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OSSIER EMILIA-ROMAGNA L’INTERVENTO..........................................11 Roberto Luongo Mario D’Alonzo Guido Carella Marco De Bellis

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................18 Paolo Gottarelli STRATEGIE ............................................24 Ferruccio Dardanello Carlo Alberto Roncarati Ivano Dionigi Federica Guidi Giorgia Iasoni Alberto Vignatelli MERCATI.................................................42 Antonio Tajani Alessandro Barberis ACCESSO AL CREDITO.....................48 Carlo Sangalli I dati di Bankitalia ASSET......................................................54 Antonio Catricalà Massimo Scaccabarozzi

8 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013

ECONOMIA E FINANZA DISTRETTI INDUSTRIALI .................62 Valter Taranzano Vittorio Borelli Pier Luigi Ferrari INTERNAZIONALIZZAZIONE ...........72 Michele Serra Eros Gherardi Miria Bastoni EXPORT ..................................................80 Roberto Catelli Federico Damiani Bernard Gilson Massimo Paraboschi TECNOLOGIE.........................................90 Gabriele Gianni Roberto Carlotti Alessandro Tassi

MODELLI D’IMPRESA........................98 Giacomo Bettati Nicola Maggi Mauro Ferrari Giovanni Vincini e Paolo Subacchi Ercole Zurla Gaio Croci CONSULENZA......................................110 Diego Ferretti POLITICHE AGRICOLE .....................114 Nunzia De Girolamo AGROALIMENTARE............................118 Angelo Capasso Amerio Giuberti Claudio Peschiera Damiano Contini Sabrina Dallagiovanna Cantina Settecani L’INDOTTO DEL GUSTO..................132 Giorgio Rossolini


Sommario TERRITORIO

SANITÀ

INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI ......................150 Paolo Buzzetti

CORSIE D’ECCELLENZA.................186 Gilberto Poggioli

EDILIZIA ................................................154 Made Expo Saie Leonardo Celestra Stefano Dalla Pier Paolo Povoledo Dario Cervellati Vincenzo e Beatrice Bassi MERCATO DEL LAVORO ................136 Il decreto occupazione Maurizio Sacconi TURISMO CULTURALE....................140 Pier Luigi Celli Renzo Iorio Giovanni Puglisi Fabio Roversi Monaco

LOGISTICA E TRASPORTI ..............170 Armando Torello TUTELA DEL TERRITORIO ...............................174 Mauro Malagoli L’EMILIA DOPO IL SISMA ...............176 Maria Nora Gorni Gabriele Cesari Alessandro Martelli

BIOMEDICALE.....................................190 Maurizio Marfori Savini ORTOPEDIA .........................................192 Provvido Mazza FISIOTERAPIA.....................................194 Antonino Tamburello e Andrea Bernardi RIFLESSOLOGIA ................................196 Patrizia Faccenda MEDICINA ESTETICA .......................198 Pierpaolo Pavanello ASSISTENZA......................................200 Ester Schiaffonati ODONTOIATRIA.................................204 Giuliano Alfieri

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L’INTERVENTO

A difesa del bilancio della comunità di Mario D’Alonzo, generale di brigata, a capo della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna

autorità di governo ha da poco fissato le aree prioritarie d’intervento 2013 della Guardia di Finanza. Ulteriore rafforzamento alla lotta all’evasione e all’elusione fiscale, con particolare attenzione ai fenomeni di rilievo internazionale e potenziamento del contrasto agli illeciti che nuocciono alla spesa pubblica nazionale e comunitaria. In tale contesto, il Corpo si pone l’obiettivo di perseguire un effettivo ristoro delle casse erariali e un contrasto patrimoniale, costante e sempre più efficace, a ogni forma di illegalità. A tal fine, lo sforzo operativo compiuto tende a un approccio trasversale degli interventi e a una maggiore qualità degli stessi. Da quest’anno, infatti, è stata superata la filosofia degli obiettivi numerici da perseguire e, pertanto, è stato possibile rimodulare l’attività ispettiva intensificando le investigazioni e gli interventi contro l’economia sommersa, le frodi e le evasioni internazionali.

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L’indagine svolta dal centro studi Sintesi, pubblicata dal Sole 24 Ore nel mese di agosto, ha confermato ancora una volta che l’Emilia Romagna è la regione che presenta il minor rischio di evasione fiscale. Occorre certamente tenere in considerazione che i dati sono riferiti all’anno 2011, quando, cioè, la crisi economica iniziava a dare i primi segnali concreti, e prima dell’ulteriore colpo negativo assestato dagli eventi sismici che hanno colpito, nel maggio 2012, una vasta area produttiva del territorio emiliano. Ciononostante, l’Emilia Romagna è una regione ricca, produce circa il 9 per cento della ricchezza nazionale e i suoi abitanti si distinguono per saper coniugare in modo unico capacità imprenditoriali e benessere diffuso. Ma il rischio evasione, anche se basso, esiste pure qui e su questo i reparti territoriali indirizzano tutte le risorse e le proprie attenzioni. I risultati dei reparti dell’Emilia Romagna sinora raggiunti sono di sicuro rilievo. Nel 2012 sono stati complessivamente sequestrati,

nel corso di indagini giudiziarie per reati tributari, immobilità e disponibilità finanziarie per oltre 17 milioni di euro, mentre nei primi 8 mesi dell’anno 2013 i sequestri ammontano a 33 milioni di euro. Sempre nell’anno 2012, i contribuenti sottoposti a verifica dai reparti del Corpo hanno versato la maggior parte delle imposte constatate, senza ulteriore attività istruttorie dell’Agenzia delle entrate, per un ammontare pari a 15 milioni di euro, mentre nei primi 8 mesi dell’anno in corso il versamento della maggiori imposte versate ammonta ad oltre 13 milioni di euro. In conclusione, la Guardia di Finanza ha in capo una funzione di grande responsabilità, cioè la garanzia del bilancio dello Stato, sia sul versante delle entrate che su quello delle uscite. Un compito ancora più rilevante nell’attuale periodo di crisi economica, in cui ognuno è chiamato a fare la propria parte per attuare i principi di rigore finanziario, equità sociale e sviluppo del Paese. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 13



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Il lavoro è creare lavoro di Guido Carella, presidente Manageritalia

i affanniamo a pensare, ipotizzare e tentare tutte le strade possibili per creare lavoro. Ma sembra che nessuno sappia più come e perché il lavoro, ma soprattutto la crescita economica, si crea e si distrugge. Qualcuno pensa che basti un incentivo. Qualcun altro ritiene che servano leggi su leggi, quasi che crescita e lavoro si creino per decreto. Pensiamo di governare il lavoro, cosa mai data in natura, e non sappiamo creare e governare le condizioni che ne sono alla base. Oggi, anche negli Stati Uniti, ci sono città e intere aree geografiche che, ancorate a un’economia e un lavoro di decenni fa, sono al collasso (si pensi alla bancarotta di Detroit). La manifattura è in calo in ogni dove, soprattutto quando non sa più fare innovazione, quella che invece l’ha spinta partendo da zero per tanti anni. La finanza è isolata e fine a se stessa, incapace di dare impulso vitale agli altri settori. Qua e là per il mondo, sempre meno in Italia, ci sono però intere città e aree geografiche che crescono e creano sviluppo, lavoro e ricchezza. La famosa Silicon Valley continua a essere l’economia più dinamica d’America e del mondo. L’ingrediente? Innovazione e conoscenza, veri motori della moderna economia basata non più sulla produzione di beni materiali. E oggi ancor più di ieri questa nuova economia vincente tende all’aggregazione geografica. Città e regioni che si popolano di lavoratori qualificati e imprese innovative e ne attirano, come le api sul miele, sempre di più. Perché oggi, ma anche ieri, pensiamo ai nostri distretti o al Rinascimento, il successo di un’azienda non dipende solo dalle qualità sua e dei suoi lavoratori, ma anche dall’ecosistema economico e sociale nel quale è inserita. Questi luoghi diventano uno stimolo e un incubatore ricco di idee e di tutto quanto serve per creare nuove idee e nuovi modi di fare impresa.

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Insomma, se guardiamo a quello che stiamo facendo noi oggi in Italia non possiamo che concludere che non ci siamo. Ignoriamo e non presidiamo formazione, ricerca, infrastrutture, cultura eccetera. Non creiamo le condizioni per crescere. Allora gli attori del mondo economico e sociale hanno un grande ruolo. Fare sindacato e rappresentanza è oggi ancora più indispensabile per mettere l’ecosistema nelle condizioni di preoccuparsi solo di crescere. Manageritalia e Confcommercio hanno appena prorogato la scadenza del contratto dirigenti del terziario di fine 2013, rimandando tutto alla fine del 2014. Abbiamo congelato gli aumenti economici e manutenuto welfare e workfare contrattuale, insistendo su programmi di formazione e politiche attive a supporto di dirigenti alla ricerca di un nuovo incarico e aziende che vogliono aumentare la competitività e cogliere nuove opportunità. Abbiamo rinunciato ad aumenti contrattuali, ma puntato a creare le condizioni migliori perché aziende e manager possano continuare a lavorare sinergicamente e in tranquillità. Insomma, questa è la strada da seguire. E se non sappiamo cambiare le logiche che guidano le nostre azioni, sarà impossibile cambiare il Paese. Forse, al rientro dalle ferie, dovremmo ripartire da qui. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 15



L’INTERVENTO

Legge Fornero: una cura “peggiore” della malattia? di Marco De Bellis, avvocato del Foro di Milano

a legge Fornero ha posto ulteriori “lacci” e “laccioli” alle assunzioni, sia nel rapporto di lavoro subordinato, sia per chi vuole intraprendere un’attività di tipo autonomo. Un incipit che ovviamente non incide in maniera positiva sullo scenario socio-economico in cui riversiamo. Il mercato necessita di una maggiore flessibilità, capace di favorire l’occupazione, non soltanto per i giovani. Ci troviamo, però, dinanzi a un testo creatore di inutili e cervellotici vincoli. Questi ultimi, posti nella fase genetica del rapporto, servono soltanto a scoraggiare la nascita di nuove collaborazioni. Molti rapporti che prima sarebbero stati considerati precari, oggi non sorgono nemmeno. E così i precari restano disoccupati. In sostanza, la cura è stata peggiore della malattia. In un momento di crisi sarebbe stato opportuno consentire qualsiasi iniziativa decorosa, che permettesse ai giovani e ad altre categorie a rischio, come gli over cinquanta, di restare collegati al mondo del lavoro. Inoltre, mentre sul rapporto subordinato sono prossime delle novità “correttive”, soprattutto sul contratto a termine, ci si è dimenticati del lavoro autonomo, che è – o meglio era – fonte di occupazione per milioni di persone. Prima c’erano le cosiddette “collaborazioni coordinate e continuative”, abbastanza elastiche. Poi, con il contratto a progetto, l’elasticità è stata ristretta. Ora è stato ulteriormente “ristretto il campo” e, specie in un periodo di recessione, si è rivelata quantomeno

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una scelta inopportuna. Le leggi a tutela del lavoro subordinato esistono almeno dai primi anni settanta, efficaci e rigorose: chi avesse intrapreso un rapporto di lavoro subordinato sotto le mentite spoglie del lavoro autonomo avrebbe, comunque, avuto tutele, indipendentemente dalla legge Fornero, potendo far accertare dal giudice la natura subordinata del rapporto. Tra gli altri temi al centro del dibattito, troviamo anche la cosiddetta “Cassa Integrazione in deroga”. Questa, pur perfettibile, rappresenta uno sforzo nella giusta direzione di ridurre il differenziale dei diritti tra i dipendenti delle grandi e delle piccole imprese. Concentrarsi sulla cassa, tuttavia, rappresenta un’operazione di retroguardia: l’unica vera sfida è rappresentata dalla creazione di nuovi posti di lavoro. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

Il professor Paolo Gottarelli esercita a Bologna www.paologottarelli.it


Paolo Gottarelli

UNA NUOVA IDEA DI SVILUPPO Dalla sanità all’imprenditoria, il potenziale della società civile emiliano-romagnola è immenso. Sono molti, però, gli ostacoli da superare. C’è chi ha deciso di puntare, comunque, su questo straordinario tessuto produttivo e professionale. L’incontro con Paolo Gottarelli Andrea Moscariello

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ologna è un laboratorio di idee e un luogo di sperimentazioni sociali ed economiche come pochi altri in Europa. Una realtà la cui società civile dimostra un forte interesse nei confronti della “Cosa Pubblica”. Imprenditori, professionisti, docenti. Un insieme di personalità che, sempre di più, sceglie di responsabilizzarsi e agire, in prima persona, per sostenere lo sviluppo e la crescita del Paese. Eppure è difficile, oggi, declinare il potenziale di una città così piena di risorse alle esigenze dettate dalla crisi. Cosa può fare la società civile felsinea? La domanda, apparentemente banale, è quella da cui è partito il professor Paolo Gottarelli, tra i più affermati chirurghi del capoluogo emiliano.

Un medico che ha conosciuto la notorietà principalmente grazie a una tecnica operatoria che lo ha reso un “unicum” sul panorama della chirurgia plastica. Una procedura riguardante la chirurgia nasale. Ma ciò che colpisce di Gottarelli non è tanto l’approccio medico, quanto quello filosofico. Per lui parlare di medicina e chirurgia significa parlare anche di Fibonacci, di Leonardo Da Vinci, di religione, ambiente. È un fiume in piena che non può fare a meno di collegare ogni aspetto delle arti e delle scienze. Nulla è a sé stante. Lo incontriamo al termine di una stagione piuttosto impegnativa. Per la prima volta Gottarelli ha scelto, non senza trovare ostacoli, di fondare un suo movimento politico apartitico. E mai


IN COPERTINA

come negli ultimi mesi la sanità emiliano-romagnola ha fatto i conti con scioperi, deficit e con una deregolamentazione del rapporto medico-legale che ha rivelato il “mal di pancia” di uno tra i sistemi più avanzati d’Europa. Ed ecco che qui torniamo alla domanda iniziale. Perché il desiderio di fare di più? «Perché voglio portare i cittadini nella politica attiva. È l’unico modo per creare fiducia e, di conseguenza, crescita». L’Italia non ha mai lasciato strada facile a chi, dalla società civile, si è addentrato nel mondo politico.

«È vero, ma in un certo senso ci sono sempre stato. Il ruolo del medico è anche politico, inteso nella sua accezione originaria. Capire le esigenze di salute, ma anche di inserimento sociale, dei cittadini dalle più diverse condizioni è politica. Certo, il perno attorno cui dovrebbe ruotare questa filosofia è la solidarietà, ma oggi questo valore non pare essere così condiviso». Perché sottolineare questo concetto, non teme di apparire populistico? «Assolutamente no. La solidarietà nel campo medico è fondamentale,

è l’unica speranza rimasta per sopravvivere in questo mondo e raggiungere il progresso. Questo è l’esercizio che dovrebbe compiere una politica sana. Il progresso sta nello sfruttare la nostra emancipazione scientifica per salvare il mondo in cui viviamo. Questo è l’obiettivo che deve porsi la scienza. E per farlo occorre quella solidarietà, quell’empatia sociale che ahimè si è persa in favore di materialismi o logiche che poco si curano dei bisogni dei cittadini». Come ha scelto il nome “Movimento Italiano Lavoratori Uniti”?

Viviamo un vuoto normativo che non tutela né il medico né il paziente. Si è fatto passare il concetto che se una persona muore all’interno di una struttura, muore per uno sbaglio

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Paolo Gottarelli

«Perché ho fiducia nei lavoratori, in chi si impegna in prima persona nella società». Lei opera in ambito sanitario. Il primo impulso deriva da qui? «Certo, la sanità, insieme alla scuola e alla giustizia, rappresenta un cardine, una colonna della nostra società. Ogni cittadino, ogni famiglia ha a che fare con il suo apparato. E la situazione in questo momento è gravissima. Per la prima volta si è assistito a scioperi del settore che hanno sfiorato il 100 per cento di adesioni». Si riferisce agli scioperi di questa estate? «Il sistema sanitario nazionale è al collasso. Viviamo un vuoto normativo che non tutela né il medico né il paziente. Il problema, però, è anzitutto culturale. Negli ultimi vent’anni si è fatto passare il concetto che se una persona muore all’interno di una struttura, pubblica o privata, muore sempre per uno sbaglio. E che bisogna guarire a tutti i costi». Quindi ci sono poche tutele per la classe medica? «Consideri che alle compagnie assicurative è stato concesso di rifiutare la sottoscrizione di polizze ai medici, a loro discrezione. E questo perché tali assicurazioni vengono ritenute poco redditizie. Ma un giovane medico come può affrontare una carriera senza tutele? Oppure, laddove gli venissero concesse, come fa ad affrontarne le spese? Tutto questo ginepraio ha corroso anche il rapporto tra il professionista e il paziente. Ma se viene meno il più importante dei legami sociali, quello tra il malato e colui che lo cura, come possiamo parlare di progresso?».

UN NUOVO APPROCCIO CHIRURGICO L’intervento che ha cambiato il mondo della rinoplastica abolendo l’uso del tampone. E che richiede una competenza multidisciplinare. i chiama “Turbinoplastica inferiore modificata”. Questa la tecnica concepita da Paolo Gottarelli che ha rivoluzionato la chirurgia nasale. Tecnica raccontata in un volume, giunto alla terza ristampa, dedicato a otorinolaringoiatri, chirurghi plastici e maxillofacciali. Il libro descrive dettagliatamente un nuovo approccio a numerosi problemi associati all’ipertrofia dei turbinati inferiori. Attualmente le tecniche più diffuse trattano solo la parte molle di queste delicate strutture ossee, conducendo spesso a recidive. Con l’approccio di Gottarelli, invece, vengono trattate tutte le parti anatomiche del turbinato. In particolare, la tecnica ha suscitato clamore avendo abolito l’uso dei tamponi nasali, particolarmente invasivi per i pazienti. «Il mio nuovo concetto di chirurgia nasale - ha dichiarato Gottarelli - lo definisco di “rinoplastica globale”. Tutto questo rappresenta ora quanto di più moderno sia stato messo a punto in questo campo, e supera non solo le diatribe tra la rinoplastica cosiddetta aperta e la rinoplastica chiusa, ma anche la distinzione tra interventi di sola chirurgia funzionale o di sola chirurgia estetica». Il medico ha inoltre creato una Onlus, “Io Respiro” impegnata, tra le altre cose, a diffondere questa novità che ha soddisfatto centinaia di pazienti. Si è creata, poi, la prima scuola di formazione di una nuova figura di chirurgo nasale, che dovrà avere competenze di chirurgia plastica, otorinolaringoiatria, chirurgia maxillofacciale, endoscopia chirurgica e microchirurgia.

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Con il suo movimento si è confrontato non soltanto con la classe sanitaria. Quali feedback sta ricevendo dal mondo dell’imprenditoria? «Gli imprenditori sono uno dei perni della nostra società. E sono

estremamente ricettivi. Gli italiani hanno voglia di cambiare le cose, di tornare a far crescere il Paese, ma siamo imbrigliati in un mare monstrum di burocrazia, e burocrati, che lascia poco spazio all’ingegno e alla pragmaticità». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 21


IN COPERTINA

In particolare cosa osserva nell’imprenditoria bolognese? «Secondo me è eccezionale. Trovo che la nostra cultura d’impresa sia l’unica via percorribile per salvare le cose. Da filosofo mi affiderei ciecamente agli imprenditori coraggiosi che ho avuto il piacere di incontrare, a quei capitani d’industria che sostengono il tessuto emilianoromagnolo. Ho sempre pensato che chi sa gestire bene 10 operai è colui a cui potrai affidarne mille. Un mio grande timore è legato al nostro modello di sviluppo, al meccanismo che genererà la ripresa dell’economia». Aspetti, lei ha timore della ripresa? «Certo. Se l’economia riparte senza un radicale cambiamento delle regole tra 50 anni distruggeremo questa Terra. Lo dico come scienziato in primis. Dobbiamo metterci in testa che lo sviluppo, quello vero, potrà avverarsi soltanto se inizieremo a produrre rispettando l’ambiente in cui viviamo. L’economia deve diventare sostenibile. Non si può parlare solo di Pil. Ma anche di energia, di ambiente, di risorse naturali, di sostenibilità sociale». Verrebbe da dire che questo non è l’argomento preferito dai politici. «Per questo ho deciso di puntare sugli imprenditori. Sono molto più ricettivi su questo aspetto di quanto non si voglia credere. Ricordiamoci che in Italia, e lo vediamo bene qui in Emilia Romagna, la classe imprenditoriale, inclusi i medici e le strutture sanitarie, hanno ottenuto risultati incredibili nonostante 22 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013

Trovo che la nostra cultura d’impresa sia l’unica via percorribile per salvare le cose. Ho sempre pensato che chi sa gestire bene 10 operai è colui a cui potrai affidarne mille

un sistema di burocrazie, fisco, regolamentazioni da azzeccagarbugli che tutto fanno fuorché creare presupposti di sviluppo. La classe dirigente si è appiattita sul mondo finanziario trascurando chi, sul territorio, crea il benessere. E mi riferisco agli imprenditori, ai professionisti, ai lavoratori, ai ricercatori universitari. Fare impresa e creare sviluppo in Italia è una sfida. Difficilissima. Ma non impossibile». Da uomo di scienza, ha sintetizzato la sua filosofia in una formula. «Si tratta di “R(em)2 a+”. Questa rap-

presenta un insieme di concetti a mio avviso fondamentali per il rilancio del sistema Paese. La “R” sta per “relax” e ci indica la necessità di agire con duttilità, scevri da condizionamenti e pregiudizi; la “(em)” sta per empatia, dunque il sentimento del sentire comune, nell’immedesimarsi nel prossimo; la “a” sta per azione. La mia speranza, ripeto, è quella di vedere una reazione da parte dei cittadini al fine di ingranare uno sviluppo reale, sostenibile, orientato verso un futuro privo di burocrazie inutili e fondato sulla meritocrazia».



STRATEGIE

Ritorno alla competitività Fare rete tra imprese ma anche con le istituzioni e le associazioni di categoria. Muoversi compatti per favorire internazionalizzazione, lavoro e start-up. Il punto di Carlo Alberto Roncarati sullo scenario economico emiliano-romagnolo Francesca Druidi

Italia si regge su fragili gambe. «Dall’economia europea arrivano timidi segnali di ripresa, ma la crescita del Pil dell’Eurozona non si estende ancora all’Italia che, unico fra i Paesi del G7, resta in recessione» commenta il presidente di Unioncamere Emilia Romagna, Carlo Alberto Roncarati, che pone l’accento su alcuni scenari di previsione: «si estende la flessione del Pil per il 2013 (da -1,1 a -1,6 per cento); i consumi scenderanno nuovamente più del Pil (-2,4 per cento), la contrazione degli investimenti sarà ampia». Si dovrà attendere il 2014 per la ripresa? «Difficile prevedere quando possa determinarsi un’inversione di tendenza. Sicuramente non presto. La crescita attesa nel 2014 viene lie-

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vemente ridotta dall’1 allo 0,9 per cento. Stando alle ultime previsioni, anche il 2014 sarà un anno negativo per l’occupazione. Negli anni Novanta, l’Europa soffrì a lungo della cosiddetta “jobless growth”, la crescita senza occupazione. Soprattutto nel nostro Paese, va evitato che succeda di nuovo». L’export resta un punto di forza dell’Emilia Romagna. Come favorirlo? «Mai come in questa fase, si avverte la consapevolezza che l’export e la proiezione internazionale delle imprese rappresentano una leva fondamentale per riprendere a crescere. La competitività dell’economia regionale non può prescindere dalla capacità di essere presenti sui mercati esteri, soprattutto in quelli dei paesi emergenti attraverso un im-

pegno strutturato, in grado di coordinare la promozione e offrire assistenza personalizzata alle imprese, specie le pmi. La base del sostegno camerale resta improntata a una solida collaborazione con gli enti pubblici per non sovrapporre iniziative e risorse, a cominciare dalla partecipazione a progetti integrati della Regione, e con le associazioni di categoria, lungo le direttrici e i mercati scelti come prioritari dal Comitato regionale export. In Emilia Romagna, l’obiettivo nel triennio è

Abbiamo sostenuto fin dal principio il contratto di rete per le reali potenzialità dello strumento a misura di impresa

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Carlo Alberto Roncarati

+3,3% PERCENTUALE DI AUMENTO DELLE ESPORTAZIONI DELL’EMILIA ROMAGNA NEL SECONDO TRIMESTRE 2013 RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELLO SCORSO ANNO Fonte Unioncamere Emilia Romagna su dati Istat

A sinistra, Carlo Alberto Roncarati, presidente di Unioncamere Emilia Romagna

di aumentare di 3mila unità il numero delle imprese esportatrici, in coerenza con il progetto Matricole, lanciato da Unioncamere a livello nazionale». Fondamentale è puntare sulla dimensione aggregativa. Come intervenire nello specifico? «Per cogliere il potenziale di crescita, le camere di commercio promuovono l’aggregazione tra le imprese attraverso i contratti di rete e altri strumenti, quali il ricorso al manager temporaneo per l’export. Abbiamo sostenuto fin dal principio il contratto di rete per le reali potenzialità dello strumento a misura di impresa, in quanto permette alle pmi di rafforzarsi. I principali benefici sono di carattere fiscale, amministrativo e finanziario, ma le reti permettono soprattutto di sviluppare una maggiore competitività, di avviare processi

innovativi e di crescita in modo congiunto, di condividere e tutelare il know-how, di scambiare informazioni e altre risorse per adattarsi alle sfide dei nuovi mercati. Fare rete significa allearsi intorno a progetti, condividendo strutture, processi, conoscenze e decisioni, senza rinunciare all’autonomia dell’impresa. L’accesso al credito è lo strumento principale per accompagnare lo sforzo che stanno compiendo le imprese. Le camere di commercio sono concentrate sul sistema dei contributi per facilitare le pmi nell’ottenimento del credito attraverso i consorzi fidi, che dovranno essere resi più solidi». Cosa si aspetta dal governo? «Davanti all’emergenza occupazione, specie giovanile, il governo ha assunto i primi provvedimenti. Nel “decreto lavoro” un punto centrale è costituito dagli sgravi contributivi

alle imprese che assumono disoccupati sotto i 29 anni. L’esperienza di altri paesi segnala che la via maestra per aiutare i giovani passa dal raccordo tra formazione e mercato del lavoro. Un nuovo modello di crescita sostenibile non può prescindere dai giovani, per i quali raggiungere i livelli di occupazione medi europei è un obiettivo che possiamo e dobbiamo porci. Molte le strade da percorrere». Ad esempio? «Semplificare la riforma dell’apprendistato e ridare slancio ai servizi per l’impiego attraverso una regia unitaria a livello nazionale che veda coinvolti a livello periferico diversi attori, tra cui il sistema camerale. Utilizzando i dati del sistema Excelsior e del Registro delle imprese, le camere di commercio dell’Emilia Romagna sono impegnate a contribuire al raccordo tra offerta proveniente dal mercato del lavoro e domanda di professionalità espressa dalle imprese. Riguardo all’imprenditorialità, appare necessaria l’istituzione di una rete di assistenza alla nascita di nuove imprese, articolata in servizi omogenei, che incoraggino l’innovazione, prevedano un accesso facilitato al credito o a fonti alternative di finanziamento». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 27


STRATEGIE

Sinergie concrete tra università e industria La ricerca universitaria è fondamentale per il rilancio economico. A sostenerlo è Ivano Dionigi, rettore dell’Università di Bologna, che illustra gli investimenti e i progetti che hanno portato l’ateneo ai primi posti in Italia Nicolò Mulas Marcello Università di Bologna è il primo ateneo italiano e la seconda organizzazione del Paese, dopo il Cnr, per successo nella caccia ai finanziamenti europei per la ricerca nel quinquennio 2007-2011. A seguito di questo impegno, l’università si colloca al secondo posto tra i mega atenei (quelli con più di 40mila iscritti) per la qualità della ricerca negli anni 2004-2010 nella classifica resa pubblica dall’Anvur

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lo scorso luglio. Un’altra graduatoria, firmata questa volta da Censis servizi, che considera i parametri dimensioni, didattica e ricerca per il 2013-2014, conferma invece il primo posto dell’Alma Mater. «È di poche settimane fa – sottolinea Ivano Dionigi, rettore dell’ateneo bolognese – la notizia dell’agenzia di rating Quacquarelli-Symonds, che colloca l’Alma Mater prima tra le università italiane, al centoottantottesimo posto al mondo».

Possiamo fare un bilancio della ricerca scientifica che si svolge nell’ateneo? «L’Università di Bologna, nonostante gli anni delle vacche magre, ha continuato a garantire investimenti costanti in ricerca: solo nell’esercizio finanziario precedente (2012) ha investito in essa 78 milioni di euro, di cui 15 finalizzati ai suoi 53 dottorati, dotando ciascun ciclo di 300 borse, di cui 230 con finanziamenti Unibo e 70 con finanziamenti esterni. È stato introdotto un finanziamento di 2 milioni, per progetti competitivi, a supporto della ricerca di base (Farb). L’ateneo ha, inoltre, continuato a puntare decisamente sul fronte europeo: dall’inizio del 7° Programma Quadro (PQ) sono quasi 300 i progetti, coordinati o nei quali è coinvolta l’università, che sono stati giudicati positivamente, per un totale di finanziamento di circa 85 milioni di euro». Ivano Dionigi, rettore dell’Università di Bologna


Ivano Dionigi

L’Alma Mater sperimenta il legame tra ricerca ed economia in particolare in alcune sedi decentrate del proprio multi campus

Quanto è importante per il rilancio economico la ricerca che si svolge nelle università? «Fondamentale. Perché la ricerca è l’unico motore che può generare vera innovazione e portare le imprese - anche di piccole e medie dimensioni - e il sistema produttivo nel suo insieme a competere a livello internazionale. Prova ne è il fatto che le uniche imprese che resistono e guadagnano terreno nelle competizione internazionale sono quelle che hanno investito in ricerca. Questo obbligo a innovare ci agevola nell’attrarre capitali e in-

teresse a istituire partnership con le imprese. L’Alma Mater sperimenta questo legame tra ricerca ed economia in particolare in alcune sedi decentrate del proprio multicampus, dove ci sono insediamenti universitari a forte vocazione territoriali: ad esempio Ravenna per i beni culturali e ambientali, Cesena per le tecnologie, Rimini per il turismo». Quali sono i settori di ricerca che andrebbero secondo lei più valorizzati con maggiori fondi? «Non solo quelli di moda e di più immediata applicabilità e utilità

(quali il food, le tecnologie, l’ambiente) ma anche quelli di base, quali la fisica e la biologia, i cui vantaggi si vedono solo nel lungo periodo. Va da sé che tutta l’impostazione formativa e metodologica tradizionale va rivista, a cominciare dall’alleanza tra scienze e humanities, andando al di là della sciagurata autonomia delle singole discipline, come anche i programmi di Horizon 2020 ci sollecitano a fare. In questo senso si muove anche il nuovo piano strategico dell’ateneo che stiamo elaborando». Qual è il rapporto tra l’Alma Mater e le imprese del territorio? «L’Alma Mater è impegnata sul territorio a vari livelli, in collaborazione con le aziende e le associazioni di industriali. Con Unindustria Bologna, l’ateneo ha costituito Almacube, una società di EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 29


STRATEGIE

Un’accelerazione alla sinergia tra industria e università potrà venire dai dottorati industriali, che consentiranno ai giovani di dividersi tra sapere e saper fare

capitale per accelerare i processi di

incubazione di progetti aziendali nati nell’ambito della ricerca accademica, primo caso di questo tipo in Italia. A questo proposito segnalo la recente acquisizione di un nostro spin off, Silicon Biosystems, da parte della multinazionale farmaceutica Menarini. L’Alma Mater collabora con Cna, anche tramite la realizzazione di un sito web, per affiancare le aziende artigiane nei processi di innovazione e ricerca. In piena attività sono anche i sette centri interdipartimentali di ricerca industriale (Ciri) dell’università, promossi dall’assessorato regionale alle Attività produttive e legati ai Fondi strutturali europei Fesr 20072013: i Ciri hanno gestito circa 100 contratti con enti esterni per attività commissionata, lavorando con Ci sono nuovi progetti in canimprese locali e non solo». tiere? «Un’accelerazione alla sinergia tra industria e università potrà venire dai neonati dottorati industriali, che consentiranno ai giovani di dividere il loro tempo e la loro formazione tra accademia e azienda, tra sapere e saper fare. A questo proposito segnalo una novità: la partenza dall’anno accademico 2013-2014 del corso di design industriale presso la Scuola di architettura e ingegneria: 100 posti (a fronte di 407 domande), reso possibile da un finanziamento di 900mila euro per i laboratori da

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parte delle prestigiose aziende bolognesi Gd e Ima. Un’ultima osservazione. Rispetto al passato, oggi i rettori hanno un compito supplementare: non solo favorire la ricerca e formare al meglio i giovani, ma creare loro delle relazioni con il mondo del lavoro potenziando il ruolo dei tirocini all’interno o subito dopo i percorsi universitari. Inoltre, per fare scelte più consapevoli e realistiche, non mi dispiace immaginare che i nostri giovani dopo la maturità e prima di iscriversi all’università facciano un’esperienza nel mondo del lavoro».


Il quadro economico

Un obiettivo chiamato ripresa Nonostante i numeri fiacchino ancora il recupero, l’Emilia Romagna continua il suo percorso di rilancio economico. Un ruolo fondamentale lo giocherà la collaborazione e l’unione d’intenti tra industriali, istituzioni e associazioni di categoria Leonardo Testi

a fase recessiva non allenta la morsa in Emilia Romagna. La forte incertezza sulle prospettive di ripresa, la carenza di proposte di politica industriale, che accompagna la costante instabilità politica a livello nazionale, e le pesanti tensioni sul fronte dell’accesso al credito non favoriscono di certo la risalita di un territorio che - non va dimenticato - ha subìto danni ingenti a causa del terremoto del 2012. I dati emersi dalla congiuntura regionale, relativa al primo trimestre 2013, hanno delineato uno scenario fortemente critico. Fatturato, produzione e ordini dell’industria manifatturiera sono, infatti, risultati in deciso calo: -4,7 per cento è stata la flessione della produzione rispetto all’analogo periodo del 2012; il decremento del fatturato a valori correnti si è attestato al 4,8 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La negatività degli indicatori ha costituito un tratto comune per tutti i settori e le aziende, di qualsiasi dimensione. «Le due recessioni hanno inciso profondamente anche sull’Emilia Romagna – ha affermato il presidente degli industriali della regione, Maurizio Marchesini –. La prima si è manifestata con un calo dell’export, mentre la seconda è stata causata dal crollo della domanda interna, quando invece le vendite all’estero era-

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no tornate a crescere. Per questo, i comparti più vocati all’export hanno risentito meno, ma comunque in modo significativo, degli effetti della più recente caduta della domanda interna». Il numero uno degli industriali emiliano-romagnoli ha sottolineato la necessità di attuare interventi anticiclici di stimolo della domanda e dell’occupazione. Decisiva anche l’azione della Regione, che ha promesso a breve lo stanziamento di risorse per i progetti innovativi delle imprese, i finanziamenti per

le startup, le iniziative per le aree del sisma. Mai come in questo frangente, serve un compatto fronte comune tra istituzioni e attori economici per sostenere il tessuto produttivo. Lo dimostra il successo rappresentato dall’inserimento - in sede di approvazione del decreto legge sull’occupazione - della detassazione dei contributi pubblici, tra cui gli indennizzi e i risarcimenti assicurativi per gli immobili danneggiati dal sisma del maggio 2012. «Si tratta di una norma indispensabile e molto attesa dalle impre- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 31


STRATEGIE

IDENTIKIT DELLE IMPRESE resce il numero delle imprese in regione, ma non è un dato che deve far cantare vittoria. Le aziende registrate in Emilia Romagna alla data del 30 giugno sono, infatti, 470.323, 1.618 in più (lo 0,3 per cento) rispetto al trimestre precedente, ma si tratta dell’aumento più modesto degli ultimi dieci anni. Aprono nuove realtà nel commercio, nei servizi di alloggio, ristorazione e riparazione veicoli. In base allo scenario analizzato da Unioncamere, la recessione continua a colpire le imprese delle costruzioni, della manifattura e quelle agricole. Non riescono a svilupparsi le ditte individuali, segnale evidente del protrarsi di una fase recessiva in cui le aziende meno strutturate faticano a restare sul mercato, anche a causa delle problematiche di accesso al credito. Leggera riduzione anche per le imprese “rosa” dell’Emilia Romagna (-0,4 per cento rispetto al 30 giugno 2012) che comunque dimostrano di saper reggere la crisi e rappresentano il 21,3 per cento del totale delle aziende regionali. Aumentano le società di capitale, mentre in discesa sono le ditte

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individuali. Si contraggono i posti di lavoro nel settore primario e in quello manifatturiero, mentre sempre più donne si impiegano nella ristorazione e nelle attività immobiliari. A pagare uno dei prezzi più alti in questa fase sono le imprese giovanili. Nell’arco di un anno, ne sono andate perdute oltre 2.000, con un calo del 5,4 per cento soprattutto di ditte individuali e società di persone. I settori più vulnerabili si confermano quelli immobiliare, delle costruzioni, del commercio e delle attività manifatturiere. La crisi ha contenuto la crescita, ma non ha arrestato il fenomeno dell’imprenditoria straniera in regione. Al 30 giugno 2013 le imprese attive straniere sono salite ancora, raggiungendo quota 41.764. In un anno sono aumentate di 1.024 unità, pari a una percentuale del +2,5 per cento. L’incremento delle imprese straniere è stato determinato principalmente dall’aumento delle imprese del commercio (+435 unità, +4,4 per cento), nonostante la debolezza dei consumi, e dei servizi di ristorazione. - LT

se, che chiarisce definitivamente la detassazione degli indennizzi assicurativi, superando interpretazioni capziose e non fondate – ha dichiarato Marchesini –. Si mettono così su un piano di parità di trattamento tutte le aziende che hanno subìto danni dal terremoto». Importante anche lo sforzo condiviso in materia di edilizia, un settore che in regione, nel secondo trimestre 2013, risulta ancora profondamente in affanno, con un volume d’affari in caduta libera del 4,5 per cento rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, in un peggioramento anche rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-1,5 per cento). Una boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dalla nuova legge del settore, approvata in estate dalla giunta regionale e improntata alla semplificazione, che è stata accolta con favore dagli industria-


Il quadro economico

La produzione agroalimentare identifica uno dei punti di forza della regione, anche e soprattutto in ottica export

li. «Tra gli interventi di tipo anticiclico – ha evidenziato ancora Marchesini – è di particolare rilievo per l’industria la possibilità di frazionare, senza oneri urbanistici, i capannoni e gli altri immobili di servizio attualmente inutilizzati, che può dare una spinta al loro riutilizzo per finalità produttive». Se la regione soffre, la futura città metropolitana dell’Emilia Romagna non sfugge al trend negativo. È critico, infatti, il quadro tratteggiato a Bologna il 16 settembre scorso in occasione dell’assemblea generale di Unindustria, dove il presidente Alberto Vacchi non

ha nascosto la situazione, caratterizzata da un «arretramento dell’economia bolognese nella prima metà del 2013, con una riduzione della produzione di oltre il 30 per cento rispetto al picco precedente». Nello specifico, si parla di una diminuzione del 7,5 per cento su base annua della produzione nel primo semestre 2013, di un calo del fatturato pari al 2 per cento e al decremento dell’occupazione dello 0,9 per cento, a cui si somma un rialzo del 20 per cento delle ore di Cig. È una crisi trasversale, quella che riguarda il tessuto produttivo bolognese, che non risparmia alcun settore. Ma, nonostan-

te le molteplici criticità (la fiscalità, la burocrazia), il numero uno di Unindustria Bologna rimarca l’impegno degli imprenditori del territorio «non ultimi quelli terremotati, che hanno dimostrato di non aver mai perso la voglia di fare» e di non voler cedere alla tentazione di delocalizzare oltre confine. Bologna potrebbe ripartire dal progetto di Fabbrica Italiana Contadina, meglio conosciuto con l’acronimo Fico, una sorta di Disneyworld del cibo che, sull’onda dell’Expo 2015, dovrebbe rappresentare una vetrina d’eccellenza per la gastronomia e la ristorazione di qualità sotto l’egida di Eataly e di Oscar Farinetti. Una “cittadella del cibo” che porterebbe significativi flussi turistici in città, ma che comunque richiederebbe un necessario adeguamento infrastrutturale. La produzione agroalimentare identifica, del resto, uno dei punti di forza della regione, anche e soprattutto in ottica export. In base alle ultime rilevazioni di Unioncamere regionale, sulla scorta dei dati Istat, le esportazioni emiliano-romagnole nel secondo trimestre 2013 si risollevano e dimostrano un discreto incremento, pari al 3,3 per cento. Notevole il risultato (+13,6 per cento) dell’industria delle lavorazioni metalliche così come, appunto, quello dell’industria alimentare (+9,7 per cento). Incoraggiante è stato l’aumento della quota di export verso i mercati europei, Regno Unito in testa. Nell’attesa di provvedimenti importanti a livello centrale, come l’auspicato taglio del cuneo fiscale sollecitato da Vacchi nel corso della relazione dell’assemblea di Unindustria, l’Emilia Romagna guarda all’internazionalizzazione, all’aggregazione e all’innovazione come strade imprescindibili per agguantare la ripresa, salvaguardando il proprio patrimonio d’impresa. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 33


STRATEGIE

La crisi fa crescere la voglia di impresa La difficoltà economica che l’Italia sta vivendo genera disoccupazione, ma anche nuove opportunità. L’impossibilità di trovare un impiego in azienda fa emergere nei giovani il desiderio di autoimprenditorialità. La vicepresidente di Ducati Energia, Federica Guidi, spiega cosa significa fare impresa oggi Renata Gualtieri

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econdo una ricerca condotta da Italia Startup, in collaborazione con Human Highway, sono 300mila gli aspiranti imprenditori e solo per due su dieci il momento economico sfavorevole è un limite; per la maggior parte di loro basterebbe trovare un adeguato finanziamento per creare una nuova realtà produttiva. Il 21,9 per cento intende avviare la propria attività nel settore della ristorazione, mentre le tecnologie digitali catturano l’interesse del 13,7 per cento degli intervistati: in particolare il 7,4 per cento intende investire in servizi web, come e-commerce, comunicazione digitale e piattaforme di co-working, mentre il 6,3 per cento punta alla progettazione software e allo sviluppo di app: «è un segno evidente delle potenzialità offerte dalle tecnologie digitali nella creazione di opportunità lavorative» ha commentato Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup. Tuttavia, la creatività delle startup fa fatica a imporsi, sia per via delle difficoltà di accedere ai prestiti da parte delle

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Federica Guidi

Non esistono modelli da imitare, occorre annusare il mercato, catturare le opportunità e dare una propria impronta all’attività imprenditoriale

banche sia per l’impossibilità di districarsi nella giungla di norme e permessi richiesti dalla burocrazia italiana. Federica Guidi, attuale vicepresidente di Ducati Energia, il mondo dei giovani imprenditori lo conosce da vicino. Sia per la sua carriera di manager nell’azienda di famiglia (vi è entrata nel 1996), sia per la lunga esperienza come leader dei giovani imprenditori di Confindustria (prima in Emilia Romagna, dal 2002 al 2005, poi a livello nazionale, vicepresidente dal 2005 al 2008 e presidente dal 2008 al 2011). Ai futuri imprenditori, la manager emiliana consiglia «di annusare il momento, il mercato, per catturare le opportunità e dare una propria impronta a quello che rimane uno dei mestieri più belli, ma anche più difficili, del mondo». L’indagine di Italia Startup può diventare un richiamo per le aziende consolidate a investire nelle nuove imprese? «Ho il timore che questo momento congiunturale così difficile, dal quale per ora non vedo una vita d’uscita, condizioni tutto. La voglia d’imprenditorialità, specie tra

i giovani, che è una reazione spontanea alla crisi, si scontra con l’ambiente non favorevole in cui versano anche le aziende più consolidate. Stimolando la nascita d’innovazione e ricerca di nuovi prodotti, le aziende leader del made in Italy dimostreranno di credere nelle startup e nei nuovi modelli di business. Ma ritengo comunque che saranno casi molto rari, che non potranno costituire un nuovo intraprendere». Quale può essere il contributo delle grandi aziende allo sviluppo del potenziale latente d’imprenditoria che ancora non riesce a imporsi nel nostro Paese? «Il ruolo che da sempre le medie e grandi aziende italiane hanno avuto, e che oggi purtroppo manca, è quello di fare da tramite per lo sviluppo di piccole aziende e nuove realtà produttive, trainate da driver di sviluppo e dalle esigenze di mercato che le medie o grandi aziende creavano. Le condizioni in cui tutti siamo annegati fa affievolire la capacità delle grandi aziende di coinvolgere nuove realtà industriali o di far cre- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 35


STRATEGIE

30.000

GLI ASPIRANTI IMPRENDITORI, SECONDO UNA RICERCA CONDOTTA DA ITALIA STARTUP IN COLLABORAZIONE CON HUMAN HIGHWAY

scere quelle piccole già esistenti». Per il 31 per cento degli aspiranti imprenditori il modello di riferimento è il self made man all’italiana, per il 18 per cento il manager imprenditori, per il 29 le grandi famiglie imprenditoriali, mentre un giovane imprenditore su quattro è attratto dai guru dell’informatica e della new economy. Ma qual è l’approccio migliore a suo avviso? «Non esiste l’approccio ideale. Ad esempio io, che posso essere considerata la seconda generazione, lavoro in maniera completamente diversa da come lavorava mio padre. Certamente ho avuto la fortuna di avere un modello a cui ispirarmi e l’opportunità di cimentarmi in una realtà già esi36 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013

stente assieme alle responsabilità che inevitabilmente un giovane imprenditore sente sulle sue spalle, ma se potessi dare un consiglio a un ragazzo che inizia a intraprendere gli direi di valutare bene se ha le caratteristiche giuste per fare questo mestiere e di annusare il momento, il mercato, per catturare le opportunità e dare una propria impronta a quello che rimane uno dei mestieri più belli ma più difficili del mondo». C’è oggi una consapevolezza diversa da parte dei giovani su temi quali l’impatto ambientale o le nuove tecnologie? E come questo si può trasformare in risorsa per l’impresa? «Sicuramente i giovani di oggi, anche rispetto alla mia generazione,

hanno una consapevolezza diversa della green e new technology. È stata un’evoluzione naturale, a cui negli ultimi anni abbiamo assistito e che ha portato a una consapevolezza quasi civica in ognuno di noi che ha creato anche nuovi mercati. Sono occasioni di cui non è facile approfittarne ma tutto ciò che è amico dell’ambiente, tecnologicamente sostenibile o che riguarda l’impiego di fonti rinnovabili, è un filone destinato inevitabilmente a crescere nei prossimi anni. Anche aziende come la mia, che venivano da prodotti più tradizionali, hanno compiuto questa svolta e, così come molte altre aziende che hanno investito su questi asset, hanno mediamente delle performance migliori rispetto alle altre».


Federica Guidi

L’energia delle nuove generazioni «La nostra sfida - dichiara Giorgia Iasoni, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Emilia Romagna - è approfittare del cambiamento imposto dalla crisi e rendere il nostro sistema Paese più competitivo e moderno, valorizzando le eccellenze e cogliendo le nuove opportunità» na larga parte delle imprese italiane si appresta ad affrontare un delicato passaggio generazionale. In questi anni le aziende familiari sono state capaci di creare crescita, investimenti, occupazione, e ora hanno affrontato gli effetti di una crisi senza precedenti. «Oggi il modello familiare tradizionale, quello di tipo patriarcale, si è molto evoluto: i nuovi imprenditori - spiega Giorgia Iasoni (nella foto) - sono manager, impegnati in prima persona in ruoli professionali strategici nelle loro aziende. Per chi sta vivendo il passaggio generazionale è utile partecipare attivamente a un movimento come quello dei giovani imprenditori e uscire dalle aziende, coltivare apertura mentale, confrontare culture e appartenenze diverse». Quali sono le più grandi difficoltà che incontrano i giovani imprenditori? «Gli ostacoli sono tanti, a partire dalla disponibilità di capitali, dalla burocrazia, da una domanda in calo, da mercati sempre più difficili da aggredire. Ma sono ottimista. È vero, ci sono tanti giovani in cerca di occupazione, ma se andiamo ad analizzare nel dettaglio le cifre scopriamo che i loro percorsi scolastici si sono mossi per lo più in ambiti lontani dalle esigenze di professionalità delle imprese. Dobbiamo ritrovare quello spirito e quella voglia di fare che hanno consentito all’Emilia Romagna di diventare protagonista dello sviluppo italiano ed europeo». Quali le iniziative di Confindustria sulla formazione dei giovani? E come è possibile avvicinare le nuove generazioni alle imprese? «Da diversi anni promuoviamo, insieme ai giovani imprenditori di tutta la regione, Creiamo l’Impresa, un’iniziativa che vuole stimolare idee imprenditoriali innovative, proprio per avvicinare i giovani al mondo delle imprese e del lavoro. Investire sui

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giovani significa investire sul futuro della società e delle nostre imprese: per questo noi giovani imprenditori siamo impegnati in numerose attività con le scuole lungo tutta l’Emilia Romagna». In che modo incentivare lo sviluppo di startup e reti d’impresa? «In numerose occasioni, in particolare con gli eventi che abbiamo organizzato a Cortina l’anno scorso e a Mirandola il 15 marzo di quest’anno, abbiamo scelto di mettere al centro la nuova impresa e di dare voce ai giovani startupper che ce l’hanno fatta. Inoltre, collaboriamo attivamente con Smau, che con il Premio Lamarck premia ogni anno alcune tra le migliori startup». Lei è vicepresidente dell’azienda Ecologia soluzione ambiente. In base alla sua esperienza, qual è l’idea d’impresa vincente oggi? «Sono convinta che i fattori determinanti siano, in particolare, quelli dell’innovazione e della continua ricerca di nuovi mercati e opportunità. Essere costantemente all’avanguardia vuol dire sposare la filosofia della ricerca sia sul prodotto che, soprattutto, sulla formazione dei nostri migliori collaboratori. La nostra è un’azienda familiare che ha iniziato una ventina di anni fa con piccoli impianti di depurazione destinati prevalentemente al mercato locale; oggi la filosofia di ricercare continuamente nuove sfide ci ha portato a diversificare la nostra produzione arrivando a progettare, produrre e commercializzare in tutto il mondo anche impianti interrati e non per la raccolta dei rifiuti, soluzioni per la bonifica dei terreni contaminati e impianti di demilitarizzazione. La curiosità e la voglia di fare nutrono costantemente l’azienda e questo è linfa vitale per continuare a lavorare e contribuire a migliorare la qualità della vita».

Come giudica la collaborazione tra strutture accademiche, poli tecnologici e aziende in Emilia Romagna? E come è possibile creare relazioni più strette tra le realtà già esistenti? «Un’azienda è un’entità viva, non avulsa dalla realtà, quindi certamente il contesto territoriale influisce sui suoi successi. Per le nuove imprese, che oggi cercano d’insediarsi nel panorama nazionale e hanno necessità di creare innovazione tecnologica, la possibilità di avere buone strutture universitarie a cui appoggiarsi è fondamentale. Sicuramente un modello più efficace di quello attuale dal punto di vista delle realtà universitarie per quello che riguarda la ricerca di base e applicata, magari sulla scia del modello americano, può realizzarsi, ma occorre sottolineare che già adesso il mondo accademico italiano vanta centri di eccellenza. Ciò che servirebbe è probabilmente una collaborazione più stretta tra università e imprese». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 37


STRATEGIE

Il lusso delle idee Un business globale che porta il saper fare italiano in tutto il mondo puntando sulla qualità dei prodotti, investendo in ricerca di nuove soluzioni e materiali. Alberto Vignatelli spiega la storia della forlivese Luxury Living Group Renata Gualtieri na delle chiavi di successo dell’azienda che ha fondato è stata quella di partire dal territorio di origine, trarne il meglio in termini di abilità e knowhow, saperlo valorizzare per dargli una dimensione internazionale. La sede produttiva è situata nel cuore di uno dei distretti da sempre votati al comparto degli imbottiti. «Produrre le collezioni a Forlì è un elemento aggiuntivo - precisa Alberto Vignatelli, ceo di Luxury Living Group - che esprime il pregio del made in Italy grazie a lavorazioni artigianali di alto profilo. Oggi Luxury Living Group impiega oltre 240 persone, con un fatturato di oltre 74 milioni di

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38 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013

euro e, sebbene lavoriamo in prevalenza sui mercati esteri, ritengo che sia fondamentale una presenza diretta sul territorio da cui tutto è iniziato». Per questo a Forlì oltre alla produzione, ci sono tre showroom espositivi, ai quali da pochi mesi si è aggiunto Palazzo Orsi Mangelli. L’ex sede dell’università in corso Diaz è diventata la sede di Luxury Living Group. Come Palazzo Orsi Mangelli prende nuova vita all’insegna del lusso? «Uno dei palazzi più rappresentativi di Forlì è tornato agli antichi splendori, quelli originali del 1600. Luxury Living Group si è fatta carico dell’importante opera di restauro di tutta la struttura che si

Alberto Vignatelli, ceo del gruppo Luxury Living

sviluppa su oltre 3.000 metri quadrati, con interventi a 360 gradi. Dagli affreschi ai pavimenti, a ciascuna decorazione tutto è stato meticolosamente recuperato con cura e maestria. Oggi Palazzo Orsi Mangelli è la sede della direzione generale del gruppo: una location importante che ho fortemente voluto. Uno spazio per i pezzi iconici


Alberto Vignatelli

Palazzo Orsi Mangelli, a Forlì, sede della direzione generale del gruppo

240 GLI ADDETTI CHE LAVORANO PER LUXURY LIVING, GRUPPO CHE FATTURA OLTRE 74 MILIONI DI EURO

delle nostre collezioni, gli arredi più rappresentativi, dove sviluppare progetti e accogliere i clienti. Nelle oltre 20 sale sono disposti mobili Fendi Casa, Fendi outdoor, Bentley home, Vladimir Kagan e la collezione di proprietà del gruppo Heritage-Alberto Vignatelli». Come ha reagito l’azienda alla crisi e quali le strategie su cui puntare per uscirne in maniera definitiva? «Non possiamo nascondere che la crisi abbia segnato tutti i settori. Noi abbiamo saputo attuare risposte propositive rispetto all’andamento del mercato; oltretutto, il mercato del lusso e degli arredi di alta gamma segue dinamiche del tutto proprie e la nostra clientela internazionale ha reagito positivamente. Una delle strategie vincenti è stata quella di puntare ancora di più sulla qualità dei nostri prodotti, investendo in ricerca di nuove soluzioni, nuovi materiali e proposte. Implementare l’offerta dei nostri arredi con un’idea di lifestyle completo e articolato, espressione della migliore manifattura italiana». Quali i mercati a cui guardare

con più interesse e i progetti internazionali che vi vedranno impegnati? «Il Gruppo opera a livello globale e si orienta costantemente verso nuove opportunità di business in linea con la propria filosofia di assoluta eccellenza. Le nostre collezioni sono presenti in 50 paesi, abbiamo flagship store nelle principali città del mondo, da Milano a Parigi, da Miami a Los Angeles, e prossimamente ci sarà l’apertura dello showroom di New York. Oggi mercati come quello cinese e quello medio orientale si stanno dimostrando di grande interesse, rispondendo positivamente all’offerta di arredi e complementi che coniugano l’assoluta eccellenza manifatturiera all’immagine del brand. Il mercato russo e dell’est Europa si confermano di primaria importanza, così come quello degli Stati Uniti. Distribuiamo le nostre collezioni anche con importanti progetti di contract, tra cui quello più recente siglato con il gruppo Damac Properties, il più grande operatore immobiliare del Medio Oriente, per la realizzazione di due nuovi progetti residenziali».

L’azienda da qualche mese progetta design e arredamento per la casa automobilistica Bentley. Come è nata questa collaborazione? E su cosa punta la nuova collezione? «Abbiamo presentato una “capsule collection” di arredi Bentley home al Salone del mobile di Milano ad aprile: si tratta di alcuni elementi d’arredo che da subito hanno riscosso un notevole apprezzamento. La collezione si è sviluppata con l’introduzione di nuovi elementi per arrivare a una proposta completa che presenteremo durante le giornate di Maison&Objet di Parigi il prossimo gennaio. La collaborazione è nata in risposta alla richiesta di arredi capaci di coniugare il tradizionale spirito del gentleman britannico con un nuovo trend inglese moderno. Con la collezione Bentley home, disegnata dall’architetto Carlo Colombo, l’abbinamento di tradizione e modernità raggiunge una nuova dimensione nell’utilizzo della pelle, nei piallacci di legno di pregio, nei metalli, nella lana, nella seta. Inoltre, la qualità distintiva di ogni oggetto rispecchia quella della performance e degli elementi essenziali di lusso di un modello Bentley». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 39




DISTRETTI INDUSTRIALI

La ceramica si fa green Il distretto ceramico regionale punta ai mercati extra-europei e guarda a ricerca e green economy come leve per mantenere e incrementare competitività. Ne parla Vittorio Borelli, numero uno di Confindustria Ceramica Francesca Druidi

L’

industria ceramica da rivestimenti concentra il proprio cuore produttivo tra la provincia di Modena e Reggio Emilia e i comuni di Imola e Faenza. Un distretto, quello emiliano localizzato tra Sassuolo, Fiorano, Scandiano, Casalgrande, Castellarano e Finale Emilia, che conferma la propria eccellenza produttiva sui mercati internazionali, a fronte delle criticità del sistema Paese e della crisi generalizzata. Il rallentamento nel 2012 dell’economia dell’Eurozona e le criticità del mercato interno, soprattutto sul fronte del settore immobiliare, hanno portato le aziende del distretto a spingere ulteriormente sul pedale dell’export che, nel primo trimestre 2013, aumenta di circa dieci punti percentuali. Vittorio Borelli, neo presidente di Confindustria Ceramica, illustra le prospettive del distretto, che continua la propria evoluzione orientata all’innovazione, alle nuove tecnologie e alla sostenibilità ambientale e che ha permesso nel 2012 alle aziende associate di confermarsi ai vertici a livello nazionale su questi temi. L’export aiuta il distretto ceramico a con64 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013

trobilanciare la pesante flessione della domanda interna. Quali sono le previsioni per l’andamento per il resto del 2013? Su quali mercati si orientano maggiormente le imprese? «Esportare l’80 per cento della produzione rappresenta, senza dubbio, un’importante e positiva opportunità per le nostre aziende. Al perdurare della pesante crisi sul mercato domestico - che richiede, senza ulteriori indugi, misure per la ripresa delle costruzioni il nostro settore registra una sostanziale stasi in Europa e tassi di crescita nell’ordine del 10 per cento in Paesi extra europei importanti come Russia, Stati Uniti, Canada, nord Africa, per arrivare a sfiorare il 20 per cento nel caso dell’area del Golfo. Fare previsioni è quanto mai complesso, perché la situazione si evolve a cadenza quasi settimanale, a causa delle pesanti incognite sul fronte valutario e dei debiti pubblici sovrani. Detto questo, c’è fortissima preoccupazione per il mercato interno e cautissimo ottimismo per i mercati esteri». Il distretto ceramico si sta affermando per


Vittorio Borelli

L’attenzione all’ambiente è un fattore chiave nel futuro delle costruzioni mondiali

le sue politiche di sostenibilità, leva che ha rappresentato un determinante volano di cambiamento. Le aziende, infatti, stanno investendo in importanti progetti riconducibili alla green economy. Con quali prospettive per lo sviluppo del distretto? «L’attenzione all’ambiente è un fattore chiave nel futuro delle costruzioni mondiali, perché cresce ogni giorno di più la consapevolezza che energia e acqua sono risorse scarse, il cui impiego nelle abitazioni e negli spazi pubblici non residenziali va ottimizzato. Per dare risposta a questo cambiamento, già da almeno 30 anni il settore della ceramica ha iniziato un percorso di attenzione all’ambiente che, se dapprima si è concentrato sul ciclo produttivo e sul suo efficientamento, da alcuni anni ha affiancato il prodotto quale ulteriore fattore di attenzione all’ambiente. Lungo questo percorso sono nate ceramiche a marchio Ecolabel e Leed, piastrelle antibatteriche e autopulenti, materiali che inglobano quote significative di materiali di riciclo, fino a so-

luzioni - come le facciate ventilate - che, grazie a un apposito sistema, consentono di risparmiare energia. Le ricadute sul distretto sono molteplici e spaziano dalla capacità di intercettare flussi crescenti di domanda alla presenza di aziende e figure professionali esperte in tematiche ambientali, per finire con un aspetto non secondario quale l’immagine internazionale delle produzioni made in Italy che, essendo le più attente all’ambiente, sono in grado di distinguersi rispetto ai competitor internazionali». Con quali strategie il distretto sosterrà istanze quali innovazione e internazionalizzazione, fondamentali per il tessuto produttivo? «Il settore investe da anni oltre il 5 per cento del proprio fatturato in innovazione, a testimonianza del fatto che la competizione passa attraverso la capacità di innovare e di innovarsi. Al fianco dell’attività di ricerca delle singole imprese, che resta oggi elevatissima, e dell’innovazione quale ri- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 65


DISTRETTI INDUSTRIALI

+10%

PERCENTUALE DI INCREMENTO DELLE ESPORTAZIONI DELLE PIASTRELLE DI CERAMICA IN RUSSIA, STATI UNITI, CANADA E NORD AFRICA NEL 1° TRIMESTRE 2013

sultato delle relazioni nel network ceramico contraffazione e sul fronte del potenziamento italiano - produttori, fornitori di tecnologia, colorifici, fornitori di materie prime , da alcuni anni attraverso due appositi bandi della Regione stiamo percorrendo la strada della ricerca pre-competitiva a livello di sistema, resa possibile dal lavoro comune di imprese ceramiche concorrenti sui progetti Cer Posa e InProCer. Sul versante dell’internazionalizzazione, i passi sono fatti da singole imprese che, valutando la propria strategia aziendale, decidono di aprire stabilimenti o punti vendita all’estero per meglio servire i mercati a elevato consumo. È bene ricordare che non siamo in presenza di delocalizzazione, ma di imprese che vanno all’estero pur mantenendo stabili e forti strutture in Italia». Quali sono le prossime sfide, tenendo conto dei passi avanti compiuti contro la

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infrastrutturale e logistico come la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo? «Dobbiamo operare su tutti i fattori di competitività, quali l’energia, il costo dei fattori produttivi, la lotta alla contraffazione, l’efficientamento delle infrastrutture al servizio del distretto, come anche sul versante della valorizzazione e promozione del prodotto sui mercati esteri e nazionali. La bretella Campogalliano-Sassuolo, per l’importanza che riveste, è per noi strategica e fondamentale, come lo sono anche l’insieme delle altre infrastrutture viarie, portuali e ferroviarie progettate nell’area. Detto questo, mi piace ricordare che non c’è una sfida che da sola sia risolutiva per la competitività della nostra industria. Piuttosto, dobbiamo lavorare affinché tangibili e positivi risultati siano raggiunti in ciascuno di questi ambiti, nessuno escluso».


Pier Luigi Ferrari

L’unione fa la Dop Il prosciutto di Parma si conferma eccellenza della salumeria italiana nel mondo, sostenuto fortemente dal territorio e dalla sinergia produttori-istituzioni. Lo spiega il vicepresidente della Provincia di Parma, Pier Luigi Ferrari Francesca Druidi

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l Consorzio del prosciutto di Parma festeggia nel 2013 i suoi primi cinquant’anni e questo anniversario, insieme al tradizionale appuntamento con il Festival del prosciutto, conclusosi il 22 settembre, si confermano importanti occasioni di promozione e di valorizzazione di un prodotto il cui indotto coinvolge 150 aziende produttrici, circa 4.800 allevamenti suinicoli e 3.000 addetti, per un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro. «I festeggiamenti per i 50 anni di attività del consorzio – commenta Pier Luigi Ferrari, vicepresidente provinciale con delega all’agricoltura e alle attività produttive - sono importanti non solo per il territorio di produzione, in quanto calamitano l’attenzione sul tema del territorio vocato alla produzione del prosciutto, ma anche come dato di realtà nazionale». Secondo il monitor dei distretti elaborato dal servizio studi di Intesa San-

paolo, la meccanica e l’agroalimentare sono i settori che, in ottica distrettuale, trainano lo scenario in Emilia Romagna, soprattutto sul fronte delle esportazioni. «Sì, nell’ambito della salumeria italiana il prosciutto di Parma è il prodotto più venduto all’estero, dove ha registrato un incremento del 10 per cento. L’export della Dop di Parma vale, infatti, 232 milioni di euro». Quali mercati stranieri risultano al momento i più promettenti? «Il trend positivo oltre confine è guidato dai paesi extra-Ue. Il primo mercato è quello degli Stati Uniti, con circa Pier Luigi Ferrari, 520mila prosciutti espor- vicepresidente tati nel 2012 e una crescita e assessore del 17 per cento rispetto al all’agricoltura e alle attività produttive 2011; si confermano poi della Provincia mercati interessanti quelli di Parma giapponese e australiano. Faticano di più i mercati europei, a eccezione della Germania, che segna un aumento del 14 per cento. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 67


DISTRETTI INDUSTRIALI

Icona del made in Italy in tavola l prosciutto di Parma conferma tutta la sua competitività con importanti numeri relativi al 2012. Con oltre 9 milioni di prosciutti marchiati, il valore alla produzione nel 2012 corrisponde a 740 milioni di euro. Le esportazioni incidono per il 28 per cento sul fatturato complessivo del prodotto, quota in aumento e di fatto superiore alla media del comparto agroalimentare italiano che, nel 2012, ha raggiunto il 19 per cento. In crescita del 7 per cento il mercato del pre-affettato, con 72 milioni di confezioni vendute nel 2012, di cui 17 milioni in Italia e 55 all’estero. Le vendite in Italia calano di 2-3 punti percentuali, ma è confortante il trend delle esportazioni, che registra un incremento del 10 per cento, grazie soprattutto alle performance dei paesi extra-comunitari. In testa, Stati Uniti, Giappone e Australia. «I risultati dell’export – ha commentato Paolo Tanara, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma – sono una boccata d’ossigeno per fronteggiare la crisi del mercato interno. Con grande lungimiranza il nostro consorzio ha da tempo avviato una strategia di sviluppo dei mercati esteri, che non significa soltanto esportare di più, ma bensì organizzarsi e strutturarsi come comparto per rispondere al meglio alle complesse sfide del mercato globale; il ruolo del consorzio al fianco dei 150 produttori è imprescindibile per competere nei mercati esteri e i risultati concreti che abbiamo ottenuto in tanti Paesi sono per noi la conferma di quanto di buono stiamo facendo». Nel 2013, la corona ducale del consorzio celebra i suoi primi 50 anni. Oltre ai 150 produttori vanno ricordati anche i 4.781 allevamenti suinicoli e i 109 macelli che compongono la filiera. Filiera che impiega nel complesso 30mila persone, mentre sono 3.000 gli addetti alla lavorazione.

©FotoCarra

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Bene anche l’Olanda, grazie allo straordinario exploit del prodotto in vaschetta. In generale, la vendita del pre-affettato in vaschetta si è rivelata un’idea vincente del consorzio, che ha trovato il consenso dei consumatori e possiede un potenziale commerciale notevole sui mercati internazionali, confermato dai numeri in costante crescita negli ultimi anni». Quali sono le principali sfide che il distretto è chiamato ad affrontare nel prossimo futuro in termini di promozione, internazionalizzazione e produzione in un mercato sempre più globalizzato? «Va innanzitutto ricordato che nell’attuale momento di difficoltà del sistema economico italiano, il calo dei consumi si fa sentire anche per quanto riguarda il prosciutto di Parma. La realtà del consorzio rappresenta però un vettore dinamico e Parma veicola un brand riconosciuto e riconoscibile, al di là


Pier Luigi Ferrari

232 mln VALORE DELL’EXPORT DELLA DOP DI PARMA, IL PRODOTTO DELLA SALUMERIA ITALIANA PIÙ VENDUTO ALL’ESTERO

delle contraffazioni e delle imitazioni che interessano il prosciutto. Dobbiamo difendere questo nostro prodotto, a partire dall’accordo di programma che abbiamo stretto dieci anni fa; un accordo che lega attori pubblici e privati, i quali si fanno carico di portare avanti tre istanze». Quali nello specifico? «Innanzitutto la questione ambientale, con miglioramenti significativi sul fronte dell’impatto della produzione (risparmio idrico, gestione degli scarichi di acque reflue); in secondo luogo, la questione urbanistica, con il piano territoriale di coordinamento provinciale, ossia lo strumento in possesso della Provincia e che tiene conto delle indicazioni delle realtà consortili e dei produttori. C’è, infine, la questione del marketing, finalizzata a legare sempre più prodotto e territorio. La Provincia ha accompagnato questi processi con le proprie competenze, considerando anche la centralità

economica e sociale che riveste il prosciutto, punto di forza del made in Parma e del made in Italy. La valorizzazione deve partire dal rispetto delle fasi di produzione. Un dato fondamentale, oltre che una conquista quotidiana, è e resta la qualità, fattore sul quale gli imprenditori sono impegnati a dare ogni giorno le migliori risposte». Sotto quali aspetti si può ancora migliorare? «Si deve puntare di più e meglio ai mercati internazionali. Il fatto che gli Stati Uniti abbiamo rimosso gli impedimenti all’ingresso del prosciutto costituisce un gigantesco passo in avanti. Ritengo che un prodotto come il prosciutto di Parma possa, quindi, compiere ulteriori significative evoluzioni, accrescendo il proprio mercato. Occorre fare riferimento ai mercati più promettenti e far sì che anche in Europa si riesca a portare a casa il risultato. Si può raggiungere questo obiettivo se la filiera è coesa, se il consorzio resta dinamico e se le istituzioni lavorano con concretezza e volontà insieme ai privati. Ognuno deve fare la propria parte, cercando di convergere sullo scopo comune: potenziare il distretto. La Provincia si è spesa, con gli oltre dieci Comuni che compongono la base distrettuale, lavorando in stretta sinergia, per dare un segnale di unitarietà di visione sui piani dell’urbanistica, sulle questioni ambientali e promozionali. La Provincia accompagna gli enti locali sul fronte del marketing, fungendo da elemento di coordinazione all’interno della realtà distrettuale pubblico-privata, dove figurano consorzio, industriali, artigiani, istituzioni, Comuni e naturalmente Provincia e Regione». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 69




INTERNAZIONALIZZAZIONE

La motor valley emiliana punta sull’hi tech livello internazionale il made in Italy può essere un valore aggiunto, ma solo se accompagnato da qualità nei prodotti e nei materiali, design e alta tecnologia. E se il made in Italy in questione in realtà è made in Maranello il valore aggiunto è ancora maggiore». A introdurci nel cuore della motor valley italiana è Michele Serra, amministratore della Evotek Engineering, specializzata in campo automotive nella progettazione e prototipazione delle vetture ad alte prestazioni e in quelle della produzione di serie. Una nicchia di mercato all’interno del comparto automotive che ha risentito in minima parte della crisi dell’auto. «Operare nel cuore della motor valley e collaborare per le principali vetture ad alte prestazioni, oltre che per quelle di lusso, ha rappresentato sicuramente un valore aggiunto. È innegabile, comunque, che qualche contraccolpo c’è stato, soprattutto dal 2008 al 2009. È in quel periodo che abbiamo deciso di investire in due progetti importanti. Il primo riguarda la simulazione e abbiamo progettato e realizzato il simulatore di Formula 1 Evotek Sym 026, per il quale siamo ormai considerati leader mondiali. Il secondo comprende la mobilità elettrica». Progetti che hanno permesso a Evotek Engineering di allargarsi al mercato statunitense con la nascita di Evotek Us, una società commerciale con sede in California, nata per la distribuzione dei prodotti Evotek Engineering e Riker, altra consociata del gruppo che opera nel settore

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Grazie all’alta tecnologia, al design, ai materiali e alla ricerca, il made in Maranello sta conquistando l’America. Anche grazie a un tour coast to coast. La parola a Michele Serra Nicoletta Bucciarelli

trasversale delle tecnologie per l’ambiente e il risparmio energetico. «L'apertura di Evotek Us – sottolinea Serra - ci ha permesso di avere un centro operativo e una sede di riferimento per il mercato americano, dove i nostri prodotti, proprio perché innovativi e hi tech sono molto apprezzati. Ora siamo presenti sul mercato di Stati Uniti, Canada e Messico». Prodotti hi tech e innovativi, possibili grazie agli investimenti continui. «Ricerca, innovazione, sviluppo sono le tre direzioni in cui si articola l'attività e in cui investiamo una percentuale elevata del nostro fatturato, anche perché, se così non fosse non riusciremmo a essere competitivi sui mercati esteri». In questo momento il Gruppo Evotek Engineering, Riker e Evotek Us, è impegnato in partico-


Michele Serra

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Il simulatore Evotek Sym 026 era stato progettato per l'allenamento dei piloti professionisti ma ben presto la piattaforma ha coinvolto anche appassionati e tifosi

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Michele Serra è amministratore della Evotek Engineering di Castelnuovo Rangone (MO) www.evotekengineering.it

lare nella commercializzazione dei simulatori Evotek Sym 026 nel nord America. «Inizialmente il simulatore Evotek Sym 026 era stato progettato per l'allenamento dei piloti professionisti e degli allievi piloti, ma ben presto la piattaforma ha coinvolto anche appassionati e tifosi delle corse in tutto il mondo. Sono già stati installati 40 simulatori Evotek Sym in tutto il mondo: tra le location ci sono il Museo Galleria Ferrari di Maranello, Museo Enzo Ferrari di Modena e il Museo Eureka di San Sebastian in Spagna. In agosto è stato presentato ufficialmente al Concorso Italiano di Monterey California, il nuovo modello del simulatore Evotek Sym 026 Club: simulatore di alta gamma, con scocca interamente in carbonio come le vere Formula 1. Derivate dalla Formula 1 sono anche la pedaliera e il sistema del volante».

Attualmente il nuovo simulatore, che integra tecnologie avanzate di ultima generazione, è protagonista di un tour coast to coast negli Stati Uniti. «La manifestazione è partita il 16 agosto 2013 da Monterey e arriverà a Palm Beach nel gennaio 2014: dalla California alla Florida facendo tappa in Nevada, Arizona, Texas e Georgia». Parte dell’attività del Gruppo è diretta anche verso il settore ambientale e alla mobilità sostenibile con la progettazione, produzione e la commercializzazione di veicoli elettrici. «Attraverso Riker – conclude Serra - ci occupiamo della produzione e della commercializzazione di prodotti all'avanguardia e tecnologie avanzate e possiamo contare su un organico aziendale di ricerca e sviluppo multidisciplinare con una perfetta sinergia tra settore meccanico ed elettronico, affiancando alla riconversione delle smart elettriche, anche la commercializzazione di bici elettriche a pedalata assistita, scooter elettrici e altri veicoli come i monopattini». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 73


Verso un’impresa “glocal” Non basta esportare. Per traghettare l’impresa fuori dalla stagnazione del mercato interno è necessario un processo di internazionalizzazione ben più complesso. Il punto di Eros Gherardi Renato Ferretti

Eros Gherardi, amministratore della CMI con sede a Crespellano (BO), insieme alla figlia Susanna www.cmi-hinges.com

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Eros Gherardi

70%

LA QUOTA DI EXPORT REGISTRATA DALLA CMI SRL, RIGUARDO AL BILANCIO DEL 2012, SU UN FATTURATO TOTALE DI 21 MILIONI

lobale ma al tempo stesso locale. La traduzione letterale del termine “glocal” è pressappoco questa, con un evidente paradosso che descrive bene la difficoltà di realizzare l’intento. Eppure è quanto chiede il mercato, la nuova frontiera del processo ineluttabile di internazionalizzazione. Eros Gherardi, amministratore della bolognese CMI, realtà che quest’anno compie i 25 anni di attività, prova a rispondere a questo e agli altri enigmi economici che sottintendono l’impegno delle imprese all’estero. L’azienda di Gherardi, specializzata in cerniere meccaniche per elettrodomestici (forni, lavastoviglie e lavatrici), si rivolge alle principali multinazionali del settore e vanta un’esperienza di export con clienti in tutto il mondo, dall’Europa alle Americhe. «Nel 2012, con un organico di novanta persone e un giro d’affari di circa ventuno milioni di euro, siamo riusciti a conquistare clienti notevoli del settore, con elevate potenzialità di business in paesi a elevato tasso di crescita, come Turchia e Brasile. I nostri obiettivi strategici di breve e medio termine ci hanno portato a rafforzare le relazioni già

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ampiamente consolidate, proporre al mercato soluzioni di prodotto innovative, e penetrare maggiormente in paesi dal forte potenziale di crescita. Per questo la nostra prospettiva è divenire partner “glocal”, cioè un’azienda globale, grazie alla capacità di essere presente su più mercati, ma localizzata in prossimità degli stabilimenti dei clienti di primaria importanza. Il principale vantaggio è poter garantire un supporto tecnico e logistico di prossimità anche al cliente che compra le nostre cerniere, per esempio, a ottomila chilometri di distanza». Qual è stato il percorso che vi ha portato ad acquisire partnership in Turchia e Brasile? «La relazione con il cliente turco è iniziata da una loro convocazione presso lo stabilimento ad Ankara, nel 2012. Loro stavano avviando il progetto della nuova lavastoviglie per il segmento medio alto di mercato e avevano la necessità di una cerniera molto più performante di quella in uso. Noi avevamo quello che loro stavano cercando, cioè una cerniera sia a fulcro fisso sia a fulcro variabile, auto bilanciante, con possibilità di bilanciare pesi di porte differenti senza alcun tipo ❯❯ EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 75


INTERNAZIONALIZZAZIONE

❯❯ di regolazione. Questa tecnologia, brevettata da poco spazio all’interno della porta del forno e noi

Una veduta di San Paolo (Brasile)

CMI, è l’unica presente sul mercato in grado di garantire simili performance. Per il futuro di questo rapporto, le prospettive di crescita sono decisamente interessanti: oggi producono quasi due milioni di lavastoviglie che distribuiscono a livello mondiale, con l’obiettivo di raggiungere quota tre milioni. Il nostro prodotto sarà montato sul venti per cento della gamma, ma le aspettative sono di vederlo sulla stragrande maggioranza delle lavastoviglie, in modo più trasversale rispetto alle fasce di consumo. In Brasile, invece, la relazione è nata grazie allo sviluppo commerciale effettuato oramai da anni in Centro e Sud America. Abbiamo importanti clienti anche in Messico, Ecuador e Argentina. Anche nel caso brasiliano, tutto è nato dall’esigenza del cliente di sviluppare un nuovo forno per il mercato di alta gamma. Serviva una soluzione che occupasse

Nel caso brasiliano, tutto è nato dall’esigenza del cliente di sviluppare un nuovo forno per il mercato di alta gamma

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avevamo un prodotto idoneo che è stato customizzato sulle esigenze del cliente. Anche per il Brasile le prospettive di crescita sono molto favorevoli, tant’è che abbiamo già ricevuto richiesta di prodotto similare da altre due ditte produttrici di forni». L’attuale quota di export rappresenta una scelta strategica o una necessità imposta dal mercato? «Diciamo entrambe le cose. Inizialmente è stata una scelta strategica. Mi riferisco a quando nel 2006 abbiamo deciso di sbarcare in Usa per fornire la General Electric, di cui siamo gli unici fornitori di cerniere per forni a libera installazione, con un milione e mezzo di cerniere consegnate ogni anno. Da quel momento si sono poi aperte le porte del Messico e del Sud America. L’internazionalizzazione “domestica” (mi riferisco alla parte di fatturato che oggi realizziamo con paesi europei, principalmente la Polonia) è stata invece guidata dai nostri clienti. Oggi tutte le principali multinazionali dell’elettrodomestico hanno delocalizzato la produzione in paesi a minor impatto di costo riducendo di molto la produzione che prima era effettuata in Italia. E questo per noi ha significato aumento del fatturato estero e calo verticale del fatturato Italia». Prevede un rafforzamento ulteriore della produzione a favore degli stabilimenti esteri? «L’Italia non è un paese che attiri molti investitori. La precarietà del sistema paese, la non certezza della giustizia civile, la non competitività in termini di costi e tasse, il peso di una burocrazia vecchia e a volte inutile, rendono questo nostro straordinario paese un luogo del tutto non competitivo. E pensare che siamo espressione di eccellenze e professionalità che tutto il mondo ci invidia».


Eros Gherardi

L’azienda si fa “snella” In che modo i vostri processi produttivi tengono in considerazione l’impatto ambientale? «Quello del rispetto ambientale è un tema che ci sta a cuore, come dimostra il sistema fotovoltaico ora in funzione nel nostro stabilimento per la generazione di energia elettrica. Abbiamo installato un impianto da 160 KW che ci ha consentito di limitare il consumo energetico di quasi il venti per cento. Da sempre la CMI è attenta non solo al rispetto dell’ambiente interno e della condizione di lavoro del proprio staff ma anche al rispetto dell’ambiente esterno attraverso l’utilizzo di fonti di energia alternative ed ecologiche. La nostra filosofia continuerà a essere quella di perseguire uno sviluppo eco sostenibile nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente nel quale vive». Quanto è importante nel vostro settore il ruolo della ricerca? «A livello di competitività credo sia fondamentale investire molto in ricerca e sviluppo: i brevetti ottenuti e le domande depositate in attesa di valutazione sono la dimostrazione del nostro impegno. Se non si innova non si mantiene competitività e questo per CMI è

In inglese è lean thinking (pensare snello), cui si aggiunge subito dopo lean production (produzione snella), ed è una strategia operativa che punta ad aumentare l'efficienza ed eliminare gli sprechi. Ne parla Eros Gherardi, amministratore della CMI. «Negli ultimi tre anni – spiega Gherardi – la CMI ha attuato un progetto di lean thinking che ha interessato l’azienda nella sua totalità. Questo ci ha permesso di valutare e migliorare gli sprechi lungo tutta la catena del valore, per accrescere la nostra flessibilità e competitività, e ci ha portato a investire in risorse umane: soprattutto grazie a questo è stata possibile la conversione snella. Gli interventi più sostanziosi hanno riguardato tutta l’organizzazione del lavoro. Per essere efficaci ed efficienti in una logica simile, infatti, è stato per noi necessario rivedere i processi in chiave lean, per evitare tutte le fonti di sprechi e mantenere il livello di costi che ancora oggi ci permette di essere competitivi in un mercato difficile, alla continua ricerca del risparmio».

chiaro da molti anni: per questo destiniamo il cinque per cento del nostro fatturato a questa voce. In questo momento, stiamo lavorando a una cerniera con chiusura soft per il forno e abbiamo realizzato un’innovativa cerniera che consente la traslazione del pannello per le lavastoviglie a incasso. Il mercato sta andando in quella direzione e il nostro obiettivo deve essere quello di realizzare prodotti innovativi accessibili a tutti e non solo a una nicchia alta». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 77


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Tecnologie più efficienti e sostenibili Il minor consumo energetico sta sempre di più interessando il comparto automotive. Per questo il cilindro elettrico si impone tra i costruttori del settore in alternativa ai sistemi oleodinamici e pneumatici. Ne parliamo con Miria Bastoni Marco Tedeschi

l risparmio energetico sta diventando un motore economico importante per molte realtà aziendali italiane. La spinta verso la sostenibilità ambientale e il minor consumo energetico sono infatti in crescita costante. Ciò ha portato società come la MecVel a registrare un trend decisamente positivo negli ultimi anni. «Il motivo – spiega Miria Bastoni, socio e direttore commerciale della MecVel di Bologna

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– è da ricercare nella tipologia di prodotto, che rappresenta l’elemento fondamentale che consente una costante crescita sul mercato. I costruttori di macchine sono sempre più alla ricerca di risparmio energetico e di energia pulita per ridurre l’inquinamento e i costi e il cilindro elettrico risponde proprio a queste necessità. Utilizza infatti energia elettrica, sfruttandola solo nel momento dell’azionamento». MecVel da oltre 25 anni produce attuatori lineari (elettrocilindri) e martinetti meccanici utilizzati in moltissimi ambiti: industriale, medicale, civile e domestico. «Il concetto base del prodotto è creare un movimento lineare utilizzando energia pulita (elettrica) in alternativa ai sistemi oleodinamici e pneumatici. Siamo molto concentrati inoltre a cogliere le richieste che arrivano dai mercati. La tendenza è di cercare sistemi più completi, pronti per essere inseriti nella macchina finale e non i singoli componenti, come avviene oggi. Per questo motivo, in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria Elettronica – Università di Roma 3 e di un costruttore di servomotori, stiamo progettando un sistema di azionamento e controllo integrato da abbinare a un servo attuatore di nostra produzione con l’obiettivo di

Miria Bastoni, socio e direttore commerciale della MecVel di Bologna www.mecvel.it

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Miria Bastoni

fornire efficienza e risparmio energetico». L’attenzione con la quale l’azienda segue alcuni mercati e l’ampia gamma dei prodotti ha permesso a MecVel di cogliere alcune opportunità in ambito siderurgico e fotovoltaico. «Queste novità hanno portato all’acquisizione di importanti commesse che ci permettono di registrare un +6 per cento di fatturato sul 2012. L’attenzione ai costi ha fatto sì che si siano migliorati anche quei parametri di bilancio che indicano che l’azienda è in salute e può dedicare risorse allo sviluppo di nuovi prodotti per continuare a crescere». Una crescita che riguarda anche l’estero. «Oltre confine – sottolinea Bastoni - ci muoviamo principalmente su tre direttrici: creando alleanze con altre aziende bolognesi e sviluppando congiuntamente azioni di marketing, facendo nascere una base di rivenditori/distributori al fine di poter contattare molti potenziali clienti e infine sviluppando il prodotto desiderato dal cliente. I paesi emergenti rappresentano una buona potenzialità di acquisto, per questo abbiamo deciso di concentrare le nostre forze su alcuni di questi mercati». Al riguardo, le fiere di settore rappresentano un ottimo starting point. «Durante le fiere si ha la possibilità di incontrare molte persone, nel corso del tempo si verifica il reale interesse e se sussistono i presupposti si instaura una collaborazione che porti vantaggi ad

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La crescita dell'azienda è legata principalmente ai paesi emergenti nei quali si stanno sviluppando nuove sinergie

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entrambe le parti». I contatti con le aziende oltreconfine sono un’occasione inoltre per affermare la valenza del made in Italy. «Teniamo molto a questo aspetto e in alcune fasi della comunicazione con i nostri clienti esteri aggiungiamo anche la frase “proudly made in Italy”. Non sappiamo quanto questo possa “valere” oggi sul mercato, ma noi lo sentiamo come un valore aggiunto e lavoriamo perché venga percepito in questo modo anche all’estero. Proponiamo un prodotto concepito, sviluppato e assemblato interamente in Italia». Il made in Italy della MecVel nel tempo è stato apprezzato da aziende come Tetrapack, Pomagalski, Johson Diversey, Renault, General Electric, Leitner e altri. «La crescita dell'azienda – conclude Bastoni - è legata principalmente ai paesi emergenti nei quali si stanno sviluppando nuove sinergie. Attualmente l'incidenza del fatturato estero su quello italiano è del 48 per cento ma il nostro obiettivo è di invertire la tendenza puntando sempre più sul valore del made in Italy all’estero».

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EXPORT

Il settore alimentare è in fermento Roberto Catelli spiega quali sono le possibili misure da adottare per il prossimo, imminente scenario che riguarderà il food and beverage. «La diversificazione è tra le migliori armi a disposizione» Renato Ferretti

alimentare sta vivendo una fase piuttosto stabile. Ma a sentir parlare Roberto Catelli, è solo la calma prima della tempesta. Il presidente della Catelli Food Technology (Cft), azienda parmigiana operante nel settore dell’impiantistica alimentare per la trasformazione delle materie prime in semilavorato e prodotto finito, packaging incluso, vede il comparto in rapido cambiamento. Il primo semestre 2013 si è presentato in modo sicuramente più positivo rispetto all’anno precedente, che ha visto una forte flessione, soprattutto nel settore di processo, i cui investimenti sono stati talvolta posticipati per ragioni principalmente finanziarie: insomma, l’intero comparto è in fermento, e lo stesso Catelli è pronto ad affrontare il nuovo scenario. «In ogni caso la timida ripresa di quest’anno mostra le premesse per una prospettiva di crescita per il 2014, nel corso del quale diversi progetti di investimento dovrebbero diventare operativi. In particolare,da un lato il business del food processing si presenta abbastanza stabile, fatta eccezione per alcuni progetti “green field” che siamo fiduciosi si concretizzeranno nel breve termine, dall’altro il business del packaging ha registrato negli ultimi anni una crescita significativa, soprattutto nel settore “beverage”, e si prevede che il trend positivo si mantenga». L’azienda di Catelli sta reagendo alla minaccia

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della recessione innazitutto cercando un risparmio all’interno della struttura stessa. «La prima azione – dice Catelli –, che accomuna tutte le aziende in un periodo di depressione, è quella di ristrutturare l’organizzazione , individuando processi non perfettamente strutturati tali da offrire margini di miglioramento, sia in termini di riduzione costi, che di aumento dell’efficienza strutturale. Questa manovra, in parte già realizzata e in parte in corso di implementazione è funzionale alla liberazione di risorse economiche necessarie sia per sostenere l’organismo aziendale durante il momento di rallentamento, sia per finanziare la ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di portare ulteriori miglioramenti alla nostra gamma produttiva». Per quanto riguarda le strategie adottate, il titolare della Cft scende nel particolare con alcune importanti distinzioni. «Dal lato del mercato – spiega – stiamo attuando una diversificazione in settori che possano avere anche andamenti anti-


Roberto Catelli

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Abbiamo evitato la corsa al ribasso e al risparmio tecnologico: può funzionare nell’immediato, ma a lungo andare porta al tracollo

ciclici, con conseguente riduzione del rischio di mercato d ampliamento della “customer base”. Da una prospettiva più operativa stiamo concretizzando una riduzione e razionalizzazione dei costi per ottimizzare i processi e ridurre il break-even della società, al fine di aumentare la competitività dei prodotti. Abbiamo volutamente evitato un’inutile e dannosa corsa al prezzo più basso e al risparmio tecnologico che può dare risultati nel breve periodo, ma a lungo andare mina la solidità aziendale portando ad un inevitabile

La Catelli Food Technology Spa ha sede a Parma www.cftfoodtechnology.com

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tracollo. Dal punto di vista di prodotto e delle applicazioni, c’è una crescente attesa nel settore del riempimento in lattina. In questo senso, Cft ha acquisito importanti referenze di cui molte soprattutto sul mercato cinese, mercato sul quale stiamo continuando a investire per consolidare la nostra posizione nel medio lungo termine. La nostra strategia di diversificazione, in ogni caso, ha permesso un’elasticità e una versatilità che hanno consentito ad un’azienda storica di rimanere di proprietà italiana, caso quasi unico in un mercato sempre più globalizzato». Ma non si fermano qui gli aspetti rivalutati nel periodo di ristrutturazione. «L’intenzione dominante è stata quella di aumentare la risposta tecnologica alle esigenze di mercato. Ma alla base della nostra strategia non poteva che esserci un rinnovato dialogo con le imprese clienti, tale da migliorare la proposta produttiva. Abbiamo fatto sì che la crisi fosse uno stimolo al progresso e abbiamo rivolto il nostro interesse anche a nicchie UU EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 81


EXPORT

UU di mercato che si sono recentemente sviluppate

nell’ambito food e nell’ambito packaging. Settori che con molta probabilità porteranno a crescite importanti nel prossimo futuro. Anche in ottica export. In questo momento, i mercati più importanti per il packaging sono la Cina e gli Usa, e ci sono buone opportunità di sviluppo in Brasile, nel Sud-Est Asiatico e in Medio Oriente, che danno prospettive di una crescita a doppia cifra». I paesi emergenti per il patron della Cft sembrano costituire più una risorsa che una minaccia. «Dobbiamo tenerli in considerazione. Non mi riferisco solo ai mercati, cosiddetti, nascenti, ma anche a nuove nicchie di produzione che stanno prendendo piede in realtà già ampiamente industrializzate. Queste stanno dimostrando una forte vitalità». Sul fronte della competizione, la ricerca non può che avere un ruolo strategico decisivo. «Complessivamente, tra divisione process e divisione packaging, investiamo circa il due per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. Gli investimenti fatti nel packaging sono stati rivolti alla riprogettazione di tutta la gamma dei prodotti per il settore beverage e al completamento della gamma

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Ci sono buone opportunità di sviluppo in Brasile, nel Sud-Est Asiatico e in Medio Oriente, che danno prospettive di una crescita a doppia cifra

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delle aggraffatrici che rende Cft leader nel settore i cui competitor sono solo multinazionali americane. Questo sforzo ha già portato risultati tangibili, in primis la significativa crescita registrata dalla divisione “beverage” negli ultimi tre anni . Continueremo a investire per mantenere la nostra competitività di prodotto, nonché consolidare la posizione di mercato nel medio lungo termine configurandosi come partner tecnologico unico. Dobbiamo essere in grado di fornire soluzioni di engineering integrate, tali da affiancare il cliente nello studio di soluzioni tecnologiche dedicate, e fornire linee complete dalla trasformazione del prodotto grezzo al confezionamento del prodotto finito. Le soluzioni più ricercate, infatti, sono le cosiddette fabbriche o linee “chiavi in mano”, la nostra filosofia pertanto continua a incontrare il favore del mercato. Possiamo progettare linee complete di processo integrate con quelle per il packaging, strutturate ovviamente secondo le esigenze di produzione, qualità e logistica del caso. La possibilità di avere un unico interlocutore che si occupa di tutto il processo permette non solamente di evitare eventuali problemi di coordinamento tra differenti fornitori, ma anche la certezza che vengano assicurati standard qualitativi elevati sia di prodotto che di processo».



EXPORT

Non si può vivere di solo export Il punto di Federico Damiani sulla situazione del mercato interno. E le possibili soluzioni in materia di politica aziendale. «Buoni progetti imprenditoriali, competenze e ricerca ormai non bastano più» Rema Monreale

l nostro non è più un paese per piccoli imprenditori. È la conclusione in cui molti titolari d’azienda potrebbero riconoscersi. E non si tratta solo di quelli più sensibili al momento recessivo in atto. La stessa analisi, infatti, è condivisa da imprese in salute, anzi in crescita. Come la Elit, che nella produzione di convertitori di potenza basa il suo sviluppo. Eppure, Federico Damiani, alla guida dell’azienda piacentina, non vede nessun motivo per essere contento. «Malgrado la situazione positiva per Elit – dice Damiani –, non mi sento di gioire: mentre il mercato estero è in continua crescita, la situazione sul mercato interno è catastrofica. Per riscuotere i crediti, per esempio, bisogna aspettare anche diciotto mesi, pur con un decreto ingiuntivo esecutivo. Le banche dovrebbero fare il mestiere di prestare i soldi a chi ha un progetto valido. Invece giocano con la finanza ed entrano in partecipazione con aziende manifatturiere alterando il gioco. Eppure, esiste una moltitudine di piccoli imprenditori per i quali la soddisfazione di creare e produrre fa quasi dimenticare di vivere in un paese che sembra non volerli». La strategia con cui il team di Damiani ha affrontato il collasso nel mercato interno, corrobora la tesi iniziale. «Ridurre al minimo l’esposizione finanziaria verso i clienti, con particolare attenzione verso i clienti italiani: questo è uno dei modi con cui ci difendiamo. Nei mercati esteri, infatti, non rileviamo problemi: in questo momento stiamo lavorando

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Un momento di lavoro all’interno della Elit Srl, che ha sede a Piacenza www.elit-ups.com

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molto in Medio ed Estremo Oriente, cercando di consolidare i risultati raggiunti». Export a parte, uno dei motivi del successo della Elit è sicuramente l’alta specializzazione del settore in cui opera, la cui conoscenza anche solo di base non è appannaggio di tutti. «Gli apparecchi elettrici industriali – spiega Damiani – in Italia sono generalmente alimentati a 400V 50Hz. In altri paesi le tensioni industriali variano da 200 V a 600V con frequenze di 50 o 60Hz. Allo scopo di alleggerire le apparecchiature montate a bordo di


Federico Damiani

aeroplani o navi, in questi mezzi la frequenza della tensione di alimentazione è di 400Hz: pertanto, trasformatori e motori hanno dimensioni di circa la metà di quelle degli stessi apparecchi a 50 o 60Hz. Sono due, quindi, i principali campi di applicazione dei convertitori di frequenza: rendere possibile il funzionamento di apparecchiature previste per una certa tensione e frequenza, in luoghi dove la tensione e frequenza sono differenti, e alimentare a terra aeroplani o navi da banchina che utilizzano apparecchiature a 400Hz. In questo modo si evita di utilizzare i generatori di bordo riducendone la manutenzione e limitando nel contempo l’inquinamento in aeroporto o porto, dato che questi mezzi dovrebbero utilizzare generatori alimentati da derivati del petrolio. Le potenze richieste sono comprese tra i 5kVA e i 300kVA. Applicando la stessa tecnologia Elit costruisce regolatori a corrente costante per l’illuminazione pubblica». Alcune delle principali realizzazioni della società emiliana sono convertitori per l’aviazione e per la marina, sia civile che militare, per l’alimentazione di apparecchiature destinate all’esportazione o di importazione, per il collaudo di apparecchiature. «Elit – ricorda Damiani – è nata come costruzione di Ups di media e grossa po-

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Ridurre al minimo l’esposizione finanziaria, con particolare attenzione verso i clienti italiani: siamo costretti a difenderci così

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tenza. Tuttora è sul mercato con tutta la gamma di potenze ed è presente specie nella produzione di Ups speciali». Quella di Damiani è un’azienda familiare con un know-how, che le consente di sviluppare in proprio nuovi prodotti. «Ma il fatto di avere un know how interno, a livello europeo, è penalizzante riguardo l’accesso alle risorse finanziarie stanziate dalla Comunità Europea per la ricerca. La Pmi autosufficiente, infatti, non fattura e quindi non quantifica il proprio sforzo in ricerca. La multinazionale, invece, si appoggia a uffici esterni che quantificano il proprio lavoro, permettendo così l’accesso ai fondi Ce. Ciononostante, continueremo il nostro impegno per l’innovazione: adesso, per esempio, stiamo lavorando sulla riduzione dei consumi energetici delle nostre apparecchiature e la riduzione dell’inquinamento elettrico prodotto». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 85


TECNOLOGIE

Innovazione ed export le sfide dell’automazione l comparto dell’automazione può contribuire allo sviluppo dell’industria italiana, sfruttando al meglio le potenzialità delle conoscenze tecniche e applicative, specialmente per la sua capacità di affermarsi sui mercati mondiali. Stefal è un’azienda che da oltre trent’anni opera nel settore dei cablaggi elettrici e dell’assemblaggio elettromeccanico, si rivolge a vari settori e a varie produzioni, tra cui macchine da caffè, macchine per il gelato, apparecchiature professionali per la ristorazione e il comparto dell’auto motive. Gabriele Gianni, direttore generale della società, descrive l’ascesa dell’azienda di Crespellano. Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno?

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L'automazione dei processi industriali è un aspetto determinante per la qualità dei prodotti. Il settore ora richiede la riduzione dell’impatto ambientale, l’abbassamento dei costi di produzione e investimenti in innovazione Lorenzo Brenna

«Il mercato italiano è in una situazione di forte stallo. Le aziende che riescono ad andare avanti sono tutte rivolte all’estero. La maggior parte dei nostri clienti italiani esporta in tutto il mondo, anche la ricerca di nuovi business è rivolta quasi interamente all’estero. Negli ultimi mesi siamo riusciti ad acquisire diversi clienti tra Svizzera, Romania e Polonia. Il nostro comparto commerciale è sempre alla ricerca di nuovi businnes, per questo motivo anche quest’anno Stefal parteciperà all’HOST di Milano, fiera internazionale rivolta al mondo della ristorazione». Su quali progetti state lavorando in questo momento? «Anno dopo anno Stefal continua ad investire risorse e denaro nello sviluppo di sistemi che garantiscano un miglioramento costante delle performance di produzione, gestione e controllo dei flussi produttivi. Nel 2013 Stefal ha integrato un nuovo sistema com-


Gabriele Gianni

Da Sinistra, Lisa Ruggeri, responsabile produzione e logistica, Gabriele Gianni, direttore generale, Rossella Guidotti, C.E.O e Massimo Lenzi, responsabile area commerciale della Stefal Srl di Crespellano (BO) www.stefal-cablaggi.it

pletamente informatizzato che collega tra loro tutti i reparti in perfetta sincronia con lo stabilimento estero. Oggi dall’Italia possiamo controllare l’avanzamento delle produzioni dei vari reparti produttivi all’estero mediante un pannello di controllo condiviso con il management tunisino». Quali sono stati gli ultimi investimenti in innovazione? «Gli ultimi investimenti sono stati fatti nell’ambito delle attrezzature di collaudo e in software che possano garantire ripetibilità dei processi in modo controllato e sicuro. L’azienda ha sempre voluto distinguersi nell’ambito dell’affidabilità e per questo motivo abbiamo l’ambizione di non rincorrere i nostri competitor ma di essere fautori di nuovi sistemi che ci pongono in una posizione di rilievo nel mercato». Avete adottato una politica di rispetto ambientale per quanto riguarda la produzione? «Stefal è da sempre attenta e sensibile alle problematiche ambientali. L’abbiamo dimostrato nel 2012 con il conseguimento della certificazione ambientale Iso 14000. Anche gli investimenti fatti nel software per la gestione della produzione hanno visto miglioramenti sul consumo di carta, toner, elettricità e tutto ciò che ne consegue. Per diminuire ulteriormente il nostro impatto è stato necessario coinvolgere e rendere consapevoli le persone che lavorano in azienda». Nel 2012 e nel primo semestre 2013 qual è stato l’andamento del vostro business? «Nel 2012 siamo riusciti a mantenere il fatturato a circa 8,6 milioni di euro. Per il 2013 è pianificato un incremento tra l'8 ed il 10 per cento. L’anno è stato impegnativo si è raggiunto l’obiettivo di integrare nuovi clienti e allargare gli orizzonti della clientela estera. Gli

Gli ultimi investimenti sono stati fatti per attrezzature di collaudo e software che possano garantire ripetibilità dei processi in modo controllato e sicuro

ostacoli sono stati diversi, tra cui la mancanza di flessibilità del nostro mercato del lavoro. Oggi per sopravvivere le imprese hanno bisogno di elasticità. Per sopperire a questa mancanza e continuare a rimanere competitivi e attivi sul mercato Stefal ha proseguito nello sviluppo e integrazione dello stabilimento in Tunisia». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Per l’anno 2013 prevediamo un aumento del fatturato e un miglioramento dei flussi produttivi, anche grazie ad investimenti e continua ricerca di opportunità e di business. L’imprenditore del futuro deve prevedere con maggiore attenzione quali saranno le tendenze del mercato cercando di essere sempre allineato alle richieste e mai in rincorsa. Tutto questo sempre nel rispetto di sicurezza, ambiente e qualità che sono da sempre il punto di partenza di ogni imprenditore capace e responsabile». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 91


TECNOLOGIE

L’evoluzione dell’impiantistica Gli ultimi anni di crisi hanno mutato volto al mercato. E anche le imprese hanno dovuto ripensare assetti e obiettivi. Roberto Carlotti della Marchi Impianti presenta un quadro della nuova situazione Vittoria Divaro

iciotto mesi in controtendenza. È questa la migliore sintesi delle performance espresse nel 2012 e nel primo semestre 2013 dalla Marchi Impianti. Come spiega Roberto Carlotti, direttore tecnico della società per azioni di Calderara di Reno, in provincia di Bologna: «Benché il periodo preso in esame abbia evidenziato le problematiche condivise dal settore – difficoltà nei pagamenti, una burocrazia sempre più pesante, competitor ag-

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guerriti e pronti a sconti inarrivabili –, siamo riusciti a consolidare e migliorare il fatturato. A questo risultato ha contribuito anche una commessa realizzata per conto di un importante istituto di credito che ha creduto nella nostra capacità di fare impresa a tutto tondo». La società, attiva, oltre che in Emilia Romagna, anche in Lombardia, Veneto, Marche, Toscana e Lazio, è specializzata nella realizzazione e manutenzione di impianti di riscaldamento, condizionamento, a gas metano, idrico igienico-sanitari, antincendio e irrigazione aree verdi. «Recentemente abbiamo dato una forte spinta innovativa alla nostra attività, iniziando a effettuare riallestimenti e adattamenti impiantistici – anche di ristrutturazione –, per le agenzie bancarie, questo a fronte di una crescente richiesta del mercato in questa direzione». RIADDATARSI AL MERCATO

La crisi economica degli ultimi anni ha indotto la società a ripensare le prospettive di sviluppo e di business, che si sono do92 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013


Roberto Carlotti

vute adattare a un mercato con nuove caratteristiche e attese. Con le parole di Carlotti: «Per rimanere competitivi e non interrompere il percorso della nostra storia imprenditoriale, abbiamo messo in campo diverse misure. Innanzitutto siamo partiti dagli investimenti sul personale, riqualificandolo e formandolo per interfacciarsi con le nuove tecnologie, e riorganizzando la nostra struttura per renderla più flessibile e pronta a interpretare le esigenze di un mercato spesso frenetico, che oggi ha aspettative sempre diverse e pretende tempi di risposta ristretti. Abbiamo deciso anche di uscire fuori dai confini della nostra singola realtà, attivando collaborazioni con imprese e professionisti qualificati e all’altezza degli standard richiesti dal mercato. Questo ci ha permesso anche di incrementare il nostro know

how in settori specialistici – progettazione, legale, finanziario. Alla base di questo processo di evoluzione abbiamo posto, naturalmente, anche una nuova vision per quanto riguarda gli obiettivi. Oggi quelli principali sono la prosecuzione dell’aggiornamento tecnico verso le nuove tecnologie di realizzazione e lo sviluppo ingegneristico degli impianti. Accanto a questi, restano sempre validi gli obiettivi di mantenimento del quadro occupazionale, consolidamento degli utili e riduzione, per quanto possibile, dei costi di inefficienza aziendale. Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, è importante anche la scelta di partner che applichino le nostre stesse metodiche di lavoro, assicurando la capacità di operare su più fronti in contemporanea senza ridurre il controllo su tutto e tutti i processi in atto». L’EFFICIENZA ENERGETICA

In apertura, centrale termica Fabbricato Ferrari Auto Ricerca e Sviluppo. In alto, edificio residenziale in zona Stalingrado (Bologna). La Marchi Impianti Spa ha sede a Calderara di Reno (BO) www.marchiimpianti.it

Una direzione di crescita verso la quale muovere è stata rappresentata dal risparmio energetico, focus di interesse oggi molto sentito EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 93


TECNOLOGIE

A sinistra, un’altra veduta della centrale termica (Fabbricato Ferrari). Nella pagina a fianco, centrale tecnologica Marcegaglia Tourism Albarella (Hotel Capo Nord) e un fabbricato uso uffici della Regione Emilia Romagna www.marchiimpianti.it

posizionare elementi di contenimento energetico (cappotto esterno e protezione delle fondazioni con materiali coibenti), elementi per scambi termici in profondità e altri per l’acquisizione delle fonti energetiche naturali. Il tutto eseguito con grande attenzione alle finiture e al risultato architettonico finale. Questo lavoro – frutto della collaborazione con studi di ià nel 2001 Marchi Impianti ha certificato il sistema di gestione per la qualità. Ottenendo progettazione esterni – ha così un riconoscimento oggettivo sul fatto che le sue attività rispettano i requisiti della norma di riferimento Uni En Iso 9001:2008 nei seguenti campi di applicazione: ottenuto l’importante ricoprogettazione e installazione di impianti termici, di condizionamento, idrico sanitario, noscimento della certificadistribuzione gas e antincendio; gestione e conduzione di impianti di riscaldamento di zione Passivhaus». Altre coledifici; progettazione e ristrutturazione di agenzie bancarie. Inoltre, nel rispetto degli laborazioni importanti, su obblighi indicati dalle norme sugli appalti pubblici, la società ha istruito e ottenuto, con questo fronte, sono state Artigiansoa, l’attestazione di qualificazione all’esecuzione dei lavori pubblici. quelle con un’impresa che lavora il legno per la realizzazione di edifici in struttura dalle aziende a tutti i livelli. «Va precisato, lignea con certificazione in classe A e la par tuttavia, che l’interesse alle problematiche tnership con alcune proprietà immobiliari del risparmio energetico, non sempre coin- per studiare soluzioni di riduzione della spesa cide con effettive richieste di valutazione energetica per l’illuminazione negli ambienti economica. A ogni modo la nostra spinta di lavoro. propositiva è rimasta sostenuta. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato le competenze per LE COMPETENZE E IL TEAM lavorare con l’impiantistica di nuova gene- Le aree di intervento della Marchi Impianti razione, dedicata alle nuove energie e all’ot- spaziano dall’edilizia abitativa pubblica a timizzazione dei consumi». Fra questi pro- quella privata. Da interventi su edifici aperti getti spicca per importanza la realizzazione al pubblico – come sale cinematografiche, della prima agenzia energeticamente autoso- singole e multisala, teatri, ristoranti, strutstenibile di un istituto di credito. «In questo ture per il fitness – a locali commerciali per caso, il progetto prevedeva la rimozione di catene di supermercati e impianti sportivi. ogni elemento dell’immobile che non fosse Da strutture industriali manifatturiere a ufstrutturale (riduzione allo scheletro), per poi fici del terziario e sedi di aziende ad alto li-

COMPETENZE CERTIFICATE

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Roberto Carlotti

Negli ultimi anni abbiamo sviluppato le competenze per lavorare con l’impiantistica di nuova generazione dedicata all’ottimizzazione energetica

vello tecnologico. «Fra queste ultime, abbiamo lavorato per la direzione tecnica e lo stabilimento produttivo della Ferrari e nell’ampliamento dello stabilimento Lamborghini. Inoltre, in ambito sportivo, abbiamo dato il nostro contributo all’allestimento delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Più di recente, siamo diventati partner di riferimento per grandi istituti di credito. Con questi ultimi lavoriamo principalmente per la realizzazione delle agenzie, seguendo le formule del chiavi in mano e del global ser-

vice manutentivo. In questo modo possiamo assicurare la gestione completa del processo costruttivo e impiantistico – attività che svolgiamo anche per committenti che gestiscono grandi patrimoni immobiliari e che richiedono la nostra collaborazione per migliorarne le performance». La società soddisfa tutte queste richieste grazie a un team di lavoro strutturato in un ufficio tecnico – progettazione, preventivazione, acquisti e gestione tecnica –, un ufficio amministrativo e una parte produttiva. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 95


TECNOLOGIE

Tecnologia e rapidità rilanciano l’automazione l mercato dell’automazione industriale sta risentendo della crisi degli altri settori a cui è legato a doppio filo. I mercati cui è destinata la produzione italiana sono essenzialmente l'industria di processo, l'industria manifatturiera e le reti di distribuzione. La crisi economica ha imposto alle aziende di risparmiare tempo e denaro. Altre aziende di conseguenza si sono adattate e hanno trovato soluzioni per consentire questo risparmio di tempo. È la storia della Spin Applicazioni Magnetiche, società di servizi di tecnologie avanzate che opera nell’ambito della progettazione di dispositivi elettromagnetici e per l’automazione industriale. L’azienda fornisce la progettazione completa e l’ottimizzazione di macchine elettriche. Inoltre Spin Applicazioni Magnetiche produce e distribuisce i più avanzati prodotti

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La richiesta di progettare dispositivi elettromeccanici in modo rapido è cresciuta negli ultimi anni, in particolare con l’inizio della crisi nel 2008. E oggi questi vengono realizzati utilizzando programmi di simulazione al calcolatore. L’analisi di Alessandro Tassi Lorenzo Brenna

software per la progettazione dei dispositivi elettromagnetici, magnetotermici e per l’automazione. «La nostra azienda si occupa di progettazione – spiega l’amministratore Alessandro Tassi - in particolare di progettazione al calcolatore. Significa che i dispositivi non li progettiamo soltanto con metodi matematico-fisici tradizionali, ma realizziamo delle simulazioni al calcolatore, ovvero utilizzando programmi avanzati di simulazione 3d e prototipazione virtuale». Spin utilizza una tecnologia nata negli anni Sessanta per essere applicata alla meccanica che però si è diffusa solo recentemente in Italia. I programmi di simulazione comportano vantaggi sia in termini di qualità del lavoro che di risparmio economico rispetto ai metodi tradizionali. «Nell’ambito elettromagnetico le tecniche tradizionali che descrivono il comportamento

25% PERCENTUALE DI CRESCITA DEL FATTURATO DELLA SPIN APPLICAZIONI MAGNETICHE RISPETTO AL 2012 96 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013


Alessandro Tassi

In apertura, Alessandro Tassi, amministratore della Spin Applicazioni Magnetiche Srl di Borgonovo Val Tidone (PC) www.spinmag.it

di un motore elettrico o di un dispositivo sono fortemente approssimative, non riescono a rendere conto di tutti i fenomeni fisici connessi - afferma l’amministratore della Spin - il metodo tradizionale di progettazione prevede un’interazione tra formule spesso semplificate e i test costruttivi, che vengono progressivamente corretti man mano che le imperfezioni vengono fuori». Questo metodo può essere sostituito da una simulazione al calcolatore. «La simulazione non fa niente di meno di quello che fa il progettista facendo la prova costruttiva, soltanto che non si devono costruire tutti i pezzi ma si può farlo usando il calcolatore. Il tempo impiegato si riduce notevolmente, ma soprattutto se voglio apportare una modifica il risparmio di tempo è enorme piuttosto che se dovessi farla su un macchinario». Il vantaggio più immediato è quindi un notevole snellimento delle tempistiche di progettazione, elaborazione e consegna. «L’altro grande vantaggio è che nella simulazione al calcolatore riesco a vedere cose che nella realtà non vedo - dice Alessandro Tassi - ad esempio spesso non posso indagare all’interno del dispositivo, non potendo inserire sonde ovunque, invece nella simulazione ho la possibilità di controllare tutte le grandezze fisiche, la corrente elettrica, la temperatura o il campo magnetico in qualsiasi punto ». Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la Spin Applicazioni Magnetiche è stata in qualche modo favorita dalla crisi proprio in virtù del vantaggio che offre. «Nonostante molti nostri clienti siano in difficoltà il nostro volume di affari è aumentato - conferma l’amministratore - questo per due motivi, le aziende hanno bisogno di esternalizzare, per ridurre i costi, ma soprattutto hanno bisogno di rinnovarsi: c’è infatti la necessità di offrire prodotti

La simulazione fa quello che fa il progettista nella prova costruttiva, con la differenza che non si devono costruire fisicamente i pezzi, ma li si realizza al calcolatore

nuovi per rimanere sul mercato, aggredire nuovi settori e nuovi ambiti geografici». Quindi non solo l’azienda non ha rallentato, ma addirittura cresce esponenzialmente anno dopo anno. «Il primo semestre del 2013 è andato molto bene, il fatturato è cresciuto circa del 25 per cento rispetto all’anno scorso». L’azienda di Borgonovo Val Tidone lavora perlopiù in Italia, anche se sta cercando di aumentare il processo di internazionalizzazione, anche attraverso l’ambito delle consulenze. Per concludere abbiamo chiesto ad Alessandro Tassi quali saranno le prossime novità del settore. «Le novità rilevanti del settore elettromeccanico sono due. La prima è l’utilizzo di ottimizzatori, ovvero software che si applicano ai programmi di calcolo e che consentono di far sviluppare parte del progetto alla macchina. L’altro aspetto di innovazione è la progettazione di sistema, cioè la progettazione della macchina nel suo complesso e non del singolo componente». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 97


MODELLI D’IMPRESA

Le Pmi italiane, versatili e flessibili Giacomo Bettati riassume le potenzialità offerte dalla struttura più snella delle Pmi, rinnovando così la speranza di una possibile crescita per tutto il tessuto industriale italiano Remo Monreale

e la diversificazione è una delle armi con cui affrontare la crisi, la flessibilità aziendale è la mano che la impugna. Per definizione le Pmi hanno una capacità di adattamento che sopperisce alle dimensioni più contenute della loro struttura: non si tratta solo delle possibilità tailor made. In presenza delle risorse necessarie, infatti, riescono a soddisfare anche range di quantità considerevoli, coprendo così una fetta di mercato maggiore. Tutto questo si traduce in competitività, come dimostra l’esempio di Giacomo Bettati, alla guida dell’omonima ditta reggiana, con un’esperienza ormai ultra trentennale nella costruzione di condotte per impianti di condizionamento, ventilazione, riscaldamento e simili. «L’estrema versatilità dell’azienda – spiega il titolare – ci permette di eseguire sia grandi commesse che piccole forniture, oltre a garantire la nostra disponibilità anche per forniture speciali: è, in definitiva, una conquista che dobbiamo soprattutto alla lunga esperienza dell’azienda e del personale. Senza questi presupposti, inoltre, non sarebbe stata possibile la scelta dei macchinari e delle attrezzature tecnologicamente più avanzate e l’uso di materie prime e semilavorati di prim’ordine. L’offerta di alti standard qualitativi è un altro aspetto da non sottovalutare. La nostra produzione, infatti, è sottoposta a rigorosi controlli di qualità ed è

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supportata da un ufficio tecnico per rilievi e stesura di disegni esecutivi». Che ruolo gioca la flessibilità su un mercato in crisi? «La flessibilità è un aspetto fondamentale della nostra azienda capace di organizzare la produzione in modo da variare le quantità e le qualità realizzate, in funzione degli andamenti del mercato. Le diverse tipologie di prodotti, anche per settori o applicazioni diverse senza variare la qualità, permettono una diversificazione in grado di contrastare gli andamenti altalenanti del mercato nei vari sotto-settori: in questo, quindi, sta la capacità decisiva di rispondere in modo efficace agli scenari imprevedibili che si presentano». Quali sono stati i risultati più importanti conseguiti dall’azienda nel corso dell’ultimo biennio?


Giacomo Bettati

Giacomo Bettati, titolare della Bettati Srl con sede a Sorbolo a Levante (RE) produzione@bettatiaeraulica.it

35% L’INCREMENTO DEL NUMERO DEI CLIENTI REGISTRATO NEL BILANCIO DELL’ANNO 2012 DALLA BETTATI SRL

«I migliori risultati ottenuti dall’azienda negli ultimi anni consistono nella costante crescita di fatturato, nonostante la crisi economica. Questo è dovuto alla continua evoluzione sia produttiva che commerciale, ai forti investimenti in nuovi macchinari e in nuovi prodotti, grazie ai quali abbiamo coperto l’intero settore del trattamento dell’aria. Il cambiamento ci ha portato a esplorare nuove finalità e applicazioni del nostro prodotto, riuscendo così a soddisfare clienti sempre più esigenti». Quali sono le ultime innovazioni apportate? «Il condotto microforato è una delle novità più recenti. Questo prodotto è dimensionato con apposito software, consente di trattare elevati numeri di ricambi aria, evitando fenomeni di condensa grazie all’alta induzione: si ottengono, così, ottime condizioni di confort ambientali. Questo particolare è di vitale im-

portanza per ambienti dedicati a lavorazioni alimentari o semplicemente per attività come supermercati, ristoranti, negozi o palestre. È possibile inoltre personalizzare le canalizzazioni con diverse tonalità di colore o diverse tipologie di materiale creando, oltre che un prodotto semplice e funzionale, un oggetto di design». Dove concentrerete i vostri prossimi sforzi? «Per diverso tempo ci siamo dedicati allo sviluppo e all’organizzazione della produzione: nei prossimi anni gli sforzi maggiori saranno dedicati alla parte commerciale, cercando di incrementare la possibilità di collaborazione con i nostri clienti presenti e futuri. Anche se le aspettative di mercato per le imprese italiane non sono molto positive, rimaniamo convinti della possibilità di una ripresa nelle potenzialità del made in Italy. Crediamo ancora che la creatività e l’innovazione italiane abbiano un valore imbattibile su tutto il mercato mondiale». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 99


MODELLI D’IMPRESA

Nuove soluzioni per la filtrazione dell’aria Impiantistica e filtri in linea con le più moderne tecnologie, ottimizzati rispetto alle specifiche necessità tecniche dei diversi settori di applicazione. Nicola Maggi analizza la domanda del mercato e le attuali linee di ricerca Mauro Terenziano

ncrementare la resa degli impianti in termini di migliori risultati ambientali, economici ed energetici. È questo l’imperativo dello sviluppo sostenibile, oggi tenuto in altissima considerazione da tutte le imprese all’avanguardia. Nel settore della filtrazione aria, essendo questo un procedimento – impiegato in molteplici processi industriali e civili – che per la sua stessa natura ha lo scopo di tutelare l’ambiente lavorativo ed esterno, non esiste più il filtro in senso generico, e ogni prodotto richiede una preparazione sempre più approfondita e l’uso di tecnologie innovative.

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Questo nuovo corso, per Nicola Maggi, titolare di una società specializzata nell’aspirazione e filtrazione – la Profimec Ricambi di Gropparello, nel piacentino –, è qualcosa di più che una semplice evoluzione progettuale e produttiva. «Oggi, per noi, l’obiettivo non è più soltanto quello di


Nicola Maggi

La Profimec Ricambi Srl ha sede a Gropparello (PC) www. allfilter.it www.filternewservice.com

produrre, bensì quello di proporci ed essere considerati dei veri e propri consulenti. Per questo motivo siamo costantemente impegnati nello sviluppo di prodotti più efficienti, in maniera tale da garantire una specifica valutazione dei sistemi filtranti utilizzabili per proporre la soluzione tecnica più adatta a soddisfare le esigenze dei molteplici campi di applicazione della filtrazione dell’aria». Profimec Ricambi, oltre a realizzare internamente la ricambistica per la depolverizzazione, il trattamento dell’aria e per gli impianti di verniciatura, produce impianti di aspirazione industriali e aspiratori mobili. «La crescente attenzione per i consumi energetici – prosegue Maggi – e la necessità di rinnovare impianti vecchi di decenni, ci stanno permettendo di applicare le nuove soluzioni tecniche oggi disponibili. Se è vero che queste richiedono un importante investimento iniziale, sul lungo periodo garantiscono una resa superiore in termini di efficienza di filtrazione. E, dal punto di vista energetico, consentono risparmi elevati per tutto il ciclo di vita dell’impianto». Grazie all’introduzione di queste innovazioni, la società è riuscita ad affrontare prontamente la flessione registrata negli ultimi anni nel mercato domestico. «La capacità di proporre soluzioni specifiche, analizzando i problemi per le varie applicazioni della filtrazione, ci ha permesso di raggiungere quell’elevato livello tecnico necessario a confrontarci con i mercati esteri, ottenendo in questi ultimi risultati importanti. Inoltre, avendo avviato, dal 2007, una cooperazione con la Filter New Service di Corsico, in provincia di Milano, possiamo offrire un servizio completo successivo all’installazione di un nuovo impianto di filtrazione, garantendone una resa uniforme nel tempo. Il servizio post vendita include la manutenzione dell’impianto, la pulizia e sostituzione dei filtri e la gestione completa dei carboni attivi esausti, che ritiriamo direttamente dagli impianti.

La crescente attenzione per i consumi energetici e la necessità di rinnovare impianti vecchi di decenni ci permettono di applicare le nuove soluzioni tecniche

Siamo, infatti, in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie per i trasporti e lo stoccaggio. In questo modo il cliente riceve un servizio a trecentosessanta gradi, certificato, ed è esonerato dal problema dello smaltimento dei filtri esausti e delle relative pratiche burocratiche». Oltre alle certificazioni e autorizzazioni specifiche di settore, Profimec Ricambi lavora con un sistema certificato Iso 9001 e Iso 14001, che garantisce lo standard qualitativo dei prodotti di consumo già presenti sul mercato trattamento aria e di tutti quei prodotti specifici e innovativi destinati ad ambiti di impiego particolarmente complessi, come quello nucleare, il chimico-farmaceutico, il settore dei mezzi meccanici che operano in ambienti specifici, il ferroviario, l’elettronica e il medicale. Per riuscire a muoverci fra mondi così differenti, la professionalità e l’elasticità sono essenziali, e ci consentono di sviluppare direzioni di ricerca differenti ma accomunate da un unico obiettivo: offrire sempre un servizio aggiornato tecnologicamente e ottimizzato in funzione delle specifiche necessità tecniche». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 101


MODELLI D’IMPRESA

Il packaging alimentare è sostenibile Il comparto degli alimenti freschi si sta dimostrando sempre più attento alla salvaguardia dell’ambiente e all’igiene. È da questi bisogni che è nato Big Paper Green. Ne parliamo con Mauro Ferrari, amministratore del Gruppo Adigecarta Marco Tedeschi

opo anni di staticità il mercato dell’imballaggio flessibile alimentare sembra essersi risvegliato, con continue richieste di nuovi articoli. «Il settore degli alimenti freschi – spiega Mauro Ferrari, amministratore della Adige Commercialcarta – ha ripreso importanza. Il rapporto alimenti e igiene è sempre più sentito, la salvaguardia dell’ambiente è sempre in primo piano, e tutti questi elementi stimolano la ricerca». Il Gruppo Adigecarta nasce dall’unione sinergica e complementare di tre aziende specializzate nella produzione d’imballaggi alimentari in carta. Sacchetti in carta, carta per imballo, carte accoppiate e politenate, oltre all’esclusiva linea Big Paper Green, un prodotto completamente bio che ha fatto conquistare all’azienda un premio all’oscar dell’Imballaggio. «Big Paper Green permette, mantenendo integre le caratteristiche d’igienicità e praticità, anche la tutela e la salvaguardia dell’ambiente essendo composto da carta riciclata al 100 per cento e da film bio. Dopo l’utilizzo il prodotto può essere smaltito indifferentemente sia nel compost che separato e inviato al riciclo. Una novità che ha fatto vedere i suoi effetti positivi sul fatturato del gruppo durante l’anno 2012 e nei primi mesi del 2013, dove si è verificata una sostanziale tenuta, anche se il comparto

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Adige Commercialcarta si trova a Pescantina (VR) www.adigecarta.it


Mauro Ferrari

ha sofferto e sta ancora soffrendo parecchio. I nostri committenti hanno accolto positivamente la cura maggiore che mettiamo nel servizio, ma soprattutto la dedizione assidua alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e metodologie d’imballaggio». Il gruppo, costituito da tre aziende produttive e da una commerciale, ha esperienza polivalente in tutti i settori. «Questo ci consente di mirare alla ricerca del prodotto più idoneo alle specifiche esigenze. Si tratta di punti di forza che vengono recepiti maggiormente in questo periodo di crisi, nel quale si cerca principalmente la riduzione esasperata dei costi. È stata quest’attenzione al mercato che ci ha premiato con l’assegnazione dell’Oscar dell’Imballaggio 2013 per il prodotto “Big Paper Green”». Nel nuovo prodotto si concretizza l’essenza della produzione del gruppo. «Produrre per noi non significa soltanto creare, ma anche e soprattutto tutelare l’interesse del consumatore e salvaguardare più possibile l’ambiente nel quale operiamo. Per questo motivo tutti i nostri processi produttivi, unitamente agli ambienti in cui operiamo, sono certificati e rispettano le più rigide regole igieniche e sanitarie. Avere consapevolezza del mercato e un rapporto diretto con il cliente sono elementi fondamentali per ottenere il meglio. Ecco perché sempre più attuale è l’esigenza di avere una filiera corta ed essere a stretto contatto con l’utilizzatore dei nostri prodotti. Per questi motivi abbiamo diversificato al massimo la clientela e, grazie alla completezza della nostra gamma prodotti, siamo in grado di servire sia il rivenditore che il cliente finale, sia

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Big Paper Green, composto da carta riciclata al 100% e da film bio, contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente

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esso parte della grande distribuzione che un piccolo negozio tradizionale. Avendo tre aziende produttive con determinate esperienze, siamo concentrati per creare nuovi prodotti prendendo spunto da esigenze di mercato al passo con i tempi». Una clientela sensibile a delle tematiche ben precise. «Le maggiori richieste – conclude Ferrari - oltre al contenimento dei costi, sono proprio rivolte alla tutela della salute del consumatore e al rispetto dell’ambiente. Il riconoscimento del premio ottenuto, ma soprattutto il confronto quotidiano con la clientela ci sprona a continuare la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti innovativi proprio su questi ambiti. Per questo stiamo investendo parecchio sia in termini tecnologici che di formazione, coinvolgendo collaboratori e fornitori di materia prima, il tutto finalizzato alla creazione di prodotti personalizzati». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

La specializzazione come prima risorsa gennaio di quest’anno, sulle colonne del Sole 24 Ore, Marco Fortis, professore di Economica industriale e commercio estero alla Cattolica di Milano e responsabile della direzione studi economici di Edison Spa, ha posto un inedito paragone fra la moda, il mobile, e l’alimentare made in Italy da una parte e la nostra industria metalmeccanica dall’altra. Secondo Fortis, quest’ultima «è una meccanica fatta su misura per il cliente, nel vero senso della parola, dalla progettazione alla realizzazione fino al servizio post vendita: una manifattura di nicchia che non teme la concorrenza dei paesi emergenti sul basso costo del lavoro». Una conferma di questa realtà è fornita dall’esperienza di Giovanni Vincini e Paolo Subacchi, titolari dell’officina meccanica Subacchi & Vincini di Piacenza. «In questi anni di crisi economica, la nostra forza, quello che ci ha permesso di tenere il mercato, è stata la predisposizione alle produzioni di pochi pezzi - spiega Vincini -. Mentre all’estero si producono le grosse quantità in serie e a prezzi molto competitivi, noi intercettiamo la richiesta di quelle industrie che hanno necessità di formati particolari in basse tirature. Raggiunta questa specializzazione, il passo successivo, per noi, è quello di migliorare i processi aziendali e le tempistiche in maniera tale da riuscire a proporre le piccole quantità agli stessi prezzi delle grandi». Se infatti il mercato di riferimento della Subacchi & Vincini resta quello italiano, in seconda

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Fasi di lavorazione e prodotti della Subacchi & Vincini di Piacenza. Nella pagina a fianco, da sinistra, Paolo Subacchi e Giovanni Vincini www.subacchivincini.it

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La creatività non è virtù solo della moda e del design. Così come la qualità non è esclusiva della produzione alimentare. Giovanni Vincini e Paolo Subacchi dimostrano che questa capacità, tutta italiana, può esprimersi anche nella meccanica Manlio Teodoro

battuta, attraverso i partner nazionali – localizzati per lo più in Emilia Romagna e Lombardia –, i prodotti dell’azienda raggiungono l’estero. E anche questo ha consentito di mantenere il bilancio 2012 nella media degli anni precedenti. «Per quanto riguarda l’esercizio in corso - interviene Subacchi -, a fronte di un primo semestre in linea con l’andamento 2013, a partire dalla seconda metà dell’anno abbiamo registrato un lieve ripresa che, se confermata nell’ultimo trimestre,


Giovanni Vincini e Paolo Subacchi

In questi anni quello che ci ha permesso di tenere il mercato, è stata la predisposizione alle produzioni di pochi pezzi

dovrebbe portarci a una crescita del fatturato, almeno di qualche punto. Infatti, tutti i settori ai quali ci rivolgiamo hanno complessivamente tenuto». Sebbene l’azienda sia stata fondata esclusivamente come officina meccanica per la lavorazione e trasformazione dei metalli in genere – in particolare per l’attività di tranciatura e stampaggio lamiere –, con il passare degli anni e l’implementazione tecnologica attraverso l’acquisto di nuove macchine, il bacino di riferimento si è allargato a settori eterogenei. Come spiega Giovanni Vincini, «oggi collaboriamo con aziende che costruiscono cuscinetti e carrelli elevatori, fornendo anelli e spessori di registrazione; con produttori di go kart per le staffe, i supporti e i telai; con aziende produttrici di caldaie, alle quali forniamo fondelli stampati e staffe di supporto per il bollitore; aziende del settore automobilistico – rinforzi per parti in vetroresina e particolari per assemblaggio cabine –, delle macchine per la pulizia industriale – bandelle ferma guar-

nizioni. Inoltre siamo fornitori di piastre di ancoraggio per imprese edili e barre di messa a terra e connessioni per aziende del settore elettrico. Rivolgendoci a una platea così ampia, oltre alla possibilità di fare un piccolo numero di pezzi, è importante anche la varietà della gamma dei prodotti. Perché anche se è vero che con l’avvento del laser lo stampo è stato un po’ messo da parte, in base alla quantità di prodotto da realizzare quest’ultimo mantiene ancora la sua sostenibilità». Per le lavorazioni di stampaggio, tranciatura e punzonatura alla Subacchi & Vincini si utilizzano presse meccaniche con una forza variabile fra le 20 ton a 130 ton e un’imbutitura a pressa idraulica da 200 ton – inoltre l’azienda esegue lavori di piegatura, punzonatura Cnc e piccoli assemblaggi. «Alla luce dell’andamento di quest’anno – tira le somme, in conclusione, Vincini – dal 2014 ci aspettiamo una grande ripresa. Benché i suoi segnali siano ancora appena distinguibili, siamo per natura ottimisti».

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MODELLI D’IMPRESA

Il taylor made, un motore per le Pmi Attraverso la realizzazione di prodotti su misura e personalizzati, alcune Pmi italiane sono riuscite a registrare negli anni una crescita costante. Senza flessione interna dovuta alla crisi. Ne parliamo con Ercole Zurla Marco Tedeschi

rriverà a breve sul tavolo del Consiglio dei Ministri il decreto Fare 2, seconda fase del progetto di rilancio dell’economia del governo Letta. Destinatario del provvedimento è soprattutto il mondo delle Pmi, cui sarà concessa una dilazione dei debiti fiscali a fronte di crediti. Le Pmi sono il vero motore dell’economia italiana ma anche la parte più sofferente a causa della situazione critica dei mercati. Eppure ci sono Pmi che, puntando su un prodotto ad hoc, non hanno sentito affatto la crisi. Anzi, stanno registrando ordini continui e un aumento del fatturato in percentuale costante. Personalizzare il prodotto sta diventando infatti

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l'unica ancora di salvezza nel commercio, in un momento di poco equilibrio quale quello in cui viviamo. È quello che ha fatto Valmar, azienda attiva nel campo della carpenteria metallica, con particolare indirizzo verso il settore dei sistemi di sollevamento e movimentazione. «Il segreto della nostra crescita costante – spiega Ercole Zurla che insieme a Valter Andalò e Mario Di Benedetto gestisce l’azienda - sta tutto nel prodotto. Progettiamo e realizziamo articoli per la movimentazione nella logistica ma, ciò che ci differenzia rispetto alle altre aziende è la capacità di fornire un articolo taylor made, su misura. Ideiamo il progetto insieme all’acquirente e poi co-


Ercole Zurla

Ercole Zurla è titolare insieme a Valter Andalò e Mario Di Benedetto della Valmar di Pontenure (PC) www.valmar.pc.it

struiamo il tutto internamente. Il comparto che ci rende unici è il nostro ufficio tecnico che si occupa della progettazione. In questo modo riusciamo a realizzare un prodotto ad hoc, un articolo di nicchia che risolve i problemi logistici del committente». L’ufficio tecnico di progettazione, presente all’interno di Valmar, dispone di avanzati sistemi di disegno 3D. «L’esperienza pluriennale nel settore della movimentazione, ci permette di offrire molteplici proposte per trovare la migliore soluzione tecnica alle problematiche che si incontrano nel corso della realizzazione del prodotto finale. La produzione viene eseguita per intero all’interno di un’area di nostra proprietà e tra gli obiettivi che abbiamo c’è quello di allargarci ulteriormente». La particolarità del prodotto ha permesso all’azienda di chiudere il 2012 con un fatturato di quattro mln di euro. «Attualmente inoltre stiamo registrando quasi il 30 per cento in più rispetto al 2012». La maggior parte del fatturato è realizzato in Italia mentre l’estero vale il 30 per cento delle entrate totali. «Per quanto riguarda i paesi con i quali collaboriamo, per il 90 per cento lavoriamo in Germania e il restante è un mercato diretto in Svizzera, Austria e Francia. Il mercato interno resta comunque importantissimo; lavoriamo soprattutto con la Elettric 80 di Reggio Emilia per cui forniamo accessori per la presa e per movimentare i pallet». Per quanto riguarda investimenti e ricerca,

Progettiamo e realizziamo articoli per la movimentazione nella logistica, tutti prodotti su misura

l’azienda è costantemente attiva. «Ogni prodotto che vendiamo viene progettato nell’ufficio tecnico aziendale. Per questo all’interno di ogni singolo articolo che realizziamo c’è una ricerca continua, un progresso che non si ferma mai. Tutto ciò comporta investimenti continui per ottimizzare il prodotto e renderlo flessibile. Stiamo anche pensando nel prossimo futuro di registrare un brevetto per un prodotto che ci ha richiesto la Fiat». Valmar si rivolge prevalentemente ai comparti del carrello elevatore e delle navette laser guidate, per cui viene realizzata la parte elevatrice. «Ciò che noi forniamo è solamente l’accessorio, un prodotto talmente specifico che non abbiamo competitor diretti». Oltre alla volontà di ampliare lo stabilimento, per il 2014 Valmar intende puntare su una crescita costante. «Intendiamo mantenerci su un aumento del 10 per cento. Questo è l’obiettivo che ci poniamo e crediamo che possa essere raggiunto visto le grandi richieste che stiamo ricevendo. Abbiamo numerose commesse sia in Italia che all’estero – conclude Zurla - ma è importante non strafare, pianificare bene il lavoro considerando le nostre dimensioni e crescere mano a mano». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 107


CONSULENZA

Sicurezza sul lavoro, serve più responsabilità Inail ha dato il via ufficialmente alla nuova sezione Open Data che rende accessibili e consultabili da parte di imprese e cittadini i dati elementari e in tempo reale degli infortuni sul lavoro. Si tratta del primo risultato di un progetto, voluto dal Presidente dell’Istituto Massimo De Felice, che porterà alla pubblicazione di dati “elementari” sugli infortuni in ambito lavorativo. Un passo avanti molto importante per informare ed “educare” alla sicurezza in ambito lavorativo, un tema che non è sempre recepito adeguatamente in Italia. «La cultura della sicurezza sul lavoro – spiega Diego Ferretti, amministratore della G.F. Sicurezza - è spesso deficitaria nel nostro Paese. Questo ci responsabilizza ulteriormente nel fare sempre meglio il nostro lavoro, consapevoli di agire non solo per noi stessi e per i risultati della nostra azienda, ma anche per preservare la salute e la vita delle persone». GF Sicurezza dal 2007 garantisce infatti una consulenza completa e approfondita secondo le particolarità di ogni progetto. «Operare in questo modo ci ha permesso di conoscere nei minimi dettagli la storia di ogni impianto su cui abbiamo lavorato, dalla sua nascita alla sua conclusione. Per adeguarci all’evoluzione della normativa riguardante la sicurezza e, allo stesso tempo, cogliere le oppor-

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G.F. Sicurezza Srl si trova a Campogalliano (MO) www.gfsicurezza.com

500 mila

-8,8%

I CASI DI INCIDENTI E INFORTUNI SUL LAVORO REGISTRATI DA INAIL NEL 2012

LA PERCENTUALE (IN DIMINUZIONE) D’INCIDENTI REGISTRATA NEL 2012 RISPETTO AL 2011

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La cultura della sicurezza sul lavoro è spesso in deficit in Italia. Per questo è importante diffonderla e attuarla nel miglior modo possibile, seguendo tutte le normative in vigore. La parola a Diego Ferretti Matteo Grandi

tunità offerte dal mercato nazionale, abbiamo indirizzato parte dei nostri investimenti al miglioramento della funzionalità, della professionalità e dell’immagine aziendale. In questo modo siamo riusciti a competere con commesse sempre più impegnative, interfacciandoci con clienti esigenti». Tra i progetti più impegnativi c’è stata la messa in sicurezza delle coperture dell’intero aeroporto di Bogotà. «L’aeroporto internazionale di Bo-


Diego Ferretti

Tra i progetti più impegnativi c’è stata la messa in sicurezza delle coperture dell’intero aeroporto di Bogotà

gotà in Colombia è stato realizzato nel 1955 e da quel momento è diventato un vero punto di riferimento, tanto che, nel 2011 è stato il terzo aeroporto per numero di passeggeri in Sud America, superato solamente dagli aeroporti di Città del Messico e San Paolo. L'esigenza pertanto è stata quella di rinnovare l’Eldorado progettando due terminal nuovi. Il progetto prevedeva la realizzazione di linee vita in copertura a servizio delle falde dei terminal che dovevano poter consentire il normale transito in sicurezza su tutti i manti di copertura. I fissaggi inoltre dovevano essere vincolati alle lastre di copertura senza perforarle. Il risultato realizzato è stato un impianto costituito da elementi in acciaio inox AISI 304 assemblati con viteria inox e fissati ad apposite piastre per coperture in Riverclack mediante staffaggi dimensionati ad hoc e senza la perforazione delle la-

stre. Le linee vita installate sono tutte complete di carrello di scorrimento, pertanto gli operatori sono sempre vincolati al cavo senza avere la possibilità di sganciarsi». La messa in sicurezza dell’aeroporto di Bogotà ha sicuramente rappresentato un’occasione importante di visibilità. «Visibilità e opportunità di business, ma anche un vero e proprio momento di crescita aziendale. Oltre all’aeroporto anche le fiere rappresentano un’occasione unica per farci conoscere. Dal 2007 a oggi, abbiamo sempre partecipato alle fiere di settore, aumentando progressivamente la nostra conoscenza in materia. Tali eventi offrono le occasioni più appropriate per un reale confronto con le differenti figure professionali. Abbiamo notevolmente consolidato la nostra azienda, sia nella struttura che nella comunicazione, con la nuova sede, il restyling del logo societario e la realizzazione dei nuovi cataloghi. Vogliamo infatti coinvolgere – conclude Ferretti - sempre più i nostri clienti e garantire la migliore formazione sia teorica che pratica».

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AGROALIMENTARE

I salumi del parmense Italia è l’unico paese al mondo a poter vantare un patrimonio di quasi 4700 specialità alimentari, tutte esclusivamente ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo e realizzate con metodiche praticate sul tutto il territorio in modo omogeneo. Specialità agroalimentari che, spesso e volentieri, sono acquistate alla stregua di souvenir da italiani e stranieri. La produzione di prodotti tipici, certificati e biologici mostra perciò opportunità di mercato incoraggianti, nonostante le ben note criticità sul fronte dei consumi interni. Anche l’esperienza del Salumificio Squisito può dirsi positiva, considerando l’andamento del fatturato, in crescita nel 2012 (+20 per cento sul 2011) e nei primi mesi del 2013. Il titolare Angelo Capasso ne ricostruisce obiettivi, prospettive e punti di forza. In un momento in cui gli italiani risparmiano anche sulla spesa alimentare, su quali aspetti puntate soprattutto per mantenere la vostra posizione sul mercato? «La crisi purtroppo c’è e si sente, ma con la qualità si riescono ancora a conseguire buoni risultati. La qualità è però un impegno da mantenere. Abbiamo stretto un accordo con un allevatore della zona che ci permette di lavorare maiali rigorosamente selezionati, con un peso ideale di 220-240 chilogrammi, per ottenere i salumi migliori. Abbiamo, inoltre, da poco ottenuto l’autorizzazione a produrre prodotti biologici, così da riuscire a certificare i nostri maiali che alleviamo allo stato brado in Toscana». Cosa caratterizza la vostra attività? «Il nostro è un piccolo laboratorio artigianale; la passione che infondiamo ogni giorno nel nostro lavoro, unita al clima e al rispetto delle tradizioni, costituiscono le peculiarità della nostra attività. Tutte le fasi di lavorazione, di stagionatura e di vendita sono seguite dal sotto-

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La ricerca di prodotti agroalimentari di eccellenza premia l’impegno degli artigiani del gusto, come Angelo Capasso, sul fronte della qualità e della selezione delle materie prime Giovanni Bisoli

Angelo Capasso, titolare del Salumificio Squisito con sede a Diolo di Soragna salumificiosquisito@libero.it

scritto con cura e attenzione, perché il mio lavoro è tutto». Quali i prodotti di punta? «Sicuramente il Culatello, che viene realizzato ancora come lo facevano i nostri nonni usando solo sale e pepe e come ingrediente fondamentale la “nostra nebbia” tipica della Bassa. Il no-


Angelo Capasso

+10% AUMENTO DI FATTURATO REGISTRATO NEI PRIMI SEI MESI DEL 2013 RISPETTO AL 2012

stro Culatello è stato premiato come miglior culatello tra dieci partecipanti dalla rivista Gambero rosso. Anche la nostra spalla cotta ha quest’anno ricevuto molti consensi. Senza dimenticare altri due prodotti di straordinaria fattura, lo Strolghino e il Salame Zibaldino». Cosa caratterizza questi prodotti? «Lo Strolghino è un piccolo salame dal diametro molto ridotto, che si ottiene solo dalle rifilature del Culatello. La breve stagionatura, massimo di venti giorni e la concia preparata ad hoc, rendono questo salume particolarmente dolce e morbido. Il Salame Zibaldino nasce, invece, dalla collaborazione tra mio nonno e la famiglia di Giovannino Guareschi, noto ai più per le sue capacità letterarie. E proprio dall'unione delle diverse culture e dalla magia unica della nostra terra, nasce questo incredibile salame, conosciuto ai più per la sua straordinaria morbidezza e per il suo gusto unico». Come risolvete il rapporto tra tecnologia e tradizione?

«Le uniche tecnologie usate sono le tre macchine impiegate per fare il salame e le varie celle di lavorazione. Per il resto, facciamo riferimento all’esperienza e alla manualità, ma tenendo sempre e comunque d’occhio l’emergere di qualche novità». Qual è attualmente il vostro mercato di riferimento? «I nostri principali clienti sono gastronomie, enoteche e ristoranti. Nel prossimo futuro, cercheremo di proiettarci verso l’estero con qualche iniziativa e di aprirci alla vendita on line, che potrebbe offrire opportunità interessanti». Obiettivi per il futuro? «Non ci poniamo limiti, l’estero sarà il nostro futuro, soprattutto grazie ai prodotti bio». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 119


AGROALIMENTARE

Carne selezionata, sale e aria della pianura ra le eccellenze italiane spiccano le specialità enogastronomiche, apprezzate e invidiate in tutto il mondo. Ogni regione ha una peculiare tradizione culinaria con le proprie tipicità. La provincia di Parma si contraddistingue per la maestria nella norcineria, come ci spiega Amerio Giuberti, presidente dell’omonimo salumificio. Materia prima selezionata, tradizione antica, particolare microclima: questi sono gli elementi che conferiscono ai prodotti del salumificio Giuberti le caratteristiche organolettiche che li rendono unici e inimitabili. «Il particolare clima ha l’importanza di un vero e proprio ingrediente - spiega Amerio Giuberti - durante la stagionatura dei prodotti infatti l’aria aromatica e umida che risale dai crinali delle Cinque Terre della Liguria si carica di profumi e aromi attraversando i ricchi boschi di castagni dell'Appennino parmense. E proprio quel vento carico di aromi conferisce il caratteristico profumo ai prodotti dei salumifici posti lungo il corso dei fiumi della provincia di Parma». Nonostante la grande richiesta, per diventare così speciali, i prodotti del salumificio Giuberti devono rispettare un lungo tempo di maturazione nelle sale di stagionatura prima di essere commercializzati. Una pazienza che viene comunque ripagata dall’altissima qualità. L’azienda emiliana, infatti, opera da trent’anni rispettando la tradizione. «Questa è la filosofia che da sempre guida l’attività del salumificio Giuberti - dichiara Amerio Giuberti - che ha scelto di privilegiare la qualità, il rispetto di regole antiche e la consuetudine artigianale». Il risultato di questa scelta sono produzioni con numeri piccoli ma di alta qualità. «Produ-

T Amerio Giuberti, presidente della Giuberti Amerio Srl di Collecchio (PR). Nella pagina accanto, la culatta www.giuberti.it

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L’Italia, e in particolare la provincia di Parma, si conferma la “capitale” della norcineria. Tecniche tradizionali, materie prime a chilometro zero e grande passione contribuiscono a creare prodotti di qualità noti in tutto il mondo Lorenzo Brenna


Amerio Giuberti

ciamo nella nostra sede di Collecchioe vendiamo nel nostro punto vendita nel centro di Parma prosciutto di Parma Dop, culatello, fiocchetto, fiocco, culatta, spalla di San Secondo cotta e cruda, coppa, salame Felino, strolghino di culatello, gola. Tutti salumi che nascono dalla stessa filosofia, ossia materia prima esclusivamente italiana e proveniente da allevamenti padani, produzione artigianale totalmente manuale e stagionatura che segue ritmi naturali». Il risultato è una produzione forse di nicchia, ma sicuramente di qualità eccellente. La dimostrazione sta nel fatto che, a seconda delle stagioni, si ottengono prodotti sempre differenti, mai standardizzati e dalle caratteristiche organolettiche uniche. «Si pensi al prosciutto di Parma Dop - spiega il presidente - di peso non inferiore ai 12 kg, dopo 24 mesi di stagionatura, vale a dire il doppio di quanto previsto dal disciplinare, esprime al meglio le caratteristiche dell’eccellenza della provincia di Parma. Tutto questo rispettando una ricetta antica, la stessa che Catone il Censore nel II secolo a.C. codifica nella sua “De Agricoltura”. Da allora sono passati due millenni, ma il prosciutto di Parma resta lo stesso: carne selezionata, sale e aria della pianura di Parma». Uno dei prodotti di punta del salumificio, poco noto fuori dai confini della provincia di Parma, è la culatta: «Questo salume – spiega Giuberti – esprime al meglio la tipicità del territorio, coniugando la dolcezza del prosciutto e la straordinaria aromaticità del culatello. Un risultato che si ottiene grazie anche alla conservazione della cotenna, che conferisce maggiore dolcezza al prodotto, e alla presenza di un piccolo osso all’interno, che tutela l’integrità della carne». Un altro salume raro e antico prodotto dall’azienda di Collecchio è la spalla cruda di Palasone, prodotta ancora rispettando la ricetta codificata nel lontano 1100 che prevede che la spalla del suino, opportunamente rifilata, venga lavorata mantenendo integre la muscolatura e

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I nostri salumi nascono allo stesso modo: materia prima esclusivamente italiana, produzione artigianale, e stagionatura che segue ritmi naturali

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la struttura ossea. «La spalla cruda richiede una stagionatura di 16 mesi e solo i pezzi migliori, curati con attenzione speciale, possono arrivare alla commercializzazione». Le lavorazioni meticolose e naturali hanno portato il salumificio Giuberti a essere introdotto da Slow Food nell’Atlante dei Prodotti Tipici dei Parchi Italiani. Un’ulteriore conferma dell’esclusività di questi salumi del territorio. EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 121


AGROALIMENTARE

Il Grana secondo tradizione Damiano Contini, quarta generazione di una famiglia di casari, ci accompagna nel retroscena di un primato gastronomico indiscusso. «Il legame con il territorio è fondamentale» Remo Monreale

i sono prodotti che raccontano la loro terra d’origine e che non è possibile riprodurre fuori da questa, pur conoscendo ogni passaggio necessario. Il Grana Padano dei colli piacentini obbedisce a queste regole, come spiega Damiano Contini, titolare dell’omonima azienda di Castell’Arquato, ed erede di una famiglia di artigiani casari da quattro generazioni. «Il legame con il territorio – dice Contini – è fondamentale per la buona riuscita del nostro grana, così come delle altre eccellenze gastronomiche locali: il tempo qui è unico e in certi momenti sembra essersi fermato. Non a caso gli allevamenti da cui ci riforniamo sono a conduzione familiare, come il nostro caseificio: questo permette una cura ancora maggiore nella produzione e nella trasformazione. La stessa stagionatura avviene in condizioni naturali ed è seguita personalmente dai componenti della mia famiglia». Certamente il Grana Padano non ha bisogno di presentazioni. Contini suggerisce vari modi di assaggiarlo, anche se la lista potrebbe essere più lunga, così come recita la tradizione. «Il gusto del nostro formaggio – dice il

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titolare dell’impresa piacentina – al palato riporta subito al sapore del latte, deciso e morbido allo stesso tempo. È buono sia come antipasto abbinato a vini bianchi locali, come l’ortrugo o il monterosso, sia grattugiato negli anolini, nelle lasagne, nei tortelli d’erbetta, o pisarèi e cannelloni. Infine, è ottimo anche con qualche goccia di aceto balsamico e si sposa perfettamente con pere o uva». La famiglia Contini si può definire una sorta di custode dell’enogastronomia locale, un tesoro che si realizza nel know how specifico ge-


Damiano Contini

Il caseificio Contini ha sede a Castell’Arquato (PC) info@caseificiocontini.191.it

losamente salvaguardato in azienda. «Siamo presenti su queste terre dall’inizio del Novecento. Nel nostro caseificio, che fa parte del comprensorio di produzione di Grana Padano Dop, oltre al formaggio, facciamo anche burro e ricotta, prodotti che proponiamo nel nostro spaccio, adiacente al caseificio, e nei mercati e le fiere della provincia. La raccolta del latte per la produzione avviene giornalmente fra gli allevatori delle nostre colline, che ben si addicono alla produzione di un grana di qualità. In più stagioniamo altri prodotti, come i saporiti salumi locali: il salame piacentino, la coppa e la pancetta. Tutti rispettosi della migliore tradizione della norcineria locale». La crisi del settore alimentare non ha impedito a Contini di registrare un andamento positivo. «L’andamento del nostro business è stato buono. Siamo riusciti a mantenere, anche se con difficoltà, il buon livello di vendite dell’anno precedente, pure in un contesto critico. Probabilmente il motivo si deve ricercare nella piccola realtà artigianale che rappresentiamo. In virtù di questa puntiamo da sempre sulla qualità del prodotto e sulla convenienza, quindi sul rapporto qualità prezzo. La strategia che adottiamo non è molto cambiata, anzi: contiamo di acquistare sempre più clienti nella vendita al minuto, la stessa politica usata sin dall’inizio dal bisnonno». La vendita del grana di Contini si sviluppa principalmente nel Nord Italia, in particolare in Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.

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Il legame con il territorio è fondamentale per la buona riuscita del nostro grana, così come delle altre eccellenze gastronomiche locali

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Ma non mancano i turisti, provenienti da tutta Europa, attratti dalle specialità enogastronomiche che raccontano la cultura del posto e ne permettono una “visita” ancora più profonda. Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, Contini segue personalmente le fasi più delicate, mirando a un risultato impeccabile. «Giornalmente – spiega – eseguiamo analisi dell’acidità del latte e verifichiamo l’assenza di sostanze inibenti. Operiamo analisi quindicinali complete tramite un laboratorio che segue il nostro caseificio. Inoltre, mensilmente riceviamo prelievi da parte del Consorzio Grana Padano, che avvengono ovviamente senza preavviso, e verifiche da parte dell’Asl di competenza». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 125


AGROALIMENTARE

Nuovi sviluppi per l’arte bianca Un lungo lavoro di selezione e analisi della materia prima. Sabrina Dallagiovanna racconta la realtà di un molino storico del piacentino, all’avanguardia su mercati e prodotti. Anche senza glutine Luca Càvera

e il primato per la produzione di grano duro spetta al Meridione italiano, per le farine di grano tenero – con le quali si impastano pizza, pasta fresca e pasticceria – la palma va al Nord. Dal 1832, a Gragnano Trebbiense, in provincia di Piacenza, lavorano le macine del molino Dallagiovanna, realtà storica tramandata di famiglia in famiglia, oggi guidata dalla quinta e sesta generazione che nel 2009 ha iniziato la commercializzazione all’estero. «Attualmente – spiega Sabrina Dallagiovanna, marketing manager della società – esportiamo in diversi paesi europei – Spagna, Francia, Regno Unito, Svezia, Danimarca, Svizzera e Cipro – ed extra europei, come Cile, Giappone, Corea del Sud, Australia. Tuttavia l’export rappresenta ancora solo il 3 per cento del nostro fatturato, ma sono mercati ai quali ci siamo avvicinati da pochi anni – fa eccezione il Regno Unito, in cui abbiamo una partnership da 35 anni con uno dei maggiori produttori europei di coni e cialde per gelato. L’obiettivo è quello raggiungere il 7-8 per cento entro il prossimo biennio e di ampliare la platea dei paesi, includendo America del Nord, Brasile e Cina». Se il mercato di riferimento italiano comprende realtà diverse per dimensione e produzione – si va dal piccolo panificio alla grande industria, passando per le pasticcerie, le pizzerie, i produttori di paste fresche e ripiene –, all’estero vanno soprattutto le farine per pizza e pasta fresca, a sottolineare il riconoscimento del prodotto

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Sopra, Gianluca Guagneli a Sigep 2013 e, nella pagina accanto, Walter Zanoni a Tuttofood 2013. Due maestri che collaborano con il Molino Dallagiovanna Grv Srl di Gragnano Trebbiense (PC) www.dallagiovanna.it


Sabrina Dallagiovanna

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Collaboriamo con numerosi maestri di fama internazionale che testano le nostre farine panificando

Dallagiovanna come squisitamente made in Italy, aspetto sul quale il molino punta anche con il proprio logotipo e il packaging. «I risultati degli ultimi anni, fra mercato interno ed estero, sono stati importanti. A partire dal biennio 2008-2009, infatti, abbiamo raddoppiato il fatturato e anche il 2012 è stato un anno di crescita, chiuso a quota 19,2 milioni di euro. Gli unici effetti della crisi che abbiamo avvertito sono stati limitati ai primi mesi di quest’anno, quando, a causa dei ritardi nei pagamenti e del rischio insolvibilità, abbiamo interrotto i rapporti con alcuni clienti. Ma più che di crisi, si è trattato di una scelta volta a salvaguardare la solidità dell’azienda. E nonostante questo possiamo già affermare che il 2013 sarà un anno positivo». QUALITÀ COSTANTE

Il grano è un prodotto vivo. E questo ne determina la variabilità di stagione in stagione,

come pure la variabilità all’interno di una stessa stagione per raccolti provenienti da territori o produttori diversi. In che modo dunque garantire il livello qualitativo uniforme delle farine? Il molino Dallagiovanna utilizza più strumenti per farlo. «Innanzitutto bisogna considerare che i territori dai quali ci approvvigioniamo sono diversi. Utilizziamo certamente grano locale, coltivato in Emilia Romagna, ma questo non è sufficiente alla nostra produzione e quindi importiamo anche grano da Germania, Austria, Stati Uniti e Canada. Però non è solo una questione di quantità. All’estero si producono alcune varietà che nel nostro paese non hanno attecchito, come il Manitoba e quindi per noi è indispensabile importare. Per poi mantenere uniforme la produzione delle diverse farine – ne produciamo oltre 50 tipi –, il nostro laboratorio di ricerca e sviluppo analizza la materia prima in ingresso e il prodotto in UU EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 127


AGROALIMENTARE

UU uscita ed, eventualmente, modifica le mi- noni per la pasta fresca, Gianluca Guagneli scele. A questo lavoro si aggiunge poi la collaborazione con numerosi maestri di fama internazionale che testano le farine panificando, che è il modo migliore per avere un effettivo riscontro della qualità del nostro prodotto». Dallagiovanna sponsorizza due importanti istituzioni: la Cast alimenti di Brescia, considerata l’università dell’arte bianca e Alma, la scuola internazionale di cucina di Gualtiero Marchesi. «A questi speciali collaboratori si aggiungono poi anche Achille Zoia, maestro pasticcere considerato il padre del panettone moderno, Walter Za-

323.859 QUINTALI DI FARINA PRODOTTI NEL 2012 DAL MOLINO DALLAGIOVANNA. QUANTITÀ CHE HA INDOTTO UN FATTURATO DI 19,2 MILIONI DI EURO

per la pizza, Francesco Favorito per il senza glutine – una delle nostre novità». FARINE GLUTEN FREE

Nel nostro paese si registrano ogni anno oltre 135mila diagnosi di celiachia, con un incremento del 10 per cento annuo e il fenomeno è particolarmente sentito dalla popolazione, dato che pane e pasta sono elementi centrali nella dieta italiana. «La creazione di questa linea è stata una scelta importante, che ci ha visto anche un passo più avanti rispetto ai competitor. La produzione avviene all’esterno della nostra azienda, in stabilimenti dedicati – perché altrimenti il prodotto verrebbe contaminato – e le farine arrivano nei nostri magazzini già confezionate e pronte per la distribuzione. Le ricette, tuttavia, sono sempre le nostre e sono studiate e testate per ogni specifico settore. Attualmente le proponiamo in sei varianti: per pasta fresca, per pasta fresca integrale, per pane e pizza, per pasta frolla, per dolci fritti e per dolci lievitati». NEI PROSSIMI MESI

Tornando agli obiettivi di sviluppo all’estero, l’azienda ha programmato la partecipazione a numerose fiere fra la fine del 2013 e il 2014. «Saremo presenti all’Host di Milano a ottobre e nel 2014 esporremo i nostri prodotti in diverse fiere internazionali. Saremo sicuramente all’Alimentaria di Barcellona, al Summer Fancy Food di New York e stiamo programmando la partecipazione alla Fine Food che si svolgerà a Sidney nel 2014. Siamo poi in attesa di una risposta per il Gulfood di Dubai – attualmente la fiera è già sold out, ma stiamo verificando se sia possibile ottenere un piccolo spazio espositivo». 128 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2013



AGROALIMENTARE

Il lambrusco fa il giro del mondo Andrea Chierici racconta lo straordinario momento del frizzante rosso emiliano, che ora trova appassionati anche in Estremo Oriente, oltre al continente europeo e americano. E la quota di export aumenta in modo esponenziale Renato Ferretti

l vino, da illustre ambasciatore del suo territorio, allarga sempre di più i propri orizzonti. Se prima costituiva, infatti, un elemento in più con cui distinguere l’enogastronomia di un angolo d’Italia da un altro, ora esporta la tradizione e la cultura da cui deriva in paesi anche molto lontani. Ecco perché adesso il lambrusco emiliano trova accaniti estimatori anche in Cina. A spiegare il fenomeno è Andrea Chierici, vice presidente della Cantina modenese di Settecani, che compie quest’anno novant’anni di attività. Un’attività, al-

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meno dal punto di vista commerciale, ben diversa da quella della sua inaugurazione. «La nostra società – dice Chierici – ha chiuso il suo novantesimo esercizio molto positivamente, con un aumento di tutti gli indici di redditività che fanno ben sperare per il prossimo futuro. Il fatturato si attesta sui tre milioni di euro circa, in aumento rispetto all’anno precedente. Il lambrusco grasparossa, che è il core business della nostra impresa, ha visto un aumento delle vendite in termini unitari del 6 per cento, confermando il trend positivo degli ultimi semestri. Infatti, oltre


Cantina Settecani

La Cantina Settecani ha sede a Castelvetro (MO) www.cantinasettecani.it

a un importante consolidamento delle quote di mercato a livello nazionale, ha conosciuto un incremento considerevole dell’export, confermando ampiamente quelle che erano le aspettative del Cda. I mercati che hanno creato più valore aggiunto sono sicuramente quelli legati alle Americhe nel suo complesso e sicuramente all’Asia. In aumento anche l’export comunitario, in particolare Nord Europa, che rappresenta una delle aree di maggior interesse per il nostro prodotto». Le prospettive di mercato, dunque, sono decisamente cambiate e, nonostante la crisi, si parla di incremento. «In un contesto economico nazionale come quello attuale – spiega Chierici –, attraversato da una difficoltà sostanziale a riagganciare la crescita, il mercato interno non presenta particolari attratività per la nostra impresa. Quindi, anche se rappresenta tuttora una forte componente del fatturato consolidato, non offre ampie manovre per la crescita. Discorso diametralmente opposto riguarda l’export in generale, dove il lambrusco sta conoscendo un momento di forte riscoperta da parte dei consumatori. Ci aspettiamo di consolidare la nostra presenza sui mercati nei quali già operiamo con successo e di aumentare le nostre quote sul mercato cinese. Quest’ultimo ha manifestato molto interesse e offre potenzialità enormi, anche se i dazi sull’importazione rappresentano sicuramente un elemento penalizzante considerevole». Eppure, il lambrusco è uno di quei prodotti tradizionali che storicamente hanno avuto meno fortuna tra gli specialisti del settore. «Il fatto – afferma il vice presidente – che il lambrusco sia considerato un vino “poco nobile”, diciamolo chiaramente, è una considerazione superata. Non si spiegherebbe l’enorme successo che sta attraversando. Infatti, le sue caratteristiche intrinseche lo rendono adatto a molti tipi di cucine. E poi, è un vino rosso, frizzante, giovane che incontra anche il gusto dei più giovani, che racconta la storia di un territorio e sa trasmettere con imme-

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Che il lambrusco sia un vino “poco nobile” è una considerazione ormai superata. Non si spiegherebbe il suo enorme successo

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diatezza la passione dei suoi protagonisti». Tra gli abbinamenti che la tradizione emiliana impone, Fabrizio Amorotti, responsabile commerciale ricorda i più importanti. «Il lambrusco è un frizzante compagno della tradizione, e il Dop Grasparossa di Castelvetro è il più pieno e corposo: di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei, profumo vinoso intenso e fruttato, si abbina perfettamente con pietanze saporite, paste al forno, arrosti, salumi. La sua piacevole acidità lo rende perfetto con le pietanze più tradizionali della nostra regione come i tortellini, lo zampone e le crescentine. La versione amabile può essere consumata come aperitivo o a fine pasto per accompagnare i dolci tipici. La versione Rosato accompagna perfettamente crostacei e piatti a base di pesce. Ottima come aperitivo è la versione “moderna” del lambrusco, consumata dai giovani nei wine bar». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 131


L’INDOTTO DEL GUSTO

Capitalizzare l’ingegno italiano Il caso della Levati Food Tech, per un periodo parte di una multinazionale tedesca, e poi tornata tra le Pmi nostrane. Giorgio Rossolini traccia un bilancio degli ultimi anni e anticipa il piano d’azione. «Qualità e ricerca» Remo Monreale

l ritorno in mani italiane lascia maggior spazio alla nostra caratteristica creatività, che è stata per decenni l’arma vincente del sistema Italia». Il caso della Levati Food Tech, secondo il suo direttore commerciale Giorgio Rossolini, è un esempio di come si può capitalizzare l’ingegno che contraddistingue il nostro tessuto industriale. L’azienda parmense, specializzata in macchine per l’industria alimentare e con particolare attenzione al settore sterilizzazione, da soli due mesi è nuovamente di proprietà italiana: forte di questa ulteriore esperienza, ora guarda in modo diverso ai suoi cinquant’anni di storia e al prossimo futuro. «Fin dall’inizio degli anni settanta – spiega Rossolini – si stava già delineando la strategia commerciale che avrebbe guidato Levati Food Tech fino ai giorni nostri, individuando due macro settori: la sterilizzazione e la lavorazione delle patate. Sicuramente grazie al periodo trascorso in una multinazionale del calibro di Gea, abbiamo metabolizzato importanti concetti organizzativi e gestionali, indispensabili per il successo aziendale. Sarà nostro principale obiettivo ricercare il migliore mix tra questi diversi concetti industriali al fine di garantire un successo duraturo alla nostra società». Come avete affrontato la crisi? «Considerato il particolare momento, l’obiettivo è stato quello di consolidare il fatturato, mediante forniture di macchine e impianti per quanto possibile ripetitivi, di porre parti-

«I Giorgio Rossolini, direttore commerciale della Levati Food Tech Srl con sede a Traversetolo (PR) www.levatift.com

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colare attenzione alle condizioni commerciali al fine di non esporci a rischi di insolvenza. Sicuramente, la maggior difficoltà ha riguardato l’accesso al credito da parte della clientela e l’eccessiva burocrazia per quanto riguarda i progetti finanziati. Lo stato recessivo si è esteso a tutto il territorio europeo e a buona parte del Nord Africa, entrambi territori per noi d’importanza storica. Per affrontare il nuovo scenario, abbiamo avviato una politica commerciale più aggressiva e mirata, forti di un prodotto di alta qualità e tecnologicamente all’avanguardia: in particolare, abbiamo creduto e investito con successo in nuovi mercati, come il Sud Africa e l’Estremo Oriente».


Giorgio Rossolini

Su quali progetti state lavorando in questo momento? «Premesso che l’azienda lavora principalmente su commessa, una parte della specifica progettazione viene capitalizzata e conseguentemente attribuita a ricerca e sviluppo. Nello specifico, a livello budget, imputiamo circa il tre per cento del fatturato alla voce ricerca, ma in funzione di quanto detto, il valore reale è notevolmente più alto. Attualmente, stiamo lavorando su innovazioni tecnologiche in entrambe le linee di prodotto. Per quanto riguarda la linea “patate”, stiamo sviluppando concetti tecnologici innovativi sulle friggitrici al fine di preservare le caratteristiche dell’olio e conseguentemente la qualità del prodotto finito. Per la sterilizzazione, stiamo ampliando la gamma delle autoclavi rotative con tecnologia Src, recentemente brevettate e sviluppando concetti di automazione innovativi relativi all’isola di sterilizzazione». Quali prestazioni offrono le vostre macchine dal punto di vista del rispetto ambientale?

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Per la linea “patate”, stiamo sviluppando concetti tecnologici innovativi sulle friggitrici al fine di preservare le caratteristiche dell’olio

«Nella progettazione delle nostre macchine, poniamo particolare attenzione a tutto ciò che ha un impatto ambientale. Siamo attenti alla riduzione dei consumi energetici, la qualità delle emissioni, lo spazio occupato, la semplicità, i tempi di sanificazione e manutenzione: per noi, la salvaguardia dell’ambiente è innanzitutto un dovere morale, che grazie a una rinnovata sensibilità sull’argomento si sta trasformando ora in un vantaggio». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Di questi tempi, considerando la velocità con cui mutano gli scenari, facciamo solo piani triennali, gli obiettivi che ci siamo dati sono: implementare la rete commerciale, focalizzandoci su alcuni paesi emergenti, aggiornare costantemente la gamma produttiva in termini di tracciabilità dei prodotti trattati e supervisione del ciclo produttivo, adeguandola alle nuove esigenze di mercato».

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EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 133




TURISMO CULTURALE

Sviluppare il Genus Italiae Generare utili con i beni culturali? Si può. Anzi, per Fabio Roversi Monaco, è «uno sforzo in cui deve prodursi tutto il Paese». Superando la concezione di museo come luogo da contemplare e puntando su interattività e coinvolgimento dei giovani Giacomo Govoni

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Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae

a cultura come driver economico per allontanarsi dalla crisi. Un’idea che talvolta suona ardita per chi suole ragionare in termini di fatturato e produttività, ma che gradualmente comincia a far presa. Tra chi con la cultura ci lavora, ma anche tra chi sulla cultura non ha paura di scommettere, destinandovi risorse a dispetto delle attuali politiche di investimenti. L’ultimo esempio è il Museo delle scienze di Trento, inaugurato a fine luglio e teatro nelle scorse settimane dell’incontro “I consumi culturali in crescita e il ruolo dei musei in Italia”. Due gli esempi virtuosi al centro della riflessione: la Fondazione Musei civici di Venezia e il Genus Bononiae, circuiti museali che oggi si pongono come modelli organizzativi per la divulgazione del bene culturale in Italia. Il secondo, in particolare, «non è una serie di stanze e basta – precisa il presidente Fabio Roversi Monaco – ma un museo diffuso nella città, con sette poli culturali dislocati nel centro e collegati dalle vecchie strade bolognesi con i portici, in cui ogni tanto si staglia un palazzo o una chiesa bellissima». Su quali principi si fonda? «Siamo partiti dalla constatazione che non esisteva un museo della città a Bologna, come in gran parte delle città italiane ed europee. Visionando altri musei della città,

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abbiamo ritenuto che anche nelle loro migliori espressioni, come a Londra e Vienna, fossero un coacervo di beni artistici senza filo conduttore. Un sistema di certo meritevole di attenzione, ma che tratta il bene museale in un modo che non attira più le giovani generazioni. Pertanto abbiamo voluto costruire un percorso che esprimesse il proprium della città. Di qui il titolo Genus Bononiae, ovvero stirpe di coloro che hanno realizzato la città e il suo circondario. Alcuni beni li abbiamo acquistati, altri collegati attraverso convenzioni, come quella con la Curia. In più, è innovativo perché interattivo, usa tecnologie importanti e rinvia sistematicamente agli altri musei, mettendosi al servizio della comunità». Dall’autunno scorso la macchina del complesso museale ha cominciato a girare a pieno regime. Quali risultati in termini di presenze, ricaduta occupazionale e flussi turistici ha prodotto finora? «Sta girando anche in modo da superare le nostre aspettative. Dall’aprile 2012 registriamo oltre 300mila visitatori, numeri che Bologna non ha mai visto, rimasti costanti anche con l’introduzione del biglietto a pagamento l’autunno scorso. Sul piano occupazionale, tralasciando le persone impiegate nei restauri, su cui abbiamo fatto investimenti per 120 milioni di euro, gli addetti diretti che lavorano anche attraverso società strumentali sono una settantina, più le giovani guide e le accompagnatrici di scolaresche. Nel complesso, comprendendo tutti coloro che hanno “guadagnato” dalla nascita del Genus, la stima del valore su base regio-


Fabio Roversi Monaco

I giovani devono aver l’opportunità di penetrare la ragione storica e umana dei beni attraverso strumenti informatici o filmati

Qui sopra, Palazzo Pepoli. Museo della Storia di Bologna. Sotto, la mostra “Salvati dal terremoto. Dipinti e sculture dai centri storici tra Bologna e Ferrara”

nale si aggira sui 32 milioni di euro. Segnalo, inoltre, che circa 60 persone sono assunte con contratti a tempo indeterminato e altri 35-40 a carattere saltuario. E soprattutto vengono da facoltà umanistiche, dove gli sbocchi occupazionali sono più difficili». Il Genus Bononiae è un’operazione che scommette sulla cultura come leva economica strategica. Qual è la capacità “produttiva” del sistema culturale italiano non ancora espressa? «È una domanda molto ardua. Io ritengo che siamo ancora fermi a una concezione del museo come luogo a sé stante, da contemplare più che da gestire secondo modalità innovative coinvolgendo di più i turisti. Uno sforzo che credo debba fare tutto il Paese. Non possiamo metter le altre città sullo stesso piano di Firenze, Venezia e Roma: valorizzare le città intermedie come Bologna, Verona, Trieste è un binario di sviluppo da percorrere, contando che la conformazione dell’Italia consente di fare la vacanza al mare o in montagna e al contempo avere un retroterra di grandissima qualità. Ma il lavoro da fare è immenso. A partire dall’attrazione dei residenti,

che ancora non hanno l’esatta percezione della ricchezza dei tesori italiani. E sensibilizzare operatori e istituzioni». Secondo gli ultimi dati sui consumi museali diffusi dal Mibac, i giovani sono i più “resistenti” alla fruizione culturale. A livello promozionale, quali i passi da compiere per intercettare questa fascia di pubblico? «Il dato è vero ed è stato il punto da cui siamo partiti. I giovani non possono vedere una vetrinetta polverosa con 4 cocci etruschi, ma devono fruire di una presentazione più calibrata

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TURISMO CULTURALE

sui loro linguaggi, che offra

L’iniziativa “Una notte al Museo. Visita notturna alla scoperta dei misteri di Bologna” dello scorso maggio

loro l’opportunità di penetrare la ragione storica e umana dei beni attraverso strumenti informatici o filmati. Prendendo l’esempio di Bologna, è determinante che colgano i primati che la città vanta: una storia di 3.000 anni sviluppata attorno alla via Emilia, il formidabile sistema di centuriazione organizzato dai soldati romani veterani da cui poi originò l’Emilia Romagna. E ancora, Bologna è la prima città ad abolire la schiavitù, dove nasce la prima Università e dove avviene la riforma del calendario, valida per tutto il mondo, per mano di un papa bolognese». Siamo nel Paese in cui i turisti vengono bloccati fuori dai cancelli di Pompei per mancanza di soldi e personale. Attraverso quali politiche si possono evitare queste brutte figure agli occhi dei visitatori stranieri? «Un episodio vergognoso, su cui il nuovo ministro Massimo Bray è intervenuto con grande decisione e credo abbia fatto bene. Riguardo il problema dei fondi, è ridicolo che lo Stato, inteso come l’intero comparto pubblico, dedichi risorse a opere faraoniche e pensi soltanto agli ospedali non finiti e alle strade non completate. Se uno si prendesse la briga di vederli tutti, si renderebbe conto di quanti soldi vengono sprecati. Comunque c’è la possibilità di lavorare d’intesa con il privato. Noi lo stiamo facendo, solo che il privato deve avere una prospettiva imprenditoriale perché non dà soldi in bianco allo Stato». Dal canto vostro, come sopperite alla penuria di finanziamenti pubblici? «Noi abbiamo iniziative che vengono spon-

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32 mln

L’INDOTTO ECONOMICO CHE IL COMPLESSO MUSEALE GENUS BONONIAE HA GENERATO SUL TERRITORIO DELL’EMILIA ROMAGNA DALLA SUA NASCITA A OGGI

sorizzate di volta in volta e abbiamo anche entrate derivanti dalle concessioni di nostre sedi a incontri fra imprenditori o iniziative culturali. Si può cercare di andare oltre, esponendo ad esempio raccolte di grandi famiglie come fa il Mart di Rovereto. Una linea che si può sviluppare perché il proprietario non perde nulla, le opere sono conservate bene e sono assicurate. Oppure il rilancio di artisti ipersottovalutati, come Arturo Martini, scultore eccelso di cui è appena partita una mostra a Palazzo Fava. Infine, ci sono operazioni utili per fare mostre come quella che realizzeremo l’anno prossimo sulla “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer».



EDILIZIA

Costruire città sostenibili Questo il tema principale del Salone Internazionale dell’Edilizia 2013. Secondo l’ingegnere Andrea Dari, direttore tecnico del Saie, occorre una visione sociale per il rilancio del settore delle costruzioni. Orientata verso la realizzazione della smart city Luca Càvera

er far uscire il settore delle costruzioni dalla crisi è necessario avviare un generale cambio di visione. Sono 446mila i posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, che diventano quasi 700mila se si considerano anche i comparti collegati. Il numero di concessioni edili è ormai un quarto di quelle del 2008, le compravendite sono dimezzate, l’anno in corso è iniziato male, con un –18,6 per cento delle ore lavorate e i livelli di produzione sono regrediti a quelli di 40 anni fa». L’ingegnere Andrea Dari, direttore tecnico del Saie (Salone Internazionale dell’Edilizia), che si svolgerà presso Bologna Fiere dal 16 al 19 ottobre, esordisce con i dati, che descrivono un’edilizia che ha cambiato volto. «A mutare sono stati i valori di riferimento del mondo immobiliare. Un tempo l’immobile era considerato un investimento sicuro, una sorta di “bene rifugio”. Questo di fatto influenzava anche le caratteristiche del mercato e spesso l’unico vero valore considerato era quello della po-

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sizione degli immobili acquistati, rispetto alla qualità intrinseca del “prodotto casa”. L’attenzione era concentrata solo su posizione, tempi di realizzazione e finiture interne. Su questi principi ruotava tutto il mercato. Chi comprava una casa aveva la certezza della sua rivalutazione nel tempo e la possibilità, rivendendola, di potersi permettere l’acquisto di un immobile di maggiore pregio rispetto al precedente. Oggi, questo meccanismo si è inceppato e la svalutazione degli immobili è una nuova realtà a cui la nostra società non è ancora stata capace di guardare con occhi nuovi». Se la crisi ha avuto almeno un elemento positivo,

questo è l’introduzione di nuove variabili nella valutazione di un immobile: come si è costruito, quale efficienza energetica avrà l’edificio, in quale contesto rispetto ad alcuni servizi di base – e si presume che presto ne verrà introdotta una nuova: la classe di sicurezza. «Nuove priorità quindi – prosegue Dari –: efficienza e costi minori. E tutto ciò diventa possibile perché l’innovazione tecnologica applicata ai materiali, la domotica, l’efficienza energetica stanno portando allo scardinamento del tradizionale sistema edilizio basato sulla realizzazione dell’immobile da parte di imprese che perseguono la logica del “costruire in fretta per vendere in

Il Saie 2013 (Salone Internazionale dell’Edilizia) si svolgerà a Bologna Fiere dal 16 al 19 ottobre www.saie.bolognafiere.it


Andrea Dari

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L’approccio al mercato di tipo meramente speculativo deve diventare finalizzato all’investimento. Non più costruire in fretta, ma costruire bene

fretta” – logica che ancora condiziona il mercato con un’enorme quantità di invenduto. Il nuovo corso dell’edilizia dovrà prima di tutto trasformare un approccio al mercato di tipo meramente speculativo a uno finalizzato all’investimento, dove ciò che conta è “costruire bene”. E in quartieri intelligenti, quindi immobili di qualità immersi in un contesto urbano fatto di servizi alla persona: scuole, parchi, orti urbani, mezzi di trasporto, reti wireless per gestire anche a distanza le funzioni della casa. In una formula: smart city». Dunque, la soluzione alla crisi può nascere solo da una rivoluzione sociale e tecnologica. Costruire bene deve essere un obiettivo in un’ottica di investimento e realizzazione della smart city. E proprio questo sarà il tema portante della 49a

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edizione del Saie: “Better Building e Smart City”, un concetto di edilizia realmente nuovo. «Saie – ha sottolineato il Presidente di BolognaFiere, Duccio Campagnoli, in occasione della Conferenza Stampa tenutasi a Roma il 26 Giugno presso la sede Ance – vuole porre il tema del rilancio di una nuova grande politica per l’edilizia come parte fondamentale di una politica economica e industriale di sviluppo del Paese». Il forum permanente Saie, prevede un ricco programma di general meeting con i rappresentanti di istituzioni, mondo industriale, professioni e ricerca. A questo si affiancano le 25 lessons & workshop, un sistema coordinato di seminari per la formazione dei tecnici e degli addetti ai lavori. «I general meeting saranno dedicati alle tematiche

strategiche per il rilancio dell’edilizia e vedranno la partecipazione dei principali riferimenti istituzionali, imprenditoriali, tecnici e universitari. Fra questi il convegno “Rigenerazione urbana e qualificazione del costruito” organizzato in collaborazione col Cnappc (Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori) per venerdì 18 ottobre alle ore 10.00, al termine del quale verranno consegnati i premi del concorso Riuso 2. Oltre al forum, si svolgeranno altre iniziative organizzate dagli ordini professionali e dalle associazioni industriali e culturali (il programma completo è consultabile sul sito www.saie.bolognafiere.it, Ndr). Fra questi segnalo i convegni organizzati in collaborazione con i consigli nazionali di architetti, geologi e ingegneri». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 159


EDILIZIA

Riqualifichiamo il modo di costruire L’immobiliare è in crisi e occorre trovare possibilità alternative di intendere l’abitato. Per Leonardo Celestra, la strada è quella di una progettazione energeticamente sostenibile Paolo Biondi

In apertura, torre di uffici e hotel a Mazar-e-Sharif Afganistan. Nell’altra pagina, proposta di progetto della nuova entrata di Bologna Fiera, entrambi progetti di Celestra De Architettura Opere www.dearchitecturaopere.com

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a crisi economica ha rallentato notevolmente la progettazione in Europa, ma non ha fermato l’estro creativo dei giovani progettisti che anche in Italia hanno saputo mettere in pratica le loro esperienze. Un esempio per Bologna è Celestra De Architectura Opere, uno studio che oltre a operare sul territorio bolognese è impegnato in importanti commissioni all’estero. «Il settore immobiliare, – spiega l’architetto Leonardo Celestra – vive in uno stato di calma apparente dettato dall'incertezza, questo scenario apre le porte a nuove prospettive del costruire». Per lo studio, nonostante il periodo difficile, il 2012 è stato un anno di grande progettualità ideativa. «Abbiamo affrontato tematiche di riqualificazione architettonica e urbana dettate da esigenze di developer che, approfittando del rallentamento economico, hanno voluto approfondire alcuni scenari che potrebbero dispiegarsi una volta riaperto il mercato. Nella sola città di Bologna abbiamo presentato la proposta di riqualificazione architettonica e funzionale del palazzo dello sport in Piazza

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Leonardo Celestra

Azzarita e della città del Basket, la riqualificazione urbana dell’area dell’autostazione e la proposta progettuale per la riattivazione degli spazi commerciali nel sottopasso corrispondenti a via Rizzoli. All’estero abbiamo presentato il meta-progetto per il centro vendita della Nippon Paint a Hong Kong, e siamo impegnati nella progettazione di diversi edifici a Mazar e Sharif in Afganistan». Il 2013 si è aperto all’insegna della concretezza, considerando che la Celestra De Architectura Opere sta anche affrontando la progettazione integrata di 13 edifici, compreso il loro piano di attuazione urbana, a Zola Predosa provincia di Bologna, ha ultimato la proposta di ampliamento Nord della Fiera di Bologna, e sta lavorando con proposte progettuali in diverse città della Polonia. Con il nuovo millennio, secondo Leonardo Celestra, è necessaria una nuova etica

Occorre concentrarsi sempre di più sulla progettazione di edifici energeticamente sostenibili per grandi aggregazioni

della progettazione. «Temi come la sostenibilità energetica, riqualificazione o rigenerazione urbana, bio-edilizia, bio-climatica, coinvolgono scenari emotivi che delineano l’esigenza di ristabilire un equilibrio con il paesaggio. A tale riguardo in questi anni abbiamo lavorato per l’inserimento nei Poc (Piano Operativo Comunale) di diverse aree produttive dismesse. Il problema principale, che si riscontra nella riqualificazione delle aree urbane, consiste nella determinazione del valore della rendita fondiaria. Il non soddisfacimento delle aspettative economiche delle proprietà fondiarie, e gli elevati costi di trasformazione sia in termini di oneri comunali che di opere da effettuare, destabilizza l’equilibrio fondamentale che deve esserci tra

chi vende e chi compra, trasportando le trattative immobiliari alla deriva del mercato». L’attuale periodo di crisi economica ha causato un forte rallentamento sui tempi di produttività e ha dilatato in modo significativo il tempo delle decisioni. Il settore immobiliare vive una fase di stasi e profonda incertezza, ma questo scenario apre le porte a nuove prospettive del costruire. «Credo che oggi ci si debba concentrare maggiormente sulla qualità del progetto e su possibilità alternative di intendere l’abitato – conclude l’architetto Celestra –. Le prospettive guardano sempre di più alla progettazione di edifici energeticamente sostenibili per grandi aggregazioni, puntando anche su un mercato che fuoriesca dai confini nazionali». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 161


EDILIZIA

L’edilizia punta sulla diversificazione Stefano Dalla fa il punto sugli ultimi quattro anni di crisi del settore delle costruzioni in Emilia. La sua risposta come imprenditore edile è stata quella di ampliare le possibilità di business Valerio Germanico

i troviamo da oltre quattro anni in condizioni di sviluppo precario: il nostro paese sembra non abbia più le risorse per crescere. Probabilmente abbiamo preteso troppo, ma non è col catastrofismo che risolveremo le cose». È da questa costatazione amara, ma corrispondente alla realtà dell’economia nazionale, che parte Stefano Dalla, commerciale della Edilcarpentieri di Casalfiumanese, in provincia di Bologna, società di costruzioni che segue sia le problematiche a

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Alcuni dei cantieri nei quali è impegnata la Edilcarpentieri Srl di Casalfiumanese (BO) www.edilcarpentieri.it

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livello tecnico sia quelle sul profilo progettuale. «Nonostante, com’è noto, il settore edile sia in profonda crisi, nel 2012, il nostro fatturato ha mantenuto lo stesso volume dell’anno precedente, permettendoci di chiudere un bilancio positivo. La nostra attività si è rivolta prevalentemente a privati, per la realizzazione di edifici civili, chiavi in mano o grezzi avanzati. Abbiamo ottenuto particolare soddisfazione dalla costruzione di punti vendita, centri commerciali e direzionali. Pochi invece gli appalti pubblici, anche perché richiedono esposizioni finanziarie a volte insostenibili – fanno eccezione alcuni interventi di messa in sicurezza nella zona colpita dal terremoto, come il palazzo del municipio di Crevalcore, in provincia di Bologna. La nostra strategia per affrontare questi anni è partita da una riflessione: in una realtà in cui il lavoro scarseggia e i costi di gestione aumentano, è opportuno – ma direi anche inevitabile – ottimizzare i costi di gestione.

Dalla teoria alla pratica, questo per noi si è tradotto nella ricerca di partnership – utilizzando le professionalità e le risorse dei nostri partner con delle collaborazioni e viceversa – e nel tentativo di diversificare. Inoltre è stato necessario ridurre al minimo gli investimenti». La ricerca nella diversificazione si è concentrata soprattutto in un nuovo settore per Edilcarpentieri, quello delle energie rinnovabili. «Nonostante la tenuta del fatturato, il 2012, dal punto di vista delle opportunità, è stato anche peggiore del 2011. Però noi lavoriamo su tutti i fronti e per questo ci


Stefano Dalla

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La nostra strategia per affrontare questi anni si è tradotta nella ricerca di partnership e nel tentativo di diversificare

siamo impegnati per sviluppare il segmento energetico, che ha contribuito a buona parte del fatturato, compensando quanto perduto con le opere di carpenteria in conto terzi, troppo poche e complicate – a causa di una concorrenza spesso sleale e spregiudicata. In particolare ci siamo accostati al biogas, per noi molto interessante – tanto è vero che sono stati fatti degli investimenti con casseri specifici, senza tiranti, spesso richiesti dai progettisti – e siamo certi che anche nei prossimi anni potremo contare su questo settore. Altro ambito altrettanto

interessante è quello delle ristrutturazioni, sicuramente stimolato dagli incentivi – abbiamo realizzato opere di manutenzione dei coperti e di rifacimento di facciate esterne. Per quanto riguarda invece i nostri interventi immobiliari, attualmente non abbiamo appartamenti invenduti, ma possediamo dei terreni sui quale stiamo concentrando progetti e attività commerciali. Infatti, dopo quattro anni di attesa di una ripresa del mercato, crediamo sia giunto il momento di ricominciare a costruire. Intendiamo farlo mettendo in campo tecnologie progettuali di ultima generazione e immettendo – sul mercato imo-

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lese – appartamenti nuovi che saranno ultimati nel 2015, che vogliamo credere sarà l’anno della ripresa». A fronte delle difficoltà oggettive, dunque, Dalla guarda al futuro con ottimismo. «Malgrado la premessa iniziale e l’inizio del 2013 un po’ complicato, per i prossimi mesi, abbiamo già da gestire un portafoglio ordini con volumi mai raggiunti nella nostra storia aziendale. Questo ci fa credere due cose: la prima che il nostro lavoro è apprezzato dai clienti, l’altra che probabilmente si inizia a vedere una piccola luce in fondo a questo tunnel chilometrico». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 163


Costruire in legno genera sicurezza e sostenibilità Gli stati membri dell’Ue entro il 2020 dovranno provvedere affinché gli edifici di nuova costruzione siano a energia “quasi zero”. In questo scenario alcune aziende hanno anticipato i tempi rispetto agli obblighi del 2020. La parola a Pier Paolo Povoledo Marco Tedeschi

econdo la direttiva Cee 31/2010, gli Stati membri dell’Ue dovranno provvedere affinché entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano “edifici a energia quasi zero”, cioè ad altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico dovrà essere coperto in misura molto significativa da energia proveniente da fonti rinnovabili. Non solo l’edilizia residenziale ma anche quella pubblica di nuova costruzione, dovrà essere a energia quasi zero a partire dal 31 dicembre 2018. In linea con questa direttiva molte aziende che si occupano di bioedilizia

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sono riuscite ad anticipare decisamente i tempi rispetto agli obblighi del 2020. Tra queste la ProholzEmilia, impresa specializzata su costruzioni in legno autonome dal punto di vista energetico. «Case – spiega il titolare Pier Paolo Povoledo - in cui l’uso del legno genera sicurezza, sostenibilità e costi contenuti grazie alla modernità delle tecniche costruttive. Un nuovo modo di abitare in linea con il benessere e con quanto le normative stanno chiedendo all’Italia. Dopo l'emanazione delle varie leggi sul tema del risparmio energetico, in Italia si è cercato infatti il metodo migliore per la loro diffusione e applicazione. Ciò

è avvenuto anche con l’inserimento, all’interno delle leggi finanziarie, di incentivi mirati dai quali possono trarre vantaggio e agevolazioni fiscali sia i costruttori che i proprietari,

Pier Paolo Povoledo, titolare della ProholzEmilia di Bologna www.proholzemilia.it


Pier Paolo Povoledo

La normativa italiana in tema di risparmio energetico si sta muovendo e la bioedilizia sta ricoprendo un ruolo primario

di immobili nuovi o esistenti». Partendo da queste considerazioni, ProholzEmilia dà il suo apporto alla realizzazione di una “progettazione integrata” che tiene conto di fattori differenti. «Vengono tenuti in stretta considerazione il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili come biomasse, geotermia, fotovoltaico, solare termico, nonché lo studio della massima efficienza energetica estiva e invernale dell’involucro, data dalla coibentazione verticale e orizzontale come dal tipo di serramento». Caratteristiche che vengono messe in primo piano soprattutto per l’edilizia residenziale. «Per vivere nel rispetto della natura in un ambiente sano e sicuro, la bioedilizia in legno è la soluzione ideale perché permette di migliorare la qualità della vita, favorisce il benessere psico-fisico quotidiano e

consente anche di ridurre i consumi energetici, risparmiando così risorse preziose. Tutte le nostre costruzioni residenziali sono caratterizzate dalla massima sicurezza abitativa, dal rispetto dell’ambiente circostante e dall’uso esclusivo di materiali naturali e non tossici, oltre che dalla completa personalizzazione degli interni e degli esterni in base alle preferenze del cliente. Abbiamo già realizzato molte costruzioni in legno nel territorio emiliano-romagnolo». ProholzEmilia si occupa inoltre di edilizia non residenziale:«Anche le strutture non residenziali e aperte al pubblico – come uffici, hotel, scuole o ristoranti – devono essere progettate, concepite e costruite come opere ecosostenibili in perfetta ar-

monia con la natura e con le persone: il nostro concetto costruttivo rispetta tutte le regole della bioedilizia e mira principalmente a creare un ambiente che garantisca sempre il massimo comfort ad ogni individuo, che limiti notevolmente i consumi e le spese energetiche in ogni tipologia di edificio, che riduca o addirittura azzeri le emissioni di CO2 per salvaguardare anche il territorio in cui si interviene». La bioedilizia in legno è pertanto fondamentale per rientrare in quanto stabilito dalla direttiva dell’Unione europea. «Anche se con ritardo – conclude il dottor Povoledo - la normativa italiana in tema di risparmio energetico si sta muovendo e la bioedilizia sta ricoprendo un ruolo primario». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 165


TERREMOTO

Prove tecniche di ricostruzione Si vive ancora nei map, ma intanto arrivano i fondi per ricostruire. Dalle macerie del sisma dell’Emilia emerge una comunità pronta a ricominciare. E qualcuno non si è mai fermato Teresa Bellemo

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Sopra, Vasco Errani, commissario delegato alla ricostruzione, con il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli

uattrocentottantacinque giorni. Tanto è passato dalla prima scossa di terremoto con epicentro a Finale Emilia. Alle 4.03 antimeridiane, in un territorio dove il rischio sismico non era pressoché contemplato, una scossa 5,9 di magnitudo Richter fece crollare capannoni come fossero di cartone, edifici secolari dei centri storici che facevano parte del patrimonio di mezzo milione di emiliani, lombardi, veneti. E poi, mentre si provava a tornare alla normalità, alle 9 di un martedì mattina di fine maggio, ecco un’altra scossa, altrettanto forte, che arrivò a ridurre in macerie ciò che già era precario. E poi altre scosse, ancora oggi, tanto che i cittadini di quei paesi hanno ormai imparato a convivere con la terra che ogni tanto prende e decide di muoversi. Un’emergenza che non solo ha provocato 28 morti, 300 feriti e quasi 45mila sfollati, ma rischiava di fermare a tempo in-

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determinato un numero consistente di aziende, comprese quelle dell’ormai celeberrimo “distretto” biomedicale di Mirandola. Un tessuto produttivo, quello colpito dal sisma, che produce il 2,2 per cento del Pil nazionale e che ha, dunque, reso complessa la vita di numerose famiglie e inciso ulteriormente sulla situazione di crisi economica del Paese. Pochi giorni dopo le scosse, 3.671 le aziende avevano infatti fatto ricorso ad ammortizzatori sociali per 41.335 lavoratori. La reazione della comunità è stata però rapidissima, anche se non propriamente ordinata nei primi tempi. Mentre si cercava di salvare macchinari aziendali e forme di Parmigiano, la Protezione civile intanto faceva il conto dei danni, ben presto arrivato a 13,2 miliardi di euro. Oggi, a 485 giorni dalla prima scossa, l’Emilia è riuscita a ripartire, ma con quali fondi? Innanzitutto con quelli speciali: 2,5 miliardi dallo Stato e 670 milioni dall’Unione euro-

pea. Altri contributi, che ammontano a circa 12 miliardi di euro, sotto forma di prestiti a fondo perduto o come prestiti agevolati, arrivano da varie casse nazionali. Ci sono poi diversi contributi di solidarietà delle altre Regioni, di fondazioni private e associazioni di categoria. Un dato rilevante è, infine, la donazione complessiva di oltre 37 milioni di euro raccolti attraverso i vari canali di sostegno, dagli sms agli eventi di solidarietà. Il commissario delegato alla ricostruzione e governatore della Regione, Vasco Errani, sottolinea: «Stiamo riuscendo a trovare tutte le risorse per la ricostruzione. Se così fosse, nella storia delle emergenze di questo tipo, mai un terremoto avrebbe trovato la chiusura del cerchio del finanziamento in così breve tempo». Ma per rispondere alla necessità di velocità, la maggior parte delle aziende hanno dovuto reinvestire i propri margini di guadagno per poter ripartire subito. Si tratta


L’Emilia riparte

soprattutto del distretto biomedicale, che correva il rischio non solo di perdere il margine di vantaggio rispetto ai propri competitor internazionali, ma anche di lasciare senza forniture ospedali e laboratori sparsi in tutto il mondo. Maria Nora Gorni, presidente di Consobiomed, un consorzio che riunisce diverse aziende del biomedicale di Mirandola, ricorda: «Siamo riusciti a delocalizzare la produzione facendo anche molti chilometri, nel mio caso fino a Brescia, avanti indietro con i pulmini insieme ai dipendenti. Abbiamo tirato

fuori dai capannoni inagibili ciò che serviva per la produzione tra le scosse, a cui oggi abbiamo fatto l’abitudine. Non avevamo scelta, ma ce l’abbiamo fatta». Un territorio, si diceva, molto reattivo nonostante fosse impreparato a gestire una situazione di emergenza sismica, complice il fatto che la riclassificazione sismica nazionale è ferma al 2003. E l’emergenza, in effetti, c’è ancora tutta. Anche nei tempi. Se la ricostruzione deve passare necessariamente per la trasparenza, dato che il controllore è l’Unione

europea, quasi sempre trasparenza significa burocrazia. È datata metà settembre la prima “cambiale Errani”, ossia la prima rata di pagamento necessaria a coprire le spese per il completamento dei lavori di ripristino staccata per un’azienda di Sant’Agostino, gravemente colpita dal sisma. A versare i finanziamenti sarà Unicredit, che pagherà all’azienda poco più di un milione di euro. Si tratta di una prima tranche, alla quale si andrà ad aggiungere circa 1 milione e 200mila euro, destinati a coprire le spese per i danni alle attrezzature e alle merci causati dal sisma. I fondi saranno coperti dallo stanziamento voluto da Abi e Cassa depositi e prestiti e sa- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 177


TERREMOTO

La scommessa vinta dalle imprese

Maria Nora Gorni inaugura la nuova sede della sua azienda in via Aldo Manuzio a Mirandola

Le aziende di Mirandola sono ripartite subito, ma hanno dovuto superare molti ostacoli, comprese le cambiali aria Nora Gorni è titolare di un’azienda biomedicale, ma è anche presidente di Consobiomed, consorzio che unisce questo tipo di realtà produttive del territorio di Mirandola. Anche lei per continuare la produzione della sua azienda ha preso ciò che poteva ancora essere utilizzato e, insieme ai suoi dipendenti, si è messa a fare la pendolare con un pulmino tra Mirandola e Brescia, dove aveva un’altra sede. Lo hanno fatto in tanti, da queste parti, però non tutti avevano la disponibilità economica di iniziare a ricostruire per conto proprio e hanno dovuto attendere i fondi. «È stata una reazione molto veloce. Molti immobili erano crollati e anche quelli che inizialmente sembravano agibili poi non lo erano. Siamo ripartiti con una velocità che nessun altro paese del mondo ha mostrato». A che punto sono le aziende del territorio di Mirandola? «Mirandola non è a posto. Abbiamo continuato a lavorare, è una cosa diversa. Spesso dove c’erano i capannoni ora non c’è più niente. Oggi sappiamo che i danni gravi otterranno una copertura del 100 per cento, ma i costi di delocalizzazione come la benzina, i pulmini e gli

M

alberghi non verranno rifondati. In realtà Mirandola si è rialzata con i propri mezzi. Forse qualcuno ha già avuto qualcosa, ma molte aziende, dato che non sono in crisi, hanno investito i propri guadagni nel ripartire. È vero, continuiamo ad aumentare il fatturato, ma la situazione non è definitiva». Cosa avete fatto privatamente e cosa, invece, grazie all’intervento delle istituzioni? «C’è stata molta comprensione dell’urgenza di avere un container o un tendone. I permessi sono stati veloci, ma la verifica della situazione degli immobili invece ha avuto grosse difficoltà. Qui non c’era esperienza di questo tipo, sono stati chiamati dei professionisti esterni che però non sono stati univoci: molte volte qualcosa che era agibile poi non lo era più o viceversa, inoltre le leggi cambiavano giorno dopo giorno. Non da ultimo, quando abbiamo avuto chiaro che potevamo presentare le domande per ottenere i rimborsi a fondo perduto, chi andava in banca si trovava davanti a una cambiale: se lo Stato non rimborsava, la banca si sarebbe potuta rivalere sui beni di chi firmava. Ci siamo fatti sentire e ora non è più così, ma ci è voluto tempo e pazienza».

ranno erogati all’azienda fer- tutto quelli che risiedevano nei rarese non appena arriverà l’ok della Regione. Al momento presso Unicredit sono in lavorazione altre 245 “cambiali Errani” per oltre 20 milioni di euro: per quanto riguarda le imprese, sono 290 le richieste alla Regione, per un totale di circa 200 milioni e sono oltre 2.000 le domande in lavorazione dai Comuni per quanto riguarda i privati. Ma questi ultimi hanno anche altri nodi da sciogliere, soprat-

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centri storici, ancora costretti a vivere nei moduli abitativi provvisori allestiti subito dopo il sisma. A loro, infatti, in queste settimane sono arrivate le prime bollette di energia elettrica: 1.500, 2.000 euro, per quella che si rivela essere l’unica fonte per riscaldare, climatizzare, cucinare e i margini per fare economia sono pochi, dato che nei moduli in estate il caldo è insopportabile e d’inverno lo è il freddo. La so-

spensione concessa in seguito all’emergenza è scaduta e chi vive ancora nei map non percepisce nessun’altra sovvenzione pubblica dal Comune. In più, spesso manca il lavoro e la maggior parte delle risorse familiari è impiegata nella ricostruzione. Non a caso oggi la sfida è proprio la ricostruzione dei centri storici. «Sono convinto che la ricostruzione dei centri storici li renderà migliori di prima, non solo dal punto di vista della tenuta sismica, ma anche della qualità abitativa» ha ribadito Errani. Intanto, a più di un anno dal sisma, sedici zone rosse, impraticabili nei giorni delle scosse, sono nuovamente aperte e in altre sei sono state rese praticabili le strade. «Non sono così ambizioso da pensare di poter chiudere il capitolo terremoto a fine 2015 con il mio mandato, ciò che conta però è che le istituzioni hanno retto e abbiamo garantito scuole, lavoro, salute, ovvero la tenuta della comunità» ha concluso il governatore.



TERREMOTO

La sicurezza passa per l’educazione Dopo un evento sismico la paura è fisiologica, ma serve pensare anche a lungo termine, perché in un territorio a rischio idrogeologico non si può far finta di nulla fino alla prossima calamità Teresa Bellemo

Migliaia di smottamenti e frane hanno interessato superfici estese di terreno collinare e montano del nostro Appennino

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Gabriele Cesari

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opo il terremoto del maggio 2012 il territorio emiliano continua a muoversi. È un dato di fatto che, però, non deve preoccupare troppo, visto che risente molto anche dei moderni strumenti di rilevazione e del potenziamento della rete dei sismografi, che oggi permettono di rilevare scosse di intensità anche molto basse. Lo conferma Gabriele Cesari, presidente del Consiglio nazionale dei geologi dell’Emilia Romagna. Da sempre, infatti, tutte le zone sismiche del mondo registrano centinaia di scosse ogni giorno, ed è evidente che in un’area come quella emiliana, interessata da un evento così drammatico, ogni nuova scossa fa più paura e più notizia. Ma c’è un altro dato interessante da tenere in considerazione: l’intensità degli eventi sismici negli ultimi anni – per quanto riguarda tutta la catena appenninica che interessa l’intero arco peninsulare italiano, ma in generale per tutte le zone sismo-genetiche del pianeta – appare più elevata. «Noi geologi seguiamo queste evoluzioni, da un lato, con curiosità rispetto ai movimenti in corso e, dall’altro, come una conferma della necessaria opera di sensibilizzazione e presa di coscienza che dobbiamo contribuire a formare nell’opinione pubblica» sottolinea Cesari. Ed è proprio la sensibilizzazione il punto cruciale: serve prendere atto che se si vive in

un territorio sismico bisogna tenerne conto ogni giorno, non solo nei mesi successivi alle scosse più forti. Come stanno cambiando le mappe sismiche nazionali e quelle dell’Emilia Romagna? «La Regione Emilia Romagna ha appena avviato un percorso di revisione delle mappe di pericolosità sismica, coinvolgendo il mondo accademico e quello dei professionisti che lavorano in questo campo. Il tema delle mappe di pericolosità sismica è molto complesso e delicato,

queste aree non erano comprese in zona sismica e solo dal 2010 è diventata cogente la normativa antisismica per le nuove costruzioni. Ognuno può intuire le conseguenze derivate da questo ritardo.

per i risvolti economici, sociali e, oserei dire, politici che si hanno sui territori. Quanto è successo nel maggio dello scorso anno è perfettamente in linea con le conoscenze delle caratteristiche sismiche che si hanno da decenni relativamente a questi territori. Eppure, prima dell’Ordinanza Pcm 3.274 del 2003,

Tuttavia, mi preme sottolineare che la sensibilità reale su questo argomento sta rapidamente aumentando: ultimamente mi capita di trovare negli enti territoriali interlocutori sempre più consapevoli che le politiche di prevenzione sismica debbano coincidere con le politiche per un reale sviluppo sociale

Gabriele Cesari, presidente del Consiglio nazionale dei geologi dell’Emilia Romagna. Sotto il Comune di Cento

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TERREMOTO

Obiettivo prevenzione Nonostante ricostruire costi di più che mettere in sicurezza, le istituzioni non avviano un piano a lungo termine che allontani il rischio di nuovi disastri. Perché manca il concetto di investimento ltre a riscoprirsi un paese a forte rischio sismico e idrogeologico, l’Italia è anche ricca di edifici storici, che spesso vengono impiegati per prestigiose sedi di scuole, università e qualche volta ospedali. Una pratica esteticamente valida che però cozza con l’esigenza dei cittadini di sentirsi in sicurezza proprio nelle situazioni più delicate, come una degenza in ospedale o lasciare i propri bambini in classe. Da questo punto di vista c’è un gran lavoro, ma sono ancora poche le applicazioni dei sistemi anti-sismici, come l’isolamento sismico e la dissipazione di energia, che andrebbero adottati soprattutto in questo tipo di edifici pubblici. Alessandro Martelli, a capo dell’Enea di Bologna nei giorni del sisma e oggi presidente del Glis e dell’Isso, riconosce la difficoltà di arrivare al compromesso tra sicurezza e conservazione negli edifici storici. «In Italia il vecchio viene considerato antico dopo cinquant’anni, così si tengono edifici a volte brutti, non sicuri e inutili che invece andrebbero demoliti e ricostruiti». Oppure c’è l’alternativa più manichea: non mettere le scuole in edifici storici: quando la sicurezza non va d’accordo con altri principi, va privilegiata. Cosa significa mettere in sicurezza un edificio? «Se si vuole intervenire sull’esistente la soluzione è unica: il cosiddetto adeguamento, per cui la struttura esistente deve arrivare ad avere le stesse caratteristiche di sicurezza di una nuova, per questo adeguare un edificio antico è molto complesso. L’isolamento sismico è una tecnologia che garantisce in caso di scossa l’assoluta integrità dell’edificio, inoltre, diminuendo le vibrazioni, evita i possibili effetti del panico. Oggi la scuola di San Giuliano di Puglia, crollata nel terremoto del 2002, dove sono morti molti bambini e una maestra, ha queste caratteristiche. È così che vorrei una scuola o un ospedale. Privilegerei una sicurezza totale a rattoppi spesso più costosi».

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A quanto ammonta la previsione di spesa per la messa in sicurezza del territorio nazionale? «Dopo il crollo della scuola di Rivoli, la Protezione civile stimò un costo di 13 miliardi di euro. Per questo avevo proposto di devolvere parzialmente l’8 per mille alla messa in sicurezza delle scuole, ma ci sono dinamiche difficili da scardinare, anche se in realtà la situazione è realmente drammatica. Un’altra alternativa potrebbero essere le assicurazioni». Quindi dove trovare i finanziamenti? «Se vogliamo parlare di soldi, il discorso da fare è questo: riparare i danni di un terremoto costa da tre a cinque volte di più rispetto alla spesa necessaria per mettere in sicurezza le strutture. Se un paese è civile e serio, fa un piano concreto e preventivo. Non occorre mettere subito a bilancio 13 miliardi, si stabiliscono delle priorità che dipendono dai timori dei sismologi per una zona piuttosto che un’altra, dalla qualità delle strutture, mettendo sempre davanti scuole e ospedali. Facendo così in cinquanta, sessant’anni la questione si risolve, ma la scusa che non ci sono i soldi non sta in piedi. Se aspettiamo il prossimo terremoto, avremo altre vittime e necessiteremo di nuovo di denaro per la ricostruzione». Manca la prevenzione, dunque. «È una questione di mentalità. In questo Paese manca completamente il concetto di investimento: quello che non rende oggi pomeriggio non interessa a nessuno. Basta guardare come viene trattata la ricerca scientifica. Per avere un ritorno economico bisogna investire, se ogni anno si mette a bilancio una spesa per la sicurezza, prima o poi verrà recuperata. Magari fra dieci anni o forse di più, ma una cosa è certa: se in un luogo c’è stato un terremoto, sismologi e geologi confermano che ce ne sarà un altro. Se si ha a cuore il futuro delle nostre generazioni questi soldi non sono mai buttati via. È una questione di civiltà».

ed economico dei territori, e questo mi conforta molto». Dal punto di vista idrogeologico quali sono i rischi di questa regione? «Se escludiamo il rischio vulcanico, la nostra regione è interessata da tutti i rimanenti rischi geologici e idrogeologici. Per quanto riguarda il dissesto e le frane, quasi il 20 per cento del territorio è esposto a tale rischio. Quello che è suc-


Gabriele Cesari

cesso quest’inverno nella porzione emiliana del nostro Appennino è impressionante: migliaia di smottamenti e frane hanno interessato superfici estese di terreno collinare e montano, certamente per effetto di un periodo piovoso particolarmente intenso, ma anche per l’assenza di adeguati interventi di manutenzione del territorio e di riassetto idrogeologico. Ma la nostra regione è interessata fortemente anche dal rischio alluvioni ed esondazioni e dal rischio erosione della costa». Molti edifici pubblici non sono a norma. Come affrontare questo pericolo? «Occorre anzitutto prendere coscienza del grado di sicurezza degli edifici in cui viviamo e lavoriamo. Se lo

sappiamo, certamente ci interesseremo di fare il necessario, ad esempio, ci informeremo sul costo di adeguamento sismico dell’edificio, cercheremo i fondi per farlo, promuoveremo un’adeguata educazione su come comportarci. Noi ci stiamo interrogando sempre di più in questo senso, per dare il nostro contributo trasferendo le nostre conoscenze a chi sta pensando di realizzare o ristrutturare una casa. Siamo certi che le conoscenze e le tecnologie per costruire in modo antisismico ci sono, occorre la volontà di farlo». Le risorse pubbliche purtroppo sono sempre più basse. Come conciliare spesa e messa in sicurezza delle

strutture? «Respingo categoricamente l’assunzione che le risorse pubbliche siano sempre minori. Mi risulta che le tasse che pagano cittadini e imprese siano semmai aumentate nel corso degli ultimi decenni, né mi sembra che la spesa pubblica sia stata diminuita. Per fare un esempio, è chiaro che se nella nostra regione aumentiamo la spesa per la sanità o per l’istruzione (temi certo importantissimi) diminuiamo le risorse per altre finalità. Così come, se nel nostro comune organizziamo più spettacoli in piazza o paghiamo di più i dirigenti del nostro ente, avremo meno fondi per adeguare sismicamente una scuola o mantenere la rete di regimazione di una strada collinare. A mio avviso pertanto è solo un problema di priorità nell’utilizzo delle risorse. E a mio modo di vedere la sicurezza delle persone, delle strutture e delle infrastrutture ha un peso molto elevato e dovrebbe essere messo sempre tra le priorità».

Alessandro Martelli, presidente dell’Isso, International seismic safety organization, e dell’associazione Glis

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CORSIE D’ECCELLENZA

La collaborazione moltiplica la conoscienza Lo conferma anche il team di Gilberto Poggioli, che da anni si concentra sulle malattie dell’apparato digerente, tenendosi però lontano da facili entusiasmi e puntando sulla concretezza della ricerca Teresa Bellemo

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Unità operativa di chirurgia generale Poggioli dell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna si occupa di chirurgia dell’apparato digerente, con particolare interesse per le malattie infiammatorie e neoplastiche dell’intestino. L’équipe è nata quasi per caso, o meglio, quando i vecchi maestri hanno iniziato a pensare che le molte malattie dell’apparato digerente, soprattutto quelle infiammatorie, dovevano essere affrontate tutte insieme. Oggi continuano a farlo, nonostante non ci sia ancora una strutturazione riconosciuta, come c’è ad esempio in cardiologia, dove nessuno penserebbe mai di dividere la cardiochirurgia dal resto, perché la visione d’insieme della malattia e del malato è ritenuta fondamentale. Gilberto Poggioli e il professor Massimo Campieri hanno, dunque, cominciato a visitare il malato e a fare gli ambulatori assieme. Questo ha permesso di sbagliare meno, di mettere insieme le valutazioni, in modo da cogliere le differenze tra un chirurgo e un medico. «Poi è chiaro, ognuno ha i suoi pazienti, non tutti sono medici e non tutti sono chirurghi. Come tutto in Italia nasce e continua per la buona volontà, più che da una strutturazione dall’alto che non è mai arrivata» La laparoscopia si è dimostrata un’arma in più sottolinea Poggioli. nella chirurgia dell’intestino e dello stomaco L’Unità operativa è tra

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Gilberto Poggioli

Gilberto Poggioli, a capo dell’Unità operativa chirurgia generale Poggioli del Sant’Orsola-Malpighi di Bologna

le migliori in Italia per la cura dei tumori dell'apparato digerente e per l’utilizzo della tecnica laparoscopica. Il taglio della spesa pubblica ostacolerà le vostre ricerche? «Sicuramente. Siamo ancora in attesa di capirne la natura. Se saranno tagli lineari, come temo, sarà di certo un problema sia per l’assistenza che per la ricerca. Se saranno verticali, invece, mi auguro che a livello regionale si riconosca la ricerca dei centri di terzo livello, quelli cioè superspecialistici. In questo modo forse avremo meno problemi dal punto di vista della ricerca, anche se la vera speranza è non avere tagli nell’assistenza. Per ora i tagli non ci hanno ancora toccato, ma di certo a breve dovremo affrontare la legge che prevede la riduzione dei posti letto e delle risorse. Speriamo si possa dare priorità ai centri di riferimento, tagliando invece dove si può ridurre o accorpare. Mi pare che la politica fatichi a fare scelte chiare nel comparto sanitario, forse perché si va a votare una volta l’anno». Quali sono le ultime novità sul fronte della chirurgia dell’apparato digerente? «Innanzitutto un nuovo modo di approcciarsi alla malattia e al malato, come si fa negli altri paesi. Il nostro approccio con le malattie dell’apparato digerente ha “contagiato” oggi anche l’epatologia. Seguire il cosiddetto modello “desease clust”, che cura gruppi di malattie simili insieme, piuttosto

che ragionare per compartimenti stagni ha portato a migliorare tecniche e conoscenze. La laparoscopia si è dimostrata un’arma in più nella chirurgia dell’intestino e dello stomaco, anche se in Italia si è sbagliato a diffonderla in tutti i settori, cosa che non è invece successa in altri paesi. I vantaggi della sua minore invasività sono innanzitutto due: uno è cosmetico, non secondario per un paziente giovane, e poi un minor stress chirurgico, il che significa meno dolore, meno antibiotici e una degenza più breve. In Italia quest’ultimo punto viene visto positivamente per via dei costi minori, ma io lo considero una stortura perché è anche per questo che la laparoscopia si è diffusa anche quando non andava fatta. La laparoscopia è di sicuro un mezzo importante che ha permesso di fare passi avanti, anche se non sono ancora verificati positività assolute in tutti i campi, ad esempio quelli oncologici, dunque a volte operare in open è ancora consigliabile». Quanto la robotica può rivelarsi uno strumento efficace quando non migliore della stessa chirurgia in open? «Qui c’è da fare un altro discorso. In Italia c’è quasi il doppio dei robot presenti negli Stati Uniti. Il robot è un grande vantaggio se si devono effettuare delle suture fini, ad esempio in urologia e in ginecologia. Se si deve asportare una prostata, con il robot si ha una visione tridimensionale che faci- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 187


CORSIE D’ECCELLENZA

lita ciò che invece in laparoscopia e in open tiva. Come sta procedendo la ricerca su questo è complicato, il movimento è molto dolce e si vede quello che a occhio nudo non si riuscirebbe a scorgere. In altre branche, invece, non è detto che sia efficace, compresa la chirurgia dell’apparato digerente. Inoltre, il robot ha una curva di apprendimento molto lunga e costi alti. Per questo credo che non si possa dire che la robotica sia sullo stesso piano della laparoscopia, non ci sono ancora sufficienti elementi per considerala migliore, è un’opportunità clamorosa ma aspettiamo i dati dai centri che la stanno testando». Trova, dunque, che l’entusiasmo sia ingiustificato? «L’entusiasmo c’è sempre di fronte alle tecniche nuove ma, come tutte, anche questa va validata dall’esperienza. Quando nei primi anni 90 è stata introdotta, la laparoscopia si usava anche per le vene varicose. Poi ci si è lanciati tutti a capofitto - aziende e medici - nella “single incision”, la laparoscopia fatta con un unico buco. Corsi di aggiornamento e investimenti che poi le stesse industrie, prima ancora dei chirurghi, hanno abbandonato perché non davano i risultati sperati. Si deve dividere l’aspetto spettacolare da quello concreto e si dovrebbe fare sempre allo stesso modo: demandare a centri specifici per verificarne la reale applicazione piuttosto che acquistare robot che poi chissà quanto verranno usati». Il morbo di Crohn non ha una cura defini-

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fronte e quali, ad oggi, i rimedi più efficaci? «Il morbo di Crohn è stata una delle prime malattie in cui sono stati usati i farmaci intelligenti, detti anche biologici: degli anticorpi che agiscono contro una particolare molecola che si crede fondamentale nel processo di formazione della malattia. Nella malattia di Crohn questi mediatori sono tanti e altrettanti sono gli anticorpi specifici, oggi però sta funzionando solo il Tnf-α. Tutti i giorni viene fuori un farmaco nuovo, ma poi bisogna vedere a che punto si riesce, se si riesce, a bloccare il processo. Ad esempio, il morbo di Crohn è relativo anche alla condizione di stress, per cui la gamma di intervento è molto ampia e non è facile sapere su quante e quali molecole dover intervenire. Si stanno provando molti rimedi, alcuni non sono nemmeno arrivati in fase due e altri stanno proseguendo, però con i farmaci che intervengono sul sistema immunitario ci vuole cautela: bisogna vedere non solo se funzionano, ma anche se sono sicuri. Ci sono prospettive interessanti, intanto abbiamo diminuito la chirurgia, che è positivo. Basti pensare che si moriva di leucemia e, una volta trovato l’anticorpo giusto, la mortalità è crollata. Dobbiamo essere fiduciosi, anche se oggi la sperimentazione, unita a una comunicazione troppo tempestiva, come quella dei social media, dà aspettative che poi a volte vengono disattese».



BIOMEDICALE

Il biomedicale emiliano guarda ai Bric

«Contrarre ulteriormente la spesa sanitaria per l’acquisto di beni e servizi per l’Italia è impensabile». Maurizio Marfori Savini fa il punto sul settore dei dispositivi medicali, un comparto che rappresenta un pilastro per l’economia dell’Emilia Romagna

l comparto italiano dei dispositivi medici rappresenta il 5,8 per cento del totale della spesa sanitaria e costituisce il terzo mercato in Europa: è composto prevalentemente da imprese di piccole dimensioni, localizzate nel Centro Nord Italia. In modo Marco Tedeschi particolare l’Emilia Romagna è la prima regione italiana per numero di occupati nel settore biomedicale, che rappresenta un pilastro dell’industria della regione con un fatturato pari a circa il 2 per cento del prodotto interno lordo. Cizeta Surgical si trova a San Lazzaro di Savena (BO) «Per quanto riguarda l’evoluzione del disposi- www.cizetasurgical.it tivo medico in generale – spiega il dottor Maurizio Marfori della Cizeta Surgical - in questi ultimi 10-12 anni abbiamo registrato l’avvento della “miniaturizzazione” dei dispositivi affinando le tecniche di chirurgia mini-invasiva. Il nostro settore specifico di riferimento che riguarda essenzialmente la chirurgia maxillo-facciale, non ha visto un’evoluzione tanto in questi termini ma più in generale nelle tecniche chirurgiche che permettono tempi di ricovero più brevi e risultati di guarigione migliori». Cizeta Surgical ha un punto di vista privilegiato sul settore medicale; nasce infatti nel settembre del 2002 per volontà di un gruppo di professionisti del settore dei dispositivi medici. Oggi la Cizeta Surgical è presente nel mercato nazionale e nei maggiori mercati esteri del sud America, dell’Europa e in alcuni paesi medio orientali, producendo e commercializzando una vasta gamma di prodotti specificatamente studiati per la chirurgia maxillo-facciale, odontoiatrica, pre-protesica e neurochirurgica. Per quanto riguarda gli articoli Cizeta Surgical produce otto sistemi modulari di placche e viti in titanio per l’osteosintesi ossea del massiccio cranio–facciale; specifici prodotti dedicati alla ri-

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Maurizio Marfori Savini

Per riuscire a seguire le novità chirurgiche gli investimenti in ricerca e sviluppo sono fondamentali. «Come ogni azienda che voglia continuare a crescere e mantenere una posizione di leader sul mercato occorre destinare una percentuale dei profitti alla ricerca. Sono molteplici i progetti su cui stiamo lavorando; progetti che derivano da specifiche esigenze chirurgiche che i dispositivi attualmente messi a disposizione dalle tante aziende presenti nel settore non riescono a risolvere in maniera adeguata. I progetti spaziano dall’area della otorinolaringoiatria a Ci stiamo muovendo verso quelle aree quella della chirurgia tempo-mandibolare sino alla distrazione osteogeografiche dove l’economia genetica». Attualmente l’azienda rie di conseguenza il sistema sanitario fornisce attraverso una rete di è in forte crescita come tutta distributori esclusivi, tutte le prinl’America del Sud cipali Usl nazionali. «Si parla molto di sprechi nel settore del Ssn; ma chi come noi vive la situazione giornalmente e ha visto in questi ultimi 15 generazione alveolare contenente dispositivi ap- anni il crollo dei prezzi di vendita dei dispostivi positamente studiati per il fissaggio in blocco fatica a capire come si possa ulteriormente condegli innesti ossei in mandibola. Prodotti per la trarre la spesa sanitaria per l’acquisto di beni e chirurgia ortognatica e l’ancoraggio ortodon- servizi». tico. Dispositivi appositamente realizzati per la Tra gli obiettivi dell’azienda di San Lazzaro nel neurochirurgia e una completa gamma di di- medio periodo c’è quello di dare ulteriore svistrattori osteogenetici per l’avanzamento mi- luppo e incremento alle vendite nei paesi surato e controllato delle ossa del massiccio cra- esteri. «Ci riferiamo in particolare a quelle nio–facciale in grado di affrontare e risolvere aree geografiche dove l’economia e di consemalformazioni congenite anche gravi. guenza il sistema sanitario è in forte incre«Le novità sono tutte connesse alla possibilità di mento come tutta l’America del Sud, nei paesi potersi avvalere dei fattori di crescita dell’intero dell’area cosiddetta Bric. Nel lungo termine settore. Questo rappresenta per le varie branche invece lo sviluppo di nuovi prodotti ad alto chirurgiche la novità più importante. Probabil- rendimento che sappiano risolvere le patolomente si esploreranno tecniche chirurgiche oggi gie più complesse sarà non solo l’obiettivo quasi sconosciute o delle quali non si hanno an- ma la sfida che dovremo necessariamente afcora risultati certi». frontare e vincere».

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ORTOPEDIA

Il progetto ortesico Innovazione, tecnologia e qualità sono le sfide dell’ortopedia. Provvido Mazza spiega il progetto ortesico per la cura del piede, vero e proprio crocevia del benessere Lorenzo Brenna

e problematiche del settore ortopedico sono numerose, alcune sono comuni a tutta la produzione italiana di questi anni, ovvero incremento del costo del lavoro e delle materie prime, inflazione, difficoltà nel reperimento di manodopera qualificata e aggressione da parte di mercati stranieri. Facciamo una panoramica del comparto con Provvido Mazza, tecnico ortopedico e amministratore della Biotecnica, azienda che si occupa di ortopedia a tutto campo. «Biotecnica ha tecnici

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Provvido Mazza, tecnico ortopedico e amministratore della Biotecnica Srl di Bologna (BO) www.biotecnica-ortopedia.com

specializzati in ogni ramo - dichiara Provvido Mazza - ma il settore trainante dell’attività è la salute del piede». La struttura bolognese è un punto di riferimento per medici e pazienti per la soluzione di problemi grandi e piccoli. «Il piede è un segmento corporeo fondamentale nella nostra verticalità - spiega Provvido Mazza - è un organo di senso e di moto e il suo appoggio al suolo riflette effetti su tutto il corpo. Da un corretto appoggio del piede abbiamo una corretta postura che aiuta a eliminare molti problemi biomeccanici collaterali delle articolazioni sovrastanti come caviglie, ginocchia, anche e schiena». Biotecnica è impegnata nel progetto ortesico «un progetto specifico per ogni paziente, che tiene conto della prescrizione medica e della valutazione tecnica sul paziente, della valutazione dei materiali e dell’analisi dei rischi che il presidio potrebbe procurare. È la sola via percorribile se si vogliono ottenere i migliori risultati». Il progetto orte-

70% POPOLAZIONE ADULTA CHE SOFFRE DI MAL DI SCHIENA, SOPRATTUTTO PER UNA POSTURA SCORRETTA

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Provvido Mazza

sico è parte di un programma più ampio, integra quello riabilitativo, di cui è responsabile il medico e che può comprendere un intervento chirurgico, una riabilitazione e infine un presidio ortopedico. «Il programma vede affiancate diverse figure sanitarie - dichiara l’amministratore della Biotecnica - medico, fisioterapista, tecnico ortopedico e che insieme debbono svilupparlo. Questa collaborazione fra diversi specialisti è fondamentale se l’obiettivo è il benessere del paziente». Biotecnica dispone di una struttura con macchinari e tecniche all’avanguardia e utilizza tecnologie come sistemi Cad Cam nella progettazione e produzione. «La nostra è stata la prima azienda a portare in Italia un sistema Cad americano, il sistema Edg che veniva utilizzato dagli sportivi all’interno della calzatura - spiega Mazza - una tecnica molto sofisticata che a quell’epoca utilizzavamo noi e alcuni istituti universitari, tra lo scetticismo dei privati». Resta però ancora importante e funzionale l’apporto tradizionale e l’esperienza artigiana nella cura di particolari situazioni patologiche. «La nostra casistica di paziente è formata da portatori di patologie gravi e complesse di 3° e 4° grado per cui abbiamo la necessità di adottare ancora tecniche tradizionali per le impronte, l’assemblaggio e le finiture. La correzione può richiedere, per esempio, l’inserimento nel plantare di una conchiglia di materiale termoformabile in grado di esercitare contenimenti e spinte e l’uso di materiali compositi a densità differenziata per isolare, stabilizzare o correggere le deformità». Biotecnica investe con convinzione nello sviluppo e la ricerca è focalizzata su nuovi

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Il piede è un segmento corporeo fondamentale nella nostra verticalità, è un organo di senso e di moto e il suo appoggio al suolo riflette effetti su tutto il corpo

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materiali e tecnologie. «In questo momento stiamo collaborando con l’Università di Ancona e un importante partner produttore di calzature ortopediche alla realizzazione di un progetto di ricerca e sviluppo nell’ambito di un innovativo processo di realizzazione di plantari per calzature ortopediche su misura». La società bolognese sta attraversando la crisi senza risentirne troppo. «Sia nel 2012 che nel primo semestre del 2013 l’andamento del nostro business è stato soddisfacente. La clientela è affezionata e il livello di gradimento dei nostri prodotti è positivo. Tra le criticità - conclude l’amministratore della Biotecnica - c’è il mancato aggiornamento del Nomenclatore Tariffario delle Protesi e anche l’assenza di una politica nazionale dei tagli che viene lasciata alle singole regioni, o addirittura alle singole Asl». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 193


FISIOTERAPIA

Fisioterapia e riabilitazione, un approccio multi-settoriale Un aiuto concreto e un punto di riferimento per tutta la comunità. Ecco cosa rappresenta una struttura sanitaria efficiente e ben organizzata. La parola ad Antonino Tamburello e Andrea Bernardi Emanuela Caruso

ssicurare una comoda copertura sanitaria a tutti i comuni che la circondano dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni struttura sanitaria italiana. E proprio per perseguire tale obiettivo i dottori Andrea Bernardi e Antonino Tamburello hanno fondato a Pianoro, nella provincia bolognese, il poliambulatorio Fisioclinic, una struttura multispecialistica che guarda con particolare attenzione all’ambito fisioterapico-riabilitativo. «Grazie all’ubicazione del nostro poliambulatorio – specificano Andrea Bernardi, responsabile fisioterapia e gestione qualità, e Antonino Tamburello, amministratore unico e legale rappresentante – rappresentiamo un presidio strategico, in quanto favoriamo un’agevole fruizione dei servizi da parte degli abitanti del comune di Pianoro e dei comuni limitrofi, quali Loiano, Monzuno e Bologna. Consapevoli delle necessità di chi si rivolge a noi pur provenendo da zone limitrofe e non sempre vicinissime e delle difficoltà logistiche e di orario dei lavoratori, garantiamo la massima elasticità, cercando di coprire anche quelle fasce orarie di cui tanti presidi medici non si occupano. Sempre per agevolare i pazienti, abbiamo formulato particolari convenzioni con assicurazioni privatistiche; e ne abbiamo formulate altre con società sportive della zona per poterci proporre anche come presidio diagnostico-riabilitativo per i loro atleti».

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I dottori Antonino Tamburello e Andrea Bernardi, soci del poliambulatorio Fisioclinic di Pianoro (BO) www.fisioclinicbologna.it


Antonino Tamburello e Andrea Bernardi

La vostra specializzazione è la fisioterapia riabilitativa. A.B.: «Nel nostro poliambulatorio, la copertura fisioterapica è completa per tutti i settori, da quello neurologico a quello sportivo. Per garantire un servizio di qualità elevata, ogni fisioterapista è impegnato nella sua crescita professionale attraverso corsi di aggiornamento specifici per i vari ambiti della riabilitazione. In questo modo, noi fisioterapisti del Fisioclinic siamo in grado di soddisfare qualsiasi aspettativa dei pazienti, facendo al contempo attenzione alle patologie emergenti – a breve introdurremo anche il trattamento per i problemi dell’articolazione temporo-mandibolare. In altre parole, siamo specializzati in terapie manuali e nella cura di patologie di natura ortopedica, ortopedica-sportiva, neurologica e reumatologica». Di quali attrezzature tecnologiche dispone il poliambulatorio? A.T.: «Disponiamo di tutte le principali tecnologie a uso fisioterapico, in particolare la Tecar e il Laser Yag. Abbiamo anche a disposizione una palestra con le principali attrezzature riabilitative e, limitrofa alla struttura, disponiamo di una piscina ad uso esclusivo per i nostri pazienti. Inoltre, per svolgere un lavoro riabilitativo ancora più efficiente, abbiamo implementato il comparto diagnostico attraverso l’acquisto di un ecografo e l’inserimento di un medico specialista per la diagnosi di eventuali patologie muscolo-scheletriche o internistiche». Quali sono le trasformazioni più importanti che avete registrato nell’ultimo periodo in ambito di salute ? A.B.: «Da ormai cinque anni, la trasformazione più importante che stiamo affrontando riguarda la richiesta di benessere, che non viene più inteso come semplice star bene, ma anche come raggiungimento di traguardi fino a poco tempo fa

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Con la massima attenzione all’aspetto qualitativo puntiamo a un’erogazione dei servizi a orario continuato

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impossibili. Per esempio, l’innalzamento dell’età media ha portato molte persone della terza età a richiedere cure per il raggiungimento di obiettivi sportivi». Quali sono le prospettive per il medio-lungo periodo della Fisioclinic? A.T.: «Gli obiettivi principali che vogliamo portare a termine riguardano un innalzamento qualitativo dell’erogazione dei servizi offerti, ciò significa una copertura di segreteria anche pomeridiana – poiché al momento è prevista solo alla mattina – e un orario continuato dall’apertura alla chiusura con turni che permettano di effettuare le terapie durante tutto l’arco della giornata senza perdere d’occhio la qualità. Inoltre, stiamo lavorando per adeguare la struttura e le procedure di gestione in previsione di una futura convenzione con il Ssn, impossibile in questo momento a causa dei vari tagli alla sanità».

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RIFLESSOLOGIA

La riflessologia come prevenzione uando formuliamo un pensiero e proviamo un’emozione, l’organismo lo registra modificando la chimica del sangue e la fisiologia degli organi interni. Così produciamo endorfine che ci danno coraggio, felicità, serenità, desideri, volontà, ma anche istamine e le più svariate tossine che non sempre ingeriamo, ma che troppo spesso produciamo come risultato di sentimenti non espressi, ma trattenuti o rinnegati. Organi, visceri e ghiandole, oltre ad avere un ruolo fisiologico, hanno un ruolo metafisico» afferma Patrizia Faccenda, titolare del

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Una commissione medica europea già diversi anni fa aveva preso in considerazione la riflessologia come prevenzione alla malattia. Manipolando i piedi è, infatti, possibile individuare e risolvere i disturbi del corpo. Ne parla Patrizia Faccenda Emanuela Caruso

Centro Estetico Joy Life, specializzato in massaggi riflessogeni. D’altra parte, il neuropsichiatra Giuseppe Calligaris, nella sua tesi di laurea del 1901, affermava che “l’ammalato che ha in sé la causa del suo male può avere anche in sé la medicina per guarirlo”. Patrizia Faccenda spiega che: «Riconoscere i motivi intrinseci di un disturbo e, quindi, della somatizzazione è davvero importante, in quanto lo squilibrio che si manifesta in una persona è un campanello d’allarme, una spia accesa da un organo ancora sano ma che ha bisogno di essere considerato. Gli squilibri energetici anticipano anche di molto tempo le patologie ad essi legate e una riflessologia plantare che sappia prendere in considerazione la persona nel suo insieme diventa un’indispensabile analisi di prevenzione per poter operare in riflessologia anche il corpo». Scopo della riflessologia è allora quello di prevenire la malattia e, a differenza della medicina classica, riconoscere l’energia del corpo a uno stato più sottile, quindi già materializzata, ma non ancora al punto tale da essere individuata dagli strumenti medici ed essere classificata come malattia. «Il nostro lavoro – commenta ancora Patrizia Faccenda – consiste nel rilevare dal piede eventuali carenze o concentrazioni energetiche, causa di tensioni e contratture ri-


Patrizia Faccenda

Il Centro Estetico Riflessologia Joy Life si trova a Parma www.esteticajoylife.it

scontrabili nel corpo, oltre che di disturbi e malesseri. A partire da ciò che ci suggeriscono i piedi, si utilizzano poi delle tecniche di massaggio appropriate affinché il corpo abbia la possibilità di rinnovare le energie per riuscire ad affrontare e superare meglio i disagi del vivere quotidiano. In altre parole, andiamo a stimolare le forze di risanamento presenti in ciascuno di noi e questo in considerazione del fatto che corpo e mente costituiscono le due parti dell’uomo nella sua unità somato-psichica e si influenzano reciprocamente in maniera costante». Oggi, la riflessologia è un sistema di lavoro integrato che unisce le più moderne teorie psicosomatiche agli antichi fondamenti della Medicina Tradizionale Cinese; e la pratica del massaggio effettuata dagli esperti del settore si avvale di numerose tecniche e manualità che consentono di percepire concretamente i tessuti, così da coglierne i messaggi impliciti. «Oltre alle tecniche di massaggio per la riflessologia – continua Patrizia Faccenda – il Centro Estetico Joy Life dispone di tecnologie d’avanguardia per poter soddisfare quella clientela che richiede trattamenti particolari. È un esempio di queste tecnologie, Eximia Mega 1, diventato uno dei nostri cavalli di battagli negli ultimi cinque anni. Questo tipo di trattamento permette di ottenere ottimi risultati, in totale sicurezza, grazie alla Bioporazione a Propulsione Sonora, una nuova tecnologia che si avvale della combinazione simultanea di due tecniche applicative di efficacia scientificamente provata: la Bioporazione e la Sonoforesi. La Bioporazione aumenta la permeabilità della

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Con la Bioporazione a Propulsione Sonora e l’Endomassaggio quadrifasico si ottiene una riabilitazione del tessuto connettivo con riduzione della consistenza adiposa

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membrana cellulare adiposa per effetto di particolari impulsi elettrici triangolari modulati, i quali creano nuovi canali di passaggio, permettendo un’ottima veicolazione degli specifici principi attivi cosmetici; mentre le onde sonore a 1 MHZ spingono in profondità gli attivi lipolitici per effetto riscaldante gli adipociti, favorendo e facilitando ulteriormente l’ingresso dei principi attivi». Un’altra tecnica avanzata che il Centro Estetico Joy Life mette a disposizione dei propri clienti è l’Endomassaggio quadrifasico. «Questa tipologia di trattamento è del tutto atraumatica sulla componente vascolare – conclude Patrizia Faccenda –. Il risultato finale è una riabilitazione del tessuto connettivo per effetto drenante e tonificante». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 197


MEDICINA ESTETICA

Migliorare senza stravolgere I vantaggi della medicina estetica rispetto alla chirurgia sono molteplici. Tempi di recupero più brevi, possibilità di tornare indietro e, soprattutto, rispetto della naturalità del volto. Ne parliamo con Pierpaolo Pavanello Marco Tedeschi

a medicina estetica negli ultimi anni ha subito dei cambiamenti molto importanti. All’inizio, circa 15-20 anni fa, l’impatto è stato molto strong, mentre ora si cerca di essere meno invasivi, più dolci, con un approccio molto graduale e soft. Cerchiamo di accompagnare quella che è l’evoluzione naturale del volto, migliorandola. La differenza con la chirurgia estetica sta tutta in questo concetto: migliorare un aspetto senza stravolgerne le carat-

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I Centri Medici ECR e il Centro Medico ECR di S.Apollonia si trovano a Parma www.fisiokinetik.com

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teristiche naturali». A introdurre il concetto è il dottor Pierpaolo Pavanello, dermatologo specializzato in medicina estetica, laserista, nutrizionista ed esperto di medicina dello sport all’interno dei Centri Medici Ecr e nel Centro Medico Ecr di S.Apollonia. I Centri Medici Ecr di Parma, acquisiti in gestione da Fisiokinetik nel 2012, promuovono il benessere, rispondendo alle necessità di servizi sanitari del paziente e offrendo servizi di qualità avvalendosi di professionisti di alto livello. Accanto agli ambulatori specialistici e ai servizi diagnostici, nelle strutture viene data grande importanza alla medicina estetica. «Questa pratica – prosegue Pavanello in questo momento sta conquistando sempre più consensi; in modo particolare tra le donne. A seconda delle tecniche utilizzate, ci sono ovviamente fasce di età differenti. Abbiamo ad esempio fasce giovani che utilizzano la medicina estetica a scopo preventivo; la stessa tossina botulinica potrebbe essere utilizzata come prevenzione. La maggioranza dei pazienti sono però donne più “an-


Pierpaolo Pavanello

Tutti i nostri interventi hanno tempi ziane” che cercano di apportare un miglioramento al loro aspetto». di ripresa brevi; anche i tempi d’intervento Tra gli interventi adottati nei Centri si riducono e rientrano nella mezz’ora, Ecr di Parma i laser ricoprono un ruolo massimo un’ora molto importante. «I laser vengono utilizzati per la medicina e la medicina estetica. Il loro impiego è ciò che ci differenzia rispetto agli altri centri. Qui eseguiamo l’epilazione, la biostimolazione, la ri- quanto, se non si apprezza il risultato di un inmozione dei tatuaggi e molti altri interventi». tervento, si sa che è possibile ritornare come si Inoltre il Centro si occupa di cavitazione, ra- era prima. Il tempo di solito fa il suo corso e diofrequenza, criolipolisi, depilazione laser, fil- dopo circa sei mesi da una seduta è possibile ler, tossina botulinica. «Tutto ciò che viene uti- riacquistare l’aspetto di partenza. Inoltre, si può lizzato per il benessere del corpo. La medicina re-intervenire se il paziente non è contento del estetica è il nostro punto di forza». risultato ottenuto». I vantaggi di questa branca della medicina, ri- Il grande successo della medicina estetica è anspetto alla chirurgia estetica, sono molteplici. che dovuto ai cambiamenti della società. «La «Innanzitutto i tempi di recupero si riducono nostra è una società basata sull’apparenza. Quenotevolmente. Oggi il paziente non è più di- st’aspetto negativo ora può essere aggirato. Oggi sposto a restare a casa settimane intere dopo un infatti abbiamo la possibilità di correggere un intervento come avviene in chirurgia. Tutti i no- inestetismo o migliorare una situazione, aiustri interventi hanno tempi di ripresa brevi; an- tando il paziente a riparare un disagio. Anche gli che i tempi d’intervento si riducono e rien- psicologi hanno molto apprezzato il nostro latrano nella mezz’ora, massimo un’ora». La voro in alcuni casi, riconoscendo come la memedicina estetica ha inoltre un approccio molto dicina estetica sia stata un toccasana in alcuni più naturale rispetto alla chirurgia, a tutto van- pazienti, soprattutto in alcune donne. È imtaggio del paziente. «Molto spesso, sono gli portante però – conclude Pavanello - non farla stessi pazienti a esagerare nelle loro richieste. Il diventare una moda e non cadere nell’esagerabello è che è possibile tornare indietro. Anche zione. Sta al medico professionista capire e metper chi si approccia per la prima volta, la me- tere un freno alle richieste se non vengono condicina estetica potrebbe essere la giusta scelta in siderate consone».

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ASSISTENZA

Un nuovo modello di assistenza L’ assistenza agli anziani implica confronto, dialogo e comunicazione. È da questi presupposti che Coopselios ha istituito una Casa di Residenza con progetti innovativi in cui l’ospite può incentivare le capacità cognitive, affettive e relazionali Marco Tedeschi

igliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini europei, supportare la sostenibilità di lungo periodo e l’efficienza dei sistemi sanitari e sociali, promuovere la crescita e l’espansione dell’industria europea. Questi i principali obiettivi della nuova iniziativa europea di partenariato dell’innovazione (European Innovation Partnership on Active and Healthy Ageing, EIP-AHA) che mira a migliorare la salute degli anziani. L’obiettivo posto dalla Commissione Europea è di aumentare di 2 anni la vita media dei cittadini europei entro il 2020, assicurando ugualmente la sostenibilità dei sistemi sanitari. Un risultato che può essere ottenuto solo se prevenzione, cura e assistenza sono ben integrate tra loro. «Con l’aumento dell’età media di vita - spiega Ester Schiaffonati, procuratore speciale e dirigente d’area Coopselios – ci siamo adattati per fornire nuove forme di assistenza, che meritano ovviamente la massima qualità». Per fornire un servizio completo e qualitativo è nata la Casa Residenza per Anziani Villa Verde, gestita dal 2002 proprio dalla coope-

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rativa sociale Coopselios. «Villa Verde intende dare risposte ai bisogni delle persone anziane, delle loro famiglie e dell’intera comunità attraverso servizi di accesso privati e pubblici convenzionati con l’Ausl di Piacenza. Vantiamo anche l’accreditamento, secondo le attuali normative, della Regione Emilia Romagna». La struttura piacentina di Ancarano di Rivergaro, con la possibilità di ospitare 60 anziani, si rivolge a persone in condizioni di non autosufficienza con elevati bisogni assistenziali e con necessità di cure mediche e infermieristiche. «Siamo anche in grado di accogliere persone anziane non autosufficienti che desiderino trascorrere brevi periodi. Si garantisce anche sostegno alle famiglie con ricoveri di sollievo di breve periodo, dovuti a


Ester Schiaffonati

Con il “Giardino del Sole” vogliamo evocare il senso della vita, del trascorrere del tempo e del passaggio di esperienza dagli anziani ai bambini

seguito di esigenze particolari o a bisogni di temporaneità». Tra le peculiarità di Villa Verde c’è la grande attività sul territorio. «Siamo riusciti – prosegue Schiaffonati – a instaurare un importante network di relazioni con la comunità, le istituzioni e gli altri enti presenti nella provincia di Piacenza. Esemplificativo in questo senso è il progetto “A piccoli passi” che ha permesso di realizzare incontri e scambi tra i bambini del Nido d’Infanzia “Sole e Luna” e gli ospiti anziani della Casa Residenza “Villa Verde”. Questo progetto ha incentivato le capacità cognitive, affettive, relazionali e sociali di bambini e anziani; nei primi, abbiamo ottenuto il raggiungimento di valori educativi e negli anziani il raggiungimento della condi-

zione di benessere esistenziale. Per gli anziani si è notata un’attiva stimolazione del ricordo e per i bambini si è creata l’opportunità di una conoscenza diretta dell’anzianità. Questi obiettivi sono stati raggiunti attraverso tre attività di laboratorio: laboratorio d’impasto, laboratorio con il colore e laboratorio all’aperto. Quest’ultimo in particolare, articolato nelle due giornate conclusive, ha visto bambini e anziani insieme impegnati nella creazione del giardino aromatico e del giardino fiorito della Casa Residenza “Villa Verde”». Il giardino inaugurato il 7 giugno è stato chiamato “Giardino del Sole”. «In questo modo intendiamo evocarne il senso della vita, del trascorrere del tempo e del passaggio di espe- EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 201


ASSISTENZA

La Casa Residenza per Anziani Villa Verde, gestita dalla cooperativa sociale Coopselios, si trova ad Ancarano di Rivergaro (PC) www.coopselios.com

A PICCOLI PASSI questo il titolo del progetto pensato e organizzato dalle coordinatrici Coopselios Carmen Chiozza per la struttura di Villa Verde di Ancarano ed Elisa Ferri per il nido d’infanzia Sole e Luna di Rivergaro in cui sette bambini e gli anziani che hanno preso parte al progetto hanno avuto l’opportunità di incontrarsi, di conoscersi e di trascorrere, tra aprile e maggio, quattro mattinate insieme presso la Casa Residenza. «Il progetto – spiega Ester Schiaffonati – richiama l’idea di gradualità: la conoscenza reciproca tra il bambino e l’anziano è avvenuta tramite delle giornate in cui i bambini, accompagnati dalle famiglie, sono stati indirizzati nell’incontro con gli anziani verso la loro comprensione, verso il rispetto reciproco delle diversità e del limite, verso la regola di sapersi relazionare con le persone anziane anche non autosufficienti. Agli anziani è stata data l’opportunità di migliorare le condizioni di benessere esistenziale grazie ai semplici gesti dei bambini, agli sguardi e al racconto. In questo modo l’anziano ha avuto l’occasione di recuperare il valore della propria identità e del proprio protagonismo».

È

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rienza dagli anziani ai bambini». I processi di socializzazione all’interno di Villa Verde sono incentivati anche da altre tipologie di progetti e strumenti. «I rapporti e le relazioni esterne tra gli anziani e i loro familiari sono potenziati attraverso il progetto “Webcam” che con gli strumenti informatici e un processo di alfabetizzazione informatica ha portato gli anziani a interfacciarsi con le nuove tecnologie promuovendo, attraverso l’utilizzo del PC portatile, la comunicazione con la propria famiglia mediante i più famosi software di videochiamate e videochat. Visti i risultati positivi nella fase d’inizializzazione di questo progetto sperimentale, gli operatori della struttura si stanno adoperando affinché questo possa essere fruibile anche per quelle persone anziane con problematiche legate alla demenza».


Ester Schiaffonati

Promuoviamo una comunicazione interna frequente che permette un confronto sia tra gli anziani che tra la singola persona e gli operatori della struttura

Un altro progetto è “Tutti al cinema”. «Gli anziani che lo desiderano possono scegliere dei film a loro graditi da proiettare nella sala adibita al piano terra, mentre per gli anziani confusi o cognitivamente compromessi, si scelgono film brevi o documentari che aiutano a ricordare e ad allenare la loro memoria. Il senso del progetto è di stimolare in loro l'ansia di un appuntamento e di conseguenza avere l'aspettativa del domani». All’interno della struttura si sono attivati altri due progetti per promuovere una comunicazione interna frequente che possa permettere un confronto sia tra gli anziani, ma anche tra la singola persona e gli operatori della struttura. «Per quanto riguarda il primo aspetto è stato istituito il progetto “La riunione dei sempre in gamba”, una sorta di riunione di condominio con cadenza mensile,

vero e proprio luogo di dibattito, confronto e dialogo tra tutti i residenti di Villa Verde, un modo simpatico, ma molto efficace di comunicazione interpersonale e di gruppo. Il secondo progetto di comunicazione interna implementato – prosegue Schiaffonati - vede come attori il singolo anziano e l’animatore in un confronto a quattr’occhi. Avere un rapporto biunivoco in questo senso permette all’anziano di poter evidenziare in maniera autonoma e volontaria le sue opinioni sulle attività promosse, far comprendere all’animatore come si predispone verso determinati progetti e cosa vorrebbe aggiungere a quelli esistenti, ma il vero obiettivo di queste riunioni a cadenza quindicinale è mettere la persona anziana al centro della struttura, uno spazio intimo dove l’anziano parla di sé, si sfoga e gli si dà importanza, colmando la sua voglia di attenzione». Confronto, dialogo e comunicazione sono considerati fondamentali al centro di Villa Verde. «Rappresentano – conclude Schiaffonati – il modo più efficace per garantire il benessere degli anziani, delle loro famiglie e di tutta la comunità rispettandone sia la dignità di persone, che i desideri. È in questo modo che riescono a sentirsi ancora padroni della loro vita». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 203


ODONTOIATRIA

È finita l’era delle protesi mobili rmai da alcuni anni, l’implantologia dentale a carico immediato è diventata una delle tecniche maggiormente utilizzate negli studi dentistici specializzati in chirurgia orale. A chiarire il successo e i vantaggi legati a questo tipo d’intervento è il dottor Giuliano Alfieri, titolare dello Studio Dentistico Alfieri dott. Giuliano. «Occupandoci di implantologia da quasi trent’anni e avendo inserito più di 7mila impianti, la maggior parte dei quali a carico immediato, conosciamo ogni aspetto di questa tecnica che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per il settore. Grazie all’implantologia dentale a carico immediato, infatti, è possibile riprodurre l’aspetto naturale del dente, ma anche le funzioni dentali stesse quali masticare, parlare e ridere. L’intervento, eseguito in ambulatorio sotto anestesia locale, non è né difficile né doloroso e consiste nell’inserimento

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Il dottor Giuliano Alfieri, titolare dello Studio Dentistico Alfieri dott. Giuliano di Parma www.alfieridentista.it

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L’implantologia dentale a carico immediato si è inserita in modo definitivo tra le tecniche più utilizzate negli studi dentistici e più richieste dai pazienti che vogliono riavere denti fissi e robusti. Ne parla il dottor Giuliano Alfieri Emanuela Caruso

nell’osso privo della dentatura di pilastri che potranno supportare un dente artificiale idoneo a svolgere la propria funzione». Per un paziente, quali sono i reali vantaggi di un’implantologia dentale a carico immediato? «In primis, con questo tipo d’intervento possiamo applicare immediatamente dopo aver posizionato l’impianto una protesi provvisoria fissa,


Giuliano Alfieri

in attesa di quella definitiva, per cui il paziente non uscirà mai dallo studio senza denti. Inoltre, con l’implantologia a carico immediato, sostituiamo uno o più denti mancanti in modo altamente estetico, funzionale e duraturo nel tempo; conserviamo l’integrità dei denti naturali adiacenti a quelli mancanti; e infine ricostruiamo e conserviamo l’anatomia di osso e gengive delle aree edentule». Che tipo di tecnologie è necessario per eseguire un’implantologia dentale a carico immediato? «Per eseguire al meglio l’implantologia, il nostro studio è dotato delle più moderne apparecchiature radiologiche digitali e questo sia per poter avere una diagnosi precisa prima dell’inserimento dell’impianto, sia per preservare il paziente dalle radiazioni. Inoltre, grazie agli ultimi ritrovati che la tecnologia ci mette a disposizione, siamo in grado di eseguire qualsiasi tipologia di protesi dentale fissa e mobile, tra cui ponti con strutture in allumina o zirconio che ci consentono di migliorare l’estetica della ceramica». Attualmente, l’implantologia quanto incide sull’attività dello studio? «L’implantologia rappresenta, oggi, circa il 50 per cento della nostra attività. Una percentuale così elevata è dovuta al fatto che grazie a questa tecnica il paziente può riavere, nella maggior parte dei casi, i denti fissi, senza più dover ricorrere a fastidiose protesi mobili». Nel vostro studio vi occupate anche di conservativa e protesi. «Sì, in particolare per quanto riguarda la conservativa utilizziamo un sistema Cerec della Sirona che ci consente, seduta stante, di eseguire un intersio in ceramica per poter avere una perfetta integrazione estetica del dente trattato. Per le protesi, invece, impieghiamo molto spesso materiali in ceramica-oro oppure in zirconia». Parlando, invece, di odontoiatria estetica dentale, di cosa si occupa nello specifico il vostro studio?

Con l’impiantologia dentale a carico immediato i pazienti possono utilizzare una protesi provvisoria subito dopo l’intervento

«La moderna odontoiatria dentale si occupa del restauro dei denti compromessi da carie, e tramite l’uso di tecnologie e materiali moderni si è scoperta una gamma di interventi conservativi fino a qualche anno fa del tutto sconosciuti. Noi attuiamo tecniche di sbiancamento denti, otturazioni e intarsi in ceramica e otturazioni estetiche bianche, in modo da eliminare decolorazioni di varia origine e “ristrutturare” i denti danneggiati da vecchie devitalizzazioni o traumi. Sempre per quanto riguarda l’odontoiatria, utilizziamo anche i veneers, ovvero delle faccette in ceramica molto sottili che vengono cementate in maniera permanente sulla parte anteriore dei denti, ricoprendone la parte frontale attraverso una tecnica adesiva molto speciale. Si rivelano utili per rivestire denti scheggiati o usurati e mascherare spazi tra i denti, macchie permanenti e difetti dello smalto». EMILIA-ROMAGNA 2013 • DOSSIER • 205


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