OSSIER
CAMPANIA EDITORIALE ..............................................13 Raffaele Costa L’INTERVENTO.........................................15 Francesco Caia Angelino Alfano
PRIMO PIANO IN COPERTINA .......................................18 Mara Carfagna LA RIFORMA DEGLI ATENEI............24 Il decreto Gelmini Massimo Marrelli Luigi Frati Ezio Pelizzetti LAVORO ..................................................32 Maurizio Sacconi
ECONOMIA E FINANZA
GIUSTIZIA
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ ...........72 Maurizio Marinella Gianni Carità Antonio De Matteis Vincenzo Onorato
DIFESA...................................................134 Ignazio La Russa
CONFINDUSTRIA................................85 Giovanni Lettieri Antonio Della Gatta Giuseppe D’Avino EXPORT ..................................................94 Giancarlo Galan AGROALIMENTARE ...........................98 Nunzia De Girolamo Luigi Chianese, Fattorie Garofalo
DIRITTO DEL LAVORO .....................36 Franco Toffoletto, Pietro Ichino
UNIVERSITÀ E TERRITORIO........106 Guido Trombetti Francesco Rossi Raimondo Pasquino
SEMPLIFICAZIONE............................40 Roberto Calderoli
ANTITRUST...........................................112 Antonio Catricalà
APPALTI PUBBLICI ............................44 Fiorenzo Liguori Nicola Formichella
FINANZA E PMI...................................116 Criticità FONDI EUROPEI ................................118 Rivalutazioni INVESTIMENTI INTERNAZIONALI 120 Opportunità CONSULENZA E PMI.......................122 GESTIONE DEI CREDITI .................124 RAPPORTI CON LE BANCHE......126
BILANCI COMUNALI..........................52 Michele Saggese Paolo Cirino Pomicino Carlo Lamura ESTERI.....................................................62 Franco Frattini L’INCONTRO .........................................66 Sandro Bondi
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IL MERCATO ASSICURATIVO ......128 Un bilancio LOTTA A FRODI ED EVASIONI.....130 Nuovi parametri
CONTRAFFAZIONE ..........................140 Giuseppe Mango Andrea De Martino Santo Versace SICUREZZA STRADALE.................150 Mario Valducci I dati regionali RIFORMA FORENSE ........................156 Maurizio De Tilla Renzo Menoni EMERGENZA CARCERI ..................164 Maria Elisabetta Alberti Casellati CRIMINALITÀ MINORILE ..............168 Il carcere LA GIUSTIZIA IN CAMPANIA........170 Antonio e Anita Salzano
Sommario FORZE DELL’ORDINE ..........................172
TERRITORIO
IL RUOLO DEL PENALISTA .........174
CORRIDOIO VIII ...........................196 Altero Matteoli Luigi Napolitano Aleksandar Tsvetkov Sergio Vetrella, Trenitalia
L PROCESSO AMMINISTRATIVO ...176 Il nuovo codice IPOTECA IMMOBILIARE ...............178 Armando Rossi SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO.180 Lo studio di impatto ambientale DIRITTO DELL’AMBIENTE ............182 DIRITTO SOCIETARIO .....................184 Luigi Arturo Bianchi SICUREZZA SUL LAVORO ...................188 Normative LE IMPRESE FAMILIARI ...............190
MERCATO IMMOBILIARE ..........210 Marcello Taglialatela Nunziante Coraggio TURISMO TERMALE ...................216 Giuseppe De Mita Costanzo Jannotti Pecci PORTI TURISTICI .......................224 Riqualificazioni BREVETTI ..................................228 La fusione dell’alluminio
DIRITTO DI FAMIGLIA .....................192
INGEGNERIA DINAMICA ...............230
IL DIRITTO AL SUPPORTO LEGALE 194
ARTE E TECNOLOGIA ................235
AMBIENTE INDUSTRIA ENERGETICA..............238 Stefania Prestigiacomo Pasquale De Vita Guido Bortoni Alessandro Ortis
SANITÀ POLITICHE SANITARIE ....................252 Ferruccio Fazio SPESA FARMACEUTICA ...............258 Luigi D’Ambrosio Lettieri Annarosa Racca Michele Mirabella BIOTECNOLOGIE...............................264 Sergio Dompé ONCOLOGIA........................................268 Umberto Veronesi Francesco De Lorenzo RICERCA...............................................276 Annibale Puca DISTRETTI SANITARI ......................278 Francesco Rocca RIABILITAZIONE .............................280 CARDIOLOGIA....................................282 Fibrillazione Atriale OFTALMOLOGIA................................284
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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO
Uscire dall’emergenza e recuperare la normalità Francesco Caia Presidente dell’Oda di Napoli
L’
immediata riforma dell’ordinamento professionale, il ripristino dei minimi tariffari, che pure creerebbe una barriera a tutela dei giovani avvocati, i provvedimenti di welfare interni alla categoria. Sono solo alcune problematiche dell’avvocatura da affrontare e risolvere subito. A questi vanno aggiunti agevolazioni fiscali e l’opportunità di essere presenti al tavolo delle trattative con sindacati e imprese. Come numero di iscritti ormai costituiamo un realtà sociale particolarmente importante, non meno dei lavoratori dipendenti, quindi ritengo sia un nostro diritto far sentire la nostra voce dove si discute di politiche del lavoro. Personalmente sono favorevole al fatto che i costi delle prestazioni professionali siano ragionevoli, ma senza intaccare la dignità professionale o ostacolare l’ingresso sul mercato dei giovani professionisti. Anche rispetto alla nostra Cassa di previdenza bisogna intervenire, dobbiamo essere noi avvocati ad attrezzarci al meglio per affrontare la crisi della categoria. Oggi, infatti, solo la metà circa degli iscritti all’Albo aderisce alla Cassa, e sono soprattutto i giovani colleghi che non ce la fanno, visto che molto spesso i loro guadagni sono molto esigui. La Cassa di previdenza non deve, infatti, pensare solo a erogare
pensioni, ma anche a creare un welfare per l’avvocatura, specialmente in questo momento, a favore degli avvocati più giovani. Il nostri grido d’allarme riguarda la necessità di dare spazio economico ai propri iscritti e in tal senso non basta solo la riforma. Penso che sia necessario un intervento di carattere generale, quindi è anche e soprattutto politico. Noi abbiamo bisogno del recupero ordinario della normalità uscendo da quella situazione di perenne emergenza che protraendosi nel tempo rischia di diventare una situazione di vero e proprio allarme sociale. L’avvocatura si è mossa in tale direzione chiedendo in questi anni di svolgere la professione in maniera, appunto, normale. Un dato che in altri territori, specie al Nord, è stato raggiunto ma che da noi si connota come eccezionale. Nello specifico, come categoria rivendichiamo una regolare quanto efficiente giurisdizione, un processo celere e un maggiore impegno economico a favore della giustizia. Favorire questo significa favorire il corretto svolgimento della nostra professione con ricadute positive sia per il cittadino sia per l’avvocatura, che ne trarrebbe benefici anche a livello economico, avendo la possibilità di normalizzare il rapporto con la propria clientela. CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
LE DONNE AL CENTRO DELLA MIA POLITICA C’è la tutela delle donne e dei bambini. E battaglie come quelle contro le discriminazioni e la pedofilia e per incentivare l’imprenditoria femminile nel Mezzogiorno. «Voglio migliorare il peso della quotidianità sulle persone». Gli obiettivi del ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna Francesca Druidi
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Mara Carfagna
D
onne e vittime. Un binomio che non vuole rinunciare a riproporsi. L’estate appena trascorsa è stata in questo senso emblematica, con le cronache di giornali e televisioni impegnate a riportare una serie impressionante di omicidi e di episodi di violenza che hanno coinvolto le donne. I dati Istat diffusi a metà settembre fotografano uno scenario meno drammatico, ma ugualmente inquietante: in Ita-
lia 10 milioni e 485 mila donne, circa il 51,8 per cento, hanno subìto nell’arco della loro vita una molestia sessuale o un ricatto sul lavoro a sfondo sessuale. Rispetto al recente passato, però, esiste un’arma in più: la legge 38 del 2009, che prevede aggravanti per i reati di violenza sessuale e ha introdotto, per la prima volta nel codice penale, il reato di atti persecutori o stalking. Certo, il fenomeno è ancora lontano dall’es-
sere circoscritto ma un vuoto legislativo è stato comunque colmato, contribuendo a creare quel clima sociale necessario a prevenire gli abusi sulle donne e a punirli con la giusta severità. «Sono molto orgogliosa delle leggi contro la violenza sessuale e gli atti persecutori perché siamo riusciti a rendere più sicure le donne», afferma il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che sollecita le donne a
Finora mi sono occupata della tutela di donne e bambini, e voglio proseguire su questa linea. C’è ancora molto da fare
IN COPERTINA
non aver paura di denunciare mi-
nacce e violenze, più o meno gravi, ma ad aver fiducia nelle istituzioni. Il primo anno del suo mandato è stato dedicato alla sicurezza delle donne. Il secondo la vede impegnata nel sostegno al lavoro femminile. Come procede questo fronte? «Abbiamo deciso di investire sui servizi a disposizione delle donne e, quindi, delle famiglie. Con il Piano di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, vogliamo sostenere concretamente le donne che, ogni giorno, si devono dividere tra la famiglia e il lavoro. Il Piano, di 40 milioni di euro, consentirà la creazione e diffusione delle babysitter di condominio, le cosiddette tagesmutter, che subentrano nella cura del figlio mentre la mamma è al lavoro, ma anche l’istituzione di albi per le baby-sitter che garantiscano serietà e professionalità, e molte altre misure. Provvedimenti che si sommano al piano asili nella pubblica amministrazione, portato avanti insieme ai colleghi Brunetta e Giovanardi. Senza questi servizi, non si potrebbe neanche pensare di affrontare il problema delle basse percentuali di occupazione femminile, lontane da quelle del resto d’Europa. Di questo ci occupiamo con il ministro Sacconi e il pacchetto di misure Italia 2020. Inoltre, la direttiva 54/2006 sulla parità di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro protegge dagli abusi sui luoghi di lavoro, di cui sono vittime soprattutto le donne. Stabilisce pesanti sanzioni per i datori di lavoro che discriminano in base al sesso, con multe fino a 50 mila euro». Cosa fare per promuovere ulte-
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riormente l’imprenditoria “in rosa”, soprattutto nel Mezzogiorno? «Nel Mezzogiorno le donne che lavorano sono ancora poche. E questo determina un grave danno all’economia nazionale. Stiamo lavorando, insieme al ministero dello Sviluppo economico, per reperire, nel quadro del più ampio Piano per il Sud, nuove risorse ricorrendo a fondi europei per favorire l’accesso al credito delle imprese femminili operanti nel Mezzogiorno, attraverso l’utilizzo della garanzia del fondo per le piccole e medie imprese. Il nostro obiettivo è il rifinanziamento della legge 215 del 1992, che giace da troppo tempo in Parlamento, e la mia idea è quella di circoscriverla
Vogliamo sostenere le donne che ogni giorno si dividono tra la famiglia e il lavoro
al Meridione, anche dal punto di vista dell’imprenditoria. La creatività e il talento delle donne possono costituire una risposta concreta alla crisi economica che interessa il nostro Paese, soprattutto nel sud dell’Italia». In occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, ha ringraziato l’onorevole Anna Paola Concia per averle fatto comprendere la ricchezza del mondo associativo omosessuale. Pensa che questa maggiore consapevolezza le saranno di aiuto nell’affrontare la lotta contro le discriminazioni
Mara Carfagna Sotto, il ministro Mara Carfagna assieme ad Anna Paola Concia in occasione della Giornata contro l’omofobia 2010
motivate dall’orientamento sessuale, che sempre più spesso nel nostro Paese assumono una connotazione violenta? «Con l’onorevole Paola Concia abbiamo avuto uno scambio di idee costruttivo, utile, che, seppur tra le differenze politiche, mi ha aiutato a scoprire la ricchezza del mondo omosessuale. Insieme abbiamo convenuto la necessità di portare avanti una legge che contrasti gli odiosi fenomeni omofobici. A lei ho voluto mostrare per prima la campagna di comunicazione istituzionale contro l’omofobia, “Nessuna differenza”». Ritiene che campagne e iniziative nelle scuole possano essere sufficienti per contrastare fino in fondo le sacche di intolleranza che ancora resistono in Italia?
«Le campagne di comunicazione sono molto importanti, perché mirano a evidenziare la centralità dell’individuo, la sua dignità, il rispetto dell’altro e le differenze, che portano valore aggiunto in una società moderna e democratica. Più si riesce a entrare nelle case con messaggi che invitano a una sana convivenza civile, maggiore sarà il riscontro in un prossimo futuro. Non mi stanco mai di dirlo: dobbiamo investire nelle nuove generazioni, saranno loro le donne e gli uomini che domani dovranno confrontarsi su temi così delicati. La scuola è il fulcro di questo scambio e per questo abbiamo fortemente voluto, con il ministro Gelmini, istituire la settimana contro la violenza e le discriminazioni che, anche quest’anno, porterà gli studenti di ogni ordine e grado a misurarsi con esperti che operano nei settori dell’immigrazione, delle discriminazioni, della sicurezza, della sanità e di tutte quelle reti sociali che supportano donne e minori nei casi di violenze». Con il via libera definitivo del Senato alla Convenzione di Lanzarote, in che modo si inasprisce il contrasto alla pedofilia e alla pedopornografia? «L’Italia è uno dei paesi più avanzati al mondo in fatto di tutela dei più piccoli e la ratifica da parte dell’esecutivo della Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori ha reso ancora più difficile questa pratica aberrante: rischia da uno a tre anni di carcere chi adesca i minori su internet, raddoppia il periodo della prescrizione per i reati di tipo sessuale su minori e introduce il reato di associazione per delinquere finalizzata ai crimini con-
tro i minori relativi alla prostituzione, al possesso di materiale pedopornografico, agli abusi sessuali e al turismo sessuale. Tolleranza zero, quindi. È prevista, inoltre, la confisca dei patrimoni delle organizzazioni criminali per utilizzarle in attività rivolte ai minori abusati e l’istituzione di una banca dati del Dna per individuare immediatamente, attraverso indagini scientifiche, chi abusa di minori». Quali priorità di azione per il futuro? «Finora mi sono occupata della tutela di donne e bambini, e voglio proseguire su questa linea. C’è ancora molto da fare. Non mi posso accontentare dei risultati finora raggiunti, seppur positivi. Voglio migliorare il peso della quotidianità sulle persone, che siano in famiglia, in coppia o single, voglio che si sentano sicure nei loro spostamenti. Solo attraverso il libero arbitrio l’individuo sente di essere in grado di affrontare le dinamiche positive e negative della vita. Certamente bisogna studiare un sistema economico inclusivo, dove le donne possano trovare spazi d’azione per migliorare la vita lavorativa. Lo stiamo facendo, insieme al ministro Sacconi, con il Piano Italia 2020, ma ci vogliono maggiori risorse per sostenere tutto questo, non basta attingere dall’aumento delle pensioni delle donne». Con 55.881 preferenze raccolte nel collegio elettorale di Napoli e provincia, è stato il consigliere regionale più votato d’Italia alle elezioni regionali. Ha parlato delle elezioni come di un’occasione fondamentale per misurare effettivamente il suo peso politico. Perché? «Un esponente di partito deve mi- CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 21
IN COPERTINA
Dobbiamo investire nelle nuove generazioni, saranno loro le donne e gli uomini che domani dovranno confrontarsi su temi così delicati
surarsi nel suo territorio per com- mia candidatura e la mia vittoria prendere le reali esigenze delle persone, condividere con loro le aspettative per il futuro. Bisogna far tesoro di quanto suggerito, non può esistere uno scollamento tra un politico e il suo elettorato. Durante la campagna elettorale ho incontrato centinaia di persone, ognuno con la propria storia, con le proprie difficoltà quotidiane. Questo contatto umano mi ha messo di fronte alle mie responsabilità e al motivo per cui faccio questo lavoro, di cui sono ben consapevole. Le preferenze che mi sono state accordate acuiscono questa responsabilità e mi impegnano sempre di più a essere vicina alla mia terra. Il governo ha dimostrato, con i fatti, di essere vicino alla Campania. Il presidente Berlusconi su tutti, con la sensibilità che lo contraddistingue, lo ha fatto risolvendo, dopo quindici anni, il problema dei rifiuti, contrastando la criminalità organizzata, convocando il Consiglio dei ministri a Napoli. La
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sono stati ulteriori segnali in questa direzione, oltre al riconoscimento per un lavoro ben avviato». Lo scenario con cui Caldoro si deve confrontare in Campania è decisamente difficile, soprattutto in ottica federalismo. Lotta agli sprechi e Piano per il Mezzogiorno sono i capisaldi del governatore. Basteranno per risollevare la situazione? «Caldoro conosce bene il territorio campano e anche il governo nazionale, del quale è stato membro. Certo ha un duro compito, quello di far dimenticare un’amministrazione clientelare che, per troppo tempo, ha danneggiato la nostra bella regione. Purtroppo ne pagheremo le conseguenze per molto tempo, e ci vorrà un periodo, spero breve, per ritornare a essere competitivi in tutti i settori. Caldoro ha composto una squadra capace e competente: per me si tratta della risposta migliore alle esigenze dei
cittadini per portarli fuori dal tunnel in cui erano precipitati». Lei è stata spesso oggetto di numerosi pregiudizi. Oggi, invece, riceve attestati di stima anche da intellettuali o comunque personaggi schierati con il centrosinistra. Quale la causa di questo mutato atteggiamento nei suoi confronti? «Sono le donne in generale a essere oggetto dei pregiudizi, ma non ho fatto altro che il mio lavoro, niente di più. Certo, gli apprezzamenti fanno molto piacere, soprattutto quelli espressi da persone che, all’inizio, hanno analizzato il mio operato con la lente di ingrandimento nella speranza di trovare qualcosa da ridire. Le critiche positive, invece, le considero molto costruttive, ti fortificano e ti preservano da delusioni future e sono uno stimolo fortissimo per continuare a migliorare».
LA RIFORMA DEGLI ATENEI
L
a risorsa più importante che l’università può mostrare all’esterno è la sua reputazione». Questo il punto di partenza del rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Massimo Marelli. «Il sistema universitario non può più sopravvivere nell’area di rendita della domanda di titoli di studio, poiché quest’ultima vale per la reputazione dell’Istituzione che l’ha concessa. La qualità della didattica e della ricerca è essenziale per assicurare un’alta reputazione e - continua - la reputazione di un’università è quella che essa ottiene presso la comunità scientifica internazionale, indipendente dalle mode o dai giornali». Per questo motivo il rettore Marrelli ha intenzione di cambiare il modello di governance della Federico II. L’obiettivo è costituire «un comitato di garanti composto da ricercatori e scienziati di tutto il mondo non legati da alcun rapporto con la Federico II, cui far valutare le azioni e le linee politiche adottate». In secondo luogo «stiamo costruendo il sistema universitario della Campania, dove - spiega - s’integrano e razionalizzano le offerte formative di tutte le università della regione, si evitano inutili duplicazioni e si valorizzano le vere eccellenze». Per questo motivo i rettori della Campania hanno predisposto un protocollo d’intesa, da sottoporre al ministero e alla Regione, per costruire tale sistema. Il modello di riferimento? «L’Università della California». La Federico II nella classifica 26 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
La reputazione, una risorsa a livello internazionale Innovare per acquistare fama a livello internazionale. Questa la priorità di Massimo Marrelli, rettore dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, che vorrebbe importare il modello attuato dall’università della California. Ma «il vero problema delle università italiane è l'efficacia della didattica» Nike Giurlani
Sopra, Massimo Marrelli, rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II
del Qs World university Rankings, che ha stabilito le 500 migliori università del mondo, si trova in fondo alla lista. Quali le iniziative per invertire questa tendenza? «La posizione nelle classifiche dipende dai criteri presi in esame. Nella Qs World University Ranking, la Federico II si colloca oltre il 300esimo posto fra le migliori 500, in quella dell’Institute of Higher Education al 150esimo posto
nel mondo e al quinto in Italia. La prima tiene conto d’indicatori di servizi didattici, la seconda solo di produttività scientifica. Il vero problema delle università italiane resta l’efficacia della didattica. Assistiamo, infatti, a un forte squilibrio tra il numero di docenti e quello degli studenti. In media questo rapporto in Italia è il più alto fra tutti i Paesi Ocse. In presenza di risorse scarse, che non permettono di aumentare il numero di docenti, vanno intro-
dotti numeri programmati degli accessi all’università. La costituzione di sistemi universitari regionali può, inoltre, permettere una migliore distribuzione degli studenti sul territorio. Occorre, infine, introdurre una valutazione per i docenti per quanto riguarda la didattica». Alle luce delle recenti critiche ai test d’ingresso, ritiene che andrebbe cambiata la struttura e il contenuto dei quesiti? «Sì. Le principali caratteristiche che bisogna valutare sono la capacità logica e di ragionamento, la comprensione di testi scritti, in una parola la “maturità” che era l’obiettivo della scuola secondaria e che oggi non si richiede più. Ritengo assurdo che non ci sia una valutazione unica nazionale, lasciando, invece, agli studenti la possibilità di scegliere a quale università iscriversi secondo la
graduatoria nazionale. In questo modo con il sistema attuale si verificano casi di studenti ammessi a un’università con un punteggio inferiore a quello ottenuto da altri studenti esclusi da un’altra università e ciò, in presenza di test unici su tutto il territorio nazionale. Questo è profondamente iniquo e inefficiente». La facoltà di Ingegneria dell’ateneo è nella classifica delle 100 migliori scuole di ingegneria a livello mondiale, stilata dall’Institute of Higher Education di Shanghai. Quali, in particolare, le qualità raggiunte da questa facoltà? «La classifica di Shanghai si concentra solo sulla produttività scientifica e i settori della nostra facoltà di Ingegneria sono particolarmente competenti. Agraria, veterinaria,
area biologica, non sono, però, da meno, tanto da meritare il 150mesimo posto mondiale. Tutti i lavori, inoltre, di area umanistica, non scritti in inglese, non sono presi in considerazione da queste classifiche e questo spiega perché le università non anglosassoni non si collocano mai ai primi posti. Inoltre, un dato che non viene mai messo in evidenza, è quello del costo della produzione scientifica. Se si divide in numero di articoli presenti nelle banche dati per l’ammontare della spesa per la ricerca scientifica del paese, si può osservare che un articolo della nostra università costa un dodicesimo di uno statunitense, un sesto di un articolo tedesco o francese. Da un punto di vista costi-efficacia mi sembra che questo debba essere un punto d’orgoglio per il sistema universitario italiano». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 27
LA RIFORMA DEGLI ATENEI
Investire sulla ricerca per tornare a crescere Annoverata tra i 200 atenei migliori al mondo, dal Qs World University Ranking, l’Università La Sapienza di Roma è pronta a combattere e a lottare per crescere e migliorarsi. Prossimo passo: «mettere mano alla didattica», sottolinea il rettore Luigi Frati Nike Giurlani
L
a Qs World University Ranking, prestigiosa graduatoria internazionale, ha stabilito che l’Università La Sapienza di Roma è tra i primi 200 atenei migliori al mondo. Un risultato ancora più importante se si tiene presente che «l’ateneo è riuscita a scalare 15 posizioni in un solo anno» tiene a precisare il rettore, Luigi Frati (nella foto). «È il risultato del nostro impegno: ci siamo concentrati sulla riorganizza-
zione dei dipartimenti e delle facoltà migliorando la nostra reputazione a livello internazionale e ottenendo più citazioni nelle riviste scientifiche, uno dei criteri d’elaborazione della classifica». Il nuovo assetto della ricerca è stato, quindi, premiato, tanto più se tiene conto che «in un paese come l’Italia, che investe l’1% del Pil nella ricerca contro il 3% di Francia e Germania, questo è davvero un ottimo successo. La Qs World University Ranking dimostra che la nostra strategia è vincente e, – continua – il prossimo passo è quello di mettere mano alla didattica». Le graduatorie internazionali, inoltre, «premiano La Sapienza malgrado il taglio di risorse pubbliche, perché nella classifica Miur non figuriamo tra gli Atenei virtuosi, ma speriamo in una revisione dei criteri ministeriali» conclude il rettore. Cosa prevede l’offerta formativa per il prossimo anno accademico?
Quali al momento le facoltà più quotate? «Un’offerta formativa ampia e diversificata. Per l’anno accademico 20102011 gli studenti che vorranno iscriversi alla Sapienza potranno scegliere tra 218 corsi di studio, corrispondenti a lauree (89), lauree magistrali (116) e lauree a ciclo unico (13) e tra 298 master di I e II livello. A questi vanno aggiunti 91 corsi dell’area sanitaria per le lauree triennali e 11 per le lauree specialistiche biennali. Abbiamo inoltre razionalizzato una serie di corsi, puntando anche sulla loro spendibilità nel mondo del lavoro». Quali sono le facoltà che garantiscono di trovare più facilmente un lavoro? «Consiglio alle future matricole di scegliere il corso per il quale si sen-
Consiglio alle future matricole di scegliere il corso per il quale si sentono portati
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luigi Frati
VENEZIA GUARDA AL FUTURO Tante le novità previste all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Priorità: «lo studio dell’inglese», sottolinea il rettore Carlo Carraro nno accademico 2010-2011. Tante le novità anche all’Univesità Ca’ Foscari di Venezia. «Abbiamo un percorso quinquennale in inglese in tutte le facoltà, dall’economia, alle lettere, alle relazioni internazionali, alle scienze ambientali» sottolinea il Magnifico rettore Carlo Carraro (nella foto). Previsti, inoltre, «nuovi laboratori culturali per insegnare a fare arte e cultura, e non solo per studiarne la storia come nella tradizione accademica italiana». L’università si trasforma così anche in produttrice di musica, teatro, cinema e mostre. «Abbiamo, infine, un laboratorio, MAClab, per imparare a gestire eventi culturali e in generale la produzione culturale». Ma non solo. «Sono stati stipulati degli accordi con gli altri atenei veneti, come il corso in scienza delle religioni e il dottorato in storia dell’arte e potenziato la ricerca e la formazione nel campo dell’innovazione strategica e della gestione dell’ambiente» mette in luce il rettore. Quali le facoltà che hanno raggiunto maggiori immatricolazioni? «La Facoltà di lingue e letterature straniere e quella di Economia sono quelle con il maggior numero d’immatricolazioni. In particolare, i nostri corsi di lingue orientali, associati ad una formazione di management, sono molto richiesti». La ricetta per affrontare i tagli previsti per le università si chiama federalismo uni-
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tono portati. La forza di volontà e la passione per una disciplina costituiscono la spinta necessaria per intraprendere qualsiasi professione. Comunque, i dati sull’occupabilità dei laureati sono pubblici, elaborati ogni anno dal consorzio universitario Alma Laurea». Quali iniziative sono previste per
versitario? «Sull’esempio della provincia di Trento, la Regione potrà gestire direttamente le risorse finanziarie destinate alle università e avrà, quindi, autonomia nel definire i criteri di ripartizione e potrà essere promotrice di accordi tra le università per una più efficiente gestione delle risorse. Ci sarà maggior coordinamento a livello regionale, maggior specializzazione dei vari atenei, maggiore visibilità internazionale attraverso una strategia di marketing mirata». Maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale con il master universitario di secondo livello “Caratterizzazione e risanamento dei siti contaminati”. Quali gli obiettivi? «Questo master intende rispondere all’esigenza di un settore in forte evoluzione che richiede figure professionali altamente qualificate, capaci di rispondere alle urgenze ambientali del territorio e gestire le problematiche multidisciplinari legate al recupero dei siti contaminati, in linea con i nuovi orientamenti normativi, le tecnologie più innovative e vantaggiose. Il dipartimento di Scienze Ambientali è il promotore di questo master che ha realizzato in collaborazione con Confindustria Venezia, Parco scientifico tecnologico di Venezia, Servizi tecnologici ambientali di Venezia e Associazione tra le società di consulenza e di servizi per l’ambiente, la sicurezza e la responsabilità sociale». Quali le iniziative promosse tra Università e la Biennale di architettura? «È stato appena firmato un accordo che darà agli studenti la possibilità di partecipare gratuitamente a visite guidate e conferenze negli spazi della Biennale. Ma collaboriamo anche nel campo del teatro e contiamo di sviluppare nuove collaborazioni nel cinema e nella musica».
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LA RIFORMA DEGLI ATENEI
TORINO PUNTA SULLA QUALITÀ Aumentano gli iscritti, provenienti anche da altri Paesi. Il segreto? «Buona programmazione e ottimizzazione delle risorse», come spiega il rettore Ezio Pelizzetti alle classifiche stilate recentemente dal Censis, le università del Piemonte sono tra le migliori in Italia. Per raggiungere questi risultati occorre «una buona programmazione e l’ottimizzazione delle risorse sia a livello didattico che della ricerca» mette in rilievo il Magnifico rettore dell’Università di Torino, Ezio Pelizzetti (nella foto). Ma certi risultati si ottengono certamente se alla base «c’è un’amministrazione seria ed oculata e alle spalle una programmazione almeno decennale. Nel 2000, infatti, abbiamo attuato un piano organico, attraverso il quale, è stato selezionato personale docente e tecnico-amministrativo altamente qualificato, perchè è con il capitale umano che si fa la differenza». Ma anche grazie a importanti progetti come, per esempio, la Città della salute e della scienza. Una realtà fortemente voluta dall’Università di Torino e dalla Regione. «L’Università giocherà un ruolo determinante dal punto di vista della formazione e della ricerca, non solo strettamente medica, ma anche connessa ad altri settori come la biologia, le biotecnologie, la chimica e l’informatica» rileva il rettore che intende anche coinvolgere le aziende del territorio al fine di creare prospettive occupazionali per i futuri ricercatori. Ma se i lavori per la Città della salute e della scienza partiranno nel 2012, importanti novità sono già in atto. «Prima di tutto c’è stato un adeguamento alla legge 270 che ha comportato una razionalizzazione di alcuni corsi. E poi c’è l’iniziativa, lanciata l’anno scorso, della Scuola Superiore dell’Università di Torino che rappresenta
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una possibilità in più di perfezionamento, per studenti delle lauree triennali e magistrali» spiega il rettore. E mentre si sta avvicinando la chiusura delle immatricolazioni l’Università di Torino ha già registrato alcuni successi. Infatti, «sono aumentati gli iscritti ai test per i numeri programmati e tra coloro che si sono già immatricolati, emerge che il 25 % sono studenti non residenti in Piemonte e, addirittura 500, è il numero di neodiplomati fuori dall’Italia». Scegliere la facoltà più adatta alle proprie attitudini non è certo facile ed è per questo che sono previste attività di orientamento pre laurea, ma anche dei percorsi post laurea in modo da accompagnare gli studenti nel loro ingresso nel mondo del lavoro. A tale scopo è stato creato un servizio di job placement. «Nel 2009 abbiamo promosso 6.000 tirocini e stage presso le aziende del territorio e all’interno della pubblica amministrazione. A distanza di un anno il tasso d’occupazione dei nostri laureati è nettamente superiore rispetto alla media italiana» conclude il rettore.
collaborazione e scambi tra le università internazionali? «La Sapienza promuove ogni anno la stipula di nuovi Accordi bilaterali (di Collaborazione e cooperazione culturale e scientifica) per lo scambio di conoscenze scientifiche tra docenti universitari di tutto il mondo. Tra le attività in costante incremento vi sono l’accoglienza di professori visitatori, la promozione d’iniziative a sostegno del processo d’internazionalizzazione del sistema universitario, la promozione, il coordinamento e il monitoraggio delle iniziative a favore degli scambi internazionali di docenti e ricercatori in attuazione di programmi e accordi governativi e delle azioni integrate di ricerca internazionale finanziate da organismi nazionali. Iniziative speciali, inoltre, comprese borse di studio, sono state messe in atto per attrarre gli studenti stranieri».
APPALTI PUBBLICI
Il diritto non basta a garantire chiarezza Agli occhi delle imprese, così come della cittadinanza, l’assegnazione degli appalti pubblici rappresenta una dinamica complessa e nebulosa. Ma, come spiega Fiorenzo Liguori, il problema non è puramente legislativo Andrea Moscariello
alla cronaca al dibattito politico tutto ciò che concerne il mondo degli appalti pubblici pare essere un nodo critico verso cui gli italiani mostrano un’insofferenza dettata dal sospetto e dal pessimismo. I numerosi casi giudiziari che, mai come negli ultimi mesi, hanno saputo riempire le pagine dei quotidiani si accompagnano a quella che la cittadinanza percepisce come una dimensione poco trasparente. Tutto sommato in quanti, tra i non addetti ai lavori, conoscono procedure e meccanismi alle spalle dell’assegnazione di un appalto? In realtà, secondo il professor Fiorenzo Liguori, titolare della seconda cattedra di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, al di là della trasparenza, il nostro Paese sarebbe testimone non tanto di un “vuoto” di diritto, quanto di una sua applicazione imprecisa e poco rigorosa. «Le
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Il professor Fiorenzo Liguori
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regole esistono, sono chiare. Ci vengono dettate dall’Unione europea per poi essere tradotte dal nostro legislatore. Non solo. Le normative di riferimento sono tutt’altro che generiche. Le leggi italiane in materia di appalti scendono nello specifico, sono piuttosto complesse». A parere del docente, in particolare per ciò che concerne il tema della risarcibilità dei danni subiti, l’Italia deve fare i conti con una scarsa competenza in materia che inquina il mondo delle concessioni. Un codice male utilizzato? «Il problema è che nel nostro Paese crescono le garanzie in termini astratti, generali, ma quando poi occorre intervenire concretamente tali garanzie vengono sospese. In Italia vi sono, a mio parere, troppe stazioni appaltanti svincolate dalle leggi, in virtù per esempio dei cosiddetti casi di emergenza. Lo abbiamo visto per esempio a Napoli con il problema dei rifiuti. Ci sono voluti cinque tentativi prima
Fiorenzo Liguori
5,6% CALO Tra gennaio e agosto 2010 risultano in calo gli appalti pubblici nei mesi estivi di ingegneria e architettura, interrompendo il moderato recupero che si era registrato nello stesso periodo del 2009
2,6 mila GARE
Il numero di gare pubblicate da gennaio ad agosto 2010, il più basso rilevato dal 2000, con un importo totale di 465,8 milioni di euro (fonte: OiceInformatel)
di giungere all’attuale versione del codice degli appalti. Ma se continuiamo a concedere deroghe su deroghe queste regole non serviranno a nulla». Perché i meccanismi legati agli appalti risultano così poco chiari all’opinione pubblica? «In realtà i cittadini meno distratti leggono quasi tutti i giorni sui quotidiani gli innumerevoli avvisi pubblicati riguardanti i contratti pubblici. In questo ambito la priorità individuata dall’Unione europea è proprio quella di comunicare e di informare tutti sui singoli passaggi della procedura. Dunque su questo punto devo sfatare un falso mito.
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L’attenzione e la dichiarazione pubblica c’è, ed è molto alta. Quello su cui occorre fare luce è, piuttosto, ciò che accade dopo le assegnazioni. A partire dalle modalità di gestione delle amministrazioni locali». Quali problemi emergono con le Pa? «Sono sicuramente degli interlocutori difficili. Spesso si incontrano incompetenze, inadeguatezze strutturali e situazioni di collusione. Immaginiamoci i problemi di un piccolo comune che deve seguire e gestire l’appalto per una grande impresa abituata a portare a termine opere di grandissime dimensioni. Nelle amministrazioni occorrono persone spe-
Le Amministrazioni locali rappresentano degli interlocutori difficili per le imprese vincitrici di appalti. Spesso si incontrano incompetenze, inadeguatezze strutturali e situazioni di collusione
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cializzate in queste tematiche. La stessa materia legislativa di riferimento è, ripeto, varia e complessa. Solo chi la conosce a fondo può occuparsene. Soprattutto, quello che crea preoccupazione, è la lievitazione dei costi che inevitabilmente scaturisce da questo quadro di gestione inefficiente». Come mai aumentano i costi? «Proprio perché, quando a mettere le mani sui progetti sono le amministrazioni comunali, i piani vengono rigettati e riscritti più volte, mandando all’aria i preventivi. Ciò accade quando un comune non è in grado di tenere sotto controllo una grande impresa. E sappiamo bene come alcuni imprenditori tirino acqua al loro mulino gonfiando i prezzi in corso d’opera. Purtroppo non si può dare sempre per scontato di avere a che fare con persone oneste. Ecco, su questo ci vorrebbe più trasparenza. Su questo gli italiani dovrebbero essere informati». Anche le imprese, intese quelle áá CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 45
APPALTI PUBBLICI
áá oneste, lamentano la gestione da parte delle amministrazioni. Di recente il presidente della Cassa edile di Avellino, Armando Zaffiro, ha dichiarato di voler vigilare sul corretto espletamento delle gare d’appalto e sul rispetto degli obblighi contrattuali. «Zaffiro ha sollevato un punto interessante. Sicuramente gli imprenditori soffrono nel confrontarsi con amministratori che non sono formati, con funzionari che sulle tematiche degli appalti, in particolare edili, hanno dei veri e propri “buchi neri”. Va anche detto, però, che da parte del mercato si osserva una tendenza a mio avviso pericolosa». A cosa si riferisce? «Il rapporto tra le imprese nel mercato delle opere pubbliche è vissuto spesso in un’ottica di assegnazione, ovviamente non scritta, dei campi di intervento. In pratica alcune aziende si spartiscono fasce di mercato. Non è 46 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
certamente corretto e a rimetterci sono anche gli attori economici virtuosi». Anche su questi comportamenti, però, occorre fare luce. In questo caso verso le imprese che intendono partecipare alle gare, non trova? «Sì. Ma facciamo attenzione. Sappiamo che l’impostazione comunitaria permette di far ottenere un risarcimento a tutte quelle imprese che hanno perso illegittimamente una gara, causa uno sbaglio della Pa. Attualmente, però, devo dire che si sta facendo un utilizzo strumentale di quest’arma». Quale procedura va seguita per fare ricorso dinanzi a un’assegnazione sospetta? «Si può fare ricorso al Tar chiedendo l’annullamento della gara o dell’esclusione alla stessa. Questo procedimento giurisdizionale è stato però oggetto di una modifica normativa molto incisiva che ha aumentato i
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Dell’autorità di vigilanza spesso non se ne avverte molto la presenza. Forse dovrebbe essere rafforzata, o perlomeno istituita anche a livello regionale
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poteri del giudice. Il problema è che, paradossalmente, pur aumentandone il potere, ha reso praticamente impossibile raggiungerlo. Depositare ricorso ora prevede dei contributi altissimi da pagare. Ci vogliono 2 mila euro solo per far partire la pratica. E sui tempi si è creata una serie di sbarramenti davvero difficile da rispettare. Nemmeno il ricorso elettorale ha termini così brevi. In pratica un’azienda che intende fare ricorso deve affidarsi a un avvocato che si de-
Fiorenzo Liguori
UNA GESTIONE INNOVATIVA NEGLI APPALTI CAMPANI Nicola Formichella sottolinea il bisogno di legalità nel mondo degli dichi unicamente al singolo affare». appalti pubblici. E racconta l’impegno promosso dalla Regione Come fare per ovviare a questo Campania a favore della trasparenza nella gestione delle gare ginepraio così confuso? «Una figura preposta a controllare il tutto esiste, ed è l’autorità di vigilanza. Onestamente però non se ne avverte molto la presenza. Forse dovrebbe essere rafforzata, o perlomeno istituita anche a livello regionale. Questo è fondamentale. Le persone nemmeno si immaginano quanti brogli avvengono. Nella mia esperienza ho visto, per dirne alcune, concorrenti che fanno sparire buste per poi farle riapparire modificate, documenti manomessi, offerte economiche scritte con penne differenti, quasi si tocca il grottesco». Un altro punto su cui si discute è la perenne logica al ribasso con cui vengono assegnati gli appalti. Non trova possa essere pericolosa? «La logica del massimo ribasso è quella di chi vuole togliere potere alle stazioni appaltanti, creando una sorta di automatismo. Se si lasciasse alle commissioni la possibilità di controllare gli aspetti tecnici e di contorno, sottraendo discrezionalità alle amministrazioni locali, tale logica verrebbe attenuata. Ad ogni modo la legge un correttivo lo prevede. Non è che si può appaltare semplicemente a chi offre il prezzo più basso. Si passa attraverso una fase di verifica delle offerte, analizzandole punto per punto. Il problema è che sempre più spesso si sta verificando il superamento di quella che viene definita “soglia di anomalia”, che poi in contradditorio l’impresa dovrà giustificare».
nnanzitutto i cittadini chiedono che le opere pubbliche vengano eseguite nei tempi previsti senza lasciare opere incompiute». Questa la priorità per Nicola Formichella, capogruppo del Pdl presso la commissione per le Politiche comunitarie e consigliere politico di Stefano Caldoro con delega ai rapporti con il Parlamento. «Servono legalità e trasparenza nell’amministrazione del denaro pubblico. Quasi tutte le vicende giudiziarie in questo ambito hanno alla base procedure di appalto poche chiare. L’osservanza puntuale della normativa già esistente metterebbe al riparo da qualsiasi interferenza e illazione». Quali pratiche possono essere applicate affinché si allontani lo spettro del clientelismo e della criminalità organizzata? «La pubblicazione costante e aggiornata di un elenco di ditte vincitrici di gare, con l’indicazione dell’importo e i tempi di realizzazione dell’opera, consentono al cittadino di partecipare alla fase istruttoria dando la possibilità di segnalare eventuali illegalità e anomalie alle autorità competenti». I rapporti tra Stato e amministrazioni locali quale peso rivestono nel garantire la trasparenza e la legalità nell’assegnazione degli appalti? «Ogni Regione, nella propria autonomia, delimita le competenze in materia di appalti pubblici. La Regione
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Campania ha approvato uno “schema tipo” per i bandi, al fine di uniformare la materia a tutti gli enti, organismi e stazioni appaltanti operanti sul territorio». La Campania è anche tra i soci fondatori di Itaca. Di cosa si tratta? «È l’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale. Parliamo di un’associazione federale delle Regioni e delle Province autonome. Uno dei suoi scopi statutari è proprio lo sviluppo e la promozione della trasparenza nelle diverse fasi del ciclo degli appalti e delle concessioni pubbliche. La Regione ha aggiunto un tassello al progetto, creando il Sitar, Sistema informativo telematico appalti regionali, che concentra in un unico sistema il monitoraggio degli appalti. È necessario potenziare e far funzionare bene progetti affinché tutti gli enti lo applichino senza indugio».
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APPALTI PUBBLICI
Appalti e bandi di gara, la trasparenza che manca Bandi e gare d’appalto. Il complesso mondo dei finanziamenti pubblici illustrato dal professore e avvocato Ugo Ruffolo. Punto di partenza di questa indagine è il Codice degli appalti del 2006 Nike Giurlani
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uando si parla di finanziamenti pubblici, si entra in una sfera d’azione complessa, all’interno della quale il principio della trasparenza non sempre viene rispettato. L’erogazione di denaro per la realizzazione d’opere pubbliche prevede varie fasi e un iter abbastanza articolato. Non è, inoltre, raro che a vincere le gare d’appalto siano sempre gli stessi soggetti. Ma il problema, come sottolinea l’avvocato Ugo Ruffolo «non è che vincano sempre gli stessi, ma che vincono i soggetti sbagliati». Come
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uscire da questo circolo vizioso? «Più che guardare ai singoli consumatori come “controllori” – fa notare Ruffolo – occorre forse sollecitare sia una maggiore attenzione da parte della pubblica amministrazione contro le proprie “mele marce”, sia una maggiore reattività degli imprenditori concorrenti illecitamente esclusi». Qual è il quadro normativo di riferimento in materia di appalti pubblici? «Secondo il Codice degli appalti del 2006, i lavori pubblici possono essere affidati esclusivamente all’esito di procedure d’evidenza pubblica: gare nelle quali il bando può prevedere, per l’aggiudicazione, diversi gradi di discrezionalità, sempre finalizzata alla scelta dell’operatore economico migliore, sotto il profilo del prezzo più basso o dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche in termini qualitativi. La procedura è articolata in diverse fasi - dalla pubblicazione del bando di gara all’affidamento, dall’aggiudicazione provvisoria a quella definitiva tutte amministrate dalla stazione appaltante, chiamata a svolgere funzioni
di controllo e verifica. Si comprende come i criteri “automatici” (il “minor prezzo”) siano sempre i più trasparenti, ma non sempre i più efficienti (bilanciare prezzo e qualità dell’offerta, cosa spesso essenziale, implica necessariamente una certa discrezionalità)». Perché sovente le gare si chiudono con la vittoria dei medesimi operatori economici? «Talora, ma non sempre, perché sono “amici degli amici”. Il problema non è che vincano sempre gli stessi, ma che vincono i soggetti sbagliati. Altro è se la scelta ripetuta di quell’impresa scaturisce dall’apprezzamento di peculiari caratteristiche di natura obiettiva, quali l’elevata specializzazione produttiva, ovvero la garanzia di continuità con le precedenti fasi di lavorazione; altro è invece se qualcuno “bara”. In tale ipotesi, i rimedi legali sono anche ma non solo quelli penali. È possibile impugnare davanti al Tar,
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Secondo il Codice degli appalti del 2006, i lavori pubblici possono essere affidati esclusivamente all’esito di procedure d’evidenza pubblica
tutti gli atti amministrativi illegittimi, quali bandi di gara cuciti “su misura”, o aggiudicazioni viziate da favoritismi. È possibile, per il concorrente ingiustificatamente escluso, agire sia per concorrenza sleale contro chi ha vinto “barando”, sia per danni contro coloro che hanno governato con parzialità la procedura di gara, ed allora anche della pubblica amministrazione quale stazione ap-
paltante, che risponde vicariamente degli illeciti di costoro». Quali strumenti sono concessi ai cittadini per verificare se il denaro pubblico viene speso correttamente? «Secondo il Consiglio di Stato (2002) “l’accesso agli atti delle gare d’appalto è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e che se ne possano avvalere per la tutela di una posizione soggettiva, la quale non può identificarsi con il generico e indistinto interesse d’ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa”. Potrebbe essere diverso per una qualificata associazione di consumatori. Più che guardare ai singoli consumatori come “controllori”, occorre forse sollecitare sia una maggiore attenzione da parte della Pubblica amministrazione contro le proprie “mele marce”, sia una maggiore reattività degli im-
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prenditori concorrenti illecitamente esclusi (ma ancora, troppo spesso, “cane non mangia cane”)». Come l’attuale normativa può essere migliorata al fine di garantire un maggior grado di trasparenza? «Piuttosto che norme nuove, occorrerebbe una nuova coscienza civile, ed un nuovo coraggio civile, nell’utilizzare quelle esistenti. Far vincere la gara al concorrente sbagliato significa spesso pregiudicare il concorrente “giusto”. Ed è anzitutto da quest’ultimo che può derivare un impulso al controllo: sia mediante l’impugnazione di singoli provvedimenti amministrativi, sia attraverso azioni anche risarcitorie. Ma ciò accade di rado. Persino per Tangentopoli, vi sono state iniziative penali per appalti truccati, ma quasi nessun concorrente illecitamente escluso è poi andato fino in fondo anche con azioni di concorrenza sleale nei confronti del concorrente che, “barando”, era stato ingiustamente preferito. E si badi che la legge accorda tale azione anche alle associazioni imprenditoriali (il cui silenzio resta, in tali casi, assordante)». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 49
BILANCI COMUNALI
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n un quadro di difficoltà complessiva, con i cittadini ed i contribuenti sempre in affanno a mantenere gli impegni tributari, con gli enti locali del Paese che devono far fronte a tensioni crescenti, la capacità della nostra amministrazione di mantenere fermi alcuni dei suoi parametri fondamentali è la dimostrazione della solidità dei suoi conti». Lo scorso dicembre Michele Saggese è diventato assessore alle Finanze del Comune di Napoli dopo esserne stato revisore dei conti e, in qualche occasione, averne criticato i numeri del bilancio. Ad appena qualche mese dal suo insediamento, a metà dello scorso maggio, Saggese si è subito ritrovato tra le mani una patata bollente: l’agenzia internazionale Standard & Poor’s, che ha declassato il Comune partenopeo dal rating BBB a quello BBB. Tra gli altri problemi, palazzo San Giacomo sarebbe pressoché incapace di incassare quanto gli spetta. Assessore, lei osservò che il giudizio di S&P non introduceva nessun elemento di novità rispetto a quanto già espresso da Moody’s in gennaio. Davvero non si sorprese del declassamento? «La decisione di Standard & Poor’s, giunta fra l’altro in un momento di crisi complessiva che ha dimostrato la necessità di un’approfondita riflessione sui criteri adottati dalle agenzie, non ci ha stupito. Il giudizio dell’agenzia si era basato su dati del 2009 e non ha considerato le numerose iniziative intraprese in questi mesi. Ovvero, le novità introdotte col bilancio di previsione 2010. In primis penso al pagamento agevolato delle contrav52 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Il Comune di Napoli è declassato Lo scorso maggio la doccia fredda dovuta alla declassazione del rating del Comune partenopeo da parte dell’agenzia internazionale Standard & Poor’s perché l’Amministrazione Iervolino è incapace di «generare nuove entrate». La risposta di Michele Saggese, assessore al Bilancio di Palazzo San Giacomo Luca Donigaglia
venzioni al codice della strada, che consentirà di recuperare importanti risorse finanziarie da immettere nel sistema produttivo locale, contribuendo alla sua ripresa e alla crescita». Ritiene quindi che le “sentenze” delle agenzie di rating vadano prese con le pinze? «Mi limito a osservare che l’elevato grado di sintesi che caratterizza i giudizi delle agenzie di rating fa sì che questi tendano a ‘disperdere’ una parte di informazioni non trascurabile ai fini di una rappresentazione esaustiva della realtà e di un giudizio complessivo». Le prospettive, dice l’agenzia, «potrebbero tornare stabili qualora l’amministrazione dimostrasse di
Michele Saggese, assessore alle finanze per il Comune di Napoli
Michele Saggese
poter tornare a tassi di riscossione almeno pari a quelli registrati prima del 2009”. Il Comune può provare che la riduzione registrata l’anno scorso non è strutturale? «In realtà non vi è alcun problema strutturale, lo ribadisco, dal momento che questo dato risente delle vicende legata ai tempi di emissione degli atti amministrativi necessari alla riscossione degli importi. Il dl 61-2007 ha infatti imposto la copertura integrale dei costi del servizio di gestione dei rifiuti e la necessità di adeguarsi alla nuova normativa ha prodotto il ritardo nei tempi di invio delle relative cartelle. Per questo motivo il per il dato 2009 risulta “monco” di circa una rata del valore complessivo». Si è parlato molto anche della riscossione della tassa sui rifiuti, così come dell’imposta sugli immobili. «I ruoli della Tarsu non possono essere registrati in conto competenza, ma
La decisione di Standard’s & Poor’s non ci ha stupito. Il giudizio dell’agenzia si era basato su dati del 2009 e non ha considerato le numerose iniziativa intraprese in questi mesi
solo in conto residui (ossia in riferimento al periodo contabile precedente, ndr) con la conseguenza che i dati vengono aggiornati con circa un anno di ritardo. Si consideri poi che, a partire da quest’anno, le riscossioni della Tarsu dipenderanno anche dai tempi con i quali la Provincia comunicherà i dati necessari per la predisposizione dei ruoli. Tempi sui quali, evidentemente, il Comune non ha possibilità di intervento. Per quanto riguarda invece l’imposta comunale sugli immobili, questa è una voce sostanzialmente positiva per le casse del Comune, ma che risente comunque
dei tempi di trasferimento di alcuni importi da parte dello Stato quali, ad esempio, quelli, cospicui, che compensano il minor gettito per l’esenzione Ici prima casa». Come procedono le misure correttive decise dal Comune come il condono per le multe e la rateizzazione della Tarsu? «La scadenza fissata per la regolarizzazione è il 30 settembre prossimo e di conseguenza non è disponibile alcun dato. Tuttavia, dai contatti rilevati sia al centralino dell’ufficio competente sia sul sito dedicato, l’attenzione dimostrata alla regolarizzazione è risul- CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 53
BILANCI COMUNALI
Standard & Poor’s: il Comune non incassa più l Comune è incapace di «generare nuove entrate», di «incassare». Quindi, genera «ritardi» nei «pagamenti correnti». Le prospettive «potrebbero tornare stabili» ma sono «negative». Questi i giudizi con cui l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha declassato il Comune di Napoli lo scorso maggio. L’amministrazione partenopea regredisce dalla valutazione BBB a quella BBB-, ovvero all’ultimo gradino della fascia di classificazione medio-bassa. Con un rating «negativo stabile», sentenzia S&P, palazzo San Giacomo si allontana dalle performance raggiunte dai Comuni di Roma e di Milano (A+ per entrambi). «La causa della nostra decisione - riporta in una nota Standard & Poor’s - è la debolezza strutturale interna nella generazione di flussi di cassa. Il rating riflette la priorità accordata al rimborso del debito con i flussi di cassa entranti». È vero che «i fabbisogni di finanziamento sono relativamente stabili», ma il vero problema è la «debolezza strutturale» e non il «debito consolidato». Tra gli altri fronti, secondo l’agenzia internazionale, c’è quello legato alla Tarsu: «Il rating potrebbe essere rivisto nuovamente al ribasso in particolare qualora i tassi di riscossione delle entrate tributarie non dovessero migliorare nel 2010 o continuassero a ridursi. In particolare, per quanto riguarda la riscossione molto esigua della tassa per lo smaltimento dei rifiuti». Le prospettive «potrebbero tornare stabili qualora l’amministrazione dimostrasse di poter tornare a tassi di riscossione almeno pari a quelli registrati prima del 2009», provando insomma che la riduzione registrata nel 2009 non è strutturale. Altri aspetti critici, a giudizio dell’agenzia, riguardano «un avanzo di amministrazione libero negativo e passività contingenti potenzialmente elevate che potrebbero manifestarsi a seguito di sentenze sfavorevoli per il Comune o derivate da enti terzi». Standard & Poor’s stabilisce che solo «la presenza di una percentuale crescente di trasferimenti statali stabilizza la struttura piuttosto debole delle entrate comunali». La spesa corrente desta dunque le maggiori preoccupazioni: «Nonostante lo scenario di base - rileva S&P - preveda un miglioramento dei tassi di riscossione delle entrate correnti nel 20102012 pari al 90% delle entrate correnti accertate, in linea con il 2007 e 2008, e sopra l’85% registrato nel 2009, i pagamenti delle spese correnti continueranno a ridursi attestandosi in media all’87% delle spese correnti impegnate rispetto a una media del 92% sul 2007 e sul 2008».
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135 % DEBITO Secondo l’agenzia di rating il debito del Comune di Napoli continuerà a crescere attestandosi intorno al 135% delle entrate correnti, comprensive delle entrate delle società, entro il 2012
102 % GIACENZA La giacenza di cassa rilevata il 29 marzo 2010, pari a 102 milioni di euro, copre 0,7 volte il servizio del debito del 2010 (fonte: Standard & Poor’s)
tata piuttosto elevata». In tutto questo, il dato sull’evasione non è incoraggiante: circa una famiglia su tre e un’utenza non domestica su due non pagano la Tarsu. «Sull’evasione in generale va sicuramente detto che il fenomeno presenta significative criticità soprattutto in conseguenza della generalizzata compressione dei redditi dell’ultimo anno. Tuttavia sono state numerose le iniziative poste in essere dall'amministrazione. Mi riferisco in particolare ai protocolli di intesa con la Guardia di Finanza, la Camera di Commercio della provincia di Napoli e con l’Agenzia delle Entrate, rivolti allo scambio dei dati relativi alle posizioni fiscali di persone fisiche ed imprese. Inoltre, tutti i soggetti che a vario titolo hanno rapporti negoziali con il Comune di Napoli sono sottoposti preliminarmente alla verifica della regolarità nel pagamento dei tributi dovuti all'amministrazione, che diventa condizione necessaria per la stipula dei contratti».
BILANCI COMUNALI
I condoni non basteranno ko tutti gli indici «La “mazzata” dell’agenzia di rating Standard & Poor’s è più che giustificata. Le misure messe in campo dall’amministrazione per raggranellare qualche soldo sono ancora lontane dal dare i propri frutti». E per Carlo Lamura, capogruppo del Pdl al Comune di Napoli, intanto cresce il peso sulle spalle dei cittadini Luca Donigaglia
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er Carlo Lamura, capogruppo del Popolo della libertà in Consiglio comunale a Napoli, i giorni di maggio in cui l’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s ha declassato il Comune partenopeo sono ancora un ricordo fresco. Tra gli altri problemi, S&P ritiene palazzo San Giacomo «incapace di riscuotere la Tarsu e più in generale le gabelle, ed eccessivamente ritardatario nel pagamento dei creditori». In Consiglio comunale come state affrontando la questione? «L’amministrazione continuava a mettere a bilancio entrate improprie. Il Consiglio, allora, ha dato indicazione di condonare le contravvenzioni emesse da sei 56 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
anni a questa parte. Il tutto considerata la difficoltà del Comune a riscuoterle e considerate le sue inadempienze nei confronti dei cittadini, che intanto si ritrovano ad affollare gli uffici del giudice di pace. I termini dell’operazione
Sopra, Carlo Lamura capogruppo Pdl al Comune di Napoli
Carlo Lamura
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I tempi dei pagamenti ai fornitori del Comune accusano ritardi spaventosi. Così solo i grossi gruppi possono permettersi di accettare ancora ordini: il risultato è un monopolio de facto
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verranno prorogati, anche se ciò non basterà a risanare i bilanci: gli indici sono pressoché tutti negativi». In buona sostanza, Standard & Poor’s dice che il Comune intende pagare i creditori con risorse che difficilmente incasserà, come quelli delle multe e delle gabelle varie. «Appunto. I tempi dei pagamenti
ai fornitori da parte del Comune accusano ritardi spaventosi, anche di tre anni. Così le ditte, soprattutto quelle piccole, non si fidano più. Solo i grossi gruppi possono permettersi di accettare ancora ordini: il risultato è un monopolio de facto. Il punto è che sempre più creditori potrebbero fare causa al Comune e vincere (in qualche caso è già suc-
cesso, ndr), sarebbe l’anticamera del disastro». Standard & Poor’s sottolinea che «l’accertamento della Tarsu é aumentato in modo consistente nel 2009, il 45% delle entrate rispetto al 35 del 2008, senza tuttavia produrre degli incrementi sul fronte della riscossione dei tributi». Quanto incide l’evasione sotto questo aspetto? «Purtroppo i dati sono negativi. Sui mezzi d’informazione è stato riportato che, grosso modo, una famiglia su tre e una utenza non domestica su due non pagano la Tarsu». S&P sostiene che le prospettive generali potrebbero cambiare se il Comune dimostrasse che la riduzione registrata nel 2009 non è strutturale. «Il Comune dice che non vi è alcun problema strutturale citando i tempi di emissione degli atti amministrativi necessari alla riscossione degli importi. Ma guardiamo alla realtà dei fatti. Per citare qualche caso, penso alla Regione che con una delibera ad hoc ha dovuto girare al Comune i fondi per la manutenzione degli assi viari, un problema storico. Oppure il consorzio di bonifica della conca di Agnano: l’amministrazione dovrebbe versargli 160 mila euro all’anno, ma 10 anni non lo fa. Risultato? Il consorzio non ha nemmeno i fondi per pagare il personale». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 57
BILANCI COMUNALI
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a vera crisi napoletana non è quella dei rifiuti, della mancata riscossione della Tarsu in sé, ma quella della sua classe dirigente». Paolo Cirino Pomicino, ministro delle Finanze e della Funzione pubblica nella Prima Repubblica, guarda sempre con attenzione ai problemi della sua Napoli. Cirino Pomicino indossa la veste di tecnico di palazzo Chigi da due anni, da quando il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, lo ha nominato presidente del «Comitato tecnico scientifico per il controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato». L’organismo è stato istituito una decina d’anni fa: testualmente, svolge «attività di supporto al presidente del Consiglio dei ministri o al ministro da lui delegato al fine di assicurare la coerenza tra il programma di Governo e la pianificazione strategica 58 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Rating declassato? Napoli è senza timone «La scure di Standard & Poor’s sul Comune di Napoli? Rappresenta il declassamento delle politiche messe in campo dalle istituzioni locali, evidenzia il risultato di cattive prassi amministrative. L’analisi di Paolo Cirino Pomicino Luca Donigaglia dei ministeri». Presidente, di che cosa vi occupate in concreto? «La nostra attività è legata a rendere più “leggibili” i bilanci statali. Gli obiettivi sono quelli di semplificare e misurare le performance delle amministrazioni dello Stato, promuovendo l’utilizzo di metodologie e strumenti comuni per la pianificazione strategica. Dunque, da un lato il Comitato vuole semplificare la let-
tura dei bilanci, sperando ovviamente che il Parlamento li legga. Dall’altro valutiamo la qualità e la quantità della spesa generale in un’ottica costi-benefici di stampo aziendale, pur in presenza di aziende “speciali” come le amministrazioni pubbliche». Qualche esempio di intervento messo in campo? «In questi due anni lavoriamo in sintonia con la Commissione per la valutazione istituita con la riforma Bru-
Paolo Cirino Pomicino
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Il declassamento di Standard & Poor’s non è stata una sorpresa. Napoli e la sua provincia valgono il 70% della Campania, ma la classe dirigente che esprimono è in crisi da tempo
netta, il bilancio è positivo. In virtù del nostro ruolo di interfaccia, abbiamo fatto emergere che il ministero della Pubblica istruzione non aveva i fondi necessari per pagarsi i fitti. Su questo anche il budget del ministero dell’Economia nel 2008 è stato valutato. Pensando al ministero della Difesa, abbiamo rilevato che il taglio di 15 miliardi in tre anni alle amministrazioni centrali dello Stato è incompatibile con il mantenimento
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di un esercito di 190 mila persone». Iniziative da avviare nell’immediato? «Ora come ora stiamo procedendo con nuove “zoomate”: nei prossimi giorni convocheremo i tribunali di Napoli e di Roma per capire, anche in questo caso, se le loro risorse attuali bastano a far fronte alle spese». Tra i vostri compiti rientra la possibilità di «formulare anche su richiesta del presidente del Consi-
glio dei ministri, valutazioni specifiche di politiche pubbliche o programmi e amministrazioni dello Stato». Succede di frequente? «In buona sostanza, si tratta dell’incarico di coordinare i servizi di controllo interno dei ministeri. Finora non ci è mai stata fatta nessuna richiesta in questo senso». Il comitato si compone di quattro membri. Percepite emolumenti particolari? «Siamo in quattro compreso il sottoscritto. Con me ci sono Vincenzo Chianese, Giancarlo Morcaldo e Federica Collaretti. Mi erano stati offerti 50 mila euro all’anno, ma preferisco operare senza essere retribuito. Per quanto riguarda gli altri parliamo di poco più di un rimborso spese». Venendo ad altre prerogative del Comitato, siete chiamati a promuovere alcune «buone prassi», come l’elaborazione di strumenti per migliorare il collegamento fra gli obiettivi strategici e l’uso delle risorse nelle amministrazioni. Non le pare che il caso del Comune di Napoli, a maggior ragione dopo la “mazzata” di S&P, rappresenti l’esatto contrario? «Il declassamento per mano di Standard & Poor’s non è stata una sorpresa. I guai sono tanti e li conosciamo. Napoli e la sua provincia valgono il 70% della Campania, ma la classe dirigente che esprimono è in crisi da tempo. Basti pensare ai politici napoletani sugli scudi a livello nazionale: oggi non ce n’è nemmeno uno. In ogni caso, le difficoltà finanziarie del Comune non nascono oggi. Potrei citare la collocazione alla City di Londra dei titoli del debito pubblico comunale a tassi svantaggiosi rispetto a quelli della Cassa depositi e prestiti». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 59
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
Porto il made in Naples nel mondo Il fatto a mano, la cura dei dettagli e l’artigianalità partenopea rendono le cravatte Marinella dei prodotti esclusivi, amati da re e presidenti. Il regno di Maurizio Marinella è Napoli, ma la sua formula è oggi esportata in altri angoli del mondo Francesca Druidi
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tile inglese e tradizione sartoriale napoletana. Che, unite a una spiccata filosofia dell’accoglienza, danno vita a una formula imprenditoriale tanto longeva quanto di successo. Il prestigioso marchio di cravatte E.Marinella si appresta a festeggiare, nel 2014, i primi cent’anni di attività: fu Eugenio, nonno dell’attuale patron Maurizio Marinella, ad avviare nel 1914 il negozio di Piazza Vittoria, «dimostrando – come spiega fieramente l’imprenditore – che era possibile realizzare qualcosa di importante partendo da Napoli, ma soprattutto restando a Napoli». Diventando un’istituzione del capoluogo partenopeo. Poi, dal 2000, Marinella ha intrapreso un peculiare percorso di internazionalizzazione. Esportando il made in Naples. Quali strategie dietro a un’espansione del retail così mirata? «Nei primi anni del 2000, vuoi per un appannamento di popolarità della cravatta, vuoi perché Napoli trasmetteva situazioni più negative che positive, ho deciso di avviare un’esperienza fuori città, aprendo a Milano uno showroom. È stato il primo passo di un’internazionalizzazione sui generis». 72 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Poi è stata la volta di Tokyo. «Dall’esperienza quotidiana nel negozio di Napoli, è emerso quanto i giapponesi siano sensibili al fatto a mano, capace di adattarsi meglio alla loro fisicità minuta. Per questo, con un nostro distributore abbiamo aperto un negozio monomarca a Tokio, che va molto bene. Grandi quantitativi di cravatte, del resto, non riusciamo a produrli, realizzandoli noi. Ma vogliamo che resti così. Moltissime sono state le proposte di acquisto in questi anni, ma non ci siamo mai lasciati sedurre. Siamo napoletani e vogliamo rimanere a contatto con la vita che
Maurizio Marinella, patron del marchio E.Marinella
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Maurizio Marinella
Dovremmo inventarci un marchio specifico che certifichi le nostre qualità: il fatto a mano, la cura dei dettagli e l’artigianalità che costituiscono il nostro Dna
abbiamo svolto da sempre». Perché, invece, l’apertura a Lugano? «In realtà, non era nei programmi. Un mio cliente era proprietario di alcuni palazzi a Lugano e aveva intenzione di venderli così mi ha fatto quest’offerta. La spinta per acquistare l’immobile, davvero bellissimo, è scaturita da un’emozione: l’entrata del negozio di Lugano era identifica a quella di Napoli. Siamo napoletani scaramantici e tradizionalisti. E poi si tratta di una località dove sono concentrate banche e assicurazioni: uomini in cravatta non mancano».
Il negozio di Marinella a Napoli
Il prossimo anno sarà la volta di Londra. «Londra rappresenta per me un biglietto da visita eccezionale. Del resto, siamo nati cent’anni fa importando articoli dall’Inghilterra. Sarebbe un ritorno alle origini, esportando questa volta prodotti made in Naples. Mi sto, inoltre, già muovendo in maniera soffusa per cercare di realizzare le cravatte per le Olimpiadi di Londra 2012. Ci sono, quindi, parecchi progetti che bollono in pentola». Dietro a una nuova apertura ci devono, quindi, essere ragioni speciali. «Sì, devo principalmente vivere un’emozione. Ma ora come ora non riuscirei a occuparmi più di niente, anche perché sono abituato a curare personalmente la qualità di ciò che creiamo. Mi piacerebbe trasmettere un po’ l’entusiasmo che vivo qui nel negozio a Napoli. Tutti i giorni apriamo alle 6 e 30 del mattino. Del resto, Matilde Serao, che scriveva nel 1914 su una rubrica de Il mattino, paragonava il mio negozio CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 73
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
a una farmacia di paese, dove
se ne stabiliscono un po’ le sorti. Dalle 6 e 30 fino alle 9 assaporo ancora quest’atmosfera, poi il commercio cambia inevitabilmente i suoi ritmi. Il mio credo è l’accoglienza: conoscere i clienti, coccolarli, offrire loro il caffè e un dolcetto. Questo avviene anche a Lugano, dove ripropongo lo stesso approccio». Quanto rimane forte il prestigio della napoletanità sartoriale? «Napoli, nonostante tutto, gode sempre di una forte penetrazione. Tutti mi chiedono del made in Italy, ma in particolare del made in Naples. Per questo motivo, dovremmo inventarci un marchio specifico che certifichi le nostre qualità: il fatto a mano, la cura dei dettagli e l’artigianalità che costituiscono il nostro Dna, quello che Napoli ha fortunatamente ancora oggi in parte conservato. La città mantiene, rispetto a metropoli come Londra, Parigi e New York, una tradizione sartoriale e artigianale molto forte, che però va alimentata e supportata per riuscire a sopravvivere. Sono orgoglioso di essere un paladino di questo rilancio dell’artigianato napoletano che sta riscuotendo successo». Marinella è stata scelta come azienda fornitrice ufficiale di cravatte per il Padiglione Italia, che ospita tutte le eccellenze del made in Italy all’Expo universale di Shanghai. Quanto è ricettivo il mercato del Far East? «La scelta per l’Expo costituisce per me motivo di grande orgoglio. Per quanto riguarda l’Estremo Oriente, riceviamo costantemente richieste da Singapore, Corea e Cina, ma io non intendo essere da ogni parte e sono già soddisfatto di quanto ho realizzato sinora. Il mio obiettivo è alimentare il rapporto con i clienti, perseguendo quell’ideale di commercio che mi hanno insegnato prima mio nonno e poi mio padre. Attraverso il mio negozio cerco di trasmettere l’immagine di una Napoli po-
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sitiva, che lavora e che si è sempre fatta apprezzare per i suoi prodotti di qualità e per la sua accoglienza». Oggi come vede la situazione della città? «L’Italia sta vivendo un difficile momento, con una politica basata sull’inciucio, sul pettegolezzo e sullo scandalo che permette di affrontare con meno efficacia le problematiche. Le difficoltà di Napoli sono parecchie, in tutti i settori. Rinascere è un’impresa dura, ma io sono propositivo e se puntiamo sul turismo e su quanto Napoli sa fare, io penso che si potrà voltare pagina. Mi avevano proposte di fare il sindaco, ma io amo ancora troppo il mio lavoro».
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
A Marcianise brilla l’oro di Napoli Nel Tarì pulsa il cuore dell’arte orafa campana. Una tradizione che si rinnova ogni giorno e viene trasmessa alle giovani generazioni, trasformandosi in incubatore di creatività e di talenti. Lo spiega il suo ideatore e presidente, Gianni Carità Michela Evangelisti
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n vero e proprio incubatore di creatività. A Marcianise, a pochi chilometri da Napoli, sorge una realtà assolutamente fuori dal consueto, una città in miniatura all’interno della quale oltre 3.500 persone sono quotidianamente impegnate a disegnare, produrre, distribuire e acquistare gioielli. Stiamo parlando del Tarì, un centrifugato di coraggio imprenditoriale, competenze e innovazione, e soprattutto il custode di una tradizione che si è tramandata per secoli tra le vie del capoluogo partenopeo. L’idea di Gianni Carità è quella di un consorzio in cui gli orafi possano condividere le loro esperienze e al tempo stesso avvalersi di eccellenti servizi nell’ambito della formazione, della promozione e della sicurezza. Un’idea vincente. Il Tarì, esempio strategico e organizzativo
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unico nel suo genere. Quali vantaggi porta alle aziende consorziate e cosa rappresenta per il mondo della creatività d’eccellenza campana? «Il Tarì è operativo dal 1996 e ancora oggi resta un esempio unico nel suo genere per il mondo imprenditoriale in Italia e in Europa. Fin dal momento della sua fondazione ha rappresentato un’eccezionale opportunità per le aziende orafe, storicamente di impronta molto tradizionale, che hanno avuto la possibilità di abbandonare la propria dimensione locale entrando in una realtà orientata al futuro e all’innovazione. Design, formazione, servizi, marketing e grandi eventi di business sono i requisiti grazie ai quali il Tarì è divenuto negli anni un punto di riferimento imprescindibile per le aziende orafe campane (ma non solo). Oggi le aziende stabilmente insediate al Tarì sono 394: tra queste vi sono non soltanto le aziende di tradizione napoletana, ma tutti i grandi brand della gioielleria italiana. Segno che da anni il Tarì è uscito dall’iniziale dimensione meridionale per diventare una realtà europea». Dall’antico quartiere degli orafi al modernissimo Tarì: come le nuove tecnologie sono entrate nei sistemi operativi aziendali e quanto si è conservato dell’originario mondo artigiano? «Le aziende di produzione del Tarì sono ancora molto legate ai valori dell’artigianato di alta qualità, ancora oggi il principale punto di forza, in-
394 AZIENDE
Sono stabilmente presenti nel Tarì
3500 PERSONE Lavorano nel distretto orafo di Marcianise
Gianni Carità
sieme al design, del prodotto italiano nel mondo. Ciò che hanno acquisito dal Tarì è un nuovo livello organizzativo, efficienza nel processo produttivo e distributivo, e soprattutto innovazione di prodotto. La quotidiana esposizione al mercato e il confronto con altre realtà del settore hanno reso tutti gli imprenditori del Tarì molto più attenti all’evoluzione della domanda, e, soprattutto in questi anni di forte competizione internazionale e contrazione dei consumi, questo atteggiamento è stato premiante». Il settore orafo-argentiero, e più in generale dei beni di lusso, ha subito negli ultimi anni una serie di significative trasformazioni, dal superamento del concetto del prodotto come “bene rifugio” all’inasprimento della concorrenza. Come ha reagito il settore in Italia e in particolare in Campania? «Puntando sull’eccellenza dei propri prodotti, risultato del mix di una grande tradizione artigianale e di una costante attenzione all’innovazione. Da questo punto di vista la formazione dei giovani, sia come collaboratori sia come nuove generazioni di imprenditori, è stata importantissima e in questo la scuola del Tarì ha giocato un ruolo
Sopra, il fondatore e presidente de Il Tarì, Gianni Carità
strategico. Oggi il gioiello viene acquistato solo se riesce a suscitare emozioni: è più che mai fondamentale, quindi, investire sulla creatività del made in Italy». In quale misura il settore del lusso made in Italy ha subito le conseguenze della crisi e quali le strategie da seguire per rilanciarlo sui mercati internazionali? «Se per lusso s’intende il prodotto di alta gamma, non si è registrata una forte contrazione dei consumi. Diversa è la situazione che riguarda i beni di consumo di fascia media, che sono stati fortemente penalizzati da una minore disponibilità all'acquisto da parte dei consumatori. Molto comunque è stato fatto dalle aziende italiane: sempre più la creatività premia prodotti più facilmente accessibili, per così dire espressione di un lusso più “democratico”. É cruciale inoltre la fascia dei consumi giovanili: meno attenti alle tradizioni, sensibili alle tecnologie, più narcisisti che in passato, i giovani sono molto attenti alle mode. Il nostro staff di designer è costantemente al lavoro per raggiungere e seguire questo target». A novembre dedicherete un weekend al mondo del lusso e del buon gusto, che vedrà riunite tutte le eccellenze campane. Quali le nuove tendenze emergenti che troveranno spazio nel salone? «Saranno protagoniste di questa seconda edizione di Eccellenze tutte le aziende che hanno da proporre la cultura della qualità. Alto artigianato, sartoria, gusto, benessere, viaggi, arte contemporanea saranno i principali protagonisti di questo evento che interpreta il lusso come piace a noi, ovvero come espressione dell'amore per le cose belle e fatte bene. Non necessariamente inaccessibile, anzi, paradossalmente, alla portata di tutti. Abbiamo selezionato molte aziende di nicchia, spesso note internazionalmente e spesso sconosciute ai più, ma testimonianze di prodotti di livello eccezionale. Le vere eccellenze produttive campane e italiane, insomma, dedicate a un pubblico di estimatori e appassionati, lontane dalla globalizzazione dei brand che uniformano le strade delle grandi città». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 77
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
Kiton, la tunica che cavalca i mercati La crisi si sente, ma l’eccellenza premia. E l’apprezzamento per il made in Italy non passa mai di moda. Antonio De Matteis, amministratore delegato di Kiton, spiega perché l’alta sartoria napoletana è un valore aggiunto Michela Evangelisti
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na storia iniziata nel 1956, quando Ciro Paone, mercante di tessuti, decide di reimpiegare la sua esperienza nel campo aprendo un laboratorio di alta sartoria maschile ad Arzano, in provincia di Napoli. Un marchio, Kiton, che porta nel suo nome un seme leggendario e che non ha faticato a scalare in pochi decenni l’olimpo della moda. Il marchio Kiton è sinonimo di eccellenza campana nell’alta sartoria. Quali 78 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Nella foto grande, Antonio De Matteis, amministratore delegato di Kiton
Antonio De Matteis
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Nonostante le difficoltà non abbiamo ritoccato la qualità del prodotto e delle materie prime. Dare il meglio anche in tempi di crisi si sta rivelando una strategia vincente
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sono i punti di forza del made in Italy nel settore? «Innanzitutto bisogna distinguere tra made in Italy in generale e vero made in Italy; ci tengo a sottolineare che sul mercato di made in Italy autentico se ne trova, purtroppo, davvero poco. Le leggi attuali consentono ancora troppa libertà e non sono adeguate per difenderlo. I punti di forza dei prodotti realizzati completamente in Italia sono la manualità, l’artigianalità, la continua ricerca di innovazione che noi italiani siamo portati a promuovere nel settore moda, e infine l’esclusività: la quantità della produzione non è mai industriale». Da un laboratorio con quaranta sarti a una catena di negozi sparsi in tutto il mondo. Qual è il segreto di Kiton? Quanto ha pesato sul suo successo l’intreccio tra tradizione e innovazione? «Abbiamo sempre rispettato il cliente, il consumatore finale, dandogli una qualità, come siamo soliti dire, a 360 gradi più uno. E alla qualità aggiungiamo una costante innovazione, sui tessuti, sulle lavorazioni, sui tagli, sui modelli, garantendo sempre il massimo dello stile». Quanto la Kiton ha risentito della battuta d’arresto dell’economia e quali strategie seguirete per continuare ad affermare il vostro marchio? «Anche Kiton ha risentito della crisi mon- UU CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 79
INNOVAZIONE E CREATIVITÀ
UU diale, così violenta e veloce. Ma negli ultimi mesi abbiamo avuto dei segnali molto positivi. Nonostante le difficoltà abbiamo continuato sulla nostra strada, senza ritoccare la qualità del nostro prodotto e delle materie prime. Continuare a dare il meglio anche in tempi di crisi si sta rivelando una strategia vincente. L’ultima campagna vendita sta portando dei riscontri eccezionali: stiamo producendo a pieno ritmo, tanto da far fatica a soddisfare tutti gli ordini». Le ultime aperture di Kiton sono in Cina e Corea. Quali segnali arrivano dai mercati internazionali? «Entro la fine dell’anno apriremo dei nuovi punti vendita a Hong Kong, Miami e Dubai. A gennaio e febbraio sono previste poi inaugurazioni nei Paesi arabi. I segnali che stiamo ricevendo dai mercati internazionali sono positivi. C’è molto apprezzamento nei confronti del nostro prodotto, del nostro stile, della nostra qualità, anche commerciale; a livello distributivo cerchiamo, infatti, di essere sempre estremamente selettivi. Abbiamo registrato ultimamente un incremento importante dei capi su misura, un servizio che effettuiamo in tutti i negozi e per tutti i clienti del mondo. Per nostra vocazione puntiamo ad affermarci su mercati mondiali, senza prediligere una zona piuttosto che un’altra. Ammetto però che la Cina rappresenta al momento un mercato molto allettante, e guardiamo con interesse anche alla Russia e all’America, dalle quali arrivano forti segnali di ripresa, e in generale ai Paesi arabi, che sembrano aver risen-
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tito meno della crisi globale». Da ormai 10 anni organizzate corsi gratuiti di alta sartoria per garantire la continuità della tradizione. Continuerete a investire in questa direzione? Quali sono le competenze e le abilità richieste ai sarti del futuro? «Sicuramente continueremo a investire in questo senso. Quest’anno si apre il quinto corso di specializzazione, la cui finalità è creare una nuova generazione di sarti. Il progetto ci ha
IL RE DEL MARE CHE HA A CUORE LA SUA TERRA È un uomo poliedrico e abituato a vincere a bordo del suo Mascalzone Latino. Ma in questo momento Vincenzo Onorato sembra avere un solo obiettivo: la scuola di vela per i bambini disagiati omo di mare, velista, armatore e anche scrittore. Vincenzo Onorato è napoletano doc, ed è il ritratto dell’italiano vincente. Nel 2007, a seguito delle numerose vittorie sportive ottenute, è stato nominato velista dell’anno. Imprenditore di grande successo, laureato in Economia marittima, ha deciso di utilizzare la sua esperienza e il suo talento per contribuire a risolvere i problemi della sua terra. I tanti successi di Mascalzone Latino hanno reso il team un simbolo della vela italiana e internazionale. Si può dire che avete contribuito a dare un’immagine vincente della vostra terra? «Sono napoletano e amo la mia città e la mia regione, terra di una bellezza unica al mondo, ma è indiscutibile che sia Napoli sia la Campania soffrano di grandi problemi antichi e mai risolti. Mi intristisce molto il luogo comune secondo il quale Napoli è sinonimo
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di malcostume o peggio. Credo che Mascalzone Latino abbia dato un piccolissimo contributo a portare avanti in Italia e nel mondo un’immagine diversa della Campania». Dai primi giri in barca da bambino nel golfo di Napoli ai mari di tutto il mondo. Quali sono gli obiettivi che ancora si prefigge di raggiungere? «L’obiettivo più importante per me in questo momento è la scuola di vela per i bambini disagiati che ho fondato a Napoli e che, dopo tre anni di lotte, avrà finalmente una nuova e bellissima sede, appena inaugurata. La vela a Napoli è un fenomeno elitario, legato ai circoli, e questo ne impedisce l’accesso ai ragazzi del popolo. In altre città invece, come ad esempio Trieste, la vela è un fenomeno di massa, e questo fa fiorire un numero elevato di campioni ogni anno. Quello che voglio è portare i ragazzi dei quartieri più difficili in mare, dare loro un altro orizzonte. Offrire delle
Antonio De Matteis
consentito di ringiovanire molto la nostra azienda: i nostri sarti hanno un’età media di 36 anni contro una media che nel resto del mondo si aggira intorno ai 65-70 anni. L’80% dei giovani che supera i corsi viene assorbito dall’azienda, e quasi il 100% finora è riuscito a inserirsi nel mondo del lavoro. Per fare il sarto ci vogliono passione e umiltà; è un lavoro creativo e che ti consente di entrare in contatto con personalità interessanti, quelle che formano il selezionato pubblico amante dell’alta sartoria».
Sopra, Vincenzo Onorato
chance è il nostro ruolo di servizio sociale. Scuola di vela vuol dire scuola di vita, ma anche la possibilità un domani di trovare un lavoro. In Italia a oggi non esiste infatti ancora una scuola per la formazione di professionalità legate alla nautica da diporto. Per quanto riguarda invece gli obiettivi sportivi di Mascalzone Latino, il prossimo traguardo è partecipare con successo alla Coppa America». Oltre a essere uomo di mare è anche fondatore e presidente di Moby Spa, società leader nei trasporti marittimi. Quanto l’innovazione e la tecnologia sono importanti per puntare in alto in tutti i campi della sua attività? «Il mondo è in continua evoluzione.
Lo sforzo che tutti dobbiamo fare è quello non solo di promuovere il cambiamento, ma addirittura di inventarlo. Mascalzone Latino è challenger of record per la Coppa America, e siamo stati fin troppo coraggiosi nell’innovazione; l’edizione 34 della Coppa sarà infatti corsa con catamarani di 72 piedi (quasi ventidue metri) con vela alare, barche nuove, velocissime, assolutamente rivoluzionarie. Per quanto riguarda invece la Moby Lines, l’innovazione si declina nella tipologia e nella qualità dei prodotti che ogni anno bisogna lanciare per seguire e anticipare i gusti della clientela. Moby è leader indiscussa nei collegamenti in questa parte del mediterraneo centrale, e stiamo guardando con molto interesse al
processo di privatizzazione della società di navigazione Tirrenia. L’intenzione è quella di concorrere nell’acquisizione». Questa primavera ha pubblicato un libro “Quando saremo vento sulle onde del mare”. Da dove nasce la passione per la scrittura? Ha altri libri nel cassetto? «Quella per la scrittura è una passione antica, che mi accompagna fin dall’adolescenza. Ora ho in mente una commedia che sto cercando di mettere insieme e che vorrei scrivere per mio figlio, che ha debuttato a teatro come attore. Comunque non si tratta di un’attività fine a se stessa: i proventi del libro uscito in primavera sono destinati a raccogliere fondi per la scuola di vela». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 81
GIOVANNI LETTIERI
GIUSEPPE D’AVINO
Presidente di Unione Industriali Napoli
Presidente di Confindustria di Benevento
ANTONIO DELLA GATTA Presidente degli industriali di Caserta
CONFINDUSTRIA
Il federalismo uno sprone per la Campania e per il Sud Latitanza delle istituzioni locali e affari illeciti. Giovanni Lettieri non fa mistero sulle fragilità endemiche che strozzano la ripresa. Così, sviscerando vecchi tabù, la discussione sul futuro economico si sposta sul piano del reale, delle responsabilità e dell’azione Paola Maruzzi
L’
imprenditoria partenopea vuole camminare sulle proprie gambe e scrollarsi di dosso il peso insopportabile del luogo comune. Tanto per cominciare, il capoluogo campano non è il fanalino di coda del Belpaese. Giovanni Lettieri, presidente di Unione industriali Napoli, traduce spinte e timidi slanci provenienti dal tessuto industriale provinciale. E, con cautela, lancia una provocazione: il federalismo fiscale potrà servire a scuotere gli immobilismi della classe dirigente locale e sganciare l’economia da un sistema che non si rinnova. Si parla tanto di ripresa, forse con fin troppo entusiasmo. Che riscontri sta dando il sistema imprenditoriale partenopeo? Dove persistono le principali criticità? «A Napoli e nel Sud non si può parlare ancora di ripresa. La crisi della domanda interna è ancora più marcata di quella che si registra a livello nazionale. Vi sono settori che hanno dimostrato una migliore tenuta. Tra questi le maggiori performance sono evidenziate dall’industria agroalimentare, con ritmi di incremento delle
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esportazioni superiori alla media del paese. Resiste abbastanza bene il comparto aeronautico, mentre qualche segnale positivo si avverte anche per l’industria del legno e dell’abbigliamento. Al contrario, restano difficoltà per il settore dell’auto, ma qui il discorso va ben oltre la dimensione territoriale. La grande speranza è data dall’investimento Fiat di Pomigliano, che potrebbe rappresentare una svolta, contribuendo nel prossimo futuro al rilancio dell’economia locale». Il federalismo fiscale accelera. Alla luce degli ultimi decreti legislativi sull’autonomia impositiva delle regioni, quali prevede possano essere le conseguenze per l’economia campana? «Bisogna innanzitutto capire bene di cosa si tratta, quali sono le modalità di attuazione e, soprattutto, i tempi. A me pare che vi sia un po’ di confusione. Il federalismo ha senso se le Regioni potranno avere un’adeguata discrezionalità nella definizione degli strumenti di riscossione dei tributi, oltre che delle scelte di spesa. In tal senso, la direzione di marcia dei decreti sull’autonomia impositiva è obbligata. È fondamentale che il processo venga attuato con gradualità e salvaguardando i diritti essenziali di tutti i cittadini, dalla sanità all’istruzione. Alla lunga, il federalismo assicurerà che una quota maggiore di risorse
A sinistra, Giovanni Lettieri, presidente di Unione industriali Napoli
Giovanni Lettieri
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C’è bisogno di maggiore senso di responsabilità nella classe dirigente meridionale. Il federalismo può favorire questa evoluzione
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prodotte in un territorio resti a disposizione di quell’area. Ciò costituirà un vantaggio per le aree più ricche del Paese, ma potrà e dovrà essere anche uno sprone per la Campania e il resto del Sud, affinché la gestione di fondi limitati sia effettuata con più efficienza, evitando qualsiasi spreco. C’è bisogno di maggiore senso di responsabilità nella classe dirigente meridionale. Il federalismo può favorire questa evoluzione». Dopo sei anni, a qualche mese dalla fine del suo incarico di presidente dell’Unione industriali di Napoli, può fare un bilancio sulle attività svolte da Confindustria per contrastare la criminalità organizzata? Cosa si augura per il futuro imprenditoriale del distretto partenopeo? «Combattere la criminalità organizzata non è e non può essere l’obiettivo istituzionale di un’associazione territoriale. A ciascuno il suo mestiere. Per questa attività operano, e con risultati molto apprezzabili, gli organi preposti. Tuttavia noi abbiamo voluto assicurare loro la massima collaborazione, nella consapevolezza della gravità del fenomeno. Abbiamo definito, con il ministro
Maroni, con il prefetto, il questore e tutti i vertici della magistratura e delle forze dell’ordine, due protocolli d’intesa per la legalità e per la migliore gestione di imprese confiscate, in sé economicamente valide ma riconducibili ai clan camorristici. Quest’ultima intesa, che si sostanzia in una consulenza gratuita fornita agli amministratori giudiziari da esperti indicati dall’Unione, è diventata una best practice nazionale. Il futuro dell’impresa napoletana è in parte assicurato dalle grandi capacità evidenziate quotidianamente da tantissimi imprenditori e dai loro collaboratori. Non è facile essere competitivi gareggiando con un handicap, in un territorio segnato da gravi diseconomie, dalla scarsa qualità di servizi per l’impresa alle difficoltà del credito, allo stato di degrado in cui versano alcune tra le più importanti aree industriali. Si può sopravvivere, ma non svilupparsi. Proprio per questo il futuro del distretto produttivo partenopeo non può prescindere da una svolta nel governo del territorio. Anche quella pubblica è un’azienda che, con gli opportuni distinguo, va amministrata con criteri manageriali. Servono decisioni rapide e monitoraggio rigoroso nella realizzazione di progetti e iniziative avviate». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 87
CONFINDUSTRIA
La strada verso la Solar Valley Sdoganare la green economy. A Caserta l’innovazione non basta, servono senso civico e strumenti culturali. Nelle pieghe di un retroterra inquinato dal malaffare, gli imprenditori svelano un volto ecologico e pulito. E puntano dritti al solare. A colloquio con Antonio Della Gatta, presidente degli Industriali di Caserta Paola Maruzzi
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ualche giorno fa, presso il centro internazionale delle ricerche aerospaziali di Capua, appena fuori Caserta, è arrivata la conferma ufficiale: un nuovo patto energetico - redditizio, sostenibile, evoluto e profumatamente finanziato stringerà gli attori economici e sociali della provincia. Gomito a gomito imprenditori ed esponenti politici hanno tirato le fila di un progetto ancora in fase di gestazione: rispondere alla crisi con il fotovoltaico. Il presidente di Confindustria Caserta, Antonio Della Gatta, sulla falsariga di un successo che viene da lontano, dalla Sassonia, fa parlare le cifre: «In Europa in un anno il fatturato complessivo delle rinnovabili è aumentato del 44 per cento». Caserta guarda con interesse alle fonti di energia rinnovabili. Che legame sussiste tra la crisi e la scommessa sulla green economy? Quali sono i prossimi passi da compiere per fare, come si ripromette Confindustria, del distretto un nuovo Polo industriale energetico?
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Il Polo territoriale energetico ha individuato sei società disponibili a costituire il primo step produttivo green
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«In provincia di Caserta la crisi si è innestata su un tessuto produttivo già duramente provato. È il caso, per esempio, dell’elettronica, contrassegnata dal progressivo allontanamento dal territorio di gruppi multinazionali. Per far fronte a questa difficile situazione abbiamo deciso di mettere in campo idee nuove, puntando su strategie alternative. Lo scenario e le azioni del nostro progetto industriale richiamano l’esperienza della Solar Valley della Sassonia che, nata dal nulla, oggi occupa 3.600 addetti e produce il 20 per cento delle celle solari nel mondo. La strada è ancora lunga, ma non mancano i primi segnali positivi: il polo territoriale energetico ha individuato sei società disponibili a costituire il primo step produttivo green, che comporta investimenti per ulteriori 130 milioni di euro e occupazione aggiunta di 464 unità. Il polo avrà maggiore valenza e credibilità se riuscirà a integrarsi con tutti gli attori attivi sul territorio. Da qui la scelta di coinvolgere i protagonisti della politica, delle
Antonio Della Gatta
istituzioni accademiche, dei rappresentanti dei maggiori enti e società che hanno fatto delle energie da fonti rinnovabili la propria mission, senza tralasciare le parti sociali». L’entusiasmo che accompagna l’economia ecosostenibile ricorda quello della new economy. Trova che il paragone sia calzante? In termine di mercato occupazionale, in cosa si differenziano? «In effetti il settore della green economy sta facendo registrare ritmi di crescita che fanno ricordare gli entusiasmi che accompagnarono la new economy, ma con una differenza di tutto rispetto. Mentre quest’ultima è essenzialmente virtuale e aleatoria, il business dell’energia rinnovabile è sostenuto da un’industria vera, fatta di fabbriche e operai, oltre che dalla ricerca e dall’innovazione. Oggi la green economy, considerata nel suo complesso, cioè mettendo insieme l’eolico - che a Caserta piace poco a causa della ricaduta sul patrimonio paesaggistico - il fotovoltaico e le biomasse, genera già oggi un fatturato di oltre 5 miliardi di euro al netto dell’import e degli investimenti. E pensare che appena nel 2002 non si arrivava al miliardo e mezzo».
Emma Marcegaglia, intervenendo nel corso di un convegno alla Luiss, ha definito la green economy come «la nuova grande frontiera industriale». A tal proposito l’innovazione tecnologica gioca un ruolo determinate. Crede che la realtà imprenditoriale di Caserta sia attenta a questa tematica? Quali sono le principali forme di resistenza? «I cambiamenti non hanno mai riscontri immediati. Ora siamo nella delicata fase di gestazione. Per la riuscita del distretto industriale energetico essenziale sarà la capacità di fare rete tra sistemi aziendali e sistemi territoriali. Certo, nell’innovazione risiede una delle principali leve competitive, ma da sola non basta. Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha ricordato in diverse occasioni che per stare al passo coi tempi, imprenditori e lavoratori devono stare dalla stessa parte. Ecco questo vale anche per la nostra provincia: dobbiamo unire tutte le sinergie locali e batterci per un obbiettivo comune». Dal futuro energetico all’industria tradizionale, vale a dire le punte d’eccellenza del comparto agroalimentare, che giocano un ruolo determinate nell’economia locale. Come ha influito il caso mediatico delle mozzarelle blu? «A mio avviso si è parlato indiscriminatamente di mozzarella campana, senza fare i dovuti distinguo e gettando nel panico il consumatore. Per fortuna la nostra filiera bufalina, che vanta il riconoscimento Dop, non è stata minimamente sfiorata da casi del genere. Nonostante il marchio di garanzia, la cattiva pubblicità si è ripercossa sulle vendite, sia pure sensibilmente. Nella nostra provincia, dalle aziende mediograndi alle piccole, i controlli di Als e finanza sono frequentissimi. Se pure qualcosa dovesse andare storta, verrebbe bloccata sul nascere».
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INVESTIMENTI Nel 2009, anno critico per l’economia internazionale, l’Europa mette in circolo dei finanziamenti per le rinnovabili
80% ENERGIA
È il quantitativo importato dalla Campania per soddisfare il proprio fabbisogno
In apertura, Antonio Della Gatta, presidente degli industriali di Caserta
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CONFINDUSTRIA
La rete che unisce imprese e territorio Uscire dalla crisi attraverso la collaborazione di tutte le parti sociali. Così nasce “Dillo a Confindustria”, un canale di comunicazione agevolata, rivolto agli imprenditori beneventani. Per Giuseppe D’Avino, presidente di Confindustria Benevento, l’obiettivo è accorciare i tempi e le distanze tra sistema economico e pubblica amministrazione Paola Maruzzi
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el Mezzogiorno la risposta alla crisi deve essere anche una sfida civica, prima ancora che economica e politico-istituzionale». Il presidente di Confindustria Benevento Giuseppe D’Avino va dritto al sodo e s’imbatte in una questione spinosa: la difficoltà di far passare il linguaggio trasversale del business. E non fa eccezione Benevento, dove tuttora prevalgono schemi di lettura anacronistici e classisti: da una parte il sistema pubblico, dall’altra quello privato. In mezzo le contrapposizioni, le incertezze e gli inevitabili freni inibitori per la ripresa. «Bisogna avere il coraggio di introdurre i cosiddetti valori d’impresa anche nei settori più refrattari al cambiamento. Più che di svolta culturale, parlerei di presa di coscienza. Nella nostra provincia la società civile guarda ancora con una certa diffidenza al mondo imprenditoriale. Tra le righe lo accusa di portare avanti interessi elitari, quando invece produce ricchezza e opportunità per la collettività. Questa percezione sfasata delle cose, nel tempo ha provocato un “guasto”, per fortuna riparabile. Per questo Confindustria sta lavo90 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Giuseppe D’Avino, presidente di Confindustria Benevento
rando in direzione del dialogo e della collaborazione tra le sinergie del territorio. Benevento dovrebbe riscoprire un minimo comune denominatore. Paradossalmente la crisi sta contribuendo ad abbattere le barriere ideologiche». Insomma, bisogna fare rete, fuori e dentro le imprese: questo il primo passo per lo sviluppo. «D’altronde – continua il presidente – in altri paesi europei, decisamente più moderni e organizzati, le industrie sono intergrate nel tessuto sociale». Questa è la cornice d’azione auspicata da D’Avino. Poi, a scavare dentro le idiosincrasie del sistema economico beneventano ci si scontra nel tema degli incentivi negli investimenti, altro tasto dolente per le imprese locali. «Gran parte dei provvedimenti promossi dalla regione Campania sono stati revocati perché
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe D’Avino
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Gran parte dei provvedimenti promossi dalla regione Campania sono stati revocati perché contrari al Patto di stabilità. Gli incentivi, sia europei che regionali, sono stati bloccati
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contrari al Patto di stabilità. Gli incentivi, sia europei che regionali, sono stati bloccati. E ad aggravare la situazione interviene la scarsa attrattività fiscale». A questo punto è inevitabile allacciarsi alla cattiva gestione della cosa pubblica, che penalizza fortemente il giro d’affari. A tal proposito Confindustria Benevento ha in cantiere un’iniziativa inedita. «La parola d’ordine per gli imprenditori che stanno affrontando questo particolare momento congiunturale è “rimboccarsi le maniche”. È palpabile la spinta a superare le difficoltà al fine di essere sempre più competitivi nel mercato nazionale e in quello estero. In tal senso sarebbe auspicabile una collaborazione più pronta ed efficace con la pubblica amministrazione. Spesso, per esempio, anche solo il rilascio di certificazioni e autorizzazioni necessarie a portare avanti la propria attività d’impresa richiede tempi burocratici lunghi ed estenuanti. Da qui l’idea di dar vita a uno sportello per le imprese deno-
78,7% PMI
La provincia di Benevento è caratterizzata da una notevole presenza di piccole imprese
-7,2% CRESCITA Nel 2009 la riduzione della crescita per la provincia di Benevento è stata particolarmente severa
minato Dillo a Confindustria, che ha appunto l’obiettivo di agevolare il colloquio tra le aziende e la pubblica amministrazione. Questo sarà possibile attraverso il quotidiano rapporto tra Confindustria e i responsabili degli Urp. Stiamo pensando di attivare persino un canale diretto per le imprese, così come avviene per le divisioni corporate delle banche. L’iniziativa è stata accolta con grande favore anche dal prefetto di Benevento, che da sempre è al fianco delle imprese del territorio. A breve sarà organizzata una conferenza per discutere insieme alle istituzioni preposte i prossimi passi da compiere». Un progetto sperimentale, che conferma la necessità di canalizzare le molteplici esigenze del mondo imprenditoriale e, soprattutto, trovare un riscontro immediato con le istituzioni. L’intervento di D’Avino si conclude con una sintetica fotografia dell’andamento economico locale, che punta sia su settori tradizionali sia su fenomeni emergenti: «La nostra punta d’eccellenza rimane l’industria agroalimentare, che ha tenuto nonostante la difficile congiuntura. Non da meno sono le nuove forme di business, prime fra tutte il campo delle energie rinnovabili, che ci sta aprendo a nuove opportunità di guadagno». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 91
AGROALIMENTARE
La competitività passa dalla qualità dei prodotti Bisogna invertire la rotta e fare in modo, così come già sta avvenendo con il nuovo governo Caldoro, che la Campania assuma il ruolo di guida e leadership nei processi di sviluppo del sistema agricolo non solo nel Mezzogiorno d’Italia, ma in tutta l’area euro-mediterranea. Le attese dell’onorevole Nunzia De Girolamo Renata Gualtieri
L
Sotto, l’onorevole Nunzia De Girolamo
a Campania si caratterizza per una particolare qualità e unicità dei prodotti che rappresentano orgogliosamente anche la bellezza delle sue province. «È importante – afferma l’onorevole Nunzia De Girolamo – eccellere nella valorizzazione e tipicizzazione dei nostri prodotti, tutelando e curando la qualità dei processi produttivi e promuovendo una campagna di marketing internazionale attraverso cui promuovere le nostre eccellenze agroalimentari». La tracciabilità dell’intera filiera produttiva consente una maggiore visibilità del prodotto ed è garanzia di qualità e sicurezza alimentare. Ovviamente il tutto non può prescindere dall’impiego di prodotti e, anche manodopera, di alta qualità e specializzazione. «È ugualmente fondamentale puntare al riammodernamento delle aziende agricole che spesso sono obsolete e incentivare la “la filiera corta” e i prodotti a km zero. Per diverse produzione, come ad esempio il latte, la
nostra regione è autosufficiente e, quindi, consumare prodotto locale, di ottima qualità e ben controllato, invece che favorire latte di dubbia provenienza». Quali prospettive di sviluppo ha nello spazio euro-mediterraneo l’agricoltura della Campania? «La Campania è una grande regione che ha potenzialità enormi in diversi settori e tra questi, sicuramente, nel comparto agricolo. È chiaro che finora, purtroppo, le politiche agricole nella nostra regione sono state molto legate all’assistenzialismo e poco alla programmazione e alla proposta concreta di un nuovo modello di sviluppo, rendendo debole l’intero settore. Bisogna quindi, invertire la rotta e fare in modo, così come già sta avvenendo con il nuovo governo Caldoro, che la Campania assuma il ruolo di guida e leadership nei processi di sviluppo del sistema agricolo non solo nel
Nunzia De Girolamo
Mezzogiorno d’Italia ma in tutta l’area euromediterranea. Con una priorità: eccellere nella valorizzazione dei prodotti, tutelando e curando la qualità dei processi produttivi». Le associazioni di categoria, lamentando lo scarso peso dei produttori agricoli all’interno del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop, ne hanno richiesto il commissariamento e una sollecita revisione del sistema dei controlli. L’attuale normativa, infatti, non sembra garantire una reale cogestione della filiera. Qual è la sua idea in proposito? «In primis ritengo che non ci debbano essere battaglie e scontri tra istituzioni e enti che dovrebbero lavorare per lo stesso obiettivo. Tuttavia, in linea generale, ho sempre pensato che la trasparenza e il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera sia sempre auspicabile e perseguibile. Nello specifico la normativa attuale po-
trebbe, su richiesta dei soggetti interessati, essere rivista per adeguarla al raggiungimento di quegli obiettivi di eccellenza e tutela del consumatore propri di prodotti de elevatissima qualità come la nostra mozzarella di bufala Dop». La commissione Agricoltura ha autorizzato una spesa di 500.000 euro per l’anno 2010 a favore della realizzazione di un sistema prototipale di identificazione degli allevamenti bufalini produttori del latte utilizzato per la preparazione del formaggio con denominazione di origine protetta “mozzarella di bufala campana Dop”. A quali risultati ha portato questo provvedimento in termini di rintracciabilità del prodotto e difesa del consumatore? «Il provvedimento adottato dalla commissione Agricoltura della Camera guidata dall’onorevole Paolo Russo e riguardante le disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, sicuramente contribuirà a favorire la rintracciabilità della mozzaTONNELLATE rella di bufala campana e a garantire una esaustiva informazione al consumatore. Non è È la quantità di Mozzarella di Bufala certo questo il tempo per valutare appieno Campana Dop l’impatto di un simile provvedimento, forteprodotta nel 2009 mente voluto dall’intera commissione e in particolare dai colleghi del Pdl, tuttavia il provvedimento sta a dimostrare, ancora una volta, la volontà di maggioranza e governo di valorizzare qualità ed eccellenza dei prodotti agroaUNITÀ OCCUPAZIONALI limentari tipici della nostra bellissima regione. Territorio che si caratterizza per una particolare È il livello occupazionale qualità e unicità dei prodotti che rappresenprodotto dai 115 tano orgogliosamente anche la bellezza delle caseifici certificati nel 2009 nostre province, per cui è fondamentale difendere e promuovere le eccellenze, prestando particolare attenzione alla tutela dei produttori e dei consumatori».
34 mila
20 mila
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AGROALIMENTARE
Informazione e promozione per la tutela del made in Italy «Un marchio collettivo che promuove il prodotto in tutto il mondo, legandolo a un territorio di origine, alla tradizione, ma soprattutto a un’indiscussa qualità». La voce di Luigi Chianese, presidente del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop Renata Gualtieri
È
la mozzarella di bufala campana con marchio Dop la vera garante di qualità che certifica un prodotto sicuro», sostiene Luigi Chianese, a capo del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop. Ma dopo la certificazione di qualità, quali sono le strategie che possono favorire l’ulteriore diffusione oltre i confini di quella che da molti viene definita l’oro bianco della Campania? «Sicuramente è quanto mai necessaria - sostiene Chianese - una comunicazione basata sulla corretta informazione e differenze tra il prodotto Dop e le “altre” mozzarelle, oltre a fare attività di promozione diretta agli operatori al fine di far conoscere le corrette modalità di consumo, conservazione, caratteristiche organolettiche. Inoltre si prende parte alle principali fiere specializzate del settore alimentare in Italia e nel mondo, tra cui Sial di Parigi, Anuga di Colonia, Alimentaria di Barcellona». Quale ruolo svolge il Consorzio e quali garanzie offre in particolare al consumatore? «Il Consorzio svolge un ruolo fondamentale nella tutela della mozzarella Dop di bufala campana, in particolare opera secondo quanto previsto dalla legge 526/99 art. 14 comma 15, in base alla quale il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali 100 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
gli conferisce delega a svolgere le funzione di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione». Qual è il contributo per il territorio in termini di indotto economico e occupazione che deriva dalle aziende associate al Consorzio? «La denominazione di origine protetta ha consentito ai caseifici consorziati di fruire di un marchio collettivo che
Luigi Chianese
300 mln FATTURATO È la quota che deriva dalla produzione nel 2009 dell’”oro bianco campano”
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CASEIFICI Sono quelli certificati nel 2009
promuove il prodotto in tutto il mondo, legandolo a un territorio di origine, alla tradizione, ma soprattutto a un’indiscussa qualità. Oggi vi sono nella sola area Dop circa 300.000 capi in 2.000 allevamenti che forniscono latte a 115 caseifici certificati, i quali nel 2009 hanno prodotto circa 34.000 tonnellate di mozzarella di bufala campana. Il livello occupazionale, compreso l’indotto, è di circa 20.000 unità». Dopo lo scandalo che nei primi mesi del 2010 ha coinvolto la gestione del Consor-
In aoertura, Luigi Chianese, presidente del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop
zio e le aziende a esso associate, tra cui anche la sua, qual è ora la situazione dei controlli? «Al decreto di sospensione del 14 gennaio, ha fatto seguito quello del 19 febbraio, che attribuisce nuovamente le funzioni al Consorzio di tutela, inoltre lo stesso Comitato di garanzia, dichiarò l’allora ministro Zaia, aveva un compito di collaborazione con lo stesso Consorzio, al fine di individuare e programmare un sistema più articolato ed efficiente per la tutela di uno straordinario prodotto CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 101
AGROALIMENTARE
di latte di bufala dal Brasile è invece una vera “bufala”, infatti l’Unione europea vieta specificamente l’importazione di latte da Paesi al di fuori della Comunità , inoltre, in questo specifico caso, si è trattato dell’ennesima provocazione per attaccare la mozzarella di bufala campana, espropriandone la Dop e strappare il prodotto dal suo territorio di origine».
FATTORIE GAROFALO: SPAZIO ALL’EXPORT «Abbiamo avuto la fortuna di aver fatto da apripista nella distribuzione della mozzarella all’estero» La testimonianza di Marco Garofalo, direttore commerciale dell’azienda Fattorie Garofalo i sono150 dipendenti, formati e inseriti all’interno della filiera del gruppo Fattorie Garofalo. «La formazione è un costo elevato per la nostra società - spiega Marco Garofalo (nella foto), direttore commerciale delle Fattorie Garofalo - ma è una risorsa strategica per l’evoluzione e l’emancipazione dell’azienda. Siamo impegnati in molteplici progetti in sinergia con le facoltà di Veterinaria e Agraria dell’università locale per sviluppare nuove tecnologie finalizzate al miglioramento qualitativo del latte e dei suoi derivati».
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del made in Italy. Inoltre, lo stesso ministro
Zaia, ha dichiarato in commissione Agricoltura, che “la storia dell’azienda del presidente Chianese è stata di una limpidezza totale”». La mozzarella è al quarto posto per produzione in Italia con un fatturato alla produzione nel 2009 di circa 300 milioni di euro, però il latte di bufala non riesce a soddisfare le esigenze, quindi riaffiorano le polemiche e si racconta di importazioni di latte brasiliano. Come risponde a queste polemiche? «Rispondo ricordando che se il latte di bufala è insufficiente significa che il prodotto si vende, quindi è un fatto positivo, anzi rappresenta un freno ai cali di prezzo e una garanzia per i consumatori che la mozzarella di bufala campana è un prodotto di qualità. La notizia di presunte importazioni
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La domanda e l’offerta si incontrano online in un particolare marketplace. Quali le nuove proposte? «La mozzarella è un prodotto artigianale, con una durabilità intrinseca molto ristretta che necessita di particolare accortezza nella fase distributiva. Infatti ha bisogno di servizi logistici dedicati e refrigerati che riducano al minimo il rischio di deperimento della stessa. Per questo motivo non è attualmente conveniente né profittevole investire in un portale online di vendita riservato al singolo consumatore in quanto per poter sopperire agli elevati costi finora esplicitati bisognerebbe ricaricare il prezzo finale che aumenterebbe in maniera spropositata rendendo l’acquisto non conveniente da parte del consumatore. Le uniche proposte efficaci riguardano i clienti business, le aziende e la grande distribuzione per i quali è attualmente in fase di collaudo una gestione informatica B2B per l’implementazione completa dell’ordine dall’input produttivo fino alla consegna merce con metodologia just-in-time. Questo meccanismo
Luigi Chianese
restringe il più possibile le inefficienze temporali e organizzative, oltre a consentire una rapida disanima dell’ordinato in piena autonomia». La percentuale di mozzarella Dop venduta all'estero copre circa il 18% del totale dei formaggi: Quali sono i principali mercati esteri? «La nostra azienda ha la fortuna di aver fatto da apripista nella distribuzione della mozzarella all’estero. A tutt’oggi nel nostro portfolio clienti estero annoveriamo grosse aziende specializzate nei formaggi freschi che operano negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e nelle Filippine, ma anche negli Emirati Arabi e in Russia. Ovviamente non tralasciamo l’area Europea con particolare riguardo alla Germania e all’Inghilterra, notoriamente predisposte all’importazione dei formaggi italiani, e in particolare della mozzarella di bufala campana di cui siamo produttori. Voglio sottolineare che nonostante i ripetuti allarmismi relativi alla salubrità delle nostre terre, del nostro latte e di conseguenza del nostro prodotto alla eccezionalmente negativa informazione non è corri-
sposta un calo nelle vendite che anzi si sono dimostrate essere più rosse di quanto previsto». Data la deperibilità della merce, corre il rischio d'invenduto «Certamente questo rischio esiste sia nella grande distribuzione che nei canali Horeca. Voglio, però, ricordare che serviamo tutti i nostri clienti con ordini settimanali e in taluni casi anche tre volte a settimana: ciò permette al punto vendita finale di disporre di una rotazione di prodotto tale da evitare invenduto e giacenza di magazzino. Non solo: ciascun ufficio acquisti delle nostre aziende clienti ha la possibilità di ordinare quantità dipendenti dal proprio fabbisogno settimanale analizzato periodicamente seguendo la richiesta del mercato che, non dimentichiamolo, è tipicamente influenzato dalla stagionalità dei consumi. Un mercato come quello del formaggio fresco e in particolare della mozzarella dunque deve essere “abituato” ai tempi brevi che descrivono il ciclo di vita della mozzarella. In tal modo il consumatore finale avrà la certezza di gustare una mozzarella con canoni qualitativi e organolettici conformi al protocollo Dop».
Il Consorzio mozzarella di bufala Dop garantisce le imprese associate? «Il consorzio è l’unico organismo riconosciuto dal ministero delle Politiche agricole per la tutela, vigilanza, valorizzazione e promozione del formaggio mozzarella di bufala campana. L’organo garantisce la qualità della mozzarella di bufala campana tramite un dettagliato disciplinare che contempla gli aspetti produttivi, di rintracciabilità e di qualità sia del prodotto finito che della materia prima: il latte 100% di bufala deve provenire dalle aree geografiche descritte dal disciplinare stesso. Tutta la filiera bufalina viene costantemente controllata dalle autorità sanitarie che provvedono a sanzionare eventuali irregolarità e a segnalare le stesse al Consorzio per le dovute asseverazioni in ambito collegiale. Questo continuo controllo è a garanzia delle aziende associate che possono fregiarsi di esibire sui prodotti che commercializzano il logo Dop, ma solo se rientrano nei casi previsti dal disciplinare. Oggi, purtroppo, il Consorzio non è gestito in maniera autorevole. Questo provoca un’inevitabile mancanza di credibilità nell’intera filiera».
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UNIVERSITÀ E TERRITORIO
U
niversità e territorio. Un legame che va rinforzato e supportato. Per questo motivo la Giunta regionale ha già predisposto un importante sostegno finanziario. Molti i progetti in cantiere a sostegno dei giovani che, come tiene a precisare l’assessore regionale all'Università e alla ricerca, Guido Trombetti, sono la vera ricchezza della Regione. «Il loro avvenire si gioca tutto sulla qualità dell’alta formazione. E cioè sulla qualità degli Atenei che vantano già punte di grande eccellenza». Imprescindibile, però, incentivare una partnership tra aziende e territorio. Al riguardo è in atto la volontà di creare una «copertura per un'azione di tirocinio e inserimento lavorativo per figure di medio-alto livello nei 24 mesi a cavallo tra la fine degli studi e l'ingresso in azienda» ribadisce l’assessore. Quali sono le iniziative che la Regione porta avanti per incentivare i rapporti tra le università e le aziende del territorio? «Sono già in corso d’attuazione due importanti azioni tese proprio a creare l'integrazione tra università e aziende. In primo luogo il bando per la creazione di reti d’eccellenza, volto principalmente al potenziamento del capitale umano, con progetti presentati congiuntamente da imprese e università. A questa iniziativa si affianca il bando per la creazione dei campus dell'innovazione, orientato al potenziamento infrastrutturale e allo sviluppo di progetti di ricerca realizzati da reti tra imprese e centri di ricerca pubblici. Contiamo che entrambe le azioni, che mettono in campo 100 milioni di euro di finanziamenti per un valore progettuale che sfiora i 150 milioni di euro possano chiudersi con la pubblicazione delle graduatorie entro i primi mesi dell'anno prossimo. Tutto questo lavoro è propedeutico al percorso che stiamo portando avanti insieme con il Miur, utilizzando il Pon ricerca, per la realizzazione di reti stabili sul territorio nei
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Insieme siamo più forti La vera ricchezza della Campania? «I giovani». E proprio a loro sono indirizzati i progetti illustrati dall’assessore regionale all’Università e alla ricerca, Guido Trombetti Nike Giurlani principali settori produttivi regionali». Sono previsti progetti per agevolare delle partnership sia durante il percorso formativa che nel post laurea? «In questa primissima fase si è preferito dare immediatamente un po’di respiro al sistema universitario, che è veramente in una situazione di difficoltà, per cui abbiamo immediatamente sbloccato 8,5 milioni di euro per finanziare dottorati per il sistema delle università che altrimenti avrebbe dovuto rinunciare a moltissime risorse valide. Stiamo, comunque, studiando e verificando la copertura per un'azione di tirocinio e inserimento lavorativo per figure di medio-alto livello nei 24 mesi a cavallo tra la fine degli studi e l'ingresso in azienda». Quali sono i settori che hanno dimostrato particolare sensibilità su questi temi? «In Campania abbiamo un’importante tradizione produttiva nel settore dei trasporti e in quello aerospaziale, con delle eccellenze ingegneristiche che si sono potute sviluppare anche grazie al rapporto tra imprese del territorio e sistema universitario. Anche nell’Ict le collaborazioni sono molteplici ma aggiungo che ci sono delle belle sorprese anche in altri settori. Penso, per esempio, alla crescita del settore vitivinicolo, resa possibile anche dall’alta qualità degli enologi formati dal nostro sistema universitario».
100 mln EURO
Finanziamenti previsti per i due bandi per agevolare l’integrazione tra università e aziende
8,5 mln EURO
Finanziamenti sbloccati a sostegno dei dottorati per il sistema delle università
Guido Trombetti
Quali i compiti della Regione e quali quelle delle università per agevolare questo scambio? Come combattere la fuga dei cervelli verso altre regioni, per esempio del Nord? «L’intervento sui fondi per i dottorati va proprio nella direzione di dare un contributo su questo versante. Il problema della fuga cervelli, invece, non è tanto in quanti ne escano. È positivo infatti che le menti e le idee circolino. Il vero problema è la scarsa attrattività, che rende il saldo negativo. Per questo motivo la creazione di un sistema di rete stabile, che abbia capacità di assorbimento è fondamentale. Anche le università si stanno attrezzando per fare la propria parte. La Campania è una regione con
A destra, l’assessore regionale all’Università e alla ricerca, Guido Trombetti
una grande ricchezza: i suoi giovani. Il loro avvenire si gioca tutto sulla qualità dell’alta formazione. E cioè sulla qualità degli Atenei che vantano già punte di grande eccellenza». Quali obiettivi auspica di aver raggiunto alla fine del suo mandato? «L'obiettivo principale è rendere il sistema della ricerca regionale, che è oggettivamente uno dei sistemi con maggiore fermento in Italia e in Europa, maggiormente stabile e strutturato. La creazione di reti stabili di filiera sul territorio e, soprattutto, la creazione dell'Agenzia regionale dell'innovazione, progetto condiviso con le principali Associazioni datoriali, dovrebbero rappresentare quel gradino in più per rendere il nostro sistema regionale maggiormente competitivo a livello globale. Altro obiettivo è quello di facilitare le piccole e medie imprese nel rapporto con il mondo della ricerca, affinché possano realizzare le proprie esigenze d’innovazione». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 107
UNIVERSITÀ E TERRITORIO
La cultura come veicolo di sviluppo Al fianco degli studenti e delle imprese. Questa, la strategia adottata dalla Seconda Università degli Studi di Napoli per ottenere importanti risultati, come illustra il rettore Francesco Rossi Nike Giurlani
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ormazione, ricerca e partnership tra università e il territorio. Queste le priorità per la Seconda Università degli Studi di Napoli che, vista la delicata situazione del territorio nel quale si trova ad agire, ricopre un ruolo fondamentale. Non solo di crescita per gli studenti, ma anche punto di collegamento con le piccole e medie imprese. Alcune aziende stanno iniziando ad intuire «l’importanza di portare avanti progetti condivisi con l’università, non solo per permettere ai nostri studenti di sperimentare con mano le conoscenze apprese nel percorso di studi, ma anche per crescere loro a livello produttivo e di ricerca», rileva il rettore Francesco Rossi. Tra progetti in corso d’opera e collaborazioni che stanno per partire ecco la ricetta per unire formazione e lavoro della Seconda Università degli Studi Napoli. Quanto conta all’interno delle vostre facoltà attivare dei rapporti con le aziende e gli enti del territorio? «Per la nostra Università rappresenta una vera e propria missione, la terza priorità dopo la formazione e la ricerca. Per noi è fondamentale, infatti, contribuire allo sviluppo del territorio, che interessa i comuni da Napoli a Capua. Ci troviamo ad interagire con un territorio difficile, che registra un’alta presenza di criminalità ed è proprio per questo che il nostro ruolo diventa particolarmente importante. Vogliamo combattere la
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criminalità attraverso la cultura e l’istruzione, elementi fondamentali e vincenti. Negli ultimi anni, per esempio, alcune strutture appartenute alle associazioni criminali, requisite dallo Stato, sono state riutilizzate per l’attività didattica». Quali sono stati i primi successi che avete ottenuto? «La maggior parte dei nostri laureati sono i primi all’interno delle loro famiglie a raggiungere un obiettivo così importante e fondamentale per il loro futuro. L’università, inoltre, è in prima fila per contribuire alla crescita e allo sviluppo del territorio, in quanto portiamo avanti importanti attività di ricerca. Questo ha permesso la crescita professionale dei nostri studenti, ma anche quella produttiva delle aziende del territorio. Negli anni abbiamo anche promosso delle partnership con gli enti pubblici, con la procura di Santa Maria Capua Vetere, con i comuni, con la provincia, con la Camera di commercio e con Confindustria». Quali i principali problemi riscontrati? «Oltre ai problemi connessi alla criminalità, dobbiamo tener presente che il tessuto industriale si caratterizza per la presenza di piccole e medie imprese che non sempre è in grado di capire l’importanza di portare avanti progetti condivisi con l’università, non solo per permettere ai nostri studenti di sperimentare con mano le conoscenze apprese nel percorso di studi, ma anche per crescere a livello produttivo e di ricerca». Qualche progetto nato da questo tipo di
Francesco Rossi
CREDERE NELLA FORZA DEL TERRITORIO L’Università degli Studi di Salerno, a cavallo di due importanti province campane, rappresenta un punto di riferimento e d’incontro per gli enti e per le aziende del territorio. Lo spiega il rettore Raimondo Pasquino er l’Università degli Studi di Salerno è diventato fondamentale intensificare i rapporti tra l’Università e le aziende del territorio. Proprio per questo motivo sono stati attivati «stage e tirocini, sia durante il percorso formativo che nel post laurea» tiene a precisare il rettore, Raimondo Pasquino (nella foto). Tutti gli studenti dell’Ateneo possono partecipare a questo tipo d’opportunità di crescita, e «sono già stati raggiunti significativi risultati nelle facoltà di lingue, di economia e di ingegneria». Un dato rilevante che caratterizza gli studenti dell’Ateneo è che «il 70% di loro sono i primi che si laureano all’interno del loro nucleo familiare» precisa il rettore. C’è voglia, quindi, di crescere, di migliorarsi e, sicuramente, l’università vuole sostenere in questo cammino i propri studenti, divenendo un punto d’incontro e di scambio tra il mondo del lavoro e quello della formazione. «L’ateneo si trova in un punto strategico, al confine tra due importanti città della Campania: Salerno e Avellino». Questo significa che l’azione dell’Università è duplice. «Per aiutare i nostri studenti, infatti, abbiamo creato delle partnership con le Camere di commercio e le Associazioni degli imprenditori di entrambe le province, al fine di garantire una presenza capillare su entrambe le aree» sottolinea il rettore. «Insieme a questi soggetti e, in accordo con la Regione, è stata creata, inoltre, una fondazione universitaria, ai sensi della legge 388». Il legame con il
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collaborazioni? «Molte le iniziative in corso o che stanno per partire. Una riguarda la filiera bufalina, poiché il nostro territorio è caratterizzato dalla presenza di molte aziende produttrici di latte e derivati. Insieme a diversi comuni del Casertano e, più in generale, con i comuni della regione Campania e della provincia di Napoli stiamo promuovendo un progetto per il controllo della qualità dei prodotti realizzati da questo comparto industriale. A breve, invece, partirà un protocollo che ci vede protagonisti insieme alla procura di Santa Maria Capua Vetere e al Ministero degli Interni per un progetto di controllo ambientale».
territorio è confermato anche dalla possibilità offerta ai cittadini delle due città di usufruire dei servizi del campus universitario. «Impianti sportivi e piscina sono aperti a tutti» ribadisce, infatti, il rettore. Aprirsi al locale, quindi, ma sempre con un occhio attento al panorama internazionale. Questo l’obiettivo «dello scambio culturale offerto ai ricercatori, grazie al sostegno finanziario delle due province» mette in luce il rettore. Molte, quindi, le iniziative per rilanciare questo territorio. «Il Nord Italia presenta un tessuto industriale ricco e solido ed è quindi normale che il rapporto universitàaziende sia più sviluppato, ma è nostra intenzione sensibilizzare i nostri industriali - conclude il rettore perchè ritengo fondamentale che il mondo del sapere interagisca con il mondo del saper fare, sia durante il percorso formativo-universitario che nel post-laurea». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 109
FINANZA E PMI
Finanza e Mezzogiorno una distanza da accorciare Non è semplice tradurre le esigenze delle Pmi all’universo finanziario. Così come non è scontato affrontare il percorso inverso. Ma, come spiega Pierluigi Vasquez, una rimodulazione dei flussi informativi tra i due attori è oggi necessaria Andrea Moscariello
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Francesco Begonja
a stragrande maggioranza delle Pmi italiane non vanta una profonda consapevolezza delle proprie dinamiche finanziarie. Una tendenza della nostra cultura produttiva che occorre inevitabilmente invertire. A sottolinearlo, osservando soprattutto il sistema meridionale, è il dottor Pierluigi Vasquez. Il commercialista, da Napoli, spiega come poche aziende si rivelino in grado di «gestire le situazioni di stress anticipandole e dialogando con il sistema bancario in maniera efficiente». Ma, come è ovvio, non si può redigere un’analisi univoca, essendo la struttura finanziaria delle società italiane particolarmente articolata. L’Italia ha una geografia economica disomogenea. Cosa caratterizza le Pmi del Mezzogiorno? «La maggioranza delle imprese meridionali ha una struttura gestionale di piccola, se non piccolissima, dimensione, impegnata quotidianamente a gestire le molteplici problematiche produttive, lasciando all’improvvisazione e all’emergenza il rapporto con gli istituti di credito. Per queste realtà la crisi finanziaria comporta l’acuirsi della diffidenza degli uni verso gli altri, ampliando la difficoltà di dialogo e di scambio reciproco di informazioni». Come possono le Pmi scindere tra una “buona” e una “cattiva” finanza? «Non penso che esistano una finanza buona e una cattiva finanza. Esistono però gli strumenti finanziari e il modo in cui questi vengono gestiti. Ormai sono molto sofisticati e in grado di
essere adattati alle singole peculiarità Il team dello Studio Vasquez & Associati aziendali. La differenza è tutta da ve- pierluigi@studiovasquez.net rificare nella capacità degli imprenditori e dei responsabili bancari di conoscere nel dettaglio le necessità della realtà in questione. Occorre verificare, inoltre, se i diversi prodotti finanziari sono in grado di rispondere con efficacia a tali esigenze». Ma quali elementi vanno ricercati da parte degli investitori? «Farei un distinguo tra due macro aree di intervento: il debito e il capitale di rischio. Le caratteristiche che ritengo siano da ricercare negli strumenti al servizio del debito sono la velocità e la flessibilità di utilizzo. Ossia la capacità di adattarsi all’evolversi rapido delle esigenze di capitale circolante per gli strumenti a breve termine, e quella di assecondare la gestione del rischio insito in un piano di investi-
Criticità
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Si cerca un socio quando si vuole investire in un progetto di crescita, non solo quando si presentano difficoltà e si vuole dividere il rischio con qualcun altro
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menti di medio-lungo periodo». In relazione al capitale di rischio, per le imprese esistono oramai molte alternative, ma i dati dimostrano come queste vengano poco utilizzate, specie nel Meridione. «Effettivamente l’offerta di fondi per il private equity e il venture capital ha ormai raggiunto livelli importanti, per cui non credo esista il problema dell’offerta di strumenti per il capitale di rischio. Anche il problema connesso ai costi di accesso a quest’ultimo mi sembra vada ridimensionandosi. A tal proposito il “Mac” e l’”AIM” sono un primo positivo passo in avanti. Le imprese dovrebbero semplicemente accettare le regole del gioco insite in tali strumenti. La scelta di aprire il capitale sociale della propria azienda implica la necessità di condividere con il socio finanziario tutti gli argomenti aziendali, sia quelli di carattere strategico, sia quelli di carattere più strettamente operativo. Si cerca un socio quando si vuole investire in un progetto di crescita, non solo quando si presentano difficoltà e si vuole dividere il rischio con qualcun altro».
Quali le variabili da tenere in considerazione e su cui, magari, le imprese pongono troppa poca attenzione? «Penso sinceramente che le imprese, specie quelle del Sud, possano fare un significativo salto qualitativo nei rapporti con il mondo finanziario. Ciò avverrà se comprenderanno che i flussi informativi sull’andamento dei costi e dei flussi finanziari loro connessi hanno una rilevanza strategica in fase di pianificazione a breve e medio termine. Troppo spesso l’emergenza distoglie l’attenzione dal fatto che una semplice e costante pianificazione dei flussi potrebbe consentire una più efficace gestione dei rapporti con il sistema bancario. Fornire informazioni adeguate sull’andamento gestionale in maniera tempestiva e attendibile consentirà alle banche di selezionare e offrire prodotti più adeguati e a minor costo». Cosa si aspetta per il futuro della sua attività e per il tessuto economico locale? «Il commercialista deve dare una dimensione strategica e di lungo periodo alle decisioni dell’imprenditore, riuscendo a coniugare e tradurre i suoi bisogni di breve periodo con strumenti di pianificazione e controllo adeguati a cogliere le opportunità che il mondo finanziario gli presenta. La nostra struttura si è organizzata in tal senso. Seguiamo i clienti con una presenza costante in azienda, con competenze dedicate alla fasi di pianificazione economica e finanziaria, cui si aggiunge un sistema relazionale ormai consolidato con il mondo della finanza innovativa». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 117
FONDI EUROPEI
Quel gap programmatico sui contributi europei Al primo giro di boa si evidenzia una dispersione di risorse della programmazione dei fondi Ue per il periodo 2007-2013. E, dall’analisi di Raffaele Lupacchini, emerge l’impatto che questa malpractice ha sulla competitività del tessuto imprenditoriale campano Andrea Moscariello
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n Campania, gli effetti finanziari dovuti allo sforamento del patto di stabilità da parte della precedente giunta regionale stanno fortemente condizionando la fase di avvio della nuova legislatura. «L’attuale esecutivo si trova nella difficile condizione di ricercare, in via prioritaria, soluzioni attraverso la verifica dei conti e l’individuazione di manovre correttive di bilancio, tese a sostenere le spese correnti oltre che a far fronte a impegni aventi natura obbligazionale e, quindi, giuridicaRaffaele Lupacchini, docente di Aspetti Normativi ed Economici nelle opere civili mente vincolanti» spiega Raffaele presso l’Università di Benevento Lupacchini, esperto in tema di firaffaele.lupacchini@lemarconsulting.it nanziamenti pubblici della Lemar, società di consulenza economica e legale. «L’attuale situazione finanziaria, oltre a comportare l’inevitabile contrazione dei margini di manovra in tema d’investimenti, ha suggerito, da quanto si apprende dai mass media, un riesame della strategia di sviluppo socio economico regionale con una possibile riprogrammazione delle risorse finanzia118 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
rie disponibili, vale a dire POR e FAS». Perché la gestione delle risorse Ue necessita di una rivalutazione? «Dai dati ministeriali risulta che la programmazione 2000/2006 presenta una negativa gestione dei fondi Fse, caratterizzata più da interventi assistenziali che da attività formative. Emerge inoltre un utilizzo dei fondi Fesr discutibile, stante il massiccio ricorso, circa il 40%, ai cosiddetti progetti sponda o coerenti, relativo a interventi finanziati con risorse nazionali la cui spesa è trasmessa all’Ue al solo scopo di non perdere risorse finanziarie. Se si considera che il peso dei progetti coerenti, in un analisi a livello macroeconomico, è preponderante sulla spesa programmata nei settori più strategici, come ad esempio i trasporti in Campania, si ha la dimensione e la rilevanza di un fenomeno che, se da una parte costituisce un escamotage finanziario per evitare i danni derivanti dalla restituzione di risorse all’Europa, dall’altra evidenzia una chiara incapa-
Rivalutazioni
STATO DI AVANZAMENTO POR FESR* 2007 - 2013 (cifre in euro) ASSE POR FESR
Dotazione finanziaria
Impegni di spesa
Spesa effettiva
ASSE I
Sostenibilità ambientale ed attrattività culturale turistica
2.025.000.000
510.243.563
98.835.606
ASSE II
Competitività del sistema produttivo regionale
1.215.000.000
350.219.868
109.221.708
ASSE III Energia
300.000.000
978.965
0
ASSE IV Accessibilità e trasporti
1.200.000.000
60.410.870
50.167.476
ASSE V
395.000.000
59.295.931
1.020.459
ASSE VI Sviluppo urbano e qualità della vita
1.505.000.000
351.789.558
54.095.592
ASSE VII Assistenza tecnica e cooperazione
224.795.000
31.604.005
9.620.270
Totale
Società dell'Informazione
6.864.795.000
1.364.542.760 322.961.110
*Programma Operativo Regionale del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
cità di programmazione e di progettualità gestionale da parte della macchina regionale». A quanto ammonta la spesa complessiva, a metà ciclo, della programmazione 2007-2013? «Circa il 3%, di cui una quota significativa utilizzata per il finanziamento di eventi che, se pur di valenza culturale e turistica, non possono certo rappresentare il volano di una ripresa economica. A questo si aggiunga che il ritardo accumulato difficilmente potrà essere recuperato se non si mette a punto una strategia che individui leve, obiettivi e soluzioni atte a evitare la dispersione di risorse dovuta alla frammentazione dei progetti e anche allo scollamento sempre più evidente tra organo politico e struttura dirigenziale». Non trova manchino delle reali progettualità a lungo termine? «Oggi la sfida vera è quella di recuperare competitività sul sistema imprenditoriale. A questo si aggiunga che se la strada tracciata dalle riforme in atto è quella della fiscalizzazione dei trasferimenti statali, la ricchezza prodotta, ridistribuita sulle basi del nuovo fisco locale, rappresenterà, nel Sud, la principale discriminante tra la possibilità di innalzare il tenore medio di vita e il rischio di un aumento delle imposte a carico dei cittadini per il mantenimento di una condizione precaria che oggi associamo ad un disservizio diffuso. Si sente parlare continuamente di concentrazione di risorse ma anche in questo caso non bisogna lasciarsi tentare dalla voglia di pianificare tutto nel ten-
tativo di creare nuovi cluster e nella convinzione che lo Stato sia l’unico artefice dello sviluppo del proprio territorio. Serve un confronto con le realtà locali per agevolarne la crescita». Sì, ma su quali presupposti può crescere un territorio così ricco di criticità? «Non con grandi progetti isolati, ma con piani a impatto diffuso, come ad esempio la fornitura sull’intero territorio della banda larga. Fino ad oggi nel Mezzogiorno si è sperimentata la strada dei finanziamenti a pioggia con risultati deludenti. Gli strumenti di finanza agevolata hanno prodotto due distorsioni sistemiche, direttamente connesse all’eccesso di concorrenza nel sistema globale e all’assenza di capitali di rischio. Questi, in primis, hanno infatti contribuito a produrre imprese strutturalmente fragili. Logiche opportunistiche hanno inoltre alimentato un numero impressionate di iniziative di bassa qualità che di certo non hanno aiutato lo sviluppo di strumenti di venture capital e private equity, tipicamente radicati in territori in cui il coraggio nell’affrontare la sfida legata al rischio d’impresa è la discriminante di un’iniziativa di successo». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 119
INVESTIMENTI INTERNAZIONALI
Il sud Italia nell’Area Med e gli investimenti internazionali
La situazione degli investimenti internazionali nella “Regione Mediterranea” vista dal Sud del nostro paese, attraverso gli occhi dell’avvocato Roberto Scarlato, che fornisce un panorama esaustivo su uno dei settori più incisivi dell’economia italiana Belinda Pagano
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L’avvocato Roberto Scarlato esercita nel suo studio di Napoli www.avvrobertoscarlato.com
l tema degli investimenti internazionali nel Mezzogiorno d’Italia è sempre stato motivo di discussione nazionale. Opinioni contrastanti dipingono il nostro come un paese con investimenti dall’estero in crescita o in calo. Con dibattiti accesi e sentiti, ci si è più volte chiesti se valga la pena contare su di essi oppure no. Per questo, siamo partiti da un’analisi generale della sponda Sud del Mediterraneo per arrivare alla situazione del sud Italia in particolare, chiedendo all’avvocato Roberto Scarlato, che da tempo si interessa dell’argomento, una sua opinione in proposito. Può spiegarci, a grandi linee, qual è la situazione attuale degli investimenti internazionali nell’area Med? «Prima di delineare un “affresco” dello stato degli investimenti internazionali nello spazio “Mediterraneo”, non si può non dedicare qualche “pennellata” alla crescente importanza strategica del “Mare nostrum” nella cornice dei traffici post-globalizzazione». Cosa intende esattamente? «Il Presidente siriano Assad, in una recente intervista ad un quotidiano italiano, ha inserito il
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Mediterraneo nel perimetro dei mari che costituiscono il contemporaneo “centro del mondo” in termini geopolitici. Ha affermato: “Quanto alla nostra regione, vedo quello che molti non vogliono cogliere: la nascita di un’alleanza dettata da interessi comuni; di uno spazio nel quale coincidono politica, interessi e infrastrutture”. Più volte, anche il Capo dello Stato italiano ha indicato lo sviluppo congiunto dell’area di cui si discute come funzionale non solo alla pace e al rispetto dei diritti umani, ma soprattutto quale “cartina di tornasole” della riduzione del divario tra Nord e Sud del mondo». Sono state anche redatte molteplici statistiche per comprendere la situazione attuale degli investimenti tra Italia e sponda Sud. «Al di là degli obiettivi e delle mire politiche, infatti sono le statistiche a confermare che per l’Italia l’interscambio con la sponda Sud del Mediterraneo - dove vivono 600 milioni di persone - è destinato a divenire progressivamente determinante: le cifre del 2010 parlano di un volume di affari in crescita per il nostro paese». Dati meno recenti indicano l’Italia al quinto posto come partner importatore dell’“Area Med” e al secondo posto come partner esportatore. «In questo contesto di individuazione di un target meno spettacolare del mercato cinese ma forse più concretamente realizzabile per ragioni storiche, culturali, di lingua, fa da contraltare
Opportunità
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Sono le statistiche a confermare che l’apatia e l’afasia delle regioni meridionali. Infatti, esse, salvo qualche lodevole eccezione, per l’Italia l’interscambio con la negli ultimi anni si sono limitate a creare “assponda Sud del Mediterraneo è sessorati per l’area del Mediterraneo” ma poco destinato a divenire progressivamente hanno contribuito ad accompagnare, con determinante: le cifre del 2010 azioni concrete, l’internazionalizzazione delle pmi locali. Per quanto concerne il sud Italia va parlano di un volume di affari in detto che la dinamica degli crescita per il nostro paese investimenti esteri ha scontato vari fattori critici». Per quanto riguarda il piano istituzionale? «Sul piano istituzionale, la malgrado la regione meditermancata realizzazione delranea sia entrata più tardi l’area di libero scambio tra i nella fasi di crisi e stia dimoPaesi dell’Unione Europea e i strando di essere tornata nuopaesi partner mediterranei vamente a crescere a tassi meprevista per il 2010 nel c.d. diamente elevati, Proprio “Processo di Barcellona” (avquesto dato contrasta la viviato nel 1995) - ha segnato sione pessimistica dell’andaun parziale rallentamento anmento a medio termine degli che nel perseguimento degli investimenti esteri». obiettivi di cooperazione giuPer quanto concerne le diziaria, civile, amministrapmi? tiva e fiscale». «Le piccole e medie imprese E il piano giuridico? che operano nell’area sem«In ambito giuridico, non si brano meno colpite dalla crisi può non segnalare che il tenrispetto alla multinazionali e tativo di uniformare dalalle grandi imprese, in gel’esterno la disciplina applinere; le stesse sono creatrici di cabile agli scambi con i paesi impiego a livelli incoragdell’area, attraverso il ricorso gianti; la loro presenza nella ad organismi arbitrali internazionali, mostra il fiato corto sia per regione mediterranea registra un alto grado di la resistenza dei soggetti operanti sia per la veste “colonizzatrice” stabilità». di cui detti strumenti sovente si ammantano». A chi spetta, secondo lei, il dovere di “inPer quanto concerne, invece, il piano amministrativo? vogliare” il mercato internazionale ad inve«Sotto questo profilo, permangono i limiti dettati dalla forte pre- stire al sud? senza dei singoli Stati della sponda Sud nell’economia e dalla «È compito degli imprenditori, delle amminilentezza delle privatizzazioni e sono, specularmente, sempre strazioni pubbliche e anche dei liberi profesalti i costi della burocrazia (inclusivi del “prezzo” della corru- sionisti - i quali possono svolgere un imporzione)». tante ruolo di consulenza specifica in relazione E infine se si da uno sguardo alla macro-economia? ai singoli mercati - dimostrare che la Campania, «Sul piano macro-economico hanno inciso le contrazioni ad- e il Mezzogiorno sono all’altezza di essere (per debitabili ai maggiori player (Stati Uniti e Unione Europea), una volta!) la parte “Nord” dell’area».
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CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 121
IL MERCATO ASSICURATIVO
Assicurazioni e mercato Cambiano le prospettive Il 2009 è stato un anno difficile per le compagnie di assicurazione. Mentre alcuni settori storici hanno perso fette di mercato, nuove polizze sono cresciute esponenzialmente. L’opinione degli esperti della Poliass Carlo Sergi
Francesco Begonja
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nche per il mercato assicurativo il 2009 è stato un anno estremamente difficile. Gli strascichi della congiuntura negativa si sono certamente avvertiti. «Il “consumo di assicurazione”, soprattutto nei rami danni, è diminuito su più settori». A parlare è Francesco Saverio Poliseno, a capo di un’affermata società di brokeraggio, la Poliass, specializzata in particolare nel settore “marine”. Ma dopo 30 anni di attività, Poliseno spiega come sia cambiato il quadro di riferimento e come, oggi come oggi, analizzare e trasferire al mercato assicurativo le esigenze dei clienti non rappresenti più un’equazione scontata. Le coperture assicurative marine e property, infatti, devono fare i conti con nuove criticità. «Le compagnie del mercato hanno evidenziato un atteggiamento più rigido e una sempre più accentuata ricerca nel sottoscrivere rischi “buoni”, nonché nel raggiungimento di una maggiore efficienza produttiva» spiega. A intervenire è anche Marco Poliseno, figlio di Francesco Saverio, oggi anche lui alla guida
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della società di famiglia. «Sempre maggiore rilevanza è assunta dalla tematica del rafforzamento patrimoniale – in Europa attraverso le norme di Solvency II -, che per gli assicuratori è fonte di generalizzata preoccupazione alla luce della prospettata necessità di ulteriori iniezioni di capitale». Il settore marittimo quanto ha sofferto negli ultimi mesi? MARCO POLISENO «Questo comparto ha registrato nel 2009 significative difficoltà, anche a causa della drastica caduta degli scambi internazionali via mare. Nell’ambito del mercato assicurativo italiano, per sua natura il settore “Corpi” è parte di un più ampio contesto internazionale estremamente globalizzato. Per questo è stato caratterizzato da forti riduzioni, anche rilevanti, nei valori assicurati e, nel contempo, vi è stato un aumento delle navi in disarmo. Entrambi i fenomeni sono conseguiti ai sempre minori traffici marittimi commerciali». Dunque una congiuntura che ha inciso sullo scambio di merci. M.P. «Sono molti i fattori che hanno inciso. A
Da sinistra, Marco e Francesco Saverio Poliseno della Poliass fspoliseno@poliass.it www.poliass.it
Un bilancio
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Un settore destinato a crescere è certamente quello delle polizze per la responsabilità civile verso terzi
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Francesco Begonja
partire dallo scarso alimento dei traffici oggetto di copertura, dovuto a un calo sia nei volumi, sia nei prezzi delle materie prime e dei beni primari in genere, che rappresentano parametri basilari per il calcolo dei premi assicurativi. Di conseguenza si viene a creare un circolo vizioso in cui evidentemente calano i fatturati industriali e le imprese si ridimensionano, se non addirittura chiudono». Al di là del settore marine, qual è il bilancio del mercato assicurativo nazionale? FRANCESCO SAVERIO POLISENO «Complessivamente nel corso del 2009 si è registrata una sensibile diminuzione della produzione e anche il risultato tecnico si è deteriorato. In controtendenza, invece, va segnalato il risultato positivo del ramo vita, al quale hanno contribuito in maggior misura le polizze “a capitalizzazione”, che rispecchiano la volontà degli investitori i quali, scottati dalle recenti turbolenze delle borse, preferiscono avere solide garanzie piuttosto che elevati ritorni a breve termine». E per quanto concerne l’RC Auto? M.P. «In questo ambito la spesa dei risarcimenti è aumentata più dei premi incassati, nonostante i recenti aumenti tariffari e il combined ratio, cioè l’indicatore che esprime il rapporto tra spese e premi, abbiano ormai superato la soglia critica attestandosi al 107.7%. È evidente che la tendenza tariffaria al rialzo non può che essere di grande preoccupazione per tutti». Quali sono i settori che presentano, per il futuro, i più significativi margini di sviluppo? F.S.P. «Alcune voci sono destinate a crescere sensibilmente nei prossimi 3-5 anni. Un settore da tenere sott’occhio è certamente quello delle polizze per la responsabilità civile vero terzi. Le aziende, soprattutto quelle che operano al-
mila AZIENDE
È il numero di attività italiane assicurate nel settore “Ambiente”. Un numero destinato a crescere considerando che rappresenta solo l’1% sul totale
107.7 CRITICO
Questa la soglia percentuale, pericolosa, raggiunta nel rapporto tra spese e premi. Un dato che destabilizza il mercato assicurativo
l’estero, devono fare i conti con questa tipologia di rischio, che può avere un impatto altissimo sul futuro di un’attività imprenditoriale. Un danno può richiedere risarcimenti tali da far chiudere i battenti a una piccola impresa sotto assicurata». Perché le imprese che delocalizzano devono stare più in guardia? M.P. «Chi apre un’attività all’estero deve fare i conti con norme spesso più stringenti delle nostre. Per la stessa ragione, un altro prodotto destinato ad avere una forte crescita sarà la copertura per danni da inquinamento. Anche in questo caso a trascinare il mercato è la stretta legislativa. Con le nuove direttive europee e l’entrata in vigore del Codice Ambientale, le norme in materia di inquinamento stanno diventando sempre più severe, per cui le imprese dovranno adeguarsi a standard particolarmente alti e, allo stesso tempo, assicurarsi in caso di incidenti. Proprio nel settore ambiente ci sono grandi spazi da recuperare: basti pensare che attualmente solo 4 mila aziende su oltre 4 milioni, vale a dire l’1% del totale, sottoscrivono questo tipo di polizza». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 129
LOTTA A FRODI ED EVASIONI
Un fisco solidale è possibile? Francesco Gentile espone un pensiero economico improntato all’etica. Una filosofia la cui applicazione pratica è auspicabile attraverso la rimodulazione della materia tributaria sulla base di nuovi parametri. Passando per la lotta alle frodi e all’evasione nei confronti di tutti Fabio Alisei
«I Il dottor Francesco Gentile esercita a Napoli info@francogentile.it
l Fisco è l’attore principale - per il dottor Francesco Gentile, commercialista campano - per un’Italia solidale». Una riflessione che parte dalle entrate e dalle imposte relative agli enti benefici, sociali, alle onlus e, soprattutto, all’istituzione più importante, la Chiesa, per dimensioni e impatto culturale. «In Campania, dove il delinquere è parte integrante di una cultura negata dalle istituzioni, i modelli etici sono fondamentali per conseguire lo sviluppo sociale. Culturalmente, l’esempio di modelli classici quali Madre Teresa o San Francesco sgretolano il materialismo contemporaneo – sostiene Gentile -. E questo si riflette anche sul piano economico. Mi spiego meglio. Qua occorre dare una scossa all’attuale crisi, che è anche spirituale prima ancora che economica e politica. Per questo è importante far sì che la Chiesa, agli occhi della società, appaia come una guida morale. Non deve guardare alle ricchezze e al potere». Lei affronta un tema delicato, difficilmente inquadrabile nelle discussioni di carattere economico. «L’Amministrazione statale controlla l’impiego delle risorse delle Onlus. Perché non lo si fa anche per la Chiesa? Gli enti, Chiesa compresa, dovrebbero presentare il loro bilancio di missione al Garante della Solida-
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rietà e permettere all’Erario di poter effettuare i relativi controlli anche verso i contribuenti». Molti italiani si chiedono perché lo Stato concede alle Chiese l’8 per mille, mentre alle Onlus arriva solo il 5. Lei cosa pensa, quale modello proporrebbe? «Si potrebbe istituire un unico 7 per mille sia per la chiesa che per le onlus. Tutti dovrebbero partecipare a questo impegno e non solo i contribuenti soggetti a Irpef. Le risorse si preleverebbero da un fondo particolare, grazie a uno specifico meccanismo, con la presenza, spesso, del sostituto di imposta». Ci vuole chiarire meglio come fare per calcolare la “quota solidale”? «L’Erario dovrebbe prelevare le risorse dal volume di affari anche dall’imprenditoria e dai professionisti costituiti in forma societaria o associativa. I soggetti che emettono fatture verso privati o rilevano corrispettivi sarebbero tenuti, ogni mese, a versare la loro quota. I sostituti d’imposta la verserebbero alla ricezione delle fatture, in rapporto alla capacità di fatturato del mittente. I contribuenti minimi, che non superano i 30 mila euro di ricavi annui, la verserebbero in una misura minore. I lavoratori dipendenti e pensionati, invece, continuerebbero a scontarla in dichiarazione, modulando le aliquote dell’imposta. Dire agli stessi, adesso, che il 5 e l’8 per mille “non costano niente” è una bugia». Per avere dati statistici economici liberi da evasione quali provvedimenti si potrebbero porre in essere? «Occorrono interventi più incisivi per combattere l’evasione. Essa è presente talvolta anche nelle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori di-
Nuovi parametri
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Si potrebbe istituire un unico 7 per mille sia per la chiesa che per le onlus. Tutti dovrebbero partecipare a questo impegno e non solo i contribuenti soggetti a Irpef
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pendenti e pensionati, operazione rilevata da un CAF, fatto insolito e raro, che è alla ricerca della sua identità, mentre le istituzioni stanno solo a guardare. Gli oneri deducibili sono rappresentati talvolta da fatture false! È necessario chiedere ai professionisti specializzati e agli operatori del settore sanitario di inviare alla Agenzia Entrate gli elenchi clienti e ai contribuenti segnalare sui modelli 730 e Unico PF il codice fiscale dei professionisti medesimi per incrociare i dati. Un registratore parlante rileverebbe prestazioni fino a mille euro. Per le altre operazioni si istituirebbe il Pos. Si potrebbe istituire una ritenuta di acconto sulle fatture relative a prestazioni di servizi in genere, ad esempio il 4 %, che, da controlli incrociati, farebbe scovare l’evasione fiscale. Anche le detrazioni fiscali per le erogazioni liberali andrebbero riviste». A cosa si riferisce soprattutto? «In favore dei partiti e movimenti politici si ar-
riva al tetto di oltre 103mila euro. Quale spiegazione si può dare a questa norma? È stata istituita una cedolare secca del 20% sui redditi immobiliari. Si potrebbero istituire 4 scaglioni, di cui il primo al 15%. Una modulazione siffatta risponderebbe al dettato costituzionale (Art. 53 Cost.). Un quadro predisposto (quadro RB) nella dichiarazione dei redditi rileverebbe i dati catastali degli immobili e il codice fiscale del conduttore che, rispettoso verso la norma, godrebbe di una detrazione di imposta del 2 % del fitto annuo. I contratti di fitto, in attesa di veder modificate le rendite catastali, finirebbero di essere registrati. L’Ici per la prima abitazione la si dovrebbe esonerare per gli immobili fino a 150 mq. Andrebbe rivisto l’esonero dell’ICI per i beni della Chiesa: la tassazione va attuata, attenuandola con benefici. Auspico che, attuate queste norme, si possa guardare al futuro con gli occhi della speranza, riducendo, avviata l’economia, una parte del deficit pubblico». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 131
CONTRAFFAZIONE
Efficaci controlli su tutto il territorio L’attività di contrasto al mercato del falso a opera della Guardia di Finanza in Campania è vasta e articolata. L’incremento della merce sequestrata ne è la prova. Il generale Giuseppe Mango illustra i risultati delle azioni investigative Nicolò Mulas Marcello
Giuseppe Mango, comandate regionale Campania della Guardia di Finanza
L
a domanda di prodotti contraffatti ha subito negli ultimi anni una significativa impennata che in Campania grazie all’intensa attività di controllo della Guardia di Finanza si è tradotta in una maggiore quantità di merce sequestrata. «Il fenomeno – sottolinea il generale Giuseppe Mango, comandante regionale della Guardia di Finanza – ha assunto, ormai, livelli di internazionalizzazione tali da assimilarlo, anche dal punto di vista dell’entità degli illeciti guadagni che produce, al traffico di droga. E proprio questo enorme flusso di denaro spiega il particolare interesse e, in alcuni casi, il diretto coinvolgimento dei clan camorristici nella contraffazione, come dimostrato da recenti attività investigative». Come avvengono le vostre azioni di controllo? «L’attività operativa a contrasto della contraffazione si sviluppa principalmente, ma non solo, mediante indagini e attività informative, dirette a individuare le filiere del falso, i depositi, gli opifici, le rotte di introduzione nel terri-
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torio nazionale e di circolazione interna e, soprattutto, le organizzazioni criminali che gestiscono il fenomeno, i flussi degli ingenti proventi illeciti che ne derivano e i patrimoni così, indebitamente, accumulati e reinvestiti; controlli sulla vendita al dettaglio dei prodotti, sia totalmente illecita, attraverso una quotidiana opera di pattugliamento del territorio e repressione dei fenomeni di “minuta vendita”, che nascosta all’interno di canali “regolari”. In questo ambito i militari del Corpo verificano l’autenticità dei prodotti posti in vendita, anche con la collaborazione delle ditte produttrici, e la provenienza degli stessi, attraverso il controllo documentale che ne attesta l’origine; inoltre una costante attività di monitoraggio dei flussi commerciali, supportata da analisi specifiche, che quotidianamente la Guardia di Finanza effettua, anche in ambito doganale». Avete registrato un incremento di questo reato negli ultimi anni in Campania? «Sicuramente i risultati di servizio nel settore mostrano un trend crescente di prodotti con-
Giuseppe Mango
arresto. Da gennaio 2009 ad agosto 2010 abbiamo sequestrato, evitando che venissero immessi sul mercato, oltre 13 milioni di capi di abbigliamento e accessori, più di 3,5 milioni di giocattoli, circa 750 mila tra elettrodomestici, PRODOTTI attrezzi da lavoro e altri utensili, ma anche 350 Il numero di mila prodotti informatici, quali computer e proconfezioni di cessori, tutti contraffatti e privi dei requisiti di simedicinali e cosmetici curezza e delle certificazioni previste dalla norsequestrati in mativa nazionale e comunitaria». Campania tra il 2009 e i primi mesi Quali importanti operazioni avete concluso del 2010 ultimamente? «Per dare un’idea dello sforzo profuso a tutela dell’economia nazionale e dei consumatori, che ha portato ai risultati che ho appena citato DENUNCE posso ricordare l’operazione denominata “Felix”, Il numero di persone portata a segno dagli uomini del nucleo di Podenunciate in Campania da inizio lizia tributari di Napoli e coordinata dalla Proanno fino a oggi cura della Repubblica partenopea. Le indagini hanno permesso di individuare e smantellare tre distinte associazioni criminali, composte da italiani, cinesi e maghrebini, tra loro interconnesse, che si occupavano della produzione, in Campania, dell’importazione dalla Cina e della commercializzazione su tutto il territorio nazionale, di capi d’abbigliamento contraffatti di note griffe internazionali. Cinquantasette le persone raggiunte da provvedimenti di cattura, 4 gli opifici clandestini scoperti, e più di 422 mila i prodotti contraffatti sequestrati. Inoltre, segnalo l’operazione “Gomorrah”, condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli, in collaborazione con il reparto Scico e coordinata dalla Dda di Napoli. Si tratta di un importante risultato internazionale che è stato possibile, a seguito di serrate e penetranti indagini volte a disarticolare un’organizzazione criminale transnazionale, con base a Napoli, dedita all’importazione dalla Cina e alla commercializzazione nei citati Stati europei, in Australia e in altri paesi, di vari prodotti contraffatti, soprattutto utensili elettrici. Nove gli arresti in Italia, decine di perquisizioni in diversi paesi europei e sequestro di un patrimonio, mobiliare e immobiliare, per un valore complessivo di oltre 9 milioni di euro». Spesso la merce contraffatta rappresenta un vero rischio per la salute. Come riconoscere questi prodotti?
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I risultati di servizio mostrano un trend crescente di prodotti contraffatti rinvenuti e successivamente sottoposti a sequestro
traffatti, rinvenuti e successivamente sottoposti a sequestro. Questo andamento è dovuto principalmente alla maggiore richiesta da parte dei consumatori che, in un periodo caratterizzato da particolari ristrettezze economiche, si indirizzano verso prodotti a buon mercato, rinunciando, però, alla sicurezza ed esponendosi al rischio di pesanti sanzioni pecuniarie, che possono giungere fino a 7.000 euro, previste per chi acquista oggetti contraffatti. In Campania sono stati sequestrati contanti e valori per circa 7,3 milioni di euro e ben 138 unità immobiliari, tra opifici, depositi e sedi aziendali. Anche l’inasprimento delle pene ha avuto tangibili riscontri. Nel 2009 su 1.750 denunciati, gli arrestati sono stati 19, mentre quest’anno, fino ad agosto, su 1.240 persone denunciate, 85 sono state tratte in
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CONTRAFFAZIONE
Per quanto riguarda i farmaci, è opportuno acquistare sempre nei punti vendita autorizzati, quali farmacie, parafarmacie e corner della salute
«Purtroppo, occorre registrare, proprio nel settore si rapporta a questo problema la Guardia della cosmesi e dei farmaci, un costante incremento dei sequestri. Tra il 2009 e i primi mesi di quest’anno, le confezioni sequestrate in Campania ammontano a quasi 85 mila. Le indicazioni, i consigli che possono essere dati ai consumatori sono sempre gli stessi. Per i cosmetici, acquistare solo da distributori ufficiali ed autorizzati, in grado di fornire evidenti garanzie sull’origine dei prodotti, controllando sempre le etichette e, soprattutto, verificando la presenza del marchio “CE”. Può essere, inoltre, sintomatico di un prodotto non autentico un prezzo troppo basso. Per quanto riguarda i farmaci, è opportuno acquistare sempre nei punti vendita autorizzati, quali farmacie, parafarmacie e corner della salute. Su internet il rischio contraffazione aumenta. Per identificare un prodotto contraffatto bisogna controllare attentamente le scatole e il loro contenuto. Se sono presenti errori di ortografia sulle confezioni e sui foglietti illustrativi, colori alterati rispetto all’originale, fialette e compresse dalle dimensioni irregolari, probabilmente il farmaco è fasullo. Può essere utile osservare anche i loghi delle aziende farmaceutiche e i sigilli di garanzia». Uno dei canali di vendita preferito dalle organizzazioni criminali è internet. Come
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di Finanza? «Su questo fronte, la Guardia di Finanza ha dotato tutti i reparti di avanzate tecnologie informatiche costantemente aggiornate che, oltre ad agevolare l’ordinario lavoro investigativo e di analisi, consentono un monitoraggio continuo dei siti di commercio elettronico e di aste online, per prevenire ed eventualmente reprimere comportamenti illeciti, comunque a danno dei consumatori. A ciò si aggiunge la collaborazione continua del Corpo con i gestori dei siti web, che si realizza attraverso uno scambio intenso di informazioni, sempre nel rispetto delle norme che tutelano la privacy degli utenti. Il Corpo, poi, ha istituito a livello centrale, un’apposita articolazione altamente specializzata, il nucleo speciale Frodi telematiche, meglio noto come Gat, preposto istituzionalmente al contrasto dei reati informatici o che vengono, comunque, consumati attraverso la rete mondiale internet. Si tratta di un reparto che, oltre a operare autonomamente, può fornire ausilio a tutte le componenti territoriali del Corpo che abbiano necessità di sviluppare indagini particolarmente sofisticate nel web, comprese quelle relative al commercio di beni contraffatti».
Andrea De Martino
Nella lotta al falso occorre puntare sulla dimensione produttiva L’impegno delle forze dell’ordine nella lotta al falso è aumentato in relazione all’espansione del fenomeno sul territorio napoletano. Il prefetto Andrea De Martino illustra i risultati delle azioni di contrasto messe in atto Nicolò Mulas Marcello
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ai dati della Prefettura di Napoli emerge che il fenomeno della contraffazione sul territorio partenopeo è in espansione. Ma a questo incremento, fa sapere Andrea De Martino prefetto di Napoli, fa seguito uno sviluppo delle attività di contrasto da parte delle forze dell’ordine che nell’ultimo anno e mezzo hanno condotto un’intensa azione investigativa nell’area. Qual è la situazione nell’area partenopea? «C’è stato un incremento dell’azione delle forze di polizia. Per quanto riguarda tutto il 2009 e i primi 8 mesi del 2010, abbiamo registrato 18 arrestati nel primo periodo e 77 nel secondo. Questa è una prima indicazione tendenziale, che va sommata alla quantità di merci contraffatte sequestrate tra il 2008 e il 2009, dove passiamo da oltre 8,643 milioni di prodotti sequestrati nel 2008 a poco più di 10 milioni nel 2009. Sicuramente esiste un’offerta dei beni che risponde a una domanda in crescita. Cresce quindi la contraffazione, ma cresce anche la domanda di prodotti. Sicuramente la risposta delle forze dell’ordine è determinata, concludente e tenace ma c’è anche una forte richiesta che permane con altrettanta tenacia sul territorio, non solo quello campano, ad alimentare questo traffico». Quali sono i settori che risentono di più della contraffazione nella provincia di Napoli?
«Il settore è quello della moda. Anche in Toscana dove sono stato prefetto di Firenze fino a pochi mesi fa, questo settore è profondamente colpito dal fenomeno nelle sue diverse espressioni, basti pensare alla città di Prato. Nel 2009 delle merci sequestrate e contraffatte, il 68% occupa proprio il settore della moda. E penso che sia il pronto moda quello più sofferente. C’è chi a livello illegale, riuscendo a evitare tutte le normative e sottraendosi agli obblighi di legge nei diversi settori, dalla sicurezza sul lavoro, allo smaltimento dei rifiuti, all’igiene, riesce ad assicurare a costi bassissimi e in tempi brevi quello che normalmente non si riesce ad assicurare». Le associazioni di categoria Ascom e Confcommercio chiedono interventi mirati denunciando che gli ambulanti abusivi che vendono prodotti contraffatti sono solo l’anello terminale di una filiera controllata dalla criminalità organizzata. Come si sta muovendo la Prefettura? «Su questo punto ho già avviato contatti con Confindustria e con Ascom per mettere a fuoco, in funzione della realtà campana, le strategie migliori. Una cosa è certa, non tutto può essere delegato alle forze di polizia. Ci sono comportamenti che anche da parte dei cittadini vanno bloccati. Bisogna però tenere conto che quando si
Andrea De Martino, prefetto di Napoli
CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 143
CONTRAFFAZIONE
Bisogna aggiungere un’azione educativa per far comprendere che acquistare merce contraffatta crea un disvalore sul fronte dell’economia sana
sequestrano capannoni dove per anni o per civili e penali?
10 mln
PRODOTTI La quantità di merce contraffatta sequestrata nel corso del 2009 sul territorio partenopeo
77
ARRESTI Il numero di persone tratte in arresto per contraffazione nei primi 8 mesi del 2010 nel napoletano
mesi hanno lavorato impunemente, trasgredendo ogni norma, cittadini extracomunitari che contribuivano alla produzione di merci contraffatte, significa che c’è stata disattenzione e negligenza. In realtà quel capannone poteva essere intercettato per la mole di rifiuti che produceva, e per la mole di consumi di energia elettrica o acqua di cui usufruiva. Se questo non è stato fatto probabilmente anche noi siamo stati negligenti. Proprio su questo fronte proveremo con le categorie interessate, a stringere un cerchio intorno alla dimensione produttiva, quindi non solo sul fronte della commercializzazione. Su quest’ultimo fronte proprio pochi giorni fa qui in Prefettura per quanto riguarda piazza Garibaldi, abbiamo provveduto con le forze dell’ordine a sradicare lo scempio che si vedeva sui marciapiedi con un’azione di contrasto al degrado». Quale azione di carattere generale occorre intraprendere per un’efficace lotta alla contraffazione oltre agli strumenti normativi
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«Occorre spendersi in ogni modo, sul piano dell’educazione e delle norme per scoraggiare la domanda. L’Italia in Europa forse è il solo Paese che punisce con sanzioni penali chi acquista merce contraffatta e questo è un segno di grande civiltà. A questa norma, che esiste e che viene applicata, bisogna aggiungere un’azione educativa per far comprendere che acquistare merce contraffatta crea un disvalore sul fronte dell’economia sana, tagliando le gambe a chi vuol fare bene impresa e favorendo chi invece riesce a fare impresa eludendo le norme che governano l’impresa stessa. Inoltre crea una serie di insidie alla vita di ogni giorno che scaturiscono da prodotti messi senza alcun rispetto delle norme in materia di sicurezza dei prodotti stessi e penso quindi ai giocattoli per bambini, ai prodotti farmaceutici, a quelli alimentari, all’abbigliamento e alla calzature. Ad esempio, a Firenze poco tempo fa sono state sequestrate migliaia di confezioni di scarpe che venivano confezionate con una sostanza cancerogena».
CONTRAFFAZIONE
La vera minaccia per il made in Italy Il settore della moda è uno dei più colpiti dalla contraffazione in Italia. In termini di produzione sommersa, il falso rappresenta il 25 per cento del Pil nazionale. Santo Versace illustra i danni alle imprese e le iniziative promosse da Altagamma Nicolò Mulas Marcello
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l problema della contraffazione incide sulle imprese e sul made in Italy creando danni ingenti all’economia del paese. Il mercato del falso destabilizza anche l’innovazione e l’immagine dei marchi e di conseguenza anche la competitività ne risente. La crescita di questo mercato è dovuta soprattutto alla grande richiesta dei consumatori che tendono sempre più ad acquistare merce contraffatta allettati dal basso prezzo dei prodotti ma inconsapevoli della scarsa fattura della merce e dei materiali, spesso dannosi alla salute, con cui i capi di abbigliamento e gli oggetti vengono confezionati. Ormai è un business da 80 miliardi di euro l'anno. Questo è il valore del fatturato che in Italia l'industria del falso produce con l'agroalimentare e moda, i due principali settori che a livello internazionale sono da tempo entrati nel mirino dei “pirati” e risultano i più clonati nel mondo. Le normative di contrasto esistono ma non sempre vengono applicate in maniera omogenea. Iniziative di sensibilizzazione sono state promosse su tutto il territorio nazionale dal governo, dalle prefetture e dalle associazioni di categoria. A lamentare i danni derivati da questo malcostume sono soprattutto i marchi che hanno fatto
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La contraffazione rappresenta un vero e proprio furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro
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grande il made in Italy. Anche Altagamma, l’organismo che riunisce i più prestigiosi marchi italiani, dalla moda al design, dall’alimentare all’ospitalità e alla gioielleria, si è impegnata spesso nella lotta alla contraffazione. «La contraffazione – sostiene Santo Versace, presidente di Fondazione Altagamma – attacca l’innovazione delle imprese, e l’innovazione è la chiave della competitività delle imprese italiane sui mercati mondiali». Il panorama normativo è adeguato a con-
Santo Versace
Santo Versace, presidente di Fondazione Altagamma
trastare questo sempre più crescente malcostume? Come si può gestire meglio il problema dal punto di vista sanzionatorio? «La normativa a livello nazionale c’è, è articolata e sulla carta efficace. Ma, come spesso succede in Italia, l’applicazione delle norme avviene a macchia di leopardo, anche per via del fatto che nel nostro paese sono molteplici le autorità competenti in materia e non tutte si impegnano sul campo. E questo purtroppo anche in ragione di una presunta bassa priorità del problema. Errore grave, anzi gravissimo: la contraffazione non è una semplice spina nel fianco della nostra economia, ma una delle più gravi minacce. La contraffazione attacca l’innovazione delle imprese, e l’innovazione è la chiave della competitività delle imprese italiane sui mercati mondiali. Si parla di imprese che investono risorse importanti nella costruzione dell’immagine della marca e nel design di prodotto, imprese che costrui-
scono universi valoriali e simbolici intorno alla marca. Si tratta di un vero e proprio furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro, no scippo della reputazione di un’azienda, della ricerca, della creatività e della comunicazione che stanno alla base del successo di un prodotto». Complici della crescita del mercato delle contraffazioni sono sicuramente i consumatori, che con gli acquisti alimentano il proliferare della produzione. Sono state fatte campagne a riguardo ma cosa si può fare di più? «Si deve continuare con le attività di comunicazione a favore dei consumatori, questa è la strada maestra. E questa attività deve essere estendersi al di là dei confini italiani. Fondazione Altagamma ha proposto al presidente dell’Unione Europea Barroso, ai vice presidenti e ai commissari competenti di varare una grande campagna di informazione rivolta ai consumatori dei 27 paesi europei, e specialmente ai giovani, per raccontare loro quali sono i reali rischi di questo malaffare, e quali funesti meccanismi criminosi e quali gravi conseguenze sono generati dall’atto di acquisto del falso: evasione fiscale, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio di denaro sporco, deterioramento dell’immagine del Prodotto Italiano». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 147
SICUREZZA STRADALE
Nuovo codice della strada, stretta su alcol e minicar In estate è diventata realtà la nuova normativa sulla sicurezza stradale. Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti della Camera, illustra le novità principali e gli obiettivi: «Il primo è la riduzione della mortalità sulle strade» Riccardo Casini
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opo un iter di quasi due anni, in estate è entrato in vigore il nuovo Codice della strada. Molte le novità per una legge approvata senza voti contrari dalle due aule parlamentari. Queste le principali novità: tolleranza zero sull’alcol per neopatentati e conducenti professionali, inasprimento del quadro sanzionatorio amministrativo e penale (impossibile riavere qualsiasi tipo di patente dopo il secondo omicidio colposo), ma anche rateizzazione delle multe oltre
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i 200 euro per i meno abbienti, destinazione dei proventi da autovelox alla manutenzione stradale e obbligo di omologazione per i T-red. E non solo, come spiega uno dei suoi fautori, il presidente della commissione Trasporti della Camera Mario Valducci. «Abbiamo trattato vari aspetti – spiega – che riguardano in primo luogo il guidatore, ma anche i controlli e i costruttori. Ad esempio c’è il tasso alcolemico zero per i neopatentati per i primi tre anni dal conseguimento della patente e per i professionisti della guida e accanto c’è il foglio rosa a 17 anni. Ci sono sanzioni severissime per chi altera una minicar o circola con una minicar “truccata” e l’obbligo di pratica e di conseguire una patente per guidare le stesse minicar, cosa che in precedenza non c’era. E ancora: l’educazione stradale prevista a partire dal prossimo anno scolastico; il divieto di somministrazione di bevande alcoliche dopo le 3 di notte per tutti i locali; controlli più frequenti e più accurati per gli ultraottantenni che rinnovano la patente; la possibilità di pagare le multe a rate; la destinazione di una quota rilevante delle multe in sicurezza stradale; la possibilità di essere licenziati per giusta causa se si guida sotto effetto di alcolici o di sostanze stupefacenti». Da una parte inasprimento delle sanzioni, dall’altra tutela dei diritti di chi sta alla guida, come nel caso dei provvedimenti su autovelox
A sinistra, Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti della Camera
Mario Valducci
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La distrazione è una delle cause più frequenti di incidenti. Su 3 milioni e mezzo di incidenti i due terzi sono causati da errate condotte di guida
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e T-red. Quali sono gli obiettivi della legge? «Abbiamo cercato di dare un’organicità complessiva alle modifiche al Codice della strada, cosa non semplice, considerando che siamo andati a incidere su oltre 80 articoli del vecchio codice. Credo si possa affermare che il risultato sia un giusto equilibrio di pesi e contrappesi, di norme stringenti e altre che partono da un presupposto di fiducia nei confronti del cittadino, almeno finché non sbaglia. Un esempio per tutti: la possibilità di guidare tre ore al giorno, anche se la patente è sospesa. Non è certo una norma lassista, ma prevede che in casi particolari (estrema difficoltà di muoversi con i mezzi pubblici, oppure assistenza a un famigliare disabile) il prefetto possa autorizzare la persona a cui la patente è stata sospesa a circolare per un periodo massimo di tre ore al giorno. Ma c’è un prezzo da pagare: la sospensione della patente è aumentata di un numero di ore pari al doppio delle ore complessive per le quali è stata autorizzata la guida. E se si circola al di fuori delle ore concesse, si viene sanzionati come se si guidasse senza patente. Mi sembra una norma equilibrata e di buon senso». La legge contiene norme severe contro chi guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti. Si tratta indubbiamente di una delle principali cause di incidenti. Ve ne sono però
anche altre, come colpo di sonno e uso del cellulare alla guida. Cosa è possibile fare in futuro per migliorare sotto questi aspetti? «Io ripeto sempre, quasi fosse un mantra, un concetto: il codice della strada è un cantiere aperto. Quindi i miglioramenti, le integrazioni sono sempre possibili e spesso benvenuti. La distrazione è una delle cause più frequenti di incidenti. Basti pensare che su oltre 3 milioni e mezzo di incidenti i due terzi sono stati causati da errate condotte di guida. Secondo una ricerca della Fondazione Ania, il 51 per cento degli intervistati ha ammesso di aver avuto un incidente dovuto alla distrazione. Bisogna dunque sensibilizzare i cittadini a una guida concentrata, perché sulla strada non si scherza. Altro fattore su cui lavorare è l’efficienza visiva dei guidatori. Se vedi male, quasi sicuramente guiderai male, con conseguenze nefaste per la sicurezza stradale. Quindi il mio invito è di controllare la vista con frequenza e, laddove necessario, munirsi di occhiali e lenti a contatto». Lei ha dichiarato che l’obiettivo della legge è abbattere il numero dei morti sulle strade. Quali sono le vostre realistiche aspettative in merito? «Il quadro complessivo degli incidenti va analizzato nell’ultimo decennio. È stato infatti nel 2000 che l’Unione europea si è data come obiettivo di ridurre del 50 per cento i morti in 10 anni. All’epoca ogni anno le vittime sulla strada in Italia erano 7.300. L’anno scorso sono state 4.700. Probabilmente non raggiungeremo l’obiettivo del 50 per cento entro fine anno, ma va detto che il risultato del 40 per cento, livello presumibilmente ottenibile a fine anno, è stato ottenuto grosso modo a partire dal 2003, da quando, cioè, è stata introdotta la patente a punti. Da allora la consapevolezza dell’importanza della sicurezza stradale è aumentata sensibilmente, anche grazie alle campagne condotte dai mezzi di comunicazione come il vostro. Mi auguro che con le misure presenti in queste modifiche del codice potremo continuare nell’opera di rendere le strade italiane più sicure». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 151
SICUREZZA STRADALE
Incidenti e mortalità, in Campania l’allarme resta alto Preoccupante il numero di incidenti stradali in Campania. Secondo i dati del Criss le vittime sono soprattutto giovani sotto i trent’anni. La causa principale è l’alta velocità Riccardo Casini
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n tema di sicurezza stradale la Campania ha fatto da apripista con la creazione dell’Agenzia regionale campana per la sicurezza stradale, primo esempio in Italia di struttura dedicata al miglioramento della sicurezza stradale. Arcss è una società consortile tra la Regione, le cinque sezioni provinciali di Automobile Club in Campania, l’Università di Napoli e l’Università di Salerno. Costituita nell’aprile 2003, ha lo scopo di «promuovere, programmare, coordinare e realizzare attività nel settore della sicurezza stradale». Arcss ha dato vita anche al Centro regionale integrato per la sicurezza stradale, che ha come obiettivo di monitorare gli incidenti stradali e proporsi anche come archivio e centro analisi del fenomeno. Inserito dal ministero dei Trasporti tra i progetti strategici di rilevanza nazionale con un finanziamento di 1,6 milioni di euro più un cofinanziamento regionale di 1 milione di euro, il Criss ha elaborato sinora i dati pervenuti fino al 2008, a quando cioè risale l’ultima rilevazione Istat. Dalle analisi del Criss emerge che tra il 2004 e il 2008 in Campania si è registrato un
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aumento degli incidenti del 18,71% (11.529 nel 2008), un aumento del numero di feriti pari al 19,11% (17.380) ma anche una diminuzione dei decessi del 16,11% (329). Si tratta di dati allarmanti, aggravati dal confronto con l’anno precedente: rispetto al 2007 gli incidenti sono aumentati del 2,2%, i morti del 2,8% e i feriti del 3,8%, tutti dati in totale controtendenza rispetto a quelli nazionali, dove si registrano cali, anche lievi. Vittime degli incidenti sono soprattutto i giovani sotto i 30 anni (37% dei casi), nel 66% delle volte alla guida del veicolo. Causa principale, anche se non unica, l´eccessiva velocità, responsabile di incidenti e di decessi nel 36,3% dei casi. Segue poi l´andamento incerto e indeciso, causato nel 18% delle volte dall´uso del telefono mentre si è al volante. Guidare in stato di ebbrezza o sotto l´effetto di sostanza psicotrope ha causato incidenti, tra quelli registrati, nel 5,7% dei casi. Il maggior numero di incidenti si concentra poi nelle strade urbane: nel 2008, infatti, ne sono avvenuti 8.526 pari al 74%
Arcss
Sinistri stradali un dramma affrontato in modo insufficiente
del totale. Le strade più pericolose, però, sono quelle extraurbane, escluse le autostrade, dove perdono la vita più di 6 persone ogni 100 incidenti. Una curiosità: dai dati emerge che il martedì, nel 2008, è stato il giorno della settimana in cui si sono registrati più incidenti (14,9% del totale) mentre la domenica sono avvenuti gli scontri che hanno causato il maggior numero di morti (18,8% del totale).
di Raffaele Costa
Quando in uno stato del mondo avviene un evento, rivoluzionario o meno, talvolta un semplice fatto comunque capace di provocare più vittime, l’informazione richiama l’attenzione dei cittadini per più giorni, da parte della politica vi sono reazioni a livello nazionale e internazionale. C’è però un caso, forse unico nella tipologia, in cui dinanzi a una strage permanente e numericamente rilevante quasi non succede nulla, con i numerosi colpevoli che in generale se la cavano con un avviso di reato, un processo atteso per qualche anno, una condanna sovente condizionata dalla sospensione condizionale: il caso riguarda i sinistri stradali che provocano, nel mondo, numerosissime vittime. Il numero dei morti si aggira, a livello mondiale, sul milione all’anno: una cifra che contiene eventi drammatici a decine di migliaia (40.000 morti all’anno negli Usa, poco meno in Europa dove nel 2008 si è arrivati a 38.875) e che comporta risvolti umani rilevanti ma anche danni economici non indifferenti. Perché non si reagisce in maniera attiva e decisiva al più grave disastro che da decenni colpisce l’umanità? La motivazione non è facile da individuare: probabilmente si tratta quasi di una sorta di resa a un male non solo difficile da sopportare e da combattere, ma con il quale da decenni la società si è abituata a convivere. Certamente le cause dei sinistri mortali sono molteplici e spaziano dalla viabilità inadeguata all’eccesso di velocità, dall’errore umano alla rottura del mezzo ad altre diverse cause tutte non facili da combattere, ma che in ogni caso andrebbero affrontate in modo più incisivo, continuo, utile: oggi l’argomento viene affrontato in modo poco convinto e convincente. Che sia così e che sia ingiustificato e sbagliato arrendersi, lo dimostra il fatto che tante esperienze hanno prodotto di per sé risultati utili: non si è, però, mai andati oltre a regole quasi sempre diverse stato per stato e, sovente, riguardanti soltanto singolarmente regioni, province e comuni. Basti pensare al caso delle attese, quasi miracoliste, ma non razionalmente infondate, di ciò che di positivo è avvenuto o avverrà man mano che ci si avvicina alla fine del 2010 anno traguardo stabilito a livello europeo (il libro Bianco del 13 settembre 2001, prevedeva e auspicava una riduzione delle vittime del 50% entro il 2010). I dati degli ultimi anni evidenziano un ridimensionamento delle conseguenze negative dell’infortunistica stradale se si tiene conto che dal 2001 al 2009 la diminuzione del numero dei morti è stata, nei 28 paesi europei, del 35%, una cifra ragguardevole, ma ottenuta attraverso gli anni e insufficiente a ipotizzare una sostanziale cancellazione o ridimensionamento del male. Nel 2008 avevano ottenuto una mortalità ridotta del 50% solo la Lettonia, il Portogallo e il Lussemburgo cui si è aggiunta, nel 2009, la Spagna, mentre 23 paesi sono rimasti ben al di sotto del 50%. L'Italia si è fermata, nel 2009 – rispetto al 2001 – a una riduzione del numero dei morti pari al 33%. Questi elementi ci inducono a una riflessione legata a due punti cardine: l’educazione scolastica, per quanto riguarda un approfondimento significativo e vincente delle difese da parte della società, e l’aspetto economico, che non può essere assolutamente sottovalutato e che riguarda soprattutto il danno sociale per la società stessa, per le aziende e per le famiglie; due temi, due considerazioni, due ragionamenti che ci devono indurre ad affrontare il problema a livello internazionale con volontà e possibilità di ridimensionarlo in modo davvero significativo.
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RIFORMA FORENSE
La professione forense deve puntare alla qualità L’eccessivo numero dei consulenti legali, sproporzionato rispetto a quello dei magistrati, è uno degli snodi chiave su cui lavorare. «Individuiamo i correttivi necessari da inserire all’interno di un progetto di riforma dell’avvocatura». Il focus di Maurizio De Tilla Ezio Petrillo
esercizio della professione forense merita dei correttivi molto precisi. A partire dalla formazione universitaria, per finire con un maggiore riconoscimento dell’autonomia del ruolo dei consulenti legali. Pertanto l’Organismo unitario dell’avvocatura, si sta attrezzando a dovere proponendo, punto per punto, gli interventi necessari per ridare lustro a una professione che, causa precarietà giovanile, assoggettamento ai “poteri forti”, numero eccessivo di avvocati, sta perdendo quell’aura di prestigio di cui si era forgiata negli anni addietro. Ne discute Maurizio De Tilla, presidente dell’Oua. Qual è l’aspetto che potrebbe migliorare l’intero percorso di formazione della professione forense? «Il sovraffollamento degli albi forensi deriva principalmente dagli sbocchi universitari. Abbiamo proposto il numero programmato all’università e un’ulteriore selezione nell’accesso alla professione di avvocato. L’obiettivo è quello di avere non più di tremila nuovi av-
L’ Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura
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vocati all’anno. Dovremmo avvicinarci al sistema francese dove, dopo la laurea, si fa un altro anno di università propedeutico all’accesso alla scuola di formazione forense e lì, già dall’università, fino alla scuola di formazione, c’è una forte selezione. Solo i migliori possono accedere al percorso formativo dell’avvocatura. Questa, a mio avviso, è la soluzione che bisogna adottare per avere una riduzione del numero di avvocati e un’avvocatura di qualità a tutto vantaggio dei cittadini, che, in questo modo, avrebbero dei consulenti legali maggiormente preparati. I primi risultati di tale riforma potranno avere effetti positivi entro dieci anni a mio avviso quando ci saranno 80mila avvocati iscritti in meno. In sostanza, è necessaria una formazione diversa, e introdurre un pilastro di serietà sull’accesso al mondo della nostra professione. Ma bisogna partire dall’università». In questo senso, quali sono gli altri punti cardine del percorso di riforma della professione? «Di sicuro l’abrogazione della legge Bersani. Occorre ripristinare i minimi di tariffa, così come il divieto del patto di quota lite, necessari per garantire una retribuzione adeguata. Oggi troppi giovani colleghi avvocati, a causa di questa legge, vivono in una condizione di precarietà, costretti ad accet-
Maurizio De Tilla
tare pagamenti forfettari che non coprono le spese. Il secondo punto nevralgico su cui occorre lavorare è il ritiro del patto di quota lite che è già realizzato in Europa, tranne che nel mondo anglosassone. Questo determina una maggiore indipendenza dell’avvocatura, necessaria, nell’interesse primario del cliente. Un altro nodo da sciogliere è relativo alla consulenza legale esclusiva». Di cosa si tratta? «Oggi ci sono i giuristi d’impresa per affrontare tipologie di problemi che riguardano le aziende, ma certamente, l’intervento di un avvocato al fianco di un imprenditore, può garantire una maggiore attenzione per fornire pareri legali volti magari a evitare processi, e a far trovare una ricomposizione
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Dovremmo avvicinarci al sistema francese dove, dopo la laurea, si fa un altro anno propedeutico all’accesso alla scuola di formazione forense
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della lite. La funzione di consulenza esclusiva è riconosciuta, tra l’altro, dal resto d’Europa tramite la direttiva Bolkestein, che recita che la consulenza legale deve essere fuori dalle regole della concorrenza. L’avvocato, dunque, non può essere un imprenditore, né tantomeno un prestatore di servizi, ma, instaurando col cliente un rapporto stretto di tipo fiduciario, può certamente essere in grado di svolgere il ruolo di consulente. In questo senso il supporto legale esclusivo per le imprese può essere un’interessante via per intraprendere una maggiore tutela della professione forense». In relazione alla condizione dei giovani consulenti legali, quali sono gli aspetti su cui bisognerebbe incentrarsi? «I giovani avvocati vivono certamente un momento duro a causa dell’imposizione dei minimi di tariffa. Come spiegavo prima la sovrabbondanza di offerta ha causato il fatto che la professione sta perdendo parte della sua immagine. Oggi i “poteri forti” vorrebbero assoggettare i professionisti, e non è da trascurare una situazione di profonda precarietà che si registra soprattutto in quegli studi legali che utilizzano i giovani pagandoli come dipendenti a tutti gli effetti. Tutto ciò che ho già evidenziato, la riduzione del numero di avvocati, l’esclusività della consulenza, una maggiore autonomia, possono contribuire al miglioramento della professione. Aggiungerei anche che occorre che la ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 157
RIFORMA FORENSE
❝ ›› Cassa nazionale di previdenza intervenga affinché vengano stanziati adeguati ammortizzatori sociali per i consulenti legali». A cosa è dovuto l’incremento esponenziale, negli ultimi anni del numero di avvocati iscritti all’Albo? «Nel nostro Paese abbiamo l’assurdo di avere pochi magistrati e moltissimi avvocati. In questo senso vorremmo riformare l’ordinamento forense anche con le specializzazioni e con l’effettività dell’esercizio. Per quel che ci riguarda, il problema è a monte, ossia in un numero di giovani che accedono al mondo universitario, eccessivo rispetto alla reale “domanda” di avvocati da parte della collettività». Qual è il parere dell’Oua, in merito alle necessarie riforme per migliorare l’efficienza del sistema giustizia? «Noi pensiamo che bisognerebbe riformare la macchina giudiziaria, in diversi modi, attraverso, ad esempio, l’inserimento di figure come i manager della Giustizia, la razionalizzazione delle risorse e, estendere in 158 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Bisognerebbe riformare la macchina giudiziaria, in diversi modi, come l’inserimento di figure come i manager della giustizia e attuare la razionalizzazione delle risorse
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tutti gli uffici giudiziari, l’informatizzazione. Abbiamo proposto, inoltre, che i praticanti abilitati più meritevoli possano entrare a far parte dell’ufficio del Giudice per un certo periodo così come i migliori classificati all’esame di accesso alla professione, nello specifico, i primi venti. Ciò ovviamente comporterebbe un problema di remunerazione, ma ci sono fondi sia europei che regionali con cui si potrebbe ovviare alle spese. Infine pensiamo che debba andare avanti anche la nostra proposta sul giudice laico, per garantire a tale figura una retribuzione non a cottimo, ma una previdenza, e un inquadramento parificato a quello dei magistrati togati».
RIFORMA FORENSE
Interveniamo a tutela dei cittadini
Riformare la giustizia nell’ottica della tutela degli interessi del cittadino. Per questo una migliore preparazione e selezione dei consulenti legali si rivela elemento indispensabile. L’analisi di Renzo Menoni Ezio Petrillo
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li interventi necessari per il sistema giudiziario coinvolgono diversi aspetti. Dalla preparazione dei consulenti legali, alla riduzione dei tempi del processo, fino ad arrivare alle modifiche della riforma della mediazione. L’Unione nazionale delle camere civili ha concordato la necessità di una urgente riforma forense che, avversando aspetti di categoria, preveda quanto meno tre baluardi indispensabili a porre un freno alla disgregazione della professione legale. Ne discutiamo con Renzo Menoni. A cosa deve puntare la riforma forense? «Il riconoscimento da parte dello Stato di un Ordine professionale comporta che possano accedervi solo soggetti in possesso di specifici requisiti nonché, in certi casi, il diritto esclusivo di operare in specifiche materie, come ad
Sotto, Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili
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esempio la difesa in giudizio e le cure mediche. Tale riconoscimento normativo ha, quindi, solo indirettamente il fine di tutelare i soggetti che fanno parte di quell’Ordine, ma lo scopo primario è di tipo pubblicistico e cioè la tutela dei cittadini che, per quelle particolari attività hanno necessità di potersi rivolgere a soggetti riconosciuti come particolarmente affidabili dal punto di vista deontologico e particolarmente qualificati dal punto di vista tecnico. La bontà di una legge professionale la si deve misurare, quindi, sulla base di tale metro oggettivo, che è costituito dall’interesse del cittadino. Nel 1995 erano iscritti agli albi 83.000 avvocati, oggi siamo circa 250.000. In quindici anni il numero degli avvocati si è più che triplicato. È evidente che, come ha ricordato il primo presidente della Corte di Cassazione, in occasione dell’inaugurazione del corrente anno giudiziario, tale abnorme aumento è assolutamente insostenibile e comporta necessariamente uno scadimento qualitativo della categoria, con il rischio di gravi danni per il cliente». Come intervenire, dunque? «É ormai indilazionabile un urgente intervento legislativo e, lo scorso anno, l’avvocatura ha presentato un progetto unitario di riforma, condiviso da noi e da tutte le componenti istituzionali e associative. Tale progetto ha superato l’esame della commissione Giustizia del Senato ed è attualmente
Renzo Menoni
all’esame dell’aula. Si tratta di un progetto L’Unione nazionale delle Camere civili, notevolmente articolato, con oltre sessanta arcosì come tutta l’avvocatura, ha una ticoli. I punti più qualificanti sono quelli volti posizione fortemente critica in merito a garantire una maggior selezione e preparaalla normativa sulla mediazione, come zione dell’avvocato, nell’interesse, per l’appunto, del cittadino-cliente. In particolare è stata approvata nei decreti delegati sono previste norme più rigorose per l’accesso alla professione; l’introduzione delle specializzazioni, per dare una risposta maggiorquello di assicurare che mente qualificata nei la giustizia sia amminivari settori del diritto; strata in termini ragiouna deontologia più nevoli, come previsto severa e più uniforme dall’articolo 6 della su tutto il territorio Convenzione europea nazionale e una ridei diritti dell’uomo; serva di legge più ma tale sistema giudiestesa». ziario deve essere effetPerché questo tivamente amminiprogetto ha trovato strato e entro questi parecchi ostacoli termini ragionevoli il nelle sedi istituzioprocesso deve essere nali e politiche? concluso. Per quanto «L’avvocatura ha, stoconcerne più specificaricamente, sin dalla mente il processo cicostituzione del novile, che è quello che stro Stato unitario, riguarda più da vicino esercitato un ruolo ril’Unione nazionale levante sotto il profilo delle Camere civili, politico e sociale. Non questo deve essere amdeve quindi meraviministrato in tempi gliare l’attenzione a brevi, salvaguardando cui è sottoposto un però anche la qualità progetto di riforma del processo. Ed è per della professione foquesto che siamo decirense. Si aggiunga che, come già si è ricordato, normalmente samente contrari a qualsiasi ipotesi di soml’ordinamento forense funziona come modello anche per gli al- marizzazione del processo stesso, che significa tri ordinamenti professionali». una perdita di garanzie processuali per il citQuali sono i punti principali di un percorso riformatore tadino di far valere le proprie ragioni in giudell’intero sistema giustizia? dizio, senza, peraltro, neppure la concreta pro«Una riforma della giustizia deve avere, come fine, la miglior spettiva che i termini processuali si abbrevino tutela di tutti i cittadini e non deve rispondere a interessi par- veramente. Certo l’attuale durata dei giudizi è ticolari ma generali. Dovere del governo e del Parlamento è assolutamente inaccettabile e si trasforma,
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RIFORMA FORENSE
83 mila AVVOCATI
Era il numero degli iscritti all’albo nel 1993. Oggi sono 250.000
molto spesso, di fatto, in denegata giustizia». riforma della mediazione? Quali sono le vostre proposte? «I provvedimenti da attuare possono essere riassunti nei seguenti punti: la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con una più razionale distribuzione dei magistrati sul territorio; un richiamo di tutti i magistrati dispersi nei vari ministeri come esperti e consulenti, alla funzioni giurisdizionali che sono loro proprie; l’aumento, se del caso, dell’organico dei magistrati e copertura dei posti vacanti. A ciò andrebbe aggiunta la destinazione di maggiori risorse economiche alla Giustizia, in primo luogo per la copertura dei posti vacanti del personale ausiliario; la riforma del Csm e maggiore impulso ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati che non svolgono le loro funzioni con assiduità e diligenza; la rimozione di tutti i capi degli uffici giudiziari che non sono in grado di assicurare il corretto funzionamento degli uffici cui sono preposti; maggiore collaborazione fra avvocatura e magistratura, perché la giustizia è un “servizio” a favore della collettività che, per essere amministrato correttamente, ha necessità del contributo di entrambe le componenti». Qual è la vostra posizione in merito alla 162 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
«L’Unione nazionale delle Camere civili, così come tutta l’avvocatura, ha una posizione fortemente critica in merito alla normativa sulla mediazione, come è stata approvata nei decreti delegati. Tali decreti delegati hanno peraltro suscitato notevoli riserve nelle stesse commissioni Giustizia del Senato e della Camera, che hanno richiesto rilevanti modifiche e da parte della magistratura. Innanzitutto la legge è incostituzionale per eccesso di delega. La legge delega n.69/2009 non prevede infatti l’obbligatorietà del procedimento di mediazione. In secondo luogo tale procedimento si trasformerà, nella maggioranza dei casi, in un ulteriore allungamento dei tempi, in quanto prima di potersi rivolgere al giudice dovrà obbligatoriamente, in alcune materie, essere esperita tale procedura, e in un aggravio di costi per il cittadino. La normativa deve essere quindi necessariamente rivista e si deve abbandonare, da parte del Ministero, la strada dei provvedimenti estemporanei, per imboccare, una volta per tutte, quella dei provvedimenti organici di riforma, previo un approfondito confronto con l’avvocatura e la magistratura».
CRIMINALITÀ MINORILE
Il carcere minorile costringe ma non convince Trasformare le carceri minorili, anticamere della resa sociale, in luoghi di riscatto e formazione. Mettere in circolo saperi e attività per imparare a misurarsi con la legalità. Il punto dell’avvocato Mario Covelli Paola Maruzzi
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riminalità minorile e adolescenti disagiati: un’equazione speculare, una categoria sociale riconoscibile e facilmente condannabile. L’identikit dei piccoli teppisti rimbalza sempre più prepotentemente nelle pagine di cronaca. Sono giovanissimi e outsider, vivono nelle periferie. E, dato ancor più preoccupante, sono recidivi. Così la pena si aggrava e si protrae nel tempo, fino a un punto di non ritorno. Puntargli contro il dito della legge non basta. Non serve a nulla chiuderli in carcere e buttare la chiave. Bisogna, prima di tutto, andare alla radice e chiedersi: chi sono i cattivi maestri? La strada, il retroterra familiare, l’analfabetismo, l’etichetta sociale, la miopia delle istituzioni. Mario Covelli, avvocato ed esperto nella difesa dei minorenni, sul banco degli imputati mette anche il nostro sistema carcerario, che «costringe ma non convince». Quando, al contrario, bisognerebbe puntare sul sistema di recupero. In altre parole bisogna restituire a questi “ragazzacci” ciò di cui sono Nella pagina a fianco, stati privati: il diritto di sentirsi Mario Covelli, avvocato di Napoli parte della società. avvcovelli@libero.it 168 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Come si presenta il problema della criminalità minorile in Italia? «Rispetto agli altri paesi europei, vantiamo una delle percentuali più basse: ogni anno, su un campione di cento delitti, solo quattro sono perpetrati da minorenni. E mentre nel Mezzogiorno si tratta perlopiù di italiani, da Roma in su il primato spetta agli extracomunitari». Ammesso che sia possibile, come si “guarisce” dal crimine? «Con la prevenzione. Tanto per cominciare, sarebbe utile mettere in atto una decisa politica di controllo dei flussi migratori e, al tempo stesso, fare leva sull’integrazione dei regolari. Poi, soprattutto in alcune zone a rischio del Sud Italia, occorrerebbero interventi di sostegno, non solo di natura economica, ma anche sociale e culturale. Pensiamo, ad esempio, a quante famiglie abbandonano a loro stessi i figli, non preoccupandosi nemmeno di iscriverli alla scuola dell’obbligo. Una grave mancanza, che inevitabilmente si ripercuote sui giovani». La scuola, appunto, come nodo cruciale.
Il carcere
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Ogni adolescente cilmente spendibili sottratto ai banchi nel mondo del lavoro. Non è una della scuola è questione di classipotenzialmente smo, qui è in gioco il destinato a futuro dei giovani». commettere reati Come tutti i sistemi, anche quello o a essere di recupero ha le reclutato dalla sue falle. Quali criminalità sono le più gravi? organizzata «Non valorizzare a sufficienza il principio della rieducazione, cosa che invece accade in Spagna, dove i condannati sono obbligati a scontare, in centri chiusi, pene fatte su misura, riuscendo così a completare il percorso di studi o imparando a svolgere lavori di pubblica utilità. Il macrocosmo del carcere italiano costringe ma non convince: questo è il nostro limite. Paradossalmente il sistema giudiziario fa sì che il minore venga maggiorMario Covelli è specializzato nella difesa degli imputati minorenni. mente seguito durante la fase cautelare, cioè È stato Giudice Onorario presso il Tribunale di Napoli e Giudice di quando viene collocato in una comunità. Nel Pace per tre quadrienni con nomina dal 2002. momento in cui, però, la sentenza diviene irIn tale qualità, presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Marano di Napoli, revocabile e dunque entra in carcere, viene ha istituito, in collaborazione con il professore Bruno Schettini, della abbandonato a se stesso». Facoltà di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli, il In Italia il processo penale minorile è diservizio gratuito di Mediazione penale. Tale servizio riesce a conciliare oltre la metà dei processi. sciplinato dal D.P.R. 448/88, che risale a olÈ stato professore a contratto di Procedura Penale Minorile presso la tre vent’anni fa. Quanti e quali punti doFacoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cassino. Attualmente vrebbero essere svecchiati? ricopre il medesimo insegnamento presso la Seconda Università degli «Almeno due. Per prima cosa bisognerebbe Studi di Napoli. Ha insegnato per vari anni presso la Scuola di passare dall’ottica di protezione del minore Specializzazione per le Professioni Legali della Federico II e della Seconda Università degli Studi di Napoli. È il Presidente della Scuola nel processo al principio di responsabilizzaForense dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere. zione. Solo così il condannato viene portato a fare scelte consapevoli, che non riguardino solo la difesa, in senso stretto, nella vicenda in cui è coinvolto, ma la sua vita, il suo futuro, il suo relazionarsi verso la società. In secondo luogo, occorrerebbe inserire un percorso di mediazione, per ora in via sperimentale. La mediazione penale prevede il contatto diretto tra l’imputato e la vittima. In questo modo si favorisce una sorta di revisione critica, contribuendo così a prevenire la recidiva». Che ruolo occupa l’istituzione scolastica nel complesso discorso della prevenzione? «Indubbiamente un posto centrale in quanto canalizza le sinergie e gli attriti sociali, facendosi strumento d’inclusione. Ogni adolescente sottratto ai banchi della scuola è potenzialmente destinato a commettere reati o a essere reclutato dalla criminalità organizzata. La “strada” è una cattiva maestra, motivo per cui il Tribunale per i minorenni dovrebbe intervenire con più decisione per combattere l’analfabetismo, e le forme sotto cui si manifesta: l’evasione e l’abbandono scolastico. Mi piace immaginare una scuola che sappia guardare in faccia la marginalità, invece che nasconderla dietro un finto egualitarismo. A tal proposito, proprio per incoraggiare i soggetti difficili, potrebbe essere utile diversificare i percorsi formativi, magari affiancando le ore di studio ad attività di tipo pratico, fa-
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Dai processi alle conciliazioni
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LA GIUSTIZIA IN CAMPANIA
Il contributo dell’avvocatura alla regione Campania Campania. Troppo spesso vista come terra del malaffare e degli intoppi burocratici. Gli avvocati Antonio e Anita Salzano raccontano le peripezie a cui è costretta la giustizia per farsi valere Paola Maruzzi
«N
apoli periferia della legalità. Non è solo una questione di etica e senso civico. Clientelismi e malaffare soffocano lo sviluppo imprenditoriale e reiterano i vizi di un passato sempre attuale: oggi come gli anni Sessanta, la Campania galleggia sulle sue stesse fragilità economiche. Così le istituAntonio e Anita Salzano, zioni latitano e l’applicazione del diritto diavvocati in Napoli venta un optional». A colloquio con Anavv.antoniosalzano@libero.it tonio e Anita Salzano per capire dove sta andando la professione forense partenopea. Quali sono i fattori che, più di tutti, incidono negativamente sullo sviluppo imprenditoriale e industriale della Campania e che
influenza ha avuto negli anni la criminalità organizzata? ANTONIO SALZANO «Il nostro sviluppo imprenditoriale è legato a due compresenze: un certo tipo di classe politica e la criminalità organizzata. Insieme, nel corso del tempo, hanno rallentato lo sviluppo della regione, nonostante le sue indubbie potenzialità. Dal boom economico fino agli anni Ottanta, il clientelismo politico ha forgiato una burocrazia e una classe dirigente di bassissimo profilo. Il bene pubblico è stato sacrificato a vantaggio esclusivo dell’interesse dei singoli o di piccoli gruppi di potere. Un esempio su tutti: proprio in questi giorni la sanità ragionale, che pur annovera delle eccellenze, ha dato prova delle sue “virtù”, finendo tra le quattro aziende ospedaliere peggiori d’Italia in tema di bilancio». In quali ambiti si avverte maggiormente il “vuoto” dello Stato e in che senso questa lacuna ha dato man forte alla criminalità organizzata?
c Francesco Begonja
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L’avvocatura non deve sostituire la politica, ma in sua assenza potrebbe fornire un valido contributo all’analisi dell’illegalità e contribuire alla creazione di rimedi adatti
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Antonio e Anita Salzano
ANITA SALZANO «Lo Stato, a prescindere dall’alternarsi dei governi, ha sempre tergiversato su un intervento decisivo contro la criminalità. Le risorse economiche destinate allo sviluppo produttivo hanno provocato solo la nascita di “cattedrali nel deserto”, che hanno inutilmente smembrato paesaggi splendidi e realtà rurali. L’agricoltura ha ceduto il passo a un sogno industriale rimasto incompiuto. I terreni incolti sono stati facile preda dell’accordo tra criminalità e politica, dando adito a spietate forme di speculazioni edilizie e urbane. È dovuta scoppiare l’emergenza rifiuti perché qualcosa si muovesse, anche se rimangono alcune perplessità: la raccolta differenziata è avviata, ma i controlli sono assolutamente inesistenti. Napoli è ferma al palo. E l’emergenza rifiuti esiste ancora, soprattutto nelle periferie». In un simile contesto “melmoso” che ruolo gioca l’attività forense? ANTONIO SALZANO «La classe forense conosce i fenomeni sociali in modo approfondito. Con questo l’avvocatura non deve sostituire la politica, ma in sua assenza potrebbe fornire un valido contributo all’analisi dell’illegalità e contribuire
alla creazione di rimedi adatti. È indispensabile che le istituzioni centrali, nonché quelle locali e la magistratura agiscano in maniera simbiotica». Quali sono gli interventi che auspica maggiormente? ANITA SALZANO «A parte l’impegno della classe forense, non deve passare in secondo piano la formazione dei giovani. Le università campane potrebbero essere ricettacolo di figure libere da “legami contrattuali”. Coloro che si avviano alla pratica forense potrebbero, ad esempio, fare degli stage nella pubblica amministrazione. Questo permetterebbe alle dirigenze locali di sentirsi maggiormente coinvolte e controllate all’adempimento dei loro doveri istituzionali e favorire l’inserimento nel modo lavorativo di figure altamente qualificate. La formazione non solo è un elemento indispensabile alla crescita locale ma è un passaggio imprescindibile se vogliamo seguire gli standard europei». Quali difficoltà incontra nella sua professione relativamente alla presenza diffusa, sul territorio, di attori appartenenti alla criminalità organizzata? ANTONIO SALZANO «La difficoltà principale è la normalizzazione della malavita. Il fenomeno criminale è ingiustamente relegato ad alcuni stereotipi, come il narcotraffico e le estorsioni. In realtà questi sono solo la punta dell’iceberg. Nelle stesse istituzioni statali c’è un mondo sommerso e illecito che impedisce al diritto di venire a galla. E gli avvocati, paradossalmente, trovano resistenze proprio laddove dovrebbero essere agevolati. Nonostante questo l’avvocatura continua a partorire figure che hanno scritto pagine storiche di notevole importanza. Come dimenticare Enrico De Nicola e Giovanni Leone, che primi fra tutti sono riusciti a raggiungere lo scranno più alto della presidenza della Repubblica». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 171
IL PROCESSO AMMINISTRATIVO
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l nuovo codice del processo amministrativo, che è entrato in vigore il 16 settembre, ridisegna le regole dei giudizi che si svolgono davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato. In molte parti il codice completa il percorso di adeguamento alle regole del processo civile come ad esempio in relazione alla disciplina delle prove e alla disciplina delle spese. Alcune novità relative a particolari processi sono state anticipate da recenti provvedimenti legislativi e sono stati confermati dal codice amministrativo riferito alle regole speciali del processo sugli appalti già previste dal decreto legislativo 53/2010. Sul piano della gestione del processo, sia per la parte privata sia per l’amministrazione, un particolare rilievo assume la disciplina delle spese di soccombenza. Il decreto prevede che, quando emette una decisione, il giudice deve provvedere anche sulle spese di giudizio secondo quanto previsto dal codice di procedura civile. In sostanza si passa da una prassi in cui non era insolita la cosiddetta compensazione delle spese (ogni parte pagava il compenso del suo avvocato) alla introduzione di un regime in cui la regola è esattamente l’opposto, e cioè che chi perde (privato o amministrazione che sia) paga le spese legali sostenute dalla controparte. Il richiamo all’articolo 91 del codice di procedura civile, inserito all’art. 26, significa anche che le spese potranno essere accollate tenendo conto dell’ingiustificato rifiuto a una soluzione bonaria. Anzi, può essere condannato alle spese chi vince la causa, ma nei limiti di una proposta transattiva formulata da controparte e rifiutata senza motivo. Inoltre il codice prevede che il giudice, nel pronunciare sulle spese, può anche condannare, anche d’ufficio (e quindi senza richiesta), la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativa-
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Chi perde paga anche al Tar Tra le novità del nuovo codice del processo amministrativo un particolare rilievo assume la disciplina delle spese di soccombenza. Dal 16 settembre, infatti, chi perderà la causa dovrà pagare le spese legali sostenute dalla controparte di Pasquale Marotta
mente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati. Questo vale sia per il privato che fa un ricorso temerario, sia per l’amministrazione che resiste in giudizio senza ricorrere all’autotutela. Analizzando poi gli altri punti salienti del codice, in attuazione della delega (articolo 44 della legge n. 69 del 2009), si introduce il principio della pluralità delle azioni: si abbandona quindi lo schema classico dell’azione solo per l’annullamento di un atto, inserendo le azioni di condanna, al fine di garantire ogni più ampia possibilità di tutela, compresa quella risarcitoria anche per le posizioni giuridiche (interessi legittimi in particolare) devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Il processo viene sostanzialmente allineato al processo civile, inserendo tutti i mezzi di prova utilizzabili: prove testimoniali e consulenze tecniche d’ufficio. Il codice recepisce, poi, la disciplina del trasferimento del giudizio (cosiddetta translatio judicii) introdotta dalla legge n.69 del 2009 così da rendere comunicabili le diverse giurisdizioni, amministrativa e ordinaria. Il codice prende posizione sulla cosiddetta pregiudiziale
Il nuovo codice
amministrativa, cioè se si possa chiedere il risarcimento dei danni autonomamente rispetto alla richiesta di annullamento degli atti che hanno causato il danno. Sulla materia ci sono state sentenze contrastanti con una presa di posizione del giudice amministrativo sfavorevole all’autonomia dell’azione risarcitoria (e quindi si può chiedere il risarcimento solo se è stato impugnato l’atto nel termine di 60 giorni, altrimenti si è decaduti) e una diversa opinione della Cassazione. Il codice sceglie l’autonoma esperibilità della tutela risarcitoria per la lesione delle posizioni di interesse legittimo e prevede per l’esercizio di tale azione un termine di decadenza di quattro mesi. Insomma davanti al giudice amministrativo il codice indica una terza via, come spiega la relazione, sul presupposto che la previsione di termini decadenziali non è estranea alla tutela risarcitoria (e quindi si possono prevedere senza limitarsi alla previsione del termine quinquennale di prescrizione). L’esigenza del termine di decadenza è dell’amministrazione, che deve sapere se per un proprio atto è chiamata a effettuare risarcimenti senza dover aspettare anni e anni. Il codice
L’avvocato Pasquale Marotta, patrocinante tiene conto delle esigenze in Cassazione ed altre Corti Superiori, dell’amministrazione, in specializzato in diritto amministrativo e in diritto degli enti locali presso quanto afferma l’applicazione l’Università Federico II di Napoli, di principi analoghi a quelli nel suo studio legale di Caserta espressi dall’art. 1227 del coavv.pasqualemarotta@libero.it dice civile per quanto riguarda i danni che avrebbero potuto essere evitati mediante il tempestivo esperimento dell’azione di annullamento. In sostanza se il privato non chiede l’annullamento dell’atto potrà sempre chiedere il risarcimento danno con un’azione autonoma, ma da esperire entro un termine di decadenza; tuttavia il fatto di non avere presentato un ricorso per l’annullamento dell’atto non è senza conseguenze, in quanto il giudice potrà decurtare il risarcimento in ragione del fatto che il privato avrebbe potuto evitare un incremento del danno se avesse diligentemente esperito l’azione di annullamento. Anche le impugnazioni sono state adeguate a quelle previste dal codice di procedura civile: è stata per la prima volta prevista una disciplina positiva del rimedio dell’opposizione di terzo nel processo amministrativo, introdotto da una sentenza della Corte costituzionale.
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IPOTECA IMMOBILIARE
I limiti di valore dell’ipoteca immobiliare Avvocato Armando Rossi
L
o scorso febbraio vi è stato un intervento piuttosto significativo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in materia di riscossione coattiva dei crediti dello Stato. Con la sentenza del 22 febbraio 2010 n. 4077, il massimo Consesso dei giudici supremi, ha statuito che l’istituto del diritto reale di garanzia finalizzato al soddisfacimento delle ragioni creditorie, e cioè l’ipoteca immobiliare, avendo in tale ambito natura esclusiva di atto preliminare all’esecuzione immobiliare, è assoggettata agli stessi limiti di valore, pari 8 mila euro, L’avvocato Armando Rossi nel suo studio di Napoli. previsti per l’instauraLo studio legale Rossi offre assistenza legale, giudiziale e stragiudiziale, in tutti zione di detto procei settori del diritto civile e penale dimento. www.studioavvocatorossi.it L’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite si presenta in modo flagrante in contrasto con
la tesi, fino ad oggi adottata, da alcune Sezioni semplici della Cassazione e, fatta propria, dall’ente creditore/impositore che a suo vantaggio considerava l’iscrizione ipotecaria legittima, in virtù di un’interpretazione letterale degli articoli 76, “Espropriazione immobiliare” e 77, “Iscrizione di ipoteca”, del D.P.R. n. 602/73 che contemplano un importo minimo di 8 mila euro. Secondo l’ente impositore quest’ultima somma, infatti, sarebbe stata vincolante per incardinare esclusivamente un procedimento di esecuzione immobiliare e non per accendere un’ipoteca immobiliare per la quale, appunto, non sarebbe richiesto alcun importo minimo legittimante. Le Sezioni Unite, con la pronuncia in commento, respingendo l’interpretazione letterale degli enti riscossori, hanno sancito, per converso, il seguente principio: è da considerarsi illegittima in materia di riscossione coattiva un’iscrizione ipotecaria su beni immobili nel caso in cui l’importo del credito iscritto nel ruolo di riscossione sia inferiore a 8 mila euro. L’ipoteca, infatti,
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In materia di riscossione coattiva è da considerarsi illegittima un’iscrizione ipotecaria su beni immobili nel caso in cui l’importo del credito iscritto nel ruolo di riscossione sia inferiore a 8 mila euro
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Armando Rossi
hanno ribadito gli Ermellini, è un atto esclusivamente prodromico e funzionale alla tutela del credito da soddisfare e non può essere, quindi, concepita a prescindere dalla fase espropriativa immobiliare, per la quale è richiesto un ammontare minimo per cui si procede di 8 mila euro: “l’ipoteca immobiliare presenta, nella materia della riscossione, una connessione teleologica esclusiva e connaturata alla procedura espropriativa immobiliare”. Ma vi è di più. Sulla base di tale statuizione è facile asserire che le Sezioni Unite abbiano posto fine anche ad una querelle sorta tra le varie giurisdizioni di merito circa la natura dell’ipoteca immobiliare: queste ultime, infatti, da più parti avevano propeso, nelle loro pronunce per una impostazione “fiscale” dell’iscrizione ipotecaria quale misura coercitiva autonoma e indipendente rispetto al procedimento esecutivo. Si badi, inoltre, che un punto a favore alla teoria degli enti riscossori, era stato segnato poco tempo fa, allorquando, il Legislatore, nel riformare l’articolo 19 del D.Lgs. n. 546/1992, aveva sancito la competenza delle Commissioni Tributarie in materia di impugnazioni delle ipoteche di cui all’art. 77 del D.P.R 602/73; in altri termini il Legislatore nel novellare il D.Lgs. n. 546/1992, aveva indirettamente escluso la natura esecutiva del diritto reale di garanzia per cui è causa. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 4077 se da un lato ha chiarito tutte le precedenti questioni, smentendo anche la natura fiscale dell’ipoteca, dall’altro ha perso, tuttavia, un’ottima occasione per sciogliere alcuni nodi giuridici che af-
fliggono, ancora oggi, la materia di cui si discute. Sarebbe stato auspicabile, infatti, che le Sezioni Unite della Cassazione, approfittando della pronuncia n. 4077, determinassero in seno ad essa anche la natura delle ipoteche iscritte per importi inferiori a 8 mila euro; in quanto tempo si debba procedere alla cancellazione di dette ipoteche immobiliari e chi debba sobbarcarsi delle spese per tale ultimo adempimento; la sorte del pignoramento immobiliare effettuato su di un bene su cui sia stata iscritta ipoteca per un credito inferiore agli 8 mila euro. Per quanto riguarda la definizione dei precedenti punti non resta, quindi, che affidarsi alla prassi applicativa e al buon senso degli operatori del diritto, onde evitare che essi, trasformandosi in cause o accertamenti incidentali, appesantiscano ulteriormente la macchina giudiziaria, con conseguente pregiudizio a danno della collettività dei cittadini speranzosi di un ordinamento giuridico quanto più possibile vicino alle loro aspettative di aequitas. CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 179
SALVAGUARDARE IL TERRITORIO
Impatto ambientale Valutazioni Scopriamo l’importanza della valutazione di impatto ambientale per le imprese che intendono aprire o gestire un cantiere. La non facile condizione dei nostri territori, non lascia spazio alla superficialità. L’analisi di Pietro Romano Ezio Petrillo
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vantaggi di un'organizzazione d'impresa che sintetizzi in uno studio di impatto ambientale le conseguenze dell'apertura e della gestione di un cantiere, oltre ad offrire indiscutibili benefici in termini di efficienza e, perciò, di competitività, è, oggi, foriera di ripercussioni positive anche in tema di appalti. Ne discutiamo con l’avvocato Pietro Romano. Come viene eseguita la valutazione di impatto ambientale? «Il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha la sua disciplina negli articoli che vanno dal 23 al 34 del titolo III, capo I del D. Lgs. 152/2006. Tale procedura assolve alla funzione di assicurare che, nei processi decisionali, circa la realizzazione di progetti specificamente individuati dalla legge, siano tutelate le esigenze di salute e di qualità della vita dei soggetti interessati, in ragione degli effetti diretti e indiretti del progetto da realizzare sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee. La valutazione di impatto ambientale compete, per i progetti di opere e interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali». Quali sono i punti chiave dello studio di impatto ambientale?
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«Lo “studio di impatto ambientale”, L’avvocato Pietro Romano predisposto a cura e spese del com- nel suo studio di Caserta mittente o proponente, deve conte- romepeter@hotmail.com nere diversi punti. Una descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione e alle sue dimensioni e una descrizione veritiera dei luoghi ove allocare l'opera. A ciò vanno aggiunte: una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli effetti negativi rilevanti; i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio; una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, ivi compresa la cosiddetta “opzione zero”, con indicazione
Lo studio di impatto ambientale
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Il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha la sua disciplina negli articoli che vanno dal 23 al 34 del titolo III, capo I del D. Lgs. 152/2006
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delle principali ragioni della scelta, e infine una valutazione del rapporto costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale». Quali sono le norme più recenti che tutelano l’ambiente durante le attività dei cantieri edili? «Non esistono delle norme specifiche che tutelino l'ambiente dall'impatto della costruzione e della gestione di un cantiere edile. Inoltre non sussiste l'obbligo di assoggettamento a valutazione di impatto della fase di cantierizzazione dell'opera edilizia. Eppure, tali cantieri, anche quando riguardano opere di modeste dimensioni, hanno quasi sempre un impatto significativo sul territorio. Si pensi, ad esempio, alla fase di scavo per la costruzione di un semplice complesso edilizio ad uso residenziale, che richiede l'uso di una perforatrice, di una miscelatrice, di una pompa per fanghi, di una pala gommata o cingolata e di un autocarro: è evidente che l'uso contemporaneo di siffatti strumenti ha un valore impattante sull'insediamento antropologico, faunistico e, in alcuni casi, anche paesaggistico-culturale del luogo decisamente più invasivo del manufatto finale». Cosa è cambiato negli anni, rispetto a una
maggiore sensibilità dei progettisti nei confronti della tutela ambientale? «Le motivazioni di una maggiore sensibilità ambientale sono in parte culturali, in parte speculative. Le imprese, anche con attività maggiormente impattanti, hanno compreso che la trasformazione del territorio deve avvenire nel rispetto degli insediamenti antropologici, della fauna, della flora, del suolo, e del patrimonio culturale del luogo in cui operano, pena, un irrimediabile impoverimento di quest'ultimo, con nefaste conseguenze anche in termini di sopravvivenza delle stesse imprese. Insomma, il principio dello “sviluppo sostenibile” è, oggi, meno astratto rispetto alle sue prime affermazioni». Per il futuro, a suo avviso, quali sono i passi da compiere a livello legislativo per una maggiore tutela ambientale? «Più che a livello legislativo, gli interventi devono essere tesi a rendere sicura, certa nella fase applicativa la legge già esistente. Si deve preparare una nuova classe dirigente che conosca effettivamente la normativa di settore. Purtroppo sino a quando le cariche dirigenziali degli Enti preposti alla tutela ambientale saranno ricoperte da ex funzionari, privi delle competenze anche minime per operare nel settore, avremo sempre un sistema improntato al clientelismo, con una ricaduta negativa in termini di crescita della “sana” impresa del settore». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 181
DIRITTO SOCIETARIO
Una corretta gestione delle integrazioni societarie Attraverso il processo di integrazione societaria l’obiettivo ultimo che si intende perseguire è rappresentato dal consolidamento e dall’accrescimento delle condizioni prospettiche di equilibrio economico della gestione. Il professor Luigi Arturo Bianchi illustra le linee guida Nicolò Mulas Marcello
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Sotto Luigi Arturo Bianchi, professore ordinario di Diritto commerciale presso l'Università Bocconi di Milano e partner dello studio legale d'Urso Gatti e associati
ttivare un processo di fusione o acquisizione, quindi di integrazione di una società, rappresenta una delle modalità per sviluppare un vantaggio competitivo sul mercato. L’impresa che risulta dalla fusione è un’entità economica diversa rispetto a quella delle imprese da cui viene generata e, comunque, non equiparabile alla semplice sommatoria delle singole componenti. Infatti, l’integrazione economica porta, in tempi non brevi, a un organismo del tutto nuovo, differente per identità giuridica, per organi direttivi e per strutture organizzative. Una fusione validamente progettata dovrebbe di regola far conseguire un beneficio economico, determinato dalla creazione di un sistema produttivo che ha un valore economico superiore alla somma dei valori economici assegnabili alle due o più aziende partecipanti, se restassero sistemi indipendenti. Per affrontare questo tipo di operazioni occorre valutare attentamente molti fattori che potrebbero rivelarsi rischi. «Nell’acquisizione – sottolinea Luigi Arturo Bianchi, docente all’università Bocconi e partner dello studio legale d'Urso Gatti e associati – la fase più delicata dal lato del compratore è soprattutto quella della due diligence, ossia dell’attività dalla quale poi pos-
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sono derivare richieste di una serie di cautele di tipo negoziale, soprattutto in termini di garanzie e di meccanismi di revisione del prezzo» Quali sono i fattori che una società deve tenere sotto controllo prima di effettuare questo tipo di operazione e quali sono le valutazioni necessarie? «Nella mia esperienza di professionista e componente di consigli di amministrazione di società quotate, il fattore vincente delle integrazioni è dato dalla possibilità di realizzare effettivamente le sinergie soprattutto di costo e conseguentemente di incremento della redditività, che sono all’origine delle operazioni di m&a. Ad esempio la fusione tra Intesa e San Paolo è, da questo punto di vista, un’operazione di successo perché ha consentito dei risparmi di costi molto significativi e in tempi brevi. In campo bancario ci sono state invece fusioni in cui vi sono state sovrapposizioni di attività che non sono state risolte, problematiche legate all’utilizzo di diversi sistemi informatici, esubero di personale e non chiara segmentazione dei mercati, oltre alle rivalità personali tra i manager. Questi nella mia esperienza sono i fattori più critici delle integrazioni». Dal punto di vista giuridico il panorama normativo offre uno scenario chiaro per affrontare questo percorso o ci sono lacune? Come si potrebbe migliorare o ren-
Luigi Arturo Bianchi
dere più snello l’iter di fusione? «Con la riforma del 2003 si è verificata una significativa apertura alle operazioni di acquisizione grazie al riconoscimento della legittimità del leveraged buy out, del quale il mercato ha fatto un ampio e talvolta non sempre oculato uso, specie nelle operazioni dei fondi di private equity. D’altra parte, i principi contabili internazionali per le società quotate, da una parte hanno favorito le acquisizioni e le fusioni, dall’altra, a seguito della crisi, creano oggi problemi delicati alle società, soprattutto nella contabilizzazione degli avviamenti. Infatti, gli avviamenti e gli altri valori “intangibili” devono formare oggetto dell’impairment test, il che impone spesso una pesante svalutazione del loro valore. Quali sono i passi attraverso i quali il legale accompagna l’azienda nel percorso di fusione e acquisizione? «Nell’acquisizione la fase più delicata dal lato del compratore è soprattutto quella della due diligence, ossia dell’attività dalla quale poi
Nel caso di fusioni che riguardano il risparmio gestito e quindi reti di distribuzione, è molto importante cautelarsi rispetto al rischio di perdita di clientela e di avviamento
possono derivare richieste di una serie di cautele di tipo negoziale, soprattutto in termini di garanzie e di meccanismi di revisione del prezzo. E ovviamente la fase più significativa è quella della negoziazione delle condizioni delle operazioni. Il mio suggerimento è quello di stabilire i criteri di valutazione del prezzo ai fini soprattutto della sua revisione in maniera il più possibile precisa. Ad esempio, come si stabilisce la posizione finanziaria netta perché su questo si possono innescare delle liti giudiziarie o arbitrali». Quali sono i rischi nei quali una società CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 185
DIRITTO SOCIETARIO
Vanno valutati bene i rischi di sovrapposizione di attività, e le problematiche derivate dalla gestione di piattaforme informatiche che oggi rappresentano un tema molto importante
può incorrere attraverso un’operazione di questo tipo? «Dipende sicuramente dal settore. Ad esempio, per parlare di operazioni attuali, nel caso di fusioni che riguardano il risparmio gestito e quindi reti di distribuzione, è molto importante cautelarsi rispetto al rischio di perdita di clientela e di avviamento. Se prendiamo un’altra tipologia di operazioni, quelle di acquisizione di imprese industriali, occorre grande attenzione soprattutto in fase di dili186 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
gence per valutare i rischi di contestazioni in materia ambientale». Spesso si sottovalutano le conseguenze gestionali e organizzative che derivano da una fusione societaria. Dalla sua esperienza cosa si sente di consigliare agli imprenditori che vogliono affrontare questo tipo di percorso? «Si tratta soprattutto di valutare se in alternativa a acquisizioni o fusioni, possa esservi la creazione di legami di tipo commerciale che sono meno impegnativi ma che possono dare lo stesso buoni risultati. Quindi occorre valutare bene il trade off tra i costi e le complicazioni di un’integrazione societaria rispetto ai vantaggi che ci possono essere creando dei legami di tipo commerciale, mantenendo in tal modo l’autonomia legale e operativa tra i due soggetti. In generale vanno valutati bene i rischi di sovrapposizione di attività, e le problematiche derivate dalla gestione di piattaforme informatiche che oggi rappresentano un tema molto importante anche dal punto di vista dei costi di implementazione».
SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Sicurezza in azienda il paradosso normativo L’ordinamento in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro presenta non poche criticità. Nelle aziende di grandi dimensioni, è possibile una delega di responsabilità dal datore di lavoro ad altro soggetto designato. Il punto di Raffaele Miele Alice de Carolis
«O
ggi quello della normativa speciale in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro è uno dei rami del diritto penale che maggiormente suscita problemi interpretativi e, quindi, giudiziari» afferma l’avvocato Raffaele Miele. «Il complesso sistema di sanzioni penali in materia, infatti, ha suscitato sovente interpretazioni differenti da parte della giurisprudenza di merito». Il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro comprende l’insieme di norme contenute nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che ha riformato, riunito e armonizzato, abrogandole in parte, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, al fine di adeguare le direttive della legge all’evolversi del sistema lavoro italiano. Il D.lgs 81/2008 è stato successivamente rimaneggiato, con le disposizioni integrative del D.lgs. n. 106 del 3 agosto 2009. Un cosiddetto “decreto correttivo” le cui norme sono entrate in vigore il 20 agosto 2009. Che impatto ha avuto, e ha tuttora, la normativa sulle imprese? «L’adeguamento alle norme implica complessi problemi organizzativi per le aziende, pubbliche e private, specie quelle di grandi dimensioni, con molti dipendenti o con accesso di pubblico nei locali. L’ordinamento persegue l’esigenza primaria di prevenzione della 188 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
salute dei lavoratori, e dei cittadini in generale, attraverso un complicato intreccio fra normative nazionali, con innumerevoli modifiche e integrazioni, e svariate disposizioni regionali che regolano specifici settori, non escluse le com- L’avvocato Raffaele Miele petenze dei sindaci in materia di Sa- nel suo studio di Napoli info@studiolegalemiele.it nità, basti pensare al regime delle autorizzazioni sanitarie». La complessità dell’ordinamento causa dunque incertezze e disagi? «La normativa vigente in materia di sanità e sicurezza sul lavoro è costellata di incertezze interpretative, sia per coloro che devono fare applicare le norme sia per chi deve rispettarle. Il paradosso è che le norme spesso non perseguono la richiesta esigenza di prevenzione, come purtroppo dimostrano i troppi infortuni sul lavoro, mentre abbondano le interpretazioni formalistiche che finiscono per diventare inutilmente vessatorie per i datori di lavoro, senza che a ciò corrisponda un effettivo beneficio per il lavoratore». A cosa si riferisce nello specifico? «I limiti e gli obblighi imposti in materia di delega di funzioni finiscono per determinare il paradosso che, nelle grandi aziende così come negli enti pubblici, l’amministratore delegato o il direttore generale, il “datore di lavoro” secondo la dizione usata dal legislatore, pur non avendo alcun contatto diretto con la realtà lavorativa di ogni singolo stabilimento o ufficio appartenente
Normative
all’azienda, non può tuttavia quasi mai rite- volte precisate dalla giurisprudenza della Sunersi esonerato dalle responsabilità derivanti prema Corte: specificità dell’indicazione del dalla mancata applicazione della normativa in soggetto delegato, effettiva attribuzione al demateria di sicurezza sul lavoro. Per fare fronte legato dei poteri di decisione e di intervento, a tale evidente discrasia si ricorre al sistema anche di spesa, necessari per esercitare le mandella cosiddetta desioni delegate; idolega di responsabineità tecnico-profesIl paradosso è che vi sono sionale del delegato; lità, ovvero il trasferimento della molti obblighi inutili per il accettazione della posizione di garanzia in forma datore di lavoro e poca delega dal soggetto indicato scritta; assenza di effettiva prevenzione per il concreta ingerenza dalla legge, appunto il “datore di lavoro”, lavoratore, come purtroppo del delegante nelle ad altro soggetto sedimostrano i troppi infortuni mansioni delegate. condo ben precisi e Al di là dei presupindividuati requisiti posti di validità formali e sostanziali. È accertato infatti che della delega, resta poi l’obbligo per il delenelle aziende di grandi dimensioni e in quelle gante, di vigilare e controllare che il delegato pubbliche il D. Lgs. 81/08, autorizza la possi- espleti le funzioni trasferite con la delega in osbilità, per i dirigenti, con autonomia gestionale sequio alla normativa vigente, come specificaed economica, di ricoprire la posizione di ga- mente previsto dalla citata norma. Inoltre, ranzia in luogo dei dirigenti apicali origina- stando al disposto del successivo articolo 17, il riamente individuati dalla legge». datore di lavoro non può delegare i compiti Quali criticità comporta la delega di re- relativi all’effettuazione della valutazione del sponsabilità? rischio, all’elaborazione del conseguente do«Per le aziende sussiste la difficoltà di appron- cumento, all’autocertificazione e alla nomina tare delle deleghe che rispondano ai requisiti del responsabile del servizio di prevenzione e previsti dall’art. 16 del D. Lgs. 81/08 e più protezione».
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CORRIDOIO VIII
Il corridoio paneuropeo arriva a Napoli Il prolungamento fino a Napoli del corridoio paneuropeo, grazie all’Alta velocità, ne aumenta la strategicità per il Mezzogiorno d’Italia. Lo stato dei lavori del Corridoio VIII illustrato dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli Francesca Druidi
Sotto, il ministro Altero Matteoli con Antonio Tajani
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ino al 2003, il Corridoio VIII era un asse paneuropeo destinato a collegare Durazzo con Varna, attraversando tre Paesi all’epoca non comunitari come l’Albania, la Macedonia e la Bulgaria. Nel 2003 e nel 2004, il governo Berlusconi ha lavorato affinché il Corridoio fosse prolungato fino a Bari e inserito tra le opere delle reti Ten-T, ma proprio perché l’asse attraversava nazioni non comunitarie non fu possibile includere il Corridoio VIII tra i trenta progetti prioritari. L’anno successivo,
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nel 2005, la vice presidente della Commissione Loyola De Palacio, su proposta avanzata dall’Italia durante il semestre di presidenza dell’Unione europea, inserì il Corridoio tra gli interventi essenziali per il processo di integrazione con l’area orientale dell’Ue. «Con questi passaggi si vuole ribadire che l’Italia ha creduto da sempre in tale asse – chiarisce il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli – e quando nel 2008 ho proposto nel Consiglio dei ministri dei Trasporti della Unione europea la rivisitazione delle reti Ten-T, uno degli obiettivi era proprio quello di dare al Corridoio VIII il giusto riconoscimento strategico». Il processo di rivisitazione delle reti Ten-T è stato accettato dall’Unione europea. «Sì, ci sono già state due conferenze istituzionali: la prima, a Napoli, il 21 e 22 ottobre dello scorso anno e la seconda a Saragozza nel giugno scorso. Finalmente, siamo riusciti a proporre e a ottenere un pieno consenso, da parte della Commissione europea, sul prolungamento fino a Napoli del Corridoio VIII. Questo allungamento rafforza la strategicità dell’asse ferroviario NapoliBari, un asse ferroviario che, a
Altero Matteoli
pieno titolo, fa parte della Legge Obiettivo». I tempi di realizzazione delle opere previste lungo l’asse del Corridoio VIII si prevedono lunghi e nella maggior parte dei casi si è ancora alla fase degli studi di fattibilità. È possibile dare delle scadenze? «Le opere previste in Italia sono quelle relative all’asse ferroviario Napoli-Bari, alla piastra logistica del porto di Taranto, al completamento dell’asse ferroviario Bari-Taranto e a una serie di interventi nel porto di Brindisi e di Bari. Per quanto concerne l’asse ferroviario, è in corso di redazione il progetto definitivo ed è già previsto un apposito stanziamento per l’avvio di un primo lotto funzionale. Non siamo più, quindi, nella fase degli studi, ma, invece, in quella che ci porterà al Cipe entro l’anno. Le altre opere sono o in fase di realiz-
zazione come la Bari-Taranto o di prossimo avvio». Guardando allo stato dei lavori negli altri paesi europei coinvolti, qual è la situazione? «Le opere in Albania sono già state avviate nel porto di Durazzo, su un asse di collegamento tre il porto e Tirana, mentre sono in corso di definizione i progetti delle infrastrutture che collegano Tirana con il confine Macedone. Altrettanto sta avvenendo in Bulgaria sia su due porti del Mar Nero, sia su delle piastre logistiche. Tornando alle scadenze temporali, penso sia però utile conoscere prima la dimensione delle opere che oggi caratterizzano il Corridoio il quale, compreso il prolungamento fino a Napoli, include 960 km di strade e 1670 km di rete ferroviaria, sei porti direttamente interessati, Durazzo, Burgas, Varna, Bari, Taranto, Brindisi,
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Per quanto concerne l’asse ferroviario è in corso di redazione il progetto definitivo
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e diversi interessati di riflesso come Valona e Costanza, aeroporti internazionali come Sofia, Tirana e Skopie. Senza dubbio, entro il prossimo quinquennio potremo raggiungere, se l’Unione europea garantirà un adeguato contributo, soprattutto per gli interventi ubicati fuori dal territorio italiano, un avanzamento di circa il 60% dell’intero gruppo degli interventi». Cosa ha generato il ritardo nell’esame da parte del Cipe del progetto relativo all’Alta Capacità ferroviaria NapoliBari? E quali i tempi di approvazione dello stesso? «Entro l’anno porteremo all’esame del Cipe due tratte: la Napoli-Cancello per un im-
Sopra, un momento della Conferenza ministeriale TEN-T Days 2009 tenutasi a Napoli il 21 e il 22 ottobre 2009
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CORRIDOIO VIII
›› porto di 815 milioni di euro e la Cancello-Grasso-Telesino, per un importo di 730 milioni di euro. A questo punto, ritengo sia inutile parlare della motivazione dei ritardi, perché dal maggio 2008 a oggi siamo passati dalla fase degli studi di fattibilità a un progetto da sottoporre al Cipe». A fine aprile, ha firmato un memorandum di intesa sul Corridoio VIII alla presenza del premier albanese Sali Berisha e dei suoi colleghi Sokol Olldashi per l’Albania, Mile Janakieski per la Macedonia e Aleksander Tsvetkov per la Bulgaria. Quali passi sono stati compiuti? «Nell’incontro di Tirana dell’aprile scorso, il presidente Berisha e i colleghi albanese, macedone e bulgaro hanno condiviso pienamente l’iniziativa italiana di rivisitazione delle reti Ten-T e mi hanno chiesto di informare il Commissario comunitario ai trasporti Kallas dell’esigenza di dare adeguata struttura al Corridoio VIII, anche attraverso l’identificazione di un coordinatore. Durante la Conferenza di Saragozza ho informato dei risultati dell’incontro di Tirana, ribadendo l’importanza del Corridoio come asse fondamentale nei collegamenti tra il Mar Nero e il Mar Mediterraneo. In questi mesi di lavoro la Commissione ha già prodotto un preciso cronoprogramma, 198 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
che ci porterà entro la fine di questo anno all’identificazione della “rete” infrastrutturale dell’intero sistema comunitario. Una rete in cui il Corridoio VIII, intersecando il corridoio X (Salisburgo-BudapestSalonicco), il corridoio IV (Salonicco-Istanbul-CostanzaBudapest-Praga-Berlino) e il corridoio IX (AlessandropoliBucarest-Kiev), diventa la spina dorsale del sistema euromediterraneo. Fino a ottobre dello scorso anno, precisamente alla Conferenza di Napoli, tutto questo era solo ipotesi programmatica». Il Corridoio potrebbe inoltre svolgere un ruolo strategico non solo a livello regionale come via di comunicazione interna tra i mercati dei paesi balcanici, ma assumere una più ampia
dimensione europea mettendo in relazione i Paesi dell’Adriatico Orientale e del Mediterraneo con quelli che si affacciano sul Mar Nero. Quale sarà il ruolo dell’Italia in questo contesto? «Il ruolo dell’Italia lo abbiamo dimostrato proprio in questi ultimi due anni: siamo il paese catalizzatore di un processo progettuale che non solo, come dicevo prima, consente l’interazione tra due bacini economici sempre più in crescita come il Mar Nero e il Mar Mediterraneo, ma motiva la rilevanza sovranazionale di un asse trasversale chiave del Mezzogiorno d’Italia come l’asse Napoli-Bari e contestualmente rafforza la rilevanza della piastra logistica del sistema portuale Taranto, Bari e Brindisi».
Il porto di Durazzo (Albania)
CORRIDOIO VIII
Rafforzare il gioco di squadra per completare l’asse Corsia preferenziale dell’Italia per i Balcani e il Mar Nero. Strumento di stabilizzazione per Albania, Macedonia e Bulgaria. Il ministro plenipotenziario del ministero degli Esteri Luigi Napolitano spiega l’importanza di realizzare il Corridoio VIII Francesca Druidi
uno dei corridoi della rete europea dei trasporti riconosciuta dall’Unione europea: il Corridoio VIII è un asse intermodale ovest-est fra le aree paneuropee di trasporto, i Mari Adriatico e Ionio e il mar Nero, che partendo dai porti di Bari e Brindisi giunge a quelli della Bulgaria sul mar Nero, attraversando i territori albanese, macedone e bulgaro. «Il suo sviluppo – spiega il ministro plenipotenziario Luigi Napolitano – avrà un impatto positivo su tre livelli rappresentando contestualmente: un asse nazionale per ciascuno dei paesi coinvolti, una connessione fra gli Stati dei Balcani e un asse transnazionale che connette l’area dei trasporti mediterraneo/adriatica a quella dei trasporti del Mar Nero, collegando tra esse reti Ten-T dell’Ue in Italia, a ovest, con quelle in Bulgaria, a est». Quali implicazioni economiche, ma ancor prima politiche, assume il Corridoio VIII? «L’Italia attribuisce grande importanza allo sviluppo delle in-
È
200 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
frastrutture stradali e ferroviarie del Corridoio, non soltanto per le positive ricadute in termini economici, ma anche per il contributo alla stabilità e alla coesione territoriale che esso consente. La sua realizzazione, intesa come costruzione di un nuovo ponte tra l’Adriatico e il Mar Nero, ha come tela di fondo un contesto generale, nel Mediterraneo, nell’Unione Europea e nel resto dei Balcani, che è in piena evoluzione e si caratterizza per alcuni elementi e fattori salienti».
1991 CONFERENZA INTERGOVERNATIVA DI PRAGA
2002 MEMORANDUM D’INTESA DI BARI
2010 DICHIARAZIONE CONGIUNTA DI TIRANA DEI 4 PAESI MEMBRI
Quali? «La rivisitazione in corso delle linee guida e dei criteri per lo sviluppo di una rete di trasporti europea integrata con riferimento anche a un processo coordinato di programmazione tra le reti Ten-T e il Core Transport Network del Sud-Est Europa; l’attività di un apposito organismo (SEETO – South East Europe Transport Observatory), volta a definire una rete essenziale dei trasporti nei Balcani occidentali e a identificare le priorità dei progetti da attuare;
Luigi Napolitano
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Mancano al completamento parti significative e ci vorrà ancora del tempo per terminare la realizzazione delle sue componenti, portuale, stradale e infine ferroviaria
la conclusione, probabilmente già quest’anno, della negoziazione del “Trattato della Comunità dei Trasporti” che porterà a uno sviluppo coordinato della programmazione delle reti Ten-T e del Core Transport Network. Infine, le conclusioni della Conferenza di Napoli dello scorso ottobre nella quale i 27 paesi dell’Ue, tra cui quelli dei Balcani, hanno espresso la volontà di “sviluppare tra loro una rete infrastrutturale di trasporto a vocazione sostenibile, attraverso l’affermazione di una politica di partenariato rafforzato” per i progetti infrastrutturali, in particolare per le nazioni che fronteggiano difficoltà finanziarie». L’idea del Corridoio VIII ha mosso i primi passi con la Conferenza di Praga del 1991. È stata marcata in positivo dal Memorandum d’intesa del 2002 firmato a Bari, oltre che
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dagli attuali membri anche da Grecia, Turchia e Commissione Europea. Quali i prossimi step? «L’importanza del Corridoio è destinata ad aumentare di pari passo con la crescita economica dei paesi da esso traversati. Attualmente, mancano al completamento parti significative e ci vorrà ancora del tempo per terminare la realizzazione delle sue componenti, innanzitutto portuale, poi stradale e infine ferroviaria. Oggi i Paesi del Corridoio hanno deciso di avviare concretamente una riflessione complessiva sui possibili modi per promuovere iniziative congiunte, volte ad accelerare lo sviluppo del Corridoio e ad accrescere la cooperazione con la Ue, le istituzioni finanziarie internazionali e il settore privato. La riflessione è stata formalizzata in un’apposita dichiarazione congiunta dei ministri dei Tra-
sporti di Albania, Bulgaria, Italia e Macedonia, sottoscritta a Tirana il 29 aprile scorso». Cosa hanno riconosciuto, nello specifico, i paesi membri con questa dichiarazione? «La priorità del progetto e l’urgenza che al Corridoio VIII, in sede di rivisitazione in corso delle reti Ten-T, vengano riconosciuti lo stesso ruolo e la stessa rilevanza degli altri Corridoi pa- Nella pagina neuropei. Per completare un a fianco, il ministro plenipotenziario Corridoio plurimodale così rile- Luigi Napolitano vante - 1800 Km di ferrovie, se e la cartina del si tiene conto della ventilata Corridoio VIII estensione fino a Napoli, mentre le strade arrivano a circa mille Km - che comprende impianti portuali come Taranto, Durazzo, Varna, occorre avviare un lavoro capillare. Solo così l’attuale asse potrà divenire un corridoio funzionale, dove l’offerta ferroviaria, stradale, marittima e aerea sia effettivamente legata da nodi portuali, inter- ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 201
CORRIDOIO VIII
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L’Italia e il Mezzogiorno possono dare e ricevere molto con la realizzazione del Corridoio
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›› portuali e aeroportuali adeguati cevere molto con la realizza- ghi e si deve confrontare con alle esigenze della domanda di trasporto. E il Corridoio potrà essere gestito da una cabina di regia, cioè una pluralità di soggetti strettamente integrati e coordinati fra loro. A partire dalla Dichiarazione di Tirana, si seguirà un approccio pragmatico, fornendo il massimo supporto tecnico e istituzionale alla serie di iniziative da assumere nel breve e medio periodo». Per l’Italia in particolare, cosa rappresenta questa via di ‘collegamento’? «L’Italia si ripromette, nel quadro della rivisitazione in atto delle reti Ten-T da parte della Ue, di indicare precise e specifiche misure a sostegno del Corridoio VIII. Del resto, per l’intero sistema economico del Meridione, il Corridoio offre una grande opportunità di crescita del reddito, se si considerano l’accesso e gli scambi con i futuri mercati locali balcanici e con tutti i paesi rivieraschi dell’area del Mar Nero. L’Italia e il Mezzogiorno possono dare e ri202 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
zione del Corridoio e giocare un ruolo da protagonisti. Inoltre, il grande progetto dell’allargamento dell’Ue a tutti i Balcani prenderebbe in tal modo forma e sostanza su fondamenta economiche più stabili e durature». L’attraversare un paese extra Ue come l’Albania, quali passaggi diplomatici ha comportato? «L’Albania attribuisce un’importanza assolutamente prioritaria alla costruzione del Corridoio e da tempo è impegnata a migliorare le infrastrutture necessarie. Quella portuale è a buon punto e quella stradale sta facendo progressi significativi. Il progetto del Corridoio, inoltre, va ad arricchire una rete di rapporti bilaterali con l’Italia particolarmente ricca e intensa in una vasta gamma di settori». Come, dalla Farnesina, si lavora per costruire questo Corridoio? «La realizzazione integrale del Corridoio richiede tempi lun-
difficoltà complesse. Si tratta di una partita che richiede impegnativi confronti in Europa, a Bruxelles, e negli stessi Balcani, in una fase, che si prevede lunga, resa ulteriormente difficile dalla scarsità di risorse finanziarie, sia pubbliche che private. L’Italia deve, quindi impegnarsi su più fronti, serrando i ranghi, a livello centrale e territoriale, e promuovendo una “lobby” con gli altri paesi attraversati dal Corridoio per sensibilizzare e sviluppare opportune pressioni sulle istanze europee e balcaniche. Il ministero degli Esteri offre il proprio valore aggiunto istituzionale per operare sinergicamente, tramite il necessario gioco di squadra, con l’intero sistema Italia. A esso spetta, soprattutto, sviluppare l’indispensabile azione diplomatica tanto nei confronti dei paesi partner del Corridoio che della Commissione e dei vari soggetti istituzionali internazionali interessati».
Aleksandar Tsvetkov
Passi avanti per le infrastrutture bulgare Lo sviluppo degli Stati interessati dal Corridoio VIII verrà incrementato. Sul piano politico, economico, culturale e sociale. Il ministro bulgaro ai Trasporti Aleksandar Tsvetkov illustra i progressi del suo paese nella costruzione dell’asse Francesca Druidi a realizzazione del Corridoio VIII accelererà la cooperazione economica tra i paesi coinvolti. Lo sostiene Aleksandar Tsvetkov, ministro bulgaro dei Trasporti, della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni, che evidenzia come, per la Bulgaria, l’importanza del Corridoio risieda soprattutto nella positiva sollecitazione a improntare nuove infrastrutture, in particolar modo ferroviarie. La connessione delle reti ferroviarie di Bulgaria e Macedonia giocherà, infatti, un ruolo determinante per la crescita dell’intera regione. Qual è lo stato di realizzazione del Corridoio VIII in Bulgaria? «Il percorso del Corridoio VIII è considerato un asse europeo prioritario poiché è parte della rete transeuropea di trasporto Ten-T. Ciò assicura l’opportunità di reperire risorse finanziarie dai fondi dell’Unione europea per lo sviluppo della rete ferroviaria e delle strade. La dotazione infrastrutturale bulgara riguardante il Corridoio è, nel
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complesso, in buone condizioni e molti progetti di ammodernamento sono ancora in corso di completamento: ad esempio le autostrade di Lyulin e Trakia; la linea ferroviaria Sofia-Plovdiv-Stara Zagora-Burgas; la linea ferroviaria Karnobat-Sindel, l’ammodernamento dei porti di Varna e Burgas. Sono in preparazione interventi migliorativi su linee ferroviarie già esistenti, come Sofia-PernikRadomir e Radomir-Gyueshe-vo. La parte mancante del sistema ferroviario bulgaro verso la Macedonia corrisponde a 2,5 km, dalla stazione di Gyueshevo al confine. La costruzione di questa sezione non costituisce un problema per la Bulgaria, ma qualsiasi investimento, prima della realizzazione della parte macedone, non risulterebbe efficace». Può individuare gli aspetti maggiormente critici nel completamento del Corridoio? «Esiste la volontà politica di sviluppare il Corridoio VIII. I paesi interessati mantengono tra loro contatti e scambi di informazioni incessanti riguardo alle
attività pianificate. C’è una cooperazione attiva. Dal punto di vista tecnico, non si riscontrano aree problematiche, grazie anche al fatto che negli ultimi anni sono stati effettuati diversi studi con la partecipazione di tutti i paesi coinvolti e i parametri e le condizioni tecniche sono stati discussi. Allo stato attuale, l’ostacolo maggiore è di natura economica ed è legato alla necessità di garantire le risorse. È un compito difficile, specialmente per la Macedonia, dal momento che gli investimenti più consistenti per la costruzione dei percorsi ferroviari verso la Bulgaria e l’Albania devono essere ancora stanziati. Le sezioni mancanti del sistema ferroviario sono, infatti, praticamente situate in territorio macedone e richiedono ingenti risorse finanziarie per essere costruite».
Aleksandar Tsvetkov, ministro bulgaro dei Trasporti, della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni
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CORRIDOIO VIII
Da Napoli a Bari ad alta velocità Per Campania e Puglia l’Alta velocità Napoli-Bari significherà potenziare l’asse Tirreno-Adriatico. Agganciandosi all’Europa del nord e dell’est. Lo evidenzia Sergio Vetrella, assessore ai Trasporti della Regione Campania Leonardo Testi
n’infrastruttura da 147 chilometri di nuovi binari, è l’Alta velocità Napoli-Bari, la cui rilevanza supera la dimensione nazionale, legandosi ai progetti relativi alle reti europee dei trasporti. A sottolinearlo è l’assessore ai Trasporti e alle attività produttive della Regione Campania, Sergio Vetrella, insediatosi da poco più di tre mesi: «la Napoli-Bari è una delle opere strategiche prioritarie per lo sviluppo economico non solo delle due regioni, ma anche dell’intero territorio meridionale». Nel 2006 sono stati firmati i protocolli di intesa. I primi cantieri sono stati annunciati dal ministro Matteoli per il 2011. Qual è lo stato dell’arte? «A mio avviso, l’intervento dovrebbe avere due obiettivi: innanzitutto, creare un collegamento ferroviario ad alta velocità tra le due maggiori città del sud continentale,
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sul modello della MilanoNapoli, ossia con treni moderni in grado di raggiungere i 300 km/orari e, quindi, di unire direttamente le due regioni in meno di due ore, invece delle attuali quattro. Ciò avrebbe riflessi positivi non solo sulla mobilità dei passeggeri, ma anche sul traffico delle merci e dunque sul rilancio economico, collegando in maniera efficiente e veloce le due sponde del Tirreno e dell’Adriatico, a loro volta legate ai corridoi europei numero I Berlino-Palermo e numero VIII BariVarna». In prospettiva europea? «Sì, e di rilancio della nostra regione come piattaforma logistica privilegiata del Mediterraneo, grazie alla posizione geografica centrale nel bacino e alle infrastrutture già presenti e in corso di realizzazione: oltre alle ferrovie, gli interporti di Nola, Marcianise-Maddaloni, già esistenti, e di Battipaglia, in
Sergio Vetrella, assessore ai Trasporti e alle attività produttive della Regione Campania
corso di realizzazione, oltre ai porti di Napoli e Salerno. Il secondo obiettivo è quello di ammodernare e migliorare i collegamenti regionali e interregionali esistenti, in particolare per la Campania quelli tra le aree interne del Sannio e dell’Irpinia, che per troppi anni sono stati ingiustamente isolati, e che da questo intervento ricaverebbero benefici sia per la mobilità che per l’economia e l’occupazione. Su questa base, realizzati finalmente i progetti preliminari, stiamo andando avanti nelle procedure per poter disporre al più presto del progetto esecutivo e avviare così i lavori». Quali i territori interessati dal passaggio del
Sergio Vetrella
treno? E a che punto siamo con i singoli accordi locali? «Principalmente il Sannio e l’Irpinia, a cui si aggiungono parti della provincia di Napoli e del Casertano. Fin dall’inizio, sono stati coinvolti tutti i soggetti interessati, dai Comuni alle Province, dalle
Soprintendenze alle associazioni, per cui direi che siamo a buon punto anche su questo fronte». Quali opere infrastrutturali avete chiesto a Rfi di realizzare per dare il via libera alla Tav? «Si è tenuto conto soprat-
Immagini di Bari e Napoli. Sotto, il treno Frecciarossa di Trenitalia
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Serve creare un collegamento ferroviario ad alta velocità tra le due maggiori città del sud continentale, Napoli e Bari, con treni moderni in grado di raggiungere i 300 km/orari
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tutto del miglioramento delle infrastrutture viarie e ferroviarie dei territori interessati, dall’accessibilità della nuova linea ai collegamenti con la metropolitana regionale. Una maniera moderna di concepire le cosiddette opere compensative che si è concentrata sugli interventi caratterizzati da un impatto più concreto e vicino alla Tav, aumentandone così il valore aggiunto». La Tav s’inserisce in un contesto su rotaia non troppo esaltante. Almeno in termini di treni poco efficienti, linee tagliate, difficoltà per i pendolari. Come pensate di intervenire? «In Campania, a differenza delle altre regioni meridionali, esiste una grande dotazione di infrastrutture ferroviarie, dovuta alla storica tradizione dei Borboni, che ad esempio con la NapoliPortici realizzarono la prima ferrovia d’Italia nel lontano 1839, oltre che agli interventi già realizzati dell’Alta ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 205
CORRIDOIO VIII
TAV, LEVA PER IL MEZZOGIORNO IN ITALIA E IN EUROPA La durata minima di un viaggio da Napoli a Bari è oggi di 3 ore e 40 minuti, proprio per la mancanza di un collegamento ferroviario diretto. Per questo, l’Alta capacità segnerà una svolta
l progetto per il potenziamento dei collegamenti ferroviari tra Napoli e Bari ha avuto un’accelerazione nel luglio 2006 attraverso un protocollo d’intesa siglato dalle forze istituzionali interessate a livello nazionale e regionale, oltre che dalla Rfi del gruppo Ferrovie dello Stato. La riqualificazione delle relazioni trasportistiche sull’asse trasversale NapoliBenevento-Foggia-Bari, tesa a rispondere in modo adeguato alle esigenze di mobilità dei viaggiatori e delle merci, assume un ruolo fondamentale per una migliore integrazione socio-economica del Mezzogiorno nel Paese e in Europa. Due sono, infatti, i fronti di interesse. La realizzazione dell’Alta capacità Napoli-Bari consentirà, da una parte, l’integrazione dell’infrastruttura ferroviaria del Sud Est, in particolare la Puglia e le province più interne della Campania, con le direttrici di collegamento a nord del Paese e, quindi, con l’Europa, costituendo una piattaforma strategica di importanza comunitaria quale asse di collegamento tra i Corridoi transeuropei I e VIII. Dall’altra, in uno scenario più a breve termine, la riqualificazione e il potenziamento dell’itinerario ferroviario Napoli-Benevento-Foggia-Bari, consentiranno alla modalità ferroviaria di acquisire quote significative di traffico, passeggeri e merci, attraverso un incremento dei livelli prestazionali, comparabili con il trasporto su gomma, e un fondamentale recupero dei tempi di percorrenza. In base ai dati previsti da Rfi, l’aumento di traffico sull’itinerario è stimato in 15 mila passeggeri in più al giorno, per quanto riguarda la lunga percorrenza, e in 6mila tonnellate di merce in più al giorno, con un’offerta di collegamenti regionali giornalieri che salirebbe a 144.
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Con la realizzazione del progetto Alta capacità Napoli-Bari, oltre ai benefici derivanti dalla riduzione dei tempi di viaggio, si riuscirebbe a migliorare il servizio di trasporto regionale, accrescendo l’efficacia dell’infrastruttura esistente attraverso l’aumento dell’accessibilità al servizio nelle aree attraversate. Ma qual è oggi lo stato dell’arte? L’itinerario Napoli-Bari è stato inserito nell’elenco delle opere e degli interventi strategici di preminente interesse nazionale, la cosiddetta Legge Obiettivo, con la delibera Cipe del luglio 2009. Ferrovie dello Stato ha così aggiornato la situazione: i progetti preliminari delle tratte individuate quali prioritarie nel primo Atto integrativo all’intesa generale quadro StatoRegione Campania, e cioè la variante alla linea Napoli-Cancello e il raddoppio della tratta Cancello-Frasso Telesino, unitamente agli studi di impatto ambientale, sono stati trasmessi ad agosto 2009 ai Ministeri e agli enti competenti per l’avvio dell’iter autorizzativo di Legge Obiettivo, ancora in corso. Per gli ulteriori interventi previsti sull’itinerario, relativi ai raddoppi della tratte Frasso-Vitulano e ApiceOrsara, la richiesta di avvio dell’iter autorizzativo, con la trasmissione ai Ministeri della progettazione, è stata inoltrata rispettivamente a giugno e luglio 2010. Le principali criticità tecniche attengono alle lunghe gallerie che caratterizzano gran parte del tracciato e, in particolare, la tratta appenninica Apice-Orsara.
›› velocità sulla Roma-Napoli e della metropolitana regionale in corso di completamento. Indubbiamente, sul fronte dei servizi ai pendolari negli ultimi anni si sono registrati notevoli problemi e per questo siamo impegnati a migliorare la qualità dei servizi offerti e dei treni utilizzati, insieme alla sicurezza di utenti e lavoratori, pur sapendo che purtroppo siamo in un difficile periodo di crisi economica, con numerosi tagli previsti proprio per i trasporti pubblici».
MERCATO IMMOBILIARE
Recupero dell’edilizia e riqualificazione urbana «Il nuovo rapporto istituzionale con le soprintendenze regionali e provinciali ci consentirà di scrivere un nuovo Piano paesistico anche attraverso tavoli di co-pianificazione con le amministrazioni locali». Il punto di Marcello Taglialatela, assessore regionale all’Urbanistica Renata Gualtieri
attuale contesto socio-economico è caratterizzato dall’esaurirsi delle fonti di finanziamento statali da destinare all’edilizia residenziale pubblica, a fronte di una crescente e diversificata domanda abitativa che non può trovare soluzione unicamente con interventi classici. «La necessità – sostiene Marcello Taglialatela, assessore all’Urbanistica Regione Cam-
L’ Sotto, Marcello Taglialatela, assessore all’Urbanistica della Regione Campania
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pania – è quella di affrontare le problematiche delle politiche della casa con nuovi strumenti finanziari, verso i quali è diretta la politica del mio assessorato. In particolare, va richiamata l’attenzione sul Fondo di rotazione, che consente di ottimizzare l’impiego delle scarse risorse a disposizione fornendo all’istituto bancario parte della provvista finanziaria necessaria per l’erogazione dei mutui agevolati, perseguendo, in tal modo, la finalità di abbassare il livello dei tassi di interesse applicati sugli stessi. Il tutto, peraltro, in linea e in sinergia con le recenti politiche economiche sia a livello nazionale che europeo, protese a sviluppare processi virtuosi di utilizzo di soldi pubblici come i fondi immobiliari Jessica e Jeremie». Tale forma di intervento risulta particolarmente interessante nell’attuale contesto economico di forte crisi di redditività per i mutuatari e di liquidità per gli istituti
bancari; riducendo, infatti, la rata di ammortamento, si abbassa il livello di merito creditizio necessario per la concessione dei mutui. Il Fondo di rotazione dunque è stato scelto dall’assessorato come forma privilegiata di finanziamento per l’ultimo bando di housing sociale. Le novità introdotte con le modifiche al piano casa varate recentemente dalla Giunta regionale danno una risposta al problema occupazionale e abitativo? «Le modifiche che apportiamo rendono attuabile e attraente la normativa approvata dal Consiglio regionale nella precedente consiliatura, che non ha raggiunto i risultati per i quali era stata varata. Considerata la disastrosa situazione finanziaria della Regione, abbiamo la necessità di creare condizioni affinché tutti i soggetti operanti sul territorio, istituzionali ed economici, possano utilizzare al meglio lo strumento normativo, in modo tale da far
Marcello Taglialatela
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È mia intenzione riscrivere un piano paesistico che assecondi in maniera degna e soddisfacente le enormi potenzialità della Campania
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partire investimenti privati e creare sviluppo e occupazione. In particolare, effettuiamo interventi specifici sulla parte della legge che finora non ha funzionato. Presso l’assessorato all’urbanistica, infatti, in questi mesi sono giunte segnalazioni e osservazioni, soprattutto dei Comuni, in cui si evidenziavano difficoltà nell’applicazione delle legge. Per questo motivo, prima che il provvedimento fosse portato all’esame della giunta, abbiamo svolto diverse riunioni con i rappresentanti dell’Anci e dell’Acen, tenendo conto delle loro indicazioni». Quali Comuni rientrano nell’Accordo di programma siglato con il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e quale cifra sarà stanziata? «Grazie alla firma dell’accordo si stanno effettuando interventi di grande impatto sociale in materia di riquali-
ficazione urbana per complessivi 250 alloggi a canone sostenibile in Comuni delle varie province campane. La somma messa a disposizione dal ministero ammonta a oltre 30 milioni di euro, mentre la quota di cofinanziamento a carico della Regione è pari a oltre 9 milioni di euro. Gli interventi previsti dal programma riguardano i Comuni di Solofra (provincia di Avellino); Ceppaloni, Pesco Sannita, Foiano in Val Fortore, Montesarchio, Morcone-Casa Gagliardi, Morcone-Casa Lombardi, Morcone-Casa Moro in (provincia di Benevento); Cancello e Arnone (provincia di Caserta); Grumo Nevano (provincia di Napoli), Eboli (provincia di Salerno). Infine, vorrei ricordare che la Regione sta preparando un grande piano di interventi che, grazie a un utilizzo finalmente intelligente e proficuo dei fondi Ue, farà ri- ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 211
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La Regione sta preparando un nuovo piano di interventi grazie a un utilizzo intelligente e proficuo dei fondi Ue
›› partire gli interventi per Bagnoli, per il centro storico di Napoli e Napoli est». Come avviene la collaborazione tra pubblico e privato nel settore di sua competenza? «Con il bando per gli alloggi a canone sostenibile, la Regione ha dato la possibilità ai soggetti attuatori privati che partecipavano ai programmi di realizzare, accanto all’edilizia sociale, anche una quota di edilizia sul libero mercato. Questo, allo scopo di aumentare la redditività degli investimenti privati, attirando una maggiore quantità di risorse da destinare all’edilizia sociale. Ciò consentirà di realizzare quel mix sociale in grado di elevare la qualità della vita dei residenti, evitando di reiterare la logica dei ghetti separati. La Regione ha avviato il primo esperimento in tal senso con questo bando, che ha già prodotto un buon risultato anche se ancora parziale, in quanto solo due programmi su nove finanziati prevedono la massiccia partecipazione di risorse private. Il nuovo avviso, emanato il 2 agosto scorso, rende obbligatoria la parteci212 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
pazione di risorse private per la realizzazione del Programma regionale di housing sociale». Qual è per lei il progetto più ambizioso da realizzare? «È doveroso che da amministratore io abbia non soltanto uno, ma tanti progetti ambiziosi, per rispettare fino in fondo il mandato conferito dagli elettori che hanno espresso una precisa volontà di cambiamento, dopo lunghi anni di dissennata gestione da parte del centrosinistra. È mia precisa intenzione, ad esempio, riscrivere un piano paesistico che assecondi in maniera degna e soddisfacente le enormi potenzialità della Campania, finora largamente mortifi-
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cate. Voglio soprattutto restituire questa competenza alla Regione, commissariata su un’attività di pianificazione e programmazione da ministero e soprintendenze, che hanno redatto il piano in maniera autonoma, senza consultare gli enti locali. A mio giudizio ciò ha rappresentato una conseguenza derivante dall’incapacità politica delle giunte guidate da Bassolino. Il nuovo rapporto istituzionale con le soprintendenze regionali e provinciali ci consentirà di scrivere un nuovo piano paesistico, che determinerà i nuovi regimi di vincoli paesistici anche attraverso tavoli di co-pianificazione con le amministrazioni locali».
MERCATO IMMOBILIARE
el giugno scorso, alla prima Assise dell’industria delle costruzioni del Mezzogiorno promossa dall’Ance, è emersa la situazione estremamente difficile delle imprese edili in Campania. «Siamo letteralmente fermi al palo – commenta Nunziante Coraggio, presidente dell’Ance Campania –. L’attività rivolta al settore privato abitativo è frenata dai ritardi del piano casa, dalla burocrazia che rende problematiche nuove concessioni e, soprattutto, dalla crisi del mercato delle compravendite. Sul versante dell’edilizia pubblica non ci sono significativi passi avanti sui pagamenti. Inoltre, si continua a parlare del parco progetti regionale, ma non c’è nessuno stanziamento di fondi, il tutto in un panorama di continua e drammatica diminuzione del numero delle opere messe in gara». Tutto questo si traduce in oltre 12.500 posti di lavoro già persi e 129 imprese entrate nella procedura fallimentare. Non è finita, secondo Coraggio bisogna aggiungere «quasi 1.000 unità di saldo negativo fra nascita e cessazioni di imprese fra il 2009 ed il primo trimestre di quest’anno. E ho ragione di ritenere che i saldi dei successivi dell’anno, in fase di elaborazione, non presentino inversione di tendenza».
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I ritardi burocratici rallentano il mercato «Sono indispensabili linee guida precise altrimenti, vista la realtà urbanistica regionale estremamente variegata e diversificata, non si può procedere». Nunziante Coraggio, presidente Ance Campania, interviene sul piano casa e il mercato immobiliare Renata Gualtieri
Cosa non ha funzionato in passato nel piano casa della Campania? «Più di una cosa, ma sopra le altre c’è sicuramente il fatto che le amministrazioni locali non hanno fatto la loro parte, venendo meno al loro compito, assegnato dalla legge, di dare definizione degli ambiti territoriali in cui il piano casa dovesse operare. I comuni, nella quasi totalità dei casi, semplicemente non hanno attivato le procedure loro affidate dal piano casa regionale». Bastano le leggi regionali o serve un decreto legge per lo snellimento delle procedure? «A questo punto, dopo le integrazioni e correzioni apportate alla legge piano casa dalla nuova giunta regionale, non ritengo occorrano ulteriori modifiche, né interventi a livello di governo centrale. Sono però indispensabili precise linee guida, in mancanza
delle quali, materialmente non si può procedere. Trattandosi di investimenti di una certa entità e di un certo respiro, soprattutto per l’apprezzabile parte del piano casa regionale che interviene sulla riqualificazione delle periferie industriali, è facile capire che ogni ulteriore ritardo rischia di vanificare definitivamente la portata ed i vantaggi attesi dall’attuazione del provvedi-
Sopra, Nunziante Coraggio, presidente di Ance Campania
Nunziante Coraggio
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Chi cerca casa, le giovani coppie per esempio, incontrano difficoltà ad accendere un mutuo, in mancanza di garanzie reali o di un posto fisso. Negativi i riflessi sul mercato immobiliare
mento». Quanto il mercato immobiliare è condizionato dal mondo del credito? «Anche in questo caso occorre separare gli ambiti. Il privato cittadino che cerca casa, le giovani coppie per esempio, incontra grandi difficoltà ad accendere un mutuo, in mancanza di garanzie reali o di un posto fisso. I riflessi sul mercato immobiliare sono, ovviamente, diretti e negativi. Per le imprese, che lavorano su anticipazione degli importi delle fatture da parte degli istituti di credito, il vero problema nasce quando si superano i sei mesi, cosa che ormai purtroppo avviene nella quasi totalità dei casi. È difficile - e costoso, in termini di interessi aggiuntivi - avere proroghe fino ai 12 mesi e, oltre questo limite, occorre rientrare, restituire i soldi ricevuti in anticipazione. Attualmente la prima anticipazione costa il
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129 IMPRESE
Sono quelle entrate nella procedura fallimentare, fra il 2009 ed il primo trimestre di quest’anno
-1.000 SALDO Sono le unità che si registrano tra nascita e cessazioni di imprese fra il 2009 e il primo trimestre di quest'anno
6-7% d’interesse; chi riesce ad avere una proroga deve aggiungere almeno 2 o 3 punti in più. Se si tiene conto che pochi fortunati oggi riescono a ottenere il saldo in 12 mesi per i lavori eseguiti, si capisce che la maggioranza delle imprese, soprattutto tutte quelle che non hanno un robusto polmone finanziario alle spalle, sono in ginocchio». Per i contratti sottoscritti dopo il 7 settembre 2010 c’è l’obbligo di tracciabilità dei flussi, anche se il bando di gara è antecedente a quella data. Cosa ne pensa? «Vista la situazione di crisi, porre un paletto in più alle imprese rappresenta una complicazione davvero inop-
portuna. Le procedure non ancora sono innescate perché si attende la circolare preannunciata dal ministero per dare attuazione alla normativa. Il suo arrivo dovrebbe essere imminente, viviamo con questa ulteriore spada di Damocle sul capo: la complicazione del percorso dei pagamenti dei lavori pubblici, pur nell’obiettivo apprezzabile di sconfiggere il malaffare, e il conseguente sovraccarico di lavoro di rendicontazione per le stazioni appaltanti, si tradurrà inevitabilmente in ulteriori ritardi per le imprese. Considerata la situazione, a noi costruttori pare una soluzione del tutto irresponsabile». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 215
TURISMO TERMALE
Oasi di benessere immerse nella natura In una regione che conta quasi un terzo degli stabilimenti termali nazionali, il turismo di settore tiene. Giuseppe De Mita, assessore regionale alla Promozione turistica, indica le linee guida: «Diversificare il prodotto e puntare su promozione, credibilità e integrazione» Riccardo Casini
on circa 114 stabilimenti, pari al 30% del totale, la Campania vanta il primato nazionale di imprese termali. A livello turistico si tratta sicuramente di un comparto di vitale importanza per la regione, che continua a registrare buoni risultati a livello di presenze: lo dimostra anche l’ultima indagine di Isnart e Unioncamere, secondo cui a giugno in regione si è registrata un’alta occupazione di camere (fino al 75%). L’indagine ha parlato però anche di “una primavera difficile” del settore a livello nazionale: la Campania rappresenta insomma un’eccezione virtuosa? Lo chiediamo a Giuseppe De Mita, assessore regionale allo Sviluppo e promozione del turismo. «La ricchezza quali-quantitativa di risorse idrotermali e di acque minerali in genere – spiega – ha storicamente reso la Campania una delle maggiori realtà termali del Paese.
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Il comparto costituisce, in Campania, un indotto importante nel sistema turistico e nell’intera economia regionale. Sin dagli albori del turismo moderno, la Campania si presentava quale destinazione fortemente connotata sotto il profilo salutistico, non solo per la particolare gradevolezza del clima lungo tutta la zona costiera, ma soprattutto per l’ingente patrimonio di acque curative presenti in numerose sue località». Quanto ha risentito della crisi questo settore? «È presto per dirlo, anche a causa della forte connessione con il turismo balneare. Il complessivo trend del mercato non ha subito sostanziali flessioni rispetto agli anni precedenti. Dai dati Isnart, la Campania risulta essere la destinazione preferita per questo tipo di vacanza dai turisti italiani con il 20,6% della quota di mercato nazionale, seguita dalla Toscana (20%)». Qual è il contributo del
comparto termale all’afflusso turistico in regione? «Sia gli arrivi che le presenze rappresentano circa il 20% del totale della regione. Quello termale però è un panorama fortemente eterogeneo per risorse, rilevanza e logiche di funzionamento, caratteristiche che si rispecchiano nella diversa composizione quali-quantitativa dei flussi di clientela. Ciò consente di ricondurre le risorse campane a due realtà, ovvero le terme peninsulari e il polo termale di Ischia. Mentre le prime sono
Giuseppe De Mita
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Il termalismo sta cambiando considerevolmente la propria connotazione, ritornando alla vocazione dell’epoca romana
Nella pagina a fianco, Giuseppe De Mita, assessore regionale al Turismo
caratterizzate da una componente di clientela tradizionale, nel polo termale di Ischia la pluri-attrattività turistica del contesto rende complicato scindere la componente “benessere” da quella “sanitariotermale”. L’abbondanza e la varietà tipologica di acque ne fanno poi il vero punto di riferimento del turismo termale: qui, infatti, ha sede quasi il 79% delle strutture termali regionali, ma si registra anche una consistente in-
cidenza, superiore al 20%, della componente straniera (Germania, ma anche Russia e Ucraina) mentre una percentuale significativa degli assistiti proviene da regioni come Lombardia, Veneto, Lazio e Piemonte». Oggi quali sono i servizi più richiesti dagli utenti? «Anche in Campania il comparto benessere, seppur non prevalente rispetto a quello sanitario, presenta un trend in crescita. Da un punto di vista sanitario i servizi più richiesti sono fanghi, bagni terapeutici e sedute inalatorie, mentre per le prestazioni del benessere sono i massaggi». L’aspetto relativo al “benessere” ha portato anche a un ringiovanimento dell’età media dell’utenza. Un segmento che però esige strutture moderne e funzionali. Qual è il suo peso in Campania? «Dal punto di vista qualitativo il termalismo sta cambiando considerevolmente la
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propria connotazione, ritornando alla vocazione dell’epoca romana: l’ambiente termale non è più vissuto solo come luogo di terapia, ma anche e soprattutto come luogo di vacanza e centro di benessere psico-fisico. Coerentemente con questa nuova concezione di struttura termale, le ricerche dimostrano che i principali frequentatori delle terme non sono solo gli anziani; si assiste anzi a un’equa distribuzione dell’utenza per fasce di età, a eccezione degli under 25. La particolarità della Campania è che buona parte degli stabilimenti termali sono ubicati in località o comunque in aree dotate di considerevoli risorse anche di tipo naturale, archeologico e culturale. Anche per questo è ormai importante creare e sviluppare beauty farm, centri di benessere in grado di offrire prodotti turistici compositi. È necessario non solo consolidare e fidelizzare la clientela tradizionale del comparto, ma ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 217
TURISMO TERMALE
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Il riposizionamento competitivo deve combinarsi con un insieme coerente di servizi accessori, indirizzati a specifici target
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›› diversificare il prodotto terme l’adozione di uno specifico con proposte differenziate e mirate per i nuovi segmenti di clientela». Quali politiche possono essere messe in campo per migliorare l’appeal degli stabilimenti? «A fronte di un panorama italiano ed europeo estremamente dinamico, le imprese termali campane sembrano ancora fortemente legate alle componenti classiche del termalismo. Occorre dunque, in primis, il pieno superamento della contrapposizione fra terme e benessere e un definitivo orientamento allo “stare bene” mediante un’operazione di miglioramento della credibilità delle cure e dell’immagine del prodotto, tramite valide campagne promozionali. In merito alla prima, auspichiamo in tempi brevi un’implementazione della ricerca scientifica e 218 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
marchio di qualità che, nel contempo, certifichi le proprietà terapeutiche delle acque e costituisca garanzia della salvaguardia dei luoghi termali, configurati come vere e proprie oasi di benessere. L’improcrastinabile riposizionamento competitivo deve però combinarsi con un insieme coerente di servizi accessori, indirizzati a specifici target. Da un punto di vista gestionale, ciò implica la necessità di un chiaro rapporto tra le componenti medicoscientifica e turistico-ricreativa». Un piano ambizioso. Da dove partire? «Le realtà medio-grandi potrebbero puntare alla valorizzazione delle competenze sanitarie; le realtà termali di Ischia dovrebbero evolvere a elemento di traino del comparto turistico, innestando un
processo di rivitalizzazione dell’offerta complessiva dell’isola; infine, le strutture termali medio-piccole dovrebbero puntare alla riqualificazione delle risorse umane e allo sviluppo della cooperazione interaziendale, optando per una strategia di nicchia. Inoltre, si dovrà puntare sulla capacità di sviluppare iniziative sistemiche con gli intermediari classici dei servizi turistici (tour operator, agenzie viaggi, enti), le istituzioni locali e il mondo universitario. Bisognerà anche prestare forte attenzione alla qualità dei servizi offerti valutando la proposizione, in modo stabile e non saltuario, di biglietti o card che consentano alla clientela l’ingresso, a condizioni agevolate, agli stabilimenti termali e, possibilmente, l’integrazione di questa offerta con sconti sui servizi di trasporto, sull’accesso ai siti culturali e nelle strutture alberghiere. Ma l’integrazione dovrà avvenire anche fra le imprese e le componenti associative che operano sul territorio sia in campo termale che in quello della ricettività».
TURISMO TERMALE
Campania felix, le terme trainano il turismo «Sbloccati i contratti per il 2010, ma in regione resta molto da fare. L’obiettivo permanente è tornare a una correntezza dei rimborsi, alla quale devono corrispondere gestioni e bilanci in equilibrio». L’analisi di Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme Riccardo Casini
hiamata in causa dall’assessore regionale al Turismo De Mita, che invoca una maggiore «integrazione fra le imprese e le componenti associative che operano sul territorio», Federterme risponde presente: la sigla confindustriale che rappresenta il 90% delle imprese del
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settore è pronta a fare la sua parte per lo sviluppo del settore, come conferma il presidente Costanzo Jannotti Pecci. «Giorno dopo giorno vediamo crescere l’attenzione per le terme e l’attenzione e l’impegno degli operatori turistici per valorizzare e promuovere le attrattive termali del territorio in maniera integrata. Ne è riprova che la crisi economica dello scorso biennio ha inciso più sui flussi turistici e meno sul turismo termale. Al Paese serve un piano strategico per il turismo, per coordinare e stimolare iniziative e per un corretto uso delle risorse, specialmente in periodi di scarsità. Occorre migliorare le infrastrutture, a cominciare dai trasporti, oltre alla qualità del servizio e alla formazione mirata». Qual è il ruolo della Campania nel turismo termale italiano? Qual è l’indotto che ne deriva? «Il sistema termale italiano
conta circa 380 stabilimenti e la Campania è al primo posto sia per risorse geotermiche sia per stabilimenti in esercizio. E alla ricchezza della risorsa termale si affianca quella paesaggistica, del patrimonio culturale, dell’agroalimentare di qualità. Gli antichi romani parlavano di “Campania felix” e ancora oggi le attività turistiche e termali, presenti in tutte e cinque le province, sono una ricchezza vera in grado di attivare un indotto di tutto rispetto, sia sulla costa che nell’interno». La Regione Campania ha sbloccato i contratti per l’erogazione delle prestazioni da
In basso a sinistra, Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme
Costanzo Jannotti Pecci
29 ISCHIA
parte delle terme campane per il 2010. Qual è la situazione relativa ai fondi degli anni 2008-2009? Quelli stanziati possono risolvere la situazione delle Terme di Stabia, ultimamente al centro di scioperi per il mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti? «Abbiamo appreso con soddisfazione la notizia della firma, da parte del presidente della Regione Campania, del decreto che sblocca i contratti per l’anno 2010. È un buon risultato, ma molto ancora resta da fare. Le terme della Campania sono finalmente uscite da una situazione di stallo che durava
Le sorgenti termali presenti nell’isola, che conta circa 10 stabilimenti termali, di cui 5 veri e propri parchi, oltre a 80 alberghi termali di differenti categorie che rappresentano circa il 26% del totale degli esercizi alberghieri dell’isola
31,2% WEB La percentuale di turisti che prenota tramite email e Internet nel settore termale in Italia, l’ultimo in una classifica guidata dai laghi (50,4%)
da più di un anno, con grandi sofferenze gestionali per le imprese e per i lavoratori. Oggi possono contare su alcune certezze minime, anche se rimangono aperti i problemi relativi agli anni 2008-2009 per i quali abbiamo sollecitato la Presidenza della Regione a chiedere al governo lo sblocco dei fondi necessari. Sono risultati positivi di un nuovo modo di relazionarsi del vertice della Regione e della sua struttura ma anche un riconoscimento del ruolo di Federterme e del settore termale in Campania, che ha rispettato i tetti condivisi di spesa e realizzato un saldo positivo per il bilancio sanitario regionale, grazie alle cure erogate a pazienti provenienti da altre regioni. Anche le Terme di Stabia ne trarranno beneficio. L’obiettivo permanente è tornare a una correntezza dei rimborsi, alla quale devono corrispondere gestioni e bilanci in equilibrio, per evitare l’in-
sorgere di situazioni di crisi ingestibili». Secondo Isnart, sta prendendo piede anche in Italia la richiesta di un prestito vacanza per raggiungere centri benessere o termali. Come giudica questo fenomeno? Pensa potrà portare un ulteriore aumento dell’indotto? «Il sistema sanitario nazionale assicura già oggi le cure termali a tutti i cittadini, gratuitamente, su prescrizione medica. E penso che tali prestazioni saranno ampliate per l’esigenza di diffondere la prevenzione e nuovi stili di vita positivi. Federterme concorre in tutte le sedi appropriate all’elaborazione di politiche per la crescita dei flussi turistici e del turismo termale e del benessere; partecipiamo anche all’iniziativa nazionale buoni vacanza e seguiamo l’evoluzione del progetto Ue Calypso per l’estensione dei buoni vacanze a quattro categorie di utenti ›› CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 221
TURISMO TERMALE
›› prioritari, ovvero giovani, an- per allungare le stagioni turiziani, disabili, famiglie. Abbiamo a disposizione buone pratiche da imitare per allargare la platea di quanti vanno in vacanza o possono andare. Ho avuto occasione, anche di recente, di parlarne con il nuovo presidente dell’Isnart, Maurizio Maddaloni, personalità ben nota non solo agli operatori turistici di Napoli e della Campania, e ho motivo di ritenere che i tempi sono maturi per avviare iniziative condivise
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Ritengo che i tempi siano maturi per avviare iniziative condivise per allungare le stagioni turistiche della Campania, con una promozione integrata dei vari turismi
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stiche della Campania, con una promozione integrata dei vari turismi tipici della nostra Regione». La legge di riordino del comparto termale è stata una vostra conquista. A dieci anni di distanza, che valore continua ad avere quel provvedimento? «È una buona legge che continua a esprimere il suo potenziale positivo, perché ha messo ordine nella legislazione preesistente, oltre a fornire gli strumenti di tutela della risorsa termale e una definizione certa dei soggetti, delle attività termali, dei beneficiari delle cure, delle responsabilità e delle procedure per costruire una collaborazione pubblico-privato sul territorio. Inoltre ha favorito la nascita della Fondazione per la ricerca scientifica termale, che raccoglie presso le imprese del settore le risorse necessarie
a sostenere la ricerca scientifica termale. Possiamo quindi dire che la legge 323/2000 è servita a consolidare un modello di welfare termale molto avanzato, preso a riferimento in Europa». Vi sono ulteriori margini d’intervento? «Sicuramente sì: bisogna tener conto dell’avanzamento della ricerca scientifica medica per fornire nuovi servizi e di qualità alla clientela. Per le imprese termali questo comporta continui investimenti per soddisfare una domanda di cure e servizi sempre più esigente. Ci conforta il permanente interesse dell’opinione pubblica e del legislatore nei confronti del nostro settore: basti pensare che il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, recentemente ha dichiarato che “le aziende termali devono essere sempre più parte integrante del Servizio sanitario nazionale confermando il proprio ruolo di motore di sviluppo per la salute e la sanità”. Abbiamo quindi davanti a noi l’imperativo di rispondere ad aspettative precise e prospettive concrete di ulteriore impegno per le imprese termali, per il personale scientifico e sanitario e i loro ausiliari, per il sistema sanitario del Paese».
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Il porto per i partenopei ideato dai partenopei Un porto turistico e una cittadella della vela a ovest di Napoli. Giuseppe Capuozzo e Luciano Troise raccontano pregi e virtù di una città che si trasforma in chiave ecologica e internazionale Luciana Fante
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In queste pagine, rendering del Porto Partenope, progetto di riqualificazione promosso dal Consorzio Nautica Partenopea, coordinato dall’architetto Giuseppe Capuozzo archicap@libero.it
area portuale di Napoli si arricchisce dotandosi del nuovo porto turistico a servizio della città e della ex area industriale di Bagnoli. Si chiama Porto Partenope il progetto di riqualificazione promosso dal Consorzio Nautica Partenopea. A monte un’idea semplice e coraggiosa: rileggere il capoluogo campano in chiave di sviluppo turistico marittimo, dando così nuova linfa vitale all’intera regione. A condurre il gioco non poteva che esserci uno staff rigorosamente autoctono.
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Giuseppe Capuozzo, architetto e capogruppo coordinatore dell’equipe costituita con l’architetto Fiammetta Adriani e dall’ingegnere Fabio Linguiti, affiancati da un folto numero di consulenti specialisti, ha un modo tutto suo per parlare del progetto: partire da ciò che lo circonda. La prima regola è, infatti, trovare la giusta armonia tra le forme che si susseguono. «Il Porto si integra così con l’ambiente e si lascia influenzare dal ripristino dell’ex Ilva e delle preesistenti aree di archeologia industriale». Dalla globalità degli intenti si entra
poi nello specifico tecnico. L’architetto, continua e tocca i punti cardine che caratterizzano l’infrastruttura. «La qualità dei servizi offerti, la sicurezza per la navigazione e dell’antincendio, l’efficienza degli impianti di controllo e gestione degli scarichi fluidi di bordo e dei rifiuti prodotti dalle imbarcazioni: questi sono stati gli obiettivi primari di Porto Partenope». Per poter meglio immaginare la collocazione spaziale della nuova struttura, l’architetto fornisce alcune indicazioni: «Il nuovo Marina sarà realizzato sul litorale di Bagnoli, parallelamente all’esistente Passeggiata a
Riqualificazioni
Mare costituita dal Pontile Nord, e in posizione esterna rispetto alla linea di costa». Continua Capuozzo aggiungendo che «l’integrazione tra porto e pontile è stata curata prevedendo sia la diversificazione della passeggiata esistente con collegamenti verticali tra la superficie in quota e quella sottostante di banchina, sia la valorizzazione delle superfici sotto il pontile. Le aree a terra della darsena sono interconnesse con quelle del parco urbano attraverso percorsi carrabili, pedonali e ciclabili». Ma per quanto riguarda il Pontile Nord, oltre alla possibilità
della passeggiata panoramica in quota, quali saranno i servizi offerti? «Innanzitutto un percorso di spazi attrezzati realizzato a livello banchina, su una superficie complessiva di tremilaquattrocento metri quadrati, giocata su due livelli. Invece le attrezzature di servizio e le attività commerciali di supporto al porto turistico saranno collocate in due tratti e saranno di centoquaranta metri quadrati ciascuno, posti uno in radice e l’altro all’estremo verso mare. Il primo tratto della galleria attrezzata ospiterà locali di vario tipo: servizi igienici, tappezzeria, veleria, accessori
ETTARI BACINO
L’infrastruttura portuale è caratterizzata da un grande bacino con una profondità massima di 7 metri
POSTI BARCHE Sarà la capienza della darsena
Punto forza della struttura è la polifunzionalità integrata con le forme armoniche del golfo di Pozzuoli, palcoscenico d’eccellenza
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PORTI TURISTICI
La darsena della vela Porto Partenope va a inserirsi in linea con quanto previsto dal Piano urbanistico attuativo del Comune di Napoli, posizionandosi quindi lungo il Pontile Nord. La nuova forma dell’area portuale scaturisce da tre esigenze fondamentali: fornire al progetto della darsena un disegno per lo specchio acqueo che ne garantisca, dal punto di vista di ingegneria idraulica e ambientale, un ricambio dei corpi idrici più naturali possibili con conseguenti vantaggi economici, nonché una maggiore sicurezza all’ingresso dell’approdo; fornire al progetto della darsena un disegno per lo specchio acqueo che ne garantisca una fattibilità economica per il Consorzio Nautica Partenopea per cui i costi di realizzazione delle opere da farsi siano soddisfacenti in considerazione degli ammortamenti da prevedere secondo i tempi di concessione demaniale: fornire al progetto della darsena un spazio nello specchio acqueo che oltre agli ormeggi preveda anche uno spazio espositivo permanente per la vendita delle barche e per la prova in acqua.
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nautici, info point, pronto soccorso, abbigliamento nautico, scuola vela, punto market e persino un centro benessere. Mentre il secondo tratto della galleria attrezzata accoglierà, oltre agli immancabili servizi igienici, spogliatoi, depositi, uffici portuali, torre di controllo e vigilanza porto, arredo barche, punto ristoro, bar, yachting club, locali tecnici». Insomma si delinea un’area sfaccettata, pronta a rispondere ai diversi desideri dei turisti. Ugualmente confortevole e al passo coi tempi è anche la Galleria di servizi a terra. «A ridosso della strada di accesso al porto è possibile una fascia organizzata in tre aree attrezzate, attraversate da percorsi pedonali e ciclabili, che si affiancano a una galleria di servizi pari a 1795 metri quadrati, posta al di sotto di via Coroglio e collegata con la passeggiata sovrastante da due gruppi di ascensori-scale,
posizionati nell’intersezione dei percorsi che dal parco si protraggono verso il mare». E l’esplorazione virtuale non finisce qui, perché c’è persino un piazzale terrazzato, proprio sul versante del pontile che guarda Pozzuoli, che ospiterà una scuola vela. Decisamente funzionale ma ricca di verde sarà l’area parcheggi. Capuozzo sviscera i dettagli e scende nel particolare numerico: «347 posti auto, 158 posti moto e stazionamento navette. L’area sarà integrata nel parco urbano tramite un’opportuna cortina di verde perimetrale composta da 1178 metri quadri di prato e 300 alberi di alto fusto». La panoramica sui servizi termina con un breve e indispensabile accenno all’area tecnica di banchina di riva. Continua l’architetto: «Nel perimetro a sud est, la banchina ospita una darsena per il sollevamento e varo delle imbarcazioni e gli impianti per
Riqualificazioni
l’aspirazione dei rifiuti ». Quest’ultimo è un dettaglio tecnico non di poco conto. Ora che le linee progettuali sono, almeno sulla carta, ben definite tocca approfondire la vocazione che lo sorregge. Il Presidente del Consorzio Nautica Partenopea Luciano Troise, con la complicità dell’Amministratore Delegato Marco Barra, strizza l’occhio al retroterra culturale che fa da filo conduttore. «Il porto per i partenopei ideato dai partenopei» così è stato definito. Il taglio del nastro è previsto al massimo entro tre anni dall’inizio dei lavori. Troise si proietta verso un futuro imminente e chiarisce il punto forza della struttura: la polifunzionalità integrata con le forme armoniche del golfo di Pozzuoli, palcoscenico d’eccellenza. In definitiva. «Porto Partenope, ben lungi dal risolversi in una mera speculazione edilizia, costituirà un’importante realtà produttiva, forte di ben ventitré aziende napoletane consorziate. Queste già oggi
In basso, panoramica del progetto del Porto Partenope promosso da Luciano Troise, presidente del Consorzio Nautica Partenopea lucianotroise@pbinet.it
danno lavoro a cinquecento persone e, a progetto realizzato, ne occuperanno ancora di più. Poi bisogna considerare l’intero indotto di quello che sarà il primo porto di servizi per importanza e per fatturato nel Meridione d’Italia». Non solo una struttura moderna, tecnologicamente avanzata e rispettosa di tutti i vincoli ecologici, il nuovo porto saprà essere un’attrattiva turistica. «L’offerta sarà sia di tipo tecnico, nelle sue varie declinazioni di assistenza, rimessaggio e lavori di qualsiasi tipo da eseguire a bordo, sia ludica». Ed è su quest’ultimo aspetto che si gioca la vera sfida del progetto, capace di abbracciare una vasta gamma novità: dalla totale informatizzazione dei servizi, sino alla possibilità di rifornimento a bordo di ogni tipo, dal catering al noleggio di auto e motorette, per finire con le visite guidate. «Il tutto senza “invadere” con prepotenza lo spazio circostante e appesantirlo con nuovo cemento. L’impatto
visivo sarà ben più modesto di quanto previsto dallo stesso piano urbanistico esecutivo del Comune di Napoli» conclude Troise. Un progetto ambizioso che si renderà possibile grazie alla sinergia di una filiera della nautica composta da ventitré tra imprese e artigiani, provenienti dai settori più disparati. Sono costruttori, importatori, distributori di ricambi e di accessori, consulenti, operatori nel settore del rimessaggio, delle officine meccaniche ed elettriche, della carpenteria, maestri velai, tappezzieri e maestri dell’acciaio. Hanno deciso di puntare tutto sulla passione che li accomuna: il mare. Hanno così contribuito a consolidare la nautica partenopea. Ora il gruppo si prepara, insieme all’Associazione Nautica Regionale Campana, a organizzare una fiera di livello internazionale che possa focalizzare l’attenzione su Napoli, Bagnoli e il nuovo porto.
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SPESA FARMACEUTICA
L
a manovra economica messa a punto dal governo ha agitato e continua ad agitare diversi e numerosi ambiti, sociali, politici, culturali, sanitari a causa dei cospicui tagli previsti. Molte realtà rischiano ridimensionamenti se non si trovano nuove e appropriate soluzioni. La crisi ha reso impellente la necessità di un’azione risoluta da parte del governo per attutire i duri colpi inferti all’economia, ma occorre non perdere di vista lo sviluppo organico del Paese, permettendo che chi lavora tanto e bene abbia possibilità e risorse sufficienti. È ciò che sostiene il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, segretario della XII Commissione permanente Igiene e sanità e membro della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, il quale spiega in che modo la manovra economica coinvolge il servizio farmaceutico. La manovra economica definisce un taglio sulla spesa farmaceutica di 600 milioni di euro per il 2011 e il 2012: l’articolo 11, infatti, prevede che grossisti e farmacisti applichino uno sconto obbligatorio. Ciò ha provocato il disappunto dei distributori farmaceutici. «In realtà il disappunto è dell’intera filiera. Industria, distributori e farmacisti, con toni e motivazioni differenti, hanno espresso preoccupazione per l’impatto che il provvedimento
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Serve competitività e innovazione La manovra economica prevede tagli in numerosi settori produttivi, generando difficoltà importanti, che si spera verranno col tempo assorbite. Le complicazioni causate dalla recessione finanziaria esigono provvedimenti decisi. Ne parla il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri Simona Cantelmi
potrebbe avere sull’efficienza dell’intero sistema. La manovra finanziaria è la risposta coerente che il governo ha dato a una crisi economica internazionale senza precedenti che chiama l’intero Paese a farsi carico di qualche sacrificio. Credo tuttavia che l’intero comparto farmaceutico debba essere riconsiderato con un nuovo approccio politico che ne rilanci le potenzialità». In che modo? «È noto che questo è un settore strategico dove il trinomio ricerca, innovazione e sviluppo genera documentati benefici per la tutela della salute, per l’occupazione e per l’economia del Paese; com’è altrettanto noto che l’assistenza farmaceutica territoriale si appoggia saldamente su un sistema distributivo moderno e sulla rete capillare delle farmacie che assicura un servizio efficiente. Bisogna tutelare e potenziare questi aspetti. Eppure proprio su questo comparto virtuoso si scaricano troppo spesso i guasti derivanti da inefficienze gestionali e sperperi prodotti in altri settori della sanità. Sosterrò con convinzione un serio e duraturo accordo di fi-
A sinistra, il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri
Luigi D’ambrosio Lettieri
liera che apra una prospettiva di stabilità, premiando la competitività e l’innovazione in un settore a forte valenza etica». Altra questione “calda” riguarda i farmaci generici: fino alla fine di quest’anno ci sarà una riduzione sui prezzi, ma dall’anno prossimo lo Stato non rimborserà più tutti i generici di fascia A, ma solo quattro prodotti per principio attivo. Sarà così? «Dal 2011 il prezzo dei farmaci equivalenti erogati dal Ssn verrà stabilito sulla base di una ricognizione effettuata dall’Aifa sul prezzo vigente nei paesi dell’Unione europea. I nuovi prezzi di rimborso devono produrre complessivamente un risparmio di 600 milioni di euro. Va da sé che l’utente può ottenere il farmaco equivalente più costoso assumendosi l’onere della differenza di prezzo. Così facendo lo Stato garantisce al paziente l’accesso gratuito alla terapia, ma fissa le regole dei
600 mln EURO
Il taglio previsto sulla spesa farmaceutica dalla manovra economica per il 2011 e il 2012
293 PRINCIPI ATTIVI
Nuove entità terapeutiche entrate in commercio nel 2009 in Italia, analoghe in gran parte a farmaci già presenti sul mercato nazionale Fonte: Dialogo sui farmaci
costi. Certamente non si tratta di una norma “indolore”. Prevedo un riequilibrio economico all’interno del sistema con i conseguenti effetti delle logiche di mercato che avanzano. Queste norme spingono in avanti ancora di più il mercato degli equivalenti e credo che ben presto recupereremo le posizioni di primato della Germania». Lei è segretario della XII Commissione permanente Igiene e sanità. Quali sono le prossime iniziative della commissione riguardo al sistema farmaceutico nazionale? «Il provvedimento principale in commissione riguarda il riordino del servizio farmaceutico. L’iter è ormai a buon punto e, conclusa la discussione generale, in settembre avvieremo una breve fase di audizioni per poi passare agli emendamenti. La legge Gasparri-Tomassini, di cui sono relatore, mi sembra una buona base di partenza per ammodernare il settore migliorando ancora di più la capillarità e l’efficienza della rete di assistenza territoriale, le prospettive occupazionali e la competitività su base professionale. È importante ricostruire il trinomio farmaco-farmacistafarmacia e su questo costruire un solido progetto di assistenza basato su criteri di efficienza, economicità ed etica. In questo quadro può prendere corpo la “farmacia dei servizi” quale prezioso presidio socio-sanitario assistenziale del territorio. Altri disegni di legge inerenti al settore farmaceutico presenti in Commissione riguardano i farmaci biosimilari, le medicine non convenzionali e l’erboristeria». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 259
ONCOLOGIA
N
el piano oncologico nazionale per il biennio 2010-2012 è stata riconosciuta l’importanza dell’informazione in ambito oncologico. Per i malati di cancro, anche secondo recenti studi europei, l’informazione rappresenta la prima medicina. La conferma viene da uno studio condotto da Aimac e Aiom, in cui si evidenzia che gli strumenti informativi (libretti, dvd, opuscoli) migliorano il rapporto medico-paziente nel 90% dei casi. «La sempre più ampia diffusione dei mezzi di comunicazione di massa – sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente di Aimac – ha accresciuto i bisogni di informazione sia da parte dei malati che dei loro familiari». Inoltre, con l’introduzione del consenso informato «si è di fatto rivoluzionato il rapporto medico/paziente – prosegue l’ex ministro – mettendo il malato di fronte alla responsabilità di conoscere la propria malattia per partecipare alle decisioni». La possibilità di compiere ricerche autonome, all’interno di una sovrabbondante disponibilità di risorse «espone, tuttavia, il cittadino anche abile e provvisto di buona cultura generale, al rischio di disorientarsi rispetto alla mole di informazioni “accessibili”, tra l’altro non sempre affi-
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La grande rete del volontariato «Una buona informazione inserita in un processo di comunicazione efficace, risulta essere sempre di più uno strumento di lavoro per il sistema salute». L’impegno di Francesco De Lorenzo, presidente dell’Associazione italiana malati di cancro, per garantire a tutti i malati di cancro in Italia una buona “terapia informativa” e uguali trattamenti nella cura, senza disparità tra regioni Renata Gualtieri dabili sotto il profilo clinico-scientifico». Una buona informazione, quindi, inserita in un processo di comunicazione efficace, «risulta essere sempre più uno strumento di lavoro per il sistema salute», ribadisce De Lorenzo. Tutto ciò rientra negli obiettivi del Piano oncologico nazionale 2010-2012 laddove viene sottolineato che l’informazione sulle cure oncologiche deve essere sempre ancorata a parametri di elevata scientificità, rifuggendo dalla divulgazione di messaggi che promettono risultati terapeutici non avallati dalla comunità scientifica e che è necessario garantire una comunicazione equilibrata in grado, tra l’altro, di evidenziare benefici e rischi delle nuove tecnologie. Help-line è uno dei servizi offerti da Aimac. Quali sono le richieste più frequenti fatte dai malati di cancro o dal loro familiari? «L’Help-line ha sede presso Aimac ed è un servizio telefonico e telematico nazionale di accoglienza e informazione in oncologia. Un’équipe di operatori - appositamente formati all’accoglienza, all’ascolto e alla rilevazione del bisogno informativo - avvalendosi della consulenza di varie professionalità fornisce risposte alle specifiche necessità espresse dagli utenti, che nel 2009 sono
A sinistra, il professor Francesco de Lorenzo, presidente dell’Aimac; nella pagina a fianco, una postazione dell’Help-Line
Francesco De Lorenzo
Un’équipe di operatori appositamente formati all’accoglienza, all’ascolto e alla rilevazione del bisogno informativo, avvalendosi della consulenza di varie professionalità fornisce risposte alle specifiche necessità
stati circa 2.500. Le richieste inoltrate all’Helpline di Aimac riguardano soprattutto i benefici socio-previdenziali cui si ha diritto durante le fasi delle terapie e del follow-up; informazioni sull’iter diagnostico terapeutico (26%); informazioni sulle associazioni di volontariato (23%) e sulle possibilità esistenti sul territorio di ricevere supporto psicologico (38%) e sugli aspetti nutrizionali». Quanto è importante partire dalle reti contro un’emergenza planetaria come il cancro? «Sono talmente convinto che le reti siano fondamentali che nel 2003 ho fondato Favo, la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, l’associazione delle associazioni di volontariato a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie che contribuisce a creare sinergie fra le diverse associazioni e ad assicurare una rappresentanza unitaria dei malati
nei confronti delle istituzioni. È costituita da oltre 500 realtà, molte delle quali diffuse su tutto il territorio nazionale attraverso rappresentanze in tutte le province, per un totale di circa 25.000 volontari (nella maggior parte dei casi malati o ex malati) e 700.000 iscritti a vario titolo. Le associazioni federate si diversificano tra quelle che operano presso i centri di cura e i presidi sanitari, quelle che operano nelle proprie sedi, quelle che assistono malati affetti da particolari neoplasie e anche da alcune che si occupano di oncologia pediatrica». Come si possono tutelare i diritti e gli interessi dei malati di cancro? «La norma del part time contenuta nella Legge Biagi del 2003, come è noto, riguardava solo i dipendenti del settore privato. Ma in occasione dell’iter che ha portato all’approvazione della Finanziaria 2008, è stato possibile estenderla anche ai dipendenti del pubblico impiego e, in diversa misura, ai familiari o conviventi che assistono il malato. Così oggi tutti i lavoratori dipendenti con posto fisso hanno in mano un valido strumento per non essere espulsi dal CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 273
ONCOLOGIA
Il sostegno socioassistenziale e la tutela del lavoro sono aspetti riabilitativi importanti per il miglioramento della qualità della vita dopo una diagnosi di cancro
processo produttivo, mentre i loro familiari, se la-
voratori, acquisiscono un titolo preferenziale rispetto ai colleghi nel mutare l’orario di lavoro (da tempo pieno a tempo parziale) e potersi prendersi cura del congiunto affetto da neoplasia. È inoltre in corso di realizzazione anche il progetto sperimentale, finanziato dal ministero del lavoro, insieme a Eni, Inps, Sodalitas e Consiglio provinciale dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano chiamato “Una rete solidale per attuare le norme a tutela dei lavoratori malati di cancro sui luoghi di lavoro”. L’attività di lobbying svolta da Aimac a partire dai primi anni del XXI secolo ha indotto le autorità politiche a recepire e concretizzare innovative azioni per dare risposte ai nuovi bisogni dei malati di cancro che sono sempre più malati cronici. Il sostegno socio-assistenziale e la tutela del lavoro sono aspetti riabilitativi di fondamentale importanza per il miglioramento della qualità della vita, per il ritorno alla vita dopo una diagnosi di cancro. Si possono tutelare i diritti e gli interessi dei malati di cancro sicuramente facendoli conoscere ai malati e ai loro familiari. A tale scopo abbiamo creato anche il libretto informativo “I diritti dei malati di can-
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cro”, scaricabile dal nostro sito». Cosa è stato fatto in questi anni? «Nei 5 anni di attività di Favo tutto è cambiato, l’associazione ha promosso studi e indagini con tutti gli Istituti nazionali tumori Irccs (Milano, Aviano, Genova, Roma, Napoli, Bari) e con molte università; ha documentato inaccettabili disparità nell’accesso ai trattamenti terapeutici e assistenziali tra le regioni italiane; ha richiesto e ottenuto nuove leggi per garantire le tutele ai malati di cancro che vogliono lavorare, come pure per il tempestivo riconoscimento della disabilità - anche transitoria - che affligge i malati nel momento in cui iniziano il trattamento chemioterapico; ha chiesto e ottenuto l’approvazione del Piano oncologico nazionale, nel quale al volontariato è riconosciuto un ruolo centrale». Quali le prossime sfide? «Per quanta riguarda l’Aimac potenziare il servizio informativo nazionale che abbiamo creato, ampliarlo e fare in modo che tutti gli ospedali che hanno un rilevante accesso di malati oncologici possano dotarsi di un punto informativo. L’altra grande sfida, che riguarda tutto il volontariato oncologico, è quella di garantire a tutti i malati in Italia uguali trattamenti perché ci sono delle disparità tra le varie regioni che rendono il trattamento dei malati di cancro in alcuni casi inaccettabile e penalizzante. Poi c’è la grande disparità di accesso ai nuovi farmaci in ben 14 regioni, dove la presenza di prontuari regionali rallenta e a volte nega l’accesso ai medicinali che sono salvavita. Questo non succede in regioni come la Lombardia e il Piemonte dove il farmaco innovativo appena approvato viene immediatamente erogato. La vera sfida del volontariato è dunque evitare che con il federalismo fiscale queste disparità si accentuino».
RICERCA
L’elisir di lunga vita è nel Dna Annibale Puca, ricercatore del Cnr-Itb e del gruppo MultiMedica, conduce da 10 anni studi sui geni che determinano la longevità. Scoprendo che avere un parente centenario è quantomeno di buon auspicio Riccardo Casini
Q
uello dell’eterna giovinezza è un mito che si tramanda da secoli, tra leggende riguardanti elisir e fonti varie. E se il segreto fosse invece dentro di noi? È quello che sostiene Annibale Puca, ricercatore del Cnr-Itb (centro ricerca dell’Istituto di tecnologie biomediche) e del Polo scientifico del gruppo MultiMedica, autore di vari studi sul cosiddetto “gene della longevità”: l’ultimo, pubblicato a luglio sulla rivista Science e realizzato in collaborazione con la Boston University, ha permesso di identificare i profili genetici delle persone predisposte a raggiungere e superare la soglia del secolo di vita. «Ho iniziato a lavorare a questo progetto – racconta Puca – negli Stati Uniti nel 1998 insieme a Thomas Perls. All’inizio ottenemmo risultati sporadici, ma poi ci concentrammo sull’analisi di 140 famiglie basandoci su un approccio genetico. Nel nostro percorso abbiamo incontrato casi, come quelli di famiglie di origine siciliana con una genìa di 10 figli tutti over 100, che confermavano il nostro assunto di partenza, ovvero che la genetica era coinvolta nello studio della longevità. Un successivo studio su fratelli e sorelle di centenari, condotto su 400 famiglie, ha mostrato che la probabilità che questi diventino a loro volta centenari era addirittura maggiore rispetto a quella dei figli: 17 volte per i fratelli, 8 per le sorelle». 276 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
Un’indagine condotta con un approccio statistico, quindi. Grazie a questo avete individuato anche la zona in cui risiede il gene della longevità. «Tutti i centenari presi in esame avevano in comune una regione genica sul cromosoma 4, contenente un numero di geni tra cui si trovano quelli responsabili del cosiddetto invecchiamento rallentato. Non si può infatti parlare di un unico gene della longevità, dal momento che sono state invece individuate 150 varianti genetiche: la mia collega Paola Sebastiani ha messo a punto un algoritmo che, valutando queste varianti, riesce a predire con il 77 per cento di probabilità se una persona raggiungerà il secolo di vita». Ora in che direzione si stanno sviluppando gli studi? «L’innovazione tecnologica ha permesso di approfondire queste tematiche grazie agli studi di associazione “genome wide”, nei quali viene ricreata la sequenza del genoma dei centenari per essere messa a confronto con quella di persone normali e individuare le varianti. Si tratta di studi che danno una risposta abbastanza soddisfacente sulle varianti più o meno rappresentate nella popolazione centenaria. Il mio gruppo invece sta portando avanti uno studio sulla popolazione italiana del Cilento, una zona bellissima già oggetto di studi anche in tema di dieta mediterranea». Cosa è emerso da questo studio in particolare? «Che i meccanismi biologici sono influenzabili sia geneticamente che da fattori esterni come
Annibale Puca
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I geni non sono modificabili, ma alcune funzioni che controllano sì. E potrebbero divenire il target per sviluppi nel campo della medicina o dei prodotti naturali
In apertura, Annibale Puca, ricercatore del Cnr-Itb e del Polo scientifico del gruppo MultiMedica
esercizio fisico e restrizione calorica. In altre parole, tutti siamo potenzialmente centenari se facciamo ginnastica e dieta: è a quel punto che interviene la genetica». Il tema si presta a fantasie e speculazioni di vario tipo. Quali sono realisticamente le possibili applicazioni dei vostri studi? «I geni non sono modificabili, ma lo sono alcune funzioni che controllano. E queste potrebbero divenire il target per uno sviluppo nel campo della medicina o dei prodotti naturali, come gli integratori. Gli attuali prodotti antiaging invece si basano sul nulla, non siamo stati nemmeno interpellati dai produttori. Al momento stiamo effettuando ulteriori esperimenti di laboratorio sui geni del cromosoma 4 per vedere come e se ognuno di questi influenza i meccanismi di invecchiamento. Siamo tranquilli dal momento che, se un gene è già selezionato nel genoma di un centenario, sono da escludere rischi collaterali». In concreto, in che tempi è possibile ottenere risultati nel campo delle possibili applicazioni? «Dipende tutto dagli investimenti: negli Stati Uniti ci si occupa maggiormente della ricerca in questo campo rispetto all’Europa, dove si punta più su altri settori come quello delle malattie
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cardiovascolari. Le prospettive ci sono, nessuno si sta inventando nulla. Ma va detto che per arrivare a questo punto ci sono voluti 10 anni. E che nel frattempo anche altri approcci, come la ricerca sulle cellule staminali, stanno andando nella nostra direzione». In passato si è parlato anche di fattori geografici, in seguito alla scoperta di comunità dall’età media molto elevata localizzate in piccoli centri. La longevità è legata anche al territorio? «Penso non ci sia un grande riscontro in questo senso. Nei piccoli paesi rurali, spesso oggetto di questi “studi”, c’è spesso un’emigrazione giovanile forte, che falsa inevitabilmente i dati sull’età media. Sicuramente in zone come il Cilento e la Sardegna si è registrata una diversa distribuzione dei centenari tra genere maschile e femminile (1:1 contro 1:10 in altri luoghi), il resto è tutta pubblicità». Di certo, insomma, c’è solo che un familiare centenario fa ben sperare. «Dico di più. Quando si sceglie il proprio compagno, marito o moglie, non bisogna guardare al conto in banca o all’aspetto fisico, ma chiedere l’età dei genitori o dei nonni: è il modo migliore per proteggere i nostri futuri figli garantendo loro un invecchiamento sereno». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 277
DISTRETTI SANITARI
Riorganizzare l’Asl per dare sicurezza al territorio Razionalizzare e riorganizzare i distretti, due punti prioritari per Francesco Rocca, neo commissario dell’Asl Napoli 2 Nord nominato dalla Giunta regionale della Campania. «Si tratta di un lavoro complesso che non si può risolvere in poco tempo, è però importante gettare le basi per il futuro» Nike Giurlani
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rancesco Rocca, commissario della Croce Rossa italiana e neo commissario straordinario dell’Asl Napoli 2 Nord, ha davanti a sé mesi di duro lavoro. Rocca, entrato in carica ad agosto, sostituisce Alfredo Savarese e concluderà il suo mandato il 31 dicembre 2010. Se si parla di progetti a lungo termine, il commissario Rocca non ha dubbi: raggiungere gli obiettivi che sono stati prefissati, in modo da ottenere un giudizio positivo al momento del confronto con la Giunta. Prima di pensare al futuro, quindi, bisogna puntare l’attenzione sul presente e sull’emergenza che interessano i distretti che fanno parte dell’Asl Napoli 2 Nord. Priorità: analisi della situazione finanziaria, razionalizzazione delle strutture, spesa farmaceutica, adozione dei provvedimenti attuativi del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, verifica delle duplicazioni di direzione di strutture complesse e controllo delle procedure esecutive adottate dai creditori. L’Asl Napoli 2 Nord ha alle spalle una storia travagliata per quanto riguarda la dirigenza, quali sono state, quindi, le priorità che si è trovato ad affrontare? «In un anno e mezzo si sono susseguiti ben cinque commissari ognuno dei quali ha ap278 • DOSSIER • CAMPANIA 2010
portato un proprio piano organizzativo. La mancanza di continuità ha causato delle problematicità evidenti. Molti, quindi, gli aspetti da affrontare. Prima di tutto la predisposizione entro 60 giorni del piano delle consistenze e la verifica, entro 45 giorni dello stato di attuazione degli obiettivi previsti dal Piano di rientro, con particolare attenzione alla spesa farmaceutica e al personale. E, sicuramente, fare il punto della situazione per quanto concerne l’aspetto finanziario attraverso una ricognizione puntuale delle risorse disponibili per poter poi ripartire». Quale sarà la sua risposta all’esigenza di attuare al più presto una riorganizzazione della rete ospedaliera? «Tutta la rete ospedaliera va rivista. Occorre riorganizzare i vari distretti e le funzioni svolte all’interno delle singole strutture ospedaliere. Non è possibile avere a pochi chilometri di distanza due strutture simili e non in grado di adempiere pienamente ai propri compiti. Biso-
In basso Francesco Rocca, neo commissario straordinario dell’Asl Napoli 2 Nord
Francesco Rocca
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Occorre riorganizzare i vari distretti e le funzioni svolte all’interno delle singole strutture ospedaliere
gna apportare un piano di razionalizzazione delle competenze e delle strutture. Ovviamente, in questi mesi, l’importante sarà creare le linee guida per il futuro. Si tratta di un lavoro complesso che non si può risolvere in poco tempo, è però importante gettare le basi per poter crescere e migliorarsi, a prescindere dalla mia presenza dopo lo scadere del mandato. È importante potenziare la sinergia tra i vari distretti facenti capo all’Asl Napoli 2 Nord affinché si possa realizzare un uso virtuoso delle risorse a disposizione. Penso, per esempio, alla presenza delle residenze sanitarie assistenziali per gli anziani che sono pronte da mesi, ma che ancora non sono state aperte o alla situazione che si è venuta a creare a Ischia per la difficoltà incontrata nel garantire una adeguata assistenza sanitaria». Dopo aver analizzato le difficoltà, quali sono gli aspetti positivi che avuto modo di riscontrare all’interno dell’Asl Napoli 2 Nord? «C’è voglia di cambiare. Ho trovato un personale qualificato e competente che ha intenzione di collaborare per migliorare la realtà. Inoltre, ci sono interessanti progetti che verranno attuati prossimamente e che cambieranno le sorti dell’Asl, come per esempio quello di portare l’ospedale di Pozzuoli al
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terzo livello di capacità, trasformandolo, quindi, in un punto di riferimento per gli altri distretti». Affrontare situazioni di emergenza non è per lei una novità. Quali aspetti della sua esperienza all’interno della Croce Rossa pensa le torneranno utili per portare avanti il suo lavoro? «Certamente la capacità di far fronte alle emergenze in poco tempo, cercando di ottimizzare le risorse e razionalizzare gli interventi. Inoltre, già in passato, ho avuto modo di fornire il mio supporto manageriale a un’altra importante struttura ospedaliera e mi rendo perfettamente conto delle priorità e degli interventi che vanno portati a termine». CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 279
CARDIOLOGIA
Le nuove frontiere della cardiologia La cardiologia mette in campo le sue armi migliori per sconfiggere la fibrillazione atriale, l’aritmia che scompensa i cuori di due milioni di italiani. A colloquio con il dottor Crescenzo Barletta e il dottor Antonio De Simone Matteo Cavallari
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casi di malasanità italiana fanno sempre notizia e scalpore. I successi, invece, passano senza fare rumore. Eppure se ne contano tanti. Fare continue ricerche e sperimentare nuove terapie: è questo il monito quotidiano che si ripetono le eccellenze mediche nazionali. Particolarmente seguiti e apprezzati sono gli studi sulla fibrillazione atriale, uno dei casi più spinosi per la cardiologia mondiale. Quando si parla di nuovi contributi scientifici, bisogna sempre partire dalle lacune preesistenti. Nel I dottori Crescenzo Barletta, presidente cda, caso del trattamento della fie Lucio Delli Veneri, direttore sanitario della Casa di Cura San Michele. brillazione atriale, l’inefficacia Nell’altra foto il dottor Antonio De Simone, è data dalla terapia farmacoloresponsabile del servizio di elettrofisiologia gica esistente. Di qui la spinta a ed elettrostimolazione permanente sviluppare strade alternative. Ed clinicasanmichele@virgilio.it
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è quello che, in questi anni, ha fatto l’equipe medica della Casa di cura San Michele. In una parola: ricerca.Il direttore amministrativo Crescenzo Barletta fa un’analisi dettagliata sulle nuove cure, oggi introdotte e portate avanti dalla Casa di Cura San Michele a Maddaloni, in provincia di Caserta. «Abbiamo proposto, a partire dal 1996,avvalendoci della valida collaborazione del gruppo di lavoro di elettrofisiologia ed elettrostimolazione diretto dal dottore Antonio De Simone, la tecnica dell’ablazione transcatetere, efficace sin dai primi anni novanta nel trattare le principali aritmie cardiache. In questo modo, oltre alla scomparsa delle complicanze dovute ai sanguinamenti post-intervento cardochirurgico, abbiamo riscontrato un’alta percentuale di guarigioni. Di non secondaria importanza è la riduzione dei giorni di ricovero, che da dieci diventano al massimo due». Il successo si misura anche in base alla “leggerezza” in termini di degenza.Con orgoglio nel 2000 la clinica ha eseguito la prima ablazione in atrio sinistro dell’Italia centro-meridionale e, nel 2005, è stato presentato a Orlando il primo studio policentrico coordinato dalla clinica San Michele,
Fibrillazione Atriale
dimostrando così l’efficacia “universale” dell’ablazione transcatetere.«In questo modocontinua Barletta- oltre alla scomparsa delle complicanze dovute ai sanguinamenti postintervento cardiochirurgico, abbiamo riscontrato un’alte percentuale di guarigioni. Ne siamo molto orgogliosi- continua Barletta -per il semplice fatto che il nostro studio ha dato la spinta, per quanto riguarda l’esecuzione dell’ablazione transcatetere, all’elaborazione delle linee guida sia in America che in Europa. La nostra tecnica viene tuttora seguita con interesse scientifico e i nostri risultati vengono raccolti e pubblicati nelle principali riviste del settore». La clinica San Michele è all’avanguardia anche per quanto riguarda una patologia epidemiologica davvero spinosa, che risulta essere tra le principali cause di morte nei paesi industrializzati: lo scompenso cardiaco. In questo ambito la prognosi rimane tuttora deludente, nonostante la progressiva intuizione di farmaci in grado di migliorare l’evoluzione della malattia e di aumentare la sopravvivenza. Infatti la maggior parte dei pazienti scompensati rimane fortemente sintomatica. «Anticipando i tempi, il nostro centro ha puntato sulle terapia di reL’efficacia della tecnica sincronizzazione cardiaca applicata a pazienti affetti dell’ablazione da gravi forme di scomtranscatetere è stata penso cardiaco e con partipresentata a Orlando colare tipo di anomalie ed è un parametro di e l e t t r o c a rd i o g r a f i c h e , come il blocco completo Anche in questo caso l’esperiferimento nel mondo di branca sinistra. La rerienza maturata sul campo ha scientifico, sia americano sincronizzazione cardiaca portato alla pubblicazione di che europeo consiste nella stimolazione un importante lavoro scientiatrio-biventricolare del fico sulla sopravvivenza di cuore, mediante tre eletpazienti portatori di resintrodi inseriti rispettivamente in atrio destro, cronizzazione cardiaca. E la prossima imin ventriloco destro e sinistro via seno coropresa? «Attualmente – conclude Barletta – al narico. Tale impianto – precisa il Dottore fine di produrre ulteriori lavori, ci stiamo De Simone – consente una riduzione dei riconcentrando sugli aspetti tecnologici della tardi di conduzione atrioventricolare e ingestione remota mediante sistemi di telemeterventricolare, e il conseguente miglioradicina applicati ai pazienti ad alto rischio di mento della capacità contrattile del cuore». morte aritmica.
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CAMPANIA 2010 • DOSSIER • 283