OSSIER FRIULI VENEZIA GIULIA L’INTERVENTO ..........................................9
ECONOMIA E FINANZA
Carlo Sangalli Giovanni Da Pozzo Sergio Razeto Guido Carella
POLITICA MONETARIA .....................40 Mario Draghi
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Antonio Maria Bardelli L’ITALIA CHE VERRÀ .........................22 Giuseppe Roma Renato Mannheimer Bruno Vespa Roberto Pedretti FORUM SINDACI..................................34 Furio Honsell Claudio Pedrotti Ettore Romoli
ASSET STRATEGICI ...........................44 Giorgio Squinzi Giuseppe Tripoli Valter Taranzano Enzo Rullani Andrea Tomat Renzo Tondo Edi Snaidero Antonio Verga Falzacappa DONNE D’IMPRESA............................64 Antonella Mansi Luisa Todini Lisa Ferrarini Patrizia Di Dio Cristina Nonino IMPRESA E SVILUPPO......................80 Roberto Snaidero Edi Bardus Dino Giacomo Pitassi e Lorena Buiatti Damiano Fontana Marco Costantini EXPORT...................................................92 Monica Crippa, Mauro Castiglia e Antonello Morassut
6 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
MODELLI D’IMPRESA........................94 Marco Tiepolo Paolo Puntini Massimiliano Moretto Mariateresa Moras Nicola Trevisiol Doriano Pasian Alfonso Tartaro TECNOLOGIE.......................................108 Mario Pasut INNOVAZIONE......................................110 Francesco Beltrame CONSULENZA ......................................112 Giacinto Patanè FORMAZIONE.......................................114 Elena Ugolini Alessandro Calligaris Angela Brandi
Sommario CREDITO & IMPRESE.......................123 Ennio Doris Gabriele Piccini Antonio Scardaccio Andrea Stedile
TERRITORIO INFRASTRUTTURE............................138 Le grandi opere in corso Sergio Dressi Tullio Bratta TRASPORTI..........................................144 Elvi D’Angela EDILIZIA.................................................146 Enzo Radici
AMBIENTE
SANITÀ
POLITICHE ENERGETICHE ............156 Adriano Luci Giusto Maurig Bruno Silvestrin Giovanni Tordi
POLITICHE SANITARIE....................174 Gianni Cortiula
SERVIZI ECOLOGICI .........................164 Fabrizio Pertot
GIUSTIZIA RIFORMA FORENSE .........................168 La riforma del settore Maurizio De Tilla
RICERCA SCIENTIFICA ....................178 Silvio Garattini Umberto Veronesi COMUNICARE LA SALUTE.............182 Luciano Onder Michele Mirabella
RUBRICHE TRA PARENTESI.................................188 Marco Magnifico
MATERIALI ...........................................148 Elisabetta Sonzogno INTERNI .................................................152 Sandra Blarzino
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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Sostegno a giovani e credito di Giovanni Da Pozzo, presidente Camera di Commercio di Udine e Unioncamere Friuli Venezia Giulia n questa crisi dai tratti pesanti e indefiniti il credito e le difficoltà di accesso per le nostre pmi sono problemi innegabili. Il sistema produttivo, anche in regione, ha visto stringere le corde a quell’esigenza di liquidità essenziale, ora, per tenere in vita tante aziende e i loro investimenti, indispensabili per immaginare il futuro. Il sistema camerale ha portato da subito all’attenzione pubblica la questione, delicata quanto fondamentale per il dinamismo e la sopravvivenza stessa del sistema economico. Come Camera di Commercio di Udine, abbiamo agito soprattutto su due fronti: aggregazioni e imprese giovanili. Sul primo, considerandolo un turning point per i nostri imprenditori, abbiamo puntato sulla diffusione e la sensibilità verso la cultura di rete. Abbiamo firmato in novembre un importante protocollo d’intesa con le principali strutture finanziarie che in regione si occupano di sostegno al credito e sviluppo imprenditoriale, dalla Banca Mediocredito a Friulia, fino
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ai Confidi. Tutte istituzioni che, con l’ente camerale, si sono impegnate a supportare le pmi nelle loro iniziative di aggregazione, con l’obiettivo di fondare modelli e buone prassi da applicare al più ampio contesto economico regionale e, perché no, nazionale allo scopo di rafforzare la dimensione e la competitività delle nostre pmi. I giovani, poi, già i più penalizzati a livello occupazionale e che nell’impresa hanno più necessità di essere supportati per realizzare la propria creatività e le proprie idee. Se abbiamo investito un milione di euro in contributi per abbattere le spese per l’avvio di nuove imprese di giovani fino a 30 anni, abbiamo anche aperto un altro bando da 600mila euro, in controgaranzie che sorreggano la garanzia Confidi richiesta per gli investimenti delle nuove imprese giovani. Ma la Camera di Commercio di Udine, così come quella di Trieste, ha voluto essere proprio tra i protagonisti di una grande partita nazionale: siamo fra i 20 enti camerali firmatari di un accordo con il Ministero dello svi-
luppo economico, che comporta il supporto alla crescita e all’internazionalizzazione delle pmi attraverso un sistema efficiente di garanzie statali. L’accordo, promosso dal Consorzio camerale per il credito e la finanza, consente di mettere a sistema e usare con una strategia condivisa le risorse disponibili sul territorio per facilitare l’erogazione di credito alle pmi: le Camere aderenti apporteranno al Fondo oltre 17 milioni di euro, dotazione che, grazie a un effetto moltiplicatore, permetterà di attivare a favore delle imprese 600 milioni di euro di finanziamenti, grazie a cui rafforzare la propria competitività sui mercati internazionali. La forza dell’accordo sta anche nell’aver messo a sistema le Camere di Commercio con i Confidi e il Fondo centrale: un bel segnale di collaborazione e razionalizzazione, oggi, per dare servizi e supporto più efficaci alle nostre imprese, in particolare sul mercato globale che dev’essere sempre più la strada da percorrere per un nuovo sviluppo. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 11
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Sviluppo e internazionalizzazione di Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste
l sistema locale delle imprese va rafforzato. Affinché ciò accada è necessario migliorare l’attrattività del territorio per ospitare nuovi investimenti e intervenire per agevolare la crescita dimensionale delle nostre imprese in modo da renderle capaci di affrontare le nuove sfide che vengono imposte dal mercato, a partire da quella dell’internazionalizzazione. Il perdurare della crisi in Italia e la crescente integrazione dell’economia mondiale richiedono, infatti, che il tessuto locale si sappia orientare all’estero. Dall’osservatorio di Confindustria si nota come in provincia di Trieste l’82,5 per cento delle imprese sono micro, contro il 74,5 per cento della regione. Il 14,9 per cento ha meno di 50 dipendenti, rispetto al 21,6 per cento delle imprese attive in Friuli Venezia Giulia. Questo tipo di aziende opera tendenzialmente sul mercato domestico. In questo momento, quindi, la possibilità di rivolgersi all’estero rappresenta un’opportunità imprescindibile e richiede al contempo una strutturazione per rispondere a un contesto globalizzato, in cui la piccola dimensione, pur essendo una tratto positivo in termini di flessibilità, non sempre
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agevola nella competizione con aziende più grandi. In quest’ottica è fondamentale quindi che le imprese del territorio superino la dimensione individuale e collaborino tra loro in maniera più stretta attraverso forme di aggregazione, quali distretti e reti di impresa. Un caso positivo di sinergia è il distretto del caffè, nato a Trieste nel 2008 e riunisce oggi circa 50 realtà, 900 addetti, per un fatturato complessivo di circa 500 milioni di euro l’anno. Un altro esempio è il recente progetto di aggregazione di filiera nel settore dell’information technology fra quattro imprese regionali, di cui due triestine e nostre associate, portato avanti con la supervisione di Friulia. Inoltre, per le imprese territoriali del settore navale e nautico, sussiste l’opportunità di avviare forme di collaborazione all’interno del distretto Ditenave, che punta a rafforzare la competitività delle imprese del Friuli Venezia Giulia operanti in segmenti caratterizzati da elevati contenuti tecnologici. I fenomeni di integrazione, inoltre, hanno tra gli scopi la diffu-
sione tra le imprese di processi d’innovazione più intensi, non solo nei prodotti ma anche nei processi, nella logistica e nell’organizzazione. Le aziende che stanno crescendo anche durante la crisi, infatti, sono quelle che hanno adottato innovazioni in grado di distinguerle dai loro competitori, grazie all’acquisizione di nuove risorse umane o di maggiori relazioni con le realtà in cui si fa ricerca. In questo senso, Trieste ha una posizione di indubbio vantaggio rispetto ad altri territori, perché qui la generazione delle idee nei centri di ricerca, nelle 2 università, nel Parco scientifico e tecnologico, nell’incubatore Bic è in fermento costante e getta continui ponti con istituzioni omologhe presenti in tutto il mondo. Queste istituzioni hanno la responsabilità di aiutare le imprese a comprendere che le competenze detenute non sono per sempre e il compito di generare ricadute per il territorio e per la sua crescita sui mercati locali e internazionali. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 13
L’INTERVENTO
Per superare il gap produttivo di Guido Carella, presidente Manageritalia
roduttività, questa è la parola che ci perseguita. Sono decenni che in Italia la produttività è in discesa e, più di recente, è crollata. Secondo la Commissione Europea, nel secondo trimestre 2012 l’Italia ha registrato la caduta di produttività più forte nella Ue: -2,1 per cento, dopo lo -0,8 per cento nel primo trimestre. Allora che fare? La produttività aumenta se migliorano le capacità dei fattori produttivi e il loro mix. Più istruzione e conoscenza per le persone, innovazione per i macchinari e organizzazione dei processi. Ma non basta, a tutto questo si deve aggiungere un’organizzazione del lavoro e una gestione sempre più manageriale. Ma per mille motivi nel nostro Paese questa indispensabile modernizzazione è rimasta a metà strada. Abbiamo aziende piccolissime (il 90 per cento ha meno di 5 addetti, il 95 meno di 10 e il 99,9 meno di 250) che non fanno ricerca e innovazione, che non hanno dimensione per fare economie di scala e di scopo, che hanno scarsissima o nulla presenza, competenza e gestione manageriale e quindi capacità organizzativa e gestionale. Abbiamo gap vistosi nella formazione, soprattutto nella sua capacità di sfornare persone con conoscenze allineate a quelle richieste dal mercato. Abbiamo un costo del lavoro e del fare impresa altissimo. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi decenni siamo stati incapaci di restare o spostare la nostra economia e le nostre aziende nei business a più alto valore aggiunto, dove la produttività e il successo sono meno legati a meri fattori di costo. L’aumento della produttività e del benessere di persone e aziende passano sicuramente per una ridefinizione dei modelli e delle culture del lavoro, in primis
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delle relazioni industriali e del ruolo delle cosiddette parti sociali. Per un forte aumento di presenza, competenza e gestione manageriale in gran parte delle imprese italiane. Ma, e ne è una conseguenza, passano soprattutto dalla diffusione di modelli organizzativi e strumenti volti a migliorare la vita dei singoli e delle imprese. Un cambiamento che per la grande maggioranza di manager e lavoratori italiani (intervistati per Manageritalia da AstraRicerche e Duepuntozero Doxa nel 2012) passa per: valutazione delle persone su merito e risultati (per il 96 per cento dei manager; 88 per cento degli italiani), gestione delle persone per obiettivi (93 e 81 per cento), più formazione (93 e 91 per cento), più gestione manageriale (92 e 72 per cento), più collaborazione e meno gerarchia (87 per cento per entrambi), maggior conciliazione tra vita professionale e personale (85 per cento) e introduzione di programmi di welfare aziendale (77 e 81 per cento). Insomma, il lavoro e il mondo del lavoro che ci servono e meritiamo richiedono una profonda rivisitazione, per non dire rottamazione. Merito, gestione per obiettivi, collaborazione, innovazione, conciliazione tra vita privata e professionale, managerialità e formazione continua sono alcune delle parole chiave per ripartire e raggiungere produttività e benessere. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
UNA GRANDE SFIDA COMMERCIALE Stanno per iniziare i lavori di ampliamento del Centro Città Fiera di Udine. Un progetto che punta a generare, sul territorio, un giro d’affari di 400 milioni di euro. Un antidoto alla crisi rivelato da Antonio Maria Bardelli Andrea Moscariello
ensare in grande. Credendo, e soprattutto investendo, sul territorio. Senza farsi scoraggiare dalle lungaggini dell’apparato burocratico italiano. Una filosofia d’affari, e di vita, che Antonio Maria Bardelli, presidente dell’affermato gruppo di famiglia, porta avanti da anni, con la realizzazione a Udine di uno dei più importanti centri commerciali europei. Il progetto che porterà al raddoppio del Centro Città Fiera ha ottenuto dopo dodici anni di attesa il nullaosta per procedere con i lavori esecutivi. E forte degli oltre otto milioni di visitatori annui, non è certamente la fiducia ciò che manca a Bardelli. L’indotto sul territorio sarà decisivo. Il Centro con l’ampliamento sarà oggetto di un investimento complessivo di oltre 100 milioni di euro. Oggi il Centro genera un giro d’affari di 200 milioni. «Con l’ampliamento, però, puntiamo ad un incremento del 50 per cento» dichiara il presidente. L’economia esce dal 2012 con le “ossa rotte”. Eppure questo non
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l’ha frenata. «Intendiamoci, non esistono isole felici. Anche noi abbiamo dovuto far fronte alla crisi. Ma innovando e diversificando l’offerta siamo riusciti a raggiungere importanti risultati. Se a questo si aggiunge che si sono finalmente sbloccati i permessi per i lavori di ampliamento, possiamo ritenerci soddisfatti». Quando si vedranno i primi risultati? «Abbiamo già cominciato a lavorare. Il tutto si realizzerà in diverse fasi: la prima verrà completata per l’inizio del 2014. Le fasi successive dovranno proseguire in maniera rapida e flessibile. L’obiettivo finale è quello di diventare uno dei centri commerciali più grandi e innovativi d’Italia». Si passerà da 190 a 300 unità commerciali. Un indotto importante per il territorio. «Questo è fondamentale. Secondo le mie stime, con il raddoppio del centro potranno trovare lavoro tra le 600 e le 800 persone. Non solo, forni-
remo servizi sempre più qualitativi al territorio regionale, grazie a un incremento dell’offerta che riusciremo a dare ai consumatori, portando qui a Udine ciò che di meglio si può trovare in Europa». Quale sarà l’impatto ambientale? «Siamo sempre alla ricerca di fonti energetiche alternative, come la co-generazione. Sarà molto importante il mantenimento dei costi di gestione su livelli bassi, grazie allo studio di nuove soluzioni green. Stiamo già operando con la telegestione delle luci e stiamo sperimentando l’utilizzo della tecnologia a Led in galleria e nei parcheggi. Gli investimenti in soluzioni per abbattere l’impatto ambientale ammontano rispettivamente a 50mila euro per la ricerca sulla trigenerazione, sul risparmio elettrico, sulla telegestione e sull’utilizzo delle vernici foto catalitiche; a 6.650 euro per le analisi dell’aria; a 10.500 euro per le analisi dei rumori. Mi piace ricordare che i costi delle spese comuni di questo centro sono fra i più bassi esistenti
Antonio Maria Bardelli
Antonio Maria Bardelli, presidente del Centro Città Fiera (Udine)
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 17
IN COPERTINA
UNA CRESCITA ESPONENZIALE
Superficie commerciale (GLA)
ATTUALE
SVILUPPO
86.000 mq
160.000 mq
Outlet - HIC
30.000 mq
Ipermercato IPER Udine
7.450 mq
Hard Discount
7.450 mq 1000 mq
Altre superfici alimentari
339 mq
2.154 mq
Altre superfici non alimentari
34.869 mq
53.396 mq
Totale commercio al dettaglio
42.658 mq
94.000 mq
Grandi negozi specializzati
10
15/20
Esercizi commerciali, servizi
190
300
Ristoranti, caffè e bar
19
25
Mercatino alimentare
3
5
11 sale
11 sale
1
1
Multisala Sala Giochi
nelle strutture commerciali di grandi dimensioni». Non trova che dodici anni di attesa per ottenere i permessi siano eccessivi? «Non amo fare polemiche e sinceramente preferisco concentrarmi sulle cose positive e guardare al futuro. Certo, non posso negare che uno dei problemi più urgenti da risolvere, nel nostro sistema Paese, sia proprio questo gap temporale posto tra la richiesta e l’ottenimento dei permessi. Spesso un progetto è valido al momento della sua ideazione, ma se passano anni potrebbe risultare non più adeguato al momento della messa in opera. Per adeguarsi ai tempi la flessibilità è essenziale. E di questo dovrebbero tenerne conto tanto gli imprenditori 18 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
quanto le pubbliche amministrazioni». Il commercio risente del drastico calo del potere d’acquisto. Quali interventi auspica in tal senso? «Bisogna cercare di aumentare la capacità di spesa e consumo dei cittadini. Mi sembra che ridurre la pressione fiscale sia obiettivo di tutte le parti politiche. Ma il vero problema è trovare le risorse. La mia ricetta è innovare, innovare e ancora innovare. Bisogna essere sempre più competitivi in termini di quantità, qualità, vastità e convenienza dell’offerta. Come affrontiamo la crisi? Sicuramente estendendo il bacino d’influenza del centro ma anche attuando progetti che vanno incontro alle necessità delle famiglie più bisognose. A tale proposito mi piace
ricordare che la nostra iniziativa, ancora in fase sperimentale, “Città Fiera4Family”, nata in collaborazione con il comune di Martignacco (UD) nella seconda parte del 2012, vuole essere un concreto aiuto per le famiglie in difficoltà. E speriamo di poterlo allargare anche ad altri comuni». La vostra è una regione storicamente leader nel settore del legno arredo. Il Centro Città Fiera si appresta, con l’arrivo di Semeraro, a diventare un punto di riferimento per il segmento “home”. Quanto potrà incidere questo sul vostro bilancio complessivo? «Il settore arredo è estremamente ciclico e di conseguenza, in un momento di crisi subisce forti contrazioni. Al tempo stesso il consumatore
Antonio Maria Bardelli
Secondo le mie stime, con il raddoppio del centro potranno trovare lavoro tra le 600 e le 800 persone e forniremo più servizi al territorio
è sempre più attento al rapporto qualità/prezzo. Per tali motivi credo che fornire un concentrato di buone opportunità, gestito da veri specialisti, sia il sistema migliore per attirare la clientela, anche lontana, consentendo una scelta ampia, comoda e rapida. Se pensiamo al progetto nella sua fase completa e finale, il segmento “home” potrebbe essere quello che fornirà il contributo essenziale per garantire l’aumento dell’attrattività del centro, soprattutto nei confronti di un bacino d’utenza lontano. Città Fiera è collocato in una posizione strategica, al centro dell’Euro-regione e nei pressi dell’autostrada A23, che collega Udine con Austria, Slovenia e Croazia». Ciò che colpisce è anche l’intenzione di diversificare l’offerta
rispetto ai classici centri commerciali. Oltre ai negozi, non soltanto l’entertainment, ma anche una città della salute. «La diversificazione dell’offerta è la nostra vera peculiarità, è ciò che rende unico Città Fiera. Abbiamo anche sperimentato nuove forme commerciali, che poi sono state esportate in larga scala diventando grandi successi, uno di questi è l’Old Wild West. Il segreto del mio mestiere di “proprietario” è proprio quello di scoprire nuove sinergie da integrare a ciò che il centro già offre. Cerco di applicare questa filosofia anche all’interno del mio gruppo di lavoro, puntando a creare un forte
spirito di squadra. Nel management, unendo diverse esperienze e sensibilità, si ottengono importanti vantaggi lavorativi». Cosa si aspetta dal 2013? «In questa fase è difficile fare previsioni. Per i primi mesi credo riusciremo a confermare il risultato del 2012, ma più avanti mi aspetto un’ulteriore crescita. Sono sempre aperto a confrontarmi per siglare nuovi accordi e ulteriori partnership commerciali. Stiamo investendo molto in questo. Abbiamo da poco lanciato un nuovo portale web, cittafierabusiness.it, proprio per chi intende collaborare e fare parte del centro». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 19
L’ITALIA CHE VERRÀ
Multicanalità, fenomeno di massa Il 2012 ha siglato la svolta nelle abitudini di acquisto degli italiani che s’affidano ai canali distributivi online e a quei portali che, confrontando i prezzi, assicurano una “smart choice”, ovvero l’acquisto intelligente nel rapporto tra qualità e prezzo Elisa Fiocchi on la progressiva alfabetizzazione informatica e la massiccia diffusione delle nuove tecnologie è mutato radicalmente il ruolo che l’utente sembra ritagliarsi all’interno del panorama dei media, del commercio e dell’agire aziendale. Dalla sesta edizione dell’Osservatorio sulla multicanalità, il progetto di ricerca condotto da Nielsen, Connexia e la School of management del Politecnico di Milano, il 2012 è emerso come l’anno della svolta. A distanza di sei anni, la multicanalità è passata da fenomeno relativamente di nicchia nel 2007, con il coinvolgimento del 31 per cento degli italiani, a fenomeno massivo che
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interessa ben il 53 per cento della popolazione over 14. Le cause e i fattori culturali e tecnologici che hanno cambiato così profondamente il processo d’acquisto di beni e servizi nel nostro Paese vanno ricercati, secondo Roberto Pedretti, managing director del gruppo Nielsen, «da un lato nell’inarrestabile diffuRoberto Pedretti, managing director sione della tecnologia e, del gruppo Nielsen in Italia dall’altro, nel perdurare della crisi economica». Il consumatore lancia in grado di far spostare l’opiattuale non è più così un semplice nione degli altri consumatori attrabersaglio della filiera ma ne è parte at- verso la divulgazione della propria tiva e si pone anche come ago della bi- esperienza. Non a caso, il 78 per cento degli utenti online utilizza internet per confrontare i prezzi dei prodotti o dei servizi. Il perdurare della crisi economica quale influenza ha avuto sul coinvolgimento dei consumatori in tutte le fasi del processo d’acquisto? «Ha comportato un inevitabile e sempre maggiore coinvolgimento dei consumatori in tutte le fasi del processo d’acquisto. Il consumer decision journey è oggi meno lineare e più articolato e, questo contesto, il passaparola digitale si conferma centrale nelle decisioni d’acquisto: i consumatori utilizzano siti dedicati al confronto di prodotti e prezzi e si affidano alle opinioni di altri utenti. Il
Roberto Pedretti
La multicanalità è diventata un fenomeno di massa Reloaded Open Minded 53% 47%
2010
2011
40% Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità
36%
44% 31%
2007
processo d’acquisto diviene così sempre più strutturato e assume come obiettivo principale la ricerca della “smart choice”, ossia l’acquisto intelligente e a elevato rapporto qualità/prezzo». Perché proprio il 2012 ha segnato il passaggio della multicanalità a fenomeno di massa? «Ciò può essere spiegato soprattutto mettendo a fuoco la natura stessa della multicanalità e non perché nel 2012 è successo un particolare evento scatenante. Come emerge dall’osservatorio, tale fenomeno si configura come soluzione radicale: una volta che l’utente decide di intraprenderla la abbraccia in modo massivo. Tanto è vero che i “social shopper”, uno dei quattro nuovi cluster di consumatori multicanale individuati dalla ricerca, sono i veri protagonisti dell’attuale scenario digitale. Rappresentano il
2008
gruppo più numeroso - ben 10,7 milioni - e si caratterizzano per il forte ruolo che la rete gioca nella loro esperienza di spesa. Sono i veri professionisti dello shopping, il loro processo d’acquisto risulta particolarmente strutturato e la tecnologia è la loro migliore alleata. Utilizzano i nuovi mezzi in modo non solo intenso ma anche maturo; interagiscono con le aziende, partecipano attivamente alle discussioni con gli altri utenti, hanno una propensione medio-alta all’ecommerce». Il 56 per centodegli italiani possiede uno smartphone superando anche gli Usa, dove la percentuale si ferma al 50 per cento. Perché questo mercato non conosce crisi in Italia? «Innanzitutto è necessario precisare che sulla penetrazione degli smartphone in Italia influisce ancora in
2009
2012
maniera importante la presenza di Symbian, sistema operativo storico di Nokia presente sul mercato da tempo e associato a device poco evoluti che negli Stati Uniti non è presente, ciò rende difficile il confronto col nostro mercato. Detto questo, tale settore non sembra davvero conoscere crisi. Oggi lo smartphone, oltre a essere diventato uno strumento imprescindibile nella vita di tutti i giorni, è addirittura percepito come mezzo per risparmiare perché in un solo device il consumatore accorpa diverse funzionalità come telefono, macchina fotografica, email e mappe. Inoltre, la forte “pacchettizzazione” nell’offerta degli operatori fa percepire un risparmio nella spesa di servizi includendo spesso anche il costo del device». In quattro anni il numero di aziende italiane che investivano online è triplicato. L’e-commerce FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 31
L’ITALIA CHE VERRÀ
quanto influisce, oggi, nel successo percentuali in un anno). Di fronte a di un’impresa? «Il 56 per cento degli utenti online ritiene internet un canale di vendita adatto alle proprie esigenze. Cresce il numero di consumatori che cerca informazioni in rete e conclude l’acquisto on line (il 34 per cento, + 4 punti
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questi dati, l’e-commerce assume una valenza strategica nella contribuzione al fatturato e alla profittabilità d’impresa, il tema, tuttavia, è più profondo del semplice cambiamento del media mix pubblicitario, in cui aumenta la quota di internet, che è
ormai pari al 13,1 per cento del totale degli investimenti pubblicitari. Le imprese devono sempre più sapere analizzare i comportamenti di acquisto multicanale dei diversi cluster, progettare opportunamente una strategia e un’architettura di punti di contatto volti a cogliere l’attenzione nelle combinazioni spazio-temporali in cui il consumatore si trova. Tutto questo nell’ottica di soddisfare al meglio i bisogni informativi e di relazione che cambiano sensibilmente a seconda dei cluster». Grazie alla rivoluzione digitale come il cittadino è in grado di “dettare legge” alle aziende? «La rivoluzione digitale sembra aver messo nelle mani del consumatore una sorta di nuovo potere che le aziende, per essere competitive, sono costrette a prendere in considerazione, adattando il prodotto, la comunicazione, la distribuzione e il prezzo alle esigenze di questo nuovo consumatore. Credo che l’affermazione di Steve Yancovic, vicepresidente eBay Mobile, “The store is in shoppers hand”, possa sintetizzare il nuovo paradigma di relazione con il cliente, cui le imprese “devono” adeguarsi. Il mobile trasforma il processo d’acquisto, consentendo a chiunque di comprare dove e quando vuole. Un ulteriore elemento che caratterizza il nuovo consumatore è la simultaneità nell’utilizzo dei device, che ha un’influenza anche sugli acquisti, comprimendo il tempo che trascorre tra la comunicazione pubblicitaria e l’acquisto. Una comunicazione aziendale sarà tanto più efficace quanto maggiore è la coerenza e la sinergia tra comunicazione e canali distributivi, tra comunicazione e processo di organizzazione aziendale, tra presenza online e presenza off line».
FORUM SINDACI
Comuni a risparmio speciale Con il decreto Salva Italia e la spending review, il governo centrale ha condotto un’operazione di alleggerimento della spesa pubblica che non ha risparmiato le regioni a statuto speciale. Lo stanno toccando con mano i sindaci dei capoluoghi del Friuli Venezia Giulia che, in vista della definizione dei futuri bilanci comunali, dovranno fare i conti con nuovi vincoli e con una sensibile riduzione dei trasferimenti statali
I PROVVEDIMENTI DI SPENDING REVIEW STANNO COLPENDO DURO I VARI LIVELLI DELLA GESTIONE PUBBLICA. CHE RIFLESSI STANNO AVENDO SULL’EFFICIENZA DELLA MACCHINA AMMINISTRATIVA COMUNALE?
Giacomo Govoni
IN CHE MISURA LO STATUTO SPECIALE, CHE GARANTISCE PARTICOLARI CONDIZIONI DI AUTONOMIA ALLA VOSTRA REGIONE, VI HA MESSO FINORA AL RIPARO DALLA SCURE DEI TAGLI ALLE RISORSE PUBBLICHE?
34 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
Furio Honsell, sindaco di Udine
FURIO HONSELL «Già l’espressione spending review la trovo particolarmente arrogante perché presuppone ci siano spese ingiustificate. Un comune come Udine di spese da rivedere non ne ha. Semmai dei servizi da tagliare. Le spese intermedie son già state tagliate tutte. Forse le spese allegre le fanno altrove: nei ministeri, presso le ambasciate o i consolati. Ma se dagli organi centrali ritengono di dover ancora intervenire sugli enti locali, dicano quali servizi dobbiamo tagliare e con quale tipo di efficienza. Gli ultimi governi hanno tagliato ore di scuola ai bambini e hanno fatto pagare a loro i relativi costi». •
FH «Effettivamente lo statuto
speciale ci aveva permesso, in fatto di investimenti e non di spese correnti, di avere un patto di stabilità più morbido nel quale alcune spese, ad esempio mutui strade e scuole, venivano conteggiate solo al 50 per cento. Queste agevolazioni ora sono state tolte e nel 2013 non ci saranno più: avremo il patto come le altre regioni, con una ricaduta molto forte perché il pregresso d’investimenti adesso in qualche modo ci si ritorcerà contro. Ci ha protetti in passato, ma ora ci rende più vulnerabili». •
Claudio Pedrotti, sindaco di Pordenone
CLAUDIO PEDROTTI «Di spending review si parla da tempo. A Pordenone abbiamo semplicemente continuato a modulare i temi di natura infrastrutturale all’interno dei vari servizi: dalle scuole alle pompe funebri, alla riscossione delle multe. Insomma, abbiamo tirato su tutte le mattonelle dai pavimenti, salvaguardando la parte di welfare relativa alle famiglie in difficoltà. Pur capendo la necessità di tale operazione, mi rammarico che Monti nel suo primo periodo muscolare abbia mostrato tanta inflessibilità nella gestione del personale, sottovalutando la difficoltà di muovere una persona da una mansione all’altra. Lo spostamento di una figura professionale non sempre coincide con un aumento di efficienza». •
Ettore Romoli, sindaco di Gorizia
ETTORE ROMOLI «A dire il vero, i riflessi di questa revisione dei conti ancora non si avvertono in modo marcato, ma solamente perché gli effetti si vedranno a medio termine. Più che sull’efficienza della macchina amministrativa, in ogni caso, ci saranno delle ripercussioni su servizi e contributi, da quelli sportivi a quelli culturali, cercando di evitare tagli al settore sociale e assistenziale». •
CP «Lo statuto autonomo, bisogna
ER «È vero che l’autonomia ci met-
ammetterlo, è stato un grande volano della nostra economia, sfruttato bene sul piano degli investimenti. Forse non tutti lo sanno, ma il Comune di Pordenone dispone di un piccolo strumento fatto in casa per il controllo di gestione, adottato anche da altri comuni non solo friulani. È interessante perché in modo oggettivo mostra la capacità di spesa delle amministrazioni. Rispetto alle regioni venete, abbiamo una capacità di spesa dimezzata e in alcuni casi, di un terzo. D’altro canto, oggi ci viene chiesto uno sforzo di adeguamento praticamente istantaneo (in un anno), mentre in passato nelle altre municipalità si è ottenuto in 2-3 anni». •
te al riparo dai tagli statali diretti, ma avremo comunque a che fare con quelli imposti dalla Regione che dovrà riversare, a sua volta, su Comuni e Province, la riduzione dei trasferimenti dallo Stato. Quindi, nella sostanza, non cambia molto». •
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 35
ALLA LUCE DEL RIORDINO DEI CONTI PUBBLICI, CHE FISIONOMIA ASSUMERÀ IL VOSTRO BILANCIO PER L’ANNO PROSSIMO? QUALE CRITERIO APPLICHERETE NEL DETERMINARE TRIBUTI E TARIFFE? E QUALI NOVITÀ CI SARANNO, A PARTIRE DALL’IMU?
FH «Nel complesso stimiamo una contrazione del bilancio del 5-6 per cento. Ma, siccome la finanziaria regionale non ha ancora chiarito alcuni passaggi sui trasferimenti, ci sono ancora punti in sospeso. Imu in primis, fissata dallo Stato in base al gettito. Oggi a Udine siamo al 4 per cento per la prima casa e allo 0,86 per le seconde. Abbiamo portato allo 0,98 per cento quella sulle case vuote per contrastare lo sfitto, riducendola allo 0,76 per i canoni concordati. A rimetterci, temiamo, saranno soprattutto i servizi, con la beffa di perdita di lavoro per gli addetti che li gestiscono. La manutenzione del verde è in bilico, così come le aperture dei musei, le attività di intrattenimento estivo e i contributi per gli affitti». •
IN QUALI DIREZIONI VI STATE MUOVENDO PER PORTARE OSSIGENO NUOVO ALLE CASSE COMUNALI? ALIENAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE O CESSIONE DI QUOTE DI SOCIETÀ PARTECIPATE, AD ESEMPIO, SONO PISTE CHE STATE SONDANDO?
FH «La vendita del patrimonio pubblico è una pista impraticabile e illusoria: le caserme dismesse non le compra nessuno, sono in zone inquinate e da bonificare. Possiamo regalarlo o, bene che vada, svenderlo. Tutti gli appartamenti che abbiamo sono già destinati a servizi sociali, non ne abbiamo da vendere. Pertanto si va solo nella direzione del ritocco delle tariffe e, al limite, della vendita di quote azionarie di società come Autovie Venete, ma al momento nessuno è interessato all’acquisto». •
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CP «Stiamo studiando soluzioni per recuperare risorse tramite le alienazioni. Le nostre partecipazioni comunali, tuttavia, sono minime e al momento c’è una specie di impasse sul piano dell’interesse privato. Quanto al patrimonio, svenderlo o liquidarlo sarebbe un doppio suicidio. Pertanto c’è in corso un business planning preliminare per capire come rafforzarne il valore. Le leve, insomma, sono poche: in compenso ci sarebbero iniziative interessanti, già sperimentate con successo oltreoceano, che mediante una sorta di tassa di scopo, aiuterebbero a finanziare piccoli progetti rivolti alla collettività, chiedendo un modesto contributo ai cittadini, rassicurati dall’esatta destinazione del denaro».•
FORUM SINDACI
CP «Nel nostro bilancio dovremo, in buona sostanza, portare a casa un 11 per cento secco di contenimento dei costi. Io vengo dal settore privato in cui la riduzione delle spese attorno al 10 per cento l’anno era un obiettivo aziendale. Qui però ci sono aree ingessate in cui non si può toccare un euro e il tutto si riproduce con impatti del 30-50 per cento su altre aree. Rispetto alle imposte, al momento siamo al limite della sopravvivenza. Nel corso del 2012 siamo stati tra i pochi che hanno leggermente abbassato l’Imu dallo 0,4 per cento allo 0,38 per la prima casa. Sulle tariffe, che sono tante, dalle case di riposo ai servizi di refezione, a fine anno abbiamo già deliberato un aumento Istat che avremmo fatto comunque». •
ER «Se tutto va bene, approveremo il bilancio in aprile-maggio. Un bilancio molto condizionato dal patto di stabilità, che inciderà notevolmente sia sulla spesa corrente sia sulle opere pubbliche. La prima, visti i minori trasferimenti, subirà una contrazione di circa il 20 per cento. Se pensiamo che gran parte delle risorse della spesa corrente sono ingessate fra personale e spese socio-assistenziali, è evidente che riusciremo a provvedere esclusivamente alle spese essenziali, peraltro praticando risparmi, perché altrimenti non avremo fondi sufficienti neppure per quelle. Quanto all’Imu, al momento le aliquote restano invariate, più avanti vedremo. Se interverremo, comunque, sarà sulle seconde case». •
ER «Io sono anche presidente del Consiglio delle autonomie locali e, insieme agli altri colleghi sindaci e ai presidenti delle Province, ho portato avanti una trattativa con la Regione per “ammorbidire” i tagli e i termini del patto di stabilità. Abbiamo ottenuto qualcosa ma non moltissimo. L’ossigeno lo cerchiamo nei risparmi, dall’illuminazione pubblica ai telefonini, stiamo passando al setaccio ogni voce». •
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 37
FORUM SINDACI
IL CAPITOLO INVESTIMENTI SARÀ QUELLO CHE SCONTERÀ MAGGIORMENTE LA CONTRAZIONE DEL PORTAFOGLIO COMUNALE. A QUALI OBIETTIVI VERRÀ DATA PRIORITÀ E QUALI PROGETTI SI RIUSCIRANNO A FINANZIARE NEL 2013? FH «Pur avendo ottenuto una valutazione positiva, con una percentuale in controtendenza rispetto a quanto accaduto ad altri colleghi, ritengo necessaria una riflessione. Le valutazioni negative nascono dal fatto che i sindaci si misurano quotidianamente con i cittadini e i loro problemi. Le aspettative sono diverse e tutte giustificate, ma si scontrano con le difficoltà che stanno vivendo i Comuni in questo difficile momento storico. C’è una vera paralisi nelle economie delle amministrazioni, imbrigliate nelle maglie del patto di stabilità e della spending review, questioni che purtroppo risultano difficili da spiegare ai cittadini». •
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CP «Il recupero di qualche risorsa può semmai aiutarci a rispettare il patto di stabilità. Secondo le indicazioni della Regione, i trasferimenti scenderanno dell’80 per cento, per cui dovremo quantomeno ripianarne la metà. Ci sono da pagare i lavori già in essere, dalla chiusura di una discarica, alla costruzione di una caserma e del terminal degli auto corrieri. Non conoscendo ancora i parametri del patto di stabilità che la Regione sta definendo in questi giorni, abbiamo ipotizzato uno scenario catastrofico e un altro intermedio. Ma le misure esatte le prenderemo quando avremo l’entità delle somme disponibili. Di certo, non siamo di fronte a un incentivo all’economia regionale». •
ER «Nella scorsa consiliatura ho avviato la riqualificazione del centro storico cittadino e il miglioramento della viabilità. La rielezione, nel maggio di quest’anno, mi permette di proseguire questo programma, chiaramente con i limiti derivanti dalle nuove disposizioni. Daremo priorità ad alcuni interventi che consentiranno il completamento dei lavori di riqualificazione, in particolare la sistemazione dei corsi principali della città, ma mi piacerebbe anche proseguire le azioni di valorizzazione turistica di Gorizia e di potenziamento della sua dimensione universitaria». •
ASSET STRATEGICI
Strumenti per le pmi Le piccole e medie imprese vanno agevolate sul piano burocratico e incentivate a fare rete. A sostenerlo è Giuseppe Tripoli, il quale illustra come le pubbliche amministrazioni e le associazioni di categoria debbano continuare a collaborare Nicolò Mulas Marcello
ul piano della semplificazione burocratica per le piccole e medie imprese qualcosa si sta muovendo: «A breve – spiega Giuseppe Tripoli, garante per le micro, piccole e medie imprese – prenderà il via l’Agenzia per le imprese, che certificherà molte pratiche amministrative evitando in questo modo una parte significativa dei controlli pubblici come avviene per l’amministrazione finanziaria nel caso dei Caaf». Burocrazia e crisi economica rendono ancora più difficile l’esistenza delle pmi. Cosa si sta facendo a riguardo? «Sappiamo bene che la burocrazia è il primo nemico delle pmi. Gli oneri amministrativi ammontano a 23 miliardi di euro l’anno, mediamente 5.200 per impresa. Anche l’Ue ha messo questo aspetto in primo piano, promuovendo un sondaggio pubblico per individuare i 10 atti legislativi europei più onerosi per le pmi e intervenire per modificarli. In questi mesi il governo ha fatto diverse cose: ha introdotto la possibilità di costituire una Srl a capitale ridotto o semplificata con costi decisamente inferiori, ha esteso l’uso della posta elettronica certificata a tutte le società; da quest’anno anche le imprese individuali saranno dotate di questo strumento per potersi relazionare velocemente con la pubblica amministrazione azzerando i costi. In questo modo utilizzare la firma digitale sarà più facile
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Giuseppe Tripoli, garante per le micro, piccole e medie imprese
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sia per sottoscrivere atti e documenti da inviare alla Pa sia nelle transazioni commerciali per la costituzione di una rete di imprese. La decertificazione, cioè l’obbligo di non produrre più alla Pa certificati rilasciati da un’altra amministrazione, come ad esempio il certificato antimafia o quello di iscrizione al registro delle imprese, facilita l’impresa attraverso l’interoperabilità della pubblica amministrazione». Qual è attualmente la situazione italiana per quanto riguarda i contratti di rete? «Sono 464 i contratti formalizzati per oltre 2.500 imprese partecipanti; dunque 30 nuovi contratti di rete registrati nell’ultimo anno. Dai dati di fine ottobre emerge chiara l’attenzione con cui le imprese guardano al contratto di rete. Abbiamo pensato che lo strumento del contratto di rete fosse quello giusto per “invogliare” a dare continuità strategica alla miriade di collaborazioni informali che già caratterizzano la vita quotidiana delle nostre pmi. Mettersi insieme significa restare competitive, penetrare maggiormente nel mercato italiano ed estero, promuovere assieme un marchio comune, poter acquisire assieme managerialità - si pensi alle figure dell’export manager o del responsabile finanza aziendale - altrimenti troppo costose. Più del 70% delle imprese dichiara che l’avervi aderito ha comportato il mantenimento o la crescita dei propri livelli di fatturato, elemento certamente non trascurabile in una fase di difficile congiuntura come quella che stiamo vivendo». Le reti d’impresa stanno superando i distretti? «Le reti non superano, ma contribuiscono al-
Giuseppe Tripoli
464 I CONTRATTI DI RETE FORMALIZZATI FINO A OGGI PER OLTRE 2.500 IMPRESE PARTECIPANTI
l’evoluzione in corso nei distretti. La rete tra imprese è una delle modalità con cui i distretti possono aprirsi alle necessarie collaborazioni extraterritoriali a fronte di dinamiche di produzione e subfornitura di beni e servizi che abbediscono a logiche e traiettorie sempre più globali, o “glocali” come spesso si dice. Le reti di impresa stanno avendo una buona diffusione anche all’interno dei distretti, dove è storicamente presente un ricco tessuto di relazioni reticolari informali tra i diversi attori delle filiere produttive locali. Tra le imprese manifatturiere che partecipano a reti di impresa, poco più di un quinto appartiene a uno dei 139 distretti industriali mappati dal servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. Le imprese dei distretti hanno stipulato contratti di rete con imprese locali, ma anche con imprese localizzate in altre province, o addirittura esterne alla regione, superando la dimensione distrettuale e ponendo le basi per la costruzione di solide collaborazioni a livello nazionale: non a caso, oltre 1/3 delle reti a cui partecipano le imprese distrettuali sono pluriregionali». Le reti riescono a superare in maniera più efficace le difficoltà nei rapporti con le banche? «Non ancora. Sono poche le banche che con-
siderano un plus di merito la partecipazione dell’impresa al contratto di rete, o hanno proposto strumenti finanziari ad hoc per le imprese in rete. Infatti, il 60% delle imprese ritiene che la banca dovrebbe valorizzare maggiormente la partecipazione dell’impresa alla rete. Il sistema bancario deve svolgere, a mio avviso, un ruolo attivo nel favorire lo sviluppo di nuove reti e, soprattutto, nel sostenere e nell’accompagnare le imprese lungo tutto il percorso di collaborazione in rete, partendo dalla fase pre-costitutiva, sostenendone l’avvio e fornendo supporto nella realizzazione del progetto in rete. Per tante piccole e medie imprese la banca è ancora vista come il principale partner con cui pianificare, non solo finanziarimente, l’accesso ai mercati esteri o l’accelerazione dei processi di internazionalizzazione e di innovazione. Questa richiesta di partenariato è più marcata tra le imprese di piccole dimensioni e meno strutturate. Peraltro, le attese di efficacia della rete aumentano significativamente soprattutto per le imprese che vedono nella banca un possibile promotore e facilitatore dei processi di internazionalizzazione e innovazione». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 49
ASSET STRATEGICI
Autonomia e cooperazione È un’autonomia che funziona, quella del Friuli Venezia Giulia, perché restituisce a cittadini e imprese le risorse fiscali generate sul territorio. Alla difesa di questa prerogativa si affiancano progetti come il Gect “Senza confini”. Ne parla il governatore Renzo Tondo Francesca Druidi
l 2013 è un anno significativo per la storia del Friuli Venezia Giulia. Ricade, infatti, il cinquantenario dell’istituzione dello Statuto speciale. E se la Regione è già impegnata a condensare e analizzare l’esperienza della specialità attraverso l’elaborazione di dati, cifre e indicatori statistici, il presidente Renzo Tondo offre una ricognizione sulle prospettive presenti, passate e future legate all’autonomia, allargando lo sguardo ai nuovi strumenti di cooperazione territoriale nei nuovi scenari europei. La Regione festeggia quest’anno i 50 anni dello Statuto di autonomia speciale approvato nel gennaio del 1963. Con quale spirito? «Non c’è dubbio che stiamo attraversando una stagione politica difficile. Registriamo
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un tentativo abbastanza chiaro da parte dei poteri centrali di ridurre le autonomie locali e regionali. Sulle Regioni speciali perdura un diffuso pregiudizio, come ho potuto constatare io stesso negli anni in cui sono stato deputato a Roma. Ai critici non mi sono mai stancato di spiegare che la specialità non è un privilegio, ma una responsabilità. Le entrate del nostro bilancio derivano non da trasferimenti negoziati con lo Stato centrale, ma da compartecipazioni percentuali sui tributi riscossi sul nostro territorio (Irpef, Iva, Ires), oltre che da tributi propri. Con queste gestiamo tutto, senza chiedere un euro allo Stato centrale. Tanto per citare le voci più importanti del bilancio: la sanità, il trasporto pubblico locale e persino i trasferimenti agli enti locali, a differenza di altre Regioni a statuto speciale, che per questo dipendono ancora dallo Stato. Con la crisi economica e la riduzione delle entrate, abbiamo dovuto stringere la cinghia. Non possiamo scaricare la responsabilità su altri. Dobbiamo rispondere direttamente ai cittadini di come spendiamo i soldi. Da noi il federalismo fiscale è una realtà». Che bilancio si sente di trarre da mezzo secolo di autonomia speciale? «Se mi guardo indietro, vedo il percorso che ha compiuto la comunità regionale. Non dimentichiamoci che nel secondo dopoguerra la nostra era una re-
Renzo Tondo
gione povera, una terra di emigrazione. Da allora, il Friuli Venezia Giulia ha saputo imboccare la strada dello sviluppo, raggiungendo livelli di benessere paragonabili a quelli delle più sviluppate regioni italiane ed europee. In mezzo secolo si è passati dalla civiltà contadina al miracolo delle piccole e medie imprese diffuse e dei distretti industriali, per arrivare oggi all’economia del nuovo millenni sostenuta dalla valorizzazione del capitale umano, dalla ricerca e dall’innovazione. In tutto questo, l’autonomia speciale ha giocato un ruolo decisivo. In occasione del cinquantenario, abbiamo pubblicato quattro volumi con indagini statistiche sui vari aspetti della realtà regionale, dall’economia alla famiglia. I numeri parlano chiaro: le risorse generate dal territorio sono state restituite al territorio in modo virtuoso, sotto forma di infrastrutture e servizi che hanno accompagnato e sostenuto la crescita economica e civile del Friuli Venezia Giulia». Quale futuro vede per l’autonomia del Friuli Venezia Giulia? «L’autonomia oggi va prima di tutto difesa contro i tentativi di metterla in discussione. E va difesa non per ragioni ideologiche, ma semplicemente perché funziona. Crediamo, anzi, che possa costituire un modello anche per le Regioni ordinarie. L’autonomia, in questi cinquant’anni, non è mai stata ferma, si è evoluta nel tempo. Questa è la scommessa che abbiamo davanti. Tanto per fare un esempio: negli ultimi anni abbiamo acquisito nuove competenze dirette, come le strade e parti importanti del demanio pubblico. Ora puntiamo anche all’istruzione». Il Friuli Venezia Giulia ha recentemente costituito, assieme a Veneto e al Land austriaco della Carinzia, l’euroregione “Senza confini”. Qualcuno l’ha definita una data storica. «Una data senza dubbio storica perché “Senza confini” è destinata a raccogliere l’eredità della Comunità di lavoro Alpe Adria, costituita a Venezia nel 1978, che ha avuto il merito di avviare in modo pioneristico la collaborazione transfrontaliera a ca-
vallo del confine nordorientale d’Italia, in un’Europa allora divisa dalla cortina di ferro. Da tempo era maturata la convinzione della necessità di aggiornare gli strumenti della cooperazione nel nuovo contesto creato dall’Unione europea allargata. “Senza confini” nasce, infatti, facendo riferimento alla recente legislazione comunitaria sui Gect, i gruppi europei di cooperazione territoriale». Lei ha parlato, in occasione della firma a Venezia per “Senza confini”, di un punto di arrivo ma anche di un punto di partenza. «Un punto di arrivo perché, per arrivare alla costituzione del Gect, abbiamo dovuto superare parecchi scogli. Un punto di partenza perché adesso sta a noi riempirlo di contenuti. Il Gect è un vero e proprio soggetto giuridico e potrà prima di tutto essere destinatario delle risorse dei vari Fondi europei, dal Fondo sociale a quello di Sviluppo regionale, assumendone la gestione operativa e partecipando direttamente ai bandi. Il banco di prova sarà la prossima programmazione 2014-2020. E poi c’è l’allargamento alla Slovenia e alle Contee croate dell’Istria. A Venezia, in occasione della firma, c’erano i loro rappresentanti in veste di “osservatori”. Un segnale che va nella direzione giusta. Per affrontare la sfida della globalizzazione, i territori devono mettersi assieme. Solo così ce la possiamo fare».
Renzo Tondo, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 57
STRATEGIE ASSET STRATEGICI
Difendere e promuovere il valore dell’impresa Risparmio ed efficienza nel settore energetico, ma anche strategie tese a rafforzare internazionalizzazione, ricerca e innovazione. La strada per uscire dalla crisi secondo l’imprenditore Edi Snaidero, che svela le ultime novità del Gruppo Francesca Druidi
e aziende tentano di recuperare oggi competitività anche attraverso la voce energia. Tra le aziende virtuose in materia si colloca Snaidero, a cui è stato di recente assegnato l’Energy efficiency award 2012 attribuito da Abb, leader nelle tecnologie per l’energia e l’automazione. Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato dell’omonimo gruppo, spiega le politiche di sostenibilità ambientale attuate, allargando lo sguardo dagli orizzonti di sviluppo di Snaidero a quelli del tessuto produttivo del territorio. Come si articola, nello specifico, il progetto di efficienza energetica all’interno del-
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l’azienda? «Il rincaro del costo dell’energia e le preoccupazioni circa i cambiamenti climatici ci hanno posto il tema dell’efficienza energetica come strategico, sia in ottica di maggiore competitività aziendale sia di investimento per rendere i nostri processi produttivi più “green” e, quindi, meno impattanti dal punto di vista ambientale. Le soluzioni tecnologiche adottate hanno riguardato la sostituzione di motori a bassa efficienza con nuove soluzioni in classe di efficienza Ie2, oltre all’installazione di un inverter. Complessivamente, la riduzione dei consumi di energia elettrica legata a questi interventi è stata quantificata in circa 190 mila kWh all’anno, pari a 32 Tep/anno e a minori emissioni di CO2 per 73 tonnellate/anno. In un momento di crisi come questo, gli investimenti finalizzati all’ottimizzazione dell’efficienza energetica sono indispensabili, perché rafforzano la competitività e la sostenibilità nell’orizzonte di lungo periodo». La Regione sta accelerando sul fronte della promozione delle energie rinnovabili. Come vede l’orizzonte energetico del Friuli Venezia Giulia? «Ci sono importanti progetti in fase di avviamento che vanno dalla creazione o trasporto di energia - da
Edi Snaidero
Il tema dell’efficienza energetica è strategico, sia in ottica di maggiore competitività aziendale sia di investimento
troppo tempo osteggiati in modo non ragionevole - fino ai progetti di coordinamento delle fonti energetiche, peraltro supportati dalla comunità europea (progetto smart cities), alcuni dei quali potrebbero non solo agevolare il nostro sistema produttivo, ma anche creare competenze e, quindi, valore per la nostra regione. Credo che le imprese e i cittadini non possano che essere dalla parte di chi ha a cuore il futuro delle imprese e dell’ambiente, con responsabilità e decisione». Quali le priorità da affrontare e i nodi da sciogliere per puntare alla crescita? «I prossimi mesi non saranno facili, ma la priorità per tutti è difendere il valore creato dalle nostre aziende, difendendo così la coesione sociale. Solo da questo fattore la regione può ottenere le risorse per i servizi da erogare alla comunità regionale. È, quindi, necessaria una focalizzazione sugli strumenti - e in Friuli Venezia Giulia sono molti - e sui progetti di supporto all’internazionalizzazione delle imprese, soprattutto in quei settori dove la nostra regione ha saputo sviluppare competenze e capacità di esportare. Occorre, inoltre, puntare sugli asset della finanza
regionale come il Mediocredito e Friulia, al fine Edi Snaidero, di supportare il rafforzamento finanziario e pa- presidente e amministratore trimoniale delle nostre imprese». delegato del Gruppo Il focus di Snaidero è spostato verso i mer- Snaidero e presidente cati emergenti. Quali sono i vostri obiettivi di Friulia oltre confine? «All’estero come in Italia, la forza del marchio è certamente la sua storia: da oltre 65 anni siamo presenti sul mercato italiano e da oltre 40 esportiamo le nostre cucine in tutto il mondo, puntando a un posizionamento che gioca sul valore di un design raffinato, rigorosamente tutto made in Italy. Ritengo che, nonostante la debole congiuntura internazionale, in un orizzonte di medio periodo le imprese del made in Italy possano ancora contare su un “fortissimo” percepito dell’Italia a livello internazionale. Per quanto ci riguarda, all’estero si registrano dei segnali positivi, soprattutto nel settore contract, nel quale operiamo da oltre 25 anni, a partire dal mercato americano per poi allargarsi ai processi di sviluppo immobiliare di molti paesi emergenti. Le più recenti realizzazioni riguardano, infatti, nuovi mercati, come la commessa delle lussuose Trump Towers di Istanbul, il complesso residen- FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 59
STRATEGIE ASSET STRATEGICI
Punteremo a internazionalizzare ulteriormente il marchio Snaidero, insistendo su ricerca e innovazione
ziale della Kapsarc (King Abdullah Petroleum spinta, ma ad un prezzo estremamente competiStudies and Research Center) a Riyadh, e importanti progetti che stiamo ultimando in India, a Nuova Dehli e a Bangalore, oltre che in America. Tutto questo grazie alla divisione contract che, istituita nel 1999, vanta una capillare rete commerciale internazionale in grado di garantire la presenza dell’azienda in ottanta paesi e il servizio b2b di assistenza pre e post-vendita». Per rendere più attrattivo il Friuli Venezia Giulia, occorre favorire l’internazionalizzazione a 360 gradi. In base alla vostra esperienza, quali strategie è necessario adottare? «Credo che, anche su questo fronte, si possa fare meglio coordinando i diversi attori che operano a supporto delle imprese della regione, con una visione di lungo periodo in cui, anche attraverso le aggregazioni e le reti di impresa, siano supportate le piccole realtà, forti nel prodotto e nella produzione ma non sufficientemente organizzate per un’espansione internazionale a 360 gradi. Ritengo siano ineludibili una maggior razionalizzazione e un migliore coordinamento degli strumenti a disposizione». Quali i progetti del gruppo Snaidero nel prossimo futuro? «Abbiamo appena completato un’articolata piattaforma industriale di prodotti che chiamiamo “young” in grado di posizionarsi in maniera distintiva sul mercato in termini di aspettative di design, qualità, e personalizzazione sartoriale 60 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
tivo: sempre più “qualità su misura” ad un prezzo giusto. Un risultato che ha richiesto una completa riorganizzazione di molti processi aziendali. Punteremo molto a internazionalizzare ulteriormente il marchio Snaidero attraverso uno sviluppo sia retail, sia soprattutto contract, visto il grande dinamismo di questo segmento nei mercati emergenti. E poi ricerca e innovazione, il filo conduttore della nostra strategia». In che modo? «In occasione del prossimo Salone del mobile, presenteremo i risultati di un importante progetto di ricerca, avanzato dalla Rino Snaidero Scientific Foundation, che si propone di integrare tecnologie domotiche e nuove interfacce per l’erogazione di servizi a distanza, favorendo l’autonomia delle persone anziane nelle proprie abitazioni in termini di sicurezza e comfort. L’ambiente cucina potrà essere in grado di riconoscere la persona a rischio, di monitorare il corretto svolgimento delle attività domestiche, di supportare la perdita progressiva delle funzioni cognitive, di stimolare le abilità residue. Le varie soluzioni prevedono l’attivazione di una rete di servizi a distanza utile alle famiglie sul fronte socializzazione e che si estende dalla casa all’edificio, al quartiere, alla città. È, quindi, un nuovo concept di ambiente cucina, progettato utilizzando criteri di universal design per migliorare la qualità della vita di tutti».
Antonio Verga Falzacappa
L’entusiasmo dei giovani per ricominciare a una recente indagine Istat sono emersi dati che confermano l’allarme occupazione tra i giovani in Italia. Sono, infatti, oltre un milione gli under 35 senza un lavoro. Un dato su cui riflettere riguarda, inoltre, il tasso di disoccupazione dei laureati rispetto ai diplomati della stessa fascia di età. Le nuove generazioni possono essere però la chiave di volta per rispondere alla crisi e il loro apporto e la voglia di guardare lontano possono contribuire al superamento di questa fase congiunturale. È questa la strada da percorrere secondo Antonio Verga Falzacappa, a capo degli imprenditori under 35 di Confindustria Friuli Venezia Giulia, investendo sulla formazione e lo sviluppo di idee innovative. Ritiene indispensabile un ricambio generazionale alla guida delle imprese italiane? E come può essere agevolato? «Le nuove generazioni sono sicuramente più sensibili all’innovazione, a operare sui mercati internazionali e meglio disposte ad affrontare i cambiamenti. Questo processo può essere realizzato partendo dall’affiancamento tra senior e junior con iniziative che possano gradualmente consentire la gestione delle imprese da parte delle nuove generazioni e il trasferimento di competenze e responsabilità sempre crescenti ai più giovani. In regione, d’altronde, esistono già esempi d’imprese di eccellenza che hanno affrontato con successo il passaggio generazionale». Quanto sta a cuore ai giovani di Confin-
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Mentre l’occupazione giovanile è ai minimi storici e la burocrazia e il fisco rendono difficile la creazione di nuove imprese, il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Antonio Verga Falzacappa, invita a puntare tutto sulle nuove generazioni Renata Gualtieri
dustria regionale lo sviluppo di start-up? E come l’associazione sostiene i progetti di nuovi imprenditori? «Crediamo molto nelle start-up e da anni ci muoviamo con diverse iniziative per favorirne la nascita e sostenerle. Ogni territoriale ha una programmazione che prevede, in alcuni casi, la collaborazione con i centri di ricerca e le università per sviluppare start-up, in particolare nei settori più innovativi, in altri offriamo progetti concreti come premi in denaro per i più meritevoli. Si lavora dunque a largo spettro riconoscendone l’importanza. In regione il grado di collaborazione tra formazione e mondo del lavoro è di buon livello, ma sicuramente si può fare di più e Confindustria accelererà ulteriormente su questo tema chiave». Quali gli ostacoli da superare perché nuove imprese guidate da giovani possano nascere e crescere? E quali le più grandi difficoltà che incontrano i giovani nell’affrontare la sfida del fare impresa oggi? «I problemi sono gli stessi che si riscontrano a livello nazionale: difficoltà nell’accesso al credito, fiscalità e burocrazia. Ostacoli che, in un momento di grande difficoltà economica, non agevolano la nascita di nuove imprese».
Antonio Verga Falzacappa, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Friuli Venezia Giulia
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 61
STRATEGIE
Generazioni d’idee «Il ricambio generazionale è la linfa vitale dell’impresa, che per vivere ha continuo bisogno d’innovarsi e di adattarsi ai tempi che cambiano». Tutto ciò deve avvenire, secondo Cristina Nonino, dando garanzia di continuità nell’eccellenza qualitativa Renata Gualtieri
fidare il futuro senza dimenticare la parte migliore del passato”. Questa è stata la filosofia dei Nonino. L’azienda di famiglia ha saputo gestire il passaggio generazionale al meglio avendo la fortuna di essere guidata da capostipiti innamorati della propria attività, che hanno saputo insegnare alle proprie figlie l’importanza dell’unione come strumento per contrastare le difficoltà, unita alla gioia della condivisione dei successi, alla tenacia e al desiderio d’imparare mettendosi quotidianamente in discussione. «Più di tutto – aggiunge l’amministratore delegato Cristina Nonino – ci hanno dato l’esempio, che rappresenta la più alta forma di educazione. Sono talmente riusciti in questo che ormai quando una di noi è in opposizione a loro, le altre sorelle la sostengono sempre, per principio. Certo difficoltà, tensioni e incomprensioni non sono mancate ma alla fine c’è stato e c’è un solo vincitore su tutti: l’azienda». L’arrivo delle nuove generazioni quali nuove idee ha portato anche in riferimento alla produzione e all’innovazione delle tecniche utilizzate? «L’ingresso di noi sorelle ha imposto una maggior organizzazione aziendale. Inevitabilmente abbiamo portato dei cambiamenti in termini di politiche di marketing e di gestione. Per chi la fonda, l’azienda è una propaggine del sé e la
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gestione è quasi istintiva. Ma l’ingresso di nuove generazioni rende indispensabile chiarire ruoli, obiettivi. Nella produzione mio padre aveva già innovato in maniera straordinaria perciò il nostro impegno prioritario è stato far nostre le sue conoscenze, i suoi segreti. Dobbiamo dare garanzia di continuità nell’eccellenza qualitativa. Da mia madre abbiamo invece imparato il rigore e la ricerca della perfezione quasi paranoica. Il nostro desiderio è soddisfare sempre anche il consumatore più esigente e quotidianamente ci impegniamo in tal senso». Un’azienda che si muove nel solco della tradizione. Ci sono però progetti in cantiere fuori del Friuli che è la vostra terra? «Stiamo valutando da un po’ di tempo un progetto fuori regione. Il vero problema è però che nessuno vorrebbe lasciare, anche se per soli pochi mesi, la propria terra e la propria famiglia». In un suo intervento citò una frase che Leonardo Sciascia disse nel ritirare il premio Nonino: “Attenzione, la civiltà industriale presto dimostrerà i propri limiti. L’unica civiltà universale è la civiltà contadina. Il giorno stesso in cui morirà la civiltà contadina morirà l’uomo”. Cosa è cambiato in cinque generazioni e quanto voi eredi di un’antica tradizione che affonda le radici nella terra credete nel rispetto del territorio e della sua cultura?
Cristina Nonino
«È il nostro credo, la filosofia che ispira il nostro vivere quotidiano e più passano gli anni, più i valori della civiltà contadina a cui ci sentiamo di appartenere si rivelano nella propria universalità. Senza l’amore per le nostre radici, per il Friuli, i miei genitori non avrebbero creato tutto ciò che li ha resi un esempio vincente in Italia e nel mondo: l’innovazione della Grappa Nonino Monovitigno, l’Acquavite d’uva Ue e il Premio Nonino. Nessuno studio di marketing li avrebbe portati così lontano, anche perché quando s’innova solo la determinazione e la passione ti fanno resistere contro tutto e tutti. Non dimentichiamo che innovare significa rompere schemi consolidati che nel nostro caso erano schemi secolari. Guardando a mio padre e a mia madre ho compreso che la tenacia, la determinazione, l’amore per ciò che si fa premia. L’importante è non mollare mai». Ritiene indispensabile un ricambio generazionale alla guida delle imprese italiane? «Credo fermamente nella necessità di ricambio generazionale purché questo venga all’insegna del rinnovamento non della
rivoluzione. È evidente, infatti, che il ricambio generazionale è di per sé un fatto traumatico per l’azienda anche se necessario e inevitabile; inizialmente può provocare crisi e difficoltà perché va a rompere schemi consolidati da tempo. Tuttavia è la linfa vitale dell’impresa che per vivere ha continuo bisogno di innovarsi, mettendosi in discussione e di adattarsi ai tempi che cambiano». Quanto l’azienda punta sui giovani? E come viene facilitato il loro ingresso? «I nuovi linguaggi e le tecnologie digitali rendono indispensabile la collaborazione dei giovani per i quali questi strumenti sono parte integrante della loro cultura. Abbiamo sempre cercato nuove leve con fortune alterne. Ci sono giovani molto in gamba e molto disponibili di cui si parla troppo poco. Tuttavia devo dire con orgoglio che l’ultima assunta è una cinquantenne che era in mobilità. Ha dimostrato una tale voglia d’inserirsi, d’imparare, di prendersi responsabilità che non abbiamo avuto dubbi al riguardo. Oggi non conta tanto l’età anagrafica quanto la voglia di mettersi in gioco, d’impegnarsi, di crescere».
Da sinistra, Cristina Nonino assieme alle sorelle Antonella ed Elisabetta
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 77
LegnoArredo: rilanciare i consumi nazionali
Dopo un annus horribilis, il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, guarda avanti: «La priorità è il rilancio dei consumi interni. Chiediamo alle istituzioni di includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento» Renato Ferretti
umeri da settore trainante e fama da made in Italy affermato non bastano. Il legno arredo rimane una sezione dell’economia italiana di cui si parla poco, se non si tengono in considerazione le eccezioni fornite dagli eventi come i Saloni di Milano. È quanto denunciano i più importanti attori del comparto, impegnati a far fronte all’emergenza del crollo dei consumi, che ha contribuito nel 2012 alla perdita di 8mila posti di lavoro oltre che alla chiusura di 2400 imprese. Ciò non toglie che questo rimane un settore cardine per l’economia reale italiana. A sostenerlo con forza è la Feder-
N Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it
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Roberto Snaidero
DALLA FORESTA IL FUTURO DELLA FILIERA l nostro Paese deve riscoprire le capacità di indirizzo della sua politica industriale che sembra aver dimenticato da troppo tempo e per troppi settori industriali. Però, per far sì che ciò avvenga risulta assolutamente necessario assecondare e incentivare alcuni cambiamenti strutturali che il nostro Paese sta affrontando, pur tra mille difficoltà e diffidenze. Mi riferisco, ad esempio allo sfruttamento delle risorse forestali che in Friuli-Venezia Giulia sono assolutamente sottoutilizzate, e che invece potrebbe dare significativi frutti sia in ambito economico sia occupazionale. I primi importanti passi sono già stati fatti, tra questi il piano di Filiera foresta-legno a sostegno del quale la Regione ha stanziato 5,5 milioni di euro da utilizzare per la meccanizzazione e interventi sulla viabilità. Lo scopo dell’iniziativa è il raddoppio nel breve termine della quota media di esbosco (ferma oggi a uno scarso 20%, pari a 180.000 mc), garantendo contestualmente l’utilizzo della materia all’interno dei confini regionali e creando così un circolo virtuoso di cui beneficerebbe l’intera comunità. Certo, siamo solo all’inizio, ma posso dire che in Friuli-Venezia Giulia siamo partiti con il piede giusto, e che la politica ha dimostrato di credere nel cambiamento incoraggiandoci a continuare il lavoro di approfondimento e condivisione di questo progetto.
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Paolo Fantoni, Vicepresidente FederlegnoArredo con delega al Tavolo di Filiera Legno Friuli Venezia Giulia
LegnoArredo, cui dà voce il Presidente Roberto Snaidero. «Se consideriamo i numeri della filiera legno arredo – dice Snaidero – salta immediatamente all’occhio l’importanza che questa rappresenta per il Paese e per il suo tessuto sociale: circa 70mila aziende, oltre 370mila addetti, 28,5 miliardi di euro di fatturato di cui 12,4 di esportazioni. Cifre che fanno esigere il massimo rispetto e la massima attenzione. Le istituzioni e il mondo della politica, invece, spesso si dimostrano distratti da altri settori produttivi forse più accattivanti mediaticamente, ma sicuramente meno importanti del nostro». In particolare quale andamento sta registrando il settore e quali le criticità maggiori? «Il “Termometro Vendite”, elaborato a settembre dal Centro Studi FederlegnoArredo, ha rilevato per il 2013 un netto miglioramento del clima di fiducia delle imprese, sostenuto soprattutto dall’export. Ma la situazione del mercato interno è decisamente grave, con una perdita superiore al 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fino a quando non saranno adottate misure serie a sostegno dei consumi interni penso che sarà difficile operare con l’efficacia che ha sempre contraddistinto le
nostre imprese». Quale valore aggiunto offre la Federazione? «La nostra federazione è forse l’unica al mondo che racchiude in sé tutti gli attori della filiera, dalla foresta al prodotto finito. Questo consente alle imprese associate di tenere sotto controllo le eventuali criticità e, quindi, di risolverle in tempi rapidi e con efficacia. Ultimamente stiamo proferendo grandi sforzi per crescere in numeri. Solo con una federazione sempre più forte, infatti, le aziende potranno sfruttare pienamente le grandi opportunità offerte dalla filiera. A questo proposito, aggiungerei che la federazione è intensamente impegnata a sviluppare reti di impresa efficaci affinché le aziende che vi aderiranno potranno operare con sempre maggiore efficacia sui mercati mondiali. È un progetto sicuramente ambizioso, ma sono certo che ce la faremo». In che modo avete agito finora? «La nostra mission consiste nel sostenere il desiderio di fare impresa e lo sviluppo delle realtà associate. Per renderla concreta ci stiamo muovendo su più fronti, nel tentativo FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 81
IMPRESA E SVILUPPO
Claudio Luti, nuovo presidente di Cosmit www.cosmit.it
28,5 mld
IL FATTURATO COMPLESSIVO DELL’INTERO SETTORE LEGNO ARREDO, CON CIRCA 70MILA AZIENDE E OLTRE 370MILA ADDETTI
SALONI DI MILANO, CAMBIO AL VERTICE il più importante evento fieristico del mondo per il settore casa e arredo. Il Salone Internazionale del Mobile, che si tiene a Milano da cinquantuno anni, è uno di quegli eventi che rende orgoglioso il Bel Paese. Lo scorso ottobre, l’assemblea di Cosmit, società controllata da FederlegnoArredo che organizza il Salone del Mobile, ha nominato nuovo presidente Claudio Luti che succede a Carlo Guglielmi. «La società – dice Luti – negli ultimi anni ha rafforzato il successo dei Saloni in Italia e nel mondo. Le iniziative di comunicazione e le diverse strategie di marketing attuate hanno rafforzato la presenza di operatori specializzati in fiera. Ora a noi, spetta il compito di dare seguito al successo di questi cinquantun anni di storia dei Saloni e adeguare le scelte strategiche di Cosmit alle esigenze delle imprese espositrici, che si trovano a far fronte ad una crisi ancora troppo difficile».
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di offrire reali opportunità di business in Italia e all’estero. Per quanto riguarda le politiche interne, recentemente abbiamo siglato un accordo con il Gruppo Autogrill, per promuovere sul territorio nazionale l’utilizzo di sistemi costruttivi di legno per la realizzazione e ristrutturazione dei propri punti vendita, mentre sull’estero ci stiamo muovendo con grande determinazione sui mercati più promettenti, tra cui Stati Uniti e Russia. Dall’11 al 16 novembre abbiamo organizzato la terza missione negli Usa con incontri B2B tra dodici aziende italiane ed esponenti dei principali studi di architettura degli Stati Uniti: un’iniziativa che ha permesso di confrontarsi con i maggiori operatori americani». Che tipo di interventi avete chiesto alle istituzioni? Quali sono le urgenze su cui adoperarsi? «In questo momento la priorità è sicuramente il rilancio dei consumi interni. Ecco perché stiamo chiedendo con forza alla politica di sostenere la nostra proposta di includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento. Questa misura non comporterebbe nessun incremento aggiuntivo dei costi per lo stato, generando invece un aumento dei consumi nazionali dell’arredamento di oltre il 20 per cento rispetto all’anno precedente. La misura sarebbe inoltre in grado di sostenere il mantenimento dell'occupazione del settore, evitando il ricorso agli ammortizzatori sociali e, particolarmente, ai licenziamenti».
IMPRESA E SVILUPPO
Il distretto della sedia vive di ricerca e design Le realtà di nicchia si concentrano sull’economia di qualità, che trova i suoi punti di forza nelle collaborazioni tra le aziende del territorio. Il punto di Edi Bardus sulle opportunità del settore legno-arredo Valeria Garuti
Fasi di lavorazione di Woodcraft Snc, San Giovanni Al Natisone (UD) www.wood-craft.it
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appresentano una peculiarità organizzativa del sistema industriale italiano che il mondo ci invidia. Sono i distretti, reti in continua mutazione che si sviluppano e si modellano con l’evolversi della situazione economica. Ciò nonostante, il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nel rapporto 2012 dell’Osservatorio dei Distretti Italiani sostiene che «i miglioramenti segnalati da molti operatori distrettuali sul fronte del fatturato non appaiono tali da assicurare un rapido recupero delle posizioni perse negli ultimi tre anni. La ricerca delle giuste combinazioni per modificare lo scenario competitivo passa attraverso un modo diverso di generare valore da parte delle imprese e dei sistemi locali, e, al contempo, di elaborare linee di policy a sostegno dei territori. In questa ricerca di nuovi assetti, i distretti possono
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Edi Bardus
Grazie al design ricercato delle nostre sedute in legno, abbiamo collaborato al progetto “Searching for Cassiopea” di Fabrica
rappresentare un vero e proprio laboratorio, a partire dalle loro specificità e dalla loro capacità di reagire con modalità originali a una congiuntura discontinua». Tra le imprese distrettuali che hanno sostenuto e fatto proprio un nuovo modello di sviluppo centrato sull’economia della qualità, che trova nei valori dell’ambiente, della sostenibilità sociale , spicca la friulana Woodcraft, del distretto della sedia. L’azienda, infatti, non ha risentito della crisi in quanto produttrice di un articolo di nicchia, e nel 2012 ha registrato una leggera ma importante ripresa. «Da trent’anni – afferma il titolare Edi Bardus, con il socio Diego Finotto –, insieme ai migliori designer e architetti del settore, realizziamo prodotti in legno – prototipi, campionature, piccole quantità di sedie, poltrone, tavoli e complementi d'arredo offrendo il massimo del servizio con serietà, competenza e riservatezza. Per questo i nostri sforzi vengono riconosciuti quotidianamente dai clienti, che operano sul mercato italiano, ma, soprattutto su quello estero, facendo particolare riferimento a quello indiano». Per garantire un servizio di qualità a livello di estetica così come di ergonomia e resistenza, nel caso specifico della produzione di sedute, Wo-
odcraft sia avvale, in caso di necessità, del Catas, un laboratorio tecnico con sede proprio in Friuli, considerato il più grande istituto italiano e punto di riferimento europeo per la ricerca e le prove nel settore legno-arredo. «Grazie alla possibilità che ci offre la collaborazione con Catas, il percorso filiera ISO 9001– aggiunge –, e agli standard elevati che ci caratterizzano, abbiamo acquisito una clientela importante, che collabora con noi soprattutto in fase di presentazione fieristica. Stiamo ora lavorando su progetti che verranno esposti alla fiera del mobile di Milano. Lavoriamo anche per il settore navale e per quello alberghiero, rispondendo alle esigenti richieste degli architetti in merito a particolari sedute per gli hotel più moderni. Inoltre, grazie ad Asdi – Agenzia per lo Sviluppo del Distretto della Sedia – abbiamo collaborato alla realizzazione del progetto “Searching for Cassiopea” di Fabrica. Anche le previsioni per il 2013 riguardano un aumento del livello qualitativo dell’azienda. «Nel prossimo futuro punteremo a instaurare collaborazioni con fornitori specializzati, presenti non solo in Friuli e nel nostro distretto produttivo della sedia, ma su tutto il territorio italiano». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 85
Automazione o artigianato? Nel distretto della sedia made in Italy, ogni sforzo è teso ad assicurare un prodotto unico nel mondo. Dino Giacomo Pitassi e Lorena Buiatti spiegano la scelta di puntare su «ciò che le macchine non saranno mai in grado di fare» Renato Ferretti
l mercato a volte premia controtendenze imprevedibili, come lo stop all’automatizzazione e alla corsa verso la tecnologia all’avanguardia. Nel caso delle produzioni made in Italy non è una novità, anzi. Nel triangolo della sedia, il famoso distretto friulano tra i Comuni di Corno di Rosazzo, Manzano e San Giovanni al Natisone, pare obbligatoria la scelta verso tutto ciò che può rendere il prodotto irripetibile. Certo non sono stati anni clementi nei confronti del settore, che si trovava in cattive acque fin da prima del fatidico 2008. «Se non avessimo cambiato la nostra lavorazione, forse oggi non esisterebbe la mia azienda». A parlare è Dino Giacomo Pitassi, che insieme alla moglie Lorena e alla figlia Agnese, si occupa di levigatura del legno con la loro Giada Snc a San Giovanni al Natisone. Questa piccola impresa, con sette persone impiegate in tutto, offre un esempio lampante di come un certo standard di
I La Giada Snc ha sede a San Giovanni al Natisone (UD) giada_snc2004@libero.it
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qualità rimanga prerogativa della mano artigiana. «È ancora insostituibile – dice Pitassi – e la nostra scelta è stata proprio quella di specializzarci in ciò che nessuna macchina o tecnologia avanzata permetterà mai di fare: il risultato non sarà mai lo stesso. L’esperienza maturata da noi e dallo staff che ci segue ormai da molti anni, ci permette di eseguire lavorazioni su elementi curvati, sagomati e raccordature di elevata difficoltà: grazie a questa sudata competenza siamo in grado si porre attenzione e cura su quei dettagli per i quali l’automazione è inutile, rispettando le esigenze del cliente e del legno». Grazie alla scelta presa dai titolari la loro attività non solo ha evitato il fallimento, ma ha registrato anche un piccolo segno positivo. «Siamo cresciuti – ammette Pitassi – anche se non ce l’aspettavamo, perché sono stati anni molto difficili. Il nostro era un comparto in crisi prima della crisi, tanto che siamo stati costretti anche
Dino Giacomo Pitassi e Lorena Buiatti
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Curiamo quei dettagli per i quali l’automazione è inutile, rispettando le esigenze del cliente e del legno
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a ridurre il personale. La scelta che abbiamo fatto è stata vincente: non ci siamo impuntati sulle lavorazioni automatizzate, riuscendo così a dare un servizio molto ricercato in cui pochi riescono. Nell’ultimo trimestre dell’anno appena passato abbiamo registrato anche un piccolo segnale di ripresa che fa ben sperare per un 2013 dal trend positivo». Il problema che si pone a chi percorre questa strada è certamente la mancanza di maestranze in grado di soddisfare gli elevati livelli richiesti. «Sicuramente non si trova facilmente la competenza dei nostri dipendenti – spiega il titolare della Giada –, perché non c’è scuola in cui imparare questo mestiere: loro sono stati formati da noi in anni di attività. Dopo tutto questo tempo ci sentiamo davvero una famiglia e questo è stato di grandissimo aiuto nel corso degli anni». Il lavoro finora svolto nel 2011 ha avuto conferma nella certificazione Uni En Iso 9001:2008,
in collaborazione con Asdi Sedia e riconfermata anche per il 2012. «Con questa abbiamo intrapreso un percorso formativo e migliorativo per l’azienda. Pensiamo che per i clienti sia una sicurezza non da poco avere un fornitore certificato. Adesso il mercato è molto più esigente per quanto riguarda la tempistica e la qualità delle consegne. Inoltre ha portato ulteriore ordine e metodicità in azienda». Alla nascita, nel 1989, la Giada Snc si occupava di levigatura di elementi per complementi d’arredo per l’infanzia: ora vengono lavorati elementi e articoli destinati ai mercati di tutto il mondo. «Noi non abbiamo clienti esteri, lavoriamo molto per le aziende del distretto, all’interno del quale siamo perfettamente inseriti. Molti dei nostri clienti attuali esportano ovunque, tanto che la voce export del loro bilancio è molto importante. Il triangolo della sedia ha permesso una collaborazione fra aziende che è stata e sarà decisiva per continuare a essere competitivi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 87
IMPRESA E SVILUPPO
Il triangolo della sedia deve armarsi di flessibilità La crisi come cambiamento di mercato. Il distretto della sedia si salva, ma deve dimenticare i numeri del 2008. Damiano Fontana sottolinea il valore della collaborazione tra imprese per assicurare la ripresa della filiera Valeria Garuti
l distretto della sedia deve presentarsi unito di fronte alla globalizzazione. Siamo una realtà economica fondamentale per il Nord Est e abbiamo a nostra disposizione capacità, conoscenze, tecnologie e creatività. Occorre quindi raccoglierle, unirle e presentarle come unico pacchetto, creando così una filiera che è in grado di soddisfare le richieste dei migliori architetti e designers, con prodotti di alta qualità». Questa la lezione più importante che il distretto friulano deve cogliere dalla crisi, secondo Damiano Fontana, Ad di Dial, significativa realtà del distretto. Dial si distingue per la qualità e serietà del servizio offerto, relativamente all’imballaggio e all’assemblaggio di complementi di arredo come sedie e tavoli in plastica, metallo, legno e vetro. «L’ultimo triennio – continua Fontana – è stato caratterizzato da anni di grande selezione. Grazie alla nostra attenzione per i dettagli e la capacità di reinventarci costantemente, abbiamo chiuso il 2012 con il mantenimento del fatturato, seguito da un leggero segno positivo. Ogni progetto o prodotto, viene valutato e studiato nei particolari, attraverso incontri migliorativi tra i clienti e i fornitori, eliminando, quindi, tutte le incomprensioni possibili in modo da ottenere risultati molto positivi e soddisfazione reciproca». A questo proposito, pur essendo una piccola realtà che, al momento, non ha le possibilità economiche per affrontare i mercati internazionali,
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Fasi di produzione in Dial di Carlino Roberto & C. Snc, con sede a Bagnaria Arsa (UD) dialpc@interfree.it
Damiano Fontana
Stiamo assistendo a un repentino cambiamento del mercato e occorre un cambiamento nel “fare impresa”, dando largo spazio alla flessibilità produttiva dei piccoli numeri
Dial punta sulla collaborazione strategica tra le imprese della filiera. «Ognuna delle realtà del distretto della sedia è specializzata nella sua attività, e quindi competitiva nel suo ruolo; insieme, creano un prodotto adatto alla fascia di mercato desiderato a prezzi competitivi». Per mantenere una posizione di mercato stabile, anche la flessibilità è una caratteristica da tenere in considerazione. «La crisi deve svegliare le menti ancora assopite dagli anni in cui la produzione era fatta di grandi numeri ripetitivi cui eravamo abituati. Le produzioni della filiera, così come quella della nostra azienda, non torneranno più ai livelli di cinque anni fa. Stiamo assistendo a un repentino cambiamento del mercato e, per questo motivo, occorre un cambiamento nel “fare impresa”, dando largo spazio alla flessibilità produttiva dei piccoli numeri. Per questo motivo, il nostro stabilimento è composto da tre linee d’imballo automatizzate, studiate per ricavarne la maggior flessibilità produttiva possibile, e un’area adibita a magazzino delle merci». È proprio grazie alla grande flessibilità produttiva interna, all’impegno delle maestranze e dei fornitori fidelizzati e alla ventennale esperienza nel settore, che oggi Dial è in grado di far fronte alle richieste dei clienti con una tempistica che non supera le ventiquattro ore. In più, per ciò che ri-
guarda la tipologia del prodotto offerto, l’impresa in provincia di Udine ha investito su un’automazione flessibile che le consente di offrire un servizio di assemblaggio e imballaggio che le offre la possibilità di operare anche per altri settori produttivi. «Grazie al sistema qualità che abbiamo instaurato come prerogativa della nostra impresa, “parliamo una lingua comune” con le altre aziende certificate. Di conseguenza, otteniamo la soddisfazione di tutti i clienti, nei settori più diversi. Siamo in grado di produrre imballaggi per il settore delle telecomunicazioni, così come per il calzaturiero, e per tutte quelle realtà che non richiedono una particolare normativa igienico-sanitaria come, per esempio, l’alimentare». Per il 2013 Dial non esclude l’inserimento di nuovi materiali, a completamento di una vasta gamma di prodotti offerti, «ma – conclude –, ci focalizzeremo sulla realizzazione e produzione di una mia idea nata l’anno scorso, riguardante una gamma di nuovi articoli, che hanno come punto di forza la praticità di posizionamento all’interno dell’arredamento, molteplici funzionalità di utilizzo pensate per spazi abitativi sempre minori, con un occhio di riguardo alle tendenze odierne». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 89
IMPRESA E SVILUPPO
Le imprese del distretto devono fare sistema Anche nel distretto friulano della sedia, la mentalità delle piccole aziende e degli imprenditori ha dovuto cambiare in seguito a una domanda non più esclusivamente nazionale ma mondiale. L’esperienza di Marco Costantini Emanuela Caruso
e ci sono degli obiettivi che l’Asdi, l’Agenzia per lo sviluppo del distretto industriale della sedia del Friuli Venezia Giulia, riesce a raggiungere ogni anno sono la promozione dell’evoluzione competitiva del distretto, offrendo servizi a supporto dei processi innovativi delle imprese locali, e la diffusione di una filosofia aziendale che spinga le micro e piccole aziende del friulano a proporsi non solo sul mercato italiano ma anche su quello estero. E proprio questo tipo di approccio sta regalando ottimi risultati alle aziende del distretto, in particolare alla Quattroventi, attiva da oltre 40 anni a Corno di Rosazzo. Come racconta il titolare Marco Costantini: «Quando la globalizzazione non era ancora cominciata, nessun piccolo imprenditore si era mai preoccupato di valorizzare o pubblicizzare il proprio lavoro; oggi che i mercati si sono aperti, invece, la necessità di farsi conoscere in tutto il mondo è quantomai impellente, così come la La Quattroventi Snc ha sede a Corno di Rosazzo (UD) www.arredamentiquattroventi.com necessità di aggregarsi e fare
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sistema con altre realtà del distretto per poter incrementare la presenza sul mercato. Ecco perché in questi anni di forte crisi, che hanno causato la chiusura di molte società e hanno permesso di sopravvivere solo alle imprese che si sono dimostrate forti di carattere e motivazione nel proseguire e tramandare le conoscenze che il nostro territorio mette a disposizione da oltre un secolo, abbiamo investito per il conseguimento di alcune importanti certificazioni, tra cui la “Filiera Iso9001” gestita dall’Asdi. Con questa certificazione un gruppo di 21 aziende ha messo in discussione la propria identità per formare una filiera capace di collaborare, agire in sinergia e portare in tutto il mondo i prodotti del distretto friulano della sedia». Una lungimiranza che sta premiando la Quattroventi che, pur rimanendo un’azienda prevalentemente di subfornitura, collabora con i maggiori designer e architetti di fama mondiale, offrendo prodotti e lavorazioni dalla qualità eccellente. «Grazie all’esperienza, alle collaborazioni e alle numerose nuove richieste, negli ultimi anni abbiamo avuto l’opportunità di diversificare la produzione, occupandoci della realizzazione tanto di sedie quanto di arredi sacri e navali. In tutto il nostro lavoro uniamo la passione per la lavorazione del legno alla ricerca continua di nuove essenze, così da poter soddisfare tutte le esi-
Marco Costantini
genze del mercato globale e conquistare nuovi comparti del settore. L’Azobè, per esempio, è un legno africano che col suo essere immarcescibile e non soggetto agli attacchi dei parassiti risulta ottimale per produrre contenitori e utensili per la cosmetica, la colorazione dei capelli mediante hennè e terre, la realizzazione di articoli per centri benessere, di giocattoli e oggetti in legno per animali». Relativamente alle fasi proAlle piccole imprese serve una struttura duttive interne alla società, che le aiuti e le sproni a incrementare la presenza alcune prevedono l’utilizzo di complesse apparecchiature, sul mercato mondiale mentre altre rimangono manuali e artigianali. «La creazione dei nostri prodotti è possibile grazie ad alcune macchine ad alta lavorazioni di scolpitura. Sono invece del tecnologia che consentono la visualizzazione tutto manuali le operazioni di levigatura, astridimensionale della fresatura a sei assi in- semblaggio e finitura, e pertanto vengono terpolati, la lavorazione di scolpitura 3D par- curate nei minimi particolari, così da garantendo da fotografie o bitmap, e la modella- tire al cliente il massimo livello qualitativo». zione di creta virtuale per personalizzare le Infine, per essere certa di rispettare l’ambiente e il territorio che le regala la materia prima per i suoi prodotti, la Quattroventi si è impegnata anche nell’ottenimento della certificazione Fsc multisito per la custodia e la lavorazione di legnami di origine controllata e protetta. «Abbiamo raggiunto questo traguardo nel 2012 sempre grazie a un progetto organizzato dall’Asdi – conclude Marco Costantini – e per quest’anno puntiamo a ottenere l’attestazione della Pefc, che completerà la gamma di certificazioni ambientali nel campo della produzione di oggetti in legno».
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EXPORT
Nuove strategie di crescita Monica Crippa, Mauro Castiglia e Antonello Morassut fanno il punto sul mercato della fornitura di lame industriali. L’estero rappresenta sempre più un’opportunità da approcciare con diversi strumenti: web, fiere di settore, open house Luca Càvera
ella crisi dell’industria italiana, che ha segnato a novembre un fatturato in calo dello 0,2 per cento rispetto a ottobre – dato non incoraggiante che segue il meno 5,4 per cento sui dodici mesi precedenti –, a dare segnali di vitalità, seppure deboli, è solo l’export. Le produzioni destinate al mercato estero, infatti, hanno segnato un aumento di fatturato di mezzo punto percentuale fra ottobre e novembre 2012 (fonte: Istat). A confermarlo è Monica Crippa, socio insieme a Mauro Castiglia e Antonello Morassut della Tecno 4, azienda specializzata nella fornitura di lame industriali: «Il mercato interno è stabile sebbene non entusiasmante. Le realtà che lavo-
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Sotto, Mauro Castiglia e Antonello Morassut, due dei tre soci della Tecno 4 Srl di Valvasone (PN) www.tecno4-srl.it
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rano quasi solo con l’estero sono soddisfatte del fatturato e della regolarità dei pagamenti. Coloro che invece agiscono essenzialmente nel mercato nazionale soffrono di una contrazione degli ordini e della mancanza di liquidità, che si riflette nel generalizzato ritardo nei pagamenti». Ampliare il raggio d’azione oltre confine è dunque inevitabile. «Anche se – ammette Castiglia – , data la nostra struttura commerciale non imponente, facciamo soprattutto affidamento sulla presenza nel web, che ci sta dando risultati e nuovi contatti. Fattore non secondario, poi, è il classico passa parola fra le aziende». A delineare i mercati in cui Tecno 4 ha già consolidato la propria presenza e la strategia per aggredirne di nuovi è Morassut: «I nostri riferimenti, all’estero, sono rappresentati da aziende del Nord Est che hanno delocalizzato l’attività in Ungheria, Romania, Croazia e Serbia. Tuttavia, questi continuano ad acquistare da noi in virtù di rapporti commerciali consolidati nel tempo grazie alla nostra affidabilità di pro-
Monica Crippa, Mauro Castiglia e Antonello Morassut
I nostri prossimi investimenti saranno rivolti verso una più importante presenza online. Soprattutto per incrementare i contatti con partner esteri
dotto e alla consulenza tecnica nel definire le soluzioni più appropriate per risolvere le problematiche produttive. Accanto a questa clientela storica, cerchiamo di ampliare il ventaglio dei nostri partner partecipando a eventi fieristici nel settore del riciclaggio dei materiali ferrosi e non. Questo ci ha messo in relazione con realtà produttive di Bulgaria, Croazia, Turchia, Grecia e Portogallo, raccogliendo risultati positivi in termini di acquisizione ordini». Il business di Tecno 4 si è sviluppato nel settore della lavorazione della lamiera, in principio fornendo lame industriali delle varie tipologie e utensili per la piegatura. «In questo caso – riferisce Crippa – si è rivelata strategica la stretta collaborazione, come rivenditori ufficiali, con la Eurostamp. Con questa supportiamo i nostri partner con qualità e tempestività, grazie al magazzino di utensili in pronta consegna. Nel corso
degli anni, poi, vista la notevole espansione del settore della lavorazione della lamiera nel Triveneto, abbiamo sviluppato collaborazioni per la fornitura di impianti di piegatura automatizzata e acquisito mandati di vendita da importanti case costruttrici quali Bystronic per macchine e impianti dediti alla piegatura della lamiera e al taglio con tecnologia laser e waterjet, Costa Levigatrici per macchine impiegate nella finitura di materiali metallici e Codatto International con i centri di piegatura evoluti». E, prosegue Castiglia: «Non dimentichiamo il pluriennale rapporto di agenzia con la Suce produttrice di utensili per punzonatrici a Cnc e il rapporto di collaborazione con la Bs per impianti speciali di punzonatura». Essendo Tecno 4 una struttura commerciale e non produttiva, i prossimi investimenti saranno destinati a promuovere l’immagine della società, anche e soprattutto attraverso la promozione delle aziende rappresentate. «I nostri sforzi – dice in conclusione Morassut – saranno rivolti a una più importante presenza online. A livello di eventi, poi, stiamo valutando di ripetere, in primavera, l’esperienza più che positiva del maggio 2011: un’open house presso la nostra sede di Valvasone. In quest’occasione sarà possibile toccare con mano le ultime novità in fatto di impianti per la lavorazione della lamiera ed esaminare i più attuali argomenti inerenti le problematiche di produzione con l’assistenza di personale tecnico e commerciale dei vari costruttori». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 93
MODELLI D’IMPRESA
La competizione al ribasso, non paga D
Uno dei tanti problemi della recessione è che crea terreno fertile alle aziende improvvisate, e quindi alla sfida al ribasso. Marco Tiepolo racconta la sua lotta e garantisce: «L’eccellenza paga» Renato Ferretti
Marco Tiepolo, amministratore della Tiepolo Srl di Trieste www.tiepolosrl.it
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istinguersi per la qualità della produzione è per le aziende un obiettivo tanto necessario quanto rischioso. Uno standard elevato non solo costa in termini di risorse e di tempo, come è normale che sia: ogni crisi, infatti, porta le proprie “devianze” fisiologiche e la recessione economica degli ultimi anni non fa eccezione. Ecco quindi il proliferare delle concorrenze cosiddette sleali, e non ci si riferisce solo ai paesi dove il costo della manodopera costa meno, ma anche a quelle ditte improvvisate che abbattono i prezzi, falsando il mercato e attentando così alla vita delle imprese votate alla qualità. Marco Tiepolo, titolare dell’omonima impresa triestina di impiantistica elettrica, è uno di quegli imprenditori che hanno accettato la sfida, per quanto impari. «Questo mercato è drogato dai numeri: proliferano cifre e statistiche tanto da non permettere più una lucida e seria analisi del settore. Ma io non intendo cedere, porto avanti il mio lavoro, conscio che si tratta di un obiettivo perseguibile solo con committenze sensibili, ditte professionali, tempi di esecuzione compatibili ed equa remunerazione del lavoro». Con queste premesse risulta difficile tracciare un quadro della situazione attuale. «Dalla mia esperienza posso dire che gli imprenditori del settore, oggi, sono attratti soprattutto da ciò che possono ottenere nel breve periodo. Chiaramente la congiuntura non rende facile la pianificazione a lungo termine. Lo scenario che spesso mi trovo a osservare è pericoloso: puntando unicamente al risparmio e alla razionalizzazione delle spese si va a ledere la qualità delle realizzazioni. A discapito di qualità e sicurezza. Sbaglia chi decide di tagliare le spese rivolte a queste voci. Ad andare avanti sono solo quelle realtà che credono e investono in ricerca, sviluppo, ambiente e sicurezza». Come si vince la sfida che ha intrapreso? «Quando si ragiona soltanto in termini di costi, quando si va avanti soltanto con aste e appalti al ribasso, spuntano fuori competitor meno pre-
Marco Tiepolo
Il mercato dell’impiantistica elettrica è drogato dai numeri, tanto da non permettere più una lucida e seria analisi del settore
parati, che approfittano della crisi per accaparrarsi lavori. Ma ovviamente questi sono destinati a risultare qualitativamente scarsi. Noi facciamo affidamento su quelle aziende che non accettano realizzazioni scadenti. Certo, d’altra parte non c’è scampo: per ottenere la qualità occorre investire. Ma siamo convinti che la ricerca dell’eccellenza paghi». Nel vostro campo cosa comporta puntare a un alto standard? «Innanzitutto definire il nostro campo non è semplicissimo, perché se è vero che il nostro core business rimane la costruzione impiantistica e la manutenzione derivante, è altrettanto vero che abbiamo cominciato a rivolgere la nostra attenzione anche in settori diversi, come l’immobiliare residenziale e la produzione e ricerca su apparecchiature diverse. Detto questo penso che uno degli aspetti più importanti stia nell’innovazione costante. L’azienda, per la sua attività principale, investe nella formazione e l’aggiornamento del personale e la sua sicurezza con corsi specifici. Prova ne sono le attività particolari che svolgiamo, come operazioni di giunti-
sti/terminalisti di Media e Alta Tensione, attività di strumentisti per programmazioni apparecchiature di rivelazione incendi/gas, e molti altri. Il nostro impegno nella ricerca è fuori discussione: l’ultimo esempio è l’accordo di partnership, ancora in fase di elaborazione anche con collaboratori scientifici a livello internazionale, per lo sviluppo di un importante progetto scientifico applicato all’industria alimentare». Che previsioni può fare per il prossimo futuro? «Speriamo di ottenere importanti risultati futuri nell’intraprendere le nuove attività derivate dai nuovi progetti. Per quanto riguarda il nostro core business principale, ossia l’impiantistica, stiamo pensando di potenziare il servizio di un reparto “idrotecnico” sempre volti all’obbiettivo di un servizio “all inclusive”. Grazie al cielo la solidità della nostra base finanziaria, tutt’altro che scontata, forse permetterà di superare il periodo di congiuntura in atto conservando il nostro obiettivo di qualità da offrire alla clientela». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 95
MODELLI D’IMPRESA
Occhiali, il primato italiano I settori legati alla moda soffrono meno e le aziende italiane continuano a essere competitive, nonostante la forte concorrenza di certi mercati esteri. Con Massimiliano Moretto, il punto sulla situazione dell’occhialeria nostrana Remo Monreale
uello della moda è uno dei pochi segmenti che premia il Belpaese, nonostante tutto. Gli occhiali made in Italy sono un esempio di questa tendenza che, dopo una forte flessione nel 2009, ha ripreso quota negli anni successivi, riconquistando una nicchia di mercato in espansione. Come spiega Massimiliano Moretto, amministratore delegato della Complast con sede a Forni di sotto (UD), gli occhiali si confermano sempre di più «come accessorio e non come semplice elemento di prescrizione ottica. Per questo motivo, per noi del settore, risulta decisivo il marchio made in Italy: la competizione con i mercati esteri, dove la
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stessa produzione ha prezzi molto più bassi, così è affrontabile». La Complast è un’azienda produttrice di componenti di plastica per occhiali che non lavora con un marchio proprio, ma lavora su progetto. «La nostra – precisa Moretto – è una struttura particolarmente verticalizzata, grazie alla quale operiamo dall’analisi della proposta fattaci dal cliente, quindi il suo grado di fattibilità, fino alla realizzazione del prodotto finale, attraverso anche la realizzazione degli stampi per termoplastici. Dunque non diamo in outsourcing parte del processo, e ci avvaliamo di un’officina meccanica all’avanguardia. Al cliente insomma non resta che il disegno. Ma il fatto stesso che la pro-
Massimiliano Moretto
La Complast Srl si trova a Forni di sotto (UD) m.moretto@complastsrl.com
duzione avvenga in Italia è un valore aggiunto a cui non si può rinunciare facilmente». I vantaggi offerti dalla Complast che le conferiscono un alto grado di competitività non si fermano alla nazionalità. «Essendo un mercato legato al settore della moda dobbiamo affrontare la frenesia verso lo sviluppo di nuovi prodotti, con una mortalità velocissima del vecchio: questo richiede una produzione molto flessibile, non standardizzata e in più implica una continua ricerca per un miglioramento interno per rimanere al passo coi tempi. In termini di risposta e di volumi abbiamo l’obbligo di essere molto efficienti, altrimenti smetteremmo di essere competitivi: questo permette alle aziende una produzione in tempi più stretti e di approvvigionarsi degli articoli. Quando nel 2009 la recessione ha raggiunto anche noi, non sono venute meno le industrializzazioni in termini numerici, quanto i volumi e quindi le commesse. Abbiamo dovuto fare una parziale ristrutturazione aziendale, diminuendo i dipendenti con ammortizzatori sociali. Questo ci ha permesso di sopravvivere per poi ricrescere gli anni successivi con un trend costante fino a ora». Gli investimenti fatti per l’innovazione tecnologica hanno avuto la loro importanza nella crescita aziendale, una voce che nel bilancio di Complast ha continuato ad avere un certo peso. «Ci siamo avvalsi di nuovi macchinari atti a migliorare i processi produttivi, la qualità del prodotto, e alzare ulteriormente il livello di servizio: tre leve vincenti per mantenere il trend positivo. Ora non resta che ben sperare per il 2013. Per il momento la nostra clientela è al 95 per cento italiana, concentrata in quel distretto del bellunese, dove sono le maggiori aziende produttrici
Essendo un mercato legato alla moda, quello degli occhiali fa i conti con la frenesia della novità, e una mortalità velocissima dei vecchi prodotti
di occhiali. Da quest’anno, invece, vogliamo puntare ad aumentare il nostro giro d’affari ai mercati esteri come Germania, Francia e Stati Uniti. Ma soprattutto continueremo il nostro impegno nella formazione delle risorse umane, nelle quali crediamo moltissimo e che ci permette di essere considerati elementi di riferimento per il settore». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 99
MODELLI D’IMPRESA
Quando è la piccola impresa a investire nella ricerca Il ruolo della microimpresa nell’economia italiana. Le ragioni che spiegano la nostra specificità nello scenario manifatturiero europeo. Ne parliamo con Mariateresa Moras, che evidenzia i vantaggi dell’“essere piccoli” Luca Càvera
e Pmi italiane rappresentano il 99,9 per cento dell’industria manifatturiera nazionale – percentuale prossima a quella media dell’Ue (99,8 per cento). Se di queste il 94,6 per cento è rappresentato da microimprese, l’apporto all’economia e all’occupazione nazionale, paragonato con i dati medi europei, mostra un quadro netto. La microimpresa italiana contribuisce all’occupazione per il 47 per cento contro una media europea del 30. E per quanto riguarda il valore aggiunto, le Pmi realizzano il 71,7 per cento, contro la media europea del 58 (fonte: ec.europa.eu). Qual è la cifra di questa specificità made in Italy? Ne parliamo con Mariateresa Moras, titolare di Imac, azienda del settore dei compositi a matrice polimerica, compositi che trovano applicazione nell’industria in genere, nell’illuminazione, nella comunicazione, nello sport. «Essere una piccola realtà ci permette la massima attenzione nel rapporto con i partner: dalla trattativa commerciale al post vendita. E inoltre un’estrema agilità nei tempi di risposta, flessibilità nel custom e nelle prototipazioni, che spesso richiedono lotti minimi di produzione. Non di poco conto, poi, in queste condizioni economiche, è l’attento controllo che possiamo esercitare sull’organizzazione dei flussi e dei costi aziendali». In quali acque avete navigato nell’ultimo anno di attività? «È inutile nascondere una contrazione del 10
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Mariateresa Moras, titolare della Imac Srl di Pordenone. Nella pagina seguente, momenti del processo produttivo dell’azienda www.imacsrl.com
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per cento del fatturato nel 2012. Questa è imputabile non a una riduzione generalizzata nei vari settori di fornitura, quanto all’interruzione del rapporto con alcuni clienti – soprattutto della nautica e motociclistica. Ciò a causa delle crescenti difficoltà di incasso e alle continue richieste di riduzione dei prezzi – inaccettabili a fronte di un processo produttivo incompatibile con qualsivoglia compromesso sulla qualità. In queste dinamiche, la nostra produzione si è ulteriormente proiettata sull’export, che al momento supera decisamente la quota del 50 per cento sul fatturato».
Mariateresa Moras
Nel 2013 continueremo con l’investimento in R&d, linfa vitale per l’evoluzione dei materiali compositi
Con quale atteggiamento guardate al 2013? «L’intento è quello di puntare a un incremento del fatturato, acquisendo, consapevoli dell’alta qualità del nostro manufatto, nuovi clienti nei mercati che già ci vedono presenti. E poi vogliamo iniziare a inserirci con piccole quote nei mercati, soprattutto industriali, che già stiamo esplorando e nei quali potremmo mettere proficuamente a frutto le nostre competenze, sempre continuando con convinzione sulla strada dell’investimento in ricerca e sviluppo, vera linfa vitale nel settore in continua evoluzione dei materiali compositi». Quali progetti state portando avanti su questo fronte? «I progetti attuali ci vedono impegnati in un duplice intento: quello di incrementare le performance in termini di resa e durabilità della nostra produzione di punta – l’albero da windsurf. E quello di ampliare la gamma dei prodotti con l’ingresso nel mercato della stampa
flexografica, come fornitore di cilindri in fibra di carbonio a elevate prestazioni. Tutto ciò facendo anche ricorso alla preziosa consulenza di esperti che da anni operano nei rispettivi settori per l’innovazione tecnologica e di centri di ricerca specializzati di tutto il territorio nazionale». L’utilizzo della tecnologia wrapping quali caratteristiche vi permette di dare ai prodotti che realizzate? «In relazione all’applicazione che si intende sviluppare, il wrapping – cioè avvolgimento del tessuto pre-impregnato su mandrino maschio – garantisce una notevole varietà di soluzioni nella scelta del piano di laminazione ottimale. E consente laminazioni differenziate, che possano rispondere al meglio allo studio dei piani di carico e di sollecitazione anche nell’ottica del contenimento del peso del manufatto. Ulteriore valore aggiunto sul piano tecnico è l’utilizzo di materia prima pre-impregnata, regolarmente certificata dai nostri fornitori. Ciò, unito a un attento ciclo di cura programmato e controllato, conduce a un’estrema omogeneità nella distribuzione del contenuto di resina con un conseguente abbattimento dei contenuti di vuoto». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 101
La marina americana sceglie impianti italiani Per la progettazione e la messa in posa di impianti per le sue basi militari, la marina americana si affida a un’eccellenza italiana. Il punto di Mario Pasut sulle possibilità del settore impiantistico Valeria Garuti
en 150 camere per una serie di grandi dormitori, dotati di impianti di ultima generazione, tecnologicamente avanzati e costruiti secondo rigide regole per il risparmio energetico». Mario Pasut descrive così l’ultimo progetto che sta realizzando commissionato all’impresa friulana di cui lui è titolare, la C&H Service, per la marina militare americana. Una media realtà industriale, quella di Pordenone, che grazie all’eccellenza del servizio offerto, oggi lavora per quasi tutte le basi militari americane in Italia. La qualità di C&H Service nella progettazione e
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costruzione di impianti sia civili sia industriali di riscaldamento, condizionamento ed elettrici, si evince dal livello tecnologico e progettuale delle realizzazioni, peculiarità che ha permesso all’impresa di affrontare la crisi dell’ultimo biennio a testa alta. «Per queste commissioni – continua Pasut –, da oltre oceano ci controllano passo per passo, affiancandoci dalla progettazione all’esecuzione. Gli standard americani, e della marina in particolare, sono tra i più evoluti per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, allo scopo di ottenere i migliori risultati». In un’ottica di stabilizzazione di mercato, ha giocato a favore di C&H Service la possibilità di af-
Impianti realizzati da C&H Service Srl, con sede a Pordenone info@chservice.com
Mario Pasut
Fino a quando la crisi finanziaria non troverà una soluzione, l’Italia si potrà definire competitiva solo come “cervello” aziendale
frontare anche altri lavori a livello internazionale, che, complessivamente, rappresentano il cinquanta per cento del fatturato dell’azienda. «Negli ultimi anni abbiamo svolto importanti lavori in Francia e in Inghilterra. In questi paesi vige una contrattualistica internazionale, e si presenta molta attenzione alla qualità e alla cura dei dettagli». Un’azienda competitiva sullo scenario internazionale anche per la versatilità e la diversificazione. A questo proposito, C&H Service investe costantemente in innovazione e sviluppo tecnologico. «Strutturalmente siamo organizzati per affrontare la continua richiesta di impegno nell’esecuzione, Tutti gli impianti che ci richiedono sono, infatti, particolari e su misura. Non si tratta, quindi, di progetti standard realizzati da tutte le imprese di impiantistica. Operando nella gestione dei sistemi informatici, che possono essere interfacciati a distanza, sentiamo la necessità di essere continuamente aggiornati su tutti i miglioramenti tecnologici che possiamo apportare alle nostre strutture». Un altro tema fondamentale che riguarda le imprese di impiantistica è quello del risparmio energetico. «Negli ultimi quattro anni ci siamo affiancati ai costruttori di Casa Clima e ad altre aziende specializzate nell’ambito del risparmio
energetico. Abbiamo, quindi, approfondito la scelta delle apparecchiature per ottenere risultati sempre più validi sotto questo punto di vista. La green economy è il settore dal quale ci aspettiamo risultati importanti in un futuro prossimo». Secondo Pasut, oltre a potenziare il risparmio energetico e aggiornare i sistemi tecnologici, il tessuto produttivo del Friuli dovrebbe risolvere il grave problema della competitività. «Per le aziende italiane il costo del lavoro è troppo elevato. Spesso ci troviamo nella condizione paradossale di assumere tecnici statunitensi, i quali lavorano in Italia a un prezzo più basso rispetto a quelli italiani. Fino a quando la crisi finanziaria non troverà una soluzione, l’Italia si potrà definire competitiva solo come “cervello” aziendale, servendosi di manodopera a costi contenuti dei paesi in via di sviluppo, per i lavori che richiedono meno specializzazioni». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 109
FORMAZIONE
Misurare l’apprendimento sui posti di lavoro Prototipi di scuole-bottega, istituti tecnici superiori e un cambio di marcia sulla realizzazione dell’apprendistato in diritto-dovere: sono gli antidoti contro la dispersione scolastica. Il punto di Elena Ugolini Giacomo Govoni
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Elena Ugolini, sottosegretario all'Istruzione del governo Monti
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cuola e lavoro sono due tappe di un percorso di cui spesso i giovani percepiscono la distanza solo a metà del guado, con effetti per lo più indesiderati, come la scelta di offerte formative post-diploma poco rispondenti alle esigenze del mercato o, addirittura, l’iscrizione a corsi universitari per “ingannare l’attesa” di stagioni più favorevoli sotto il profilo occupazionale. A sostenerlo, fin dai tempi in cui faceva parte della cabina di regia per la riforma dei licei con il ministro Gelmini, è il sottosegretario all’Istruzione Elena Ugolini, che ha predisposto le linee guida per l’istruzione tecnica e professionale volte a favorire la nascita di nuovi canali formativi post secondari e a potenziare l’esperienza degli Its, istituti tecnici superiori. Che opportunità rappresentano questi poli
Elena Ugolini
in chiave di integrazione fra scuola e impresa e a quali settori punteranno? «L’obiettivo è costituire reti fra istituti tecnici, professionali, centri di formazione e realtà produttive perché i giovani possano apprendere attraverso l’esperienza concreta in contesti di laboratorio. Stiamo operando anche per potenziare le esperienze degli Its, quelle scuole speciali di tecnologia che si possono frequentare dopo il diploma. Sono già attive 62 fondazioni di partecipazione in 17 regioni del Paese, che gestiranno più di 128 corsi. Per dare stabilità alla loro azione, è stato inserito nel decreto sulla spending review un fondo specifico per gli Its di 14 milioni di euro annui. Prepareranno i tecnici intermedi, oggi sempre più richiesti dalle imprese. In questo modo l’Italia si allinea con i Paesi più avanzati dell’Ue, dotandosi di percorsi di specializzazione tecnica, non accademici». Anche la valorizzazione di una pratica come il tirocinio, un po’ sullo sfondo nel testo Fornero e spesso strumentalizzata in passato, potrebbe aprire orizzonti migliori in termini di occupabilità. Quali iniziative possono agevolarne il rilancio? «I tirocini formativi rappresentano una grande opportunità che tutti i giovani dovrebbero avere la possibilità di sfruttare prima della fine
della scuola superiore. Sulla base dei dati rilevati dall’Ansas, nel 2010-2011 sono state 1.518 le scuole superiori che hanno realizzato 3.991 percorsi scuola-lavoro con varie modalità, quali stage e tirocini in aziende: i ragazzi hanno espresso giudizi positivi sull’esperienza. Ma non basta, c’è ancora molto da fare per offrire queste opportunità a tutti gli studenti, indipendentemente dal tipo di istituto frequentato: liceo, istituto tecnico o professionale». Tra le sue idee più “rivoluzionarie” c’è quella della cosiddetta bottega-scuola. «L’idea delle scuole bottega, in verità, non è mia: esistono già esperienze eccellenti. In Ferrari, ad esempio, è nata una scuola interna per formare quei meccanici di alta precisione che, come cesellatori, hanno il compito di lavorare alle rifiniture delle macchine più ambite nel mondo; un’altra esperienza è la sartoria napoletana Kiton che, con un corso di due anni, forma i giovani che saranno in grado di lavorare tessuti di grande pregio per produrre le loro confezioni di alta moda. Ancora, c’è la “contrada artigiana” dell’associazione Cometa di Como, che in una bottega che produce arredi per interni di gran classe, fa apprendere un lavoro e, contemporaneamente, studiare i ragazzi affinché acquisiscano un titolo di formazione professionale». Nel dettaglio, come proseguirebbe il per- FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 115
FORMAZIONE
corso formativo di chi abbandona gli studi
scolastici a 14-15 anni? «Gli strumenti per dare a ogni intelligenza e talento la propria strada ci sono tutti. Questo sarà il vero antidoto alla dispersione. Quando penso alle scuole bottega non penso a ore di formazione “appiccicate” al lavoro, ma a un intreccio di manualità, riflessione sul proprio lavoro e studio, che occorre ripensare radicalmente. Bisogna promuovere i prototipi di scuola-bottega in tutta Italia, anche per realizzare l’apprendistato in diritto-dovere. Solo un esempio, “Italia lavoro” ha già avviato un bando per le botteghe artigiane nella scorsa primavera». In tema di apprendimento permanente, quali indicazioni prevede la riforma? «Il Miur ha partecipato al tavolo sulla riforma del mercato del lavoro perché non può esserci possibilità di sviluppo senza la crescita umana, culturale e professionale della persona. Con i commi 51-61, 64-68 dell’articolo 4 della legge sul lavoro del giugno scorso riguardanti l'apprendimento permanente, è stato dato al Paese un quadro di riferimento che consentirà di far emergere e riconoscere il grande capitale di competenze posseduto dagli italiani». Significa che al momento ci sono delle competenze non “tracciate”? «Se osserviamo i diplomi formali, almeno 30 milioni di italiani possiedono bassi titoli di studio. Se invece consideriamo il posto che l’Italia occupa nel mercato globale, dobbiamo convenire che gli italiani possiedono un grande capitale sommerso, che perciò deve essere riconosciuto attraverso la certificazione degli apprendimenti non formali e informali. Apprendere lungo tutto l’arco della vita è fondamentale per mettere a frutto il talento di ognuno».
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Stiamo riflettendo per promuovere dei prototipi di scuola-bottega in tutta Italia, anche per realizzare l’apprendistato in diritto-dovere
Quanto peserà in futuro il livello di professionalità dei formatori e quali iniziative state mettendo in campo in questa direzione? «La formazione iniziale dei docenti e la formazione in servizio sono due facce della stessa medaglia: è impossibile fare scuola senza andare a scuola “sempre”. Tra le principali azioni segnalo il tirocinio formativo attivo, le scuole di specializzazione per gli insegnanti Clil, il piano nazionale lauree scientifiche, un progetto nazionale su matematica logica e informatica che coinvolgerà gli insegnanti di 100 scuole pilota. C’è un accordo con il Cnr per dare la possibilità a insegnanti e studenti di avere un contatto sistematico con la frontiera della ricerca attraverso i 10.000 ricercatori e i 2.000 tecnici del Cnr. Infine, abbiamo stretto un accordo con associazioni professionali e d’impresa per fare formazione specifica agli insegnanti delle materie tecnico professionali e ai dirigenti degli istituti tecnici e professionali».
Alessandro Calligaris
La formazione che aiuta a crescere La conseguenza più pesante della crisi economica ricade sui giovani, che faticano a trovare un’occupazione stabile. Per questo serve maggiore interazione tra mondo del lavoro e istruzione, perché sono le risorse umane la forza del made in Italy Teresa Bellemo
entre il tavolo economico è occupato in buona parte dalla difficoltà di accedere a credito e finanziamenti, c’è chi non dimentica che il capitale non è sempre e soltanto nei caveau delle banche. È in tutte le persone che lavorano in un’azienda, che credono nel loro lavoro e che in prima persona si impegnano in modo che il risultato finale sia il migliore possibile. Una weltanschauung che in questo momento non è molto diffusa per diversi motivi. Innanzitutto la difficoltà, da parte delle aziende, a reperire professionalità adatte alle loro richieste a causa dell’ormai annosa distanza tra formazione e mondo del lavoro; e poi un problema quasi opposto, l’elevata disoccupazione, soprattutto giovanile, che fa passare il messaggio di una certa “interscambiabilità” tra lavoratori, data l’enorme offerta. Non è di questo parere Alessandro Calligaris, presidente regionale di Confindustria e a capo di un gruppo partito nel 1923 da Manzano, capitale del distretto della sedia, arrivato poi a mettere radici ovunque nel mondo. Secondo Calligaris sono proprio le risorse umane il valore aggiunto di un marchio e di un prodotto. «Crescita professionale e personale garantiscono lo sviluppo del tessuto sociale di ogni paese e sono la chiave di successo del nostro made in Italy». Per questo è di fondamentale importanza valorizzare e formare in maniera ap-
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profondita, con corsi che siano il più possibili Alessandro Calligaris, vicini al mondo del lavoro e che tengano a presidente di Friuli mente l’evoluzione di quest’ultimo. «Trovo Confindustria Venezia Giulia che le attività portate avanti dai giovani imprenditori di Confindustria possano rappresentare la direzione corretta. Penso in particolare agli incontri con gli studenti che hanno permesso di far conoscere le realtà imprenditoriali della nostra regione, far apprezzare i valori della cultura d’impresa, ridare valore alle competenze anche di tipo manuale, riportare fiducia nel futuro». Come avvicinare maggiormente il mondo della formazione con quello del lavoro? FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 117
FORMAZIONE
In questi anni l’apprendistato ha dimostrato di essere uno strumento con importanti potenzialità ma non mancano alcune difficoltà
«Apprezzo molto lo strumento del tirocinio rativa alla struttura per seguire l’apprendista formativo, crea occasioni di incontro con il mondo del lavoro e permette un migliore completamento della preparazione teorica dei percorsi tecnici e professionali. Questa è una base da sviluppare di più, pensando soprattutto all’enorme beneficio che si può trarre dell’esperienza dei “maestri di mestiere” recentemente usciti dal mondo del lavoro, integrando i loro interventi nei percorsi professionali: ottimi mediatori tra sistema dell’apprendimento e realtà lavorativa, possono favorire la trasmissione del sapere esperienziale tecnico e professionale alle nuove generazioni». La recente riforma del lavoro ha potenziato proprio l’apprendistato. Quali i pro e i contro? «In questi anni l’apprendistato ha dimostrato di essere uno strumento con importanti potenzialità per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. L’opinione generale dei datori di lavoro tendeva però a sottolineare anche alcune difficoltà relative alla preparazione. Ad esempio, nelle organizzazioni più piccole la fatica di sottrarre una risorsa lavo-
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rischiava a volte di essere superiore al beneficio tratto. Ora confidiamo che la riforma possa avviare una valorizzazione del sapere appreso in azienda e favorire un maggiore avvicinamento alle esigenze di competenze espresse dal sistema produttivo, pur mantenendo la validità della formazione di base in aula esterna all’impresa, dimostratasi sede di confronto costruttivo ed indispensabile fonte di apprendimento». Molti giovani disoccupati sono in possesso di una laurea, ma forse non quella giusta. Quali sono le competenze di cui oggi gli imprenditori hanno bisogno? «Quesito quanto mai attuale e continuamente riproposto. Lasciamo stare la generica indicazione basata sui grandi numeri e sui dati statistici, che tutti conosciamo: costante carenza di specializzazioni scientifiche e tecniche a fronte di un’eccedenza di quelle di tipo umanistico e giuridico. A questo aggiungo scarsa prossimità tra offerta e domanda e non diffusissima disponibilità allo spostamento. A mio parere occorre es-
Alessandro Calligaris
sere in grado di apprendere continuamente, essere disponibili a integrare e aggiornare le proprie competenze qualsiasi sia la propria preparazione o facoltà di provenienza, essere pronti a ripartire e saper valorizzare tutte le esperienze fatte. Poi più in generale guarderei con attenzione al settore della cosiddetta “green economy” e delle energie rinnovabili, alle competenze spendibili nella ricerca e nel design». In un momento di forte disoccupazione come questo, sono comunque 117mila i posti di lavoro senza candidati in Italia. Cosa non funziona nei meccanismi che regolano il mercato del lavoro? «Ritengo che questo dato andrebbe valutato in termini percentuali e rapportato perlomeno con quello delle domande di lavoro che, invece, hanno trovato incontro con l’offerta. Detto ciò, io punterei l’attenzione su che cosa è migliorabile nel sistema di intermediazione. In una situazione di estrema variabilità e incertezza, accentuata dalla crisi in atto, favorirei innanzitutto azioni di coordinamento e di collaborazione tra i diversi attori: agenzie pubbliche per il lavoro, centri per l’impiego, strutture private, società di lavoro interinale, operatori dell’orientamento, lavoratori, studenti e famiglie, istituti scolastici, enti di formazione. A tal fine sarebbe fondamentale il raccordo tra le diverse
banche dati del mercato del lavoro, l’aggiornamento attento e costante, la diffusione e pubblicazione periodica e tempestiva delle informazioni sulle vacancy e sull’offerta. A livello regionale potrebbe essere utile che l’Amministrazione regionale operasse una capillare rilevazione dei fabbisogni occupazionali, per meglio incrociare la domanda con l’offerta di lavoro sui giovani ma, ancor più, per affrontare situazioni di crisi occupazionali con rilevanti eccedenze di personale. Questa indagine consentirebbe di indirizzare i progetti formativi con maggiore certezza di efficacia rivolgendoli anche a quei lavoratori che, usciti da un’impresa, potrebbero essere formati per un nuovo impiego». Calligaris è una grande azienda che opera in molti Paesi. Quali differenze ha riscontrato nella preparazione e nella formazione dei lavoratori? C’è qualche modello che ritiene possa essere valido anche per l’Italia? «Nel corso degli ultimi anni, al fine di poter essere più vicini ai mercati di riferimento e di capirne meglio le dinamiche, l’azienda ha deciso di investire su persone che risiedano nei vari mercati e che culturalmente siano integrate con gli stessi. Quando ci si rivolge ai mercati esteri non bisogna considerare solo l’aspetto linguistico ma anche assecondare le dinamiche e approcci culturali che ogni paese ne è caratterizzato. Lo stesso vale per l’Italia dove ci sono delle differenze di approccio tra le varie regioni». Quanto le risorse umane sono importanti per la vostra azienda? «Il capitale umano è fondamentale per il successo competitivo dell’azienda. Per poter ottenere una crescita continua è necessario avere delle risorse umane che si dedichino a promuovere e mettere in atto le scelte strategiche dell’azienda e che condividano un progetto di identificazione e di appartenenza con la stessa». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 119
FORMAZIONE
Lavoro e formazione, serve maggiore osmosi Per colmare la distanza, spesso troppo ampia, che separa il mondo del lavoro da quello dell’istruzione, la Regione Friuli Venezia Giulia ha intavolato una serie di progetti in cooperazione con gli istituti e le aziende Teresa Bellemo
ormazione e lavoro sono strettamente collegati e in un momento così delicato come questo il legame sembra essere ancora più forte. Per questo forse molte delle novità che toccano l’istruzione hanno a che fare proprio con il ramo più vicino al mercato del lavoro: la formazione professionale. Va innanzitutto sottolineato come dall’anno scolastico 2011/2012 è entrata appieno in vigore la riforma del secondo ciclo di istruzione e formazione, che si articola in percorsi di istruzione scolastica di durata quinquennale (licei, istituti tecnici, istituti professionali) e percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale. Quest’ultimo si articola in percorsi di durata triennale e quadriennale, finalizzati al conseguimento di una qualifica o di un diploma professionale. Questi percorsi sono realizzati da strutture formative accreditate dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dagli istituti professionali di Stato che operano secondo quanto previsto dalla normativa vigente in regime di sussidiarietà. Grazie alla legge 53/2003 la nuova istruzione e formazione professionale, infatti, non solo entra a far parte del sistema educativo nazionale, ma acquisisce pari dignità rispetto all’istruzione superiore intesa in senso classico. A questo proposito l’assessore regionale alla formazione Angela Brandi sottolinea: «La vecchia separazione fra la dimensione culturale ad appannaggio esclusivo
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dell’istruzione e quella del lavoro, riservata alla formazione professionale, viene meno. A seguito della riforma vengono finalmente riconosciute ai percorsi di istruzione e formazione professionale anche caratteristiche educative e culturali». Quali le direttrici principali del progetto “Formazione e innovazione per l’occupazione scuola e università”? «Abbiamo l’ambizioso obiettivo di contribuire con questo progetto al miglioramento del tasso di occupazione e del livello di occupabilità dei giovani diplomati, laureati e dottori di ricerca, intervenendo sulla riduzione dei tempi di transizione tra l’uscita dal sistema educativo e formativo e l’ingresso nel mercato del lavoro attraverso la formazione, i tirocini, l’orientamento e il contratto di alto apprendistato. In particolare, il programma FIxO S&U punta a un’accelerazione del passaggio dalla fase dello studio a quella del mondo del lavoro, oltre che all’allineamento dell’Italia a tassi occupazionali più vicini alla media europea. Inoltre, una delle finalità è anche quella di rendere più stabili e meno precarie le forme contrattuali, al fine di ottenere un’occupazione il più possibile coerente con il livello di qualifica formativa degli assunti. A tal fine nel programma vengono strutturate una serie di azioni, in collaborazione sia con gli istituti superiori che con le
Angela Brandi
università, per incrociare l’offerta formativa con le reali esigenze professionali delle imprese, anche attraverso esperienze di tirocinio presso le stesse aziende». La formazione può essere veicolo di inserimento nel mondo del lavoro di quelle fasce di disoccupati più in difficoltà, come le donne e gli over 45? «Gli sforzi della Regione per affrontare le situazioni di difficoltà occupazionale trovano applicazione nell’ambito del Fondo sociale europeo, sia in termini di dotazione finanziaria che in termini di numero di programmi specifici. All’interno del fondo sono stati previsti interventi rivolti in particolare all’occupabilità come strumento di contrasto agli effetti della crisi economica in atto. Nelle fasi di progettazione e realizzazione tali interventi sono caratterizzati dalla presenza di una stretta collaborazione e interazione tra il sistema degli enti di formazione e le imprese. In particolare, mi riferisco a percorsi di qualificazione di base abbreviata, percorsi postdiploma, work experience e ai piani d’azione
per la ricollocazione lavorativa». Quanto la formazione professionale può favorire l’aumento dell’occupazione femminile? «La formazione professionale rappresenta sempre una leva occupazionale di grande importanza, proprio per le competenze che consente di acquisire, e le valutazioni del placement realizzate a conclusione delle attività formative lo dimostrano. A tal riguardo, abbiamo registrato che la partecipazione femminile risulta superiore a quella maschile negli interventi formativi realizzati nel Friuli Venezia Giulia. La Regione si è impegnata su questo fronte, in particolare attraverso misure di accompagnamento alle attività formative finalizzate ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita, di formazione e di lavoro. Sempre riferito a questo contesto, mi fa piacere ricordare che all’interno del progetto “Imprenderò”, finalizzato alla realizzazione di percorsi formativi per la costituzione di nuove imprese, il maggior numero di attività avviate ha visto come protagoniste le donne».
Angela Brandi, assessore regionale al Lavoro, formazione, commercio e pari opportunità
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CREDITO & IMPRESE
IL CREDITO E IL RISPARMIO IN REGIONE Nel corso del 2011 in Friuli Venezia Giulia la ripresa dei prestiti bancari si è attenuata e il credito ha registrato una lieve flessione; vi hanno contribuito il calo dei finanziamenti alle imprese e il rallentamento di quelli alle famiglie. Malgrado le operazioni di ristrutturazione del debito e le esigenze di finanziamento del capitale circolante, connesse all’allungamento dei tempi di riscossione dei crediti commerciali, la domanda di prestiti delle imprese
si è indebolita soprattutto a causa della ridotta attività di accumulazione. Tra il 2011 e il 2012 la ripresa dei depositi detenuti dalle famiglie consumatrici è stata sospinta dall’incremento delle componenti con durata prestabilita, più remunerative, a fronte del calo dei conti correnti e dei pronti contro termine. I titoli a custodia detenuti dalle famiglie presso il sistema bancario, valutati a prezzi di mercato, si sono invece ridotti significativamente. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 123
CREDITO & IMPRESE
L’EVOLUZIONE DEL RISPARMIO Analizzare la situazione economica che stiamo vivendo è il primo passo per ponderare il rischio di un investimento. Antonio Scardaccio spiega l’importanza di una preparazione finanziaria adeguata Nicolò Mulas Marcello
er mettere da parte i risparmi, si sa, occorre disporre di una differenza positiva tra entrate e uscite. Poco conta avere l’indole del risparmio, che da sempre caratterizza gli italiani, senza questa condizione. E, in tempi di crisi perdurante come quella attuale, sono sempre meno coloro che possono permettersi di risparmiare, in particolare i giovani che devono fare i conti con stipendi più bassi e costi crescenti, oltretutto a fronte di minori consumi. «Le rilevazioni degli ultimi anni – spiega Antonio Scardaccio, presidente di Friuladria – dimostrano come il fenomeno sia in costante crescita e, sia pure in termini ridotti, riguardi ormai anche le famiglie meno giovani che hanno iniziato a intaccare i loro risparmi per far fronte alle necessità correnti. Un indicatore importante di questa situazione è rappresentato dal crollo delle domande di mutuo per l’acquisto della prima casa,
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oltreché dal crescente numero di famiglie che vivono in abitazione d’affitto». Conoscere i possibili risvolti delle operazioni finanziarie renderebbe più semplice il rapporto tra banca e risparmiatori? «Come in tutti i campi, conoscere aiuta a capire e pertanto una maggiore consapevolezza renderebbe meno conflittuale il rapporto bancacliente caratterizzato sempre più, col protrarsi della crisi, da un giudizio negativo ingiustamente generalizzato nei confronti dell’intero sistema bancario. Tale generalizzazione comporta che anche banche come la nostra, che ha come scopo fondamentale anche quello di favorire lo sviluppo economico-sociale del territorio in cui opera, vengano accomunate in un giudizio che niente ha a che vedere con la realtà dei fatti. Una migliore conoscenza dei temi finanziari metterebbe nella condizione di capire meglio le differenze tra le varie offerte e quindi
Antonio Scardaccio, presidente di Friuladria
Una migliore conoscenza dei temi finanziari metterebbe la clientela nella condizione di capire meglio le differenze tra le varie offerte
favorire una maggiore concorrenza a tutto vantaggio degli stessi consumatori». Da parte delle banche il rapporto di fiducia con i clienti è sempre solido? «Un bene importante come il risparmio non può prescindere da questo presupposto. Da parte della banca tale rapporto si basa su un’approfondita conoscenza del cliente particolarmente in termini di età, di capacità di risparmio, di orizzonte temporale dell’investimento, di propensione al rischio, il tutto accompagnato da un ventaglio di strumenti finanziari tra cui sce-
gliere quelli più adatti alla specifica esigenza del cliente. Non si tratta quindi di adattarsi alla crisi o meno ma di analizzare in maniera competente la situazione specifica e la propensione al rischio del risparmiatore per ritagliare a suo vantaggio la migliore allocazione del suo risparmio lasciando peraltro totale libertà di decisione finale al cliente stesso. Naturalmente per fare questo, la banca deve possedere capacità distintive che la qualifichino agli occhi del risparmiatore, di cui le principali sono la preparazione e correttezza dei suoi operatori e la capacità di offrire FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 129
CREDITO & IMPRESE
Non si tratta di adattarsi alla crisi o meno ma di analizzare in maniera competente la situazione specifica e la propensione al rischio quanto di meglio è disponibile sul mercato».
Parliamo dell’educazione finanziaria nelle scuole. Cosa occorre fare secondo lei? «Esiste al riguardo ed è operativo dall’anno scolastico 2008-2009 un progetto del Ministero dell’Istruzione e della Banca d’Italia intitolato “Educazione finanziaria nelle scuole”, che è andato progressivamente estendendosi sino a coinvolgere, nello scorso anno scolastico, 1.152 classi e circa 23.000 studenti di scuole primarie e secondarie di primo e di secondo grado. La presenza della Banca d’Italia in un progetto che riguarda la materia finanziaria è garanzia di
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competenza per un corretto sviluppo del programma. Inoltre l’autorevole favore ministeriale per la prosecuzione di questa iniziativa è conferma della positività di questi primi tre anni di attuazione. In tale ambito ricordo, peraltro, anche l’iniziativa Abi promossa dal consorzio Patti chiari che ha visto fin dall’inizio un forte coinvolgimento del Gruppo Cariparma Crédit Agricole, di cui facciamo parte. A questo punto occorre passare con decisione alla fase di introduzione del programma in tutte le classi previste, facendolo diventare materia ordinaria di studio come tutte le altre».
CREDITO & IMPRESE
UNA PIÙ CORRETTA EDUCAZIONE ECONOMICA Lo sviluppo economico di un Paese passa anche attraverso la crescita della consapevolezza e dell’alfabetizzazione finanziaria della propria popolazione. A sostenerlo è Gabriele Piccini, che spiega qual è lo scenario italiano Nicolò Mulas Marcello
a recente pubblicazione dei dati dell’Osservatorio sul risparmio promosso da Unicredit e dalla società di gestione del risparmio del gruppo, Pioneer Investments, ha evidenziato come la storica propensione al risparmio in Italia sia ancora viva, nonostante il periodo storico particolarmente critico anche su questo versante. Le famiglie italiane, infatti, nonostante la progressiva erosione avvenuta in concomitanza con la crisi degli ultimi anni, presentano un saggio di risparmio lordo ancora in linea con quelli delle principali economie sviluppate: «Per dare un’idea – spiega Gabriele Piccini, country chairman di Unicredit – a fine 2011 il saggio di risparmio in Italia era pari al 12% mentre quelli della Germania e del Regno Unito, rispettivamente la nazione che ha presentato nel 2011 il saggio di risparmio lordo più elevato e quella con il dato più basso, si attestavano al 16,5% e al 7,7%».
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Una più diffusa consapevolezza dei temi finanziari quali problemi potrebbe contribuire a risolvere? «Le decisioni cui oggi sono tenuti consumatori e imprese richiedono competenze maggiori rispetto al passato per realizzare scelte economiche consapevoli e sostenibili. Come testimoniano i dati del World competitiveness index recentemente diffusi dall’Abi, l’Italia si colloca al 44esimo posto per la diffusione dell’educazione finanziaria, l’ultimo tra gli stati membri del G8. Lo sviluppo economico di un paese passa invece anche attraverso una crescita della consapevolezza e dell’alfabetizzazione finanziaria della propria popolazione». In che modo oggi, anche alla luce della crisi economica, le banche si impegnano a indicare le migliori soluzioni di risparmio per i propri clienti? «Innanzitutto accompagnando e guidando la
Gabriele Piccini, country chairman di Unicredit
L’Italia si colloca al quarantaquattresimo posto per la diffusione dell’educazione finanziaria, l’ultimo tra gli stati membri del G8
clientela verso scelte finanziarie consapevoli e congrue. Obiettivo dei nostri consulenti è sempre quello di fare una valutazione complessiva della situazione, delle aspettative e delle esigenze del risparmiatore, in modo da proporre soluzioni coerenti con il ciclo di vita dei clienti e delle famiglie. Unicredit ha ideato e promosso dal 2011 un programma di educazione bancaria e finanziaria ad hoc per diffondere a un pubblico sempre più ampio la conoscenza di materie finanziarie con un linguaggio semplice e di facile comprensione».
Anche il ministro Profumo si è detto favorevole all’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole. Cosa occorre secondo lei per una corretto programma formativo di questo tipo? «Oggi contiamo numerose collaborazioni con istituti scolastici. A nostro modo di vedere è importante che anche i giovani acquisiscano dimestichezza con tematiche finanziarie, in modo da potere impostare le proprie scelte di vita future secondo una logica di razionalità e, soprattutto, di consapevolezza». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 133
CREDITO & IMPRESE
EVITARE RISCHI È UNA PRIORITÀ Non si fa mai abbastanza informazione riguardo ai rischi finanziari. Il governo propone un’educazione finanziaria nelle scuole ma a livello locale esistono già iniziative per informare i giovani. Andrea Stedile illustra le iniziative in Friuli Venezia Giulia Nicolò Mulas Marcello
on sempre i consumatori sono consapevoli dei rischi finanziari che portano certi tipi di investimenti. In mancanza di una diffusa cultura finanziaria nel nostro paese, le banche dovrebbero informare i propri clienti in maniera approfondita rispetto ai rischi che si possono correre effettuando questo tipo di operazioni. «Il nostro istituto – spiega Andrea Stedile, presidente di Banca di Cividale – si è sempre astenuto dal proporre alla clientela prodotti ad alto rischio o eccessivamente sofisticati, evitando così quegli effetti negativi sul risparmio provocati dalla cosiddetta finanza creativa». Gli italiani sono sempre stati un popolo di risparmiatori. È ancora così? «Certamente, anche se la capacità di risparmio in un momento di crisi come l’attuale subisce una sensibile contrazione. I dati nazionali relativi alla raccolta diretta segna-
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lano, però, un indice confortante: lo scorso novembre il sistema ha registrato, tra depositi e obbligazioni, una crescita annua del 7,5%. In Friuli Venezia Giulia, terra a forte tradizione di risparmio, la nostra banca ha accertato una crescita dei depositi della clientela del 14,6%, praticamente doppia. In una fase di forte incertezza circa l’andamento economico complessivo, i risparmiatori - lo vediamo nella nostra banca preferiscono restare liquidi e si orientano verso prodotti maggiormente remunerativi come i conti di deposito». Le banche diffondono una corretta educazione finanziaria? «Le banche hanno una forte responsabilità nella formazione dell’utenza sulle tematiche finanziarie. Il nostro istituto si è sempre astenuto dal proporre alla clientela prodotti eccessivamente sofisticati, evitando così i rischi della finanza creativa.
Andrea Stedile, presidente della Banca di Cividale
L’attenzione alla formazione finanziaria dei nostri clienti è confermata anche daalla partecipazione ai convegni annuali sul tema che organizziamo da 5 anni
Inoltre, abbiamo provveduto a elevare il livello di preparazione professionali dei nostri gestori, 12 dei quali hanno conseguito recentemente la certificazione Efa (European finacial association)». Cosa occorre fare per evitare che i risparmiatori investano i propri soldi in maniera rischiosa? «Innanzitutto occorre partire dal singolo cliente, offrendo il più possibile un servizio personalizzato come stanno facendo da sempre molte banche territoriali come la nostra. Suggerire investimenti cautelativi, come time deposit o titoli di Stato italiano a breve termine, in questa fase congiunturale così critica è la cosa migliore da fare. Anche con strumenti di investimento così semplici il risparmiatore ha ottenuto buone soddisfazioni nel 2012. L’attenzione alla formazione finanziaria della nostra clientela è confermata anche dai convegni annuali che organiz-
ziamo da 5 anni invitando esperti internazionali a confrontarsi con i clienti». Dal governo è partita l’idea di introdurre nelle scuole l’educazione finanziaria. A livello locale ci sono iniziative di questo tipo? «Il ministro Profumo ha perfettamente ragione. L’educazione finanziaria dovrebbe coinvolgere il mondo della scuola. Ne siamo così convinti che da sette anni proponiamo in Friuli Venezia Giulia la Giornata mondiale del risparmio, che coinvolge migliaia di alunni delle scuole primarie. Inoltre, per gli studenti universitari e delle medie superiori organizziamo periodicamente stage di formazione nel nostro istituto. Si tratta comunque di una goccia nel mare, poiché l’alfabetizzazione finanziaria è un’esigenza imprescindibile se vogliamo formare cittadini consapevoli della valenza del risparmio, un valore tutelato dalla stessa Costituzione e, in tempi di crisi, preziosa materia prima». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 135
INFRASTRUTTURE
La prima pietra del futuro Il settore infrastrutture della regione ha sempre più una dimensione sistemica. I piccoli interventi si intersecano con quelli più complessi in modo da avere una visione d’insieme il più completa possibile, per contare di più Teresa Bellemo
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Sopra, l’assessore regionale ai Trasporti e alle infrastrutture Riccardo Riccardi
a locomotiva delle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia corre e sembra avere un obiettivo chiaro: rendere la regione snodo strategico non solo per quanto riguarda il territorio, ma per l’intera Europa. A questo servono gli accordi e i finanziamenti alle grandi opere e a quei lavori meno imponenti che però concorrono a far lavorare meglio il tessuto produttivo regionale. È di metà gennaio la richiesta formale della Regione per la proprietà della linea ferroviaria GemonaSacile, bloccata da luglio scorso a causa di una frana che ha causato forti disagi ai pendolari. Rete ferroviaria italiana non dispone, infatti, dei 3 milioni di euro necessari a garantire il ripristino del servizio in condi-
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zioni di sicurezza, per questo sarà istituito al ministero dell’Economia un tavolo che avrà il compito di definire le procedure di trasferimento. «Contiamo di farcela, è un percorso già portato a termine con successo in altre regioni», ha confermato l’assessore regionale ai Trasporti e alle infrastrutture Riccardo Riccardi. Discorso analogo per il territorio dell’Aussa-Corno. Dopo che la zona della Laguna di Marano ha perso la denominazione di Sito inquinato di interesse nazionale, è arrivato il momento di definire e avviare un programma di dragaggi che favorisca lo sviluppo e gli investimenti nel territorio. Un progetto che è e sarà possibile grazie all’intesa tra Regione e ministero dell’Ambiente, che
ha dato il via libera della gestione commissariale alla stessa Regione. I dragaggi seguiranno un programma diviso in due: uno per le zone a limitato inquinamento e un altro per quelle più inquinate, per cui è necessario lo smaltimento dei fanghi. L’operazione permetterà al porto di avere un fondale più profondo, aumentando ulteriormente i volumi di traffico che il presidente del Consorzio Aussa-Corno, Tullio Bratta, stima attorno alle due tonnellate e mezzo. A livello macro, il Friuli Venezia Giulia punta a contare sempre di più nell’Europa - e nell’Italia - di domani. «Un risultato che premia gli sforzi di questi ultimi anni della nostra regione, del Veneto, dell’Emilia Romagna e della vicina Carinzia: questa de-
Le grandi opere in corso
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I nuovi tracciati delle Ten-T decisi dall’Ue possono garantire lo sviluppo dei porti dell’adriatico settentrionale
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cisione Ue può garantire lo sviluppo dei porti adriatico-settentrionali». Così Riccardi ha commentato l’approvazione da parte della commissione Trasporti del Parlamento Ue del nuovo regolamento e dei tracciati delle reti Ten-T. Il corridoio ferroviario Mediterraneo, che collega il Portogallo all’Ucraina, comprende la Torino-Lione e l’attraversamento della pianura padana fino a Trieste, per poi proseguire verso est. E attraverso Trieste, arrivando da Klagenfurt via Tarvisio, passerà anche il nuovo corridoio Baltico-Adriatico che partendo dall’Europa nordorientale raggiungerà Venezia e Ravenna. In seduta congiunta con la commissione Industria, è stato sancito il via libera anche al regolamento sul finanziamento da 50 miliardi per la “Connecting Europe Facility” (Cef), che dovrà comunque essere soggetto ai risultati dei negoziati tra i 27 per il bilancio pluriennale 2014-2020.
Anche per quanto riguarda il trasporto aereo, e in particolare lo scalo di Ronchi dei Legionari, il 2012 si chiude con un segno positivo e si apre al 2013 con buone prospettive. E anche qui l’Europa conta e fa sentire il suo peso sul piano degli investimenti e dei finanziamenti: sono già a disposizione, infatti, circa 10 milioni di euro tra fondi regionali e comunitari per realizzare un’opera ritenuta fondamentale per la crescita dello scalo. È entrato nella fase operativa la costruzione del Polo intermodale dell’aeroporto regionale di Ronchi dei Legionari, che sorgerà davanti allo scalo permettendo ai passeggeri un collegamento diretto con la linea ferroviaria Trieste-Venezia. L’aeroporto rappresenta una scommessa vinta per l’assessore Riccardi, che ha sottolineato il percorso che lo ha rilanciato partendo da una situazione di difficoltà. «La Società Aeroporto Fvg era in perdita, gravata da debiti, i voli e i passeggeri
erano in calo. La Regione ha quindi deciso di assumersi la responsabilità della gestione dell’aeroporto e oggi gli incrementi di passeggeri e di traffico sono a due cifre. La dimensione dello scalo non è comunque sufficiente a reggere la competizione, per questo è necessaria un’alleanza strategica. La parte pubblica ora deve fare un passo indietro, svolgere il suo ruolo di garante delle regole e affidare invece la gestione dell'aeroporto a chi lo fa per mestiere». Il polo sorgerà su un’area di 475mila metri quadrati a soli 250 metri dal terminal passeggeri dell’aeroporto. Saranno realizzate una stazione ferroviaria, una nuova stazione delle autocorriere (che sarà realizzata a cura della Provincia di Gorizia), un parcheggio da 1.500 posti auto, tutta la viabilità di raccordo interno e in particolare il fondamentale collegamento diretto con il terminal passeggeri per scavalcare la strada regionale 14. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 139
INFRASTRUTTURE
In volo, nonostante la crisi L’aeroporto Ronchi dei Legionari ha chiuso il 2012 con numeri che fanno ben sperare anche per il 2013. Per concretizzarli la società ha due direttrici: l’intermodalità e la sinergia con il comparto turistico regionale Teresa Bellemo
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Sergio Dressi, presidente di Aeroporto Friuli Venezia Giulia
Aeroporto Friuli Venezia Giulia mostra un ottimo stato di salute. Mentre altri scali, complici la crisi e la concorrenza, riducono sempre di più voli e servizi, l’aeroporto Ronchi dei Legionari nel mese di agosto ha registrato un incremento del 10,7 per cento, con oltre 90mila passeggeri, e a novembre la crescita è stata dell’1,5 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Quest’ultimo dato, anche se in leggera flessione rispetto a quanto archiviato ad ottobre (un +4,5 per cento), pone lo scalo friulano in controtendenza rispetto alla media nazionale. Il consuntivo del traffico passeggeri del periodo gennaio-ottobre vede infatti a livello italiano una flessione dello 0,4 per cento, mentre Ronchi del Legionari, nello stesso periodo, è cresciuto del 3,3. Sergio Dressi,
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presidente della società Aeroporto Friuli Venezia Giulia chiosa: «Ci aspettiamo che i valori conclusivi del 2012 confermino la crescita di circa il 3 per cento rispetto all’anno scorso, che già di per sé è stato un anno eccezionale. Contiamo di superare gli 880mila passeggeri». Anche il 2013 potrà essere un anno positivo per Ronchi dei Legionari: lo scalo rientra tra gli otto aeroporti primari individuati dal piano nazionale degli aeroporti elaborato da Enac per conto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Inoltre, entro giugno 2015 verrà concluso il progetto del polo intermodale, che prevede la realizzazione di un punto di scambio ariagomma-ferro di fronte allo scalo, finanziato già dal 2011 dall’Unione europea, e che darà certamente nuova linfa alle attività dell’aeroporto. L’aeroporto chiuderà il
2012 con una crescita di circa il 3 percento, in controtendenza rispetto al dato nazionale. Quali le motivazioni di questo successo? «Il buon andamento del traffico registrato anche nel 2012 è dovuto a un trend positivo che ha coinvolto tutte le componenti di traffico dell’aeroporto. È cresciuto sia il traffico di linea che quello charter, il primo grazie all’introduzione di alcuni nuovi collegamenti e al consolidamento di quelli esistenti, il secondo grazie allo sviluppo dei voli dal mercato russo e alla crescita dei collegamenti outgoing». Quali sono i principali vettori che hanno visto un incremento? «Nel 2012 Ryanair ha iniziato nuovi voli per Bari e Barcellona, portando così a nove le destinazioni servite dall’aeroporto di Trieste. Alitalia ha incrementato i voli
Sergio Dressi
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È cresciuto sia il traffico di linea che quello charter grazie a nuovi collegamenti e al mercato russo
sulle destinazioni esistenti, soprattutto nel periodo estivo. Volotea, infine, ha iniziato voli diretti verso Palermo, a partire dal primo giugno 2012». In questo momento sono soprattutto gli aeroporti periferici a vivere un momento di difficoltà. Il ministro Corrado Passera ha ipotizzato di chiudere 50 scali minori, quelli che non superano il milione di persone l’anno. Lei cosa ne pensa? «Lo scalo del Friuli Venezia Giulia rientra tra quelli primari individuati dal piano nazionale degli aeroporti elaborato da Enac. È uno degli otto scali che soddisfano la
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domanda di ampi bacini d’utenza e particolari segmenti di traffico. Queste strutture attualmente presentano limitazioni allo sviluppo, quali vincoli ambientali, accessibilità inadeguata o altri ostacoli allo sviluppo infrastrutturale. Tali vincoli, per quanto riguarda lo scalo di Ronchi dei Legionari, potranno trovare una sostanziale soluzione quando sarà ultimata la realizzazione del polo intermodale. È proprio lo sviluppo dell’intermodalità, infatti, uno dei punti cardine del piano di Enac, il cui più recente aggiornamento prevede in modo esplicito che, in coerenza con i programmi
della Commissione europea, siano avviati i processi di realizzazione dei collegamenti su ferro dello scalo del Friuli Venezia Giulia». Quanto il settore turistico ha risentito di questo incremento? Quanto la sinergia tra i due comparti può aumentare i risultati positivi? «La sinergia tra l’attività dell’aeroporto e quella del turismo regionale è una realtà già operativa da alcuni anni, i cui risultati sono già sotto gli occhi di tutti. Si pensi, a solo titolo esemplificativo, alla crescita dei mercati russo e spagnolo a seguito dell’attivazione di voli diretti da questi Paesi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 141
INFRASTRUTTURE
È il 2013 l’anno delle scelte I servizi infrastrutturali dell’Aussa-Corno non mancano. Ma per uno sviluppo più incisivo servono opere nuove, come il dragaggio del fondale e una nuova bretella di comunicazione Teresa Bellemo
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Tullio Bratta, presidente del Consorzio Aussa-Corno
godere di una posizione privilegiata e particolarmente strategica, per quanto riguarda gli scambi commerciali, è sicuramente il porto di Aussa-Corno. Di fatto collocato all’intersezione tra il corridoio Adriatico-Baltico e il corridoio ovest-est, è potenzialmente il trait d’union tra Europa orientale, Mediterraneo ed Europa occidentale. I suoi plus sono, infatti, i collegamenti stradali e ferroviari: l’allacciamento con l’autostrada è soltanto a 7 chilometri, mentre l’asse ferroviario che raggiunge Mestre e Venezia è praticamente adiacente all’area della struttura. In tutto questo, però, si inseriscono le naturali necessità di un territorio e di una
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struttura che, come ricorda il presidente Tullio Bratta, ha superato il milione e mezzo di tonnellate di traffico merci. E proprio a incrementare la capacità di gestione del traffico potrebbe rivelarsi utile il dragaggio del fondale, opera che pare possa sbloccarsi nel 2013. «Per il 2012 siamo arrivati a un 1 milione e 500mila tonnellate, nonostante il pescaggio sia attualmente di 6 metri. Mancano i dragaggi, un problema che sta affliggendo questo porto da oltre dieci anni». Quali potrebbero essere i vantaggi e le finalità di un’opera di dragaggio? Quali i principali ostacoli all’operazione? «I vantaggi sembrano evidenti. Se con 6 metri si sono movimentate un milione e mezzo di tonnellate di merci, ci sono ottime ragioni per ritenere che con 7 metri e mezzo di profondità si possa arrivare tranquillamente ai 2 milioni e mezzo di tonnellate. Siamo convinti che sia questo il target del porto, e questo essenzialmente perché fa da referente sia per le industrie manifatturiere della zona industriale dell’Aussa-Corno nella quale è inserito, sia per le altre grosse industrie del comparto siderurgico
e del legno presenti nella regione. I motivi per cui dal 2002 non si è mai dragato sono molto semplici: da dieci anni il porto e il suo canale di accesso sono stati inseriti nell’elenco dei Siti inquinati di interesse nazionale da cui sono usciti solamente qualche mese fa, a novembre 2012. Adesso attendiamo che con il passaggio di competenza alla Regione si possa trovare la chiave di volta per poter riprendere i dragaggi per riuscire a dare un respiro strategico a quest’asse fondamentale per la comunicazione e i trasporti». Di cosa avrebbe bisogno il territorio per migliorare i suoi servizi e per aumentare traffico e indotto? «Dal punto di vista infrastrutturale, al di là di un maggior pescaggio, il porto non avrebbe bisogno di molto. Dal punto di vista dei collegamenti, potrebbe rivelarsi molto utile un secondo accesso ferroviario e viario che colleghi, attraverso Torviscosa, il porto di Aussa-Corno all’interporto di Cervignano, in modo da renderli reciprocamente complementari. È un intervento importante sul quale stiamo lavorando in modo da ottenere anche il consenso delle comunità locali coinvolte».
EDILIZIA
Riqualificazione energetica, il punto sulle agevolazioni La crisi del settore edile si supera riqualificando l’esistente. Oggi sono consistenti le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica di vecchi immobili. Enzo Radici illustra i vantaggi per le aziende di serramenti Valeria Garuti
uando si parla di efficienza energetica, si pensa solo agli edifici di nuova costruzione, e nel caso di palazzi più vecchi, la riqualificazione energetica viene spesso trascurata. Uno dei principali fattori di dispersione termica, che affligge i nostri palazzi, è la scarsa qualità dei serramenti, che sono decisivi per una buona conservazione del calore. «Negli ultimi anni – afferma Enzo Radici, presidente dell’omonima azienda di serramenti e porte in legno – abbiamo attivato corsi per formare le nostre squadre di addetti alla posa in opera per
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interventi di sostituzione dei serramenti esistenti, senza opere murarie e senza creare disagi a chi vive la casa. In questo modo la casa risulta innovata sia dal punto di vista estetico che a livello termico e acustico». Oggi sono due le detrazioni fiscali che riguardano l’edilizia e incentivano il cliente a risparmiare energia. La prima è relativa alla detrazione del 50 per cento sull’Irpef per i recuperi di immobili esistenti; la seconda è pari al 55 per cento dell’Irpef per interventi di riqualificazione energetica di vecchi immobili. Radici, da quarant’anni attiva nella lavorazione del legno, si occupa sia di riqualificazione energetica sia di inter-
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venti per lavori di ristrutturazione. «Oggi – continua Radici – il mercato è più orientato verso la ristrutturazione che alla nuova costruzione. Gli incentivi fiscali hanno scosso notevolmente il mercato dell’edilizia e hanno aiutato la nostra azienda a mantenere il fatturato». Da sempre sensibile alle esigenze dell’ambiente, allo sviluppo performante delle costruzioni così come alle dinamiche del vivere sano, la realtà udinese ha appoggiato il progetto sostenuto dall’ente certificatore Alto Atesino “CasaClima”. «Dalla collaborazione tra Friuli e Alto Adige – speci-
Enzo Radici, presidente della Radici Srl di Premariacco (UD). Nelle altre immagini, realizzazioni dell’azienda www.radiciserramenti.it
Enzo Radici
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Lo stato applica una detrazione del 50 per cento sull’Irpef per i restauri e del 55 per cento per interventi di riqualificazione energetica
fica – è nato il progetto CasaClima, sinonimo di impegno concreto nello sviluppo di una tipologia edile ad alta efficienza e sostenibilità ambientale. Attraverso i costanti studi in materia termica e acustica, siamo riusciti a imporre i nostri serramenti anche nelle nuove costruzioni a basso consumo energetico certificate CaseClima. Siamo sostenitori dei prodotti in legno di qualità e, anche in un periodo di crisi come questo, non siamo scesi a compromessi variando la nostra produzione con prodotti alternativi o qualitativamente inferiori». In particolare le grandi campagne di marketing messe in atto dai produttori di pvc hanno destabilizzato molte aziende italiane nel settore dei serramenti in legno. «Gli standard qualitativi della nostra azienda – aggiunge – sono alti e i professionisti e la clientela, prevalentemente privata, alla
quale ci rivolgiamo, difficilmente richiede un prodotto di qualità e prezzo inferiori. I nostri serramenti e porte in legno sono ricercati e tecnologicamente all’avanguardia. Ciò nonostante, nell’ultimo anno abbiamo investito nella produzione di nuove linee in legno-alluminio per contrastare ulteriormente la concorrenza del pvc e dare un prodotto con maggiori garanzie diversificando i settori di riferimento. Con il legno-alluminio abbiamo avuto modo di inserirci nel mondo del design moderno, creando serramenti sottili e lineari, in linea con le nuove esigenze del mercato». I prodotti di Radici sono commercializzati in Italia, così come all’estero. Per ciò che riguarda l’istallazione, le squadre di lavoro interne operano in tutto il Friuli, in Slovenia e in Austria. «In futuro – con-
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clude – punteremo sul consolidamento del mercato locale e nazionale, prestando grande attenzione ai mercati esteri. La situazione del settore edile non è positiva, come d’altronde quella dell’economia del nostro paese. Necessitano maggiori garanzie per chi opera nel settore, specialmente per i pagamenti, i mancati incassi mettono in difficoltà anche le aziende più solide, ma nessuno tutela questi aspetti. Inoltre c’è bisogno di maggiore impulso alla produttività del settore edilizio, incentivando le nuove costruzioni o i recuperi di immobili esistenti con aiuti concreti. Per questo motivo, ci auguriamo che chi sarà alla guida del nostro paese avrà un occhio di riguardo per la nostra sfera economica, agevolando sia le aziende che lavorano sia i consumatori finali». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 147
MATERIALI
Il rilancio del marmo passa per l’export Dal 2008 il distretto del marmo italiano registra una pesante flessione. Con la fine del 2012 sono iniziati i primi segnali di ripresa. «Le aziende italiane devono concentrarsi sulla qualità dei prodotti e l’alta professionalità e cura nella realizzazione di ogni manufatto di marmo». La parola a Elisabetta Sonzogno Marco Tedeschi
Elisabetta Sonzogno, titolare di Cava Romana di Aurisina www.cavaromana.it
opo alcuni anni di difficoltà il 2012 si è finalmente chiuso in crescendo per il mercato del marmo. Dati Istat hanno infatti confermato un aumento delle esportazioni di materiali
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lavorati e semilavorati di marmo, granito e agglomerati per i distretti del marmo italiano. Il settore sta trovando un definitivo riposizionamento dopo la caduta registrata tra l’ultimo trimestre 2008 e il
2009 con una metamorfosi strutturale delle aziende ancora in atto. Nel 2010 il comparto arrestò il tracollo con export di materiali lavorati e semilavorati; nel 2011 le esportazioni complessive di materiali lavorati e semilavorati sono aumentate di circa il 5 per cento. La tendenza positiva è stata poi confermata nel terzo trimestre 2012. L’aumento delle esportazioni di prodotto finito e semilavorato costituisce sicuramente un’iniezione di fiducia per i vari distretti del marmo, anche (e soprattutto) alla luce del problema-cardine che si trascina da alcune annate: la disoccupazione. Una problematica che non risparmia nemmeno il comparto del marmo, alle prese con una situazione sempre più complicata. Tant’è che, nel corso degli ultimi tre anni, il comparto ha perso migliaia di lavoratori tra uscite per mobilità e incentivi all’esodo; un altro mi-
Elisabetta Sonzogno
L’attività di estrazione è sensibilmente aumentata per soddisfare le richieste di mercato e anche il fatturato ha subìto un incremento
gliaio si ritrova, oggi, in situazione precaria. Per molti lavoratori la prospettiva è quella di prolungare la mobilità o trovare altre forme di ammortizzatori sociali per mantenere un reddito minimo. La crescita del 2012 è ascritta, in primis, alle esportazioni sui mercati americani: Usa in testa. Verso gli Stati Uniti le esportazioni sono aumentate del 20,4 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2011. Esportazioni in crescita anche in Asia, Estremo Oriente su tutti, al termine del terzo trimestre, pari al 2,5 per cento; in calo, invece, le importazioni di materiale finito e semilavorato dal continente asiatico. Una situazione generale del mercato del marmo
che sembra essere confermata anche da Cava Romana di Aurisina (Trieste), che vede proprio negli Usa e in particolare in New York, un trampolino di lancio fondamentale. Soprattutto dal punto di vista del marketing. «Proprio in questo periodo – spiega la titolare Elisabetta Sonzogno stiamo valutando l’opportunità di aprire un ufficio e uno show room a New York. Crediamo fermamente che in tempi economici difficili sia necessario avere il coraggio di investire e di diversificare gli investimenti». L’impresa giuliana che offre consulenza per la scelta dei marmi, consulenza agli studi di progettazione, ingegneri e architetti, sopralluoghi in cantiere, ri-
lievo delle misure, trasporto e posa in opera, ha ben chiaro il quadro di riferimento in cui si trova il settore del marmo italiano. Potrebbe raccontarci come sta andando il settore in cui operate alla luce dell’attuale situazione economica internazionale? «Il nostro settore, essendo strettamente correlato all’edilizia, ha certamente subìto gli effetti della crisi internazionale. Le criticità sono molteplici. Soprattutto le aziende mono mercato e/o mono prodotto hanno avuto molta difficoltà e purtroppo molte di esse sono state costrette a chiudere. Non bisogna inoltre dimenticare che, anche nel nostro settore, e indipenden- FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 149
MATERIALI
temente dall’attuale situazione economica, la fortissima concorrenza della Cina ha causato notevoli criticità per il nostro export, in quanto le aziende italiane non possono assolutamente competere con i bassissimi prezzi applicati dalle aziende cinesi. Abbiamo però dei punti di forza su cui possiamo puntare. Le aziende italiane devono concentrarsi sicuramente sulla qualità dei di qualsiasi manufatto di prodotti e l’alta professiona- marmo». lità e cura nella realizzazione In questo contesto, quale bilancio può trarre, dall’attività e dal fatturato dell’azienda relativamente all’ultimo anno? «L’anno appena concluso registra e conferma il buon andamento della nostra azienda. L’attività di estrazione è sensibilmente aumentata per soddisfare le richieste di mercato e anche il fatturato ha subìto un incremento. Abbiamo inoltre consolidato la nostra presenza sui mercati esteri, acquisendo nuove importanti commesse». Negli ultimi anni molte realtà dell’industria della lavorazione di pietre e marmi sono state costrette a chiudere. Su quali tratti avete puntato per restare competitivi? «La nostra azienda ha sempre saputo stare al passo con i tempi, adeguandosi alle diverse esigenze dei mercati e adottando una politica di mar-
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keting molto efficace, mirata soprattutto alla valorizzazione del nostro prodotto. In quest’ottica, la nostra strategia commerciale è, ora più che mai, orientata a fornire un servizio di qualità, puntualità e garanzia. Ci siamo specializzati nella fornitura di manufatti destinati a progetti di prestigio, soprattutto all’estero, quali ad esempio hotel, centri commerciali, banche, edifici residenziali e commerciali di lusso. Proprio per garantire un prodotto di qualità, ci siamo attrezzati per effettuare nel nostro stabilimento la “preposa” del materiale, affinché il cliente possa ispezionarlo prima della spedizione». Quali sono le peculiarità delle pietre da voi estratte? «Le tipologie di pietra estratte dalle nostre cave di Aurisina e Monrupino sono Aurisina Granitello, Aurisina Roman Stone, Aurisina Fiorita, Aurisina Fioritello, Aurisina Chiara e Repen Classico. In
Elisabetta Sonzogno
La nostra azienda investe prevalentemente in macchinari di ultima tecnologia destinati all’estrazione nelle cave e alla lavorazione dei marmi nei nostri laboratori
termini tecnici, si tratta di pietre omogenee, compatte, non gelive, con elevati parametri di caratterizzazione meccanica, ottima resistenza all’usura e basso coefficiente di dilatazione lineare termica. Questi prodotti sono perfettamente lucidabili a specchio e ciò esalta le loro doti di brillantezza e cromaticità. Per la loro buona caratteristica di durevolezza sono pertanto adatti per qualsiasi utilizzo interno ed esterno. Tutte queste qualità tecniche ed estetiche dei prodotti della Cava Romana sono state apprezzate da progettisti di fama internazionale e oggi la percentuale del nostro fatturato estero rappresenta il 60 per cento dell’intero fatturato. Una cifra significativa». Quali sono i principali mercati di riferimento, intesi sia come settori industriali che come territori? «I nostri attuali principali mercati esteri sono Hong
Kong, Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Giappone, Indonesia (Giacarta), India e USA. Recentemente stiamo cercando di potenziare la nostra influenza in Canada, Australia ed Emirati Arabi». Anche nel vostro settore rivestono una particolare importanza gli investimenti in tecnologie e innovazione. Quali, in questo senso, gli investimenti più recenti di Cava Romana? «La nostra azienda investe prevalentemente in macchinari di ultima tecnologia destinati all’estrazione nelle cave e alla lavorazione dei marmi nei nostri laboratori (macchinari per il taglio delle lastre a controllo numerico). Tecnologie che permettono sicuramente delle performance migliori in termini di tempo e qualità». In quali scelte si esplica invece il vostro interesse per l’impatto ambientale? «Il tema ambientale per noi
riveste un interesse particolare. Parlando d’impatto ambientale, ci si deve riferire all’attività di estrazione nelle cave, che deve essere eseguita nel pieno rispetto del progetto di coltivazione e ripristino ambientale da noi redatto e approvato dal Servizio Geologico della nostra Regione. Per fare un esempio concreto possiamo citare l’utilizzo a cui sono destinate le aree di cava non più coltivabili. Queste infatti vengono rinverdite al fine di creare una sintonia tra natura e operatività di cava». Quali sono le prospettive per il 2013 dell’azienda e quali gli obiettivi e le sfide che attendono la Cava Romana nel nuovo anno? «Le prospettive per il corrente anno sono buone, abbiamo in programma ordini importanti, che ci vedranno impegnati fino a luglio e, nel frattempo, stiamo trattando la fornitura di nuovi grossi progetti all’estero».
Tecnologie utilizzate all’interno di Cava Romana
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 151
INTERNI
La scelta del sistema di riscaldamento I rincari nei prezzi di energia e carburanti fossili stanno spingendo i consumatori verso l’adozione di soluzioni alternative. In testa si collocano le stufe a pellet e legna. Sandra Blarzino spiega quali fattori valutare al momento dell’acquisto Manlio Teodoro
onostante la crisi generalizzata dei consumi, nell’ultimo anno la vendita di sistemi di riscaldamento, in Friuli, ha registrato un aumento di fatturato, seppure lieve. Le ragioni di questa controtendenza sono facilmente individuabili nella ricerca di sistemi di riscaldamento alternativi a quelli tradizionali che sfruttano carburanti in costante rincaro, come gasolio e metano. Come evidenzia Sandra Blarzino, legale rappresentante della Edilvalnatisone – che gestisce con il marito Valentino Guerra –, società specializzata nella distribuzione e posa di caminetti, stufe a pellet e termo cucine a legna e pellet: «Le uniche criticità che si sono presentate sono rappresentate dal fatto che i consumatori si sono fatti molto più attenti nella scelta ed effettuano l’acquisto solo dopo un’oculata valutazione dei pro e dei contro. La nostra risposta
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152 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
a un consumatore che vuole un quadro completo dei prodotti e dei servizi che offriamo è stata quella di puntare soprattutto su un impegno costante». Cosa bisogna valutare per effettuare la scelta giusta nel momento dell’acquisto? «Quando il cliente si rivolge a noi per avere il consiglio su quale sia il tipo di prodotto mi-
gliore da acquistare, la nostra risposta non è mai immediata. Al contrario preferiamo prima effettuare un sopralluogo per valutare la struttura dell’edificio, la metratura e la canna fumaria, se già presente. Apparentemente può essere semplice vendere una stufa o una cucina, in realtà bisogna tener conto di tutta una serie di parametri e caratteristiche e solo
Sandra Blarzino
In apertura, Sandra Blarzino, legale rappresentante della Edilvalnatisone Srl di San Leonardo del Friuli (UD) www.edilvalnatisone.it
la supervisione di un tecnico, presente in negozio può consigliare sull’acquisto migliore». Quale categoria di prodotto sta dando i migliori riscontri? «Non c’è una categoria specifica. Vanno i prodotti di alta qualità, anche se costosi. I consumatori, infatti, sono consapevoli del fatto che ciò che spendono in più sull’acquisto lo recuperano e lo ammortizzano nel tempo, risparmiando sui consumi. Nel settore termocucine, c’è certamente un ritorno agli spolert, prodotti che permettono di avere in qualsiasi momento un calore immediato per irraggiamento e che sono utilizzabili per cucinare sia sulla piastra che nel forno con risultati eccellenti. E che offrono inoltre la possibilità di sfruttare il calore prodotto dalla cucina per scaldare il resto della casa e produrre acqua calda attraverso un collegamento con il sistema di riscaldamento principale – ciò in sostituzione o in aggiunta alla classica caldaia a metano o gasolio». I sistemi di riscaldamento, le cucine e le termocucine che commercializzate quale combustibile utilizzano in prevalenza? Quali sono le preferenze del mercato privato? «La maggior parte dei sistemi di riscaldamento che forniamo utilizzano pellet o legna. Non
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I consumatori sono molto più attenti nella scelta. Acquistano solo dopo un’oculata valutazione dei pro
c’è una preferenza specifica: la combustione a legna è ottimale se la persona è presente in casa. Se invece a causa di impegni di lavoro o altro non c’è la possibilità di seguire costantemente la combustione della stufa, si preferisce utilizzare il pellet – scelta dovuta anche al fatto che lo stoccaggio occupa molto meno spazio rispetto alla legna. Chi invece ha la possibilità di avere la legna senza doverla acquistare – perché proprietario di boschi o altro – si orienta senza dubbio su questo tipo di combustibile. Quindi è ben difficile stilare una preferenza della clientela, ognuno si orienta su ciò che soddisfa maggiormente le proprie esigenze». Quale prevede sarà l’andamento del mercato nel 2013 e quali sono i vostri obiettivi?
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«Parlare di obiettivi adesso è azzardato. Cerchiamo di mantenere il nostro metodo, assistendo il cliente prima dell’acquisto, durante consegna e installazione del prodotto, illustrando il modo migliore di gestione dell’apparecchio. Inoltre lo seguiamo nel postvendita, con l’assistenza tecnica in garanzia prima e per qualsiasi altra problematica poi, offrendo anche un servizio di manutenzione della stufa e della canna fumaria. Finora tutto questo ci ha portato ad avere dei buoni risultati e un’espansione del bacino di utenza in tutta la regione. È nostra ferma convinzione quindi continuare per questa strada, per migliorare i nostri risultati e il riscontro positivo che attualmente la nostra clientela continua a manifestare». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 153
Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network
recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il
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mercato britannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo sistema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette
Palletways Italia Spa - Via Pradazzo, 7 - 40012 Calderara di Reno (Bologna)
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di offrire tariffe semplici e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume». A quali settori merceologici vi rivolgete? «Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esigenze molto diverse ma è particolarmente competitivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiple». Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: Economy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo dell’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di rimborso delle spese di spedizione – an-
www.palletways.com
che per le merci ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto espresso a proporre standard di servizio così elevato». Come riuscite a proporre un servizio altamente qualitativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i nostri indicatori di performance».
Concessionario per il Friuli Venezia Giulia: Ceccarelli PN - UD - GO - TS
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Efficienza e innovazione cardini di sviluppo Servono più idee e una normativa meno burocratica per far crescere la green economy in Friuli Venezia Giulia, impegnata su diversi fronti a promuovere una cultura produttiva all’insegna della sostenibilità. Ne parla Adriano Luci, presidente di Confindustria Udine Francesca Druidi
Adriano Luci, presidente di Confindustria Udine
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l territorio di Udine si conferma nuovamente attento alla tutela ambientale, del risparmio e dell’efficienza energetica con il protocollo siglato da Confindustria Udine e Asdi Sedia. L’intesa, che avrà la durata di un anno, si prefigge di promuovere - anche a livello internazionale - il Green district, con particolare attenzione al comparto legno-arredo locale. È il numero uno degli industriali udinesi, Adriano Luci, ad analizzare le prospettive di crescita dell’economia verde in regione e nel territorio. In che misura questo settore rappresenta un orizzonte concreto di sviluppo per gli imprenditori? «Sono un convinto sostenitore della green economy e non solo perché il Gruppo Luci è da sempre orientato allo sviluppo di soluzioni integrate per l’ambiente, ma perché ritengo sia un pilastro per la crescita nel prossimo futuro. Lo scorso maggio, l’assemblea generale di Confindustria Udine, alla presenza del ministro Clini, si è concentrata proprio su queste istanze, sulle opportunità che possono essere innescate puntando a una green economy corretta ed efficiente. Sono con-
vinto ci sia ancora molta strada da percorrere, ma le possibilità da cogliere sono molteplici. Dobbiamo però abituarci a ragionare in termini di filiera nella sua complessità. Non possiamo pensare a un progetto fine a stesso, occorre capire l’impatto di questi programmi e quali risorse vanno a impiegare, quali risorse vanno evitate e quali possono essere generate. Serve una filiera completa affinché si possa parlare di economia pulita, verde e sostenibile». Qual è l’attuale scenario regionale del settore? «Si stanno moltiplicando le attività in questa direzione, ma resta ancora molto da fare. Si devono, innanzitutto, sfruttare al meglio la ricerca e l’innovazione, da cui trarre ulteriori vantaggi. Un arricchimento delle fonti può, inoltre, provenire dal risparmio; dobbiamo ragionare in termini di minore consumo di energia, di acqua e di aria». Quali i nodi che restano maggiormente critici? «Una fitta maglia di regolamenti, norme e leggi, non sempre in sintonia tra di loro, fa sì che un’attività possa passare dal lecito all’illecito con troppa facilità, mettendo a rischio la stessa impresa». Quanto conta il sostegno
Adriano Luci
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Confindustria è al fianco delle imprese con l’intento di sviluppare internazionalizzazione, innovazione e collegamento con i centri di eccellenza
delle istituzioni? «Ognuno deve fare la sua parte. L’imprenditore deve mettere in campo le idee e i progetti. La Regione deve tracciare le linee lungo le quali legiferare in maniera efficace. Quando si agisce con senso di responsabilità e visione di ampio respiro, credo si possano ottenere dei buoni risultati. Oggi, con le risorse provenienti dagli enti pubblici in fase di azzeramento, quel che può fare l’imprenditore è cercare di sviluppare, per quanto possibile, progetti sostenibili. Al suo fianco deve però agire una legislazione che consenta di realizzare questi progetti - una volta appurata la loro legittimità - in tempi rapidi. Tutti i processi oggi subiscono un’accelerazione, serve quindi una risposta immediata ed efficiente per quanto
riguarda le abilitazioni a livello locale, regionale e nazionale». Quale sarà nello specifico il contributo di Confindustria Udine nell’ambito del Green district? «Confindustria Udine mette in campo la sua organizzazione per riunire le imprese e per offrire il supporto necessario a rinforzare la cinghia di trasmissione tra le aziende e i parchi tecnologici, i centri di ricerca e il Catas di San Giovanni al Natisone, il centro di ricerca-sviluppo del settore legno-arredo che esegue prove sui materiali, sui componenti e sui prodotti finiti e che rilascia certificazioni di prodotto». Per quanto riguarda le risorse previste dal protocollo? «Le risorse spesso non costituiscono un problema; la diffe-
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renza la fanno le idee, da cui elaborare progetti e ottenere risultati e poi naturalmente anche le risorse. Confindustria Udine è al fianco delle imprese per le imprese, con l’intento di sviluppare maggiore internazionalizzazione, innovazione e collegamento con i centri di eccellenza provinciali e regionali, spesso trascurati oppure esclusi dai processi produttivi. Le principali risorse sono quelle che non sprechiamo, sono quegli aspetti da mettere a fattor comune. Il Green district si inserisce, inoltre, nel più ampio progetto di marketing territoriale per rilanciare il distretto della sedia: questo spiccato orientamento alla certificazione da parte delle imprese si tradurrà, infatti, in un evidente valore aggiunto di competitività». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 157
POLITICHE ENERGETICHE
Fare rete in chiave green
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asce in Friuli Venezia Giulia il Green district, concentrazione territoriale di aziende impegnate in maniera concreta nella salvaguardia dell’ambiente. Si tratta di imprese del distretto della sedia certificate Fsc e Iso9001: due filiere che riuniscono 47 aziende occupando 740 persone, con un fatturato di oltre 110 milioni di euro. Da questa esperienza aggregativa - unica a livello nazionale e europeo - si sviluppa un programma più ampio di interventi finalizzati a rendere maggiormente competitive le realtà produttive del distretto, all’interno di uno scenario sempre più attento alle esigenze di risparmio energetico ed ecosostenibilità. A illustrarne le prospettive è Giusto Maurig, presidente di Asdi Sedia. Prima il coordinamento dei progetti di certificazione multisito (Fsc e Iso9001) poi il Green district. In che cosa consiste esattamente e quali sono gli obiettivi prioritari? «I progetti di certificazione aggregata costituiscono uno dei maggiori punti di forza del nostro distretto. Il percorso intrapreso nel 2010 con il progetto Filiera Iso9001 e continuato negli anni fino al secondo ciclo di certificazioni Fsc, che coinvolge 33 aziende del comparto, ha portato il distretto ai vertici eu158 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2013
Un protocollo d’intesa per valorizzare le “best practice” ambientali delle aziende del distretto della sedia. A firmarlo, i presidenti di Confindustria Udine, Adriano Luci, e di Asdi Sedia, Giusto Maurig, che ne spiega i contenuti Francesca Druidi
ropei come numero di realtà produttive certificate. Si è, quindi, pensato di sviluppare un programma in grado di presentare al mondo, in modo unitario, i percorsi di virtuosità ambientale nel settore legno arredo. Da tali idee nasce il progetto Green district: un’iniziativa che ha l’obiettivo di raccogliere tutte le peculiarità del nostro territorio, realizzate dall’Asdi Sedia o da altre realtà economiche nell’ambito della green economy, e promuoverle nel mondo con un’identità unitaria che possa rafforzare l’immagine del di-
stretto della sedia e dell’intero comparto produttivo provinciale. Importante partner di questo percorso è Confindustria Udine, che ha creduto da subito in questo importante progetto e insieme alla quale svilupperemo le prossime iniziative targate Green district». Quali garanzie dal punto di vista dell’efficienza e dell’ecosostenibilità presentano le certificazioni ambientali quali Fsc e la nuova Pefc? «Le due certificazioni rappresentano la garanzia per il consumatore di utilizzare un pro-
Giusto Maurig
dotto in legno proveniente da foreste gestite in modo responsabile. Considerato che il distretto della sedia fonda la sua storia nella lavorazione del legno, è imprescindibile portare a certificazione un numero sempre maggiore di aziende del nostro comparto. Attualmente, sono 33 le aziende della filiera legno-arredo certificate con il sistema multisito Asdi Fsc e abbiamo già in programma un nuovo ciclo di certificazioni che partirà a gennaio per concludersi a marzo. Sempre in tale periodo partirà il primo ciclo di certificazione multisito Pefc, che ha riscosso notevole interesse a livello distrettuale e regionale». Quali sono i principali vantaggi - economici, sociali, culturali e ambientali - di questo processo di aggregazione in ottica green, ma anche quali sono i principali nodi critici da affrontare? «I vantaggi sono molteplici: uti-
lizzo di un legno certificato e, quindi, una reale tutela dell’ecosistema; tracciabilità della materia prima; un maggiore controllo e una maggiore attrattività della produzione distrettuale grazie alle certificazioni conseguite. Se il progetto rappresenta un esempio virtuoso di applicazione della green economy a sistemi di aziende, va detto che per valorizzare questa iniziativa è necessario promuovere con forza all’estero sia l’esistenza del progetto Green district che le realtà che lo compongono. Se, da un lato, le aziende stanno già contribuendo economicamente al progetto, dall’altro è anche necessario un significativo intervento da parte del pubblico per rendere globalmente conosciuta questa iniziativa». Il progetto si declina anche in ottica di promozione e formazione. Quali le priorità in questi specifici ambiti? Quali iniziative verranno messe in
campo nello specifico e quali soggetti del territorio, oltre a Confindustria Udine, saranno coinvolti? «Per metà febbraio prevediamo l’organizzazione di un incontro teso a far conoscere al territorio l’importanza delle certificazioni e gli oneri che inizieranno con l’applicazione della Timber regulation in partenza a marzo. Insieme a Confindustria stiamo studiando degli interventi volti anche a sensibilizzare i più giovani per far comprendere l’importanza di utilizzare materiale certificato e sviluppare produzioni sostenibili. Il protocollo firmato con l’associazione degli industriali rappresenta l’inizio di un percorso e siamo a disposizione per ampliare l’iniziativa anche ad altri attori locali o internazionali che perseguano i medesimi obiettivi. La sfida per rendere grande il progetto Green district è appena cominciata».
Giusto Maurig, presidente di Asdi Sedia, alla firma del protocollo d’intesa per la costituzione del Green district
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 159
POLITICHE ENERGETICHE
Un’innovativa soluzione per ottimizzare i costi Generare energia sostenibile all’interno di un’azienda migliora le performance economiche dell’impresa, eliminando gli sprechi e rispettando l’ambiente. L’esperienza dell’azienda Icm raccontata da Bruno Silvestrin Francesca Druidi
S Bruno Silvestrin, patron della Icm Spa di Brugnera (PN)
ostenibilità industriale ed efficienza energetica confluiscono nella soluzione adottata dall’azienda di Brugnera produttrice di componenti per porte da interni e l’industria del mobile. La caldaia a biomassa, unita a due generatori a recupero di calore Clean Cycle di Ge, danno vita a un innovativo sistema che permette di convertire il calore prodotto dagli scarti lignei di lavorazione in energia elettrica, da vendere alla rete di distribuzione locale. A entrare nei dettagli della tecnologia impiegata è il patron di Icm, Bruno Silvestrin. Cosa vi ha spinto a impegnarvi in questo progetto di efficienza energetica? «Premetto che l’azienda era già
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autosufficiente a livello di energia termica prima di questo investimento. Funzionava, infatti, già una caldaia a polvere di legno trattato con biodegradabilità pari al 98,80% con temperatura dell’acqua variabile da 90 a 130° C, bruciando per questo recupero di energia termica solo circa 1/3 del sottoprodotto della nostra attività di produzione di porte per l’edilizia e avviando allo smaltimento i 2/3 del residuo, con notevoli costi di smaltimento e continui trasporti giornalieri. L’obiettivo era, dunque, eliminare questi costi, sfruttando possibilmente il potenziale termico totale prodotto dall’attività per un totale annuo di circa 3.400 tonnellate di polvere di legno pari a 16.600.000 kwh anno. Da una ricerca da noi condotta sulle energie rinnovabili, siamo venuti a conoscenza della possibilità di sfruttare anche i 2/3 del predetto potenziale termico inviati allo smaltimento. Questo grazie a generatori a tecnologia Orc (Organic Rankine Cycle) della General Electric. A questo punto, dopo le dovute analisi di
costi e benefici, abbiamo deciso di avviare il lavoro». Qual è stato il costo di attivazione del progetto e quali benefici vi attendete? «Il costo dell’impianto ammonta a 1 milione 200mila euro circa, che pensiamo di ammortizzare in 4 anni usufruendo dell’incentivo Gse per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’adozione di questa tecnologia produrrà, a livello ambientale, un risparmio di emissioni di CO2 pari a 1.200/1.500 tonnellate annue e l’eliminazione quasi totale dell’energia fossile utilizzata dai trasporti. Per l’azienda rappresenterà anche un risparmio sui costi amministrativi e il personale dedicato oggi è stato riqualificato per la gestione della cogenerazione». Su quali aspetti vi focalizzerete nel prossimo futuro? «Sul perfezionamento di questa tecnologia volta a rendimenti sempre maggiori e, con la disponibilità finanziaria creata nel tempo, potrà guardare anche ad altre tecnologie di risparmio energetico in continua evoluzione».
POLITICHE ENERGETICHE
Uno sportello al fianco delle imprese Parte dal Friuli il percorso di radicamento nel territorio di Officinae Verdi. È oggi a disposizione delle aziende un servizio di consulenza tecnica e finanziaria per investire in tecnologie pulite da fonti rinnovabili. Ne parla Giovanni Tordi Francesca Druidi
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arte in Friuli il primo green hub in Italia. «La nascita dello “Sportello energia verde” presso il Polo tecnologico di Pordenone – spiega Giovanni Tordi, amministratore delegato di Officinae Verdi, la joint venture Unicredit-Fondazione Wwf per lo sviluppo della green economy – è avvenuta grazie alla sinergia tra Officinae Verdi e l’Unione industriali di Pordenone, già attiva sui temi dell’energia con iniziative quali Pordenone Energia». Il progetto verrà progressivamente esteso anche ad altre regioni.
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In che modo lo Sportello energia verde accompagna le pmi? «Offre consulenza tecnica e facilita le soluzioni finanziarie per le imprese che vogliono effettuare investimenti in tecnologie quali biomasse, biogas, minieolico, cogenerazione, fotovoltaico, solare termico. È in grado di supportare le imprese lungo tutto il percorso, dall’audit energetico iniziale all’ottimizzazione degli investimenti e poi le soluzioni finanziarie, la realizzazione impiantistica, la gestione delle pratiche autorizzative e l’ottenimento degli incentivi, sino alla certificazione degli interventi realizzati. Le soluzioni e i prodotti finanziari, grazie al partner Unicredit, collegati ai progetti di eco-sostenibilità sono pensati già oggi non solo per impianti di grandi dimensioni, ma anche per impianti piccoli e medi, da 20 a 200 kWp, in una logica di autoconsumo in linea con gli ultimi decreti sulle rinnovabili».
Come le imprese possono concretamente tagliare i costi energetici? «Nell’approcciare in modo sistemico e integrato la riqualificazione energetica dell’impresa, occorre in primis avviare un audit energetico, ossia un’analisi dettagliata dei consumi dell’azienda che permetta di individuare le inefficienze e definire le soluzioni tecnologiche da adottare per abbattere i costi della bolletta e recuperare competitività. Secondo passo, l’Audit energetico diventa avanzato se si sceglie di abbinare un servizio-sistema di Metering (misurazione dinamica dei consumi nei vari settori di impresa attraverso degli apparati di misurazione “meter”), che consente di identificare nell’arco di un mese le maggiori zone di dispersione in cui intervenire. Terzo e ul-
Giovanni Tordi
timo punto: intervenire sulle tecnologie pulite che devono essere realmente sostenibili per l’impresa, vale a dire coerenti con i consumi e le specificità dell’azienda. Il potenziale risparmio medio ottenibile da un’impresa, grazie a interventi di riqualificazione energetica, si aggira, in base al settore merceologico e allo “stato di salute” impiantistico ed edilizio dell’azienda, intorno al 19-30 per cento, con punte che arrivano al 40 per cento laddove si intervenga su impianti che non hanno mai provveduto a un approccio di riqualificazione energetica integrato (elettricità e riscaldamento)». Quali difficoltà incontrano le famiglie e le imprese nell’avvicinarsi a progetti di ecosostenibilità? «Per quanto riguarda le famiglie, c’è spesso una scarsa con-
sapevolezza dei consumi che sostengono e delle possibilità di risparmio energetico. Altro punto di difficoltà è la complessità burocratica richiesta dall’iter di installazione di un impianto, per il quale è necessario richiedere e confrontare i preventivi dei vari installatori, richiedere un finanziamento, portare avanti le procedure per usufruire di incentivi o detrazioni fiscali, richiedere l’allacciamento alla rete. Mentre per le imprese, solitamente l’area critica è rappresentata dalla conoscenza dettagliata della situazione energetica per avere un approccio corretto al progetto di riqualificazione, seguito dallo sviluppo di progetti sostenibili dal punto di vista economico e finanziario per l’azienda. Per questo, Officinae Verdi integra capacità tecnica, finanziaria, ambientale
in un unico operatore, offrendo soluzioni greentech con strumenti finanziari, abilitando le scelte di famiglie e imprese». Quali scenari si stanno delineando? «Officinae Verdi, grazie a un modello industriale innovativo e a un network esteso su tutto il territorio nazionale, è in grado già oggi di realizzare il primo sistema fotovoltaico rivolto alle imprese in grid parity, ossia economicamente sostenibile anche senza il contributo degli incentivi pubblici. E presto inizierà a fornire anche alle famiglie un sistema fotovoltaico in grid parity con storage per l’autoconsumo (ossia la possibilità di accumulare l’energia prodotta dal sistema fotovoltaico la sera). Si tratta di una grande opportunità per tutti, perché cittadini e imprese potranno diventare autoproduttori di energia pulita, riducendo il consumo di energia primaria. La grid parity ottenuta dal prodotto di Officinae Verdi risponde, inoltre, agli indirizzi comunitari, recentemente rafforzati dalla nuova direttiva sull’efficienza energetica, che vede proprio nelle imprese un settore primario su cui operare per favorire lo sviluppo di un’economia green».
Giovanni Tordi, amministratore delegato di Officinae Verdi
FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 163
SERVIZI ECOLOGICI
L’ecologia riqualifica il territorio La salvaguardia ambientale e la bonifica dei siti inquinati rappresentano opportunità di riqualificazione. Fabrizio Pertot spiega le strategie adottate per affrontare le nuove sfide poste dal settore. «Specializzazione e innovazione» Giulio Conti
e bonifiche dei siti inquinati rappresentano un problema rilevante. A Trieste come in altre aree del FriuliVenezia Giulia e di tutta Italia, istituzioni e imprese sono chiamate a intraprendere un percorso comune: un’opportunità per lo sviluppo socioeconomico dei territori interessati. La triestina Pertot EcologiaServizi, una società del
L La Pertot Srl Ecologia-Servizi ha sede a Trieste. www.pertot.it
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Gruppo Calcina Iniziative Ambientali impegnata da oltre vent’anni nella fornitura di servizi ecologici a enti pubblici, aziende e privati, ha investito in specializzazione e innovazione tecnologica, anticipando quelle che potranno essere le richieste in materia di bonifiche e ripristino ambientale del Sin (Sito d’Interesse Nazionale) di Trieste. «L’impegno per l’ambiente – afferma il presidente Fabrizio
Pertot – è una delle linee guida dell’azienda: con l’iscrizione alla categoria 9 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, la società è in grado di intervenire per risolvere tutte le problematiche relative alla salvaguardia ambientale e alla bonifica dei siti inquinati». I progetti di bonifica vengono seguiti in tutte le loro fasi, dalla progettazione e fattibilità, alla gestione della fase autorizzativa e operativa, fino alla loro realizzazione finale, in conformità al decreto legislativo 3 aprile 2006, numero 152. «I servizi di tutela ambientale demandati alla Pertot – spiega il presidente – comprendono la gestione dei rapporti con le istituzioni pubbliche, la messa in sicurezza dell’area inquinata, il trasporto e lo smaltimento di materiali nocivi, quindi la redazione del progetto di bonifica, la realizzazione e il risanamento ambientale della zona inquinata». Secondo il suo presidente, la
Fabrizio Pertot
Pertot è in grado di intervenire tempestivamente per risolvere tutte le problematiche relative all’antinquinamento, salvaguardia ambientale e alla sicurezza, in un servizio capillare, sia a livello locale che regionale, garantito anche con un numero di Pronto Intervento 24 ore su 24 per le emergenze ecologiche. «Proponiamo soluzioni integrate in tre specifiche aree di intervento: oltre alle bonifiche ambientali, anche la gestione rifiuti e i servizi fognari. In tal senso, l’iscrizione all’Albo Nazionale delle Imprese Gestori Rifiuti – sottolinea Fabrizio Pertot – consente all’azienda di provvedere alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento-recupero di rifiuti urbani, speciali e ospedalieri, pericolosi e non, sia allo stato solido che liquido». Le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti vengono svolte con mezzi di proprietà quali autocarri, motrici, autocompattatori, cisterne e raccoglitori di vario cubaggio e dimensione a seconda delle esigenze delle singole realtà. La Pertot effettua anche campionature di materiale allo stato solido o liquido presso laboratori di fiducia regolarmente autorizzati per l’analisi e la classificazione degli stessi. «Offriamo inoltre consulenza per la corretta te-
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Uno dei nostri vanti è il servizio di pronto intervento ambientale, attivo tutti i giorni e tutto l’anno: mezzi e personale specializzato permettono la massima tempestività
nuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, la compilazione del Mud (Modello Unico di Dichiarazione), la progettazione di un servizio integrato per la raccolta differenziata e il corretto avvio a smaltimento-recupero di ogni tipologia di rifiuto». Per quanto riguarda i rifiuti sanitari, la Pertot possiede tutti i requisiti necessari per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti non
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pericolosi e pericolosi a rischio infettivo. «Eseguiamo operazioni di macroraccolta presso aziende sanitarie locali, ospedali e strutture convenzionate, di microraccolta presso studi medici specialistici, ambulatori e laboratori vari, e riforniamo di contenitori di ogni tipo a seconda delle esigenze contingenti». L’esperienza della Pertot in campo ambientale e le competenze del personale garantiscono rapidità e risultati certi negli interventi di manutenzione, gestione e pulizia delle reti fognarie e degli impianti di depurazione. Sinonimo di sicurezza, qualità e affidabilità del servizio, l’azienda triestina ha ottenuto le certificazioni Uni En Iso 9001:2008 per il Sistema Qualità, Uni En Iso 14001:2004 per il Sistema Ambiente e Ohsas 18001:2007 per il Sistema Sicurezza. FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 165
POLITICHE SANITARIE
Verso un nuovo sistema sanitario Un’offerta ospedaliera diversificata, con l’attivazione di reti cliniche, e la garanzia nel lungo periodo della sostenibilità economica attraverso una riconversione delle risorse dal settore ospedaliero a quello territoriale. Il punto di Gianni Cortiula Elisa Fiocchi
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l sistema sanitario del Friuli Venezia Giulia ha conosciuto negli anni una felice evoluzione testimoniata dai principali indicatori di salute, tra cui la qualità dell’assistenza ospedaliera, lo sviluppo delle cure primarie e il sostanziale equilibrio economico e finanziario del settore. Tuttavia, a fronte della crisi economica, e tenendo anche conto che la Regione si autofinanzia nel settore sanitario dal 1997, la giunta ha deciso di approvare una legge di riordino del sistema che entrerà in vigore dal 2014. «In
Sopra, Gianni Cortiula, a capo della Direzione centrale salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia
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una realtà di un milione e 200mila abitanti dobbiamo assicurare livelli uniformi di assistenza sul territorio», spiega Gianni Cortiula, direttore generale della sanità regionale. «Soprattutto in un momento di crisi e di calo delle entrate si rendono necessarie scelte specifiche, intervenendo responsabilmente su un settore che rappresenta oltre il 50 per cento del bilancio regionale». Come va dunque interpretata la nuova riforma sanitaria? «Non va vista come il mero ridimensionamento di posizioni apicali, ma deve collocarsi in un contesto più ampio in cui la sostenibilità economica del sistema nel lungo periodo deve associarsi a una riconversione di risorse dal settore ospedaliero a quello territoriale, garantendo la qualificazione delle eccellenze ospedaliere». Quali fattori critici sono emersi dall’analisi del territorio? «Si è evidenziata un’eccessiva pluralità di attori istituzionali e ridotte dimensioni aziendali che frenano il conseguimento delle economie di scala e delle sinergie qualitative previste dalla programmazione regionale. Ma è emersa anche una difformità fra le diverse aree territoriali della regione nei livelli di assistenza e nell’offerta di servizi, una ridondanza dell’offerta ospedaliera a sfavore dell’assistenza sul territorio e una crescente difficoltà a garantire la sostenibilità economica del sistema». Che bilancio è emerso invece per quanto riguarda la continuità delle cure e i percorsi
Gianni Cortiula
Lo sviluppo integrato del sistema sociosanitario sarà promosso favorendo l’integrazione ospedale-territorio
assistenziali? «Anche in questo ambito sono emerse alcune criticità nel garantire il servizio e affrontare la complessità dei bisogni caratterizzati dalla pluripatologia e dalla cronicizzazione, che richiedono integrazione verticale tra i livelli assistenziali, in particolare tra assistenza sanitaria di base e assistenza ospedaliera. Inoltre, si rende oggi necessario affrontare patologie emergenti, quali la depressione e altre forme di disagio psicosociale, che richiedono maggiore integrazione tra settore sanitario e sociale». Quali sono dunque le finalità che stanno alla base del riordino regionale? «Innanzitutto vogliamo garantire la centralità del cittadino, la sua partecipazione e libertà di scelta, oltre a una semplificazione del sistema esistente attraverso la riduzione delle aziende e l’incremento della loro dimensione. Ciò ci consentirà di perseguire economie di scala nei processi produttivi e centralizzazione delle
attività non caratteristiche come logistica ed edilizia, attività amministrative e servizi di supporto. Allo stesso modo, il discorso vale per l’allargamento del bacino d’utenza dei distretti con l’eccezione delle realtà geografiche particolari come le zone montane». In che modo sarà garantita la sostenibilità economica del sistema nel lungo periodo? «Attraverso la riconversione delle risorse dal settore ospedaliero a quello territoriale e la qualificazione delle eccellenze ospedaliere. Lo sviluppo integrato del sistema sociosanitario sarà promosso favorendo l’integrazione ospedale-territorio, la continuità e la personalizzazione delle cure, l’uniformità dei livelli assistenziali e l’omogeneità dell’offerta dei servizi sul territorio regionale. Infine, attraverso l’attivazione di reti cliniche regionali che consentano l’ottimizzazione e la specializzazione dei processi produttivi. Per la loro realizzazione la Regione assume l’integra- FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 175
POLITICHE SANITARIE
Semplificazione e continuità assistenziale
a legge di riordino del servizio sanitario regionale approvata dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia discende dall’esigenza di innovare un sistema che, forte della sua eccellenza, punta oggi a garantire e centrare la piena sostenibilità economica nel lungo periodo. La riforma prevede che dal primo gennaio del 2014 le attuali sei aziende territoriali saranno unificate in tre unità: una nella provincia di Pordenone, una in quella di Udine e una per le province di Trieste e Gorizia, esse manterranno nella propria struttura organizzativa gli ospedali di rete. Accanto a queste, conserveranno l’attuale assetto istituzionale, riconosciuto dalla legislazione regionale e nazionale, l’azienda ospedaliera di Pordenone, quelle ospedaliero-universitarie di Trieste e di Udine e gli Irccs con la loro missione di didattica, ricerca ed erogazione delle funzioni regionali di assistenza ospedaliera e specialistica definite dalla programmazione regionale. I cambiamenti maggiori avverranno a Udine, dove si passerà da tre aziende sanitarie - Alto Friuli, Medio Friuli e Bassa friulana - a un’unica struttura chiamata “Friulana”, benché resti invariato il modello di integrazione tra Ass e gli ospedali più piccoli di Latisana, Palmanova, Cividale, San Daniele, Tolmezzo e Gemona. Le nuove integrazioni territoriali sono il risultato di lunghe consultazioni regionali dove è emerso, nella lista delle criticità, un’eccessiva offerta ospedaliera che va a svantaggio di quella sul territorio, con servizi e livelli di assistenza non del tutto omogenei nelle diverse aree della regione. Pertanto, l’obiettivo della riforma mira a semplificare il sistema grazie alla riduzione delle aziende e all’incremento della loro dimensione, assicurando la continuità delle cure tra ospedale e territorio e percorsi assistenziali adeguati per affrontare i crescenti bisogni di salute.
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zione ospedale-territorio e la continuità delle
cure quale criterio guida del riordino istituzionale e organizzativo». Come verranno ridefinite le aziende per i servizi sanitari? «Avranno una dimensione demografica e organizzativa adeguata, a cui è attribuita la missione di promozione e tutela della salute e del benessere della popolazione attraverso le funzioni di indirizzo e accompagnamento del cittadino, di erogazione diretta dei livelli essenziali di assistenza, di controllo e valutazione dei servizi resi dagli erogatori pubblici e privati accreditati. Sarà compito della Regione, attraverso la programmazione e gli indirizzi organizzativi, definire le forme e le modalità della necessaria integrazione tra aziende ospedaliere e i meccanismi di raccordo interaziendali finalizzati a garantire la continuità assistenziale, l’interscambio dei professionisti sui percorsi assistenziali e la realizzazione di economie di scala».
TRA PARENTESI Marco Magnifico, vicepresidente del Fai
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IL NOSTRO ORO È IN SUPERFICIE
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el Paese più bello del mondo serve cura per tutto quello che lo rende tale. È questo il ruolo del Fai, il Fondo ambiente italiano: promuovere la cultura del rispetto dell’arte, della natura, della storia delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale della nostra identità. Fondazione senza scopo di lucro, dal 1975 ha restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano. Il Fai possiede beni monumentali sia d’arte che naturali che arrivano per donazione, testamento o concessione e, in questo ultimo periodo, sempre di più dagli enti pubblici. È un patrimonio fatto dunque di palazzi, ville, ma anche di baie e aree archeologiche. Sottolinea Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fondo per l’ambiente italiano: «Tutto questo non rende la Fondazione ricca, i beni sono indisponibili ma sono radunati per uno scopo sociale: restaurarli e fare in
modo che la collettività ne goda». Spesso, nel Paese più bello del mondo, il ruolo del Fai è fondamentale per riuscire ad arginare l’errore che si continua a fare: privare di risorse la cultura. «Purtroppo gli ultimi governi non hanno fatto che tagliare fondi al Ministero per i Beni e le attività culturali, ritenendolo un ministero di secondaria importanza, senza capire che per il nostro Paese è invece il più importante». Qual è lo spirito e la mission della vostra iniziativa “I luoghi del cuore”? «È una delle tante iniziative che il Fai ha messo in campo per gestire, restaurare e aprire il suo patrimonio. Le entrate dai biglietti di ingresso non bastano mai, per questo il Fai organizza questi eventi che servono a stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica verso le attività che svolge e l’importanza della salvaguardia dei beni culturali. Si tratta di un censimento che serve a riannodare il rapporto fra gli italiani e il loro patrimonio. La gente
vota e conferma il suo amore per un determinato luogo. Due anni fa abbiamo avuto circa 500mila segnalazioni, quest’anno ci stiamo avvicinando allo stesso numero». Cosa significa oggi proteggere il patrimonio paesaggistico e ambientale? «Vuol dire rendersi conto di essere italiani. L’Italia è il paese che ha esportato la cultura classica nel mondo, la cultura occidentale è nata qui. Ha inventato la grande architettura, l’arte, la musica, la letteratura. Fare questo lavoro significa mettere in collegamento gli italiani con la loro identità più tipicizzante. Nonostante l’ignoranza dilagante, molto spesso il seme della cultura e dello stile cova sempre nell’animo degli italiani, basta innaffiarlo un po’ e questo seme sboccia anche se sopito. Nonostante si parli male della nostra scuola pubblica e la si aiuti così poco, i nostri licei sono ancora riconosciuti a livello mondiale come le migliori scuole del mondo, me lo confermano ogni giorno molti pro-
fessori universitari internazionali». Quali sono i principali “nemici” del patrimonio italiano? Cosa ne pensa del paventato condono edilizio che potrebbe sanare abusi anche in zone vincolate? «I principali nemici sono i politici ignoranti. I condoni edilizi sono un evidente prodotto di ignoranza spesso associata al malaffare. È questo che ha creato il disastro, soprattutto nelle regioni del sud. Un disastro evidente se da Napoli si va verso la costiera sorrentina in auto: ciò che si vede è un’enorme quantità di bruttezza, la maggior parte abusiva. È così spaventosa che mette a disagio. Per fortuna poi si arriva nella costiera amalfitana, che grazie alla sua conformazione scoscesa è stata risparmiata dall’abuso. Il grande nemico è l’ignoranza di chi ha gestito la cosa pubblica, e che non si è mai posto il problema che la cultura e la bellezza sono tratti identitari del nostro Paese, fattori giudicati sempre secondari. Quelle persone che non si sono curate di questo, ma anzi
obbligano i loro concittadini a vivere nella bruttezza, hanno compiuto un crimine». Quali sono i provvedimenti più urgenti da prendere a tutela del nostro patrimonio? «La prima cosa da fare è ridare ossigeno al Ministero per i Beni e le attività culturali, riconsentendogli di avere una struttura all’altezza, sia dal punto di vista numerico che della preparazione professionale. A indebolire ulteriormente questa istituzione ci ha pensato poi la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, che ha affidato alle Regioni la difesa del territorio, obbligandole a fare i piani paesistici, che non sono mai stati fatti. Per questo la gestione del territorio non è in mano a nessuno e i risultati sono quelli che vediamo. Se il Ministero dei Beni culturali fosse forte, potrebbe subentrare alle Regioni nell’organizzazione dei piani paesistici, dato che la legge lo consente. Il Ministero è invece al collasso e si va avanti in una condizione di assoluta anarchia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2013 • DOSSIER • 189