. Sta crescendo la consapevolezza che non bastano le parole, ma occorrono atti concreti ed efficaci. Mi riferisco alla legge 166/2009 sulla tutela del made in Italy e dei prodotti interamente italiani, fortemente voluta e difesa da Confartigianato. Grazie all’impegno e alla sensibilità del Governo e del Parlamento finalmente i prodotti realizzati completamente nel nostro Paese non possono essere più confusi con quelli fatti all’estero. Sarà punito


Giorgio Guerrini

FARE IMPRESA AL FEMMINILE Secondo l’Osservatorio di Confartigianato le Piccole imprese al femminile sono aumentate dell’0,8%, ma il 91% delle imprenditrici chiede più servizi per la famiglia a crisi non ha sconfitto la voglia delle donne di fare impresa. L’Italia ha infatti il primato europeo per numero di imprenditrici e di lavoratrici autonome. A giugno 2009 il nostro Paese ha registrato la presenza di ben 1.519.100 imprenditrici. Le imprese artigiane al femminile si concentrano prevalentemente nel Nord d’Italia, soprattutto in Lombardia (18,6% del totale), in Emilia Romagna (10,9%) e in Veneto (10,5%). Le imprenditrici artigiane sono prudenti sui tempi della ripresa economica, ma sono anche ben determinate a resistere. Per loro il problema più urgente da risolvere è la conciliazione tra l’impegno lavorativo e la cura della famiglia: lo dichiara l’82% delle imprenditrici intervistate dall’Osservatorio di Confartigianato. Il 91% chiede

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di aumentare i servizi alla famiglia, come gli asili nido. L’85% è convinta che, se si risolvesse il problema della conciliazione, lavorerebbero più donne e circolerebbe più ricchezza per tutti. Nelle richieste alla politica e alle istituzioni per favorire il lavoro imprenditoriale femminile spicca al primo posto la necessità di investimenti in servizi all’infanzia e alla famiglia, soluzione indicata come prioritaria dal 25% delle imprenditrici, cui si affianca la richiesta di politiche di sostegno al reddito delle famiglie (17%). Tra le altre richieste un maggiore sostegno anche interno all’azienda, tramite la diffusione di forme contrattuali temporaneamente flessibili (indicata dal 23% delle imprenditrici) e la detassazione del lavoro femminile (14% delle risposte).

chi, pur delocalizzando la produzione, pretende di avvalersi del marchio made in Italy e vende a caro prezzo prodotti che di italiano hanno soltanto l’etichetta. Nel frattempo il Parlamento sta esaminando una proposta di legge nei settori tessile, calzaturiero e della pelletteria. Inoltre, lo scorso 25 novembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che accorcia i tempi per rendere obbligatorio il marchio d’origine sui prodotti che vengono messi in commercio in Europa». Quanto è importante applicare subito la legge contro la contraffazione? «La legge serve a difendere e a valorizzare la qualità manifatturiera italiana creata da 480.000 artigiani e piccoli imprenditori che producono davvero soltanto in Italia. Inoltre rappresentano il 93% del totale delle aziende manifatturiere italiane, danno lavoro a

1.800.000 addetti e realizzano un valore aggiunto di 58 miliardi, il più alto in Europa. Le nuove norme sono fondamentali per garantire la trasparenza del mercato e per consentire ai consumatori di riconoscere la provenienza dei prodotti. Del resto non chiediamo nulla di assurdo, ma soltanto di allinearci a quanto già avviene in molti altri Paesi, come Usa, Giappone». Quali sono state le conseguenze più gravi nei fenomeni di globalizzazione selvaggia e di concorrenza sleale di chi ha preteso di mettere il marchio made in Italy sui prodotti realizzati all’estero? «Molti settori del manifatturiero sono stati costretti a chiudere le loro piccole aziende, ben sapendo di non poter contare su quegli aiuti pubblici e quei ‘salvataggi’ riservati ad altri soggetti che operano nel nostro Paese». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 107


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ARTIGIANATO

l settore della moda occupa un posto importante nell’economia del nostro Paese e rappresenta uno dei campi di eccellenza del made in Italy del mondo. Il modello italiano è basato su canoni specifici, quali una straordinaria creatività e il significativo apporto di tendenze imprenditoriali individuali. Per lo più è rappresentato da imprese di piccole dimensioni e a conduzione prettamente familiare. Nell’era delle tecnologie e delle grandi innovazioni ci sono ancora professioni in cui conta la manualità e l’originalità, la qualità dei materiali e delle lavorazioni e l’attenzione per i particolari. Un abito come opera d’arte, “pennellato sul corpo”. Deve essere un pezzo unico che scongiuri il pericolo dell’ovvietà e renda inconfondibile uno stile anche sui palcoscenici della moda internazionale. Si dice che il settore dell’abbigliamento più di altri risenta della crisi. Come sta reagendo la vostra attività in questo periodo? «La crisi c'è e si avverte in tutti i settori; c'è da dire però che l'amatore dell'abito cucito a mano non rinuncia a indossare un capo sartoriale; può farsene confezionare qualcuno in meno, ma lo acquista ugualmente pur avendo nel suo armadio decine di abiti "vecchi" di una ventina d'anni, ma attuali ancora oggi». La lavorazione sartoriale rende un capo esclusivo e facilmente riconoscibile? «Certamente, il prodotto interamente artigianale e quindi "fatto a mano", si distingue da tutti gli altri proprio perché non sarà mai lo stesso identico capo fatto, ugualmente a mano, da un altro sarto. Ogni "sarto-artigiano" ha un suo stile. Il nostro abito ad esempio si distingue, oltre che per le particolari rifiniture, per il comfort e per le linee

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Oltre la moda in un mestiere fuori dal tempo Sono sempre meno le persone che apprezzano il lavoro artigianale», così Antonio Panico riflette sulla necessità di imparare un mestiere e denuncia la mancanza di ricambio generazionale Renata Gualtieri 108 • DOSSIER • CAMPANIA 2010


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Mestieri da difendere

In apertura, Antonio Panico della storica sartoria che ha sede sia a Napoli che a Roma www.sartoriapanico.it

morbide. Eliminare tutto ciò che è superfluo per concentrarsi su un'immagine di naturalezza. La morbidezza è il segreto della comodità e della disinvoltura dei suoi abiti. Ogni abito che esce dalla sartoria è un pezzo unico, proprio perché frutto di emozioni e ispirazioni del momento, mai uguali a quelle precedenti». Quale concept c’è dietro un atèlier di successo? «Un atèlier deve rappresentare un salotto dove il cliente viene accolto nella massima riservatezza e messo a proprio agio, dove può sorseggiare un caffè e chiacchierare nella massima tranquillità». Quali iniziative auspica per incentivare i giovani a riscoprire gli antichi mestieri? «Impegno e incoraggiamento da parte delle istituzioni, per ora ancora del tutto assenti, verso i giovani che per mancata possibilità economica non possono continuare gli studi; offrire loro un'alternativa per il futuro. Creare dei laboratori, come esistevano fino a una ventina di anni fa, dove il giovane possa realmente imparare un mestiere che gli assicuri il "pane" per il futuro; che sia il sarto, il falegname, il calzolaio». Come resiste un’attività così antica davanti alla potenza dei giganti della moda? «L’attività di un “sarto-artigiano” è storica e come tale non può essere paragonata ai giganti del consumo. I suoi

Un prodotto fatto a mano è un prodotto classico che non va a passo con la moda e non ha età e proprio per questo è sempre attuale anche a distanza di anni

capi non possono essere assolutamente considerati prodotti "modaioli" o di "tendenza". Un prodotto fatto a mano è un prodotto classico che non va a passo con la moda e non ha età e per questo è sempre attuale anche a distanza di anni». Quali sono le prospettive per il futuro? «Ci deve essere innanzitutto un ricambio generazionale. Nonostante le nuove tecnologie vengano largamente applicate anche nell’attività sartoriale, specie nelle grandi aziende, la figura del sarto mantiene un’importanza fondamentale, che lo rende insostituibile, e che fa sì che il suo intervento garantisca un alto livello di qualità al capo finito. Il sarto infatti è una figura molto specializzata, che acquisisce valore con l’esperienza, ed è sempre molto richiesta nel mercato». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 109


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APPALTI PUBBLICI

Imprese e appalti la mediazione necessaria Le imprese interessate agli appalti pubblici, in linea con le normative, sono tenute a seguire un iter assicurativo in più fasi. A descrivere l’operatività del settore, tra le difficoltà insite nella regione Campania e le globali criticità economiche, il dottor Modestino De Filippis Adriana Zuccaro

ffondare le proprie radici nel più solido dei valori umani, la famiglia. Affiancare il cliente nel momento del bisogno. Prestare una consulenza personalizzata dopo un’attenta analisi delle esigenze. Offrire quindi dei prodotti assicurativi completi e competitivi nel prezzo. Queste sono le principali prerogative De Filippis Assicurazioni, agenzia plurimandataria con sede a Napoli, Nocera Inferiore, Salerno e Roma, che da oltre 30 anni è il partner assicurativo di imprese e professionisti. De Filippis si impegna nella salvaguardia della sicurezza delle persone e dei loro beni. «Consci delle difficoltà insite in Campania e delle globali criticità economiche del momento, condividiamo con le nostre mandanti la positività e il valore etico su cui è radicato lo spirito dell’agenzia». De Filippis Assicurazioni si distingue quale agenzia leader, già ufficialmente riconosciuta tra le migliori, per l’assistenza alle imprese che operano nel campo degli appalti pubblici, ai liberi professionisti e al corpo docenti. Un agente plurimandatario qualificato, dotato di competenze specializzate nel ramo delle cauzioni e dei rischi tecnologici, offrendo anche la possibilità di stipulare la polizza direttamente online con l’apposizione della firma digitale. Inoltre la forza di De Filippis nello specifico settore delle cauzioni sta nel proporsi al cliente come unico

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interlocutore e allo stesso tempo interfacciarsi con più compagnie onde richiedere affidamenti adeguati alle reali e potenziali esigenze del cliente. «In particolare, le imprese appaltanti, di cui scegliamo di occuparci, hanno la necessità di polizze richieste dagli enti, cioè quelle scaturite dalla ex legge Merloni». Se l’emissione di qualsiasi contratto assicurativo di per sé non può ammettere alcuna imperfezione, il prerogativo è ancora più valido quando le parti contrattuali includono gli enti pubblici: «per le aziende concorrenti anche un minimo errore

L’immagine in basso riprende un’area dell’edificio della De Filippis Assicurazioni realizzato dall’architetto Nicola Pagliara. Nella pagina accanto, il dottor Modestino De Filippis (a sinistra) insieme alla moglie, Bianca De Cicco (al centro) e lo staff dell’agenzia www.defilippisassicurazioni.it


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Assistenza alle imprese

può determinare l’esclusione dal bando e con essa, la possibilità di partecipare a gare di milioni di euro». Le imprese interessate all’ambito degli appalti pubblici, in base alle normative in vigore, sono tenute a seguire un iter assicurativo in più fasi. «Il nostro compito ha inizio con l’emissione della polizza provvisoria per la richiesta di partecipazione del nostro assistito alla gara; una volta aggiudicatosi l’appalto – spiega Modestino De Filippis –, attraverso la polizza di cauzione definitiva, l’impresa deve poter garantire che il lavoro, la fornitura o il servizio assegnatogli, venga eseguito secondo il capitolato speciale d’appalto». Ma oltre alla provvisoria e alla definitiva, per i lavori sono previste anche altre polizze come quella relativa ai danni che possono accorrere alle opere da realizzare rischio coperto dalla polizza CAR. «Nel caso di opere particolari e onerose – specifica De Filippis –, una volta finiti i lavori, è prevista un’altra tipologia di polizza chiamata “postuma decennale”, a garanzia del rispetto normativo conseguito dall’impresa appaltante durante la costruzione dell’opera stessa». Il supporto offerto dalla De Filippis Assicurazioni alle imprese e ai professionisti, rappresenta una scelta lavorativa specialistica e d’elezione: la strada per

Quando le parti contrattuali includono gli enti pubblici, per le aziende concorrenti anche un minimo errore può determinare l’esclusione dal bando e con essa, la possibilità di partecipare a gare di ingenti somme di denaro

l’efficienza è segnata dalla selezione degli interlocutori, interni ed esterni, dell’agenzia. «La forza che accompagna l’azienda, racconta una storia che ha il suo incipit nel fondatore, nonché mio padre, Domenico De Filippis, arrivando all’odierna terza generazione – afferma l’assicuratore –. Nonostante le difficoltà insite nel settore assicurativo ed in particolare sul nostro territorio, De Filippis Assicurazioni proseguirà nella sua mission credendo fortemente nelle potenzialità della Campania costituita anche da un tessuto economico sano e virtuoso, dove non mancano numerosi imprenditori e professionisti di valore». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 137


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ACCORDI COLLETTIVI

La stabilità necessaria a chi fa muovere il mercato Indennità di fine rapporto, suppletiva di clientela e meritocratica. Su queste materie l’AEC per agenti e rappresentanti sottoscritto nel febbraio del 2009 ha introdotto importanti modifiche. Che riconoscono una serie di diritti fino a ora negati. Ettore Leperino indica quali sono le novità più rilevanti Mary Zai

Sopra, l’avvocato Ettore Leperino, patrocinante in Cassazione ed esperto di diritto civile e amministrativo, con il nipote avv. Alfonso Leperino e con il figlio Paolo. Lo studio ha specifiche competenze in materia lavoristica, sia per quanto riguarda i rapporti di pubblico impiego sia di diritto privato in specie relativamente ai contratti di agenzia commerciale ettoreleperino@libero.it

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ra le più significative modifiche introdotte dagli Accordi economici collettivi per agenti e rappresentanti di commercio sottoscritti il 16/2/2009 ci sono le nuove disposizioni relative all’indennità di cessazione del rapporto e al patto di non concorrenza. Altre importanti previsioni riguardano l’integrazione e la modifica della disciplina relativa alle variazioni di zona o dei prodotti e della clientela e la misura delle provvigioni. «Ritengo che la nuova disciplina introdotta da questi accordi, sia sotto l’aspetto economico che normativo, si riveli più onerosa per le case mandanti» commenta l’avvocato Ettore Leperino, patrocinante in Cassazione, esperto in diritto civile e amministrativo, con specifiche competenze in materia lavoristica, sia per quanto riguarda i rapporti di pubblico impiego sia di diritto privato in specie relativamente ai contratti di agenzia commerciale. Rispetto alla precedente disciplina quali sono le modifiche in relazione all’indennità di cessazione rapporto? «Il nuovo accordo collettivo, pur confermando le componenti dell’indennità di cessazione rapporto negli emolumenti denominati indennità di risoluzione rapporto – FIRR – , indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica, ha disposto la modifica o integrazione di ciascuna di esse. In particolare ha ridotto la portata delle ipotesi in cui l’agente poteva perdere l’indennità di risoluzione rapporto; oggi l’accordo prevede che l’agente perda tale indennità solo nell’ipotesi in cui il recesso della ditta preponente sia giustificato da una indebita ritenzione da parte dell’agente di somme di spettanza della stessa». E oltre questo cosa stabilisce l’accordo? «Ha stabilito la misura dell’indennità di risolu-

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Indennità di fine rapporto

I nuovi Accordi economici collettivi del 2009 hanno ridotto la portata delle ipotesi in cui l’agente poteva perdere l’indennità di risoluzione rapporto

zione rapporto dovuta dal primo gennaio del 2002 e che le somme versate al fondo a titolo di indennità di risoluzione rapporto siano definitivamente acquisite a favore dell’agente dal momento stesso in cui vengono ricevute dal fondo stesso. In tema di indennità suppletiva di clientela sono state estese le ipotesi di corresponsione dell’indennità al conseguimento della pensione di vecchiaia Inps e il recesso dell’agente per circostanze attribuibili alla ditta preponente. Più articolata la modifica relativa all’indennità meritocratica con la previsione di due tabelle per la sua determinazione: una indica le modalità per calcolare l’incremento del fatturato ovvero il

volume delle vendite effettuato dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all’agente e l’altra indica la percentuale dell’indennità di cui all’articolo 1751 del codice civile che corrisponde a ciascun incremento del fatturato. Dall’importo che si ottiene viene detratta l’indennità di fine rapporto e l’indennità suppletiva di clientela». Quali altre novità sono da segnalare? «Un ulteriore aspetto di novità è contenuto nella dichiarazione a verbale dell’articolo 12 che subordina il pagamento dell’indennità clientela e meritocratica alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione in sede sindacale ovvero innanzi la Commissione di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente». Sul patto di non concorrenza cosa è cambiato rispetto a prima? «La disciplina è quella già prevista nell’Accordo collettivo del 2002 anche se il patto di non concorrenza può essere convenuto tra le parti solo al momento dell’inizio del rapporto di agenzia e inoltre il pagamento del corrispettivo deve essere versato inderogabilmente in unica soluzione alla cessazione del rapporto». Quali le novità in relazione alla variazione di zona, prodotti, clientela o provvigioni? «Le novità possono riassumersi nella prevista estensione della disciplina del cumulo delle variazioni da quelle di lieve entità a quelle di media entità e, per entrambe, l’incremento dell’arco temporale di riferimento da 12 a 18 mesi per i plurimandatari e 24 mesi per i monomandatari in cui rilevare e cumulare tali modifiche; infine la previsione della possibilità per la ditta preponente di sostituire il preavviso dovuto per variazioni di media o sensibile entità con il pagamento di un’indennità sostitutiva calcolata sulla base della media delle provvigioni incassate dall’agente nell’anno solare precedente su clienti e zone, prodotti e misura delle provvigioni oggetto della riduzione». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 175



Il sistema sanitario regionale necessita di una nuova stagione

GIUSEPPE SAGLIOCCO Il presidente della commissione Trasparenza analizza cause e responsabilità del deficit sanitario regionale

AIFA Il presidente dell’Associazione italiana del farmaco Sergio Pecorelli illustra le funzioni e l’attività dell’agenzia che vigila sui farmaci

DIPENDENZE Quando il gioco diventa un problema. Cause, terapie e riabilitazione nelle parole di Michele Sforza e Valentina Cosmi


DEFICIT SANITARIO

Profondo rosso per la sanità campana Il deficit in bilancio non si arresta. Per Giuseppe Sagliocco, consigliere regionale del Pdl e presidente della commissione Trasparenza, il “rosso” ha sfondato. Per uscire da questa situazione occorrono «programmazione e appropriatezza: parole chiave sconosciute al governo regionale di Bassolino» Federica Gieri

ol governo regionale di centrosinistra, il debito della sanità campana, al di là di tutte le operazioni messe in campo col Piano di rientro, ha complessivamente abbattuto il muro dei 10 miliardi di euro. Le conseguenze le lascio immaginare: siamo indebitati fino al collo per i prossimi 30 anni. Addirittura, al Cardarelli, il più grosso ospedale del Sud, non ci si ricovera più in barella, ora ci si arrangia con le sedie». Più di tanti grafici, le parole del consigliere regionale del Pdl Giuseppe Sagliocco, presidente della commissione Trasparenza, ritraggono perfettamente lo stato di emergenza in cui versa la sanità campana che, avverte Sagliocco, «si mangia almeno il 65% del bilancio regionale». In sostanza, rincara il consigliere azzurro, «la sanità, o meglio chi la gestisce politicamente, prende tutto e non dà nulla. Fa da ammortizzatore sociale, da serbatoio elettorale e da moneta sindacale. Poi, se le avanza un briciolo di energia si occupa anche della salute dei cittadini. Intendiamo, i medici, gli operatori sono bravi,

C

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ma sono costretti a lavorare in un contesto pazzesco in cui la longa manu della peggior politica la fa da padrona. Ed ecco che non è difficile arrivare al punto in cui siamo arrivati». A quanto ammonta il deficit sanitario che ha assegnato la maglia nera alla Regione, facendo scattare l’aumento Irpef? «Per calcorarlo con esattezza ci vorrebbe mago Merlino. La verità è che tra un artificio finanziario e un’alchimia contabile è praticamente impossibile arrivare a un numero preciso. Basti pensare che nel corso del 2008, in pieno regime di Piano di rientro, il governo regionale inviava i conti della sanità al

Giuseppe Sagliocco, consigliere regionale del Pdl e presidente della commissione Trasparenza. Nella pagina a fianco il Santobono Pausilipon e un interno dell’ospedale Monaldi di Napoli


Giuseppe Sagliocco

10mld DEBITO

A tanto ammonta il disavenzo della sanità campana, al di là di tutte le operazioni messe in campo con il Piano di rientro

ministero dell’Economia senza una stima del volume del contenzioso. Che, secondo noi della commissione Trasparenza potrebbe ammontare, tra il netto dovuto, le spese legali e gli interessi ad almeno un miliardo di euro». Cosa occorre per invertire la rotta? «Le parole chiave, sconosciute al governo regionale di Bassolino, sono programmazione e appropriatezza. Si ha un bel dire che le ri-

sorse destinate dal Fondo sanitario nazionale a quello campano sono sottostimate. Qui si gestisce e non si governa: abbiamo negli stessi ospedali, o in strutture che distano tra loro 10 chilometri, reparti identici fanno la medesima cosa. E nemmeno si è pensato a eliminare le mille inappropriatezze che caratterizzano i nostri ospedali per trasferire sul territorio tutte quelle attività che l’ospedale non dovrebbe trattare e che potrebbero essere svolte da strutture leggere che costerebbero meno della metà di quelle ospedaliere. Ma evidentemente questo non conviene a certa politica. Senza parlare poi delle Asl». Dica… «Il 21 marzo dello scorso anno Bassolino le ha commissariate tutte mettendo, al posto dei manager, gli uomini delle sue più svariate segreterie politiche. Questi signori, molti dei quali assolutamente non preparati sulla sanità, avrebbero dovuto fare i conti col fabbisogno e far decollare le nuove accorpate 13 Asl campane e gli accorpati distretti sanitari. Fusioni a freddo e tagli indiscriminati non CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 185


DEFICIT SANITARIO

LO SCANDALO DELL’EDILIZIA SANITARIA

U

na legge del 1988, un fiume in piena di denaro pubblico. In Campania arrivano quasi due miliardi di euro da spendere in due fasi per rifare gli ospedali. Sono i fondi dell’articolo 20 della legge 67/88. Una legge che porterà nella regione di Antonio Bassolino ben due commissioni parlamentari di inchiesta istituite per dare un nome e un volto all’ennesimo fallimento della politica regionale. Le commissioni rileveranno negligenze, inadempienze e danni all’erario. Ma, a entrare nel merito dei tantissimi progetti, molti bocciati, e altri mai realizzati, sarà nel novembre del 2008 la commissione Trasparenza del Consiglio regionale campano guidata da Giuseppe Sagliocco che carte alla mano snocciolerà fatti e cifre si uno scandalo annunciato. La Campania, al termine della prima fase, realizza solo 108 interventi dei 188 previsti. Si perdono, tra inappropriatezze, revoche e contenziosi, milioni di euro. Tra i casi più eclatanti, i contenziosi liquidati all’Azienda ospedaliera pediatrica Santobono Pausillipon che, secondo quanto documentato da Sagliocco, valgono due milioni e 700 mila euro. Cinque milioni e mezzo li perde poi l’Ospedale San Sebastiano di Caserta mentre l’ospedale di Ariano Irpino è costato quasi 8 milioni di euro e, a novembre del 2008, non era stato ancora aperto. Ma il clou si raggiunge con la seconda fase. Alla Campania, tocca un miliardo e 168 milioni di euro. Di questi se ne vedrà revocati il 64%, cioè 764 milioni di euro: su 206 interventi previsti gli uomini di Bassolino riescono a farsene bocciare 176 che comunque, tra consulenze e contenziosi costeranno alle Asl oltre il 10% di quanto inizialmente assegnato. Addio grana, addio investimenti. «È stato un fallimento inaccettabile – tuona Sagliocco, ricordando le cifre milionarie pagate ai progettisti amici del “Palazzo” – sono stati buttati al vento fior di milioni di euro, ma soprattutto è stata negata la possibilità ai cittadini e a chi lavora negli ospedali di poter avere strutture a norma, moderne e efficienti».

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servono. Anzi». La Campania non ha onorato gli obblighi del cosiddetto Piano di rientro, dunque è stata commissariata. Cosa è successo? «È successo che qualcuno ha cercato di fare il furbo immaginando che i tecnici dei ministeri ci cascassero. Chiedevano di tagliare gli sprechi e loro li nascondevano sotto il tappeto, chiedevano i conti veri e ricevevano documenti parziali e inaffidabili. Di qui la decisione di commissariare la sanità». La sanità privata è sul piede di guerra. Si è spinto troppo su quel pedale? «È chiaro che in un contesto di politica clientelare e senza uno straccio di programmazione saltano gli schemi. La sanità privata dà una grossa mano a un sistema sanitario regionale pubblico che non ce la fa. Così i budget inizialmente previsti col sistema della carota sono stati tagliati col sistema del bastone. A questo si aggiungano i criteri, per certi versi vessatori, per l’accreditamento definitivo, che ancora non c’è e che rischia di far chiudere tantissime strutture e mandare in mezzo a una strada migliaia di operatori». Spesa farmaceutica: il governo ipotizza l’extrasconto. Per il 2010 la cifra è formalmente stanziata, ma i meccanismi per reperirla sono cambiati: il patto per la Salute rimanda tutto alla ri-contrattazione dei prezzi dei farmaci con l’Agenzia del farmaco. In Campania che conseguenze ci saranno? «Il governo continua a testimoniare il proprio impegno confermando e rinnovando misure che vanno incontro ai problemi delle Regioni più in difficoltà. Ma al di là di quale sarà l’esito della contrattazione, l’esito sull’impatto di una delle voci più significative della sanità, quella farmaceutica, dipenderà anche da altri fattori. Primo fra tutti dalla capacità di chi governa in Regione di mettere in campo strategie sull’appropriatezza della prescrizione dei farmaci, che dovrà essere basata sull’evidenza scientifica e non più su altri parametri spesso distanti dai bisogni dei cittadini».



DIPENDENZE

Se il gioco è patologico guarire non è un gioco La dipendenza dal gioco d’azzardo è oggi una delle più insidiose. Con tentativi di suicidio di chi ne soffre fino a 4 volte superiori rispetto alla media dell’intera popolazione. Come evidenzia lo psichiatra Michele Sforza, serve un intervento terapeutico svolto su più piani. Fisico, psicologico e sociale Francesca Druidi

Sopra, Michele Sforza direttore del Cestep, Centro per lo studio e la terapia delle psicopatologie

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uindici milioni di persone, ovvero il 40% della popolazione, hanno giocato almeno una volta nella loro vita. Lo rileva l’indagine Ipsad 2008 (Italian population survey on alcool and drugs), che segnala una percentuale di prevalenza di giocatori patologici nella popolazione generale adulta oscillante tra l’1 e il 3%, interessando dalle 300mila alle 900mila persone. Sempre secondo i dati Ipsad, il rischio di sviluppare dipendenza da gambling, da gioco d’azzardo, riguarderebbe circa tre milioni di giocatori. «Per molti il gioco d’azzardo rimane un’attività di divertimento occasionale – afferma lo psichiatra e psicoanalista Michele Sforza, direttore del Cestep (Centro per lo studio e la terapia delle psicopatologie) – mentre per alcuni quello che sembra un semplice vizio si trasforma in una vera e propria schiavitù. Il giocatore dipendente non gioca più per i soldi, ma per l’emozione che prova nell’attesa che precede il momento del gioco e poi nel corso dell’azione vera e propria. Lo stato di eccitazione sale naturalmente ancora di più quando è correlata a una vincita». Se da una parte è quindi comprensibile che la vincita spinga a giocare ancora, a volte può essere più difficile capire perché si continui a giocare anche in caso di perdita. Quando il gioco assume i contorni di un comportamento patologico? «La dipendenza da gioco d’azzardo, così come tutte le dipendenze da comportamenti, presenta delle caratteristiche patologiche precise: innanzitutto lo sviluppo dell’assuefazione o

Q


Michele Sforza

tachifilassi, cioè il meccanismo che conduce progressivamente all’aumento della tolleranza nei confronti del comportamento che, a questo punto, diventa indispensabile per il funzionamento fisico e psichico del soggetto. Importanti ricerche nel campo delle neuroscienze hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale che alcune aree del nostro cervello esercitano su questi meccanismi. In secondo luogo, la presenza della “sindrome di astinenza”, che si manifesta con una serie di disturbi psico-fisici quando si cerca di ridurre o di abolire il comportamento stesso. E infine la comparsa del meccanismo del chasing, cioè “dell’inseguimento delle perdite” che induce nella persona dipendente un avvilimento e uno stato di sofferenza tali che l’eccitazione scaturita dalla sola idea di poter riprovare di nuovo una sensazione di soddisfazione fa mettere in moto il meccanismo “appetitivo”, che spinge a giocare ancora».

Esistono discriminanti che rendono una persona maggiormente vulnerabile alla dipendenza? «Ci sono molti fattori di rischio, ma il nucleo centrale è rappresentato dai meccanismi di gratificazione. Gli esseri umani sono, infatti, programmati per ripetere i comportamenti che provocano piacere. Il processo scatta grazie alla produzione da parte del nostro cervello di alcune sostanze attraverso l’azione della dopamina, il principale neuromediatore della gratificazione. Il meccanismo della gratificazione si sviluppa nel circuito neuronale del “rewarding system” o “sistema di ricompensa” situato nella parte del cervello dove si elaborano emozioni e impulsi e alla quale fanno capo tutte le gratificazioni: il cibo, il sesso come premio alla riproduzione, le droghe, il gioco d’azzardo, o la navigazione su internet. Esistono predisposizioni genetiche, in particolare metaboliche, alle dipendenze ma oggi è acquisito il fatto che CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 193


DIPENDENZE

CYBERSEX, LA NUOVA FORMA DI DIPENDENZA SESSUALE Ne sono affetti soprattutto gli uomini. Che passano fino a 11 ore la settimana nell’universo dei piaceri virtuali. A delinearne le caratteristiche, la sessuologa Valentina Cosmi

L’

8% degli italiani è dipendente da internet e in questa percentuale spiccano i dipendenti dal cybersex. Lo rivelano i dati presentati lo scorso ottobre in occasione del convegno “Cybersex: forme attuali di dipendenza sessuale” organizzato dalla Sipap (Società italiana psicologi area professionale) e dall’Istituto di sessuologia clinica di Roma. «La possibilità di “giocare” con la propria identità rappresenta l’aspetto più accattivante del cybersex, perché in questo modo la persona ha la possibilità di diventare quello che ha sempre fantasticato, ma che non ha il coraggio

e/o la possibilità di attuare nel mondo reale», spiega Valentina Cosmi (nella foto), psicologa dell’Istituto romano. Come evidenzia la dottoressa Cosmi, questa tipologia di esperienze è legata soprattutto alle piattaforme virtuali come Second life o Red light centre. «Le caratteristiche tipiche della cybersex addiction sono legate soprattutto alla quantità di tempo che si dedica a questa attività. Da un punto di vista prettamente sessuale, la persona non riesce a canalizzare la propria eccitazione verso altro tipo di attività: il cybersex costituisce l’unica via attraverso cui arrivare

nell’insorgere di qualsiasi malattia non basta

una predisposizione genetica, ma è necessaria la contemporanea presenza di più fattori di rischio che vengono attivati da una causa scatenante». È possibile indicare, nel caso del gioco d’azzardo, alcuni fattori di rischio? «Essere esposti fin da piccoli alla cultura del gioco. Trovarsi in situazioni di sofferenza psicologica o di depressione che spingono a cercare gratificazioni compensatorie come il gioco, lo shopping, l’uso di alcol o altre so-

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al raggiungimento del piacere». Il 76% dei dipendenti da cybersex sono sposati. Si tratta per loro di un diversivo oppure è un’altra possibile strada che conduce al tradimento? «Dipende. Per gli uomini, la maggior parte degli incontri virtuali sono finalizzati alla scarica orgasmica e non contemplano la possibilità di un incontro reale, a differenza delle donne che invece ricercano maggiormente una relazione anche reale. Di fatto, occorre precisare cosa si intenda per tradimento, molte partner percepiscono le doppie vite dei mariti come veri e propri tra-

stanze psicoattive». Come si cura una dipendenza, in particolare quella da gambling? «Un tempo si riteneva erroneamente che soltanto la psicoterapia potesse risolvere la dipendenza. Oggi sappiamo invece che, accanto agli interventi psicologici, sono indispensabili strategie che permettano alla persona di staccarsi dalla sostanza o dal comportamento da cui è dipendente. Proprio perché i fattori da tenere in considerazione sono fisici, psicologici e sociali, il lavoro va svolto su più piani contemporaneamente. Un passo fondamentale è pertanto quello di fornire ai giocatori d’azzardo durante la terapia le giuste tecniche per evitare le ricadute, ma senza trascurare gli altri fattori coinvolti». Che tipo di terapia si adotta? «La terapia è definita multidisciplinare perché comprende interventi contemporanei su più piani. L’intervento psicoterapico di gruppo rappresenta uno strumento terapeutico importantissimo e insostituibile, è la via regia nella terapia delle dipendenze. Accanto al lavoro di gruppo, nel caso del gioco d’azzardo è opportuno curare anche l’aspetto psicologico individuale, così come diventa cruciale soste-


Michele Sforza

dimenti anche se questi sono limitati alla sfera “virtuale”». La dipendenza da cybersex si riscontra soprattutto in persone che già risultano vulnerabili oppure il progredire della dipendenza sviluppa a sua volta effetti collaterali gravi? «Sicuramente esistono fattori predisponenti all’insorgenza di questa tipologia di disturbo, come ad esempio vivere in luoghi geograficamente isolati, fare un uso-abuso di sostanze, avere difficoltà nell’instaurare relazioni significative, essere esposti continuamente al mezzo telematico, e poi vulnerabilità individuale, tratti di personalità orientati alla depressione e all’isolamento. Tuttavia, è anche vero che il progredire della

dipendenza sviluppa effetti collaterali secondari gravi: alterazione del ritmo sonnoveglia, disregolazione nell’alimentazione, stati emotivi disforici, aumento della rabbia e dell’aggressività, riduzione dei contatti con il mondo reale a favore di quello virtuale, diminuzione del desiderio sessuale verso il partner reale». Come si cura oggi questa dipendenza? «Le soluzioni terapeutiche più adeguate sono quelle in cui è possibile associare una terapia psicologica basata sull’adozione di tecniche comportamentali che aiutino il soggetto a far fronte al desiderio impellente di utilizzo del computer, in associazione a tecniche maggiormente rivolte all’esplorazione delle ragioni che hanno portato il sog-

getto ad attuare un comportamento di dipendenza. La terapia può essere di gruppo o individuale a seconda delle caratteristiche e dell’esigenze dell’individuo».

Esistono predisposizioni genetiche, in particolare metaboliche, alle dipendenze ma oggi è acquisito il fatto che è necessaria la contemporanea presenza di più fattori

nere la famiglia del giocatore, considerando le notevoli ripercussioni economiche e psicologiche che ricadono sul coniuge e sui figli. L’aspetto farmacologico è utile per trattare eventuali disturbi depressivi o, secondo alcune ricerche, per ridurre l’impulso al gioco. L’attenzione deve essere massima perché è stato calcolato che i tentativi di suicidio nei giocatori d’azzardo patologici sono fino a 4 volte superiori rispetto alla media dell’intera popolazione. Lo stile di vita di un giocatore d’azzardo è estremamente stressante e spesso è causa di disturbi fisici, soprattutto cardiovascolari e metabolici, che richiedono cure specifiche. Ci sono infine altri aspetti da non trascurare». Quali? «È frequente che il giocatore d’azzardo finisca nelle mani di usurai o di ambigue società fi-

nanziarie. Va quindi affiancato da un legale, da un commercialista, oppure va indirizzato a centri, spesso di matrice cattolica, che forniscono un supporto contro lo strozzinaggio. Un’altra figura importante nel piano terapeutico è quella del tutor, che ha il compito di aiutare la persona affetta da dipendenza a gestire i soldi nei primi tempi del trattamento. Si tratta in definitiva di un lavoro a 360 gradi. Trascurare uno solo dei tanti aspetti di questa malattia, significherebbe mettere a repentaglio la buona riuscita della terapia». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 195


CHIRURGIA PLASTICA

Una pelle giovane senza bisturi oggi è possibile Accanto agli ormai ben noti filler e botox, la biorivitalizzazione cutanea permette ottimi risultati nel miglioramento dell’aspetto e della struttura della pelle. «I risultati sono garantiti dall’approccio personalizzato per ogni paziente» assicura il chirurgo estetico Rocco Carfagna. Che avverte: «È fondamentale seguire sempre i consigli dei professionisti» Giusi Brega

in costante incremento la ricerca di metodi e sostanze in grado di favorire un fisiologico equilibrio della pelle e, quando necessario, il ripristino dell’attività funzionale delle strutture dermiche al massimo livello possibile. Sono dunque molteplici i trattamenti a disposizione del chirurgo in tema di ringiovanimento cutaneo per soddisfare la crescente richiesta da parte di pazienti sempre più informati ed esigenti. In particolare, accanto ai ben noti filler e al botox, «la biorivitalizzazione cutanea riveste un ruolo sempre più importante al fine di migliorare l’aspetto e la struttura della cute del viso dei pazienti» afferma il chirurgo estetico Rocco Carfagna. Che spiega come questo trattamento possa essere esteso anche ad altre parti del corpo «per un ringiovanimento senza bisturi». In che cosa consiste la biostimolazione del viso? «Prima di procedere alla biorivitalizzazione del viso, si valuta lo stato della cute del paziente dal punto di vista clinico e anche gra-

È

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Nella foto, Rocco Carfagna, specializzato in chirurgia estetica


Rocco Carfagna

zie all’ausilio di device specifici che analiticamente evidenziano lo status cutaneo consentendo così al medico di scegliere il trattamento più indicato e, quindi, personalizzato per il paziente. Grazie a trattamenti mesoterapici, le classiche punturine, o di apparecchiature di elettroporazione, si veicolano nel sottocute principi attivi e sostanze quali Adn, silicio, Dmae, che stimolano i fibroblasti e generano una produzione da parte degli stessi di collagene e acido ialuronico ex novo. Tale condizione ci consente di agire “rigenerando” la cute migliorandone l’aspetto e la struttura, donandole maggiore luminosità, compattezza ed elasticità. Uno dei trattamenti di biostimolazione maggiormente affascinanti è l’utilizzo delle piastrine autologhe, prelevate dal sangue del paziente. Le piastrine, opportunamente trattate dopo il prelievo, vengono “attivate” per consentire loro di rilasciare tutti i fattori di crescita di cui sono ricche e che saranno poi utilizzati per la rigenerazione dei tessuti cutanei da trattare, il tutto in modo sicuro e rapido».

+30% BOTOX

La percentuale che conferma l’aumento del ricorso al botox da parte degli italiani, primi nella classifica degli europei che utilizzano queste cure estetiche, secondi solo agli statunitensi

Quali vantaggi offre rispetto ad altri trattamenti? «Sono molti i pazienti che si rivolgono al chirurgo e, che per risolvere i loro inestetismi, specificatamente desiderano che non sia utilizzata la chirurgia. Oggigiorno, sempre maggiori richieste del genere possono essere soddisfatte rispetto al passato, grazie ai progressi di tecniche innovative e di prodotti sempre più specifici e sicuri. Il medico deve saper consigliare sempre la soluzione più adeguata al problema che il paziente stesso gli prospetterà». Qual è la durata degli effetti? «La durata degli effetti di una biorivitalizzazione completa della cute del viso è variabile dai tre ai sei mesi ed è correlata alla tipologia dei trattamenti effettuati e dal numero degli stessi». È adatta a tutti i tipi di pelle o ci sono controindicazioni? «Come accennavo in precedenza, i trattamenti sono specifici e personalizzati per ogni paziente e questo li rende adatti a qualsiasi ti- CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 197


CHIRURGIA PLASTICA

Sono molti i pazienti che, per risolvere i loro inestetismi, desiderano che non sia utilizzata la chirurgia. il medico deve saper consigliare sempre la soluzione più adeguata al problema che il paziente gli prospetterà

pologia di cute».

È possibile effettuarla anche in altre parti del corpo? «Certamente i trattamenti di biorivitalizzazione possono essere effettuati sulla cute dell’intero corpo e, in particolare, di collo, decolletè, addome, glutei. I trattamenti, vengono effettuati anche per il ringiovanimento o lifting non chirurgico dei genitali esterni femminili e per l’aumento della sensibilità del punto G». Per quanto concerne i filler permanenti e il botox, cosa c’è da sapere per evitare spiacevoli inconvenienti? «I filler si dividono in due grosse classi di prodotti, quelli permanenti e quelli non permanenti. La disputa, anche tra i professionisti del settore, è sempre aperta sull’utilizzo dell’uno o dell’altro prodotto. In considerazione di esperienze ben rappresentate in letteratura medica, oggi si preferisce, di gran lunga, l’utilizzo di filler riassorbibili che risultano di certo più sicuri e garantiscono un’efficacia ed un’affidabilità elevatissime sia, per l’operatore che per il paziente. Nell’ambito dei filler, iniettati per trattare ine-

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stetismi quali rughe, depressioni o per riempire zone ptosiche, per esempio l’area zigomatica, si utilizza da tempo anche la soluzione delle iniezioni di grasso autologo, prelevato, cioè, dallo stesso paziente e reimpiantato ove necessario. Il tessuto adiposo, ricchissimo, inoltre, di cellule staminali, è un filler che garantisce, oltre che volume, anche trofismo al tessuto cutaneo sotto cui viene impiantato». Quali sono i filler maggiormente utilizzati? «Nell’ambito dei riassorbibili, senza dubbio l’acido ialuronico. Ultima novità in tal senso, è l’acido ialuronico macromolecolare, un prodotto che, con estrema sicurezza, sicuro si utilizza per il riempimento di macroaree corporee quali glutei, regione poplitea, regione zigomatica spesso in sostituzione o in sinergia del grasso autologo». L’utilizzo del botox è sicuro? «L’utilizzo della tossina botulinica per l’inestetismo delle rughe frontali e di quelle periorbitali è prassi ormai assodata. Il botox, se utilizzato in modo corretto, così come tutti i device e i principi attivi a disposizione del medico, è un’arma ormai insostituibile per il professionista dell’estetica. Sia per il botox che per i filler, così come per qualsiasi trattamento chirurgico, e non, che un paziente ha intenzione di effettuare, l’importante è ricorrere a professionisti del settore e seguire i consigli degli stessi, consci delle proprie aspettative e dei possibili risultati da ottenere».



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AUMENTO DEI CONTENZIOSI

La malasanità è un problema non un business I casi di malasanità che riempiono le pagine della cronaca hanno come diretta conseguenza il proliferare dei contenziosi. Non sempre fondati. Ma, meno raramente di quanto si pensi, motivati da questioni meramente economiche. L’avvocato Paolo Maggi avverte: «Evitare le strumentalizzazioni» Alberta De Pisis

Nella foto, l’avvocato Paolo Maggi nel suo studio di Napoli paolomaggi@studiolegalemaggi.it

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ell’ultimo decennio, sotto la spinta di un contenzioso sempre crescente e rinvigorito da fatti di cronaca riguardanti episodi di cosiddetta malasanità, la giurisprudenza ha ampliato i confini della responsabilità del medico. «La colpa medica non è più limitata alla cattiva esecuzione della prestazione chirurgica o diagnostica in senso stretto – precisa l’avvocato Paolo Maggi – ma ricomprende l’omessa o incompleta informazione circa il trattamento somministrato e l’errata o insufficiente indicazione della struttura sanitaria presso la quale effettuare le cure». I nostri giudici hanno inoltre modificato – in senso sfavorevole al medico inquadrato in una struttura pubblica – sia il regime dell’onere della prova, sia quello relativo alla prescrizione del diritto del paziente al risarcimento del danno. «Fino a qualche anno fa gravava sul paziente l’onere di provare l’errata prestazione medica e richiedere il risarcimento entro cinque anni» sottolinea l’avvocato Maggi. «Successivamente si è affermata la giurisprudenza che ha configurato la colpa medica in termini di inadempimento al contratto d’opera professionale» con la conseguenza che il paziente assolve il proprio onere probatorio producendo in giudizio copia della cartella clinica e, semplicemente, affermando l’erroneità della prestazione sanitaria, «spettando invece al medico di provare di aver esattamente eseguito la prestazione ovvero di aver diligentemente osservato tutte le opportune cautele per evitare l’evento dannoso, in modo tale da vincere la presunzione di colpa prevista dalla legge e risultare così esente da responsabilità». Come giudica l’attuale attenzione riservata al fenomeno della “malasanità”? «La sempre più incisiva presa di coscienza da

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Paolo Maggi

parte del cittadino del diritto primario alla salute e la progressiva maggiore attenzione riservata dai nostri giudici alla qualità della prestazione medica sono, di per sé, fatti da valutare con estremo favore. Lo stesso giudizio positivo deve esprimersi con riguardo al faticoso percorso giurisprudenziale che ha portato al chiarimento del concetto di danno non patrimoniale, impropriamente definito esistenziale, offrendo protezione a diritti di rilievo costituzionale un tempo ritenuti non risarcibili, come il danno da perdita del rapporto parentale dato dalla morte di un congiunto». Quali sono gli strumenti disponibili per arginare il fenomeno di contenziosi temerari? «Bisogna assolutamente evitare la strumentalizzazione per l’instaurazione di cause temerarie, che prescindono da una preventiva, seria e doverosa verifica della sussistenza di una responsabilità del medico, e che hanno come scopo quello di ottenere risarcimenti, contando sulla circostanza che sia il medico, che la struttura sanitaria nella quale questi opera sono assicurati».

30 mila DENUNCE

Il numero delle denunce che gli italiani sporgono contro medici e ospedali per errori ogni anno; per loro è sempre un reato da punire e da farsi risarcire ma i dati dimostrano che spesso ad avere torto sono i cittadini. La malasanità c'è ma non è la regola

Come si può procedere in tal caso? «Occorre denunciare, in tutte le sedi, anche in quelle disciplinari, i casi di conclamate e sicure false perizie e consulenze di parte o di ufficio; chiedere al giudice la condanna del paziente che ha visto la propria domanda rigettata al risarcimento del danno subito per il fatto di essere stato chiamato in giudizio, senza la preventiva e doverosa cautela. Inoltre bisogna intervenire sulla formazione dei medici, in particolare sul rispetto della deontologia professionale; garantire ai membri delle associazioni specialistiche un’assistenza legale e medico–legale costante, fin dal primo insorgere di un contenzioso civile o penale, attraverso la predisposizione, quantomeno a livello regionale, di collegi difensivi composti da avvocati e da medici legali, con l’ammissione di professionisti di consolidata esperienza. E per ultimo avviare, anche attraverso la istituzione di un centro raccolta dati, nel rispetto della legge sulla “privacy”, un’indagine sui casi di accertate liti temerarie con riguardo, in particolare, alle sentenze che tali accertamenti hanno compiuto». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 201


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CREDITI SANITARI

Sanità: un ritardo cronico che blocca i creditori Quali strategie sono applicabili per i creditori campani nei confronti delle imprese sanitarie locali? Gianluca Postiglione fa il punto sulla finanziaria 2010 e su una situazione paradossale che colpisce numerose aziende campane Carlo Sergi

a sanità campana vive da tempo una stagione difficile. «Le operazioni di transazione dei debiti pregressi, connesse al piano di rientro dal deficit sanitario stipulato dalla Regione Campania, hanno garantito un’iniezione di liquidità in grado di tamponare lo squilibrio finanziario contingente delle imprese locali, ma non sufficiente per risolvere il deficit strutturale che le ca-

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Gianluca Postiglione, dottore commercialista e revisore dei conti, esperto di finanza strutturata e gestione dei crediti sanitari. Nella pagina a fianco, la copertina del “Manuale del recupero crediti” edito da Maggioli Editore, di cui Postiglione è coautore - gianlucapostiglione@gmail.com

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ratterizza». Questa l’osservazione del dottor Gianluca Postiglione. «Il sistematico ritardo nel pagamento dei debiti correnti da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere ha infatti determinato un costante e fisiologico squilibrio finanziario in capo ai creditori. Tale squilibrio è stato “compensato” con il ricorso al sistema bancario fino al manifestarsi della crisi, che ha determinato, di fatto, una scarsa liquidità per gran parte delle aziende creditrici del sistema sanitario campano». Postiglione, esperto di gestione dei crediti sanitari e di finanza d’impresa, sottolinea il manifestarsi di una situazione paradossale: «Le aziende dichiarano in ossequio al principio di competenza ricavi che non hanno ancora incassato; su tali ricavi maturano le imposte a debito cui le aziende stesse non riescono a fare fronte. Di contro, per effetto della normativa vigente, le imprese creditrici verso le Pa non possono ricevere pagamenti se non sono in regola con gli obblighi tributari e contributivi. I creditori si trovano pertanto vittime di un circolo vizioso che conduce inesorabilmente verso la decozione aziendale, passando per scelte impopolari sul piano sociale, quali licenziamenti, procedure di ristrutturazione dei debiti o procedure concorsuali». Quali strategie aziendali sono ipotizzabili in una situazione del genere? «La strada più rapida è senza dubbio quella dello smobilizzo dei crediti, peraltro tracciata con forza anche dal legislatore, in quanto impone alla Pa in generale la liquidazione delle fatture entro 60


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Gestione

In molti casi il solo smobilizzo dei crediti esistenti può risultare non risolutivo. In tal caso una soluzione potrebbe essere la cessione dei crediti futuri con accordo di revolving

giorni e l’emissione della certificazione entro 90 giorni, laddove non avvenga il pagamento. In molti casi il solo smobilizzo dei crediti esistenti, però, può risultare non risolutivo. In tal caso una soluzione potrebbe essere la cessione dei crediti futuri con accordo di revolving». Di cosa si tratta? «Tecnicamente si tratta di una cessione pro soluto di fatturato futuro su base annua con fissazione di un plafond rotativo che si ricostituisce automaticamente in concomitanza con l’incasso dei crediti ceduti da parte del cessionario, il factor». Quali sono i vantaggi rispetto alle normali operazioni di fattorizzazione? «La cessione pro soluto “spot” può risultare onerosa per il cedente e non confacente alle reali esigenze finanziarie dell’azienda, essendo destinata a risolvere un problema momentaneo di liquidità. L’operazione in parola consente all’imprenditore di elaborare strategie a medio termine conoscendo in anticipo il circolante di cui disporrà per i 12 mesi futuri e le cadenze dei flussi in entrata. Ulteriore vantaggio, di non poco conto, è quello di conoscere in anticipo e di congelare il costo finanziario della cessione per i 12 mesi futuri, garantendosi nel caso di oscillazioni al rialzo dell’euribor». Lei è coautore del Manuale del Recupero Crediti, edito da Maggioli Editore. Il recupero giudiziario può essere una valida alternativa alle operazioni di smobilizzo dei crediti? «In linea generale la tutela giudiziaria delle ragioni creditorie assurge a garanzia principale per il creditore. È evidente che l’aggressione giudiziaria rappresenta l’extrema ratio rispetto agli strumenti ordinari di incasso dei crediti. Tuttavia, la Finanziaria 2010 inibisce per le regioni che, come la Campania, hanno stipulato il Piano di Rientro dal deficit sanitario, le azioni esecutive per un periodo di 12 mesi a far data dall’entrata in vigore

della legge. Si tratta di una norma che ha fatto molto discutere, per i profili di incostituzionalità, la cui ratio di norma straordinaria soccombe di fronte al rischio concreto di mettere in ginocchio l’intero comparto della sanità privata campana». Quali prospettive per le imprese campane del settore sanitario alla luce delle considerazioni fatte? «Sulla questione del “blocco dei pignoramenti” si segnala che nella seduta della Camera dei Deputati del 17.12.2009 per l’approvazione della legge finanziaria 2010 è stato approvato, con modificazioni, l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Taglialatela. Come noto l’apposizione del voto di fiducia non ha consentito emendamenti in sede di approvazione. Dalla lettura dell’ordine del giorno traspare, tuttavia, una concreta presa d’atto della lamentata incostituzionalità della norma in questione, che potrebbe tradursi in un decreto legge abrogativo nei primi mesi del 2010. Di contro si deve registrare che, dal resoconto stenografico della seduta della Camera dei Deputati del 17.12.2009, si evince con chiarezza che è stato cassato l’inciso che impegnava formalmente il governo ad abrogare la norma in questione. Il 2010 si presenta dunque come un anno critico, anche in virtù della imminente scadenza elettorale. Si rendono pertanto necessarie scelte radicali tese a garantire la sopravvivenza aziendale ed il mantenimento degli equilibri sociali. In tale situazione di incertezza lo smobilizzo dei crediti rappresenta una chance da non sottovalutare». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 203


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MEDICINA IPERBARICA

Molte patologie oggi si curano con l’ossigeno Somminiistrando ossigeno puro. All’interno di particolari ambienti pressurizzati. La moderna ossigeno terapia è oggi in grado di trattare una vastissima gamma di patologie. Con risultati soddisfacenti. Il Comandante Leonardo Fusco spiega i benefici della medicina iperbarica Eugenia Campo di Costa

urarsi con l’ossigeno è possibile attraverso la respirazione di ossigeno puro al 100% mediante maschera in camera iperbarica. All’interno della camera iperbarica la pressione viene aumentata con l’immissione di aria purificata dall’esterno. «L’ossigeno terapia iperbarica – spiega il Com.te Leonardo Fusco, del Cemsi, Istituto Salernitano di Medicina Iperbarica - permette un aumento dell’ossigeno nel sangue, che ha un effetto antinfiammatorio, antimicrobico e stimolante la guarigione delle ferite e delle lesioni ossee». Attraverso questa terapia vengono trattate diverse patologie come embolia gassosa arteriosa, malattie da decompressione, intossicazioni da monossido di carbonio, lesioni ulcerative da deficit vascolare, trattamento del piede diabetico, ritardo di consolidamento osseo, sordità improvvise, patologie oculari degenerative, radionecrosi, traumi da schiacciamento, necrosi ossee asettiche. Quali sono i risultati più importanti rag-

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giunti nel trattamento delle varie patologie attraverso la sua applicazione? «Oggi si possono salvare vite umane in caso di intossicazione da monossido di carbonio, di malattia da decompressione e di gangrena gassosa. Inoltre si possono recuperare gli arti in caso di traumi da scoppio e in seguito a incidenti e si sono ridotti i tempi di guarigione per le altre patologie con miglioramento della qualità della vita. Anche i tempi di degenza per i pazienti ospedalizzati si sono ridotti». Attraverso questa attrezzatura si possono svolgere attività mediche di tipo preventivo? «L’ossigeno terapia iperbarica è consigliabile per la prevenzione delle infezioni in pazienti a rischio, prima di interventi quale la riprotesizzazione di un arto, per il trattamento della necrosi asettica della testa del femore così da evitare o ritardare eventuali protesizzazioni e per le patologie oculari degenerative, quali retinite pigmentosa o retinopatia diabetica». Quali sono le nuove frontiere della medi-

Il Comandante Leonardo Fusco (Amministratore Unico) e nella pagina accanto, due immagini della camera iperbarica del Cemsi, l’Istituto Salernitano di Medicina Iperbarica www.cemsi.it


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Ossigeno terapia

È sotto monitoraggio l’applicazione dell’ossigeno terapia iperbarica sulle possibilità di mobilizzare e far proliferare cellule staminali

TERAPIE AMBULATORIALI E D’URGENZA L’Istituto Salernitano di Medicina Iperbarica si sviluppa su una superficie di 800 mq. Dotato di due camere iperbariche pluriposto allestite con le più alte tecnologie di sicurezza e di comfort per terapie ambulatoriali e di urgenza, è capace di erogare oltre 100 terapie ambulatoriali giornaliere e il soccorso di quattro barellati in contemporanea. L’Istituto ha garantito in tanti anni, grazie a una reale e costante presenza sul territorio, un punto di riferimento per tutti gli operatori sanitari. Ha ottenuto, oltre ai risultati di primo piano, vari attestati di benemerenza per i salvataggi effettuati.

cina iperbarica? «Si sta monitorando l’applicazione dell’ossigeno terapia iperbarica sulle possibilità, evidenziate da ricerche cellulari, di mobilizzare e far proliferare, nell’animale e nell’uomo, cellule staminali progenitrici delle normali cellule circolanti e tissutali in grado di sostituirsi a cellule

danneggiate. Tali studi dimostrano che, dopo trattamento con ossigeno iperbarico, ci sono più cellule staminali in circolo e quindi maggiori possibilità che raggiungano l’obiettivo». Chi sono gli utenti della vostra struttura e quali le aree geografiche di loro provenienza? «Nella maggior parte dei casi si tratta di pazienti ambulatoriali. Trattiamo anche pazienti ospedalizzati con patologie sia acute che croniche: i presidi ospedalieri privi di camera iperbarica si rivolgono al nostro Istituto per ridurre i tempi di degenza e accelerare i tempi di guarigione. Circa il 90% degli utenti proviene dalla regione Campania, la restante quota dalla Basilicata, regione in cui non esiste un centro iperbarico, e dal nord della Calabria». Che tipo di collaborazione esiste tra il vostro istituto e le altre strutture sanitarie sia pubbliche che private del centro sud e del resto d’Italia? «Il nostro Istituto, accreditato con il SSN, è inserito con reperibilità di 24 ore per tutto l’anno nel circuito della emergenza territoriale. Inoltre è il punto di riferimento delle strutture sanitarie pubbliche e private della provincia per tale tipologia terapeutica. Collabora, poi, attivamente per l’attività scientifica con le Facoltà di Medicina delle Università di Napoli. Infine è affiliato alla Società italiana di medicina subacquea e iperbarica (SIMSI) e all’Associazione nazionale delle camere iperbariche private (ANCIP)». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 205


INQUINAMENTO COSTIERO

La Grotta Azzurra è salva Il mare di Capri è pulito. Gli avvenimenti dello scorso agosto sono ormai lontani, i colpevoli dell’inquinamento sono stati scoperti ed le autorità competenti hanno in mano il monitoraggio della costa. Lo assicura Ciro Lembo, sindaco di Capri Nicolò Mulas Marcello

opo gli episodi di inquinamento marittimo avvenuti l’estate scorsa a Capri che hanno visto lo scarico di liquami in mare e una chiazza biancastra tossica nella Grotta Azzurra, ora la soglia di attenzione delle autorità locali è più elevata. Come ripete il sindaco di Capri Ciro Lembo. «In questi mesi abbiamo avuto contatti con l’assessorato alla Protezione Civile della Regione Campania, competente per gli impianti di depurazione del Golfo di Napoli, e ci hanno rassicurato sul fatto che la prossima estate non si verificheranno i problemi vissuti l’estate scorsa», precisa il primo cittadino dell’isola. Qual è attualmente lo stato di salute del mare in Campania ed in particolare a Capri?

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Nella foto, Ciro Lembo, riconfermato sndaco di Capri lo scorso giugno

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«È ovvio che le due situazioni sono legate, anche se l’estate scorsa siamo stati lontani dai gravi episodi di Cuma. Qui a Capri abbiamo tre impianti, tutti già funzionanti e in fase di ulteriore potenziamento, grazie alla collaborazione dell’assessorato all’Ambiente della Provincia di Napoli: il nostro mare è pulito». Si può quantificare un danno economico derivato dalla vicenda dello scarico abusivo di liquami nella Grotta Azzurra avvenuto l’estate scorsa? «Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto a titolo di provvisionale 100.000 euro a ognuno dei due comuni dell’isola, ma credo che il danno economico, soprattutto per l’immagine dell’isola, è stato incalcolabile». La capitaneria di porto sta


Ciro Lembo

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Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto a titolo di provvisionale 100.000 euro a ognuno dei due comuni dell’isola, ma credo che il danno economico, soprattutto per l’immagine dell’isola, è stato incalcolabile

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monitorando la costa per prevenire fenomeni come quello avvenuto ad agosto? «Certo. La sorveglianza è stata rafforzata immediatamente, ma chiederò che siano comunque previste misure ulteriori in vista della prossima stagione turistica, che fungano da massimo deterrente, perché non possiamo rischiare, come l’anno scorso, una catastrofe comunicativa per l’avventatezza di un

paio di sprovveduti delinquenti isolati». Le lettere che avete scritto al governo e alla Regione sono servite ad adottare interventi per risolvere il problema inquinamento? «Partiamo da un dato di fatto: qui c’è stato un episodio criminoso isolato. Ed il fatto che è stato subito scoperto e severamente punito dimostra che i controlli hanno funzionato. Nonostante ciò, vista la risonanza che c’è stata, gli stessi controlli sono stati subito intensificati. Il problema ambientale più grave che abbiamo, sul quale non c’è adeguata attenzione, è costituito dalla centrale termoelettrica: su questo il governo a novembre ha già disposto un commissariamento dal quale ci aspettiamo molto». Avete in programma inizia-

tive per riportare i turisti spaventati dall’inquinamento sul litorale campano la prossima estate? «Cominciamo a dire che non c’è stato nessun motivo per spaventarsi: su questo insisto. A Capri non abbiamo avuto nessuna flessione di turisti, legata all’emergenza registrata sul litorale campano. L’episodio criminoso è stato prontamente scoperto e punito grazie a un ottimo lavoro dei Carabinieri e della magistratura. Comunicheremo che il nostro mare è pulito, come è sempre stato: chiedetelo ai turisti che erano qui durante lo stesso mese di agosto. Poi stiamo prendendo in seria considerazione l’ipotesi di istituire il parco marino dell’Isola di Capri, stiamo lavorando per questo d’intesa col ministero dell’Ambiente». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 209


INQUINAMENTO COSTIERO

Le coste campane non corrono I nessun pericolo Il primo passo per combattere l’inquinamento marittimo è conoscere l’entità del problema attraverso precise rilevazioni e un monitoraggio continuativo della salute delle acque. Il litorale campano viene costantemente controllato con strumentazioni oceanografiche di alto livello Nicolò Mulas Marcello

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l monitoraggio delle coste attraverso scrupolosi controlli scientifici delle acque è uno dei compiti dell’Arpac, che ogni anno svolge questa attività con tecnologie avanzate al fine di definire le aree di balneazione e circoscrivere quelle che non rispettano i valori consentiti per legge. I campionamenti vengono effettuati su tutta la costa campana e verificati in laboratorio in base a parametri microbiologici stabiliti dalle normative vigenti. L’attività dell’Arpac è costante soprattutto dopo gli episodi di forte inquinamento registrati la scorsa estate, che hanno fomentato un clamore mediatico, enfatizzato forse più del dovuto. «L’aggravamento della qualità delle acque – sostiene Gennaro Volpicelli, direttore generale dell’Arpac – è consistito nell’intorbidamento lungo le coste della penisola sorrentina e delle isole del golfo. Le cause sono ricollegabili alla stabilizzazione di un regime di alta pressione di origine africana (“bolla africana”) che ha ritardato la formazione dell’anticiclone delle Azzorre; tali condizioni hanno rallentato il normale ricambio delle acque del golfo impedendone il rinnovamento». Un fenomeno contingente, però, alle forme di inquinamento causate dall’imperizia e dall’inciviltà dell’uomo.


Arpac

Con quale frequenza viene effettuato il monitoraggio delle acque da parte vostra e su che basi vengono eseguite le rilevazioni? «L’Arpac garantisce il controllo della qualità delle acque di balneazione attraverso prelievi di acqua di mare in 367 punti di campionamento predefiniti, distribuiti lungo il litorale campano a distanza di circa 2 km l’uno dall’altro. Su ciascun campione sono effettuate, dai nostri laboratori, determinazioni chimico-fisiche e microbiologiche previste dalla legge. Il monitoraggio viene effettuato ogni anno nel periodo compreso fra l’1 aprile e il 30 settembre con cadenza quindicinale per un totale di 12 campioni per punto di prelievo. L’elaborazione dei dati, secondo la normativa vigente, fornisce il supporto tecnico-operativo per l’emanazione da parte della giunta regionale dell’atto deliberativo di idoneità dei tratti costieri per la stagione balneare successiva». La situazione è oggi sotto controllo? «Sì, nel senso che l’attività di monitoraggio è svolta ogni anno, con l’ausilio di una flotta di mezzi nautici equipaggiata con strumentazione oceanografica, secondo criteri, modalità e specifiche tecniche dettati dalla normativa europea recepita dal nostro Paese». Quali sono le zone più inquinate dopo gli ultimi rile-

vamenti? «Le aree costiere maggiormente inquinate permangono quelle del golfo di Napoli e del litorale Domizio, nei tratti corrispondenti alle foci dei corsi d’acqua di più consistente portata (Garigliano, Volturno, Sarno e Canale dei Regi Lagni) e in prossimità di sversamenti impropri, nonchè a causa di criticità derivanti dall’inefficienza degli impianti di depurazione». Anche le spiagge presentano fattori di rischio per la salute? «È stata accertata la contaminazione di tratti di spiaggia e di territorio limitrofo da ricollegare alle preesistenti attività industriali oggi dismesse, alla presenza di depositi di rifiuti tossici e talvolta di microrganismi patogeni. La praticabilità di tali aree è vietata a tutela della salute umana». La Regione Campania ha adottato nuove misure di intervento alla luce delle vicende di grave inquinamento accadute la scorsa estate? «La Regione ha predisposto interventi mirati a rimuovere l’inquinamento delle acque costiere investendo risorse per il rimodernamento e la manutenzione straordinaria dei depuratori e dotandoli di un sistema di monitoraggio allo scarico per il controllo. Ovviamente il recupero alla balneabilità non può prescindere dalla rimozione delle cause strutturali responsabili della persistente contami-

nazione». Come prevedete che sarà la situazione del mare in vista della prossima stagione estiva? «Sostanzialmente la situazione si preannuncia non diversa da quella registrata negli ultimi venti anni e rimarrà tale fino a quando non diventeranno efficaci gli interventi strutturali a rimozione delle cause di inquinamento. Un imprevisto peggioramento si è registrato nella passata stagione estiva rispetto all’andamento medio degli ultimi vent’anni; esso è da attribuire ad apporti negativi riconducibili ad alterazioni delle fenomenologie consolidate meteo-marine del luogo e del periodo estivo».

Sopra, Gennaro Volpicelli, direttore generale dell’Arpac

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FOTOVOLTAICO

La nuova sfida dell’energia Si chiama roof top Un impianto fotovoltaico da 25 MW. Che sarà in grado di produrre circa 33 milioni di chilowattora all’anno riducendo le emissioni di CO2. Il più grande progetto integrato su tetti con tecnologia innovativa in Italia sorgerà a Nola sui tetti di CIS e Interporto Campano. Lo illustra Francesco Starace, presidente di Enel Green Power, proprietaria dell’impianto Francesca Druidi

rende corpo il più grande progetto fotovoltaico roof top in Italia, tra i più grandi anche a livello mondiale. L’accordo siglato da Enel Green Power, Centro ingrosso sviluppo Campania (Cis) e Interporto Campano nel dicembre scorso, prevede la costruzione di un impianto fotovoltaico da 25 MW nel Comune di Nola, in provincia di Napoli, sulle coperture di immobili commerciali e logistici del distretto Cis-Interporto. «Il principale punto di forza – spiega Francesco Starace, presidente di Enel Green Power, proprietaria dell’impianto – è la totale integrazione architettonica, grazie all’impiego di moduli fotovoltaici in silicio amorfo flessibile accoppiati alle guaine di impermeabilizzazione dei tetti». A regime, soddisferà i consumi di circa 13mila famiglie in virtù dei circa 33 milioni di chilowattora prodotti

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all’anno. «L’impianto diventa parte integrante del tetto che resta accessibile e calpestabile. Questo tipo di moduli, inoltre, si presta particolarmente all’utilizzo ad alte temperatura che si riscontrano nel periodo estivo, con in più un “effetto vela” minimo rispetto ai forti venti locali». Esiste una maggiore consapevolezza in Italia dell’importanza assunta dall’energia prodotta da fonti rinnovabili?

«È ormai più che affermata l’idea che in un mix ben equilibrato per la produzione di energia, le rinnovabili debbano avere una quota importante che consenta al nostro Paese, tra l’altro, di rispettare i vincoli imposti dalla comunità internazionale sulle emissioni di CO2. Stando al solo fotovoltaico, con una stima di capacità aggiuntiva per il 2009 pari a 500 MW, l’installato complessivo in Italia ammonterebbe a 900 MW. Il nostro

Sotto, Francesco Starace, presidente di Enel Green Power, società del gruppo Enel dedicata alla generazione di energia da fonti rinnovabili


Francesco Starace

Paese dovrebbe, quindi, piazzarsi al secondo o terzo posto nella classifica internazionale della capacità addizionale da fonte fotovoltaica nel 2009, sicuramente dietro la Germania, ma prima di “giganti” come Usa, Cina e Giappone. E anche il 2010 si preannuncia molto promettente, grazie al forte interesse dimostrato da imprese e clienti residenziali». Il fotovoltaico rischia la maturazione? «Crediamo fortemente nel mercato nazionale, in costante crescita. Risale all’inizio del 2010 la firma dell’accordo con Sharp e STMicroelectronics per la realizzazione di quella che sarà la più grande fabbrica italiana di pannelli fotovoltaici a film sottile, a tripla giunzione, una tecnologia esclusiva dei nostri partner giapponesi. La fabbrica sarà localizzata a Catania, nel sito esistente M6, che sarà conferito alla nuova joint venture paritetica da ST.

Enel Green Power entrerà così per la prima volta nella produzione di pannelli fotovoltaici che commercializzeremo in Italia, attraverso la nostra controllata Enel.si, e nell’area dell’Emea, dove realizzeremo, inoltre, insieme a Sharp, nuove solar farm per complessivi 500 MW di capacità installata, entro il 2016». Biomasse, eolico. Quali gli orizzonti più promettenti per le energie rinnovabili? «L’eolico ha ancora un ampio margine di crescita in Italia, sia nell’istallazione di turbine di taglia industriale che nel settore del minieolico. L’evoluzione tecnologica dei turbogeneratori permetterà di sfruttare sempre meglio i regimi eolici che caratterizzano il Paese, senza dimenticare il potenziale eolico offshore che, sebbene limitato dalla bellezza paesaggistica delle nostre coste, potrà giocare un contributo nella matrice di genera-

zione rinnovabile nei prossimi anni. Il settore delle biomasse è interessante, a patto che si considerino le evidenti ricadute locali di filiera corta, che permettono di rivitalizzare comparti agricoli altrimenti sofferenti». Che cosa serve alla green economy italiana per crescere ancora? «Burocrazia efficiente, chiarezza normativa, volontà politica, peraltro fin qui dimostrata soprattutto a livello di governo centrale: sono le condizioni essenziali per poter sfruttare appieno le risorse naturali di cui il nostro Paese dispone abbondantemente».

In alto, il distretto CISInterporto Campano Interporto, dove sorgerà l’impianto fotovoltaico. Sopra, la centrale fotovoltaica dell’Enel di Serre Persano in provincia di Caserta

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Parte il decreto sul nucleare ora serve l’intesa sull’individuazione dei siti Il governo approva in via preliminare i criteri per definire l’idoneità potenziale dei territori a ospitare impianti nucleari. «Tutte le procedure sono caratterizzate dalla più scrupolosa attenzione per i profili di carattere ambientale», sottolinea il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia Stefano Saglia Francesca Druidi 216 • DOSSIER • CAMPANIA 2010

n ulteriore passo avanti nel ritorno all’atomo in Italia. Lo ha segnato nel dicembre scorso l’approvazione in via preliminare, da parte del Consiglio dei ministri, dello schema di decreto legislativo che, come evidenzia il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia Stefano Saglia, «at-

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traverso la definizione degli iter procedurali e delle competenze dei diversi soggetti, istituzionali e non, stabilisce il framework normativo per consentire il ritorno al nucleare del nostro Paese». Le procedure autorizzative riguardano sia i criteri di localizzazione che la strategia nucleare, oltre all’autorizzazione puntuale per la realizzazione e


Stefano Saglia

l’esercizio di ogni singolo impianto. Il decreto non sancisce una “mappatura” del territorio, ma i requisiti cui dovranno rispondere le proposte dei singoli operatori. «Tra i criteri generali – prosegue Saglia – vi sono le caratteristiche in termini sismici, geofisici e geologici, nonché di accessibilità dell’area, distanza da centri abitati e infrastrutture di trasporto, disponibilità di risorse idriche, valore architettonico e paesaggistico». Come verranno tutelate nello specifico le persone e l’ambiente? «Tutta la procedura di localizzazione degli impianti è caratterizzata, sin dall’inizio, dalla più ampia partecipazione dell’opinione pubblica, attraverso lo svolgimento di una consultazione pubblica, e dalla più scrupolosa attenzione per i profili di carattere ambientale, attestata dall’effettuazione della Valutazione di impatto ambientale. Tra le caratteristiche delineate dello schema di decreto, alla base dei requisiti che l’Agenzia per la sicurezza nucleare dovrà definire nei prossimi mesi, vi sono il rispetto dei più elevati livelli di sicurezza dei siti, la tutela della salute della popolazione e la protezione dell’ambiente, come si può vedere dall’articolo 8 dello schema di decreto legislativo». In che modo le Regioni saranno coinvolte nell’individuazione dei siti e nella realizzazione degli impianti? «Tutte le procedure, anche

preliminari all’identificazione dei siti, sono caratterizzate dalla più ampia partecipazione delle Regioni, degli enti locali e dell’opinione pubblica. Non solo, secondo il decreto, è previsto anche che la Regione interessata esprima la propria intesa per la certificazione dei singoli siti e che presso i territori che abbiano un sito certificato, ossia idoneo per la realizzazione di un impianto nucleare, sia istituito un “Comitato di confronto e trasparenza”, volto a garantire alla popolazione l’informazione, il monitoraggio e il confronto pubblico sulle procedure autorizzative, la realizzazione, l’esercizio e la disattivazione degli impianti nucleari, così come sulle misure di protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Come appianare le perplessità delle Regioni che hanno presentato ricorso contro il nucleare, nonostante gli incentivi attribuiti per il 10% alle Province interessate, per il 55% ai Comuni e per il 35% alle amministrazioni limitrofe? «L’informazione continua e il coinvolgimento della Regione nelle fasi decisionali, attraverso lo strumento forte dell’intesa, garantiscono che nessuna scelta sarà effettuata al di sopra e a prescindere dalla volontà delle amministrazioni territoriali, con cui il governo e gli operatori industriali intendono avere un confronto aperto, come del resto avviene

Tra i criteri generali che devono soddisfare le aree destinate a ospitare le centrali, vi sono le caratteristiche in termini sismici, geofisici e geologici, nonché di accessibilità dell’area, distanza da centri abitati e infrastrutture di trasporto, disponibilità di risorse idriche, valore architettonico e paesaggistico

già per tutte le infrastrutture energetiche di rilievo strategico. Gli incentivi economici destinati agli enti locali non il sottosegretario sono un sostituto del con- Sopra, allo Sviluppo economico senso o delle garanzie am- con delega all’Energia Saglia. In bientali, ma un elemento in Stefano apertura, un’immagine più da tenere in considera- della centrale nucleare Latina, in funzione dal zione per assicurare ricadute di1963 al 1987, dal 1999 positive per i territori interes- di proprietà di Sogin sati». Quali sono le principali CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 217


POLITICHE ENERGETICHE

NUCLEARE: MAGGIOR INFORMAZIONE E NORME PIÙ CHIARE Per ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dai combustibili fossili, il nucleare rappresenta una soluzione che non può essere rigettata a priori e ideologicamente. Lo spiega Alessandro Clerici, presidente della Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche

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er rendere efficace in Italia un piano nucleare occorrono un’informazione capillare e diffusa e un coacervo di leggi chiare e dettagliate relative a tutto il ciclo di vita del nucleare. Lo sottolinea Alessandro Clerici, presidente di Fast e presidente onorario del Wec Italia, il Consiglio mondiale dell’energia (nella foto). Come si presenta la situazione in Italia rispetto ad altri Paesi? «A seguito dell’abbandono di ogni attività nucleare dopo il referendum del 1987, un piano nucleare in Italia comporta procedure e tempi più lunghi rispetto a paesi che hanno in servizio centrali nucleari nell’ambito di leggi ben collaudate. Dobbiamo, infatti, rendere funzionante una competente e riconosciuta autorità/agenzia e approvare leggi e relativi decreti di dettaglio, che vanno

dall’autorizzazione del sito della centrale all’autorizzazione per costruzione ed esercizio e al suo smantellamento a fine vita, oltre ai depositi nazionali di scorie radioattive. I nuovi reattori sono forniti per funzionare 60 anni, si parla quindi di un ciclo di quasi un secolo per una centrale. Il tutto richiede chiare definizioni dei compiti delle varie istituzioni coinvolte e un approccio trasparente e bipartisan». Come valuta l’approccio fino a questo momento adottato dal governo? «Da una parte è forse realistico, tenendo conto della frattura ideologica nel paese sul nucleare, dall’altra abbastanza carente fino a ora per quel che concerne una campagna informativa, non ideologica e capillare, e un orientamento bipartisan. Il decreto legislativo dello scorso 21 dicembre riporta

egregiamente tutte le problematiche che devono essere affrontate per un piano nucleare nel suo lungo ciclo di vita, rimandando come da consuetudine tutta italiana a decreti applicativi di dettaglio, che ci si augura possano essere emessi nei tempi previsti, coinvolgendo le istituzioni nazionali e locali e tutti i principali stakeholder. Esistono chiaramente alcuni punti da definire meglio e affinare». Lei vede nel futuro un’integrazione tra il nucleare e le energie rinnovabili? «Considerando gli sviluppi futuri delle tecnologie e delle legislazioni ambientali, tutte le fonti energetiche debbono essere tenute in adeguata considerazione e nessuna deve essere idolatrata o demonizzata. Nucleare e rinnovabili non sono in antitesi: il nucleare fornisce l’indispensabile energia elettrica di base, programmabile per sopperire con con-

caratteristiche ambientali e tecniche che devono soddisfare le aree destinate a ospitare le centrali? «Lo schema di decreto legislativo approvato in via preliminare prevede che l’Agenzia per la sicurezza nucleare proponga, coerentemente con la strategia nucleare del governo e sulla base di dati tecnicoscientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, specifici parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee a ospitare un sito nucleare. La proposta dell’Agenzia sarà, quindi, presentata al ministero dello Sviluppo economico, al ministero dell’Ambiente e al

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ministero delle Infrastrutture. Il procedimento di definizione e approvazione dei parametri è ispirato alla massima trasparenza e partecipazione, prevedendo la possibilità per tutti i soggetti portatori di interessi, compresi Regioni ed enti locali, di partecipare al procedimento stesso con la formulazione di osservazioni e proposte tecniche di cui sarà data evidenza con la pubblicazione attraverso siti internet». Molti ritengono che la lista dei siti prescelti ricalcherà quella delle vecchie centrali nucleari. Può fare qualche anticipazione al proposito? «Al momento attuale, non è possibile e serio fare alcuna


Stefano Saglia

tinuità alle richieste di industrie e famiglie, mentre le rinnovabili danno energia se c’è vento o sole e necessitano, quindi, di adeguata riserva. Dopo eventuali brevi periodi di incentivi iniziali, le differenti tecnologie guadagneranno la loro quota di mercato in funzione dei loro costi, includendo quelli ambientali». Perché è importante affiancare la realizzazione di centrali di terza generazione con un percorso parallelo di ricerca sulla quarta? «I possibili reattori di quarta generazione avranno il notevole vantaggio di ridurre di circa cento volte il consumo di uranio per produrre la stessa quantità di energia elettrica riducendo della stessa entità le scorie radioattive. Vari progetti sono allo studio con prototipi sperimentali disponibili forse tra oltre un decennio e realizzazioni con taglie commerciali ipotizzabili per il 2040. Se si vogliono realizzare delle centrali nucleari oggi e nel prossimo futuro, esse sono solo quelle della 3° generazione, come quelle in costruzione o considerazione in vari paesi industrializzati tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Giappone e in via di industrializzazione come Cina, Corea. Occorre però inquadrare la quarta generazione in un percorso parallelo di ricerca e sviluppo, per non trovarci ancora fra qualche decennio completamente dipendenti da soluzioni tecnologiche sviluppate all’estero».

A sinistra, un particolare della centrale nucleare di Latina di Sogin, un impianto di tecnologia inglese a gas grafite, GCRMagnox. La sua costruzione, da parte dell’Eni, è iniziata nel 1958. Dopo appena quattro anni, nel maggio 1963, prima tra le centrali nucleari italiane, ha iniziato a produrre energia elettrica

anticipazione in merito a possibili siti per le centrali nucleari. Dopo che saranno stati approvati i requisiti per i siti, i soggetti interessati, ossia coloro che vorranno costruire una centrale nucleare, potranno presentare al ministero dello Sviluppo economico e all’Agenzia per la sicurezza nucleare istanza per la certificazione dei siti. Si avvierà così l’iter per la certificazione dei siti, o meglio per la procedura autorizzativa degli impianti, procedura articolata che, secondo il decreto legislativo, prevede diversi step con il coinvolgimento e la partecipazione non solo dei singoli ministeri interessati e dell’Agenzia, ma anche delle Regioni e degli enti locali, non-

ché della Conferenza unificata. Secondo la tempistica dello schema di decreto, la definizione delle caratteristiche dovrebbe essere effettuata entro l’estate del 2010». Quali sono gli step fondamentali che ancora mancano alla costruzione nel 2013 della prima centrale nucleare? «Il primo e prossimo step è l’approvazione dello Statuto per l’Agenzia per la sicurezza nucleare e la nomina dei componenti. Subito dopo, sarà approvato anche il regolamento, affinché l’Agenzia possa iniziare la sua attività. Seguirà l’approvazione definitiva dello schema di decreto legislativo approvato il 22 dicembre 2009. Vi sarà poi la defini-

zione, da un lato, della strategia nucleare del Paese e, dall’altro, quella delle caratteristiche dei siti. Inizieranno, quindi, le procedure di valutazione ambientale sulla strategia e sulle caratteristiche dei singoli siti per arrivare alla presentazione di istanza per la certificazione del sito da parte dell’Agenzia, necessaria per conseguire l’intesa con la regione interessata e con la Conferenza Unificata Stato Regioni. Dopo la certificazione, si avvierà l’istanza per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, con la procedura di via, l’istruttoria tecnica dell’Agenzia, che si concluderà con la Conferenza dei servizi e il rilascio dell’Autorizzazione unica». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 219


1992

Chiusura impianto Italsilder

2002 Nasce Bagnolifutura

2009

L’Ue stanzia 76 milioni di euro


a costruzione dell’impianto siderurgico della società Ilva inizia nel 1905 su una superficie di 120 ettari, nel quartiere di Bagnoli, già sede di alcuni impianti industriali. Lo stabilimento viene inaugurato il 19 giugno 1910 e fornisce un alto numero di posti di lavoro. Negli anni l’area viene ampliata. Nel 1964 lo stabilimento cambia la denominazione in Italsider e nel 1969 viene registrato il primo calo di produzione. Nel 1972 il nuovo Piano regolatore approvato dal Comune di Napoli pone fine all’allargamento dell'area industriale e prevede una sua graduale trasformazione. Dopo il 1976 inizia un processo di de-industrializzazione dell’area di Bagnoli che si concluderà definitivamente nel 1992 con la chiusura

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dell’Italsider. All'indomani dell'approvazione della Variante occidentale, viene costituita nel 1996 la Società Bagnoli S.p.a., strumento dell'IRI per l'attuazione del “Piano di recupero ambientale dell’area di Bagnoli” predisposto e finanziato dal Cipe con la delibera del 20 dicembre 1994. I lavori proseguono a rilento così il Comune di Napoli procede a un’operazione di maggiore impatto. Nel 2001 vengono acquistati in toto gli spazi dell'area ex Italsider ed ex Eternit e nel 2002 nasce: “Bagnolifutura s.p.a. società di trasformazione urbana”. A dirigere le operazioni sarà il direttore generale Mario Hubler, mentre poco più tardi la presidenza della società viene affidata a Rocco Papa, già vicesindaco di Napoli e docente di urbanistica. Al centro della tra-

sformazione di Bagnolifutura viene posto il progetto di Parco Urbano, per un totale di 160 ettari di cui 33 di spiaggia. Nel luglio 2006 il concorso internazionale per la progettazione preliminare del parco viene vinto dall’ architetto Francesco Cellini, preside della facoltà di Architettura dell'Università di Roma Tre. Il nuovo enorme polmone verde di Napoli viene diviso in quattro lotti da realizzare in tempi diversi, ma fruibili indipendentemente. Nel 2009 vengono stanziati 76 milioni di euro dalla Commissione europea per la realizzazione del primo lotto, per il quale sono previsti il recupero ambientale e la realizzazione di circa 33 ettari di Parco urbano e i quattro chilometri di relative infrastrutture per l’accesso e la comunicazione all'area.


RIQUALIFICARE GLI SPAZI

Un polmone verde nel cuore di Napoli A Napoli dove un tempo sorgeva il complesso industriale dell’Italsider, da anni, Bagnolifutura sta portando avanti un progetto di riconversione e riqualificazione del territorio. E «grazie al finanziamento dell’Ue sarà possibile far partire tutte quante le operazioni» dichiara il direttore generale di Bagnolifutura Mario Hubler Nike Giurlani

rentacinquemila ettari di verde nel cuore di Napoli sembrano un sogno. Presto invece diventeranno realtà. Si tratta del progetto Bagnalifutura che ha recentemente ottenuta da parte della Commissione europea un finanziamento di 76 milioni di euro. Al via quindi

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nuovi cantieri per la riqualificazione di tutta l’area nella quale «elementi di archeologia industriale dialogheranno con gli spazi verdi» in totale rispetto dell’ambiente e del territorio, come sottolinea il direttore generale di Bagnolifutura Mario Hubler. Grandi aspettative sono riposte in questo progetto che, come auspica Hubler, potrà contribuire a rilanciare le sorti della Campania. Che cosa significa in concreto l’approvazione che è arrivata nei giorni scorsi da parte della Commissione europea? «Grazie ai 76 milioni di euro finanziati dall’Ue sarà possibile far partire tutte quante le operazioni. Entro breve tempo potremo bandire la gara per realizzare il primo lotto del parco urbano che si compone di 35mila ettari di verde. Inoltre potremo bandire anche il secondo lotto di

strade e successivamente Bagnolifutura finanzierà la restante parte vendendo i suoli di sua proprietà». Quali sono le prime iniziative su cui punterete? «Per quanto riguarda le opere pubbliche abbiamo appena avviato un cantiere per la realizzazione dei Napoli studios, un grande edificio ex industriale, ristrutturato dove si insedieranno gli studi per la produzione e la postproduzione di audiovisivi per la televisione. Il Centro produzione radiotelevisivo di Napoli è già particolarmente rinomato per fiction di successo come “Un posto al sole” e “La squadra”. Sostenere questa filiera risulterà un elemento utile per attivare ulteriori attività produttive. Inoltre, punteremo a realizzare il Museo del lavoro, all’interno dell’altoforno, a testimonianza del secolo industriale del territorio, nel

A sinistra, il direttore generale di Bagnolifutura Mario Hubler


Sopra, render del progetto Bagnolifutura

quale confluirà anche l’archivio dell’ex Italsilder. Infine, completeremo entro l’estate la bonifica dell’area». E quali sono i prossimi obiettivi che dovete raggiungere per portare a compimento il progetto? «Sicuramente la vendita delle prime aree dove verranno realizzate dai privati interventi di edilizia. A Bagnoli è prevista la realizzazione di 2 milioni di metri cubi di nuova edilizia, divisa tra produzione di beni e servizi, residenze e alberghi. Qui sarà realizzato il polo tecnologico dell’ambiente, un’iniziativa che coinvolgerà 60 aziende, selezionate attraverso un bando. In un’altra area, che in parte si affaccia sul mare, ma che deve essere ancora completamente bonificata, verranno realizzati circa 120mila metri cubi di residenze e circa 90 metri cubi di aree commerciali». Quali sono i punti di forza

del progetto realizzato dell’architetto Francesco Cellini per il parco di Bagnoli? «Bagnoli sarà un parco molto ampio e interesserà oltre 120 ettari di verde e 35 ettari di spiaggia. In particolare nel primo lotto l’architetto Cellini ha previsto che elementi di archeologia industriale dialoghino con gli spazi verdi circostanti. Sempre all’interno di questo lotto verrà realizzato anche il più grande roseto d’Europa e, grazie alla collaborazione dei principali roseti del mondo, conterrà oltre 7mila specie diverse». Che cosa rappresenterà per Napoli e per la Campania la creazione del parco urbano di Bagnoli? «In una città come Napoli, con una densità abitativa fortemente elevata, avere uno spazio verde è un valore aggiunto importante. E lo ancora di più visto che sorge sul golfo di Pozzuoli con un pa-

norama che si apre su Ischia, Capri, Procida, Nisida e Capo Miceno. Adiacente all’area sorgono inoltre i campi flegrei dove un tempo erano collocate le ville patrizie romane. Puntare a creare un’area multifunzionale, ricca di servizi e infrastrutture, che rispettino l’ambiente e il territorio porterà sicuramente ad un significativo sviluppo dell’economia non solo locale, ma di tutta la regione». Che cosa si aspetta dal prossimo presidente della regione Campania? «Fino a questo momento la Regione ha investito quasi 200 milioni di euro sul progetto di riqualificazione dell’area e il risultato è stato che, all’interno dei report annuali, Bagnoli è considerata un esempio di spesa corretta e ben eseguita. Mi auguro che anche il prossimo presidente abbia la stessa attenzione e fiducia». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 223


RIQUALIFICARE GLI SPAZI

Basta chiacchiere occorre passare ai fatti La riqualificazione di Bagnoli. I pro e i contro del progetto secondo Paolo Romano, capogruppo del Pdl del Consiglio regionale della Campania. Tutta colpa della società Bagnolifutura? No, «i conti vanno fatti anche con l’amministrazione comunale e regionale» Nike Giurlani

iqualificare l’area di Bagnoli sembra essere un’esigenza condivisa tanto da destra che da sinistra, ma lo scontro si accende sulle modalità. Paolo Romano, capogruppo del Pdl del Consiglio regionale della Campania, non approva Bagnolifutura, la società che ha gestito fino a questo momento il progetto e punta il dito anche sull’amministrazione Bassolino-Ier-

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volino «che ha posizionato Napoli al penultimo posto per qualità della vita». Ma su Bagnoli molte sono le aspettative. Attraverso «la creazione di infrastrutture e strutture, anche turistico-ricettive», Paolo Romano è convinto sia possibile rilanciare le sorti di Napoli e di tutta la Campania. Probabilmente risulteranno cruciali le elezioni di marzo. Che cosa rappresenta Ba-

gnolifututra per Napoli e per tutta la Campania? «Un’opportunità senza precedenti, la possibilità di realizzare un’eccezionale trasformazione urbanistica nel segno dello sviluppo sostenibile, creando infrastrutture e strutture, anche turistico-ricettive, in grado di risollevare le sorti di un quartiere e soprattutto di una città che oramai risulta stabilmente al penultimo posto della classifica per qualità della vita e che attende da troppi anni un’occasione di riscatto. Riscatto anche rispetto agli sprechi e ai gravissimi ritardi accumulati proprio a Bagnoli». Come valuta l’operato della società che gestisce il progetto? «Male. È una società istituita nel 2002 che già da subito ha finito col diventare lo specchio di chi l’ha voluta: quella stessa amministrazione Bassolino-Iervolino che ha posizionato Napoli al penultimo posto per qualità della vita. A oggi, se si esclude una spol-


Paolo Romano

In apertura, Paolo Romano, capogruppo del Pdl al Consiglio regionale campano

verata qua e là, la realizzazione della Porta del Parco e l’Ospedale delle Tartarughe ancora da ultimare, non è stato fatto nulla. La bonifica, quella vera, cioè quella che riguarda l’area davvero inquinata dell’ex Eternit non è neppure iniziata, mentre i progetti cambiano ogni giorno: un giorno si decide di fare un pontile, il giorno dopo i Verdi lo cancellano. Ancora oggi non sono stati acquisiti dal Comune tutti i suoli necessari al progetto. E chissà per quale motivo. Certo non è solo colpa della società e i conti vanno fatti anche con l’amministrazione comunale e regionale che intanto brillano solo per incapacità e inconcludenza». Grazie al finanziamento europeo stanno per partire i lavori nel primo lotto e nei prossimi mesi partiranno altre opere di bonifica. Crede che questa volta si riuscirà a portare a termine il progetto? «A Napoli, come in Campa-

nia, dopo un ventennio bassoliniano stanno cambiando molte cose. La gente ha capito la fregatura e il vento ha mutato direzione. A marzo si vota in regione e qualcosa mi dice che basterà già questo a far cambiare musica». Delle diverse realtà che sorgeranno in quest’area, quale secondo lei è quella più vincente e utile per Napoli e la Campania? «Sulla carta, forse, il Polo Tecnologico, quello che avrebbe dovuto avere il suo core business nell’Hi-Tech.

Nei fatti però non c’è nulla di tutto questo e la verità è che non mi pare che complessivamente l’intero progetto abbia un’anima. Va bene investire maggiormente sulla sfera turistica piuttosto che su quella tecnologica, ma allora perché cincischiare ancora sulla colmata e ferire il territorio con un porto canale? A mio avviso ci sono troppe contraddizioni. È un progetto che definirei “né carne né pesce”, proprio come quel centrosinistra che l’ha sostenuto». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 225


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TUTELA DELL’AMBIENTE

Le certificazioni tutelano anche il mare Una riduzione dei consumi delle imbarcazioni da diporto e dei gas di scarico, comporta un miglioramento dell’ambiente e una riduzione dei costi. Secondo l’ente certificatore Quality & Security è necessario perseguire questi scopi, impegnandosi concretamente nella loro realizzazione Eugenia Campo di Costa

ertificare le imbarcazioni, ma anche contribuire alla salvaguardia della vita, dei beni, del mare. Perché la passione per la nautica non è slegata dal rispetto per l’ambiente. L’ente certificatore, di norma, entra in gioco per verificare che i requisiti di carattere tecnico, legati ai materiali utilizzati nella costruzione di un’imbarcazione da diporto, alle emissioni del motore, all’integrità, alla capacità di carico e alla sicurezza della barca, siano effettivamente rispettati dal costruttore. «La nostra realtà – spiega Antonio Guida, Presidente dell’ente di certificazione salernitano Quality & Security – lavora sul prototipo dell’imbarcazione da diporto e si concentra sulla certificazione di barche di una lunghezza compresa tra i 2,5 e i 24 metri. Un aspetto fondamentale del

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nostro lavoro, al di là delle ordinarie procedure di certificazione, è la ricerca, mirata a sviluppare e fornire soluzioni tecnologiche capaci di aumentare il livello di sicurezza, di ridurre sprechi di energia e di risorse, di limitare le emissioni di CO2 e di consentire nel contempo adeguate economie di scala». In questo senso, l’impegno e l’interesse di QS si concentra soprattutto sul rispetto dell’ambiente e sulle fonti di energie alternative. «Stiamo lavorando sulla possibilità di utilizzare nelle imbarcazioni motori a GPL anziché a benzina, e contemporaneamente stiamo studiando la possibilità di modificare le complesse procedure di rilevamento dei gas di scarico CO2». Tali procedure oggi prevedono che i motori vengano smontati e messi sul banco prova, quindi control-

lati. Un’operazione molto costosa in termini economici e di tempo. «Insieme all’Università di Napoli e con il CNR, stiamo cercando di mettere a punto delle procedure che possano semplificare questo meccanismo, al fine di dare un contributo concreto ai cantieri e alla comunità. La diminuzione di emissioni e consumi, nonché la semplificazione dei processi di rilevamento dei gas di scarico, comportano anche una riduzione dei costi delle operazioni di routine, quindi dei costi per gli utenti». Un impegno che va oltre le attività istituzionali di marcatura CE dei prototipi e di verifica della

Nella pagina accanto, in basso, da destra Antonio Guida Presidente QS, Aldo Primicerio Responsabile Mktg e Comunicazione QS, Domenico Pisapia Direttore Tecnico QS www.qualitysecurity.it


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Certificazioni

La diminuzione di emissioni e consumi, nonché la semplificazione dei processi di rilevamento dei gas di scarico, comportano anche una riduzione dei costi per gli utenti

sicurezza. «La nostra ricerca è finalizzata al miglioramento e al rispetto dell’ambiente – continua l’ingegner Guida -. Abbiamo rapporti istituzionali con i dirigenti del Ministero dello Sviluppo economico e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che periodicamente incontriamo insieme agli esponenti di altri enti certificatori. Se è vero che esiste tra enti certificatori una fisiologica competizione, è altrettanto vero che c’è anche una grande collaborazione, perché l’obiettivo comune è garantire la sicurezza, vigilare sull’efficienza delle barche e dei motori e sul loro miglioramento». Il confronto e lo scambio di conoscenze e di esperienze avviene anche con enti e con armatori di altri Paesi, e non solo nelle fiere di settore a Dubai e Barcellona. «Essendo nell’elenco del-

l’Unione Europea - prosegue Aldo Primicerio Responsabile Marketing e Comunicazione di QS -, possiamo certificare in tutti i Paesi europei, ma siamo in contatto anche con Paesi extracomunitari, produttori di imbarcazioni da diporto di particolare interesse per il mercato italiano». QS infatti intrattiene contatti diretti con cantieri stranieri, avendo instaurato una forma di collaborazione che spinge l’azienda verso un’internazionalizzazione sempre più marcata. «Se un utente italiano desidera acquistare una barca che viene prodotta ad esempio in Turchia, Cina o Slovenia - prosegue Primicerio - e che naturalmente non può navigare nelle acque italiane senza la marcatura CE, può contattarci attraverso il nostro portale Internet e la nostra posta elettronica». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 235


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