OSSIER EMILIA-ROMAGNA AMBIENTE
L’INTERVENTO .......................................09 Guido Carella Luigi Marino Carlo Sangalli
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................14 Mario Draghi CREDITO & IMPRESE ........................20 Giuseppe Pallotta Francesco Bellotti Claudia Bugno
ECONOMIA E FINANZA ASSET STRATEGICI ...........................30 Carlo Alberto Roncarati Gian Carlo Muzzarelli Marco Baccanti Alessandra Lanza MERCATI ESTERI ................................40 Marco Spinedi Riccardo Leoncini Andrea Molza IMPRESA E SVILUPPO......................46 Roberto Snaidero EXPORT...................................................50 Marco Mearini e Sergio Felicissimo Marco Mantovani Antonio Benincasa Antonella Babini e Domenico Calonaci Elena Pavesi
INTERNAZIONALIZZAZIONE...........60 Angelo Forni Fausto Sdraulig
ENERGIA ...............................................134 Tiziana Giudicelli Giovanni Catalano
MODELLI D’IMPRESA........................68 Cesare Zanni Moreno Ghiaroni Gian Marco e Andrea Bonacci Andrea Pantieri Riccardo Martinelli Oscar Gabelli Matteo Ratti Gianluca Passerini Roberto e Gianfranco Lenzi Paolo Zini Gianni Castaldini Angelo Vecchiatti Daniele Cariani Marco e Michele Franzoni Ettore Ventura
GREEN ECONOMY.............................138 Miria Burani
TECNOLOGIE.........................................98 Vanna Zanotti e Claudio Bergamini Emiliano Papadopoulos Alberto Liverani Andrea Lobietti Emiliano Gamberini Luciano Cavini PRODOTTI ALIMENTARI .................110 Pierluigi Montorsi SICUREZZA SUL LAVORO...............114 Andrea Ballandi ECONOMIA DELLA CULTURA........116 Marco Cammelli Vittorio Emiliani Lanfranco Massari FOCUS MODENA................................123 Giorgio Pighi Maurizio Torreggiani Gian Luca Sghedoni
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BONIFICA..............................................140 Andrea Ibatici GESTIONE RIFIUTI ............................142 Arrigo Fanton
Sommario TERRITORIO EDILIZIA ................................................145 Paolo Buzzetti Paolo Savona Gabriele Buia Stefano Di Benedetto Maurizio Inzani Roberto Baietti Bernardo Buglione MATERIALI ...........................................164 Stefano Serafini Alberto Selva Cesare Tosi STRUTTURE.........................................170 Maria Pia Mambelli LOGISTICA............................................172 Damiano Masetti Barbara Pilla Giorgio e Pier Filippo Ferrari
SANITÀ MODELLI DI CITTÀ PER BOLOGNA....................................178 Pier Luigi Cervellati Mario Cucinella Andrea Trebbi Luigi Melegari SMART CITIES ....................................188 La mappa dei capoluoghi italiani Paolo Dosi L’EMILIA DOPO IL SISMA...............192 Riccardo Fava Erio Luigi Munari Maria Gorni
GIUSTIZIA CRIMINALITÀ .....................................200 Enzo Ciconte
SCLEROSI MULTIPLA.....................206 Giancarlo Comi MERCATO FARMACEUTICO..........210 Roberto Valducci ODONTOIATRIA..................................212 Dario Martucci FISIOTERAPIA.....................................216 Giuliano Sacchi DISPOSITIVI MEDICI.........................218 Carlo Cattini
RUBRICHE TRA PARENTESI ...............................220 Giancarlo Mazzuca IL COMMENTO...................................223 Gianpiero Samorì
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L’INTERVENTO
Per superare il gap produttivo di Guido Carella, presidente Manageritalia
roduttività, questa è la parola che ci perseguita. Sono decenni che in Italia la produttività è in discesa e, più di recente, è crollata. Secondo la Commissione Europea, nel secondo trimestre 2012 l’Italia ha registrato la caduta di produttività più forte nella Ue: -2,1 per cento, dopo lo -0,8 per cento nel primo trimestre. Allora che fare? La produttività aumenta se migliorano le capacità dei fattori produttivi e il loro mix. Più istruzione e conoscenza per le persone, innovazione per i macchinari e organizzazione dei processi. Ma non basta, a tutto questo si deve aggiungere un’organizzazione del lavoro e una gestione sempre più manageriale. Ma per mille motivi nel nostro Paese questa indispensabile modernizzazione è rimasta a metà strada. Abbiamo aziende piccolissime (il 90 per cento ha meno di 5 addetti, il 95 meno di 10 e il 99,9 meno di 250) che non fanno ricerca e innovazione, che non hanno dimensione per fare economie di scala e di scopo, che hanno scarsissima o nulla presenza, competenza e gestione manageriale e quindi capacità organizzativa e gestionale. Abbiamo gap vistosi nella formazione, soprattutto nella sua capacità di sfornare persone con conoscenze allineate a quelle richieste dal mercato. Abbiamo un costo del lavoro e del fare impresa altissimo. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi decenni siamo stati incapaci di restare o spostare la nostra economia e le nostre aziende nei business a più alto valore aggiunto, dove la produttività e il successo sono meno legati a meri fattori di costo. L’aumento della produttività e del benessere di persone e aziende passano sicuramente per una ridefinizione dei modelli e delle culture del lavoro, in primis
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delle relazioni industriali e del ruolo delle cosiddette parti sociali. Per un forte aumento di presenza, competenza e gestione manageriale in gran parte delle imprese italiane. Ma, e ne è una conseguenza, passano soprattutto dalla diffusione di modelli organizzativi e strumenti volti a migliorare la vita dei singoli e delle imprese. Un cambiamento che per la grande maggioranza di manager e lavoratori italiani (intervistati per Manageritalia da AstraRicerche e Duepuntozero Doxa nel 2012) passa per: valutazione delle persone su merito e risultati (per il 96 per cento dei manager; 88 per cento degli italiani), gestione delle persone per obiettivi (93 e 81 per cento), più formazione (93 e 91 per cento), più gestione manageriale (92 e 72 per cento), più collaborazione e meno gerarchia (87 per cento per entrambi), maggior conciliazione tra vita professionale e personale (85 per cento) e introduzione di programmi di welfare aziendale (77 e 81 per cento). Insomma, il lavoro e il mondo del lavoro che ci servono e meritiamo richiedono una profonda rivisitazione, per non dire rottamazione. Merito, gestione per obiettivi, collaborazione, innovazione, conciliazione tra vita privata e professionale, managerialità e formazione continua sono alcune delle parole chiave per ripartire e raggiungere produttività e benessere. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 9
IN COPERTINA
IN GIOCO IL RUOLO DELL'EUROPA E IL DESTINO DELL'EURO Una gestione dell'Eurotower caratterizzata da forte piglio decisionale, autorevolezza e capacità politica. Di fronte alla peggiore crisi del dopoguerra Mario Draghi è stato capace di smentire le Cassandre. «La Bce è pronta a fare tutto per salvare l'Euro» ha detto. E per ora è stato di parola Giuseppe Castagnoli
trascorso poco più di un anno dal 1° novembre 2011 quando Mario Draghi è divenuto ufficialmente presidente della Banca centrale europea, eppure l’impressione comune è che il super-banchiere sia da molto più tempo sulla tolda di comando dell’imponente vascello dell’Eurotower. Segno di una grande autorevolezza, di un forte piglio decisionale e di una innegabile capacità politica nel trovare soluzioni condivisibili per contenere la tempesta della crisi. Tre doti che gli erano state sempre riconosciute e che sono state ripetutamente messe alla prova negli ultimi dodici mesi. È facile, guardando al curriculum di
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Mario Draghi, pensare alla classica scalata di un predestinato. Laurea con lode, un grande economista come Caffè che lo accompagna nei primi passi nel mondo accademico, una tradizione familiare che lo avvicina al mondo delle banche. Ma si sa come tanti apparenti “predestinati” si rivelino spesso titubanti di fronte ai primi ostacoli. Invece Draghi non ha mai dovuto incassare uno stop (seppur momentaneo) nella sua carriera che lo ha visto ricoprire incarichi prestigiosi in Italia e all’estero prima di approdare a fine 2005 al vertice della Banca d’Italia. Anche in quel caso è sembrato che il ruolo di governatore gli spettasse di diritto e che semmai giungesse al
vertice di via Nazionale con un incomprensibile ritardo. È bene ricordare quella vicenda non tanto per gli errori dell’allora governatore Fazio e per la sfrontatezza dei cosiddetti “furbetti del quartierino”, ma per l’eccezionalità di una situazione che rischiava di pesare gravemente sull’Italia. L’ultimo baluardo di credibilità del Paese, la Banca centrale, si trovava invischiato in una vicenda assurda che ne comprometteva il credito conquistato nel mondo finanziario internazionale. La scelta di Draghi fu obbligata: solo chi già allora raccoglieva stima e consenso in Europa e al di là dell’Atlantico poteva evitare il naufragio. E così avvenne, ripristinando l’autore-
Mario Draghi
Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea
IN COPERTINA
Mario Draghi e Jens Weidmann, presidente della Bundesbank
L’euro ha ripreso fiato, gli spread sono diminuiti e sono state lanciate ciambelle di salvataggio alla Grecia e alla Spagna
volezza di Bankitalia e la sua capacità chiere che per un politico, ma è in- mento in cui l’Italia era costantedi esercitare un controllo assiduo sui conti e sul debito pubblico. È inevitabile notare come alla confusione e alla irresolutezza che contraddistingue la politica italiana (con ricadute pesanti sulla capacità di governo di tutti gli schieramenti) si sottraggano per fortuna alcune personalità che sono lontane mille miglia dai tipici difetti italici: alla superficialità oppongono la competenza, alla necessità di bilanciare le esigenze più diverse oppongono la capacità di operare scelte chiare anche se dolorose. Tutto questo, si può giustamente obiettare, è più facile per un ban16 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
dubbio che Mario Draghi - così come Mario Monti - rappresenta non solo una preziosa “riserva” a cui il nostro Paese può rivolgersi nei momenti più bui ma anche una personalità talmente forte e di indiscusso prestigio da poter guidare organismi internazionali di grande importanza. Certamente tutte queste considerazioni hanno pesato nel corso dei colloqui che hanno preceduto la scelta di Mario Draghi come presidente della Bce. Ed è altrettanto certo che la sua nomina ha ancora più valore se si pensa che è passata al vaglio dei governi e dei banchieri dei Paesi “forti” dell’Europa. Per di più in un mo-
mente sotto esame per i suoi conti traballanti. Un italiano, anche se con un curriculum perfetto, alla guida dell’Eurotower poteva sembrare dal Nord Europa un pericoloso cedimento della “fortezza” di Francoforte ai vizi dell’Europa mediterranea. O al contrario, vista dal Sud del continente, un’abile mossa della Germania per avere definitivamente in mano - potendo condizionare il candidato di Roma - le scelte di politica monetaria della Banca centrale. In questo primo anno di navigazione, spesso in acque tempestose e comunque sempre contro vento, Mario Dra-
Mario Draghi
Mario Draghi insieme a Monti e Angela Merkel al Consiglio d’Europa
ghi ha avuto il merito di smentire Cassandre e aruspici interessati. Messo di fronte alla peggiore crisi che l’Europa ha vissuto dal dopoguerra, con la Grecia a rischio concreto di uscire dall’eurozona, con la Spagna pericolosamente sull’orlo dell’abisso, con l’Italia destinata a diventare la terza vittima degli speculatori, il presidente della Bce non ha aperto le braccia a chi chiedeva aiuto dopo aver trascurato i ripetuti richiami a mettersi in regola ma non ha neppure assecondato chi, in nome del rigore, pretendeva di abbandonare i naufraghi al loro destino. In gioco era la sopravvivenza dell’euro e quindi il ruolo dell’Europa
nel mondo globalizzato. «Nell’ambito del suo mandato la Bce è pronta a fare tutto per salvare l’euro», aveva annunciato Draghi in luglio ed è stato di parola. Malgrado le resistenze della Bundesbank, malgrado le iniziali perplessità del governo tedesco. Proprio nell’operazione che lo ha portato a convincere la cancelliera Merkel e il ministro delle Finanze Schauble a schierarsi alla sua parte, il presidente della Bce ha mostrato la sua abilità non solo di banchiere ma anche di politico. Doveva combattere contro la ferrea linea anti-inflazione della Bundesbank, contro la stampa tedesca che agitava scenari apocalittici, contro i politici di Berlino che spingevano la Cancelliera a non arretrare di un passo. Eppure ha rotto il fronte avversario e ha lasciato solo il presidente della Bundesbank Weidmann. “Accettando di creare denaro per acquistare il de-
bito dei Paesi in difficoltà, la Bce - ha osservato il Wall Street Journal - ha avviato la fase decisiva della battaglia europea per la salvezza dell’euro”. Ai custodi del rigore Mario Draghi ha concesso che la Banca centrale avrebbe assicurato gli aiuti (e quindi l’acquisto di bond) solo se il Paese richiedente firmava l’impegno di rispettare severe condizioni. Così l’euro ha ripreso fiato, gli spread sono diminuiti e sono state lanciate ciambelle di salvataggio alla Grecia e alla Spagna. Fino a quando? Fare previsioni è impossibile ma intanto è certo che la difficile navigazione del super banchiere italiano al vertice della Banca centrale europea ha contenuto i danni dello tsunami finanziario e fatto intravedere qualche spiraglio per uscire dal tunnel. Un anno vissuto pericolosamente ma l’Europa e la moneta comune sono in salvo. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 17
CREDITO & IMPRESE
Trasparenti e chiari con famiglie e imprese Cittadini e tessuto produttivo hanno bisogno di ritrovare fiducia nel credito. Aspettativa che è stata fortemente indebolita dalla pesante situazione economica. Per Giuseppe Pallotta questo è un lavoro da fare insieme Teresa Bellemo
a stretta creditizia continua a farsi sentire sulle imprese e sulle famiglie italiane e l’andamento del credito erogato, nel contesto europeo, delinea un quadro particolarmente negativo per l’Italia. Gli organismi bancari dovrebbero finanziare maggiormente non solo il capitale delle imprese ma anche quello delle famiglie, alle prese con una progressiva riduzione del reddito a loro disposizione. La crisi economica che il nostro Paese e, più in generale, l’intera economia internazionale sta affrontando, infatti, sembra non avere veloce soluzione, per questo gli istituti bancari dovrebbero adottare pratiche che alleggeriscano e rendano più semplice l’uscita da questo momento di recessione. Dal confronto con gli altri paesi, i criteri di erogazione degli istituti bancari italiani sono stati invece più restrittivi rispetto alla media dell’area euro, anche nei confronti della Spagna, notoriamente in una situazione economica e finanziaria peggiore di quella italiana. Dai dati in possesso della Bce, solo nel
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secondo trimestre 2012 si è registrato un leggero allentamento delle condizioni creditizie, ma già nel trimestre successivo le banche italiane sono tornate a irrigidire i loro criteri di erogazione. Su questo fronte si inserisce Carisbo, che nel corso dei primi nove mesi dell’anno ha erogato circa 670 milioni di euro a favore di famiglie e di piccole e medie imprese. Il direttore generale, Giuseppe Pallotta, sottolinea: «Non è stata adottata da parte nostra nessuna strategia particolarmente restrittiva, grazie anche all’ottima posi-
Giuseppe Pallotta, direttore generale di Carisbo
zione finanziaria che caratterizza il Gruppo Intesa Sanpaolo. La proposta verso famiglie e imprese è stata ed è tutt’oggi orientata alla crescita degli impieghi. L’attuale congiuntura economica richiede però la massima attenzione nell’analisi del merito creditizio e lo stallo dei redditi delle famiglie e il calo del volume d’affari delle imprese rappresenta un freno oggettivo alla richiesta di credito». Le banche sono sempre più selettive nell’erogazione di mutui e prestiti a cittadini e imprese. Nel frattempo il reddito continua a
Giuseppe Pallotta
scendere. Come interrompere il circolo vizioso? «Il particolare momento congiunturale richiede la massima attenzione in fase di concessione del credito, perché la banca è un’azienda come le altre e quindi deve salvaguardare sia il proprio patrimonio, sia quello dei clienti che le hanno affidato i risparmi. Carisbo, peraltro, non ha stretto i cordoni del credito. In un contesto che richiede più attenzione nella valutazione, credo che sia importante consolidare e rafforzare la vicinanza con le famiglie e il dialogo tra banca e impresa. La banca ha più bisogno di conoscere a
fondo l’azienda e, nel contempo, l’azienda ha la necessità di conoscere e capire i meccanismi attraverso cui la banca valuta il suo merito creditizio. Carisbo sta lavorando intensamente per favorire questo dialogo». La crisi economica ha fortemente diminuito la fiducia dei cittadini nei confronti delle banche. Come riuscire a riconquistarla? «Lavorando insieme. Solo così riusciamo a costruire una relazione virtuosa con i clienti e con la società civile tutta. Il rapporto dei cittadini con la banca è molto cambiato negli ultimi anni. Per l’operatività corrente e i pagamenti
si va sempre meno allo sportello e si utilizzano sempre più gli strumenti automatici: servizi online, bancomat evoluti, carte. Le famiglie e gli imprenditori chiedono però un maggiore supporto a livello di consulenza per affrontare le loro necessità di risparmio e previdenza, i progetti immobiliari, gli investimenti e i progetti di sviluppo professionale e aziendale. Noi abbiamo trasformato la banca per adeguare la capacità di servizio alle necessità della clientela e su questo siamo certamente molto avanti». Cosa fare per tornare a finanziare di nuovo l’economia reale? «Come detto, occorre che la banca e l’impresa lavorino insieme. Siamo impegnati a rispondere alle esigenze delle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, cercando di stare sempre più al loro fianco, stringendo un rapporto di maggiore e reciproca conoscenza che consenta a Carisbo di accompagnare e sostenere l’impresa nei suoi progetti e nelle sue sfide di sviluppo. Questa maggiore conoscenza però deve servire anche per affrontare insieme le criticità che si presentano in un’ottica di maggiore partecipazione. Solo in questo modo, lavorando insieme, banche e imprese riusciranno a costruire un futuro di crescita e a porre le condizioni per la ripartenza del ciclo economico. Carisbo dispone di tutti gli strumenti
Erogheremo finanziamenti a tasso zero destinati a imprese e privati delle zone terremotate per il pagamento di imposte e contributi
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CREDITO & IMPRESE
per affiancare l’impresa sia nel- nei confronti degli investimenti. «Carisbo ha aderito agli strumenti l’operatività corrente, sia nei processi più complessi, con particolare riguardo per il sostegno all’internazionalizzazione, all’innovazione e alle necessità di rafforzamento patrimoniale, temi cardine questi per le nostre piccole e medie imprese in questa fase di grande trasformazione». Cosa sta facendo Carisbo per aumentare la trasparenza del rapporto tra cliente e banca? «Insieme al Gruppo Intesa Sanpaolo, Carisbo è tra i precursori di un modo di fare banca che mette il cliente al centro dell’attenzione, fornendogli ogni tipo di informazione e supporto con la massima trasparenza. A ogni cliente è assegnato un gestore che si prende cura di lui, in modo da costruire insieme un profilo con le proprie caratteristiche di servizio e, soprattutto, delle proprie propensioni
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Sul fronte del risparmio, per esempio, la nostra attenzione è rivolta a offrire al risparmiatore la migliore capacità di consulenza per aiutarlo nella scelta delle forme di investimento, identificando quelle più adatte alle personali necessità e caratteristiche, secondo un’ottica di sostenibilità, confezionando su misura le proposte più opportune. Vogliamo aiutare i risparmiatori a fare scelte di investimento seguendo un profilo coerente con le proprie propensioni al rischio, con le proprie attese reddituali e con le proprie proiezioni temporali, fornendo con trasparenza tutte le informazioni necessarie». Dal primo gennaio 2013 saranno disponibili i finanziamenti agevolati della Bei e della Cassa depositi e prestiti per la ricostruzione delle zone terremotate. Come avete intenzione di operare?
pubblici messi a disposizione dalla Regione e dallo Stato a supporto del territorio colpito dal sisma del maggio scorso. In particolare, abbiamo stipulato l’accordo con Abi e con la Cassa depositi e prestiti sia per l’erogazione di finanziamenti a tasso zero (interessi a carico dello Stato) destinati a imprese e privati per il pagamento delle imposte e contributi la cui sospensione è terminata a fine novembre, sia concedendo ai mutuatari la possibilità di sospendere ulteriormente il pagamento delle rate dei mutui fino al 30 giugno 2013, presentando specifica richiesta alla banca. Siamo operativi anche nella gestione dei contributi in conto capitale che verranno erogati ai soggetti danneggiati (privati e imprese), tramite specifico accordo con Cassa depositi e prestiti ed Abi».
CREDITO & IMPRESE
Occorre ridefinire le regole di Basilea 3 In uno scenario di incertezza economica come quello che stiamo vivendo, il ruolo dei confidi si dimostra ancora più importante. Francesco Bellotti illustra lo scenario che si presenterà l’anno prossimo e gli impegni di Assoconfidi Nicolò Mulas Marcello
on l’imminente introduzione delle regole di Basilea 3 e l’attuale congiuntura economica, il rischio per le pmi è quello di avere ancora più difficoltà nell’accesso al credito: «Occorre verificare – sottolinea Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi – se e perché il sistema bancario non riconosce alle imprese, a livello di minor pricing, i benefici per i minori accantonamenti, siano essi frutto della controgaranzia dei confidi che dell’accesso diretto alla garanzia del fondo centrale per le piccole e medie imprese». Possiamo fare un quadro generale dell’intermediazione finanziaria in Italia alla luce della crisi economica? «È noto a tutti che gli impieghi del sistema bancario sono diminuiti e che il sistema dei confidi ha svolto un ruolo determinante in tale contesto. A partire dal 2008 i confidi hanno sostenuto in pieno le pmi per agevolarne l’accesso al credito. Basti pensare che Assoconfidi
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sostiene 1,2 milioni di imprese italiane che oggi hanno un volume complessivo di garanzie per 22 miliardi di euro. Questo a testimoniare lo sforzo di vigilanza che hanno fatto i confidi in surroga rispetto a una minore disponibilità del sistema bancario a finanziare le imprese. Il quadro si sta complicando, l’operatività dei confidi non ha più i tassi di crescita registrati nel 2008 e 2009, in considerazione del fatto che il sistema bancario riduce maggiormente gli affidamenti e spesso quelli che concede sono a tassi così onerosi da non renderli sostenibili da parte delle imprese». Come è cambiato lo scenario dell’accesso al credito negli ultimi anni? «È una situazione di grande preoccupazione ed è risaputo che il sistema bancario italiano è deficitario nel rapporto tra raccolta e impieghi. Oggi è venuta meno la fiducia tra gli istituti stessi e questo impone una riflessione che passa attraverso la riduzione degli affidamenti. A rimetterci, in que-
sta situazione, sono le imprese piccole che spesso non hanno potere contrattuale; a causa della crisi economica che stiamo vivendo si è entrati in una spirale negativa per cui si ha questo effetto pro ciclico con maggiore onerosità, minore redditività, riduzione degli affidamenti». Con l’entrata in vigore di Basilea3 nel 2013 c’è chi sostiene che l’accesso al credito sarà ancora più difficile. Cosa ne pensa? «Bisognerebbe fare una premessa, sicuramente tutti siamo a conoscenza dei problemi legati alla finanza speculativa che hanno influito anche sulla finanza commerciale. Tutto questo ha avuto origine dagli Stati Uniti. Oggi gli Usa e la Cina, che sono sicuramente due competitor aggressivi sullo scenario mondiale, disattendono le regole di Basilea3. Forse si impone per noi una riflessione riguardo la necessità di essere così virtuosi al limite del masochismo. Se non si riuscirà a ritardare o modificare l’introduzione di queste regole si avrà una maggior restri-
Francesco Bellotti
Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi
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Se non si riuscirà a modificare l’introduzione di Basilea 3 ci sarà una maggior restrizione per l’accesso al credito
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zione dell’accesso al credito e sicuramente i rating delle imprese peggioreranno; quindi ci troveremo di fronte a maggiori costi e minore disponibilità. A livello europeo Assoconfidi sta lavorando affinché nella ridefinizione delle regole ci sia il riconoscimento di un coefficiente di ponderazione più favorevole alla garanzia e alla controgaranzia offerta dai confidi». Lo scorso aprile Assoconfidi ha stipulato un’alleanza con Unioncamere proprio per arginare il credit crunch. Si sono già potuti registrare dei risultati? «Il sistema dei confidi è stato sempre vicino e continua a sostenere il credito per le pmi e ha bisogno di un quadro di riferimento in cui ci sia un corretto utilizzo di risorse pubbliche. In questo ambito era sicuramente necessario e doveroso che Assoconfidi delineasse insieme a Unioncamere una serie di linee guida che tenessero conto di alcuni principi cardine per carpire la presenza di un sistema così radicato come quello dei nostri confidi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 25
CREDITO & IMPRESE
Regole chiare per tutte le imprese Partendo da una norma voluta dal governo nel decreto “salva Italia” è stata avviata una riforma tecnica del Fondo di garanzia per le pmi che prevede, tra l’altro, anche interventi ad hoc per alcune categorie di imprese. Claudia Bugno spiega di cosa si tratta Nicolò Mulas Marcello
l Fondo di garanzia per le pmi si rivela in questo periodo di crisi come uno strumento indispensabile per il tessuto imprenditoriale italiano. I dati rilevati dall’Osservatorio istituito presso il comitato di gestione mettono in luce la crescita esponenziale dell’operatività negli ultimi anni. «Dalle 1.200 operazioni registrate nel 2000 – spiega Claudia Bugno, presidente del comitato di gestione del fondo – si è passati alle circa 55.200 operazioni nell’anno 2011; nei primi 10 mesi del 2012 sono già oltre 51.700 le domande ammesse alla garanzia del fondo e, con un garantito di 3,4 miliardi di euro, sono stati attivati finanziamenti a favore delle imprese per circa 6,9 miliardi di euro». È possibile fare un breve quadro generale del Fondo di garanzia per le pmi? Di cosa si tratta innanzitutto? «Il fondo è uno strumento pubblico nazionale istituito nel 1996 con un preciso obiettivo: agevolare l’accesso al credito delle piccole e medio imprese attraverso la concessione della garanzia dello Stato sui finanziamenti richiesti dalle pmi agli operatori finanziari, purché si tratti di imprese “sane” con difficoltà di accesso al credito. Ri-
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volgendosi al fondo, dunque, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (solo lo 0,5 per cento circa delle operazioni ammesse alla garanzia del fondo è assistito da garanzie reali) e con un maggiore potere contrattuale nei confronti dell’intermediario creditizio (banca, confidi, finanziarie regionali). I numeri ne dimostrano l’efficacia. Dal 2008 a oggi, con il manifestarsi della crisi, quando il fenomeno del “credit crunch”, accompagnato ad altri fattori, ha acuito la debolezza del sistema imprenditoriale, il fondo ha dimostrato una crescente capacità di affiancare le imprese». Come possono ottenere questa garanzia le pmi e quali passi devono seguire? «Le imprese possono accedere allo strumento rivolgendosi alle banche che possono richiedere la garanzia diretta (che nei primi dieci mesi del 2012 rappresenta circa il 31,9 per cento dell’operatività) e ad altri intermediari finanziari come i confidi o le finanziarie regionali, che possono, a loro volta, attivare la controgaranzia, che rappresenta il 68 per cento delle operazioni. Tecnicamente, sono, quindi, gli operatori a
presentare la domanda di accesso e a inviare tutta la modulistica al gestore dello strumento, che è rappresentato da un soggetto formato da un pool di banche che si occupa dell’istruttoria e di verificare che sussistano i requisiti per l’ammissione. Dal momento che gli utilizzatori dello strumento sono soprattutto imprese di piccolissime dimensioni - nei primi dieci mesi del 2012 il 60,9 per cento delle operazioni è relativo a microimprese -, molte delle quali artigiane, che potrebbero sentirsi scoraggiate all’idea di presentare una domanda attraverso gli intermediari, da alcuni anni siamo intervenuti in un’ottica di semplificazione al fine di trasformare il fondo in uno strumento pratico, veloce, semplice ed efficace». Ci sono novità? «Il fondo è stato interessato da un’importante riforma, che sarà a regime proprio in questi giorni, finalizzata a rendere ancor più diffusi ed efficaci i suoi interventi a favore delle pmi italiane. Partendo da una norma voluta dal governo nel “salva Italia” è stata avviata una riforma tecnica che è intervenuta su aspetti concreti, tra cui le percentuali di copertura, costi, importo massimo garantito, modulando interventi ad hoc per categorie di imprese, ad
Claudia Bugno
dito delle pmi. Possiamo dire che con le Camere di Commercio si è alle fasi conclusive di un progetto che, attraverso il cofinanziamento, andrà ad agire su una leva strategica per la competitività delle imprese: l’internazionalizzazione». Cosa prevede e si augura per il futuro? «Per il futuro ci auguriamo che questo strumento continui a rappresentare un “salvagente” per le piccole e medie imprese che faticano ad accedere al credito o che si vedono proporre delle condizioni proibitive. Anche per assicurare che ciò avvenga, stiamo lavorando a un tema che È stato avviato un lavoro per attivare, sul piano nazionale, ci sta molto a cuore: la trasparenza. Attraverso una rete di collegamento tra i finanziamenti destinati una regolamentazione alla garanzia sul credito delle pmi apposita, intendiamo garantire alle imprese che si rivolgono al Fondo centrale un’inesempio imprese femminili, del zionale che ha come perno la ga- formazione corretta, chiara ed esauMezzogiorno, e prevedendo anche ranzia dello Stato conferita dal riente. Che le agevoli nella comgaranzie per operazioni sul capitale fondo centrale: la normativa rende prensione delle caratteristiche dello di rischio e garanzie sui crediti cer- possibile il cofinanziamento del strumento e delle modalità di actificati vantati dalle imprese nei Fondo centrale di garanzia da parte cesso e che assicuri un reale trasfeconfronti della pubblica ammini- di banche, regioni e altri enti. È rimento all’impresa (in termini di strazione, un tema che ci sta molto stato, quindi, avviato un lavoro per minori costi) del beneficio che la a cuore. Non posso dimenticare poi attivare, sul piano nazionale, una ponderazione zero, che si applica che sono state poste le basi per la rete di collegamento tra i finanzia- alla garanzia di ultima istanza dello creazione di “un’infrastruttura” na- menti destinati alla garanzia sul cre- Stato, comporta».
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ASSET STRATEGICI
Un nuovo modo di fare ricerca Il ciclo d’innovazione è lungo e complicato. Attraverso Cerr le associazioni territoriali di Confindustria forniscono assistenza strategica alle imprese. Marco Baccanti, amministratore della società consortile, traccia un bilancio dell’attività svolta Renata Gualtieri
el dicembre 2011 è stata costituita Confindustria Emilia Romagna Ricerca, società consortile alla quale aderiscono tutte le associazioni industriali della regione. Cerr rappresenta l’evoluzione del progetto strategico avviato in fase sperimentale due anni prima e nasce dalla volontà del sistema confindustriale della regione di supportare le imprese sul tema della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico nella logica di condivisione dell’investimento a livello regionale. A un anno dalla costituzione e a tre dalla sperimentazione, le aziende che hanno interagito con il Cerr sono oltre 300. Ciò rappresenta un primo indicatore importante dell’attività svolta a diretto contatto con le imprese, che parte dall’analisi dei bisogni fino alla creazione di una relazione importante con l’imprenditore o il manager dedicato alla ricerca, da cui possono scaturire vari livelli di attività operativa. «Una parte di queste aziende – precisa Marco Baccanti, amministratore unico di Cerr – è stata coinvolta in veri e propri progetti di ricerca, mentre altre hanno ottenuto risultati diversi, ad esempio un matching con altri partner industriali o centri di ricerca». In tre anni sono stati attivati una molteplicità di progetti alcuni dei
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Marco Baccanti, presidente della commissione ricerca e innovazione di Confindustria Emilia Romagna e amministratore unico di Cerr
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quali con il VII programma quadro dell’Unione europea, in particolare “Capacity” e “Cooperation”, e altri nel bando “Distretti 2” della Regione e nel Pon nazionale. In che modo questa società fornisce assistenza alle imprese lungo l’intero ciclo d’innovazione? «Il ciclo di innovazione è molto complesso. Si parte sempre instaurando una relazione di fiducia e un rapporto empatico con l’interlocutore, poi si aiuta l’imprenditore a entrare in contatto con uno specifico laboratorio di ricerca o, in altri casi, a trovare un’azienda con competenze complementari o a individuare della proprietà intellettuale già disponibile in azienda, con il supporto di competenze specifiche». Come Cerr si inserisce all’interno del bando “Dai distretti produttivi ai distretti tecnologici 2”? E quali gli interventi in atto per rafforzare l’orientamento tecnologico dei distretti emiliano-romagnoli? «Il bando in questione è una delle tante interpretazioni del nuovo modo di fare ricerca che in futuro contemplerà diversi portatori di conoscenza, sia a livello industriale che accademico, che imparino a collaborare e risolvere un problema specifico che rechi valore alla compagine. Il bando mette in pratica a livello regionale questa nuova metodologia di lavoro promossa anche dalla Commissione europea che è destinata ad affermarsi sempre di più. Perché tutto ciò si realizzi bisogna creare un sistema d’imprese che lavorino in rete mettendo in relazione competenze complementari tra di loro. Il Cerr è un centro di
Marco Baccanti
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Solo i sistemi territoriali che impareranno a mettere in correlazione le logiche che li governano vinceranno la sfida della competitività
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trasferimento tecnologico accreditato dalla Regione che consente di risolvere bene questo tipo di problema perché trae vantaggio dall’essere partner del sistema di Confindustria regionale». Con quali strumenti il centro assolve al suo ruolo di punto di riferimento, incontro e stimolo tra imprenditori, ricercatori, innovatori e istituzioni? E come giudica la comunicazione tra questi soggetti sul territorio? «È proprio sull’interazione che dobbiamo porre attenzione e risorse perché rimane un fattore critico che va risolto insieme alle istituzioni. Storicamente il sistema accademico e industriale, creditizio e istituzionale hanno avuto difficoltà a sviluppare una capacità d’interazione. Oggi questo non è più possibile: solo i sistemi territoriali che impareranno a mettere in correlazione le logiche che li governano vinceranno la sfida della competitività. Il nostro ruolo è quello di essere efficaci nel massimizzare l’interazione». Quante sono oggi, nonostante le difficoltà economiche, le imprese che fanno della ricerca e innovazione un asset strate-
gico per la competitività? «Quasi tutte le imprese che mantengono un livello alto di competitività hanno la capacità di innovarsi sfruttando la ricerca per mettere a punto nuovi processi o prodotti, sviluppare innovativi modelli di business o fare diversificazioni strategiche di reti commerciali. Però sono poche le società che hanno la massa critica e la capacità di realizzare ricerca tramite laboratori interni o con consolidate relazioni con provider in partnership di attività di ricerca. Per far questo bisogna avere dimensioni elevate o svolgere la propria attività in settori a elevata intensità di conoscenza, solo così si può essere player nel settore della ricerca». Quali gli strumenti che andrebbero più sfruttati per favorire lo sviluppo di imprese innovative sul territorio e quali i freni a perché ciò accada? «Gli incentivi alla ricerca e la defiscalizzazione potrebbero essere gli strumenti utili per dare una spinta al sistema. La competitività poi richiede la capacità di mettere in relazione modalità multidisciplinari, cioè imprese diverse che imparano a lavorare insieme». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 35
ASSET STRATEGICI
Innovare per crescere Se vuole vincere la sfida competitiva, l’Italia non deve arrestare la sua capacità di fare innovazione. Alessandra Lanza, responsabile strategie industriali e territoriali di Prometeia, indica le reali potenzialità del nostro Paese davanti ai continui cambiamenti dell’economia mondiale Renata Gualtieri
urante il 42° convegno dei giovani imprenditori di Confindustria a Santa Margherita Ligure è stato presentato lo studio di Prometeia “Abbiamo i numeri per innovare?”. Dall’indagine emerge che l’Italia esprime un grande potenziale in termini d’innovazione, come testimoniano i dati di brevetto, e che cresce la percentuale d’imprese che opera innovazioni di processo e di prodotto con ancora maggiore forza, come testimoniato dai dati delle esportazioni. «Tuttavia – precisa Alessandra Lanza – questo sforzo è ancora largamente insufficiente per produrre innovazioni radicali e soprattutto per far sì che avvenga una contaminazione innovativa nel sistema. Le imprese che innovano e che trasferiscono innovazione lungo le catene del valore sono ancora numericamente troppo poche e di dimensioni troppo limitate perché si produca una scintilla adeguata a innescare il rilancio del paese sulla frontiera tecnologica». Mancano dunque player di grandi dimensioni non solo in grado di produrre innovazioni radicali e di trasferirle a tutta la catena di fornitura, ma anche di formare la nuova classe imprenditoriale. Quali sono le maggiori criticità e i freni all’innovazione delle imprese? «Serve una rivoluzione culturale nel Paese che premi il merito e la pragmaticità. Occorre che l’innovazione riguardi soprattutto prodotti adatti a competere su mercati mondiali in continua trasformazione. Si tratta di creare
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un’osmosi tra ricerca, industria e osservazione delle nuove micro tendenze emergenti. Va creata anche una cultura del venture capital, vanno sostenute iniziative d’innovazione, vanno inserite nelle imprese figure manageriali capaci di trasformare il progetto innovativo in realtà. Non mancano certo in Italia le idee e la forza creativa, manca più spesso il pragmatismo di trasformare le idee e le innovazioni in prodotti realizzati e vendibili. Bisogna uscire dalla sindrome della crisi e tornare a investire in processi che generino crescita. Quasi tutte le innovazioni di processo degli ultimi anni sono state mirate alla riduzione
Alessandra Lanza
Non è nell’omogeneità e nell’omologazione che si producono innovazioni, ma piuttosto nel confronto sistematico e organizzato
dei costi. Difficile poi creare prodotti nuovi. Passata la fase della razionalizzazione e dell’efficienza è questo il tempo di tornare a fare progetti di sviluppo di medio periodo, pena la perdita consistente di posizioni sul mercato, che a volte può arrivare a costare addirittura il fallimento delle imprese». Innovare anche nel modo di lavorare insieme. Con quali strumenti ciò si può realizzare? «Contratti di rete, accordi di collaborazione, inserimento di figure manageriali nelle aziende familiari, attrazione di talenti soprattutto dall’estero. È necessaria la consapevolezza del valore della squadra, l’uscita dai particolarismi, la rinuncia al potere personale nella convinzione che il risultato del confronto è l’unico foriero d’innovazione significativa. Non è nell’omogeneità e nell’omologazione che si producono innovazioni, ma piuttosto nel confronto sistematico e organizzato. Il lavoro di squadra, lungi dal diventarne un impedimento, deve servire anche ad aumentare il pragmatismo, a rendere realizzabili prodotti e azioni che da singoli rischiano di essere un’impresa troppo impegnativa sia in termini di concettualizzazione, sia di risorse umane e finanziarie. Accettare la diversità, saper lavorare in team misti, anche e soprattutto con culture diverse, valorizzando gli aspetti di ciascuna. Se i consumatori sono globali, perché il mercato interno è troppo piccolo per essere ancora redditizio per tutti, allora anche le squadre
nelle imprese devono essere globali per saper cogliere quelle tendenze nel mondo che altrimenti neppure verrebbero notate». L’attività brevettuale è in miglioramento. Cosa significa questo segnale positivo e come va sfruttato? «È certamente un segnale molto positivo ma va messo a sistema. Serve contaminazione e passaggio lungo le filiere affinché l’innovazione di uno diventi anche quella degli altri. Il prodotto finito deve essere il risultato di più innovazioni concomitanti in tutte le fasi della filiera, diversamente il ciclo innovativo a un certo punto s’interrompe o guarda altrove, oltreconfine, per trovare i componenti innovativi che servono». Il problema rimane la ricerca: i ricercatori in Italia sono ancora troppo pochi, e il loro numero è rimasto sostanzialmente lo stesso dal 2008 al 2010. Cosa occorre fare per invertire questo trend negativo? «Ripartire dalla scuola primaria. L’innovazione s’insegna fin da piccoli. Investire in istruzione è costruire il futuro di un Paese. Crederci porta con sé anche la nobilitazione delle professioni e una remunerazione a livello dei concorrenti esteri. È velleitario pensare di promuovere la ricerca se non si rivede dalle fondamenta il sistemi di incentivi connesso alla ricerca. E occorre misurarne gli output. La ricerca deve produrre risultati tangibili e misurabili, ha bisogno d’istruzione e finanza e di capacità manageriali che la rendano fruibile».
Alessandra Lanza, responsabile dell’area Strategie industriali e territoriali di Prometeia
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MERCATI ESTERI
Per esportare bisogna conoscere Anche per le imprese dell’Emilia Romagna s’impone un nuovo scenario sul fronte dell’internazionalizzazione. A farne parte, come evidenzia Marco Spinedi, non sono soltanto i paesi Brics, ma anche nuove realtà del Mediterraneo e dell’Oriente Francesca Druidi
l profilo dell’internazionalizzazione sta oggi cambiando, soprattutto davanti alla grave crisi che sta attraversando l’Europa. «Il cambiamento su questo fronte avviene in chiave geografica – rileva Marco Spinedi, consulente scientifico di Itl e membro del comitato scientifico di Osservatorio Asia – e non è poca cosa. L’apertura verso paesi diversi da quelli tradizionali, implica problemi di lingua ma anche di carattere culturale - religioni, usi e costumi diversi, spesso forti livelli di corruzione -, difficoltà che le piccole e medie imprese faticano a superare». Internazionalizzazione e pmi, quale rapporto? «L’internazionalizzazione non è solo ad appannaggio delle grandi imprese, le piccole aziende fanno moltissimo per esportare ed essere presenti anche sui mercati emergenti. C’è però bisogno di maggiore organizzazione, di pianificare gli interventi, studiare i mercati, utilizzare corretti strumenti di analisi. Non è più il tempo dell’improvvisazione. I mercati esteri sono molteplici, difficili da comprendere e selezionare, richiedono tempo, investimenti e soprattutto metodo. Con le attuali criticità finanziarie e di credito, se si fa un errore lo si paga duramente». Qual è la situazione in regione: le imprese sono attrezzate per aprirsi a questi mercati? «Dipende dai settori. Aziende della meccanica strumentale, della meccatronica o, ad esempio, della ceramica delle piastrelle - settori tradizionalmente legati all’export - sono bene attrezzate per muoversi sui mercati internazionali. Ci sono poi situazioni particolari, dove si rilevano ancora elementi di arretratezza. Rivolgersi a mercati
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Marco Spinedi, consulente scientifico di Itl
nuovi significa costruire reti di relazioni e di contatti; uno step che non può essere affrontato con superficialità. L’orizzonte è ancor più problematico per quei comparti, come il tessile-abbigliamento o il calzaturiero, dove si aggiunge la forte concorrenza degli altri paesi. C’è poi un ulteriore elemento da considerare». Quale? «Quando si parla di internazionalizzazione, non va inteso solo l’export, ma anche la realizzazione di impianti produttivi o il decentramento produttivo all’estero, anche solo per alcune singole fasi, con l’obiettivo di contenere i costi. Oggi si punta in particolar modo ai mercati di consumo. Non si tratta più soltanto di andare a produrre all’estero per poi ri-esportare i prodotti finiti in Europa o in altri mercati, si va nei paesi emergenti per produrre e comunque per vendere i prodotti in quegli stessi paesi. Le imprese italiane
Marco Spinedi
Vietnam e Indonesia sono mercati di estremo interesse, dove c’è una pressione concorrenziale meno forte rispetto alla Cina, ma sono certamente più complessi da gestire
sono perciò chiamate a costruire reti di vendita: un passaggio complesso, che richiede una solida conoscenza del paese, dei suoi usi e costumi, della lingua, e la ricerca di soggetti locali che possano diventare partner o condividere lo sforzo». Se e in che misura dovrebbero intervenire le istituzioni e il governo centrale nel sostenere il processo di internazionalizzazione? «È fondamentale che, con le poche risorse a disposizione in questo momento, si agisca a sostegno delle attività di internazionalizzazione delle pmi in maniera selettiva, decidendo dove si vuole intervenire e poi facendolo con continuità. L’Emilia Romagna si muove abbastanza bene in questo senso, il sostegno della Regione si sviluppa ormai da diversi anni. Un mondo che si muove più a macchia di leopardo, e che forse potrebbe fare di più, è quello delle Camere di Commercio. Non mancano le eccezioni: la Promos di Milano o Camere più piccole nelle Marche lavorano molto bene, ma ritengo che, in generale, ci sia ancora margine di azione. Bisogna, inoltre, avere personale adeguatamente formato sotto il profilo linguistico e organizzativo. Un aiuto po-
trebbe arrivare, in questo senso, anche dalle università. C’è la sensazione che manchino competenze specifiche per quanto riguarda la conoscenza di alcuni paesi, in primis la Turchia, in larga parte ignorati. Serve uno sforzo a tutto tondo da parte di Regioni, enti locali, sistema camerale e universitario». Ha indicato Angola, Kenya, Indonesia, Marocco, Nigeria, Vietnam come mercati emergenti interessanti per le aziende italiane. «Sono indicazioni che si rivolgono a paesi emergenti diversi dagli ormai noti Brics, differenti l’uno dall’altro, ma tutti caratterizzati da popolazioni giovani, mercati di consumo in sviluppo e condizioni di business sufficientemente sicure, tranne la Nigeria. Le pmi potrebbero, innanzitutto, privilegiare i paesi più vicini all’Italia in termini geografici e linguistici, come Marocco e Angola. Vietnam e Indonesia sono mercati di estremo interesse, dove c’è una pressione concorrenziale meno forte rispetto alla Cina, ma sono certamente più complessi da gestire. In qualunque mercato si decida di andare, occorre studiare, elaborare progetti seri, analizzare a fondo il paese prima di muoversi».
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MERCATI ESTERI
Oltre il vecchio continente Internazionalizzazione, parola chiave per le pmi emiliano-romagnole. Una possibilità concreta per le aziende è guardare ai paesi emergenti. A illustrarne i rischi, le opportunità e gli strumenti necessari è il docente Riccardo Leoncini Francesca Druidi
unica nota positiva dell’ultima analisi congiunturale dell’Emilia Romagna riguarda l’export. Nel secondo trimestre del 2012, infatti, le esportazioni registrano un incremento dell’1,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011, pur segnalando un lieve rallentamento rispetto ai trimestri precedenti. Il processo di internazionalizzazione, così fondamentale per le imprese in questo momento, è però un passaggio impegnativo, da compiere con estrema attenzione. Riccardo Leoncini, ordinario di economia politica all’Università di Bologna, prende in esame le principali difficoltà incontrate oggi dalle imprese nello slancio oltre confine e indica i mercati maggiormente promettenti per il futuro. Quali elementi soffrono di più le aziende nell’affrontare i mercati esteri: la dimensione, la scarsa capitalizzazione? «Nei processi di internazionalizzazione le imprese si confrontano con problemi solo relativamente legati alla dimensione. Occorre considerare che le imprese emilianoromagnole fanno tipicamente parte di reti d’impresa, per le quali più del numero di occupati in sé conta la struttura delle relazioni di rete. Inoltre, la recente evoluzione ha mostrato un aumento della gerarchizzazione e della formalizzazione di questi le-
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gami. Le aziende fronteggiano criticità sia manageriali, legate alla prevalente struttura familiare del management, sia finanziarie, determinate da bassa liquidità e capitalizzazione, che di gestione del rischio. Questo è sia un incentivo, essendo elevata la sua remunerazione, sia un vincolo di norma assunto all’interno dei gruppi familiari per mancanza di finanziatori esterni». Come valuta il sostegno delle istituzioni alle pmi in Emilia Romagna? È possibile compiere un ulteriore salto di qualità? «Presso lo Sportello regionale per l’internazionalizzazione delle imprese promosso da Regione, Ministero per il Commercio internazionale, Ice, Unioncamere regionale, Simest e Sace, sono stati promossi diversi programmi di sostegno all’attività di internazionalizzazione, tra cui il Programma Bricst+, che riguarda Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e Turchia, più Vietnam, Indonesia e Messico. Il focus prioritario è sulla meccanica e prevede l’avvio e il consolidamento di forti relazioni cosiddette “local to local”. Un ambito importante su cui si sta concentrando l’attenzione delle istituzioni è ovviamente quello relativo all’innovazione. È quanto mai urgente dotare le imprese emiliano-romagnole di piattaforme infrastrutturali finalizzate all’attività innovativa».
Riccardo Leoncini
Riccardo Leoncini, docente di economia politica
Le pmi della regione faticano a esportare oltre i confini del vecchio continente. È possibile invertire la tendenza? «Le attività di internazionalizzazione in mercati globali non si devono basare su un malinteso senso di imprenditorialità, figlio dell’improvvisazione e dell’istinto. Infatti, un elemento fondamentale è la necessità per l’impresa di dotarsi preventivamente di adeguate analisi socio-economiche dei paesi obiettivo e di un dettagliato business plan. Inoltre, queste attività di norma prevedono il coinvolgimento dell’impresa in progetti di lungo periodo, la cui remuneratività va giudicata con un respiro più ampio. Ciò è tanto più vero quanto più ci si allontana da mercati conosciuti e dotati di regole comuni, per esempio, quelli europei. A ciò si aggiunga che, oltre a imprese sufficientemente attrezzate e strutturate, occorrerebbe avere il supporto fattivo di quello che è definito il
In Emilia Romagna sono stati promossi diversi programmi di sostegno all’attività di internazionalizzazione, tra cui il programma Bricst+
sistema Paese». Quali allora i settori e i mercati su cui le imprese regionali devono puntare nel prossimo futuro? «L’importanza dei mercati in rapido sviluppo definisce un insieme di opportunità che possono consentire di compensare le diminuzioni della domanda interna e di quella dei mercati più maturi, ivi compresa la Cina. È, quindi, possibile identificare alcuni paesi meno conosciuti ma caratterizzati da fondamentali positivi per possibili penetrazioni commerciali, quali, ad esempio, popolazione, reddito pro capite, logistica. A fianco di quelli che sono già stati identificati - i cosiddetti paesi Next 11: Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia, Corea del Sud, Vietnam, paesi cioè a elevato potenziale di crescita - è possibile indicarne altri come Angola, Kenya, Marocco, Nigeria, Perù, Thailandia». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 43
MERCATI ESTERI
Manager al fianco dell’impresa Nell’affrontare nuovi mercati esteri le pmi necessitano di competenze manageriali solide. Andrea Molza, presidente di Federmanager Bologna, spiega come l’internazionalizzazione possa essere favorita dal reinserimento di manager inoccupati Francesca Druidi
Andrea Molza, presidente di Federmanager Bologna
perare sui mercati globali è per molte aziende di Bologna e della nostra regione l’unica possibilità per sopravvivere. Ma l’estero rappresenta per le pmi un orizzonte pieno di incognite. Servono idee chiare, risorse da investire e conoscenze che spesso non sono disponibili o lo sono solo in parte». Andrea Molza intravede nella configurazione a rete una possibile soluzione se si superano «le resistenze a cedere un po’ di sovranità. Occorre spingere le pmi ad aprirsi e a capire che da sole è difficile venirne fuori». Con quali strumenti Federmanager sta sostenendo la spinta oltre confine delle pmi? «Federmanager ha concretamente affrontato il problema attingendo al patrimonio di esperienze dei suoi associati, creando vari format in cui si è data alla pmi la possibilità di verificare l’efficacia del suo approccio al mercato, attraverso confronti con chi queste esperienze le aveva realizzate davvero; questo in un’ottica gratuita ma foriera di future collaborazioni». Quali esiti ha dato il programma Columbus, dove le imprese sono state affiancate in progetti di internazionalizzazione da manager inoccupati?
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«Direi molto buoni, se lo esaminiamo globalmente. Alcune aziende hanno compreso che o investivano oppure era meglio non intraprendere nemmeno questo percorso; altre sono state instradate e poi hanno proseguito da sole, altre ancora hanno tenuto i manager. Ci tengo a sottolineare che i manager, alla fine, si sono tutti ricollocati in quanto l’esperienza ha rappresentato per loro un ulteriore arricchimento». Federmanager Bologna ha creato Cdi Manager, società di ricerca e selezione per manager disoccupati. In che modo tali risorse umane possono essere reindirizzate verso le esigenze delle imprese? «L’approccio è duplice: da una parte, Cdi incontra l’azienda, ne raccoglie le esigenze, sviluppa un progetto e poi si preoccupa di gestire e monitorare l’avanzamento con uno o più manager da lei contrattualizzati; dall’altra, attraverso il servizio “Selezione del manager in cambiamento”, in cui si propone alla pmi di selezionare solo nel nostro database di manager momentaneamente inoccupati o in pensione la persona più adatta. L’azienda non ha costi iniziali, ma paga - e molto poco - soltanto se contrattualizza il manager».
Legno Arredo, un richiamo al Governo “distratto” Il crollo dei consumi ha investito anche questo segmento “dimenticato” dalle istituzioni. Ma FederlegnoArredo non ha nessuna intenzione di stare a guardare. E chiama il confronto con Monti: «Faremo la nostra proposta» Renato Ferretti
umeri da settore trainante e fama da made in Italy affermato non bastano. Il legno arredo rimane una sezione dell’economia italiana di cui si parla poco, se non si tengono in considerazione le eccezioni fornite dagli eventi come il Salone Internazionale del Mobile. È quanto denunciano i più importanti attori del comparto, impegnati a far fronte all’emergenza del crollo dei consumi. Uno di questi è la FederlegnoArredo, cui dà voce il Presidente Roberto Snaidero. «Se consideriamo i numeri della filiera legno arredo – dice Snaidero – salta immediatamente al-
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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it
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Roberto Snaidero
Giovanni Anzani, presidente di Assarredo
A SCUOLA DI MADE IN ITALY l prossimo settembre 2013, a Lentate sul Seveso (MB), nascerà il nuovo Polo Formativo per i mestieri del legno arredo, un progetto voluto da FederlegnoArredo per rispondere all’urgente bisogno di collaboratori qualificati e aggiornati dalle imprese del distretto brianzolo. Un investimento sui giovani per il recupero di un’artigianalità che ha determinato l’eccellenza italiana nel mercato di riferimento. «Sono soddisfatto – dice Giovanni Anzani, presidente di Assarredo – che la sfida partita quattro anni fa dalle esigenze delle nostre aziende sia finalmente diventata realtà. Grazie alla scuola riusciremo a mettere insieme il mondo del lavoro e quello educativo, aspetti che rappresentano la base del successo del Made in Italy, ma che devono essere rafforzati per vincere le prossime sfide. Per questo avremo sempre più bisogno di tecnici preparati e di esperti commerciali in grado di andare in giro per il mondo a cogliere le grandi opportunità che il mercato offre».
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l’occhio l’importanza che questa rappresenta per il Paese e per il suo tessuto sociale: oltre 70mila aziende, 382mila addetti, oltre 32 miliardi di euro di fatturato di cui 12,3 di esportazioni. Cifre che fanno esigere il massimo rispetto e la massima attenzione. Le istituzioni e il mondo della politica, invece, spesso si dimostrano distratti da altri settori produttivi forse più accattivanti mediaticamente, ma sicuramente meno importanti del nostro». In particolare quale andamento sta registrando il settore e quali le criticità maggiori? «Il “Termometro Vendite”, elaborato a settembre dal Centro Studi FederlegnoArredo, ha rilevato per il 2013 un netto miglioramento del clima di fiducia delle imprese, sostenuto soprattutto dall’export. Ma la situazione del mercato interno è decisamente grave, con una perdita superiore al 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fino a quando non saranno adottate misure serie a sostegno dei consumi interni penso che sarà difficile operare con l’efficacia che ha sempre contraddistinto le nostre imprese». Quale valore aggiunto offre la Federa-
zione? «La nostra federazione è forse l’unica al mondo che racchiude in sé tutti gli attori della filiera, dalla foresta al prodotto finito. Questo consente alle imprese associate di tenere sotto controllo le eventuali criticità e, quindi, di risolverle in tempi rapidi e con efficacia. Ultimamente stiamo proferendo grandi sforzi per crescere in numeri. Solo con una federazione sempre più forte, infatti, le aziende potranno sfruttare pienamente le grandi opportunità offerte dalla filiera. A questo proposito, aggiungerei che la federazione è intensamente impegnata a sviluppare reti di impresa efficaci affinché le aziende che vi aderiranno potranno operare con sempre maggiore efficacia sui mercati mondiali. È un progetto sicuramente ambizioso, ma sono certo che ce la faremo». In che modo avete agito finora? «La nostra mission consiste nel sostenere il desiderio di fare impresa e lo sviluppo delle realtà associate. Per renderla concreta ci stiamo muovendo su più fronti, nel tentativo di offrire reali opportunità di business in Italia e all’estero. Per quanto riguarda le politiche interne, recentemente abbiamo siglato un accordo con il Gruppo Autogrill, per pro- ❯❯ EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 47
IMPRESA E SVILUPPO
Claudio Luti, nuovo presidente di Cosmit www.cosmit.it
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IL FATTURATO COMPLESSIVO DELL’INTERO SETTORE LEGNO ARREDO, CON 70MILA AZIENDE E 382MILA ADDETTI
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SALONI DI MILANO, CAMBIO AL VERTICE il più importante evento fieristico del mondo per il settore casa e arredo. Il Salone Internazionale del Mobile, che si tiene a Milano da cinquantuno anni, è uno di quegli eventi che rende orgoglioso il Bel Paese. Lo scorso ottobre, l’assemblea di Cosmit, società controllata da FederlegnoArredo che organizza il Salone del Mobile, ha nominato nuovo presidente Claudio Luti che succede a Carlo Guglielmi. «La società – dice Luti – negli ultimi anni ha rafforzato il successo dei Saloni in Italia e nel mondo. Le iniziative di comunicazione e le diverse strategie di marketing attuate hanno rafforzato la presenza di operatori specializzati in fiera. Ora a noi, spetta il compito di dare seguito al successo di questi cinquantun anni di storia dei Saloni e adeguare le scelte strategiche di Cosmit alle esigenze delle imprese espositrici, che si trovano a far fronte ad una crisi ancora troppo difficile».
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muovere sul territorio nazionale l’utilizzo di sistemi costruttivi di legno per la realizzazione e ristrutturazione dei propri punti vendita, mentre sull’estero ci stiamo muovendo con grande determinazione sui mercati più promettenti, tra cui Stati Uniti e Russia. Dall’11 al 16 novembre abbiamo organizzato la terza missione negli Usa con incontri B2B tra dodici aziende italiane ed esponenti dei principali studi di architettura degli Stati Uniti: un’iniziativa che ha permesso di confrontarsi con i maggiori operatori americani». Che tipo di interventi chiedete alle istituzioni e quali sono le urgenze su cui adoperarsi? «In questo momento la priorità è sicuramente il rilancio dei consumi interni. Ecco perché in occasione della conferenza stampa di fine anno (11 dicembre presso il Palazzo delle Stelline, ndr) lanceremo una proposta concreta al Governo per includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento. Questa misura, che parte dal presupposto che l’arredamento è parte integrante e sostanziale della riqualificazione edilizia e del benessere abitativo delle famiglie, non comporterebbe nessun incremento aggiuntivo dei costi per lo Stato già previsti dal decreto. E stimiamo che genererebbe un incremento dei consumi nazionali d’arredamento valutabile nell’ordine del 20 per cento (circa 1,5 miliardi di euro) consentendo un recupero del crollo registrato nel 2011 da questa importante industria del made in Italy».
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La metalmeccanica innova ono presenti nelle pale eoliche, nelle navi e nelle automobili. Ci permettono di volare, di mangiare e di bere. Sono i motoriduttori, presenti ovunque ci sia movimento. Un settore così, non potrebbe essere facilmente piegato dalla recessione. Eppure in Italia l’industria metalmeccanica esce provata dai nove mesi in cui si è registrata una flessione del 7,6 per cento, con punte negative che sono andate oltre il 10 per cento. Colpa di un portafoglio ordini che perde sempre più volume. La musica cambia per le imprese fortemente orientate all’export direttamente o con clienti OEM che esportano a loro volta e che hanno sedi commerciali all’estero. Operare in aree geografiche differenti significa infatti avere a che fare con contesti politici ed economici diversi, ampliando le possibilità di riuscita. La competizione in questo caso è più feroce, ma quando
S Nell’immagine, Marco Mearini della Nord Motoriduttori Srl, San Giovanni in Persiceto, Bologna www.nord.com
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L’industria italiana sta affondando con le piccole e medie imprese. Con chi non ha i fondi per investire in ricerca e in sviluppo. L’andamento è invece sempre più positivo per i gruppi distribuiti all’estero che investono in innovazione ed etica. Spiegano questo punto di forza Marco Mearini e Sergio Felicissimo Olivia Carli
si ha fede nella ricerca e nell’innovazione questa non è più un problema ma anzi diventa stimolo. Ecco allora fare capolino sul mercato prodotti di ultima generazione come quelli progettati dalla Nord Motoriduttori di San Giovanni in Persiceto, Bologna. «Ora ci stiamo dedicando al completamento della gamma di prodotti ad alta efficienza come i motori IE4» rivela Marco Mearini, managing director; quello a cui si riferisce è l’alta efficienza (green), la classe di rendimento “super premium” dei motori asincroni trifase, realtà che per la concorrenza di Nord Motoriduttori è solo un progetto. Le novità però non si fermano qui: «quelle più recenti riguardano la famiglia di inverter a bordo motore SK200E – prosegue Mearini – a cui si aggiunge la possibilità di fornire modelli di inverter da quadro SK500E, e poi la linea SK540E che supporta la programmazione delle funzioni relative in accordo alle più recenti norme, IEC 61131». La Nord investe da sempre, anzi crede nello sviluppo tecnologico e lo fa seguendo un’ambizione precisa, confermare la posizione di leader mondiale per innovazione e ricerca. Ormai da dieci anni l’impresa continua a fissare pietre miliari nell’ambito delle innovazioni, e ne sono
Marco Mearini e Sergio Felicissimo
15% INCREMENTO DI FATTURATO ANNUO PREVISTO NELL’ATTUALE DECENNIO DALLA NORD MOTORIDUTTORI
un esempio concreto gli ultimi riduttori in alluminio Nordbloc.1. «Il nostro obiettivo dichiarato è di consolidare lo status di secondo fornitore di tecnologia di azionamenti su scala globale – conferma Sergio Felicissimo, direttore commerciale – e infatti siamo leader in termini di dinamismo e abbiamo una politica di investimenti anticiclica». Per essere ad un livello così alto il gruppo Nord ha una gamma di produzione che rimane straordinaria rispetto al resto della concorrenza, «dai pignoni agli avvolgimenti, ai circuiti stampati; produciamo tutto nelle nostre fabbriche» aggiunge l’amministratore delegato. Un atteggiamento che è stato ripagato dato che la casa madre Nord Drivesystems, con sede ad Amburgo, partendo da centocinquantuno milioni di euro di fatturato lordo nel 2000 è arrivata a consolidarne quattrocentododici milioni nel 2011; per quest’anno si stima una chiusura vicina ai quattrocentosessanta milioni. «Nord Motoriduttori, la filiale italiana, nel 2012 avrà un fatturato di circa cinquantasei milioni di euro, confer-
mando un incremento del 15 per cento. Dato che contestualizzato alla realtà italiana è indice di un’ottima performance. L’impulso rimarrà invariato, quindi prevediamo di crescere con lo stesso ritmo anche nell’attuale decennio», spiega il direttore commerciale. A garantire questi numeri è indubbiamente la fama di leader per le soluzioni di sistemi completi, che spaziano dalle unità standard a quelle personalizzate per le esigenze applicative più spinte. A completamento del sistema c’è la nuova gamma di prodotti elettronici, dagli inverter ai servo controller, che saranno esposti a maggio nella fiera “Sps” di Parma. «Stiamo costantemente rafforzando ed espandendo la nostra presenza globale – illustra Felicissimo – e al momento il gruppo è presente nel mondo con 35 filiali. Molti dei nostri clienti esportano negli Stati Uniti, nel Sud America, Russia e Far East, fino al Nord Africa. Questo ci permette, nonostante la forte crisi, di operare in differenti aree geografiche e differenti settori». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 51
EXPORT
L’avanguardia tecnologica made in Italy on poteva che nascere nel cuore dell’Emilia, seconda a nessuno per tradizioni agro-industriali, una delle eccellenze sulla sicurezza alimentare. La tecnologia finora permetteva una selezione in base al colore, per cui una macchina studiata allo scopo riusciva a distinguere, per esempio, tra i chicchi di riso o grano quelli da scartare. Marco Mantovani, titolare della bolognese Asm (Advanced Sorting Machines), spiega i progressi fatti nel campo. «Si stanno studiando – dice – le soluzioni per una selezione in base al tipo di materiale e non soltanto per colore. Questo avrebbe conseguenze importantissime, come la possibilità di selezionare il grano danneggiato dalla siccità da quello sano. Oppure nella selezione delle plastiche nel riciclaggio: il fine è arrivare alla distinzione di diversi polimeri non solo in base al colore». A quanto pare, però, neanche i prodotti attuali, che operano solo in base al colore, sem-
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La Asm ha sede ad Argelato (BO) www.sortingasm.com
L’evoluzione della selezione otticoelettronica si spinge al di là dei limiti del colore e va verso la distinzione dei materiali. ASM presenta la tecnologia italiana alla conquista di nuovi mercati Remo Monreale
brano subire un declino riguardo alla domanda. «Nell’ultimo anno – afferma Mantovani – abbiamo registrato un aumento di fatturato, nel settore agro-alimentare c’è stata una crescita della richiesta. Probabilmente su questo ha influito l’annata siccitosa. Ma per le macchine che produciamo in generale non si riscontrano grandi criticità, perché sono prodotti di nicchia in un settore altamente tecnologico. Basti pensare che per la Asm l’export incide per l’80 per cento nel fatturato, in particolare, oltre all’Europa, vendiamo in Sud America, in India, Thailandia e Cina».
Marco Mantovani
Mantovani passa a spiegare nel dettaglio il funzionamento delle nuove macchine, frutto del lavoro della sua equipe e di oltre trent’anni d’esperienza. «Questa nuova serie di selezionatrici, denominata Vision – spiega il titolare della Asm –, rappresenta il massimo livello raggiunto nel settore delle selezionatrici ottico-elettroniche. Infatti assieme alla tecnologia di visione digitale a Ccd, potenti microprocessori di ultima generazione gestiscono milioni di elaborazioni al secondo integrati in un hardware supercollaudato. Allo stesso modo il software è stato studiato per ottenere altissime rese di selezione ma soprattutto capacità di auto-diagnosi e auto-taratura. Il meccanismo prevede l’immissione del prodotto nella tramoggia sopra alla macchina, questa fa defluire il prodotto su una piastra vibrante sostenuta da un vibratore. In questo modo il prodotto viene sgranato e convogliato lungo gli scivoli (canali). La giusta lunghezza e inclinazione dello scivolo assieme alla corretta forma e speciale trattamento dei canali permette di accelerare e distanziare i granuli in caduta grazie alla forza di gravità, permettendo infine alla selezionatrice di ispezionarli singolarmente. L’immagine viene convertita in segnale elettronico variabile sulla base del colore, elaborata dal controllo elettronico e confrontata a parametri prefissati. Quando è ritenuta non
conforme, essa genera l’azionamento di un’elettrovalvola che con un preciso soffio d’aria devia il “granulo” difettoso dalla sua traiettoria lasciando che quello ritenuto buono cada naturalmente nella tramoggia di raccolta». Inutile dire che il budget riservato al reparto ricerca e sviluppo è molto consistente. «La ricerca è decisiva, dobbiamo investire sia su nuovi prodotti, appunto nel settore dell’elaborazione dell’elettronica, sia su nuove applicazioni che riguardano le nuove tecniche, tipo la divisione con laser o infrarossi. Circa il 10 per cento del fatturato va in ricerca e sviluppo, in più ci avvaliamo di studi di consulenza e della collaborazione degli atenei emiliani. Forse anche per questo possiamo dire che il nostro è un prodotto può essere esteso a tutti i mercati del mondo. Quindi il nostro impegno sarà quello di arrivare a nuovi mercati, sempre più lontani, e a nuovi settori». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 53
EXPORT
Cresce l’export, ma l’Italia rimane in stallo Cala in Italia il fatturato della lavorazione della gomma e della plastica, però a ridare linfa al mercato sono i paesi emergenti. Antonio Benincasa, presidente dell’Assotech, analizza il panorama nazionale Lorenzo Brenna
Antonio Benincasa, presidente della Assotech Srl di Rastignano (BO) www.assotech.com
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l settore della lavorazione della gomma e della plastica resta trainante per il made in Italy. Tuttavia la situazione attuale impone alle imprese di esportare la quasi totalità dei prodotti. Il mercato ha subito un rallentamento che si prolunga ormai dal 2008 e che ha influito sulla struttura e sullo sviluppo del comparto industriale. Il problema principale è rappresentato dal mercato interno stagnante. È evidente il calo del fatturato in Italia, compensato in parte dalla crescita dell’export. Per restare competitivi è necessario investire in innovazione e ricerca. Scenari globali e situazioni locali sono gli aspetti che Antonio Benincasa, presidente dell’Assotech, azienda che produce articoli tecnici in gomma e plastica soprattutto nel settore estrusioni delle guarnizioni e profili, analizza arricchendoli di proposte concrete ed innovative. Nelle piccole aziende, sarebbero auspicabili esperienze di cogestione? «Direi senz’altro di sì, soprattutto per quelle piccole aziende dove sia l’imprenditore che i collaboratori credono in quello che stanno facendo. Se per andare avanti non è più sufficiente la garanzia dell’imprenditore è auspicabile trasformare in cogestione l’impresa. L’auspicio è che piccole, medie e grandi imprese collaborino in modo sinergico con parti sociali e istituzioni nella realizzazione di un sistema Paese, fondamentale per cercare di uscire assieme dalla crisi mondiale». In cosa si caratterizza questa crisi rispetto a quelle che ha vissuto e superato nei suoi quaranta anni di attività imprenditoriale? «Innanzitutto preciso che non è una crisi. È una drammatica recessione che potrà durare ancora qualche anno, al di fuori di alcune nazioni». Quali le responsabilità di politica, istituti di
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Antonio Benincasa
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L’auspicio è che le Pmi collaborino in modo sinergico con parti sociali e istituzioni nella realizzazione di un “sistema paese”
credito, mondo imprenditoriale e rappresentanze sindacali? «A livello nazionale la politica, da alcuni decenni, non ha svolto la sua responsabilità verso la comunità, ma ha badato solo a fatti personali portandoci a una disastrosa condizione. Molti istituti di credito hanno lavorato soprattutto per macinare utili da distribuire ai loro azionisti, non hanno eseguito il vero ruolo di “imprese di credito” ma si sono fatti condizionare dalla politica. Parte del mondo imprenditoriale si è poi lasciato andare a diversificare l’esatto ruolo di impresa con errati investimenti finanziari trascurando quattro punti cardine, ovvero innovazione, ricerca, sviluppo economico e sociale. Le rappresentanze sindacali hanno preferito restare separate anziché lavorare unite negli interessi dei lavoratori». Cosa fare per trasformare la crisi in un’opportunità di crescita? «Veniamo fuori, dal settembre 2008, da un’epoca ormai lacerata, con una prospettiva di una nuova era. Vi sarebbe da scrivere un libro, però è sufficiente dire che l’Europa unita ancora non esiste e il mondo ha bisogno di nuove regole». Ritiene che la finanza abbia stravolto il ruolo degli istituti di credito e “distratto” gli imprenditori dal primario ruolo di produttori di beni? «Senza dubbio, confermo in pieno e basta riflettere su come oggi viviamo tutti. Alcuni dirigenti hanno abbandonato quello che era il loro compito per inserirsi in politica perché questa poteva concedere più redditività personale abbreviando
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la loro carriera nell’ambito economico». Il nostro Paese ha sprecato il periodo di “vacche grasse” iniziato con l’introduzione dell’euro? Cosa fare per recuperare? «Non si deve più perdere tempo e voltare pagina, recuperando innanzitutto il valore dell’onestà. Tuttavia non bisogna dimenticare il passato e tenerlo presente come monito per evitare gli stessi errori. Ad ognuno il compito di specializzarsi nella propria attività con aggiornamento e costante formazione. Essere più altruisti verso gli altri, con una verace formazione per diventare sempre più leader». Con una crisi che vede accomunati nelle tragedie aziendali imprenditori e lavoratori, ha ancora senso contrapporre capitale e lavoro? «Assolutamente no, perché debbono reciprocamente viaggiare di pari passo, con umiltà, adeguandosi ai tempi. L’attuale Governo ci invita tutti a continuare nel progetto di risanamento del paese. Cercare il contributo di giovani onesti con formazione politica e di tecnici esperti nella loro specializzazione, attraverso l’appoggio di tutte le associazioni imprenditoriali, a incominciare da Confindustria». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 55
EXPORT
Meccanica e agricoltura, la partita si gioca nei Brics ome per ogni settore anche nell’agricoltura l’innovazione è un valore molto importante, se non esclusivo. È la discriminante per capire se un’azienda può essere competitiva o meno. Se è in grado di rispondere prontamente alle esigenze in continuo mutamento del mercato. Gli imprenditori non possono permettersi alternative o rifiutarsi davanti a questa evidenza perché l’impiego di macchinari nuovi, specializzati ed efficienti non è un’opzione. La meccanizzazione agraria oggi è indispensabile per un paese moderno, motivo per cui l’export di macchine in paesi emergenti come Cina, Russia, Brasile e Turchia sta tenendo a freno la flessione del mercato. Tutto questo giustifica anche numeri da capogiro raggiunti dall’ultima fiera espositiva dell’Eima 2012 con quasi duecentomila visitatori e una crescita del 22 per cento degli operatori stranieri. Ed è qui che ha trovato un posto di tutto rispetto la Cm di Lugo (RA) con una se-
C
Antonella Babini, titolare della Cm Srl di Lugo (RA), durante la premiazione Eima 2012 www.cm-elevatori.it
La meccanizzazione agricola è ormai indispensabile. Si spera nei mercati emergenti come Russia, Brasile, Cina e Turchia e si punta tutto sulle innovazioni, come hanno fatto Antonella Babini e Domenico Calonaci Olivia Carli
gnalazione tecnica per il rovesciatore “165 Flap Pfr” già premio Oscar come primo classificato al Macfrut di Cesena. «Il serraggio dei contenitori – spiegano Antonella Babini e Domenico Calonaci, soci titolari di Cm – avviene grazie all’innovativo sistema che permette al prodotto di non venire mai a contatto con la macchina, rispettando così le più severe normative in fatto di igiene». Il fiore all’occhiello all’azienda consente di bloccare il contenitore agli estremi inferiori attraverso flap rientrabili, che lasciando totalmente libera l’apertura superiore, fa in modo che i prodotti contenuti fuoriescano facilmente. Il Flap è applicabile a tutti i tipi di carrelli elevatori, sia piccoli che di elevata potenza, e consente di bloccare e rovesciare i bins con un solo comando. E a proposito di elevatori l’azienda di Lugo ne ha prodotto un nuovo modello, il “20 Qh 3600” in cui il punto di forza è la visuale. Un dettaglio che può sembrare piccolo e invece apporta una serie di migliorie al lavoro. «Questa attrezzatura è stata realizzata appositamente in una versione a quattro sfili per garantire una visibilità maggiore a parità di altezza – spiega Calonaci – comportando un’ottimizzazione dei tempi di lavoro e una maggior sicurezza per l’operatore». Novità anche in tema di affidabilità e manutenzione; la scelta di
Antonella Babini e Domenico Calonaci
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Le manifestazioni fieristiche, organizzate in tutto il mondo, permettono di conoscere le ultime novità tecnologiche del settore
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utilizzare cuscinetti a rullino a tenuta stagna invece dei tradizionali gruppi a sfera assicurano un’accentuata resistenza all’usura e prestazioni maggiori. Tutto questo ha permesso alla Cm di affermarsi sul campo attraverso tre importanti caratteristiche: «qualità, affidabilità e versatilità dell’utilizzo – illustra Antonella Babini. Per la produzione delle macchine vengono utilizzati solo i migliori materiali e sistemi di produzione tecnologicamente all’avanguardia». Oltre agli elevatori idraulici, cuscinetti ad alta resistenza, catene di sollevamento certificate si producono gli accessori necessari agli elevatori e le attrezzature intercambiabili: rovesciatori e benne. I primi sono utilizzati in oleifici, nelle industrie conserviere, cantine e per la lavorazione di carni e prodotti ortofrutticoli. Le benne invece per la movimentazione di prodotti sfusi come cereali, olive, neve e sabbia. Il successo dei loro prodotti risiede anche in un’altra fase, ossia la progettazione dove i clienti dell'azienda giocano un ruolo importante perché «la collaborazione ci permette di capire le loro esigenze e questo riduce il margine di errore», aggiunge la titolare.
L’ampia gamma di macchinari prodotti dall’impresa ravennate le ha permesso di essere presente in molte realtà internazionali: «oltre ad avere una rete distributiva in quindici paesi europei, ci siamo espansi anche nel resto del mondo in paesi come Giappone, Cile, Canada, Usa, India, Israele e Nord Africa». La penetrazione nei mercati esteri è legata alla partecipazione nelle fiere espositive come l’Agrimach indiana o Agrishow in Brasile. Ed è proprio nei mercati emergenti che si gioca la partita più importante. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 57
EXPORT
Qualità e design per i forni made in Italy no strumento di lavoro dalle prestazioni eccellenti, caratterizzato da un design in cui si riconosca l’impronta del made in Italy. Per la Pavesi un forno professionale ad uso alimentare deve avere queste caratteristiche e sulla base di questo binomio si è evoluta l’attività. Fondata da Aldo Pavesi oltre quarant’anni fa per la produzione e messa in opera di materiali refrattari su forni industriali, in seguito la società si è rivolta anche alla costruzione e commercializzazione di forni ad uso alimentare, in particolare articoli professionali a legna e a gas per pizzerie e panifici, grazie ai quali la società ha instaurato collaborazioni con numerose aziende internazionali attentamente selezionate per professionalità e competenza, specializzate nella fornitura di attrezzature professionali nel campo della ristorazione. Peculiarità dei forni, oltre al perfetto isolamento che impedisce dispersioni energetiche, è l’alta resistenza del materiale refrattario, che consente di sopportare temperature di esercizio superiori a 1200 gradi. Resistenza, ma anche cura dell’este-
U
In questa pagina e nella successiva: un forno in fase di costruzione e quello installato presso il ristorante “Mercato”, a Shangai, dello chef Jean-Georges Vongerichten. La Pavesi Srl ha sede a Corlo di Formigine (MO) www.pavesiforni.it www.pavesivoltapiana.it
Resistenza a elevate temperature, grazie all’uso di materiale refrattario vibrato, ma anche la cura del design, fanno di un forno ad uso alimentare uno strumento di lavoro ottimale, come spiega Elena Pavesi Roberta De Tomi
tica hanno consentito alla Pavesi di ritagliarsi un ruolo di spicco nel mercato di riferimento. «Nel triennio 2009/11, il fatturato è rimasto costante nonostante la crisi – sottolinea Elena Pavesi – e lo stesso dovrebbe accadere nel 2012. Riconosciamo i meriti di questa solidità aziendale alle strategie commerciali volte ad allargare la percentuale di vendita all’estero, oltre all’offerta di prodotti innovativi e d’alta gamma come ad esempio i forni rotativi. Indicativo a questo proposito è il fatto che l’azienda nel mondo si posizioni tra gli unici cinque produttori di forni professionali con una gamma prodotto che spazia dai forni tradizionali a legna, ai forni con piano rotante in uso combinato a legna e gas». Il mercato interno rappresenta circa il 51 per cento del business della società, mentre la quota restante riguarda l’estero, dove, come nota Elena Pavesi: «i mercati più ricettivi sono l’Europa, gli Usa e il Giappone. La Russia, storicamente forte per il nostro prodotto, ha fatto registrare un calo notevole nel triennio 20092011, ma quest’anno sembra in
Elena Pavesi
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Nel forno a volta piana il riscaldamento è più rapido e di conseguenza le spese d’esercizio sono inferiori
ripresa. Crediamo che molto del nostro successo all’estero dipenda dalla presenza sul territorio di arrivo di pizzaioli professionisti emigrati dall’Italia, quindi in grado di comprendere a fondo le caratteristiche tecniche, l’affidabilità e l’alto rendimento dei nostri prodotti, rigorosamente made in Italy, richiesti anche da chef di calibro internazionale. È il caso di Jean-Georges Vongerichten, pluripremiato dalla Guida Michelin, che per il suo ristorante, Mercato, presso Three on the Bund, inaugurato di recente a Shangai, ha acquistato un nostro modello». L’azienda produce tre linee distinte: i forni tradizionali RPM, con piano monoblocco a legna o a
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gas e quelli con piano di cottura rotante, realizzati nei modelli Twister e Pavesi Volta Piana. «Rispetto al forno con volta a cupola – rileva la Responsabile Marketing – in quelli a volta piana, la quantità d’aria da riscaldare è inferiore, quindi il riscaldamento è più veloce e di conseguenza le spese d’esercizio sono inferiori, con un tempo di cottura più rapido a parità di consumi. I modelli rotanti, rispetto a quelli tradizionali, consentono al pizzaiolo di dedicarsi esclusivamente alla preparazione delle pizze, garantendo una resa costante e meno dispendiosa in termini di tempo ed energia». I piani per il futuro della Pavesi sono chiari. L’azienda sta mettendo a punto due nuovi modelli «della linea Joy – afferma Elena Pavesi – che presenteremo alla fiera Parizza, il salone professionale della Pizza Pasta e Ristorazione italiana, che si terrà a Parigi nel marzo 2013. Questi forni, veri pezzi di design, nascono dalla necessità di dare un valore aggiunto al locale di arrivo del prodotto. Inoltre, intendiamo allargarci al Brasile e all’Australia, paesi con grandi potenzialità ma, nel caso dell’Australia, ben presidiati da produttori locali». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 59
Un piano esponenziale a cinque anni Q Cresce il settore delle macchine per l’avvolgimento del pallet, conseguenza degli aumenti di spedizioni su pallet. «Il nostro obiettivo è diventare il primo costruttore europeo entro il 2015 e uno dei primi due al mondo entro il 2017». La parola ad Angelo Forni Nicoletta Bucciarelli
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ual è la situazione dei brevetti e della salvaguardia della proprietà intellettuale in Italia? Non buona, visto che molte industrie nostrane si ritrovano a dover combattere con autentici plagi, senza alcuna possibilità di difendersi. «La realtà italiana rappresentata dagli strumenti legislativi disponibili e utilizzabili presenta uno scenario tutt’altro che rassicurante – racconta Angelo Forni, titolare dell’Atlanta Stretch-. In caso di violazione i tempi per arrivare a un giudizio sono molto lunghi, le procedure e gli avvocati sono molto costosi e nel contempo chi ha violato il brevetto ha buone possibilità di poter continuare a farlo per molto tempo. All’estero non andiamo molto meglio, anzi in certi paesi decisamente
Angelo Forni
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Quello che si vuole ottenere con l’industrializzazione è l’ottimizzazione di componenti e di gruppi attraverso la continua ricerca di migliorie tecniche e di processo
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peggio. Abbiamo cinesi che continuano a pubblicizzare con il loro marchio nostre macchine con nostre foto e senza nessuna possibilità d’intervenire». Un problema reale che però non ha fermato l’Atlanta Stretch, realtà del riminese impegnata nella progettazione, costruzione e commercializzazione di macchine automatiche e semiautomatiche per l’avvolgimento dei pallet con il film estensibile, molte delle quali protette da brevetti. Un settore, quello delle macchine per l’avvolgimento del pallet, che nel corso degli anni è cresciuto notevolmente. Con sempre maggiore frequenza e senza distinzione di categoria merceologica, sono costantemente aumentate le spedizioni su pallet. Questa condizione richiede che le merci posizionate sul pallet, siano fissate e stabilizzate per il trasporto, in molti casi anche per una semplice movimentazione interna allo stabilimento di produzione. «Il film estensibile – specifica Forni - oltre a una facile applicazione a freddo e un’ottima tenuta meccanica alle sollecitazioni dovute alla
movimentazione, si pone anche come eccezionale antifurto. Un pallet ben fasciato con la parte finale del film estensibile ben saldato diventa di fatto inviolabile o quanto meno le eventuali violazioni sarebbero bel visibili e facilmente controllabili. Per questi motivi le nostre macchine sono state progettate e Atlanta Stretch rispondono a pieno a una clientela che spazia ha la sede a Poggio Berni (RN) in tutti i settori; dall’alimentare al chimico, al- www.atlantastretch.com l’edilizia, ai piccoli e grandi imbottigliatori, il conserviero e gli elettrodomestici». Tra i mercati più importanti per l’azienda riminese c’è la Germania. «Questo se prendiamo in considerazione la globalità della nostra produzione, le macchine automatiche e le semiautomatiche. È in questo paese infatti che hanno sede alcune delle importanti aziende che integrano le nostre macchine automatiche nelle loro linee. Stiamo inoltre consolidando e implementando costantemente i mercati dei paesi nei quali hanno sede le nostre filiali che, oltre la citata Germania, sono la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, la Svezia, l’Australia e dal 2012 anche la Russia che sta esprimendo numeri importanti in termini di macchine vendute. Nel corso degli ultimi tre anni anche la Turchia si è rivelato un mercato molto importante per la nostra intera gamma di prodotti. Siamo presenti comunque su tutti i mercati che ❯❯ EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 61
INTERNAZIONALIZZAZIONE
❯❯ richiedono la stabilizzazione delle merci da trasportare. Naturalmente il grado di penetrazione e riconoscibilità del marchio non è uguale in ogni paese, non dimentichiamo però che il nostro primo bilancio lo abbiamo chiuso al 31 dicembre 2005 e che il 2012 si chiuderà con quasi 2000 macchine vendute e fatturate e un portafoglio di ordini che ci obbliga a predisporre un budget 2013 con un ulteriore aumento di produzione e fatturato superiore al 40 per cento rispetto all’anno in corso». Affianco ai buoni risultati sull’export, non corrisponde altrettanta soddisfazione per quanto riguarda il mercato interno. «Gli investimenti sono pochi e non solamente per quanto riguarda le macchine automatiche, ma anche per le semiautomatiche che non prevedono certamente investimenti importanti. Ci troviamo certamente di fronte alla crisi più lunga e dura che la mia vita professionale ricordi. Abbiamo certamente una strategia per ampliare il nostro raggio d’azione, non abbiamo mai nascosto il nostro obiettivo di diventare il primo costruttore Europeo di macchine per l’applicazione del film estensibile entro il 2015 e uno dei primi due al mondo entro il 2017. Il nostro piano a cinque anni sottoscritto in questi giorni con importanti partner internazionali, fissa tutte le tappe del percorso che prevede da un lato un grosso incremento della rete distributiva, dall’altro un inizio scaglionato della produzione delle nostre semiautomatiche in alcuni paesi strategici». Nella politica commerciale dell’Atlanta Stretch c’è la scelta di lasciare le macchine semiautomatiche alla rete di distributori, una decisione che sembra aver premiato l’azienda. «Il provvedimento nasce dalla necessità di fornire al cliente assistenza e ricambi nel più breve tempo 62 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
possibile. La vendita di questo tipo di macchina attraverso una rete di distributori è non solamente centrata, ma è l’unica possibile non solo per noi. Piuttosto sono i nostri brevetti, la progettazione semplice ed efficace, la scelta dei componenti e le caratteristiche generali delle nostre macchine che non sono mai casuali ma sempre studiate in base a reali necessità». Come per tutti i settori anche quello dell’estensibile costituisce un obiettivo appetibile, sia per i costruttori cinesi che per quelli di paesi considerati emergenti. «Il numero delle macchine semiautomatiche vendute nel mondo – sottolinea Forni - è certamente molto interessante per quei costruttori, come i cinesi, che proprio nelle quantità e nella ripetitività possono far pesare il basso prezzo della loro mano d’opera e di alcuni componenti. In effetti i
Angelo Forni
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Siamo alla definizione finale di un nuovo robot “Sfera”, che avvolge il pallet girandogli intorno e seguendone il profilo, con importanti innovazioni che stiamo brevettando
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loro listini si distinguono per i prezzi estremamente bassi rispetto a tutta la concorrenza. Ciò nonostante, non considero ancora particolarmente pericoloso il concorrente cinese, ancora troppo distante da quel concetto di qualità che, quantomeno in Europa, è richiesto e incontra il consenso del cliente. Altro discorso invece riguarda i nuovi costruttori di paesi come ad esempio la Slovacchia, la Slovenia o l’Ungheria che hanno tradizione e conoscenze tecniche importanti, mano d’opera a costi estremamente contenuti e sono anche fisicamente molto vicini al cuore del mercato Europeo. Non abbiamo invece al momento costruttori concorrenti nel nostro settore in paesi come l’India o il Sud America, anche se il mercato in questi paesi ha cominciato a richiedere macchine e nella nostra ancor breve storia abbiamo cominciato ad esportare». Tra gli obiettivi che Atlanta Stretch si pone per continuare a competere ci sono l’industrializzazione e la modularità spinta. «Si tratta di due facce della stessa medaglia; quello che si vuole ottenere con l’industrializzazione è l’ottimizzazione di componenti e di gruppi attra-
verso la continua ricerca di migliorie tecniche e di processo, che conducano al costante vantaggio sia dal punto di vista qualitativo che da quello economico. Con la modularità è possibile ottenere una semplificazione nella gestione della produzione, riutilizzando degli stessi componenti e gruppi su macchine di diverso tipo, ottenendo così la possibilità di realizzare nuove funzioni implementando il nuovo modulo e componendolo con altri moduli già esistenti nel sistema». Aspetti che hanno bisogno di continui investimenti in R&D. «Il 3 per cento del nostro fatturato viene speso in ricerca e sviluppo, inteso come costo di ufficio tecnico e realizzazione di prototipi. In questo momento stiamo lavorando alla progettazione di due nuove linee di macchine automatiche, a braccio rotante e a tavola rotante completamente derivate dalla serie della semiautomatiche. Contemporaneamente siamo alla definizione finale di un nuovo robot “Sfera” (la nostra macchina semovente che avvolge il pallet girandogli intorno e seguendone il profilo) con importanti innovazioni che stiamo brevettando. Il robot non rappresenta per noi la macchina più importante della gamma anche se nel 2012 ne abbiamo messi sul mercato 500 esemplari, ma rappresenta per il sottoscritto l’inizio dell’avventura nel mondo delle macchine per l’applicazione del film estensibile iniziata nell’anno 1982».
Sopra, un’immagine di Sfera
EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 63
Una politica prudente che mira all’estero unione “fa sempre la forza”, anche e soprattutto dopo cinquant’anni di attività e nel contesto di un mercato interno che porta realtà di piccole dimensioni a puntare all’estero. Come rileva Fausto Sdraulig, titolare dell’omonima Torneria Meccanica, l’internazionalizzazione rappresenta un obiettivo da conseguire mantenendo i capisaldi su cui si basa la mission aziendale: flessibilità, attenzione alle innovazioni tecnologiche, ma, soprattutto, ai rapporti umani, aspetto questo, fondamentale per valorizzare le competenze del personale e, al contempo, fidelizzare i clienti. Con queste credenziali, la torneria, nata nel 1963 come Sarti e Sdraulig Snc, per volontà degli allora soci Dino Sarti e Onorino Sdraulig, affronta le nuove sfide del mercato.
L’
In questa pagina: Fausto Sdraulig, titolare della Sdraulig Srl, con il padre Onorino. Nella pagina successiva: un momento di lavoro nell’azienda che ha sede a Borgonuovo di Sasso Marconi (BO) tm.sdraulig@gmail.com
A mezzo secolo dalla fondazione della Sdraulig, la professionalità, mai disgiunta alla cura dei rapporti umani, supporta la politica dei “piccoli passi” rivolta all’estero. Il punto di Fausto Sdraulig Anastasia Martini
Nel 2013 taglierete il traguardo dei 50 anni di attività. Come avete affrontato le evoluzioni del vostro settore? «L’anno di fondazione dell’attività si colloca in un’epoca di espansione economica che ci ha fornito le opportunità per crescere. La produzione di allora veniva effettuata con macchine utensili manuali che, oltre a comportare fatica fisica, esponevano l’utilizzatore a rischi di infortunio derivanti dall’assenza di una regolamentazione sulla sicurezza. La clientela era composta da poche unità e spesso le piccole aziende come quella fondata da mio padre Onorino, costituivano il reparto esterno di grossi clienti locali. Negli anni le esigenze del nostro settore sono cambiate dra-
Fausto Sdraulig
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La partecipazione a realtà collettive ci permette di aderire a programmi d’internazionalizzazione rivolti alle Pmi
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sticamente; a tali mutamenti la nostra azienda è riuscita a far fronte con una politica “dei piccoli passi”, ovvero attraverso un attento controllo dei costi e investimenti mirati, l’aggiornamento sull’innovazione tecnologica, la flessibilità e il connubio tra professionalità e valorizzazione della componente umana nella gestione del personale e dei clienti. Valorizzare la componente umana, significa infatti valorizzare le competenze dei dipendenti e consolidare la fidelizzazione dei committenti». Quali mercati vi hanno permesso di conquistare, queste strategie, e in quali trovate difficoltà a inserirvi? «A oggi i nostri clienti sono italiani che lavorano principalmente per il mercato estero. Il mercato nazionale è fermo, ragion per cui l’estero rappresenta un’opportunità che le nostre ridotte dimensioni ci impediscono di cogliere come investimento diretto. Tuttavia, la presenza in un consorzio di aziende e l’associazione alla Cna Bologna, ci permettono di aderire a programmi finalizzati all’internazionalizzazione delle piccole imprese, dandoci un’occasione per farci conoscere fuori dai confini nazionali». A proposito del consorzio cui avete partecipato e che è stato appoggiato da Cna: quali sono le sue caratteristiche e che cosa vi ha permesso di realizzare? «Nato nel 2006, il consorzio, a struttura verticale, ci ha permesso di unirci ad altre realtà pro-
duttive dei settori della meccanica e della plastica per realizzare lavori basati su progetti condivisi, come un’importante linea di taglio automatizzata. La crisi degli ultimi anni ha però ridotto le nostre aspettative e gli impegni nel consorzio, anche se periodicamente vengono realizzati incontri costruttivi per analizzare il mercato». Quale bilancio può trarre dal fatturato e dall’attività della Sdraulig? «Il 2012 si chiuderà positivamente per l’azienda, registrando un fatturato in linea con l’anno precedente, ma con numeri ben lontani dai record storici del 2008. Tra i principali risultati conseguiti, oltre al consorzio, abbiamo il recente ricambio generazionale, il conseguimento e mantenimento della certificazione di processo, il riconoscimento di “impresa eccellente” nel 2006, per la gestione del personale, come già detto, uno degli aspetti centrali della nostra attività». Cosa vi prospettate per il 2013? «Guardiamo al 2013 con fiducia, in particolare sul versante della fidelizzazione della clientela. Stiamo pianificando nuovi e importanti investimenti sia sul fronte del personale, con l’inserimento di una nuova risorsa, che sul fronte tecnologico, con l’intento di ampliare l’offerta delle nostre lavorazioni. Il tutto nel quadro della politica “dei piccoli passi”». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 65
Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network
recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il mercato bri-
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tannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo sistema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette di offrire tariffe semplici
Palletways Italia Spa - Via Pradazzo, 7 - 40012 Calderara di Reno (Bologna)
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e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume». A quali settori merceologici vi rivolgete? «Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esigenze molto diverse ma è particolarmente competitivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiple». Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: Economy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo dell’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di rimborso delle spese di spedizione – anche per le merci ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto espresso a proporre standard di servizio così elevato».
www.palletways.com
Come riuscite a proporre un servizio altamente qualitativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i nostri indicatori di performance».
Concessionario per l’Emilia-Romagna: Ratio Sistemi FC - RA - FA CFT - Consorzio Ferrara Trasporti FE - RO TopCo BO TopCo MO Racchetti Mediotrasporti CR - LO - PC - MI ATF RE S.M. Logistica SM - RN -PU Accorsi Trasporti & Logistica PR CFP Soc. Coop. RE
MODELLI D’IMPRESA
Comunicazione globale, vantaggi e prospettive Traduzioni, transcreation, desktop publishing. Conoscere e adattarsi al complesso mondo della comunicazione può essere la chiave per il successo nel mercato contemporaneo. Il punto di Cesare Zanni di Omnia Group Federico Pianzola
untare sulla comunicazione può offrire ottime possibilità di crescita per le aziende. Il successo, però, è legato alla capacità, da parte degli esperti del settore, di saper cogliere le esigenze comunicative delle aziende sui vari mercati. È il caso dell’Omnia, azienda di servizi linguistici con sede centrale a Sassuolo. «Attualmente, la nostra azienda – afferma l’amministratore unico Cesare Zanni - grazie all'offerta di servizi di comunicazione globali integrati, è una delle due società di traduzione in crescita nel Sud Europa, a fronte di una recessione molto forte in tutta l’area mediterranea». Quale bilancio può trarre dall’attività del Gruppo Omnia relativamente all’ultimo biennio? Quali sono stati i risultati più significativi? «In questi ultimi due anni abbiamo consolidato la nostra leadership tra le più grandi aziende del settore dei servizi linguistici. Proprio recentemente siamo stati collocati al 57° posto nella classifica mondiale “The Top 100 Language Service Providers”, stilata dall’autorevole Common Sense Advisory e relativa alle prime cento società di traduzione per volume d’affari. Un risultato apprezzabile se si considera che sono state esaminate su scala internazionale circa 30 mila aziende del nostro settore». Una crescita media annuale del 35 per cento circa è decisamente in controten-
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denza rispetto all’andamento generale del mercato. Su quali aspetti ha puntato il Gruppo per ottenere questi risultati? «Oltre ad aumentare i fatturati, siamo stati tra i pochi che hanno continuato ad assumere e ad aprire nuove filiali. Sono risultati che abbiamo potuto raggiungere grazie a un approccio basato su competenza, innovazione e trasparenza. Chi viene da noi può contare su traduzioni fatte da professionisti esperti che si avvalgono di supporti tecnologici all’avanguardia. Inoltre, i clienti possono monitorare costantemente in tempo reale l’andamento finanziario e produttivo dei loro progetti, at-
Cesare Zanni, amministratore unico di Omnia Group www.omnia-group.com
Cesare Zanni
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I traduttori sono integrati grazie alla nostra piattaforma online in continua evoluzione che collega centinaia di utenti simultaneamente
traverso applicativi di business intelligence. Oltre all’Italia, dove operiamo da circa trent’anni, una buona parte del nostro fatturato deriva dai paesi anglosassoni e scandinavi. Sono mercati difficili e maturi, ma attenti alla qualità». Negli ultimi anni il gruppo si è ampliato, aprendo nuove sedi all’estero (UK, Francia, Germania, Norvegia e recentemente Usa). Quali sono le scelte strategiche alla base della decisione di aprire filiali proprio in questi Paesi? Avete in previsione di espandervi ulteriormente? «Al momento intendiamo soprattutto consolidarci nei mercati dove abbiamo aperto le nostre sedi. Si tratta di paesi altamente sviluppati dove vi è una massiccia presenza di aziende che esportano i loro prodotti e che, quindi, necessitano maggiormente dei nostri servizi. Abbiamo privilegiato soprattutto città caratterizzate dalla forte presenza di poli tec-
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nologici, distretti finanziari e grandi gruppi industriali, come il caso di Detroit, cuore dell’industria automobilistica americana». Un aspetto fondamentale per la vostra attività è quello tecnologico. Vi avvalete non solo di tecnologie esistenti in commercio, ma anche di strumentazioni da voi sviluppate. Quali sono, nello specifico, queste ultime? «I traduttori sono integrati grazie alla nostra piattaforma online in continua evoluzione che collega centinaia di utenti simultaneamente, sia per lavorare individualmente che come gruppi di lavoro virtuali, garantendo massima coerenza e produttività. Inoltre, sviluppiamo software per la gestione delle pubblicazioni tecniche, e software che, basandosi sull’uso dei linguaggi controllati, migliorano la comprensione dei testi tecnici creati dai redattori, eliminando ambiguità e riducendo all’essenziale i contenuti». Quali sono le prospettive dell’azienda per il 2013? Quali obiettivi e sfide attendono il Gruppo Omnia nel breve periodo? «Il nostro obiettivo principale per il 2013 è di mantenere l’attuale trend di crescita, magari con un incremento del business nei mercati oltreoceano. Ciò sarà realizzabile solo se saremo in piena sintonia con le necessità delle aziende, facendoci accettare come un partner propositivo ed efficiente che supporta il cliente nelle scelte strategiche di spesa». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 69
MODELLI D’IMPRESA
La galvanica diventa green Il settore della galvanica punta tutto sulla sostenibilità per rilanciarsi. Galvanica Nobili, azienda modenese specializzata in cromatura dura a spessore, ha vinto la sfida. Moreno Ghiaroni, presidente del Cda, racconta come Lorenzo Brenna
l settore della galvanica italiana è all’avanguardia nel panorama mondiale. Il mercato in questo momento viaggia su due binari: ci sono aziende che stanno riprendendo il lavoro in modo consistente con fatturati in forte crescita e altre, invece, in continuo declino. Le sfide imposte dal mercato consistono nel creare il prodotto migliore nel tempo più rapido possibile e con il minor impatto ambientale. Questa sfida la sta vincendo Galvanica Nobili. L’azienda modenese è specializzata nella realizzazione di riporti di cromo duro a spessore, rettifica e lucidatura su acciai normali, acciai inox, rame e bronzo. Galvanica Nobili dà alla tutela dell’am-
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Fasi di lavorazione alla Galvanica Nobili di Marano sul Panaro (MO) www.galvanicanobili.it
biente un ruolo di fondamentale importanza per la crescita dell’azienda stessa. La sostenibilità diviene così un’opportunità, un impegno etico per un ambiente migliore. «Cerchiamo di promuovere un nuovo modello di impresa – spiega Moreno Ghiaroni, presidente del CDA di Galvanica Nobili - non più parassita ma in simbiosi con il territorio e l’ambiente che la circonda. Da molti anni la responsabilità sociale d’impresa è alla base della nostra evoluzione e la sostenibilità ambientale è uno dei punti cardine della nostra politica aziendale. La maggior parte delle aziende galvaniche sta maturando la convinzione che questa sia la strada giusta da seguire, sospinte anche da
Moreno Ghiaroni
normative di cui viene imposto il rispetto. Il processo di miglioramento, iniziato nel 2007, vede nella certificazione EMAS uno degli obbiettivi più ambiti e la naturale prosecuzione del processo di certificazione dello stabilimento e dei processi in esso attuati a tutela del personale impiegato, della popolazione e dell’ambiente». Fra le iniziative intraprese spicca la rigenerazione di particolari cromati in alternativa alla loro sostituzione, in modo da allungarne il ciclo di vita. Molto importante, inoltre, è stata l’installazione dell’impianto di trattamento acque reflue a resine a scambio ionico, che ha sostituito quello con processo chimico-fisico. Il nuovo impianto ha permesso un notevole abbattimento dei costi di gestione e il riciclaggio di tutte le acque di lavaggio provenienti dall’impianto di trattamento. Non c’è innovazione senza collaborazione e confronto, ne è convinto Moreno Ghiaroni. «Ho sempre creduto nella collaborazione e nella condivisione di idee e risultati. Questo concetto è stato sperimentato con successo soprattutto all’interno di Assogalvanica ed Ecometal dove ho incontrato colleghi estremamente preparati che mi hanno aiutato moltissimo a crescere, sia dal punto di vista imprenditoriale che professionale». Oltre che sulla tutela dell’ambiente la Galvanica Nobili punta sulla qualità e l’elevata velocità di consegna. «È un obiettivo perseguito fin dal 2005 – conferma Moreno Ghiaroni - quando il passaggio generazionale messo in atto nella nostra azienda ha consegnato a me e all’altro
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Cerchiamo di promuovere un nuovo modello di impresa non più parassita ma in simbiosi con il territorio e l’ambiente che la circonda
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amministratore, Sandro Tacconi, le redini della Galvanica Nobili. Entrambi eravamo convinti che fossero le carte vincenti per identificarci in un settore sempre più alla ricerca di fornitori qualificati. E i risultati sono arrivati: abbiamo raggiunto la certificazione del sistema di gestione della qualità ISO 9001 e anche quella ambientale ISO 14001 e ad ottobre 2011 la certificazione EMAS, il sistema comunitario di ecogestione a cui possono aderire volontariamente le imprese che desiderano migliorare la propria efficienza ambientale». Abbiamo chiesto infine al presidente di Galvanica Nobili se ricerca e sviluppo possono fornire soluzioni in grado di aprire nuove frontiere ai trattamenti superficiali. «Restando nella galvanica, e in particolare nel nostro segmento di mercato, negli ultimi anni non ci sono state evoluzioni eclatanti. Si sono tuttavia affacciate tecnologie alternative interessanti, quali thermal spray, Hvof, Pvd, Cvd, che però trovano applicazione soli in comparti estremamente specializzati dove il costo del trattamento stesso, spesso elevato, non è una discriminante. Galvanica Nobili rimane comunque attenta all’innovazione tecnologica al fine di poter ampliare, in futuro, il servizio per i propri clienti. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 71
MODELLI D’IMPRESA
Diversificazione e flessibilità produttiva l settore del riscaldamento, della ventilazione e del condizionamento deve affrontare numerose sfide. L’attuale crisi economica rappresenta una pressione crescente, sostenuta da una legislazione sempre più rigida e da richieste di maggiore sostenibilità da parte dei clienti. Con le loro conoscenze e i loro macchinari Gian Marco e Andrea Bonacci, alla guida della Bonacci Profilati, impresa di famiglia da oltre mezzo secolo legata agli impianti di trattamento dell’aria, hanno saputo affrontare le difficoltà di un mercato che cambia. Quali criticità si pongono e quali strategie attuate per superarle? GIAN MARCO BONACCI «La nostra azienda si occupa della lavorazione della lamiera, nello specifico stampaggio e profilatura a freddo della lamiera adatta a costruire un sistema moderno per
I Gian Marco e Andrea Bonacci titolari della Bonacci Profilati Srl di Modena www.bonacciprofilati.it
Il mercato italiano dei componenti per impianti di trattamento dell’aria punta su diversificazione e forniture personalizzate. L’esperienza nel settore di Gian Marco e Andrea Bonacci per ridurre gli sprechi e limitare i costi Viviana Dasara
la realizzazione delle flange di giunzione dei tubi che compongono gli impianti di trattamento dell’aria chiamati aeraulici, quelli cioè che hanno lo scopo di garantire un corretto ricambio d’aria agli ambienti contribuendo alla climatizzazione, ventilazione e riscaldamento. La parte più difficile al momento è legata alla gestione del magazzino e quindi all’organizzazione della logistica e alla riduzione dei costi di trasporto, problema molto sentito visto che consegniamo i nostri prodotti ai clienti dall’Alto Adige alla Campania. E in questi tempi di crisi c’è sempre molta fretta di ricevere il materiale. Per superare le criticità puntiamo principalmente sul mantenere una struttura flessibile, cercando di adattarci a tutte le esigenze». Avete risposto alla crisi con la diversificazione. ANDREA BONACCI «Il nostro è un semilavorato, oltre al prodotto standard realizziamo anche prodotti su misura o quasi finiti e diversifichiamo l’offerta anche con altre lavorazioni e stampaggi su ordinazione fornendo profilati e accessori anche ad aziende operanti nei settori dei serramenti e dell’agricoltura. Inoltre, siamo impor-
Gian Marco e Andrea Bonacci
tatori della tedesca Metu System, sempre nel campo del condizionamento, di prodotti e accessori che rivendiamo in esclusiva in Italia. Abbiamo puntato molto sull’automazione e siamo sempre pronti a cogliere nuove sfide. Quest’anno è nata la Bonacci Immobiliare che si occupa di acquisto, ristrutturazione e locazione di immobili commerciali. Questa è stata un po’ la nostra risposta alla necessità di diversificare gli investimenti». Quanta attenzione viene riposta, e quanto si investite, in ricerca, innovazione e sviluppo? G.M.B. «Il nostro, quello dell’aria, è un campo molto all’avanguardia, in continua evoluzione e che per anni è stato piuttosto trascurato. Attualmente le normative di settore impongono un aggiornamento continuo e si dedica sempre maggiore attenzione alla qualità del prodotto che deve essere idoneo ad un corretto ricambio d’aria agli ambienti, pensiamo a cinema, ospedali, centri commerciali e scuole». A.B. «Ultimamente l’interesse verso le fonti di energie rinnovabili ci ha spinto a prendere in considerazione un investimento dedicato alla realizzazione di un impianto fotovoltaico capace di generare l’energia alle nostre linee di produzione». Su quali mercati siete operativi principalmente? G.M.B. «Generalmente ci manteniamo nell’ambito europeo nei settori riscaldamento, energie
rinnovabili, condizionamento e refrigerazione e partecipiamo alla fiera di settore Expoconfort, che si tiene a Milano nel mese di marzo ogni due anni, sia per ottenere più contatti sia per poterci espandere anche verso l’estero». Quali le prospettive per il 2013? A.B. «Inevitabilmente gli ultimi anni sono stati difficili anche per noi. Il calo generalizzato degli ordinativi e l’aumento delle insolvenze sono ormai dati risaputi tuttavia, partendo dal presupposto che in questo momento è molto difficile fare previsioni e c’è molta cautela nel fare nuovi investimenti, bisogna continuare a impegnarsi nel realizzare nuovi prodotti che soddisfino sempre meglio le richieste dei clienti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 73
MODELLI D’IMPRESA
L’innovazione dei processi Innovare i cicli produttivi, introducendo soluzioni volte a ottimizzare i tempi di realizzazione, mantenendo inalterata la qualità degli articoli, è un modo per far fronte a una situazione altalenante per le materie plastiche, come rileva Andrea Pantieri Anastasia Martini
La Virem Srl ha sede a Modena www.virem.com
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na situazione altalenante, registrata dagli addetti ai lavori, sostenibile attraverso un accorto impiego delle risorse aziendali e attingendo soprattutto ai vantaggi delle tecnologie informatiche e all’ottimizzazione dei tempi di lavorazione. Il discorso vale soprattutto per quei settori che devono portare a termine le commesse in tempi sempre più ristretti, mantenendo inalterata la qualità e i costi degli articoli. È il caso delle aziende stampaggio ad iniezione delle materie termoplastiche per conto terzi, che rivolgono la produzione principalmente all’industria meccanica e meccatronica, dove, come spiega l’ingegner Andrea Pantieri, responsabile tecnico della Virem «le principali esigenze sono fornire prodotti di elevata qualità a prezzi competitivi e con richieste di Lead Time in costante calo. Per rispondere appieno a queste, ci siamo dotati di software gestionali all’avanguardia, che permettono di monitorare in tempo reale lo stato di avanzamento dell’ordine. Inoltre, per minimizzare i tempi morti tra le varie fasi del processo di trasformazione, abbiamo rivisto il lay out del reparto stampaggio e l’organizzazione del lavoro, per evitare al cliente di sostenere una spesa su attività non strettamente necessarie allo sviluppo di un valore aggiunto». Per la società modenese, attiva da 35 anni nello specifico segmento di mercato, in particolare per l’automotive, l’elettronico, l’illuminotecnica e la componentistica industriale, l’adozione di queste contromisure ha permesso di sostenere una situazione di mercato interno critica, che riguarda soprattutto alcune produzioni cicliche, influenti sull’andamento del fatturato, registrato come altalenante. Nell’ottimizzazione dei cicli produttivi, vincente è stata l’introduzione
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Andrea Pantieri
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Nostro fiore all’occhiello è la guarnizionatura Fipfg, un sistema automatizzato di sigillatura fortemente innovativo
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dell’innovativa guarnizionatura Fipfg (formed-in-place-foam-gasket). Questo sistema – spiega l’ingegnere – depositando direttamente sul pezzo plastico o metallico il poliuretano espanso, consente di raggiungere livelli di protezione dalla penetrazione di acqua e polvere non raggiungibili coi metodi tradizionali (ad esempio guarnizioni fustellate e O-Ring), oltre a facilitare le operazioni di assemblaggio per questi particolari. Accanto a questo sistema, ne introdurremo altri, studiati di recente in collaborazione con i nostri fornitori di compounds e che riguardano l’utilizzo di particolari tecnopolimeri per raggiungere livelli di resistenza alle sollecitazioni meccaniche paragonabili a quelli dei metalli e per resistere a forti stress termici». Le tecnologie dei processi produttivi sono un motore mobile per la società, come sottolinea il responsabile tecnico della società «possediamo un parco macchine da 35 a 520 tonnellate in grado di stampare particolari da pochi decimi di grammo fino ad oltre 2 kg; le presse sono controllate da microprocessori che, adeguatamente programmati, consentono un’elevata affidabilità del ciclo produttivo e una qualità ottimale del prodotto finito. Inoltre, le tecnologie Cad-Cam di ultima generazione garantiscono una forte sinergia tra l’ufficio tecnico e il reparto costruzione stampi, assicurando in questo modo la realizzazione delle attrezzature più
adatte al processo di trasformazione della materia prima in prodotto termoplastico. La nostra azienda realizza sia i particolari estetici che quelli strutturali, puntando particolarmente alla partnership con il cliente, con cui sviluppiamo il progetto fin dalla fase di ideazione del manufatto, fornendo assistenza nei disegni tecnici, prototipi sinterizzati e nella scelta del polimero più adatto alle specificità dell’applicazione». Per il futuro, le idee e gli obiettivi sono chiari. «Siamo presenti per il 90 per cento sul mercato italiano, – conclude Pantieri – ma stiamo adottando iniziative che ci consentiranno nel medio periodo di acquisire una significativa quota di fatturato anche in Europa. L’obiettivo per il futuro è fornire un sempre maggiore supporto tecnico al cliente, instaurando un rapporto di partnership, in quanto intendiamo arrivare alle soluzioni e ai prodotti realizzate prima che sia il cliente stesso a chiederle». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 75
MODELLI D’IMPRESA
L’utensileria cerca nuovi canali di promozione Diversificare l’offerta e puntare a nuovi strumenti e forme di promozione, sono strategie illustrate da Riccardo Martinelli, nel quadro di una situazione congiunturale bloccata Anastasia Martini
a rete sociale, a rete commerciale: Facebook è una miniera di soluzioni ancora da esplorare, in particolare sul fronte del marketing. E in questi ultimi anni, forse sotto la spinta di una crisi che sta portando a rivedere le strategie di comunicazione, molte aziende si sono rivolte a Facebook per promuovere l’attività. A scegliere questa vetrina virtuale, la Martinelli Srl, impresa specializzata nella commercializzazione di utensileria e macchine utensili, che oltre al La Martinelli Srl ha sede a Modena web, sta differenwww.martinellimacchineutensili.com ziando la propria offerta per mantenersi competitiva sul mercato. «Considerato il calo consistente di fatturato riscontrato nel 2009 e nel 2010, – chiarisce il titolare, Riccardo Martinelli – possiamo dire che nel biennio 20112012, si è registrato un miglioramento. Purtroppo, rispetto al 2008, i numeri restano bassi, per
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cui occorre andare cauti, malgrado la nostra realtà riesca ad affrontare l’attuale congiuntura. Sicuramente il nostro obiettivo principale è realizzare una vendita buona. Un tempo l’etica lavorativa era sicuramente più radicata, oggi conta prima di tutto incassare, soprattutto nel contesto di un’assenza di liquidità, causata dalla stretta creditizia del sistema bancario». La Martinelli Srl ha già effettuato alcuni passi importanti per implementare l’attività, rivolta principalmente alle aziende del settore metalmeccanico, ovvero piccole e medie imprese che eseguono lavorazioni della lamiera, cui vengono offerti prodotti che vanno dagli impianti di aspirazione, alle macchine utensili, passando per gli impianti di sollevamento, ricambi e assistenza per le stesse macchine, elettroutensili e piccola utensileria e materiali di maggiore consumo. «Finora – continua il titolare – la zona più servita è quella di Modena e provincia, anche se ci stiamo rivolgendo all’Est europeo, dove stanno nascendo aziende nel settore che cercano in Italia l’avanguardia di certi prodotti, per meglio sostenere la crisi. Inoltre per allargare la nostra offerta, ci stiamo orientando a un nuovo settore. Essendo già presenti nel commercio dei gas per saldatura su Modena, inizieremo a breve la commercializzazione anche di gas ali-
Riccardo Martinelli
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Stiamo rinnovando il nostro sito per proporci maggiormente sul web. Per affrontare il declino occorre differenziare nelle proposte e lanciarsi su nuovi mercati
mentari, andando perciò ad inserirci in un mercato, per noi tutto da scoprire». Per l’impresa, l’impiantistica occupa circa il 15-20 per cento del fatturato. E proprio relativamente allo sviluppo di nuovi impianti, si pongono i problemi in quanto, a causa della crisi, la stretta creditizia delle banche non aiuta lo sviluppo di nuovi dispositivi, dato lo scarso accesso ai finanziamenti. «Come già detto –– dichiara Martinelli – per noi diversificare significa poter offrire più servizi possibili nella stessa struttura: infatti, oltre alla vasta gamma di prodotti, disponiamo di tecnici per l’assistenza sulle macchine e di autisti per le consegne a domicilio. Oltre a ciò, ci focalizziamo molto sull’aggiornamento tecnologico e informatico, cercando di stare sempre al passo con i tempi. E, altro aspetto non meno rilevante nella nostra attività, disponiamo di magazzini a movimentazione automatica che ci permettono la gestione di una logistica ina maniera snella ed efficiente». La forte attenzione all’hi-tech, porta la società a congegnare strategie di promozione da sviluppare on-line, sull’onda di un marketing che, in particolare sui social network, si sta rivelando una formula vincente per diverse imprese. «Nell’immediato – con-
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clude il titolare – abbiamo intenzione di rinnovare il nostro sito internet e di proporci maggiormente sul web, creando la pagina Facebook dedicata alla nostra attività. Questo forte del fatto che le reti sociali on line si stanno sviluppando, creando importanti occasioni di promozione. Il tutto per affrontare un mercato in declino, dove occorre differenziarsi nelle proposte e lanciarsi su nuovi mercati». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 77
MODELLI D’IMPRESA
Il futuro della metalmeccanica? L’export e le rinnovabili industria metalmeccanica nel 2012 ha avuto una flessione significativa rispetto all’anno precedente. Anche le previsioni sul futuro prossimo non sono rosee, gli ordini sono calati e produzione e occupazione ne hanno evidentemente risentito. La caduta della domanda interna è in parte bilanciata dalle esportazioni, in particolare quelle rivolte a paesi non comunitari. Le parole d’ordine per ridare linfa al mercato sono sviluppo e diversificazione. «La diversificazione è un valore aggiunto - conferma Oscar Gabelli della Fas - se non ci si adatta l’azienda muore. L’apertura verso nuovi mercati ci ha consentito di portare avanti l’attività». Fas è un’azienda di servizi che opera nel settore metalmeccanico, si occupa di costruzioni, torneria, fresatura e montaggio. «I settori che impegnano maggiormente la nostra azienda sono: energia idroelettrica, industria alimentare, farmaceutica e petrolifera. Il settore che più ci inte-
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Un operatore in un momento produttivo della Fas srl di Varano dè Melegari (PR) www.fas-srl.com
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L’industria metalmeccanica può rimettersi in carreggiata puntando con decisione al settore delle energie alternative e diversificandosi. Oscar Gabelli della Fas analizza la situazione attuale e le criticità che affliggono il mercato Lorenzo Brenna
ressa è l’energia alternativa». L’indirizzamento verso il mercato delle energie “pulite”, che rappresentano giocoforza il futuro, potrebbe essere la mossa decisiva per rimettersi in piedi nonostante la precaria situazione economica attuale. «In questo momento stiamo lavorando sull’energia idroelettrica. In Italia molte società sembrano essersi dimenticate che nella penisola ci sono circa 1.400 centrali idroelettriche, anche se quelle in funzione sono solo la metà. Negli ultimi anni c’è stata un’inversione di tendenza e si è iniziato ad investire con maggior convinzione in questo settore. Attualmente lavoriamo in questo campo indirettamente, il nostro obbiettivo per il futuro è poter entrare nel mercato estero direttamente e mettere in vendita un prodotto di nostra produzione e non “di conto terzi”. Un altro ambito interessante è quello dell’energia eolica. Con i macchinari che abbiamo a disposizione saremmo in grado di produrre particolari adatti per gli impianti che sfruttano l’energia del vento. Purtroppo difficilmente questo settore
Oscar Gabelli
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Il settore che più ci interessa è l’energia alternativa. L’obiettivo per il futuro è poter entrare nel mercato estero direttamente
sarà sviluppato su larga scala, a causa delle le varie problematiche relative all’ambiente, come la tutela del paesaggio e la salvaguardia dell’avifauna». Il settore di riferimento è in difficoltà, abbiamo chiesto a Oscar Gabelli di analizzare la situazione. «Le criticità del momento sono rappresentate dalla scarsità di lavoro e di conseguenza dalla mancanza di liquidità. È nota la chiusura da parte delle banche, non si riesce quindi ad ottenere nessun finanziamento. Dobbiamo andare avanti con le risorse a disposizione e ottimizzarle il più possibile. È dal 2008 che il settore metalmeccanico soffre, quello che mi preoccupa è che la crisi possa prolungarsi. Vedo poca luce in fondo al tunnel per quel che riguarda il prossimo anno. Anche per questi motivi stiamo cercando di immettere sul mercato un prodotto nuovo, in grado di rilanciare l’azienda. Abbiamo progettato uno strumento studiato per ottimizzare il lavoro di manodopera dei muratori. Il problema è che al momento l’edilizia è completamente ferma e il prodotto non avrebbe mercato. Riassumendo, le criticità sono mancanza di fatturato, prezzi sempre più tirati e pressione fiscale insostenibile». Prima della crisi il settore nel quale Fas era mag-
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giormente produttiva era quello alimentare. «È vero, nella provincia di Parma il comparto alimentare l’ha fatta da padrone fino agli ultimi anni - sostiene Oscar gabelli - fioriva la costruzione di macchinari esportati poi in tutto il mondo, tra cui quelli per l’imbottigliamento, per la lavorazione del pomodoro e degli altri prodotti tipici della nostra provincia. Era sicuramente l’ambito più remunerativo, poi con il rallentamento del mercato, ci siamo diretti altrove. Forse sono stato ingenuo a credere che questo settore non avrebbe risentito della crisi, dato che ci lavoravamo da più di venti anni, e non ci siamo adattati prontamente alle nuove esigenze del mercato». Nonostante e, anzi, proprio a causa delle difficoltà, l’azienda emiliana non si arrende e punta ad ampliarsi ulteriormente. «Il nostro scopo è quello di continuare a crescere. Come già detto il settore su cui puntiamo con più forza è quello delle energie rinnovabili, poi l’obiettivo è quello di aumentare il lavoro nel settore farmaceutico, nel quale siamo particolarmente competitivi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 79
MODELLI D’IMPRESA
Il cambiamento parte dalla ricerca l mercato del latte è universalmente in crescita, come lo sono anche le esigenze di tracciabilità, sanità, qualità, efficienza produttiva e rispetto dell’ambiente e del benessere degli animali. Questi sono tutti punti imprescindibili che devono essere sempre tenuti in considerazione nella pianificazione di un business così particolare come quello legato alla zootecnica. Per questo motivo la ricerca è fondamentale al fine di garantire agli allevatori una produzione sicura, accrescendone allo stesso tempo la redditività. Grazie alla lunga esperienza sul mercato delle tecnologie e dei prodotti di allevamento, l’azienda Milkline, situata nel cuore della Pianura Padana, ha maturato una profonda conoscenza delle esigenze dei produttori di latte. Marchio leader nel settore della mungitura, si avvale di esperti aziendali in modo da proporre con continuità soluzioni innovative per l’allevamento di latte in tutto il mondo. «In questi anni – afferma Matteo Ratti, titolare della Milkline Srl di Podenzano (PC) – la nostra politica è stata caratterizzata da forti investimenti nell’ambito della ricerca e sviluppo. Ci
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Ridurre l’impatto ambientale e tenere monitorata la salute degli animali sono fattori che permettono agli allevatori di raggiungere ottimi risultati in termini di qualità e produttività. Matteo Ratti illustra perché è importante investire in ricerca e sviluppo Valeria Garuti
avvaliamo di uno staff qualificato che si occupa di sviluppare nuovi prodotti allo scopo di migliorare le operazioni di mungitura e aumentare la qualità e la redditività dell’allevamento da latte. Il team dedicato al supporto tecnico garantisce il corretto impiego degli impianti, affiancando i diretti utilizzatori. Questo ci ha permesso di ottenere prodotti a elevato contenuto tecnologico. Abbiamo infatti sviluppato nuovi sistemi per la rilevazione automatica della mastite per quarti e per l’accertamento dei calori. Sicuramente una delle tecnologie più innovative è il MilproP4C, il no-
Matteo Ratti
-40% RIDUZIONE IMPATTO AMBIENTALE GRAZIE A STRUMENTI PER LA PREPARAZIONE ESATTA DELLA RAZIONE DI OGNI BOVINO
stro sistema avanzato di controllo della mungitura, che permette di seguire tutte le fasi di questo processo, compreso l’arresto, per singolo quarto e di rilevare le mastiti, sempre per singolo quarto, garantendo così il benessere degli animali. È una tecnologia unica e brevettata da noi, applicabile anche come aggiornamento su installazioni esistenti». Gli investimenti in ricerca e sviluppo saranno ancora più rilevanti ora che Milkline sta sviluppando un percorso ben preciso sul versante estero che ha portato alla costituzione di una Joint Venture con una primaria azienda israeliana. Il risultato di questa collaborazione è stato il deposito del marchio “Healthy Cow 24”, uno strumento che permetterà di condividere le informazioni provenienti dai sensori di monitoraggio posizionati sugli animali. «Si tratta di un sistema molto innovativo anche dal punto di vista dell’alimentazione – continua il titolare – perché permetterà di preparare una razione precisa in funzione delle esigenze di ogni singolo animale, che in questo modo ne guadagna in benessere. Inoltre, studiando a tavolino le razioni alimentari esatte, è possibile ridurre l’impatto ambientale del 40 per cento». Dall’Italia al Giappone, l’azienda piacentina opera
in tutto il mondo e collabora a stretto contatto con università e associazioni locali. A questo proposito è partito quest’anno il “Back to Basic”, un progetto relativo alla ricerca su “aspetti” di base, ma fondamentali nella mungitura, a volte dimenticati a causa della foga nella ricerca di soluzioni tecnologiche sempre più complesse. La competizione sul mercato è attualmente caratterizzata dal fattore tempo, in termini di rapidità e flessibilità delle prestazioni. «Per noi è essenziale – conclude Ratti – l’efficacia dei processi, la loro tempestività, efficienza e miglioramento, in modo da tenere il passo con la concorrenza migliore. Un costante impegno nella formazione e nell’aggiornamento delle attrezzature produttive e degli strumenti tecnologici permette di offrire soluzioni in linea alle esigenze del cliente. In questo senso le certificazioni sono per noi fondamentali e ci permettono di migliorare le prestazioni di tutti i processi e dei conseguenti risultati aziendali».
Al centro, MilproP4C, sistema di controllo della mungitura per singolo quarto con impugnatura Milgrip. Nella pagina precedente, sala mungitura parallela di Milkline www.milkline.com
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MODELLI D’IMPRESA
Dal ceramico, innovazioni green uove tecnologie digitali che hanno contribuito a uniformare le modalità produttive del settore ceramico, fino ad alcuni anni fa, fiore all’occhiello per l’economia emiliana e italiana, ora in sofferenza sia per l’agguerrita concorrenza, che per la crisi. Aziende che riforniscono il settore con macchinari appositi, hanno rivolto la propria esperienza ai settori della green economy. È il caso della GPIII che, specializzata nella produzione di rulli siliconici e nelle macchine per incisione laser, si è orientata a quella del fotovoltaico, mettendo a punto una soluzione innovativa. In cosa consiste il progetto green da voi ideato e quali differenze ha rispetto agli impianti presenti sul mercato? «Il sistema che stiamo producendo è un fotovoltaico a concentrazione. Si tratta di un modello che, impiegando lo stesso principio applicato ai telescopi a doppia riflessione, consente perdite ottiche inferiori rispetto ai
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Gianluca Passerini, amministratore della GPIII Srl, che ha sede a Crevalcore www.gpiii.com
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A fronte di un settore in forte flessione, ci sono realtà che, dalle esperienze pregresse maturate nella realizzazione di macchine destinate al ceramico, si stanno rivolgendo alla green economy. Il punto di Gianluca Passerini Roberta De Tomi
tradizionali e dunque performance più efficienti. Inoltre, la parte superiore dei pannelli, realizzati in vetro temprato, ha una durata superiore nel tempo. I pannelli a concentrazione sono adatti a climi caldi, perché non risentono del riscaldamento come i tradizionali, che quando si scaldano perdono di efficienza. Per eliminare l’inconveniente dell’ombreggiatura, che ricorre nei pannelli posti l’uno accanto all’altro, abbiamo introdotto delle barre basculanti, il che consente l’installazione sui tetti, industriali e non». Di quali collaborazioni vi siete avvalsi per lo sviluppo di questa soluzione? «Si tratta di un progetto iniziato dall’università di Ferrara, con cui abbiamo instaurato un’importante collaborazione, tanto che presso l’ateneo abbiamo uno spin-off con cui si producono strumentazioni di analisi solare». Quali criticità del ceramico vi hanno spinto a diversificare la vostra produzione? «L’orientamento al green è stato reso possibile dalle esperienze pregresse legate alla costruzione delle macchine laser. Il punto critico del ceramico sta nell’introduzione delle tecnologie digitali che hanno portato all’appiattimento di un know-how tecnico, prerogativa italiana. Se in precedenza una piastrella fatta con sistemi tradizionali, faceva la
Gianluca Passerini
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L’orientamento alla green economy è stato reso possibile dalle esperienze pregresse legate alle macchine laser destinate al ceramico
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differenza tra i prodotti italiani e quelli di altre realtà, ora, con il digitale, la resa è la stessa. Stesso discorso per la costruzione delle macchine: composte da testine, per il 75 per cento, prodotte in Cina, nel momento in cui il 70 per cento del costo del prodotto è
appannaggio dei cinesi, diventa rischioso investire in una soluzione di questo tipo». Quali altri progetti avete sviluppato? «La ricerca e lo sviluppo rappresentano il 15 per cento del nostro fatturato. L’innovazione tecnologia è per noi un aspetto importante, tanto che ci siamo avvalsi di altre collaborazioni per mettere a punto prodotti anche rivolti alla ceramica. Un esempio in tal senso è un trattamento fotocatalitico che toglie inquinanti all’aria, messo a punto alcuni anni fa in collaborazione con gli atenei di Ferrara e Torino. Pur essendo un’applicazione valida, a causa della crisi che ha spostato l’attenzione delle imprese su altri aspetti, questa non ha avuto il successo commerciale auspicato». In termini di fatturato, come si traduce l’attenzione all’innovazione? «Nel 2011 ci siamo attestati intorno ai 4 milioni di euro fatturato, cifra che ha confermato la crescita annua del 10 per cento che abbiamo rilevato dal 2007 all’ultimo anno. Attualmente, stiamo registrando una lieve flessione sotto il 10 per cento, ma la crisi non ci sta mettendo in affanno». Quali prospettive e obiettivi avete per il nuovo anno? «Di certo, con l’instabilità che sta caratterizzando il sistema Italia, le prospettive per l’economia non sono positive. Con l’introduzione del nuovo prodotto, per la metà del 2013 abbiamo stimato di incrementare il fatturato di 10 milioni di euro, contando anche su nuovi sviluppi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 83
MODELLI D’IMPRESA
La fonderia punta sulla qualità Il settore della fonderia sta attraversando criticità che derivano dalla concorrenza asiatica, dai costi elevati e dallo spostamento delle produzioni all’estero. Per questo, investire nella qualità e nella formazione risulta ancora più importante. In occasione dei 20 anni di attività dell’azienda ne parlano Roberto e Gianfranco Lenzi Marco Tedeschi
l settore della pressofusione richiede sforzi crescenti ai fini dell'ottimizzazione del sistema aziendale, in un mercato sempre più esigente. Qualità e risparmio non devono per forza vivere in antitesi. «Nel mondo della pressofusione – spiegano Roberto e Gianfranco Lenzi, titolari della Fonderia FAR - la qualità e il servizio hanno assunto un aspetto fondamentale, dal settore automotive al più comune settore consumer. Sono queste le carte da giocarsi in un periodo difficile come quello attuale». Qual è la situazione che osservate nel settore fonderia? ROBERTO LENZI «La situazione del comparto è decisamente grave. Le criticità derivano soprattutto dalla concorrenza asiatica, dai costi elevati, dallo spostamento delle produzioni all’estero. Per questo stiamo mettendo in campo degli strumenti per fronteggiare la crisi; tra questi l’investimento in tecnologia innovativa, conseguente formazione del personale e sviluppo tecnico nella progettazione in collaborazione con i nostri clienti. Recentemente puntiamo anche sulla domotica per analizzare i costi energetici». Quali sono stati i risultati conseguiti durante quest’anno? GIANFRANCO LENZI «Il 2012 è stato, nonostante la crisi, un anno di consolidamento. Un dato
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alquanto significativo è stato il sensibile incremento degli investimenti, con l’acquisto di una nuova isola di lavoro. Abbiamo inoltre riposto grandi somme d’investimento nel settore tecnico in modo da ottenere elevati standard qualitativi. Sviluppo e innovazione sono componenti fondamentali per la nostra realtà per riuscire a mantenere la fetta di mercato che abbiamo conquistato. Un mercato composto al 75 per cento in Italia e al 25 per cento nella Comunità Europea, soprattutto Germania e Francia». Quali sono le prospettive per il 2013? R.L. «Dal 2013 ci aspettiamo un leggero incremento del fatturato. Intendiamo migliorare
Roberto e Gianfranco Lenzi, titolari della Fonderia FAR di Gaggio Montano (BO) www.fonderia-far.com
Roberto e Gianfranco Lenzi
ulteriormente lo standard qualitativo già elevatissimo ed incrementare gli investimenti. Sono inoltre in corso la ristrutturazione e l’ampliamento dei locali aziendali. In progetto c’è anche l’inserimento di nuove figure dirigenziali per ottimizzare la gestione». Potrebbe spiegarci come avviene la colata sotto pressione? G.L. «Si tratta di un procedimento tecnologico per la produzione in grande serie di getti a partire dal metallo fuso, che viene iniettato in appositi stampi con una pressione variabile tra
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Il nostro mercato è suddiviso al 75 per cento in Italia e al 25 per cento nella Comunità Europea, soprattutto Germania e Francia
140 e 400 bar. I getti ottenuti sono esenti da soffiature e hanno un’elevata finitura superficiale; inoltre è possibile produrre getti di forma complessa e di notevole accuratezza dimensionale, con una resistenza meccanica più elevata di quella ottenibile con i metodi tradizionali di fusione. Rimanere al passo con lo stato dell’arte della tecnologia della pressofusione è fondamentale, soprattutto per affrontare il mercato europeo. Per questo circa il 10 per cento del fatturato aziendale viene impiegato in investimenti per nuove attrezzature e nuove tecnologie». Su quali punti di forza potete contare per sfondare anche nel mercato europeo? R.L. «Innanzitutto sul rispetto dell’ambiente. Per questo abbiamo ottenuto la certificazione ambientale Iso 14001. Un altro punto a nostro favore è sicuramente la qualità. Questo ci ha portato a ottenere la certificazione Iso-TS che sarà raggiunta a metà 2013. Ultima, ma non per importanza, è la flessibilità di gestione e di rapporti». Com’è organizzata la struttura? G.L. «L’organizzazione è la nostra forza, possediamo dieci isole di produzione, tutte connesse fra di loro e al sistema informativo, per consentire controllo e monitoraggio real time. Tre impianti per la sabbiatura che consentono una finitura superficiale del pezzo con diversi tipologie di risultati. L’ufficio tecnico per progettazione e costruzione stampi è equipaggiato delle migliori tecnologie come il mold flow per sviluppare e successivamente costruire gli stampi. Sta poi all’ufficio qualità, grazie a tutte le attrezzature per la gestione del controllo in linea e in fase di start-up del progetto, garantire la gestione della qualità nel migliore dei modi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 85
MODELLI D’IMPRESA
Le nuove sfide del tessile Le condizioni di mercato sfavorevoli e i danni del sisma non scoraggiano le aziende del territorio, che affrontano le sfide del mercato con grande volontà e dedizione. L’esperienza di Paolo Zini Anastasia Martini
entre nelle aree colpite dagli eventi sismici che hanno sconvolto la Bassa lo scorso mese di maggio, le popolazioni si stanno mobilitando, denunciando il rischio dell’impoverimento di un intero tessuto economico, le imprese stanno cercando di rialzarsi, mettendo in campo tutte le risorse disponibili. La situazione è però critica, soprattutto per le realtà di piccole dimensioni come Giovani idee, attiva nel pronto moda maglieria e nel confezionamento. Il titolare, Paolo Zini, mette in evidenza diversi problemi, sottolineando come nell’area di ri-
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Paolo Zini, titolare della Giovani Idee Srl di Carpi (MO) gidee@inwind.it
ferimento, siano venuti a mancare anche realtà artigianali legate alle imprese del tessile. Quali sono le principali criticità che state riscontrando nel vostro settore? «Generalmente parlando, l’attuale congiuntura, l’elevata pressione fiscale e la difficoltà di accesso al credito sono i problemi più grossi. Per quanto ci riguarda, le principali difficoltà riguardano l’approvvigionamento delle materie prime. Nelle nostre zone, ad esempio, non esiste più lo stock service delle materie, come non esistono più realtà artigianali dove, oltre all’esperienza consolidata, trovavi anche la disponibilità e la rapidità nella collaborazione». Come hanno influito questi aspetti congiunturali, sull’andamento del fatturato? «Nel biennio 2010-2011il fatturato si è mantenuto stabile. Le previsioni, in chiusura del 2012, non sono positive, poiché il terremoto ha reso inagibile la nostra azienda, costringendoci a un trasloco forzato e immediato, considerando il caos in cui si era piombati nel raggio di 50 km. Ciò ha determinato un fermo della produzione, deleterio per la nostra attività, già gravata dagli influssi della crisi». Quali strumenti o strategie vi hanno permesso di mantenere la vostra posizione di mercato, malgrado la situazione sfavorevole? «Siamo riusciti a mantenere la nostra attività, rimboccandoci le maniche. Insieme si lavora per cercare di realizzare articoli che continuino a essere competitivi, senza compromettere la qualità e l’originalità del
Paolo Zini
design, mantenendoci sempre in linea con le peculiarità di quel made in Italy, che intendiamo continuare a garantire. Inoltre, a parte una linea di proprietà, abbiamo la fortuna di collaborare con grandi imprese del settore». Cosa valorizzate, in particolare, per garantire la qualità dei vostri capi? «Investiamo soprattutto nella ricerca di materiali, nuove tecnologie e tecniche di tintura, nonché nei trattamenti speciali e nei nuovi punti maglia. Inoltre e ancora di più, puntiamo alla valorizzazione delle risorse umane, dando possibilità a stiliste e modelliste di mettere a frutto le loro competenze. Alla base del nostro lavoro, è la collaborazione e la sinergia tra le diverse figure professionali, per affrontare i problemi che ogni giorno si pongono in un ambiente professionale e che, consentono di mettersi in gioco per crescere e mettere a punto soluzioni diversificate». Quali risposte state avendo dal mercato e quali sono le prospettive di sviluppo? «Le migliori risposte ci stanno arrivando dall’estero, in particolare dal Nord Europa. Non
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Investiamo soprattutto nella ricerca di materiali, nuove tecnologie e tecniche di tintura, nonché nei trattamenti speciali e nei nuovi punti maglia
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so a quali esiti si perverrà, tuttavia, mi auguro che il vero made in Italy, quello pensato, disegnato e realizzato nel nostro paese e che da sempre rappresenta un modo di essere, continui a riscuotere l’interesse di vecchi e nuovi acquirenti». Cosa vi prefiggete di realizzare per il nuovo anno? «Nel 2013 speriamo in una lenta risalita, sostenuta dal coronamento degli obiettivi che ci siamo posti: collocarci sul mercato italiano e su quello estero, ampliando il nostro business. La sfida più grande per noi, è far capire i valori che ci sono dietro alla realizzazione dei prodotti: la serietà, l’onestà e l’impegno. Anche a fronte di una congiuntura difficile, a darci la spinta a proseguire è proprio il lavoro». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 87
MODELLI D’IMPRESA
La cultura della piccola impresa Per far crescere la cultura imprenditoriale servono nuovi slanci. Gianni Castaldini descrive un modello disegnato sul territorio e sulla conoscenza del target Viviana Dasara
l settore tessile e dell’abbigliamento costituisce una parte importante dell’industria manifatturiera europea. Ricopre infatti un ruolo cruciale nell’economia e nel benessere sociale di numerose regioni dei ventisette paesi dell’Europa. In un momento di forte contrazione del mercato, la crescita può far leva sul grande patrimonio rappresentato dalle piccole e medie imprese italiane. La società Gianni Castaldini Srl, guidata dall’imprenditore Gianni Castaldini, rappresenta una delle più note realtà imprenditoriali di Parma della distribuzione nel settore abbigliamento al dettaglio uomo/donna. In un contesto familiare, la continua ricerca, lo spirito inno-
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Gianni Castaldini titolare della Gianni Castaldini Srl di Parma www.castaldini.net
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vativo e l’adeguamento tempestivo alle esigenze del mercato hanno portato il brand ad essere sinonimo di qualità, avanguardia e serietà commerciale. Nel settore in cui operate, quali sono le maggiori criticità che affrontate? Quali le strategie per far fronte alla crisi? «Oggi le aziende dovrebbero avere maggiore marginalità soprattutto perché i costi sono aumentati terribilmente e, vivendo un momento storico di forte contraddizione in cui il potere d’acquisto è diminuito, è necessario andare incontro al cliente. In questa prospettiva abbiamo distribuito su tutti gli acquisti di ottobre e novembre un buono spesa pari al 20 per cento dell’importo da recuperare per i regali di dicembre. Per risolvere i problemi, pur andando in controtendenza rispetto alle esigenze di bilancio, puntiamo su una cultura d’impresa orientata alla soddisfazione e quindi alla fidelizzazione». Come fare per consolidare la presenza su un mercato notoriamente dominato dai colossi multinazionali? «Dall’ultimo ventennio le posizioni strategicamente migliori, che un tempo erano occupate da noi piccoli imprenditori, appartengono a catene o multinazionali. Sicuramente nelle varie aziende occorre lavorare per ridurre il più possibile i costi, coinvolgere i propri fornitori per mantenere una buona marginalità senza effettuare un ricarico esagerato. Oggi è difficile diversificare l’offerta, le catene hanno proposte mas-
Gianni Castaldini
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Seguire con attenzione le tendenze del mercato non solamente nell’ambito della moda, ma anche nel potere d’acquisto, oggi è determinante
sificate, un inquadramento e una logica generali e standardizzate. Non ci sono segni distintivi che permettono di avere delle peculiarità in esclusiva, piuttosto quello che fa la differenza per noi è una grande qualità nel servizio. Il titolare può garantire quella credibilità e quel rapporto umano che attualmente torna ad essere un motivo vincente». Da quali nuovi settori, target e mercati attendete i business migliori nel 2013? «L’anno prossimo vivremo probabilmente un clima analogo a quello riscontrato nell’attività commerciale in corso. Però noi piccoli commercianti abbiamo il vantaggio di conoscere gli usi e i costumi della nostra clientela e possiamo adeguare con relativa facilità i nostri assortimenti e le nostre proposte alle richieste specifiche». A proposito di giovani imprenditori quali sono i suggerimenti per sostenerli in un clima di forte incertezza e competizione? «Se non si ha necessariamente l’ambizione di partire con un’attività impegnativa che
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preveda già un certo tipo di fatturato, servono davvero semplici ingredienti come la gentilezza, la cortesia e la professionalità per una sana competizione. La varietà della proposta, unitamente all’elasticità nei cambiamenti e al rapporto umano che si può instaurare con il cliente, sono allo stesso modo armi sufficienti per sentirsi in qualche maniera avvantaggiati. Il suggerimento per il giovane imprenditore è di puntare, senza troppe ambizioni, alla gestione di una bottega non eccessivamente grande, senza bisogno di spese per il personale, e che viva a stretto contatto con il proprio punto-vendita. Seguire con attenzione le tendenze del mercato non solamente nell’ambito della moda, ma anche nel potere d’acquisto, oggi è altrettanto determinante. Le istituzioni dovrebbero ulteriormente essere presenti nell’agevolare nuove aziende fatte da pochi singoli e per la maggior parte in proprio». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 89
MODELLI D’IMPRESA
La meccanica punta sulla tecnologia Lavorare su una programmazione a breve termine, senza rinunciare all’innovazione e all’avanguardia tecnologica. Angelo Vecchiatti fa il punto sulla situazione che deve affrontare il settore meccanico Serena Tudisco
Nell’altra pagina, Angelo Vecchiatti, titolare della Meccanica Vecchiatti di Cento di Budrio (BO) www.meccanicavecchiatti.com
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alo degli ordini d’acquisto, difficoltà di produzione e di strategia, programmazione a brevissimo termine, un mercato difficile da aggredire». La crisi c’è e si sente, nelle parole di Angelo Vecchiatti, titolare della Meccanica Vecchiatti che opera nel settore meccanico dal 1978. Un’esperienza di lunga data, che ora deve fare i conti con problemi nuovi e soluzioni tutte da inventare. Interi segmenti produttivi lottano per la sopravvivenza a causa del rallentamento economico e le aziende si ritrovano ad adottate diverse strategie, contro la staticità che investe il mercato italiano. «Attualmente non abbiamo richieste ben definite di ordini a medio termine, ma solo a brevissimo termine. Questo crea molta indecisione nell’affrontare quotidianamente le principali scelte relative alla produzione e agli investimenti» afferma Vecchiatti. Ogni singola attività, secondo i propri bisogni, è quindi costretta a mettere in pratica una strategia che le consenta di sopravvivere all’interno del mercato. Investire nell’innovazione tecnologica potrebbe essere una delle tante soluzioni. Vecchiatti spiega che la sua azienda «ha vissuto direttamente l’evoluzione tecnologica e di mercato relativa agli ultimi trent’anni vedendo crescere costantemente la struttura organizzativa e il livello tecnologico, all’avanguardia, degli impianti e delle attrezzature. Le lavorazioni che mi vengono prospettate sono sempre nuove e anche dissimili tra loro, per cui
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Angelo Vecchiatti
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Affrontare investimenti di grossa entità oggi è difficilmente attuabile per la scarsa propensione al credito delle banche
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l’azienda è sempre alla ricerca di nuove applicazioni e tecniche di produzione. Dopo la pesantissima crisi di fine 2008, che ha investito i mercati nazionali ed esteri, ho avuto un fatturato maggiore del 25 per cento ogni anno, incrementando sia il personale che le macchine di produzione e collaudo. Sono certo di poter confermare, inoltre, tale aumento anche per l’anno prossimo». Oltre alla qualità e all’avanguardia di un prodotto in questo contesto diventa fondamentale il processo di comunicazione con il cliente. È fondamentale sviluppare un rapporto di fiducia reciproca al fine di condurre un progetto guidato e seguito dalla carta fino alla consegna ottenendo, così, un prodotto finale ottimale che possa sopravvivere in un contesto burrascoso e competitivo. All’interno della Meccanica Vecchiatti, afferma il titolare, «quasi la totalità delle realizzazioni sono sviluppate con la collaborazione dei clienti, per creare un prodotto finale che soddisfi al meglio le aspettative di qualità e funzionalità, in-
dividuando a priori i problemi più ricorrenti che si presentano durante le varie fasi di lavorazione. Il nostro metodo di lavoro prevede che tutti i lavori, che ci vengono commissionati, siano sempre accompagnati in officina da dettagliati cicli di lavoro e piani specifici. Riusciamo a sviluppare piccole attrezzature mirate che permettono di sfruttare al meglio i macchinari aziendali e nello stesso tempo di ovviare alla necessità di affrontare investimenti di grossa entità, oggi difficilmente attuabili per la scarsa propensione al credito delle banche». In questo modo anche le piccole aziende sono capaci di fornire un’assistenza completa al cliente e soddisfarne le necessità al fine di avere maggiore visibilità all’interno del mercato, questo è ciò che si prefissa Vecchiatti: «I miei clienti, facenti parte del settore motoristico, oleodinamico e auto motive, sono tutti italiani ma i prodotti che consegno loro vengono distribuiti in tutto il mondo, sia a livello europeo che internazionale». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 91
Sinergie d’impresa ll’inizio degli anni 60 il distretto industriale modenese vedeva la nascita di parecchie lavanderie a gestione famigliare, le quali avevano come primo obiettivo il servizio di lavaggio conto privati, aziende ceramiche, metalmeccaniche, confezioni e comunità in genere. Nel corso degli anni il settore ha avuto un’economia florida e in continua ascesa, tale da spingere questo tipo di attività a specializzarsi in diversi settori. È questo il caso della lavanderia industriale Antica Modena che oggi è in grado di offrire servizi completi di lavaggio e noleggio di indumenti e biancheria, anche a settori molto differenti tra loro, grazie alla collaborazione strategica con un’azienda dello stesso ambito. Dagli alberghi, agli ospedali, fino alle officine, alle industrie meccaniche e ai privati. «Riscontriamo le domande maggiori dal settore della ristorazione – afferma Daniele Cariani, titolare dell’azienda Antica Modena –, ma anche altre realtà, come officine, ceramiche, comunità e privati, sono molto affidabili e
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In alto, area produttiva nello stabilimento di Antica Modena Srl. A destra, reparto spedizione www.anticamodena.it
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Creare collaborazioni lavorative con realtà settoriali simili può essere utile al fine di mantenere positivo il bilancio. Daniele Cariani racconta la sua esperienza nell’ambito delle lavanderie industriali della realtà modenese Valeria Garuti
difficilmente si fatica ad incassare il compenso delle fatture. Inoltre, organizzando la gestione delle attività assieme alla lavanderia industriale DFC Clean Snc, siamo riusciti a restare sul mercato. Entrambe collaborano in termini di abbattimento dei costi fissi e la sinergia tra le nostre due realtà ha permesso la cura continua e la fidelizzazione dei clienti». Questo settore non fa eccezione, e sta attraversando un momento di criticità economica rilevante, anche se ad un livello inferiore ri-
Daniele Cariani
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Collaborare con aziende dello stesso settore significa abbattere i costi fissi, fornire migliore organizzazione e fidelizzare i clienti
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spetto ad altri. «Diventa sempre più difficile – continua Cariani – soddisfare qualsiasi tipologia di clientela, e sempre più arduo incassare i crediti. Siamo riusciti ad evitare quei clienti che non portavano ad avere margine, ottenendo un leggero calo del fatturato, ma anche di costi e quindi maggiore margine sui ricavi. In questo modo siamo riusciti a riservare maggiore tempo e spazio per curare impeccabilmente e fidelizzare i clienti rimasti, sicuramente meritevoli di attenzioni maggiori. Insieme a DFC Clean investiamo sulla qualità del servizio, curandolo nei minimi particolari dal ciclo produttivo fino alla gestione del cliente. Tra il nostro personale è presente anche un importante apporto di familiari, i quali hanno sicuramente l’esperienza necessaria per fare in modo che la gestione di ogni punto del servizio da noi offerto, sia ottimale». Con un bilancio che rimane positivo anche in questi anni difficili, Antica Modena pone particolare attenzione alla ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente e abbassare i costi di gestione. «Al momento – spiega il titolare – stiamo ampliando e rinnovando tutta la parte di impiantistica e la rete informatica, in modo da comprendere a tutti gli effetti anche l’altra società nei nostri stabili. In più abbiamo acquistato macchine sufficienti alla gestione interna dell’intero ciclo produttivo. I progetti per altre istalla-
zioni sono tanti, tra cui un depuratore delle acque reflue, con riciclo delle stesse e una caldaia a biomasse che sostituirà l’attuale caldaia a gas metano. Infine stiamo progettando di utilizzare pannelli fotovoltaici. Ci auguriamo di realizzare questi progetti a breve, anche se spesso ci accorgiamo che risulta difficile avere l’accesso al credito necessario per il compimento di passi verso innovazioni, sia tecnologiche che ambientali, utili a migliorare le potenzialità dell’azienda». L’obiettivo di Antica Modena è quello di mantenere l’attuale pacchetto clienti, curandolo e seguendolo da vicino. Daniele Cariani conclude: «Ci auguriamo di riuscire a gestire al meglio la riscossione dei crediti, accorciando le tempistiche sia degli incassi sia dei pagamenti ai fornitori, con l’obbiettivo di lavorare sempre meno con il sistema bancario. Vorremmo essere in grado di concludere il 2013 come terminiamo quest’anno, perché, considerando il momento storico che stiamo attraversando, mantenere ciò che abbiamo è già un grande successo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 93
MODELLI D’IMPRESA
Lean organization per i sistemi di trasporto Diversificazione e ottimizzazione dei processi rappresentano per le imprese un cambiamento culturale, che può portare risultati significativi. Il caso della LM Spa spiegato da Marco e Michele Franzoni Serena Tudisco
Da sinistra, Marco Franzoni, titolare della LM Spa Halding System di Modena, e Michele Franzoni, responsabile commerciale www.lmgroup.it
a crisi ha colpito in modo indistinto tutte le aziende italiane e in particolar modo le piccole e medie imprese, tuttavia alcune aziende sono state in grado di reagire prontamente nei confronti delle mutate condizioni di mercato. Hanno sofferto meno quelle aziende che hanno potuto puntare su alcune caratte-
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ristiche distintive e qualificanti, Marco Franzoni titolare della LM Spa Halding System – produttrice di alcune specifiche macchine per il trasporto interno – e Michele Franzoni responsabile commerciale dell’azienda modenese hanno basato la politica interna della propria attività riferendosi a settori industriali abbastanza diversificati, permettendo all'azienda di trasferire le innovazioni da un settore all’altro facendo in modo di essere sempre tecnicamente all’avanguardia nelle proprie nicchie di mercato. La LM, infatti, nasce nel 1974 costruendo sistemi di trasporto per l’industria ceramica, ma dopo pochi anni abbandona il settore ceramico per concentrarsi su altri settori in particolar modo l’alimentare, l’imbottigliamento, la detergenza, il “personal care” e la logistica in genere. La crisi ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo di LM? «Abbiamo saputo valorizzare alcune peculiarità aziendali come l’approfondita conoscenza delle problematiche dei nostri settori di riferimento, l’affidabilità e la flessibilità, cioè capacità di personalizzare il prodotto finito. E infine l’attenzione alle esigenze dei mercati si è tradotta in una buona propensione all’innovazione, sia di piccola che di grande
Marco e Michele Franzoni
portata. Parallelamente abbiamo duramente lavorato all’ottimizzazione di tutti i processi aziendali, abbracciando, per quanto possibile, i principi della “lean organization”, non solo dal punto di vista produttivo, ma anche e soprattutto nella gestione degli uffici. Il cambiamento culturale richiesto a noi stessi e ai nostri collaboratori è stato significativo, ma i risultati si sono visti velocemente. In sostanza ritengo che LM sia ora un’azienda migliore rispetto a prima della crisi». Su quale progetto di innovazione avete lavorato ultimamente? «Abbiamo recentemente affiancato al “Deviatore”, uno dei nostri prodotti principali, una versione ad alto grado di lavabilità e sanificazione, per la cui realizzazione abbiamo dovuto mettere in discussione non solo l’intero progetto della macchina originale, ma anche tutto il processo produttivo. Le caratteristiche ottenute vengono al momento particolarmente richieste, o quantomeno apprezzate, in settori di nicchia e ad alto rischio di contaminazione come il lattiero caseario e la lavorazione delle carni. Tuttavia notiamo una crescente attenzione rispetto a queste problematiche nell’industria alimentare in genere, in particolare da parte delle grandi
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Il cambiamento culturale richiesto a noi stessi e ai nostri collaboratori è stato significativo, ma i risultati si sono visti velocemente
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multinazionali per le quali è fondamentale, da un punto di vista strategico, rassicurare il consumatore sull’assoluta qualità del prodotto venduto e di conseguenza tendono a richiedere standard di fornitura superiori rispetto alle normative vigenti». Come si inserisce LM nel tessuto industriale modenese? «Sicuramente se l’avventura imprenditoriale di LM fosse cominciata da altre parti, lo sviluppo dell’azienda sarebbe stato molto differente. Questo non certo perché nella nostra zona ci sono molti utilizzatori delle nostre macchine (già sono poche quelle che rimangono in Italia, figuriamoci a Modena), ma perché in questa parte di Emilia si è sviluppata un’incredibile competenza, diffusa su centinaia di aziende, riguardo a tutto ciò che concerne le macchine automatiche e in particolare per il packaging, la quale favorisce lo sviluppo di rapporti di fornitura, subfornitura o in generale di partnership da cui tutti, noi compresi, traggono beneficio». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 95
TECNOLOGIE
Cresce la trasformazione tecnologica delle imprese L’IT transformation, la trasformazione su larga scala dei sistemi tecnologici di un’organizzazione, è ormai un processo imprescindibile che corre in parallelo con il cambiamento tecnologico. Il punto di Vanna Zanotti e Claudio Bergamini Viviana Vignola
n questo periodo, uno dei pochi settori che sembra resistere alla crisi è quello informatico. Lo conferma l’andamento positivo anche di realtà locali come Imola Informatica, società romagnola di consulenza e skill transfer che si occupa di architetture tecnico-informatiche per le aziende. Vanna Zanotti e Claudio Bergamini, i due amministratori della società, riferiscono di non aver registrato differenze significative nell’ultimo periodo: «Il nostro andamento conferma una crescita annuale attorno al 15 per cento rispetto all’anno
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Imola Informatica Srl si trova a Imola (BO) www.imolinfo.it
precedente e non ci sembra che ci siano previsioni di discontinuità per il 2013». Un risultato ottenuto, spiegano, adottando contromisure strategiche: «Ci siamo preparati alla crisi investendo su un probabile desiderio da parte dei clienti di concretezza, qualità, miglioramento, efficacia della spesa: i risultati dicono che l’abbiamo fatto adeguatamente e non stiamo affatto sentendo la crisi». Imola Informatica è parte del più ampio Gruppo Imola, un organismo complesso formato sa più società che, spiega Claudio Bergamini, lavorano in
Vanna Zanotti e Claudio Bergamini
modo sinergico e sono in continua evoluzione: «Nel 2012 abbiamo partecipato a una nuova startup (Antreem) che si occupa di User Interaction Design e nuove "engaging interfaces". Le società del gruppo lavorano integrate con Imola Informatica fornendo specializzazione e solidità». La crisi non ha scoraggiato l’azienda dall’investire nella ricerca, come dimostra la fondazione di Sensible Logic, nata dalla convergenza fra Gruppo Imola, Università di Ancona e Net7. «Sensiblelogic», racconta Vanna ZaL’evoluzione del modo in cui si fa IT notti, «è nata con l’obiettivo di favorire nelle imprese è necessaria, poiché Internet l'introduzione delle tecnologie semanha cambiato tutto e continuerà a farlo tiche delle aziende. Ormai le tecnologie sematiche sono un dato di fatto e il loro futuro è legato solo alla capacità nostra e dei clienti di immaginarne utilizzi utili: i campi di applicazione vanno dal saria, poiché Internet ha cambiato tutto e conmodeling di modelli complessi, alla naviga- tinuerà a farlo. Le novità emergono a prescinzione di dati complessi, all’aggregazione e rea- dere dalla nostra volontà. L’IT deve affrontare soning su dati distribuiti, alla contiguità con i queste sfide, che gli piaccia o no. Rifiutare la Big Data». Non a caso, “innovazione e ricerca” sfida significa morire, e le organizzazioni dei sinon è solo una voce che pesa sul bilancio del- stemi informativi aziendali ne sono investiti l’azienda poiché, spiega Zanotti, «per noi è come tutti gli altri», spiega Vanna Zanotti, agdifficile separare l’innovazione dalla nostra at- giungendo quello che ritiene essere il valore agtività corrente che è tutta di innovazione e mi- giunto di Imola Informatica. glioramento. Circa il 20 per cento dei nostri Dato il quadro di partenza, le prospettive per costi è dedicato agli investimenti, che sono il futuro dell’azienda non possono che essere praticamente solo innovazione sperimentata». ottimiste. «Il prossimo anno», concludono ZaRealtà come Imola Informatica rendono an- notti e Bergamini, «continueremo a proporre cora più visibile il cambiamento che ha inve- nuove metodologie organizzative e tecniche stito il mondo delle imprese e che è sotto gli oc- sull’organizzazione dei sistemi informativi, le chi di tutti: l’IT transformation, la roadmap di evoluzione, gli strumenti metodotrasformazione su larga scala dei sistemi tec- logici e tecnici a supporto del governo delle tranologici di un’organizzazione, è ormai un pro- sformazioni e del decision making. Questo è il cesso imprescindibile che corre in parallelo nostro modo di affrontare anche il 2013 percon il cambiamento tecnologico. «L’evoluzione ché non sia solo un buon anno, ma anche un del modo in cui si fa IT nelle imprese è neces- ponte verso un 2014 altrettanto positivo».
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TECNOLOGIE
L’informatica cambia il business nified communication, cloud computing, convergenza, byod: ovvero come l’informatica cambia il business. Per quanto un imprenditore possa sforzarsi di correre, ignorare le nuove possibilità di comunicazione e automatismo equivale a rimanere fermo in relazione al resto del mercato. Per molti i termini cui abbiamo accennato sono frontiere sorpassate da un pezzo, per altri invece concetti sconosciuti. In particolare in Italia il tasso di innovazione tecnologica, soprattutto di questo tipo, rimane piuttosto basso. Secondo Emiliano Papadopoulos, in questo settore da più di dieci anni con la sua Allnet Italia, uno dei motivi alla base della profonda recessione nel paese sta proprio nel basso grado d’innovazione. «La depressione cui assistiamo – dice Papadopoulos – ha messo a nudo le vecchie debolezze italiane che, oltre alla mancanza di uno sviluppo congruo in materia di nuove tecnologie, soffre di una macchina burocratica lentissima. Per non parlare di un certo attaccamento alla sfera locale, di questi tempi inconcepibile: la competizione si svolge a un livello come minimo europeo, se non globale». Eppure gli esempi positivi in Italia non mancano. « Molte aziende hanno compreso il particolare momento storico in cui stiamo vivendo. Il mercato italiano è molto selettivo, per sopravvivere non basta disporre di importanti mezzi patri-
U
Emiliano Papadopoulos, titolare della Allnet Italia Srl che ha sede a Bologna www.allnet-italia.it
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L’informatica offre opportunità di sviluppo alle imprese fino a pochi anni fa impensabili. Emiliano Papadopoulos descrive un mondo ancora troppo sconosciuto in Italia. «Comunicazione veloce e più automatismi per un maggior valore aggiunto» Renato Ferretti
moniali e di un solido know-how. A livello macroeconomico sicuramente la situazione non è delle migliori, ma siamo imprenditori, ottimisti per definizione. Dunque, io penso che il futuro non sia così nero come spesso viene descritto: l’Italia può uscirne e le aziende che sopravvivono ne escono certamente più forti di prima». La sua Allnet si può dire tra le imprese a prova di crisi? «Dal 2001 fino a oggi siamo sempre cresciuti con percentuali a doppia cifra: si parla di circa il 20 per cento quest’anno. Anche il nostro settore ha risentito del periodo, ma abbiamo saputo implementare dei buoni mezzi di organizzazione, dal marketing alla logistica ed abbiamo puntato sui giovani talenti (l’età media della nostra azienda è infatti di 33 anni). La nostra attività, nello specifico, si concentra sulla commercializzazione presso rivenditori specializzati di una vasta gamma di prodotti informatici che vanno dai sistemi telefonici avanzati alla videocomunicazione ed alle infrastrutture di rete . Le Business Unit sulle quali ci focalizziamo dunque non sono poche, ed è forse in questa diversificazione che possiamo identificare uno dei motivi della nostra crescita costante. Penso però che a premiarci sia stata soprattutto la capacità
Emiliano Papadopoulos
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Si possono integrare tra loro tutti i tipi di comunicazione, dalla telefonia alle e-mail, dalle conference ai social network
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di leggere le tendenze in anticipo». Come ci siete riusciti, qual è il trucco? «Abbiamo un preparato team di ricerca e sviluppo che studia le migliori tecnologie per anticipare gli indirizzi strategici da prendere nell’immediato futuro. Inoltre il nostro budget annuo destinato all’innovazione è molto elevato. Questo ci ha permesso di progredire in modo esponenziale in dieci anni. Per effetto di quella che viene chiamata solitamente “convergenza”, per spiegarci con un altro esempio, siamo passati dalla distribuzione di apparati di rete ai prodotti che digitalizzano quanto prima era analogico, come gli apparecchi per la videosorveglianza». Questo tipo di integrazione in che modo aiuta le imprese? «L’economia attuale si muove in maniera velo-
cissima e i cambiamenti si susseguono senza tregua, essere veloci è quindi una necessità. Si sente spesso parlare di unified communication, espressione che descrive una serie di tecnologie che permettono alle aziende di comunicare tra loro e con i loro clienti attraverso un numero maggiore di mezzi e su più supporti. Questo si traduce in una crescente integrazione di mezzi di comunicazione come la posta elettronica, la telefonia, le conferenze e i social network con la comunicazione aziendale. Attraverso un unico sistema, quindi, diventa possibile avvalersi di tutte le tipologie di comunicazione a livello aziendale. Non solo, se i servizi a valore aggiunto devono rimanere agli uomini occorre dunque automatizzare il più possibile i processi, e questo è ora permesso in maniera estremamente efficace dalla tecnologia. In questo modo il nostro personale può disporre di più tempo per poter offrire un servizio e una consulenza sulla base delle richieste dei clienti. Le grandi aziende hanno già implementato queste attività da un paio di anni, e i margini per migliorare sono ampi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 101
TECNOLOGIE
Per una gestione più snella dei processi d’impresa nuovi scenari socio-economici e la nuova regolamentazione nazionale ed europea inducono profondi cambiamenti nella gestione delle aziende e nelle professioni. Di fronte ad una competitività sempre maggiore emerge l’esigenza di nuovi strumenti e di nuove competenze manageriali volte a migliorare la gestione delle aziende e ad ampliare la gamma dei servizi offerti. A questo proposito, Alberto Liverani, presidente dell’azienda piacentina Team Memores Computer Spa specializzata nella fornitura di prodotti e servizi legati all’informatica e alle telecomunicazioni, sostiene che l’Ict è oggi in grado di offrire un grande impulso e un aiuto concreto. «Offriamo servizi diversificati alle imprese che comprendono, tra gli altri, il controllo di gestione, l’archiviazione documentale e la sicurezza. Le Pmi dedicano ancora poca attenzione alla sicurezza in termini di back up e disaster recovery, con il rischio di incorrere in
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Alberto Liverani, titolare della Team Memores Spa di Piacenza www.teammemores.it
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Emerge l’esigenza di inserire nuovi strumenti manageriali per far fronte alla sempre maggiore competitività. Alberto Liverani da anni si occupa di Ict e illustra i contribuiti che l’informatica può fornire alle aziende Valeria Garuti
gravi conseguenze. È fondamentale limitare i danni provocati dagli incidenti che possono occorrere in una sala macchine e le relative implicazioni sul piano economico, gestionale, amministrativo e legale, garantendo la continuità operativa o il rapido ripristino dei servizi ritenuti fondamentali per l'azienda». Il vostro business è cresciuto in modo particolare dal 2004: l’anno scorso avete registrato un fatturato di 8,5 milioni di euro. Tra i servizi che offrite, quale vi ha permesso in particolare di ottenere ottimi riscontri sul mercato? «Affianchiamo il cliente nella realizzazione di progetti su misura in base alle singole esigenze e ai diversi obiettivi. Ci occupiamo della totalità dell’infrastruttura IT, fornendo un unico punto di contatto. Il nostro approccio è strutturato in modo da definire le reali esigenze e le soluzioni attraverso servizi di analisi, progettazione, fornitura, gestione e manutenzione degli impianti». Il mondo dell’informatica è soggetto a trasformazioni continue. Come riuscite a rispondere, in maniera rapida ed efficace a tali
Alberto Liverani
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Le Pmi dedicano ancora poca attenzione alla sicurezza degli impianti informatici, con il rischio di incorrere in gravi conseguenze economiche e amministrative
cambiamenti? «La parola d’ordine, nel nostro lavoro, è qualità, intesa come reale miglioramento nella creazione, gestione ed erogazione dei servizi e come costante tensione verso il perseguimento di obiettivi di efficienza. Nel corso degli anni siamo cresciuti perseguendo costantemente questa filosofia, che ci ha portato a essere fra i primi fornitori di servizi informatici italiani coinvolti nei processi di formazione interna per la qualità. I nostri standard di professionalità sono continuamente misurati e adeguati alle crescenti richieste del mercato, attraverso un’attenta strategia di formazione e aggiornamento del personale, e un costante auditing delle esigenze dei nostri interlocutori. Grazie all’esperienza maturata abbiamo affrontato sfide che ci hanno permesso di affinare le metodologie di intervento e assistenza, migliorando gli standard progettuali e garantendo un'erogazione di servizi completa e puntuale». Quali le criticità maggiori che riscontrate sul mercato? E quali strategie mettete in campo per superarle? «L’aspetto più critico con il quale dobbiamo confrontarci quotidianamente riguarda il clima di incertezza in cui vivono oggi le aziende. Riscontriamo difficoltà ad incassare i crediti e nella possibilità di accedere a finanziamenti.
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Non è facile trovare rimedi a questa situazione. La locazione operativa, in sostituzione del tradizionale acquisto, è uno strumento che può aiutare e che per questo motivo proponiamo, ma che risente allo stesso tempo di numerosi rifiuti da parte delle società finanziarie specializzate in operazioni di questo genere». Quali obiettivi intendete concretizzare in futuro? «Ci proponiamo di implementare ulteriori servizi soprattutto utilizzando la tecnologia Cloud Computing, espressione che in italiano potrebbe essere tradotta come “nuvola informatica”. Si riferisce alle piattaforme e alle tecnologie che permettono di archiviare file (documenti, immagini, video, musica) o di utilizzare programmi e applicazioni direttamente sui server di chi fornisce il servizio, anziché sul proprio computer, con la possibilità di accedervi in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo, se dotato di connessione alla rete. Noi riteniamo che per certi ambiti il lavoro in Cloud disponga di notevoli potenzialità di sviluppo. Il nostro obiettivo è costruire soluzioni Cloud Computing adatte ai nostri clienti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 103
L’IT incontra l’audio-video-luci iamo nati dopo aver progettato e realizzato esclusivi sistemi di diffusione sonora subacquea, richiesta negli sport acquatici. Poi il boom nel settore wellness e relax». È riassunta così, in poche parole un’esperienza racchiusa in quindici anni di lavoro: sperimentazioni, progetti, impianti, cantieri che, passo dopo passo, hanno contribuito al successo di un’impresa con il core business nell’innovazione. A parlarne è Andrea Lobietti, fondatore e attuale Presidente della Rokepo, azienda dedita alla progettazione e realizzazione di sistemi audiovisivi, luci scenografiche e domotica. «Poche aziende al mondo sono specificamente dedicate solo a questo settore, dalla progettazione alla realizzazione fino ai servizi post vendita, e quindi questa nostra attività ci ha sempre contraddistinto. Partendo dagli impianti sportivi, ci siamo rivolti al settore Spa, termale e alberghiero, poi, inserendo nella nostra struttura nuove professionalità, ci siamo specializzati anche nel conference e corporate». La crescita della Rokepo è stata finora costante
«S
La Rokepo ha sede a Monte San Pietro (BO) www.rokepo.it
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La rete è il futuro, l’integrazione di tutti i dispositivi disponibili una realtà. Andrea Lobietti descrive così la tendenza che pare delinearsi nella progettazione e realizzazione di sistemi audiovisivi, luci scenografiche e domotica Remo Monreale
e graduale. «Il lavoro non manca e abbiamo ottime prospettive per il 2013. Ma per quello che è sempre stato il nostro primo business ormai in Italia si sta registrando una certa flessione. Per questo ora uno dei nostri obiettivi è il mercato estero: abbiamo integrato nella nostra struttura professionalità specifiche e stiamo creando una rete internazionale di agenti, puntando in particolare ai mercati emergenti, dove c’è una fascia di utenti molto attenta alle tecnologie più avanzate. C’è da premettere che la nostra decisione era di specializzarci nell’audio-video e
Andrea Lobietti
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L’audio-video andrà a basarsi sull’infrastruttura rete delle macchine che elaborano audio e video, quindi integrazione dei dispositivi e una fusione con tutto il mondo della rete
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quindi abbiamo investito in ambito software, uno sviluppo seguito su varie piattaforme: abbiamo smesso di appoggiarci ad applicazioni di tipo commerciale e abbiamo cominciato a realizzare le nostre applicazioni che servono sia per il controllo degli apparati degli impianti sia per i riproduttori audio-video da controllare sempre da remoto. Un investimento importante. Questa scommessa ci ha premiato anche dal punto di vista commerciale e adesso collaboriamo con studi di architettura e professionisti internazionali. In questo momento in particolare stiamo sviluppando lavori in Russia per i quali abbiamo già completato la fase fondamentale di progettazione». I tempi sono comunque cambiati e in qualche modo la recessione ha colpito anche la Rokepo.
«Fra la realizzazione del progetto e la realizzazione dell’impianto vero e proprio – dice Lobietti – i tempi si sono molto allungati, rispetto ad alcuni anni fa è completamente diverso: ci si buttava a capofitto nella progettazione quasi contemporaneamente all’apertura del cantiere. Ma il fatto che stiamo lavorando su tanti progetti mi fa ben sperare per il prossimo anno». Quello che veramente sta cambiando è l’impostazione tecnologica che corre verso la rete dati. «Il mercato si muoverà verso una fusione tra il mondo audio video con il mondo dell’information technology (IT) – afferma il fondatore della Rokepo –, tutto quello che è rete dati. Questo perché l’audio-video andrà a basarsi sull’infrastruttura rete consentendo la perfetta integrazione di tutti i dispositivi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 105
PRODOTTI ALIMENTARI
Qualità tracciabile Materie prime tracciabili, grande attenzione alla qualità e alla sicurezza sul lavoro. Il punto di Pierluigi Montorsi sulle imprese alimentari che si rinnovano e acquistano importanti quote di mercato Anastasia Martini
industria alimentare italiana “vola” all’estero, dove nel 2011 ha registrato una crescita del 10 per cento. Di traino, in particolare, i prodotti caseari (più 21 per cento, con Grana Padano e Parmigiano Reggiano capofila); non è poi mancato il notevole più 7 per cento del prosciutto San Daniele. Cresce anche quello di Parma, con un più 4 per cento di esportazioni. A frenare la corsa del settore è però l’andamento del mercato interno, dove la contrazione è causata dell’orientamento dei consumatori al low cost. Nel quadro che si delinea difficile per molte aziende nostrane, la Sami, specializzata nella lavorazione di carni per salumi, in particolare il prosciutto Modena Dop, ha comunque prospettive positive, come spiega il titolare, Pier Luigi Montorsi. Quale trend sta registrando il vostro fatturato? «Ogni anno registriamo un aumento costante di fatturato: dai circa 400 mila euro del 2008, siamo passati ai 4milioni del 2009, che nel 2010 sono diventati circa 8 milioni. Nel 2011 abbiamo toccato quota 10,8 milioni e adesso siamo sui 12. Il trend positivo riguarda anche un’altra azienda del nostro gruppo, la Comital, che dai 35 di 4 anni fa ha toccato i 60 milioni nel 2011».
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Pierluigi Montorsi, titolare della Sami Srl, che ha sede a Vignola (MO) mobile@sami.mo.it
Pierluigi Montorsi
90 Mln IL FATTURATO DEL GRUPPO SAMI, IN CRESCITA ANCHE GRAZIE A UNA POLITICA ESTREMAMENTE ATTENTA ALLA QUALITÀ DEI PRODOTTI
A fronte di una situazione di mercato interna stagnante, non compensata dal forte incremento dell’export, come siete riusciti a realizzare una crescita tanto consistente? «Questo trend deriva da una scelta fatta cinque anni fa, quando abbiamo pensato di puntare sia sulla quantità dei prodotti, che sulla qualità. Come gruppo forniamo carni lavorate e soltanto da rifinire a una clientela che al 90 per cento è composta da grandi firme dell’industria alimentare italiana: Citterio, Rovagnati, Bellentani, Ferrarini, Galbani. Quello che ci consente di mantenere
alto il volume di attività, è il modo di lavorare che, proprio perché basato anche su un’elevata quantità di articoli, comporta costi più bassi. D’altra parte, nel contesto in cui la crisi si fa sentire anche a tavola, la gente vuole risparmiare, ma vuole anche mangiare bene. Da qui, l’attenzione alla qualità, per cui abbiamo ottenuto tutte le certificazioni, nazionali e internazionali». Da dove provengono le carni che lavorate? «Per l’85 per cento provengono da tutta Europa, ma questo non deve essere motivo di diffidenza. In quanto membri dell’Unione Europea, i nostri fornitori sono tenuti a rispettare delle regole che valgono per tutto il territorio di riferimento, dunque le definizioni sulla provenienza risultano superflue. D’altro canto e proprio in ottemperanza alle normative vigenti, i capi allevati sono soggetti a controlli scrupolosi, che garantiscono la massima qualità della materia prima». La vostra punta di diamante è il prosciutto di Modena Dop. Quali sono le sue ❯❯ EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 111
PRODOTTI ALIMENTARI
❯❯ caratteristiche e cosa lo differenzia dal più
celebre cugino, il Parma? «Malgrado sia un prodotto di pregio, il Modena Dop è poco considerato, proprio perché la sua produzione è esigua (200 mila annui). Basti pensare che il 70 per cento del totale viene distribuito presso alcune catene alimentari nazionali, al 90 per cento affettato; all’estero, invece, è pressoché sconosciuto. Quando invece si parla del Parma, i numeri sono ben diversi: ogni anno il consorzio effettua bollature su una media di 11 milioni di esemplari. A differenza del “cugino” modenese, che viene marchiato a 14 mesi e venduto a 20 mesi, il Parma viene marchiato e venduto a 12 mesi». Accanto al prosciutto crudo, quali altri salumi sono molto richiesti, quali invece,
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La crisi si fa sentire anche a tavola, la gente vuole risparmiare, ma vuole anche mangiare bene
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lo sono meno? «Attualmente sta andando molto forte anche il prosciutto cotto. Aziende per cui lavoriamo questo prodotto hanno registrato un aumento del 10 per cento rispetto all’anno scorso e il trend è in crescita, malgrado la crisi e i prezzi che restano alquanto alti. Per quanto riguarda altri tipi di salumi la situazione è meno positiva. In questo segmento di mercato troviamo prodotti di ogni tipo e qualità, ovviamente a prezzi diversificati. La differenza sta nella complessità di lavorazione: se per un cotto ci si limita ad aggiungere sali e aromi, per altri, si tratta di inserire sostanze che assorbano il liquido, provocando un aumento di peso, che influisce sul prodotto». Esiste per voi il problema della tracciabilità, soprattutto per le carni che provengono dall’estero? «I nostri prodotti sono tutti rintracciabili, metodo che tutela ulteriormente la qualità degli articoli. Un episodio avvenuto qualche tempo fa, conferma l’utilità di questo sistema: in un macello belga ad alcuni suini era stato somministrato un antibiotico per cui, prima della macellazione, si sarebbero dovuti attendere 40 giorni. Invece di giorni ne sono passati venti e, scoperto il fatto, per pochi esemplari sono stati sequestrati 1.200 quintali di carne, diventati ovviamente 3mila. Grazie alla rintracciabilità, siamo riusciti a risalire i prodotti a rischio, che sono stati rispediti in Belgio». Qualità è anche sinonimo di sicurezza
Pierluigi Montorsi
UNA REALTÀ IN CRESCITA La Comital Srl nasce nel 1991 e fa parte di un gruppo costituito da cinque società di cui Montorsi detiene tra il 50 e il 100 per cento della partecipazione. A oggi il fatturato dell’azienda, specializzata nella salatura e nella compra-vendita delle carni, si aggira intorno ai 60 milioni di euro. Le altre società del gruppo sono: il Centro Selezioni Carni, gestito da Fabrizio Montorsi, la Comital e la Commist. Infine, il Prosciuttificio Giusti che realizza anche la salatura dei prosciutti della Sami. Il fatturato complessivo del gruppo si aggira intorno ai 90milioni di euro. Determinante per la crescita del gruppo, l’esperienza maturata dal titolare, che, racconta: «Ultimo di ventuno figli, sono cresciuto nel primo macello industriale aperto a Modena, nel 1943, da mio padre. A 14 anni ho iniziato a lavorare nei mercati, e da lì ho maturato le esperienze che mi hanno portato a creare le quattro aziende, compresa la Sami».
sul lavoro: quali accorgimenti attuate, in osservanza alle normative vigenti? «I nostri ambienti, tutti dotati di certificazioni, vengono lavati e sterilizzati ogni sera con appositi prodotti, Inoltre i nostri locali sono tutti posti in sicurezza: siamo stati primi a mettere i carrelli a livello, in modo che i dipendenti possano svolgere il loro lavoro agevolmente e ogni macchinario ha tutti i meccanismi di sicurezza, imposti dal legislatore.
La sicurezza dei nostri dipendenti è fondamentale, tanto che ogni due ore, fanno una sosta che consenta loro di staccare dalla routine lavorativa. Per noi un lavoratore è infatti una risorsa che va posta nelle condizioni adeguate, affinché possa lavorare al meglio». Porte aperte al futuro, grazie a un lavoro basato sulla qualità, ma come intendete affrontare le nuove sfide del mercato? «Lavorando la carne, abbiamo il termometro della situazione, dunque alle aziende per cui collaboriamo sappiamo dare le indicazioni adeguate al relativo mercato. Rispetto al futuro, intendiamo ampliare il nostro ventaglio di attività, arrivando anche, ad esempio agli stuzzichini. Già siamo rifornitori ufficiali di una delle più importanti catene di pizzeria in Italia, che fa 400mila pizze al giorno. Se si considera il prosciutto cotto, ne forniamo 30 grammi per ogni pizza, dunque ogni 100 mila pizze sono 30 quintali di prosciutto. Inoltre per il prossimo anno, per il nostro fatturato, contiamo di toccare quota 15 milioni di euro con Sami e 70 milioni con Comital». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 113
SICUREZZA SUL LAVORO
Cresce la cultura della sicurezza In Italia manca ancora una diffusa coscienza su sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro. Crescono però gli investimenti in certificazione e sistemi di qualificazione delle imprese e migliora anche l’aspetto formativo e informativo in materia. L’esperienza di Andrea Ballandi Viviana Dasara
ome rivela l’Osservatorio Accredia “Salute e sicurezza sul lavoro” realizzato in collaborazione con il Censis, Inail e Federchimica, le aziende certificate Sgssll (Sistemi di gestione per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) sono oggi 7.068 rispetto a un esiguo 1.226 del 2008. Sono infatti aumentate di sette volte negli ultimi quattro anni le aziende dotate di un sistema certificato di gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro.
C
Andrea Ballandi, ingegnere e amministratore delegato Eurocert con sede a Granarolo dell’Emilia (BO) www.eurocert.it
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Gli indici di infortunio, secondo i dati Inail più recenti, sono più bassi per le imprese certificate (27 per cento in meno per la frequenza e 35 per cento in meno per la gravità). Un dato certamente positivo in quanto si riducono gli incidenti sul lavoro, ma con ciò è necessario aumentare lo sforzo delle imprese per garantire la sicurezza. I settori che spiccano: costruzioni e installazione di impianti e servizi (904 imprese certificate), trasporto e logistica (806), servizi professionali (709), produzione e distribuzione di energia elettrica (633). Metallurgia, chimica, produzione elettrica, ottica e commercio coprono da sole tra il 6 per cento e il 3 per cento delle certificazioni. Quanto ai settori a rischio, le criticità permangono soprattutto nelle aziende con una propria catena di produzione, nelle officine e nei cantieri. Il supporto al tessuto delle imprese nell’adozione di strumenti per il controllo e la prevenzione è un dovere per le istituzioni pubbliche e private che hanno ruoli chiave nel nostro sistema socio-economico. Il Paese non può permettersi un calo di attenzione in materia e deve dimostrare di poter operare per un sostanziale e progressivo miglioramento continuo della salute e della sicurezza per imprese, cittadini e lavoratori. A tal fine, troviamo organismi di certificazione che mettono a disposizione le proprie competenze per promuovere la cultura della
Andrea Ballandi
sicurezza. Tra i più virtuosi, da oltre tredici anni nel mercato delle certificazioni, spicca Eurocert di Granarolo dell’Emilia. «Siamo partiti – spiega l’ammistratore delegato Andrea Ballandi – dal proporre i nostri servizi ai condomini, per i quali siamo diventati il punto di riferimento nella gestione della sicurezza. Gli elevati standard qualitativi raggiunti e la capacità di coprire l’intero territorio nazionale, fattori che rappresentano il nostro valore aggiunto, ci hanno consentito, ora, di estendere i nostri servizi anche al mondo delle imprese che hanno necessità di avere un unico referente per le verifiche in tutte le proprie strutture locali». A garanzia dell’affidabilità e dell’attenzione alle esigenze del mercato, il gruppo Eurocert offre una consistente pluralità di servizi in particolari settori di attività. Fra questi, con specifica autorizzazione ministeriale, fornisce servizi di verifica su impianti di elevazione (ascensori, piattaforme elevatrici per disabili, montacarichi), su impianti elettrici di messa a terra e dei dispositivi di protezione contro le cariche atmosferiche al fine di garantire l’incolumità degli utenti di
un edificio, un condominio o un’azienda, certificazioni energetiche e di prevenzione incendi. E ancora, sempre a garanzia dello standard qualitativo imposto dalle abilitazioni ministeriali, l’azienda propone analisi di potabilità, durezza delle acque ed esami di sicurezza igienica per il controllo delle acque di piscina, grazie ad un efficiente laboratorio che si trova nella sede di Granarolo e alle collaborazioni attivate con laboratori qualificati. Tutto ciò anche a vantaggio di un migliore risultato economico e di un perfezionamento della cultura gestionale e delle prestazioni in termini di produttività, flessibilità e capacità di risposta alle sfide del mercato. «Con la stessa affidabilità – precisa Ballandi –, la struttura autonoma Gestirsi Service si occupa della gestione dei rischi con consulenze specifiche in grado di analizzare ogni fonte potenziale di rischio (check list, Dvr/Duvri), di adempiere le disposizioni in materia di privacy, di certificare la conformità di impianti elettrici e ancora di rilevare problematiche dovute all’esposizione ad agenti nocivi quali amianto, campi elettromagnetici o rumore». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 115
XXXXXXXXXXXXXXXXX ECONOMIA DELLA CULTURA
Cultura, linguaggio intrasettoriale È un ponte orizzontale tra diverse filiere produttive e anche uno strumento di approfondimento verticale per valorizzare le attività meno percepite dal grande pubblico. Marco Cammelli illustra le politiche innovative per i centri urbani Elisa Fiocchi
l ruolo strategico della cultura nello sviluppo urbano è stato oggetto di analisi durante la presentazione del nono rapporto dell’associazione Civita dal titolo “Citymorphosis- Politiche culturali per città che cambiano”, dove alcuni esperti si sono confrontati nella definizione di politiche innovative per uscire dalla crisi del mondo Occidentale. Perchè è proprio quando una città diventa un ampio contenitore che produce cultura che si creano le premesse per la crescita del tessuto sociale ed economico, del benessere e dell’identità. «È evidente che una densità maggiore di mostre si concentri nei grandi centri urbani anziché nei piccole città o nelle periferie», spiega Marco Cammelli, presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. «Ma ciò che sfugge, e non è sufficientemente percepito, è l’idea che la cultura possa esprimere anche la capacità di dialogo tra vari settori, cioè tra linee produttive o realtà sociali differenti». In altre parole, la cultura può essere interpretata come un linguaggio possibile e intrasettoriale. Come sfruttare il suo carattere trasversale? «In primo luogo bisogna guardare la cultura come ponte tra filiere diverse e penso alle imprese che hanno diversificato, modificato e poi costruito linee alternative di produzione, ad esempio Nordica e il distretto delle calzature di Belluno. Passare da un settore all’altro richiede non solo abilità imprenditoriale ma anche capacità di lettura di alcune dinamiche che non è possibile captare senza le antenne culturali. L’altro modo è quello di interpretare la cultura come strumento di trivellazione in verticale e
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verso il basso. Una città come Bologna, ad esempio, ha una serie di iniziative che sono solo parzialmente percepite, come le attività culturali e di musica curate dagli studenti, da forme associative di base e dagli immigrati. Iniziative che, con una sensibilità culturale adeguata, possiamo invece cogliere». Tra le città intenzionate a proporre la propria candidatura come capitale europea della cultura 2019 c’è anche Ravenna. Come la Fondazione del Monte intende sostenerla? «Vogliamo far avanzare la candidatura di Ravenna perché riteniamo che altre realtà, come Venezia ad esempio, siano assolutamente ri-
Marco Cammelli
Il progetto “fUnder35”, promosso da dieci fondazioni bancarie, sostiene le imprese culturali gestite da persone con meno di 35 anni
spettabili ma già consolidate. Sarebbe come proporre Roma e Atene. Abbiamo pertanto realizzato il restauro completo di Palazzo Rasponi dalle Teste, in pieno centro, per restituirlo al Comune e lanciare un segnale, tra le altre finalità, di sostegno alla candidatura di questa splendida città». Di quali altri progetti vi siete occupati? «Sosteniamo i teatri di Bologna su cui poniamo sempre una cura notevole e favoriamo anche quelle strutture di supporto alle attività come nel caso della Bottega D’Arte e di Villa Pini, nei pressi della zona Roveri, la quale è stata restaurata creando un luogo di prove per le compagnie di danza e di teatro. Un modo per dare loro una struttura anziché dei soldi. E c’è anche un altro progetto molto interessante, chiamato “fUnder35”, promosso da dieci fondazioni bancarie, che sostiene quelle imprese culturali già esistenti e gestite da persone con meno di 35 anni». Cosa pensa delle percentuali di investimento nella cultura a livello nazionale? «L’indotto della cultura è un discorso molto ampio e bisogna capire che cosa realmente comprende affinché sia più facilmente misurabile. Quando si fanno i conti degli investimenti del comparto e si riprende lo
Marco Cammelli, presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. A sinistra, il Museo Archeologico di Bologna. Nella pagina accanto, Palazzo Rasponi dalle Teste, a Ravenna
striminzito caso del Mibac dicendo che sono numeri vergognosi, si afferma però una cosa non vera perchè il ministero è solo un attore, e spesso neppure quello protagonista, di una serie di interventi che coinvolgono un’intera filiera composta dalle amministrazioni regionali e locali, dalle fondazioni e da altri soggetti. Quindi il complesso degli investimenti sulla cultura sarà molto maggiore rispetto al dato che viene regolarmente richiamato per dimostrare che s’investe poco». La crisi economica in che modo però ha compromesso gli investimenti in attività culturali, anche per la Fondazione del Monte? «Durante l’anno in corso abbiamo realizzato investimenti per circa tre milioni di euro, nel 2013 scenderanno a quota 2.300. È confermato l’impegno nei teatri, anche se con inevitabili riduzioni, e il sostegno alle iniziative giovanili. Tutto il resto invece è subordinato al rinnovo del consiglio di amministrazione e alla possibilità o meno di ricevere il corrispettivo dividendo dalla banca di cui siamo azionisti, di cui siamo già stati privati l’anno scorso. In caso negativo, le somme previste per il 2013 andranno quasi dimezzate per fare in modo che nel 2014 ci siano ancora risorse». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 117
ECONOMIA DELLA CULTURA
L’intervento statale nella cultura Il settore, assieme alla ricerca, è il motore di ogni innovazione e creatività. Ma in Italia, secondo Vittorio Emiliani, ci si perde in chiacchiere e gli investimenti languono: «Sono cinque, sei volte inferiori a quelli della Francia» Elisa Fiocchi
innovativa esperienza di Giovanni Spadolini, il fondatore del Ministero per i beni e le attività culturali, è stata analizzata e omaggiata in occasione di un convegno organizzato a Firenze dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Partendo proprio da un’analisi storica, si è dibattuto su come oggi sia possibile reinterpretare una leadership italiana nella tutela, nella fruizione e nella valorizzazione dei beni culturali e ambientali. «L’impegno di allora fu forte, competente e appassionato», ricorda Vittorio Emiliani. «Oggi il Mibac conta però davvero poco, anche per il governo dei tecnici, e ciò mi stupisce perchè se Bondi era stato un fantasma al Collegio Romano, Ornaghi è un ectoplasma». La perdita di centralità di questo ministero, secondo le parole del giornalista e presidente del Comitato per la Bellezza, ha avuto ripercussioni molto gravi sulla tutela del grande patrimonio italiano, soprattutto per quanto concerne quello paesaggistico. «E pensare – afferma – che il turismo culturale è il solo che “tira” e ha raccolto un +20 per cento negli ultimi due anni». In un decennio, infatti, le presenze italiane nelle città d’arte sono aumentate del 17 per cento, quelle stra-
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niere addirittura del 54 per cento e coprono ben più della metà del totale. Studi e ricerche hanno, inoltre, certificato come le filiere culturali e creative siano in grado di produrre crescita economica, occupazione, innovazione e ricerca, innescando quel circolo virtuoso di cui fanno parte anche le imprese culturali e il loro felice impatto sull’economia del territorio in cui operano, grazie all’inserimento di lavoratori qualificati. Ma allora cosa non va nel sistema cultura Italia e perchè «il Malpaese ha prevalso sul Belpaese», come dichiara Emiliani? «In Italia la cultura ha un ruolo centrale soltanto a chiacchiere – spiega – mentre in realtà, un po’ per il basso livello di istruzione (abbiamo una quota di laureati che è la metà della Germania), un po’ per la scarsa attenzione degli ultimi governi, si è verificata quella clamorosa carenza di investimenti in cultura e in ricerca denunciata con forza dallo stesso presidente Napolitano». Secondo Federculture, i pros-
Vittorio Emiliani
Il Louvre, che ha 9 milioni di ingressi, per chiudere il suo bilancio ha bisogno per il 60% di finanziamenti statali
Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la Bellezza
simi tagli andrebbero a impoverire il bilancio del Mibac per 103,3 milioni nel 2013, con la prospettiva di portarlo a 125 nel 2014 e a 137,5 nel 2015. «Se qualche soggetto privato vuole metterci dei soldi, come accade negli Usa, va benissimo, ma se pensano invece di poterne ricavare, non si facciano illusioni». Tra i più recenti interventi privati nel sistema artistico e culturale italiano, Emiliani ricorda il mecenate David W. Packard che finanzia copiosamente gli scavi di Ercolano senza ricevere compensi, Diego Della Valle per il Colosseo in veste di sponsor, e i proprietari di dimore storiche e di giardini storici. «Tutte e tre queste categorie vanno invogliate da una legislazione moderna ma ciò non significa
che lo Stato debba farsi completamente da parte. E le cifre del Louvre e del Metropolitan Museum lo evidenziano chiaramente». Il museo parigino conta su un 60% di finanziamento statale per chiudere il suo bilancio e il Metropolitan Museum copre con le risorse proprie poco più del 50% dei costi. Il successo all’interno di questi contenitori culturali è garantito dal numero dei visitatori: quasi nove milioni a Parigi, con una crescita di 400mila unità, 6 al Met di New York, pochi meno (5,8) al British Museum di Londra. «Se riteniamo che abbiano valore soprattutto i beni culturali che “rendono”, allora creiamo una gerarchia fra quelli redditizi e quelli non-redditizi, finendo per abbandonare i secondi» continua Emiliani. La risalita economica e culturale dell’Italia potrà realizzarsi solo attraverso l’integrazione dei finanziamenti. Quelli pubblici, «giusti e mirati», e quelli privati, «agevolati da leggi intelligenti», con la supervisione di una regia tecnico-scientifica. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 119
ECONOMIA DELLA CULTURA
Un modello economico sostenibile Le cooperative italiane devono oggi compiere uno scatto di professionalità e imprenditorialità. «I soldi pubblici sono finiti – spiega Lanfranco Massari – e occorre imparare a fare impresa cooperativa culturale meglio degli altri» Elisa Fiocchi
l 2012 è stato dichiarato dall’Onu anno internazionale delle cooperative per metterne in risalto il contributo allo sviluppo socio-economico e il loro positivo impatto sulla riduzione della povertà, dell’occupazione e dell’integrazione sociale. «Anche in Italia queste imprese hanno tenuto, pur stringendo i denti e la cinghia» dichiara Lanfranco Massari, presidente nazionale di Federcultura Turismo Sport. «L’occupazione è addirittura cresciuta dell’8,5 per cento nel triennio 2009/2011, proprio negli anni peggiori della crisi, quando in tutti gli altri settori i posti di lavoro si riducevano. E anche il Pil prodotto è passato negli ultimi dodici anni dal 3,5 per cento a oltre il 7,5». Il prolungamento della crisi economica rischia tuttavia di colpire anche il buon operato delle cooperative, soprattutto di quelle che operano nel settore del turismo e della cultura, dove i tagli ai finanziamenti pub-
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Lanfranco Massari, presidente Nazionale di Federcultura Turismo Sport
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blici sono particolarmente ingenti. «La sfida che abbiamo di fronte, allora, è quella di costruire un nuovo modello economico sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, e basato su nuovi paradigmi di sviluppo». Le circa 1.400 cooperative impegnate nei settori del turismo, della cultura e dei servizi, attraverso quali progetti e strumenti di integrazione affrontano la crisi economica e i tagli alla spesa disposti dal governo? «Stiamo reagendo salvaguardando l’occupazione e in alcuni casi riducendo completamente i margini o gli utili per garantire la continuità dell’attività, anche perchè il capitale umano è il nostro principale patrimonio. Dal punto di vista delle scelte imprenditoriali stiamo, invece, cercando di accrescere le dimensioni aziendali, perché spesso si tratta di microimprese, e vogliamo farlo attraverso forme di aggregazione. Un’altra strada da seguire è quella dell’aumento della produttività, facendo innovazione per quanto possibile». Come avverrà la messa in rete delle cooperative di piccole e medie dimensioni? «Per definizione, le cooperative hanno già finalità mutualistiche e la vocazione alla valorizzazione delle persone e delle risorse sul territorio. Occorre, comunque, la capacità di promuovere il prodotto e in questo ambito viene in soccorso del ruolo del settore pubblico nell’affiancare gli operatori: l’azione dell’Apt in Emilia Romagna, ad esempio, è stata fondamentale e ha avuto un ruolo strategico nella valorizzazione dei prodotti, dalla montagna alla costa».
Lanfranco Massari
Nel 2011 la spesa delle famiglie per ricreazione e cultura è stata del 7,4%, in Europa del 10%. È evidente quanto ancora ci sia da fare in Italia
Proprio parlando di turismo, l’Appennino in Emilia Romagna sta vivendo una fase di sviluppo dell’offerta basato sulla valorizzazione di attrattive naturali e identitarie e sulla creazione di attrattive artificiali e innovative ma compatibili. Perchè è così importante ripartire dalla valorizzazione del territorio? «Il settore turistico rappresenta un must per questo territorio, che costringe a fare sistema, e mi riferisco proprio a quel sistema-territorio che col suo grado d’integrazione, la sua qualità e attrattività complessiva vince in competitività. La parola d’ordine per noi è valorizzare e potenziare l’esistente attraverso l’innovazione di processo e di prodotto con l’obiettivo di attrarre più turisti in questa parte di Appennino reggiano e migliorare la quantità e la qualità del lavoro e della vita dei suoi residenti». Secondo il rapporto annuale Federculture, nel 2011 la spesa delle famiglie per ricreazione e cultura ha raggiunto i 70,9 miliardi di euro, e rappresenta il 7,4% della loro spesa annua complessiva. Come giudica questi dati? «Era il 6,9 per cento due anni fa, quindi se
ne deduce che è cresciuta soltanto dello 0,5 per cento. Quello che invece va sottolineato è che la spesa media pro capite in Europa per cultura o attività ricreative e formative sfiora il 10 per cento ed è evidente quanto c’è ancora da fare in Italia. Io suggerisco tre passi concreti: per prima cosa vanno potenziate le istituzioni pubbliche culturali a partire dalla scuola, poi l’affidamento ai privati delle attività culturali, tramite ad esempio il privato sociale, e infine, conservare e valorizzare il nostro patrimonio storico artistico facendo sistema tra i vari operatori». I finanziamenti pubblici come tutelano la cultura? «In questo settore non può non esserci l’investimento pubblico ed è chiaro che oggi la finanza pubblica è chiamata a scegliere: può tagliare il ramo su cui è seduta, cioè la cultura, oppure tagliare i rami secchi, cioè quelli improduttivi, per investire anche, e non solo, in cultura. Purtroppo, nell’attuale spending review, non c’è un riordino della spesa vero e proprio ma tagli generalizzati che non liberano risorse da destinare agli asset strategici del nostro paese. I nostri giacimenti, le nostre materie prime, sono da sempre cultura e turismo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 121
FOCUS MODENA L’attitudine a innovare, l’attenzione ai temi della qualità e dell’ambiente, la propensione all’internazionalizzazione sono le caratteristiche che le imprese modenesi hanno continuato a usare come risposta alla crisi economica e al terremoto
FOCUS MODENA
PROGETTI DI SVILUPPO URBANO -1,9% 50% INFLAZIONE
RISPARMIO
Il calo, su base tendenziale annua, dell’inflazione registrato dal servizio statistica del Comune
L’ammontare di energia risparmiata nell’illuminazione pubblica grazie all’impiego di luci a led
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Giorgio Pighi
L’emergenza terremoto ha costretto l’amministrazione comunale di Modena a prendere repentini provvedimenti per garantire ai cittadini i servizi essenziali. Giorgio Pighi spiega cosa è stato fatto quest’anno in città Nicolò Mulas Marcello
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STRADE Il numero delle vie che saranno interessate dai progetti di riqualificazione del Comune
l 2012 per Modena è stato un anno caratterizzato dagli effetti del terremoto che, ovviamente, ha reso ulteriormente difficile una situazione già fortemente penalizzata dalla crisi economica: «Abbiamo garantito i servizi nel sociale – spiega Giorgio Pighi, sindaco di Modena – e rispondere a nuovi bisogni, come nel caso del disagio abitativo con il fondo “salva sfratti”. Ma nel 2012 abbiamo anche realizzato interventi per avviare i giovani al mondo del lavoro e creare opportunità per le imprese, mentre è partito il progetto per la copertura wi-fi di tutto il centro storico, grazie alla collaborazione con Bper e Telecom. Inoltre, ci sono stati interventi in campo scolastico, nella cultura - uno tra tutti, il ventennale della biblioteca Delfini: 280mila libri in prestito all’anno - e nel settore dello sport. E proprio nel 2013 Modena sarà città europea dello sport». Per quanto riguarda le infrastrutture in città quali sono le novità?
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Giorgio Pighi, sindaco di Modena
«Il 2012 è stato l’anno dell’inaugurazione del nuovo grande parcheggio del Novi park, costruito grazie al project financing insieme a un parco archeologico, il Novi Ark, che ha consentito anche il recupero di un’antica strada romana. Insieme è stato realizzato un piano sosta che ha allargato l’area a pagamento intorno al centro storico con l’obiettivo di migliorare il traffico e liberare dalle auto alcune delle principali strade del centro. All’inizio del 2013, poi, il consiglio comunale discuterà il documento di indirizzi del nuovo Piano strutturale della città, sul quale in questi mesi è stato avviata un’ampia consultazione: riqualificazione dell’esistente, minor consumo possibile di nuovo territorio, risposta al disagio abitativo, sostenibilità ambientale sono le direttrici sulle quali ci si muoverà. Per il futuro, inoltre, avremo il completamento dello scalo merci di Marzaglia e ci auguriamo che Anas possa partire presto con la costruzione della complanaria
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Continueranno gli investimenti in piste ciclabili, nel trasporto pubblico e nell’innovazione per fare di Modena una città sempre più smart
di collegamento con il casello di Modena sud. integrato, agendo ognuno nell’ambito delle riMa nel futuro continueranno gli investimenti in piste ciclabili, nel trasporto pubblico e nell’innovazione per fare di Modena una città sempre più smart». Sul piano della sicurezza, recentemente c’è stata un’impennata di rapine a danno di esercizi commerciali e furti in appartamento. Si può dire che è emergenza? «Questo aumento di rapine e furti nelle abitazioni è estremamente preoccupante. Nel corso del comitato ordine pubblico e sicurezza, convocato a fine novembre dal prefetto proprio su nostra richiesta, l’analisi condivisa da parte delle forze dell’ordine è che questa situazione di evidente emergenza sia dovuta, in particolare, alle condizioni di difficoltà economica che stanno inducendo alcuni soggetti a commettere reati molto gravi, che colpiscono direttamente le persone. Il Comune ha garantito la disponibilità della Polizia municipale a proseguire e intensificare, soprattutto in centro storico, la collaborazione con le altre forze dell’ordine che operano nel sistema 126 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
spettive competenze, in modo che si possa produrre un generale miglioramento della situazione sia rispetto alla prevenzione sia alla repressione di questi reati». Cosa comporterà l’accorpamento della provincia di Modena con quella di Reggio Emilia per l’amministrazione comunale? «In questa operazione di riordino istituzionale, i cui contorni non sono ancora chiaramente definiti, la scelta di una Provincia unica tra Modena e Reggio rappresenta il riconoscimento di una realtà che già esiste: siamo un unico territorio per rapporti economici, servizi, trasporto pubblico, università. Insomma, era la scelta più ragionevole. Stiamo seguendo con attenzione il processo di definizione di deleghe e funzioni sul quale lavorano il governo e la Regione. Difficile dire oggi cosa cambierà per Modena, che di questo territorio sarà capoluogo, ma di certo il Comune dovrà proiettarsi sempre di più in un ruolo di governo e collaborazione di area vasta. Resta da capire se questo passaggio era davvero necessario».
Maurizio Torreggiani
UN SUPPORTO CONCRETO ALLE IMPRESE Nel modenese è attivo un quarto delle reti di impresa presenti in regione. Modena risulta essere, infatti, la seconda provincia dopo Bologna per diffusione di tale sistema. Maurizio Torreggiani illustra lo scenario Nicolò Mulas Marcello
anno che sta per concludersi ha rappresentato un periodo molto difficile per l’economia modenese, in quanto ha visto aggiungersi a una congiuntura negativa anche gli effetti del sisma. «Gli imprenditori – spiega Maurizio Torreggiani, presidente della Camera di Commercio – con grande forza e tenacia si stanno riorganizzando e risollevando e questo emerge dai dati dell’ultima indagine congiunturale effettuata dall’ente camerale sull’industria manifatturiera della provincia. I principali indicatori considerati evidenziano un lieve miglioramento ma sono, tuttavia, ancora caratterizzati da segno negativo».
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Cosa dicono i dati? «La produzione industriale in quantità ha riportato nel terzo trimestre 2012 un calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 7,7%, dato leggermente inferiore al -9,6% registrato, sempre a livello tendenziale, nel trimestre precedente. Anche l’andamento del fatturato è negativo, ma meno grave rispetto a quanto mostrato nel secondo trimestre: nel terzo si evince un calo del 4,6% contro il -6,1% del secondo. La quota di fatturato proveniente dalle vendite all’estero è invece in costante aumento e raggiunge il 42,3% nel trimestre luglio-settembre 2012, a testimonianza dell’impegno delle imprese a cercare nuovi sbocchi sui mer-
cati internazionali. In flessio- Maurizio Torreggiani, ne è risultata la domanda in- presidente della Camera terna: gli ordini dal mercato di Commercio domestico infatti hanno mo- di Modena strato, sempre a livello tendenziale, un calo pari all’8,8%. Per la prima volta dall’inizio del 2010, è scesa in territorio negativo anche la variazione percentuale degli ordini esteri pari a -2,2%, sempre nel terzo trimestre 2012 rispetto allo stesso periodo 2011. Le imprese registrate alla Camera di Commercio di Modena al 30 settembre sono oltre 68mila e riportano soltanto un lieve calo (-0,5%) rispetto alla stessa data del 2011. Si registra quindi una tenuta sul fronte imprenditoriale». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 127
FOCUS MODENA
-7,7% PRODUZIONE Il calo della produzione industriale in provincia di Modena nel primo trimestre 2012 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso
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Come si muove l’ente camerale per aiutare le imprese del territorio? «Interviene su diversi fronti, tra cui il supporto all’accesso al credito agevolato tramite i consorzi fidi, anche al fine di favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese modenesi, oppure incentivando l’avvio di nuove attività tramite uno sportello dedicato che fornisce consulenza e orientamento ai neoimprenditori. Per fronteggiare l’emergenza sisma, inoltre, da parte nostra l’impegno è massimo per assicurare un aiuto fattivo alla ripartenza delle attività colpite dal terremoto e per far sì che vengano ascoltate dalle istituzioni le istanze e le priorità di tutti coloro che con tanta forza e ottimismo hanno deciso di non arrendersi a questa avversità, ma di continuare il lavoro nelle proprie imprese, che sono la ricchezza e il vanto della nostra provincia». Per quanto riguarda le reti, questa cultura si sta diffondendo nel modenese?
«Le reti di impresa rappresentano un’evoluzione del fenomeno dei distretti e delle filiere produttive da noi molto esteso e sedimentato nel modo di fare business. È stato stimato che in provincia di Modena sia attivo un quarto delle reti presenti in regione; è la seconda provincia dopo Bologna per diffusione del fenomeno. La registrazione di contratti di rete, inoltre, è in costante incremento in questi ultimi mesi. In termini organizzativi, le reti modenesi si caratterizzano per la prevalenza di alleanze “paritetiche”: solo in un terzo dei casi si riscontra la presenza, all’interno della rete, di un’azienda che per forza contrattuale si candida naturalmente a guidare l’aggregazione. Altra caratteristica tipica è la compresenza, in percentuali analoghe, di reti “orizzontali”, ovvero di accordi fra imprese attive nel medesimo settore, e “verticali”, dove invece è il concetto di filiera che ha guidato l’aggregazione».
FOCUS MODENA
RAFFORZARE LA PRESENZA NEL DISTRETTO Un gruppo votato all’internazionalizzazione ma con un legame sempre più stretto con il territorio nazionale e con il distretto della ceramica in particolare. Gian Luca Sghedoni spiega in che modo Kerakoll rimane radicata nel modenese Nicolò Mulas Marcello
una delle aziende più grandi del panorama emiliano-romagnolo e leader a livello mondiale nei prodotti e servizi per l’edilizia. Star dell’architettura internazionale si affidano a Kerakoll per i loro progetti, come per esempio Zaha Hadid per il Maxxi a Roma, Herzog & De Meuron per il Green Point Stadium a Cape Town in occasione dei mondiali di calcio in Sud Africa del 2010 o Santiago Calatrava per il Palazzo delle Arti Regina Sofia e l’Agorà a Valencia. «Esportiamo in quasi tutto il mondo – spiega Gian Luca Sghedoni, ceo dell’azienda – con una quota di export del 50 per cento su un fatturato che nel 2011 si è attestato a 340
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Gian Luca Sghedoni, amministratore delegato di Kerakoll Spa
Gian Luca Sghedoni
milioni di euro; siamo presenti direttamente con stabilimenti e filiali in 12 Paesi». Come coniugate il rapporto con il territorio e il successo su scala globale? «In quarant’anni di attività Kerakoll ha avuto uno sviluppo che le ha permesso di trasformarsi da azienda leader in Italia ad azienda italiana forte in Europa e, successivamente, a gruppo europeo, con un’anima italiana, proiettato verso i mercati mondiali. Ma il cuore di Kerakoll è e rimarrà sempre a Sassuolo, sempre più perno delle attività strategiche come la R&D e la formazione. A Sassuolo abbiamo realizzato il nostro nuovo Kerakoll GreenLab, centro ricerche che raggruppa 9 laboratori avanzati per lo svi-
luppo di green technology. Con un investimento di circa 15 milioni di euro abbiamo creato una struttura all’avanguardia dotata delle più moderne strumentazioni, estesa su una superficie di 7.000 mq, dove saranno impiegati a regime 100 nuovi ricercatori bioedili. Sempre nell’area del distretto ceramico, Kerakoll ha creato il proprio Green campus con l’obiettivo di promuovere e diffondere comportamenti e stili costruttivi ecosostenibili. Con 1.800 mq di aule e sale didattiche, 600 mq di cantiere scuola, 30 trainer specializzati e 8 istruttori edili, negli ultimi cinque anni il Kerakoll Campus ha formato oltre 200.000 operatori edili specializzati. Inoltre, a Sassuolo realizzeremo il Kera-
koll Green Village, uno dei più importanti poli industriali italiani. Esso sorgerà su un’area complessiva di 145.000 mq e comprenderà 2 stabilimenti all’avanguardia, di cui uno già esistente, mentre l’altro sarà realizzato nell’area attigua recentemente acquisita dal Gruppo Ceramiche Ricchetti, il GreenLab, e un nuovo centro stile, il DesignLab». Per quanto riguarda il rispetto per l’ambiente e l’ecosostenibilità quali sono gli impegni di Kerakoll? «Con 20 linee di prodotti innovativi e più di 1.700 referenze ecocompatibili, l’azienda produce 950.000 tonnellate l’anno, realizzate utilizzando 470.000 tonnellate di materiali regionali, 220.000 di materiali naturali ri-
FOCUS MODENA
ciclati e tagliando 9.500.000 kg la cultura aziendale nell’ottica 1.340 collaboratori nel 2011, e di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera grazie a nuove conoscenze formulative e all’utilizzo del 100% di energia pulita. Oggi Kerakoll è l’unica azienda che offre una soluzione globale nel green building per progettare, costruire e vivere nel rispetto dell’ambiente e del benessere abitativo. Ma questo è il risultato di una rivoluzione verde che ha preso avvio nel 2000 quando nessuno parlava di green economy. Abbiamo gradatamente aumentato gli investimenti stanziati in green technology che oggi rappresentano il 100% degli investimenti in R&D». Il settore edile è sicuramente uno di quelli che hanno risentito di più della crisi economica, quali strategie ha adottato Kerakoll per continuare a registrare importanti risultati? «La scelta di ridisegnare la gamma dei prodotti, ma anche
della sostenibilità, investendo in ricerca e cercando soluzioni sempre più compatibili con l’ambiente e con la salute di chi utilizza i nostri prodotti, ci ha permesso di differenziarci anche in mercati maturi dove sembrerebbe difficile farlo e di continuare a crescere. Le nostre scelte strategiche sono ben delineate. Il futuro è nell’edilizia eco-sostenibile, nei materiali naturali attenti alla salute delle persone, all’ambiente e al risparmio energetico. Gli obiettivi, infatti, che ci siamo dati nel piano industriale approvato a giugno sono di arrivare a un fatturato nel 2015 pari a 500 milioni di euro, sia per crescita interna che tramite acquisizioni, con una quota export che passerà dall’attuale 40% al 50%». L’attenzione al lavoro e alle risorse umane è uno dei punti di forza della vostra azienda. Quanto credete nei giovani? «Siamo un’azienda giovane con
un’età media di 33 anni. Oggi ancora di più siamo alla ricerca di giovani talenti che ci aiutino a portare avanti il nuovo percorso che abbiamo intrapreso e che ha comportato un cambiamento di filosofia produttiva, da materiali per l’edilizia tradizionali a quelli green. Per farlo cerchiamo neo laureati in economia e commercio, economia aziendale o ingegneria gestionale, con un’ottima conoscenza della lingua inglese e spiccate attitudini commerciali. Non chiediamo esperienze precedenti perché vogliamo formare internamente quelli che saranno i nostri manager del futuro. Faccio personalmente i colloqui perché sono convinto che il successo delle aziende sia fatto dagli uomini e dalle donne che la compongono e per questo motivo mi sono sempre occupato personalmente della selezione delle persone. In 20 anni di attività ho fatto più di 1.700 colloqui».
ENERGIA
Energia pulita per la mobilità sostenibile GPL e metano per salvaguardare l’ambiente, ma anche il portafoglio. Tiziana Giudicelli fa il punto sui vantaggi dei carburanti gassosi Valeria Garuti
ullo scenario della distribuzione del carburante, GPL e metano giocano un ruolo d’immagine primario per la loro valenza ecologica ed economica. I più tradizionali benzina e gasolio, oltre a generale livelli importanti di inquinamento da traffico, sono caratterizzati da ben più alti prezzi di vendita. La G verde nelle stazioni di servizio è oggi il simbolo di una rete di energia pulita per la mo-
S L’Unione Gas Auto Spa si trova a Bologna www.unionegasauto.com
bilità sostenibile: quella della società per azioni bolognese Unione Gas Auto, che sul GPL ha fondato la propria attività, contribuendo a diffonderne l’utilizzo. «La poco efficace razionalizzazione del numero degli impianti che caratterizza i nostri anni - afferma Consigliere delegato di Unione Gas Auto Tiziana Giudicelli - ha solo contribuito a creare disorientamento nel consumatore e una poco proficua lotta al ribasso
dei prezzi dei distributori, limitando la possibilità di investire o migliorare la qualità dei servizi. Gli attori del mercato, così come le istituzioni, devono far leva sulla loro importanza economica e politica al fine di collaborare per ottenere agevolazioni che inducano il consumatore ad avvicinarsi e sposare la causa GPL. Occorre quindi lavorare insieme per ottenere una più efficace distribuzione dei carburanti gassosi atta a soddisfare sia le esigenze dei distributori sia quelle dei consumatori». Pioniere del GPL per autotrazione fin dal 1958, il fondatore di Unione Gas Auto Nello Rosi ha sempre creduto nell’impiego di carburanti gassosi come soluzione alternativa ai carburanti tradizionali, tanto da avere prima attivamente contribuito al passaggio delle bombole di GPL a bordo dei veicoli all'introduzione di serbatoi fissi, poi alla realizzazione delle moderne pistole di ricarica, divenute standard nazionale. «Rosi non si limitò a seguire e amministrare le sue aziende - specifica Giudi-
Tiziana Giudicelli
celli -, ma intuì e comprese che l’uso del gas per auto andava protetto e tutelato. Fu così che già negli anni ’70 fu tra i fondatori dell’Associazione Nazionale Distributori Stradali GPL. Successivamente si rese conto dell’importanza di un’azione comune di tutti i comparti e nel 1992 fondò il Consorzio Ecogas, che ha presieduto fino alla sua scomparsa nel 2008. Un organismo rappresentativo che ha riunito i costruttori di impianti di conversione a gas, al fine di promuovere e difendere il settore presso i Ministeri competenti, il Parlamento, gli Enti locali e tecnici. Oggi l’associazione è riferimento di tutta la filiera italiana e interlocutore delle istituzioni italiane e internazionali. Se l’Italia è leader quando si parla di gas auto, lo si deve anche all’opera costante di Nello Rosi e della nostra realtà». Diventata quindi uno dei gruppi principali nel settore
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Le istituzioni dovrebbero collaborare per ottenere agevolazioni che inducano il consumatore a sposare la causa GPL
della distribuzione stradale di GPL e metano, Unione Gas Auto opera oggi su tutto il territorio nazionale, occupandosi direttamente dell'installazione e manutenzione degli impianti di trasformazione del carburante. «Già negli anni '90 - continua Tiziana Giudicelli - disponevamo di una rete di distribuzione di 40 punti vendita. Per le benzine abbiamo affiancato il nostro marchio a quelli più prestigiosi fra i quali Agip, Shell, Esso, Repsol. Ci siamo specializzati nell’erogazione di carburanti ecologici, che hanno un costo nettamente inferiore e inquinano meno. In molte stazioni sono presenti bar, auto lavaggi e centri servizio. In un'ottica di modernizzazione e potenziamento del-
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l'attività, tutte le aree di servizio saranno dotate in futuro di punti di ristoro». Ben 70 sono i professionisti, tra impiegati, collaboratori e gestori, che operano per la realtà bolognese e che hanno contribuito a mantenere stabile il bilancio anche in anni difficili come questi. «Da sempre - conclude - puntiamo sull’aggiornamento del personale, degli impianti e delle attrezzature per assicurare e implementare la qualità dei servizi e dei prodotti offerti. Strategie di marketing, attività complementari, uniformazione della rete e compatibilità ambientali a trecentosessanta gradi sono i punti fermi attorno ai quali ruotano espansione e consolidamento di tutte le nostre attività».
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I “motori” della mobilità sostenibile ell’ultimo anno il settore delle auto elettriche si è notevolmente ampliato. C’è una maggiore sensibilità e informazione, soprattutto da parte delle piccole e medie aziende del settore automobilistico e della green economy (elettrauto, autofficine, installatori e rivenditori di pannelli solari e altre energie alternative), che in questo modo intendono diversificare o convertire le loro aziende puntando sull’innovazione. Purtroppo, manca una vera strategia del governo italiano per incentivare l’uso delle auto ecologiche all’interno del territorio e promuovere una nuova cultura della mobilità urbana all’insegna della sostenibilità,
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Officine della Riker Srl di Castelnuovo Rangone (MO) www.riker.it
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La forte sensibilità verso i temi ambientali e i notevoli risultati raggiunti a livello di progettazione e sperimentazione hanno reso Riker una delle capofila operanti nell’ambito della green economy all’interno della Motor Valley Viviana Dasara
come afferma Miria Burani, responsabile marketing e comunicazione della Riker, azienda modenese leader in Italia e in Europa nel settore della mobilità elettrica: «Noi crediamo nel futuro di questo settore e stiamo ancora investendo risorse umane ed economiche, ma serve anche un cambiamento di rotta da parte delle istituzioni, soprattutto delle amministrazioni comunali che investono di rado in questo settore. Non servono tanto incentivi economici, che non guastano mai, quanto soprattutto una
seria e articolata politica di promozione del settore, anche perchè la nostra azienda, ma non solo, sta creando occupazione in un mercato in crisi da anni. La riconversione delle vetture da auto a motore endotermica ad auto a motore elettrico potrebbe risolvere i problemi economici di molti piccoli artigiani, come elettrauto, meccanici, carrozzieri, e creare occupazione». La società che opera nel settore trasversale delle tecnologie per l’ambiente e il risparmio energetico, occupandosi
Miria Burani
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La riconversione delle vetture da auto a motore endotermico ad auto a motore elettrico potrebbe risolvere i problemi economici di molti piccoli artigiani
in particolare della produzione e della commercializzazione di tecnologie per veicoli elettrici puri, ha appena lanciato una nuova sfida progettuale. «Stanno nascendo – prosegue la responsabile marketing e comunicazione – Riker Point un po’ in tutta la nostra penisola e stiamo valutando con persone interessate, la possibilità di avviare partnership anche all’estero. Il nostro obiettivo è di realizzare una rete europea dove i Riker Point siano punti di riferimento per la mobilità elettrica. In questa prospettiva, insieme a Evotek Engineering, società di progettazione consociata, che realizza progetti e prototipi, soprattutto per il settore automotive, abbiamo affiancato altri prodotti per la mobilità
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elettrica e stiamo sviluppando il kit per la vettura per arrivare a prestazioni sempre più interessanti e a una riduzione dei costi che permetta di ampliare le possibilità di acquisto della clientela. Realizziamo anche progetti pilota attraverso i nostri Riker Point. A tal proposito, con il progetto pilota Riker Point Firenze 1 per la “Mobilità elettrica in ambito turistico” le auto sono state brandizzate dagli alberghi che le hanno acquistate e ora circolano tranquillamente per il centro di Firenze». Nonostante la crisi economica, il gruppo Evotek, composto da Riker Evotek Engineering ed Evotek Us, confida nella possibilità che i progetti innovativi possano offrire prospettive di lavoro ed essere una
delle carte vincenti per promuove al meglio la salvaguardia ambientale e il risparmio energetico. «Il progetto Make your smart electric prevede il retrofit di una vettura smart da motore endotermico a motore elettrico. Nel 2008, quando è partito, ci siamo chiesti quale sarebbe stato il futuro dell’auto. Abbiamo valutato che questo futuro nelle città sarebbe stato, senza alternative, legato alla mobilità sostenibile, in particolare quella elettrica. Da uno studio condotto, sia da un punto di vista commerciale che tecnico, abbiamo individuato la smart come la city car più idonea ad essere convertita e commercializzata. Abbiamo investito in questo progetto. Ed eccoci qua». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 139
L’amianto, un rischio ancora da debellare Disporre di nuove tecnologie, seguire le normative in vigore, frequentare corsi di aggiornamento e garantire l’utilizzo di dispositivi di protezione è indispensabile per la bonifica dell’amianto. Andrea Ibatici fa il punto della situazione Serena Tudisco
ttualmente secondo le stime ufficiali del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), nonostante gli sforzi profusi negli ultimi vent’anni per la rimozione dell’amianto, restano ancora da bonificare almeno 32 milioni di tonnellate comparabili a circa 2,5 miliardi di mq di eternit. Il materiale è distribuito fra siti di carattere industriale, artigianale, agricolo e residenziale. Andrea Ibatici, presidente della Ibatici Group, un’azienda modenese specialista nella bonifica dell’amianto e in particolare del cementoamianto, spiega quali sono le principali metodologie di rimozione e smaltimento dei tetti in eternit e quali accorgimenti particolari devono essere presi in questo tipo di attività.
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140 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
«Particolare attenzione va posta nella verifica dello stato di conservazione delle coperture in cemento amianto, punto di partenza fondamentale per capire che genere di intervento realizzare. Una volta verificato il grado di deterioramento delle lastre si potrà procedere con una delle operazioni di bonifica previste dalla vigente normativa: l’incapsulamento che consiste nella stesura di un ciclo di vernici certificate che vanno a ricoprire completamente le lastre di eternit, il confinamento cioè la posa di una nuova copertura sopra quella esistente, la rimozione della copertura in cemento amianto e la posa di un nuovo manto». Inoltre, continua Ibatici «importantissimi in qualsiasi ope-
razione di bonifica sono l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale previsti dalla normativa per la protezione dalla fibre di amianto (tute tyvek e maschere con appositi filtri) e anche tutte le precauzioni necessarie per proteggere i terzi esposti (inquilini, vicini). Ci tengo a precisare che tutti i no-
Andrea Ibatici della Ibatici Group di Modena (MO) www.ibaticigroup.it
Andrea Ibatici
❝ stri operatori hanno frequentato i corsi professionali previsti per la rimozione del cemento amianto e che periodicamente la formazione e l’addestramento vengono aggiornate». Un tema di estremo impatto sociale è la nascita di un sito a risparmio energetico e a impatto ambientale zero da un sito contaminato. Questo processo avviene grazie a una politica aziendale che investe in ricerca, innovazione e sviluppo. «La forza delle installazioni – secondo Ibatici – è quella di essere abbinabili a diverse soluzioni che possono garantire all’utente finale un notevole risparmio energetico e anche la produzione e il consumo in proprio dell’energia elettrica. Riusciamo a installare materiali isolanti con elevate prestazioni di resistenza termica e impianti fotovoltaici per la
produzione di energia, il tutto con spese contenute, questo perché per ogni cliente studiamo la miglior soluzione qualità prezzo, creando un pacchetto su misura. Negli ultimi anni abbiamo investito molto nella ricerca di nuovi prodotti sul mercato per poter fornire soluzioni sempre più all’avanguardia sia dal punto di vista della struttura della copertura che dal punto di vista della sicurezza nei cantieri. Cerchiamo quotidianamente di migliorare, da agosto ci siamo certificati per la qualità e stiamo implementando nuovi sistemi informatici per la gestione dei cantieri, fornendo ai nostri tecnici la possibilità di rimanere costantemente in contatto con l’azienda a livello telematico. Crediamo molto nell’innovazione e investiamo ogni giorno per cercare di migliorarci». L’attività, che si è sviluppata
Particolare attenzione va posta nella verifica dello stato di conservazione delle coperture in cemento amianto, punto di partenza per capire che genere di intervento realizzare
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nei primi anni soprattutto sui territori delle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna con il passare degli anni, ha iniziato a ricoprire l’intero territorio nazionale e per il 2013 la Ibatici Group ha in serbo nuovi obiettivi. La prospettiva migliore sarebbe «innanzitutto ripetere un anno come quello in corso, che ci ha regalato soddisfazioni ma anche notevoli spunti per migliorarci. Stiamo creando una struttura molto flessibile che ci consenta di affrontare con competenza e professionalità le diverse sfide che il mercato costantemente ci propone». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 141
GESTIONE RIFIUTI
Demolizioni e riciclo, la green economy modenese na gestione familiare che fa “largo ai giovani”, pur mantenendo saldi i presupposti della vision e della mission aziendale, l’attenzione al versante green, già in tempi “non sospetti”, la capacità di fidelizzare la clientela, sono i principali strumenti che stanno consentendo alla Fanton Arrigo di mantenersi in attivo. A dare man forte, il consolidamento della società negli
U In questa e nell’altra pagina: alcuni momenti di lavoro per la Fanton Arrigo Srl, che ha sede a Modena www.fantonarrigo.it
La volontà di ricostruzione che stanno mostrando le aziende e i cittadini dopo il sisma ha dato un nuovo slancio all’economia del modenese. Ne parla Arrigo Fanton Anastasia Martini
anni, sulla scia della crescita esponenziale della meccanica, tra i settori di traino per l’economia modenese ed emilianoromagnola. Secondo l’indagine congiunturale pubblicata sul sito di Confindustria Modena e relativa al primo tri-
mestre 2012, tale ruolo viene confermato dai dati, che riportano un incremento di tutti i principali indicatori economici: produzione (più 8,5 per cento), fatturato (più 15 per cento circa), esportazioni (più quasi 28 per cento)
Arrigo Fanton
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Dopo il sisma siamo stati attivi in provincia di Modena nelle operazioni di riciclaggio dei materiali risultanti dalle demolizioni di strutture pericolanti
e occupazione (più 0,6 per cento). Fa eccezione il portafoglio ordini interni (meno 5,37 per cento), mentre quello proveniente dal mercato estero è aumentato di quasi il 15 per cento e le rimanenze di quasi il 23 per cento. A creare una situazione di stasi, i recenti eventi sismici, come rileva anche Arrigo Fanton, amministratore dell’azienda che dal 1964 si occupa della raccolta e riciclaggio degli scarti di lavorazione metallici e non. «Gli eventi in questione ci hanno visti attivi in provincia di Modena nelle operazioni di riciclaggio dei materiali risultanti dalle demolizioni di strutture pericolanti. Inoltre, grazie alla prodigiosa velocità con cui le aziende della parte di Emilia colpita dal sisma hanno ripreso le loro attività, la flessione registrata dalla nostra azienda è stata legata solo a una contingenza. Questo grazie alla volontà di ricostruzione che stanno mostrando le aziende e i cittadini della zona». Attualmente la Fanton Arrigo sta mantenendo una stabilità sul mercato di riferimento, derivata da un’esperienza maturata in
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cinquant’anni di attività. «Siamo partiti – rileva il titolare – come piccola azienda, che, in seguito, cogliendo l’occasione del boom economico che ha caratterizzato anche la meccanica in loco, è riuscita a crescere notevolmente, sia in termini di commesse, che di dotazioni, consentendoci di guadagnare un ruolo di spicco nella commercializzazione di materiali ferrosi e non in tutta l’area regionale. Nel nuovo millennio siamo arrivati a movimentare oltre 10.000 tonnellate di materiale al mese, un andamento che ha portato la dirigenza aziendale ad investire somme consistenti nell’ampliamento degli spazi, valutando anche un radicale mutamento negli assetti societari. Ma è proprio in quegli anni che l’avvento della crisi stravolge la fisionomia dell’economia». La situazione mette in allerta la società, ma non la travolge; al contrario, forte anche di un tessuto economico che riesce a “tenere”, pur tra mille difficoltà. «Quello che ci ha consentito di mantenerci attivi e stabili sul mercato – rileva il titolare – è il fatto di avere puntato a diversi elementi: la green economy,
quando ancora non era di attualità, la capacità di fidelizzare i clienti, adottando un atteggiamento di massima apertura e disponibilità alla collaborazione, ma soprattutto l’attenzione alla valorizzazione dei giovani». Grazie a questi fattori la società, dopo un periodo di lieve flessione, oggi è tornata a raggiungere gli esiti di fatturato precedenti la crisi e affronta il futuro con fiducia «Proprio in virtù delle nuove idee di cui si parlava, – conclude Fanton – puntiamo sempre più a consolidare i know-how maturati nel settore, e il ruolo dell’azienda, che sta diventando un polo di riciclaggio per diverse tipologie di rifiuti. Il tutto, continuando a rivolgerci all’ambiente, alle nuove tecnologie e ai giovani». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 143
EDILIZIA
Investire nell’industria delle costruzioni Semplificare le procedure relative agli eventi calamitosi. Definire una politica di riqualificazione urbana che dia fiato ai costruttori locali e divenga «motore di sviluppo per l’economia territoriale». L’analisi di Gabriele Buia Giacomo Govoni
u dieci aziende che operano nel settore edilizio emiliano-romagnolo, più di otto lamentano una bassa consistenza del loro portafoglio ordini. Sarebbe sufficiente questo dato, estratto dall’ultimo rapporto congiunturale redatto dall’Ance regionale, per sintetizzare il livello di sofferenza in cui versa il comparto regionale delle costruzioni,
S
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alle prese con un progressivo deterioramento dei volumi di attività cantierabili. «Purtroppo la matrice finanziaria di questa situazione – commenta Gabriele Buia, presidente di Ance Emilia Romagna – affligge soprattutto un settore come il nostro, molto legato al sistema del credito». Una dinamica negativa che s’inscrive peraltro in un quadro nazionale delle costru-
zioni, dipinto di recente dal Cresme, non meno preoccupante, soprattutto perché non sembra prevedere una ripresa a breve. Cosa segna il “termometro edilizio” a livello regionale? «Il Cresme fotografa in maniera eloquente quanto sia problematica la situazione del mercato specialmente per il mondo delle costruzioni. Già nella nostra ultima indagine
Gabriele Buia
congiunturale 2011, avevamo preannunciato un 2012 molto difficile e con indici di calo vicini a quelli riportati dal Cresme, che però ha ulteriormente acuito l’allarme. Non potendo esportare per via di una produzione locale non attrezzata su questo fronte, la crisi edilizia ha una ricaduta tipicamente localizzata sul tessuto in cui agisce, ripercuotendosi anche sull’occupazione e i consumi. Le Casse edili stanno registrando una moria di iscritti e temo che nel 2013 assisteremo a un calo di imprese e addetti ancora superiore». Al netto dei risvolti drammatici che ha generato, l’evento sismico che ha colpito l’Emilia può rivelarsi un’inattesa piattaforma di rilancio per le imprese. Come si sta muovendo l’industria regionale delle costruzioni su questo terreno? «Premesso che l’idea di rilanciare l’edilizia emiliana sulle basi di una circostanza calamitosa non è imprenditorialmente edificante, è indubbio che questo evento darà la possibilità a una parte di imprese locali di tenere occupate maestranze e trascorrere così un 2013 senza lo spettro della chiusura. Noi stiamo collaborando con l’amministrazione regionale perché siamo convinti che l’Emilia Romagna possa lanciare segnali positivi all’Italia sul fatto che la ricostruzione ci può essere e si può fare in tempi rapidi. Il governatore ha già emanato diverse ordi-
nanze sul terremoto, a integrazione di una legge nazionale che ha dettato le linee guida». Quali lavori sono in corso nelle zone colpite? «Parte della ricostruzione è cominciata: sto parlando in particolare delle sedi municipali e delle scuole. C’è una questione relativa ai fondi da tenere monitorata, per quanto le ultime notizie ci dicano che entro fine dicembre cominceranno ad arrivare risorse statali per pagare le imprese. Spero che questo impegno transiti in fretta dalla carta alle casse e non si sommi invece ai pesanti ritardi già maturati dalle imprese, alcuni nell’ordine dei due anni. Stiamo cercando di lavorare molto anche sulla regolamentazione del mercato e per fortuna la Regione ci sostiene. Nelle scorse settimane siamo riusciti a ottenere, nell’ambito della ricostruzione, l’obbligo della certificazione che attesti la consistenza economica e la correttezza operativa delle aziende edili impegnate nei cantieri. In questo modo si rende il mercato meno anarchico e al riparo da infiltrazioni». È alle porte un riordino dell’assetto istituzionale che potrebbe riflettersi anche sui piani urbanistici territoriali. Cosa dovrà fare il tessuto emiliano delle costruzioni per ritagliarsi un ruolo da protagonista in questa partita? «Il fatto che si stia ridefi-
nendo il numero delle Pro- Gabriele Buia, vince, costituisce una sfida presidente di Ance Emilia Romagna importante per Ance e determina la necessità di ritarare anche gli equilibri all’interno del tessuto imprenditoriale. Per quanto concerne i Comuni, i piani operativi restano tali per cinque anni e quindi per qualche tempo ancora manterranno la stessa valenza. Quanto alle Province, che erano chiamate a redigere dei piani territoriali di coordinamento provinciale, penso dovranno ridefinirli urgentemente, ricavandone uno per ogni fusione. Fermo restando che i piani operativi esistenti faranno fede finché non ce ne sarà uno unico. Ma la priorità che EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 151
EDILIZIA
-47%
IL CALO DEI MUTUI PER L’ACQUISTO DI IMMOBILI REGISTRATO IN EMILIA ROMAGNA NEI PRIMI SEI MESI DEL 2012
ci siamo prefissi in questa motore di sviluppo per l’ecocruciale fase istituzionale punta a intensificare i rapporti con la Regione». Cosa mettere ai primi posti delle future agende istituzionali locali? «Alla luce di questi cambiamenti, non possiamo farci sfuggire l’occasione di avviare una semplificazione delle procedure degli eventi calamitosi e una nuova volontà di intervenire sul tessuto urbanistico, residenziale e industriale, consolidato. È tempo che parti sociali, amministratori e progettisti facciano una scelta di campo: se davvero vogliamo vincere la scommessa di riqualificare le città secondo modelli europei, dobbiamo riuscire una volta per tutte a dotarci di una normativa all’altezza. Sulla scia di una propensione all’innovazione che l’Emilia Romagna ha sempre mostrato, è il momento che le amministrazioni definiscano una politica sulla riqualificazione urbana in grado di porsi come nuovo
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nomia territoriale». A livello di politiche settoriali di sviluppo, quali provvedimenti ritiene non più rinviabili in un’ottica di ripartenza? «Noi in questo momento stiamo esortando il governo a dare priorità al mondo delle costruzioni. Chiedendo intanto di intervenire sui pagamenti verso le imprese che non possono più permettersi di far da cassa allo Stato o alla Regione. Poi serve sicuramente un piano d’investimenti sulle infrastrutture e uno sulle piccole e medie opere. Penso ad esempio al patrimonio scolastico nazionale, in larga parte non a norma antisismica, da rivisitare in toto. Tornando alle grandi infrastrutture, abbiamo chiesto un intervento sul passante Nord di Bologna che, in quanto opera di portata nazionale, deve esser messa ai primi posti perché, se si blocca il nodo di Bologna, si blocca l’Italia».
Quali misure state sollecitando? «Abbiamo assoluta necessità di riannodare i fili con il sistema della finanza. Dobbiamo restituire linfa agli acquirenti immobiliari, visto che dall’inizio dell’anno in regione l’erogazione dei mutui è calata del 47 per cento. Un fenomeno grave, tenendo conto che in Italia non esiste una bolla speculativa come in Spagna o in Irlanda. Da noi c’è una domanda di mercato con un potenziale molto superiore all’offerta. Il punto è che famiglie e investitori scelgono di attendere, anche per via degli elevati spread bancari. Ecco perché, in un momento in cui è indispensabile far sistema, abbiamo proposto la creazione di un fondo immobiliare nazionale, sottoscritto anche da Cassa depositi e prestiti, che sia garante per le banche. L’intento è rimettere in moto il volano dell’industria delle costruzioni, in primis quella legata al mercato residenziale».
EDILIZIA
Il legno e il green avanzano Ecologiche, economiche, flessibili, antisismiche. Sono le caratteristiche delle case in legno, ormai protagoniste dell’edilizia e dell’architettura green che stanno sempre più prendendo piede, come nota Stefano Di Benedetto Roberta De Tomi
l concetto di eco sostenibilità che sta accompagnando le evoluzioni di diversi settori dell’economia, sta superando quello di Casa Clima, per rivolgersi all’architettura green. A cogliere le implicazioni di questo ambito, è Ingegneria & Ambiente Di Benedetto Srl, azienda che sta raccogliendo sviluppi, che in Europa hanno già attecchito da anni. Al centro dell’attività della società bolognese, resta la bioedilizia, con la costruzione di case in legno, che, comportano molti vantaggi, rispetto a quelle in muratura, sia in termini “ecologici”, che in termini di funzionalità. Stefano Di Benedetto, titolare dell’Ingegneria & Ambiente Di Benedetto Srl, «Un primo vantaggio di queche ha sede a Bologna sto tipo di struttura – spiega www.ingegneriaeambiente.eu Stefano Di Bendetto, titolare della società – è l’elevato confort termico, favorito dall’impiego sia del legno, che della lana di roccia Rockwood. Il legno è infatti un buon isolante termico e oppone una resistenza che è 300-400 volte più alta rispetto a quella dell’acciaio e 7-10 volte superiore rispetto al cemento. A determinare tale isolamento, sono due placche di lana roccia dello spessore di 160 millimetri,
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posizionate nei muri esterni, tra le travi della mansarda. La presenza combinata di questi due materiali consente di abbattere i costi del riscaldamento del 60-80 per cento, consentendo, quindi un notevole risparmio economico, che va di pari passo con la riduzione di emissioni dannose per l’ambiente». La vocazione green di questi edifici si esprime nei materiali, ma anche nei vantaggi legati alla manutenzione. «I costi relativi – continua il titolare dell’Ingegneria & Ambiente Di Benedetto srl– sono molto ridotti rispetto a una grande casa tradizionale;
Il verde architettonico scendono infatti da circa 300 euro al mese, nel caso di una casa comune con riscaldamento a gas, a meno di 100 euro mensili, se si tratta di una casa ecologica». A contenere i costi, è anche l’abbattimento dei tempi di realizzazione, suddivisi in diverse fasi. Le strutture della casa green vengono realizzate in ambienti riparati dalle intemperie e in cui vengono garantite condizioni di assenza di umidità dei materiali, che sono sottoposti a un attento monitoraggio. Una volta pronte, le strutture vengono trasportate nel luogo indicato, dove sono già state allestite le fondamenta. Grazie alla tecnologia tedesca impiegata, il tempo necessario alla fabbricazione dei
La Ingegneria & Ambiente Di Benedetto Srl progetta e realizza coperture pensili, verde verticale, biolaghi e giardini, avvalendosi della professionalità di un team di agronomi, paesaggisti e architetti e collaborando in maniera continuativa con aziende di ricerca per proporre soluzioni innovative. Il verde architettonico ha un ruolo strategico in ogni intervento della società, in quanto, oltre a favorire le variazioni microclimatiche, consente la depurazione dell’aria, l’attenuazione dei rumori, l’azione antisettica, la difesa del suolo, la depurazione idrica e la conservazione della biodiversità. Tutti questi elementi da salvaguardare vengono contemplati all’interno di un progetto, in cui vengono considerante le variabili, sulla base delle peculiarità del singolo intervento da attuare.
muri di un edificio con una superficie di 200 metri quadrati circa, è al massimo di sette giorni. Per il montaggio della variante Basic, occorrono tra i 3 e gli 8 giorni lavorativi, in base alla complessità del progetto. Un altro vantaggio legato all’allestimento di questo tipo di struttura, è che questo può essere effettuato in qualsiasi momento dell’anno e a qualsiasi temperatura esterna,
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EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 155
EDILIZIA
Dentro il verde: il biolago ❯❯ aspetti questi che non influiscono sui lavori, grazie alle proprietà isolanti degli edifici. Poste tutte queste condizioni, sulla base della specificità del progetto, il termine dei lavori si pone in un tetto massimo di 60 giorni, una durata che è 3-4 volte inferiore di quella richiesta per la costruzione di un edificio “classico”. Un’altra proprietà della struttura, che si presta a progetti “chiavi in mano”, è l’antisismica. «Il rischio sismico basso – afferma Di Benedetto – dipende dall’elasticità del legno e degli elementi metallici di presa. I muri in x-lam, 156 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
Il biolago è un bacino d’acqua dolce ecosostenibile che, a differenza delle piscine convenzionali, depurate con l’apporto di additivi chimici, si avvale dell’esclusiva azione fitodepurativa, calibrata sulle dimensioni del bacino. I vantaggi di un biolago sono sia estetici che funzionali: il bacino d’acqua è sfruttabile 365 giorni all’anno, avendo la forma naturale di un laghetto che lentamente digrada verso la zona più profonda, comprendendo zone di acqua bassa che aiutano a riscaldare l’intero bacino. In tal modo si consente l’utilizzo per la balneazione per un periodo che va oltre quello estivo, mentre durante i mesi più freddi rimane un pregiato elemento decorativo, contestualizzato nella natura circostante.
Stefano Di Benedetto
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Il legno lamellare stratificato con tecnologia x-lam, utilizzato per solai e tetti, offre la possibilità di realizzare maggiori aperture degli spazi abitabili
con la loro funzione di struttura statica autoportante, assicurano un comportamento elastico della struttura nel suo insieme, evitandosi nella concentrazione degli sforzi, che vengono dissipati. Le case realizzate con tali modalità costruttive, possono resistere a scosse di almeno 8 gradi sulla scala Richter». Un edificio resistente e sicuro, la cui durata è garantita 80 anni, in quanto realizzato con materiali di qualità, selezionati da esperti, dopo una fase di oculate ricerche. La longevità del legno, proveniente dalla Germania, deriva dai trattamenti cui viene sottoposto. Viene infatti essiccato in appositi forni, dove l’umidità viene portata al 1218 per cento, eliminando in tal modo il rischio che si formino fessure. Il legno lamel-
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lare stratificato, utilizzato per solai e tetti, offre la possibilità di realizzare maggiori aperture degli spazi abitabili, senza la necessità di colonne intermediarie nei locali; al contempo consente anche di gettare la cappa in calcestruzzo sopra le travi del solaio, evitando l’effetto della loro curvatura. Il materiale che viene utilizzato principalmente per il rivestimento delle pareti all’esterno della casa, sono i pannelli Osb tipo 3, che hanno proprietà idrofughe e ignifughe. Il design flessibile e i prezzi contenuti sono gli altri aspetti degli edifici in questione. «Le case di legno – dichiara Di Benedetto – sono compatibili con qualunque tipo di progetto di architettura, indipendentemente dalla sua complessità. Per
quanto riguarda il costo i vantaggi sono in evidenza. Nella maggior parte dei casi è quasi impossibile determinare il costo finale di una casa, in quanto la sua costruzione vede coinvolte diverse figure professionali. Per quanto riguarda l’edificio ecologico, il risparmio si nota già dalla fondazione, a causa del peso relativamente ridotto della sovrastruttura in legno rispetto alla classica struttura in muratura. Inoltre, i muri x-lam hanno pienezza sia in piano orizzontale che in piano verticale, vantaggio che si traduce nella riduzione di almeno tre volte del costo della manodopera e dei materiali necessari per le finiture finali. Grazie alla messa a punto di case quasi prive di deviazioni, con vuoti per infissi, solai piani e un tetto perfetto, è possibile preventivare i prezzi del progetto, ideato sulle specifiche del committente, che vede eliminati i costi supplementari imprevisti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 157
EDILIZIA
L’edilizia tra versatilità e diversificazione Il ruolo sul mercato, i materiali da lavorare, i prodotti da presentare e la clientela a cui rivolgersi sono gli elementi da diversificare per rendere l’attività edile più competitiva e agguerrita. L’esperienza di Maurizio Inzani Emanuela Caruso ersatilità e diversificazione. Sono questi gli elementi che oggi permettono alle imprese dei vari comparti dell’edilizia di rimanere a galla e mantenere una buona posizione di mercato nonostante la crisi economica. Due peculiarità che non comprendono solo un’organizzazione dinamica e flessibile, capace di stare al passo con i cambiamenti del mercato, e una grande varietà di campi in cui operare e specializzare l’azienda, ma che rendono fondamentale anche l’aver creato negli anni un bacino d’utenza ampio ed eterogeneo, così da garantire commesse continue e sempre diverse. Sono proprio questi i meccanismi organizzativi, ge-
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La Piacenza Pannelli ha sede a San Giorgio Piacentino (PC) www.piacenzapannelli.it
stionali ed economici ben chiari all’impresa Piacenza Pannelli, che da nove anni si occupa di materiali e sistemi per l’isolamento termico e acustico e componenti per allestimenti civili, industriali e architettonici. «Sin dall’inizio della nostra attività – spiega Maurizio Inzani, legale rappresentante della Piacenza Pannelli – abbiamo cercato di diversificare il nostro lavoro, i nostri ambiti operativi e la clientela. Oggi siamo quindi specializzati nella consulenza agli utenti, nella commercializzazione dei materiali e nella loro messa in opera definitiva. Gli ambiti lavorativi in cui facciamo sentire la nostra presenza sono quelli delle coperture industriali e abitative, della refrigerazione industriale,
delle facciate architettoniche, della compartimentazione di ambienti per la resistenza al fuoco, dello smaltimento eternit, e della messa in opera di coperture destinate a ricevere moduli fotovoltaici. Non finisce qui, però, perché alla vasta gamma di produzioni in pannello coibentato, affianchiamo anche un insieme di prodotti complementari e accessori, tra i quali lastre di policarbonato e lattonerie». E grande importanza è stata data poi alla tipologia di utenti a cui potersi rivolgere, tanto che la Piacenza Pannelli gode di diversi clienti a seconda del ruolo che deve ricoprire nelle commesse ricevute. «Come agenzia – continua il signor Inzani – ci rivolgiamo al mercato delle costruzioni indu-
Maurizio Inzani
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Tutti i nostri lavori richiedono uno studio preventivo legato sia alla parte strutturale sia alla progettazione degli elementi in lattoneria
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striali, zootecniche e civili, a cui ofriamo preventivi e specifiche tecniche; nel ruolo di distributore, abbiamo invece a che fare con il settore della serramentistica, con i fabbri e i privati; infine nella funzione di installatore, ci occupiamo della realizzazione di tetti civili e industriali, celle frigorifere e insonorizzazioni». La Piacenza Pannelli, nata dalla volontà di due tecnici e un agente di commercio, usciti dall’azienda Sis.Co, di affiancare i grandi produttori al fine di rendere più gestibile la piccola distribuzione e la presenza sul mercato nelle zone adia-
centi, ha saputo selezionare con cura le proprie aziende partner. «Abbiamo scelto i nostri partner in base all’ottimo rapporto qualità - prezzo dei loro prodotti, all’elasticità della loro attività e alla competenza tecnica dimostrata. Per il comparto dei pannelli termoisolanti, collaboriamo con la Silex di Cesena, caratterizzata da una grande voglia di crescere e innovare il settore e dalla ricerca continua della massima efficienza tecnica degli articoli; mentre per il ramo delle lamiere grecate, ci siamo rivolti alla Sandrini Metalli di Costa Volpino (BG), dotata di enormi capacità produt-
tive, di una vastissima tipologia di prodotti e materiali e di una grande disponibilità nel valutare e studiare le soluzioni più adatte a soddisfare le necessità e le richieste della clientela». Grazie a queste oculate strategie, ad attrezzature sempre aggiornate e a una buona autonomia operativa, la società Piacenza Pannelli è riuscita a crescere nonostante le difficoltà del mercato e dell’attuale periodo economico, conquistando così importanti cantieri sia a livello pubblico che privato. E per il futuro si aspettano ancora grandi cose. «Come prospettiva per l’immediato futuro – conclude il socio di Inzani, Silvano Magnani – ci siamo prefissati l’obiettivo di creare un comparto produttivo, da affiancare alle attuali lavorazioni, dedicato alla trasformazione dei prodotti della nostra gamma e alla costruzione di casette da giardino, garage e box insonorizzati. Così facendo diversificheremo ancora di più la nostra attività e saremo in grado di acquisire nuova clientela e nuove porzioni di mercato». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 159
MATERIALI
L’antisismica guarda a nuovi laterizi Soluzioni di nuova concezione, compatibili e integrabili all’interno di una struttura antisismica, sono state sviluppate a seguito di attente analisi e confronti con tecnici, secondo criteri di qualità, rigorosamente green Anastasia Martini
n’occasione per rivedere metodi di costruzione, mettendo a punto soluzioni innovative, in cui i materiali, rigorosamente certificati e realizzati secondo specifici criteri di qualità ed eco sostenibilità, giocano un ruolo strategico. Strategie “obbligate”, ma anche nuovi percorsi, descritti dai dirigenti della Fornace San Lorenzo: «Il sisma che ha colpito la Bassa modenese, ha recato gravi danni al patrimonio storicoculturale, ai capannoni industriali e alle abitazioni civili. Questi eventi hanno obbligato a riconsiderare metodi di costruzione che erano dati ormai come acquisiti e certi. Pertanto, si è cercato di capire perché alcune abitazioni fossero crollate, mentre altre, apparentemente simili, non avessero subito alcun danno. Da qui, avvalendoci del confronto con esperti e tecnici, abbiamo cercato di elaborare una soluzione valida».
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La Fornace San Lorenzo Spa ha sede in località Ubersetto di Fiorano Modenese (MO) fornacesanlorenzo@libero.it
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Forte di una competenza consolidata in mezzo secolo di attività, in un territorio quale quello modenese, ricco di aziende tecnologicamente avanzate, la Fornace San Lorenzo ha cercato di cogliere le opportunità offerte da una situazione, prospettata come “nera”. «Le pareti di laterizio che hanno subito danni durante il sisma, non lo hanno fatto tanto per inidoneità del materiale, quanto per l’errata concezione del sistema strutturale. Da ciò è sorta la necessità di plasmare una forma di mattone che potesse integrarsi perfettamente alle tecniche di progettazione antisismiche, studiando la nostra versione della muratura armata, sia verticale che orizzontale. Abbiamo quindi messo a punto alcuni pezzi di nuova concezione, pensati per lavorare con l’intelaiatura di ferro e sistemati nei punti strategici di una costruzione, in particolare, gli angoli e le aperture». L’elaborazione di nuove solu-
zioni rappresenta il culmine di un modus operandi improntato sulla ricerca di materiali idonei a soddisfare le esigenze del mercato di riferimento; da sempre la Fornace San Lorenzo, tra le prime aziende a sposare le finalità del protocollo di Kyoto, si avvale di argille locali di primissima qualità, prive di impurità per realizzare i propri laterizi, seguendo processi produttivi eco sostenibili. E la certificazione è un altro strumento distintivo, per affrontare la paralisi che sta interessando il settore delle costruzioni in maniera gravosa. «Per quanto ci riguarda, la sfida maggiore è stata rimanere su un mercato che ha registrato un vertiginoso calo di vendite, dopo alcuni anni già difficili. Per affrontare la situazione, abbiamo rivisto la nostra filosofia produttiva, puntando soprattutto alla qualità, requisito per soddisfare le richieste del cliente, inteso come utilizzatore finale dell’immobile;
Stefano Serafini
per questa ragione abbiamo conseguito proprio quest’anno (il più critico per il mercato) la certificazione sulle caratteristiche di prodotto per i materiali da solaio: la Uni En 15037-3: A1, Categoria I con sistema di controllo 2+, ovvero certificato da un ente esterno». La società non ha quindi ce-
duto alla tentazione di tagliare sui costi, rivolgendosi piuttosto al sistema regolatorio che, nello sviluppo di soluzioni innovative e green, oltre che antisismiche, l’ha posta di fronte a un importante problem-solving operativo. Durante questo percorso, vi sono stati numerosi momenti di confronto con tecnici, che «Hanno
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A seguito degli eventi sismici, abbiamo sviluppato alcuni pezzi di nuova concezione, che si integrano perfettamente alla struttura antisismica
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avuto riscontri positivi, soprattutto relativamente allo studio di materiali alternativi e al recupero di materie prime seconde. Già adesso la nostra produzione si basa in buona parte sull’utilizzo di materiali a bassissimo impatto ambientale; presto dovremo essere in grado di poter recuperare altri tipi di materiali, anche sotto forma di prodotti non destinati direttamente al mercato delle costruzioni. E per il futuro intendiamo proseguire su questa strada, strutturata secondo tappe definite in interventi necessari, focalizzati sulle ricerche di laboratorio, il risparmio energetico e la cura del marketing». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 165
MATERIALI
Nuovi materiali per un’edilizia green Dalla progettazione delle superfici, alla selezione dei materiali più adatti, dall’assistenza alla realizzazione della posa in opera. Alberto Selva di Linoleum Bologna sostiene l’importanza della diversificazione nel settore edile Valeria Garuti
attuale disagio economico che sta mettendo in difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese del nostro paese ha portato il settore dell’edilizia a rilevare un considerevole calo del mercato residenziale. L’azienda leader in Emilia Romagna per finiture interne Linoleum Bologna ha compensato questa si-
L’
Esposizione con piccole realizzazioni della della Linoleum Bologna Srl di Castenaso (BO) www.linoleumbo.it
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tuazione grazie alla diversificazione dei servizi, caratterizzata da un maggiore coinvolgimento nel terziario e nel pubblico. «Per una serie di cantieri che avevamo acquisito da tempo – spiega Alberto Selva – quest’anno il nostro risultato economico è stato soddisfacente. Abbiamo invece avuto maggiori difficoltà per quanto riguarda l’aspetto
finanziario, in quanto una buona parte di mercato ha evidenziato una notevole sofferenza nei pagamenti». Quasi un secolo di esperienza, abbinata alla forte conoscenza di tutte le tecnologie che compongono la realtà in questione, hanno permesso all’azienda bolognese di offrire soluzioni complete e diversificate, al fine di soddisfare ogni requisito tecnico e estetico. «Proponiamo le tipologie più esclusive di pvc, moquette e linoleum – aggiunge Selva –, materiali che hanno lo scopo di soddisfare sia le esigenze igieniche sia quelle del comfort e dell’estetica. Oggi collaboriamo con molte delle istituzioni pubbliche del capoluogo emiliano, realizzando anche aree che necessitano di pavimentazioni igieniche particolari come sale operatorie, aree di degenza e palestre. Negli ultimi anni la nostra struttura si è specializzata ulteriormente nell’esecuzione di lavori completi, cor-
Alberto Selva
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I prodotti eco green riscontrano grande interesse sul mercato di oggi, che non si accontenta più solamente dell’estetica
redando il know-how progettuale con la selezione dei materiali più adatti, l’assistenza ai clienti per le tecniche di posa e l’utilizzo di attrezzature sempre più all’avanguardia». È a Villanova di Castenaso (BO) che Linoleum permette ai clienti di constatare di persona la qualità e il design dei prodotti, grazie a un grande show room. «Da tempo abbiamo scelto – continua il geometra – di presentare nella nostra sala mostra una vasta gamma di prodotti ecocompatibili a basso impatto ambientale. Si tratta di materiali che rilasciano nell’aria circostante principi attivi che igienizzano l’aria, e altri che invece prevengono la formazione di funghi e batteri nell’ambiente. I prodotti eco green riscontrano grande interesse sul mercato di oggi, che non si accontenta più solamente dell’estetica che suscita emozione, ma è anche attento a migliorare la qualità della vita e al rispetto dell’ambiente». La completezza unita alla qualità dei servizi offerti ha quindi
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permesso a Linoleum di ottenere un’immagine di prestigio che le ha permesso di essere protagonista in tutti gli interventi più importanti realizzati in ambito provinciale nell’edilizia pubblica e privata. «L’affidabilità è sicuramente il miglior requisito che le viene riconosciuto dal mercato. La selezione delle maestranze con le quali affronta i lavori e i continui aggiornamenti formativi sui nuovi prodotti di utilizzo a cui li sottopone, ha fatto sì che in questi anni sia diventata l’azienda di riferimento del settore. Il continuo confronto con le più importanti aziende fornitrici, tutte rigorosamente italiane e la profonda collaborazione quotidiana allo sviluppo di progetti lavorativi le ha permesso di stabilire accordi di partnership molto forti, tali da potere usufruire di condizioni di
acquisto molto vantaggiose, che trasmette alla propria clientela. Ha inoltre sempre puntato molto sui giovani. Probabilmente è l’azienda del settore con il personale che ha l’età media più bassa». Considerando la grande influenza dell’industria edile sul prodotto interno lordo nazionale, Alberto Selva auspica a una cambiamento di tendenza radicale nei prossimi anni, con politiche governative e bancarie soprattutto a sostegno proprio dei giovani, da sempre volano del settore edile. «Ci siamo organizzati in modo da essere in grado di proporre sul mercato le migliori opportunità di acquisto riguardanti pietre naturali e ricomposte, pavimenti in legno, mosaici e gres. Tutto questo accompagnato da sanitari, mobili per il bagno e accessori selezionati nei giusti abbinamenti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 167
Strutture metalliche, diversificazione in corso Un settore forse non pronto a interfacciarsi con l’estero, a causa dell’elevata concorrenza e dei materiali molto pesanti che implicano costi di trasporto elevati. Maria Pia Mambelli spiega che il mercato delle strutture metalliche può avere altri sbocchi Valeria Garuti
l settore della costruzione di strutture metalliche sta attraversando, come altri in questo momento, un periodo difficile e, proprio per questo motivo, porre attenzione ai servizi offerti alle aziende clienti diventa una prerogativa assoluta. Leader nella costruzione di strutture in metallo industriali e civili, la Naldi Carpenterie di Predappio (FC) cerca costantemente di ampliare e diversificare la propria gamma di servizi, in linea con le continue evoluzioni del mercato. Una diversificazione che rappresenta un evidente vantaggio
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perché i clienti possono interfacciarsi con un unico interlocutore, professionale, esperto e affidabile. «La nostra impresa - afferma Maria Pia Mambelli della Naldi Carpenterie -, operativa da circa quarant’anni, ha fatto della diversificazione la propria forza. Siamo nati con l’obiettivo di produrre strutture metalliche applicate al settore della zootecnia e negli anni ci siamo estesi al settore delle strutture industriali, civili e commerciali, fra le quali capannoni, torri multipiano, ponti, scale e soppalchi. Oggi curiamo tutti gli aspetti, dalla
Maria Pia Mambelli
45% AUMENTO DI FATTURATO DAL 2010 AL 2011. PER L’ANNO IN CORSO SI STIMA UN ULTERIORE ACCRESCIMENTO
Sopra, ponte aereo di collegamento degli stabilimenti Orogel attraverso via Dismano a Cesena (FC). Nella pagina acanto, ponte in via Visdomina a Montaletto nel Comune di Cervia (RA) e struttura atrio di ingresso del centro commerciale “Panorama” di Alessandria www.naldicarpenterie.it
progettazione esecutiva, fino alla realizzazione delle strutture in officina e al montaggio in cantiere. Siamo inoltre in grado di fornire la struttura completa di ogni suo accessorio utile a realizzare un prodotto finito a regola d’arte». Questa vincente filosofia aziendale ha permesso a Naldi Carpenterie di chiudere il bilancio del 2011 con un aumento del 45 per cento rispetto all’anno precedente, e quest’anno le stime sono addirittura migliori. I progetti realizzati sono numerosi e riportano caratteristiche molto diverse l’uno dall’altro. «In questo momento continua Mambelli - ci stiamo occupando della sezione arrivi dell’aeroporto Malpensa di Milano. Si tratta di un progetto ambizioso e di cui siamo
molto fieri, anche se spesso, considerando la struttura nella quale operiamo, siamo costretti a lavorare in tempi molto ristretti, per non ostacolare le normali attività dell’aeroporto. Allo stesso tempo abbiamo ottenuto l’appalto dalla “Regione Emilia Romagna” per la costruzione di 91 moduli prefabbricati abitativi nel comune di Concordia sulla Secchia, colpita dal terremoto di maggio 2012. Anche in questo caso la nostra rapidità agevola i lavori. Dobbiamo infatti terminare il progetto in 50 giorni solari». L’azienda di Forlì Cesena è molto sensibile anche al tema degli investimenti in termini di nuove tecnologie. È stato infatti acquistato un impianto che consente la costruzione di travi a doppio T in acciaio, che
non si trovano sul normale mercato dei profilati, e vengono utilizzate per la costruzioni di ponti, viadotti e strutture di grandi dimensioni. «Commerciamo principalmente con l’Italia - conclude - e ultimamente lavoriamo in particolare con il Nord. A mio parere il nostro settore non è ancora pronto a interfacciarsi con l’estero a causa dell’elevata concorrenza che caratterizza certi mercati. La nostra manodopera risulta molto cara, in quanto siamo costretti a pagare contributi e altre spese per quasi lo stesso costo dello stipendio di un nostro lavoratore. Inoltre trattiamo materiali molto pesanti e i costi di trasporto per il loro spostamento dall’Italia all’estero risultano alquanto elevati». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 171
Bologna chiede un aeroporto più competitivo
Per chi si occupa di logistica, stoccaggio e trasferimento merci, la sfida è avvicinare sempre di più i mercati e accorciare i tempi di transito. Su questo l’aeroporto di Bologna deve ancora fare dei passi avanti. Ne parliamo con Damiano Masetti Nicoletta Bucciarelli
Dynamic Freight ha la sede principale a Bologna www.dynamicfreight.com
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ologna non deve solo spostare i vacanzieri. Per crescere come aeroporto dovrebbe avere come minimo tre voli settimanali, o meglio voli giornalieri, su New York e su Shanghai. Sono estremamente convinto che tutta la regione, oltre anche alle Marche e alla Toscana, ne gioverebbe. Credo che tutte le istituzioni locali dovrebbero aiutarci in questo progetto». È questa l’opinione di Damiano Masetti, amministratore della Dynamic Freight di Bologna, azienda di servizi trasporti aerei e marittimi internazionali che ha saputo essere lungimirante, ritagliandosi una fetta di mercato importante su un settore particolare. «Vent’anni fa quando abbiamo iniziato quest’avventura, per distinguerci dalle multinazionali
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dei trasporti internazionali l'unica strada da percorrere era quella di esporci in prima persona con servizi dedicati principalmente al settore fashion e settore fieristico di qualsiasi genere, puntando ovviamente sul servizio e sulla nostra professionalità. Ogni nostro committente ha un contatto dedicato con le persone del nostro staff e cerchiamo sempre di consigliare al meglio sia a livello di costi che di servizi». La crisi è arrivata a colpire in ogni caso anche questa particolare nicchia di mercato. «Oggi è molto più difficile portare avanti questa filosofia, soprattutto perché tutti vorrebbero il meglio a costi ridotti, ma non sempre è possibile. In ogni caso siamo riusciti a fidelizzare molti clienti nei mercati più importanti del mondo, riuscendo a ottimizzare i costi di trasporto. Il segreto è quello di comprare
Damiano Masetti
in anticipo spazi aerei vuoti per pieni; di conseguenza possiamo offrire prezzi estremamente competitivi». Una competitività che per la Dynamic Freight ha coinciso anche con lo specializzarsi su spazi aerei in particolare. «Le nostre aree di competenza – specifica Masetti – sono soprattutto gli Stati Uniti, il Canada, la Corea, il Giappone, la Cina, il Marocco, l’India e gli Emirati Arabi. Con queste tratte abbiamo collegamenti giornalieri e siamo in grado di curare la dogana di destino e consegnare le merci fino al cliente finale. In questo modo possiamo consigliare il committente su come impostare i documenti di spedizione, sull’etichettatura delle merci e sui problemi che possono nascere riguardo l’origine delle merci. Questi aspetti sono molto importanti nel settore fashion; è necessario sapere in anticipo quali rischi si possono incontrare nel commercializzare prodotti made in Italy non di origine preferenziale. La materia doganale è talmente vasta che solo con un costante aggiornamento e una scrupolosa cono-
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In America siamo presenti con nostri magazzini per occuparci anche dello stoccaggio e della distribuzione su tutto il territorio
scenza della materia si può offrire un servizio completo. Oggi per affrontare i mercati internazionali non basta avere un ottimo prodotto, bisogna essere in grado di avere un servizio di trasferimento veramente eccellente. Basta sbagliare un dazio d’importazione e automaticamente il prezzo del prodotto diventa fuori mercato. Noi conosciamo bene queste problematiche e solo sapendole divulgare nel modo corretto riusciamo a essere veramente dei professionisti nel settore». Le richieste maggiori arrivano da export su mercati come Russia, Cina o India, paesi con regole doganali ferree. «Per questo in Cina operiamo con 7 uffici nelle principali città, per riuscire a coprire tutto il territorio. In quattro anni abbiamo triplicato il traffico sia import che export. In America siamo presenti con nostri magazzini per occuparci anche dello stoccag-
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gio e della distribuzione delle merci su tutto il territorio Usa. La sfida è avvicinare sempre di più i mercati e accorciare i tempi di transito. Per questo le infrastrutture in Italia devono migliorare. Bologna ad esempio è un nodo ferroviario e autostradale importante per l’Italia, ma come aeroporto deve diventare più competitivo. Per essere alla pari con i nostri maggiori competitor europei siamo infatti costretti a trasferire le merci di notte via camion. Pensi che vantaggi potrebbero trarne sia i passeggeri che le aziende di tutto il Nord Est se avessero la possibilità di partire con voli diretti da Bologna. A riguardo qualcosa è già stato fatto conclude Masetti -, oggi siamo collegati con volo giornaliero su Mosca. Speriamo che questo primo volo diretto dia risultati e incoraggi ad aprire nuove rotte».
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La logistica si rilancia Con oltre vent’anni di esperienza nel settore e grazie allo sviluppo di strategie tese alla differenziazione del prodotto e alla qualità dei servizi e processi aziendali, Barbara Pilla fa il punto sull’innovazione tecnologica che entra nel magazzino Viviana Dasara
Fasi di lavoro della Comed Srl di Grazzano Visconti - Vigolzone (PC) barbara.pilla@comedlogistica.it
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n un periodo dominato dalle turbolenze della zona euro e dall’incertezza della crescita economica mondiale con le relative ripercussioni sui volumi delle esportazioni, il comparto logistico europeo segna una crescita a sorpresa comunque caratterizzata da un atteggiamento sempre più cauto. La logistica è uno dei business a più alto rendimento e prospettive di crescita in Italia. I sistemi di stoccaggio e distribuzione dei materiali fanno parte integrante di ogni sistema logistico, e rappresentano l’anello della catena che congiunge produttori e consumatori. Con una struttura distributiva a dif-
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fusione capillare sul territorio piacentino la Comed è un’azienda leader nei sistemi di stoccaggio e distribuzione di materiali sia alimentari che non e di stoccaggio dei pallets di prodotti di vetro, della preparazione e spedizione carichi con servizi di carico e scarico container. Per far fronte alla crisi ed essere più versatili e competitivi sul mercato, l’esperienza accumulata in anni di lavoro nel settore logistica ha permesso alla società di rispondere alle nuove esigenze richieste, puntando sulla differenziazione della clientela e sviluppando l’attività del proprio polo attraverso l’efficienza dei processi e dei flussi di materiali con un unico si-
Barbara Pilla
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Crediamo nell’innovazione tecnologica per lo sviluppo competitivo e sostenibile del sistema logistico
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stema informativo e gestionale. «Per il nostro principale cliente che opera nel settore alimentare – racconta Barbara Pilla, titolare della Comed –, in particolare nella produzione di conserve di pomodoro, abbiamo dovuto reimpostare totalmente l’attività prevista da luglio a settembre. La cosiddetta “campagna del pomodoro” ha richiesto un drastico
aumento dei turni, con ritmi di lavoro molto serrati, per poter svolgere in maniera efficiente ed efficace la gestione dello stoccaggio, aumentare le potenzialità di movimentazione e l’andamento del flusso dei materiali all’interno del magazzino. Per fortuna la crisi nel settore alimentare del pomodoro si è sentita relativamente poco, quindi anche la nostra attività non ha subito rallentamenti». La Comed inoltre vanta all’interno della propria area la presenza di una società, la Farnese Multiservice, con linee di confezionamento in grado di ottimizzare e minimizzare i costi di movimentazione nelle principali aree funzionali del magazzino e quindi di garantire una gestione ottimale del rice-
vimento merce dalla produzione, confezionamento, stoccaggio, allestimento ordini e spedizione. Attualmente la società si dichiara aperta e attenta a nuove opportunità, capace di vincere le sfide del momento per la formazione di nuovi equilibri economici con investimenti in ricerca e sviluppo, come sottolinea la titolare: «Crediamo nell’innovazione tecnologica per lo sviluppo competitivo e sostenibile di un sistema logistico all’avanguardia e come strumento valido all’ottimizzazione delle procedure e delle tempistiche di lavoro. Il nostro obiettivo è infatti il miglioramento dei processi e il potenziamento del sistema basato su un flusso di informazioni costante e puntuale in grado di garantire l’aggiornamento continuo e necessario alla standardizzazione dei cicli produttivi e alla riduzione dei costi di gestione. Partendo da una mappatura del magazzino costantemente aggiornata è possibile risparmiare sui tempi di preparazione delle spedizioni e sullo stoccaggio delle merci. La gestione di sistemi informativi e tecnologici innovativi applicati alla logistica deve essere in grado cioè di erogare un servizio logistico inteso nella sua concezione più ampia, come capacità di rendere disponibile il prodotto giusto nel posto giusto, al momento giusto, e al costo giusto». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 175
LOGISTICA
La logistica per la moda cresce “online” on esistono per ora nuovi mercati, la tecnologia razionalizza i vari processi di lavorazione ottimizzando tempi e costi. Diciamo quindi che è la qualità del servizio offerto che fa la differenza nel nostro settore». Giorgio Ferrari e il figlio Pier Filippo, (entrato di recente in azienda), titolari della Kast, società che da trent’anni si occupa di logistica per la moda, valorizzano la tecnologia informatica, le cui evoluzioni hanno permesso di abbattere i confini geografici, completando il concetto di mercato globale. «Po-
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In queste pagine: alcuni momenti di lavoro presso la Kast Srl, che ha sede a Carpi e Soliera (MO) www.kastservice.it
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L’e-commerce rappresenta una frontiera aperta per aziende che si occupano di logistica per l’abbigliamento. Come notano Giorgio e Pier Filippo Ferrari della Kast, investire in questo ambito rappresenta una carta vincente, nel quadro di un mercato molto difficile Anastasia Martini
ter proporre ai clienti – affermano i titolari – la gestione dei nuovi servizi come le vendite online, ai giorni nostri è basilare, e noi che abbiamo puntato a questo campo, sviluppando sinergie con altre imprese per creare una forza sul mercato composta da professionisti di diversi ambiti convergenti (la logistica, i pro-
grammatori, le piattaforme web, il web marketing), stiamo avendo ottimi riscontri su questo versante». Attualmente il principale mercato della Kast resta ancora quello locale del distretto del tessile di Carpi, grazie a rapporti instaurati in loco con imprenditori e commercianti. L’attività online, vera e propria frontiera aperta al futuro, rientra però nel percorso evolutivo dell’impresa, nata come stireria e in seguito orientata alla logistica, abbinando inizialmente all’attività “d’origine” la preparazione delle spedizioni. In seguito la Kast ha approfondito le proprie competenze nella preparazione delle spedizioni al dettaglio. «A quei tempi – affermano i Ferrari – si lavorava senza supporti informatici e strutture dedicate. La situazione è cambiata quando abbiamo iniziato a collaborare con un’azienda di maglieria: il conseguente aumento del la-
Giorgio e Pier Filippo Ferrari
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Le ultime iniziative riguardano l’apertura del laboratorio interno per il controllo qualità delle merci e lo sviluppo su piattaforma informatica della gestione dell’e-commerce
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voro, ci ha portati a dotarci di sistemi informatici». A oggi la Kast gestisce una grande e complessa varietà di operazioni che vanno dall’ingresso merci allo stoccaggio, dal picking (raccolta dei capi secondo i protocolli di imballaggio) all’imballaggio stesso, fino al conto deposito, alle spedizioni, al ricondizionamento (stiro, ripasso e imbusto) dei capi provenienti dai luoghi di produzione, ai riassortimenti, alla gestione di campionari e resi di stagione, fino alle nuove attività per l’e-commerce e il controllo qualità delle merci. «Le ultime iniziative cui ci siamo dedicati – continuano i titolari – riguardano l’apertura
del laboratorio interno per il controllo qualità delle merci e lo sviluppo su piattaforma informatica della gestione dell’ecommerce (ossia la possibilità di gestire il magazzino dei prodotti dei nostri clienti messi e venduti in rete fino alla consegna all’utente finale). Per entrambe le novità, abbiamo avuto riscontri positivi dai nostri clienti». La società è molto attenta alla tecnologia; un’attenzione che l’ha portata a realizzare investimenti che si sono rivelati vantaggiosi, come mostra anche la crescita del 20 per cento realizzata nel 2011. La fiducia verso il futuro si esprime all’interno di un quadro in cui si delineano alcune
difficoltà, rilevate dai Ferrari. «Nel settore della moda si sta registrando un momento di difficoltà oggettive, dovute sia al ristagno dei consumi nazionali, che alle difficoltà locali legate alle conseguenze dei recenti sciami sismici. Dal canto nostro, per contrastare tali difficoltà, ci siamo concentrati su investimenti mirati nella ricerca di innovazioni tecnologiche e servizi innovativi per aumentare l’interesse delle aziende produttrici nei nostri confronti. D’altro canto, il ricambio generazionale avvenuto quest’anno, ha dato all’azienda una sferzata di nuova energia che ci ha portati, ad affrontare nuovi investimenti strutturali e immobiliari, ovvero l’apertura della nuova sede di Soliera e alla programmazione per il 2013 di nuovi spazi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 177
MODELLI DI CITTÀ PER BOLOGNA
Un’identità da salvare Per sedici anni, fino al 1980, ha messo l’ultima parola sui disegni urbanistici sotto le Due Torri. Oggi Pier Luigi Cervellati osserva la fisionomia un po’ decadente di Bologna e illustra la sua ricetta per renderla «una città madre di città» Giacomo Govoni
ianificazione urbana e recupero di città storiche sono i temi a cui ha dedicato la sua professione. Se poi si punta il mirino su Bologna, l’architetto Pier Luigi Cervellati gioca in casa. Figura di primo piano del panorama accademico e istituzionale cittadino, per Cervellati Bologna è la città natale, quella in cui ha insegnato all’università e soprattutto la città che, in veste di assessore all’edilizia e all’urbanistica, ha contributo a modellare nella forma e nella sostanza dal 1964 al 1980. Attraverso appositi piani che, per certi versi, rappresentano gli antenati dell’attuale piano strategico metropolitano. Rivedibile, secondo l’architetto bolognese, già dal nome. «Intanto – osserva Cervellati – lascerei le strategie ai militari. Poi definirei cosa s’intende per città metro-
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politana. Proporrei un contratto in cui si stabiliscono obiettivi del “buon governo” locale da parte di tutte le componenti sociali, culturali, religiose ed economiche del territorio. Un patto per la Bologna del XXI secolo, città metropolitana di un milione di abitanti formata da 60 Comuni che devono avere tutti il ruolo di “città”, senza condizionamenti da parte dei cosiddetti poteri forti». Il centro storico di Bologna, a suo dire, sta vivendo una stagione di decadenza. Quali immagini, tratte dal cuore della città, la testimoniano meglio? «Due tipologie di immagini. Quelle irreversibili che hanno stravolto la fisonomia di una
strada - penso a via Riva di Reno - o di piazze storiche come piazza VIII Agosto, piazza Minghetti o i dadi cementizi gettati in piazza Verdi. Il pessimo regolamento urbano ed edilizio, vigente dal 2008, ha cancellato il piano vecchio, e per certi aspetti obsoleto, come se la città storica fosse formata dai soli fabbricati vincolati dalla Soprintendenza. Sul resto si può fare quello che si vuole favorendo così la distruzione dell’identità e specificità della nostra città storica. Anche sull’uso dei fabbricati non vige nessuna regola come per le pavimentazioni dei sottoportici. Del resto le storiche strade lastricate sono state deturpate da toppe di asfalto, quando non asfaltate del tutto».
Pier Luigi Cervellati
Pier Luigi Cervellati, architetto e assessore all’urbanistica di Bologna dal 1964 al 1980
Ulteriori elementi che guastano il volto del centro? «Altre immagini, non meno squalificanti, sono le vetrine con luci accecanti e colori sgargianti dei negozi monomarca, peraltro uguali in tutte le città. Sono le insegne che sovrappongono indicazioni stradali, prodotti in vendita ed esercizi pubblici, alterando con indescrivibili varietà di dehor e relativi tavolini, sedie, poltrone di tutti i colori e le forme. Per non parlare delle museruole di verde artificiale che circondano ristoranti e bar all’aperto. E che dire delle piste ciclabili, fuori legge per dimensioni, che hanno spinto i ciclisti a usare i portici come se fossero alternative alle simili piste?».
In molti rimpiangono l’epoca in cui Bologna era un organismo urbano unitario e un modello europeo di qualità culturale. Se fosse ancora in Comune, quali prime mosse farebbe? «Innanzitutto un nuovo piano per la città storica e principalmente un piano per bloccare l’ulteriore consumo di suolo e riqualificare i quartieri periferici nella prospettiva di una città metropolitana che rispecchi il significato autentico del termine: città madre di città». Lei sostiene che per tutelare l’identità storica di Bologna, occorra puntare su una sorta di policentrismo, valorizzando periferie e margini periurbani. Da quali aree comincerebbe? «Inizierei dai quartieri più emarginati e degradati, dove si potrebbero dislocare molte delle attività ospitate in piazza Maggiore. Questa piazza dovrebbe essere intangibile alle manifestazioni caravanserraglio. Lo stesso dicasi di molte attività commerciali di lusso che hanno trasformato tanti luoghi della città storica in un duty free aeroportuale».
Uno sguardo al nodo mobilità. Come pensa si stia procedendo in questo senso? E da quali interventi non si potrà prescindere per rendere Bologna più vivibile? «Incomincerei da un sistema di trasporto pubblico, aggiornando il sistema ferroviario metropolitano senza riciclare i tremendi Civis, mascherati da super autobus. Impedirei la realizzazione del passante Nord, che anch’io come il ministro dell’agricoltura considero una sciagura, e del costoso quanto inutile People mover. Eviterei una fantasiosa pedonalizzazione globale, per realizzare percorsi e luoghi pedonali in tutta la città. Impedirei gli sprechi, ancor più tremendi in questi anni di crisi: non solo il Civis e il People mover, ma anche l’abbandono di Palazzo d’Accursio, l’uso improprio di Palazzo Pizzardi, il secondo e il terzo concorso per la nuova stazione ferroviaria. Poi i lavori per la Tav sotterranea: mentre il totem che già nel 2007 contava i giorni e i minuti dalla loro fine è stato da tempo tolto, i lavori sono ancora in corso. Quattrini dello Stato, d’accordo: abbinati però a scelte sbagliate del Comune». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 179
MODELLI DI CITTÀ PER BOLOGNA
Occorre una mobilità più europea Collegamenti rapidi fra centro e hinterland, messa a frutto delle aree dismesse e rispetto ambientale. Sono le virtù che Mario Cucinella spera di trovare nella Bologna che sarà. «Bene la partecipazione, ma sulla strategia serve una linea politica forte» Giacomo Govoni
l 2021 è il traguardo fissato dal Piano strategico metropolitano di Bologna, avviato l’anno scorso sotto la regia dell’ammistrazione comunale e giunto alla fase di progettazione a fine primavera. Uno strumento di pianificazione collegiale che, nelle intenzioni, punta a trasformare Bologna in una moderna piattaforma urbana, in grado fra dieci anni di calcare la scena continentale a testa alta. «A patto che sia davvero strate-
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Mario Cucinella, architetto e designer con studi a Bologna e Parigi
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gico – puntualizza l’architetto Mario Cucinella – e tenga fermi i punti cardinali che sono infrastrutture, ambiente, piano energetico e sostenibilità». Possibilmente cuciti con il filo della creatività, ingrediente basilare per Cucinella, come dimostra la nuova sede del Comune di Bologna da lui firmata. Entro l’anno dovrebbe tenersi l’ultimo Forum metropolitano, che tirerà un po’ le fila delle idee emerse dal piano. Quanto conterà un simile strumento nello sviluppo delle progettualità future della città? «Partiamo dal presupposto che i vecchi strumenti urbanistici hanno mostrato i loro limiti, piani regolatori in testa. L’attuale piano deve dirci dove intende andare Bologna sul fronte infrastrutturale e sulle aree di sviluppo, ma senza congelare scelte che invece devono evolversi, e affrontare temi nuovi quali lo sfruttamento del territorio e la tutela ambientale. Una grande visione che segua sì un principio di partecipazione, ma non diventi alibi per non fare ciò che spetta alla politica: auspico che il sindaco non raccolga solo spunti, ma dica qual
è la sua idea di questa città. Altrimenti faremmo fare il progetto ai comitati cittadini». Molto passerà dallo scioglimento del nodo riguardante la mobilità, al momento abbastanza ingarbugliato. «Dobbiamo aprirci alla logica per cui Bologna non finisce ai suoi confini, ma è compresa in un’area molto più vasta, sulle linee delle grandi comunicazioni. Per cui non bisogna pensare ai trasporti in centro: Bologna è un nodo centrale sul piano ferroviario e aeroportuale. Non è pensabile che uno atterri al Marconi e non disponga di un collegamento diretto per la città o per la Fiera. In maniera apolitica, è evidente che il collegamento aeroportocittà-fiera debba essere molto veloce, così come quello con la zona nord che è quella di sviluppo. Il trasporto è una scienza e quindi va visto sul principio dei flussi e della sostenibilità». Quali errori sono stati commessi e come rimediare? «Abbiamo perso un sacco di tempo a parlar di metropolitana. Una vicenda paradossale, perché Bologna è una città da attraversare a piedi. Come stanno facendo molte città eu-
Mario Cucinella
Abbiamo perso un sacco di tempo a parlar di metropolitana. Una vicenda paradossale, perché Bologna è una città da attraversare a piedi
ropee, io punterei forte sulla ciclopedonalizzazione. Calibrare una rete di trasporto sui bisogni di Bologna, significa realizzare un asse est-ovest molto più strutturato, ma muoversi dentro mura in modo intelligente. Al di là della Bolognina, dove un po’ di ciclabile c’è, fuori dal centro storico c’è poco. Se veramente si riuscirà a collegare la zona Staveco alla Fiera sviluppando le aree delle ex caserme a nord di Bologna, quello dovrà diventare un asse ciclopedonale molto importante. Nella città che ha inventato il rapporto pubblico-privato nel social housing e nelle infrastrutture, bisogna lavorare per questo». Accennava alle aree militari dismesse, che per mesi hanno simboleggiato l’occasione di riqualificare senza consumare suolo. Come ci si dovrà muovere su questo terreno? «Sono convinto che il futuro di Bologna si giocherà pro-
prio sulle aree dismesse. Al di là del consumo, infatti, oggi non ha più senso costruire fuori dal costruito, perché c’è un tema di costi infrastrutturali che non si può trascurare. Sia le caserme che l’area vicino al Maggiore o le aree ferroviarie rappresentano un potenziale di trasformazione importante per Bologna sia sul piano architettonico che dei servizi. Occorre però che chi è chiamato a pianificare assuma una posizione forte, sviluppando una mentalità metropolitana e ragionando su centinaia di migliaia di persone che si muovono su un territorio pieno di fragilità infrastrutturali». Immagini di stare già nel 2021 e di fare un giro per Bologna. Come se la immagina? «Fra 10 anni vedo una città quasi tutta ciclabile, con molto trasporto pubblico, viali meno congestionati, cor-
sie ristrette per dar spazio alle ciclabili. Grandi assi, raggi verdi che colleghino colli e pianure come a Milano. Nella Bologna del 2020 mi piacerebbe scendere all’aeroporto, prendere il People Mover magari alimentato a pannelli fotovoltaici o a biomasse, arrivare in centro, trovare una piazza tutta verde, prendere una bici e circolare lungo una vera città italiana sostenibile. Ci vuole tempo, ma dobbiamo arrivarci: un po’ perché ce lo chiede l’Europa, ma soprattutto perché non dobbiamo dimenticarci che siamo un crocevia fondamentale per il Paese. Situato tra gli assi Torino-Milano, FirenzeRoma e snodo nevralgico sul corridoio 5 verso il Nord Europa. Non più un salotto di bolognesi, quindi, ma una città che parla a tutta l’Italia e all’Europa. È uno status mentale da rivoluzionare».
Sopra la sede del Comune di Bologna, progettata da Cucinella
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MODELLI DI CITTÀ PER BOLOGNA
Una città in declino e molto poco “smart” È stata nominata da poco la città più smart d’Italia. Ma per esserlo davvero, sostiene Andrea Trebbi, Bologna deve innanzitutto «rimuovere l’odierno disordine in superficie». E avere maggiormente a cuore il decoro del centro storico Giacomo Govoni
rassa e dotta lo è sempre stata. Ma da alcune settimane, Bologna sarebbe anche intelligente. La più intelligente secondo lo studio “ICity rate” condotto da Forum Pa in collaborazione con BolognaFiere e presentato a fine ottobre all’inaugurazione di Smart city exhibition 2012. Un riconoscimento ottenuto fra una rosa di 103 capoluoghi e assegnato sulla base di un centinaio di indicatori di qualità. Fosse dipeso dall’architetto Andrea Trebbi, però, quella “corona” sotto le Due Torri non sarebbe mai arrivata. «Personalmente – commenta – fatico a considerare Bologna una città intelligente. Piuttosto la definirei impacciata, addormentata, rassegnata, di retroguardia». Un giudizio severo, il suo. Da estendere anche sul piano urbanistico? «Interpretando l’aggettivo ur-
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banistico in chiave ambientale, certamente sì. D’altronde, non da oggi, Bologna è città di patrimoni più che di imprenditori e ciò ha determinato una prolungata immobilità. Connotazione incoerente con l’indagine, con l’innovazione, con i caratteri in evoluzione di cui l’intelligenza di una città si deve nutrire». Bologna sta diventando fra le città più sporche d’Italia. E operazioni di presunta pulizia architettonica come il murales al Liber Paradisus la vedono in dissenso. Lei dunque come la “bonificherebbe”? «Le imbrattature sono un segnale di inciviltà e di declino tacitamente tollerato. È sbagliato catalogare il dipinto a muro al Liber Paradisus tra le operazioni di pulizia, a cui invece appartengono le rigorose bonifiche delle superfici da ogni imbrattatura. Su quel dipinto obiettai perché da parte del “Palazzo” sembrava un’implicita legittimazione
delle imbrattature in ambiente architettonico cittadino. Oltre a pulire, eliminerei i cartelli inutili, i messaggi pubblicitari, i pali in disuso, riqualificherei le pavimentazioni e assegnerei al sottosuolo tutti i temi del repertorio infrastrutturale per rimuovere l’odierno disordine in superficie». Focalizzandosi sul centro storico, quali spazi ritiene meno valorizzati e come li rilancerebbe? «Il rilancio del centro storico può attuarsi semplicemente con progetti di ambiziosa riqualificazione. Ma in tema di ambiente architettonico, Bologna non è una città progettata. E il centro storico ne tradisce il disagio: dalle grandi piazze - Re Enzo, Roosevelt, del Baraccano, San Michele, Calderini, dei Celestini, San Giovanni in Monte, Malpighi e piazza Medaglie d’Oro - a via Montegrappa, alle aree intorno
alle Porte, al comparto dei canali tombati. Tutti spazi con enormi potenzialità, ma inadeguatamente risolti. Del centro storico sconforta inoltre lo scarso livello di cura, inammissibile perché temo distragga la popolazione, soprattutto giovane, in modo irreparabile». Spostiamoci in periferia, area chiave per lo sviluppo urbanistico di una città cresciuta di 66mila unità nell’ultimo decennio. Dove lo orienterebbe? «Ogni periferia appartiene alla città e va considerata persino più importante del suo nucleo storico di riferimento perché esprime il grado di capacità delle generazioni e amministrazioni di dilatare lo spazio urbano. Penso che oggi non servano nuovi comparti residenziali né tantomeno valutazioni sulle localizzazioni per insediarne. Al contrario, non potendo procedere per sostituzione edilizia, pro-
muoverei prestazioni di adeguamento tecnologico e architettonico per soddisfare le accresciute esigenze numeriche della collettività». Quale soluzioni architettoniche considera più sostenibili per queste zone? «Sotto il profilo della rielaborazione architettonica e ambientale, a Bologna occorrono sistemi sotterranei infrastrutturali e di sosta, la rigenerazione della stazione ferroviaria e delle aree demaniali. E ancora, una più ambiziosa interpretazione dell’aeroporto ricollocato più strategicamente in pianura, per esempio tra Bologna e Modena, a cui farei seguire la realizzazione nell’attuale sede aeroportuale del nuovo stadio. Occorre riqualificare gli edifici dismessi, ristrutturare le attrezzature sanitarie, scolastiche, culturali e sportive, attraverso soluzioni di progettazione urbana funzionali all’ambiente e alla mobilità».
Una pianificazione urbanistica intelligente, tuttavia, richiede una mobilità all’altezza. Secondo lei, come ci si dovrà spostare nella Bologna di domani? «Ribadisco che a mio parere la pianificazione urbanistica di Bologna non potrà dirsi ‘intelligente’ finché esisterà l’auto parcheggiata su superfici pubbliche delle città. Le città e le auto in sosta sono entità incompatibili. Solo successivamente all’introduzione di parcheggi sotterranei sarà possibile, ad esempio, allargare i marciapiedi, piantumare alberi, ridisegnare sezioni stradali, potenziare i percorsi ciclabili, ridefinire le isole per la raccolta dei rifiuti. Quanto a moderni sistemi di trasporto pubblico e privato, credo debbano dipendere anch’essi da una chiara programmazione generale del territorio, che anteponga il bene del luogo su cui si pianifica. Prerogativa rarissima, a Bologna e in Italia».
Andrea Trebbi, architetto
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Un sistema territoriale più efficiente Scelte coraggiose e un istituto della città metropolitana che sappia «rilanciare il ruolo determinante della politica locale». Sono i presupposti che Luigi Melegari individua per «riorientare Bologna verso una competitività in pericolo» Giacomo Govoni
ul maxi-cantiere progettuale che va sotto il nome di Piano strategico metropolitano è tempo che Bologna faccia sul serio. A chiederlo sono i rappresentanti del mondo economico bolognese, che premono affinché il passaggio dalla fase di raccolta di idee a quello di concreta messa in opera dei progetti prioritari per la città, avvenga in tempi ragionevoli. «Ci stiamo impegnando direttamente per
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Luigi Amedeo Melegari, presidente di Ance Bologna
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ottenere questo – sottolinea il presidente di Ance Bologna Luigi Melegari – ma è importante che, pur tra tante posizioni ideologiche, emerga al più presto il profilo di una città orientata a cogliere e vincere la sfida competitiva fra sistemi territoriali e produttivi nazionali ed internazionali». Che aspettative ripongono i costruttori bolognesi rispetto alla dimensione metropolitana che Bologna intende darsi?
«Bologna deve ringraziare il governo e le forze politiche nazionali che hanno sostenuto la previsione dell’istituzione per legge della città metropolitana dall’1 gennaio 2014. Dobbiamo purtroppo riconoscere che il percorso volontario previsto dalla vecchia legge correva il rischio di arenarsi per le inerzie e i campanilismi presenti nel nostro territorio, più forti di ogni esigenza di spending review. Dobbiamo però fare scelte coraggiose. La città metropolitana di Bologna deve, secondo noi, essere più forte dell’attuale Provincia e avere la finalità di governare direttamente le problematiche territoriali, infrastrutturali, di trasporto e ambientali, di fiscalità, dei lavori pubblici, di promozione dello sviluppo economico-sociale». Cosa occorre perché queste funzioni possano svolgersi in modo concreto? «Servono ulteriori importanti attribuzioni alla Città metropolitana, rispetto a quelle previste dalla legge, soprattutto da parte
Luigi Amedeo Melegari
Su demolizioni e ricostruzioni servono incentivi volumetrici che garantiscano l’equilibrio finanziario delle operazioni
della Regione. Riteniamo utile prevedere una coincidenza del sindaco metropolitano con quello del comune capoluogo e un consiglio metropolitano formato esclusivamente dai sindaci delegati dalle associazioni comunali già attive. Preferiamo, inoltre, che sindaco metropolitano e consiglio siano eletti a suffragio universale e diretto, in modo da istituire un governo rappresentativo e autorevole, non subordinato ai veti dei Comuni. Anche i Comuni, nella fase costituente che si apre, debbono avere la capacità di mettere in discussione il loro assetto attuale e, dove se ne presentano le condizioni, attraverso la fusione sul modello di quanto sta avvenendo ad esempio fra i 5 Comuni della Val Samoggia». Quanto invece all’amministrazione cittadina?
«Per il Comune di Bologna si apre il tema dell’eventuale scomposizione e ricomposizione nell’istituzione della Città metropolitana. Secondo noi, conviene muoversi sui binari della discontinuità e dell’innovazione. Il sindaco Merola, la presidente Draghetti e tutti i sindaci devono avviare una stagione delle autonomie locali da sviluppare nel 2013, con il sostegno delle forze economiche e politiche. Fino all’approvazione dello statuto, riteniamo utile che la giunta provinciale resti in carica per non depotenziare il ruolo della Provincia nella fase costituente della città metropolitana. Nel 2014 Bologna dovrà essere città metropolitana in modo vero, capace di dialogare con la Regione e lo Stato. Chiediamo discontinuità per rilanciare il ruolo “alto” della politica locale
e per poter presentare una proposta innovativa e chiara alle nostre imprese, in grado di riorientare Bologna verso una competitività in pericolo». In una recente assemblea, ha posto l’accento sul tema degli investimenti pubblici, la cui gestione sarà strategica per la ripresa del settore. «Per lo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio, riteniamo necessario realizzare ciò di cui c’è reale bisogno. Infrastrutture di qualità, realizzate in tempi giusti e a costi contenuti; edifici e quartieri di qualità sul piano energetico, statico e ambientale, con attenzione alla domanda di abitazione dei ceti deboli, degli immigrati, delle nuove famiglie mononucleari. Consapevoli che la competitività e la vivibilità di un territorio dipendono sia dal- EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 185
XXXXXXXXXXXXXXXXX MODELLI DI CITTÀ PER BOLOGNA
15%
IL PIL DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI LOCALE E RELATIVO INDOTTO SULL’INTERA ECONOMIA BOLOGNESE l’efficienza delle grandi reti di nuova politica industriale delle gione Emilia Romagna non ha trasporto, quali l’alta velocità, la variante di valico, passante Nord, sia dalla capacità delle aree urbane di attrarre attività economiche e di offrire migliori condizioni di insediamento per cittadini e imprese». Avete stimato una riduzione di un terzo della forza lavoro in edilizia nell’ultimo quinquennio. Da cosa ripartire per invertire la rotta? «In tema di edilizia, infrastrutture, riordino istituzionale e semplificazione amministrativa si devono trovare le leve per far ripartire la domanda interna e l’efficienza dei sistemi territoriali. Il governo e il Parlamento hanno colto questa sfida e sono intervenuti a sostegno del settore edile con il potenziamento delle agevolazioni per le ristrutturazioni, il ripristino dell’Iva sulle cessioni e locazioni e il Piano città. La riqualificazione urbana, la promozione dell’efficienza energetica e della sicurezza statica degli edifici esistenti possono rappresentare il punto di partenza per una 186 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
costruzioni. Alle amministrazioni locali, chiediamo infine di mettere la riqualificazione urbana in cima alle priorità, per conseguire obiettivi davvero “smart” di densificazione, miglioramento energetico e statico, sostenibilità e accessibilità di edifici e quartieri». Quali nodi normativi, relativi in primis alla trasformazione del territorio bolognese, rimangono da sciogliere? «La riqualificazione urbana presuppone un’azione che ad esempio consenta di intervenire, anche con interventi di demolizione e ricostruzione, su edifici obsoleti, fatiscenti oppure di delocalizzare volumi ubicati in sede impropria. Interventi complessi e costosi, da promuovere con incentivazioni volumetriche o altri meccanismi che garantiscano l’equilibrio finanziario delle operazioni. In molti casi però i piani urbanistici e i regolamenti edilizi del nostro territorio non prevedono la possibilità di realizzarli. La Re-
ritenuto di adottare una normativa generale per favorire la diffusione di questi istituti innovativi lasciando l’iniziativa ai singoli Comuni, che purtroppo non sono stati in grado di attivare “la cassetta degli attrezzi” per promuovere la riqualificazione e tutto si è paralizzato. Infine dobbiamo purtroppo prender atto dell’insuccesso della legge regionale 20/2000 sulla tutela del territorio, applicata complessivamente in meno del 50 per cento dei Comuni regionali». In quale direzione chiedete maggiori sforzi? «Per uno sviluppo graduale e sinergico fra ambiti di riqualificazione e ambiti per nuovi insediamenti, chiediamo che si proceda all’attuazione del Psc di Bologna per liberare le energie delle imprese che hanno investito sullo sviluppo territoriale della città. Lo hanno fatto con coraggio, nonostante non fossero note le regole per la sua attuazione, incerte ancora oggi».
SMART CITIES
Le città modello del futuro I capoluoghi italiani più virtuosi e i settori di crescita strategica sono stati raggruppati in una indagine per individuare la città che verrà. Al centro degli investimenti pubblici c’è la mobilità, che muove 10,7 miliardi di euro Elisa Fiocchi
nel campo della mobilità urbana che le amministrazioni locali italiane fanno confluire i maggiori investimenti per raggiungere quel modello europeo di smart city, sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale. È quanto emerge dal rapporto “Città e infrastrutture per la crescita”, commissionato da Siemens Italia alla fondazione Cittalia-Anci Ricerche, che prende in esame 54 capoluoghi di provincia con più di 90mila abitanti, per riflettere sulle problematiche cittadine e sulle opportunità di miglioramento dei servizi infrastrutturali. Dall’analisi dei piani triennali delle pubbliche amministrazioni comunali, la scelta d’investimento prioritaria risulta essere la mobilità, con uno stanzia-
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mento di 10,7 miliardi di euro dei 23 complessivi, a cui segue la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e la riqualificazione urbana, con rispettivamente 2,4 e 2,1 miliardi di euro in interventi preventivati. Interesse suscita anche il ciclo dell’acqua, un settore nel quale gli investimenti previsti ammontano a 1,8 miliardi di euro. In totale, l’ammontare dei piani triennali è stimato in 37,7 miliardi di euro, valore che se confrontato al dato del Pil italiano dell’anno 2011 rappresenterebbe il 2,39 per cento. L’altro aspetto rilevante emerso dall’indagine sulle 54 città italiane riguarda le loro performance in materia di innovazione e di qualità della vita che sono state realizzate partendo da un set di indica-
tori come verde urbano, acqua, aria, rifiuti, patrimonio immobiliare e qualità dell’abitare, energia, sanità, mobilità e logistica. Seguendo questi parametri, si è individuata una sintesi della dotazione infrastrutturale per ciascun ambito di analisi, definiti i cluster omogenei di città secondo le diverse componenti e individuato, all’interno di ciascun gruppo, un comune modello. «L’Europa, e l’Italia in particolare, sono i mercati emergenti delle smart cities» sottolinea Federico Golla, ad di Siemens Italia. «L’investimento nell’intelligenza delle città è frutto della convergenza tra education, smart economy e governance». Sotto il profilo della qualità dell’ambiente urbano, che comprende gestione dei rifiuti e ciclo dell’acqua, il rapporto evi-
Federico Golla, amministratore delegato di Siemens Italia
La mappa dei capoluoghi italiani
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Per quanto riguarda il cluster delle città ideali, spicca Trento assieme a Bergamo, Brescia, Padova
denzia come le città di Foggia, Andria, Barletta e Lecce siano tra i primi posti, mentre nell’ambito del patrimonio immobiliare si affermano Salerno e Bolzano. Sfogliando poi la categoria della mobilità sostenibile, emerge chiaramente una spiccata divisione geografica tra le città settentrionali o centrali, più virtuose, e quelle meridionali, contraddistinte da valori bassi o medio-bassi. Milano, ad esempio, è dietro solamente a Bergamo. Anche sul fronte dell’energia rinnovabile, il nord, con Forlì, Trento e Ravenna, ha valori più elevati di attenzione rispetto al sud, fatta eccezione per alcuni centri della Puglia. Le migliori prestazioni energetiche sono quelle fatte registrare da Lecce, capofila del gruppo che comprende Andria, Foggia e Taranto, tra le isole Siracusa, nel
centro Arezzo, Terni e Latina. Dove, invece, il divario geografico si annulla è nel settore sanitario, in cui la città di Napoli detiene l’offerta più eterogenea, seguita da Torino e Roma. Nell’ambito dei cluster individuati dalla ricerca, Reggio Emilia si afferma come città modello per l’ambiente e tra le città del benessere spunta Cagliari in un gruppo che riunisce, tra le altre, importanti realtà metropolitane sul mare come Bari, Genova, e Napoli, accomunate da un patrimonio immobiliare di qualità e da sistemi sanitari in grado di attirare una domanda sovraregionale. Per quanto riguarda il cluster delle città ideali per qualità della vita, Trento spicca nel gruppetto di città del centro-nord assieme a Bergamo, Brescia e Padova;
nel cluster sul buon abitare e sulla mobilità vince Venezia, in un gruppo che riunisce, ad eccezione di Bolzano, quasi tutte realtà metropolitane tra cui Bologna, Firenze, Milano, Roma, Torino. Ma ci sono anche le città che registrano performance inferiori alla media, dieci in particolare, e che il rapporto di Cittalia definisce “in divenire”. Sono in prevalenza centri del sud, come Palermo, Messina, Catania, Reggio Calabria, Catanzaro, Barletta e Pescara; ma anche città del centro Italia e del nord come Pistoia, La Spezia e Trieste, dotate di un forte potenziale di miglioramento. L’ultima della lista è Pescara, che tuttavia può crescere nel futuro con maggiori investimenti in ambito ambientale e sanitario. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 189
SMART CITIES
Benessere e tecnologie intelligenti Che cos’è una smart city? Secondo Paolo Dosi, che sta investendo su politiche sostenibili, «è una città a basse emissioni di carbonio, incentrata sullo sviluppo economico e sulla qualità della vita» Elisa Fiocchi
Paolo Dosi, sindaco di Piacenza
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ccanto alle opportunità fornite dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è fondamentale, perchè di vera smart city si tratti, favorire la partecipazione dei cittadini alla definizione e alla realizzazione di un sistema integrato di politiche urbane sostenibili. Le tecnologie, da sole, non bastano a generare benessere e ricchezza nei centri urbani e ad assicurare condizioni di maggiore vivibilità per chi li abita. La città di Piacenza, partendo da questo presupposto, sta lavorando alla costruzione di un modello di smart city per la sostenibilità delle città medie e punta a diventare il centro più “intelligente” dell’Emilia Romagna. Rivela gli obiettivi prioritari del quinquennio 2012-2017 il sindaco Paolo Dosi, che illustra, tra i progetti in essere, il megawatt di energia solare tramite i pannelli sopra il parcheggio di viale Malta, internet veloce anche nelle frazioni di Roncaglia e I Vaccari, quindici nuovi punti wi-fi e un sistema che unisca tutti i centri di ricerca. Quali sono le caratteristiche fondamentali su cui dovrà fondarsi un modello di smart city condiviso in tutto il Paese? «Anche Piacenza, come molte altre città, ha aderito al patto
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dei sindaci e ha approvato il piano di azione per l’energia sostenibile (Paes). Si tratta di iniziative promosse dall’Unione europea, che rappresentano un chiaro punto di riferimento condiviso. Un Paese, ad esempio, analizza, mediante apposite schede, gli aspetti che caratterizzano la realtà energetica e tecnologica delle sue città e quindi rappresenta la base su cui definire un modello di attuazione dei progetti legati alla smart city. Non si può pensare di realizzare una città intelligente e sostenibile senza tenere conto di precisi indicatori che possano orientare gli enti locali nel valutare i progressi compiuti lungo il percorso verso i traguardi individuati a livello europeo. È molto importante, quindi, seguire sempre il rapporto tra indicatori e target finale, valutando costantemente le performance dell’amministrazione comunale per predisporre, dove necessario, gli eventuali rimedi». Come prosegue il cammino di trasformazione di Piacenza da città analogica a città digitale? «È un percorso complesso, e fondamentale sarà la partecipazione ai bandi europei mirati anche a generare un risparmio di spesa sul versante dei consumi energetici, accanto alla realizzazione di nuovi servizi uti-
All’inizio del 2012 abbiamo installato due stazioni di ricarica per auto elettriche nel centro storico
lizzando le reti urbane. Infine, non ultima per importanza, la promozione della ricerca sulle smart cities da parte di soggetti locali, sempre con l’intento di attrarre le risorse disponibili a livello nazionale ed europeo». A che punto è l’iter progettuale del parcheggio di viale Malta per costruire una stazione di servizio per biciclette e auto elettriche? «Attualmente sono in corso le verifiche necessarie per individuare i siti più idonei e in questo senso si tratterà di avere i pareri della sovrintendenza, con la quale esiste la più ampia collaborazione. Anche in questo settore, tuttavia, come del resto si trovano a fare gli enti pubblici sempre più spesso, dovremo chiedere la collaborazione di soggetti privati che possano garantire la disponi-
bilità di risorse finanziarie». Quando parla di una “sicurezza smart” a cosa si riferisce esattamente? «Significa tutelare il benessere dei cittadini, ma anche garantire l’efficienza delle infrastrutture preposte a erogare servizi, nonché il diritto alla facilità e alla sostenibilità degli spostamenti. Parliamo di controllo del territorio, quindi, anche con l’obiettivo di migliorare la prevenzione degli incidenti». E attraverso quali altri progetti ha intenzione di offrire nuove prospettive urbane alla città? «Nell’ambito di un bando promosso dal Miur, abbiamo aderito al progetto sulle micro reti intelligenti per la gestione ottimale della distribuzione di energia elettrica legata all’immissione di flussi prodotti dai
singoli utenti attraverso le fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico), di cui il nostro territorio è ricco. Se la sperimentazione darà risultati di interesse pubblico, potremo inserire i servizi innovativi realizzati dalle imprese e dagli enti proponenti nella nostra attività di pianificazione, valutandone la successiva acquisizione. Un altro progetto è correlato alla trasformazione del polo logistico di Le Mose in area ecologicamente attrezzata (Apea): con il contributo della Regione Emilia Romagna, tramite la tecnologia delle onde convogliate si potrà utilizzare la rete esistente della pubblica illuminazione per controllare i consumi elettrici e per fornire servizi di video sorveglianza, connettività e altre opportunità tipiche della smart city». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 191
L’EMILIA DOPO IL SISMA
Dall’emergenza alla ricostruzione La notizia dello sblocco dei fondi destinati alle zone terremotate permette di guardare al futuro con più serenità. Ora però, per il presidente di Unindustria Ferrara Riccardo Fava, occorrono tempi rapidi e una gestione efficiente Renata Gualtieri
sei mesi dalle violente scosse si può scattare una fotografia dei danni causati dal terremoto. Alle imprese ferraresi gli eventi sismici del maggio scorso si sono rivelati di estrema gravità per il tessuto produttivo e, purtroppo, i danni sono stati ingenti anche in termini di perdita di vite umane. Facendo un’analisi più approfondita tra fermi produttivi, investimenti da sostenere sui capannoni, delocalizzazioni forzate, intervento della cassa integrazione, l’elenco si fa molto lungo. «A sei mesi di distanza – spiega Riccardo Fava, a capo degli industriali ferraresi – possiamo affermare che la volontà di ripresa dei nostri imprenditori si è dimostrata più forte di qualunque avversità, anche della lunga crisi che, non va dimenticato, ci affligge da oltre quattro anni. Sia a livello provinciale
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che regionale abbiamo saputo esprimere l’orgoglio del ruolo e dell’appartenenza a un territorio». Nessuno si è tirato indietro: imprenditori, dirigenti, impiegati, operai, collaboratori, tutti si sono rimboccati le maniche e, a esclusione delle aziende che hanno subito crolli o lesioni importanti a strutture e macchinari, la maggior parte delle imprese sta riprendendo la propria attività. Come recita il titolo di un’iniziativa organizzata dalle associazioni locali, “Quali lezioni si possono trarre dai danni alle costruzioni provocate dal terremoto” del maggio scorso? E come gli imprenditori ferraresi sono riusciti a tenere in vita le loro attività? «Purtroppo parlare con il senno di poi non aiuta a comprendere fino in fondo i problemi. È ora chiaro a tutti che nemmeno la pianura padana,
tradizionalmente considerata a basso rischio sismico, può essere ritenuta al riparo da eventi naturali così gravi. Nessuno poteva prevedere un sisma di magnitudo e caratteristiche così pesanti, amplificate anche dalla particolare conformazione del nostro sottosuolo. Il fatto che gli edifici siano stati in gran parte costruiti secondo le regole e che l’abusivismo edilizio non rappresenti certo una piaga diffusa nelle zone colpite dal sisma, ha certamente contribuito a limitare i danni alle persone e a evitare conseguenze ben più gravi e drammatiche». Il problema vero è che non esiste un piano nazionale di prevenzione sismica? «Sì, questo elemento ci avrebbe forse messo nelle condizioni di migliorare, con i giusti sostegni economici e con piani di intervento anche a lungo termine, le costruzioni esistenti. Ancora una
Riccardo Fava
volta in Italia si fa fronte all’urgenza dettata dal terremoto con una legislazione emotiva e di emergenza, che costringe pochi Comuni a riqualificare i propri siti produttivi dovendosi basare su confini e mappe di rischio che hanno poca logica. Nonostante queste difficoltà, le imprese sono impegnate da diversi mesi in un piano di messa in sicurezza degli edifici, che significa però costi aggiuntivi e ostacolo alle produzioni. Per questo ci auguriamo che la macchina dei risarcimenti, appena avviata, non subisca ulteriori intoppi e che tutte le procedure, pur nel pieno rispetto delle regole e dalla legalità, si svolgano in un regime di semplificazione burocratica e di collaborazione con la Struttura del commissario Vasco Errani». Con quali strumenti Unindustria Ferrara è intervenuta a sostegno delle imprese nella
fase di emergenza e come sta affrontando la fase di ricostruzione? «L’associazione è intervenuta fin dalle prime ore dopo il sisma attivando immediatamente un servizio di supporto alle imprese danneggiate. Tale servizio si è andato via via consolidando fino a diventare una vera e propria task-force, che sta tuttora offrendo alle aziende una specifica assistenza tecnica, giuridica e amministrativa su vari fronti, dalla gestione del personale ai lavori di adeguamento sismico, fino al tema del rinvio del pagamento di tasse e contributi». Lo scorso ottobre presso la sede di Unindustria Ferrara si è tenuto il convegno “Costruzioni in zona sismica. Le risposte dell’edilizia industrializzata”. Quali problemi pratici sono emersi da parte delle aziende? E quali soluzioni
per la ricostruzione? «Nel corso del convegno, una delle tante iniziative che abbiamo messo in campo, sono state presentate soluzioni valide e concrete sulle varie tipologie di sistemi costruttivi, evidenziandone caratteristiche e prestazioni in termini di risposta anti-sismica, flessibilità, qualità, resistenza al fuoco. L’evento, che abbiamo promosso in collaborazione con Finco, ha raccolto le voci più autorevoli del settore dell’edilizia industrializzata, facendo il punto della situazione su esigenze e problemi legati alla ricostruzione e alla messa in sicurezza dei capannoni industriali. In termini costruttivi, una necessità emersa da parte degli imprenditori presenti è quella legata ai cosiddetti elementi “non strutturali” delle imprese il cui collasso costituisce un serio pericolo per l’incolumità delle persone che lavorano in azienda».
Riccardo Fava, presidente di Unindustria Ferrara
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L’EMILIA DOPO IL SISMA
Diamo respiro alle imprese Alla crisi strutturale dell’economia si è aggiunto per l’Emilia anche l’impatto del terremoto. Il presidente di Lapam Confartigianato di Modena e Reggio Emilia, Erio Luigi Munari, chiede sostegno per gli imprenditori del territorio e riflessioni urgenti su fisco, lavoro, mercato e credito Renata Gualtieri
Erio Luigi Munari, presidente di Lapam Confartigianato di Modena e Reggio Emilia
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e popolazioni terremotate stanno lottando per mantenere la propria attività e Lapam Confartigianato si è mossa da subito mantenendo stretti contatti con gli imprenditori associati e le loro famiglie, offrendo servizi e assistenza. Tanti gli incontri organizzati alla presenza della Regione e dei tecnici, per informare costantemente le imprese sulle continue disposizioni e ordinanze relative alle procedure di accesso ai contributi e di tutti gli altri adempimenti e attivare raccolte di fondi. «Gli imprenditori stanno lottando con tutte le loro forze, cercando soluzioni per mantenere in vita le proprie attività ma, come abbiamo già ripetuto in tutte le sedi – dichiara il presidente Erio Luigi Munari –, da soli a questo punto non ce la possiamo fare». Come ha accolto la notizia dello sblocco dei fondi destinati all’Emilia? E quali crede che saranno i tempi per l’assegnazione? «Lo sblocco dei fondi da parte dell’Ue è un atto dovuto, sarebbe stato politicamente insostenibile il contrario. Quanto ai fondi complessivamente destinati alla ricostruzione e al ripristino delle imprese e delle
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abitazioni colpite dal sisma, sappiamo dalle disposizioni e dalle ordinanze emanate, che saranno disponibili a partire da gennaio 2013. Ciò significa che tutto quello che è stato fatto finora da imprenditori e cittadini è stato realizzato con risorse proprie». Gli imprenditori modenesi hanno accusato Vasco Errani e i parlamentari di non impegnarsi abbastanza per ottenere una proroga alla tassazione per le imprese colpite dal sisma che lo Stato pretende già il 16 dicembre. Cosa potrebbe significare questo? «La situazione è tale per cui l’attuale decreto 174 prevede per coloro che hanno subìto danni diretti materiali dal sisma il ricorso all’anticipo bancario garantito con risorse della Cassa depositi e prestiti, con successiva restituzione delle somme anticipate a partire da luglio 2013. Noi avevamo chiesto la proroga della sospensiva per gli adempimenti e i versamenti erariali a giugno 2013 per tutti i soggetti contribuenti residenti e operanti nell’area del “cratere”. Al contempo, abbiamo proposto una congrua rateizzazione dei versamenti sospesi di 5 anni per chi abbia subìto una riduzione del volume d’affari a causa del fermo aziendale e
Erio Luigi Munari
10 anni per coloro che abbiano subìto danni materiali. Tutto ciò non è stato assolutamente considerato». Che impatto avrà questa situazione sul sistema economico e sulle famiglie? «Molte imprese si sono trovate in difficoltà di fronte alla scadenza del 30 novembre per l’accesso al prestito bancario e lo saranno davanti a quella del 16 dicembre per il pagamento dei versamenti sospesi, da una parte, a causa delle procedure e dei tempi ristretti per l’anticipo, dall’altra, essendo esclusi da queste procedure per l’effettiva disponibilità di risorse. Se non cambiano le norme vi saranno ricadute negative sul gettito fiscale complessivo. Nei rapporti con la Regione e i parlamentari modenesi abbiamo avuto un confronto a volte anche aspro per far comprendere a chi ci rappresenta la gravità della situazione. Da parte dei parlamentari abbiamo avuto una
reazione e una presa di posizione bipartisan a favore delle nostre tesi che si è tradotta in azione parlamentare attraverso la presentazione di emendamenti al decreto 174. La stessa cosa ha fatto la Regione con la quale è stato anche condiviso un documento, dove si è chiarito che se non interverranno modifiche sostanziali al decreto, vi saranno gravi ricadute sul tessuto economico. Se non passeranno le nostre proposte, d’intesa con il commissario Vasco Errani, chiederemo al governo un incontro urgente». Il numero uno della Cna di Modena, Luigi Mai, ha lanciato anche l’ipotesi di uno sciopero fiscale e di una manifestazione a Roma. Qual è la vostra posizione in merito? «In realtà le posizioni emerse nell’assemblea unitaria del 12 novembre sono sempre state condivise e coincidono con le richieste di sostegno per le im-
prese che furono firmate e inviate al governo centrale, alla Regione, all’Abi e al presidente Giorgio Napolitano. Luigi Mai, così come altri imprenditori presenti, ha lanciato un allarme dichiarando che, se non fosse sopraggiunta la proroga della sospensiva per gli adempimenti fiscali, molte imprese non sarebbero state in grado di pagare. Quindi non si è trattato di fomentare uno sciopero fiscale ma semplicemente di informare il governo su quale sia la realtà degli imprenditori del “cratere”. Non si tratta di non voler pagare le imposte ma semplicemente di non essere in grado di farlo. Ricordo che nessuno ha mai chiesto una riduzione delle imposte ma sempre e solo una sospensiva e una successiva rateizzazione». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 195
L’EMILIA DOPO IL SISMA
L’eccellenza italiana conosciuta all’estero Ha gestito fin da subito l’emergenza terremoto senza fermare la sua attività. Maria Gorni, presidente della società consortile Consobiomed all’interno del distretto biomedicale di Mirandola, ora guarda al futuro del settore e all’inserimento delle aziende sui mercati emergenti Renata Gualtieri
settembre si è tenuta la IX edizione del premio “L’altra Italia Vite da Premio”. Durante l’evento sono stati assegnati riconoscimenti a imprenditori che si sono contraddistinti durante l’anno e tra questi figura anche Maria Gorni, presidente dell’azienda Ri.Mos. A capo di Consobiomed, ha guidato gli imprenditori del distretto biomedicale di Mirandola colpiti dal violento sisma dello scorso maggio che non si sono arresi ai tempi
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Maria Gorni, presidente di Consobiomed e del consiglio di amministrazione dell’azienda Ri.Mos di Mirandola
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lenti della “macchina dell’emergenza” dovuti alle procedure burocratiche. Gli stessi dipendenti della sua azienda sono stati disponibili a spostarsi a Brescia pur di mantenere l’azienda competitiva sullo scenario mondiale e adesso si iniziano a contare le spese che ognuno si è sobbarcato per non fermare la propria attività nell’attesa di aiuti esterni. Che segnale rappresenta lo sblocco dei fondi da parte dell’Unione europea? E quali crede saranno le tempistiche per l’assegnazione degli aiuti comunitari per le aziende colpite dal sisma? «È un segnale positivo, per ora sappiamo che i fondi arriveranno ma di fatto nessuno sa quando, anche se siamo consapevoli che ciò non avverrà velocemente. Questa è la sensazione che circola nella nostra zona. Non c’è in mano dunque nulla di concreto in questo momento, tranne l’aiuto che è possibile richiedere alle banche per le tassazioni da pagare a dicembre. C’è la possibilità, dimostrando con un’ampia do-
cumentazione che sono stati subiti dei danni, di ricevere un anticipo da parte della banca e poi le tasse possono essere pagate dilazionate in tre scadenze, senza interessi». A sette mesi dalle scosse come si sta procedendo nella ricostruzione? «La ricostruzione è iniziata da subito ed è poi continuata. Il pensiero di tutte le persone che lavorano nella nostra zona è stato quello di ricostruire con le proprie risorse senza attendere gli aiuti esterni. Ora si è giunti alla fase in cui ognuno stila il bilancio delle spese che ha sostenuto e per la prima volta si spera nell’arrivo di aiuti e di finanziamenti». Quante sono le aziende che sono tornate a pieno regime nel distretto biomedicale di Mirandola? Quali rimangono le situazioni più delicate e i principali problemi da risolvere? «Le aziende che hanno ricominciato a pieno regime sono davvero poche, forse solo il 2030 per cento perché i danni subiti sono stati veramente gra-
Maria Gorni
Gli imprenditori non si sono arresi ai tempi lenti della macchina dell’emergenza
vissimi. Anche gli uffici della mia azienda sono sotto una tenda e ho dei dipendenti che ancora lavorano a Brescia. La mia fortuna è stata avere un immobile in costruzione in cui spero di entrare entro dicembre, ma di sicuro molte aziende resteranno delocalizzate». Come procede l’attività all’interno della sua azienda? E quali le urgenze a cui provvedere? «La priorità è ottenere l’abitabilità del nuovo immobile nel più breve tempo possibile, anche se non potremmo ripartire con un’attività a pieno regione. Spero che la macchina della burocrazia in questa circostanza sia rapida e che non vengano applicati parametri troppo severi». Ha dichiarato che il terremoto ha portato due conseguenze “positive”, la prima delle quali è la consapevolezza dell’esistenza di un impor-
tante polo biomedicale in Italia. Da chi sono arrivati gli apprezzamenti maggiori? E sotto quali aspetti, in questa situazione di emergenza, è venuta più alla luce l’eccellenza del distretto? «È stata una grande operazione di marketing - che ovviamente è risultata molto costosa - ma come presidente di Consobiomed sono stata contattata da persone che assolutamente non conoscevano il distretto. Mi hanno cercata anche persone dall’estero interessate a far conoscere i prodotti italiani nei loro Paesi. Si tratta di gente venuta a conoscenza della nostra realtà casualmente, magari dai giornali. L’eccellenza del distretto è balzata agli occhi di tutti grazie al grande risalto che ha avuto su tutti i mass-media che hanno parlato di un biomedicale che è quasi un’unicità in Europa. La produzione di Consobiomed offre prodotti di
alta qualità e da esportare». Si è presa poi consapevolezza delle difficoltà che ancora incontrano le piccole imprese locali a esportare. Cosa chiede al governo regionale per facilitare l’inserimento delle aziende sui mercati internazionali? «È un problema di cui parlo da anni, ma spero che vista la nostra condizione ci verrà dato più ascolto. Nessuno si rende conto che il biomedicale non può vendere all’estero se non registra i prodotti nelle varie nazioni, specie quelli medicalifarmaceutici. Questo particolare non è mai stato considerato da chi metteva a disposizione delle aziende dei finanziamenti, ma rappresenta il costo più alto per chi vuole guardare all’estero. Io ne ho parlato con tutti i soggetti che possono portare avanti questa istanza perché è davvero un’operazione onerosa, specie per le piccole aziende». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 197
CRIMINALITÀ
Prossimo obiettivo la politica Per la prima volta la mafia bussa alla porta delle istituzioni regionali. Il segnale è preoccupante e il rischio è quello di vedere molte aziende rilevate dalla mafia per i troppi debiti perché “le azioni non si contano, si pesano” Teresa Bellemo
«Q
Sopra, Vincenzo Ciconte, autore dello studio “I raggruppamenti mafiosi in Emilia Romagna”
uesto non è un campanello, ma una campana d’allarme che suona». È questo il giudizio di Enzo Ciconte sulla realtà emiliano-romagnola riguardo mafia e criminalità organizzata. Ciconte è da anni in prima linea su queste tematiche e i suoi studi rappresentano uno degli sguardi più attenti sul fenomeno delle associazioni mafiose. Docente universitario ed ex membro della Commissione parlamentare antimafia, ha appena pubblicato per la Regione “I raggruppamenti mafiosi in Emilia Romagna”, che per la prima volta rileva la presenza di una volontà da parte della criminalità organizzata di collaborare e interagire con la classe politica regionale. Un fenomeno che è già emerso in altre regioni settentrionali, come a dire che oggi, più di ogni altro periodo storico, la mafia è davvero Cosa nostra e non può più essere relegata solo al Mezzogiorno. Il tessuto sociale ed economico emiliano-romagnolo continua a tenere, forte della sua coesione solidale, ma a minare le fondamenta di questa certezza ci pensa la crisi economica che costringe molti imprenditori e commercianti a rivolgersi a ‘ndrangheta e al clan dei Casalesi sia per riscuotere i propri crediti, sia per prestiti usurai che poi diventano espropri delle attività commerciali di famiglia. «La criminalità
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organizzata si sta specializzando nel recupero crediti. Ovviamente, grazie alle modalità tipiche di queste organizzazioni, il credito viene recuperato ma il rischio è che la criminalità organizzata si inserisca nelle attività commerciali dei creditori per poi cacciarli». Che quadro emerge dal suo studio? «Emerge un quadro variegato. La mafia è sicuramente presente e, in particolare, parliamo di ‘ndrangheta e dei Casalesi, il raggruppamento camorristico di Casal di Principe che controlla la criminalità organizzata di quel territorio. La diffusione è a macchia di leopardo, con distribuzione e intensità differenti. A Reggio Emilia, ad esempio, c’è una dominanza della ’ndrangheta e a Modena c’è invece quella dei Casalesi, mentre a Bologna ci sono un po’ tutte. Questo è ciò che emerge dalle indagini e dalle inchieste giornalistiche, ma ciò non toglie che possano
Enzo Ciconte
esserci altre tipologie di attività, basti pensare che l’anno scorso tra le aziende per la ricostruzione dell’Abruzzo ce n’era una di Reggio Emilia che però era intestata all’ndrangheta». Quali sono i business più profittevoli per la criminalità organizzata sul territorio regionale? «Intanto c’è il mercato della droga, che continua a essere in mano soprattutto alla ’ndrangheta, anche se gli spacciatori non sono loro, ma gruppi di criminali stranieri “appaltati”. Naturalmente questo dà alle organizzazioni mafiose una capacità economica notevole. Collegato al mercato della droga c’è la questione del riciclaggio, e questo avviene con l’acquisto di immobili, di attività economiche e commerciali come pizzerie, ristoranti o discoteche. Un’altra attività che sta
aumentando negli ultimi tempi è l’usura, con una particolare caratteristica tipica dell’usura di stampo mafioso: è diversa dal vecchio “cravattaro” che vuole la restituzione dei soldi con interessi altissimi, l’usura mafiosa vuole la proprietà, l’attività commerciale. Per questo, dopo questo periodo di crisi, potremo verificare una pressoché certa sostituzione di una parte di attività emilianoromagnole con altre mafiose». Quali sono gli aspetti più urgenti e preoccupanti di questo quadro? «Intanto, tutti quelli che ho già citato. Ci sono poi degli altri aspetti che riguardano attività come le slot machine e i videogiochi, spesso controllate dalla criminalità organizzata. C’è però un altro aspetto che inizia ad allarmarmi: il rapporto con la politica. Fino a qualche anno fa, EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 201
CRIMINALITÀ
la politica regionale aveva la caratteristica di non avere nessun rapporto con la mafia. Da qualche anno a questa parte, invece, la ’ndrangheta sta bussando alla porta dei politici. Anche se spesso si trova davanti dei no, è comunque una situazione preoccupante. Stanno tentando di ripetere in Emilia Romagna quello che è già in corso in Lombardia, Piemonte e Liguria e ha coinvolto consiglieri comunali e regionali. Un tentativo finora senza risultati, ma iniziano a esserci cene tra esponenti politici e mafiosi, esponenti della criminalità organizzata che offrono pacchetti di voti ai candidati durante le elezioni, anche senza che quest’ultimo sia al corrente della provenienza di questa proposta. Ma è preoccupante che stia avvenendo anche qui».
L’allarme è già suonato «Serve restare vigili per fermare l’infiltrazione». Il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, mette in allerta dai rischi per la ricostruzione
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Come ha appena ricordato, la forza del territorio emiliano-romagnolo è da sempre la sua coesione. Sta cambiando il contesto ambientale e sociale? Sta diventando forse meno ostile alle infiltrazioni malavitose? «La grande forza dell’Emilia Romagna è sempre stata la sua compattezza sociale e in ogni occasione in cui questa veniva minata hanno risposto tutti: la classe dirigente, maggioranza e opposizione, la Chiesa, la società civile. Da qualche anno si sta verificando uno sfaldamento, che poi è lo stesso che si sta verificando in tutta la società italiana. Se prevale l’idea per cui è fondamentale fare soldi e per arrivare a questo obiettivo va bene qualsiasi modalità di guadagno, se alle elezioni
opo aver assoggettato interi settori economici la ’ndrangheta sta allungando sempre più le mani sulle amministrazioni locali, cercando sponde nel mondo della politica. Anche per questo «la ricostruzione post-terremoto è un’occasione che la criminalità organizzata non vuole perdere». È questa la preoccupazione del procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, che vede il contrasto alle infiltrazioni nella ricostruzione come la grande sfida del futuro per l’intero territorio. Le organizzazioni criminali «dovranno trovare tutte le istituzioni schierate a difesa della legalità». Ma non basta, «anche i privati cittadini interessati a ricostruire la propria casa o la propria attività dovranno fare la loro parte». Se per gli appalti però le amministrazioni pubbliche possono chiedere la documentazione antimafia, i privati cittadini non hanno invece gli strumenti per farlo. Per far fronte a questa situazione «si era pensato alle “white list”, ma a molti non piacciono. L’alternativa però non può certo essere il sistema dell’autocertificazione da parte degli stessi
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imprenditori. In questo modo controllato e controllore coinciderebbero», aggiunge Alfonso. La soluzione portata avanti dal procuratore è la creazione di liste aperte di imprese, con appositi protocolli e sottoscrizioni di impegni. In questo modo anche ogni singolo cittadino può attingere dalla lista e scegliere a quali ditte rivolgersi con una preoccupazione in meno. Il problema del post-terremoto si insinua in una situazione di crisi economica e finanziaria che di fatto ha già avvantaggiato le organizzazioni criminali, perché se le banche chiudono il rubinetto del credito le mafie invece hanno sempre denaro a disposizione, magari da offrire a interessi vantaggiosi, per loro. Cosa che, sottolinea Alfonso, «inquina il mercato legale e crea una concorrenza illecita». La situazione regionale è dunque quella delineata dallo studio di Enzo Ciconte, sul quale Roberto Alfonso chiosa: «È un lavoro molto utile perché mostra la differenza di percezione che c’è stata nel tempo su queste tematiche in un territorio finora immune alla collusione tra istituzioni e criminalità organizzata».
Enzo Ciconte
Non serve il terremoto per far arrivare la ’ndrangheta e i casalesi. Nelle mie ricerche di questi anni si possono trovare i nomi e i cognomi degli esponenti sul territorio
l’obiettivo è vincere a tutti i costi e non importa da dove provengano i voti, lo sfaldamento risulta evidente e comprensibile. In questo contesto, per forza di cose, anche l’Emilia Romagna non può essere immune. Anche qui si inizia a notare qualche caduta e qualche elemento preoccupante. Nel primo libro che ho scritto su queste tematiche, nel 1998, “Mafia ‘ndrangheta e camorra in Emilia Romagna”, non esisteva la commistione tra mafia e politica, solo nell’ultimo lavoro si inizia a notare questa realtà. Basti pensare al sindaco di Serramazzoni, un paese in provincia di Modena, che riceveva tranquillamente nel suo ufficio un esponente mafioso, noto e condannato, per discutere di questioni urbanistiche. Quando penso che qualche anno fa, a Modena, l’attuale assessore regionale alla Cultura è stato minacciato, io mi preoccupo perché finora in Emilia Romagna questo non era mai accaduto».
Il terremoto ha in qualche modo favorito questa dinamica o potrà farlo nel prossimo futuro? «Nella gestione del terremoto troveremo sicuramente qualche esponente della ’ndrangheta e qualche casalese. La mia sicurezza deriva dal fatto che questi gruppi sono lì e sono operativi da cinquant’anni, non serve il terremoto per farli arrivare. Nelle mie ricerche di questi anni si possono infatti trovare i nomi e i cognomi degli esponenti sul territorio. Il punto è un altro. Riusciranno lo Stato, la Regione e i Comuni a individuarli e a cacciarli subito? Questa è la vera partita. La filiera degli appalti - la classica catena di ditte che vincono un appalto che poi viene subappaltato e via dicendo - finisce per non essere controllata da nessuno, e a quel punto sui cantieri è probabile che arriveranno uomini, ditte e mezzi dell’ndrangheta e dei casalesi. Il punto è che una volta individuati devono essere subito cacciati. Io mi auguro che in Emilia Romagna si abbia la forza per farlo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 203
SCLEROSI MULTIPLA
Tra diagnosi e terapie I progressi compiuti dall’approccio terapeutico alla sclerosi multipla in termini di diagnosi, farmaci e collaborazioni scientifiche internazionali. Il discusso metodo Zamboni. Ne parla il presidente della Sin Giancarlo Comi Francesca Druidi
ono 63mila i malati di sclerosi multipla in Italia; a essere colpiti sono in particolare i giovani adulti, con un picco d’insorgenza intorno ai 30 anni. Una patologia il cui impatto si traduce in un costo sociale di 2,5 miliardi di euro e in un costo incalcolabile per i pazienti in termini di disagio e sofferenza. A fare il punto sullo stato della ricerca è Giancarlo Comi, direttore del Dipartimento neurologico dell’Ospedale San Raffaele e presidente della Società italiana di neurologia. Quali sono le prospettive più incoraggianti sotto il profilo terapeutico nella lotta alla sclerosi multipla? «Non c’è malattia che abbia tratto così vantaggio dai nuovi sviluppi terapeutici come la sclerosi multipla, che ha registrato negli ultimi dieci anni un’elevata quantità di nuove terapie molto inno-
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vative per il principio di azione che le caratterizza. Oggi l’obiettivo è il controllo della malattia. La cura risolutiva non esiste, si cerca di “tenere al guinzaglio” la patologia in una proporzione significativa di malati. Un primo progresso è rappresentato da una migliore conoscenza delle dinamiche della malattia, dei fattori in gioco, che ha consentito di sviluppare terapie volte ad attaccare la successione di eventi che determina la sclerosi multipla nella sua evoluzione». Ulteriori progressi? «Un secondo elemento consiste nell’avere oggi a disposizione tecniche e criteri diagnostici più avanzati, che ci permettono di effettuare una diagnosi non più aspettando - come accadeva in passato - 3 o 4 anni dal primo attacco ma già in occasione del primo attacco in 1/3 dei casi e nei restanti 2/3 a sei mesi dall’esordio. Così è possi-
Giancarlo Comi
Giancarlo Comi, presidente della Società italiana di neurologia e direttore del Dipartimento neurologico dell’Ospedale San Raffaele
Prosegue la sperimentazione Brave Dreams a preso avvio la scorsa estate la sperimentazione “Brave Dreams”, abbreviazione di “brain venous drainage exploited against multiple sclerosis”, ossia sfruttare il drenaggio venoso contro la sclerosi multipla. Lo studio clinico, finanziato dalla Regione Emilia Romagna con quasi tre milioni di euro, mira alla valutazione dell’efficacia e della sicurezza dell’intervento di disostruzione delle vene extracraniche nei pazienti con sclerosi multipla e diagnosi di “Insufficienza venosa cronica cerebrospinale” (Ccsvi). A promuovere lo studio è l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara e il principale ricercatore è Paolo Zamboni (nella foto sotto), che ha elaborato la teoria medica di partenza. In una persona affetta da insufficienza venosa cronica cerebrospinale, le vene giugulari e la vena azygos, situata nella cavità toracica e addominale, presentano delle zone di blocco e non riescono a eliminare e a drenare in modo efficiente il sangue carico di tossine dal cervello e dal midollo spinale. L’ipotesi scientifica al centro della sperimentazione consiste, dunque, nel verificare se e in che misura l’intervento di angioplastica venosa possa essere realmente efficace. Nella sperimentazione sono coinvolti circa 19 centri in Italia, anche se a fine novembre il centro di Padova è stato escluso dal comitato etico per il mancato rispetto di una norma del protocollo. In generale, il metodo Zamboni ha da sempre diviso la comunità scientifica nazionale e internazionale; nuova linfa alla discussione è venuta dal recente annuncio di guarigione dalla Sm di Nicoletta Mantovani, sostenitrice del metodo Zamboni, dopo aver effettuato l’intervento di angioplastica. Alla luce dei risultati dello studio Cosmo, promosso dall’Aism, che boccia la tesi di Zamboni sulla correlazione tra Sm e Ccsvi, il comitato guida di Brave Dreams - riunitosi il 12 ottobre scorso - ha stabilito di non interrompere il reclutamento dei pazienti per lo studio. Restano da chiarire le incertezze circa il ruolo della Ccsvi nei meccanismi causali e nel decorso clinico della Sm. Inoltre, il comitato guida ha deciso di verificare quale sia l’attuale frequenza di utilizzo, nel pubblico e nel privato, degli interventi di angioplastica nei pazienti con Sm, attraverso contatti opportuni con Ministero e Regioni.
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bile trattare la patologia da subito. Oggi la terapia precoce e il trattamento immediato costituiscono i fattori principali per assicurare un controllo sulla sclerosi multipla. Inoltre, disponiamo di farmaci che riducono la frequenza degli attacchi dell’80 per cento. Tutto ciò vale per la sclerosi multipla a ricadute e remissioni, per il trattamento della patologia nelle sue fasi precoci, mentre non vale per i pazienti che hanno già accumulato una certa gravità di malattia: le cosiddette forme progressive, per le quali purtroppo mancano ancora terapie adeguate». Qualcosa si sta muovendo in questa direzione? «È stato avviato un progetto, l’International Progressive MS Collaborative, programmato dalla Msif, la Federazione internazionale sclerosi multipla, e da alcune associazioni dei pazienti, la Fondazione italiana sclerosi multipla e le società di Canada, Olanda, Regno Unito e Stati Uniti, per sostenere la ricerca sulle forme progressive di questa patologia. Si terrà a febbraio, al San Raffaele di Milano, una conferenza nella quale i maggiori esperti mondiali si confronteranno su possibili sviluppi e nuove terapie». Quali sono le conoscenze acquisite sulla sclerosi multipla? «Negli ultimi 3-4 anni sono stati scoperti circa ottanta geni associati al rischio d’insorgenza della malattia. Sono stati compiuti diversi studi su fattori di natura infettiva; l’attenzione è stata focalizzata sul virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi. I pazienti di sclerosi
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SCLEROSI MULTIPLA
Negli ultimi 3-4 anni sono stati scoperti circa ottanta geni associati al rischio d’insorgenza della malattia
multipla tendono, infatti, più di altri, a presen-
tare questa infezione virale. Anche la carenza di vitamina D determina una suscettibilità alla patologia, così come la bassa esposizione al sole: i popoli nordici si ammalano più dei popoli mediterranei. Il fumo, connesso ad alcuni aspetti genetici, comporta un incremento del rischio di sviluppare la malattia». Lei e Gian Luigi Mancardi avete coordinato lo studio Cosmo, che ha bocciato la tesi della correlazione tra sclerosi multipla e insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi). Nel frattempo, è partita la sperimentazione “Brave Dreams”, ossia la sperimentazione del metodo Zamboni, studiato dal chirurgo ferrarese Paolo Zamboni. «Lo studio Cosmo, che ha coinvolto più di 1.800 persone, ha dimostrato in modo indiscutibile che la frequenza della Ccsvi descritta da
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Zamboni risulta estremamente bassa: è presente nel 3 per cento delle persone con Sm, nel 2% dei soggetti sani e nel 3% di persone con altre malattie neurologiche. Non c’è, quindi, alcun collegamento tra la sclerosi multipla e l’alterazione del flusso venoso. E in assenza di un’evidenza di correlazione, non è neppure giustificata una sperimentazione clinica, soprattutto se effettuata con tecniche invasive, non prive di rischio. Erano emersi dei dati, su piccoli gruppi di malati, che potevano far pensare a un collegamento tra Ccsvi e Sm. La Fondazione italiana sclerosi multipla ha perciò deciso di realizzare, con lo studio Cosmo, un enorme sforzo organizzativo ed economico. In discussione era il possibile ruolo della Ccsvi come co-fattore nell’ambito della Sm. In mia presenza, Zamboni non ha mai sostenuto che l’insufficienza venosa fosse la causa della sclerosi multipla, quanto piuttosto un co-fattore di influenza. Essendo esclusa anche questa ipotesi, non c’è alcun motivo per portare avanti una sperimentazione che esponga a rischi e che non abbia un razionale solido alla sua base». Come possono essere spiegati gli effetti positivi che l’intervento di angioplastica venosa pare procurare in molti pazienti? «Dall’analisi di almeno 500 casi trattati, è emerso che la procedura per risolvere la Ccsvi non ha determinato miglioramenti nella disabilità di malati di sclerosi multipla. I vantaggi rilevati in alcuni studi in aperto, compiuti su piccoli gruppi, non si sono confermati quando sono state effettuate valutazioni più ampie. Anche nei pazienti che hanno riferito un miglioramento, non sono emersi reali passi avanti nella valutazione della progressione della disabilità, per cui i benefici percepiti possono essere largamente attribuiti alle grandi aspettative dei pazienti nei confronti di una nuova procedura che potrebbe migliorare le loro condizioni. Per questo, è fondamentale controllare. Lo stesso Zamboni ha sempre richiamato alla necessità di effettuare un controllo sulla procedura; peccato che le basi per “Brave Dreams” non ci siano. Non c’è alcuna evidenza scientificamente supportata di un vantaggio da questo tipo di procedura».
MERCATO FARMACEUTICO
Verso nuovi farmaci sicuri ed efficaci Il Sol Levante, con le sue normative restrittive, rappresenta un Paese conquistabile da poche aziende farmaceutiche straniere, come rileva Roberto Valducci, confermando l’importanza degli investimenti in nuovi prodotti per vincere la crisi Roberta De Tomi
n protocollo d’intesa per facilitare lo scambio di informazioni in ambito farmaceutico, è stato siglato di recente tra Italia e Giappone, durante il 7°summit dei Capi delle Agenzie Regolatorie. Obiettivo dell’accordo è facilitare l’accesso a farmaci sicuri, efficaci e di qualità, considerando anche le caratteristiche del mercato nipponico, cui pochissime aziende straniere del settore hanno accesso, per i fortissimi vincoli normativi presenti. A costituire un’eccezione, come rilevato dallo stesso amministratore Roberto Valducci, è la Valpharma International, che in questo mercato, realizza la quota di fatturato più consistente del proprio business, grazie soprattutto alla propensione all’innovazione continua e costante di farmaci a rilascio controllato, capsule e compresse, core-business della società. Rispetto, al vostro fatturato, il Giappone che quota ricopre? «Questo mercato rappresenta il 20 per cento del nostro fatturato, una performance notevole, considerando che nel paese del Sol Levante è praticamente impossibile entrare, a causa di nor-
U Roberto Valducci, amministratore della Valpharma Spa che ha sede a Serravalle (RSM) www.valpharma.com
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mative molto restrittive. Basti pensare che ogni due o tre mesi riceviamo ispezioni da personale qualificato, abbigliato con scafandri isolanti e da loro imposti a tutti i nostri operatori, che permettono di verificare i nostri prodotti, nelle massime condizioni di sicurezza». A chi è rivolta la vostra produzione in terra nipponica e quali sono i volumi? «Il nostro principale cliente è la Mitsubishi, una società che conta ben 22 aziende dedicate a diversi settori. Fino a poco tempo fa producevamo intorno a 600 milioni di compresse ogni anno; a oggi ci attestiamo intorno ai 350 milioni: tale prodotto è un farmaco salvavita, di nostra esclusiva produzione. Nello specifico si tratta di una compressa composta da microgranuli dalle eccezionali proprietà curative». In quali altri mercati siete presenti? «La nostra produzione si localizza in tutto il mondo, dal Canada al Sudafrica, passando, naturalmente per l’Europa. I nostri clienti sono soprattutto le multinazionali». Qual è il rapporto tra il fatturato interna-
Roberto Valducci
20%
LA QUOTA DI FATTURATO COSTITUITA DAL MERCATO GIAPPONESE, VERO E PROPRIO CORE-BUSINESS PER LA VALPHARMA ITALIA
zionale e quello italiano? «Le nostre vendite in Italia, rispetto al fatturato totale, oscillano tra il 5 per cento e il 7 per cento a seconda degli anni». Che dimensioni ha lo stabilimento di Valpharma International? L’attività si svolge in uno stabilimento di 35mila metri quadri coperti e occupa 180 figure professionali. Il fatturato si aggira intorno ai 40 milioni di euro». Quanto investite in ricerca e sviluppo e quanto è importante la sua implementazione in tempo di crisi? «Questo ambito riveste il 10 per cento della quota di fatturato. Soltanto attraverso gli investimenti in nuovi prodotti si può contrastare la crisi. Nella nostra azienda sono 40 le figure
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Attualmente, siamo al lavoro su cinque nuovi farmaci, i cui ambiti di applicazione saranno diversi; di questi, uno è già stato testato con riscontri positivi
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che si occupano di ricerca e sviluppo, ma l’attività prevede anche collaborazioni con enti e laboratori esterni, per effettuare i test sull’uomo dei farmaci. Questi vengono effettuati su un campione di 40-50 persone e sono finalizzati a verificare il livello ematico, in confronto con farmaci analoghi già esistenti. I costi dei test si aggirano tra i 600 mila e il milione di euro e costituiscono, quindi, una spesa rilevante, ma necessaria nella logica di portare sul mercato soluzioni inedite, che consentano di accrescere il business dell’azienda». Oltre all’innovazione di prodotto, quale altro aspetto curate? «Siamo molto attenti alla formazione del personale, che curiamo internamente. Il 60 per cento dei nostri professionisti sono laureati e diplomati in chimica e farmacia e l’età media si attesta tra i 35 e i 40 anni». Cosa state mettendo a punto per il futuro? «Attualmente, siamo al lavoro su cinque nuovi farmaci, i cui ambiti di applicazione sono diversi; di questi, uno è già stato testato con riscontri positivi. Inoltre, grazie all’aumento delle vendite, intendiamo ampliare del 30 per cento l’attuale stabilimento, area aggiunta dedicata sempre al farmaceutico». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 211
La qualità non è mai low cost ggi, con gli strumenti adeguati, è possibile avere subito risposte certe». Il punto di vista di Dario Martucci è forte di una profonda fiducia: quella nel progresso tecnologico, seguendo il quale aumentano le possibilità di benessere per il paziente. Non è una banalità come può sembrare, perché in molti, come dice Martucci, continuano a ignorare le nuove possibilità. Nel suo Dental Center Poliambulatorio Valsellustra, in cui si occupa di odontoiatria, angiologia e dermatologia nella medicina estetica, ha investito in attrezzature tecnologicamente all’avanguardia. «Abbiamo creduto – ricorda – in macchinari rivoluzionari e innovativi che una clinica moderna deve possedere. Interagendo tra loro ci permettono di affrontare un mercato in cambiamento epocale, estremamente aggressivo e competitivo. Ma
«O Dental Center Poliambulatorio Valsellustra ha sede a Casalfiumanese (BO) www.dental-center.it
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L’eccellenza patrimonio del Bel Paese non riguarda solo certi settori come la moda o i motori. Per Dario Martucci la “testa italiana” rende un servizio migliore anche in medicina. «L’innovazione tecnologica è decisiva. No al low cost» Remo Monreale
da soli non servono a nulla, il binomio vincente è accoppiarli a più professionisti di altissimo livello in grado di sfruttarli nel migliore dei modi. Affidarsi a un unico professionista tuttologo non credo sia una politica vincente, oggi l’odontoiatria è una branca della medicina altamente specialistica. Le figure che si devono alternare all’interno del presidio medico
Dario Martucci
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Evitare i centri low cost: in medicina il danno biologico di chi ha pagato troppo poco, non può essere riparato in alcun modo
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devono avere peculiarità specialistica, in chirurgia, anestesia, endodonzia, diagnostica, protesi, angiologia, dermatologia». QUALITÀ ITALIANA
In fondo è quello che ci si aspetta da un poliambulatorio privato: una ricerca costante verso le migliori soluzioni disponibili. Ma a sentire Martucci la realtà è ben diversa. «La scelta di molte aziende – denuncia – è quella di tendere al ribasso i costi per ottenere prezzi inferiori, ma troppo spesso si finisce per tagliare sulla qualità del prodotto che non riesce a garantire un minimo standard. Questo lo abbiamo già visto troppe volte con i centri low cost aperti in Italia da società estere. Ma il made in Italy, inteso come azienda che produce in Italia un prodotto o un servizio con “testa italiana", è sicuramente di gran lunga superiore qualitativamente. Spesso si sente dire che in Romania o in Croazia si spende meno:
bene, allora perché non in Cina, dove si spende ancora meno? John Ruskin scrive che "Non c'è quasi nulla al mondo che un affarista non possa fare un po’ peggio e vendere a un po’ meno e le persone che considereranno solo il prezzo più basso, saranno preda legittima di quell'affarista". Io aggiungerei che in medicina il danno biologico di chi ha pagato troppo poco, non può essere riparato in alcun modo». NUOVE TECNOLOGIE
L’obiettivo qualità, o meglio eccellenza, non può che avvenire con un aggiornamento incessante delle possibilità tecnologiche. Il titolare del Dental Center, quindi, spiega quali innovazioni a tutt'oggi siano ignorate, lasciando l’immaginario comune ad abitudini ormai obsolete. «Oggi – continua Martucci – è possibile individuare la maggior parte degli eventi determinanti la vita di un lavoro di protesi dentale, rendendo prevedibile con maggior accuratezza anche la sua durata nel tempo. Sarà così possibile modificare il progetto di lavoro al fine di prevenire ed evitare che quell'evento possa rovinare o far perdere il lavoro fatto. Questo è reso possibile dai nuovi standard di sicurezza per la realizzazione di immagini diagnostiche, radiografiche e volumetriche 3D, definiti dalla comunità scientifica internazionale. I nuovi parametri determinano anche quantità, qualità e modalità di irradiamento dei pazienti durante le riprese radiografiche. Tra le novità, i mezzi per la realizzazione di volumi 3D
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EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 213
ODONTOIATRIA
❯❯ con nuovissima tecnologia cone-bean, che ab- scanner intraorale, che funziona con la tecnobatte le radiazioni del paziente oltre le dieci volte rispetto alle tac dental scan tradizionali, ci permettono di avere una qualità dell'immagine eccezionalmente superiore. Un’indagine volumetrica serve per prendere in esame un dato volume, come le arcate dentali, permette, data la qualità altissima, di sezionare le nostre arcate dentali con oltre 520 stratigrafie quando per la tac tradizionale è possibile in uno stesso volume effettuarne all'incirca 200. In altre parole, possiamo eseguire un’immagine 3D anche solo di un quarto della bocca, rendendo idoneo questo strumento ad altre branche del dentale come l’endodonzia eseguita egregiamente dal Dottor Andrea Cova». La virtualizzazione, poi, apre nuovi orizzonti d’intervento e la lista di innovazioni s’allunga. «Oggi possiamo fare ancora di più: arrivare all'acquisizione di un’impronta digitale direttamente dal cavo orale. Le immagini digitali tridimensionali si ricavano per mezzo di uno
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logia dei "blu ray". Inoltre, una volta virtualizzati i tessuti molli (gengiva) istantaneamente acquisiti con scanner, possiamo interfacciarli con quelli duri acquisiti con tac, modellare virtualmente il dente o i denti nella posizione più estetica. Poi si passa allo studio tramite Cad della posizione più idonea per inserire gli impianti endossei, scegliendo e provando i vari impianti con un click fino ad arrivare alla pianificazione più corretta del caso clinico. Infine trasformiamo il virtuale in reale per mezzo di un fresatore a controllo numerico. Avere il fresatore a disposizione in studio ci permette, ad esempio, di consegnare al paziente la corona dentale in un’unica seduta ben pianificata di sole due ore». Grazie alla rincorsa costante al progresso, per Martucci il fiore all’occhiello del suo poliambulatorio sta nell’implantologia. «Il nostro consulente implantare è il dottor Giorgio Mele, chirurgo con diverse pubblicazioni
Dario Martucci
scientifiche internazionali alle spalle e professionista di grande esperienza. All’interno del nostro poliambulatorio si occupa da esclusivista di innesti ossei, impianti endossei, estrazioni complesse di denti inclusi, cisti dei mascellari, lesioni del cavo orale. Mele opera spesso in simbiosi con i nostri due anestesisti Gianluca Sacchetti e Giovanni Mazzanti. In effetti, il nostro standard oggi prevede l’affiancamento di questa figura al chirurgo per interventi più complessi, ma anche per interventi con grado di difficoltà inferiore. Qualora il paziente lo richieda, la sedazione cosciente, altra innovazione nell’odontoiatria, permette realmente di trasformare la paura del dentista in un brutto ricordo». NON SOLO ODONTOIATRIA
Ma la cura del cavo orale non è l’unica occupazione del Dental Center. «La specializzazione sull’odontoiatria estetica, come faccette estetiche, ci ha portato a creare un centro – dice Martucci – dove la medicina pone attenzione alla cura dell'estetica dei nostri pazienti e siamo di fatto diventati un centro laser. Il laser per il dentale, impiegato per la chirurgia, rende le ferite meno dolorose e accelera i tempi di guarigione, mentre altri laser per la dermatologia e l'angiologia spaziano: provvediamo alla risoluzione di teleangectasie del viso e delle gambe, rosacea, coupé rose, epilazione progressivamente definitiva, cheratosi, verruche, antalgico. Non esiste un laser che faccia bene tutto, esistono tanti laser specializzati. I laser che forse trovano più di altri una loro nicchia di estimatori sicuramente sono pensati per il fotoringiovanimento e, grazie alla professionalità della nostra esperta dermatologa dottoressa Maria Cava, laserista storica, possiamo fornire tre trattamenti differenti per tre tipi di laser a seconda delle aspettative del paziente. I più esigenti che vogliono qualcosa contro
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Con un’indagine volumetrica si effettua un’immagine 3D anche solo di un quarto della bocca, per cui lo strumento è idoneo ad altre branche come l’endodonzia
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l’invecchiamento amano il nostro CO2, arma potentissima che funziona a livello di un lifting a tutti gli effetti, stira le pelli raggrinzite e segnate dal tempo con uno skin resurfacing ablativo del viso grazie allo scanner che permette un trattamento frazionato e mini-invasivo. Il nostro angiologo dottor Michele Ugliola svolge l’attività diagnostica vascolare per mezzo di doppler ed eco-colordoppler, la più recente innovazione tecnologica nella diagnostica con ultrasuoni, assolutamente non invasiva e senza alcun rischio per il paziente. In chirurgia flebologica con metodica laser endovascolare ecoguidata secondo il protocollo ELVeS pur non trascurando altre metodiche mini invasive come la Closure e la Sclerofoame, conduce egregiamente la sua attività di chiusura dei vasi sanguigni, dai più complessi casi di safena arti inferiori ai capillari più piccoli. Date le sue numerose esperienze didattiche e scientifiche, con i nostri laser medicali è per lui semplice cancellare tutti gli inestetismi vascolari della pelle». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 215
La fisioterapia come concetto olistico odena, terra dei motori e della gastronomia. Ma non solo. La provincia emiliana è anche patria della fisioterapia. Realtà ancora abbastanza empirica, è divenuta negli ultimi tempi sbocco professionale di molti esperti improvvisati che non dispongono della preparazione necessaria. L’arrivo degli orientali e l’apertura di centri estetici multifunzionali, che a volte accostano questa disciplina a massaggi di vario genere creando confusione, hanno contribuito a destabilizzare il settore. Non è questo il caso del centro Riacef, struttura leader del settore specializzata nel trattamento dei disturbi dell’apparato locomotore, sia post traumatici sia di natura degenerativa. «La nostra realtà - afferma il rappresentate legale del centro modenese Giuliano Sacchi - imposta la fisioterapia come concetto globale, intesa come trattamento non solo del dolore, ma del paziente che lo prova. Ci occupiamo principalmente di traumatologia e del settore sportivo». Da 34 anni Riacef investe in ricerca e innovazione e oggi dispone di personale specializzato e attrezzature avanzate. «Vantiamo esperti che - continua
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Alcune fasi di fisioterapia nel centro Riacef di Modena www.riacef.it
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La fisioterapia è una disciplina che necessita di costante ricerca e innovazione. Giuliano Sacchi parla degli investimenti utili in questo settore Valeria Garuti
Sacchi -, come me, hanno dedicato la vita a questo mestiere. Il nostro team è composto da figure professionali di alto livello, come i responsabili dei nostri reparti: Massimiliano Campanelli, Patrizia Casarini,Paolo Grassi, e Christian Lenzarini, i medici dottor Burani Aldo e dottor Barbolini Giuliano, entrambi radiologi, e inoltre il dottor Claudio Gavioli, il professor Marco Monteleone, il dottor Luigi Pederzini e alcuni dei migliori terapisti laureati in fisioterapia. La nostra struttura offre molteplici possibilità di formazione, sponsorizzate dal centro, per terapisti, medici e tecnici motori. Inoltre, sperimentiamo nuove soluzioni grazie al nostro team di ricerca. Tale sezione è volta alla raccolta, conservazione e analisi di tutti i protocolli in nostro possesso al fine di migliorarli ulteriormente. Disponiamo anche di varianti molto all’avanguardia che, proprio per questo motivo, sono ancora difficili da proporre ai clienti. Per
Giuliano Sacchi
esempio, quindici anni fa era più complicato proporre ai pazienti di lavorare a contatto con l’acqua, oggi invece trattiamo con persone più aperte a nuovi metodi di cura». La struttura di Riacef è composta di ambulatori, box, palestre, ambienti esterni e una piscina terapeutica, investimento consistente effettuato alcuni anni fa. «Il suo punto di forza - specifica - è rappresentato dalla temperatura dell’acqua, che teniamo a livello cutaneo, ovvero a 36 gradi, mentre quella dell’ambiente in cui si trova è di 34. In questo modo la parte del corpo che resta al di fuori dell’acqua non sente la differenza di temperatura. La nostra piscina riabilitativa è composta da diversi livelli di altezza e da un’area vascolare, ovvero un passaggio uniforme dalla temperatura più calda a quella più fredda». Il centro riabilitativo modenese ha recentemente investito su macchinari unici in Italia, tra cui un attrezzo per il miglioramento della postura, l’ IMoove, che è stato ribattezzato dagli operatori “ballerina”, perché lavora su un movimento regolare nel tempo; un macchinario per la terapia delle onde d’urto firmato dalla nota marca tedesca “Storz” utilizzato per i trattamenti di calcificazione, tendiniti e tutto quello che rappresenta il dolore, e un ecografo Toshiba top gamma che svolge diverse funzioni utili. «Un ulteriore investimento - aggiunge Sacchi - riguarda l’aggiornamento costante di quella tecnica manuale di cui oggi si sente tanto parlare ma che viene spesso brutalizzata: l’osteopatia. Anche se si tratta di
una tecnica latina, in Italia mancano le basi e per questo siamo costretti a seguire corsi di aggiornamento in Spagna, Francia o America». Valide rappresentanti di tecniche manuali presso di noi sono Lorenza Villani e M.Victoria Elorz. Il pazienti hanno un’età che varia dai 25 ai 45 anni, ma l’esasperazione sportiva che caratterizza questo periodo fa sì che anche i giovanissimi debbano usufruire della struttura. Il centro lavora principalmente con gli atleti delle squadre di calcio, ma vanta collaborazioni nazionali e internazionali anche con altri sport. «A livello calcistico - conclude - ci occupiamo del Modena e del Sassuolo che militano in serie B, oltre che di molte quadre di categorie inferiori; A livello europeo abbiamo fornito consulenza alle squadre spagnole del Barcellona e Villa Real. La nostra zona è anche la culla della pallavolo, e noi trattiamo alcuni atleti del Modena Volley. A pochi metri dalla nostra struttura è presente inoltre una delle società più antiche di pattinaggio a rotelle, che ha visto fino a poco tempo fa squadre di serie A. Infine curiamo atleti del rugby, scherma, baseball, pallamano e tiro con l’arco. Per quanto riguarda quest’ultima disciplina abbiamo l’onore di seguire Natalia Valeeva la campionessa che ha rappresentato l’Italia ai giochi olimpici». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 217
DISPOSITIVI MEDICI
Il diritto alla salute tra tagli e spending review Pur tra tagli e riduzioni di finanziamenti, la sanità oggi, e nel futuro, dovrà far fronte a una sempre maggiore richiesta di prestazioni, dovute all’aumentare dell’età media della popolazione. Il punto di Carlo Cattini Marco Tedeschi
attuale situazione della sanità in Italia, e non solo in Italia, ma in tutta Europa, ci impone una continua ricerca di dispositivi medici dal prezzo sempre più contenuto, pur nel rispetto di una qualità necessaria all’impiego a cui sono destinati. La sanità oggi, e nel futuro, dovrà far fronte a una sempre maggiore richiesta di prestazioni, garantendo il diritto alla salute per tutti». È con queste parole che Carlo Cattini, presidente della Novamedisan Italia Srl inquadra l’attuale situazione del comparto sanità. L’azienda bolognese da oltre trentacinque anni, cializza dispositivi medici di alta qualità in grado grazie alla conoscenza e alla collaborazione con di rispondere alle necessità del mondo ospedaimportanti produttori internazionali, commer- liero nelle differenti aree (centrale di sterilizzazione, sala operatoria, anestesia e rianimazione, reparto). «Allo stesso tempo – prosegue Cattini – contribuiamo al controllo dei costi, come imposto dall’attuale situazione finanziaria in cui versa la Sanità». Come si ripercuote la situazione in cui versa la Sanità italiana sulla vostra realtà? «Purtroppo si ripercuote in senso negativo. Il fatturato nel 2011 è stato di 6,5 milioni di euro. Quest’anno la recente introduzione della spending review e la riduzione del finanziamento alla sanità hanno portato a un contenimento dei consumi. Per la fine del 2012 prevediamo, nonostante l’acquisizione di nuovi clienti, una riduzione del fatturato intorno al 4 per cento». Che realtà potete osservare sul vostro mer-
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Carlo Cattini è presidente della Novamedisan Italia Srl di Bologna www.novamedisan.it
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Carlo Cattini
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I prodotti che rappresentiamo in Italia sono utilizzati prevalentemente in sala operatoria, nei reparti di anestesia-rianimazione e nelle centrali di sterilizzazione
cato di competenza? «Noi siamo presenti con la nostra organizzazione di promozione e vendita su tutto il territorio nazionale quindi possiamo vedere gli effetti negativi dei tagli. Certamente il nostro progetto, stante la situazione di crisi e di contenimento dei consumi, è quello di acquisire sempre nuovi clienti anche attraverso l’introduzione sul mercato di nuovi prodotti». Quali novità in particolare? «I prodotti che rappresentiamo in Italia sono utilizzati prevalentemente in sala operatoria, nei reparti di anestesia-rianimazione e nelle centrali di sterilizzazione. A nostro avviso è necessario parlare d’innovazione delle tecniche chirurgiche. Infatti da alcuni anni gli interventi chirurgici sono sempre meno invasivi e questo consente di ridurre i rischi legati alla durata delle procedure e alla diminuzione dell’accesso chirurgico. Ovviamente l’innovazione comporta lo studio e la commercializzazione di nuovi e idonei dispositivi medici a corredo». Come intendete muovervi per promuovere maggiormente la vostra attività? «A fronte di una sanità gravemente penalizzata da una serie di provvedimenti legislativi sempre più severi, il nostro obiettivo è quello di
riuscire a rimanere sul mercato grazie all’introduzione di articoli sanitari innovativi a un prezzo competitivo, prodotti in quelle aree geografiche in cui il costo della manodopera è molto contenuto come Cina, Pakistan, India, Vietnam». Quali sono le richieste che ricevete maggiormente? «Siamo chiamati a fornire strumenti giusti e soprattutto affidabilità e sicurezza, proponendo soluzioni che semplificano il flusso di lavoro e rafforzano la capacità di servire i pazienti. Il nostro impegno è rivolto a ottenere e mantenere la fiducia dei clienti che si affidano alla competenza tecnologica dei nostri fornitori, che aprono la strada a soluzioni per la sanità in grado di tenere il passo con il cambiamento. Per questo presentiamo soluzioni cliniche innovative che sono supportate dal nostro programma di formazione e supporto alle vendite, ricerca clinica e programmi di formazione accreditati. Ci siamo inoltre dotati di soluzioni collaudate per facilitare la prevenzione, la diagnosi e la gestione di questioni importanti nelle aree cliniche delle infezioni associate all’assistenza sanitaria, della protezione e prevenzione delle infezioni e delle infezioni del sito chirurgico».
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TRA PARENTESI Giancarlo Mazzuca
l drastico taglio, o addirittura l’azzeramento, degli enti provinciali in Italia è uno di quei temi cari alla politica nostrana, che l’ha a più riprese discusso, corteggiato e infine abbandonato. Ora, con il processo di riordino delle Province, si profila la formazione della provincia unica romagnola. Tra risparmi, sinergie e rivalità da affrontare, l’onorevole Giancarlo Mazzuca illustra i contenuti di questa complessa sfida istituzionale. Quali prospettive emergono per il futuro della Romagna con la nascita della provincia unica? «Assieme al sindaco di Forlì, Roberto Balzani, sono stato favorevole alla creazione della provincia unica di Romagna in tempi non sospetti, quando, cioè, non si parlava ancora del riordino delle Pro-
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PROVINCIA UNICA, OCCASIONE PER LA ROMAGNA 220 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012
vince che ha avuto il primo “via libera” dal Governo Monti. È da decenni che molti romagnoli stanno chiedendo la creazione di una Regione autonoma per valorizzare “l’entità Romagna”, ma questo progetto è destinato a restare un’utopia perché significherebbe una duplicazione di costi. Soprattutto oggi la Regione autonoma non sarebbe possibile per la drastica cura dimagrante dei conti pubblici. Dobbiamo, quindi, fare di necessità virtù e, con la creazione della Provincia unica - se si riuscirà a farla - si potrebbero, comunque, realizzare alcuni dei vecchi obiettivi, riuscendo anche a ridurre i costi rispetto alle attuali Province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini». In che modo? «Oltre a un riconoscimento, sia pur parziale ma comunque storico, della terra di Romagna, si getterebbero le basi per superare molti campanilismi tra le varie città romagnole. Quei campanilismi che ormai sono una palla al piede dello sviluppo di queste importanti realtà. Il problema è che il provvedimento del governo rischia adesso di decadere perché le lobbies parlamentari stanno cercando in tutti i modi di far slittare
i tempi d’approvazione, in modo che non ci siano più margini di manovra prima dello scioglimento delle Camere. Tutto questo sarebbe davvero paradossale: una volta che i romagnoli si sono finalmente trovati tutti d’accordo sulla nuova realtà, la vischiosità di Roma potrebbe finire per annullare l’accorpamento già stabilito delle Province in gran parte della penisola. Siamo alle solite: quando si vuole mettere mano alle “castine” provinciali, c’è sempre qualche inghippo che riesce a bloccare tutto. E poi ci si chiede perché l’antipolitica abbia preso così piede in Italia». Quali vantaggi, ma anche nodi critici, identifica nel processo di riordino delle Province? «La creazione della provincia unica consentirebbe di ottenere importanti sinergie e razionalizzazioni tra le diverse città, tenendo conto della vocazione storica, economica, commerciale di ciascuna di esse. Penso ai vantaggi che si realizzerebbero nel turismo, che è la Fiat
della Romagna, nella sanità, nel settore produttivo e nei trasporti, a cominciare dagli scali aeroportuali. Se si riuscirà a condurre in porto il provvedimento, ci sarà bisogno di un nuovo spirito da parte di tutti gli amministratori locali. Le guerre intestine che erano scoppiate in estate all’annuncio del possibile varo della provincia romagnola sembravano dimostrare che continuava ancora a prevalere il “particulare”, nonostante il sì della stragrande maggioranza dei cittadini romagnoli. Tutto ciò sembrava ormai risolto, ma non avevamo fatto i conti - a cominciare dal governo e dal ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi -, con gli agguati parlamentari che sono sempre dietro l’angolo. Oggi più che mai, con una legislatura che sta finendo. E, soprattutto in Romagna, rischiamo di restare con un pugno di mosche. Ma se la provincia unica facesse ancora in tempo a decollare, dove sarebbe il capoluogo? «Non è più tempo, come ho già
detto, di derby politici o di leadership tra Ravenna, Rimini, Forlì e Cesena. Se è vero che Ravenna dovrebbe essere certamente “primus inter pares”, se non altro per la sua storia, credo che le altre città romagnole siano in grado di avere un loro ruolo specifico, tenendo conto delle peculiarità di ciascuna. Bisognerebbe, infatti, stabilire anche le sedi della Prefettura o dei comandi dei gruppi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Anche in questi casi (ma non sempre: mi riferisco, ad esempio, alle Camere di Commercio che resterebbero tre) si dovrebbero prevedere accorpamenti. Ma tutto ciò, purtroppo, rischia di passare in secondo piano di fronte al possibile ostruzionismo del Parlamento. E, ancora una volta, se ne potrebbe riparlare alle calende greche. Peccato, davvero un peccato, perché con la nuova Provincia ci sarebbe gloria per tutti e, senza campanilismi o distinzioni di bandiera, potremmo tutti cantare “Romagna mia”». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 221
IL COMMENTO
a situazione che sta attraversando il nostro paese ha fatto emergere molte difficoltà sia sul piano politico che su quello economico. I cittadini hanno perso fiducia nella politica e gli strumenti per gestire la crisi economica sembrano insufficienti: «Solo un diverso tipo di sviluppo, inizialmente finanziato dallo Stato, – spiega l’avvocato Gianpiero Samorì – potrà farci uscire dall’attuale gravissima crisi economica». Cosa occorre fare secondo lei? «La situazione è molto complessa. L’Italia ha bisogno di sviluppi di equità, ma non è possibile favori e attuare né sviluppo né equità senza una marcata riduzione del debito pubblico. Su questa conclusione tutti concordano ma pochi hanno idee su come raggiungere l’obiettivo. Io credo che in un momento straordinario come questo occorrano rimedi straordinari e, quindi, sia necessario acquisire dal patrimonio pubblico e portare a deconto del debito le riserve di Banca di Italia, sia aure che valutarie, pari a circa 250 miliardi di euro; acquisire il patrimonio pubblico in funzione di riduzione del de-
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Occorrono misure straordinarie per risollevare le finanze dello Stato. Bisogna richiedere ai ceti più abbienti una patrimoniale una tantum. Lo spiega Gianpiero Samorì
bito, i patrimoni delle fondazioni bancarie e non, vendere beni pubblici per circa 50/100 miliardi e richiedere ai ceti più abbienti con patrimonio superiore a 10 milioni di euro una patrimoniale una tantum». E per cosa dovrebbero essere utilizzate le risorse così ricavate? «I risparmi in conto interessi così realizzati potrebbero essere utilizzati per una sensibile riduzione delle tasse per imprese e famiglie allo scopo di migliorare i profili concorrenziali e la loro capacità di consumo nonché per finanziare un nuovo tipo di sviluppo. Mi riferisco in particolare e a titolo di esempio alla rottamazione del patrimonio immobiliare obsoleto con riqualificazione di intere aree, al divieto per 5 anni nella commercializzazione di auto con motore a scoppio e altro». Lei viene dal settore finanziario, cosa pensa della mancanza di fiducia degli italiani nei confronti delle banche? «Credo che la mancanza di fiducia sia motivata. Le banche hanno cercato di risolvere i problemi creati da una serie di cattivi investimenti e da gestioni non sempre trasparenti traslando interamente i costi di ristrutturazione sulla clientela. Hanno cessato di fatto l’erogazione del credito utilizzando le ingentissime somme ricevute dalla Bce pressoché integralmente per sistemare i conti economici reinvestendole in titoli di Stato o prodotti finanziari anziché, almeno in parte, dirottarle su imprese e famiglie. È stata gravissima l’assenza di indirizzo della Bce e degli Stati circa l’utilizzo di queste somme. Andava posto almeno il vincolo di destinarle al 50% al credito di famiglie e imprese facilitando la ripresa economica». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 223